Appunti Sui Longobardi

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APPUNTI SUI LONGOBARDI OTTOBRE - DICEMBRE 1993

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APPUNTI

SUI

LONGOBARDI

OTTOBRE - DICEMBRE 1993

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ORIGINI E CARATTERI ORIGINALI

I Longobardi - o Langobardi - secondo tradizioni e leggende

narrate da 1 loro storico Paolo di Warnefrido forse anche su fonti

gotiche e reminescenze classiche, si sarebbero chiamati

originariamente Winnili (combattenti vittoriosi); poi avrebbero

assunto i 1 nome ab intactae ferro barbae longitudine dopo che

longibarbati li aveva chiamati il dio Wotan, scambiandoli con le

loro donne le quali, seguendo il consiglio di Frea moglie del

Dio, si erano lasciati cadere sulla faccia, a guisa di barba, i

capelli di sciolti.

L'etimolog ia dal nome non e' assurda; tanto più* se si mette in

relaz ione con il culto di Wotan, fra i cui attributi era appunto

1'imponenz a della barba. Altri, invece, vorrebbe derivato il nome

dalle lunghe lance (alabarde) e qualcuno, meno attendibilmente,

da lange Borde o estesa pianura litoranea, come erano le loro

sedi orig inarie, che secondo indicazioni oscuree discusse di

Paolo Diacono, sarebbero state 1'"isola" della Scandinavia.

Ma si ha r agione di sospettare che questa provenienza scandinava

come lo stesso nome di Winnili, siano entrati nella leggenda

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longobarda per contaminazione con le antiche tradizioni dei Goti,

sulle qual i, a un certo momento, per nobilitarsi alquanto, i

Longobardi avrebbero ricalcato la loro prima storia. Invece le

ricerche glottologiche, confermate da affinita'di costumi,

corrispondenza di istituzioni giuridiche e politiche, fanno

appartenere i Longobardi ai Germani occidentali, ascrivendoli al

gruppo ingavonico insieme ai Frisi, agli Angli, ai Sassoni.

Le loro sedi più' antich, dove cominciarono a differenziarsi

dagli altri popoli di comune origine, sarebbero state le regioni

del basso Elba; e si vuol riconoscere nel Bardengau, nome di

territorio, ed in Bardowick, nome di antica citta' presso

l'attuale Lunenberg, traccia dell' antica dimora.

Stando ai pochi cenni delle fonti classiche sui Longobardi, essi,

jljSP\sottomessi da Tiberio nel 5 d.C, sarebbero subito dopo passati

sotto i Marcomanni, liberandosene poi con l'aiuto di Arminio, re

dei Cheruschi. Nel 47, possono già' dare aiuto al nipote di

Arminio cacciato dal trono. Nel 165, molti di essi, con altri

popoli, fanno una incursione in Pannonia: segno che si erano già'

al lontanati dalle loro sedi, costretti forse dalla pressione dei

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Odoacre. S iamo cosi* alla fine del secolo V, quando ormai la

storia dei Longobardi esce dall'incertezza della leggenda.

A Gudeoc succedono, di padre in figlio, Claffo e poi il figlio

Tatone, sotto cui i Longobardi emigrano ancora verso una vasta

pianura, campi patentes: certo, quella regione del 1'Umgheria che

va dalla Theiss al Danubio. Quivi, partiti i Goti, acquistano un

potere preponderante e vasta rinomanza. Vincono ed annientano gli

Eruli, assoggettano gli Svevi, stringono alleanza con i Bizantini

e con i TUringi e di alleanza sono richiesti dal re dei Goti,

Vitige. Vacone, nipote e successore di Tatone, e' il più' potente

re longobardo di questo periodo, che, con la vittoria sugli

Svevi, dischiude al suo popolo un nuovo periodo di storia.

Le parentele che egli contava con le case regnanti dei Turingi,

dei Gepidi, degli Eruli, dei Franchi, mostrano il nome longobardo

largamente conosciuto, rispettato, temuto. Dopo di lui, il figli

Waltari; pò i, Audoin, col quale, attorno alla meta' del sec. VI,

i Longobardi passarono in Pannonia, stanziandovisi come federati

del 1'Impero Loro compito arginare l'avanzata dei Gepidi,

estesisi, dopo la morte di Attila, dalla Theiss al corso

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popoli finitimi più' potenti. Dopo di allora le fonti classiche

tacciono.

Paolo Diacono, invece, che accoglie leggende tradizionali non

prive di va lore storico - il ricordo, se non altro, della grande

instabi1 ita di questo popolo, costretto a continue

peregrinazioni attraverso terre spesso inospitali - ci narra che

i Longobardi dalla Scandinavia passano in Scoringa (paese

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rivierasco) dove vengono a guerra con i Vandali e li sconfiggono,

trasportandosi in seguito in Mauringa (paese acquitrinoso) dove

trovano il passaggio ostacolato dalla resistenza degli Assipidi,

che pera' sono vinti, e poi in Golanda (Yolaida, la sconfinata

steppa), donde passano ad abitare i distretti di Anthaib,

Bantahaib e» Vurgundaib (Burgundaib, paese dei Burgundi). Di qui

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{ riprendono, dopo qualche tempo, la loro marcia portandosi al di

qua' di un fiume, il cui passaggio, dice la leggenda, era difeso

dalle Amazzoni. Ma subito dopo sono sorpresi e sconfitti dai

Bulgari, che poi a loro volta vincono. Infine sotto la guida di

Gudeoc, quinto nella serie dei loro re, i longobardi passano ad

occupare la terra dei Rugi, poco prima vinti e dispersi da

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infer iore della Sava. Sostennero fiere lotte con i Gepidi,

mescolate a contese dinastiche. Ma ne ebbero ragione solo quando

Alboino, figlio e successore di Audoin, si alleo' al popolo turco

degli Avari che premevano dalle Alpi di Transi1vania. I Gepidi,

assaliti su due fronti, furono vinti in una sanguinosa battaglia

dai Longobardi; il re Cunemondo fu ucciso; Rosmunda sua figlia

tratta a forza in moglie da Alboino. La vittoria dei Lomgobardi

fu fatale alle sorti del germanesimo nell'Europa danubiana

carpatica, poiché' distrusse la germanica Gepidia, senza dare

maggiore stabilita' ai Longobardi nella Pannonia. Infatti, o

inorgogliti della vittoria o allettati a nuove imprese dal mite

clima, dalle terre fertili, dalle deboli condizioni politiche

dell'Italia, o premuti dalla minacciosa avanzata degli Avari, che

si erano tosto spinti fino alle rive della Theiss, certo e* che,

subito dopo vinti i Gepidi, i Longobardi lasciano la Pannonia per

venire in Italia.

Da tutto quello che sappiamo dei Longobardi, si può' con

sicurezza argomentare che siano stati, tra i popoli germanici,

dei più' tardi a uscire dallo stato di civiltà' primitiva. Le

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frequenti migrazioni, il perenne stato di guerra, come avevano

mantenuto costumi rozzi e violenti, cosi' avevano impedito lo

sviluppo della loro economia e quello della loro organizzazione

civile. A Ila pari delle altre popolazioni germaniche, da

principio ciascun gruppo deve aver provveduto da se', sotto la

guida di qualche capo, condottiero in guerra, giudice in pace

agli scarsi bisogni di un popolo pressoché' nomade. Alle forme

monarchiche, espressione di una volontà' unita nella tutela di

interessi e omuni, principio di una organizzazione politica, pare

siano venuti in tempo abbastanza recente, stanchi del governo dei

capi e tratti dall'esempio degli altri popoli.

Comunque quando i Longobardi vennero in Italia, dopo essere stati

al contatto di popoli più' progrediti, in gran parte già'

guadagnati al cristianesimo, e dello stesso impero di Bisanzio,

dovevano aver fatto notevoli passi sulla via della loro

organizzaz) one politica e militare, E in Italia i Longobardi

sentirono viva e progressiva l'azione della più' alta civiltà'

dei vinti e dei più* sviluppati ordinamenti dei popoli

confinanti, Bizantini, Franchi, Bavari. Ma anche per il carattere

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della loro invasione, di popolo cioè* penetrato in Italia, a

differenza dei barbari precedenti, senza alcun vincolo con

l'impero, da vero conquistatore, non tenuto a riguardi verso i

vinti (i1 traditum nobis a Deo popolum romanorum) e le loro

istituzioniL in condizioni quindi di maggiore indipendenza dalla

civiltà' loro, i Longobardi restarono un polo profondamente

germanico e furono, cosi', il principale veicolo dell'influenza

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germanica in Italia. D'altra parte questo stesso loro carattere

di conquistatori segno* un netto distacco fra i Lomgobardi

armati, ma poco numerosi e incolti, e gli italiani, vinti, ma

costituenti la massa della popolazione, rimasti in possesso delle

loro leggi , della loro religione, degli avanzi della loro

cultura. Questo distacco non impedi' una fusione tra i due

popoli, ma permise ai vinti di meglio conservare la loro civiltà'

e di dare a i vincitori più' di quanto da essi ricevessero.

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ORGANIZZAZIONE POLITICA, AMMINISTRATIVA, MILITARE

Per i Longobardi, lo Stato originariamente e', e virtualmente non

cessa mai di essere, l'unione di tutti i liberi atti alle armi,

la cui volontà' si esprime nelle assemblee generali, fonte di

tutti i poteri, quello sovrano compreso.

Anche quando, per l'irrobustirsi del potere regio, da una parte,

per le crescenti difficolta' pratiche della loro riunione e del

loro funzionamento, dall'altra, il valore politico di tali

assemblee va scadendo ed esse si trasformano in adunanze di alti

dignitari, convocate e presiedute dal re, mentre il popolo vi

assiste solo prò forma; anche allora le assemblee non sono mai

soppresse.

Anzi esse, espressione del principio che gli uomini liberi non

possono essere costretti se non a ciò' cui hanno consentito,

restano sempre in possesso, virtuale almeno, della somma della

pubblica potestà'.

Quindi anche il potere regio emana dall'assemblea, e la corona

e', perciò', elettiva. La successione ereditaria ha potuto essere

molte volte un fatto, e raramente nella elezione non e1 stato

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rispettato qualche vincolo di sangue, ma non e' mai stata un

diritto, e il re, come era eletto dalla nazione, o perlomeno, se

la elezione era avvenuta per le mani di pochi potenti, acclamato

dalla assemblea, cosi' poteva essere anche da questa deposto.

Tuttavia i re longobardi presto mostrarono la tendenza ad

assumere le forme ed i caratteri dell'assolutismo romano, Li

aiuto' in questo lo stesso concetto cristiano del potere sovrano;

più' ancora dovette influire il carattere che essi, di fronte

alla popolazione italiana dei vinti, avevano di sovrani impostisi

con pienezza di potere per diritto di conquista.

Il primo e più' alto potere del re e' sempre quello militare, che

e* quello da cui pare tragga origine la stessa monarchia, la cui

sovranità' e' essenzialmente rivolta al conseguimento dei fini

per i quali e' necessario l'impiego delle armi, e perciò',

accettata in guerra, essa e* contrastata in pace.

Con tutto ciò' la monarchia, pure lottando con le forze

decentratrici, ha raccolto in Italia tutti i poteri: il re

comanda l'esercito, decide della pace e della guerra; convoca, in

occasione dell'annuale rassegna dell'esercito, per solito nel

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mese di marzo, le assemblee che sono in origine l'esercito

stesso, e le presiede con piena iniziativa della loro attività' e

con azione sempre più' prevalente che gli da', quindi,la

direzione del supremo potere legislativo; e' capo del potere

giudiziario e giudica direttamente in tutte le cause più' gravi e

nei casi di denegata giustizia; accorda il suo alto patrocinio,

mundium o mundiburdium regis, scutm regis potestatis, a tutte le

persone deboli, povere, incapaci di far uso delle armi, che

manchino di un loro naturale e legittimo mundoaldo; presiede

infine a tutta l'amministrazione del regno.

I re longobardi non abbandonano il costume germanico di

circondarsi di compagni d'arme fidati, gasindii, fideles; ne

fanno anzi una categoria speciale munita di una particolare

defensio regia, che si precisa in un guidrigildo superiore a

quello degli altri arimanni. Ma da essi il re trae gli ufficiali

della sua corte i quali, con l'allargamento del potere del re, si

sono trasformati in alti funzionari dello stato.

La corte regia assume cosi' il carattere di un'amministrazione

centrale, che si foggia sul modello della corte imperiale, del

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palatium. e la sua sede, quello di una capitale. Questa, pur

contrastata in qualche momento da Milano, sede essa pure di re

longobardi, e' Ticinum, Pavia.

L'amministrazione dello stato longobardo risente essa pure del

suo originario carattere militare e del suo adattamento alle

istituzioni romane.

Il sistema amministrativo dei longobardi si basava, in origine,

sulla loro organizzazione militare, una serie di raggruppamenti

familiari (fare) riuniti fra di loro in modo da formare unita'

sempre maggiori, i cui capi militari esercitavano, anche con il

concorso degli uomini liberi e delle loro assemblee, funzioni

giudiziarie e civili. Venuti in Italia e prese stabili sedi, i

Longobardi si trovarono costretti ad adottare un sistema di

circoscrizioni territoriali, che furono quelle della

amministrazione romana: non la provincia, che scomparve, ma le

civitates, coi loro municipia, vici e pagi, già' più' autonome,

più' intimamente legate alla vita locale, più* resistenti. Ed

esse servirono di base alle nuove circoscrizioni territoriali dei

ducati (gau, districtus, iudiciaria). Alla loro testa stavano

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degli ufficiali, latinamente detti duces, o anche iudices

(ignoriamo il vero originario titolo), provvist, per quella

inscindibilità' di poteri propri degli stati primitivi, di

autorità' militare, giudiziaria, civile, arbitri del disbrigo

degli affari delle assemblee locali. La loro nomina dipendeva dal

re ed era di solito a vita. Ma, nonostante le tendenze

assolutiste e gli sforzi centraiizzatori della monarchia, i re

longobardi non riescono mai a tenere pienamente soggetti a se' i

duchi che rappresentavano le tendenze autonomiste,

particolariste, decentraiizzatrici. Essi furono specialmente

impotenti contro i duchi delle regioni di confine (Friuli,

Spoleto, Benevento) sempre pronti ad insorgere, e di fatto resisi

pressoché' indipendenti.

Erano pero1 sottratte alla giursdizione dei duchi tutte le terre,

citta', villaggi dell'immenso patrimonio della corona, che erano

governate direttamente dal re per mezzo dei suoi agenti preposti

all'amministrazione delle pubbliche sostanze, incaricati di far

valere i diritti del fisco, di difendere le donazioni, le

immunita', i benefici concessi dal re : i gastaldii.

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I gastaldii, pur essendo anch'essi investiti di poteri

amministrativi, giudiziari e di autorità' militare, e pur essendo

del tutto indipendenti dai duchi, non avevano la pienezza dei

poteri di questi, e, nominati a tempo, restano più' soggetti

all'autorità' del sovrano e meglio conservano il carattere di

organi esecutori del potere. La monarchia tende cosi' ad

appoggiarsi ai gastaldi più' che ai duchi e ad estendere l'area

della loro giurisdizione, sottomettendo talora a quelli interi

distretti tolti a questi.

Entro le maggiori circoscrizioni dei duchi e dei gastaldi si

differenziavano quelle minori, governate da ufficiali da essi

dipendenti che portavano i nomi di sculdhais, sculdasius, o anche

centenarius, scario, oberscarius (biscario), decanus,

actionarius, nomi tratti in parte dalla gerarchia militare e che

accoppiavano, con più' limitate attribuzioni, le varie

giurisdizioni.

Strettamente congiunta con l'ordinamento politico e

amministrativo dello stato e' l'organizzazione militare. Ogni

libero e* per dovere e per diritto arimannus, cioè' exercitalis

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Page 16: Appunti Sui Longobardi

qui sequitur scutum regis, l'esercito e' il popolo in armi.

Base della formazione dell'esercito e' in origine l'aggruppamento

familiare della farà che ne costituiva la più* piccola unita'.

I loro maggiori aggruppamenti formavano le unita' maggiori,

latinamente dette decania, centena. Più' centene costituivano le

maggiori unita' comandate dai duchi.

Dopo la conquista, distribuite le varie fare nelle varie parti

del territorio, collocatisi i vari capi militari, i duchi nelle

citta', gli sculdasci, i decani da loro dipendenti nei centri

minori, alla base gentilizia si e' dovuta sostituire quella

territoriale. Si perfeziona, inoltre, l'organizzazione militare

con più' largo uso della cavalleria, imposto, fra l'altro, dalla

necessita' di combattere Franchi e Bizantini dototi di una ben

agguerrita cavalleria pesante.

Anche presso i Longobardi la prestazione militare dovette essere

subordinata alla condizione economica e differenziata dalla

maggiore o minore ricchezza misurata principalmente dalla

proprietà' del suolo. Con Astolfo, le categorie della milizia

sono definitivamente fondate sul diverso grado di ricchezza

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immobiliare. Esclusi dall'esercizio delle armi erano i non liberi

salvo le eccezioni determinate dalla suprema necessita' di

guerra; ed esclusa, da principio, anche la popolazione

sottomessa. Ma adeguatosi l'obbligo militare alla capacita'

economica, avvicinatisi sempre più' i vincitori ai vinti,

l'esclusione, che sarebbe ormai stata un privilegio, dovette

cessare. Lo provano i negotiatores, dei quali i più' dovevano

essere romani, chiamati alle armi da Astolfo.

Il re dava l'ordine di raduno cui tutti dovevano obbedire pena la

multa di SO soldi, assumeva personalmente il comando

dell'esercito, lo scioglieva appena compiute le operazioni

mi 1i tar i .

La conquista dell'Italia impose ai Longobardi la necessita della

r difesa del confine sia dalla parte dei Greci che da quella dei

Franchi.

Lungo le varie linee di confine essi posero, con le stesse

caratteristiche delle colonie dei milites limitanei dei

bizantini, degli stanziamenti di arimanni cui erano date in

possesso delle terre e l'uso, come e' probabile, di pascoli per

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Page 18: Appunti Sui Longobardi

il mantenimento dei cavalli con l'obbligo, gravante sulle terre

concesse, di provvedere alla difesa del fortilizio, della chiusa,

della citta' cui erano assegnati. Tali stanziamenti vennero a

costituire degli speciali distretti amministrativi (arimannia)

sottratti alla giurisdizione ordinaria dei comuni iudices e

sottoposti a quella diretta del re.

Di un sistema tributario e finanziario presso i Longobardi non e'

il caso di parlare. Nulla conosciamo di particolare. Scarsi, in

ogni caso, i bisogni della loro rudimentale organizzazione

politica. L'esercito bastaca a se' stesso, i giudici si pagavano

con le ammende e la giustizia, d'altra parte, era in molti casi

un affare privato. Alle opere pubbliche provvedevano i più'

direttamente interessati. Soccorrevano inoltre, bottini e

imposizioni di guerra, e spesse volte bastavano le sostanze del

re e dei capi. In Italia, nei primi tempi della conquista, i

Longobardi dovettero restar paghi di requisizioni e bottino.

Passato pero' il primo periodo di violenze depredatrici e di

spoliazioni tumultuosee costretti essi a provvedere con una certa

regolarità' al loro sostentamento, imposero ai proprietari

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romani, la* dove trovavano comodo di insediarsi - e' improbabile

infatti che si disperdessero per tutto il paese - una

contribuzione o requisizione diretta di derrate nella misura di

un terzo dei prodotti.

Cosi' i proprietari romani diventavano tributari dei longobardi,

già' messi a loro carico; e questi furono hospites dei Romani in

analogia al sistema di acquartieramento (hospitalitas), già' in

uso tra i romani nei riguardi dei barbari insediatisi nelle terre

dell'impero. Riorganizzatisi pero', con Autari, il regno, veniva

creato, con la cessione di meta' delle sostanze e rendite dei

duchi, un vasto demanio regio che sopperisse alle necessita'

finanziarie della corona; e venne anche rimaneggiata la

contribuzione della tertia.

Delle imposte vigenti al momento dell'invasione, l'imposta

diretta fondiaria romana e l'imposta sul capitale impiegato nel

commercio non sono più' ricordate. Del resto il disorganizzarsi

delle curie che ne erano l'organo di riscossione, gli

sconvolgimenti portati nella proprietà' fondiaria, la penuria

crescente di moneta, forse anche la repugnanza germanica alle

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imposte dirette, dovettero concorrere a farle rapidamente

sparire. E' dubbio se continuasse il testaticum, o capitatio

humana o plebeia, che già' i proprietari romani erano andati

scaricando sui rustici della pars colonicia delle loro terre.

Forse si trasformo' in un censo patrimoniale, quale più' tardi

troviamo qua e la' dovuto dai coloni alle curtes da cui

dipendevano.

Si mantenne invece, si andò' anzi sviluppando, come più'

rispondente alle consuetudini dei nuovi dominatori, alla debole

amministrazione statale, alla impoverita economia pubblica, tutto

un sistema di tasse e di imposte indirette che divento' il nerbo

del sistema tributario dei Longobardi: diritti di transito e di

approdo, diritti sui mercati, diritti di pascolo, di caccia, di

pesca, oneri relativi alle opere pubbliche, vie, mura, terme,

cloache, contribuzioni per l'esercito in moto, per il sovrano e

la corte al loro passaggio, per i pubblici ufficiali recantisi

sul posto per l'esercizio delle loro funzioni.

Molti di questi oneri erano in natura. Più', pero, che da questi

diritti fiscli, per la maggior parte consumati sul posto,

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Page 21: Appunti Sui Longobardi

assorbiti nei servizi stessi da cui avevano avuto origine, goduti

dai duchi e dai loro ufficiali, l'erario regio era alimentato

dalle rendite dell'immenso patrimonio del re, che, se era spesso

assottigliato da donazioni e concessioni a luoghi pii, a fedeli

del re o ad altri, era anche continuamente accresciuto dalle

nuove occupazioni territoriali, dalle confische giudiziarie,

dalle successioni devolute al fisco.

Disseminato in tutte le parti del regno, più' o meno discontinuo,

diviso in curtes, actus e altre minori unita', retto dalle curtes

gastaldiali i suoi redditi mettevano capo alla curtis regia di

Pavia, o palatium, l'organismo centrale finanziario del regno.

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Page 22: Appunti Sui Longobardi

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IL DIRITTO

I Longobardi, anche dopo la loro venuta in Italia, tutti intenti

dapprima a rassodare la loro conquista, continuarono per vari

anni ad attenersi alle loro antiche leggi o consuetudini,

cavarfide, che essi sola memoria et usu retinbant (Paolo Diacono,

IV, <♦<♦>.

La codificazione e il riordinamento delle leggi longobarde si ha

solo con Rotari che, nella sua vasta opera intesa ad ordinare e a

consolidare lo stato all'interno e all'esterno e a ravvivarvi la

vita nazionale, volle mettere per scritto le antiche leggi,

completandole col consiglio e il consentimento dei primati

giudici e di tutto il popolo dei liberi. L'Edictus regis

Hrotaris, promulgato in Pavia il 22 novembre 643, indirizzato a

tutti i sudditi, con evidente tendenza a dare alla legge

carattere universale e territoriale, divento' la base

fondamentale della legislazione longobarda. I re successivi non

fecero che apportarvi aggiuente e modificazioni: Grimoaldo con 9

capitoli (688), Liutprando con 153 (713-731), mentre 8 ne

aggiunse Rachi (746) e 22 Astolfo (750 e 755). Caduto il regno, i

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Page 23: Appunti Sui Longobardi

duchi di Benevento, considerandosi quasi successori dei re

longobardi, emanarono essi pure alcune leggi come aggiunte

all'editto. Pero' , nemmeno la' dove sottentro' la dominazione

franca il diritto longobardo scomparve. Esso continuo' a vivere

come diritto personale. Anzi, sviluppatisi gli studi di diritto,

fu oggetto di una elaborazione il cui centro fu Pavia e le cui

più' importanti manifestazioni si hanno nel sec. XI con il Liber

regis longobardorum, o Papiensis e con la Lombarda. Pero', verso

la meta' del sec. XIV, si può' considerare vinto dal risorgente

diritto romano e solo rimasto a informare alcuni istituti del

diritto feudale e del diritto statutario. Qualche maggiore

resistenza ebbe nelle Provincie degli antichi ducati meridionali

dove se ne ha ancora qualche traccia nel sec. XVI.

Il diritto longobardo e' certo fra i barbarici quello che ha

meglio sentito gli influssi delle idee cristiane, del diritto

romano, di quello volgare e degli usi della vita del poplo vinto.

Se ne hanno manifestazioni evidenti nell'Editto di Rotari e più'

ancora nelle aggiunte dei successori e specialmente di

Liutprando. La sua ispirazione, tuttavia, e' decisamente

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Page 24: Appunti Sui Longobardi

germanica, e si rivela specialmente nel diritto penale, fondato

sul concetto primitivo che il reato sia solo violazione

dell'interesse particolare della parte offesa, dalla quale quindi

deve partire la reazione contro il colpevole. L'azione punitiva

e' quindi di iniziativa privata, vindicta, faida quod est

inimicitia, cioè' perdita della pace di fronte all'offeso e ai

suoi solidali, quando l'offesa colpisce il singolo; e di

iniziativa pubblica, per cui il colpevole perde la pace di fronte

alla collettività', cade sotto il bannus del re, quando vi e'

violazione dell'interesse collettivo. La inimicitia privata o

pubblica, pero', si può' estinguere pagando una indennità'

(Guidrigildo) alla parte offesa.

Vero' e' che al momento della codificazione delle leggi

longobarde, questi concetti, sotto l'azione del diritto romano e

della chiesa, hanno avuto un ulteriore sviluppo e hanno subito

qualche modificazione. Si fa strada sempre più' evidente la

concezione del reato come violazione del diritto sociale; lo

stato meglio organizzato tende a sostituire in tutti i casi la

sua azione a quella privata, il guidrigildo va perdendo del suo

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Page 25: Appunti Sui Longobardi

carattere di prezzo di riscatto per assumere quello di ammenda,

muleta, e pene pubbliche si introducono nei casi di offesa di

pubblici interessi.

Il legislatore longobardo cerca cosi' di restringere sempre più'

la sfera di azione della vendetta, facendo prevalere il sistema

della composizione pecuniaria, e regola questa proporzionandola

all'offesa, non trascurando nemmeno l'elemento morale

intenzionale.

Anche il procedimento giudiziario e', nella sua essenza,

germanico. La partecipazione infatti di più' persone, iudices, il

carattere, cioè' popolare della sentenza, rappresenta il concetto

fondamentale del processo longobardo. E' cessata pero' la

completa distinzione fra chi dirige il giudizio e chi pronuncia

la sentenza, nella formazione della quale concorrono tanto gli

altri giudici quanto il presidente dell'assemblea, cioè' il duca,

il gastaldo, lo sculdascio, o un loro messo.

La procedura e' orale e quindi formalistica. Alla prova e' tenuto

il convenuto ed essa consiste nel sacramentum, il giuramento,

convalidato da quello di altri sacramentales, e nella pugna o

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Page 26: Appunti Sui Longobardi

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duello giudiziario. Ma anche in questo campo si nota un continuo

progresso. Già' Rotari, in alcuni casi di grave importanza,

esclude il duello; Grimoaldo ne restringe ancor più' l'uso; e

Liutprando lo proibisce in parecchi casi, introducendo invece la

prova documentaria e testimoniale che va gradatamente

sostituendosi al duello e al giuramento. Conteporaneamente va

introducendosi il principio romano che la prova spetta

al 1'attore.

Germanico e* anche il concetto della capacita* giuridica e

intimamente legato alla prova giudiziaria della pugna. Per la sua

pienezza si richiede non solo la condizione di libero, ma anche

la capacita' fisica e morale dell'uso delle armi. Il libero che,

per ragioni di sesso, di età', di invalidità* fisica, non sia

atto alle armi, ha una capacita' giuridica limitata, che e* pero*

integrata dal presidio familiare. Interviene allora l'istituto

tutto germanico del mundio che investe tutto il diritto familiare

e patrimoniale longobardo e che e' dominio, ma, essenzialmente,

rappresentanza giuridica, protezione e difesa che il padre di

famiglia esercita verso i suoi familiari parzialmente incapaci,

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Page 27: Appunti Sui Longobardi

per tutto il tempo in cui dura la loro incapacita': quindi, fino

all'età' maggiore per i maschi, per tutta la vita per la donna,

che non può* mai selmundia vivere. Anche il servo e' sottoposto

al mundio del padrone, fino a che, almeno, una piena manomissione

non lo renda fulfreal e amund. Chi non ha un legittimo munduald

passa sotto la protezione del re.

Anche il concetto di proprietà', per quanto modificato

dall'influsso delle idee romane, risente ancora dell'originaria

incapacita' germanica di renderlo indipendente da un rapporto

materiale fra le persone e le cose, di distinguere la proprietà'

dal possesso, di svincolarlo dall'elemento sociale. I Longobardi,

venuti in Italia, avevano certamente oltrepassato lo stadio della

proprietà' comune; ma prevale ancora in essi che la proprietà'

sia legata alla famiglia. I membri presenti di questa hanno su di

essa, più' che un diritto di libera disponibilità', un diritto di

godimento e di aspettativa.

Al centro dell'ordinamento sociale e politico longobardo, sta la

famiglia. Essa in quanto e' unione di tutti quelli che si

potevano considerare derivati dallo stesso stipite, cioè' farà o

25

Page 28: Appunti Sui Longobardi

40HH\

gens, famiglia in senso largo, e* almeno alle origini, base

dell'ordinamento militare e politico, centro della vita

economica. Come consorzio domestico vero e proprio, che lega in

una stretta solidarietà' di interessi gli immediati ascendenti,

discendenti e collaterali, famiglia in senso stretto, essa e'

organo di quella protezione e tutela che la originariamente

debole organizzazione dello stato non era in grado di dare

all'individuo. Questi trova,infatti, nella famiglia assistenza ed

aiuto: sia nella vindicta parentum o faida, sia nella espiazione

del crimine (concorso nel pagamento del guidrigildo), sia nella

prova giudiziaria del giuramento, prestato dai propri consorti, i

sacramentales e, se ancora incapace, nella rappresentanza in

giudizio e nella pugna. Per ciò' la famiglia e' saldamente

organizzata, tenuta unita sotto l'autorità* del capo, che si

esercita specialmente nel mundio, che, se e' dominio che arriva

fino al diritto del padre di liberarsi dei figli appena nati,

esponendoli, di venderli, e in certi casi riconosciuti dalla

legge, di punirli fino all'uccisione, e' anche dovere di

mantenimento, di protezione e di difesa. Altro beneficio per i

26

Page 29: Appunti Sui Longobardi

/^P\

membri della famiglia, ed elemento pure di coesione, e' il

godimento del patrimonio familiare.

Solenni e pubblici sono pertanto gli atti di costituzione della

famiglia legittima : la cerimonia degli sponsali, davanti alle

due parentele, con la costituzione della meta o metfio, assegno

maritale dello sposo alla sposa, e quella delle nozze con la

traditio della sposa e la costituzione del morgengabe, cioè' la

donazione dello sposo alla sposa, il mattino successivo alle

nozze. Più' tardi si aggiunse l'assegnazione alla donna del

faderfio, quod mulier de parentibus adduxit, la quota cioè' che

le spettava dei beni della famiglia paterna, che andò*

acquistando il carattere di vera e propria dote. Dalle giuste

nozze si originavano i figli legittimi. Notevoli pero* le

differenze tra i maschi e le femmine, non soltanto nei riguardi

della perpetua soggezione al mundio, ma anche nella limitata

capacita' a succedere, che pero' fu molto aumentata da

Liutprando. Minori diritti, limitati diritti successori, una

qualche partecipazione alla vita della famiglia avevano i nati di

concubinato, i quali potevano essere legittimati. Esclusi da ogni

27

Page 30: Appunti Sui Longobardi

diritto, e per lo più' esposti, erano i figli adulterini ed

incestuosi. A cominciare da Liutprando, sotto la manifestazione

della chiesa la condizione dei figli naturali e degli stessi

legittimati va peggiorando.

La società' longobarda non era costituita diversamente dalle

altre società' antiche. Anche essa era divisa in servi e in

liberi. Quelli sono privi di diritti civili e politici e solo

personalmente responsabili dei loro reati; sono cose, capitale di

lavoro, confusi con gli animali e a essi equivalenti. Questi,

sciolti da ogni dipendenza personale, hanno l'uso delle armi e

fanno parte, con pienezza di capacita' civile e di partecipazione

alla vita pubblica, del popolo dei liberi e perciò' arimanni o

exercitales. Queste due classi non sono rigide, ne' immobili.

f Esse si differenziano in categorie varie più' alte o più' basse e

si notano in esse movimenti di ascesa e di discesa. Fra i veri

servi e i liberi stanno tutti coloro la cui servitù' era mitigata

da qualche diritto o la cui liberta' menomata da qualche vincolo.

In primo luogo gli aldi, vincolati al fondo di cui godevano il

possesso, obbligati, quindi verso un dominus, ma con diritto a

28

Page 31: Appunti Sui Longobardi

famiglia legittima e a libera proprietà'; condizione non

dissimile da quella dei coloni romani con i quali facilmente si

confusero. Accanto a questi, in condizione inferiore, ma che

tende a migliorare, tutta una classe di servi: manentes o

massarii, adibiti al lavoro dei campi, ma verso corresponsione di

solo una quota parte del prodotto e di determinati servizi

personali, che formano essi pure famiglia legittima, hanno

proprio peculio e protezione della legge contro gli arbitri del

padrone; i servi regi, i servi ecclesiae, servi addetti a qualche

ufficio o arte manuale, ministerium, cioè' i servi nisteriales;

categorie tutte nelle quali il diritto assoluto del padrone

spesso anche solo per effetto di consuetudini locali, va di molto

attenuandosi, avvicinandole alla condizione degli aldi. Parimenti

dai liberi si distacca, ancora prima della conquista, la classe

dei nobili; nobiltà' di schiatta di incerte origini, forse

guerresche e forse in parte anche sacerdotali.

L'antica nobiltà', di molto assottigliatasi dopo la conquista, si

andò' confondendo con la nuova nobiltà' che traeva la sua origine

dal servire il sovrano a corte, negli uffici, nell'esercito, o

29

Page 32: Appunti Sui Longobardi

dalle ricchezze, specialmente dal possesso fondiario diventato

misura del grado del servizio militare e quindi della dignità*

personale. Differenza di grado fra i liberi troviamo nelle carte

e nelle leggi ove si parla di optimates, maiores, proceres,

mediani, minores e anche minimi (qui nec casas nec terras suas

habent); il che ci mostra un progressivo differenziarsi di

categorie nella classe dei liberi in modo corrispondente alla

diversa condizione economica e quindi uno svalutarsi della

liberta* che non fosse sostenuta e difesa da altri fattori

economici e sociali. La differenza fra il semplice libero e il

nobile e* riconosciuta anche dalla legge che attribuisce un

diverso valore ai rispettivi guidrigildi come al mundio delle

rispettive donne.

La liberta' non era tale che non si potesse perdere o acquistare.

Per determinati delitti, per insolvenza, per prescrizione, per

oblazione si poteva scendere dalla liberta' alla servitù' come si

poteva uscire dalla servitù' per emancipazione. Vi erano forme di

emancipazione che non attribuivano liberta' illimitata perche'

mantenevano il servo sotto il mundio del padrone.

30

Page 33: Appunti Sui Longobardi

jP^

LA VITA ECONOMICA DEI LONGOBARDI

La venuta dei longobardi in Italia non giovo' certo alla già'

impoverita e sconvolta economia italiana, cui nuove rovine

aggiunsero i primi tempi della conquista con le fughe egli eccidi

della popolazione urbana, con le requisizioni forzate, le

espropriazioni, le interruzioni di comunicazioni fra le terre

invase e quelle rimaste ai greci.

I più' colpiti dall'ira e dalla cupidigia degli invasori furono i

nobili, i grandi proprietari e, con ogni probabilità', fu nei

latifondi del fisco e dei privati che i Longobardi, cui conveniva

per ragioni di offesa e difesa, rimanere piuttosto raccolti, si

insediarono in gruppi, per fare, imponendo l'onere della tertia o

la cessione di una parte di terre.

X Rassodata la conquista, anche la vita economica riprese ritmo

più* regolare e fu vita essenzialmente agricola. Molti degli

stessi arimanni longobardi, diventati propretari di terre, da

guerrieri si trasformarono in agricoltori. Certo l'Editto di

Rotari e' già' in gran parte la legge di un popolo agricolo.

L'assetto fondiario rimase sostanzialmente quello precedente.

31

Page 34: Appunti Sui Longobardi

La proprietà' privata rimase la regola. Jugeri e moggia, le

unita' catastali romane, restarono nell'uso comune, come rimasero

le locuzioni tecniche romane indicanti il modo e la locazione dei

terreni. Se al momento dell'invasione molte grandi proprietà'

furonosconvolte e disgregate, altri grandi possessi si formarono

con le terre del re, dei duchi, con quelle delle chiesee di

potenti privati. In essi, più' territori costituiti da terre

lavorate a economia per mezzo di famigli o di servi, o con

prestazioni di opere fornite da altri soggetti (terrae

dominicae), da terre coltivate da coloni dipendenti organizzati

nei piccoli villaggi, vici, presso le chiese rurali o dispersi

nelle case tributariae, ingenuiles, massaricae, tenuti a

corresponsioni varie di canoni, censi in denaro, in natura, in

f servigi ed opere (pars colonica o massaricia), erano

amministrativamente uniti intorno ad una villa centrale, sala o

curtis dominica, retta direttamente dal proprietario , o dai suoi

actors, servi, ouescarii. Che l'economia rurale , favorita anche

dalla povertà* della vita economica, si andasse adattando,

specialmente nei maggiori possessi, a quell'economia chiusa, non

32

Page 35: Appunti Sui Longobardi

ignota al latifondo romano, bastante entro certi limiti a se'

stessa, in cui i consumi e i prodotti tendono ad adeguarsi a

vicenda, e' più' che certo. E cosi' nelle corti maggiori meglio

organizzate funzionano anche quelle attività' industriali più'

frequenti e più' necessarie ai bisogni dei loro abitanti e dei

lavori agricoli, quali quelle dei fabbri, tessitori, calzolai,

ecc. Ma questa forma di economia, l'economia della corte, non fu

esclusiva e nemmeno prevalente. La vita economica italiana era

troppo imperniata sulle citta' perche' questa non dovesse, appena

possibile, riprendere la sua funzione. Del resto i Longobardi non

rifuggivano la vita delle citta'. Le citta' furono fatte sede dei

duchi, centro dell'amministrazione civile e militare, divennero

residenza di molti signori longobardi; cosi' vediamo nel periodo

f1 longobardo continuare i rapporti fra citta' e campagna e fra

citta'e citta', e i rapporti economici di produzione e consumo

oltrepassare l'ambito della corte.

Nelle corti, salvo che in qualche monastero — ma nell'Italia

longobarda, e in generale nell'Italia dell'epoca, non erano i

grandi monasteri centri di grandi pellegrinaggi e perciò' centri

33

Page 36: Appunti Sui Longobardi

/$Ps

di una più* attiva vita economica che permettesse una più' larga

produzione industriale - si produceva solo per gli immediati e

più' comuni bisogni agricoli e domestici. Per la produzione

industrialmente più* costosa e artisticamente importante la

campagna deve dipendere dalla citta1. L'industria a scopi

commerciali e' esercitata in citta' da liberti e liberi. Essa

trova la sua organizzazione nella officina che di solito si trova

intorno al mercato cittadino, e che conserva la stessa

organizzazione romana, governata da un magister, assistito da un

numero, certamente esiguo, di operai uniti al dirigente da legami

di interesse, non già' da vincoli corporativi: i collegia romani

si devono considerare scomparsi. L'industria cittadina in genere

continua ad essere esercitata da artigiani romani, ridotti forse

(f^ alla condizione di redditiales, costretti, cioè' non diversamente

dai proprietari di terre, a qualche corresponsione in denaro o in

natura.

Ma vi erano anche artefici longobardi esperti nella lavorazione

dei metalli e nelle costruzioni in legno. Con i longobardi, sulla

casa laterizia dei romani prevale quella in legno, e si modifica

3<t

Page 37: Appunti Sui Longobardi

/$p*\

il tipo stesso della casa sostituendosi la struttura con la

grande sala centrale a quella greco-romana ad atrio e peristilio.

L'attività' commerciale nel periodo longobardo si svolge nelle

stationes del mercato cittadino e nei minori mercati, per solito

intorno alle chiese, centro delle vicinie, per il commercio al

dettaglio. Quivi il mercante e' per solito anche il produttore.

Ma vi erano anche i veri e propri negotiatores, che Astolfo

parifica nel servizio militare alla classe dei maggiori

proprietari del suolo. E vi erano anche nel regno dei mercanti

stranieri, veneziani, gaietani, amalfitani, mentre mercanti

longobardi troviamo nel mercato di Parigi aperto da re Dagoberto.

Venezia e Ravenna erano le teste di linea del commercio nella

valle del Po, Pisa, potente sotto i Longobardi, di quello

dell'Italia centrale. Le strade di comunicazione erano ancora le

antiche vie. Salvo che negli ultimi tempi del regno, quando con

una maggiore sicurezza e certezza giuridica si avverte una più'

intensa attività' agricola e commerciale, la vita economica dei

Longobardi appare povera e rispondente a esigenze rozze ed

elementari. Delle monete longobarde si conoscono il soldo, moneta

35

Page 38: Appunti Sui Longobardi

reale, il fremisse sottomultiplo del soldo, il quale nell'uso si

tagliava anche in quattro parti uguali, e la siliqua che valeva

1/aO di soldo.

36

Page 39: Appunti Sui Longobardi

/jjPN

LA RELIGIONE DEI LONGOBARDI

Poco conosciamo della vita spirituale dei Longobardi. La loro

antica leggenda, quale e* raccolta nel racconto di Polo Diacono,

attribuiva una loro vittoria sui Vandali all'aiuto di Wotan e

all'intercessione della moglie di lui Frea.

La loro antica religione era quindi legata al culto di Odino, una

delle divinità1 principali dell'Olimpo germanico, il Dio

guerriero che conduce i suoi protetti di vittoria in vittoria, ma

che può' anche votarli alla disfatta e trascinarli nel Walhalla.

Venuti pero' a contatto con l'Oriente bizantino e con altri

popoli germanici che avevano accettato l'arianesimo, si fecero

anch'essi in gran parte ariani, per passare poi gradatamente al

cattolicesimo in seguito alla loro venuta in Italia.

Tuttavia l'antico paganesimo, non radicalmente estirpato,

continuo'a sopravvivere a lungo qua e la' in riti e pratiche

superstiziose, di cui conservano memoria documenti pontifici del

tempo e le stesse leggi di Liutprando.

37

Page 40: Appunti Sui Longobardi

/dft^S

LA LINGUA DEI LONGOBARDI

Della lingua parlata dai Longobardi non possediamo documenti.

Conosciamo circa 200 vocaboli e alcune centinaia di nomi propri,

personali e locali, conservatici in testi e documenti latini.

La scarsità' e la qualità' del materiale, nonché' il modo in cui

ci venne trasmesso, non consentono di ricostruire se non

frammentariamente la storia della lingua longobarda.

Alcuni suoi caratteri fonetici si possono tuttavia riconoscere.

Si può' affermare che il vocalismo longobardo nelle sillabe

radicali generalmente rispecchia una fase abbastanza arcaica in

confronto a quella rappresentata nei muonumenti letterari delle

altre lingue germaniche occidentali. Ad esempio, dalle vocali

germaniche o ed e in longobardo, al contrario di ciò' che avviene

in tedesco, non si svolgono dittonghi; e i dittonghi germanici

ai, au restano per lo più' inalterati. Senza dubbio l'alfabeto

latino non era adeguato alla rappresentazione foneticamente

rigorosa di un linguaggio germanico, soprattutto nei riguardi

delle consonanti. Ad ogni modo si vede che le consonanti

longobarde subirono il cosiddetto "2o spostamento fonetico"

38

Page 41: Appunti Sui Longobardi

(Lautverschiebung) caratteristico dei dialetti alto-tedeschi.

In complesso lo sviluppo delle singole consonanti e' simile a

quello delle corrispondenti consonanti tedesche, ma il punto di

arrivo non e' sempre il medesimo nelle due lingue.

Ad esempio il suono germanico p in longobardo si svolge d

soltanto nell'interno di parola mentre all'inizio e probabilmente

anche in fine, nel corso del sec. Vili si svolge t. Della

declinazione si può' ricostruire ben poco, poiché i nomi

logobardi nei testi latini che ce li tramandano o sono dati nella

forma del nominativo singolare, trattata come indeclinabile o

assumono desinenze latine.

Della coniugazione non sappiamo pressoché' nulla: l'imperativo

lid "va" e il participio passato fulboran "voilburtig", che

r occorrono nell'Editto di Rotari (173 e 154) sono le sole reliquie

superstiti; alcuni infiniti, quali gamaitare, thingare, uuiffare

sono latinizzati nella desinenza.

Dei vocaboli attestati come longobardi taluni si ritrovano anche

in italiano: gastald, "castaido", sporo (spero) "sperone", farà

"famiglia, stirpe" e gahagium (cafagium) sopravviventi nella

39

Page 42: Appunti Sui Longobardi

toponomastica (l'ultimo anche nel derivato cafaggiaio).

Criteri linguistici, soprattutto fonetici, ai quali si talvolta

si aggiungono considerazioni di ordine storico, permettono di

riconoscere entro la massa dei prestiti fatti da lingue

germaniche all'italiana, un buon numero di vocaboli di origine

longobarda, distinguendoli sia da quelli importati anticamente

dai Goti o da altri germani sia da quelli introdotti più' tardi

dai franchi o da altre genti tedesche. Possiamo cosi' attribuire

ai longobardi l'importazione di parole come federa, schiena,

snello che hanno un e aperto mentre, se risalissero al gotico,

avrebbero un e chiuso (da i); e di un'altra serie di parole come

schermo, scherno, stormoche hanno vocale chiusa in condizioni in

cui il gotico darebbe vocale aperta; e altre ancora, quali bara e

strale in cui il gotico avrebbe dato e al posto di a. Spesso il

criterio e' fornito da una consonante: ff, f da p in staffa,

tuffare, tanfo, tonfano, ecc. (in tuffare e tonfano va notato

anche t da d); z da t in zana, zazzera, zecca (animale), gazza,

gcc.; ce da hh (invece di e da k) in biacca, ricco, spaccare;

particolarmente caratteristico e' lo scambio tra media e tenue

40

Page 43: Appunti Sui Longobardi

nelle coppie balco palco, balla palla, banca panca e simili.

Che per tutto il sec. Vili i Longobardi conservassero in Italia

l'uso della propria lingua e' ormai generalmente riconosciuto.

Ciò' risulta non solo dal fatto che Paolo Diacono, il quale

scriveva sul declinare di quel secolo, potè' registrare un

manipolo di voci longobarde, ma anche e principalmente dal

dialogo che egli (Historia Langob., VI, 24) narra avvenuto tra il

duca friulano Ferdulfo e lo sculdhais (rector loci, come traduce

lo stesso Paolo) Argait. Testimonianze isolate permettono di

stabilire che nei secoli IX-X il longobardo ancora viveva e

intorno al 1000 non era del tutto spento. Sono significativi a

tale riguardo certi soprannomi, quali drancus "giovane

gagliardo", dungo "grasso" o "grave", zanvidus "che ha i denti

divergenti", scarnafol "sporcaccione" che troviamo attestati

rispettivamente per gli anni 812, 818, 919, 1003, poiché'

evidentemente furono coniati da chi aveva il senso vivo della

lingua. A ciò' non contrsta l'espressione che troviamo nel

Chronicon salernitanum (scritto verso il 978), cap. 38: "lingua

todesca, quod olim Langobardi loquebantur", poiché' si deve

41

Page 44: Appunti Sui Longobardi

pensare che nelle singole regioni italiane, come era diversa la

densità' dell'elemento longobardo, cosi' la sua vita abbia durato

più* o meno lungamente.

Il Longobardo apparteneva al gruppo occidentale delle lingue

germaniche. Il "2o spostamento fonetico" lo avvicina all'alto

tedesco. D'altra parte esso presenta alcune concordanze

lessicali con lingue proprie o originarie della Germania

settentrionale, specialmente con l'antico inglese. Se si riflette

che i Longobardi stanziati dapprima in Germani di NO, dopo varie

peregrinazioni giunsero a SE, il contrasto si appiana: la loro

lingua, che in origine doveva essere prossima al gruppo anglo-

frisio e al basso-tedesco, si trovo' poi esposta agli influssi da

cui dipende il "2o spostamento fonetico" e in genere prese uno

sviluppo simile a quello dei dialetti tedeschi del mezzogiorno.

42

Page 45: Appunti Sui Longobardi

JfPS>

LA CULTURA DEI LONGOBARDI

Non e' il caso di parlare di una cultura presso i Longobardi. La

facilita' con la quale i Longobardi accettarono il latino come

lingua dei documenti e delle leggi e la prevalenza che acquisto'

abbastanza presto il latino volgare come lingua parlata mostrano,

se pure ve ne fosse bisogno, l'assenza presso di loro di un

qualche patrimonio spirituale. Se mai qualche manifestazione

letteraria ebbero in canti popolari, traccia dei quali possiamo

trovare nel racconto di Paolo Diacono, questi con l'abbandono

della lingua nazionale e dell'antica religione, andarono perduti.

I pochi avanzi di genere letterario dell'Italia longobarda a noi

pervenuti, qualche epitaffio, qualche carme, qualche pagina di

storia, mostrano, dai nomi dei loro autori, di essere stati

prodotto di elementi romani e chiesastici. L'unico scrittore

longobardo, e scrittore di notevole valore, e' Paolo di

Warnefrido (Paolo Diacono). Ma egli compare solo negli ultimi

tempi, quando sono pressoché' scomparse le differenze tra romani

e longobardi ed e* inoltre uomo di chiesa.

Migliori manifestazioni di studio e di progresso di sapere si

43

Page 46: Appunti Sui Longobardi

hanno nel diritto.

L'Editto di Rotari e le successive aggiunte mostrano che si era

andato formando nei Longobardi una dottrina giuridica che tiene

sempre più' conto delle idee della chiesa e del diritto romano,

il quale quindi doveva essere coltivato. Tutto presuppone

l'esistenza, sin da tempo assai remoto, di qualche scuola, che

non e' difficile ammettere a Pavia. Tuttavia anche nella

redazione delle leggi si trova la maggiore anarchia grammaticale

e rozzezza di espressione, la quale e', anzi, maggiore in

Liutprando che in Rotari.

Povere del pari le manifestazioni dell'arte longobarda, della

quale del resto abbiamo poche e non sempre sicure tracce. Esse

consistono specialmente nelle suppellettili delle necropoli di

Benevento, Bolsena, Castel Trosino (Ascoli), Civezzano (Trento),

Cividale, Nocera Umbra, Testona (Torino), che ci hanno dato spade

e altre armi, fibule, croci pettorali d'oro, e del tesoro di

Teodolinda nel quale non e' facile precisare che cosa sia dovuto

ad artisti longobardi o sia prodotto d'arte straniera. Si tratta

in ogni caso di lavori in metallo, arte trattata dai Longobardi

44

Page 47: Appunti Sui Longobardi

anche prima di lasciare la Pannonia.

I Longobardi ci sono rappresentati rozzi di costumi e feroci di

animo. Che l'invasione e i primi tempi della conquista dessero

luogo ad atti di violenza e a sfoghi di crudeltà' e' facilmente

ammissibile. Che vi fosse nei loro costumi qualche cosa di

grossolano e ferigno può' essere provato dalle loro stesse leggi.

La stessa storia dei loro principi e' intessuta di drammi

sanguinosi e il piissimo e clemente Liutprando non manca di

vendicarsi atrocemente dei suoi nemici. Ma gli stessi tratti e le

stesse manifestazionisi trovano anche fra gli altri barbari, dei

quali i Longobardi non dovettero essere peggiori. Solo che sulla

loro fama influì' molto l'insanabile odio, sia pure

spiegabilissimo, della Chiesa romana e la mancata fusione con

f l'elemento indigeno poco propizia cosi' a disarmare gli animi

come a mitigare i costumi. I Longobardi, almeno al tempo di

Agilulfo e di Teodolinda, usavano larghe vesti ornate di liste

intarsiate di larghi colori e portavano calzari aperti quasi fino

alla cima del pollice e alternatamente allacciati da stringhe di

pelle. Radevano il capo al di dietro fino alla nuca e lasciavano

45

Page 48: Appunti Sui Longobardi

cadere i capelli, divisi alla meta' della fronte, da una parte e

dal1'altra del volto. I servi erano completamente rasati.

46

Page 49: Appunti Sui Longobardi

IL REGNO DEI LONGOBARDI IN ITALIA

I Longobardi, non molto dopo aver vinto e sterminato il popolo

dei Gepidi, abbandonarono la Pannonia, terra troppo aperta e

troppo minacciata da Avari, Slavi e Bizantini, perche' potesse

offrire sufficiente sicurezza a un popolo, come essi erano, non

molto numeroso. Dovette sollecitare il loro spirito di avventura

anche la non lontana Italia, ben conosciuta da quelli di essi che

vi avevano militato con Narsete. E' da considerare favola il

racconto di Paolo Diacono che i Longobardi fossero invitati dal

patrizio Narsete, comandante delle forze greche in Italia, per

odio alla corte di Costantinopoli. Se mai, si potrebbe pensare

che Narsete intendesse, con i contingenti longobardi, parare le

minacce di altri barbari (Franchi, specialmente) e tenere a freno

la poco docile popolazione italiana. Comunque e' certo che i

Longobardi, sotto il re Alboino, vincitore dei Gepidi, stretti

accordi con gli Avari, ingrossatisi con forti contingenti di

Sassoni (20.000 secondo Paolo Diacono) e con schiere

raccogliticce di Gepidi, Bulgari e di altre genti, il 2 aprile

568 iniziarono la lori marcia verso l'Italia. Sboccano,

47

Page 50: Appunti Sui Longobardi

attraverso il passo di Predi 1, a Forum Iulium (Cividale); e

Cividale, presidiata con forze scelte e posta sotto il fratello

del re, Grasulfo (Paolo Diacono dice il nipote Grasulfo, ma mal

concordano i dati cronologici), diventa la prima base delle loro

operazioni. Rafforzatisi con l'occupazione di tutto il settore

fra il Tagli amento e l'Isonzo fino al mare, mentre i Greci si

rinchiudono nel sistema difensivo Oderzo, Padova, Monselice,

Mantova, i Longobardi per Treviso, Vicenza, Verona, muovono verso

la Liguria (attuale Lombardia) facendo fuggire innazi a se' la

popolazione della Venezia, parte della quale cerca rifugio

temporaneo, poi definitivo, nelle isole lagunari. Il 3 settembre

569 (secondo alcuni 568), Milano apre loro le porte. Ma resiste

la ben munita Pavia (Ticinum), chiave strategica della regione,

che perciò' Alboino non può' trascurare e investe di assedio,

mentre una parte delle sue forze, passato il Po, opera alla sua

destra impadronendosi di Parma, Reggio, Modena e Bologna e,

passato l'Appennino (passo della Cisa), scende a Lucca e si

avanza forse fino a chiusi. Pavia si arrende dopo circa tre anni

di assedio. Ma non molto dopo Alboino muore a Verona, vittima di

48

Page 51: Appunti Sui Longobardi

una congiura, nella quale sotto i particolari romanzeschi di

Paolo Diacono e' da vedere un intrigo ordito dai Greci, con la

complicità' di personaggi della corte longobarda e della stessa

moglie di Alboino Rosmunda (vendetta del sangue per disfarsi, con

mezzi insidiosi, di quei Longobardi, dai quali essi non erano in

grado di liberarsi (28 giugno 572)). I Longobardi allora,

radunatisi in Pavia si diedero un nuovo re, di nobilissima

schiatta, Clefi (572-574), che, per vendicare Alboino, fece

strage di nobili romani, morendo poi egli stesso di mano

assassina, dopo appena un anno e sei mesi di regno.

Troppo giovane il figlio Autari per raccoglierne l'eredita', non

si addivenne alla elezione di un nuovo re, e i capi militari, i

duchi, sparsi nei vari territori assoggettati, li governarono per

conto proprio in una specie di federazione politico militare.

La morte di Alboino dovette rallentare alquanto l'impeto primo

dell'avanzata dei Longobardi: ma essa non si arresto'. Per quanto

privi, come come si mostrano, di un vero e proprio programma,

assottigliati di numero, dispersi spesso in scorrerie

depredatrici, i Longobardi, divisi in piccole schiere,

49

Page 52: Appunti Sui Longobardi

infiltrandosi tra gli ostacoli, continuano a spargersi ovunque,

nell'Italia settentrionale, centrale e anche meridionale, dando

origine ai ducati di Spoleto e di Benevento. Capi animosi, come

Zotto di Benevento e Faroaldo di Spoleto , si estendono nella

Campania e nella regione fra Roma e Perugia e fra Perugia e

Ravenna, assediano Roma, e, mentre l'uno minaccia Napoli, l'altro

espugna la stessa Classe, porto militare di Ravenna. Ma privi di

ogni direzione unitaria, i Longobardi non sanno sfruttare i loro

successi. Sprovvisti di flotta, non possono togliere ai Bizantini

i luoghi che potevano essere difesi e soccorsi per acqua: come

Napoli, Roma, Ravenna, centri di grande importanza militare e

civi le.

Il periodo del governo dei duchi e' nella storia longobarda il

momento del maggiore disordine, delle stragi e delle spogliazioni

più' crudeli. Ciò* non vuol dire che la popolazione italiana, i

Romani, siano stati ridotti in servitù' e privati dei loro beni.

Senza dubbio, i vincitori conservaron o per se' l'uso delle armi,

il governo e l'amministrazione dello stato, mantenedosi quindi in

una condizione di superiorità' di fronte ai vinti. Ma questi,

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