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LA SPOSA RAPITA M ARGARET M OORE Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Questo volume è stato impresso nel settembre 2010 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

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LA SPOSA RAPITA

MARGARET MOORE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Warrior's Honor

Harlequin Historical © 1998 Margaret Wilkins

Traduzione di Linda Rosaschino

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici gennaio 2000

Seconda edizione I Romanzi Storici Harlequin Mondadori ottobre 2010

Questo volume è stato impresso nel settembre 2010

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

I ROMANZI STORICI HARLEQUIN MONDADORI ISSN 1828 - 2660

Periodico mensile n. 73 del 13/10/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 212 del 28/3/2006 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Inghilterra, 1228 Bryce Frechette si appoggiò contro il muro di pietra e guardò con un piccolo sorriso indulgente la folla chias-sosa che stava partecipando ai festeggiamenti dopo il torneo di Lord Melevoir. Il padrone di casa era un uomo gioviale, che amava il buon cibo e il buon vino, i divertimenti e la musica. Il suo salone, anche se non era ampio com'era stato quello del padre di Bryce, rivelava il gusto del nobile norman-no per i piaceri resi possibili dalla ricchezza. Un bel fuoco crepitava nel grande focolare, tenendo lontano il fresco della serata primaverile, e numerose candele di finissima cera d'api illuminavano la stanza, insieme alle torce fissate alle pareti. Dopo un pasto eccellente e molto abbondante le lun-ghe tavole sui cavalletti erano state smontate e accostate ai grossi muri di pietra. Tutt'intorno erano state disposte le panche per coloro che non ballavano. Cani da caccia ben nutriti si aggiravano per il salone frugando in mezzo alla paglia che ricopriva il pavimento in cerca di avanzi, evitando i ballerini che si esibivano al centro della stan-za.

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Bryce pensò che era un miracolo che alcuni non ca-dessero e non si rompessero la testa, specialmente quelli che erano evidentemente ubriachi. In effetti, le risate e le chiacchiere dei gentiluomini e delle nobildonne co-privano quasi la musica degli strumenti. Il suo sguardo si posò di nuovo su una bellissima fan-ciulla dai capelli scuri e dallo sguardo vivace che dan-zava con grazia, e la cui risata piena di allegria non ave-va nulla a che fare con il troppo vino. A volte riusciva a vedere chiaramente il suo volto, quando passava accanto a lui con il suo abito azzurro e la sovratunica di broccato indaco e oro, i gioielli che mandavano bagliori alla luce delle candele. Il suo volto era sorridente e i suoi occhi verdi erano luminosi sotto le sopracciglia scure e delicatamente ar-cuate. Alcune ciocche di capelli scuri sfuggivano alla sciarpa che le copriva la testa e le sfioravano le guance lisce e rosee. Il suo naso era diritto e le sue labbra rosse lasciavano vedere i denti bianchi, simili a perle. Bryce si chiese chi fosse quella fanciulla e come si chiamasse. Era senza dubbio la donna più attraente che avesse mai visto, e invidiava ogni uomo che ballava con lei, compreso l'anziano e corpulento padrone di casa. Se avesse avuto ancora il suo titolo, pensò Bryce, a-vrebbe ballato anche lui con lei, avrebbe guardato in quegli occhi vivaci ed espressivi e, doveva ammetterlo, avrebbe cercato di attirarla in un angolo buio per rubarle un bacio. Ma non aveva più alcun titolo, si disse accigliandosi. Non era il Conte di Westborough, anche se avrebbe avu-to ogni diritto di esserlo. Non aveva alcun possedimen-to. E la fanciulla era con tutta probabilità una nobile ric-

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ca e viziata che non avrebbe voluto avere nulla a che fa-re con i tipi come lui. Bryce non poteva permettersi neppure una camicia di ricambio. L'unica che possedeva si era lacerata durante il torneo, perciò era stato costretto a partecipare al ban-chetto con addosso solo la giubba di cuoio. Pur essendo a disagio per il proprio abbigliamento così poco consono all'occasione, voleva godersi ancora un po' il banchetto. Gli ricordava la vita alla quale era abituato, quando suo padre era ancora vivo. Perciò non aveva importanza chi fosse o come si chiamasse la fanciulla, così come non aveva importanza il fatto che quei nobili e le loro dame lo ignorassero. Come a smentire quelle amare considerazioni, un bel-l'uomo bruno con un calice d'argento in mano andò a sedersi sulla panca accanto a lui. Bryce sapeva che era un gallese, e la fanciulla dai capelli neri e dagli occhi verdi aveva chiacchierato e riso con lui prima di metter-si a ballare con Lord Melevoir. «Ho visto facce più allegre a un funerale» osservò con noncuranza lo sconosciuto. «E avete anche vinto i soldi in palio. È un peccato che dieci monete d'argento non vi facciano felice. Ve le prendo volentieri, se la cosa vi fa contento.» «Provateci» ribatté Bryce in tono pacato e vagamente minaccioso al tempo stesso. «Calma, non c'è bisogno di essere così aggressivo.» Il gallese sorrise e i suoi occhi si accesero di una luce di-vertita. «Meritavate di vincere. Non ci sono molti uomi-ni in grado di battermi, ma sono contento di poter dire che non me la lego al dito. Guardate, siete stato il mi-gliore con la lancia, e sarebbe uno sciocco chi dicesse il contrario. Io non sono uno sciocco.»

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Bryce si rilassò, compiaciuto dai modi dello scono-sciuto oltre che dalle sue parole. Era trascorso molto tempo dall'ultima volta che un nobile lo aveva trattato da eguale. «Perdonate la mia mancanza di cortesia, signore» dis-se sorridendo. «Vorrei che tutti coloro che ho battuto si esprimessero con tanta generosità.» Poi fece un cenno di benvenuto. «Io sono Bryce Frechette.» «Generosità, eh?» disse l'uomo bruno. «Io lo chiamo buon senso. E naturalmente so chi siete.» Bryce si preparò mentalmente alle inevitabili doman-de. Che non vennero. «Io sono Lord Cynvelin ap Hywell di Caer Coch, il più bel castello di tutto il Galles» annunciò l'uomo in to-no amabile. Poi osservò di nuovo il normanno. «Ho cer-cato di assoldare gli uomini più in gamba per il mio se-guito. Spero che accetterete di farne parte.» Il primo impulso di Bryce fu quello di rifiutare. Non era nato per essere al soldo di qualcuno. «Dal momento che siamo gentiluomini, non staremo a contrattare come mercanti. Se accettate, avrete tutto ciò che vi serve come armamento, abiti, cibo e alloggio, e se dopo un anno saremo entrambi soddisfatti l'uno del-l'altro non vedo ragione perché non dovrei ricompensar-vi ulteriormente.» Bryce sapeva che poteva sempre guadagnarsi da vive-re combattendo nei tornei. Alla peggio, sarebbe potuto andare da sua sorella e chiedere ospitalità nel suo castel-lo. Tuttavia aveva viaggiato e combattuto per anni, e nessun altro gli aveva mai offerto una simile opportuni-tà. Quanto all'andare da sua sorella... si sarebbe sentito come un mendicante.

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L'orgoglio di Bryce lasciò spazio al senso pratico. La sua famiglia aveva perso il titolo e le terre. L'unico de-naro che lui aveva erano le dieci monete d'argento vinte al torneo di Lord Melevoir. Se non avesse accettato l'of-ferta del gentiluomo gallese sarebbe stato costretto a combattere in un altro torneo sperando di vincere un premio, come un orso ammaestrato. E poi il gallese non era solo amichevole, ma anche rispettoso. Da un bel po' di tempo a quella parte non gli capitava di incontrare una persona con un simile atteg-giamento nei suoi confronti. Inoltre non doveva essere troppo difficile entrare a far parte del seguito di un uo-mo come quello. Se avesse voluto, poi, avrebbe potuto rinunciare in qualsiasi momento, e in ogni caso non a-veva molte alternative. «Milord, accetto con piacere la vostra offerta» disse chinando il capo in un cenno d'assenso. Lord Cynvelin diede una pacca sulla spalla di Bryce e sorrise con calore. «Ottimo, amico mio!» Bryce fece un respiro profondo. «Potete fare asse-gnamento su di me, milord» affermò, e quelle parole suonarono quasi come una sfida. Lord Cynvelin si fece serio. «Se avessi pensato che fosse altrimenti non vi avrei fatto nessuna offerta. Pa-recchi di noi sono stati dei giovanotti impulsivi e testar-di. E poi credo che farò una gran bella figura quando gli altri sapranno che Bryce Frechette, il vincitore del tor-neo di Lord Melevoir, fa parte del mio seguito.» Bryce annuì, compiaciuto, sollevato e lusingato al tempo stesso. «Partiamo per il Galles domani dopo la messa. Spero che sarete pronto.» «Il Galles?»

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«Già. Dove dovrebbe vivere un gallese?» Bryce annuì. «Naturalmente.» «Non è un problema, per voi, vero?» «No, milord» rispose Bryce, cercando di ignorare la propria riluttanza a trasferirsi in una landa desolata abi-tata dai celti. «Bene.» Lord Cynvelin sospirò e bevve un sorso di vino. «Gran festa, questa. Non ho mai visto così tante belle dame in un posto solo.» «Dame belle, ricche e titolate» ribatté Bryce lancian-do al nuovo amico un'occhiata sardonica. «Il che le met-te al di fuori della mia portata.» Lord Cynvelin si mise a ridere e guardò Bryce da ca-po a piedi. «Ho visto raramente un uomo di bell'aspetto come voi, a parte me, naturalmente. Non credo proprio che stanotte vi toccherà dormire da solo.» Bryce sorrise con un po' d'amarezza. «Dal momento che non ho un titolo, nessuna di quelle dame mi degne-rebbe di una seconda occhiata.» Il bellissimo Cynvelin si mise a ridere, una risata bas-sa e profonda che fece voltare molte persone, compresa la splendida sconosciuta. «Guardate tutte le donne che ci stanno osservando» disse Cynvelin quando smise di ridere. «Avete bisogno di altre prove?» Bryce lanciò un'occhiata furtiva al salone. «Stanno guardando voi, milord.» «Be', e perché no?» rispose Cynvelin con un'altra ri-sata. «Ma anche voi. L'ho notato mentre stavo ballando. E siete stato voi a prendere il primo premio al torneo, quando avete scagliato la vostra lancia attraverso l'anel-lo per cinque volte. Vi dico che vi basta muovere un dito per poter scegliere a vostro piacimento.»

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«Credo che mi convenga prepararmi per il viaggio di domani.» Lord Cynvelin sorrise. «Se preferite. Non posso che ammirare una tale dedizione al dovere. Quanto a me, vado a parlare alla donna che sposerò, se mi vorrà. Ec-cola là, che balla con Lord Melevoir. Avete mai visto una creatura più bella di Rhiannon DeLanyea?» «È molto bella» concordò Bryce osservando la non più sconosciuta fanciulla muoversi con grazia al suono della musica ed evitare agilmente i piedi grossi e goffi del padrone di casa. «Vi avverto, Bryce Frechette, appartiene a me» lo mi-se in guardia Cynvelin, con gli occhi che gli ridevano. «E poi suo padre è per metà gallese, un barone con il quale c'è poco da scherzare. L'uomo che vorrà ottenere l'amore di sua figlia dovrà vedersela con lui.» «Vi assicuro, milord, che non nutro alcun interesse nei suoi confronti, al di là dell'ammirazione che ogni uomo le deve.» Cynvelin rise di nuovo. «Parlate proprio come un no-bile normanno» disse mentre si alzava. Raddrizzò la propria tunica nera e sistemò la cintura dai motivi orna-mentali dorati. «Adesso vado a soccorrerla. Ci vediamo domattina alle stalle, Frechette.» Bryce fece un cenno di saluto e guardò Lord Cynvelin attraversare il salone di Lord Melevoir e avvicinarsi alla bellissima Rhiannon DeLanyea. Lady Rhiannon DeLanyea si corresse Bryce, la donna che il suo nuovo signore intendeva sposare. Ebbene, così sia, pensò mentre si appoggiava di nuo-vo al muro e sorrideva fra sé e sé. Si era convinto che nessun nobile gli avrebbe più offerto la propria amicizia o l'avrebbe trattato come un proprio pari. Che sarebbe

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rimasto per sempre il figlio ripudiato e disonorato del Conte di Westborough. Adesso invece sembrava che le cose potessero cam-biare. Forse avrebbe ancora potuto guadagnarsi un titolo con i propri meriti. In quel caso a che cosa non avrebbe potuto aspirare? Dopotutto ci sarebbero state altre giovani e bellissime dame alla sua portata, quando avesse ricevuto l'investi-tura a cavaliere. Rhiannon sedette sulla panca più vicina e cercò di ri-prendere fiato. Lord Melevoir chinò la testa grigia e lei fece altrettanto prima che l'anziano nobiluomo si allon-tanasse, in cerca di qualche altra dama con cui ballare. Se non altro era riuscita a restare in piedi, si disse Rhiannon mentre si faceva aria con una mano. Lord Me-levoir era stato piuttosto energico mentre ballava la dan-za in tondo, e a un certo punto lei aveva temuto di veni-re scagliata in mezzo ai suonatori. «Del vino, per favore» chiese a un servitore di pas-saggio. «Permettetemi, milady» disse in gallese una voce ma-schile. Una mano snella le porse un calice. Rhiannon accettò la bevanda e sollevò lo sguardo sul volto sorridente di Lord Cynvelin ap Hywell. «Lord Cynvelin!» esclamò con entusiasmo. «Come siete gentile! Sono assetata e ho i piedi a pezzi.» «Qui dentro non c'è una dama più bella e aggraziata, per questo tutti gli uomini vogliono ballare con voi» ri-spose Cynvelin sedendosi accanto a lei. Rhiannon sorrise, poi bevve un altro sorso e per poco non soffocò. «O'r annwyl!» farfugliò mentre Cynvelin le toglieva di mano il calice. «Se non sto attenta comincerò

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a barcollare come un ubriacone. Lord Melevoir è un uomo eccellente, e lo è anche il suo vino. Non sono abi-tuata a bevande così corpose.» «Mentre io mi sto ubriacando della vostra bellezza» rispose Cynvelin a voce bassa. Piacevolmente lusingata, Rhiannon arrossì. «Pensavo di non piacervi più. Sareste potuto accorrere a salvarmi da quella danza in tondo, invece di parlare con quel sas-sone. Pensate un po', venire a un banchetto senza la ca-micia!» Rhiannon indicò con un cenno della testa l'uomo se-duto all'estremità opposta del salone. I capelli castani gli ricadevano sulle spalle ampie. Indossava solo una sem-plice giubba di cuoio allacciata sul davanti, aperta sul collo e senza camicia sotto, cosicché si vedevano le sue braccia muscolose e il suo torace. C'era in lui qualcosa di quasi selvaggio o di ribelle, qualcosa, nel suo modo di guardare, che faceva intuire un'enorme energia tenuta sotto un ferreo controllo. «È un normanno, milady» rivelò Lord Cynvelin. «Vo-stro padre e i vostri fratelli non portano i capelli alla stessa maniera? Così ho sentito dire.» Rhiannon si mise a ridere allegramente. «Certo, avete ragione. Sostengono che serva a tenere a posto l'elmo, anche se nel caso dei miei fratelli credo si tratti solo di vanità. Forse è lo stesso anche per quel tipo.» «Non avete mai sentito parlare di Bryce Frechette, il figlio del Conte di Westborough?» Rhiannon guardò Cynvelin con autentica sorpresa. «Naturalmente! Tutti sanno di lui, di come abbia litigato con suo padre e se ne sia andato di casa, e non sia più tornato, neppure quando suo padre stava morendo. Mi chiedo che cosa ci faccia qui. Mi sorprende che osi mo-

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strare la propria faccia in mezzo ai nobili.» Lanciò un'al-tra occhiata al normanno caduto in disgrazia e lo vide alzarsi e dirigersi dall'altra parte del salone. Aveva l'an-datura di un grosso felino. Ancora una volta avvertì la straordinaria energia racchiusa in lui. «E pensare che non avevate mai sentito parlare di me fino a tre giorni fa, mentre sapete tutto di quel tipo» os-servò Lord Cynvelin con un'espressione offesa. «Mi sta-te spezzando il cuore.» Rhiannon sorrise al proprio compatriota. «Mi dispiace di stare spezzandovi il cuore, ma sono certa che ci siano parecchie altre dame più che disposte a rimetterne in-sieme i frantumi.» «C'è solo una dama che può farlo» ribatté lui, senza lasciare spazio a fraintendimenti. «Oh, non credo, milord» rispose Rhiannon con una risata, sentendosi improvvisamente a disagio. Quel gio-vane gallese le piaceva e si sentiva lusingata dalle sue attenzioni, ma trovava sconcertante il suo sguardo inda-gatore. «Lady Valmont rinuncerebbe volentieri ai suoi possedimenti se potesse ottenere in cambio il vostro cuore.» «Forse, se fossi respinto da una dama migliore di lei, potrei dovermi consolare con una donna evidentemente inferiore e accettare dei possedimenti come premio di consolazione.» Lord Cynvelin si chinò su di lei e Rhian-non sentì sulle guance il suo alito caldo che sapeva di vino. «Ma preferirei di no. E poi penso che voi soprav-valutiate la mia capacità di attrarre una nobildonna nor-manna. Lady Valmont non sa che farsene dei gallesi. Fate caso a come sta guardando Frechette.» «Solo perché è un mascalzone privo d'onore, ne sono certa» ribatté Rhiannon. «Lady Valmont non nasconde

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la propria simpatia per gli individui poco raccomandabi-li.» «State per caso dicendo che io sono un individuo po-co raccomandabile, milady?» chiese Lord Cynvelin con un'espressione preoccupata, posandosi una mano sulla guancia in un gesto di costernazione. «Oh, assolutamente no!» Lord Cynvelin le sorrise di nuovo. «Allora perdono a Frechette la sua cattiva fama» disse con magnanimità. «Spero che non mi criticherete se vi dico che gli ho chiesto di unirsi al mio seguito quando partirò per il Galles, domani.» Rhiannon non fece caso alla prima parte della dichia-razione di Lord Cynvelin. «Partite domani?» «Dopo la messa.» «Mio padre arriverà domani» gli ricordò lei. «Spera-vo che riusciste a conoscerlo.» Lord Cynvelin aggrottò la fronte. «Purtroppo non posso fermarmi qui, anche se mi piacerebbe. Ho degli impegni che richiedono la mia presenza.» «Oh.» «Forse potrei venire a farvi visita a Craig Fawr quan-do avrò fatto tutto quello che devo» suggerì lui. Rhiannon non vide motivo di dirgli di no, a parte un certo fastidio per il suo atteggiamento tutto a un tratto possessivo. «Vi accoglieremo con piacere.» «E io aspetterò con ansia il momento di rivedervi» sussurrò Lord Cynvelin, fissandola con una espressione fin troppo eloquente. Rhiannon arrossì e distolse lo sguardo dai suoi occhi scuri. Possibile che avesse intenzione di incontrare suo padre per chiedergli la sua mano?

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Lord Cynvelin le piaceva. Provava stima nei suoi confronti ed era lusingata dalla sua ammirazione. Lo ri-spettava. Inoltre lui era gallese. Per tutti questi motivi aveva cercato la sua compagnia durante il torneo di Lord Melevoir e lo aveva invitato a Craig Fawr. Ma lo conosceva solo da tre giorni. Non era sufficien-te per poter dire di conoscerlo bene, e di certo non era abbastanza per innamorarsi o impegnarsi a sposarlo. Sua madre le raccomandava spesso di essere più cir-cospetta, e in quel momento Rhiannon avrebbe voluto aver seguito quel consiglio. Era evidente che, senza vo-lerlo, aveva fatto credere a Lord Cynvelin di tenere a lui più di quanto non fosse in realtà. «Se volete scusarmi, milady» disse lui alzandosi, «devo parlare a Lord Melevoir prima di andarmene e ringraziarlo per la sua ospitalità. Poi mi ritirerò nel mio alloggio.» Rhiannon si sentì sollevata. «M... ma certamente, milord» balbettò, arrossendo ancora di più quando lui le prese la mano e se la portò alle labbra, guardandola con un'espressione speranzosa. «A più tardi, milady.» Lord Cynvelin le fece un profondo inchino e si allon-tanò. Per la prima volta da quando lo aveva incontrato, Rhiannon fu contenta di vederlo andar via. A più tardi? Che cosa aveva inteso dire? Rhiannon trattenne un gemito. Lord Cynvelin pensa-va forse che fosse disposta a raggiungerlo nella sua stanza? Che cosa gli aveva fatto credere? Lord Cynvelin si fermò a parlare con Lady Valmont, che le lanciò un'occhiata incuriosita. Si stava facendo anche lei delle domande sulla natura del suo rapporto con Lord Cynvelin?

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Rhiannon distolse lo sguardo e notò un gruppo di no-bili normanni che le lanciavano occhiate sussurrando e sorridendo con aria sorniona. Che cosa pensava tutta quella gente? Improvvisamente il salone le parve troppo affollato e troppo caldo. Rhiannon si alzò e uscì nella corte. Era un grande spazio aperto, circondato dalle mura interne del castello. Fuori si trovava un'altra corte racchiusa entro mura esterne ancora più massicce, e il più imponente accesso che lei avesse mai visto. Rhiannon rallentò il passo, assumendo un'andatura più adatta a una gentildonna. Poi si fermò. Un uomo si trovava vicino ad alcuni carri situati davanti agli edifici in cui venivano alloggiati i cavalieri in visita al castello e i loro seguiti. L'uomo era di spalle e sembrava stare rovistando in mezzo ai baga-gli accatastati su uno dei carri. Era troppo tardi e c'era troppo buio perché qualcuno dei servitori stesse per met-tersi in viaggio. «Ehi! Voi! Che cosa state facendo?» chiamò Rhian-non avvicinandosi, pronta a chiamare le guardie se fosse stato necessario. Un attimo prima che l'uomo si voltasse a guardarla, si rese conto che aveva i capelli che gli arrivavano fino al-le spalle. «Stavo cercando i miei bagagli, che non sono nelle baracche» rispose Bryce Frechette. «Mi è stato detto che uno dei servitori li ha messi qui per sbaglio.» Mentre lui parlava, Rhiannon si accorse che assomi-gliava a un sassone più che a un normanno, con quei ca-pelli lunghi, quel volto spigoloso e quell'espressione di-staccata e leggermente scontenta. Lui sembrava rilassato e nel medesimo tempo pronto

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a scattare. Rhiannon conosceva solo un altro uomo che aveva quella stessa postura quando non era impegnato in un combattimento. Urien Fitzroy, un amico di suo pa-dre, che passava per essere il miglior addestratore di uomini d'arme in tutta l'Inghilterra. Bryce Frechette era un guerriero imponente, eppure, adesso che era vicino a lui, Rhiannon non si sentiva af-fatto intimorita. Lo trovava anzi piuttosto intrigante, e avrebbe voluto vedere meglio il suo viso, in particolare i suoi occhi. «Mi dispiace. Ho fatto un errore.» «Credevate che stessi cercando di rubare qualcosa?» chiese lui. «Sì... no...» rispose lei, poi raddrizzò le spalle e si mi-se sulla difensiva. «Dovete ammettere che il vostro ar-meggiare sembrava sospetto.» «Soprattutto dal momento che non sono un nobile?» ribatté lui con un tono apparentemente cortese, ma con una punta di ostilità. Perché sarebbe dovuto essere arrabbiato con lei? Rhiannon andò in collera ricordando quello che sapeva sul suo conto. «Se non siete più un nobile la colpa è solo vostra, Bryce Frechette.» «Sono onorato che conosciate il mio nome, Lady Rhiannon» ribatté lui con sarcasmo, facendole un picco-lo inchino. Vedendo la sorpresa di Rhiannon nel rendersi conto che anche lui sapeva il suo nome, Bryce ebbe un moto di soddisfazione. Le afferrò una mano e s'inchinò pro-fondamente, come se volesse baciargliela. Lei la ritirò bruscamente. «A quanto pare conosco più del vostro nome» disse in tono asciutto. «Forse sapete meno di quello che pensate, milady»

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ribatté Bryce con calma, avvicinandosi. Notando che Rhiannon non si ritraeva, Bryce ricordò il modo in cui lei si era comportata nel salone, specialmente mentre era con Lord Cynvelin. Forse non era virtuosa come sem-brava. «Vi piacerebbe saperne di più?» «Forse. Ma questo non è il momento né il luogo per una simile conversazione» tagliò corto Rhiannon con fermezza. La sua risposta schietta lo colse alla sprovvista, ma Bryce si riprese in fretta. «È un gran peccato» disse a voce bassa, con un tono seducente. «A me piacerebbe saperne di più sul vostro conto.» Rhiannon deglutì e si schiarì la voce. Aveva ricevuto molti complimenti in quegli ultimi giorni, ma nessuno le aveva fatto un effetto così profondo. «Sì, be'... un'altra volta» ribatté. «Perché avete tanta fretta, milady? Dovete incontrare qualcuno?» chiese Bryce avvicinandosi di nuovo. «No!» Rhiannon si ritirò in una nicchia buia, poi sol-levò il mento con aria di sfida. Bryce chinò la testa da un lato e con un'espressione ammirata fece scivolare lo sguardo dalla sommità della sua sciarpa di seta all'orlo del suo abito. «Per favore, non guardatemi con quell'aria imperti-nente, signore!» esclamò lei sentendosi pervadere da una ondata di calore mentre Bryce continuava a fissarla. «Signore? Vedo che sto salendo nella vostra conside-razione. Permettetemi di assicurarvi, milady, che non intendevo essere scortese. Tutto il contrario.» Bryce si avvicinò di un altro passo e sorrise. Non come sorrideva Lord Cynvelin, che pareva farlo solo per abitudine. Rhiannon si rese conto che un sorriso da parte di quell'uomo era una cosa rara, e che andava

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tenuto in gran conto. Avrebbe voluto vedere meglio il suo viso, ma lì era troppo buio. Improvvisamente si accorse che lui l'aveva chiusa in un angolo, e che in quel punto si trovavano al riparo da-gli sguardi indiscreti dei soldati di guardia sul cammino di ronda. «Da come vi siete comportata nel salone» continuò Bryce con un sussurro roco, «pensavo che vi piacesse essere ammirata dagli uomini.» «Da alcuni uomini, forse» rispose lei incrociando le braccia sul petto, come per proteggersi. «Tuttavia non ho alcun desiderio di essere notata da un uomo che ha abbandonato la propria famiglia e ha lasciato la sorella in una situazione così precaria. Sono rimasta davvero sorpresa quando ho sentito che Lord Cynvelin ha voluto una persona simile nel suo seguito.» Bryce si bloccò mentre la guardava. Poi abbassò mi-nacciosamente le sopracciglia. «Questo è ciò che pensa-te di me?» «Sì» rispose lei. Lui fece un passo indietro. «Voi mi sorprendete, mi-lady. Credevo che foste troppo intelligente per dare a-scolto ai pettegolezzi.» «Dunque quello che ho sentito dire non è vero? Non avete litigato con vostro padre? Non ve ne siete andato pieno di stizza, come un bambino viziato? E non siete rimasto lontano da casa anche quando vostro padre stava morendo? Mi state dicendo che contrariamente a tutto quello che ho sentito siete tornato ad aiutare vostra so-rella, che si era impoverita ed era stata costretta a diven-tare una serva nel proprio castello?» «Non avete sentito nient'altro?» l'aggredì lui. «Che sono un farabutto e un buono a nulla? Che mia sorella

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mi ha buttato fuori di casa? Che suo marito, il potente Barone DeGuerre, mi detesta? Che mento, imbroglio e rubo?» Bryce le si avvicinò di nuovo. «Che ho venduto l'anima al diavolo?» Rhiannon sussultò e spalancò gli occhi. Lui fece una risata sprezzante. «Siete così sciocca da credere a tutto quello che sentite?» «Come osate!» esclamò lei, offesa dalla sua critica. «Voi, uomo senza onore...» «No, milady, come osate voi?» ribatté Bryce con voce gelida. «Non mi conoscete, eppure osate rimproverarmi per le mie azioni. Non sapete per quale motivo io e mio padre abbiamo litigato né perché me ne sono andato come ho fatto. Non sapete come mai sono rimasto lon-tano né come mi sono sentito quando ho saputo cos'era successo.» Bryce abbassò di colpo la voce. «Non avete idea di quanto abbia sofferto, sapendo che non ero con Gabriella quando lei aveva bisogno di me.» Rhiannon si sentì in colpa e arrossì avvertendo il ri-morso che traspariva dalla voce del normanno. Aveva fatto male a giudicarlo così in fretta. Ma prima che fa-cesse in tempo a scusarsi, Bryce si fermò di fronte a lei, vicinissimo. «Chi siete voi per giudicarmi?» chiese. «Da come a-vete ballato, sorriso e riso con più di un uomo nel salone di Lord Melevoir, potrebbe sembrare che io non sia il solo a mancare di scrupoli. Perciò come osate, mia ado-rabile ipocrita? Come osate agire come avete fatto e poi rimproverare me?» Bryce la fissò con un'intensità tale da inchiodarla al suolo. Rhiannon non riuscì a parlare. Non poté difender-si dalle sue accuse né pronunciare una sola parola a pro-pria discolpa.

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Lui si fece ancora più vicino, tanto da sfiorarla quasi, e quando parlò di nuovo la sua voce era bassa e roca. «Come osate starvene lì nell'ombra, più desiderabile di qualsiasi altra donna che io abbia mai visto, ben sa-pendo che se osassi toccarvi chiamereste una guardia e mi denuncereste?» Lei deglutì a fatica, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal suo volto. «Non lo farei» mormorò. L'espressione di lui parve cambiare. «Non fareste che cosa, milady?» sussurrò. «Non chiamereste la guardia e non mi condannereste per aver agito spinto dal deside-rio?» Bryce allungò una mano e le sfiorò un braccio, fa-cendola rabbrividire. «Mi fa piacere sentirlo, perché sie-te la donna più seducente che abbia mai incontrato.» Posò le mani sulle sue spalle e l'attirò a sé. Rhiannon sapeva che avrebbe dovuto ritrarsi, ma nel-l'attimo in cui la bocca di lui toccò la sua, baciarlo non le parve sbagliato, immorale o scandaloso. Le sembrò anzi perfettamente e meravigliosamente giusto. Era già stata baciata, da ragazzi timidi e goffi che si erano limitati a sfiorarle una guancia o le labbra. Ma mai così, con una passione e un desiderio che sembra-vano suscitare una reazione altrettanto intensa dentro di lei. Mai prima d'allora un uomo aveva tentato di esplorare i recessi della sua bocca. Neppure quello le parve sbagliato, tutt'altro, perciò Rhiannon dischiuse le labbra. Bryce la strinse a sé. Languidamente, quasi inconsa-pevolmente, lei cominciò ad accarezzare la sua casacca di cuoio. Mentre la baciava, la tensione sembrò defluire dai suoi muscoli. Bryce la spinse con delicatezza contro il muro di pie-

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tra, poi infilò un ginocchio in mezzo alle sue gambe. Rhiannon sentì il proprio corpo cominciare a pulsare come non le era mai capitato prima. All'improvviso la porta del salone si aprì e un fiotto di luce si riversò nella corte. Una voce rauca augurò la buonanotte. A quell'interruzione Lady Rhiannon DeLanyea sus-sultò, poi sul suo viso apparve un'espressione piena d'or-rore. Un attimo dopo spinse via Bryce, sollevò le gonne e fuggì.

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La sposa rapitaLa sposa rapitaLa sposa rapitaLa sposa rapita di Margaret Moore

Inghilterra, 1228 - Il nobile normanno Bryce Fre-chette viene indotto a credere che il rapimentodella fidanzata da parte del promesso sposo sia una tradizione gallese prima del matrimonio. Ac-cetta così di rapire Lady Rhiannon DeLanyea per conto del perfido Lord Cynvelin, che intende faresua la fanciulla per vendicarsi del padre di lei. Apoco a poco, tuttavia, la verità viene a galla eBryce, per porre rimedio alla propria ingenuità, architetta un piano a dir poco ingegnoso.

Il fiore di meIl fiore di meIl fiore di meIl fiore di mezzanottezzanottezzanottezzanotte di Jacqueline Navin

Inghilterra, 1847 - Magnus Eddington, il ricchis-simo e chiacchieratissimo Conte di Rutherford,decide di sposarsi e di avere un figlio. Ma chi ac-cetterà di unirsi a un uomo cinico come lui? Lo fa Caroline Wembly, un'avvenente fanciulla di buo-na famiglia che ha bisogno di denaro per curare il fratellino malato. Il matrimonio dovrebbe esse-re un semplice scambio fra le parti in causa, ma ben presto i due sposi si scoprono innamorati.Poi, però, una stupefacente rivelazione mette adura prova il loro amore.

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DALDALDALDALL'1 DICEMBREL'1 DICEMBREL'1 DICEMBREL'1 DICEMBRE

La signora dei mariLa signora dei mariLa signora dei mariLa signora dei mari di Ruth Langan

Inghilterra - Francia, 1624 - Non è facile per l'in-trepida Courtney, che ha vissuto tutta la vita abordo di una nave pirata, ambientarsi alla corte del Re d'Inghilterra, e ancora più difficile è tenere nascosto il suo ruolo di informatrice della Fran-cia. Quando poi incontra Rory MacLaren, un nobi-le che conosce la sua vera identità, il rischio diessere smascherata aumenta. L'unica via d'uscita è quella di mantenere le distanze. Ma come sipuò ignorare un uomo affascinante come Rory?

GiocGiocGiocGiochi d'azzardohi d'azzardohi d'azzardohi d'azzardo di Julia Justiss

Londra, XIX secolo - Per salvare la famiglia dalla rovina economica dovuta alle ingenti perdite algioco di suo padre, Sarah Wellingford si accingea sposare un uomo ricco ma crudele. A salvarlada questa amara sorte è Nicholas Stanhope, Mar-chese di Englemere, che le propone un matrimo-nio di convenienza. Ma ben presto il loro rappor-to, inizialmente fondato su basi esclusivamenteamichevoli, si trasforma in un amore vero, capa-ce di resistere a tutto e a tutti. Anche a chi vor-rebbe separarli.

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