Anno 2 Lez 1 1 · 2020. 2. 3. · Nel 1679 sposa Maria Luisa di Orleans ... sia pure con una...
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Negli anni in cui era in corso la Guerra della lega di Augusta, in Ungheria era continuata la lotta
dell’Impero contro i Turchi, sempre pericolosi e segretamente aiutati dalla Francia.
Nel 1696 l’esercito imperiale in quella zona è comandato da Federico Augusto, elettore di Sassonia,
pessimo generale ma generoso di uomini e di denaro verso l’Imperatore. Al suo fianco per consigliarlo
militarmente era stato messo l’anziano maresciallo Caprara, lo stesso che era già stato in Italia. L’accordo
tra i due uomini era pessimo e le operazioni davano modesti risultati.
Al posto di Caprara è allora mandato il principe Eugenio, che la fine della Guerra della lega di Augusta
aveva reso libero. Anche Eugenio trova la collaborazione con Federico Augusto un compito assai difficile.
Nel giugno del 1697, Federico Augusto è eletto Re di Polonia e rinuncia al comando. A Vienna, gli amici
di Eugenio fanno allora in modo di fargli avere il comando in capo. A lui è però raccomandata prudenza
nelle azioni contro il nemico, anche perché ha solo 55000 uomini (su un organico di teorico di 80000) e
scarsità di materiali.
Appena preso il comando, Eugenio deve anche reprimere una rivolta in Ungheria, ma con la consueta
abilità riesce a risollevare il morale delle truppe e a riorganizzare sia l’esercito sia la rete logistica; per
questo compito organizza anche una rete di natanti lungo il Danubio.
Nell’estate del 1697 i Turchi concentrano un esercito presso Belgrado, comandato dal sultano Kara
Mustafà, come sempre assistito da tecnici francesi. Intenzione del Sultano è quella di recuperare tutto il
terreno perduto dai Turchi in Ungheria
L’esercito turco si mette in marcia, controllato con attenzione da Eugenio, che riusciva sempre ad avere
precise informazioni sul movimento del nemico e spostava rapidamente le sue truppe di conseguenza.
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Il giorno 11 settembre 1697, l’esercito turco organizza l’attraversamento del Tibisco, affluente del
Danubio, presso il villaggio di Zenta (oggi nel Nord della Serbia). Per l’attraversamento è utilizzato un
ponte di barche gettato con l’aiuto dei consulenti francesi.
Da un Pascià preso prigioniero, Eugenio viene a sapere di questa operazione, e decide di colpire il nemico
nel delicato momento dell’attraversamento, anche se la testa di ponte turca al di là del fiume è già stata
protetta da un triceramento e da artiglierie ed è presidiata da una buona quantità di truppa.
Eugenio lancia all’assalto i suoi reparti e riesce a fare una stage di Turchi: sorpresi dalla sua azione non
sanno reagire efficacemente; nella feroce battaglia hanno più di 20000 morti (gli imperiali ne perdono un
migliaio). Attraversato il fiume, Eugenio occupa tutto l’accampamento nemico, mentre il Sultano fugge
lasciano un grande bottino. Eugenio insegue per un tratto il nemico, ma la carenza di materiale gli
consiglia di fermarsi presto. Fa inoltre alcune incursioni nei territori sotto controllo dei Turchi, in una delle
queste distrugge la città di Serajevo.
Il 17 novembre Eugenio torna a Vienna, accolto in trionfo. I suoi nemici, tra i quali vi è il Caprara, cercano
di farlo mettere sotto accusa per non aver rispettato quegli ordini che prevedevano prudenza. Eugenio
consegna però all’Imperatore il Grande Sigillo del Sultano, e questi conferma la sua piena fiducia in lui.
Nell’estate del 1698, con la mediazione di diverse potenze, tra cui l’Inghilterra, iniziano trattative di pace.
Il 26 gennaio 1699 si firma la pace di Karlowitz tra Impero e Turchia; con questa pace i Turchi
riconoscono all’Impero la Transilvania e quasi tutta l’Ungheria, con confini che rimarranno stabili per
molti anni, anche se non mancheranno saltuari episodi di guerra. A Vienna si può finalmente cominciare
costruire qualcosa che non siano solo fortificazioni.
La pace verso Est permette all’Imperatore di accettare una guerra che si sta preparando verso Ovest: una
guerra che durerà 13 anni, che coinvolgerà tutta l’Europa e che vedrà il ducato di Savoia per circa tre anni
contro l’Impero, e per i rimanenti anni suo alleato.
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Carlo II di Spagna, nato nel 1661, era l’unico figlio maschio sopravvissuto di Filippo IV e della sua
seconda moglie Marianna d’Austria (sua nipote); Baltasar Carlos figlio primogenito di Filippo IV e della
sua prima moglie, Elisabetta di Borbone, era infatti morto a 17 anni nel 1646.
Carlo è malaticcio e di debole costituzione, probabilmente per la pratica di matrimoni tra consanguinei
all'interno della dinastia degli Asburgo.
Nato con disabilità fisiche e mentali, è stato descritto come: basso, zoppicante, epilettico, precocemente
anziano.
Nel 1679 sposa Maria Luisa di Orleans (figlia del fratello di Luigi XIV e sorella di Anna, che sarà
Duchessa di Savoia). Maria Luisa muore nel 1689, con grande dolore di Carlo, senza avergli dato dei figli.
Nel 1690 sposa Maria Anna del Palatinato; anche da lei non ha figli.
Per le sue condizioni mentali, è assistito nel governo dalla madre (morta nel 1696) e poi dalla seconda
sposa, che si appoggia in particolare all'arcivescovo di Toledo, il cardinale Luis de Portocarrero.
Gli anni del regno di Carlo II sono difficili per la Spagna, che fin dagli inizi del Seicento è entrata in una
fase di declino e si dibatte in una serie di difficoltà. Queste derivano anche dalla mancanza di una
borghesia dinamica e dalla conseguente forte importazione di manufatti dall'estero: le ricchezze che ancura
affluivano in Spagna dai suoi domini andavano ad arricchire altri Paesi.
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Carlo II di Spagna all'inizio dell'anno 1700 è alla fine dei suoi giorni, pur avendo solo 39 anni; e non ha
figli.
L’impero spagnolo è ancora immenso, nonostante la decadenza della Spagna: Lombardia, Sud Italia, stato
dei Presidi, Finale, Paesi Bassi, terre oltremare; la successione al trono di Spagna a sostituire Carlo II ha
perciò grande importanza internazionale.
I pretendenti al trono di Spagna sono parecchi, a causa delle (intricate) parentele che tra le famiglie
regnanti; i principali sono (tenuto conto che i primogeniti delle famiglie regnanti destinato ai troni di
famiglia):
- Filippo duca d’Angiò (di 17 anni, perché nato nel 1683) figlio secondogenito del Delfino di Francia.
- Carlo d’Asburgo (di 15 anni, perché nato nel 1685) secondo figlio di Leopoldo I.
- Giuseppe Ferdinando di Baviera (ancora fanciullo, perché nato nel 1692) figlio di Massimiliano
Emanuele di Baviera.
- Anche Vittorio Amedeo II di Savoia è tra i pretendenti, sia pure con una parentela più alla lontana.
Tra gli stati europei vi è una grande tensione: nessuno voleva che la successione portasse ad una rottura
dell’equilibrio tra i grandi stati, con eccesso di potere dei Borbone o degli Asburgo, ma tutto sommato
nessuno avrebbe voluto la guerra. L’Impero per i problemi che ha in Ungheria e con i Turchi, l’Inghilterra
perché ha smobilitato, la Francia perché esausta delle guerre precedenti (ma la Francia non ha smobilitato).
Le uniche soluzioni accettabili da tutti sarebbero la successione del giovane Giuseppe Ferdinando o uno
smembramento dei possedimenti spagnoli.
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I legami di parentela con Carlo II dei principali pretendenti al trono di Spagna.
- Filippo duca d’Angiò (di 17 anni, perché nato nel 1683) figlio secondogenito del Delfino di Francia. La
nonna (Maria Teresa (1638-1683) era sorellastra di Carlo II.
- Carlo d’Asburgo (di 15 anni, perché nato nel 1685) secondo figlio di Leopoldo I. La nonna paterna
(Maria Anna, 1606-1646) era sorella di Filippo IV.
- Giuseppe Ferdinando di Baviera (ancora fanciullo, perché nato nel 1692) figlio di Massimiliano
Emanuele di Baviera. La nonna materna (Margherita Teresa 1651-1673) era sorella di Carlo II (la nonna
paterna era una Savoia: Enrichetta Adelaide, sorella di Carlo Emanuele II); la sorella del padre (Maria
Anna) è la sposa del gran Delfino Luigi).
- Anche Vittorio Amedeo II di Savoia è tra i pretendenti, sia pure con una parentela più alla lontana: la
bisnonna Caterina (sposa di Carlo Emanuele I) era figlia di Filippo II.
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Si intrecciano trattative per possibili soluzioni di compromesso basate sullo smembramento dell’impero
spagnolo.
Carlo II e nobiltà spagnola si adombrano per queste trattative, e Carlo II fa testamento a favore di Giuseppe
Ferdinando. Probabilmente così la guerra si sarebbe evitata; purtroppo il piccolo muore nel febbraio 1699.
Riprendono le trattative per la spartizione dei possedimenti spagnoli. (Una delle ipotesi riguarda anche il
duca di Savoia: la concessione ai Savoia del Milanese, eventualmente con cessione della Savoia).
Le trattative falliscono soprattutto per opposizione dell’Impero (oltre a quella della nobiltà spagnola,
sempre decisamente contraria a ogni spartizione).
L’ambasciatore francese a Madrid, il marchese d’Harcourt, riesce a guadagnarsi i favori delle personalità
più influenti a corte, compresi i cardinali e persino la Regina, che era un principessa tedesca. La stessa
abilità non ha l’ambasciatore imperiale.
Sul letto di morte i fautori del partito francese (in particolare il cardinale Portocarrero) fanno firmare a
Carlo II un testamento che nomina erede Filippo di Angiò. (E che riconosce anche Vittorio Amedeo II
come uno dei possibili eredi in ordine di successione, al 4° posto dopo Filippo di Angiò, il fratello duca di
Berry e Carlo d’Asburgo).
Il 10 novembre 1700 Carlo II muore e si apre il testamento.
In assenza di accordi diversi sottoscritti da tutti, Luigi XIV accetta l’eredità per il nipote: il 4 dicembre
1700 Filippo parte per la Spagna, come Filippo V.
Il governatore spagnolo in Lombardia lo riconosce subito come Re.
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Luigi XIV, prevedendo una guerra, compie una serie di atti per mettersi al sicuro, dando l’impressone di
avere una condotta aggressiva.
Alcune fortezze nel territorio dei Paesi Bassi spagnoli erano occupate da Olandesi e Spagnoli insieme;
Luigi XIV li sostituisce con soli Francesi. Fa questo con l’aiuto di Massimiliano Emanuele, elettore di
Baviera, che è governatore dei Paesi Bassi Spagnoli e che si schiera dalla parte della Francia con il fratello
arcivescovo elettore di Colonia. (Come abbiamo già detto, la sorella di Massimiliano Emanuele era la
moglie del delfino Luigi, ed era la madre di Filippo V).
Le mosse di Luigi XIV provocano una grande indignazione nell’Impero, subito favorevole alla guerra.
Un poco meno incline alla guerra è l’Inghilterra, che ha smobilitato e dove il parlamento è dominato dai
Tories contrari alla guerra; solo il re Guglielmo III, acerrimo nemico della Francia, è favorevole. Nuove
lezioni nel febbraio 1701 portano al successo i Whigs, favorevoli alla guerra. Si riarmano così esercito e
flotta.
Il 7 settembre 1701 all’Aja si firma una grande alleanza antifrancese tra Impero, Inghilterra e Olanda. Due
principati dell'Impero si schierano però con la Francia: la Baviera (il principe è Massimiliano Emanuele di
Baviera) e Colonia (al potere è il Vescovo, fratello di Massimiliano Emanuele).
Il 16 novembre 1701 muore Giacomo II, il Re inglese cacciato da Gugliemo III, e Luigi XIV riconosce re
di Inghilterra il figlio, Giacomo III. La mossa provoca sdegno a Londra.
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In vista della guerra, il Re di Francia vuole legare strettamente a sé il duca di Savoia e il 6 aprile 1701 a
Torino si firma il trattato di alleanza tra il Ducato di Savoia e le due corone di Francia e Spagna: il Duca si
impegna a fornire truppe (8000 fanti e 2500 cavalieri) diventa comandante in capo delle forze alleate in
Italia (ma con l’assistenza del maresciallo Catinat) e gli è promesso un aiuto economico.
Parallelamente a questo trattato, si combina il matrimonio tra Maria Luisa Gabriella (nata nel 1688, perciò
di tredici anni ) e il nuovo re di Spagna Filippo V. La cosa non piace molto a Vittorio Amedeo, che però
deve accettare.
Vittorio Amedeo II ha ricevuto anche proposte di alleanza da parte dell’Impero, ma per il momento deve
forzatamente accettare quanto chiesto dalla Francia, perché circondato da forze e territori delle Due
Corone (Francia e Spagna).
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Il Duca assegna alla figlia una ricca dote (per la verità defalca semplicemente la cifra da quella che la
Spagna deve ai Savoia).
Il giorno 11 settembre 1701 si celebra il matrimonio, per procura, a Torino. Poi la sposa parte per Madrid,
via Racconigi, Fossano, Borgo S. Dalmazzo, Tenda e Nizza, dove giunge il 18 settembre e dove l’attende
la flotta spagnola che la porterà a Barcellona. Nei pressi di Barcellona si incontra con Filippo.
Negli anni futuri darà quattro figli (tutti maschi) a Filippo e sarà una regina devota al suo nuovo paese e
amata dagli Spagnoli, che la piangeranno alla sua morte prematura nel 1714.
Anna ha perso entrambe le figlie, andate spose lontano, e il 13 giugno 1701 ha notizia della morte del
padre Filippo. Queste perdite sono però compensate dal fatto che il 27 aprile 1701 è nato il secondo figlio
maschio Carlo Emanuele.
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Gli stati italiani nel 1700.
Il Monferrato (suddiviso in due zone separate) apparteneva ai Gonzaga di Mantova.
Ducato di Parma e Piacenza è sotto i Farnese.
Lo Stato dei Presìdi è un protettorato spagnolo situato in Toscana (include l'isola d'Elba e l'Argentario);
creato per volontà del re di Spagna Filippo II in occasione del trattato di Londra del 1557. Seppur molto
piccolo, lo Stato dei Presìdi permette ai suoi dominatori di controllare terre e mari della zona tirrenica.
Il ducato di Ferrara è dall'inizio del Seicento suddiviso tra gli Este (zona Ovest con Modena e Reggio) e il
potere papale (zona Est, con Ferrara)
Il granducato di Toscana va verso il declino, sotto Cosimo III de Medici che regna dal 1670 al 1723.
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Leopoldo I sin dalla primavera del 1701 ha ammassato in Tirolo 30000 uomini al comandi del PrincipeEugenio. L’intento è quello di scendere quanto prima in Italia e occupare la Lombardia e magari anche ilregno di Napoli per darle al figlio Carlo.
L’affidare questo compito a Eugenio (38 anni) era segno della grande stima che si aveva di lui.
Sul Reno Leopoldo intende avere inizialmente un atteggiamento difensivo: le truppe sono comanda daLuigi del Baden, cugino di Eugenio.
Luigi XIV aveva però già fatto affluire in Lombardia truppe al comando del Catinat (attraverso ilPiemonte) che si erano unite a quelle spagnole comandate dal principe Carlo di Vaudemont, governatoredella Lombardia (è da notare che un figlio di Carlo, Tommaso di Vaudemont è invece uno dei comandantidella cavalleria Imperiale, e combatterà proprio in Italia).
L’esercito franco-spagnolo si era poi portato nella valle dell’Adige e sulla sponda del Garda, passagginaturali dal Tirolo all’Italia, con lo scopo di sbarrare la via agli Imperiali.
Per fare questo aveva avuto l’appoggio del duca di Mantova (per tutta questa guerra favorevole aiFrancesi: pagherà con la sparizione del ducato di Mantova) e aveva violata la neutralità del territorio diVenezia, che però non aveva protestato più che tanto, essendo forte a Venezia il partito filo-francese.
Il principe Eugenio con una manovra inaspettata scende nella pianura padana passando più a Est della valledell’Adige, per valichi impervi, e si porta presso Verona. Il passaggio in territorio Veneziano scatenaproteste da parte di Venezia, che però non è in grado di agire militarmente in alcun modo.
I Franco-Spagnoli, sorpresi, ritirano le truppe dalla valle dell’Adige perché non siano aggirate. Si hanno iprimi piccoli scontri, in particolare uno a Carpi (poco distante da Verona) ma Eugenio evita di venire a unagrande battaglia, conscio della sua inferiorità numerica (30000 contro circa 60000) e cerca invece di faremosse imprevedibili per disorientare il nemico.
I franco-spagnoli si concentrano sul Mincio (fiume che esce dal Garda e scende a Mantova) ponendosi aprotezione di Mantova.
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I movimenti degli eserciti Franco-Spagnolo e Imperiale all’inizio del 1701.
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Il 28 luglio Eugenio attraversa il Mincio più a nord di Mantova e, passando appena sotto il Garda, si porta
verso la zona a sud di Brescia.
Al campo franco-spagnolo è giunto intanto (25 luglio) come comandante generale (per la verità più
nominale che sostanziale) Vittorio Amedeo II, preceduto dalla sue truppe. Eugenio gli fa omaggio di sei
cavalli turchi; il Duca ne accetta uno.
Nel campo franco-spagnolo vi sono attriti tra i tre comandanti, anche perché Catinat non si fida di Vittorio
Amedeo.
L’esercito franco-spagnolo agisce in territorio amico, ma il comportamento dei Francesi è arrogante e
inviso alla popolazione
Il pur grosso esercito non riesce a effettuare alcuna azione decisiva contro il nemico, mentre è disturbato
dalla terribile cavalleria imperiale.
I nemici di Catinat lavorano a Parigi contro di lui e convincono il Re a sostituirlo. Il nuovo comandante è
Francois de Ville, duca di Villeroy. E’ il secondo dei comandanti in capo francesi in Italia che vedremo in
azione in questa guerra: saranno quattro.
Più giovane e più ambizioso di Catinat; Villeroy è un abile cortigiano che gode dell’amicizia di Luigi XIV.
Non ha però mai diretta, né tantomeno vinta, una grande battaglia; ha sì mostrato coraggio in precedenti
azioni belliche, ma manca di tutte le doti necessarie a un grande condottiero di uomini.
Presuntuoso, il Villeroy tratta con insolenza il Catinat, che non è stato inviato in un altro posto, ma tenuto
sotto il Villeroy. Solo qualche mese dopo, leggermente ferito in un fatto d’armi, il Catinat lascierà il fronte
italiano.
Villeroy tratta con distacco anche Vittorio Amedeo, chiamandolo “Monsieur” invece che "Altezza Reale".
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Desideroso di ottenere subito dei risultati, Villeroy decide di attaccare le truppe di Eugenio attestate a
Chiari (cittadina qualche chilometro ad Ovest di Brescia) convinto che il grosso delle truppe imperiali si
sia mosso verso Brescia. Invano Catinat e Vittorio Amedeo cercano di dissuaderlo, o almeno di fargli
assumere prima precise informazioni (Villeroy risponde: “Il Re non ha mandato qui tanti valorosi per
guardare il nemico con i cannocchiali, ma per concludere”).
L’attacco avviene il 1° settembre 1701. La posizione di Chiari si rivela ben presidiata e ben fortificata,
anche con artiglieria. Dopo due ore di combattimenti i Francesi e i loro alleati si ritirano con molte perdite
(circa 3000 uomini, contro un centinaio di caduto degli imperiali)
Vittorio Amedeo al comando corpo sabaudo si comporta con grande valore: ha un cavallo ucciso e le vesti
traforate di pallottole. Tanto valore non convince i Francesi; uno dei loro generali commenta: “lo
vorremmo meno coraggioso ma più fedele”.
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Il 13 novembre, dopo aver subito altre perdite ad opera della cavalleria imperiale, Villeroy si sgancia dal
nemico per organizzarsi per l’inverno. Il tempo sta infatti diventando inclemente. Pone il suo quartiere a
Cremona, sul Po (a sud di Brescia) mantenendo forti presidi a Mantova.
Gli Imperiali si spostano per svernare un poco più ad est, mantenendo la pressione su Mantova.
Vittorio Amedeo Torna a Torino con le sue truppe, cosa interpretata come segno di cattiva volontà dai suoi
alleati.
Il 1701 in Italia è stato dunque favorevole agli imperiali, pur inferiori di numero: i Francesi non sono
riusciti a bloccarli nelle valli, e loro si sono sistemati dove volevano, minacciando il Milanese.
Nell’agosto 1701 è morto il ministro della Guerra francese, che era il Luvois figlio, e al suo posto
è arrivato Michel Chamillard (o Chamillart, 1652-1721). Proveniente da una famiglia di
magistrati, inizia la sua carriera come consigliere al Parlamento di Parigi e poi come intendente a
Rouen. Apprezzato da Luigi XIV per la sua abilità nel gioco del biliardo e protetto a Corte da
Madame de Maintenon, ha occupato prima la funzione di Segretario alle Finanze (dopo la
scomparsa del Colbert) e poi quella di Ministro della Guerra. Anche se definito “un uomo onesto”
Chamillard non ha la personalità dei suoi grandi predecessori: appartiene alla cerchia degli
uomini mediocri e "yes-men" di cui si è circondato Luigi XIV nell’ultimo periodo del regno.
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Nell’inverno, l’armata franco-spagnola viene rafforzata, mentre quella imperiale era sempre più in cattivo
stato, anche perché il presidente del Consiglio Aulico di Guerra (sorta di ministro) era il conte Mansfeld,
nemico di Eugenio.
La campagna di guerra inizia presto, con un colpo di mano del principe Eugenio, che tenta di occupare
Cremona, il 1° febbraio.
Le truppe imperiali riescono ad entrare in Cremona, utilizzando un vecchio acquedotto, e occupano diversi
obiettivi strategici. La conquista di Cremona, base logistica dei Francesi sarebbe un grosso successo.
Le truppe che dovevano arrivare di rinforzo sono però bloccate dall’altra parte del Po dai Francesi che
hanno distrutto un ponte.
Gli Imperiali devono perciò ritirarsi da Cremona dopo 10 ore di duri combattimenti. Perdono circa 500
uomini.
I Francesi hanno perdite superiori (un migliaio di uomini) e soprattutto vedono il loro comandante
Villeroy fatto prigioniero.
La cattura di Villeroy è un grande smacco psicologico per i Francesi. Da parte del principe Eugenio non si
rvelerà invece una grande risultato vantaggio: Villeroy era il generale incapace che tutti avrebbero voluto
trovare nello schieramento avversario!
Villeroy sarà poi liberato, senza il pagamento di alcun riscatto, qualche tempo dopo; alcuni annì più tardi
con la sua incapacità regalerà una grande vittoria alla coalizione antifrancese (Ramilles 1706).
Il generale che Luigi XIV chiama a sostituirlo è il duca Louis de Vendome, uomo di grande abilità.
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Il 18 febbraio 1702 arriva a Milano il nuovo comandante (il terzo dei quattro che i Francesi avranno in
Italia durante questa guerra) : il duca Louis de Vendome.
Il duca di Vendome, a differenza del suo predecessore, aveva le doti di un grande generale: capacità di
prendere rapidamente le giuste decisioni tattiche, anche con mosse imprevedibili per il nemico, e capacità
di farsi ammirare e stimare dai soldati. Nato nel 1654, aveva perciò 48 anni.
Sembra però che avesse un pessimo carattere, che faceva pesare soprattutto ai suoi collaboratori diretti.
Il Vendome, appartenente alla famiglia reale dei Borbone (il bisnonno era Cesare de Vendome figlio
naturale legittimato di Enrico IV). Era imparentato sia con il principe Eugenio (era cugino primo, perché
figlio di Laura Mancini, sorella di Olimpia) sia con Vittorio Amedeo (anche il duca di Savoia aveva come
bisnonno Cesare de Vendome: la figlia di Cesare aveva infatti sposato Carlo Amedeo di Nemour, e da loro
era nata Maria Giovanna Battista, madre di Vittorio Amedeo).
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Vendome inizia operazioni offensive a marzo e si sposta più a Est, sino al Mincio, liberando Mantova dal
minaccioso blocco degli Imperiali e minacciando le comunicazioni di Eugenio con il Tirolo.
Vittorio Amedeo non si muove da Torino, pur mandando al fronte le sue truppe. La cosa è in parte dovuta
all’annunciato arrivo al fronte di Filippo V, che con la sua autorità avrebbe annacquato il suo ruolo di
comandante; il Duca vuole inoltre dedicarsi a un lavoro diplomatico.
Vittorio Amedeo comunica con Parigi attraverso il suo ambasciatore a Parigi (conte di Vernone) e
l’ambasciatore francese a Torino, Philippeaux (Il Duca poteva controllare la corrispondenza del
Philippeaux avendo corrotto un suo segretario). Philippeaux si duole con il Re che il Duca non sia partito:
al campo le sue azioni sarebbero più controllabili.
Vittorio Amedeo ottiene da Luigi XIV di ridurre il contingente delle sue truppe (partendo dalla richiesta di
più denaro). Da Parigi arrivano vaghe promesse territoriali per legare maggiormente il Duca (nel trattato
del 1701 non erano inseriti vantaggi territoriali).
Vittorio Amedeo comunica però anche con Vienna: attraverso il marchese Turinetti di Priero, rimasto a
Vienna nonostante la guerra, e con il conte Salvaj mandato in segreto dall’Imperatore a Torino.
Vittorio Amedeo inizia contatti con Vienna e con Londra. In cambio di un passaggio di campo chiede
inizialmente moltissimo: Milanese e Monferrato. Poi (metà del 1702) si giunge a un accordo che prevede
per i Savoia il Monferrato, Alessandria, Valenza e parte della Valsesia (territori spagnoli, eccetto il
Monferrato). L’accordo è destinato a restare strettamente segreto sino a quando non diventi attuabile, cioè
sino a quando gli Imperiali non abbiano occupato in Italia fortezze di qualche consistenza e il Duca possa
sganciare le sue truppe da quelle franco-spagnole senza problemi.
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A Londra le cose sono cambiate; il giorno 8 marzo 1702 è morto improvvisamente Guglielmo III, a seguito
di una caduta da cavallo, seguita da una polmonite. La consorte Maria (che condivideva con lui il titolo
reale) non c’era già più dal 1694, e non c’erano figli.
La corona passa a Anna, sorella di Maria. Giacomo II e la sua prima sposa avevano avuto ben 8 figli (dei
quali 4 maschi) ma solo Maria e Anna erano sopravvissute all’infanzia. La seconda sposa, Maria di
Modena, gli dà 7 figli, tra i quali un maschio; ma questa seconda sposa (figlia di Laura Martinozzi, una
delle “Mazzarinette”) non è accettata dagli Inglesi perché cattolica, e come abbiamo visto si è arrivati alla
cacciata di Giacomo II.
Nata nel 1665, nel 1683 Anna ha sposato il protestante principe Giorgio di Danimarca; negli anni seguenti
ha iniziato almeno diciotto gravidanze, tuttavia per tredici volte abortisce o dà alla luce figli morti; degli
altri cinque figli, quattro muoiono prima di compiere i due anni, e l'altro (Guglielmo) è morto a undici anni
nel 1700. Come vedremo, alla morte di Anna nel 1713 la Corona passerà alla casa degli Hannover.
Con la salita al potere di Anna, sulla scena della guerra arriva John Churchill, personaggio del quale
parleremo tra poco.
Nell’insieme Anna non sarà una grande Regina; è però favorevole ai Savoia (sia perché stima il Duca, sia
perché ritiene che un ducato di Savoia forte sia utile per controbilanciare le altre potenze europee).
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John Churchill, nato nel 1650, è figlio di un fedele di Carlo I (il Re inglese decapitato nel 1649) che ha
seguito in esilio in Francia i figli del Re: Carlo, Giacomo e Enrichetta, già incontrati più volte nella nostra
storia. In Francia John Churchill si fa una buona esperienza militare nell’esercito francese, combattendo
anche sotto il grande Turenne.
Quando nel 1661 Carlo rientra in Inghilterra come re Carlo II, anche il fratello Giacomo (che ha il titolo di
duca di York) lo segue e porta con sé John Churchill, entrato al suo servizio.
Giacomo lo tiene con lui, sia per le indubbie capacità di John, sia perché Giacomo è molto legato alla
sorella di John, Arabella; tanto legato che i due avranno quattro figli: il secondo, di nome Giacomo e con il
titolo di duca di Berwick, sarà un importante generale delle armate francesi (lo ritroveremo nella nostra
storia). Nel 1678 John Churchill sposa Sarah Jennings: una donna che lo aiuterà molto nella sua carriera.
Come abbiamo già visto, nel 1685 Giacomo diventa Re Giacomo II. John Churchill lo aiuta a soffocare la
ribellione di Monmouth e ottiene il grado di Generale. Nel 1688 Giacomo II è cacciato dal trono da
Guglielmo III di Orange, suo genero in quanto marito di sua figlia Maria, chiamato dagli stessi Inglesi che
non vogliono una famiglia reale cattolica. Il tentativo di Giacomo di resistere alla cacciata fallisce anche
per l’abbandono di John Churchill, che dovrebbe organizzare la resistenza e che invece passa dalla parte di
Guglielmo. Per questo appoggio Guglielmo gli conferisce il titolo di Conte di Marlborough; il nuovo Re
non si fida però di lui e lo lascia sostanzialmente in disparte (per qualche tempo è addirittura imprigionato).
La moglie di Churchill, Sara Jennings è intanto diventata molto amica di Anna (che sembra preferisse la
compagnia femminile a quella maschile); per qualche tempo questa amicizia danneggia Anna più che
favorire Churchill, ma quando nel 1702 Anna diventa Regina, John Churchill ha ruoli sempre più
importanti, e diventerà il più importante generale inglese di questa guerra, irriducibile nemico della
Francia.
Per i sui meriti, nel 1703 sarà nominato Duca di Malborough. Morto nel 1722, è uno degli antenati del
celeberrimo statista Winston Churchill (anche il padre del nostro John si chiamava Winston).
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Nel 1702, Filippo V è in Italia per alcuni mesi: sbarca prima a Napoli per una visita ai suoi possedimenti
del Sud, poi (11 giugno) sbarca a Finale, territorio spagnolo. Il 19 giugno si incontra con Vittorio Amedeo
ad Acqui, e successivamente anche con la duchessa Anna.
La regina Maria Luisa aveva sperato di accompagnare Filippo in visita ai suoi possedimenti italiano, anche
per rivedere i genitori, e aveva ottenuto anche il permesso di Luigi XIV per questo viaggio; ma gli
Spagnoli non vogliono che tutti e due i sovrani lascino la Spagna, e Maria Luisa deve rinunciare.
Filippo tratta Vittorio Amedeo cordialmente, ma rispettando le complesse formalità della corte spagnola,
cosa che indispettisce il Duca. (ad esempio non gradisce che la sua sedia a tavola sia di rango inferiore a
quella del giovane Filippo).
Il 1° luglio Filippo parte per Milano e poi Cremona, zone di guerra, dove resterà sino a ottobre.
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Il 26 luglio la cavalleria imperiale del generale Annibale Visconti (milanese di origine) è sorpresa e
sbaragliata dai Franco-Spagnoli; perde circa 1000 uomini.
Eugenio, vedendo le forze franco-spagnole divise in due tronconi dalle due parti del Po, cerca la battaglia.
La battaglia avviene a Luzzara il 15 agosto (Luzzara è sul Po, circa a metà strada tra Parma e Mantova).
La battaglia coinvolge circa 20000 uomini per parte ed è molto sanguinosa (si parla di 7000 caduti,
soprattutto francesi); l’esito è incerto e tale che le due parti cantano vittoria: gli Imperiali per aver
comunque inflitto serie perdite ai più forti Francesi, i Francesi per aver fermato Eugenio.
La campagna del 1702 finisce senza altri fatti importanti.
Il 2 di ottobre Filippo lascia il fronte e torna in Spagna, dopo aver scoperto e debellato un complotto nella
sua guardia napoletana. Il Vendome è molto contento di togliersi di torno lo scomodo personaggio.
Il 12 novembre il contingente sabaudo torna in Piemonte: a Luzzara i soldati di Vittorio Amedeo si erano
battuti molto bene; tra di essi vi era il reggimento Piemonte Reale Cavalleria.
Il bilancio del 1702 è negativo per gli Imperiali: Vendome ha riguadagnato terreno ed è ora in condizioni
di decisa superiorità.
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Luzzara è sul Po, a sud di Mantova
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Poco dopo la battaglia di Luzzara, Eugenio riceve la notizia della morte del fratello maggiore
Luigi Tommaso, conte di Soissons, caduto nel corso dell’assedio di Landau (città del Palatinato
tenuta dai Francesi, e assediata delle forze imperiali). Luigi Tommaso militava nell’armata
imperiale agli ordini del cugino Luigi del Baden.
Luigi Tommaso si era sposato con la bellissima Urania de la Cropte. La cosa aveva fatto infuriare
la nonna Maria di Soissons, essendo la sposa di famiglia non sufficientemente elevata, sia pur
nobile (per di più Urania era anche di legittimità incerta).
Luigi Tommaso aveva ottenuto inizialmente degli incarichi da Luigi XIV, che poi lo aveva però
allontanato (secondo alcuni perché era uno scioperato, secondo altri perché Urania aveva detto di
no al Re). Lui si era perciò rivolto al fratello, che lo aveva fatto entrare nell’armata imperiale.
I suoi figli e la sua vedova saranno seguiti da Eugenio e da Vittorio Amedeo. Il figlio maggiore
Emanuele ha 15 anni alla morte del padre; lo troveremo a combattere vicino a Torino nel 1706; si
sposerà e avrà un figlio, che avrebbe dovute essere l’erede di Eugenio, ma morirà prima di lui.
Anche gli altri due figli legittimo di Luigi Tommaso moriranno giovani; la prima figlia di Luigi
Tommaso, Maria Anna Vittoria, sarà allora l’erede di Eugenio.
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Nel 1673 l’Impero si trova in difficoltà, anche per una nuova rivolta in Ungheria e per possibili nuove
azioni dei Turchi. Pure la situazione finanziaria è difficile.
Tra tanti nemici, Eugenio ha anche dei sostenitori a Vienna; uno di questi era il figlio primogenito
dell’Imperatore, Giuseppe. Questi amici chiamano Eugenio a Vienna, ritenendo utile la sua
collaborazione. Eugenio giunge a Vienna nel gennaio 1703, ed è sostituito in Italia dal colonnello Guido
Starhemberg.
Nato nel 1657, Guido von Starhemberg ha fatto esperienza combattendo in particolare contro i Turchi,
anche al grande assedio di Vienna del 1683 e a Zenta. In questa guerra, dopo le sue azioni in Italia, delle
quali parleremo, sarà nominato Maresciallo e comanderà in Spagna.
Eugenio spera semplicemente di ottenere mezzi per il suo esercito in Italia; si trova invece a dover lavorare
su piani molto più ampi, e nel luglio del 1703 è fatto presidente del Consiglio Aulico di Guerra, al posto
del conte Mansfeld: a 40 anni è praticamente primo ministro e consigliere dell’Imperatore!
Deve quindi rinunciare per un qualche tempo a rientrare in Italia, ma poi vedremo che lo farà e avrà un
ruolo risolutivo.
Per quanto riguarda la campagna militare, nella valle Padana, Vendome non pianifica attività nella zona,
mentre lo Starhemberg, date le poche forze a disposizione, è costretto a restare sulla difensiva, anche se le
condizioni del suo esercito cominciano a migliorare grazie ad Eugenio. Ha circa 20000 fanti e 10000
cavalieri, ma manca di cavalli.
Il Vendome, forte di 50000 uomini, organizza invece una invasione del Tirolo attraverso la valle
dell’Adige. Secondo i suoi piani, in Tirolo si sarebbe riunito con Massimiliano Emanuele di Baviera, che
avrebbe invaso quel Paese dall’alto. Questa azione si presenta assai pericolosa per gli Imperiali: oltre a
isolare le truppe in Italia, avrebbe minacciato l’Austria stessa.
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Nel giugno 1703, Vendome con 20000 uomini, comprendenti anche dei contingenti sabaudi arrivati nel
maggio, risale il Garda e punta su Trento attraverso la valle del Sarca (la valle del Sarca è la valle in testa
al lago di Garda, da essa si passa senza difficoltà nella valle dell’Adige, sbucando presso Trento).
Il Vendome pone poi l’assedio a Trento; sulla città cominciano a cadere le bombe francesi. (Il Principato di
Trento era allora uno stato semi-autonomo facente parte dell’Impero).
Massimiliano Emanuele intanto forza i passi alpini, giunge a Innsbruch e punta sul Brennero.
Il disegno di Vendome però fallisce; l’invasione è fermata anche grazie alla lotta patriottica delle
popolazioni locali, nonostante la reazione dei Francesi portasse a terribili repressioni contro chi li
ostacolava. Prima viene fermato Massimiliano, poi Vendome rinuncia a prendere Trento.
A settembre entrambi gli eserciti invasori si ritirano.
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Il settembre 1703 è anche un mese molto importante per il ducato di Savoia.
A Torino, il Duca si è incontrato in agosto con un emissario imperiale, per definire le azioni con
le quali sarebbe passato al fronte antifrancese. Su questo incontro trapelano notizie, tanto che la
Gazzetta di Berna pubblica la notizia di un trattato tra Savoia e Impero: notizia non vera, perché
un trattato ufficiale non c’è ancora stato.
Luigi XIV si convince che Vittorio Amedeo stia per passare dall’altra parte e, per anticiparlo,
ordina al Vendome di catturare le truppe sabaude di ritorno dalla campagna del Tirolo, e poi di
marciare verso il Piemonte.
Il 29 settembre 1703, a S. Benedetto Po, il Vendome ordina una rassegna delle truppe. Il
Vendome fa in modo che i Francesi si presentino con le armi cariche e i soldati del duca di Savoia
no. I Sabaudi sono circa 4500 uomini, non tutti in buono stato dopo la dura campagna combattuta,
comandati dal conte di Castellamonte.
Grazie a questo strattagemma, i soldati e gli ufficiali del Duca sono arrestati senza violenza,
mentre il relativo materiale è sequestrato dai Francesi.
I soldati sono avviati in prigionia in diverse località, ma molti riusciranno a evadere nei mesi
successivi e numerosi torneranno all’esercito ducale (circa 1000).
Gli ufficiali sono lasciati liberi sulla parola, cioè con la promessa che non avrebbero più
combattuto. Alcuni di essi torneranno all’esercito, sostenendo che la parola vale per la cattura in
combattimento, ma non per la cattura a tradimento.
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San Bendetto Po è una località poco a sud di Mantova, nota per la sua grande e antica abbazia benedettina.
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Luigi XIV non pensa ancora di dover affrontare una guerra aperta contro il Ducato di Savoia: crede di
averlo messo fuori gioco e di poterne disporre a suo piacere. Chiede quindi subito la consegna delle
importanti fortezze di Verrua e di Cuneo.
Vittorio Amedeo è però di tutt’altro parere e prende rapidamente un serie di provvedimenti:
- chiude le porte di Torino e aumenta la sorveglianza della città;
- fa arrestare i Francesi presenti a Torino, compreso l’Ambasciatore di Francia;
- insieme con lui arresta l’Ambasciatore spagnolo;
- cattura tre compagnie di cavalieri francesi in transito presso Torino;
- il 3 ottobre riunisce nobiltà e clero a Palazzo Ducale, comunica i fatti e annuncia la guerra contro la
Francia;
- chiama alle armi 12 reggimenti di 850 uomini; arruola anche reggimenti mercenari stranieri, tra cui il
reggimento Desportes, in buona parte formato da “Camisards”, contadini protestanti del sud della Francia
che, perseguitati dal Luigi XIV, si erano ribellati poco dopo lo scoppio della guerra (1702).
- chiede rinforzi allo Starhemberg.
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In assenza di un preciso trattato tra ducato di Savoia e Impero, lo Starhemberg non può soccorrere in massa
Vittorio Amedeo. Decide comunque di inviare subito un piccolo corpo di soccorso.
Il generale della cavalleria imperiale Annibale Visconti parte il 18 ottobre con circa 1200 cavalieri (son
passati circa 20 giorni dalla sorpresa di S. Benedetto).
Visconti deve compiere una veloce e difficilissima marcia per sfuggire ai Franco-Spagnoli che cercano di
intercettarlo. Perde circa 400 uomini della retroguardia e deve sconfinare nel territorio della repubblica di
Genova, che offre pochissimo appoggio.
Arriva nel ducato di Savoia, a Millesimo, il 21 novembre, e a Carignano il 26 novembre, dopo più di un
mese di marcia e con 800 uomini.
Dopo il colpo di S. Benedetto, il Vendome ha pianificato di correre subito a Torino, che appare poco
difesa, saltando le fortezze di Vercelli e Verrua; perde però tempo nel dare la caccia a Visconti.
Vendome arriva ad Asti il 7 novembre e poco è dopo è a Riva di Chieri, cioè molto vicino a Torino;
giudica però ormai passato l’effetto sorpresa e si allontana di nuovo.
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Il giorno 8 di novembre, Vittorio Amedeo firma il trattato per entrare nella grande alleanza antifrancese. Il
Duca si impegna a mettere a disposizione 15000 uomini, mentre Inghilterra e Olanda si impegnano a
fornirgli dei fondi. Si definiscono meglio i territori promessi ai Savoia.
Dopo la firma del trattato tra Savoia e Impero, lo Starhemberg può dare aiuto in forze a Vittorio Amedeo.
Decide di andare personalmente in Piemonte con circa metà delle sue forze: circa 14000 uomini di cui
3000 a cavallo. L’altra metà resta sul Po, nei dintorni di Mantova.
Lo Starhemberg parte il 24 dicembre (cioè circa due mesi dopo la spedizione del Visconti, e con una forza
circa 10 volte maggiore). Per distrarre i Francesi dalle sue intenzioni fa effettuare dei movimenti di truppe
a sud del lago di Garda.
Con rapida marcia prende il castello di Stradella e entra in Voghera il 4 gennaio. Il Vendome gli dà la
caccia, ma lo Starhemberg riesce sempre a precederlo. Solo nel passaggio della Bormida presso
Castelnuovo Bormida (poco a Sud di Alessandria) la sua retroguardia è agganciata dai Francesi e perde
numerosi uomini.
Il 13 gennaio del 1704 (cioè una ventina di giorni dopo la partenza) è a Canelli, dove incontra il Duca con
le sue truppe. Uniti, vanno poi rafforzare i presidi di Verrua e di Vercelli e si sistemano per l’inverno nel
territorio tra Po e Dora Baltea.
In Piemonte i Sabaudi e gli Imperiali hanno almeno 30000 uomini, e il Vendome non potrà più pensare a
un colpo di mano su Torino, ma dovrà affrontare una campagna di conquista sistematica del Piemonte e
porre un vero assedio intorno a Torino.
Francesi e Spagnoli si sistemano per l’inverno ad Asti e Casale.
Per il 1704 si preannuncia una dura lotta nel Ducato di Savoia.
Nel frattempo, in Savoia il generale francese Tessé occupa Chambery e si prepara ad assediare l’unica vera
fortezza della Savoia: Montmelian.
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Abbiamo visto cosa è successo in Italia negli anni dal 1701 al 1703, ma la guerra si svolge anche altrove:
in Germania, nei Paesi Bassi, nelle zone Est e Nord della Francia, in Spagna, sui mari e nelle colonie. Non
vi sono però in questa prima fase della guerra eventi veramente decisivi e forti spostamenti del fronte.
L’attacco delle forze imperiali è rivolto soprattutto agli alleati tedeschi della Francia (la Baviera
dell’elettore Massimiliano Emanuele e le terre dell’elettore di Colonia).
Pur avendo qualche successo (10 settembre 1702 prendono la fortezza di Landau, non lontano da
Stoccarda) in questo settore gli Imperiali subiscono prevalentemente delle sconfitte e sono cacciati dal
Reno: nel settembre 1702 Massimiliano Emanuele conquista Ulm (in Germania a est di Stoccarda);
nell’ottobre 1702 il generale Villars è vincitore a Friedlingen, sul Reno, non lontano da Basilea (almeno a
suo dire, essendosi conclusa la battaglia quasi alla pari); questo gli vale il bastone da Maresciallo.
La superiorità ottenuta con queste vittorie permette poi, nell’estate del 1703, l’attacco al Tirolo del quale
abbiamo parlato e che l’Impero riesce a respingere.
Nelle Fiandre, John Churchill, che ha assunto il comando delle forze anglo-olandesi, ottiene invece vari
successi, in particolare conquista Liegi (23 ottobre 1702). Per questi successi ottiene il titolo di duca di
Malborough.
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In questa fase della guerra, uno dei migliori generali al servizio della Francia, è il citato maresciallo Villars
(da non confondere con Villeroy).
Charles Louis Hector marchese, e poi duca, di Villars, era nato nel 1653 da una famiglia della piccola
nobiltà francese (nel 1703 non è quindi più giovane, ha 50 anni).
Ha fatto una bella carriera nell’esercito e nel 1687 è stato a anche combattere i Turchi insieme con i soldati
imperiali. Come già detto, in seguito alla vittoria di Friedlingen è nominato Maresciallo di Francia.
Ottimo generale, è abilissimo nel condurre la guerra di movimento e sa mantenere tra gli uomini una
disciplina di ferro.
Bello ed estroverso, è anche un abile diplomatico, tanto che avrà anche incarichi in questo ruolo.
Nel corso di questa guerra sarà gravemente ferito alla battaglia di Malplaquet nel 1709. Morirà nel 1734 a
Torino: a 81 anni sta ricoprendo ancora incarichi di comando nell’esercito che combatte, insieme con i
Sabaudi, nella guerra di Successione Polacca e che invade la Lombardia austriaca.
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La guerra si combatte anche in Spagna.
Nell’autunno 1702 le potenze marittime (Inghilterra e Olanda) tentano (senza successo) uno sbarco a
Cadice, sull’Atlantico non lontano da Gibilterra.
Il 23 ottobre 1702 nella baia di Vigo, nella zona Nord della costa atlantica della Spagna, la flotta anglo-
olandese sconfigge la flotta franco-spagnola, catturando molte navi e un grande quantità di metalli preziosi
appena arrivati dall’America.
Il 16 maggio 1703 il re Pedro del Portogallo abbandona l’alleanza con Spagnoli e Francesi e si schiera con
la Grande Alleanza: è un passo molto importante perché offre allo schieramento antifrancese basi
logistiche sull’Atlantico, vicine alla Spagna.
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