Anno 9, Numero 173 Akhtamar - Comunità armenaold.comunitaarmena.it/comunita/akhtamar/akhtamar...

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1 Akhtamar on line WWW.COMUNITAARMENA.IT Anno 9, Numero 173 1 febbraio 14—XCIX M.Y. Akhtamar on line Figlio di un prete. Accade spesso così. Gli eroi, i com- battenti armeni del secolo scorso nascono e crescono in famiglie dove la fede cristiana e l’amor patrio si fondono indissolubilmente. Storie di uomini che, ad un certo momento della loro vita, decidono che non pos- sono più rimanere soggetti passivi a guardare i fratelli che soffrono la tirannide dello straniero. Divengono attivisti, militanti, poi im- bracciano il fucile per difendere ciò che è più sacro, la libertà del popolo. Nikol Duman (1867-1914) appartiene a questa cate- goria. Anno dopo anno si rende conto che la vita “normale” è troppo stretta per la sua armenità. Diplomatosi a venti anni alla scuola diocesana di Shushi, comincia a girare per il Caucaso settentrionale insegnando nelle scuole armene. Poco alla volta affianca all’insegnamento il lavoro politico presso le comunità armene. Dopo l’esperienza al nord il giovane insegnante si spinge a sud, nella persiana Tabriz ... (segue pag.2) Bollettino interno di iniziativa armena La coerenza degli eroi: Nikol Duman 1-2 Sessanta anni di gloriosa storia 3 Pagina Armena 4 La voce dell’Artsakh 5 È morto il maestro Gharabekian 6 Qui Armenia 6 Un sorriso prima di morire 7 Sommario Nikol Duman Storia di un maestro che non volle arrendersi, storia di un armeno che volle farsi eroe. LA COERENZA DEGLI EROI

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    Anno 9, Numero 173

    1 febbraio 14—XCIX M.Y. Akhtamar on line

    Figlio di un prete. Accade spesso così. Gli eroi, i com-battenti armeni del secolo scorso nascono e crescono in famiglie dove la fede cristiana e l’amor patrio si fondono indissolubilmente. Storie di uomini che, ad un certo momento della loro vita, decidono che non pos-sono più rimanere soggetti passivi a guardare i fratelli che soffrono la tirannide

    dello straniero. Divengono attivisti, militanti, poi im-bracciano il fucile per difendere ciò che è più sacro, la libertà del popolo. Nikol Duman (1867-1914) appartiene a questa cate-goria. Anno dopo anno si rende conto che la vita “normale” è troppo stretta per la sua armenità. Diplomatosi a venti anni

    alla scuola diocesana di Shushi, comincia a girare per il Caucaso settentrionale insegnando nelle scuole armene. Poco alla volta affianca all’insegnamento il lavoro politico presso le comunità armene. Dopo l’esperienza al nord il giovane insegnante si spinge a sud, nella persiana Tabriz ... (segue pag.2)

    Bollettino interno

    di

    iniziativa armena

    La coerenza degli eroi: Nikol Duman 1-2

    Sessanta anni di gloriosa storia 3

    Pagina Armena 4

    La voce dell’Artsakh 5

    È morto il maestro Gharabekian 6

    Qui Armenia 6

    Un sorriso prima di morire 7

    Sommario

    Nikol

    Duman

    Storia di un

    maestro che non

    volle arrendersi,

    storia di

    un armeno che

    volle farsi eroe.

    LA COERENZA DEGLI EROI

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    ANNO 9, NUMERO 173

    Il museo Nikol Duman Nel villaggio di Ghshlagh (Tsaghkashat), regione di Askeran del Nagorno karabakh, è stato creato nel 2004 (90° anniversario della morte) un museo dedicato a Nikol Duman. Esso è ospitato ed organizzato in un com-plesso di vecchie abitazioni ottocentesche in pietra che riproducono fedelmente, nel loro arredamento e nel materiale espositi-vo, una tipica a casa armena dell’epoca. Il visitatore viene catapultato nell’atmosfera familiare di fine ottocento/inizio novecen-to in Artsakh. Non esiste una datazione certa della co-struzione dell’edificio: tuttavia una iscri-zione su di un muro riporta che lavori di completamento furono eseguiti nel 1912 dai genitori dell’eroe. La casa museo è articolata in quattro se-zioni: tutto il primo piano dedicato a Nikol Duman (con foto, oggetti personali, anche delle armi usate dall’eroe), la riproduzione di un tradizionale soggiorno di fine dician-novesimo secolo, una stanza di vita fami-liare e alcuni ambienti pertinenziali (dalla cantina all’angolo del tonir). Tutta la strut-tura, sia al chiuso che all’aperto, è elegan-temente ed ordina-tamente disposta. Il museo è aperto ogni giorno dalle 9 alle 18, l’entrata è libera. Contributi sono ben

    dove diviene membro attivo della Federa-zione Rivoluzionaria Armena. Furono i massacri hamidiani di fine secolo a convincere definitivamente Nikol Ter-Hovhannisyan a dedicarsi alla causa arme-na con ancor più slancio del passato. Abbandona le cattedre e imbraccia il mo-schetto. Giunge a Van nel 1896 guidando un pu-gno di uomini. Sono anni difficili, la scure hamidiana si sta abbattendo con ferocia sulle genti armene. a van cinquecento armeni inermi vengono ammazzati dalle bande curde. Nikol corre a spalleggiare i confratelli della cittadina sul lago. Ma l’operazione di resistenza va male: la casa nella quale si è acquartierato viene assediata da gruppi di curdi che appiccano un incendio all’abitazione. Riesce tuttavia rocambolescamente a fug-gire con i suoi compagni suscitando la meraviglia e l’ammirazione degli assalitori che mai si sarebbero immaginati tale esito. Da quel giorno Nikol Ter-Hovhannisyan diviene per tutti “Duman” (“fumo”). E lui organizza la vendetta. Il 10 agosto, trecento volontari armeni, guidati da Var-tan mehrabian, ricevuta la benedizione del prete, attraversano il confine turco persia-no all’altezza dei monti Araul dove, nella piana, insistono un centinaio di accampa-menti di curdi Mazrik.

    Pagina 2

    Akhtamar on line Sul campo di Khanasor gli armeni scon-figgono i nemici ed impartiscono loro una dura lezione. Nel 1897 Duman si trasferisce a Baku. Anche lì non mancano aggressioni e po-grom a danno delle comunità armene ed il 6 febbraio i massacri nei sobborghi indu-striali della città raggiungono il loro apice. Duman organizza l’autodifesa: predispone tattiche e fornisce utili consigli ad una popolazione impreparata a fronteggiare tali aggressioni. Verrà soprannominato “il salvatore degli armeni di Baku”. La sua militanza lo porta a correre in ogni luogo dove gli armeni sono minacciati. Va a Erevan e poi in Nakhchivan ed in ogni luogo organizza e prepara la difesa degli armeni. Il suo motto è “cinque turchi per ogni armeno ucciso”; e si fa rispettare… È inseguito anche dalla truppe zariste e nel 1908 si rifugia a Costantinopoli, nel 1910 partecipa a Copenaghen ai lavori dell’In-ternazionale del partito ARF Dashnak dove diffonde un opuscolo dal titolo “Il progetto di autodifesa di una Nazione”.Nel 1913 ritorna in Transacaucasia. La sua vita, fatta di lotta e privazioni per la battaglia in difesa del popolo armeno, ne risente. Duman si ammala di tubercolosi. Si trasfe-risce nel sanatorio di Mineralnye Vody. Nel frattempo scoppia la guerra, gli otto-mani si accaniscono contro gli armeni, cominciano le prime deportazioni. Nikol sente la vista sfuggirgli, sente che mai più potrà correre in difesa dei fratelli armeni. Piuttosto che spegnersi lentamente decide di porre fine alla sua esistenza con lo stes-so spirito che aveva contraddistinto la sua militanza. Si spara alla testa il 27 settem-bre 1914. Una folla enorme segue i suoi funerali a Tbilisi e lo accompagna al Pantheon armeno, sepolto tra gli eroi.

    PANTOFOLE E MOSCHETTI

    La storia di Nikol Duman appartiene ad un passato che non può ritornare più. Altri tempi, altri scenari, impensabili oggi.

    Allora per sostenere la causa del proprio popolo non vi erano molti strumenti a disposizione: la carta stampata aveva una diffusione

    limitata e circoscritta solo a colo che sapevano leggere, non c’erano radio, televisione e neppure ovviamente internet… Così, spesso,

    l’unico modo di farsi sentire era proprio quello di resistere con le armi alla prepotenza del nemico.

    Ma oggi, per fortuna, i tempi sono cambiati. Gli “eroi” (virgolette obbligatorie!) moderni sono tutti coloro che si battono per la causa

    con gli strumenti che il mondo moderno mette a disposizione; sono coloro che non si limitano a scuotere il capo ed alzare le spalle ma si

    danno, in un modo o nell’altro, da fare. Sono coloro che non si rassegnano, che dedicano buona parte del loro tempo a far sentire più

    forte la voce armena, ciascuno come può e quanto può. Sono coloro che non appartengono alla categoria dei disfattisti, dei menefreghisti,

    dei pantofolai.

    Sono coloro che scrivono, scendono in piazza, tengono conferenze, mandano lettere ai giornali, intervengono attivamente laddove è

    necessario. Quelli che non si vergognano di essere armeni, che ad un amico o anche ad un estraneo sono pronti a raccontare la storia di

    una nazione.

    Sono i preti che scendono in prima linea in mezzo al loro popolo, che non hanno vergogna a sentirsi armeni e parlare di politica, che non

    si limitano al loro officio religioso ma concepiscono lo stesso anche come una missione nazionale, che non trasformano le loro chiese in

    semplici parrocchiette ma hanno il coraggio di esporsi in prima linea. Sono i ragazzi, i figli, i nipoti, che vogliono scoprire la propria

    armenità che non è “una cosa da vecchi” ma qualcosa che ci sta dentro, ci appartiene, è indissolubilmente legata a noi.

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    ANNO 9, NUMERO 173

    Il 28 dicembre 1953, il notaio Giancarlo Caesaris ufficializzava la costituzione dell’Associazione “Casa Armena” redi-gendo lo statuto della stessa. Possiamo dunque considerare tale data il punto di partenza di una istituzione assai cara a tutti gli armeni italiani ed in partico-lare a quelli milanesi che nella prestigiosa sede di piazza Velasca hanno dato vita ad importanti iniziative comunitarie e cultu-rali che hanno contribuito a rafforzare il legame con la città e le sue istituzioni (civili e religiose). Casa Armena è stata, ed è, un punto di riferimento fondamentale, uno spazio fisico che si è trasformato in breve tempo in un volano di iniziative che hanno potuto essere allestite anche grazie all’esistenza dell’appartamento in Torre Velasca, a due passi dal duomo. La storia di Casa Armena (Hay Dun) prende idealmente avvio con i primi passi della piccola comunità armena meneghina, sorta nel primo dopoguerra; quella che allora si chiamava “Colonia armena” era composta da poche famiglie ma già molto attive nell’accoglimento dei connazionali scampati al genocidio. L’attività che ruotava intorno alla “Colonia” (poi ribattezzata “Comitato armeno d’Italia”) rese sempre più evidente la necessità di acquisire uno spazio fisico che permettesse di realizzare le attività programmate. Dapprima gli armeni di Milano si riunivano presso il collegio di viale Umbria: ma alla sua vendita nel 1933 dovettero ripiegare in alberghi o caffè. Con il passare del tempo e la crescita, anche numerica, della comunità milanese si accentuò l’esigenza di conquistare un punto di aggregazione proprio. Nel secon-do dopoguerra si moltiplicarono le inizia-tive comunitarie (tra l’altro fu costituito un coro) ed era sempre più evidente l’impos-sibilità di continuare ad elemosinare spazi a privati. A partire dagli anni cinquanta cominciò dunque a formarsi l’idea di trovare un appartamento, possibilmente in una zona

    centrale della città facilmente raggiungibi-le da tutti. Si susseguirono riunioni, si prospettarono diverse soluzioni, cominciò la necessaria raccolta fondi. “Hay Dun” nacque quindi alla fine del 1953 e la relativa associazione si costituì con finalità prevalentemente culturali, laica e apolitica, autonoma rispetto ad altre organizzazioni presenti nella comuni-tà stessa. Lo spazio fisico conquistato necessitava comunque di essere riempito: la comunità armena di Milano si adoperò per allestire, poco alla volta, l’appartamento il cui gran-de salone si dimostrava utilissimo per ospitare conferenze, attività ludiche e comunitarie; ed anche funzioni religiose, giacché la chiesa armena di via Jommelli dedicata ai SS Quaranta Martiri di Sebaste sarà consacrata solo nel 1958. La sede era prestigiosa ma anche econo-micamente impegnativa: a parte l’arredo che venne acquistato nel tempo, le spese di gestione furono sin da subito elevate. All’inizio la Casa era aperta tutti i giorni disponendo addirittura di personale di servizio stipendiato, poi l’apertura fu limi-

    tata solo al fine settimana, da ultimo si passò al servizio dei volontari. Nei suoi sessanta anni di attività Casa Armena ha visto Katolikos, cardinali, scienziati ed artisti di fama internazionale, poeti e scrittori, accademici e ricercatori di livello mondiale; ma anche politici (armeni ed italiani) ed ambasciatori. Negli anni settanta fu allestita addirittura una compagnia teatrale (“Il teatro dei gio-vani”) che diede con successo rappresenta-zioni sia in lingua armena che in italiano. Casa Armena in tutti questi anni ha aperto le porte a tante associazioni ed organizza-zioni non solo prettamente armene: un punto di riferimento al quale non è possibi-le rinunciare.

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    UN APPELLO PER CASA ARMENA

    Nei giorni scorsi Casa Armena ha lancia-

    to un appello: le spese di gestione diventa-

    no sempre più alte ed è necessario l’aiuto

    di tutti. Facciamo nostro l’invito.

    Questo è l’iban di Casa Armena:

    IT40V 03359 01600 10000 0073126

    Casa Armena: sessanta anni di gloriosa storia Il 28 dicembre la storica istituzione ha compiuto sessanta anni: ma ora più che mai non basta cullarsi sugli allori del passato ma costruire il futuro

    HAY DUN - CASA ARMENA piazza Velasca, 4 (3° piano) - MILANO (e-mail: [email protected])

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    ANNO 9, NUMERO 173

    Դեռևս վաղնջական ժամանակներից՝ մարդկության հնագույն քաղաքակրթության ձևավորման փուլից մեզ հասած, բոլոր հին ժողովրդների մատենագրությունները վկայում են Հայկական Լեռնաշխարհի բացառիկ դերը, Երկիր մոլորակի վրա: Այդ հեղինակավոր վկայությունները մեզ տեղեկացնում են նաև, որ առավել զարգացած քաղաքակրթությունը Երկրի վրա այլմոլորակային է եղել, և այդ թվում մեր հին հայկական աղբյուրներից մեզ է հասել նաև, Հայկ Նահապետի Երկնային ծագման մասին առասպելը՝ «Օրիոն» կամ «Հայկ» համաստեղությունից լինելը: Այդ մասին էր վկայում նաև, անգլիացի գիտնական, աստղագետ Ուիլյամ Թայլեր Օլքոթը (1873-1936), որի հետազոտությունները հանգեցնում էին այն եզրակացությանը, որ արդի մեզ ծանոթ համաստեղությունները, ժամանակին հենց Հայկական Լեռնաշխարհից են դիտվել և գրանցված եղել, որպես այդպիսիք: Այդ են վկայում նաև Հայաստանի տարածքում գտնված բազում ժայռապատկերներ, արձանիկներ ու տարբեր առարկաներ, որոնք կարծես թե, պատկանում են մեկ այլ՝ շատ ավելի զարգացած քաղաքակրթությանը, ինչպես և պեղումների արդյունքները, որոնք մինչ օրս շարունակում են դեռ, հողի տակ գտնվող շատ գաղտնիքներ բացել, մարդկության համար:

    Պատահականություն չեր ուրեմն, Ակադեմիկոս Վիկտոր Համբարցումյանի (1908-1996) տիտանական ջանքերով 1946 թվին Սովետական Հայաստանում՝ Արագած լեռան լանջերում հիմնած Բյուրականի Աստղադիտարանը, որը

    այժմ էլ, ամենանշանավոր աստղադիտարանն է Արևելյան Եվրոպայի և Մերձավոր Արևելքի տարածքում: Եվ իրադարձությունների նաև տրամաբանական զարգացման արդյունքը եղավ կարծես, երբ հետագայում Բյուրականի մեկ այլ գիտությունների տիտան, աստրոֆիզիկոս՝ Ակադենիկոս Պարիս Հերունին (1933-2008) շուրջ 20 տարի հետազոտեց և գիտականորեն հիմնեց Քարահունջի, կամ Զ'օրաց Քարերի տարիքը՝ ավելի քան 7.500 տարեկան լինելը և այդ հուշարձանի հնագույն Աստղադիտարան լինելը:

    Հուշարձանում կան 0,5-3 մետր բարձրության, մինչև 10 տոննա կշիռ ունեցող 222 մենհիրներ (մեգալիթներ), որոնցից 84-ը իրենց վերին մասում ունեն 4-5սմ տրամագծով,որոշակի ուղղվածություն ունեցող անցքեր:

    Հերունին հայտնաբերել է այնտեղ քարե բազմաթիվ աստղագիտական գործիքներ՝ Արևը դիտելու համար կան 17 քար և Լուսինը դիտելու՝ 14 քար, օրացույց-քար, խոսող-քար... այդպես էլ կոչվում են «հնչուն քարեր»:

    1994 թվի գիտարշավի ժամանակ, Հերունին Քարահունջում հայտնաբերեց 3 քարից կազմված մի աստղագիտական գործիք, որը մինչ այսօր էլ կատարում է իր նշանակությունը: Այդ գործիքի միջոցով հնարավոր է եղել, 30 ՄՆ ճշտությամբ, չափել տեղի աշխարհագրական լայնությունը, ինչպես նաև 2 վրկ ճշտությամբ որոշել մարտի 21-ը՝ և գարնան, և տարվա իրական սկիզբը:

    Չափելով երկրի լայնությունը տարբեր տեղերում, դեռ 7.500 տարի առաջ հայերն իմացել են, որ Երկիրը գնդաձև է: Այս և այլ գործիքներ Քարահունջում վկայում են, որ Միջնադարյան Եվրոպայից շատ հազարամյակներ առաջ Հայաստանում իմացել են, որ երկիրը ոչ միայն գնդաձև է, այլև, որ տարին բաղկացած է 365+0,25 օրից: Այդ քառորդ

    (0,25) օրի 4 տարվա գումարը տալիս է 1 օր, որը համապատասխանաբար 4 տարին մեկ ավելացվում է Փետրվար ամսվա օրերին: Այդպիսով, այդ քառորդ (0,25) օրվա գումարը 1460 տարվա համար, դառնում է 1 տարի և այդ ժամանակաշրջանը (1460 տարին) կոչվում էր Հայկյան Շրջան: Եգիպտացիները դա գիտեին նույն անվան տակ:

    Եվ ամենահետաքրքրականը Պարիս Հերունու այն գյուտն է, որ Բուրգերը, այդ

    30° լայնության վրա կառուցելու համար, Եգիպտացիները 200 կմ հեռավորությունից 50 տ կշռող քարեր են քարշ տվել բերել, հսկայական քանակով: Իր հերթին, Սթոունհենջը կառուցելու համար 70 տ կշռող քարեր են բերվել 380 կմ հեռավորությունից, բերել այնտեղ են հասցրել, այն կառուցելու համար: Հարց է ծագում, ինչու՞ չեն սարքել այնտեղ, որտեղ քարեր կային, ինչպես որ Քարահունջը քարհանքի մոտ է սարքված: Ընդ որում այդ երեքը իրար հետ կազմում են մի հավասարասրուն եռանկյունի,

    Քարահունջի նկատմամբ:

    Բնականաբար Եգիպտական բուրգերը Քարահունջից 3000 տարի ավելի ուշ են կառուցվել, իսկ Անգլիայի (Անգղիա) Սթոունհենջը՝ Քարահունջից 3500 տարի ավելի ուշ:

    Այս բոլոր դիտարկումներն ու ճշգրիտ հաշվարկները հիմք հանդիսացան գիտնականին իր ծանրակշիռ եզրակացությունն անելու և ասելու. « Հիմա հայոց հնագույն պատմությունը, որ դեն է գցված աշխարհի հնագույն պատմությունից, դրա համար ծագել են շատ հանելուկային բաներ: Այսօր գիտության մեջ կան որոշակի հետքեր, բայց չկան հեղինակներ… ովքե՞ր են դրանք կառուցել: Տեղի ժողովուրդները չունեին այդ մակարդակը, ասում են՝ «դա բերված մշակույթ է», բայց որտեղի՞ց բերված, նրանք չգիտեն: Չգիտեն նաև ինչու՞ են այնտեղ սարքել… Իսկ ես արդեն գիտեմ, ինչու են այնտեղ սարքել, որը բոլորի համար զարմանք է… Հիմա ես գրում եմ, որ դա արել են հայերը, քանի որ այն ժամանակ անհրաժեշտ գիտելիքները ունեին միայն հայերը: Դա հաստատում է Քարահունջը»:

    Պարիս հերունին գրեց «Հայերը և հնագույն Հայաստանը» գիրքը և առաջին հերթին այն հրատարակեց անգլերեն (անգղերեն) լեզվով (Armenians and old Armenia, 2004), քանի որ գտնում էր, որ ավելի կարևոր է ամբողջ մարդկությանը տեղյակ պահել և վերադարձնել նրանց կորցված գիտելիքն ու հիշողությունը:

    Կարինե Մկրտչյան

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    ՔԱՐԱՀՈՒՆՋ ՔԱՐԱՀՈՒՆՋ ՔԱՐԱՀՈՒՆՋ ՔԱՐԱՀՈՒՆՋ (Մաս – 1)

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    Prosegue il programma dell’AGBU a so-stegno degli armeni scappati dalla guerra civile siriana e rifugiatisi nell’Artsakh meridionale. Nuovi trattori sono stati consegnati alle famiglie insediatesi a Kovsakan, nel sud ovest del paese. Diverse famiglie, con l’aiuto di istituzioni pubbliche e private, si sono lasciate le spalle le bombe di Aleppo ed hanno rico-minciato la loro vita dedicandosi all’agri-coltura. Sementi, attrezzi ed alloggi sono stati donati per la fertile terra dell’Artsakh. Il futuro è ricominciato.

    Si chiamava Aram Hovhannisyan. Era un giovane sergente dell’Esercito di difesa dell’Artsakh ed è morto nella notte tra il 20 ed il 21 gennaio per respingere un ten-tativo di incursione azera nel territorio del la repubblica del Karabakh Montuoso. La cronaca, sempre come di consueto scarna di particolari, ci dice che poco prima di mezzanotte alcuni gruppi di mili-tari dell’Azerbaigian, simultaneamente hanno cercato di penetrare nel territorio armeno. Probabilmente sono riusciti ad addentrarsi per alcune centinaia di metri, forse, più, complice il buio e l’ora tarda. Ma la pronta reazione dei difensori li ha ricacciati indietro con “pesanti pedite di vite umane e mezzi” recita il bollettino ufficiale del ministero della Difesa. Non sapremo mai con esattezza in quanto e fin dove siano arrivati gli incursori: quel che è certo è che si è trattato dell’enne-sima gravissima violazione azera del ces-sate il fuoco: fatto ancor più grave è che la morte del giovane Aram non è stata deter-minata da un isolato colpo di cecchino, ma da una multipla, e per questo pianificata a tavolino, incursione degli azeri nel territo-rio nemico. Una vera e propria provocazione fatta per ricacciare indietro gli sforzi dei mediatori internazionali alla vigilia di un nuovo round di colloqui fra i ministri degli esteri dei due Paesi. Aliyev continua a giocare con la vita di

    questi ragazzi: cosa si aspettavano i vertici militari azeri? Che i loro soldati potessero giungere indisturbati fino a Stepanakert? Li hanno mandati allo sbaraglio e chissà quanti sono caduti mentre precipito-samente tentavano di riguadagnare la linea amica... Ai funerali di Aram erano presenti migliaia di giovani armeni che si sono stretti al loro connazionale in un lungo e caldo abbraccio fraterno. Il tempo di seppellire un ragazzo, che un altro cade per vittima dei cecchini azeri. Il 29 gennaio viene colpito a morte il ven-tenne Karen Galstan raggiunto da un colpo mentre si trovava nella sua posta-zione lungo il confine settentrionale tra Artsakh ed Azerbaigian. Mentre i ministri degli esteri di Yerevan e Baku si incontrano a Parigi (24 gennaio) i fucili di Aliyev continuano a sparare. E i giovani a cadere con un colpo alla testa.

    Pagina 5

    TRATTORI PER IL FUTURO DELL’ARTSAKH

    Ancora aggressioni azere, due giovani armeni uccisi!

    la voce dell’Artsakh

    ANCORA TEMPI LUNGHI PER L’AEROPORTO?

    Il Dipartimento Generale dell’Aviazione Civile dell’Armenia ha annunciato una prossima visita allo scalo aeroportuale di Stepanakert che doveva divenire operativo lo scorso anno ma è ancora fermo. L’ispezione è motivata dalla necessità di verificare se talune mancan-ze segnalate nell’ultimo controllo siano state risolte ed abbiamo adeguato l’impianto ai parametri richiesti dalla ICAO (International Civil Aviation Organization). L’aeroporto non è stato ancora riconosciuto dalla Icao e gli ispettori armeni confidano che i nuovi adeguamenti accelereranno questo processo sul quale pesano, è inutile nasconder-lo, problemi più di natura politica che tecnica. Comunque l’aeroporto c’è e siamo sicuri che sarà operativo nel corso del 2014. I tempi sono maturi per il via libera.

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    ANNO 9, NUMERO 173

    LIBERTA’ ECONOMICA

    L’Armenia si piazza al 41° posto (su 186) nella classifica 2014 curata dalla Heritage Foundation che analizza la libertà economica degli stati del mondo. In ambito europeo l’Armenia è diciotte-sima su quarantatre stati. L’Italia si piazza in una deludente 86a posizione; l’Azerbaigian è 81°, la Turchia 64a. LA CLASSIFICA DEL CIBO

    L’annuale edizione del “Global Food index” colloca l’Armenia al 57° posto (su 126 stati). La valutazione complessi-va prende in considerazione quattro parametri: la quantità di cibo disponibi-le, l’accessibilità allo stesso, la qualità ed i riflessi sanitari. L’Aremani ottiene un buon risultato sul primo e terzo para-metro mentre è più carente negli altri due. L’Italia è ottava, la Turchia settan-tasettesima, l’Azerbaigian novantunesi-mo (con vistose pecche anche sulla qua-lità del cibo). In prima posizione Olan-da, Francia e Svizzera. GIOCHI PANARMENI

    Dal 24 febbraio al 2 marzo trecento atleti provenienti da diciotto paesi si sfideranno nella prima edizione inverna-

    Si è spento a soli cinquantotto anni il mae-stro Aram Gharabekian. Nato a Boston da famiglia armena è stato per molti anni il principale conduttore e direttore artistico della orchestra nazionale da camera dell’Armenia. Nel 1983 fondò la “Boston synfonova orchestra” che di-resse fino al 1991. Nel corso della sua intensa attività artistica ha diretto in molte prestigiose orchestre sinfoniche interna-zionali: da quella di Kiev a quella di Zaga-bria, negli Stai Uniti come in Cina dove a Capodanno del 1999 condusse un orche-stra di trecento elementi provenienti dai sei diversi Paesi. Studiò conduzione con il grande maestro italiano Franco Ferrara. Ha ricevuto nume-rosi premi e riconoscimenti internazionali. Messaggi di condoglianze alla famiglia sono giunti da tutta l’Armenia.

    le dei giochi pan armeni. La località sciistica di Tsakhkadzor e la città di Hrazdan saranno le sedi degli eventi sportivi che riguarderanno varie discipli-ne dello sci, lo snowboard e l’hockey. ARMENIA IN QUARTA FASCIA

    L’Armenia è stata collocata in quarta fascia (su sei) per il sorteggio dei cam-pionati europei del 2016. Grazie al mi-glioramento del suo ranking Fifa, l’Ar-menia è salita di livello: nel precedente sorteggio per le quali-ficazioni agli Eu-ropei del 2012 era stata collocata in quinta fascia. I nuovi sorteggi non pre-vedono preclusioni salvo il divieto di accoppiare l’Armenia con l’Azerbaigian e la Spagna con Gibilterra. Intanto è ufficiale la notizia che Russia ed Armenia si affronteranno in un incon-tro amichevole il prossimo 5 marzo a Krasnodar. UNIONE DOGANALE

    Il governo armeno ha approvato il 23 gennaio la road map di accesso dell’Ar-menia all’Unione doganale eurasiatica. Il via libera era giunto il 24 dicembre dal Consiglio dell’Unione. OLIMPIADI DI SOCHI

    Stanno per prendere il via le olimpiadi

    invernali di Sochi alle quali prenderan-no parte anche quattro atleti dell’Arme-nia. Si tratta degli sciatori Sergey Mika-yelyan, Artur Yeghoyan, Katya Gal-styan e Arman Serebrakian. I primi tre sono fondisti selezionati anche grazie alle prove tenutesi a Tsakhkadzor a metà gennaio. Galstyan e Serebrakian hanno ottenuto il pass con una wild card. Difficile ipotizzare medaglie olim-piche, l’importante è partecipare.

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    Qui Armenia

    È morto il maestro Gharabekian

    CITTA’ DEL VATICANO, 15 gennaio

    L’ambasciatore dell’Armenia presso la Santa Sede, Mikael Minasyan, incontra Sua Santità Francesco che per suo tramite ha formulato auguri al popolo armeno, al presidente Sargsyan ed al Catholikos Karekin II.

    Azerbaggianate La nostra nuova rubrica (lanciata due nu-meri or sono) ha avuto tanto successo che in Azerbaigian è partita una corsa a chi le spara più grosse.

    Questa volta tocca ad alcune comunità azere residenti nella Georgia meridionale. All’improvviso, quasi destati dal loro tor-pore, hanno scoperto che la rete georgiana di distribuzione del gas porterà (o sta por-tando) gas anche a villaggi georgiani preva-lentemente popolati da armeni (soprattutto nello Javakhk). Si sono dunque fatti due conti: il gas georgiano arriva dall’Azerbai-gian, dunque il gas azero sta riscaldando l’inverno degli armeni. Il ragionamento gli ha sconvolti. E secca è stata la risposta delle autorità di Tbilisi: la rete del gas non appartiene alla Socar (l’azienda petrolifera azera) ma alla “Georgian oil and gas corporation”. Come dire, cornuti e mazziati...

    La cronaca della settima

    edizione del premio Dink

    sul prossimo numero di

    Akhtamar on line

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    Akhtamar on line

    Ha commosso gli armeni di tutto il mondo. Serhiv Nikoyan, venti anni, è morto lo scorso 22 gennaio sulla barricata 32 durante le proteste di piazza a Kiev in Ucraina. La foto del suo volto sorridente, con indosso la bandiera armena, tra la folla dei manifestanti, ha fatto il giro del mondo. Nacque in Ucraina da una famiglia originaria del villaggio di Navur, nella provincia armena di Tavush, che fu costretta ad abbandonare agli inizi degli anni Novanta quando du-rante la guerra del Nagorno Kara-bakh gli attacchi azeri dalla vicina linea di confine erano divenuti trop-po pericolosi. Il 22 gennaio mentre si trovava a svolgere servizio d’ordine in via Hrushevskoho nella capitale ucraina è stato raggiunto da un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia.

    Bollettino interno a cura di comunitaarmena.it

    Un sorriso prima di morire

    QUESTA PUBBLICAZIONE E’ EDITA CON IL FAVORE DEL

    MINISTERO DELLA DIASPORA

    il numero 174 esce il

    15 febbraio 2014

    www.karabakh. i t

    Informazione quot idiana

    in i tal iano sul l ’Artsakh

    Non è stato purtroppo una vittima isolata nelle manifestazioni di piazza di quei giorni ma ha colpito tutti il fatto che si trattava di un ragazzo armeno che scendeva in piazza con la propria bandiera ed è morto per una causa apparentemente non sua. Il suo gesto ha commosso tutti; sulla barricata 32 è stata issata una bandie-ra armena e uno striscione in suo onore. Morire così a venti anni per difendere il diritto di parlare e mani-festare...

    19 gennaio 2007

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    19 gennaio 2014