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Applicazioni pratiche di narrazioni Paola Chesi, Fondazione ISTUD I Modulo: Medicina Narrativa Un nuovo paradigma per generare salute 4-5-6 Febbraio 2016

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Applicazioni pratiche di narrazioni

Paola Chesi, Fondazione ISTUD

I Modulo: Medicina Narrativa – Un nuovo paradigma per generare salute 4-5-6 Febbraio 2016

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Medico-paziente: un rapporto difficile

Sperimentazione cartella parallela da parte di medico reumatologo con pazienti con Fibromialgia:

Pazienti maldisposti: arrabbiatissimi, zero fiducia nei medici e nelle medicine, volto torvo, aria minacciosa, seccati con la classe medica, rigidi, chiusi.

Medico ?

Durante il primo colloquio con il paziente il medico si sente sfidato, poco ascoltato, schiacciato, disarmato, in difficoltà, ha bisogno di fare un lungo respiro.

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Un’esperienza di "diario incrociato"

Medico:

Questa paziente mi viene inviata da un collega che la seguiva per un problema di anemia sideropenica, si presenta in ambulatorio una donna molto carina, fisico perfetto che mi dice di essere di San Paulo in Brasile. Nonostante io mi aspetti una persona solare, questa giovane invece mi sembra un po’ depressa: non stringe la mano con forza, parla poco, ha una gestualità molto limitata, usa molte smorfie. La prima cosa che mi dice è che il meteo di T le provoca dolori in tutto il corpo e “formiche” alle mani. Parla un italiano incerto ma si capisce.. Vive in Italia da quasi tre anni dove è sposata ed ha un figlio di due anni e mezzo.

La ascolto mentre con poche parole mi spiega la sua sintomatologia di dolore lombosacrale, alle ginocchia, alle spalle, alle mani con associato formicolio. Mi ribadisce che è il meteo di T a darle questi problemi, allora io le chiedo scherzosamente se ha un po’ di Saudade do Brasil e a questo punto alza gli occhi da terra quasi stupita e sorride. Dopo la visita e dopo aver preso visione di tutti gli esami fatti e rifatti dal mio collega, le spiego che ha una sindrome fibromialgica, la cosa la lascia indifferente. Le prescrivo d. e visita fisiatrica. Quando le chiedo di scrivere un diario o qualcosa che descrive i suoi disturbi e come lei li vive, mi dice che non sa scrivere bene in italiano ma che la aiuterà il marito.

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La paziente:

Sono P D S, ho 28 anni e vengo dal Brasile, vivo in Italia da quasi 3 anni, mi sono sposata poco dopo che sono arrivata in Italia con mio marito ed ho avuto un bambino poco dopo.

Dopo la nascita di mio figlio sono cominciati i primi dolori alla schiena, ma davo la colpa alla gravidanza. Poi al primo inverno qui in Italia ho cominciato ad avere dolori alle ginocchia, poi alle spalle, e alle mani specialmente quando le metto nell’acqua fredda o quando c’è vento. Sono andata dal mio dottore ma mi ha detto di portare pazienza, solo che i dolori non mi passavano e ero sempre molto stanca. Quando siamo tornati in Brasile per far conoscere A. ai nonni, lì mi erano passati quasi tutti i dolori anche se ero sempre stanca. In estate qui in Italia sto un po’meglio ma quando arriva autunno e inverno, mi tornano i dolori forti. Dopo tanto tempo il mio dottore mi ha fatto fare esami del sangue e sono risultata anemica perchè avevo poco ferro. Così sono venuta a fare le terapie con ferro in ospedale dal dottor F. Ho fatto tutta la terapia con le flebo di ferro e ora prendo le pastiglie di ferro, ma tutto questo non mi è servito molto, forse sono un po’ meno stanca. Allora il dottor F. mi ha detto di venire da lei. Ho preso 20 giorni le pastiglie di X. da 30 milligrammi che mi ha dato lei ma non mi servono tanto.

Medico: Dopo aver letto questa prima parte, facendole i complimenti per l’italiano, le aumento la D. e le dico che può spaziare anche sulla sfera familiare e globale della sua vita . Mi risponde che l’ha aiutata il marito a scrivere. Forse vuole dirmi che non si sente libera di scrivere quello che vuole? Cerco di capire come vada in famiglia ma mi dice, con poche parole, che è felice con il marito, che non lavora perché sta a casa con il bambino finchè non andrà all’asilo.

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Paziente: Con le pastiglie più forti che prendo dall’ultima visita, alla mattina mi sento meno stanca e sento meno le formiche nelle mani. Ma alla sera sono distrutta. Mio marito mi deve sempre aiutare a lavare i piatti alla sera perchè resto bloccata nella sedia. Ho sempre i dolori soprattutto alla schiena e alle spalle, che mi passano un po’ quando viene una mia amica e mi fa dei massaggi. Aspetto di fare la visita dal fisioterapista.

Medico: Rivedo la paziente dopo 45 giorni dalla prima visita. Mi sembra forse un po’ più sorridente, mi dice che i dolori ci sono ancora ma che la mattina, se il figlio non la sveglia di notte, si alza più riposata. Parla più del solito e mi dice, senza che io lo abbia chiesto, che farà, a breve, la visita dal fisioterapista (voleva dire fisiatra). Le cade la chiavetta USB a terra e si china a raccoglierla con facilità… non aveva mal di schiena!?… MAH?!

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La sfiducia è reciproca

Pazienti maldisposti: arrabbiatissimi, zero fiducia nei medici e nelle medicine, volto torvo, aria minacciosa, seccati con la classe medica, rigidi, chiusi.

Durante il primo colloquio con il paziente il medico si sente sfidato, poco ascoltato, schiacciato, disarmato, in difficoltà, ha bisogno di fare un lungo respiro.

Medico scettico nei confronti dei pazienti: si china per raccogliere la penna usb

caduta…ma non aveva mal di schiena?; sintomi improbabili; esami scritti da chi? E

perché?; faccio finta di crederle; esagera in maniera caricaturale i disturbi; si è piegata più

volte; improbabili dolori; non aveva nulla.

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Medico:

Mi viene inviato in ambulatorio da un collega, dicendomi che c’è un ragazzo giovane con problemi più psichici che fisici di dolore articolare, non ha nemmeno capito bene che disturbi abbia, secondo lui è fibromialgico e basta. Entra un ragazzo alto, atletico. Atteggiamento molto agitato, non si siede neanche, inizia a parlarmi in maniera molto confusa agitata usando un sacco di avverbi e parole preceduti da -stra (es. straforte, stramale, strasudato). E’ un fiume in piena, ha quasi il fiatone da quanto parla, svaria da un problema di sudorazioni, a dolore ai piedi, a bruciore alle piante dei piedi, poi mi dice di dolore alle spalle e cervicale. Parla di infiltrazioni, di FANS, di cortisone, parla di ultrasuoni, laser, palestra…. AIUTO!!!

Cerco di mettere la conversazione su un binario più razionale ed inizia a dirmi che secondo lui ha un disturbo autoimmune che gli fa sudare in maniera eccessiva e gli crea dolori. Vedo esami di laboratorio e radiologici nella norma. Non ci capisco più niente. A questo punto gli propongo di mettere per iscritto in un diario o in una forma di descrizione i suoi sintomi e come questi modifichino la sua vita e influiscano sul suo vissuto. Gli chiedo anche di cercare di ripercorrere le tappe dei medici che ha visto e delle terapie che ha fatto. Compiliamo il test e mi rendo conto che comunque così male non sta, lo rivedrò a breve, gli prescrivo per ora b…. Prima di andar via mi dice: “sono felice che ho trovato un medico giovane che si prenda a cuore il mio problema, i vecchi medici non ti badano più di tanto”.

Ho difficoltà a compilare la cartella di valutazione, obiettivamente non c’era nulla se non una contrattura dei muscoli paravertebrali con 11 tender point dolorabili ma non così tanto, e non saprei dire quali siano i sintomi principali di cui soffre. Confido nella sua produzione.

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Paziente:

Da quando ho circa 25 anni ho un forte dolore ai tendini d’Achille.

La decisione di rivolgermi ad un dottore è nata perché ad un certo punto una mattina alzandomi dal letto non riuscivo più a camminare. In pratica era come se i tendini fossero bloccati, per recarmi al bagno dovevo praticamente strisciare i piedi sul pavimento perché come cercavo di camminare quindi piegare il piede, mi arrivavano delle fortissime stilettate di dolore dai tendini che mi provocavano un’immediata sudorazione in particolare nei piedi. Poi, pian piano che i tendini si “scaldavano” potevo nuovamente camminare sempre avvertendo dolore ma più tollerabile. In particolare il dolore era avvertibile anche esercitando leggera pressione con le dita sui tendini; questo a fine 2006, infatti i primi esami risalgono al 2007. Da evidenziare che le radiografie sono state fatte dopo le prime cure, laser, tacher, ecc.

Poi è successo qualcosa di strano, dopo le prime cure e pastiglie varie, il dolore seppur sempre presente nei tendini è sorto anche nella base dei piedi. Ora ho una sensazione di dolore sulle piante dei piedi un bruciore continuo, anche nei lati. Sensazione tra l’altro che avverto anche quando vado a coricarmi e che mi disturba il sonno, a volte poi le dita dei piedi si muovono da sole come piccole scossone mentre cerco di dormire. La cosa più grave però e lo dico perché questo ha cambiato la mia vita, non posso più stare in piedi molto o camminare troppo perché il dolore diventa insopportabile Tanto che (per me assolutamente inusuale) nel 2009 ho dovuto andare dal mio medico di base per chiedere alcuni giorni di riposo dal Lavoro per il forte dolore che provavo ai piedi. ..

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…Ultima triste esperienza è stata una gita a Parigi nel dicembre 2010. Praticamente al secondo giorno in giro a piedi per i vari musei francesi ho dovuto rientrare in albergo e fermarmi perché non riuscivo più a camminare. Ma ho camminato due giorni per non più una decina di chilometri, voglio dire non è niente . In quella occasione poi ricordo che oltre al dolore alle piante dei piedi di colpo ad un certo punto entrambi i tendini hanno iniziato a bruciare a mezza altezza fra muscolo ed inserzione. La sensazione che posso descrivervi è questa: una lama sui tendini. Come quando vi capita di prendere di lato un foglio e vi fate quel tipico minuscolo taglietto che di per se non vi fa sanguinare molto, ma brucia.

Tra l’altro interessante osservazione è anche questa, se io prendo il sole al mare, di notte le piante dei piedi mi bruciano ulteriormente. Inoltre sul piede destro ho anche un altro fastidio che non è presente sul sinistro, una specie di pungiglione come un sassolino sotto il tallone. A questo punto però riprendiamo il discorso della sudorazione che nel mio corpo ed in me è un fattore molto anomalo e forse io credo correlato in qualche modo a questi problemi ai piedi. Non ricordo da quanto tempo ho questa manifestazione di sudorazione, ma da parecchio . Dico subito che è già anomala come zone di sudorazione. lo sudo sulle mani e sui piedi più di tutto, nei glutei, tanto che molto spesso sembra me la sia fatta addosso (questo per farvi capire l’entità della sudorazione) e incredibilmente raramente ad altezza rotula sulle ginocchia. Come si caratterizza questa sudorazione è un’altra cosa strana. Innanzi tutto è una maledizione perché mi accompagna ogni giorno ed è molto fastidiosa perché è imbarazzante per esempio stringere la mano ad una persona nei luoghi di lavoro o compilare un modulo perché si inumidisce (non vi dico le tragedie durante gli esami universitari), ti scivola il telefonino dalle mani, più in generale impedisce un normale svolgimento del lavoro e della vita.

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Medico:

Rivedo il ragazzo, questa volta mi sembra più sereno, mani sempre sudate. Leggiamo insieme con calma la storia che ha scritto: in verità i problemi principali sono 2 una possibile tendinite dell’achilleo bilateralmente e un’iperidrosi. A questo punto eseguo anche un’ecografia articolare da cui si apprezza entesite bilaterale dell’achilleo con ispessimento dello stesso, dell’inserzione del bicipite femorale a sinistra ed a livello della cuffia dei rotatori. SORPRESA!! Avrà anche un trait fibromialgico ma non ha solo quello. La sua storia scritta e la sua maggiore tranquillità, forse dovuta al fatto che ora si fida di me, mi hanno aiutato a fare diagnosi. Tra l’altro viene fuori che a periodi gli compare sulla pelle una dermatite che potrebbe essere psoriasi. Proprio una bella sorpresa. Grazie Narrative Medicine..

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Together. Io e la mia Psoriasi

Non ricordo esattamente l’esordio. Forse dal primo periodo dell’università. O dalle prime responsabilità. Molti dicono che dipenda dalla psiche. Questo grande, inconoscibile recipiente dove conscio ed inconscio si mescolano: una scatola emotiva che trattiene, elabora, cataloga, oblia…e quando non autenticamente ascoltata, manda il conto direttamente al mittente. Il conto può assumere varie forme: ansia, depressione, mal di fegato, svariate forme di malattie curabili ed una nutrita schiera di eventi incurabili. Nel mio caso il Signor Inconscio forse ha estratto la Psoriasi: esordisce con cautela, timidamente, poi man mano prende coraggio e, di conseguenza, campo…”Ma si, dai….per questo soggetto potrebbe funzionare. Che dite? Gliela incartiamo?”.

E comincia la storia. Non lo definirei un calvario. Credo di poter dire che, dopo un primo momento di scoramento, ho deciso di accettare questa strana compagna di viaggio. Certo non è stato facile condividere proprio tutto. Lei è un tipo invadente, esibizionista, se parlasse sarebbe quasi sicuramente logorroica. Non ama la gente, e di conseguenza la gente non ama lei. Rifugge i luoghi affollati, talvolta anche quelli poco popolati, esige attenzione e se non la ottiene si gonfia, si sposta, cambia foggia, si arma contro di te. Ha un carattere bizzoso, vuole comandare…su questo non transige. E’ egemonica come tutti i caratteri forti. Anche quando si placa, lo fa per pochi istanti, brevi periodi che ti lasciano intravedere l’arrivo di un armistizio ma poi…….improvvisamente si ribella, manifestandosi in tutta la sua potenza. Ogni tanto sfodera aspetti seducenti…ma sempre per ottenere di più. Lì è bravissima: ti coccola, ti gratifica e tu ti isoli in questo mondo fatto di te e di lei….

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…La pelle si fa più viva, più palpitante, più recettiva: la richiesta, di solito, arriva sotto forma di timido prurito. Un niente, un insorgere innocente….direte voi. No! L’inizio della catastrofe. Tu cominci a grattare, grattare, grattare, fino allo sfinimento. Ti trasformi in una “gratto-dipendente” e se non lo senti, te lo procuri……..Sei seduto al bar? In una riunione un po’ difficile? Un po’ di ansia? Ecco l’insorgere del prurito, un suo fidatissimo collaboratore, direi scudiero, abilissimo peraltro, che sa dove toccare e sa come ricompensarti……..con qualche impagabile secondo di autentico godimento. Come tutte le cose gaudenti, anche questa presenta criticità. “Non si gratti, signora, mi raccomando”, “Cerchi di stare serena e calma”, “Vedrà che con questo si attenuerà”. E la devastazione parte a ruota libera e la scatola emotiva lì sopra ad osservare: “Ma non è che abbiamo esagerato? Va bene gratificarsi ma scarnificarsi così….é davvero inaudito!” “Mandiamole un segnale, facciamo che incontri qualcuno che la aiuti”. “Ma chi? Quella testa di rapa lì? Ma non lo sai che è dalle elementari che non ascolta nessuno?…Ma che si arrangi!”…. “ Dai, facciamo un ultimo tentativo. Se non succede niente, allora vorrà dire che hai ragione tu e …la lasciamo al suo destino”.

Allora dopo un po’ di tempo, innumerevoli situazioni imbarazzanti, evitamenti pietosi (“Detesto il mare” e ti stabiliresti tutto l’anno alle Maldive), patetici camuffamenti circensi ( “Mi piacciono solo i vestitoni” e ti infileresti di corsa in autoreggente traforato effetto nudo), TI DECIDI AL GRANDE PASSO: “Pronto dottore, sono ..., si ricorda di me?........... Quel caso di psoriasi di qualche anno fa? Noo?? Beh, è passato qualche anno, in effetti………………Più di uno??...............Come passa a volte il tempo, eh? Vabbé vorrei prendere un appuntamento………Urgente? Nooo, no, non mi pare…………forse si……………. Direi di si…………..Le sto raccontando quella dell’uva? Meglio vedermi subito? Domani ore 15.00?.... E’…….. perfetto”.

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La storia delle storie…

La Psoriasi è definita come: malattia, patologia, convivente, croce, incubo, disagio, invadente, tormento, stupida, inferno, compagna di viaggio, amica/nemica, rincorsa, incurabile

Nell 65% delle storie viene descritto l'avanzare della Psoriasi, la sua evoluzione sul corpo.

Nel 25% delle storie viene descritta la peregrinazione tra varie strutture mediche e specialisti, alla ricerca di una terapia efficace.

Il 30% delle persone ritiene la psoriasi causata da episodi di natura psico-emotiva.

Il 12% dei pazienti, nel descrivere l'andamento della m.alattia, accosta il prurito al nervoso, indicati come collegati e consequenziali l'uno all'altro

L'isolamento e la perdita della voglia di stare in mezzo agli altri viene descritta nel 17% delle storie

Un altro 12% di persone racconta invece la reazione alla malattia, la voglia di guarire e di diventare più parte attiva del percorso di cura, fino a usare l'espressione del “combattere” la Psoriasi.

La figura del medico specialista e del suo staff vengono citati nel 22% delle storie, il più delle volte con espressioni di gratitudine e sollievo, che sottintendono la fatica fatta a trovare le persone giuste, oltre alla terapia giusta, cui affidarsi.

Il futuro è citato dal 25% dei pazienti, che spaziano tra speranza in nuove cure che possano far sparire la malattia e propositi di buona convivenza con essa e di cure regolari.

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Storie di diabete: il mio rapporto con il diabete…

29 dicembre, tutto iniziò con il prelievo del sangue, dopo il quale dissero a mia madre ‘Signora suo figlio ha il diabete!’. Io iniziai a piangere anche perché non sapevo bene cosa fosse il diabete. Così da allora cominciò per me l’incubo di questa strana malattia di cui sapevo solo che ce l’avevano i miei nonni. Essere amati o non essere amati dopo essere stato rinchiuso in ospedale senza poter fare nulla, alcune persone che si sono allontanate da me dopo la notizia, tranne quelle a cui voglio più bene! Loro mi sono state vicine per cercare di superare al meglio questo trauma. Oggi, 19 marzo, festa del papà, ho ancora molta rabbia repressa dentro, non riesco a sfogarla perché ho paura. Il 2015 è stato uno degli anni più brutti della mia vita anche perché è morto il mio cane, venerdì 13 marzo, gli volevo un mondo di bene, era come un fratello per me. Il diabete per me è stato come se nella mia vita e nel mio animo ci fosse stato un terremoto che ha creato una spaccatura, una persona all’esterno timida ma che se la conosci è sorridente e allegra e una persona con molta rabbia e che ha paura di far uscire tutto fuori: perché ha il terrore di allontanare le persone più care. Io non so ancora cosa voglio fare della mia vita, so solamente che mi porterò per sempre con me il diabete come compagno di viaggio, ci ho iniziato e finirò un’avventura piena di emozioni, sentimenti, paure, lacrime e sorrisi come se mi trovassi in una foresta e alla fine di tutto in cima a una montagna, sperando di non aver rimorsi nella vita perché magari credo di non poter fare qualcosa. Questa malattia come persona ti può fortificare. In conclusione io sono ancora molto insicuro e anche arrabbiato e distrutto moralmente ma credo che anche se ho il diabete farò grandi cose nella vita!

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Storie di diabete: il mio rapporto con il diabete…

In questo momento il mio diabete è lontanissimo. Finora, per forza di cose, ho dovuto pensare alla mia sopravvivenza e da quanto ho vissuto male questi periodi ho trascurato e lasciato da parte il mio vero essere. Il vero grande problema è che il diabete fa parte del mio vero essere, in fondo. Vivendo a stretto contatto con tutto ciò che è la strada, non avendo una casa fissa, la mia vera casa è diventata il mondo, le facce della gente, il profumo dell’aria aperta; sto imparando a conoscere chi mi circonda, cercando di intuire cosa cela dietro gli occhi, dietro a quei movimenti del corpo che parlano più delle parole, sto cercando la via giusta per amarmi e amare gli altri; finora non è successo perché la mia testa era fin troppo piena di tutto. Il mio motto è ‘Continua a crederci!’. Puoi arrivare a tutto ciò che vuoi se solo ci provi, ti metti in gioco e ti spacchi i denti a forza di tirare facciate per strada. Ho fatto migliaia di cose, belle, brutte…non mi pento di nessuna di queste perché ciascuna mi ha lasciato qualcosa. Ho provato sulla mia pelle che la depressione ti porta a fare delle azioni assurde, che pensi non appartengano alla tua persona. Ora come ora su alcune situazioni è cambiato molto. Da quando sono passato alla via della consapevolezza sono cambiate molte cose, in primis sto coronando il mio sogno, fare il rapper. PS: tutto questo è un piccolo riassunto del mio diabete.

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NASCERE PRIMA DEL TEMPO: IL VISSUTO DELLE FAMIGLIE IN ITALIA

La traccia di storia

Parte dedicata alla narrazione: • La gravidanza: vita famigliare e lavorativa, i medici di

riferimento, i primi segnali di problemi… • Il parto: strutture visitate, medici di riferimento, stati

d’animo, la nascita… • Il ricovero in TIN: il reparto e gli operatori, stati d’animo, il

vissuto famigliare, aspetti critici e positivi • La dimissione e i primi giorni a casa: sapevo/non sapevo

cosa fare, vita famigliare, stati d’animo, ripresa del lavoro • I controlli di follow-up: punti di riferimento, aspetti critici

e positivi, vita famigliare e lavorativa • Oggi: il percorso di cura oggi, punti di riferimento, vita

famigliare e lavorativa

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NASCERE PRIMA DEL TEMPO: IL VISSUTO DELLE FAMIGLIE IN ITALIA

Storia di una mamma

Il periodo della mia gravidanza è stato… Un capovolgimento totale del mio modo di vedere abituale...avevo sempre sonno...dormivo tantissimo sia la notte che il giorno, mi stancavo subito, avevo una fame spaventosa, sbalzi d'umore frequenti...prima di rimanere incinta pesavo 50 k per 1,62 m...facevo aerobica abitualmente...amavo il nuoto, la bicicletta, le lunghe passeggiate...dormivo pochissimo e solo la notte...rimanere incinta è stato (oltre che una gioia immensa) un cambiamento totale. Ho cominciato a prendere peso velocemente...3 k già il primo mese...in tutto 17 fino alla 30ª settimana...quando ho partorito con cesareo d'urgenza per preeclampsia. La mia vita in famiglia e sul lavoro era… Sempre stata superattiva... In gravidanza anche se mi forzavo a fare qualcosa (anche una semplice passeggiata) stavo male...se non dormivo il pomeriggio...mi venivano fortissime emicranie... I medici che mi seguivano … Una ginecologa a pagamento...mi visitava una volta al mese...ecografia (interna per le prime tre visite)...mi faceva pesare...e regolarmente mi rimproverava per i k presi senza darmi cmq indicazioni e senza spiegarmi i rischi a cui andavo incontro...misurava la pressione...che io prima della gravidanza avevo sempre portato bassa...già dalla seconda visita era un po' alta...ma la dottoressa la ritenne cmq normale...solo più avanti mi disse di eliminare il sale da tutti gli alimenti...e quando mi comparvero gli edemi alle caviglie mi mandò a fare gli esami per misurare la quantità di proteine nell'urina...ero già al sesto mese e mezzo. Risultato proteinuria alle stelle e pressione abb. alta.

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Quando ho avvertito i primi segnali che qualcosa non stava andando come mi aspettavo ho/abbiamo deciso di… Mi sono documentata su internet...tutto quello che ho appreso sulla gestosi l'ho acquisito leggendo...perché la dott.sa che mi seguiva non mi ha mai spiegato nulla...è ancora ora non riesco a capire il motivo...immagino per non allarmarmi...ma se non mi fossi documentata da me sarei arrivata al ricovero senza avere la più pallida idea di cosa mi stesse succedendo...poi il caso volle che il giorno prima del ricovero mi trovai a leggere un articolo su una ragazza della mia età colpita da gestosi che si ritrovò ad accudire un bimbo prematuro... Senza averne mai sentito parlare prima. Scoppiai a piangere....non sapevo nemmeno io niente della prematurità. Le strutture che ho visitato prima di giungere nel Centro di Neonatologia in cui ho partorito… Io ho partorito nell'ospedale S...che per quanto fatiscente... scadente... sporco... maleorganizzato... mal gestito...e chi più ne ha più ne metta...ha una Tin che funziona e che ringrazierò sempre! Quando sono arrivata nel Centro di Neonatologia in cui ho partorito, chi mi ha accolto e cosa mi hanno detto i medici… Dopo una settimana di ricovero le mie condizioni peggioravano...il nefrologo mi disse che per lui si poteva aspettare non oltre le 24 ore perché i reni stavano cedendo...la pressione sanguigna non mi dicevano nemmeno più a quanto arrivava per non farmi allarmare ulteriormente...su pressione dei miei familiari decidono per il cesareo...non dimenticherò mai le parole del ginecologo che mi disse che dovevo firmare il consenso...ma più che le parole ancora di più mi ferirono il tono e il distacco con cui le pronunciò: signora firmi questi fogli...sua figlia quasi sicuramente morirà almeno cerchiamo di salvare lei.

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E io che piangevo come un fiume piena... E lui di nuovo: signora ma mi ascolta? Ha capito cosa le ho detto? Allora interviene una ginecologa che era nella stanza con noi e risponde: dottore la paziente ha capito...se piange è proprio per questo, le dia il tempo per calmarsi. Sono arrivata in sala operatoria così tesa e nervosa che chi mi operava disse: sembra di stare tagliando una mela! Poi...il suono più dolce che io abbia mai udito...la mia bimba...un piccolo gemito...ma mi bastava...era viva...e mi aveva detto sono qui! Non la vidi...la pediatra la portò subito via... Ebbi notizie del mio pulcino da mio marito...i pediatri parlarono con lui...che a me disse solo: è perfetta ed è forte... non l'hanno nemmeno intubata. La vidi nel suo cellulare il giorno dopo...dopo tre giorni finalmente con la sedia a rotelle andai da lei...eravamo io mio marito e la mia bimba minuscola dentro l'incubatrice...c'era solo un'inserviente che controllava che non scattasse qualche allarme. I miei stati d’animo in quei momenti … Un senso d'impotenza...di inadeguatezza...una tristezza...infiniti! Per giorni mi sono chiesta che cos'avessi sbagliato... Non poterla toccare...un dolore profondo...che mi frantumava il cuore. Vederla così piccola...indifesa...sofferente...e non poter fare niente...solo soffrire con lei. Mi mancheranno sempre il primo contatto...il primo bagnetto...il primo cambio di pannolino...cose che hanno fatto altri al posto mio...persino l'ombelico...non c'ero quando le è caduto. Mi sentivo su un pianeta nuovo...sconosciuto...fatto di suoni...odori...macchinari...mai visti prima. Ricordo l'ansia degli allarmi...suoni terribili, li sognavo la notte...e mi svegliavo con il battito accelerato. Tornare a casa senza di lei...come si può spiegare una cosa del genere...non si può... Se non si vive non si può capire...

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NASCERE PRIMA DEL TEMPO: IL VISSUTO DELLE FAMIGLIE IN ITALIA

Storia di un papà

Il periodo della gravidanza di mia moglie/compagna è stato… Un pò complicato, ma intenso! Vissuta con tanta adrenalina. Si perché alla prima gravidanza abbiamo avuto la bella sorpresa perché c’erano due sacche gestazionali.... Il problema é che il Ginecologo ci spiegó tutto dicendoci che ancora i cuoricini non avevano cominciato a battere, di conseguenza potevano iniziare entrambe, uno soltanto o anche nessuno. Per fortuna poi hanno iniziato tutti due, ma il terrore di poter perdere uno dei due era sempre presente, in ogni momento purtroppo. Poi alla 24* settimana venne ricoverata per un accorciamento del collo dell’utero, per una settimana, poi rimandata a casa e poi di nuovo ricoverata per delle perdite e da li poi una mattina dopo un eco di controllo deciso di fare un Cesario di urgenza perché uno dei due aveva poca acqua! Quindi come gravidanza avrei voluto godermela di più e anche lei! … Quando sono arrivato nel Centro di Neonatologia in cui mia moglie/compagna ha partorito, chi mi ha accolto e cosa mi hanno detto i medici… Avvisato della telefonata sono corso in ospedale ed arrivato li ho trovato la mia compagna ancora in camera che la stavano preparando per andare in sala parto. Siamo andati insieme in sala travaglio e dopo poco a me è toccato uscire.

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Dopo circa mezz'ora è uscita un’infermiera dicendoci a me è a miei suoceri che il parto era andato bene però il bambino aveva avuto qualche problema respiratorio ma di stare tranquillo perché tutti i medici lo stavano controllando. Dopo poco uscì un altra infermiera e mi disse che se mi mettevo dall’altra parte avrei visto i miei bambini dentro l’incubatrice che li trasportavano in TIN. Allora ci fiondammo dall’altra per vedere questi due angioletti.... Un emozione bellissima! Poi mi dissero che avrei potuto vedere la mia compagna, quindi andai nella stanza dove si trovava lei.... Era stremata, senza più forze e senza più quella pancia che ci aveva fatto compagnia e che conservava i nostri due bambini. Dopo un’infermiera disse che sarebbe stato possibile vedere i bambini, quindi la seguii, mi disse di mettermi i vestiti monouso e pronti via in TIN. Quella porta che si apre non la scorderò mai.. I miei stati d’animo in quei momenti … Non riuscivo a rendermi conto di cosa fosse successo, del fatto che fossi diventato babbo e a cosa andassi in contro.... Ero felice e basta! Quando è nato/a, mio figlio/a era… Erano piccoli.... Appena li vidi feci una foto a loro per portarla alla mia compagna, e quando tornai da lei con le foto, prima di mostrargliela, lei mi chiese: Come sono? Io risposi: Ludovica è bellissima e anche Alberto è bello! Il fatto è che Ludovica aveva la mascherina per l’ossigeno ed aveva un livido sulla fronte dovuta alla posizione nella pancia! Lei non fu molto d’accordo però con il mio bellissima!

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NASCERE PRIMA DEL TEMPO: IL VISSUTO DELLE FAMIGLIE IN ITALIA

Parole a confronto

mamme papà

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Narrazioni di giovani medici agli inizi della professione con particolare riferimento alla Medicina Generale. Aspettative, sogni e realtà.

La scelta della laurea Ho scelto di fare il medico…

Un episodio che ritengo essere stato decisivo / significativo nella scelta del mio percorso professionale …. Mi aspettavo di….

Il mio primo contatto con il paziente ….. Ho imparato ….. Dopo la laurea…

Quando mi sono laureata/o è arrivato il momento della scelta… Un episodio che ritengo essere stato decisivo / significativo nella scelta del mio percorso professionale ….

Attualmente mi sto preparando a …. I miei rapporti con il tutor (se c’è o altra figura)…

Sto imparando …. Nella mia professione mi aspetto di trovare…e di occuparmi di…

Le persone in cura da me si aspetteranno…. Mi ricordo in particolare di un episodio con un paziente…

Ho provato… I miei punti di riferimento oggi nel mio percorso professionale….

Con i miei colleghi …. Immagino il mio futuro percorso….

Questa mia scelta oggi…

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Narrazioni di giovani medici agli inizi della professione con particolare riferimento alla Medicina Generale. Aspettative, sogni e realtà.

La mia odissea La scelta della laurea… Ho scelto di fare il medico perché volevo sentirmi utile, in particolare per la mia famiglia, e poi mi ha sempre affascinato l’idea di capire come funziona un corpo e riuscire a farlo funzionare. Ho sempre avuto le idee ben chiare in merito e al Liceo ho solo rafforzato le mie convinzioni. Andai ai corsi di orientamento sia in IV che in V liceo in cui invece di spiegarmi come funziona l’università, come è organizzata, come scegliere la facoltà ecc. si limitavano a dirti “non lo fare, non c’è lavoro”; vero o non vero sono andata avanti per la mia strada. Il primo concorso non andò bene, non entrai per pochissimi posti, quindi mi rimboccai le maniche, mi iscrissi a un’altra facoltà che mi avrebbe permesso eventualmente di recuperare gli esami fatti. Il secondo tentativo andò a buon fine e felice intrapresi questa odissea. Sì, direi che si addice come termine: tanti anni a lottare per superare le difficoltà, per cercare di capire quello che studi, per imparare quello che il prof si vuole sentir dire e per cercare di applicare un minimo quello che pensi di aver imparato. Mi aspettavo di imparare di più, mi aspettavo una formazione a trecentosessanta gradi, non solo accademica, non solo classificazioni o meccanismi patogenetici che una volta dato l’esame elimini per far spazio a nuove nozioni. Il mio primo contatto con il paziente è stato durante il tirocinio di psichiatria in cui fui lasciata, direi proprio abbandonata, con una povera paziente che per venti minuti continui non faceva altro che chiedere “la sonda” per andare in bagno……..in quel momento ho avuto conferma che la psichiatria non era il mio forte, il mio unico pensiero era quello di uscire dal reparto chiuso indenne.

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Dopo la laurea… Quando mi sono laureata è arrivato il momento della scelta della specializzazione. O meglio, la mia scelta l’avevo fatta: mi ero inserita per fare la tesi in un reparto di ginecologia oncologica. Inizialmente ero dubbiosa dato che puntavo a frequentare un reparto ginecologico “ordinario” e invece alla fine sono stata lì due anni. Col senno di poi sono contenta sia andata così, era una sorta di piccola medicina interna, molto piccola ma sicuramente più utile che passare due anni a vedere ecografie morfologiche che, se non diventi ginecologo, ti servono a poco. Non era tutto rosa e fiori, ci son state situazioni forti: ricordo una ragazza di circa 30 anni, paziente del Prof da una decina di anni, fissa lì perchè ricadeva ogni volta. Ricordo anche una ragazzina di 17 anni con un tumore che penso non ritroverò mai più in vita mia (tumore di Triton) che si è spenta nel giro di pochissimi mesi. Un episodio che mi ha fatto riflettere, sempre nel reparto in cui frequentavo per la tesi, è stato quando ho visto una paziente giovane, circa 40 anni, che dopo il primo ciclo di chemioterapia ha firmato per non continuare...ho provato tanta rabbia, perchè così facendo si è “condannata a morte”..... però è così, c’è chi lotta fino all’ultimo, c’è la ragazzina di 17 anni che ti dice “anche io da grande voglio fare medicina” e due mesi dopo non c’è più, c’è chi nemmeno ci prova. Sto imparando che ci vuole molta pazienza, molta più di quanta pensassi. Nella mia professione mi aspetto di trovare tanti altri ostacoli, che siano concorsi, che siano notti in bianco, che siano arrabbiature ci saranno e saranno costruttive, almeno spero, come dice Pirandello “gli esami non finiscono mai” , però arriveranno anche le soddisfazioni, anzi qualcuna è già arrivata, alla fine basta pochino per farti sentire che hai lavorato bene, che hai saputo fare qualcosa di utile…

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Le persone in cura da me si aspetteranno il meglio, si aspetteranno che io sappia risolvere sempre tutto, a volte anche faccende non mediche, qualcuno pretenderà che io faccia semplicemente quello che a loro torna comodo, o che abbia la risposta per tutto; un episodio ricorrente, che capita molto più spesso in guardia medica, è quando ti chiedono di “venire a dare un’occhiata” perché “sa, entriamo nella notte”, come se tu avessi il potere tale per cui una volta visto non possa più accadere nulla e tu con timore rispondi “al momento sta bene”. Un episodio spiacevole è stato in uno dei miei primi turni di guardia, un uomo di 40 anni che aveva solo febbre dal giorno precedente e un’ora dopo la mia visita è morto per arresto cardiaco, io lo avevo mandato a casa con la prescrizione dell’antibiotico perché durante la visita non era emerso nulla e ora questo spauracchio mi accompagna fedelmente durante i miei turni di guardia. Con i colleghi ho un buon rapporto, li ho sempre trovati molto disponibili a insegnarmi. Immagino il mio futuro percorso molto tortuoso, pieno di incognite, non so se tra un anno sarò sempre qui a fare i miei lavoretti che mi consentono la mia indipendenza e di farmi le ossa, o sarò lontana da casa e da tutti per fare una specializzazione. Tutto sommato la mia odissea non è ancora finita.

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Per curare chi cura…

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Il racconto attraverso la fiaba: progetto VEDUTA

Valori Esistenziali contro il Dolore nelle Unità di Terapia e Assistenza

Analisi di clima organizzativo progettata e realizzata nel 2012 da Fondazione ISTUD con

Federdolore, Ministero della Salute e Cittadinanza Attiva

• Abbiamo raccolto 244 fiabe di professionisti delle unità di cure palliative di tutta Italia

• Da tale lavoro, la carta dei valori della Società Italiana di Cure Palliative è stata riscritta.

• Comunicazione orale accettata al world congress "What future for narrative medicine?",

Londra 2013. Pubblicazione su Pain Management: "Narrative medicine to highlight values

of Italian pain therapists in a changing healthcare system". Pain Manag. (2014) 4(5), 351–

362.

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Uomo, 46 anni, Medico con funzione di coordinamento dedicato part time alla terapia del dolore

“C'era una volta un ragazzino di dodici anni che attraverso un lungo viaggio arrivò davanti al mare in una sera di primavera, al paese delle cure alle persone che soffrivano: poco distante dalla spiaggia c’era un piccolo villaggio di pescatori dove ognuno era partecipe della vita degli altri. Il paese era vicino al villaggio, dava sul mare, dietro una pianura e poi le montagne. In quel paese non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da ogni città vicina ed erano persone fatte di acqua, ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di aria. E poi, in quel paese, vivevano tutti gli altri che si erano fermati lì per curare quelli che ne avevano bisogno ed erano fatti di terra. Quando il ragazzino vide per la prima volta i visi delle persone intente a curare e pensò che quei visi fossero sereni, e poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero capaci, e poi guardò ciò che facevano, e ascoltò le loro parole che erano parole di rassicurazione. Allora decise che si sarebbe fermato in quel paese perché avrebbe potuto essere come loro. Ma un brutto giorno accadde che gli uomini grigi della città decisero di costruire qualcosa che lui sapeva sarebbe stato inutile, lì in quel posto. Poi però successe anche che quegli uomini grigi non riuscivano a sopportare la luce, il profumo del mare, l’aria fresca che scendeva dalle montagne e andarono a costruire ciò che era inutile nel deserto al di là delle montagne. Ora quel paese è tornato alla tranquillità. Quel paese sarà felice a condizione di saperne leggere la bellezza.”

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Donna, 44 anni, infermiera professionale C'era una volta una farfalla con grandi ali e colori allegri e splendenti che attraverso un lungo viaggio fra

fiori profumati e sgargianti, frutti colorati e fili d'erba arrivò al paese delle cure alle persone che soffrivano perché una brutta malattia aveva spento i loro colori e non riuscivano più a vedere nulla attorno a loro. Il paese era circondato da colline verdi punteggiate di fiori, specchi d'acqua limpidissima, animaletti colorati che zampettavano allegramente ovunque. In quel paese non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da tutti quei paesi che prima erano allegri colorati, pieni di vita e di armonia ed erano fatte di colori spenti, tristi, opachi e sempre più bui, ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di vibrazioni di ansia, di moti di preoccupazione, di sorrisi e rassicurazioni dipinte di giallo per nascondere la verità. ...... Quando la farfalla, attraverso gli occhi delle persone che soffrivano vide per la prima volta i visi delle persone che curavano, pensò che quei visi fossero come un raggio di sole che fa risplendere i colori, poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero lì per stringere le tue e portare via la paura e l'angoscia e poi guardò i loro occhi che non nascondevano la verità e ascoltò le loro parole quando gli dissero che poteva parlare liberamente, chiedere tutto ciò che voleva sapere, dire quando si sentiva pronto per rivedere tutti i colori nel paese attorno a sé e nel volto e nel cuore dei suoi cari. Allora decise che era il paese giusto per fermarsi perché avrebbe potuto tornare tutto come prima. Ma un brutto giorno accadde che i colori sparirono di nuovo, la luce si offuscò, la paura ritornò. Poi però successe anche che tutti si strinsero attorno a lui e con i loro occhi e le loro mani riportarono la serenità e la consapevolezza che anche il sole ogni giorno se ne va..e un giorno tutti ce ne andremo..ma finché si è in questo paese, i colori e la luce devono esserci sempre..dentro e attorno a noi. Ora quel paese è conosciuto da tutti coloro che soffrono.

Quel paese sarà felice a condizione di poter sempre essere nelle condizioni di restituire colore, luce e serenità.

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Gli idealtipi nelle metafore

• La metafora maggiormente ricorrente (39%) è l’aiuto al malato “ultima spiaggia”, “la luce dopo il tunnel” “un grande ombrello”, “il porto per un mare in tempesta” “un’ancora di salvezza”- l’icona del benefattore.

• La seconda immagine maggiormente ricorrente (30%) è quella di un professionista industrioso che lavora instancabilmente “un sarto industrioso senza attrezzi”, “pronto a far tutto la notte e il giorno sempre d'intorno in giro sto... (Barbiere di Siviglia)”, “un amalgama tra gli altri specialisti”, “a volte mi sento come il vigile all'incrocio trafficato che deve cercare il modo migliore per rendere fluido ed efficace la circolazione”.

• Segue la metafora dell’eroe -declinato da don Chisciotte con i suoi mulini a vento, al Crociato al Paladino- che rappresenta il 14% delle risposte e descrive un animo idealista e orientato a grandi obiettivi a volte non sempre realizzabili.

• Un altro 11% esprime invece immagini riconducibili al solitario.

• L’ultimo 5% rappresentato restituisce immagini di prigioniero o limitazioni classificabili come mancanza di libertà decisionale nel contesto professionale

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Nel paese delle cure palliative le persone saranno serene se …

“non saranno ingannate da chi gli promette cose irreali”

“si trova un linguaggio per capirsi ed il coraggio di andare incontro ad ogni altra marea in arrivo”

“si trova il modo di considerare ogni piccola cosa”

“non si tradiscono le persone che passano”

“si mantiene un equilibrio tra umanità e management”

“si conosce la verità e non le menzogne”

“si rispettano le scelte e le volontà dei suoi abitanti”

“non si permette alle persone di arrivare prive di valori, interessate solo al denaro, e che non hanno fiducia”

“non ci si farà condizionare da donne e uomini privi di sentimenti, o distaccati dalle condizioni degli altri”