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Salvatore ManfredaVito Iacobellis

Mauro Fiorentino

APPUNTI DI IDROLOGIA SUPERFICIALE

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ISBN 978-88–548–3203–9

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I edizione: maggio 2010

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a Giusi – SM a Cristina – VI

a Maria Rosaria – MF

di Salvatore Manfreda

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Io potrei predire il moto dei corpi celesti, ma non potrei dire nulla sul movimento di una piccola goccia d’acqua. Galileo Galilei Salvatore Manfreda, Mauro Fiorentino, Vito Iacobellis, Appunti di Idrologia Superficiale

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Indice

13 Prefazione 15 Introduzione 17 Capitolo I Il dato idrologico

1.1. La gestione della rete di monitoraggio, 17 – 1.2. Le informazioni stori-che, 19 – 1.3. La pluviometria, 19 – 1.4. Stima indiretta della temperatura locale, 22 – 1.5. Approccio semplificato alla classificazione climatica, 26 – 1.6. I fiumi italiani, 30.

33 Capitolo II Proprietà idrauliche dei suoli

2.1. Potenziale dell’acqua nel suolo, 33 – 2.2. Il contenuto d’acqua nel suo-lo, 36 – 2.3. La capacità idrica di campo, 39 – 2.4. Il concetto di acqua di-sponibile, 42 – 2.5. Caratterizzazione dei suoli, 46 – 2.6. Proprietà idrauli-che dei suoli: funzione di ritenzione idrica e modelli parametrici di stima, 50 – 2.7. Misure del contenuto d’acqua del suolo, 54 – 2.8. Il database eu-ropeo sui suoli (HYPRES), 58.

61 Capitolo III Il bilancio idrologico: interazione acqua-suolo

3.1. Aspetti generali sul processo di formazione del deflusso superficiale, 61 – 3.2. Modelli analitici di infiltrazione: il modello di Richards, 64 – 3.3.

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Indice 10

Modelli di infiltrazione semplificati ed empirici, 68 – 3.3.1. Il modello di Horton, 69 – 3.3.2. Il modello di Philip, 70 – 3.3.3. L’infiltrazione reale e la generazione del deflusso superficiale, 72 – 3.3.4. Un metodo empirico basato sul coefficiente di deflusso, 78 – 3.3.5. Il metodo del Curve Num-ber, 80 – 3.4. Schematizzazione del bilancio idrico del suolo alla scala pun-tuale, 86.

89 Capitolo IV Evapotraspirazione

4.1 Caratteristiche generali del processo di evapotraspirazione, 89 – 4.2. Stima dell'evapotraspirazione potenziale, 91 – 4.3. Modello di Thornthwai-te, 93 - 4.4. Metodo di Blaney-Criddle, 95 – 4.5. Metodo Penman, 96 – 4.6. Metodo Penman-Monteith modificato dalla FAO, 97 – 4.7. La scelta del metodo per il calcolo dell’evapotraspirazione potenziale, 99 – 3.8. Stima dell'evapotraspirazione massima delle colture, 100.

103 Capitolo V Formazione dei deflussi in alveo

5.1. Descrizione del fenomeno di formazione dei deflussi, 103 – 5.2. Il de-flusso superficiale, 106 – 5.3. Le componenti dell’idrogramma di piena, 108 – 5.4. Descrizione dell’idrogramma di piena, 109 – 5.5. Filtro fisica-mente basato per la separazione del deflusso di base, 111 – 5.5.1. Stima della costante di esaurimento, 115 – 5.5.2. Stima dei coefficienti di ruscel-lamento superficiale, evapo-traspirazione e ricarica della falda, 117 – 5.6. I modelli di trasformazione afflussi-deflussi, 122 – 5.6.1. L’idrogramma unitario istantaneo, 123 – 5.6.2. Alcuni esempi di modelli concettuali dell’IUH, 126 – 5.6.3. Calcolo delle portate mediante discretizzazione dell’integrale di convoluzione, 126.

131 Capitolo VI I Sistemi Informativi Geografici a supporto dell’idrologia

6.1. I GIS, 131– 6.2. Modelli digitali del terreno, 132 – 6.3. Modelli utiliz-zati per descrivere la topografia del terreno, 133, – 6.4. Possibilità applica-tive dei GIS, 136 – 6.5. Le applicazioni idrologiche, 136 – 6.6. Individua-zione del bacino idrografico mediante ArcView, 139 – 6.7. Open Source, 142 – 6.8. GRASS GIS, 143 – 6.8.1. GRASS GIS per l'idrologia, 144.

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153 Bibliografia

163 Appendice: Dati idrologici relativi ai principali bacini italiani

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Prefazione Il presente lavoro nasce dal desiderio di documentare una parte

dell’attività didattica svolta all’interno dei corsi di idrologia e risorse idriche delle Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi della Basilicata e del Politecnico di Bari. Il testo propone un’introduzione alle nozioni e agli elementi di base della materia trattata, offrendo spunti di approfondimento scientifico sulle interazioni acqua-suolo, senza tralasciare le esigenze di carattere tecnico-pratico del lettore. Per tale motivo, accanto a contenuti di carattere generale sul tema dell’idrologia superficiale, sono riportate informazioni utili alla carat-terizzazione idrologica di bacini idrografici riferibili a differenti con-testi climatici e territoriali. In tale ottica, si forniscono una serie di e-lementi, dati e riferimenti a studi, attualmente disponibili, relativi a numerosi corsi d’acqua italiani. Sono riportate informazioni concer-nenti le portate, oltre che temperature e precipitazioni medie di riferi-mento per numerose stazioni di misura distribuite sul territorio nazio-nale. Nella parte finale del testo, sono forniti alcuni elementi per lo studio idrologico dei bacini idrografici condotto con l’ausilio di un si-stema informativo geografico (GIS). Tale strumento consente di gesti-re una gran mole di dati spazialmente distribuiti, particolarmente utili per lo studio di problematiche di carattere ambientale tipicamente ca-ratterizzate da elevata eterogeneità spaziale e da numerose componenti tra loro interagenti. I GIS sono ormai entrati prepotentemente nella pratica tecnica dell’ingegneria ambientale, consentendo di analizzare le caratteristiche generali dei bacini idrografici come limiti di bacino, area di drenaggio, forma ed organizzazione del reticolo idrografico etc…

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Introduzione L’acqua, per la sua abbondanza, fu ritenuta dagli antichi filosofi

uno dei quattro elementi costitutivi dell’Universo insieme con fuoco, aria e terra. Svolge una funzione essenziale per la vita essendo un e-lemento fondamentale di tutti gli organismi viventi. Il nostro pianeta è coperto per quasi 3/4 della sua superficie da acqua sotto varie forme.

Le risorse idriche del nostro pianeta, secondo le stime fatte dal Ser-vizio Idrogeologico U.S.A., ammontano a 1.4 miliardi di Km3 com-plessivi così ripartite: 94% circa sono contenute negli oceani; 2% nelle calotte polari; 4% nel sottosuolo; 0.13-0.14% in fiumi, laghi, paludi, atmosfera e biosfera.

Le acque dolci sono una frazione minima della risorsa idrica totale corrispondente a circa due milioni di Km3. Solo una parte del patri-monio idrico dei continenti è adatto all’uso idropotabile e costituisce un bene di prima necessità la cui disponibilità continua a diminuire e la cui qualità tende a degradare in conseguenza del crescente inquina-mento ambientale. Per contro, la richiesta di acqua, potabile e non, è in continuo aumento a causa dello sviluppo demografico e industriale: il problema sta assumendo a scala mondiale i contorni di una vera e propria emergenza. Il reperimento delle fonti e l’approvvigionamento dell’acqua diventano, nella nostra epoca, compiti sempre più difficili raggiungendo situazioni drammatiche causate da numerosi fattori qua-li: i) la diminuzione delle acque utilizzabili per effetto dell’inquinamento ambientale; ii) l’aumento dei consumi individuali dovuti al crescente tenore di vita delle popolazioni ed allo sviluppo industriale (acque per il raffreddamento delle macchine e per lo svol-gimento dei processi); iii) l’aumento della popolazione e della concen-

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16 Introduzione

trazione di aree ad elevata densità abitativa nei grandi centri urbani; iv) l’aumento dei fabbisogni dell’agricoltura che, sulla spinta di leggi di mercato troppo spesso estranee all’uso razionale della risorsa idrica, ricorre all’irrigazione non solo per il supporto alle ricorrenti crisi idri-che ma anche per lo sviluppo di colture idroesigenti più remunerative. In paesi come l’Italia, l’allocazione delle risorse idriche è fortemente sbilanciata verso il settore agricolo, con il 70% dei consumi di acqua dolce, mentre il 22% riguarda l’industria e il restante 8% è utilizzato per usi domestici.

Le risorse idriche naturali sono distribuite sul territorio in maniera molto eterogenea. Tale eterogeneità è acuita dalla variabilità dei pro-cessi che ne controllano le dinamiche temporali, per cui a fronte di una domanda crescente e di una ridotta disponibilità, il tema della ge-stione di detta risorsa risulta cruciale per gli anni a venire. Se ai citati fattori antropici si aggiungono le proiezioni fornite dai modelli clima-tici che dipingono scenari caratterizzati da significative riduzioni delle precipitazioni medie di lungo periodo ed incrementi delle temperature (specie quelle estreme), inevitabilmente si avranno ripercussioni sui termini del bilancio idrologico e, non ultimo, il deflusso superficiale.

Si evidenzia così la necessità di definire strumenti per la descrizio-ne dei processi coinvolti nella generazione dei deflussi superficiali che da un lato possono servire per ottimizzare la gestione della risorsa e dall’altro sono necessari per la previsione dei valori estremi.

Le piene rappresentano, infatti, la seconda faccia della medaglia, per cui la disponibilità di modelli di calcolo per la valutazione del de-flusso superficiale risultano fondamentali nei problemi di previsione di medio-lungo periodo nonché per la previsione in tempo reale. Il te-sto, che non mira ad essere esaustivo della materia, si limita ad affron-tare la descrizione dei processi fisici di interazione acqua-suolo che contribuiscono alla formazione del ruscellamento, lasciando l’approfondimento delle componenti aleatorie che influenzano la pre-visione delle piene a successive iniziative di natura editoriale.

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Capitolo I

Il dato idrologico

1.1. La gestione della rete di monitoraggio In Italia, le attività di rilevamento, validazione, archiviazione e

pubblicazione delle grandezze meteoclimatiche sono state gestite, per quasi un secolo, dal Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale (SIMN).

Il sistema di rilevazione sistematica dei dati idrologici nacque in I-talia all’inizio del XX secolo con l’istituzione dell’Ufficio Idrografico del Magistrato delle acque di Venezia nel 1907 e dell’Ufficio Idrogra-fico del Po nel 1912. Nel 1917, furono creati gli altri Uffici Compar-timentali (si veda Figura 1) come sezioni autonome del Genio Civile e nel 1919 un Ufficio Idrografico centrale.

Nel 1970 gli Uffici Compartimentali delle regioni a statuto speciale furono trasferiti alle Regioni. Successivamente, il Servizio Idrografico venne trasferito dal Ministero dei Lavori Pubblici alla Presidenza del Consiglio all’interno del Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali nel 1991. Tale trasferimento sembrava rispondere al mutato ruolo del Servizio Idrografico che da struttura di supporto nella rilevazione di dati finalizzati alla progettazione di opere pubbliche (da cui la collo-cazione nel Ministero dei Lavori Pubblici) diventava un servizio tec-nico a supporto di vari settori (dall’ambiente, ai lavori pubblici, alla protezione civile, ecc.) da cui la collocazione nella Presidenza del Consiglio.

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Capitolo I 18

Dopo poco più di un decennio dal suo trasferimento nella Presiden-za del Consiglio, il Servizio Idrografico Nazionale fu smantellato in quanto nel 2002 la competenza, in conseguenza del decentramento amministrativo introdotto con la legge 59/97 ed il D.L.vo 112/98, pas-sò alle Regioni e come struttura nazionale rimase solo un servizio dell’Agenzia per la protezione dell’Ambiente (APAT- oggi ISPRA) incaricato di raccordare a livello nazionale le attività dei servizi regio-nali.

Il trasferimento alle Regioni, che era già avvenuto nel 1970 per le regioni a statuto speciale, ha creato realtà notevolmente diverse sia nell’individuazione delle strutture regionali incaricate di gestire il ser-vizio idrografico, sia nei livelli di efficienza del servizio stesso.

L’attività di coordinamento da parte dell’ISPRA, non essendo san-cita in maniera chiara dalla legge, non ha avuto modo di tradursi in maniera operativa, per cui oggi, esistono realtà notevolmente diverse nelle varie Regioni.

Figura 1. Schema riassuntivo degli uffici compartimentali del Servizio

idrografico e mareografico nazionale (SIMN).

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Il dato idrologico 19

1.2. Le informazioni storiche

La stragrande maggioranza delle informazioni idrologiche oggi uti-lizzate per descrivere il comportamento dei fiumi italiani è limitata al-le attività di monitoraggio del SIMN. Un recente progetto dell’ISPRA (denominato Annali) ha portato alla riorganizzazione di dette informa-zioni che sono oggi disponibili via web attraverso il sito: http://www.apat.gov.it/site/it-IT/Progetti/Progetto_Annali/.

Il progetto Annali ha consentito la informatizzazione di tutti i dati pubblicati sugli Annali Idrologici dal 1921 ad oggi al fine di realizzare una base dati nazionale. Ciascun Annale Idrologico contiene i dati re-lativi ad un anno ed al territorio di competenza dell’Ufficio Compar-timentale del Servizio Idrografico Nazionale che ne ha curato la predi-sposizione e la stampa.

Gli Annali Idrologici dal 1950 e per la maggior parte degli anni precedenti, sono suddivisi in due parti: Parte I relativa alla termome-tria e pluviometria; Parte II contenente misurazioni relative agli af-flussi meteorici, idrometria, portate e bilanci idrologici, freatimetria, trasporto torbido, studi riferiti ad eventi di carattere eccezionale, ma-reografia. 1.3. La Pluviometria

Lo studio delle precipitazioni è di fondamentale importanza per i progetti di ingegneria idraulica in quanto da esse dipendono le dispo-nibilità idriche superficiali e sotterranee oltre che le portate di piena e di magra. Con il termine di precipitazione si indica l’afflusso meteori-co sia sotto forma liquida (pioggia) sia solida (neve, grandine). Le mi-sure di precipitazione sono generalmente espresse in termini di altezze di pioggia misurate mediante pluviometri tradizionali o pluviografi. Le precipitazioni nevose, invece, si misurano in termini di altezze del manto nevoso oppure nel loro equivalente in acqua attraverso il ricor-so a sistemi di riscaldamento che liquefanno il contributo nevoso. Questi sistemi sono posti in associazione a stazioni pluviometriche nelle zone d’alta quota.

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Capitolo I 20

Il pluviometro tradizionale è costituito da un imbuto che intercetta l’acqua meteorica e la fa defluire in un recipiente. La quantità d’acqua raccolta in tale recipiente viene giornalmente (convenzionalmente alle ore 9 del mattino) misurata da un operatore che riporta tale misura in mm (al giorno) su un apposito registro. Le misure riportate giornal-mente nei registri dei vari operatori addetti ai pluviometri vengono poi trascritte negli Annali Idrologici per tutte le stazioni. La minima quan-tità di precipitazione che viene riportata è pari a 0.2 mm, e le misure riportate sono sempre multipli di 0.2 mm. I pluviografi tradizionali di contro sono costituiti da un imbuto che fa defluire l’acqua meteorica su una doppia vaschetta basculante, fatta in modo tale che ogni 0.2 mm di precipitazione compie una rotazione attorno al proprio asse. Ogni movimento di basculamento viene trasmesso attraverso un mec-canismo ad un pennino che riporta su una striscia di carta l’avvenuto movimento (si veda esempio riportato in Figura 2). Poiché la striscia di carta è applicata su un tamburo rotante a velocità costante (compie una rotazione completa in una settimana) si ha anche traccia del tempo in cui avvengono i basculamenti. Il pluviografo perciò non richiede la lettura giornaliera da parte dell’operatore, ma solo la sostituzione set-timanale della striscia pluviografica. La lettura del tracciato (pluvio-gramma) viene successivamente fatta dai tecnici del Servizio Idrogra-fico. I pluviografi più utilizzati sono: Pluviografo a bascula, Pluvio-grafo a sifone (o a galleggiante).

Figura 2. Esempio di registrazione effettuata da un pluviografo (Sta-

zione Pluviometrica di Lauria Inferiore – 18-25 dicembre 1995).

Con i pluviografi è possibile ottenere un’informazione più detta-gliata sull’andamento temporale della precipitazione. Questi strumenti

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sono dotati di un sistema di svuotamento automatico e di un supporto di registrazione che attualmente sono prevalentemente di tipo magne-tico. I pluviografi di tipo tradizionale vengono progressivamente sosti-tuiti da sistemi di memorizzazione digitale del dato e di trasmissione a distanza dei dati registrati in tempo reale.

La rete pluviometrica gestita dal SIMN comprendeva più di 2400 stazioni pluviometriche che hanno consentito di caratterizzare le di-sponibilità idriche sul territorio nazionale e di pianificare la realizza-zione di grandi opere strategiche come gli invasi artificiali.

Figura 3. Mappa delle precipitazione medie annuali in Italia stimate

con riferimento al periodo 1921-1950. La distribuzione delle piogge medie annuali mostra una forte corre-

lazione con la struttura morfologica del territorio ed una elevata etero-geneità spaziale con picchi di pioggia che superano i 2000mm/anno e numerose aree con piovosità inferiore ai 600mm/anno (si veda Figura

NORD: 1120 mm/anno CENTRO: 980 mm/anno SUD: 949 mm/anno ISOLE: 750 mm/anno

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Capitolo I 22

3). Generalmente si assiste ad una riduzione della piovosità con il di-minuire della quota media. Alla luce delle caratteristiche pluviometri-che del territorio nazionale risultano chiaramente individuabili le re-gioni con maggiore criticità in termini di disponibilità idrica: Sicilia, Puglia e Sardegna.

1.4. Stima indiretta della temperatura locale

La temperatura dell’aria è, con la precipitazione, l’elemento con maggiore influenza nel determinare la natura di un clima. Essa dipen-de dal bilancio energetico netto tra i flussi di calore provenienti dagli strati atmosferici superiori (radiazione solare globale, controradiazio-ne, flussi turbolenti per azione del vento) e quelli provenienti dal suolo (radiazione terrestre, radiazione solare riflessa, moti convettivi). An-che l’evaporazione e la condensazione all’interno del volume di aria contribuiscono a far variare lo stato termico dell’aria.

Tali flussi di calore sono fortemente influenzati da numerosi fattori locali, quali la durata del soleggiamento, l’inclinazione del terreno ri-spetto ai raggi solari, l’orientamento del suolo rispetto alla direzione di provenienza della radiazione solare, il valore dell’albedo, l’altitudine del luogo, la latitudine.

A causa dell’influenza di tali fattori locali, di carattere astronomico e geografico, la temperatura manifesta una forte variabilità spaziale anche nel raggio di poche centinaia di metri. I fattori che a più grande scala influenzano la distribuzione della temperatura nelle diverse re-gioni sono la posizione geografica e, a parità di latitudine, la posizione dei mari e dei continenti. In Figura 4 viene proposta una mappa delle temperature medie annuali stimate sulla base dei dati SIMN sul terri-torio nazionale, un estratto di detti dati è riportato in Tabella 1.

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Figura 4. Mappa delle temperature medie annuali stimate sul periodo

1961-1990.

In particolare, è possibile ricostruire una serie storica mensile delle temperature medie mensili locali. La loro valutazione può ottenersi analizzando il regime termometrico di un determinato sito, partendo dalle osservazioni disponibili. A tal fine devono essere individuate le stazioni termometriche più rappresentative per caratterizzare l’andamento della temperatura dell’area in esame in ragione della sua localizzazione, quota e lunghezza delle serie storiche disponibili.

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Capitolo I 24

Città   GEN  FEB  MAR  APR  MAG  GIU  LUG  AGO  SET  OTT  NOV  DIC media  annuale 

Ancona  min  2.8  4  7.1  10.6  14.4  18.4  21  20  18.6  13  8.2  5.4  15.00   max  7.9  10  12.9  17  21  25.6  28.3  28  24.7  19  13  9   Aosta  min  ‐2.4  ‐1.7  1.4  5.3  8.7  12.2  13  13.3  10.5  6.3  2  ‐1.1  10.48   max  5.1  7.2  11  16.9  19.4  22.9  25  24.6  21  15.2  9.9  5.9   Bari  min  5  5.4  7  9.2  13  16.8  19  19  17.2  13  9.5  6.5  15.93   max  11.5  13.1  15  17  21.5  25.6  29.6  29.7  26  22  17.8  13   Bologna  min  ‐1.6  1  5  8.4  12.6  15  20  17.5  16.8  11  6.4  0.7  13.62   max  4.6  8  13.6  18.1  21.8  27.2  30.3  30.1  25  18.4  11.5  5.5   Bolzano  min  ‐4.1  ‐1.7  3.6  7.8  11  14.5  16  15.8  12  7.8  3  ‐1.5  12.16   max  4.3  8.5  12.6  18.5  22  26.7  29.1  28  24  17.6  10.8  5.5   Cagliari  min  6  6.5  8.3  10  13  16  18.6  18.6  18  14.5  10.2  7.5  16.98   max  14.3  14.8  16.8  18.9  22  27.5  30.3  30  27.5  23.5  19.1  15.5   Catania  min  5.6  6.5  7.6  10  13.4  15.9  18.8  18.8  17  14  10  7.5  17.18   max  14.5  15.6  17  19.3  23  27.9  30.8  31  28.5  24  19.5  16.2   Catanzaro  min  5.5  6  6.6  9  12.4  16.5  19.4  19.4  17.5  13.5  10  7  15.55   max  12  11.5  13.2  16.5  20.3  23.3  28.2  28.9  26.8  20.9  15.9  12.9   Firenze  min  1.8  2.8  5.2  8.3  12  14.6  17.8  16.5  15  10.5  6.2  3  14.74   max  8  11.4  15.1  19.7  23.4  27.5  32  31.2  27.4  20.4  14.2  9.8   Foggia  min  3  3.6  5.1  8.4  12.2  16.4  19.8  21  16.5  13  8  5  16.30   max  11  12.5  17  19.8  25  29.5  32  32  28.8  22  16.5  13   Genova  min  5.4  6.2  8.6  12  15  18.8  21.1  21.1  19  14.8  10  6.8  16.15   max  10.1  12  14.5  17.1  20.6  25.2  27.9  28  25.7  20.6  15.6  11.5   L’Aquila  min  ‐2  ‐0.4  2.4  5.4  8.4  12.4  14.5  14  12.3  8  3.2  0.2  11.28   max  4.7  7.3  11.7  15.3  18.8  23.5  27.4  26.4  23  17.1  10.8  6.4   Livorno  min  5.2  6.5  7.8  10.5  14  17.7  19.7  20  18.2  14.2  10.5  6.5  15.97   max  11.4  12.2  14.5  17.6  21.2  24.5  28.2  28.3  25.7  21  16  11.8   Milano  min  ‐1.7  ‐0.5  4  8.3  12  16.3  18.6  18  14.8  10  4.5  0  13.29   max  4  8.4  14  18.5  22.6  28  31  29.5  25  17.6  10.8  5.2   Napoli  min  5.8  6.5  8.5  11  14.2  16.5  20  19.8  18.3  13.5  10  7  16.35   max  12.1  13  15.6  18.8  21  25.5  29.1  30  26  21.6  16.5  12.2   Palermo  min  7.5  8.5  9.6  11.5  14.5  18  21  21.5  19  15.5  11.5  9  18.34   max  15  16.2  18  20.5  23.6  28  30.8  31  28.4  24.6  21  16   Perugia  min  2  2.6  4.2  7.4  10.5  14.6  17.9  17.8  14.6  10.3  6.5  2.5  13.41   max  7  9  12.5  16.5  20.3  25.4  29  28.1  24.6  18  12.5  8   Pescara  min  2.5  3  5  8  12.1  15.5  18  17.6  15.5  11.5  7.2  4  14.63   max  9.7  11.4  14  17  21.9  25.8  28.7  28.8  26  20.5  15.5  12   Potenza  min  0.5  1.5  3  5.5  10  13.5  16  16  13  8.5  5  2.4  11.95   max  5.6  7.5  10  14  18.5  23  27  27  23  16.8  11.5  8   Roma  min  2.7  3.5  5  7.5  11.1  14.7  17.4  17.5  14.8  10.8  6.8  3.9  15.08   max  11.8  13  15.2  18.1  22.9  27  30.4  30.3  26.8  21.8  16.3  12.6   Sanremo  min  6  6.5  8  10.7  13.9  17  20  19.4  17.9  14.2  10.2  7.7  15.88   max  11.8  12.4  14.2  18.2  20.2  24  27.1  27  25  20.5  16  13.1   S.M.Leuca  min  7  7.4  8.2  11  14.4  18  21.4  19.4  18.9  15  11.5  8.5  16.91   max  12.2  13  14.6  17.8  22.1  26.8  29.8  29.9  26.8  21.4  17  13.7   Sassari  min  5.4  5.7  7.5  10  13  16.4  19.4  19.5  17  14  10  6.5  16.11   max  11.1  12  15  19  23.1  26.4  29  29.3  26  21.8  16.8  12.8   Siena  min  1.5  2.2  5  8  11.1  15.2  18  18  15.3  10.7  6.3  3  13.93   max  7.2  9.3  13.1  17  21  26.5  30  29.8  25.5  19  13  8.5   Sondrio  min  ‐3.5  ‐1.5  2.5  6.6  10.2  13.3  15.4  15  12.3  7.2  1.9  ‐2  12.10   max  5.8  9.5  14.6  19.3  22.1  25.3  28.7  27.1  24.1  18  12  6.6   Torino  min  ‐3  ‐1  4  8.4  12.2  16.2  19.1  18.1  14.5  9.7  3  ‐2  12.19   max  3.4  7.4  12.4  17  20  25.1  27.2  27  23  16.5  9.5  4.8   Trento  min  ‐2.2  ‐0.6  3.7  7.4  10.9  15.5  17  16.4  14  8.6  4  ‐0.3  12.37   max  4  8  13  17.5  21  26  28.7  28.1  24.5  17  10  4.6   Trieste  min  2.8  3.2  6.2  10.4  14.4  18  20.5  20  17.6  12.6  8  5  14.44   max  6.4  7.9  12  17  21.2  25  28.4  27.5  24.1  18  12  8.3   Venezia  min  0.8  1.9  5.4  9.7  13.6  17.5  19.8  19  16.5  11.2  6.1  2.4  13.77   max  6.1  8  12.1  17.2  21.2  25.2  28.1  27.6  23.6  18  12.2  7.2   

Tabella 1. Valori misurati della temperatura media mensile minima e massima registrata in trenta stazioni termometriche distribuite sul ter-

ritorio nazionale.

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Il dato idrologico 25

In Figura 5 sono rappresentati a titolo di esempio i regimi termo-metrici di tre stazioni del bacino del fiume Agri (Basilicata).

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

1,2

1,4

1,6

1,8

2,0

mese

ti/T

Moliterno 0,313 0,398 0,548 0,843 1,179 1,487 1,685 1,761 1,461 1,068 0,787 0,436

Stigliano 0,284 0,372 0,522 0,831 1,203 1,525 1,725 1,803 1,456 1,058 0,771 0,415

Teana 0,327 0,399 0,550 0,823 1,184 1,490 1,693 1,774 1,440 1,060 0,776 0,449

AGRI 0,308 0,390 0,540 0,832 1,188 1,500 1,701 1,779 1,452 1,062 0,778 0,433

G F M A M G L A S O N D

Figura 5. Regime termometrico del bacino dell’Agri in Basilicata (pe-

riodi 1959/1964 e 1966/1972).

Nel 2001, Claps e Sileo hanno elaborato un modello per la valuta-zione delle temperature medie mensili, dedotto da un’analisi statistica sui dati di temperatura rilevati in Italia meridionale, puntando alla ca-ratterizzazione del regime termometrico, allo scopo di stabilire la tem-peratura media annua e mensile di un luogo a partire dalla conoscenza della quota e della latitudine.

Il modello, proposto con lo scopo di fornire informazioni qualitati-ve e omogenee a scala regionale, si basa sulla seguente relazione per definire la temperatura media annua:

( ) ( )latzT ⋅−⋅−= 3209.00057.09755.29 (1) in cui: T = temperatura media annua in °C; z = quota locale in m s.l.m.; lat = latitudine, in gradi sessagesimali.

Valutata la temperatura media annua, il modello prevede, inoltre, la stima della temperatura media mensile, secondo la relazione:

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( )tfTT mami ⋅= (2) dove:

( ) ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ ⋅⋅+⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ ⋅⋅+= tsenCtBtf

τπ

τπ 22cos1 (3)

3065.00002.0 −⋅−= zC (4) 0351.00455.1 −⋅= CB (5) ed infine t=[1,12] rappresenta il mese di riferimento e τ=12.

Per ulteriori approfondimenti sul tema si rimanda alla pubblicazio-ne di Claps et al. (2007) in cui tale approccio viene esteso all’intero territorio italiano. 1.5. Approccio semplificato alla classificazione climatica

Un’analisi ambientale volta all’inquadramento climatico di un de-terminato territorio prevede la conoscenza degli aspetti meteorologici principali. In quest’ottica, molti studiosi si sono cimentati nell’inquadramento del territorio in classi di clima procedendo ad un’elaborazione dei dati elementari acquisiti ed ottenendo degli indi-catori noti come Indici Climatici Sintetici. In genere, tali indici non ri-sultano avere valore assoluto, mentre mantengono un sicuro significa-to quando sono adoperati in termini relativi.

E’ possibile ottenere una classificazione delle condizioni climatiche prendendo come base un fattore limitante, che secondo la definizione dei geobotanici è un “fattore ecologico sfavorevole, il quale al di là di un certo valore critico si comporta come se fosse il solo regolatore della vita vegetale”. Un fattore limitante per la vegetazione, fra i più tipici, è rappresentato dalle condizioni di aridità ovvero dalla disponi-bilità di risorsa idrica di un sito.

La quantità delle precipitazioni, la temperatura e l'entità dell'evapo-razione rappresentano parametri indispensabili da conoscere al fine di

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Il dato idrologico 27

valutare il grado di aridità (si veda a tal proposito la sezione riguar-dante il bilancio idrico al suolo). Una certa quantità di precipitazioni, infatti, non determina di per sé condizioni di aridità se non è accom-pagnata da un elevato flusso evapotraspirativo.

I metodi adottati per affrontare il problema dell’aridità in un luogo variano in relazione al particolare punto di vista da cui esso è inqua-drato, ciò spiega l’esistenza di un notevole numero di definizioni. Le variabili generalmente utilizzate singolarmente o combinate sono: precipitazione, temperatura, evaporazione dell’acqua libera, traspira-zione delle piante, radiazione solare.

La maggior parte degli studiosi ha cercato di esprimere l’aridità uti-lizzando formule più o meno complesse nelle quali compaia sempre il rapporto tra disponibilità di risorsa idrica (precipitazioni) e disponibi-lità energetica (radiazione solare, temperatura, evapotraspirazione po-tenziale). Generalmente quando si applicano queste formule alle me-die mensili della temperatura e della piovosità, si tende ad accertare l'esistenza o l'assenza di un periodo arido nel corso dell'anno, mentre nei casi in cui tali formule vengano applicate alle medie annue si cerca di esprimere sinteticamente il grado di aridità o di umidità delle locali-tà studiate. In entrambi i casi, l’obiettivo finale punta all’individuazione di tipologie climatiche in funzione del grado di ari-dità (Pinna, 1977).

Un’espressione di questo tipo facilmente utilizzabile è quella pro-posta da Lang (1915), che mise in relazione la piovosità media annua-le con la temperatura media annuale e stabilì un rapporto definito Plu-viofattore:

TPI P = (6)

dove: P = precipitazione media annua, in mm; T = temperatura media annuale, in °C.

Sulla base del Pluviofattore di Lang è possibile individuare 5 classi climatiche riportate in Tabella 2. Ad ogni modo, il Pluviofattore di Lang presenta un difetto che consiste nel fatto che i suoi risultati non sono univoci, infatti, due stazioni hanno indice uguale anche se in una

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di loro i valori medi annui della T e della P risultano esattamente di-mezzati rispetto ai valori corrispondenti dell’altra località.

La facilità di calcolo ed il facile reperimento di dati meteorologici utilizzati, ha favorito un uso vario ed improprio dell’indice di Lang cui è stato alla fine attribuito un significato bioclimatico.

Regione Climatica  Valori dell'IndiceRegioni aride  P/T<40Regioni subtropicali e tropicali 40<P/T<60

Regioni temperate  60<P/T<100 Regioni di steppa  100<P/T<160 Regioni temperate fredde 160<P/T

Tabella 2. Descrizione delle regioni climatiche secondo il Pluviofatto-re di Lang (1915).

De Martonne (1926) cercò di eliminare le incongruenze del Pluvio-fattore di Lang creando il suo indice di aridità

10+

=T

PI (7)

dove: P è la precipitazione media annua, in mm; T è la temperatura media annua, in °C.

Tale indice rappresenta un perfezionamento del Pluviofattore di Lang, in quanto supera i limiti di quest’ultimo che non distingue due stazioni di cui una ha i valori medi di T e P dimezzati rispetto all’altra. La formula [7] ha conosciuto in virtù della sua semplicità una grande diffusione tra i geografi.

L’indice di De Martonne fornisce una descrizione climatica secon-do un gradiente di maggiore aridità quanto più basso è il valore dell’indice. La seguente classificazione sulla base dell’indice di aridità di De Martonne, distingue i diversi gradi di aridità in sei classi clima-tiche (Tabella 3).

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Tipo Valori dell'IndiceArido estremo (deserto)  0‐5Arido (steppe circumdesertiche) 5‐15Semiarido (clima mediterraneo) 15‐20Subumido  20‐30Umido  30‐60Periumido  >60

Tabella 3. Classificazione climatica di De Martonne.

A titolo di esempio si riporta una applicazione dell’indice di De Martonne ad alcune città italiane per le quali è possibile anche arrivare alla definizione delle condizioni climatiche (Tabella 4).

Nel presente testo sono riportati a titolo d’esempio solamente due indici climatici di forma estremamente semplice, ma ne esistono di più complessi ed anche più efficienti che richiedono la conoscenza di mi-sure di radiazione solare oppure di stime dell’evapotraspirazione che per brevità non verranno trattati nel presente testo. Città 

Temperatura media annuale (°C) 

Pioggia media  annuale (mm/anno) 

Indice climatico di  De Martonne  

Condizioni  Climatiche 

Ancona  15.00  664  26.56  Subumido Bari  15.93  597  23.02  Subumido Bologna  13.62  633  26.80  Subumido Bolzano  12.16  855  38.59  Umido Cagliari  16.98  426  15.79  Semiarido Catanzaro  15.55  995  38.94  Umido Firenze  14.74  751  30.35  Umido Foggia  16.30  446  16.96  Semiarido Genova  16.15  1320  50.48  Umido L’Aquila  11.28  722  33.92  Umido Milano  13.29  988  42.43  Umido Napoli  16.35  1047  39.73  Umido Palermo  18.34  635  22.41  Subumido Perugia  13.41  900  38.45  Umido Potenza  11.95  748  34.08  Umido Roma  15.08  768  30.62  Umido Sassari  16.11  600  22.98  Subumido Torino  12.19  887  39.98  Umido Trento  12.37  725  32.41  Umido Trieste  14.44  977  39.98  Umido Venezia  13.77  766  32.23  Umido 

Tabella 4. Condizioni climatiche di alcune città italiane definite me-diante l’espressione [7].