ANNO XLIV MARZO-APRILE 2009 82/09 - ar-architettiroma.it · INDUSTRIAL DESIGN- a cura di Tonino...

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Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia (In carica per il quadriennio 2005-2009) Direttore Lucio Carbonara Vice Direttore Massimo Locci Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato a questo numero Mariateresa Aprile, Luisa Chiumenti, Loredana Di Lucchio, Claudia Mattogno, Giorgio Peguiron, Tonino Paris, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Direttore: Claudio Presta www.edpr.it [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 Stampa AGB 1881 srl Via Antonio Bosio 22 00161 Roma Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256 Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 In copertina: La città dell’altra economia, Mattatoio del Testaccio, Roma Tiratura: 16.000 copie Chiuso in tipografia il 28/05/2009 ISSN 0392-2014 Presidente Amedeo Schiattarella Segretario Fabrizio Pistolesi Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Piero Albisinni Agostino Bureca Orazio Campo Patrizia Colletta Spiridione Alessandro Curuni Rolando De Stefanis Luisa Mutti Aldo Olivo Francesco Orofino Virginia Rossini Arturo Livio Sacchi Luciano Spera ANNO XLIV MARZO-APRILE 2009 82/09 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA segue EDITORIALE Ricostruire L’Aquila: trasferire, demolire o restaurare? 11 Lucio Carbonara ARCHITETTURA INTERVISTA Ville storiche a Roma 12 Luisa Chiumenti a cura di Massimo Locci - PROGETTI La città dell’altra economia 14 Massimo Locci Il mostro di San Lorenzo 18 Massimo Locci PROTAGONISTI ROMANI Eugenio Montuori 24 Andrea Bruschi EVENTI Fotografia e architettura 28 Giuseppe Strappa L’importanza della tutela 32 Massimo Locci a cura di Carlo Platone - IMPIANTI L’illuminazione per i beni culturali 34 Carolina De Camillis, Sergio Rosati

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Consiglio dell’Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e

Conservatori di Roma e Provincia(In carica per il quadriennio 2005-2009)

DirettoreLucio Carbonara

Vice DirettoreMassimo Locci

Direttore ResponsabileAmedeo Schiattarella

Hanno collaborato a questo numeroMariateresa Aprile, Luisa Chiumenti,

Loredana Di Lucchio, Claudia Mattogno,Giorgio Peguiron, Tonino Paris,Alessandro Pergoli Campanelli,Giuseppe Piras, Carlo Platone,

Luca Scalvedi, Monica Sgandurra

Segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

EdizioneOrdine degli Architetti di Roma e Provincia

Servizio grafico editoriale:Prospettive Edizioni

Direttore: Claudio Prestawww.edpr.it

[email protected]

Direzione e redazioneAcquario Romano

Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 RomaTel. 06 97604560 Fax 06 97604561

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Progetto grafico e impaginazioneArtefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti

Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247

StampaAGB 1881 srl

Via Antonio Bosio 22 00161 Roma

Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albodi Roma e Provincia, ai Consigli degli

Ordini provinciali degli Architetti e degliIngegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali

degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano

l’Ordine né la Redazione del periodico.

Pubblicità Agicom srl

Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256

Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ.Roma n. 11592 del 26 maggio 1967

In copertina: La città dell’altra economia,

Mattatoio del Testaccio, RomaTiratura: 16.000 copie

Chiuso in tipografia il 28/05/2009

ISSN 0392-2014

PresidenteAmedeo Schiattarella

SegretarioFabrizio Pistolesi

TesoriereAlessandro Ridolfi

ConsiglieriPiero Albisinni

Agostino BurecaOrazio CampoPatrizia Colletta

Spiridione Alessandro CuruniRolando De Stefanis

Luisa MuttiAldo Olivo

Francesco OrofinoVirginia Rossini

Arturo Livio SacchiLuciano Spera

ANNO XLIVMARZO-APRILE 2009

82/09BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA

segue

EDITORIALERicostruire L’Aquila: trasferire, demolire o restaurare? 11

Lucio Carbonara

A R C H I T E T T U R A

INTERVISTA

Ville storiche a Roma 12Luisa Chiumenti

a cura di Massimo Locci - PROGETTI

La città dell’altra economia 14Massimo Locci

Il mostro di San Lorenzo 18Massimo Locci

PROTAGONISTI ROMANI

Eugenio Montuori 24Andrea Bruschi

EVENTI

Fotografia e architettura 28Giuseppe Strappa

L’importanza della tutela 32Massimo Locci

a cura di Carlo Platone - IMPIANTI

L’illuminazione per i beni culturali 34Carolina De Camillis, Sergio Rosati

R E S T A U R O - a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli

39 Palazzo Albertoni SpinolaAlessandra Cerroti

I N D U S T R I A L D E S I G N - a cura di Tonino Paris

43 Poesie digitaliLorenzo Imbesi

U R B A N I S T I C A - a cura di Claudia Mattogno

46 Sezze: immigrati ed equilibrio possibileGiuseppe Vaglianti

R U B R I C H E

50 LIBRI

53 ARCHINFO - a cura di Luisa Chiumenti

EVENTIFestival del progetto a Casaidea, di Massimo Locci.MOSTRETransmitting Architecture / Ecopolis, di Giancarlo Priori e Rossella Sinisi.Hiroshige “disegnatore” in mostra a Roma.“Guido, i’ vorrei che tu Carlo ed io fossimo presi per incantamento ...”.Madre Terra, di Fabio Masotta.Roma, nuovi spazi per l’Arte.Gio’ Ponti a Villa Badoer.

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Come dopo ogni terremoto anche perL’Aquila si discute animatamente sucome intervenire per la ricostruzionedella città. Questa volta, inoltre, non si

tratta solo di piccoli comuni ma anche di una cittàcapoluogo di regione.A fronte delle richieste di alcune parti di avviare,in presenza di gravi lesioni o di costi di restauroelevati, una rapida ricostruzione demolendo al piùpresto gli edifici pericolanti sialzano molte altre voci cheraccomandano maggioreprudenza per non cancellarel’identità storica della città. Lastessa presidente dellaConfindustria, nella relazioneannuale, pur dichiarandosiinterventista sottolinea lanecessità di operare con particolare attenzione,per la cospicua presenza di valori architettonici eculturali nel territorio che rischiano di essereperduti con scelte affrettate e non ponderate,come è avvenuto nell’Irpinia dove ha prevalso,come riferimento di scelta, soltanto il minor costodi intervento.Altre parti propongono il trasferimentodell’insediamento, come fu fatto con alcuni centriabitati della Sicilia, ma sappiamo bene quale èstato il prezzo dello sradicamento dellapopolazione dalla propria casa e cosa abbia

comportato, anche socialmente, per i suoiabitanti.L’Aquila ha un centro storico di primariaimportanza per storia, dimensione e caratterecomposto da un unicum di monumenti e di ediliziaminore di alta qualità ambientale che costituisce lamemoria dei suoi abitanti e della stessa regione.Pur consapevoli della necessità di agire conrapidità si ritiene che gli abitanti, anche

singolarmente, debbano esserecoinvolti nelle scelte e nellaricostruzione delle proprie case.Scelta che deve tenere contodel problema della sicurezzama che non può essere unicaper l’intero centro storico eaffidata solo a generici tecniciche, in passato, hanno

dimostrato di non saper valutare congiuntamentel’insieme dei problemi della conservazione, dellamemoria storica e delle implicazioni sociali. Inquesto l’Irpinia ci deve essere di insegnamento.Ho l’impressione tuttavia che il carattere deciso efattivo degli abruzzesi costituirà l’elementodeterminante in questa occasione se sarà loroconsentito di esprimersi e di partecipare, anchedirettamente, alla ricostruzione. Nondimentichiamoci che la maggior parte deicostruttori romani sono di origine abruzzese e ingran parte aquilana.

RICOSTRUIREL’AQUILA:TRASFERIRE,DEMOLIRE ORESTAURARE?

Editorialedi Lucio Carbonara

Il patrimonio delle ville in Roma haavuto negli ultimi anni una cura parti-colare, ridonando a molte di questel’immagine originaria, e facendo sì che

si potessero ricreare alcuni “percorsi ver-di”, rintracciabili in specie lungo le grandiarterie consolari e molto importanti peruno sviluppo urbano più sostenibile e perun utilizzo sociale per ogni età e livellodella popolazione.Al recupero e restauro hanno fatto seguitointeressanti iniziative di tipo sociale qualead esempio “Un’estate a Villa Borghese”presso la Casina di Raffaello, a cura dellaFondazione Bioparco di Roma Arte, Tea-tro e Natura in gioco. Si inaugurava cosìuna ludoteca, che avrebbe fatto parte di ungrande centro estivo, comprendente tre di-verse strutture all’interno di Villa Borghe-se, tutte dedicate ai più piccoli: la Casina diRaffaello, il Silvano Toti Globe Theatre e ilBioparco. I più piccoli avrebbero potutocosì trascorrere l’estate in città all’insegnadel divertimento, dei giochi, senza trascu-rare poi le passeggiate naturalistiche, le at-

tività di esplorazione e scoperta, i laborato-ri teatrali e creativi, e tante altre attività di-vertenti per trascorrere dei momenti entu-siasmanti nel cuore verde della città. Ma forse da questo punto di vista uno deipiù grandi successi è stato quello realizza-to con la Villa Torlonia su via Nomentana(per cui rinviamo a precedenti articolipubblicati su “AR”), anche perché offrespazi sia culturali che ludici, che veramen-te possono fare trascorrere una giornatainteressante e piacevole a tutta la famiglia. E in effetti la via Nomentana è un “per-corso di ville” particolarmente emblema-tico e proprio “nell’ambito di una attentavalorizzazione di un tale percorso “verde”– come ha sottolineato fra l’altro nell’in-tervista rilasciata ad AR la dott.ssa Alber-ta Campitelli, Dirigente dell’Ufficio Villee Parchi Storici della Soprintendenza aiBeni Culturali del Comune di Roma – “sista pensando, con il III Municipio, di rea-lizzare un percorso ciclabile, che, a partireda Porta Pia, potrebbe attuare un interes-sante itinerario di “villa in villa!”.

D. Come si presenta oggi la situazionegenerale dei diversi interventi in atto (oconclusi totalmente) delle principali vil-le in Roma?R. Negli ultimi 15 anni moltissimi sonostati gli interventi di recupero di edifici e diverde nelle ville storiche romane e molti diessi sono stati ormai portati a termine econ buoni risultati, come nel caso dellaVilla Borghese, dove è stato realizzato il re-stauro di molti edifici, quali la Casina del-le Rose, la Casina di Raffaello, l’Aranciera,il Casino del Lago, l‘Uccelliera e la Meri-diana, oltre al restauro di moltissimi arredi(Mostra Aqua Felix, Portico dei leoni, Pro-pilei egizi, Propilei neoclassici, Teatro,Propilei delle Aquile, Tempio di Escula-pio, ecc.), quello dei Giardini segreti e delGiardino del Lago. Molti i restauri effet-tuati anche a Villa Pamphilj, con la VillaVecchia e la Cascina Floridi, il VillinoCorsini e l’Arco dei Quattro Venti. Molte ville minori sono state recuperate,nelle architetture e nel verde, come VillaBonelli, Villa Lais, Parco del Pineto Sac-

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Nell’intervista ad ARAlberta Campitelli fail punto sugliinterventi di recuperodi edifici e di verdenelle ville, moltiportati a termine conbuoni risultati, altri invia di realizzazione.

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ALBERTA CAMPITELLI

VILLE STORICHEA ROMA Luisa Chiumenti

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chetti, Villa Paganini Alberoni, Villa Mer-cede, Parco Savello e Villa Fiorelli. D. E in particolare si può conoscere qua-li siano oggi le situazioni più delicate opiù sostanzialmente “difficili”?R. Le situazioni ancora carenti sono pro-prio a Villa Pamphilj, dove devono esserecompletati e definiti molti interventi (Ser-re ottocentesche, Casale dei cedrati, CascinaFloridi; Legnara e Casali rurali), quindi Vil-la Ada Savoia con le Scuderie Reali che, ac-cantonato il progetto del Museo del Gio-cattolo, sono in abbandono.D. Le ville storiche romane si distendo-no spesso lungo le vie consolari: la suc-cessione delle ville sulla via Nomentanami sembra molto significativa ed il recu-pero di molte di esse ha certamente re-stituito alla consolare la visibilità di un ret-tifilo che, pur breve, è stato uno dei piùconservati, nell’originario tracciato finoa Nomentum. È possibile fare il punto suquanto è stato realizzato e quanto sia an-cora da realizzare? Sono stati rispettati gliobiettivi connessi con i piani originari? Eper fare un esempio, a che punto è la que-stione di Villa Blanc?R. Il recupero delle ville lungo la via No-mentana ha interessato soprattutto VillaPaganini Alberoni e Villa Torlonia. Alcu-ni interventi sono stati attuati a Villa Leo-pardi ma non sono ancora completati.Problema aperto è costituito da Villa

Blanc, di proprietà della Luiss, per la qua-le era stata avviata da parte del Comune diRoma una trattativa di acquisizione cherisulta, ad oggi, ferma. D. Tra le diverse ville, certamente la Vil-la Torlonia rappresenta un grande suc-cesso ed è attualmente molto frequenta-ta sia dai cittadini che dai turisti. Ci sonoperò ancora due elementi importanti daoffrire al grande pubblico: il bellissimoTeatro (con il sottostante spazio per l’ar-te contemporanea e le serre) oltre alle im-portanti catacombe ebraiche. Che cosa èprevisto al riguardo?R. Villa Torlonia è oggi un polo culturaleeccezionale, con un’offerta diversificata diitinerari museali, di mostre temporanee,di intrattenimento e di ristoro. Nei diversiedifici sono infatti ospitati il Museo dellaCasina delle Civette, il Museo della Villaed il Museo della Scuola Romana. Nel Ca-sino dei Principi sono ospitate mostre sutemi connessi alla Scuola Romana, nelladipendenza della Casina delle Civette lemostre hanno per oggetto le arti decorati-ve. Il Villino Medioevale ospita invece unaludoteca tecnologica per ragazzi di grandeinteresse e accanto ci si può ristorare.Sono in corso il recupero del Teatro, chetornerà ad ospitare spettacoli ed esposi-zioni e della Serra Moresca, splendida ar-chitettura di ferro e vetro, che sarà dedica-ta alla storia dell’arte dei giardini. Per le

catacombe ebraiche è già pronto un pro-getto, finanziato con un milione e mezzodi euro, per la loro messa a norma ed ac-cessibilità, che dovrebbe prendere l’avviotra pochi mesi. In particolare i lavori aVilla Torlonia sono così organizzati: per ilTeatro il progetto è stato affidato all’archi-tetto Piercarlo Crachi, la direzione lavoriall’architetto Ernesto Duilio Rossi conl’impresa SAC. Per la Serra Moresca ilprogetto e la direzione lavori sono dell’ar-chitetto Valter Proietti mentre l’impresa èla IAB (la stessa che ha restaurato in modoeccellente il Casino nobile). Il restaurodelle Catacombe ebraiche, infine, su pro-getto della dott.ssa Maria Rosaria Barberae dell’arch. Marina Magnani, è di perti-nenza della Soprintendenza ai Beni Ar-cheologici di Roma che opera di concertocon la Comunità Ebraica.D. Molti si chiedono che cosa sia statofatto (e “se” qualcosa si è fatto!) per laVilla Leopardi; in particolare è stato lan-ciato un importante appello per VillaLeopardi, da parte dell’Ordine degli ar-chitetti di Roma. Si possono conoscere iprogetti relativi?R. Nella villa sono stati restaurati gli edifi-ci minori ed in parte il parco.Per il Casino vi è stata la destinazione perattività culturali di una associazioneebraica, di recente decaduta. A tutt’ogginon vi sono progetti.

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I N T E R V I S T A

• La Casina di Raffaello aVilla Borghese (sotto dueimmagini della Casinanegli anni ‘70)

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“Un programma originaleorientato a fini etici e so-ciali si traduce in un pro-getto che unisce il rigore

del restauro a una nuova spazialità, e cheapplica i criteri della sostenibilità, del-l’eco-efficienza e dell’innovazione tecno-logica”. Con questa motivazione la “Cittàdell’altra Economia”, progettata da LCA-Luciano Cupelloni Architettura nel vec-chio Mattatoio di Testaccio, ha vinto laterza edizione del Premio RomArchitet-tura per un intervento di riqualificazioneedilizia.Tra i criteri di selezione del premio, infat-ti, il valore più rilevante è risultato la ri-spondenza a una precisa visione etica.Non a caso tra i premiati troviamo inter-venti ben inseriti nel paesaggio e nel con-testo urbano, che privilegiano soluzionienergeticamente sostenibili ed esemplari

nella logica progettuale, con novità diprocesso e di concezione. Per l’attenzione all’innovazione in uncontesto storico così particolare e alla so-stenibilità (che riguarda ogni componen-te, dal sistema degli arredi e delle attrezza-ture fino ai materiali e ai cicli di lavorazio-ne), il progetto ha conseguito anche altririconoscimenti. Ha ricevuto il quarto pre-mio ex aequo - tra più di 400 progettiprovenienti da 20 paesi europei - agli Hol-cim Awards 2005/06 for SustainableConstruction (Ginevra 2005) e la men-zione speciale al Premio internazionaleInnovative Architectures, Design and Su-stainability (Milano 2006).La Città dell’Altra Economia si inseriscecon garbo nel contesto storico, trovandouna sapiente misura proporzionale e unaforte capacità di ambientazione, senza ri-nunciare all’innovazione del linguaggioMassimo Locci

Al Mattatoio diTestaccio un progettoche unisce al rigoredel restauro unanuova spazialità eche applica i criteridella sostenibilità,dell’eco-efficienza edell’innovazionetecnologica.

P R O G E T T I a cura di Massimo LocciA

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LA CITTÀ DELL’ALTRA ECONOMIA

espressivo. Il Mattatoio è per Roma un si-gnificativo monumento di archeologiaindustriale e un’opera di forte richiamo inquanto testimonianza di una memoriacollettiva, legata alla creazione nel perio-do post-unitario e agli inizi del Novecen-to del primo polo di servizi della città. Nelsettore urbano Testaccio-Ostiense, comeè noto, sono state concentrate gran partedelle attività produttive: dalla centraleelettrica a quella del gas, dai mercati gene-rali al Mattatoio. Questo ultimo e il ForoBoario, progettati da Gioacchino Ersochnel 1888, sono tra gli interventi di archeo-logia industriale più significativi. Comel’Acquario Romano a Piazza ManfredoFanti, progettato dallo stesso autore, pre-senta un’eclettica monumentalità e una fi-nalità fortemente rappresentativa, emble-matica dell’orientamento culturale dellaRoma neo-capitale. In uno spartito stret-

tamente funzionale i linguaggi antichi sifondono con l’espressività e la tecnologiadi quella che allora era la modernità. Sonopresenti, infatti, facciate con timpani enicchioni, inserti scultorei e colonne a sca-la gigante accanto a strutture metallicheleggere, che consentono grandi luci libere;scarne murature in mattoni e intonaco vi-cine ad aggraziate colonne in ghisa. Per il Mattatoio nei decenni scorsi infini-te sono state le proposte di riutilizzo dellearee, anche con demolizioni integrali, etutte non finalizzate. Nell’ultimo venten-nio è prevalsa la tendenza alla salvaguardiae recupero di queste tipologie edilizie che,grazie alla specificità morfologica, grandiloft con impianti razionali, e alle originalisoluzioni costruttive, consentono efficaciriconversioni. La parte restaurata inglobaistituzioni pubbliche con destinazioni di-verse: Museo d’Arte Contemporanea di

P R O G E T T I

LA CITTÀ DELL’ALTRA ECONOMIA al Mattatoio di TestaccioComune di Roma - Dipartimento XIX

Progetto gennaio 2004/maggio 2005Opere preventive dicembre 2004/maggio 2005Inizio lavori settembre 2005Fine lavori settembre 2007Importo intervento € 5.000.000,00

Progettista e direttore dei lavoriprof. arch. Luciano CupelloniResponsabile del procedimentoarch. Mirella Di GiovineSupporto al responsabile del procedimentoarch. Pietro ScaglioneCollaudatore in corso d’operaarch. Francesco GiovanettiCoordinatore della sicurezzaarch. Marco AstolfiGruppo di progettazioneLuciano Cupelloni Architettura:Luigi Sorrentino, Cesare Tocci (strutture) Ricerca& Progetto, Sergio Bottiglioni (controllobioclimatico e acustico) Andrea Garasi, FedericoPacchieri (impianti meccanici) FrancescoCattaneo (impianti elettrici e speciali)Alessandro Dellepiane (stime) Simona Cappelli,Stefania Pistone (ricerche d’archivio) MarcoAstolfi, Chiara Cagiano de Azevedo, AssuntaGaetani, Nicoletta Marzetti, Rodolfo Migliari,Vincenzo Pasquariello, Marta Salvatore, RicardoSocas Wiese, Lusilla Voci (collaboratori) IsabellaGrippo, Federica Fiorentini (monitoraggiocantiere) Giulia Cupelloni, Marcella Migliaccio,Gianluca Padula, Anna Pietrantonio (forniture esistemazioni esterne)

Roma, il MACRO Future, progettato an-ch’esso da Luciano Capelloni, attivitàuniversitarie per la Facoltà di ArchitetturaRoma Tre e per l’Accademia d’Arte, che abreve si insedierà.Le pensiline del Foro Boario (il lungo por-tico ersochiano del 1888 e sulle tettoie del1928, rari esempi romani di strutture inghisa e ferro), gli spazi per le Pese del Be-stiame e i cosiddetti ‘rimessini’ ospitanoora la Città dell’Altra Economia, uno spa-zio diviso in sezioni che fanno riferimentoal turismo, all’esposizione e al commercioequo e solidale. Organizzata in 12 distinteattività, con vari spazi espositivi, la nuovafunzione commerciale e ludico-espositivadel Campo Boario si struttura su una su-perficie coperta di circa 3.500 metri qua-drati e con un fronte di oltre 200 metri li-neari che si affaccia su un’area esterna dicirca 8.000 metri quadrati. Strutturato come un vero centro di comu-nicazione e valorizzazione di questo speci-fico settore economico, il complesso otto-centesco è stato posto in dialogo con i lin-guaggi ed i materiali della contempora-neità, lavorando per contrappunti, inse-rendo volumi vetrati, strutture leggere eponti aerei all’interno delle volumetrie.Nelle vecchie strutture accanto al mercatodell’agricoltura biologica e del commer-cio equo e solidale trovano spazio gli spor-telli della finanza etica, del turismo re-sponsabile e per il centro di documenta-zione. Viceversa per gli ambiti della co-municazione aperta, con sala conferenza elibreria specialistica, il bio-bar e il bio-ri-storante, Luciano Capelloni ha definitospazi del tutto nuovi, parte inseriti nelle

ossature degli antichi ricoveri degli ani-mali, parte compresi in nuove volumetrietrasparenti che sono leggibili all’esternocome figure autonome. Per ottenere oltretremila metri quadrati si è provveduto acoprire il vuoto tra il portico e le pensilinecon una nuova struttura in acciaio, chetrasforma le tettoie in un originale spaziocoperto e delimitato da un perimetro pre-valentemente vetrato. Le addizioni con la loro essenzialità lingui-stica conferiscono valore allo spazio anti-co; il principio architettonico si condensanella relazione/contrapposizione traespressioni formali e nella mutua valoriz-zazione tra le parti. La nuova unità archi-tettonica gioca sul contrasto tra essenziali-tà degli spazi interni, con inserti in acciaioe cristallo, e il rispetto/ esaltazione delle va-lenze romantiche e di decoro in chiave ur-bana caratteristiche delle antiche facciate.Esito di un’attenta analisi storica del ma-nufatto e di una capacità di interpretare ilinguaggi del passato, l’operazione di re-stauro si è rivelata complessa, sia per la ne-cessità di confrontarsi con un manufattoantico di grande valore, sia per le diversedestinazioni d’uso e superfetazioni che neavevano alterato i caratteri. Operandocon sensibilità sulle strutture esistenti eintroducendo una forte dotazione im-piantistica l’intervento sperimenta i limi-ti delle possibilità di modificazione in rap-porto al contesto storico urbano e del sitoin particolare. In relazione alle specifiche morfologicheed architettoniche, con orientamenti egiaciture non modificabili, particolare at-tenzione è stata rivolta al comportamento

termico dell’edificio e al controllo am-bientale. Alcune scelte impiantistichehanno positivamente contaminato il pro-getto: una serie di shed in copertura egrandi lucernari piani consentono l’otti-mizzazione degli effetti termici e lo sfrut-tamento dell’illuminazione naturale. Levetrate isolanti stratificate sono di tipobasso-emissive e schermate da un doppiopiano in acciaio inox, forato in modo taleda consentire sempre la radiazione diffusae la radiazione solare diretta.Uno dei punti di forza del progetto è,dunque, relativa all’applicazione sistemi-ca di diversi criteri per la sostenibilità am-bientale e il risparmio energetico, dai ma-teriali eco-compatibili ai sistemi passivi efotovoltaici (166 pannelli al silicio poli-cristallino). L’innovazione tecnologicadella Bio-Architettura trova, per la primavolta a Roma, un’ampia applicazione nel-l’ambito di un progetto di restauro met-tendosi in relazione con i vincoli dellaconservazione.

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Il premio ROMARCHITETTURA, promossodall’IN/ARCH LAZIO, dall’ACER e dall’Ordinedegli Architetti di Roma e Provincia, è giuntoalla 3° edizione ma, in verità, ha una lunga eimportante storia, con finalità strettamentelegate a quelle delle tre istituzioni proponentie sintetizzabili nel sostegno della qualitàarchitettonica complessiva, intesa non solocome fatto estetico ma soprattutto comevalore sociale ed economico. Del tuttooriginale è la formula che mira allavalorizzazione dell’intera filiera di attori efigure che contribuiscono alla buona riuscitadell’intervento architettonico. L’iniziativa, traopere proposte, segnalate e premiatecostituisce inoltre una significativaricognizione della buona architetturarealizzata nel Lazio nell’ultimo quinquennio.È importante segnalare anche cheROMARCHITETTURA è unico per la ricchezzanell’articolazione e nella varietà dei temi, maanche per come è strutturato nelle diversefasi; coinvolgendo autorevoli progettisti, critici,personaggi dell’imprenditoria e dell’Università.Nella prima fase, con il coordinatore delpremio Massimo Locci, la commissione deiselezionatori, composta da Giancarlo Goretti,Achille Ippolito, Gabriele Mastrigli, Luca Milan,Luca Montuori, Rosario Pavia e LuigiPrestinenza Puglisi ha formulato lecandidature. Nella seconda fase la Giuria, composta daGiancarlo Cremonesi, Margherita Guccione,Alessandra Muntoni, Manfredi Nicoletti, LivioSacchi, Amedeo Schiattarella, Franco Zagari, eFranco Panzini (per l’architettura degli interni)ha scelto i premiati.

PREMIO ROMARCHITETTURA PER UNINTERVENTO DI NUOVA COSTRUZIONEIntervento vincitore: Ampliamento dellaBiblioteca Pio IX a RomaProgetto: Architetti King e Roselli Opere segnalate: - Complesso Parrocchiale del Santissimo

Salvatore a Genzano (Roma) - Interporto di Roma - Nuovo Polo Didattico delle Arti Visive

a Ceccano (Frosinone) - Riqualificazione di piazza San Cosimato

a Roma

PREMIO ROMARCHITETTURA PER UNINTERVENTO DI RIQUALIFICAZIONEEDILIZIAIntervento vincitore: “Città dell’altraEconomia” al Mattatoio Roma Progetto: LCA-Luciano Cupelloni ArchitetturaOpere segnalate:- Facoltà di Scienze Umanistiche

dell’Università della Sapienza a Roma

- Riqualificazione di Aree nel Centro Storicodi Rifreddo (Roma)

- Sala conferenze e Spazio Mostredell’Accademia Britannica a Roma

- Serra ex-Piacentini nel Palazzodell’Esposizioni a Roma

PREMIO ROMARCHITETTURA PER UNINTERVENTO REALIZZATO, PROGETTATO DA UN GIOVANE (under 40)Tre opere vincitrici:1° opera: Riqualificazione Giardinidell’accademia Belgica Progettazione del giardino:Lorenza Bartolazzi Tonci Ottieri 2° opera: Casa De Risi a Bellegra Progetto: Sergio Bianchi 3° opera: Sala Degustazione Azienda AgricolaCavalieri a Genzano Progetto: At Studio Opere segnalate:- Restauro e Recupero dell’Ex Cinema Lopez

a Pozzuoli (Napoli) - Uffici MMW - Villa a Pereto

PREMIO “BRUNO ZEVI” PER LADIFFUSIONE DELLA CULTURAARCHITETTONICAOpera vincitrice: Film Mumbai di Giorgio De Finis Iniziative o opere segnalate:- Ciclo di trasmissioni televisive su Roma

Uno curate da Andrea Giunti - Portale internet Exibart.com - Pubblicazioni delle Edizioni Quodlibet - Saggio: “Margini della mobilità” di Giovanna

Donini, Collana Babele, Meltemi editore

PREMIO SPECIALE ARCHITETTURAD’INTERNI CERAMICHE APPIA NUOVAIntervento vincitore: Rp HouseProgetto: Filippo Bombace – Oficina DeArcquitectura Segnalati:- Luca Braguglia: Bookbar Palazzo Esposizioni- Gap Architetti Associati: Appartamento in

via Cicerone - Giammetta & Giammetta: SPA a Roma- Andrea Lupacchini : Glass Hostaria- Luca Montuori Studio 2TR / Studio

Cantucci: Leam Limited Store

PREMIO ROMARCHITETTURA ALLA CARRIERAVincitore: ing. Lucio PassarelliProgettisti segnalati:- Pietro Barucci - Carlo Melograni - Piero Sartogo - Marcello Vittorini

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Della Sopraelevata di San Lorenzosi è cominciato a discutere giàprima del progetto e della realiz-zazione. Bruno Zevi nell’ottobre

del ’62 scriveva “È impensabile che l’ANASconceda un contributo per realizzare un’ope-ra non prevista dal PRG e nettamente anti-tetica alle sue direttive. Persino il cittadinopiù scettico, disincantato e qualunquista nonpuò immaginare che si arrivi a tanto. (…)Una sopraelevata così concepita costituirebbeun colpo mortale per l’intero piano regolato-re in quanto ne altererebbe i presupposti dibase. Il Piano è fondato sull’idea di un ‘asseattrezzato’ che diventerebbe inutile o almenoperderebbe il carattere di soluzione accentra-ta e organica del traffico metropolitano”.Questa premonizione di Zevi si è avveratain toto, sia perché la Sopraelevata ha con-tribuito ad affossare l’Asse Attrezzato, siaperché essendo un fatto episodico, peral-tro mai realizzato del tutto, non ha risoltoi problemi del traffico. Del problema si ècontinuato a discutere negli anni seguentiora per il tracciato, indubbiamente troppo

prossimo ai fabbricati, ora per gli inden-nizzi ai proprietari delle abitazioni.Comunque i circa otto km di sinuoso via-dotto sono stati realizzati, peraltro con uninteressante progetto (in acciaio con travi-ponte appoggiate a grandi pilastri cilindri-ci) redatto dall’ingegnere Fabrizio De Mi-randa per conto della Finsider. Già nellalunga fase di costruzione, tra il 1966 e1975, è entrato nell’immaginario colletti-vo sia per gli aspetti positivi e di indubbiafascinazione strutturale e futuribile, intesocome una citazione al film Metropolis diLang, sia per quelli negativi ed inquietantiveicolati da molti film; chi non ricorda ilFantozzi di Paolo Villaggio che prendel’autobus su Viale Castrense direttamentedal balcone? Paradossalmente pur essendoun’ipotesi urbana sostanzialmente sbaglia-ta, un “mostro” urbanistico, la Sopraeleva-ta di San Lorenzo ha fortemente affascina-to gli architetti romani. Io stesso nel 1984,all’interno di un convegno e mostra di pro-getti sul tema dei vuoti urbani all’InArch,pensai di riconvertirla in struttura di sup-

porto della nuova stazione dell’Alta Veloci-tà e di scambio intermodale, di cui si inco-minciava a parlare. Dopo decenni di oblio alla fine del secoloscorso si rincomincia a parlare di una de-molizione e/o riconversione della strutturaviaria, previa realizzazione di un altro trac-ciato di scorrimento veloce. Sulla scorta diquesto presupposto sono state promossedue importanti iniziative: il Concorso in-ternazionale di idee “Trasformazione e rin-novo urbano dell’area di San Lorenzo” del2001, che ha assegnato cinque primi premiex-aequo ad altrettanti stimolanti progetti,e LAB 02 promosso da Lucio Passarelli eAlessandro D’Onofrio per l’Accademia diSan Luca del 2004, un laboratorio di pro-gettazione che ha fornito interessanti solu-zioni redatte da sei gruppi interdisciplinari.Contemporaneamente si forma l’Associa-zione “Amici del Mostro”, cui aderisconoarchitetti e intellettuali, per sollecitare undibattito senza pregiudizi sul futuro dellatangenziale che, con la delocalizzazionedell’arteria viaria, non preveda come unica

Oggetto di dibattito già prima della suarealizzazione, oggi si parla del futurodella Sopraelevata ipotizzando lademolizione e/o riconversione dellastruttura viaria. Fioriscono le iniziative:dal concorso internazionale di idee allanascita dell’Associazione “Amici delMostro” che propone il suo riuso.

IL MOSTRO DISAN LORENZOMassimo Locci

VEDUTA ZENITALE DELL'AREA

LA SOPRAELEVATA IN COSTRUZIONE

soluzione la sua demolizione. Sulla scortadi positive esperienze internazionali, a Pa-rigi e New York, di riuso di viadotti ferro-viari e carrabili gli “Amici del Mostro” pro-pongono di realizzare un parco lineare at-trezzato e, nell’ottica di attivare un proces-so partecipativo con i residenti, vengonoorganizzati laboratori didattici nelle scuo-le, incontri all’InArch, esposizioni di pro-getti e tesi di laurea degli studenti di archi-tettura, fino all’ottenimento nel 2007 diun parere positivo sull’ipotesi di un ParcoUrbano da parte della Commissione Cul-tura del Comune di Roma. La pubblicazione “Il Mostro di San Lo-renzo, progetti per la tangenziale est diRoma” di Lucio Altarelli e Massimo Casa-vola per Gangemi Editore raccoglie unaserie di contributi dei citati concorsi eworkshop progettuali, di analisi e di ap-proccio teorico, e alcuni progetti selezio-nati tra quelli redatti dagli studenti dei la-boratori di progettazione. Di seguitopubblichiamo uno stralcio significativodei due principali saggi del libro.

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Carissimo Sindaco,oggi la Tangenziale Est di San Lorenzo apparea molti come un “Mostro” metropolitano dademolire e da rimuovere, per cancellare al piùpresto non solo le tracce fisiche ma anche lamemoria urbana della sua esistenza terrena.In tale prospettiva, condividendo l’intenzionedi eliminare dalla Sopraelevata il trafficoveicolare per trasferirlo in una nuova sede piùidonea, l’interrogativo che ci poniamo è: chefare della struttura architettonica residua?Ovvero: si è davvero certi che la soluzionemigliore sia quella della demolizione?Una volta eliminata la sua funzione veicolare,la Tangenziale perderebbe le sue qualitànegative per trasformarsi in una presenzasilenziosa, non inquinante, e potenzialmentepreziosa sia dal punto di vista funzionale chefigurativo.La sua eliminazione fisica non migliorerebbeulteriormente la qualità della vita di quanticon essa infelicemente convivono da tantianni, anzi, il prezzo sarebbe altissimo non soloin termini economici ma anche per gli enormi(e inevitabili) disagi sociali e urbani prodottidalla demolizione, che prolungherebbe peranni le sofferenze dei cittadini.Al contrario la sua conservazione e la suatrasformazione in un parco urbano lineare

consentirebbe di organizzare un asseattrezzato verde di spazi e di servizi preziosiper un sollecito risarcimento del quartiere dioggi e per la rinascita della città di domani.Quando fu attuato il primo esperimento dipedonalizzazione della strada, dopo unacauta diffidenza iniziale i romanicominciarono a invaderla pacificamente e perdue giorni la occuparono e la usarono,vivendo il “Mostro” come un amico insperato,come un evento metropolitano eccezionaleancora tutto da scoprire e da inventare.Con il desiderio di contribuire allo sviluppo diuna riflessione di ampio respiro, ditrasformare in un appuntamento annuale lapausa di pedonalizzazione sperimentale e dipromuovere un grande concorsointernazionale di idee circa il futuro dellaSopraelevata, ti salutano cordialmente.

Gli Amici del Mostro

Ovvero, gli architetti:Massimo Casavola, Gianni Accasto, LucioAltarelli, Carlo Aymonino, Lucio ValerioBarbera, Rossana Battistacci, EmanuelaBelfiore, Pier Giorgio Bellagamba, RosalbaBelibani, Cristina Benedetti, Massimo Bilò,Valerio Bindi, Adele Bonaduce, FrancaBossalino, Pier Giacomo Bucciarelli, Luigi

Calcagnile, Alessandro Camiz, Umberto Cao,Giovanni Carbonara, Roberto Cassetti, LuigiCatenacci, Pippo Ciorra, Paola CoppolaPignatelli, Manuela Costa, Giangiacomod’Ardia, Gabriele De Giorgi, Roberto deRubertis, Paolo Desideri, Cesare De Sessa,Giulio Fioravanti, Stefano Garano, RosarioGigli, Francesca Jovino, Massimo Locci, RenatoMasiani, Nicola Mongelli, Richard W. Moore,Giorgio Muratore, Renato Nicolini, RobertoPalumbo, Stefano Panunzi, Marco Petreschi,Francesco Pietrella, Claudio Presta, LuigiPrestinenza Puglisi, Francesco Redi, GaiaRemiddi, Laura Ricci, Luca Reale, AntoninoSaggio, Guendalina Salimei, PiergiorgioSantoro, Nicola Saraceno, AmedeoSchiattarella, Roberto Secchi, AntoninoTerranova, Mariella Tesse, Giorgio Testa, LauraThermes, Benedetto Todaro, Carlo Tomassi,Luca Zevi;

insieme con:Age, Suso Cecchi d’Amico, Giorgio Bartocci,Alessandro D’Alatri, Silvia d’Amico Bendicò,Gloria De Antoni, Oreste De Fornari, Piero DeBernardi, Massimo Ilardi, Alessandra Levatesi,Tullio Kezich, Gigi Magni, Silvia Massotti,Barbara Mastroianni, Mario Monicelli, BrunaParmesan.

Al Sindaco dagli Amici del Mostro

Concorsointernazionale perla trasformazionee il rinnovourbano dell’areadi San Lorenzo

Dall’alto:• 1° premio

ex-aequo: Luca Zevi e Studio Transit

• Progettosegnalato: Livia Toccafondi,Carlo Cecere,RosarioMarrocco

TRA CASE E STRADE

Tra i diversi appuntamenti man-cati tra Roma moderna e la sua

modernità, uno di questi riguarda certa-mente i rapporti tra spazi residenziali espazi della viabilità.Per una parte dell’immaginario colletti-vo Roma è, essenzialmente, una città dicase: quartieri, intensivi, caseggiati e bor-gate. Questa città di case costituisce quel-la periferia descritta e interpretata piùvolte da Pasolini, di cui si celebrano i 30anni dalla sua scomparsa, come metaforadi una più generalizzabile idea di sviluppocui, però, non si accompagna l’effettivoraggiungimento di un progresso. Pasoliniè l’interprete di quei terrains vagues chenon sono più campagna e non ancoracittà. Luoghi dunque transitivi, specchioa loro volta di altrettante modificazioni:la progressiva omologazione di una clas-se sociale, quella delle borgate, destinataa perdere i suoi presunti valori.Roma però è anche una città di strade,rappresentate da consolari, tangenziali,viadotti e raccordi anulari, che nel loroinsieme, viste ipoteticamente dall’alto diun’orbita elevata, nella sovrapposizionegeometrica di radiali e controradiali, trac-ciano sul territorio un disegno che, forse,qui è più chiaro e descrivibile che altrove.Questa città di strade s’incrementa parti-colarmente durante il periodo del boomeconomico, tra gli anni ‘60 e ‘70, trovan-do diverse e sensibili interpretazioni nel-la produzione cinematografica di quelperiodo. Dove il traffico e i relativi pae-saggi infrastrutturali sono comunementevisti più come sintomo di un diffuso ma-lessere che come espressione di una virtù;di un disagio, in altri termini, da pagareall’affluente società dei consumi.

L’ingorgo di Comencini guarda al trafficoromano con l’ansia della premonizione.Rappresentandolo come luogo di intasa-menti e di paralisi prossime venture; comeinconciliabile ed irrisolvibile dissidio trale forme della città storica e le forme dellamodernità. Roma dunque come gigante-sco garage, per usare le parole di Rafael Al-berti: “alma garage immenso”.Roma di Fellini crea una dissolvenza incro-ciata tra le forme storico-monumentalidella città millenaria e l’immagine di quo-tidiana follia di un traffico caotico, accoltodal proverbiale cinismo dei romani comeevento ineluttabile. Visto attraverso il filtrodi quella bonaria saggezza, prossima all’in-differenza, di chi tutto ha visto e tutto hagià subito. “Immemorialmente indifferen-te” come direbbero Cristina Campo e, conlei, Elena Stancanelli (Ad immaginare unavita ce ne vuole un’altra, Minimum fax).Uccellacci ed uccellini, film dai toni surrea-listi di Pasolini, mostra invece le figure diTotò e di Ninetto Davoli che si aggiranospaesati nel viadotto, allora in costruzio-ne, della Magliana. Accompagnati, nei lo-ro nomadismi urbani, da un funereo cor-vo parlante nel ruolo di un sedicente intel-lettuale marxista. Allusione eloquente alledifficoltà di una sinistra claudicante ed in-capace, per Pasolini, di coniugare attivitàpolitica ed interpretazione del reale.Queste due realtà, la Roma delle case e laRoma delle strade, convivono una accantoall’altra, senza sommarsi e mostrandosi,piuttosto, come corpi separati della città edel suo sviluppo urbano, che nessuna pro-gettualità è riuscita a tenere insieme più ditanto, fatte salve le dovute eccezioni. Cite-rei, tra queste, il rapporto tra il quartiereOlimpico e la presenza del viadotto diNervi; l’accesso a Roma nord nel rapporto

ben riuscito tra la Salaria e l’insediamentoacropolico di Fidene-Val Melaina, con leTorri di Maurizio Montani; le due spine diBallio Morpurgo, disposte perpendicolar-mente alla Cristoforo Colombo in mododa formare una quinta urbana. (…) Com’è noto, la rappresentazione del-la modernità si fonda, invece, su quellaraffigurazione dei paesaggi infrastruttura-li che trova un significativo e ricorrente ri-scontro nel linguaggio cinematografico:dalla modernità eroica di Metropolis diFritz Lang, con le sue strade e passaggipensili, fino ai più omologanti paesaggidella contemporaneità che nelle sequenzedi Crash, il film di Cronenberg tratto dallibro di James G. Ballard, o in quelle ini-ziali di Lisbon Story di Wim Wenders ri-conducono i temi della modernità all’at-tuale disincanto metropolitano. Indivi-duando nei paesaggi infrastrutturali, insospeso tra residui di identità e più accer-tate omologazioni, un paesaggio larga-mente incerto, da interpretare.Esemplari, da questo punto di vista, sonoalcune realizzazioni che, a partire dallaBarcellona olimpica, coniugano la fun-zionalità di strade e svincoli con la volon-tà di declinare una nuova estetica urbanalegata alla rappresentazione dei paesaggiinfrastrutturali. Il Vall d’Hebròn di EduardBru i Buster e lo svincolo La Trinidad diEnric Battle e Joan Roig, per citare solodue degli esempi barcellonesi, hanno suc-cessivamente fatto da battistrada a nume-rosi interventi europei; tra cui Euralille,città dello scambio a scala territoriale.

LA SOPRAELEVATA DI SAN LORENZO A ROMA

Il recente dibattito sulla Sopraelevata di SanLorenzo a Roma unitamente all’accesa, eper molti versi molto italica contrapposi-

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UN FIUME DI EMOZIONI

Lucio Altarelli

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zione tra il partito dei demolitori (in mag-gioranza) e quello dei conservatori (in nettaminoranza), nell’apparente marginalità deltema nasconde una più generale difficoltà.Quella di guardare a Roma come insiemestratificato di diverse città: quella storica,quella moderna e quella contemporanea. In altri termini lo strano caso della Soprae-levata di San Lorenzo, con l’auspicio fattoproprio dal Comune di Roma ed assecon-dato da diverse istituzioni di un suo ab-battimento esemplare (senza se e senzama), mostra i nervi scoperti di un atteg-giamento sostanzialmente antimoderno efortemente ideologico che guarda allaTangenziale come mostro (o ecomostro perusare un termine in voga) le cui presuntecolpe sono da rimuovere attraverso il lava-cro salvifico della demolizione.(…) L’attuale contrapposizione tra il par-tito dei demolitori e quello dei conservato-ri registra, inoltre, un curioso paradosso:in questo caso i demolitori non agiscono innome e per conto di un atto di rinnova-mento futurista (della serie “demolire Ve-nezia e il chiaro di luna”) ma, all’opposto,di un ripristino, di una nostalgia per unacondizione urbana pregressa che s’intenderestaurare. Mentre i conservatori sono, inquesto caso, quelli che, in maniera piùprogressiva, vedono nei processi urbani distratificazione e di discontinuità precisi va-lori e non semplici disvalori. (…)

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1. Tesi di laurea di Reana Angela Reale eAnnamaria Gallelli, relatore Lucio Altarelli,correlatore Giovanni Pogliani

2. Tesi di laurea di Laura Gruosso, relatore LucioAltarelli

3. Tesi di laurea di Matteo Morlacchetti, relatoreLucio Altarelli

4. Tesi di laurea di Chantal Martinelli, relatoreLucio Altarelli, correlatore Giovanni Pogliani

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Appartengo alla generazione diquelli che il Mostro l’hanno vistonascere. E l’ho amato da subito

di un amore assoluto, passionale, forseanche un po’ infantile, come talvolta ac-cade quando si è giovani: di uno di que-gli amori che magari ti trascinano dentrole storie più sbagliate perché sei schiavodi un fascino fatale al quale non vuoi sot-trarti, fosse pure a dispetto della ragione.Di un amore che era a sua volta figlio diun’altra passione: quella per il cinema,del quale più di tutto mi affascinavano leimmagini metropolitane ancora in bian-co e nero che per me rappresentavano ilsimbolo del futuro e dell’altrove.Dall’espressionismo di Metropolis fino alnoir francese e americano tra le dueguerre, tutta la mia adolescenza si è nu-trita avidamente di immagini di città al-te, dense, pesanti, anche cattive, ma co-munque espressione di una dimensioneurbana ricca di un fascino tanto inquie-tante quanto ricco di potenzialità miste-riose, diverse da quelle previste nell’Ita-lietta nella quale mi era capitato di na-scere e proprio per questo tutte da desi-derare. (…)

Demolire o conservare? Non è questo il problemaIl dibattito sviluppato fino ad oggi è ri-masto ancorato a questi due termini, diper sé troppo schematici per esauriretutta la complessità del problema.In realtà il caso della Sopraelevata di S.Lorenzo è emblematico del momento ditransizione nel quale viviamo, perchéenfatizza lo scontro frontale attualmentein corso tra due culture opposte. Lo rileva lucidamente nella sua intervi-sta Tullio Kezich (guarda caso, un “non

architetto”): «da una parte la cultura delladistruzione totale che ha prevalso nel secoloscorso: la filosofia (peraltro mussoliniana)dello “spianare tutto”, perché il mondo habisogno di cambiare e la società nuova ha bi-sogno di vivere in forme e luoghi diversi.Dall’altra la cultura della conservazione,dell’opposizione totale a cambiare le cose, delmantenere tutto com’è.Quello della conservazione a tutti i costi(basti pensare alle recenti forme di opposi-zione integralista contro l’alta velocità) è unatteggiamento mentale che risale all’otto-cento. È vero che la ferrovia provoca danni eproblemi alle popolazioni, ma è anche veroche dovrebbe esistere il senso della “inarre-stabilità” della storia e delle esigenze nuove:bisogna che “la nuova cosa” accada, e biso-gna trovare i giusti modi per rendere “la co-sa” compatibile.L’idea di radere tutto al suolo, invece, derivada un passato più recente ma è anche tipicadi una certa filosofia spicciola che va diffon-dendosi sempre di più nel mondo di oggi:quella di una società senza memoria e senzail senso della storia, che si accanisce in modoirresponsabile a cancellare le proprie stessetracce. Proprio da qui nasce l’esigenza pro-fonda di non “buttare via” il passato ma diaggiornarlo, per farlo aderire alle esigenzedel presente e del futuro senza cancellarlo:chi siamo - e chi saremo - se cancelliamo letracce del nostro passato?»

In termini disciplinari questa contrappo-sizione è riconducibile a due modi cano-nici di concepire l’architettura: come“Opera” o come “Processo”. Al primo modo corrisponde un’idea (mi-stica) di Architettura come Arte e in quan-to tale immobile, fuori dal tempo, caratte-rizzata dal fondamentale diritto alla tutela

e alla conservazione (come la Gioconda, laCappella Sistina o il Pantheon). Al secondo modo corrisponde inveceun’idea (laica) di architettura intesa comesistema dinamico, caratterizzato da unostatus ordinarlo di instabilità dovuto allasua trasformazione continua nello spazioe nel tempo. Ma questo secondo modo non è ancoraveramente diventato un patrimonio co-mune. Tuttora è sotterraneamente diffusaun’ostinata propensione per il primo mo-do, nel quale l’architettura si manifesta (esi conferma) come una disciplina “alta”,nobile, preposta alla produzione dei mo-numenti, mentre nel secondo sembra ri-dimensionarsi nei confini più angusti diuna disciplina subalterna preposta allamanutenzione ordinaria dell’ambiente.

Definisco “classico” il primo modo e “mo-derno” il secondo, facendo riferimento al-la nota definizione di William Morris ge-neralmente considerata come il “certifica-to di nascita” della cultura architettonicamoderna. («non possiamo sfuggire all’ar-chitettura perché essa abbraccia tutto l’insie-me delle alterazioni e delle modificazionioperate sulla crosta terrestre in vista delle ne-cessità umane, con la sola eccezione del purodeserto»). Nella realtà, a dispetto dell’apparenteunanimità di consensi, la cultura architet-tonica moderna è stata lambita solo par-zialmente dalla logica di Morris e tuttorauna vasta parte degli architetti contempo-ranei (e delle stesse Scuole di architettura)continua di fatto a intendere la disciplinasolo nel modo classico e a considerare “ve-ra architettura” solo quella delle GrandiOpere, che rientra nei canoni dell’arteclassica tradizionale.

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(…) Premesso che il nostro atteggiamen-to mentale è innanzitutto quello di vederel’architettura nella logica del Processo - laqual cosa, peraltro, non impedisce di rico-noscere l’esistenza di “opere”, ove questeci siano - la Tangenziale Est non ci apparené come una grande opera da tutelare nécome una vergogna da cancellare ma piùsemplicemente come un manufatto diqualità forse non eccezionale ma di certounico nel panorama romano (per la taglia– XXL, direbbe Koolhaas – oltre che per lascala, per il suo alto costo di produzione eper il ruolo figurativo anomalo). Comun-que, un manufatto ancora in ottimo statodi conservazione che - opportunamentemodificato - potrebbe ancora “servire”:essere utile sia al quartiere che alla città,seppure in modo completamente diversoda quello di oggi. (…)Gli Amici del Mostro credono che queglistessi abitanti di San Lorenzo che oggiodiano il mostro comincerebbero a sentireil vuoto della sua mancanza il giorno do-po la sua rimozione. Mentre imparereb-bero ad apprezzarlo, a usarlo – e poi anchead amarlo – il giorno in cui fosse trasfor-mato come la Promenade Plantée di Pari-gi o come l’analoga Highline di NewYork, il cui progetto di riconversione è sta-to giustamente esposto alla Biennale diVenezia dell’anno scorso.Meglio ricordare che non esiste solo il ri-dicolo di chi mette la cravatta al cane maanche – infinitamente più tragico – quel-lo di chi vorrebbe pateticamente riesuma-re il tempo passato cercando di nasconde-re la calvizie sotto il riportino. Meglio la pelata. Meglio la “ruga d’espres-sione”.

Salva il segno!

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5. Tesi di laurea di Andrea Scarponi, relatoreMassimo Casavola

6. Tesi di laurea di Fabrizio Fiore, relatoreMassimo Casavola

7. La sopraelevata in fase di realizzazione

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Eugenio Montuori ha lavorato suquattrocentottantasette progetti erealizzato centonovantanove ope-re, dal 1945 in collaborazione con

Leo Calini. A Roma lo studio Calini-Montuori ha progettato centosettanta-quattro edifici, costruendone ottantatre,di cui cinquantaquattro architetture resi-denziali. Che Montuori sia un protagoni-sta di quel gruppo di architetti cui è dovu-ta la crescita della città nel dopoguerra, èevidente non solo dal valore degli incari-chi più importanti ma dal volume di ope-re che gli furono conferite. Alla sua generazione fu devoluto il compi-to di “inventare” la forma della città de-mocratica, organizzare i principi della suacrescita su criteri nuovi, affinare i modellitipologici proposti da una pianificazioneobsoleta e carente e renderli adatti alla ra-pida evoluzione della città, in un climaprima di necessità ed emergenza, poi, da-gli anni ’60, di turbinoso fervore edilizio.Gli interventi toccano punti nevralgicidella città in espansione, ne impostano ilcarattere, stabiliscono le linee direttrici difuturi insediamenti limitrofi. Un compi-

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EUGENIOMONTUORI Professione e ricerca nell’architettura residenziale romana.

Andrea Bruschi

to di alta responsabilità, lasciato al talentoe al senso civico del singolo, che richiesecontemporaneamente capacità di agire econtrollare l’azione stessa, moderandola,perimetrandone i confini creativi senzacadere nel professionismo, in uno sforzodi mediazione fra esigenze diverse e inter-secate.Eugenio Montuori interpreta le occasioniprofessionali come spunto per affinareuna ricerca sul campo che si innesta su li-nee guida ricorrenti ma non ripetitive. Se-guendo un personale percorso creativo,l’evoluzione della sua scrittura architetto-nica assorbe selettivamente le innovazioniintrodotte dal dibattito culturale senzatradurle in operazioni facili o entusiasti-che: piuttosto il nuovo diviene parte di unsolido corpus di atteggiamenti progettua-li che modifica gradualmente e progressi-vamente i propri contenuti nel tempo.Questo metodo prudente ma aperto, cu-rioso e attento, si riconosce innanzituttonella persistenza delle configurazioni ti-pologiche, le quali sono via via deformateo rivisitate aderendo attentamente allespecifiche occasioni.

Se le case INCIS di viale Metronio con-servano la semplice stereometria e l’ade-renza al tema che già informava i perento-ri volumi di Sabaudia, questo secco pas-saggio fra tipo e costruzione subisce pro-gressive mediazioni che vanno di pari pas-so con le conquiste della ricerca architet-tonica, non solo italiana.Nel dopoguerra il castigato razionalismoche informa gli edifici della città universi-taria entra in contatto con le esplorazionidell’architettura organica. Queste vedononella casa economica, e in particolare nel-l’esperienza dell’INA-CASA, un primofecondo campo di applicazione. I tipi edi-lizi della residenza popolare sono conta-minati con l’obiettivo di una mediazionefra rigore razionalista e tendenze organi-che intese non tanto come esplorazionistilistiche ma nel loro senso più profondo,quello che lega il fare architettura alle ra-gioni dell’esperienza, alla vita nel suo co-stituirsi più concreto.Se l’influenza di Adalberto Libera è pre-sente fin dalle prime opere e persiste intutto il percorso professionale di Mon-tuori, nel tardo dopoguerra è la figura di

Ridolfi che, con l’esperienza del Tiburti-no, aiuta ad ammorbidire i volumi e legiaciture del piano INA-CASA di TorreSpaccata e a fornire, con le torri di vialeEtiopia, un vero modello di riferimentoper gli intensivi ENPAIA del 1959.Emerge una linea di ricerca tesa a conci-liare razionalità ed empirismo, insieme aldebito verso “Metron” e poi “L’Architet-tura” di Bruno Zevi. Montuori ne condi-vide i contenuti traducendoli in un pro-gramma personale: passare attraverso ilrazionalismo per umanizzarlo, approdan-do all’organico. Impegnato in questa ri-cerca sulla linea di demarcazione fra duepoetiche solo in apparenza contrapposte,lo studio matura la propria interpretazio-ne del dibattito architettonico in una evo-luzione continua e complessa.Alla costanza dei tipi fa riscontro una ap-passionante indagine formale sull’edifi-cio, sperimentazione senza complessi chenon si accontenta di raggiungere un esitostandardizzato ma è approfondita ancheall’interno della singola occasione profes-sionale.È il caso dei due villini per la Cooperativa

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Pagina a fianco, dall’alto:• Villino della Cooperativa Versiliana

in via Apollo Pizio, 1959• Case INCIS in viale Metronio

(con L. Piccinato e Viola), 1937• Intensivi ENPAIA in via Venturi, 1959

In questa pagina:• Villino della Cooperativa Versiliana

in via del Podismo, 1959

Versiliana dove alla sostanziale parità dischema distributivo, fa riscontro un esitofigurativo completamente diverso. Annocruciale nella formazione dell’architetto,il 1959 segna un punto di p assaggio poe-tico nel quale il vocabolario semantico sirinnova, afferra il senso di un nuovo rap-porto fra tipo e costruzione, più aperto al-le sperimentazioni del nord Europa, in-troduce gli elementi che caratterizzerannole esperienze future.La Cooperativa Versiliana appare così co-me uno degli anelli di congiunzione trapassato e futuro dell’opera di Montuori.La forma rifugge le prime configurazionistatiche ma conserva la chiarezza dellesempre leggibili operazioni sul volume,mentre ciascun nuovo progetto si risolvein uno schema cristallino da formalizzarein ragione del diretto confronto con i datidell’occasione, trasformandolo da astrat-to in concreto, privandolo di ogni conte-nuto sovrastorico per riportarlo nel mon-do di tutti i giorni, quello delle persone,del cantiere, del lavoro.

Tempo presente, dunque, dell’architettura,senza passatismi né imprudenti futurismi.Si evitano la nevrosi avanguardistica, in-costante e ideologica, e i fanatismi passio-nali di corto respiro. Emerge l’attualissi-mo avvertimento di Montuori e Calini ela ragione che spinge oggi a riflettere sullaloro architettura residenziale piuttostoche sulle grandi opere, sul metodo innan-zitutto. La loro lezione ricorda che la qua-lità del paesaggio urbano è strutturata sul-la residenza e che la città ha uguale biso-gno di grandi opere e di belle e semplicicase, di sistemi edilizi coerenti e ordinatiinsieme a pochi elementi eccezionali.Vivere il progetto nel presente è il presup-posto per una ricerca senza sobbalzi chenon si sbilancia in esplorazioni vertigino-se, ma lega ogni occasione a esigenze con-crete e reali, senza forzature.Montuori sembra ripetere che l’architet-tura non è un dato a priori ma deriva di-rettamente dalla vita intesa come raccon-to di un quotidiano dignitosamente pro-fondo, nel quale scorgiamo un senso reli-

gioso del lavoro come manifestazione eti-ca. Fuori dai teoricismi, intraprende unpercorso critico ragionato, forse più istin-tivo che sistematico, che lo porta al rifiutodi ogni posizione pregiudiziale, di sovra-strutture stilistiche, per interpretare l’oc-casione progettuale come stimolo alla ve-rifica di quanto appreso attraverso l’espe-rienza diretta del fare.È a partire da questa filosofia che lo studioperviene a quello che potremmo definireil suo stile maturo. Nel gruppo di villini diTor Marancia gli interessi formali sonomediati da un chiaro rigore costruttivoche non sente il bisogno di forzare la na-turale disposizione delle componenti, deicaratteri distributivi e delle forze messe ingioco per il controllo statico degli organi-smi. Qui il ruolo dei vocaboli utilizzati èorganizzato in una logica struttura sintat-tica che assegna una precisa funzione se-mantica agli elementi costruttivi. La rela-zione fra la massa laterizia e gli elementi li-neari delle strutture orizzontali apparequindi nella sua veste più chiara. A partire

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• Villini della Cooperativa Versiliana in viaApollo Pizio, 1959, piante

Pagina a fianco, dall’alto e da sinistra:• Palazzina in via Gramsci, 1961• Intensivi ENPAIA in via Venturi, 1959• Palazzina in via dei Giornalisti 40, 1969

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dalla relazione fra elementi portanti e por-tati, fra le fasce orizzontali delle travi in ce-mento a vista e delle tamponature in late-rizio, la massa edificata si scompone cine-ticamente, secondo un moto centrifugo,in volumi contrapposti e chiaroscurali.Nelle palazzine di via Gramsci è invece

l’indagine sul pannello prefabbricato adefinire un impaginato per grandi campi-ture nelle quali la cortina laterizia dialogacon tecnologie più recenti. Emergono in-fine le invarianti di una ricerca appassio-nata tesa a indagare la dialettica fra tecni-ca costruttiva, linguaggio architettonico e

complessità dell’incarico professionale.Professione e ricerca, strategia edilizia equalità architettonica, non sono disgiun-te: ciascuna concede all’altra lo spazio op-portuno, in un intelligente compromessocostruttivo tipico della disciplina. Nei te-lai degli infissi in lamiera verniciata dellepalazzine di via dei Giornalisti o in quelledi via Gramsci, nei parapetti in “GLA-SAL” della raffinata palazzina di via deiGiornalisti 40, profonda deformazionedel tipo su lotto triangolare, si legge la vo-lontà di restituire nel progetto della casamoderna la riflessione sulla dialettica frainnovazione, tecnologia, forma e tipo chepercorre trasversalmente tutta l’attività diMontuori e Calini, verso una calibrata ar-chitettura del proprio tempo.

Tutte le fotografie sono state scattate dai compo-nenti del gruppo che si è occupato dell’indagine su-gli edifici significativi della Roma contemporaneanell’ambito della Carta per la Qualità del NPRG diRoma, capogruppo prof. arch. P.O. Rossi.

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Quando il grande Nadar foto-grafava le viscere di Parigisperimentando gli effetti del-la luce artificiale, avrebbe vo-

luto animare le immagini con la presenzadi figure umane. Non è dato sapere il moti-vo per cui, mentre tutti i monumenti veni-vano fotografati senza esseri umani, il gran-de maestro volesse ritrarre proprio l’archi-tettura sommersa delle gallerie, catacom-be, cloache, ravvivata da personaggi viven-ti. La spiegazione che qualche figura uma-na avrebbe fornito la “scala delle propor-zioni”, come riporta Nadar nel suo magni-fico Quand j’étais photographe (Paris, 1900)è, peraltro, una patetica, evidente scusa.Ma poiché nessuno potrebbe restare nel-l’immobilità assoluta, “inorganica”,per i di-ciotto minuti necessari alla posa, Nadar fucostretto ad impiegare manichini. Il desti-no della foto di architettura era quello dirimanere inanimata, depurata di vita.Da allora raramente l’occhio del fotografodi architettura ha colto il moto, il flussodella folla che scorre negli edifici, che pu-re sono fatti per accoglierla. La fotografiasi concentra, al contrario, su un solo par-ticolare immobile, di dimensioni diverse:

una facciata, la prospettiva di un interno,un dettaglio. Isolandolo lo rende astratto,montandolo accanto ad altre estrapola-zioni finisce per descrivere un viaggio ana-logo al reale, da cui prende accuratamentele distanze. Il percorso che si svolge all’in-terno di un’architettura ne spiega le ragio-

ni; il percorso che l’occhio insegue colle-gando le immagini fotografate tra loroevita, invece, la ragionevolezza della co-struzione, compone un’architettura soloapparentemente analoga a quella concre-ta. Se il problema dell’organismo architet-tonico, inoltre, è il rapporto di necessità

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A proposito dellefoto di Oscar Savioin mostra alla Casa dell’Architetturadi Roma.

Giuseppe Strappa

FOTOGRAFIA E ARCHITETTURA

che si instaura tra la parte, l’elemento, e latotalità della costruzione, il problema del-la fotografia è, al contrario, il rapportodell’immagine con il suo margine, col re-cinto che separa e da identità al contenu-to. Un rapporto conflittuale individuatodal tema del “taglio”, non a caso aspetto

tra i fondamentali dell’arte di fotografare.La fotografia è, dunque, ben lontana dalcostituire il mezzo per duplicare e fissare l’immagine del costruito; neppure di unasingola opera. È, piuttosto, uno strumen-to di mediazione tra l’occhio che guarda,con le sue aberrazioni e propensioni, e lacostruzione reale: una manipolazione del-la forma che, in qualche modo, si sostitui-sce alla realtà moltiplicandone e dissemi-nandone una versione astratta. La fotografia non avvicina alle opere: ha, infondo, aumentato la distanza tra pubblicoed architettura. Gli edifici, i tessuti, i mo-numenti reali, sono la lontana, incorrutti-bile origine di un processo di distrazioneche termina col saggio critico o storiografi-co di intellettuali che hanno spesso visto lecose di cui parlano solo su fotografie. Favo-rendo nei lettori, interpreti a loro volta dialtre interpretazioni, un rapporto inganne-vole col reale, sempre più vago e lontano.E tuttavia, proprio per questo dischiudereallo sguardo un mondo diverso e divenu-to nella memoria complementare al co-struito, la fotografia è uno strumento in-dispensabile all’architettura. Possedendoun proprio, autonomo statuto, ne riduce

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Vedute dell’allestimento curato da AlessandroFranchetti Pardo

Pagina a fianco, dall’alto:• Chiesa di S. Marcella, la volta, arch. Del Bufalo• Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, interno, la

cupola, archh. Foschini, Energici, Rossi, Vetriani

Questa pagina, dall’alto:• Palazzo dello Sport, pilastro di sostegno e vetrata,

archh. Nervi, Piacentini• Palazzo dello Sport, vetrata, archh. Nervi, Piacentini

ed esalta, insieme, alcuni significati segre-ti estranei alle stesse intenzioni dell’archi-tetto; ne dilata e moltiplica, nella riprodu-zione, il polisenso del messaggio. Il fallimento della contrapposizione tra ar-te e fotografia, che avrebbe dovuto segnareil conflitto storico tra arte e tecnica, non èstato solo momentaneo, come prevedevaWalter Benjamin. Ha costituito la fase diun processo del quale si intuivano i primicaratteri già alla metà del XIX secolo,quando Louis Figuier dava alla fotografiaun’interpretazione romantica affermandoche “l’obiettivo è uno strumento come lamatita o il pennello; la fotografia è unmezzo come il disegno e l’incisione”. Fino agli anni recenti quando, attraversoprogressive alterazioni, mutazioni digitaliche, trasformando il rapporto col reale inambigui ordigni d’elusione, inviandomessaggi che ci arrivano come visioni oapparizioni, la fotografia ha fatto il suo in-gresso immateriale nel grande alveo dellospettacolo globale. Di questo processo, le foto di Oscar Savioin mostra alla Casa dell’Architettura, per-fette, silenziose e deserte, in apparenzafreddamente professionali, documentanoun passaggio cruciale.Private dei loro caratteri cromatici, ferma-te nello spazio, senza alcun accenno dimoto, tra la fissità delle ombre e luci im-mobili, le costruzioni sembrano stabilirecol luogo un incerto e precario rapportodi estraneità.Ma, si badi, Savio è ben lontano dal voler ri-velare una condizione di architettura sem-plicemente “denudata”: sembra estrarre,piuttosto, con le infinite cautele di una tec-nica raffinatissima, una sorta di fantasmanascosto nel grembo delle costruzioni reali.

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RA Dall’alto:

• Palazzo della Shell,esterno, archh. Moretti,Ballio Morpurgo

• Palazzo dello Sport,interno, particolaredei pilastri aventaglio dellacopertura, archh.Nervi, Piacentini

Pagina a fianco,dall’alto:• Palazzo della Civiltà

del Lavoro, esternovisto dal portico delPalazzo deiCongressi, archh.Guerrini, La Padula,Romano

• Chiesa di S.Marcella, interno,navata centrale ealtare, arch. Del Bufalo

E così le immagini del grande fotografo fini-scono per trasformarsi in prodotto pressochéd’invenzione: un universo chiuso ed auto-nomo il cui fascino onirico scoraggia il rap-porto concreto, fisico, tattile con le opere.Le architetture trasportate su carta foto-grafica, depurate da Oscar Savio di ognideformazione prospettica attraverso sofi-sticati basculaggi, acquistano una solenni-tà indefinita, apparentemente incorrutti-bile, finendo per restituirci una tappa fon-damentale del processo di trasformazionedella fotografia contemporanea. E proprio l’allestimento della mostra, cu-rato da Alessandro Franchetti Pardo, conla foresta di pannelli tra i quali il visitatoresi aggira come smarrito e senza guida, fi-nisce per suggerire sapientemente questitemi attraverso i tanti racconti che la suc-cessione imprevedibile delle immagini ècapace di suggerire.

Le foto dell'allestimento sono di Anna Rita Amato

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L’interesse da parte di AR per la Pa-lestra di Viale Porta Spada a Erice(Provincia di Trapani), progettatae realizzata nel 1985 dall’architet-

to Maurizio Tatangelo, iscritto nel nostroOrdine, scaturisce in primo luogo inquanto trattasi di un'opera di architetturapregevole; in secondo luogo perché cometale ha destato l'interesse dell'Ammini-strazione comunale di Erice tanto da deci-dere di vincolare il Bene Architettonico.Questa iniziativa è del tutto controcor-rente sia perché la palestra ha meno di cin-quanta anni, sia perché la tutela è statachiesta dalla proprietà pubblica per potervalorizzare il complesso. Pertanto la proce-dura è estremamente significativa a scalanazionale, sperando che non rimanga unevento episodico ma coincida con un’in-versione di tendenza generalizzata. Sareb-be importante, infatti, che la qualità

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L’IMPORTANZADELLA TUTELA

L’esempio dellaPalestra di VialePorta Spada a Erice,un’opera di pregioche la stessaproprietà pubblica hachiesto di sottoporrea vincolo per poterlatutelare e valorizzare.

Massimo Locci

dell’habitat, del paesaggio, dello spazio ur-bano e architettonico ritorni ad essere unvalore universalmente condiviso e non so-lo per la comunità degli architetti. Nor-malmente siamo chiamati a batterci perdifendere il diritto d’autore e gli interventianche di insigni autori dalle sistematichemanomissioni. Questa iniziativa dimostrache non abbiamo seminato invano ma,anche, che dobbiamo continuare ad affer-mare le ragioni dell’architettura, perchéprocedure come questa non devono essereconsiderate anomale ma normale prassi.Condividiamo a pieno l’azione dell’Am-ministrazione Comunale di Erice, ancheperché l'intento culturale di AR fa riteneresignificativo il valore d’insieme, la capacitàd’inserimento nel contesto paesistico enella stratificazione storica del luogo, piùche il singolo elemento architettonico.Erice, città Fenicia e Greca arroccata sul

monte omonimo e a sbalzo come una ter-razza sul mare a 751m di altezza, è un si-to di forte empatia.La città, difesa da bastioni e mura, è un la-birinto di stradine acciottolate e di varchistretti lasciati dalle case che sorgono serra-te le une alle altre, con curati cortili inter-ni protetti dalla vista dei passanti.L’area d’intervento della Palestra di VialePorta Spada è limitrofa alla pineta comu-nale, lungo la via di accesso alla città e vi-cino alle cinta murarie Elimo-Puniche.L’intervento non risponde solo alle esi-genze funzionali come ogni opera edilizia,ma porta nel suo aspetto architettonico lascelta di realizzare la trasformazione delluogo con una metamorfosi naturale. L’architettura come elemento di passaggiotra il mito, la storia e la natura, riesce a crea-re uno spazio che narra la trasformazionedel sito. Si lega al contesto incastonandosi

nel bosco, inoltre il volume, fuoriuscendosolo in parte dalla collina, appare come unreperto archeologico ancora parzialmentesepolto nel terreno. Si mette in dialogo conle mura urbiche esaltando il valore espressi-vo della materia: la “pietra”, infatti, ne re-plica i valori espressivi nelle facciate preva-lentemente cieche e lega la struttura dellacopertura al suolo. I richiami storici sonovivi negli influssi medioevali, arabi, bizan-tini e cinquecenteschi dell’area, sviluppan-do un’opera in cui l’uso dei materiali tradi-zionali è uno degli elementi di base. Il mu-ro infatti ospita nel proprio “recinto” lefunzioni della grande sala per le manifesta-zioni sportive e l’anfiteatro utile per le ma-nifestazioni pubbliche che unisce la citta-dinanza alla natura in questo luogo trasfor-mato, dove l’architettura crea e realizza lospazio dell’incontro e della memoria.

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IL CASTELLO DI ERICE

L’Aula Ottagona, ubicata nell’angolonord-orientale delle Terme di Diocle-

ziano, è caratterizzata da una pianta qua-drata all’esterno con lato di m 30 e altezzadi circa m 26, ottagona all’interno, raccor-data mediante quattro grandi nicchie rica-vate negli angoli. La copertura è costituitada una cupola a crociera su base poligona-le, chiusa in alto da un anello con foro ot-tagonale, da cui entra la luce naturale. Unulteriore importante apporto di luce natu-rale avviene attraverso ampi finestroni. L’allestimento espositivo e il relativo pro-getto museologico sono stati preceduti daimportanti lavori di consolidamento e re-stauro. La scelta di mantenere le colonne ela cupola geodetica del 1928 dell’ex-pla-netario ha permesso di contenere l’impat-

to degli impianti sul monumento, inte-grando i componenti impiantistici e uti-lizzandola come supporto del binarioelettrificato su cui sono installati gli appa-recchi di illuminazione. È una peculiarità del luogo quella di gene-rare nel visitatore una doppia valenza per-cettiva, per essere contemporaneamente“monumento” e “contenitore museale” diimportanti sculture provenienti soprat-tutto da ambienti termali. Le funzioni in-dividuate per i sistemi di illuminazionesono state quelle di illuminare con luceindiretta e tecnica wall-washing le mura-ture perimetrali, e di valorizzare con illu-minazione diretta d’accento le opereesposte nella zona centrale e nelle quattronicchie d’angolo.

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L’ILLUMINAZIONEPER I BENICULTURALICarolina De Camillis* - Sergio Rosati**

Il ruolo del progetto di illuminazione nellavalorizzazione di ambienti confinati o spaziesterni. Analisi di alcune realizzazioni.

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Aa cura di Carlo PlatoneI M P I A N T I

AULA OTTAGONA DELLE TERME DIDIOCLEZIANO (EX PLANETARIO)Museo Nazionale Romano(progetto di illuminazione 1988,realizzazione 1990, revisione1999)

Progetto restauro, allestimento e D.L.G. BulianProgetto illuminazioneC. De Camillis

SCHEDA DI SINTESI PROGETTUALEILLUMINAMENTIMurature: Em=50 lux - Opere: Em ≤ 300 luxLUMINANZEnelle nicchie rapporto con lo sfondo 5:1SORGENTI Murature: sodio alta pressione HST 400W E40Opere: alogene QT12 90W 12V Gy6.35 CARATTERISTICHE FOTOMETRICHEMurature: proiettore uplighter con emissione40°x84°Opere: proiettori con riflettori spot, medium,flood, e rifrattori con lenti allunganti TIPOLOGIAMurature: proiettore con staffa Opere: apparecchi per binario elettrificatomulticircuitoGRADO INTEGRAZIONE APPARECCHIBuonoFACILITÀ MANUTENZIONEDiscretaPOTENZA INSTALLATAMurature: kW 3,2Opere: kW 5,5CONSERVAZIONECategoria fotosensibilità 1, ottemperanza alle norme

In questo secondo articolo vengono appli-cate le metodologie progettuali già descrit-te nel primo articolo (AR 81/09, pag. 26),

attraverso l’illustrazione e l’analisi di alcuniprogetti realizzati, riguardanti spazi esternie ambienti confinati.

Aula Ottagona - Statua bronzea del “Dinasta” (in alto) e vista d’insieme dell’Aula (a fianco)

Le sale oggetto di restyling sono costi-tuite da moduli a base quadrata di cir-

ca m 5x5, con volta a crociera e altezzamassima di circa m 8,50, e sono composteda uno, due o tre moduli. Le finestre pre-senti nelle sale erano state oscurate e per-tanto l’illuminazione era solo artificiale.Infine lo sfondo bianco delle pareti nonconsentiva il contrasto con le sculture la-pidee esposte, che risultavano appiattite.Lo studio è stato focalizzato sulla spaziali-tà dei luoghi e sulla continuità con gli spa-zi circostanti (sistema gallerie-cortile in-terno), sul recupero della luce naturale, inrelazione alle opere esposte.Le sale espositive sono state dotate di nuo-vi sistemi di illuminazione, in grado di va-lorizzare lo spazio architettonico (am-

bienti voltati), di porre in evidenza le ope-re esposte (studio del fattore di contrasto,uso del colore per gli sfondi), di ridurre iconsumi energetici (impiego di dispositi-vi di regolazione del flusso luminoso degliapparecchi in base alle condizioni di lucenaturale).È stato progettato un carter metallico conla forma di una cornice architettonica, incui sono stati alloggiati e nascosti i sistemidi illuminazione. I sistemi previsti per l’il-luminazione delle sale forniscono, con ac-censioni separate, illuminazione indirettadi base dell’ambiente, omogeneamentediffusa sulle volte e regolabile, e illumina-zione diretta d’accento per evidenziare laplasticità delle sculture o valorizzare ilpregio dei loro dettagli.

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PALAZZO MASSIMO ALLE TERMEMuseo Nazionale RomanoNuove sale al piano terra(progetto di illuminazione 2006,realizzazione 2006-2008)

Progetto illuminazioneC. De Camillis

SCHEDA DI SINTESI PROGETTUALEILLUMINAMENTIVolte: Em=300 lux maxOpere: Em ≤ 300 lux LUMINANZEPer le opere, rapporto con lo sfondo 4:1-7:1 SORGENTI Volte: fluorescente lineare T8 36/58W G13 3000K Opere: alogene QR111 max 100W 12V G53 eQT12 90W 12V Gy6.35CARATTERISTICHE FOTOMETRICHE Volte: proiettore uplighter con emissioneasimmetricaOpere: proiettori con riflettori spot, medium, floodTIPOLOGIAVolte: sistema modulare Opere: apparecchi orientabili da incasso e per binario elettrificato multicircuitoGRADO INTEGRAZIONE APPARECCHIBuonoFACILITÀ MANUTENZIONEBuonaPOTENZA INSTALLATAVolte: min-max kW 0,6-1,4Opere: min-max kW 0,45-1,9CONSERVAZIONECategoria fotosensibilità 1, ottemperanza alle norme

Palazzo Massimo alle Terme - Sala con le statuebronzee del “Dinasta” e del “Pugilatore e Sala conla statua marmorea della Niobide (in basso)

La Biblioteca Lancisiana, fondata dal-l’archiatra pontificio G. M. Lancisi

nel 1711, ubicata nel cinquecentesco Pa-lazzo del Commendatore del complessostorico-monumentale dell’Ospedale di S.Spirito in Sassia, è stata recentemente og-getto di una serie di interventi di recupe-ro, finalizzati anche alla conservazione e alrestauro delle collezioni, costituite da ma-teriali eterogenei (libri e manoscritti, stru-menti metallici e ceramiche) e sulle strut-ture della biblioteca (scansie lignee).Con particolare riferimento alla sala diconsultazione e conservazione dei mano-scritti, è stata utilizzata una progettazioneintegrata di tutti i sistemi impiantistici,con la finalità di assicurare il controllo

della stabilità microambientale, dellaqualità dell’aria e delle radiazioni lumino-se. Lo stato di conservazione dei volumi èvalutato in tempo reale attraverso l’analisidei fattori di rischio ambientale che con-dizionano la conservazione. I sensori inte-grati nelle scaffalature consentono l’ac-quisizione e il monitoraggio dei dati am-bientali (temperatura, umidità relativa,radiazioni luminose), la loro supervisionee gestione. Per l’illuminazione delle scaffalature è sta-to studiato un sistema di barre con LEDcon speciali ottiche in materiale termo-plastico e regolazione del flusso emesso,con ingombri molto ridotti ed un accura-to controllo luminoso.

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SALA DI CONSULTAZIONE ECONSERVAZIONE DELLA BIBLIOTECALANCISIANACOMPLESSO DI S. SPIRITO IN SASSIA A ROMA(progetto 2005, realizzazione 2006)

Gruppo di lavoroM. Fiorilla, G. Massimi, M. MissoriProgetto illuminazioneF. Aramini

SCHEDA DI SINTESI PROGETTUALEILLUMINAMENTIScaffalature: Em=60 lux sul piano verticaleLUMINANZE n.r.SORGENTIScaffalature: LED bianco 20lm/W 3650KTavolo centrale: alogene QR111 50W IRC 12V G53 CARATTERISTICHE FOTOMETRICHEScaffalature: proiettore con ottica asimmetricacilindrica wall-washer 45°Tavolo centrale: proiettori con riflettoriTIPOLOGIAScaffalature: barra con LEDTavolo centrale: apparecchi per sistema a cavi tesi b.v.GRADO INTEGRAZIONE APPARECCHIDiscretoFACILITÀ MANUTENZIONEOttimaPOTENZA INSTALLATAScaffalature: kW 0,36 per 27 ml e 65 mq di scaffalature multipianoTavolo centrale: kW 0,20CONSERVAZIONECategoria fotosensibilità 4, ottemperanza alle norme

Sala di conservazione e consultazione della Biblioteca Lancisiana

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La piazza del Municipio presenta unimpianto planimetrico irregolare, ca-

ratterizzato dal disegno della pavimenta-zione in pietra grigia. Essa rappresenta ilfulcro civico di Molfetta, in cui i due palaz-zi storici (Palazzo Giovene con una facciatarinascimentale e il neoclassico Palazzo diCittà) fungono da quinta scenografica. La volontà dell’Amministrazione Comu-nale era quella di valorizzare gli edificimonumentali della piazza, oltre a riquali-ficare il contesto urbano. Si è cercato diconsentire una migliore lettura dell’im-pianto volumetrico della piazza e del trac-

ciato urbanistico, valorizzando le facciateprincipali e gli innesti delle strade del bor-go medievale.Si è scelto di valorizzare la quinta princi-pale costituita dai due palazzi storici,combinando la tecnica a proiezione di lu-ce con quella a radenza per la parte infe-riore delle facciate e per le paraste binatesul cornicione del Palazzo di Città. Si è poisegnato il perimetro della piazza, utiliz-zando gli apparecchi da incasso a terra esi-stenti. Si è infine completata l’illumina-zione della pavimentazione mediantel’uso di apparecchi sottogronda.

SCHEDA DI SINTESI PROGETTUALEILLUMINAMENTIFacciate palazzi monumentali: Em=50 lux; altrefacciate Em=10 lux; pavimentazione Em=20 luxLUMINANZE Facciate principali: 4-12cd/mqSORGENTILampade a vapori di alogenuri metallici conbruciatore ceramico HIT-DE-CE 70 e 150W Rx7s3000K; HIT-CE 70 e 150W G12 3000K;microlampade xeno attacco rigido 24V 5W; avapori di mercurio HME super de luxe 50W E27CARATTERISTICHE FOTOMETRICHEProiettori con riflettori spot e medium-flood easimmetrici, rifrattori con lenti allungantiTIPOLOGIAProiettori circolari, incassi a terra, apparecchisottogronda, sistema lineareGRADO INTEGRAZIONE APPARECCHI BuonoFACILITÀ MANUTENZIONEBuonaPOTENZA INSTALLATA kW 4INQUINAMENTO LUMINOSOin ottemperanza alle norme

La cinta muraria, che complessivamen-te ha uno sviluppo di circa 5 Km, è ca-

ratterizzata da torri quadrangolari che siinnestano sui tratti rettilinei, scanditi dal-la presenza di diverse porte. L’incontrolla-ta espansione edilizia degli ultimi decenniha determinato l’edificazione anche instretta aderenza alle murature antiche.L’intento della Soprintendenza era quellodi utilizzare l’illuminazione come unostrumento di valorizzazione delle mura aseguito dei lavori di restauro e consolida-mento, tenendo conto della scansione del-le superfici murarie della cinta rispetto altessuto urbano, in relazione ai diversi scor-ci visivi e alla posizione dell’osservatore. Nell’illuminare il nastro della cinta mura-ria, si è voluta operare una differenziazionedei tratti murari rispetto ai torrioni, sia nel-la tecnica di illuminazione che nella diversi-ficazione della cromaticità della luce. Si èprevisto per i tratti murari un effetto com-preso tra la proiezione e la radenza, mentre

i torrioni sono illuminati a radenza, per ot-tenere una decisa evidenziazione della lorotrama muraria per osservatori posti a breve-media distanza. Per favorire la lettura deitorrioni anche per osservatori posti a di-stanza rilevante, sono state utilizzate lampa-de con differente temperatura di colore; ta-le accorgimento evita l’effetto di appiatti-mento, migliorando il rilievo plastico dellemurature e l’effetto di tridimensionalità.

NotaSuccessivamente alla redazione del pre-sente articolo si sono verificati i tragicieventi sismici in Abruzzo e in particolarenella città dell’Aquila. Abbiamo appresoche la cinta muraria avrebbe subito alcunidanni, ma non nei tratti già oggetto degliinterventi di consolidamento statico e re-stauro architettonico. Auspichiamo che lacittà tutta ed il suo patrimonio artistico emonumentale possano al più presto tor-nare a splendere.

LE MURA DELLA CITTÀ DELL’AQUILA(progetto di illuminazione 2003,realizzazione parziale 2004)

ProgettoM.G. Carli, A. Di Stefano, M. Marchetti,A.M. MedinProgetto illuminazioneC. De Camillis

SCHEDA DI SINTESI PROGETTUALEILLUMINAMENTITratto S. Basilio e altri: mura Em=35lux, torrioniEm=150lux; Tratto Porta Tione: mura Em=80lux,torrioni Em=200luxLUMINANZECinta muraria: 5÷8 cd/mq; Torrioni: 20 cd/mq (valori medi)SORGENTILampade a vapori di alogenuri metallici conbruciatore ceramico HIT-DE-CE 70 Rx7s 3000K;HIT-CE 35, 70 e 150W G12 3000K; HIE/C 70 e 150W E27 4200KCARATTERISTICHE FOTOMETRICHEProiettori con riflettori asimmetrici con emissione150°x120° e 25°x100°TIPOLOGIA Proiettori con staffaGRADO INTEGRAZIONE APPARECCHIDiscretoFACILITÀ MANUTENZIONEBuonaPOTENZA INSTALLATAkW 3,75 (tratto S. Basilio, realizzato); kW 4,4 (tratto Porta Tione, realizzato); kW 14 (complessivi di progetto)INQUINAMENTO LUMINOSOin ottemperanza alle norme

PIAZZA DEL MUNICIPIO E PALAZZOGIOVENE A MOLFETTA (BA)(progetto di illuminazione 2002, realizzazione 2003)

Progetto illuminazioneC. De Camillis, B. Zinni

Le mura della città dell’Aquila, il tratto di S. Basilio

Il fabbricato dell’Acquario Romano, co-struito nel quartiere Esquilino, fu inau-

gurato nel 1887. L’imponente edificio ècostituito da un corpo cilindrico a base el-littica con un avancorpo di ingresso. Talestruttura rievoca le tipologie dell’architet-tura classica, e precisamente l’anfiteatro,l’arco trionfale e il ninfeo. Il giardino origi-nariamente possedeva un piccolo lago condue ponticelli, che circondava anche i restidelle mura serviane. Dopo un lunghissimoperiodo di abbandono e degrado, l’edificioè stato restaurato ed attualmente è sededella Casa dell’Architettura. Il corpo principale è caratterizzato da unascansione verticale dovuta al doppio ordi-ne di semicolonne con capitello dorico eparaste corinzie, mentre l’avancorpo pre-senta un nicchione centrale con conchi-

glia, una cornice di coronamento con fre-gio e un’iscrizione. In accordo con la Sovrintendenza Comu-nale, nello studio dell’impianto di illumi-nazione sono state perseguite due finalità:la realizzazione di un’illuminazione d’in-sieme a proiezione per evidenziare lastruttura complessiva dell’edificio e unailluminazione d’accento a radenza daimarcapiani per sottolineare i particolariarchitettonici.Sono stati utilizzati proiettori con sorgen-ti LED RGB gestite dal protocollo DMX,per consentire con la luce, anche attraver-so l’uso del colore, una lettura dell’edificiosempre diversa in base ad orari, stagioni oin funzione di eventi. L’intervento ha pre-visto anche l’illuminazione del giardino edei reperti archeologici presenti.

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L’EX ACQUARIO ROMANOSEDE DELLA CASA DELL’ARCHITETTURA A ROMA(realizzazione 2008)

Progetto illuminazioneACEA Roma - S. Santia

SCHEDA DI SINTESI PROGETTUALEILLUMINAMENTI n.d.LUMINANZE n.d.SORGENTI LED RGB 1,2WCARATTERISTICHE FOTOMETRICHEProiettori con n. 80 LED RGB;proiettori uplighter con n. 9 e n. 36 LED RGB TIPOLOGIAProiettori con staffa. Proiettori lineari con staffaGRADO INTEGRAZIONE APPARECCHIBuonoFACILITÀ MANUTENZIONEOttimaPOTENZA INSTALLATAkW 3,5 (solo edificio, giardino escluso)INQUINAMENTO LUMINOSOin ottemperanza alle norme

*Architetto, Lighting Designer ** Ingegnere, Delegato per il Lazio ed il Molise della ADI

L’intervento di restauro del PalazzoAlbertoni Spinola ha la sua faseiniziale nel 2005 con l’incarico,da parte del condominio, di com-

pilare un quadro complessivo dello statodi conservazione del palazzo che com-prendesse il rilievo architettonico, l’anali-si dello stato di degrado delle superfici e ladocumentazione dei fenomeni di disse-sto, operazioni tutte finalizzate alla suc-cessiva stesura del progetto di restauro.Questa fase, che spesso viene trascuratanella prassi operativa, ha permesso inveceuna lettura completa e una piena com-prensione dell’organismo architettoniconel suo insieme e quindi di compiere con-sapevolmente le scelte progettuali chel’edificio stesso richiedeva e quasi “sugge-riva” a fronte dello studio preliminare.La raccolta dei dati bibliografici, integratacon i dati oggettivi rilevati direttamente eindirettamente dalla fabbrica, è stata af-fiancata da una fase di osservazione criticadell’opera in cui, già dalle prime analisi, è

sembrata particolarmente rilevante la col-locazione del palazzo nel contesto ambien-tale. La ricostruzione delle fasi costruttive,con attenzione alla sua ‘autenticità diacro-nica’, ha permesso di formulare il giudiziodi valore che è sempre alla base di qualun-que corretto intervento di restauro.A questo proposito è necessaria una breveintroduzione storica. Il Palazzo AlbertoniSpinola, ubicato in piazza Campitelli, da-vanti alla chiesa di S. Maria in Campitelli,ha assunto le forme attuali all’inizio delSeicento. La facciata fu iniziata nel 1603 enegli anni immediatamente successivi fucompletata la costruzione; seguirono al-cuni interventi, nella parte posteriore, nel16161.Il Palazzo, nella sua forma attuale, si trovachiaramente indicato nella pianta di Ro-ma del 1676 compilata dal G.B. Falda

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a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli

L’idea progettuale è stataquella di conservare

l’immagine del palazzocosì come configuratasi

cromaticamente eorganicamente nel corso

del tempo, nel rispettodella sua rilevante

posizione all’internodella composizione

urbana della piazzaCampitelli.

Alessandra Cerroti

1. La facciata di Palazzo Albertoni Spinola supiazza Campitelli prima dell’intervento di restauro (Foto Novelli)

PALAZZOALBERTONI

SPINOLA 1

mentre non se ne trova traccia nelle prece-denti piante di Roma del secolo XVI.Sembra che all’inizio il lavoro sia stato com-missionato a Giacomo Della Porta2, il qua-le però morì nel 1602, ma esso fu sicura-mente proseguito e completato da Girola-mo Rainaldi. In particolare l’opera di Gia-como Della Porta potrebbe aver riguardatola costruzione delle strutture portanti e del-le tramezzature interne in un primo edifi-cio, forse tra il 1560 e il 1580, mentre ilRainaldi avrebbe avuto il compito di rifaree riallineare la facciata del palazzo con ilnuovo assetto della piazza tra i palazzi DeRossi (poi Cavalletti) e Capizucchi.Risulta infatti che nel 1603 il marcheseBaldassarre Paluzzi, allora proprietario del

palazzo, chiese licenza per edificare lanuova facciata, allargando verso la piazzail sedime delle preesistenti proprietà e alli-neando la nuova parete al cantonale delcontiguo palazzo Capizucchi.La situazione di facciata sovrapposta ad unedilizia preesistente, oltre che documenta-ta dalla pianta di Roma del Tempesta dovesi attesta nel 1593 la presenza di un sistemadi casette basse, è denunciata dal diverso al-lineamento degli interni, ortogonali al cor-tile e ai fianchi del palazzo ma fuori asse ri-spetto al fronte sulla piazza; inoltre è da no-tare lo smusso obliquo attraverso il quale ilportone, centrale nella composizione dellafacciata, si rivela essere un raccordo diago-nale tra la piazza e il cortile interno. Il palazzo, pervenuto dal 1671 alla discen-denza degli Altieri, con i quali i Paluzzi sierano fusi, fu poi sopraelevato di un pianoe, nel 1808, divenne di proprietà di Ma-nuel Godoy, famoso generale spagnolo,che a sua volta lo vendette al cardinal Bar-tolomeo Pacca il quale vi abitò saltuaria-mente fino al 1819. Purtroppo la ricercastorica e d’archivio relativa a questa fase èrisultata lacunosa a causa dell’impossibili-tà di accedere all’Archivio Altieri.Il palazzo, venduto poi nel 1886 alla con-tessa Carolina Portalupi, fu ereditato allasua morte, nel 1891, dai genovesi marche-si Spinola. Negli anni 1887 e 1888 furonoeseguiti ingenti lavori di restauro, richiestidallo stato di abbandono in cui l’edificioera stato lasciato per lunghi anni. Fu ne-cessario consolidare volte ed archi, rifarequasi tutti i pavimenti, riparare il cornicio-ne e le coperture dei tetti e delle terrazze,completando la costruzione del pianoquarto, presente non ancora per tutta lalunghezza della facciata, sostituire com-pletamente gradini e pianerottoli, origina-

riamente in travertino, quindi in marmo. Questi furono gli ultimi rilevanti inter-venti sull’edificio, in seguito ai quali essoha assunto nel complesso le forme attuali.La facciata è a tre piani, di nove finestreciascuno, con sopraelevazione ottocente-sca sopra il cornicione: le finestre al primopiano sono architravate; al secondo, che èpropriamente un ammezzato, sono qua-drate e inserite in una semplice cornice,mentre al terzo sono sempre incorniciatema rettangolari.Il cornicione è adorno di leoni passanti ecaprioli araldici degli Albertoni: la soprae-levazione dell’attico ha sempre nove fine-stre, con semplice cornice, tutte racchiu-se in una balaustra in ferro continua; an-cora sopra, un terrazzo chiuso da un’infer-riata tra colonnine.L’idea progettuale del recente intervento èstata quella di conservare l’immagine delpalazzo così come configuratasi cromatica-mente e organicamente nel corso del tem-po fino ad oggi. La superficie esterna infat-ti, pur essendo ‘luogo di degrado’, rappre-senta anche un luogo privilegiato di testi-monianza storica ed estetica. Non c’è statadunque l’esigenza di “rimettere a nuovo” lafacciata, bensì, nel rispetto dei corretti cri-teri del restauro e con la finalità di un inter-vento duraturo, ci si è prefissi l’obiettivo dieliminare i fattori di degrado rendendo dinuovo leggibile l’architettura del palazzo.Si è cercato pertanto, nella misura possibile,e considerando che non si aveva a che farecon un dipinto ma con un palazzo, di con-servare la patina intesa non solo come trac-cia del tempo ma, secondo l’esperienza diCesare Brandi, come ‘sordina alla materia’ .In particolare poi, avendo il palazzo Al-bertoni Spinola una posizione rilevanteall’interno della composizione urbana

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2. Dettaglio della parte basamentale della facciatache risultava essere una delle parti piùdanneggiate: si nota la presenza di croste neresoprattutto sul travertino, di piccole mancanzedovute ad azione antropica e di fenomeni didilavamento sulla cortina

3. Stato di conservazione del cornicione: essorappresentava l’elemento decorativo checoncludeva il primitivo edificio seicentesco edunque il suo forte degrado impediva lapercezione completa dell’organismo architettonico

4. Particolare dello stato di conservazione dellacortina e degli elementi decorativi in travertino

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della piazza Campitelli, si è ribadito il fat-to che un edificio non può essere mai pen-sato isolato dal suo ambiente. Trasfor-mandosi l’intero contesto, nel corso deltempo, non è la ricerca dell’aspetto ‘origi-nale’ del singolo manufatto il dato dimaggiore interesse poiché è proprio il va-lore ambientale e corale, a cui l’edificiosingolo concorre, che deve essere tutelatoe trasmesso al futuro.La facciata si presentava sostanzialmentemolto sporca a causa dell’intenso trafficocontinuo cui la piazza Campitelli è sotto-posta da anni: anche se la cortina apparivanel complesso integra, la parte di facciataestesa da terra al primo marcapiano risul-tava invece interessata da interventi che,seppure non recenti, avevano deturpato lasuperficie con successive pitturazioni e in-tegrazioni improprie di lacune, anch’essecomunque rese meno evidenti dalla coltredi sporco. In sintesi dunque, da una primacampagna di rilievi ed analisi, emergeval’avvenuta perdita della percezione com-plessiva del palazzo in cui gli elementi ar-chitettonici della fase d’impianto eranoormai illeggibili, nascosti dai depositi con-sistenti, così come l’addizione ottocente-sca del piano quarto ormai dilavata e sco-lorita, recedeva forzatamente in una posi-zione defilata, pur essendo rappresentatada un elemento architettonico importantecome il coronamento dell’edificio. Il fatto che la ricerca storica si presentasselacunosa e difficile quindi da ricostruirecon esattezza non ha comunque implica-to un cambiamento nelle scelte proget-tuali adottate, fondate sulla necessità diconservare il palazzo come elemento dellacomposizione urbana complessiva dellapiazza, ormai consolidatasi storicamentedal punto di vista cromatico.

La pulitura dei travertini è stata effettuatacon il sistema Torbon che consiste in untrattamento ad acqua con inerte a bassapressione, circa un’atmosfera: in tal modoi travertini molto sporchi sono stati pulitisenza rimuovere lo strato più esterno, lacosiddetta “pelle”, della pietra e mante-nendone la cromia assunta nel tempo; so-no emerse però molte stuccature di varianatura, spesso di cemento, che, laddovepossibile per la conservazione del traverti-no stesso, sono state rimosse e sostituiteaccompagnandole cromaticamente alnuovo aspetto della pietra.La cortina, ad un’analisi ravvicinata daiponteggi, è risultata essere molto ben con-servata e pressoché intatta: inoltre è statanotata la presenza di numerose zone chepresentavano uno stucco bianco, a direttocontatto con la cortina stessa, non solo in-torno alle cornici di travertino ma anchein parti sotto il cornicione e tra una fine-stra e l’altra. La presenza di porzioni consi-stenti ha fatto pensare ad una possibile fa-se in cui la cortina potesse essere stata co-perta da questa colletta, forse per fare assu-mere al prospetto un effetto monolitico.Nonostante le analisi di laboratorio, siaper la stratigrafia del colore sia per questeparti bianche, non sono emersi dati utiliad accertarne definitivamente la natura,

escludendosi comunque la presenza dipolvere di travertino all’interno di esse.In ogni caso ognuno di questi brani bianchiè stato consolidato e accuratamente conser-vato affinché ne rimanga memoria perqualsiasi altro approfondimento di studio.Si è, comunque, generalmente intervenutiper aggiunta enon per rimozione, a meno diquegli elementi come reintegrazioni impro-prie o impianti incongrui che non avevanoalcun valore storico-documentario ma con-tribuivano solo al degrado della facciata.Lo stato di fatto prima dell’intervento pre-sentava, come di è detto, l’addizione otto-centesca del piano quarto completamentedilavata; di fatto quindi illeggibile nellacomposizione complessiva del palazzo.Si è cercato, dunque, di reinserire quellache di fatto rappresentava una stratifica-zione consolidata e storicizzata nella lettu-ra del palazzo: a tal fine, per facilitare la ri-lettura dell’edificio architettonico seicen-tesco, il cornicione è stato riportato, cro-maticamente, alla sua finitura a finto tra-vertino, senza però eliminare le tracce delprecedente trattamento ocra ottocentesco.Il cornicione si presentava in uno stato diconservazione assai compromesso: molteerano le lacune delle parti decorate, sia ro-sette sia leoni, e numerosissime le parti di-staccate a rischio di caduta.

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5. Particolari del cornicione: (a) dettaglio del fregiocon la rappresentazione del leone passante,stemma della famiglia Albertoni; (b) dettaglio deilacunari decorati con elementi floreali

6. Dettaglio della cornice di una finestra dopo lapulitura: dopo la rimozione dei depositi è emersala scarsa qualità del travertino che presentavamolte diverse stuccature rendendo pocoomogeneo l’effetto visivo complessivo

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Inoltre, seppure si trovasse a grande altez-za dal suolo, esso era di fatto illeggibile,coperto da depositi consistenti: vi era lapresenza di una tinteggiatura ottocente-sca che, ormai decoesa, presentava feno-meni di esfoliazione. Le tracce di tinteg-giatura ottocentesca non sono state ri-mosse sia perché la rimozione di questo

strato avrebbe provocato danni alla finefattura decorativa del cornicione sia so-stanzialmente, perché non si voleva can-cellare una fase importante nella storia co-struttiva dell’edificio.Le reintegrazioni sono state realizzate conforme di poliuretano espanso che presen-tavano la stessa geometria degli elementiancora in situ: questa modalità aveva ilvantaggio della estrema maneggevolezza efacilità di realizzazione oltre a quello dellaleggerezza.Il cornicione dunque, consolidato, reinte-grato e velato a finto travertino, è tornatoad essere pienamente visibile nella sua finecomposizione e la lettura del palazzo sei-centesco, che con esso si concludeva, è dinuovo pienamente possibile. Il piano su-

periore ottocentesco non ha dovuto, aquesto punto, essere tenuto in “sottoto-no” affinché la lettura diacronica fossechiara: si è infatti ritenuto che la presenzadel cornicione, tornato in questo caso adun aspetto prossimo a quello originario,fosse di per sé capace di sottolineare lacomposizione architettonica seicentescasenza però prescindere dalla stratificazio-ne, seppur recente, che ha investito l’odier-na facies del Palazzo Albertoni Spinola.

1 HIBBARD H., Di alcune licenze rilasciate dai ma-stri di strade per opere di edificazione a Roma (1586-’89, 1602-34), in “Bollettino d’arte”, LII, 1967.2 BAGLIONE G., Le vite de’ pittori, scultori et archi-tetti dal Pontificato di Gregorio XIII fino a tutto quel-lo di Urbano VIII, Roma 1649.

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7. Particolare del cornicione che, consolidato,reintegrato e velato a finto travertino, è tornatoad essere pienamente visibile nella sua finecomposizione

8. (a) Particolare dei calchi per la realizzazionedegli elementi decorativi mancanti del cornicione;(b) Reintegrazione della decorazione con unnuovo elemento floreale in poliuretano espanso

9. La facciata del Palazzo dopo il restauro

RESTAURO PALAZZO ALBERTONI SPINOLACommittenteCondominio Palazzo Albertoni Spinola, PiazzaCampitelli 2, RomaProgettistiGiuseppe Carluccio, Alessandra Cerroti, Caterina TantilloDirettore lavoriGiuseppe CarluccioDirettore lavori operativo per il restauroAlessandra Cerroti, Caterina TantilloImpresa SOVED SrlRicerca storica e d’archivioMaria Vittoria TauFunzionario responsabile per laSoprintendenza per i Beni architettonici e per ilPaesaggio del Comune di RomaFranco FormosaDurata della ricerca preliminare6 mesiDurata del cantiere170 gg.Costo complessivo/costo mqeuro 202.500 /euro 225 mq

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L’ultimo ventennio del Novecentoha visto l’emergenza di un movi-mento di produzione e di speri-mentazione creativa, progettuale

e culturale animato dalle possibilità che lenuove tecnologie, in particolare quelle le-gate all’informazione, potevano aprire nelformalizzare oggetti interattivi, interfaccedigitali, ambienti sensibili, architettureibride. La nascita della società dell’infor-mazione, legata al trattamento digitale deidati, ha in questo senso in pochi anni aper-to nuovi paradigmi nella società e nellacultura, connessi alla progressiva accelera-zione e alla dematerializzazione: l’impattodelle tecnologie digitali non aveva prece-denti per le possibilità di manipolare l’in-formazione e di eseguire funzioni cogniti-ve in maniera interattiva. Basti considera-re banalmente quanto lo sviluppo della te-lefonia mobile ha cambiato la nostra vita

quotidiana, il nostro lavoro, la rete socialedelle nostre conoscenze e la stessa organiz-zazione del tempo. Altrettanto, basti nota-re l’emergenza di online communities che siorganizzano liberamente condividendointeressi e conoscenza, senza limiti geogra-fici, come altrettanto l’insorgere di vere eproprie sindromi di dipendenza psichicada internet: la tecnologia è ormai davveroovunque e il suo impatto è tale da mediarel’intera nostra esistenza.Alla crisi aperta dalla Information Techno-logy ha risposto un’ondata di creativitàche ha visto un’intera generazione d’avan-guardia nata con il computer accettare lasfida progettuale, aprendo un inedito ver-sante di ricerca che nel tempo è riuscito amutare obiettivi e i confini disciplinari delprogetto.Se più di vent’anni fa il computer era vis-suto essenzialmente come strumento pro-

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POESIEDIGITALI

Spazi interattivi,allestimenti intelligenti,

ambienti mediatici: le nuove tecnologiestanno cambiando

comportamenti emodalità di fruizione

offrendo nuoveesperienze

emozionanti.

a cura di Tonino Paris

Lorenzo Imbesi

Front, Sketch Furniture, 2005

HusseinChalayan,MechanicalDress, 2007

Philip Worthington, Shadow Monsters, 2005

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fessionale, quando non gameboard nellemani di giovani teenager geeks informati-ci, la sua diffusione in tutti gli ambientidella vita quotidiana ne ha obbligato unripensamento della sua “usabilità” neiconfronti di un pubblico più ampio, mol-to più vicino al ruolo di consumatore chedi esperto del settore. Dapprima HumanCentered Design, Human Computer Inte-raction, design delle interfacce, poi expe-rience design, ubiquitous computing, socialnetworking, mettono l’uomo al centro delprogetto per ricercarne le interazioni piùnaturali ed accettare la sfida lanciata daiprocessi di dematerializzazione degli arte-fatti contemporanei. La ricerca progettuale si focalizza sulla for-ma dell’immateriale, cioè definire quali

anatomie siano in grado di oggettivarecomportamenti ed esperienze interpretan-do l’estetica delle nuove tecnologie dell’in-formazione, che hanno ormai trasformatocomportamenti e modi di abitare. Dallausabilità alla sociabilità (Bill Moggridge).Dagli oggetti ai comportamenti.Da un’interpretazione della tecnologia insenso hard, con una estetica che ne mettein evidenza la cesura culturale e la differen-za rispetto agli oggetti a cui si era abituati,si sviluppa una ricerca più soft, in cui la tec-nologia non è più esposta come valore po-sizionale, piuttosto nascosta così da ren-derla familiare all’interno degli oggetti concui ci interfacciamo nella vita quotidiana.Tra le prime esperienze di questo nuovoapproccio, nella mostra “This is today” del2004 presso la Triennale di Milano, i gio-vani studenti dell’Interaction Design Insti-tute di Ivrea raccontano una tecnologia di-gitale straordinariamente friendly che siibrida con la tecnologia dell’era meccani-ca: una macchina da scrivere “Lettera 22”è capace di inviare email, una Fiat 500

d’epoca è in grado di scaricare file mp3quando si fa rifornimento, una carta daparati interattiva mostra gli SMS ricevuti.Un’esperienza, quella della scuola di Ivreache, anche se breve nel tempo, ha formatouna comunità di giovani che lavorerannoconiugando cultura creativa ed innovazio-ne tecnologica in nuovi prodotti d’uso eche si disperderà nel mondo collaborandoin realtà avanzate come il MIT o IDEO,oppure autonomamente come professio-nisti. Altrettanto, si moltiplicheranno lesperimentazioni di ricerca e di didattica,come testimoniano anche alcune espe-rienze condotte negli ultimi anni all’inter-no del Corso di Laurea in Disegno Indu-striale della Sapienza Università di Roma.Oltre a problemi cognitivi di interfaccia edi umanizzazione del digitale, i giovani de-signer mostrano uno speciale interesse peresplorare i potenziali estetici e poetici del-le tecnologie, rivelandone la bellezza in-trinseca nell’alleanza tra forma, processo econcept. La tecnologia diventa così unmateriale primario da trasformare in modispettacolari alla ricerca di nuove forme.Oltre l’era d’oro dello sperimentalismoentusiastico nel digitale degli anni Ottan-ta e Novanta, i giovani designer hanno or-mai educato una nuova sensibilità ed im-parato a controllare e a misurare la manonel modellare la tecnologia con esiti poeti-ci. Ormai indossano la tecnologia e altret-tanto la tecnologia li indossa. Il trattamen-to artistico della tecnologia fa salire l’inte-raction design ad un livello superiore, ri-scoprendo una forma di fisicità cha avevaperso e altrettanto conferendo calore a me-dia che altrimenti sarebbero apparsi freddie senza vita. Sono abiti robotici (Chala-

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Dunne & Raby, Technological Dream Series, 2007

Moritz Waldemeyer, Pong Table, 2006

Troika, SMS Guerrilla Projector, 2003

Auger-Loizeau, Audio Tooth Implant, 2001-3

yan), carte da parati che si illuminano mo-strando decorazioni inaspettate (Loop.ph,Heijdens), lampadari in cristallo Swarov-ski accendono messaggi ricevuti con SMS(Ron Arad), tavoli che nascondono 2500led per giocare a ping pong (Waldemeyer),arredi disegnati nell’aria (Front): non piùsemplici bisogni funzionali, piuttostopoesie interattive e narrazioni elettronicheche, nel coinvolgimento ludico, reclama-no complicità emotiva e sociale.Ma la società digitale ha anche i suoi pic-coli e grandi paradossi: mentre afferma unprincipio di libertà senza limiti, altrettan-to è ossessionata da pericolose forme dicontrollo ed è organizzata con un arma-mentario di dispositivi panottici e di tec-nologie per la sorveglianza come teleca-mere CCTV, sistemi di scansione dell’iri-de, archivi dati, fino all’occhio elettronicodi Echelon. È un mondo tormentato dal-la e per la tecnologia, come altrettanto èconsumato da incubi tecnologici, da pau-re verso modificazioni genetiche, cata-strofi nanotecnologiche oppure disastri

nucleari. Può essere il mondo più sicurodi sempre, ma al contempo può esseremarchiato dal terrore esteso ormai su di-mensione globale e dai conflitti sanguino-si, anche questi ormai tecnologicamenteavanzati nella estensione da videogamevirtuale come da cruenta guerra fisica.Molta ricerca progettuale si concentra inquesto senso nel focalizzare i nuovi ruoli, icontesti e gli approcci al design relativa-mente agli impatti sociali, culturali ed eti-ci delle nuove tecnologie emergenti e giàesistenti, fino ad esplorarne le possibili so-luzioni narrative ed estetiche nella vita enegli ambienti del quotidiano. Oltre asperimentare le possibilità comunicativeed espressive del digitale, molti giovanidesigners in questo senso mostrano un ap-proccio più critico e riflessivo e giocanocon la tecnologia mettendone in luce il la-to più oscuro, spesso costruendo vere eproprie denunce sociali. La riappropriazione della tecnologia al-l’interno della sfera progettuale può esserein grado cioè di stimolare la riflessione,aprendo a sviluppi futuribili di scenariodegni di una fantasia visionaria. Come di-retta conseguenza, il progetto mira a solle-vare le inevitabili questioni sull’etica e suilimiti del processo creativo, fino ad essereinterpretato come strumento di guerrigliae di attivismo sociale: robot nascosti inoggetti comuni si evolvono come presen-ze intelligenti ed autonome nei nostri spa-zi quotidiani (Dunne & Raby); dispositi-vi di ricezione mobile impiantati nei den-ti permettono forme di comunicazionesegrete (Auger-Loizeau); toy characters,cioè pupazzi come veri personaggi na-scondono dispositivi di sorveglianza e isti-

gano i bambini ad atti di spionaggio do-mestico (Kular); micro-veicoli radioco-mandati caricati con bombolette di verni-ce spray disegnano graffiti come forma dipropaganda e di attivismo (Institute forApplied Autonomy); megafoni proietta-no SMS negli spazi pubblici (Troika).Nell’era di internet e del software opensource, la tecnologia elettronica è diventa-ta più economica, maggiormente dispo-nibile ed altrettanto più semplice ed allaportata di tutti: non più unicamente il do-minio di grandi laboratori tecnologici eneppure oggetto di studio di pochi nerdisolati dal mondo. “Negli anni Sessanta eSettanta realizzare un robot era così costo-so che soltanto le aziende più importantipotevano permettersi la sperimentazione– sostiene Alexander Grundsteidl, fonda-tore di Digital Wellbeing Labs – dagli an-ni Novanta, non c’è più stato bisogno diconoscere linguaggi di programmazione opossedere particolari skills tecnologici. Fi-nalmente si possono realizzare lavori incui il livello espressivo è più importantedella tecnologia che vi è dietro”.Il rapporto con la tecnologia è sempre sta-to vissuto in senso problematico dalle ge-nerazioni del design, nel rifiuto demoniz-zatore come nelle esaltazioni entusiasti-che. Le nuove generazioni del design han-no imparato a giocare con la tecnologia enon la rifiutano. Bensì, se ne approprianoper esplorarne le potenzialità nascoste, in-serendovi elementi di disfunzione, agentid’urto, interferenze nei meccanismi difunzionamento che possono evolvere anuovi livelli di complessità, dissacrando-ne l’aura scientista e tecnocratica per dif-fondere potere di progetto.

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Institute for Applied Autonomy, GraffitiWriter, 1998

Graffiti Research Lab, L.A.S.E.R. Tag, 2007 Julian Opie, Showtime, 2006

SEZZE: IMMIGRATIED EQUILIBRIOPOSSIBILEIl processo di recupero del centro storicoaffronta realisticamente le problematiche diuna società multietnica, nella convinzioneche l’integrazione sia la base necessariaper garantire progresso e sicurezza.

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Aa cura di Claudia Mattogno

Giuseppe Vaglianti*

Sezze, anni Sessanta, un paese conuna forte tensione abitativa, undiscreto reddito pro-capite deri-vato dall’agricoltura, capitali su-

dati in una vita di emigrazione all’estero,un nuovo mestiere di operaio edile che af-fianca quello di bracciante agricolo o dicoltivatore diretto.Un mestiere appreso a Roma dai “palazzi-nari”, soldi da investire, tanta voglia di“casa moderna”; ma, soprattutto, l’asse-dio fuori le mura di quelli che hanno l’or-to e vogliono farsi la casa rimanendo vici-ni ai servizi del centro. Risultato: un’edilizia ammassata, inva-

dente, spesso abusiva, che ha snaturatol’identità dei luoghi.Per contro, nello stesso periodo, si raccolgo-no con grande fermento reperti archeologi-ci, ricercando in un passato remoto la ma-trice di un presente che si sta deturpando.Il passato è rinnegato e rimpianto nellostesso tempo, è inteso in modo contrad-dittorio: ora come impedimento ad un vi-vere più consono con i tempi, ora comeoggetto di una vetrina di pezzi di pregio dicui andare fieri. I sezzesi, ormai, abitanofuori le mura; chi è rimasto ha cercato di“modernizzare”, anche se il fenomeno èfortunatamente abbastanza contenuto;

dove si è ritenuto “comodo” gli archi inpietra sono stati sostituiti da imbotti intravertino, i portoni dalle saracinesche perrealizzare garage, gli infissi in legno di ca-stagno verniciato da quelli in alluminioanodizzato. I numerosi edifici storici dellefamiglie patrizie, già legate al latifondo,ora estinte o definitivamente emigrate,quando non sono stati virtuosamente tra-sformati in contenitori di servizi (UfficiComunali, Musei, Ludoteche, ecc.), ver-sano in uno stato di abbandono o sonooggetto di snaturanti frazionamenti di

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Vista aera del centro storico di Sezze (foto V. Serra)

proprietà. Gli artigiani sono scomparsi,pochi sono i piccoli esercizi commercialiche riescono a rimanere aperti. Il problema è soprattutto, quindi, nella ri-dotta qualità della vita della città. Intanto il cuore di Sezze sta ospitando sem-pre di più i nuovi immigrati. I sezzesi han-no optato per il terziario; l’agricoltura sten-ta a riorganizzarsi modernamente; l’indu-stria del comprensorio pontino ha fallito.Sopravvivono le piccole imprese edili e al-cune aziende agricole. Servono braccianti abuon mercato e arrivano gli immigrati.Il fenomeno è iniziato alla fine degli anniSettanta con un forte andamento in cre-scita ancora oggi.Alla data del 19/09/2008 sono iscritti al-l’anagrafe 2.463 cittadini stranieri su 23.000

abitanti (10,71%); con una netta preva-lenza di romeni: 61,5% Romania; 9,4%Marocco; 4,9% Albania; 4,05% ex Jugo-slavia; 2,5% Tunisia; 2,3% India; 1,7%Polonia; 1,0% Nigeria; 4,2% altri statiafricani; 2,5% altri stati europei comuni-tari; 0,7% altri stati europei extracomuni-tari; 2,3% America Centro-Sud; 0,3%America Nord; 0,8% Asia.L’impegno dell’Amministrazione è quellodi rigenerare un processo culturale collet-tivo, lungo ma inevitabile, per lasciarsi al-le spalle gli ultimi decenni di decadenza,per dare vita ad un cambio culturale, chesappia coniugare i valori del passato con leattuali esigenze di funzionalità, di effi-cienza, di fruibilità e di sicurezza. È neces-sario promuovere interessi condivisi per lariqualificazione e il rilancio del centro sto-rico, per non smarrire il senso dell’appar-tenenza, ma tenendo conto della presen-za di questi nuovi “sezzesi”.L’occasione per farlo in modo organico èdata dalla revisione del piano urbanistico,affidata all’arch. Massimiliano Fuksas; giàda ora, comunque, sono in atto diverse ini-ziative tese al recupero e all’integrazione.Fin dal 2001, è stato istituito uno Sportel-

lo Integrato per l’Immigrazione, in colla-borazione con l’ANOLF (AssociazioneNazionale Oltre Le Frontiere) e con le CA-RITAS parrocchiali, varando un progettodenominato KARIBÙ, finanziato dal Mi-nistero dell’Interno. Il servizio, di acco-glienza dei rifugiati e richiedenti asilo, disostegno economico, di inserimento scola-stico, di apprendimento linguistico, di as-sistenza per le pratiche per ottenere la citta-dinanza, i permessi di soggiorno e i ricon-giungimenti familiari, si svolge in sinergiacon Questura, Prefettura e numerose Asso-ciazioni specializzate per l’immigrazione.Gli immigrati, specie quelli di etnia rome-na, inizialmente impiegati come mano-dopera di basso profilo, stanno via viaesercitando attività più qualificate, rile-vando esercizi commerciali, riunendosi incooperative di servizi, costituendo unacomunità ormai talmente significativa daavere una propria assistenza religiosa euna propria associazione.Si è instaurato, quindi, un processo attra-verso il quale si è istituita una fitta rete di re-lazioni tra istituzioni, enti di assistenza e digoverno, comunità autoctona e singolo in-dividuo, che tende a rintracciare l’equili-brio al crescere del livello di integrazione. È tenendo conto di una valutazione reali-stica dei problemi e delle risorse disponibi-li che si sta organizzando un “Sistema Sez-ze” per rivitalizzare il Centro Storico, pia-nificando gli interventi nel tempo e perobiettivi, a breve, medio e lungo termine.Servizi e sicurezza nell’immediato; recupe-ro e riqualificazione edilizia e urbanisticasecondo una strategia che favorisce l’inter-vento dei privati. Si sta pensando ad uncentro storico recuperato, che riacquista la

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SEZZE: PROFILO DI UN PAESE

Sezze è un popoloso paese dei MontiLepini (23.000 abitanti) 300 m slm, nellazona centrale della provincia di Latina.Si trova a venti chilometri da Latina, aquaranta da Frosinone e dall’Autostradadel Sole, a cui è collegato con la SS 156, asettanta da Roma a cui è collegato dallastrada statale n. 7 Appia; ha uno scaloferroviario, sulla Roma Napoli; è sede diScuole superiori, di un Ospedale, di unaCaserma dei Carabinieri. Luogo ad economia prevalentementeagricola ha visto svilupparsi l’artigianato ela piccola industria; ha origini antiche (VIsecolo a.C.) con importanti tracce di unpassato legato prima all’antica Roma e poialle grandi famiglie latifondiste ed allaChiesa. Deve una certa vocazione turisticaal millenario centro storico, alle bellezzenaturali della valle di Suso e ad alcunemanifestazioni tradizionali, di cui la“Passione di Cristo” del Venerdì Santo ènota a livello internazionale. Dalla finedegli anni Settanta è oggetto di una forteimmigrazione, raggiungendo l’attuale10,71% di stranieri iscritti all’anagrafecomunale, rispetto alla popolazione totale.La realtà setina ha suggerito il superamentodell’ottica dell’emergenza, che pure la cittàvive intensamente perché è terra di transitoe, di fatto, di frontiera. Il costante aumentodi stranieri, molti dei quali nati in Italia, èstato letto come indice di un processomigratorio definitivo, pertanto si staattuando un progetto che affrontarealisticamente le problematiche di unasocietà multietnica.

Dall’alto:• Operai extracomunitari in uscita

da un cantiere• Una iniziativa dell’Associazione

Dacia Romana

Pagina a fianco: • Il Sindaco di Sezze ad una cerimonia

di romeni ortodossi

sua connotazione, libero da un’ediliziad’assedio, convenientemente rimossa e rea-lizzata in un “altrove” correttamente piani-ficato e progettato, con una fascia di verdee aree a parcheggio come elemento di con-nessione e di filtro fra antico e moderno. Recupero del centro storico e integrazionesono i temi del progetto “Sistema Sezze”,articolato in iniziative già in atto, da coor-dinare e potenziare, in concorso con glienti e le associazioni presenti nel territorio.Recupero di edifici storici con contributidella Regione Lazio, dell’Amministrazio-ne Provinciale di Latina e dell’ATER:- Recupero dell’ex Convento delle Claris-

se come Centro Studi, in concorso conla Provincia di Latina.

- Recupero di Palazzo Rappini, già sededel Museo del giocattolo e sede dellaCompagnia dei Lepini, come sede delGiudice di pace.

- Recupero del Palazzo De Magistris diVia Pitti come ampliamento della CasaComunale.

- Ricognizione degli edifici storici in statodi abbandono per il riuso a residenza eservizi, in concorso con l’ATER.

- Attuazione del progetto “La città dei

Giovani”, in collaborazione con le asso-ciazioni giovanili, inteso a promuoverela realizzazione di un Centro Polifunzio-nale, recuperando una struttura del cen-tro storico, come punto di incontro deigiovani di Sezze, come luogo di crescita,formazione e confronto.

- Attuazione del progetto di “Albergo dif-fuso”, in collaborazione con la “Compa-gnia dei Lepini”, per dotare il paese diuna ricettività a supporto del rilancio delturismo locale, recuperando ambiti dal-l’attuale abbandono.

- Realizzazione del Centro Commercialenaturale in una delle vie più grandi delcentro, con finanziamenti regionali, asostegno dei piccoli esercizi commercia-li contro la concorrenza della grande di-stribuzione.

In questo processo, gli immigrati devonoessere presenti come utenti e protagonistiallo stesso titolo degli altri cittadini, nellaconvinzione che l’integrazione, oltre adessere imposta dal principio del valoredella dignità umana senza discriminazio-ni, è la base necessaria per garantire pro-gresso e sicurezza.

*Ingegnere, consulente del comune di Sezze

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In genere, si guarda ai centri storici minoricome a “oggetti” e “luoghi” da destinare

ad attività di turismo e tempo libero,evidenziando in maniera preponderante ladimensione del patrimonio storico-culturale.Ma a guardare bene, in Italia, si stadiffondendo un fenomeno a cui ancora nonè stata ancora posta sufficiente attenzione:la residenza degli immigrati nei centristorici di grandi e medie città nonché dicentri di dimensione minore.I problemi che ne conseguono sono molti.In primo luogo, il verificarsi di unprogressivo degrado degli edifici storiciconnesso al particolare segmento delmercato immobiliare che si sostanzia nellalocazione a immigrati, con canoni dilocazione spesso in nero. Quanto ricavatoda questi affitti è sufficiente per predisporrei proprietari a non investire nel recupero.I fenomeni che si verificano sono moltodiversi tra loro, ogni centro ha la suastoria, il suo patrimonio peculiare; ognicentro attira specifiche aree di migrazioniche spesso formano in loco comunitàspecifiche, a volte concentrate, come vereproprie isole di segregazione, a voltediffuse in tutto il borgo.Gli effetti indotti sono diversi: da quelli,appunto, di estrema segregazione checonducono alla “chiusura” di fatto del borgoalla frequentazione della comunitàoriginaria a quelli di una rivitalizzazione deltessuto storico, un tempo abbandonato, con“apertura” rispetto alla comunità originaria.Questa situazione porta a far pensare adalcuni centri storici come a “nuoveperiferie” e alla necessità che leamministrazioni si attrezzino con politicheurbane integrate per rispondere agli effettiincontrollati che il mercato immobiliare haprodotto, anche lentamente eprogressivamente, nel tempo.Tutto questo richiede da parte degli entilocali politiche mirate che investano ancheil terreno dell’incontro tra culture.Obiettivo del seminario “Migranti e centristorici minori”- organizzato da Urbit, Focus(Sapienza, Università di Roma) e Monti &Taft - che si è svolto nella sede dellamanifestazione di Urbanpromo a Veneziaalla fine dello scorso anno, è cominciare adiscutere sul tema, arrivando a costituireanche un gruppo di lavoro permanente.

MIGRANTI E CENTRI STORICI MINORI

Manuela Ricci

Camillo Nucci, M. CristinaCampanelli, Francesca Marsili (a cura di)La forza dell’ovest. 11 Progettiper i Municipi XV e XVI di RomaGangemi Editore

La pubblicazione presenta ilrisultato del lavoro svoltonell’ambito del 7° ciclo dellaScuola di Specializzazione inPianificazione Urbanistica dellaPrima Facoltà di Architettura“Ludovico Quaroni”dell’Università di Roma “LaSapienza”, in collaborazionecon i Municipi XV e XVI delComune di Roma: 11 progettiurbanistici incentrati sul tema “Lagrande città laboratorio delnuovo. Progettare la grandecittà: trasformare i problemi inopportunità”, in cui vengonoaffrontate la condizione diframmentarietà e la tendenzaall’omologazione delle periferie,sviluppando nuove strategie divalorizzazione delle risorse edelle potenzialità presenti.L’area di studio, compresa traMassimina e Ponte Galeria,occupa una posizione strategicain previsione di uno sviluppometropolitano lungo la direttriceRoma-Fiumicino, e in futurodovrà soddisfare l’esigenzasempre crescente di funzioni,residenze e servizi. Le soluzioniprogettuali elaborate rispondonoall’insufficienza di connessioni,sia con la città consolidata cheinterne all’insediamento, cosìcome ai problemi ambientali,proponendo più integrazione epiù identità attraverso unprocesso di trasformazione-riqualificazione del territorio,fondato sulla riconversione e ilreinserimento degli elementidequalificanti presenti nell’areadi studio.Affrontando il rapporto tra piano

locale e piano generale, iprogetti si pongono ad una scalaintermedia di integrazione delPRG e di orientamento ecoordinamento per i pianiattuativi, ed indicanometodologie alternative ditrasformazione del territorio checomprendono sia unaconfigurazione più unitaria dellearee esistenti, sia linee guida perle nuove previsioni di Piano.La pubblicazione è articolata intre sezioni, corrispondenti agliSchemi Programmatici distruttura in cui è organizzato ilprimo anno del ciclo, ciascunodei quali, pur mantenendo unpeculiare ambito di intervento, èrivolto al miglioramento delsistema dei servizi e degli spazipubblici interni, e al ripristino ocreazione ex novo dicollegamenti tra i municipi permezzo di corridoi ambientali edinfrastrutturali.Il lavoro risulta dunque suddivisoin tre macrotematiche:“Convertire i problemi inopportunità di sviluppo”, che sioccupa di riorganizzare leattività industriali ed estrattive elo smaltimento dei rifiuti, così darendere la “città del rifiuto” unacittà “resource oriented”; “Lecentralità diffuse: un modellostrategico per il settore ovest diRoma”, che ha come obiettivouna riqualificazione diffusa chedia una nuova identità al luogo,attraverso l’inserimento neltessuto locale di un sistema direti e nodi funzionali diaggregazione; “La nuova cittàdell’ambiente, dellariqualificazione e del tempolibero”, che mira allavalorizzazione ambientale efunzionale degli spazi aperti,attraverso l’integrazione dellecave dismesse al sistema di areeverdi, riprogettate in modo dacostituire un parcoagricolo/ambientalepolifunzionale.Le tesi progettuali sviluppate nelsecondo anno del cicloapprofondiscono alcuni aspettiimportanti emersi dagli schemi distruttura, nell’ottica di un“Progetto urbano aperto ecompleto”, dotato cioè di quellevalutazioni di sostenibilità

ambientale e fattibilitàeconomica necessarieall’amministrazione pereffettuare scelte consapevoliorientate ad interventi coerenticon il contesto in cui siinseriscono e dinamici neltempo.Il risultato finale è unacomplessa progettazioneterritoriale-urbanistica che,muovendo da un accuratostudio delle potenzialità erisorse del territorio, nonchédelle istanze dei Municipi,giunge alla costruzioneinnovativa e partecipata di unpaesaggio di qualità:componenti naturali edantropiche che interagiscono esi relazionano con la cittàesistente in trasformazione,determinando caratteristicheambientali, funzionali edeconomiche adeguate adun’area destinata a divenire unimportante polo di sviluppodella futura “città dell’ovest”.

Silvia Tarantino

Luca RealeDensità città residenzaTecniche di densificazione estrategie anti-sprawlGangemi Editore, anno 2008

Alla luce di un auspicatorilancio di una politica dellaresidenza, sulla spinta di unadomanda insediativa semprepiù pressante e diversificata, lariflessione sulle modalità diintervento progettuale sulla cittàappare quanto mai attuale.

Significativo, in tale prospettivae per la capacità di offrire unquadro chiaro e sintetico degliapprocci contemporanei allatrasformazione della città,appare questo testo, maturatonell’ambito della ricercaaccademica dell’autore. La riflessione muove daun’analisi qualitativa delladensità e dall’assunto,universalmente condiviso, chesolo attraverso un’attentadensificazione è possibilecontrastare lo sprawl,l’antieconomica, antiestetica,antisociale e antiecologicadispersione degli insediamentinel territorio: solo un tessutoinsediativo denso e la mixitéfunzionale e sociale possonofornire quell’ “effetto città” chemanca a gran parte delleperiferie urbane. La densità, espressa come FAR(Floor Area Ratio, ovverorapporto tra superficie utile esuperficie territoriale) èassociabile a dati complessiquali planimetrie, profili esezioni urbane, livello di mixfunzionale, rapporto spaziopubblico/spazio privato e puòdivenire un parametro piùefficace per l’analisi deifenomeni urbani ma anchecome strumento per laprogettazione preliminare,capace di prefigurare l’urbanitàdegli spazi e la qualità deinuovi insediamenti, aprescindere dal linguaggioarchitettonico che esprimono. Reale identifica caratteri e causedello sprawl in un’agileprospettiva storica, e gli“antidoti” a tale fenomeno inuna ricognizione intorno alle treprincipali scuole di pensierosullo sviluppo della città, “trealternative alla dissoluzione delmodello urbano”: il NewUrbanism, il modello della cittàcompatta europea, e il NewTypologism. Quest’ultimo èl’approccio meno legato allavisione tradizionale di nucleourbano, ed individua nellaricerca, nella combinazione enell’ibridazione tipologica unavia alla complessità urbana,lasciando intuire la possibilità diuna “nuova modellistica (…)

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una sorta di abaco dellesoluzioni possibili alle diversescale del progetto”. Le tecniche di densificazioneindividuate dall’autore sonoriconducibili a tre categoriegenerali: gli edifici-bordo(sistemi contenitivi delladispersione, disegno di marginedell’ambito edificato o deigrandi vuoti urbani); i grandiattrattori urbani (emergenze adalta densità, sistemimultifunzionali ed iper-urbani,catalizzatori di attività edinteressi, efficaci soprattutto intessuti omogenei a bassadensità); le operazioni di infill ericucitura (completamenti edinnesti in tessuti urbani operiurbani poco compatti). Particolarmente approfondita epropositiva l’analisi dellasituazione di Roma. L’autorenon risparmia critiche al nuovoPRG che non prevede nessunaregola efficace per ilcontenimento dello sprawl, eche prefigura CentralitàUrbane organizzate secondo“uno schema polinucleare in cuil’integrazione tra le parti èsostanzialmente affidata ad ununico elemento dicomunicazione. (...) Un modellocentralista e polinucleare,appunto, al fondo antitetico alloschema policentrico suggeritodalla UE”. Per la qualificazionedi tali nuove centralità e, più ingenerale, per le aree di piùrecente edificazione, l’autoresottolinea l’esigenza didensificare, in particolareattraverso l’inserimento digrandi attrattori urbanimultifunzionali, checostituiscano “un sovra-sistemain grado di riportare alla regolal’arbitrio dell’espansione piùrecente, fornendo elementi divarietà e singolarità (ancheformale) alla monotonia deinuovi insediamenti urbani”.Utili, tanto per il controllo e laprogettazione del nuovo,quanto per la gestione e lariqualificazione dell’esistente,sono inoltre le proposte per laredazione di un atlante delledensità, di cui vengono illustratialcuni “tasselli”, o l’istituzione diun’”agenzia per il progetto

urbano” capace di guidare gliinterventi di iniziativa privata,attualmente protagonistaassoluta dello sviluppo urbano diRoma.“La speranza – osserva Reale – èche si torni al più presto aragionare su temi quali ildisegno urbano e la forma dellacittà, giungendoprogressivamente a ‘capire ipieni per valorizzare i vuoti’ diquesta città”.

Dimitri Oliveri

Maurizio CapernaIl forte di Nettuno, storia,costruzione e restauriGangemi Editore

Il volume nasce dalla raccolta diricerche e saggi critici elaboratiin occasione dei recenti restauricompiuti dalla Sovrintendenza. Ilforte di Nettuno, voluto daAlessandro VI nel 1501 perdifendere i margini meridionalidello stato pontificio, almenodall’Ottocento è stato oggetto diricerche da parte dellastoriografia specialistica, comePromis, Guglielmotti, Rocchi epiù recentemente, Cassi Ramelli,Hale, Perogalli, Severini,Marconi, Fiore, Adams. Il presente volume, qualenecessario momento diriflessione sullo stato attualedegli studi, raccoglie nuovicontributi sulla fortezza; descrivela fabbrica e la sua vicendastorica, gli aspetti funzionali,formali-stilistici; ricostruisce letrasformazioni e illustra i recenti

restauri, relazionandoli coninterventi significativi compiuti sualtre architetture militari. In taleambito, il monumento assumerilievo per due aspetti: il primodovuto alla natura della suaconcezione, il secondo dicarattere indiretto legato alvalore strategico dellacostruzione voluta dalcommittente pontefice. Nel testo sono ricostruite le lineedel quadro difensivo e lerelazioni esistenti tra rocca eterritorio nell’assetto topografico-strategico. Maurizio Capernaripercorre le trasformazioniterritoriali più significative, ilpiano generale di potenziamentodel sistema di difesa costiero del1501, gli interventi diperfezionamento dellafortificazione e del recintomurario della città tra il 1563 eil 1567, i mutati equilibriterritoriali tra Anzio e Nettunoalla fine del XVII sec. e letrasformazioni urbane dellametà del XIX sec.; Piero CimbolliSpagnesi affronta la rilevanzastrategica del castello e lasituazione delle difese in etàmoderna negli anni diAlessandro VI, Pio IV, fino alpontificato di Urbano VIII, conuna analisi generale non limitataal solo tratto di costa tirrenicacompreso tra Anzio e Nettuno,ma estesa a tutto il territoriodello Stato ecclesiastico. Sono ripresi i rapporti fracommittenza e progettisti allaluce di una paziente rilettura deiruoli, ma le questioni piùinteressanti esplorate sono quelledel progetto, delle fasicostruttive, non tutte esattamentedeterminabili. Cosìscomponendo i processi dicostruzione, le ricerche prodotteraccontano come sia statopossibile per questa architetturadiventare un modello nella suacentralità.Leonardo Faraone analizzal’architettura e le sue funzioni, ladistribuzione dei vani e i relativipercorsi di collegamento. Allegaun prezioso lavoro di rilievo euna raccolta iconograficaredatta in forma di atlante,arricchita da preziosedidascalie, stampe e immagini

del XVI e inizio del XX sec. checontribuisce in modo sostanzialealla lettura del monumento.Studia gli interventi compiutisulla cortina, le reintegrazionistoriche e i recenti restauri, conuna schedatura e uncampionamento dei tipi murarie dei rivestimenti, arricchiti daanalisi puntuali sullecaratteristiche dimensionali emateriche. Barbara Repetto, daun lato analizza le soluzionitecnico-funzionali adottate,individuando alcune possibilitrasformazioni realizzate peraumentare la sicurezza dellarocca; mentre la Montelli studiai materiali impiegati,l’apparecchio murario e glielementi costitutivi, presentandonuove ipotesisull’organizzazione del cantieree l’avanzamento delle opere. Paola Zampa si concentra sulsignificato dell’architettura dellafortezza negli anni tra il ‘400 eil ‘500. Ricostruisce l’iterprogettuale e le possibiliattribuzioni, traendo confermanon solo dai dati noti ma ancheda testimonianze documentariemeno sicure, dai modelli coltidell’Antico e dagli esempirealizzati nel primoCinquecento. La rocca diNettuno, edificata nel 1501,unisce molteplici suggerimenticome le ricerche teoriche dellaseconda metà del XV sec. diFrancesco di Giorgio, lesoluzioni di Giuliano daMaiano e Fra Giocondo, e leelaborazioni stilistiche deiSangallo, Giuliano e Antonio ilVecchio, vicine allesperimentazioni martiniane. El’impianto quadrilaterobastionato appare un prototipodi fortezza ‘alla moderna’ delXVI sec., un modello disperimentazione sulle capacitàdi fiancheggiamento completodella difesa forse suggerito daBramante, ma riferibile aAntonio il Vecchio ai tempisovrintendente dellefortificazioni pontificie. Campoaperto a scelte stilistichematurate da esempi antichi,come osserva l’autrice, trovandoconnessioni con elementicostitutivi tipici di un linguaggio

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legato alla vocazioneantiquaria e classicista diAlessandro VI oppure constilemi formali tratti dall’Antico,utilizzati anche in altrearchitetture del primoCinquecento, capaci diconferire nuovi significatiall’architettura militare. Una ricca documentazioneinedita ricostruisce letrasformazioni effettuatedurante i lavori diretti da CarloBusiri Vici all’inizio del ‘900:analizzata da Caperna,confrontando il progetto e lasua realizzazione con le teoriedi restauro dell’epoca e con letecniche applicate su altrearchitetture fortificate. L’operadi Busiri Vici è completata dauna appendice documentaria,curata dal figlio Clemente.L’indagine è estesa poi alleultime vicende del Forte, comele alterazioni degli anniSettanta, i restauri realizzatinegli anni Novanta e i recentilavori curati dallaSovrintendenza. Da MartaAcierno sono descritti tutti gliinterventi che hanno ostacolatouna analisi direttadell’architettura.Donatella Fiorani analizzal’intervento di restauro del fortein un contesto più vasto,affrontando temi comel’importanza del rapporto con ilterritorio, il legame originariotra fortezza ‘moderna’ e spazioextra moenia, il rapporto tracintura difensiva e forma urbisda un lato e tra perimetro dicinta e campagna dall’altro:fattori imprescindibili su cuiimpostare una strategia diconservazione e tutela tesa inprimis a ricostituire il perdutoequilibrio tra architettura epaesaggio circostante. È pureaffrontato il problema del riusodelle architetture difensive che,per loro storia-morfologia-rigidità funzionale, poco siadattano a nuove destinazionid’uso compatibili con lerichieste della contemporaneità. Nel panorama complesso, avolte discontinuo, della ricercastorica, le monografie su castellio rocche cinquecentesche,oppure gli studi dedicati alle

architetture fortificate, non sononumerosi. Il libro presentatocostituisce un risultatocomplesso, necessario per fareil punto su una architetturasignificativa nella storia delCinquecento e per la città diNettuno. La molteplicità diindagini e strumenti, fonti eimmagini, forniti dal testo,colma una sostanziale lacunastorica; permette di riconoscereplurimi percorsi di lettura esuggerisce in modo analiticointeressanti ipotesi critiche.

Rossella Ongaretto

Giovanni Marras e MarcoPoganik (a cura di)Giuseppe Samonà e la scuoladi VeneziaIl Poligrafo editore

Il volume raccoglie unaselezione dei materiali prodottiin occasione delle iniziativepromosse dallo Iuav nel corsodel 2002 per ricordare la figuradi Giuseppe Samonà.Attraverso i contributi presentinel libro e articolati nelle sezioniCasi studio, Architettura inVeneto, Appunti critici eViaggio in Sicilia, è possibileripercorrere la storia intellettualee professionale di GiuseppeSamonà, dando vita ad unariflessione generale sulla suaeredità e sul ruolo da luiesercitato all’ interno della“Scuola di Venezia”, unorganismo che egli seppecatapultare sulla scenainternazionale grazie allaqualità dei programmi e dei

docenti reclutati personalmente:Carlo Scarpa, Bruno Zevi,Mario De Luigi, Franco Albini,Ignazio Gardella, GiovanniAstengo, Giancarlo De Carlo einnumerevoli altri.“Internazionalismo” accentuatodalla creazione della scuolaestiva del CIAM, e dalla venutaa Venezia dei più importantiarchitetti della scena mondiale,da Frank Lloyd Wright aRichard Neutra, da Alvar Aaltoa Le Corbusier e Louis Kahn.Il “barbaro” Samonà con la suaforza intellettuale riuscì, quindi,a cancellare la scuola cheaveva trovato per fondarneun’altra dove lasperimentazione didattica ed ilconfronto fra le ideealimentavano quotidianamentel’incontro tra professori estudenti, dava vita ad unsimposio nel quale si cercava diindividuare quali fossero lemotivazioni profonde dellastoria dell’uomo e diconseguenza, di scoprire lenuove leggi dell’architettura edella città. L’intensa attività accademica diSamonà si svolgeparallelamente a quella diprogettista, saggista e critico. Isuoi progetti attraversanol’architettura dalla dimensioneterritoriale a quella urbana,senza dimenticare mai lelezioni del passato e cercandosempre di far dialogare tra diloro le parti che accompagnanoil processo creativo progettuale.È così che prendono vita: lasede dell’ INAIL a Venezia, leville di Falconarossa, ilquartiere INA Casa a Sciacca.Tra i progetti rimasti, invece, infase embrionale vannosicuramente ricordati per ilsignificativo contributoapportato al dibattitoarchitettonico: l’ampliamentodella Camera dei Deputati aRoma e il concorsointernazionale per lacostruzione del ponte sulloStretto di Messina unico, tra tuttii partecipanti, a occuparsianche della sistemazione delterritorio calabro e sicilianocircostante (“...il ponte intesocome opera capace di dare un

nuovo assetto al territoriourbanistico all’area...”).Ed è proprio questo interesseper gli aspetti urbani che loporta ad accettare la propostadella casa Editrice Laterza discrivere un “volumetto” sull’urbanistica che avrà cometitolo “L’urbanistica e l’avveniredella città negli Stati Europei”.Un saggio, come ci tiene adefinirlo lo stesso Samonà nelsuo scambio epistolare con lacommittenza, nel quale siinterroga sulle radici pluralidell’urbanistica, sul rapportotra la tradizione el’innovazione nei processi dipianificazione, sulle relazionitra struttura socio-economica,forme istituzionali e saperedisciplinare.Il progetto editoriale più intimoe appassionato rimane peròquella sulla città di Venezia, nelquale vennero indirizzate leenergie di studenti e docenti, eche produsse studi e progetti distraordinario livello nazionale.Samonà partendo dall’ipotesiche nella morfologia urbana visiano gli elementi capaci dialimentare i programmi disviluppo e trasformazione dellacittà, giungerà a teorizzare lacompiutezza della Città Storicae l’asportazione del tessutomorente nelle parti che conessa entrano in conflitto.Questo tema verràapprofondito nel progetto“Novissime”, che lo stessoDirettore, nel 1964, realizzeràcon alcuni giovani colleghi ecollaboratori.Il merito di questa raccolta è,oltre quello di far conoscerealle generazioni più recentiuna figura emblematicadell’architetturacontemporanea italiana qualefu quella di Giuseppe Samonà,di spingere ad una riflessionesull’attuale ordinamento dellescuole di Architettura, sullaframmentazione eindividualizzazione dellediscipline, sulla separazione traarchitettura e città, sullasterilità, e a volte assenza, diun dibattito intellettuale suscala nazionale.

Emanuela Biscotto

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Festival delprogetto aCasaideaCon la 35° edizione di Casaideanasce il ’Primo Festival delProgetto’ che comprende unaserie di iniziative sulla culturadell’abitare, realizzate incollaborazione con il nostroOrdine, con la Casadell’Architettura, con l’ADI, loIED, Zètema, Casa &Design-LaRepubblica.Negli spazi della nuova Fiera diRoma sono state allestite 6interessanti mostre: Forme eMaterie dell’Abitare, CookingDesign, 80 voglia di Casa, IlBosco in Casa, Ricerca e Designe Officina delle Arti, curata daPino Pasquali che propone unconfronto sperimentale sul temaOzio/Negozio.All’interno del Festival la Facoltàdi Architettura Valle Giulia haorganizzato un ciclo di tavolerotonde sulla Cultura delProgetto proponendo alcuni temiin discussione: - Nuovi paradigmi progettuali enuovi modi d’uso dello spazio. - Sperimentazione e creativitàstrumentazioni per affrontare lacrisi.- Exhibit Design. - Architetture alla piccola scala.- Progetto di valorizzazione dellacasa Balla, spazio museo delFuturismo a Roma.- Territori di Confine, confrontotra architetti, designer e artisti.Le relazioni hanno fattoriferimento ai diversi e innovativiscenari dell’abitare, allasperimentazione tecnologica e ainuovi paradigmi progettuali, inparticolare in relazione ai temiambientali, alle modalità dicomunicazione, ai nuovi stili divita e ai comportamenti chespazi e prodotti diversi possonoattivare. In sintesi si è volutosondare le fasce border-line travarie discipline della creatività edella tecnologia, intese anchecome strumenti per affrontare inmodo consapevole e finalizzatola condizione di crisi economica

internazionale.Innanzitutto ci si è domandatiquanto la crisi che stiamovivendo sia riferibile a quelle delpassato, o sia solo percepita tale(l’incertezza di garantireall’infinito l’attuale trend disviluppo); se riguardaesclusivamente la sferaeconomica o anche la società nelsuo complesso (crisi di valori,crisi di identità). Una crisi figliasoprattutto dell’insicurezza edell’incertezza e, probabilmente,della paura del nuovo e delladiversità. Condizioneinaccettabile per noi progettisti.È necessario ribaltare ilrapporto: anziché soccomberenella crisi proverei a verificare sesi può crescere nella crisi;offrendo nuove prospettive aigiovani, credendo nellaCreatività, nella Sperimentazionee nel futuro. Un esempio, noto ma efficace, civiene dalla Storia. Nel 1919nella gravissima crisi postbellicadella Germania Guglielminaintellettuali di varia estrazione,dal letterato Scheerbart al pittoreFinsterlin, dai giovani architetti(Taut, Gropius, Mies,Mendelshon, Scharoun,

Luckhardt) fino ai senior Behrense Poelzig fondano laNovembergruppe che affrontatemi totalmente innovativi e distraordinaria attualità, neiconcetti e negli esiti espressivi(simboliche architetture alpine invetro, pure e sfaccettate come ilcristallo). Programmaticamentenella loro rivista Glasern Kette(una sorta di blog ante litteram)scrivevano: “Oggi non c’è nienteda fare, non c’è lavoro perl’architetto; quindi è il momentodi lavorare sul serio, di produrrecultura architettonica”. Da quellaesperienza utopica si sonogenerate le principali ricerched’Avanguardia del Novecento:dal Bauhaus all’architetturaorganica e all’espressionismo,che governa ancora molteesperienze contemporanee.Crescere nel tempo della crisisignifica dunque investire sulfuturo, sulle nuove condizionidell’operare, combatterel’obsolescenza tecnologica efunzionale dello spazio, consoluzioni flessibili nell’uso etrasformabili nel tempo (spaziibridi, deformabili, espandibili),affrontando la sfida tecnologica,dei nuovi materiali e dei

linguaggi espressivi. Crescere nel tempo della crisisignifica saper cogliere il sensodelle trasformazioni dellasocietà, dare una risposta ainuovi comportamenti, ai nuovigusti, ai nuovi stili di vita, allenuove modalità di relazione, ainuovi gruppi sociali, ai diversiorientamenti culturali e religiosidella società multietnica. Crescere nella crisi significaanche privilegiare l’architetturaalla piccola scala rispetto aimagniloquenti e sempre piùgiganteschi oggetti architettonici,edifici icona calati nel contestourbano o nel paesaggio. Ledimensioni contenute, la durataeffimera e anche l’immaterialitàoffrono opportunità disperimentazione spaziale cheincidono anche sui comportantidegli utenti.Contemporaneamente bisognacombattere alcunedegenerazioni delcontemporaneo. Inizierei con lostyling che ha generato ilfenomeno dello star systemnell’architettura e nel design. Quello che oggi conta è la firma,lo stilema riconoscibile, per cui learchi-star disegnano tutto: dalle

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O Oa cura di Luisa Chium

enti

FORME DELL’ABITARE (da sinistra):- "Portamitutto/Portamitutta" di

Alessio Tommasetti, RosaTopputo, Daniele Calisi

- "Lampada - separè "Bambù Light"di Claudia De Micco

- "Sediagraf" di Raffaele PetruzzelliRealizzata da D.LA 90

- Sedia "Multisilla" di FrancescaRomana Ferro Luzzi

OFFICINA DELLE ARTI(da sinistra):- “Lampada Riparo” di

Giampietro Preziosa - Teca-contenitore

"Leaf Peeping" diLuigi Menichelli

- "sediepancasedieSPS" di Enzo Pinci

COOKING DESIGN (da sinistra):- Aldo Baluardi "In vetro" dello

Studio Munari per Cleto Munari - area DOC "Moscardino" di

Giulio Iacchetti e Matteo Ragniper Pandora Design

- Dadriade "Opasis" di EnzoMari per Zani & Zani

scarpe agli arredi, dallearchitetture alle sculture.Crescere nella crisi significacapire che l’unica vera crisi èquella energetica, per cui ènecessario dare risposte concretealla compatibilità ambientale,nell’ottica di ridurre il consumodei materiali e delle energie nonrinnovabili, sia nel progetto diarchitettura sia negli spaziesterni e negli oggetti d’uso. Ilfenomeno dell’eco-design e dellabioarchitettura sono una realtàche deve trovare sempre piùvalori etici coniugati con quelliestetici.

Massimo Locci

M O S T R E

TransmittingArchitecture/EcopolisLa scorsa estate la Città di Torinoha ospitato, per la prima volta inItalia, il Congresso mondialedell’UIA, Unione InternazionaleArchitetti. La scelta di Torino,dopo Barcellona, Berlino,Beijing, Istanbul e prima diTokio, ha posto l’Italia al centrodel dibattito architettonicocontemporaneo, per larisonanza e il prestigio dellamanifestazione. In realtà, ilclamore e la considerazione concui è stato seguito tale evento èdipeso dall’aver trovato un temafortemente inerente ai tempi eche ha portato a celebrarlo unaquantità enorme di persone enon solo di addetti al lavoro. Il tema del XXIII Congressosostenuto dal ComitatoScientifico dello stesso e dalConsiglio Nazionale degliArchitetti è stato incentrato sulTransmitting Architecture comerisorsa per migliorare la qualitàdella vita urbana e domestica,puntando oltre che sulletematiche della comunicazione,nella più diversa accezione,anche sulla proposta di modellisostenibili e di struttureecocompatibili. In questo senso, “l’architettura

che comunica e che vienecomunicata” declina lemolteplicità culturali di unmestiere antico ma che siripropone ancora oggi, intermini nuovi, e che si confrontacon i luoghi, con il paesaggio,con l’ambiente e che ricerca unrinnovamento disciplinare al finedi far sviluppare un’idea dihabitat più maturo econsapevole, diritto dei cittadinie risposta ad una società in fortetrasformazione. Nell’ambito di questo grandeincontro internazionale, incollaborazione con lo studioEkoProjetc di Roma, abbiamoorganizzato una mostra conrelativo catalogo della Di Baio,intitolata “La complessità delprogetto contemporaneo per unaarchitettura responsabile” che siè tenuta negli spazi del Lingotto.D’intesa con il ComitatoScientifico tra i cui membriricordiamo Lucio Barbera,Benedetto Gravagnuolo, RaffaeleSirica, Ferruccio Zorzi,presieduto da Salvatore Diernaabbiamo invitato noti esponentidell’architettura internazionale,Emilio Ambasz, Tadao Ando,Norman Foster, Renzo Piano,Paolo Soleri e altri che nella lorodiversità progettuale hanno datorisposte differenti alle tematicheespresse dalla complessità. e deiquali riportiamo alcuneimmagini.La mostra esposta a Torino èstata riproposta nellamanifestazione di Ecopolis allaFiera di Roma con lapartecipazione della SezioneRoma INBAR e dell’Ordine degliArchitetti di Roma che hannoorganizzato un workshop dibioarchitettura ed un Concorsoper tesi di Laurea sull’architetturasostenibile. I premiati diquest’ultimo, tutti dell’UniversitàSapienza di Roma, sono stati:1 premio - StefaniaCampochiaro 2 premio – Giulia Cupelloni 3 premio - Casalloni-Dionisi 4 premio - Alessandro de CastroLa vincitrice potrà fare uno stagenello studio di uno degli architettipartecipanti alla Mostra.

Giancarlo Priori e Rossella Sinisi

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Paolo Soleri, Ceramiche artistiche Solimene, Vietri sul Mare 1953

Philippe Samyn and Partners, Flemish centre for modern art, Lommel 2004

Hiroshige“disegnatore” inmostra a RomaLe sale del Museo FondazioneRoma hanno accolto recentementei disegni di Utagawa Hiroshige(Tokyo, 1797-1858), che vennechiamato “maestro della natura” econsiderato uno dei più importantipittori giapponesi del XIX secolo,quale “ultimo grande esponentedella scuola incisoria di UKIYO-E”(ossia delle “immagini del mondofluttuante della vita che passa”). Il percorso espositivo sottolineauna articolazione su varietematiche raccolte in quattrosezioni principali: “Il mondo dellanatura”, “Cartoline dalleprovince”, “La via per Kyoto” e“Nel cuore di Tokyo”.Promossa dalla FondazioneRoma, presieduta dal Prof. Avv.Emmanuele Francesco MariaEmanuele e prodotta incollaborazione con Arthemisia, lamostra, che espone opereprovenienti dall’HonoluluAcademy of Arts, è stata curatada Gian Carlo Calza, con ilcoordinamento scientifico di TheInternational Hokusai ResearchCentre. Ricordando come la tecnica distampa, “silografia”, sia illustratain dettaglio nelle varie fasioperative, da un video e daimmagini in sequenza, notevoleinteresse suscitano, a mio avviso,le diverse “stazioni di posta” di un“viaggio”, perché da essescaturisce la forte suggestionedell’ambiente giapponese in cuirisalta non solo la bellezza dellanatura, ma anche quelladell’uomo che svolge le sueattività lavorative, sempre acontatto diretto con la natura, glialberi, i fiori, le rocce, le cascate,reinterpretate attraverso l’arte.Si susseguono così le immaginidei “luoghi eccellenti”, poiché latradizione vuole che siano questi iluoghi più visitati, per cui lanarrazione diventa strumento diconoscenza, tenuto conto diquanto, nell’800, fosse scarsa edifficile la mobilità per iGiapponesi. Da qui l’idea delle“cartoline”, perché infatti i

viaggiatori avevano modo così diportare con sé le immagini deiluoghi visitati attraverso le stampe,come vere e proprie cartolineappunto. Da tale punto di vista lafunzione di un artista comeHiroshige, considerata pari aquella dei filosofi e politologidell’’800 sarebbe stata quella didare ai Giapponesi laconsapevolezza della unità delproprio Paese, attraverso questoparticolare “viaggio” perimmagini e il sentimento dellaNatura.Per quanto riguarda la originale enuova sezione fotografica dellamostra, curata da RossellaMenegazzo, è giusto anchericordare come le prime fotografied’arte in Giappone siano state ineffetti prodotte da fotografi d’arteitaliani che guardarono ilpaesaggio con gli occhi diHiroshige, dando vita, con lostesso sentimento dell’artista, allaprima esperienza di fotografiagiapponese ed “interpretazionedel vedutismo di Hiroshige”.Da notare, a mio avviso, oltre allaricostruzione, all’inizio delpercorso espositivo, di un tipico“giardino” (con rocce , fiori,acqua, etc.) la rispondenzaambientale ai temi rappresentatidi un allestimento, basato ad

esempio, su grandi pannelli-passe-partout, rivestiti in tessutoche incorniciano un pianocontinuo, leggermente inclinato,su cui sono fissate le opere.Queste risultano poi illuminatecon luce “controllata” in modo da“garantire la correttaconservazione dei delicatissimimateriali a stampa” (arch. CesareMari - Panstudio architettiassociati, Bologna).I diversi colori delle paretiidentificano le diverse sezionidella mostra, ciascuna delle qualiè comunque anchecontrassegnata da alcuni elementiscenografici, allusivi del mondodescritto da Hiroshige, ricavatiprincipalmente dalle stesse stampein esposizione. Le prime due sezionidell’esposizione fanno benerisaltare i caratteristici paesaggivisibili, in una sorta di “controluce”,attraverso particolari paraventi dicarta, molto leggeri, aprendosiverso quel famoso “torii”, il grandeportale rosso vermiglio che segnalal’ingresso al santuario giapponesescintoista e che introduce allestampe che illustrano appunto ilviaggio verso Kyoto. Nella sala successiva una serie digrandi teli scenografici, cheriproducono, scomposta in più

parti e fortemente ingrandita, unadelle stampe dedicata al quartieredei teatri dell’antica Edo (Tokyo),segnala la sezione dedicata ailuoghi della capitale e induce ilvisitatore a mescolarsi idealmentealla folla che anima una delle vieprincipali della città, entrando“fisicamente” nellarappresentazione che ne ha fattoHiroshige.La sala conclusiva, decorata conventi grandi stendardi colorati coni nomi in ideogrammi delle viedella città e con la riproduzionegrafica delle insegne di negozi,teatri e ristoranti, permette infinedi inoltrarsi nel vero e proprio“cuore di Tokyo” grazie aglielementi estrapolati dalle stampe e“reinterpretati graficamente oriproposti al vero”.Si ricorda infine come, dopo latappa del Museo FondazioneRoma, la mostra aprirà i battentipresso la Dulwich Picture Gallerydi Londra.

L. C.Per informazioni:Fondazione Roma MuseoVia del Corso 320www.fondazioneroma.it

“Guido, i’ vorrei che tuCarlo ed iofossimo presi perincantamento…”

A cura di Francesco Moschini(con il coordinamento di ValentinaRicciuti e Gabriel Vaduva) è stataallestita recentemente, pressol’A.A.M. Architettura ArteModerna, la mostra dal titolo di

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HIROSHIGE

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“stilnoviana memoria”, “Guido,i’ vorrei che tu Carlo ed iofossimo presi perincantamento…”, titolo tracurioso e accattivante cherammenta, a mio avviso, unacaratteristica che è molto propriadel lavoro e della vitadell’architetto. Quell’afflatoparticolare che penso ognuno dinoi abbia colto da studente,nell’approccio meraviglioso del

lavoro comune in una équipe incui lo scambio continuo di ideeaccomuna fino alla veraamicizia, ecco si ritrova, moltoben reso, in una mostra piuttostooriginale. La mostra è dedicata al rapportoculturale, professionale e diamicizia tra Carlo Aymonino,Guido Canella e Aldo Rossi, dicui vengono presentati disegni eprogetti autografi, nonché

testimonianze documentarie, difoto, cartoline e appunti. Unasezione della mostra è dedicataalle foto d’epoca di GabrieleBasilico, dedicate alle opere deitre grandi architetti.Così il prezioso rapportoculturale, professionale e diamicizia tra Carlo Aymonino,Guido Canella e Aldo Rossiviene presentato al pubblicoattraverso disegni, progettiautografi e varie testimonianzee libri diversi, tratti dallerispettive biblioteche.Ed ecco i “richiami simboliciricorrenti anche nei sonettidanteschi: il numero tre, l’unitàdel molteplice e la circolarità delprogetto, che fanno riferimentoa un modello di vita perfetta,chiusa in se stessa e rifuggenteogni confronto con il mondoesterno”. Di Carlo Aymonino vienetracciato un percorso attraversoalcuni disegni autografi einediti, dal progetto per Mestre,con Costantino Dardi (1967) alQuartiere Gallaratese di Milano(1968) ai progetti per Bolzano(1979), per Pesaro (1981) perla Giudecca di Venezia, conAldo Rossi (1985), fino alleesperienze più recenti come ilCampidoglio di Roma (dal1994). Di Guido Canella vieneripercorsa la complessitàformale e architettonica diprogetti che vanno da quelli perSegrate (1962), a PieveEmanuele (1972), a Pioltello(1976 e 1990), fino alleesperienze più urbane legatealla città di Milano in cui èevidente questo rimando eintreccio continuo tra intuizioniprecedenti, riprese condeclinazioni e complessitàimpreviste e inedite e folgorantirisoluzioni. Di Aldo Rossi vengonopresentate le grandi tavole per ilprogetto di Parma (1964),accostate a piccole mastraordinarie riflessioni poeticheattorno ad alcuni suoi progetticome quello per il Cimitero diModena (1971), per il Municipiodi Muggiò (1976), per il Teatrodel Mondo (1979), da cui puòben scaturire l’ideafondamentale di città “per pezzi

e per parti”. Si tratta di preziosi materialid‘archivio come disegni redattiper i più noti progetti dei trearchitetti, mentre èparticolarmente interessantevedere come un fotografo comeGabriele Basilico permetta, con lasua attenta rilettura, unapprofondimento inusualedell’opera dei tre architetti. Gliedifici risultano in effetti“interpretati, a secondadell’angolazione da cui è attuatala visione, che ne accentua voltaa volta le caratteristichespecifiche della progettualità diciascuno dei tre architetti.Le immagini, in bianco e nero,sono di piccolo formato,alternano alla ieraticità dellavisione frontale degli edificil’accelerazione prospetticadell’osservazione tangenzialeche, soprattutto nel caso di Rossi,accentua il carattere osteologicodella composizione, il caratteredirompente dell’espressionismo diCarlo Aymonino e la –monumentalità - acquietata eriappacificata con il disordinedelle periferie urbane di GuidoCanella. Come osservano i curatori, “unideale di progressivoraffinamento ed elevazionesemantica dei contenutipresentati” dà “testimonianza…dei rapporti fra tre straordinariepersonalità”. “Dal Gallaratese ai progetti perSegrate, dal gusto per il disegnoa quello della scrittura, i trearchitetti, che dopo il serratoconfronto fra i tratti autografi deidisegni sembrano rappacificarsinelle spettrali scenografie ai salid’argento di Gabriele Basilico,aspirano ad una perfettaconcordia di intenti, checonsolida il loro sodalizio in unasuperiore unità spirituale e chevive sempre in un talento.” Una mostra originale, che mettein luce in particolare, qualepossa essere il legame, che,nell’ambito della professione,quasi sempre accoglie ungruppo di architetti, nell’ambitodi una stimolante e proficuaamicizia.

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LA BIBLIOTECA DI ALDO ROSSI

I DISEGNI DI ALDO ROSSI

Madre TerraDopo il successo riscontrato nel2008 per la mostra fotograficaintitolata “I Quattro Elementi”,quest’anno la NationalGeographic, dal 7 febbraio al29 marzo, nel Palazzo delleEsposizioni di Roma, haconcentrato il fuoco dei reportersui cinque continenti, facendorimanere l’obiettivo puntato,anche stavolta, sugli infiniti voltidel “nostro” Pianeta. Le centouno immagini presentiprovengono dai più straordinarireportages realizzati per leinchieste e le ricerche illustratenel magazine di questi ultimianni.Le intenzioni di questa mostrasono state quelle di documentarei luoghi in cui sono più evidentile conseguenze dei cambiamenticlimatici e lo stato diconservazione della nostra“Madre Terra”. Questo in

un’epoca dove il rapporto diamore-odio tra la specie umanaed il pianeta che lo ospita e ildualismo tra sviluppo e

sostenibilità, diventa sempre piùforte. Il paesaggio naturale si presentain immagini fotografiche

meravigliose ed irrazionalmenteperfette, dove un albatros inriposo su una spiaggia, o ilballo propiziatorio di tribùprimordiali all’età della pietra,tentano di suscitarenell’osservatore una sensazionesimultanea di stupore edappartenenza.Questi scatti preziosi aiutano arisvegliare riflessioni profonderiguardo luoghi vicini e lontani,di frammenti sparsi di questouniversale grande gioco diequilibri, dove si intuiscesegretamente il legame tantoinvisibile quanto inscindibile, trail battito di un ala in Australia, eil cadere della pioggia inAmazzonia.Per questo si sono volute anchedocumentare le aggressionidello sviluppo umano neiconfronti del pianeta, lecondizioni di vita di animaliprotetti e a rischio di estinzione,di habitat minacciati dall’uomoe di culture che rischiano di

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scomparire vivendo ormai ailimiti della sopravvivenza.Risulta interessante notarequanto l’uomo, se sviluppatoall’interno del contesto naturalecon la consapevolezza di fareparte di una scena con il ruolodi attore tra altri attori, e noncon quello di unico regista, nedivenga parte integrante e neaggiunga ulteriore valore digrandezza e completezza. Incaso contrario quando questosenso di appartenenza viene amancare, la sua presenzarisulta inevitabilmenteegocentrica, miope epericolosa.Questa edizione, come laprecedente, non trova di certosoluzioni o linee guida radicaliin difesa del Pianeta Terra, masicuramente rende coscienti lemigliaia di osservatori, dellainestimabili ricchezze da doverproteggere in difesa anche dinoi stessi e del nostro futuro. Siintuisce da qui, il suggerimentodi sentirsi parte di questouniverso che si è evoluto neltempo con piccoli ma infiniti ecostanti passi verso latrasformazione di se stesso. Staa noi perciò credere e speraredi quanto, partendo dasemplici gesti quotidiani, sipossa in realtà contribuire persalvaguardare il profilo diquesto Pianeta per moltissimiversi ancora bellissimo.

Fabio Masotta

Roma - nuovispazi per l’ArteSiamo nel cuore della Romastorica, la Roma più antica epopolare: è qui che è appenasorta una galleria che tende asegnare un punto di svoltanella concezione architettonicadegli spazi espositivi privati.Beatrice Bertini, giovanecuratrice e storica dell’arte, havoluto interpretare lo spaziocome luogo di “interazioneattiva fra architettura e artivisive” ed ha chiamatoAlessandra Belia e FedericoBistolfi, ex collaboratori dellostudio romano di Zaha Hadid,

a progettare la galleria. Ilrisultato è un ambiente sospeso,un contenitore per l’arte in cuipossano nascere sensazioni peralimentare l’immaginazione.A inaugurare questa realtàespositiva così diversa da quellatradizionale è stata scelta MariaDompè, un’artista che attraversola scelta dei luoghi e la lorotrasformazione, costruisce con lospazio un rapporto intimo etotale attraverso installazioniambientali a volte della durataminima.Per informazioni:tel. 06-32652596

Gio’ Ponti a Villa BadoerNell’ambito della mostra di Dècoin Italia 1919-1939, allestita aRovigo nelle sale di PalazzoRoverella, la palladiana VillaBadoer di Fratta Polesine haaccolto una preziosa esposizionededicata a Giò Ponti, dal titolo“Gio’ Ponti in casa Palladio”.Commissionata da FrancescoBadoer la villa, di cui non siconosce la data precisa dicostruzione, tuttavia, già nel1557 appariva, con il “corpopadronale” nella mapparaffigurante le valli di San Biagioe di Valdentro. Nel 1570 inoltre,con alcune modifiche rispettoalla configurazione attuale, essa

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NUOVI SPAZI A ROMA

è rappresentata ne “I QuattroLibri” del Palladio.Promossa dalla Provincia diRovigo con la Fondazione Cassadi Risparmio di Padova eRovigo, in collaborazione con laRegione Veneto, la mostra haesposto in primis le sue creazioniper la Richard Ginori (130coppe realizzate da Gio’ Ponti)“giustamente” ivi collocate, per irapporti stretti tra l’architetto-designer ed il suo grande“Maestro” Palladio.Di grande effetto è apparsocomunque l’accostamento diquelle raffinate suppellettili, neigrandi saloni di Villa Badoer,con gli affreschi di GialloFiorentino, essi stessi “un unicum nella decorazione degli interni divilla di Palladio”.Palladio e Ponti appaionocomunque legati fra loro quasi

“geneticamente”, per motiviaddirittura biografici; infatti eraaccaduto a Gio’ Ponti perfino di“dormire dentro Palladio” in villepalladiane abbandonate edeserte, durante la prima guerramondiale. Ma per quantoriguarda più strettamente la suaproduzione, è pur vero che il“riduzionismo” di Palladiodivenne per lui “strumento dimoderna semplificazione”,cosicché, sulla rivista “Domus”da lui fondata nel 1928, eccoapparire, sul primo numero, un“Itinerario Palladiano”, offerto ailettori su un pieghevole a duepagine, come una sorta didoveroso omaggio ad unMaestro. La mostra presentaanche selezioni di mobilidisegnati da Gio’ Ponti per gliarredi di case milanesi: daldivanetto di casa Ritter disegnatonel 1930 a una splendida seriedi ceramiche, quali “La terrapromessa” (coppia di vignaioliche sorreggono un grossograppolo d’uva), “Il poeta”(raffinata figura in abitosettecentesco) o le due versionidel “Levriero” (modellati dallascultore toscano Italo Griselli).Ponti assumeva dalle artifigurative contemporaneesoggetti molto stilizzabili, come

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Villa Badoer

ad esempio, slanciati levrieri omaschere ghignanti (come le treerme presenti in mostra)imprimendo in tal modo allamanifattura di Doccia unindirizzo aderente al gustointernazionale del Dèco. Sonosenz’altro da segnalare il vasoovale in maiolica “Le mie donne- Donatella”, e i due rarissimipiatti in maiolica del 1923“Euridice” e “Orfeo” conatmosfere già metafisiche e duevasi con figure femminili evegetazioni prodotti per la siglaDomus Novo diffusa dai grandi magazzini de LaRinascente.Figura senza dubbio centraledel gusto déco (non soltanto inItalia), nei pezzi disegnati per lamanifattura Richard Ginori (nelsuo doppio ruolo di direttoreartistico e progettista tra il 1923ed il 1930), le forme danno vitaa scene in cui spesso si colgonoanche citazioni archeologicherese tuttavia in una raffinataeleganza neoclassica pur

sempre di ispirazionepalladiana. Ed è giustoaffermare, come ha sottolineatoil curatore della mostra, DarioMattoni, che nella produzionedi Ponti convivono “pezzi digrande raffinatezza come leciste di ispirazionearcheologica, e ad un tempoprodotti anche per il mercatocorrente nella manifesta volontàdi diffondere modelli nuovi, masoprattutto artisticamente diqualità anche per oggetti d’usocomune”. Inoltre va segnalato come“l‘impegno di Ponti nelladiffusione del gusto déco” sia

ancora più significativo se sitiene conto del fatto che egli “sirivolgeva ad una committenzaborghese intellettuale emoderna e che sotto la sigla“Domus Nova” si impegnavaper una produzione di mobiliper un grande magazzino comeLa Rinascente”, comprendendocosì, come egli stesso scriveva,che “l’industria è la maniera delventesimo secolo, è il nuovometodo di creare, il senso dellasua modernità”. Ricordiamo come Villa Badoer,con le sue due armoniosebarchesse (uniche a forma diemiciclo, nella produzione

palladiana), sia una delle tanteville palladiane, che siinseriscono nel paesaggioveneto con la maestosità dellagrandiosa facciata che conduceal piano nobile. La villa,dichiarata dall’UNESCOPatrimonio dell’Umanità,appartiene oggi allaAmministrazione provinciale diRovigo, che ne ha provvedutoad un suo accurato restauroconservativo, aprendola adeventi e mostre.

L. C.

Per informazioni:www.comune.frattapolesine.ro.it

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