Anno 16, n. 11(168) - Novembre 2019 Curia e pastorale per ... · 4 Novembre 2019Novembre 2019 Anno...

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Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 16, n. 11(168) - Novembre 2019

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Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propriainsindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubblicati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicitaautorizzazione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Quadrifoglio S.r.l.Albano Laziale (RM)

RedazioneCorso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaborato inoltre:

S.E. mons. Vincenzo Apicella, don Carlo Fatuzzo, donAndrea Pacchiarotti, don Gabriele Ardente, Antonio Bennato,Sara Gilotta, Massimiliano Postorino, Giovanni Zicarelli,Mara Della Vecchia, Luca Leoni, Giorgio Innocenti, GianniCardinale, Alessandro Filippi, Alberto Talone, Jacopo Rondinelli,Adelaide Tosto, Davide Angelucci, Claudia Zaccagnini.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesivelletrisegni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:

San Clemente I P.M. Patrono di Velletri

incisione di Arnaldo Von Westerhout, 1723,antiporta figurata del libro

“Historia della Chiesa e Città di Velletri”di Alessandro Borgia

(Fondo antico della Biblioteca diocesana di Velletri)

- Dal nostro Battesimo scaturisce la missione“sacerdotale” che il Signore affida alla sua Chiesa,

+ Vincenzo Apicella p. 3

- Videomessaggio di Papa Francescoin occasione del Climate Action Summit,

a cura di S. Fioramonti p. 4- Lettera Apostolica in forma di

«motu proprio» del Sommo Pontefice Francesco “Aperuit Illis” con la quale viene istituita la Domenica dellaParola di Dio,

a cura di S. Fioramonti p. 5

- Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica sul tema “Nuovi Cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale”, a cura di S. Fioramonti p. 9

- “Sentinella a che punto è la notte?”,Sara Gilotta p. 12

- Calendario dei Santi d’Europa / 32.12 novembre San Giosafat Kunczewicz , Vescovo di Polock e martire, patrono dell’Ucraina e degli Ecumenisti,

Stanislao Fioramonti p. 13- L’Arca portata sulle acque,

Antonio Bennato p. 15

- La giustizia dell’incontro. Il 15 novembre ad Albano il Convegno sulla Giustizia Riparativa,

Giorgio Innocenti p. 16- La Caritas di Santa Maria del Carmine,

don Gabriele Ardente p. 17

- L’Altare, don Andrea Pacchiarotti p. 18

- Giornata dei Poveri 2019: Ai poveri non si perdona neppure la loro povertà. I poveri “ci salvano perché ci permettono di incontrare il volto di Gesù Cristo”,

Gianni Cardinale p. 19

- Il Battesimo esprime una Chiesa “porta” che si apre per iniziare il cammino. La Chiesa di Velletri-Segni ha celebrato il suo Convegno Pastorale, Giovanni Zicarelli p. 20

- Il saluto affettuoso al Vescovo Dante,Stanislao Fioramonti p. 22

- “Vieni Signore Gesù”. Con questa invocazione S.E. Mons. Dante Bernini ha concluso la sua “giornata” terrena,

Alessandro Filippi p. 24- 2009 – 2019 dieci anni fa il ritorno nelle braccia del suo Signore di Mons. Martino Gomiero,

Alessandro Filippi p. 25- 23 Novembre 2018 – 2019 Un anno fa terminava la sua esistenza terrena Mons. Angelo Lopes, Arciprete del Capitolo della Basilica di S. Clemente in Velletri,

Alessandro Filippi p. 26- Valmontone parrocchia Santa Maria Maggiore, Festa di San Luigi patrono della Città, celebrazione presieduta da S.E. Mons. Leonardo D’Ascenzo,

Giovanni Zicarelli p. 27- Artena: grande gioia per le parrocchie di santa Croce e santo Stefano per l’accoglienza dei nuovi ministri,

Alberto Talone p. 28- L’Amore senza misura,

Jacopo Rondinelli p. 28- Il tempo è da vivere,

Adelaide Tosto p. 29

- Thomas Becket e Anagni: un legame di arte e fede / 1° parte,

Davide Angelucci p. 30- Al Museo diocesano di Velletri dodici artisti per Leonardo da Vinci,

Claudia Zaccagnini p. 31- Il sacro intorno a noi / 62. Da Villa Romana di Carsoli (AQ) all’Eremo di San Martino,

Stanislao Fioramonti p. 32- Notre Dame di Parigi e musica polifonica,

Mara Della Vecchia p. 34- In occasione del 23 novembre festa di San Clemente patrono di Velletri (...) Ecclesia offre uno sguardo sintetico sulle opere raffiguranti San Clemente nella Cappella omonima di Vaticano, Luca Leoni p. 43

- “San Martino fa risorgere un morto” dell’umbro Anton Maria Garbi (1718-1797)

Luca Leoni p. 44

- Decreti vescovili p. 35- Delimitazione territoriale parrocchie Velletri p. 36

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33Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

� Vincenzo Apicella, vescovo

“Battezzati ed inviati” è stato il tema del Convegno diocesano annua-le svoltosi all’Acero il 18 e 19 ottobre, nella rinnovata consapevolezzache proprio dal nostro Battesimo scaturisce la missione che il Signoreaffida alla sua Chiesa perché l’annuncio della salvezza raggiunga ogniuomo, in ogni luogo ed in ogni tempo.Per questo, come abbiamo cominciato a vedere nel numero del mesescorso, siamo stati consacrati con l’unzione battesimale, nella quale vie-ne anche precisato come si articola e cosa comporta il mandato rice-vuto. E’, anzitutto, una missione “sacerdotale”. La Lettera agli Ebrei cispiega chiaramente cosa intendiamo noi cristiani per “sacerdozio” e chel’Unico Sacerdote è solo Gesù Cristo, il quale “avendo offerto un solosacrificio per i peccati, si èassiso alla destra di Dio, aspet-tando ormai soltanto che i suoinemici vengano posti sottoi suoi piedi. Poiché con unaunica oblazione egli ha resoperfetti per sempre quelli chevengono santificati” (Eb.10,12-14). Redenti e purificati dalsangue di Cristo, noi battezzatidiventiamo partecipi del suosacrificio e capaci, per ope-ra dello Spirito, di accoglie-re le parole di San Paolo checi dice: “Vi esorto dunque, fra-telli, per la misericordia di Dio,ad offrire i vostri corpi comesacrificio vivente, santo e gra-dito a Dio: è questo il vostroculto spirituale” (Rom.12,1). Ciò si vive e si compiesacramentalmente, cioè effi-cacemente e realmente,quando, come Popolo tuttosacerdotale, partecipiamoall’Eucarestia: il presbitero chepresiede la celebrazioneeucaristica è “ordinato” per-ché ciascuno di noi, ogni bat-tezzato, possa svolgere il pro-prio sacerdozio ed offre ilSacrificio a nome di tutti, pre-gando sempre in prima per-sona plurale e ricevendo lanostra ratifica con il solenne“Amen”, che conclude l’anafora.Quanti cristiani hanno coscienza di essere in prima persona “sacerdo-ti”, di essere “impiegati come pietre vive per la costruzione di un edifi-cio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali gra-diti a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1Pt.2,5)? La seconda funzioneche ci viene consegnata con il crisma è quella “regale” e anche qui occor-re specificare che tipo di “re” siamo chiamati a diventare, visto che que-sto titolo campeggia proprio sulla Croce di Cristo.Nella Scrittura l’immagine del re coincide con quella del pastore, coluiche guida, protegge, si prende cura, provvede alle necessità del greg-ge e, aggiunge Gesù, arriva a dare la vita per le proprie pecore: “Io sonovenuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il BuonPastore. Il Buon Pastore offre la vita per le pecore” (Gv.10,10s). In sostanza, la regalità del cristiano, come quella di Cristo, si esprimee si vive nel servizio agli altri in ogni ambito della vita, in quello dellafamiglia, della società, della chiesa: è in forza di questo che i genitoriguidano e si prendono cura dei figli e degli anziani di casa, che svol-giamo il nostro lavoro professionale, manuale o intellettuale, che par-tecipiamo alla vita civile, sociale e politica per il governo della cosa pub-

blica, che andiamo incontro alle tante povertà di oggi col volontariato,in una parola, che prendiamo regalmente in mano la nostra vita per far-ne un dono a Dio e ai fratelli, come Gesù.A questo proposito è necessario ricordare l’affermazione forte e deci-sa del Concilio Vaticano II: “Non si crei perciò un’opposizione artificia-le tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosadall’altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoidoveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo lapropria salvezza eterna” (GS. 43). Infine, l’unzione battesimale ci ren-de “profeti”, visto che il giorno di Pentecoste vede avverarsi, come affer-ma Pietro nel suo primo annuncio, le parole di Gioele: “Negli ultimi gior-

ni, dice il Signore, Ioeffonderò il mio Spirito suogni persona; i vostri figlie le vostre figlie profete-ranno, i vostri giovaniavranno visioni e i vostrianziani faranno dei sogni.E anche sui miei servi esulle mie serve in quei gior-ni effonderò il mio Spiritoed essi profeteranno”(At.2,17s). Questo non significa cer-to prevedere il futuro,come potrebbe suggerireuna lettura banale e pede-stre, ma indica la capaci-tà di ascoltare la Parola diDio e di annunciarla aglialtri, per istruirli, illuminarli,consolarli, incoraggiarli eanche, se necessario,correggerli, smascheran-do le falsità e denuncian-do le ingiustizie. Nel Battesimo dei bambi-ni, allora, occorre ricordareai genitori che, in forza delloro Battesimo, sono tenu-ti ad annunciare per primiai loro figli la Parola di Dio,a parlare di Lui, a iniziar-li al dialogo con Lui nellapreghiera: è un compito inso-stituibile, che non potrà esse-re recuperato in futuro nean-

che dal più esperto catechista. Più in generale, ai battezzati, in ogni situa-zione della vita è affidato l’impegno ad “essere pronti sempre a rispon-dere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttaviaquesto sia fatto con dolcezza e rispetto e con una retta coscienza…”(1Pt.3,15). Un’altra realtà è sottintesa nell’unzione col crisma, l’olio di letizia del Salmo44, ed è quella “nuziale”, poiché tutto questo può avvenire solo in quan-to, per il Battesimo, formiamo con Cristo un solo corpo, una sola car-ne, come afferma San Paolo nel grande testo rivolto agli sposi cristia-ni nel capitolo 5 della Lettera agli Efesini, siamo sue membra, innesta-ti nella Vite vera, che attraverso i suoi tralci deve continuare ad esse-re feconda dei medesimi frutti. All’inizio di questo nuovo anno pastora-le, quindi, risuonano ancora le parole di Pietro: “Voi siete la stirpe elet-ta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il Popolo che Dio si è acqui-stato perché proclami le opere meravigliose di Lui, che vi ha chiamatodalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1Pt.2,9), e lo siamo proprio peril nostro Battesimo, da cui scaturisce ogni giorno, come si è detto all’i-nizio, la nostra missione ed il nostro impegno diocesano.

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44 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

a cura di Stanislao Fioramonti

ONU, New York,

23 settembre 2019

SSaluto i partecipanti al Summit dell’Onu 2019 sull’Azioneper il Clima. Vorrei ringraziare il SegretarioGenerale delle Nazioni Unite, il signor António Guterres,

per aver convocato questo incontro, così come per averrichiamato l’attenzione dei Capi di Stato e di governo - edell’intera comunità internazionale e dell’opinione pubbli-ca mondiale - su uno dei fenomeni più gravi e preoccupantidel nostro tempo: il cambiamento climatico.Si tratta di una delle principali sfide che dobbiamo affron-tare e per questo l’umanità è chiamata a coltivare tre gran-di qualità morali: onestà, responsabilità e coraggio.Con l’Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015, la comuni-tà internazionale ha preso coscienza dell’urgenza e dellanecessità di dare una risposta collettiva per collaborare allacostruzione della nostra casa comune. Tuttavia, a quattroanni da quell’accordo storico, si osserva come gli impegniassunti dagli Stati sono ancora molto “fluidi” e lontani dalraggiungere gli obiettivi fissati.Accanto a tante iniziative, non solo da parte dei governima dell’intera società civile, è necessario chiedersi se visia una reale volontà politica di destinare maggiori risorseumane, finanziarie e tecnologiche per mitigare gli effetti nega-tivi del cambiamento climatico e aiutare le popolazioni piùpovere e vulnerabili, che sono quelle che ne soffrono mag-giormente.Anche se la situazione non è buona e il pianeta ne soffre,

la finestra per un’opportunità è ancora aperta. Ancora. Ancorasiamo in tempo. Non lasciamo che si chiuda. Apriamola conil nostro impegno a coltivare uno sviluppo umano integra-le, per assicurare alle generazioni future una vita miglio-re. Il futuro è il loro, non il nostro. “Mentre l’umanità del periodo post-industriale sarà forse ricor-data come una delle più irresponsabili della storia, c’è daaugurarsi che l’umanità degli inizi del XXI secolo possa esse-re ricordata per aver assunto con generosità le proprie gra-vi responsabilità” (Laudato si’, 165). Con onestà, responsabilità e coraggio dobbiamo metterela nostra intelligenza “al servizio di un altro tipo di progresso,più sano, più umano, più sociale e più integrale” (Laudatosi’, 112), che sia capace di mettere l’economia al serviziodella persona umana, di costruire la pace e di proteggerel’ambiente. Il problema del cambiamento climatico è lega-to a questioni di etica, equità e giustizia sociale. L’attuale situazione di degrado ambientale è legata al degra-do umano, etico e sociale, come sperimentiamo ogni gior-no. E questo ci obbliga a riflettere sul senso dei nostri model-li di consumo e di produzione e ai processi di educazionee di sensibilizzazione per renderli coerenti con la dignitàumana. Siamo di fronte a una “sfida di civiltà” in favore delbene comune. E questo è chiaro, com’è anche chiaro che ci sono una mol-teplicità di soluzioni che sono alla portata di tutti, se adot-tiamo, a livello personale e sociale, uno stile di vita che incar-ni l’onestà, il coraggio e la responsabilità.Mi piacerebbe che queste tre parole chiave: onestà, corag-gio e responsabilità, occupassero un luogo centrale nel vostrolavoro di oggi e di domani, che accompagno da qui con imiei migliori auspici e con la mia preghiera. Grazie mille.

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55Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

1. «Aprì loro la mente per comprendere le Scritture»(Lc 24,45). È uno degli ultimi gesti compiuti dalSignore risorto, prima della sua Ascensione. Appareai discepoli mentre sono radunati insieme, spez-za con loro il pane e apre le loro menti all’in-telligenza delle Sacre Scritture. A quegli uomini impauriti e delusi rivela il sen-so del mistero pasquale: che cioè, secondo ilprogetto eterno del Padre, Gesù doveva pati-re e risuscitare dai morti per offrire la conver-sione e il perdono dei peccati (cfr Lc 24,26.46-47); e promette lo Spirito Santo che darà lorola forza di essere testimoni di questo Misterodi salvezza (cfr Lc 24,49).La relazione tra il Risorto, la comunità dei cre-denti e la Sacra Scrittura è estremamente vita-le per la nostra identità. Senza il Signore checi introduce è impossibile comprendere in pro-fondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto veroil contrario: senza la Sacra Scrittura restano inde-cifrabili gli eventi della missione di Gesù e del-la sua Chiesa nel mondo. Giustamente San Girolamopoteva scrivere: «L’ignoranza delle Scritture èignoranza di Cristo» (In Is., Prologo: PL24,17).

2. A conclusione del Giubileo straordinario del-la misericordia avevo chiesto che si pensassea «una domenica dedicata interamente alla Paroladi Dio, per comprendere l’inesauribile ricchez-za che proviene da quel dialogo costante di Diocon il suo popolo» (Lett. ap. Misericordia et mise-ra, 7). Dedicare in modo particolare unadomenica dell’Anno liturgico alla Parola di Dioconsente, anzitutto, di far rivivere alla Chiesail gesto del Risorto che apre anche per noi iltesoro della sua Parola perché possiamo esse-re nel mondo annunciatori di questa inesauri-bile ricchezza. Tornano alla mente in proposi-to gli insegnamenti di Sant’Efrem:«Chi è capace di comprendere, Signore, tuttala ricchezza di una sola delle tue parole? È mol-to di più ciò che sfugge di quanto riusciamo acomprendere. Siamo proprio come gli asseta-ti che bevono a una fonte. La tua parola offremolti aspetti diversi, come numerose sono leprospettive di quanti la studiano. Il Signore hacolorato la sua parola di bellezze svariate, per-

ché coloro che la scrutano possanocontemplare ciò che preferiscono. Hanascosto nella sua parola tutti i teso-ri, perché ciascuno di noi trovi una ric-chezza in ciò che contempla»(Commenti sul Diatessaron, 1, 18).Con questa Lettera, pertanto, inten-do rispondere a tante richieste che misono giunte da parte del popolo di Dio,perché in tutta la Chiesa si possa cele-brare in unità di intenti la Domenicadella Parola di Dio. È diventata ormaiuna prassi comune vivere dei momenti in cuila comunità cristiana si concentra sul grandevalore che la Parola di Dio occupa nella suaesistenza quotidiana. Esiste nelle diverse Chiese locali una ricchez-za di iniziative che rende sempre più accessi-bile la Sacra Scrittura ai credenti, così da far-li sentire grati di un dono tanto grande, impe-gnati a viverlo nel quotidiano e responsabili ditestimoniarlo con coerenza.Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha dato ungrande impulso alla riscoperta della Parola diDio con la Costituzione dogmatica Dei Verbum.Da quelle pagine, che sempre meritano di esse-re meditate e vissute, emerge in maniera chia-ra la natura della Sacra Scrittura, il suo esse-re tramandata di generazione in generazione(cap. II), la sua ispirazione divina (cap. III) cheabbraccia Antico e Nuovo Testamento (capp.IV e V) e la sua importanza per la vita della Chiesa(cap. VI). Per incrementare quell’insegnamento, BenedettoXVI convocò nel 2008 un’Assemblea delSinodo dei Vescovi sul tema “La Parola di Dionella vita e nella missione della Chiesa”, in segui-to alla quale pubblicò l’Esortazione ApostolicaVerbum Domini, che costituisce un insegnamentoimprescindibile per le nostre comunità.1

In questo Documento, in modo particolare, vie-ne approfondito il carattere performativo dellaParola di Dio, soprattutto quando nell’azione litur-gica emerge il suo carattere propriamente sacra-mentale.2

È bene, pertanto, che non venga mai a man-care nella vita del nostro popolo questo rapportodecisivo con la Parola viva che il Signore non

si stanca mai di rivolgere alla sua Sposa, per-ché possa crescere nell’amore e nella testimonianzadi fede.

3. Stabilisco, pertanto, che la III Domenica delTempo Ordinario sia dedicata alla celebrazio-ne, riflessione e divulgazione della Parola di Dio.Questa Domenica della Parola di Dio verrà cosìa collocarsi in un momento opportuno di quelperiodo dell’anno, quando siamo invitati a raf-forzare i legami con gli ebrei e a pregare perl’unità dei cristiani. Non si tratta di una mera coincidenza tempo-rale: celebrare la Domenica della Parola di Dioesprime una valenza ecumenica, perché la SacraScrittura indica a quanti si pongono in ascoltoil cammino da perseguire per giungere a un’u-nità autentica e solida. Le comunità troveranno il modo per vivere que-sta Domenica come un giorno solenne. Saràimportante, comunque, che nella celebrazioneeucaristica si possa intronizzare il testo sacro,così da rendere evidente all’assemblea il valo-re normativo che la Parola di Dio possiede. Inquesta domenica, in modo particolare, sarà uti-le evidenziare la sua proclamazione e adatta-re l’omelia per mettere in risalto il servizio chesi rende alla Parola del Signore. I Vescovi potranno in questa Domenica cele-brare il rito del Lettorato o affidare un ministe-ro simile, per richiamare l’importanza della pro-clamazione della Parola di Dio nella liturgia. È fondamentale, infatti, che non venga menoogni sforzo perché si preparino alcuni fedeli adessere veri annunciatori della Parola con unapreparazione adeguata, così come avviene in

continua nella pag. 6

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66 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

maniera ormai usuale per gliaccoliti o i ministri straordinaridella Comunione. Alla stessastregua, i parroci potranno tro-vare le forme per la consegnadella Bibbia, o di un suo libro,a tutta l’assemblea in mododa far emergere l’importanzadi continuare nella vita quo-tidiana la lettura, l’approfon-dimento e la preghiera con laSacra Scrittura, con un par-ticolare riferimento alla lectiodivina.

4. Il ritorno del popolo d’Israelein patria, dopo l’esilio babilo-nese, fu segnato in modo signi-ficativo dalla lettura del librodella Legge. La Bibbia ci offreuna commovente descrizionedi quel momento nel libro diNeemia. Il popolo è raduna-to a Gerusalemme nella piaz-za della Porta delle Acque inascolto della Legge. Quel popo-lo era stato disperso con ladeportazione, ma ora si ritro-va radunato intorno alla SacraScrittura come fosse «unsolo uomo» (Ne 8,1). Alla lettura del libro sacro, ilpopolo «tendeva l’orecchio»(Ne 8,3), sapendo di ritrova-re in quella parola il senso deglieventi vissuti. La reazione allaproclamazione di quelle paro-le fu la commozione e il pian-to: «[I leviti] leggevano il librodella Legge di Dio a brani distin-ti e spiegavano il senso, e cosìfacevano comprendere la let-tura. Neemia, che era il governa-tore, Esdra, sacerdote e scri-ba, e i leviti che ammaestra-vano il popolo dissero a tut-to il popolo: “Questo giorno èconsacrato al Signore, vostroDio; non fate lutto e non pian-gete!”. Infatti tutto il popolo pian-geva, mentre ascoltava le paro-le della Legge. […]“Non vi rattristate, perché lagioia del Signore è la vostraforza”» (Ne 8,8-10).Queste parole contengono ungrande insegnamento. LaBibbia non può essere solo patri-monio di alcuni e tanto menouna raccolta di libri per pochiprivilegiati. Essa appartiene,

anzitutto, al popolo convo-cato per ascoltarla e rico-noscersi in quella Parola.Spesso, si verificano tendenzeche cercano di monopoliz-zare il testo sacro relegan-dolo ad alcuni circoli o a grup-pi prescelti. Non può esse-re così. La Bibbia è il libro delpopolo del Signore che nelsuo ascolto passa dalladispersione e dalla divisio-ne all’unità. La Parola di Diounisce i credenti e li rendeun solo popolo.

5. In questa unità, genera-ta dall’ascolto, i Pastori in pri-mo luogo hanno la granderesponsabilità di spiegare epermettere a tutti di com-prendere la Sacra Scrittura.Poiché essa è il libro del popo-lo, quanti hanno la vocazionedi essere ministri dellaParola devono sentire for-te l’esigenza di renderla acces-sibile alla propria comunità.L’omelia, in particolare, rive-ste una funzione del tutto pecu-liare, perché possiede «uncarattere quasi sacramen-tale» (Esort. ap. Evangelii gau-dium, 142). Far entrare in pro-fondità nella Parola di Dio,con un linguaggio semplicee adatto a chi ascolta, per-mette al sacerdote di far sco-prire anche la «bellezza del-le immagini che il Signoreutilizzava per stimolare la pra-tica del bene» (ibid.). Questaè un’opportunità pastorale danon perdere! Per molti dei nostri fedeli, infat-ti, questa è l’unica occasioneche possiedono per coglie-re la bellezza della Paroladi Dio e vederla riferita allaloro vita quotidiana. È neces-sario, quindi, che si dedichiil tempo opportuno per la pre-parazione dell’omelia. Non si può improvvisare ilcommento alle letture sacre.A noi predicatori è richiesto,piuttosto, l’impegno a non dilun-garci oltre misura con ome-lie saccenti o argomenti

ISTITUITA DA PAPA FRANCESCO

LA “DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO”

Stanislao Fioramonti

“L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”, ha scritto S. Girolamo.

Ma se il Signore non apre la mente ai fedeli – come fece Gesù con i disce-

poli prima di ascendere al cielo – è impossibile conoscere in profondità la

Sacra Scrittura.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha dato un grande impulso alla riscoper-

ta della Parola di Dio con la Costituzione dogmatica Dei Verbum. Per incre-

mentare quell’insegnamento, Benedetto XVI convocò nel 2008 un’Assemblea

del Sinodo dei Vescovi sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella mis-sione della Chiesa”, in seguito alla quale pubblicò l’Esortazione

Apostolica Verbum Domini, che costituisce un insegnamento imprescin-

dibile per le nostre comunità. Lo stesso papa Francesco a conclusione del Giubileostraordinario della misericordia aveva chiesto che si pensasse a «una dome-nica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribi-le ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popo-lo» (Lett. ap. Misericordia et misera, 7).Date queste premesse il 30 Settembre 2019, Memoria liturgica di San Girolamo

nell’inizio del 1600° anniversario della morte, il Pontefice ha pubblicato una

Lettera Apostolica in forma di “Motu Proprio”, intitolata “Aperuit illis”, con

la quale istituisce la Domenica della Parola di Dio. E stabilisce che la III Domenica

del Tempo Ordinario (che cade dopo l’Epifania, verso fine gennaio, n. d.

R.) sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola

di Dio. Questa Domenica della Parola di Dio verrà così a collocarsi in un

momento opportuno di quel periodo dell’anno, quando siamo invitati a raf-

forzare i legami con gli ebrei e a pregare per l’unità dei cristiani. Non si trat-

ta di una mera coincidenza temporale: celebrare la Domenica della Parola

di Dio esprime una valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a

quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a un’u-

nità autentica e solida.

Si invita a vivere questa Domenica come un giorno solenne, nella cele-

brazione eucaristica intronizzando il testo sacro, per rendere evidente

all’assemblea il valore normativo che la Parola di Dio possiede. In questa

domenica, in modo particolare, sarà utile evidenziare la sua proclamazione

e adattare l’omelia per mettere in risalto il servizio che si rende alla Parola

del Signore. I Vescovi potranno in questa domenica celebrare il rito del

Lettorato o affidare un ministero simile, per richiamare l’importanza della

proclamazione della Parola di Dio nella liturgia. È fondamentale, infatti, che

si preparino alcuni fedeli ad essere veri annunciatori della Parola con

una preparazione adeguata, così come avviene per gli accoliti o i mini-

stri straordinari della Comunione. Alla stessa stregua, i parroci potranno

trovare le forme per la consegna della Bibbia, o di un suo libro, a tutta

l’assemblea in modo da far emergere l’importanza di continuare nella vita

quotidiana la lettura, l’approfondimento e la preghiera con la Sacra Scrittura,

con un particolare riferimento alla lectio divina. Nel suo Motu proprio papa

Francesco fornisce moltissime altre indicazioni sulle motivazioni che han-

no ispirato questa novità liturgica e pastorale (il motivo fondamentale è quel-

lo di rilanciare la lettura e lo studio della Parola) e sul come celebrarla nel

modo più efficace. Dovremo perciò ritornare su questa lettera apostolica e

approfondirla adeguatamente; e lo faremo all’approssimarsi della prossima

III Domenica del Tempo Ordinario, che sarà la prima Domenica della Parola

di Dio. Ci basti per ora fare la conoscenza di questa innovazione liturgica e

cominciare a riflettere sui motivi fondamentali che l’hanno fatta nascere. segue nella pag. accanto

Page 7: Anno 16, n. 11(168) - Novembre 2019 Curia e pastorale per ... · 4 Novembre 2019Novembre 2019 Anno 16, n. 11 (168) a cura di Stanislao Fioramonti ONU, New York, 23 settembre 2019

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estranei. Quando ci si ferma a meditare e pre-gare sul testo sacro, allora si è capaci di par-lare con il cuore per raggiungere il cuore dellepersone che ascoltano, così da esprimere l’es-senziale che viene colto e che produce frutto.Non stanchiamoci mai di dedicare tempo e pre-ghiera alla Sacra Scrittura, perché vengaaccolta «non come parola di uomini ma, qualè veramente, come parola di Dio» (1Ts 2,13).È bene che anche i catechisti, per il ministeroche rivestono di aiutare a crescere nella fede,sentano l’urgenza di rinnovarsi attraverso la fami-liarità e lo studio delle Sacre Scritture, che con-sentano loro di favorire un vero dialogo tra quan-ti li ascoltano e la Parola di Dio.

6. Prima di raggiungere i discepoli, chiusi in casa,e aprirli all’intelligenza della Sacra Scrittura (cfrLc 24,44-45), il Risorto appare a due di loro lun-go la via che porta da Gerusalemme a Emmaus(cfr Lc 24,13-35). Il racconto dell’evangelista Lucanota che è il giorno stesso della Risurrezione,cioè la domenica. Quei due discepoli discuto-no sugli ultimi avvenimenti della passione e mor-te di Gesù. Il loro cammino è segnato dalla tri-stezza e dalla delusione per la tragica fine diGesù. Avevano sperato in Lui come Messia libe-ratore, e si trovano di fronte allo scandalo delCrocifisso. Con discrezione, il Risorto stesso siavvicina e cammina con i discepoli, ma quellinon lo riconoscono (cfr v. 16). Lungo la strada,il Signore li interroga, rendendosi conto che nonhanno compreso il senso della sua passione emorte; li chiama «stolti e lenti di cuore» (v. 25)e «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spie-gò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva alui» (v. 27). Cristo è il primo esegeta! Non solole Scritture antiche hanno anticipato quanto Egliavrebbe realizzato, ma Lui stesso ha voluto esse-re fedele a quella Parola per rendere evidentel’unica storia della salvezza che trova in Cristoil suo compimento.

7. La Bibbia, pertanto, in quanto Sacra Scrittura,parla di Cristo e lo annuncia come colui che deveattraversare le sofferenze per entrare nella glo-ria (cfr v. 26). Non una sola parte, ma tutte leScritture parlano di Lui. La sua morte e risur-rezione sono indecifrabili senza di esse. Per que-sto una delle confessioni di fede più antiche sot-tolinea che Cristo «morì per i nostri peccati secon-do le Scritture e che fu sepolto e che è risortoil terzo giorno secondo le Scritture e che appar-ve a Cefa» (1Cor 15,3-5). Poiché le Scritture par-lano di Cristo, permettono di credere che la suamorte e risurrezione non appartengono alla mito-logia, ma alla storia e si trovano al centro del-la fede dei suoi discepoli. È profondo il vincolo tra la Sacra Scrittura e lafede dei credenti. Poiché la fede proviene dal-l’ascolto e l’ascolto è incentrato sulla parola diCristo (cfr Rm 10,17), l’invito che ne scaturisce

è l’urgenza e l’importanza che i credenti devo-no riservare all’ascolto della Parola del Signoresia nell’azione liturgica, sia nella preghiera e rifles-sione personali.

8. Il “viaggio” del Risorto con i discepoli di Emmaussi chiude con la cena. Il misterioso Viandanteaccetta l’insistente richiesta che gli rivolgono idue: «Resta con noi, perché si fa sera e il gior-no è ormai al tramonto» (Lc 24,29). Si siedonoa tavola, Gesù prende il pane, recita la bene-dizione, lo spezza e lo offre a loro. In quel momen-to i loro occhi si aprono e lo riconoscono (cfr v.31). Comprendiamo da questa scena quanto siainscindibile il rapporto tra la Sacra Scrittura el’Eucaristia. Il Concilio Vaticano II insegna: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritturecome ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, nonmancando mai, soprattutto nella sacra liturgia,di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia del-la Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di por-gerlo ai fedeli» (Dei Verbum, 21). La frequentazione costante della Sacra Scritturae la celebrazione dell’Eucaristia rendono pos-sibile il riconoscimento fra persone che si appar-tengono. Come cristiani siamo un solo popoloche cammina nella storia, forte della presenzadel Signore in mezzo a noi che ci parla e ci nutre.Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non“una volta all’anno”, ma una volta per tutto l’an-no, perché abbiamo urgente necessità didiventare familiari e intimi della Sacra Scritturae del Risorto, che non cessa di spezzare la Parolae il Pane nella comunità dei credenti. Per questo abbiamo bisogno di entrare in con-fidenza costante con la Sacra Scrittura, altrimentiil cuore resta freddo e gli occhi rimangono chiu-si, colpiti come siamo da innumerevoli forme dicecità. Sacra Scrittura e Sacramenti tra loro sono inse-parabili. Quando i Sacramenti sono introdotti eilluminati dalla Parola, si manifestano più chia-ramente come la meta di un cammino dove Cristostesso apre la mente e il cuore a riconoscerela sua azione salvifica. È necessario, in questocontesto, non dimenticare l’insegnamento cheviene dal libro dell’Apocalisse. Qui viene inse-gnato che il Signore sta alla porta e bussa. Sequalcuno ascolta la sua voce e gli apre, Egli entraper cenare insieme (cfr 3,20). Cristo Gesù bus-sa alla nostra porta attraverso la Sacra Scrittura;se ascoltiamo e apriamo la porta della mentee del cuore, allora entra nella nostra vita e rima-ne con noi.

9. Nella Seconda Lettera a Timoteo, che costi-tuisce in qualche modo il suo testamento spiri-tuale, San Paolo raccomanda al suo fedele col-laboratore di frequentare costantemente la SacraScrittura. L’Apostolo è convinto che «tutta la SacraScrittura, ispirata da Dio, è anche utile per inse-gnare, convincere, correggere ed educare» (3,16).

Questa raccomandazione di Paolo a Timoteocostituisce una base su cui la Costituzione con-ciliare Dei Verbum affronta il grande tema del-l’ispirazione della Sacra Scrittura, una base dacui emergono in particolare la finalità salvifica,la dimensione spirituale e il principio dell’incar-nazione per la Sacra Scrittura. Richiamando anzitutto la raccomandazione diPaolo a Timoteo, la Dei Verbum sottolinea che«i libri della Scrittura insegnano con certezza,fedelmente e senza errore la verità che Dio, perla nostra salvezza, volle fosse consegnata nel-le sacre Scritture» (n. 11). Poiché queste istrui-scono in vista della salvezza per la fede in Cristo(cfr 2Tm 3,15), le verità contenute in esse ser-vono per la nostra salvezza. La Bibbia non è una raccolta di libri di storia,né di cronaca, ma è interamente rivolta alla sal-vezza integrale della persona. L’innegabile radi-camento storico dei libri contenuti nel testo sacronon deve far dimenticare questa finalità primordiale:la nostra salvezza. Tutto è indirizzato a questafinalità iscritta nella natura stessa dellaBibbia, che è composta come storia di salvez-za in cui Dio parla e agisce per andare incon-tro a tutti gli uomini e salvarli dal male e dallamorte. Per raggiungere tale finalità salvifica, la SacraScrittura sotto l’azione dello Spirito Santo tra-sforma in Parola di Dio la parola degli uominiscritta in maniera umana (cfr Dei Verbum, 12).Il ruolo dello Spirito Santo nella Sacra Scritturaè fondamentale. Senza la sua azione, il rischiodi rimanere rinchiusi nel solo testo scritto sareb-be sempre all’erta, rendendo facile l’interpreta-zione fondamentalista, da cui bisogna rimane-re lontani per non tradire il carattere ispirato, dina-mico e spirituale che il testo sacro possiede. Comericorda l’Apostolo «La lettera uccide, lo Spiritoinvece dà vita»(2Cor 3,6). Lo Spirito Santo, dun-que, trasforma la Sacra Scrittura in Parola viven-te di Dio, vissuta e trasmessa nella fede del suopopolo santo.

10. L’azione dello Spirito Santo non riguarda sol-tanto la formazione della Sacra Scrittura, ma ope-ra anche in coloro che si pongono in ascolto del-la Parola di Dio. È importante l’affermazione deiPadri conciliari secondo cui la Sacra Scritturadeve essere «letta e interpretata alla luce del-lo stesso Spirito mediante il quale è stata scrit-ta» (Dei Verbum, 12). Con Gesù Cristo la rive-lazione di Dio raggiunge il suo compimento ela sua pienezza; eppure, lo Spirito Santo con-tinua la sua azione. Sarebbe riduttivo, infatti, limi-tare l’azione dello Spirito Santo solo alla natu-ra divinamente ispirata della Sacra Scrittura eai suoi diversi autori. È necessario, pertanto, avere fiducia nell’azio-ne dello Spirito Santo che continua a realizza-re una sua peculiare forma di ispirazione quan-do la Chiesa insegna la Sacra Scrittura, quan-

continua nella pag. 8

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do il Magistero la interpreta autenticamente (cfribid., 10) e quando ogni credente ne fa la pro-pria norma spirituale. In questo senso possia-mo comprendere le parole di Gesù quando, aidiscepoli che confermano di aver afferrato il signi-ficato delle sue parabole, dice: «Ogni scriba, dive-nuto discepolo del regno dei cieli, è simile a unpadrone di casa che estrae dal suo tesoro cosenuove e cose antiche» (Mt 13,52).

11. La Dei Verbum, infine, precisa che «le paro-le di Dio espresse con lingue umane, si sonofatte simili al parlare dell’uomo, come già il Verbodell’eterno Padre, avendo assunto le debolez-ze dell’umana natura, si fece simile all’uomo»(n. 13). È come dire che l’Incarnazione del Verbodi Dio dà forma e senso alla relazione tra la Paroladi Dio e il linguaggio umano, con le sue condi-zioni storiche e culturali. È in questo evento cheprende forma la Tradizione, che è anch’essa Paroladi Dio (cfr ibid., 9). Spesso si corre il rischio diseparare tra loro la Sacra Scrittura e laTradizione, senza comprendere che insieme sonol’unica fonte della Rivelazione. Il carattere scrit-to della prima nulla toglie al suo essere piena-mente parola viva; così come la Tradizione vivadella Chiesa, che la trasmette incessantemen-te nel corso dei secoli di generazione in gene-razione, possiede quel libro sacro come la «rego-la suprema della fede» (ibid., 21). D’altronde,prima di diventare un testo scritto, la Sacra Scritturaè stata trasmessa oralmente e mantenuta vivadalla fede di un popolo che la riconosceva comesua storia e principio di identità in mezzo a tan-ti altri popoli. La fede biblica, pertanto, si fon-da sulla Parola viva, non su un libro.

12. Quando la Sacra Scrittura è letta nello stes-so Spirito con cui è stata scritta, permane sem-pre nuova. L’Antico Testamento non è mai vec-chio una volta che è parte del Nuovo, perchétutto è trasformato dall’unico Spirito che lo ispi-ra. L’intero testo sacro possiede una funzioneprofetica: essa non riguarda il futuro, ma l’og-gi di chi si nutre di questa Parola. Gesù stes-so lo afferma chiaramente all’inizio del suo mini-stero: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura chevoi avete ascoltato» (Lc 4,21). Chi si nutre ognigiorno della Parola di Dio si fa, come Gesù, con-temporaneo delle persone che incontra; non ètentato di cadere in nostalgie sterili per il pas-sato, né in utopie disincarnate verso il futuro. La Sacra Scrittura svolge la sua azione profe-tica anzitutto nei confronti di chi l’ascolta. Essaprovoca dolcezza e amarezza. Tornano alla mente le parole del profetaEzechiele quando, invitato dal Signore a man-giare il rotolo del libro, confida: «Fu per la miabocca dolce come il miele» (3,3). Anche l’evangelistaGiovanni sull’isola di Patmos rivive la stessa espe-rienza di Ezechiele di mangiare il libro, ma aggiun-ge qualcosa di più specifico: «In bocca lo sen-

tii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiot-tito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza» (Ap10,10).La dolcezza della Parola di Dio ci spinge a par-teciparla a quanti incontriamo nella nostra vitaper esprimere la certezza della speranza cheessa contiene (cfr 1Pt 3,15-16). L’amarezza, asua volta, è spesso offerta dal verificare quan-to difficile diventi per noi doverla vivere con coeren-za, o toccare con mano che essa viene rifiuta-ta perché non ritenuta valida per dare senso allavita. È necessario, pertanto, non assuefarsi maialla Parola di Dio, ma nutrirsi di essa per sco-prire e vivere in profondità la nostra relazionecon Dio e i fratelli.

13. Un’ulteriore provocazione che proviene dal-la Sacra Scrittura è quella che riguarda la cari-tà. Costantemente la Parola di Dio richiama all’a-more misericordioso del Padre che chiede ai figlidi vivere nella carità. La vita di Gesù è l’espressionepiena e perfetta di questo amore divino che nontrattiene nulla per sé, ma a tutti offre sé stessosenza riserve. Nella parabola del povero Lazzaro troviamo un’in-dicazione preziosa. Quando Lazzaro e il riccomuoiono, questi, vedendo il povero nel seno diAbramo, chiede che venga inviato ai suoi fra-telli perché li ammonisca a vivere l’amore delprossimo, per evitare che anch’essi subiscanoi suoi stessi tormenti. La risposta di Abramo è pungente: «Hanno Mosèe i profeti ascoltino loro» (Lc 16,29). Ascoltarele Sacre Scritture per praticare la misericordia:questa è una grande sfida posta dinanzi alla nostravita. La Parola di Dio è in grado di aprire i nostriocchi per permetterci di uscire dall’individuali-smo che conduce all’asfissia e alla sterilità men-tre spalanca la strada della condivisione e del-la solidarietà.

14. Uno degli episodi più significativi del rapportotra Gesù e i discepoli è il racconto della Trasfigurazione.Gesù sale sul monte a pregare con Pietro, Giacomoe Giovanni. Gli evangelisti ricordano che men-tre il volto e le vesti di Gesù risplendevano, dueuomini conversavano con Lui: Mosè ed Elia, cheimpersonano rispettivamente la Legge e iProfeti, cioè le Sacre Scritture. La reazione diPietro, a quella vista, è piena di gioiosa mera-viglia: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamotre capanne, una per te, una per Mosè e unaper Elia» (Lc 9,33). In quel momento una nubeli copre con la sua ombra e i discepoli sono col-ti dalla paura. La Trasfigurazione richiama la festa dellecapanne, quando Esdra e Neemia leggevanoil testo sacro al popolo, dopo il ritorno dall’esi-lio. Nello stesso tempo, essa anticipa la gloriadi Gesù in preparazione allo scandalo della pas-sione, gloria divina che viene evocata anche dal-la nube che avvolge i discepoli, simbolo della

presenza del Signore. Questa Trasfigurazioneè simile a quella della Sacra Scrittura, che tra-scende sé stessa quando nutre la vita dei cre-denti. Come ricorda la Verbum Domini: «Nel recu-pero dell’articolazione tra i diversi sensi scritturisticidiventa allora decisivo cogliere il passaggio tralettera e spirito. Non si tratta di un passaggioautomatico e spontaneo; occorre piuttosto untrascendimento della lettera» (n. 38).

15. Nel cammino di accoglienza della Parola diDio, ci accompagna la Madre del Signore, rico-nosciuta come beata perché ha creduto nell’a-dempimento di ciò che il Signore le aveva det-to (cfr Lc 1,45). La beatitudine di Maria precede tutte le beati-tudini pronunciate da Gesù per i poveri, gli afflit-ti, i miti, i pacificatori e coloro che sono perse-guitati, perché è la condizione necessaria perqualsiasi altra beatitudine. Nessun povero è beato perché povero; lo diven-ta se, come Maria, crede nell’adempimento del-la Parola di Dio. Lo ricorda un grande discepoloe maestro della Sacra Scrittura, Sant’Agostino:«Qualcuno in mezzo alla folla, particolarmentepreso dall’entusiasmo, esclamò: “Beato il senoche ti ha portato”. E lui: “Beati piuttosto quelliche ascoltano la parola di Dio, e la custodiscono”.Come dire: anche mia madre, che tu chiami bea-ta, è beata appunto perché custodisce la paro-la di Dio, non perché in lei il Verbo si è fatto car-ne e abitò fra noi, ma perché custodisce il Verbostesso di Dio per mezzo del quale è stata fat-ta, e che in lei si è fatto carne» (Sul Vang. diGiov., 10, 3).La domenica dedicata alla Parola possa far cre-scere nel popolo di Dio la religiosa e assiduafamiliarità con le Sacre Scritture, così come l’au-tore sacro insegnava già nei tempi antichi: «Questa parola è molto vicina a te, è nella tuabocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pra-tica» (Dt 30,14).

Dato a Roma, presso San Giovanni in Laterano, 30 Settembre 2019Memoria liturgica di San Girolamo nell’inizio del 1600° anniversario della morte

FRANCESCO

1 Cfr AAS 102 (2010), 692-787.2 «La sacramentalità della Parola si lascia così com-prendere in analogia alla presenza reale di Cristo sot-to le specie del pane e del vino consacrati. Accostandociall’altare e prendendo parte al banchetto eucaristi-co noi comunichiamo realmente al corpo e al san-gue di Cristo. La proclamazione della Parola di Dionella celebrazione comporta il riconoscere che siaCristo stesso ad essere presente e a rivolgersi a noiper essere accolto» (Verbum Domini, 56).

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a cura di Stanislao Fioramonti

Papa Francesco ha convocato l’Assemblea Specialedel Sinodo dei Vescovi per la RegionePanamazzonica, da domenica 6 a domenica 27ottobre 2019 per riflettere sul tema «Amazzonia:nuovi cammini per la Chiesa e per una eco-logia integrale», onde proporre soluzioni sulproblema della missionarietà della Chiesa e sul-la salvaguardia dell’ambiente in una regione essen-ziale per tutto il pianeta.L’incontro si svolge nel “mese missionario straor-dinario” voluto dal papa Francesco a ottobre2019, nell’anno centenario della lettera apo-stolica “Maximum Illud” con la quale il suo pre-decessore Benedetto XV (1914-1922), subitodopo l’”inutile strage” della prima guerra mon-diale rilanciava la missione della Chiesa nell’epocacontemporanea, la cui essenzialità restava allo-ra come ora l’annuncio del Vangelo a tutti i popo-li. Immediatamente prima dell’apertura delSinodo, nel Concistoro pubblico di sabato 5 otto-bre Papa Francesco ha creato 13 nuovi car-dinali, provenienti da ogni parte del mondo, aiquali ha chiesto di essere compassionevoli sem-pre e verso tutti, specie verso le persone emar-ginate, povere, scartate, perché noi stessi sia-mo già stati oggetto della compassione di Cristo.Perché- ha detto - “la disponibilità di un Porporatoa dare il proprio sangue – significata dal colo-re rosso dell’abito – è sicura quando è radica-ta in questa coscienza di aver ricevuto compassionee nella capacità di avere compassione.Diversamente, non si può essere leali nel pro-prio ministero”.Domenica 6 ottobre nella Basilica Vaticana papaFrancesco, affiancato anche dai nuovi cardinali,ha presieduto la Messa per l’apertura del Sinodo.Lunedì 7 ottobre, nell’Aula del Sinodo, ha por-tato il suo Saluto all’apertura dei lavori sino-dali. Eccone un’estrema sintesi.

“Il Sinodo per l’Amazzonia, possiamo dire cheha quattro dimensioni: la dimensione pasto-rale, la dimensione culturale, la dimensionesociale e la dimensione ecologica. La prima,la dimensione pastorale, è quella essenziale, quel-la che comprende tutto. Noi la affrontiamo concuore cristiano e guardiamo alla realtàdell’Amazzonia con occhi di discepolo percomprenderla e interpretarla con occhi didiscepolo, perché non esistono ermeneuticheneutre, ermeneutiche asettiche, sono sempre

condizionate da un’opzione previa, la nostra opzio-ne previa è quella di discepoli. E anche con occhidi missionari, perché l’amore che lo Spirito Santoha posto in noi ci spinge all’annuncio di GesùCristo; un annuncio che non va confuso conil proselitismo. Noi cerchiamo di affrontare la realtà dell’Amazzoniacon questo cuore pastorale, con occhi didiscepoli e di missionari, perché quello che cipreme è l’annuncio del Signore. E inoltre ci avvi-ciniamo ai popoli amazzonici in punta di pie-di, rispettando la loro storia, le loro culture,il loro stile del buon vivere nel senso etimo-logico della parola, non nel senso sociale chespesso attribuiamo loro, perché i popoli hannouna propria identità, tutti i popoli hanno una lorosaggezza, una consapevolezza di sé, i popolihanno un modo di sentire, un modo di vederela realtà, una storia, un’ermeneutica e tendonoa essere protagonisti della loro storia con que-ste cose, con queste qualità. E noi ci avvici-niamo estranei a colonizzazioni ideologicheche distruggono o riducono le specificità deipopoli. E ci avviciniamo senza ansia impren-ditoriale di proporre loro programmi pre-confezionati, di disciplinare la loro storia, la lorocultura; ossia quest’ansia di “addomesticare” ipopoli originari. Le ideologie sono un’arma pericolosa, abbia-mo sempre la tendenza ad aggrapparci a un’i-deologia per interpretare un popolo. Le ideolo-gie sono riduttive e ci portano all’esagerazionenella nostra pretesa di comprendere intellettualmente,ma senza accettare, comprendere senza ammi-rare, comprendere senza assimilare. E allora sicoglie la realtà in categorie, e le più comu-ni sono le categorie degli “-ismi”. Allora, quan-do dobbiamo avvicinarci alla realtà di qualchepopolo originario, parliamo di indigenismi, e quan-do vogliamo dare loro qualche via di uscita peruna vita migliore, non glielo chiediamo, parlia-mo di sviluppismo. Questi “ismi” riformulano lavita a partire dal laboratorio illuminato e illumi-nista. È il disprezzo dei popoli. Non siamo venuti qui per inventare programmidi sviluppo sociale o di custodia di culture,di tipo museale, o di azioni pastorali con lostesso stile non contemplativo con cui si stan-no portando avanti le azioni di segno oppo-sto: deforestazione, uniformazione, sfrutta-mento.Dobbiamo anche guardarci dalla mondanità nelmodo di esigere punti di vista. La mondanità siinfiltra sempre e ci fa allontanare dalla poesiadei popoli. Siamo venuti per contemplare, per comprendere,per servire i popoli. E lo facciamo in sinodo,non in tavole rotonde, non in conferenze e ulte-

riori discussioni: un sino-do non è un parlamen-to, non è un parlatorio,non è dimostra-re chi ha piùpotere suimedia e chi hapiù poterenella rete,per imporrequalsiasi ideao qualsiasipiano. Questo configu-rerebbe una Chiesacongregazionalista,se intendiamo cercare permezzo di sondaggi chi ha lamaggioranza. O una Chiesa sen-sazionalista così lontana, così distante dalla nostraSanta Madre la Chiesa cattolica, o come ama-va dire Sant’Ignazio: «la nostra Santa Madre laChiesa gerarchica». Sinodo è camminare insieme sotto l’ispira-zione e la guida dello Spirito Santo. Lo SpiritoSanto è l’attore principale del sinodo. Quindi, quale sarà il nostro lavoro per assicu-rare che la presenza dello Spirito Santo sia fecon-da? Prima di tutto, pregare. Pregare, molto.Riflettere, dialogare, ascoltare con umiltà,sapendo che io non so tutto. E parlare con coraggio, con parresìa, anchese mi vergognerò a farlo, dire quello che sen-to, discernere, e tutto questo qui dentro, custo-dendo la fraternità che deve esistere qui den-tro, per favorire questo atteggiamento di rifles-sione, preghiera, discernimento, di ascoltare conumiltà e parlare con coraggio. Infine, stare nel sinodo significa incoraggiarsi aentrare in un processo. Non è occupare unospazio all’interno della sala. Entrare in un pro-cesso. E i processi ecclesiali hanno una neces-sità: devono essere protetti, curati con delica-tezza. Hanno bisogno del calore della comuni-tà, del calore della Madre Chiesa. È così cheun processo ecclesiale cresce”.

Dopo il discorso di Papa Francesco c’è stata laRelazione del Segretario Generale del SinodoCard. Lorenzo Baldisseri e quindi la Relazioneintroduttiva del Relatore Generale, il Card. CláudioHummes O.F.M., Arcivescovo Emerito di SãoPaulo, Presidente della Commissione Episcopaleper l’Amazzonia della Conferenza Nazionale dieVescovi del Brasile e Presidente della Rete EcclesialePanamazzonica (REPAM). Eccola in sintesi.

continua nella pag. 10

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“Il tema del Sinodo che stiamo per iniziare è:“Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa eper una ecologia integrale”. Un tema che riprende le grandi linee pastoraliproprie di Papa Francesco. Delineare nuovi cam-mini. Fin dall’inizio del suo ministero papale, Francescoha sottolineato la necessità della Chiesa di cam-minare, di spalancare le porte, di abbattere lemura che la circondano e di costruire ponti, diuscire e mettersi in cammino nella storia, in que-sti tempi di cambiamenti epocali, camminandosempre al fianco di tutti, soprattutto di chi vivenelle periferie dell’umanità. Chiesa “in uscita”. Per accendere luci e riscal-dare cuori che aiutino l’umanità intera a trova-re il senso della vita e della storia. Queste lucisono soprattutto l’annun-cio della persona di GesùCristo, e la pratica dellamisericordia, della caritàe della solidarietà soprat-tutto verso i poveri, i sof-ferenti, i dimenticati e gli emar-ginati del mondo di oggi, imigranti e gli indigeni”. Il car-dinale Relatore ha poiaccennato alla storia del-la Chiesa in quella regio-ne: “Fin dai primordi dellacolonizzazione dell’Amazzoniaci sono stati i missionari cat-tolici, sia per dare assistenzaai colonizzatori, sia perevangelizzare gli indigeni. Inizia così la missione evan-gelizzatrice della Chiesa nel-la regione. Tra luci e ombre – sicura-mente più luci che ombre –le generazioni successive dimissionari e missionarie,soprattutto di Ordini eCongregazioni religiose,ma anche preti diocesani elaici – in particolare le don-ne – hanno cercato di por-tare Gesù Cristo ai popoli locali e di costruirecomunità cattoliche. È giusto ricordare, ricono-scere ed esaltare, in questo sinodo, la storia eroi-ca – e spesso di martirio - di tutti i missionari emissionarie del passato e anche di quelli e quel-le di oggi nella Panamazzonia. Accanto ai missionari, ci sono sempre stati nume-rosi leader laici e indigeni che hanno dato unatestimonianza eroica e che spesso sono stati– e lo sono tuttora - uccisi. La chiesa missio-naria dell’Amazzonia si è distinta in tutta la suastoria – e ancora oggi si distingue – per i gran-di e fondamentali servizi alla popolazione loca-le in ambito scolastico, sanitario, nella lotta con-tro la povertà e contro la violazione dei diritti uma-ni. D’altro canto, la storia della Chiesa in Panamazzoniamostra che c’è sempre stata grande carenzadi risorse materiali e di missionari per un pie-no sviluppo delle comunità, in particolare l’as-senza quasi totale dell’Eucaristia e di altri sacra-menti essenziali per la vita cristiana quotidiana”.

Uno dei temi centrali del Sinodo è il rapportodella Chiesa con i popoli indigeni e con laforesta Amazzonica.

“Scopo principale di questa convocazione – hadetto il papa - è individuare nuove strade perl’evangelizzazione di quella porzione del Popolodi Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimen-ticati e senza la prospettiva di un avvenire sere-no, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica,polmone di capitale importanza per il nostro pia-neta”. Nella fase dell’ascolto sinodale, i popo-li indigeni hanno manifestato in molti modi chevogliono il sostegno della Chiesa nella dife-sa e nella tutela dei loro diritti, nella costruzio-ne del loro futuro.

Di fatto, l’umanità ha un grande debito verso lepopolazioni indigene nei diversi continenti del-la terra e anche in Amazzonia. Ai popoli indigeni deve essere restituito e garan-tito il diritto di essere protagonisti della lorostoria, soggetti e non oggetti dello spirito edell’azione del colonialismo di chiunque. Leloro culture, le lingue, le storie, le identità, le spi-ritualità costituiscono ricchezze dell’umanità edevono essere rispettate e preservate e inclu-se nella cultura mondiale.D’altra parte il nodo centrale del sinodo è lamissione della Chiesa oggi in Amazzonia. Una Chiesa integrata nella storia e nella real-tà dell’Amazzonia, attenta al grido di aiuto ealle aspirazioni della popolazione e della “casacomune” [il creato], aperta al dialogo, soprattuttoal dialogo interreligioso e interculturale, acco-gliente e desiderosa di condividere un cammi-no sinodale con le altre chiese, religioni, scien-za, governi, istituzioni, popoli, comunità e per-

sone, rispettando le differenze, con l’intento didifendere e promuovere la vita delle popo-lazioni dell’area, soprattutto dei popoli ori-ginari e preservare la biodiversità del terri-torio nella regione amazzonica.Una Chiesa aggiornata, missionaria, con l’an-nuncio esplicito di Gesù Cristo, dialogante e acco-gliente, che cammina accanto alla gente e allecomunità, misericordiosa, povera, per i poverie con i poveri, e dunque con una opzione pre-ferenziale per i poveri, inculturata, intercultu-rale e sempre più sinodale. Una Chiesa di dimensione mariana, alimen-tata con la devozione per Maria Santissima, secon-do molti titoli locali, soprattutto quello di Mariade Nazaré, la cui festa a Belém do Pará riuni-

sce ogni anno milioni di devoti e di pellegrini.L’inculturazione della fede cristiana nelle diver-se culture dei popoli, come ha detto San GiovanniPaolo II, “costituisce un’esigenza che ha segna-to tutto il cammino storico [della Chiesa], ma oggiè particolarmente acuta e urgente”. Assieme all’in-culturazione, l’evangelizzazione dei popoliamazzonici richiede anche particolare attenzioneall’interculturalità, perché lì le culture sono mol-te e diversificate, sebbene mantengano alcuneradici comuni. Tuttavia già da molto tempo la Chiesa inAmazzonia soffre per la mancanza di risor-se materiali necessarie per la sua missionee che ha la necessità di aumentare il suo poten-ziale di comunicazione (radio e Tv).In questo ampio contesto, Chiesa ed ecologiaintegrale sul territorio sono collegate. E’ unaChiesa consapevole che la sua missione reli-giosa, in modo coerente con la sua fede in Gesù

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Cristo, include “la cura della casa comune”e perciò il grido della terra e il grido dei pove-ri della regione è lo stesso grido. La vita inAmazzonia forse non è mai stata tanto minac-ciata come oggi, “dalla distruzione e dallo sfrut-tamento ambientale, dalla sistematica violazionedei diritti umani fondamentali della popolazio-ne amazzonica. In particolare, la violazione deidiritti dei popoli originari, come il diritto al terri-torio, all’autodeterminazione, alla delimitazionedei territori, alla consultazione e al consenso pre-vio.” (IL,14). Secondo l’ascolto sinodale della popolazione,la minaccia alla vita in Amazzonia deriva dainteressi economici e politici dei settori domi-nanti della società odierna, in particolare del-le imprese che estraggono in modo predatorioe irresponsabile [legalmente o illegalmente] lericchezze del sottosuolo e alterano la biodiver-sità, spesso in connivenza o con la permissivi-tà dei governi locali e nazionali e a volte anchecon il consenso di qualche autorità indigena. Inoltrele comunità ritengono che la vita in Amazzoniasia minacciata soprattutto da: a) la criminalizzazione e l’assassinio di leadere difensori del territorio; b) l’appropriazione e la privatizzazione di beninaturali, come l’acqua stessa; c) la presenza di imprese di disboscamento lega-li e illegali; d) caccia e pesca predatorie, soprattutto neifiumi; e) megaprogetti: idroelettrici, concessioniforestali, disboscamento per produrre mono-colture, strade e ferrovie, progetti minerari epetroliferi; f) inquinamento provocato dall’industria estrat-tiva che crea malattie, specie ai bambini e ai gio-vani; g) il narcotraffico; h) i problemi sociali associati a tali minacce comel’alcolismo, la violenza contro la donna, il lavo-ro sessuale, il traffico di esseri umani, la perdi-ta della loro cultura originaria e della loro iden-tità (lingua, pratiche spirituali e costumi) e l’in-tera condizione di povertà a cui sono condan-nati i popoli dell’Amazzonia” (IL,15).Il Sinodo si svolge in un contesto di grave e urgen-te crisi climatica ed ecologica che coinvol-ge tutto il nostro pianeta. Il riscaldamento glo-bale del pianeta per l’effetto serra ha genera-to uno squilibrio climatico senza precedenti, gra-ve e impellente, come mostrato dalla Laudatosi’ e dal COP21 di Parigi, dove è stato sotto-scritto da tutti i paesi del mondo l’Accordo Climaticoin verità fino ad oggi quasi inattuato, malgradol’urgenza. Al tempo stesso, sul Pianeta avvie-ne una devastazione, una depredazione e undegrado galoppante delle risorse della ter-ra, promosso da un paradigma tecnocratico glo-balizzato, predatorio e devastante, denunciatodalla Laudato si’. Altri temi centrali di questo sinodo sono:- l’enorme realtà urbana dell’Amazzonia, inparte conseguenza delle migrazioni interne, ela presenza della Chiesa nelle città, perchéanche nella città la Chiesa deve sviluppare econsolidare il suo volto amazzonico. La sua mis-

sione in Amazzonia include la cura e la difesadella foresta amazzonica e dei suoi popoli: indi-geni, caboclos, ribeirinhos, quilombolas, pove-ri di ogni specie, piccoli agricoltori, pescatori, serin-gueiros, spaccatrici di cocco e altri, secondo laregione. - le migrazioni, fenomeno mondiale, segnanoi tempi attuali della Panamazzonia, in pas-sato quella degli haitiani, oggi quella dei vene-zuelani, ma soprattutto degli stessi indigenie altre porzioni di poveri dell’interno della regio-ne. La Chiesa ha fatto un grande sforzo di acco-glienza. Ma bisogna porre l’accento sullamigrazione degli indigeni nelle città. Migliaiae migliaia. Hanno bisogno di un’attenzione effi-cace e misericordiosa per non soccombere cul-turalmente e umanamente in città, davanti allamiseria, all’abbandono, al disprezzo e al rifiu-to, con un disperante vuoto interiore. “L’indigeno in città è un migrante, un essere uma-no senza terra e un sopravvissuto a una stori-ca battaglia per la delimitazione della sua ter-ra, con la sua identità culturale in crisi.” (IL, 132).Per molte ragioni è obbligato all’invisibilità. Il gri-do spesso silenzioso, ma non meno forte epungente, degli indigeni urbani deve esse-re ascoltato. - la carenza di presbiteri al servizio delle comu-nità locali sul territorio, con la conseguente man-canza della Eucaristia, almeno domenicale,e di altri sacramenti. Ebbene, la Chiesa vivedell’Eucaristia e l’Eucaristia edifica la Chiesa (S.Giovanni Paolo II). La partecipazione nella cele-brazione dell’Eucaristia, almeno la domenica,è fondamentale per lo sviluppo progressivo epieno delle comunità cristiane e per la vera espe-rienza della Parola di Dio nella vita delle per-sone. Sarà necessario definire nuovi camminiper il futuro. Nella fase di ascolto, le comunità indigene han-no chiesto che, pur con-fermando il grandevalore del carisma delcelibato nella Chiesa,di fronte all’impellentenecessità della mag-gior parte delle comu-nità cattoliche inAmazzonia, si apra lastrada all’ordinazio-ne sacerdotale degliuomini sposati resi-denti nelle comunità.Al tempo stesso, di fron-te al gran numero di don-ne che oggi dirigono lecomunità in Amazzonia,si riconosca questoservizio e si cerchi diconsolidarlo con un mini-stero adatto alle don-ne dirigenti di comu-nità.- la questione del-l’acqua. La scarsità diacqua potabile e sicu-ra è una minaccia cre-

scente in tutto il pianeta. Ogni persona ha dirit-to all’accesso all’acqua potabile e sicura; è undiritto umano essenziale e una delle questionicruciali nel mondo attuale”, ha affermato PapaFrancesco. L’Amazzonia è una delle più voluminose riser-ve di acqua dolce nel pianeta. “Il bacino del Rio delle Amazzoni e le forestetropicali che lo circondano nutrono i suoli e rego-lano, attraverso il riciclo dell’umidità, i cicli del-l’acqua, dell’energia e del carbonio a livello pla-netario. Solo il Rio delle Amazzoni gettanell’Oceano (...) il 15% di acqua dolce tota-le del pianeta. Ecco perché l’Amazzonia è essen-ziale per la distribuzione delle piogge in altre regio-ni remote del Sud America e contribuisce ai gran-di movimenti dell’aria in tutto il pianeta. Nutreanche la natura, la vita e le culture di migliaiadi comunità indigene, contadini, afro-discendenti,popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi e del-le città (...). La sovrabbondanza naturale di acqua, caloree umidità fa sì che gli ecosistemi dell’Amazzoniaospitino dal 10 al 15% circa della biodiver-sità terrestre” (IL,9). Qui subentra anche la fun-zione della foresta e dei popoli indigeni. Di fatto, in Amazzonia la foresta si prende curadell’acqua e l’acqua si prende cura della fore-sta e insieme producono la biodiversità, e i popo-li indigeni sono i millenari guardiani di que-sto sistema. Per questo anche la Chiesa si sente chiamataa prendersi cura dell’acqua della “casacomune”, minacciata in Amazzonia principalmenteda riscaldamento climatico, deforestazione econtaminazione causata dalle miniere e daipesticidi. “Questo sinodo – ha concluso il Card.Hummes - è come un tavolo che Dio ha imban-dito per i suoi poveri e ci chiede di servire aquel tavolo”.

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Sara Gilotta

SSono queste alcune parole tratte da Isaia e più precisamente dal-l’oracolo contro gli Idumei, nel quale egli, che è la sentinella, lavoce, cioè, di Dio che parla agli uomini, dice, rispondendo alla

domanda che viene da Seir: Viene il mattino e anche la notte; se vole-te, interrogate, interrogate ancora, ritornate”. Parole affascinanti, oltreche bellissime dal punto di vista letterario, ma si tratta di una rispostaincoraggiante o invece in essa è insita tutta l’incertezza che avvolge lavita umana? E’ evidente che le interpretazioni di questa breve frase sonostate molte in campo religioso, ma anche in campo sociologico, comeè naturale riguardo a tutte le forme di oracolo, nella Bibbia, così nel mon-do greco e romano. Perché gli oracoli per loro stessa natura sono ambi-gui, nel senso, appunto, che le parole non possono non prestarsi allepiù diverse letture. Così Max Weber nel 1919 afferma con grande chia-rezza che la voce di Dio rappresenta un vero e proprio ammonimentoper tutta la travagliata umanità, affinché non si limiti ad attendere “il mat-tino” ma contribuisca a “crearlo” non dimenticando mai di compiere il pro-prio dovere. Ma certamente, se si guarda all’oracolo dal punto di vistareligioso, non può non colpire l’invito a “ritornare” verbo che è stato let-to nel senso di “convertitevi” nella bibbia della CEI, che certo tiene pre-sente il verbo greco trepo, che vuol dire girarsi, ritornare, appunto, comenella versione dei Settanta.Nel frattempo, cioè, nell’attesa del mattino, fate qualcosa per meritarlo.Si deve ammettere, però, che è la stessa lingua biblica nel suo esserepolisemica che permette diverse e talora opposte visioni come quelleofferte da Marco Rizzi, docente presso l’università cattolica di Milano edalla studiosa valdese Sofhie Langeneck. Il primo afferma, infatti, chenelle parole di Isaia c’è tutto il popolo d’ Israele che attende che final-mente Dio conceda l’arrivo della luce, che manda via la notte. O le tene-bre? Perché Rizzi afferma che soprattutto nel mondo contemporaneo sideve considerare la profonda differenza che esiste tra il concetto di not-te e quello di tenebre. La notte, infatti, secondo lui, si deve considera-re come esperienza individuale, che ci vede lontani dagli altri, mentreci consegna a noi stessi, al contrario,il concetto stesso di tenebre supe-ra quello di notte per riguardare il regno de male. Una profonda differenza con l’ oracolo di Isaia, nel quale la notte riguar-da l’intero popolo di Israele che già nella Genesi, mentre camminavanelle tenebre, vide rifulgere la luce. E, se questa interpretazione sem-bra privilegiare l’aspetto religioso, richiamando la creazione, anzi veden-done un’ altra, la studiosa valdese punta la sua attenzione ancora sulpopolo, ma lo vede nel momento buio della deportazione babilonese,

stanco, frustrato, sfinito che non può non sperare che la notte finiscapresto e ognuno e tutti insieme possano riacquistare sicurezza e sere-nità, fidandosi della certezza che Dio mantiene le promesse. Basta solo avere pazienza, come si fa, sostiene la lagenbeck da partedi tutti noi quando una qualsivoglia situazione ci affligge e non vediamol’ora che la notte passi finalmente e torni la luce del giorno, che riescea fugare il buio delle nostre anime stanche. E per chi come me non èun biblista, è certo che i versetti di Isaia offrono diverse possibilità di let-tura che non possono non toccare il mondo intero e l’Italia, che sem-brano davvero immersi nel buio, ma non sanno e, forse nemmeno spe-rano che torni la luce. Ma nella indubbia difficoltà di una interpretazio-ne univoca, è pur vero che non si può fare a meno di meditare insiemecon Simone Weil che guarda all’Antico Testamento, così come a tuttele altre realtà della storia con la più totale mancanza di serenità. Ebrea convertitasi al cristianesimo, marxista critica di Marx, donna indo-mita dal libero pensiero e perciò avversata da tutti, la Weil, anche rife-rendosi ai versetti di Isaia scrive che Dio e l’umanità sono un amante euna amata che all’ appuntamento dato non possono essere presenti, per-ché aspettano in due punti diversi. Solo che l’amata cioè l’umanità è dis-tratta ed impaziente, mentre l’amante, cioè, Dio è in piedi, immobile perla perennità del tempo. Dunque per Simone Weil, sin dall’inizio dei tem-pi l’attesa è priva di speranza, perché sono sbagliati i tempi e i luoghi,così che l’incontro tra Dio e l’uomo non può avvenire, né può accadereche qualcosa cambi. Le riflessioni di questa donna dalla eccezionale tempra e dalla grandecultura hanno un grande fascino, ma credo che le parole di Isaia, siache si voglia interpretate il “ritornate” nel significato letterale che perciòimplica in sé il bisogno di tornare a chiedere a Dio una risposta, sia chelo si intenda, come dicevo, nel significato di “convertitevi”, rivela che Dioche parla attraverso il suo profeta, desidera che l’uomo impari ad ascol-tarlo. E, se la speranza che il mattino torni per sempre, non appartienealla storia di nessun popolo e di nessun uomo, è pur vero che nei ver-setti intitolati “Messia e tempi messianici” il profeta dice: ”un virgulto sor-gerà … sopra di lui si poserà lo spirito del Signore…, che giudicherà ideboli con giustizia e darà giusta sentenza ai poveri della terra, per-cuoterà il violento con la verga della sua bocca… allora il lupo abiteràcon l’agnello, la pantera s’accovaccerà col capretto; vitello e leone pasco-leranno insieme sotto la custodia del piccolo fanciullo...”.Queste parole appartengono senza dubbio a quello che è il desideriopiù grande dell’umanità da sempre, umanità, però, che ha bisogno diun virgulto, di un piccolo fanciullo, per realizzare la sua vera ed unicasperanza. Ma se si guarda al mondo greco, anch’esso ricco di profeti,

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tra i quali assai celebre fu Cassandra, che condivideva con gli dei il donodi conoscere il destino. Ma, ahimè, il destino era però nelle mani dellamoira che impediva qualunque tentativo di azione di salvezza, per cuiqualunque profezia rimaneva voce di tristezza e solitudine necessaria-mente inascoltata. E come dimenticare la quarta egloga di Virgilio, in cui il poeta manto-vano mostra le Parche, dee dei destini universali chine sulla culla di unpuer, di un bambino non meglio definito, che annunciano il ritorno del-la aurea gens e con essa il benessere e la felicità per il genere umano.E’ evidente il collegamento con il mito dell’età dell’oro, che Virgilio così

descriva : “per te, fanciullo come piccoli doni la terra senza essere col-tivata offrirà in abbondanza edere erranti…. Perirà il serpente ed anchele erbe velenose… gli armenti non temeranno i leoni - a poco a pocoil campo biondeggerà delle flessibili spighe e l’ uva rosseggiante pen-derà da rovi incolti. Certo, aggiunge Virgilio, ci saranno ancora tracce della età preceden-te, ma la nuova era voluta dalle parche è attesa con trepidazione e leti-zia da tutto il mondo che si allieta del futuro straordinario che lo atten-de. Un futuro che la terra tutta sta ancora attendendo, perché è inca-pace di ascoltare la voce di Dio .

Stanislao Fioramonti

LLa Rutenia (o UcraìnaSubcarpatica oTranscarpazia) è una

regione storica dell’Europaorientale costituita dal versan-te sudoccidentale dei Carpazie da una fascia della pianuraungherese; confina a nord conla Polonia, a ovest con l’Ungheriae a sud con la Romania. I mag-giori centri abitati - il capoluo-go Uzhorod e Mukacevo - si tro-vano ai piedi delle montagne.A nord della Rutenia, valicati i Carpazi Boscosi,si stende la Galizia, regione che per metà faparte della Polonia e per metà dell’Ucraina. San Giosafat Kunczewicz vive nel momento sto-rico in cui la Rutenia dalla Russia era passatain parte sotto il dominio del Re di Polonia SigismondoIII (1587-1632). La fede dei Polacchi era quel-la cattolica romana; in Rutenia invece, come nelresto della Russia, prevaleva la Chiesa greco-ortodossa. Si tentò allora un’unione dellaChiesa greca con quella latina; si mantennerocioè i riti e i sacerdoti ortodossi, ma si ristabilìla comunione con Roma. Questa Chiesa fu approvata dal Re di Poloniae dal Papa Clemente VIII. Dopo un primo attodi sottomissione al papa (dicembre 1595) le Chieserutene di Galizia e Transcarpazia proclamaro-no l’unione con Roma (sinodo di Brest-Litovsk,6-10 ottobre 1596).

Il sinodo di Brest dette origine alla Chiesa gre-co-cattolica ucraina, di rito bizantino-slavo, chefa parte di quell’insieme di Chiese dell’Est Europache dopo la separazione conseguente allo sci-sma d’Oriente (1054) sono tornate in comunionecon Roma tra il XVI e il XVII secolo e comunementedefinite “uniati” (dal russo unija, “unione”). Da esse deriva il termine “uniatismo”, che ambien-ti ortodossi usano perlopiù in senso spregiati-vo; gli ortodossi infatti accusavano di tradimentogli uniati, che non erano ben accetti nemmenodai cattolici di rito latino.Nato nel 1580 a Wolodymyr in Volynia (Ucraina)da una famiglia ortodossa scismatica, GiovanniKunczewicz è ricordato come il simbolo di unaRussia ferita dalle lotte tra ortodossi e uniati ecome il grande difensore della Chiesa uniate.Dette tutta la sua vita fino alla morte per l’uni-co scopo di riconciliare le chiese scismatiche con

la Sede Romana del Vicario di Cristo, prin-cipio dell’unità della Chiesa.Inviato giovanissimo a Vilna per impra-tichirsi nel commercio, assisté alle lottefra Ruteni uniti e dissidenti, orientando-si ben presto verso la Chiesa unita, allo-ra poco numerosa e perseguitata.Ritiratosi a vent’anni nell’antico monasterobasiliano della SS. Trinità, Giovannimutò il suo nome in Giosafat e visse peralcuni anni da eremita. Fu monaco, priore e abate; scrisseanche alcune opere per dimostrare l’ori-gine cattolica della Chiesa rutena e la suadipendenza primitiva dalla Santa Sede eper propugnare la riforma dei monaste-ri di rito bizantino e il celibato del clero. Il suo esempio ripopolò di monaci “unia-ti” il monastero e Giosafat dovette fondarnealtri a Byten e a Zyrowice (1613). Creato vescovo titolare di Vitebsk in Bielorussiae finalmente vescovo di Polock inRutenia, ristabilì l’ordine nella diocesi, restau-rò chiese, riformò il clero; spinse con costan-

te zelo il suo gregge all’unità cattolica e coltivòcon amorevole devozione il rito bizantino-sla-vo. Ma ben presto sorsero violente opposizio-ni da parte dei dissidenti: il 12 novembre 1623(aveva 43 anni) a Vitebsk, allora sotto la giuri-sdizione polacca, mentre usciva dalla chiesa doveaveva celebrato le sacre funzioni, in un tumul-to Giosafat fu assalito da un gruppo di ortodossi,ucciso a colpi di spada e di moschetto e getta-to nel fiume Dvina. Il suo corpo segnalato da una luce meraviglio-sa fu tratto dal fondo del fiume ed esposto allavenerazione dei fedeli. Beatificato vent’anni dopola sua morte (1643), fu canonizzato nel 1867da papa Pio IX e Leone XIII ne estese il cultoalla Chiesa cattolica.Giosafat intuì e predicò che la Chiesa non puòche essere cattolica, cioè universale. Non si deve

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dire: qui è stanziata la tribù dei rute-ni, lì la tribù dei russi, là quella degliarmeni, ognuna con un suo capo. No,la chiesa è universale: un solo ovile,un solo pastore, un solo vicario di Cristo,un solo detentore del potere supremospirituale e temporale. L’unità si fa attorno al papa e Roma,nonostante tutte le difficoltà e deficienzeumane, è la sola sede del vicario diCristo. Ma san Giosafat, oltre a que-sto, capì anche che bisognava sal-vaguardare le tradizioni dei padri; daun lato l’unità, dall’altro il rispetto del-le proprie tradizioni. Ecco i due insegnamenti di sanGiosafat: fedeltà vera, non superficialee sentimentale, alla sede di Pietro eal papa, vicario di Cristo; e stima perla tradizione dei padri su questa ter-ra, senza lasciarsi uccidere l’anima. San Giosafat non passò alla liturgialatina, che pure stimava, ma mantennela liturgia paleoslava, che si servivadi una venerabile lingua antica (quel-la slava) e di solenni riti. Egli capì chela grazia del Signore non toglie nulla di ciò chec’è di buono a livello naturale e cioè alla tradi-zione dei padri.Il rito ruteno è una variante, accanto al rito rus-so, romeno e serbo, del comune rito bizantino.Rispetto alla variante moscovita del rito bizan-tino quella rutena, adottata oggi solo dai catto-lici, rappresenta una lezione più antica dei testiliturgici, mentre riguardo alle cerimonie ha seguì-to l’evoluzione dei Greci e alcune pratiche lati-ne, conservando le particolarità locali. Con le spartizioni della Polonia (1772, 1793, 1795),la Chiesa rutena cattolica passata sotto il domi-nio russo scomparve; invece quella rimasta sot-to l’Austria ebbe un periodo di ulteriore svilup-po. Con il sinodo di Leopoli (1891) infine essaadottò quasi tutte le decisioni tridentine, ma rima-se irrisolta la questione del celibato del clero. Dopo la prima guerra mondiale la Chiesa rute-na cattolica compresa nello stato polacco con-tinuò a svilupparsi, tanto che la metropolìa gali-ziana contò più di tre milioni e mezzo di fedelicon più di 2000 parrocchie e altrettanti sacer-doti.Prima della seconda guerra mondiale la Ruteniacostituiva una regione autonoma dellaCecoslovacchia; era abitata da Ucraìni o Ruteni(la parola “ruteno” è la forma latinizzata di “rus-so”), con minoranze di Ungheresi, Tedeschi, Ebrei,

Slovacchi e Romeni.La regione manifestòsempre forti ten-denze autonomisti-che, che parveroconcretarsi nell’ot-tobre del 1938, sot-to la pressione tede-sca, con la creazio-ne a Uzhorod di ungoverno ruteno. Ma nel marzo 1939,in seguito all’arbitratoitalo-tedesco diVienna, fu cedutaall’Ungheria. Occupata dalle trup-pe sovietiche nel-l’ottobre del 1944, il26 giugno 1945 fuceduta all’UnioneSovietica (accordo diMosca tra il cecos-lovacco Fierlinger eMolotov). Con la fine dellaguerra, la Chiesafedele a Roma fu per-seguitata e, sotto la

pressione del governo sovie-tico, si unì alla Chiesa patriar-cale di Mosca, mentre tutti i resi-stenti furono deportati o dispersi;identica sorte toccò alla Chiesarutena transcarpatica. Oggi solo i ruteni emigrati in tut-to il mondo possono liberamentecontinuare le loro antiche tra-dizioni canoniche, liturgiche espirituali, pur rimanendo incomunione con la SedeApostolica. Le antiche sedi vescovili di Galiziae di Rutenia sono state occu-pate da vescovi dissidenti,mentre vescovi sacerdoti e lai-ci fedeli all’unione con Romasono perseguitati, esiliati eincarcerati.

Fonte: Omelia di Padre TomasTyn pubblicata su Santi eBeati, enciclopedia telematica,alla voce san GiosafatKunczewicz.

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Antonio Bennato

CC’è del legnameposato per terra, cisono secchi di pece,

e nessuno tra il popolo capi-sce perché quelle cosesiano state ammucchiate lì.Nessuno sa cos’è accadu-to a quel Noè, un tipo dav-vero strano, se sta semprea misurare coi passi e asegnare il terreno. Coi suoifigli si mette al lavoro. Suamoglie e le mogli dei figli aiu-tano come possono. Preganoprima di cominciare il lavo-ro e pregano quando la gior-nata finisce. Ci vorranno anniper finire. La gente guarda lavorare edomanda e Noè risponde invi-tando alla giustizia. Vilirisate e ironie e insultisommergono le sue rispo-ste. Noè non rivela ciò cheè accaduto, cioè che il Signore è deluso dalla inenarrabile malizia del-l’uomo, e pure la natura è delusa; il Signore è addolorato d’aver fattol’uomo. Noè risponde predicando conversione, e intanto il lavoro conti-nua e su quel lavoro Dio scrive la sua fedeltà e il suo amore. E final-mente tutto è fatto. L’Arca è come andava fatta: ora, dovrà comportarsi come una cesta. Piove.La pioggia è violenta. I ruscelli, i fiumi ingrossano, straripano. L’Arca èportata sulle acque. Dentro l’Arca c’è Noè, sua moglie, i figli e le moglidei figli, e coppie di tutti gli animali selvaggi e domestici. Dio custodiscenell’Arca la vita e il futuro di quegli uomini giusti mentre fuori le acquelavano con furia ogni corruzione e ogni malvagità. Dopo quaranta gior-ni, Dio Creatore getta via la sua arma; pone in cielo un arco che bale-na nelle sue ultime gocce di pioggia e lo piega fino a terra perché quel-l’arma non sia più usata.Ci fu un altro diluvio. Di lacrime. Ne sarebbe bastata una sola gocciaperché Colei che pianse fu concepita senza peccato, invece ce ne fuun diluvio. Aveva cantato il suo Magnificat ma la sua vera missione erail pianto. La iniziò a causa di soldati macellai di bambini, quarantotto bam-bini betlemiti che già trovavano la vita assai bella; iniziò la sua missio-ne nel clamore di cavalli e spade sopraffatto soltanto da quello di madridisperate che rifiutavano di essere consolate. Fu l’inizio di lacrime chedovevano valere anche per i millenni a venire, colare su tutti i tempi, ama-re e brucianti. Con esse, la prima volta, lavò il viso del suo Bambino ricer-cato da Erode, lo lavò dalla polvere del deserto che stava attraversan-do col suo sposo, e pianse per tutti i sette anni là dove avevano trova-to rifugio, in Egitto. E poi pianse lacrime di smarrimento errando per lestrade di Gerusalemme, che pareva immensa, chiedendo alla gente lacarità di dire se avesse visto un fanciullo così e così; poi lo trovaronodopo tre giorni. Pianse e pianse fino a quegli ultimi tre giorni terribili, finoa morirne, occhi secchi, quando là avvenne l’effusione del Sangue disuo Figlio e riecheggiò nelle sue lacrime di Madre. Il Figlio, col Sangue e con la Croce, col legno e con la pece, costruì un’Arcasulla terra del Golgota per tutti i popoli e le lacrime della Madre strari-parono e salirono come un oceano per portare in alto quell’Arca, la Chiesa,dentro cui la creazione sarà rifatta nuova, dove per sempre sarà custo-dita la vita; e già sono molti e molti i salvati, santi ben grandi. Ma l’Arcanon è ancora ben colma. Così la Tuttasanta va ovunque come rifacitri-ce dei peccatori parlando con l’autorità delle sue lacrime materne.

La Salette. Maximin eMelanie dissero che labella Signora pianseper tutto il tempo. Piansementre stava seduta sulmasso, come Agar neldeserto che pianse pernon veder morire suo figlioIsmaele. E pianse men-tre in piedi parlava ai duepastorelli. Furono lacrime che sali-vano in cielo per eleva-re il suo popolo sopra leideologie sacrileghe di unviolento socialismo; per elevare “i sacerdotiche a causa della loroempietà nel celebrare isanti misteri, a causa del-l’amore per il denaro, del-l’amore per l’onore e i pia-ceri, i sacerdoti sono diven-tati cloache d’impurità”; per elevare i poveri cri-stiani contadini che pro-fanavano la domenica ebestemmiavano ad ognipatata marcia che sca-

vavano. Se suo figlio Ismaele, e cioè se il suo popolo, la Francia, “nonvuole sottomettersi, sono costretta a lasciar andare la mano di mio Figlio.E’ così pesante che non posso più trattenerla.” E finì di dare il suo mes-saggio dicendo: “Ditelo a tutto il mio popolo.” Non era difficile dirlo. I due fanciulli non scordarono nulla. Parlarono di fame, di carestie, diguerre. Ma il popolo di Francia, figlio di così grandi Lacrime che brilla-no del Sangue Redentore, se la rise. Saziato di modernismo, che fon-da le speranze dell’uomo nel proprio valore, il popolo misurò quel pian-to e quel messaggio con sguardi e orecchie come non s’erano mai visti,buontemponi e inospitali. Il rifiuto di La Salette a cosa portò la Franciatroppo indaffarata a contare su di sé? Nel 1845, l’anno precedente l’Apparizione, si erano viste già marcire lepatate. “Ma voi non ci avete badato.” Continuarono a marcire l’anno suc-cessivo. Il raccolto andò tutto perduto. Un fungo, Phytophthora infestans,distrusse tutto. Le viti furono annientate. Ma anche l’Europa non ascol-tò il Pianto, questo grido dell’umiltà di Maria: e la rovina traboccò, e l’Italianon ne scampò. Nel 1847 ci fu proprio una catastrofe alimentare. Una folla di poveri, del-la città e della campagna, schiacciata da tale rovina, assalì urlando depo-siti di grano e botteghe di pane. Da tale divorante carestia, di conse-guenza, arrivò tifo, colera, gastroenterite infettiva. La popolazione, spe-cie quella irlandese, prese ad emigrare in America. Tutto questo gene-rò i moti rivoluzionari del 1848. Il 27 febbraio, quindi proprio all’inizio diquell’anno, operai e studenti eressero le prime barricate nelle strade diParigi mentre altri si diressero verso il palazzo dei Borboni. Le rivolu-zioni si estesero per tutta l’Europa. Da Parigi, a Budapest, Berlino, Palermo. E pensare che fra tutto que-sto disordine certa gente immonda derideva ancora e di tutto faceva busi-ness. “Se il raccolto si guasta, è soltanto per colpa vostra.” Dei buonicristiani, contadini e operai, meravigliati da ciò che stava succedendo,si inginocchiarono e pregarono, ma il loro numero era talmente esiguoche non poteva guadagnare la pace per intere nazioni. Il Signore di certo li custodì. Così come custodì Noè. Come custodì Mosè:pure a quel tempo ci fu un ordine di morte per tutti i maschi ebrei appe-na usciti dal grembo materno, ma sua madre lo pose in una cesta dipapiro cosparsa di bitume e di pece, e la cesta galleggiò sulle acquedel Nilo fin dove la sterile sorella del Faraone scendeva per fare un bagnotra le ancelle.

Nell’immagine del titolo: La costruzione dell’Arca nel Liber Chronicarum di Hartmann Schedel (1493).

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1616 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Giorgio Innocenti

VVenerdì 15 novembre ad Albano, alle ore16:30, presso il teatro del seminario vesco-vile Pio XII, si terrà il convegno “La giu-

stizia dell’incontro”. Per il secondo anno le Caritasdelle due Diocesi confinanti celebrano l’even-to pubblico previsto dal documento “Per l’inclusionedelle persone detenute”, sottoscritto nel 2018dai Vescovi che le guidano e dal presidente del-l’associazione VOL.A.RE Onlus (VolontariAssistenza Reclusi). Anche quest’anno il tema dell’incontro sarà laGiustizia Riparativa, già trattato lo scorso annonel convegno tenutosi presso il tribunale di Velletri.In quest’occasione si porrà il focus alle poten-zialità di questa prospettiva anche al difuori delprocesso penale o come reazione ad un crimi-ne proponendone l’adozione come possibile approc-cio al male e ai conflitti. Secondo la definizione dello European Forumfor Restorative Justice infatti, la GiustiziaRiparativa è: “un approccio per affrontare il dan-no o il rischio di danno coinvolgendo tutte e tut-ti coloro che ne sono influenzati per raggiungereuna comprensione comune e un accordo su comeil danno o l’illecito può essere riparato e la giu-stizia raggiunta”. In conseguenza di questa visione l’incontro èrivolto non solo ad operatori della giustizia e del-l’esecuzione penale ma a tutti quanti, cittadinied associazioni, siano interessati a nuove pro-spettive nella risoluzione dei conflitti in tutti gliambiti in cui gli esseri umani si incontrano e, fatal-mente, si scontrano. Un invito particolare vie-ne rivolto agli insegnanti ed educatori di ogni ordi-ne e grado cui saranno proposte ulteriori azio-

ni formative. Per trattare il tema le Caritas hanno invitato unadelle personalità più attive nel campo della GiustiziaRiparativa in Italia: Filippo Vannoncini.Counsellor professionista, mediatore penale eformatore alla mediazione ed esperto in gestio-ne dei conflitti nelle organizzazioni, coordinatoredella Summer School “La giustizia dell’incontro”,Filippo ha partecipato a Parigi dal 2013 al 2015al gruppo di ricerca italo-francese coordinato daJacqueline Morineau contribuendo alla pubbli-cazione dell’articolo scientifico: “La médiation huma-niste, pour ‘faire societé’ dans la prise en char-ge des diffeérendes (2015)”. È membro e cofon-datore del Centro di Giustizia Riparativa di Bergamo,attivo da oltre un decennio sul territorioLombardo e non solo. Ad inquadrare la Giustizia Riparativa da un pun-to di vista teorico interverrà Sara Bianchini. Professoreincaricato associato di Filosofia moderna pres-so l’Università Gregoriana di Roma, dove ha com-piuto tutti i gradi accademici, Sara è Dottore diricerca in Scienze filosofiche e sociali con unatesi sul concetto rinascimentale di “giustizia”, dis-cussa presso l’Università di Roma Tor Vergata,insegna altresì Storia e Filosofia al Liceo. Ha compiuto poi gli studi di scienze religiose edi pedagogia della religione presso l’Universitàdella Santa Croce e la Facoltà di Scienze del-la Formazione “Auxilium” in Roma. Dal 2005,collabora con la Caritas Diocesana Velletri-Segni,occupandosi prima dell’area carcere e poi di quel-la della formazione. Dallo stesso anno è volon-taria dell’Associazione Vol.A.Re. e autorizzataall’attività in carcere ex art. 17 O.P. Toccherà a Giorgio Innocenti ricapitolareesperienze e prospettive delle Caritas locali inun ottica riparativa. Referente dell’area Carcere

della Caritas Diocesana di Velletri-Segni, volon-tario dell’Associazione VOL.A.RE. e autorizza-to all’attività in carcere ex art. 17 O.P., Giorgioè Analista del Comportamento SIACSA e inse-gna nel master in Applied Behavior Analysisdell’Università LUMSA. I lavori saranno introdotti e moderati da CarloCondorelli Presidente VOL.A.RE. Onlus.

Programma del convegno

Ore 16.30 apertura lavoriIntroduce Mons. Marcello Semeraro,

Vescovo di Albano laziale.

Coordina: Carlo CondorelliPresidente VOL.A.RE. Onlus

Cos’è la giustizia riparativaSara Bianchini. Università Gregoriana diRoma - Caritas Diocesana Velletri-Segni

La giustizia riparativa come approccio possibile e sostenibile al male

Filippo Vannoncini. Centro di GiustiziaRiparativa di Bergamo

L’impegno delle Caritas Locali: prospettive riparative.

Giorgio Innocenti. Caritas Diocesana Velletri-Segni

Dibattitoore 19.00 Conclusione

Luogo: Teatro del Seminario vescovile Pio XII; Piazza San Paolo 00041

Albano Laziale (parcheggio interno)

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don Gabriele Ardente

LLa Caritas a Santa Maria del Carmine nasce circa 20anni fa per volontà di don Cesare Chialastri e di ungruppo di volontari animati da uno spirito caritate-

vole con la voglia di includere nella vita parrocchiale persone,soprattutto anziane, che non avevano vita sociale.Inizialmente l’attività si svolgeva in un container posiziona-to fuori dalla chiesa, si facevano feste dove venivano accol-te le persone sole e si preparavano e vendevano dolci per autofinan-ziare le iniziative.In seguito è nata l’attività di distribuzione di pacchi viveri e saltuaria-mente, di abiti in buono stato regalati dai parrocchiani e che dura tut-t’ora, può capitare anche che delle famiglie chiedano cose specifichecome carrozzine, passeggini per una nascita e ci si prodighi per repe-rirli e farli avere a chi ne ha bisogno, talvolta si contribuisce al paga-mento di bollette o acquisto di generi non alimentari. Nel 2010, con la costruzione dell’edificio moderno è stata aperta anchela casa di accoglienza gestita dalla Caritas diocesana dove vengonoospitate, temporaneamente, famiglie che si trovano in difficoltà abita-tiva e/o lavorativa per permettere loro di trovare le risorse per ricominciareuna vita autonoma attraverso un percorso di sostegno e accompagnamento. All’inizio dell’anno, in concomitanza con le feste natalizie, è stato orga-nizzato anche un pranzo comunitario invitando le famiglie bisognose,con l’intento di dare loro un senso di accoglienza e non solo di carità. Da aprile 2019 è nato anche il Centro d’Ascolto portato avanti da trevolontarie e da don Gabriele Ardente, aperto il primo lunedì del mesedalle 15 alle 17, in concomitanza con la distribuzione dei pacchi vive-ri e il quarto martedì del mese dalle 10 alle 12, al fine di accoglierechiunque abbia bisogno di parlare ed esporre problematiche e per riusci-re ad individuare anche altri tipi di disagio di cui possono essere por-tatrici le persone che si rivolgono alla Caritas. Anche se il Centro d’Ascolto è aperto soltanto da pochi mesi, vengo-no accolte già varie richieste di informazione e di aiuto da parte dellepersone e ci si prodiga per offrire risposte esaustive ed utili, si cercadi accompagnare e sostenere le persone nella ricerca di lavoro o dirisorse per uscire dallo stato di bisogno, inoltre, si sta già delineandoanche una funzione di raccolta dati, utili sia per la parroc-chia che per la Caritas e che ci si ripropone di utilizzare infuturo per sviluppare altri progetti di aiuto. All’interno delle famiglie che si rivolgono alla Caritas i pro-blemi economici sono l’elemento portante e sono dati damancanza di lavoro o precarietà lavorativa, gravi proble-mi di salute o disabilità di almeno un componente che nonpermettono, soprattutto alle donne, di avere un attività lavo-rativa continuativa, in alcuni casi si tratta di persone soleche percepiscono una pensione minima che non riesconoa far fronte a tutte le necessità quotidiane. Si accolgonopersone di varie nazionalità, anche se maggiormente sonoitaliane e spesso ci sono nuclei con ragazzi in età scola-re, per ogni famiglia viene data attenzione a particolari esi-genze alimentari e vengono personalizzati i pacchi viveri.

Abbiamo riscontrato che, a volte, lepersone fanno rete anche tra di loro, accompagnandosi vicendevolmenteo scambiandosi informazioni utili, inoltre stanno perdendo le iniziali dif-fidenza e timidezza che mostravano i primi mesi in cui ci siamo pre-sentate come ed abbiamo chiesto la documentazione aggiornata.Attualmente, le difficoltà che si riscontrano sono la mancanza di un mez-zo per andare a prendere le derrate, dato che bisogna usare le autoproprie dei volontari, ma anche l’esiguità di volontari stessi che nonpermette di ampliare l’offerta delle attività, come quella della distribu-zione continuativa di abbigliamento e piccoli oggetti di arredamento,ma anche la consegna a domicilio dei pacchi per famiglie che non pos-sono venire in parrocchia. Le motivazioni che hanno spinto le persone ad intraprendere le attivi-tà della Caritas sono la volontà di dare un aiuto concreto a chi tendeuna mano nei momenti di difficoltà, un mettersi al servizio dei più debo-li e bisognosi, nello spirito degli insegnamenti di Gesù che ci chiededi farci prossimi del nostro prossimo, ma anche metterci in gioco percapire se siamo capaci di esercitare le nostre buone intenzioni facen-dole diventare azione concreta dimostrando ai bisognosi che lo spiri-to cristiano non è un concetto vuoto, ma che c’è chi lo mette in prati-ca e ne fa motivo della propria vita.Per il futuro ci proponiamo di articolare maggiormente gli interventi, ancheriprendendo vecchi eventi come le feste con le famiglie bisognose ocon progetti nuovi che emergeranno in futuro. Come già esposto, ser-virebbero nuovi volontari che siano di sostegno e propongano a lorovolta iniziative perché siamo ancora pochi rispetto alle esigenze dellacomunità e dei progetti che si possono intraprendere.

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don Andrea Pacchiarotti

RRiprendiamo dopo la pausa estiva il nostroitinerario per la conoscenza della cele-brazione eucaristica. Dopo aver par-

lato dei Riti di Introduzione, della Liturgia del-la Parola e dopo esserci soffermati su due luo-ghi specifici, sede ed ambone, parleremo in que-sto contributo dell’altare. Sono spazi nei qua-li accogliere la presenza del Signore nella comu-nità, luoghi nei quali la grazia di Dio tocca il cor-po degli uomini. Si tratta di luoghi liturgici o spa-zi per la celebrazione e non di arredi o di ogget-ti. Sono luoghi perché abitati ed abitabili dal fede-le e dal ministro ed esprimono valori teologiciche esulano dalla mera funzione che assolvo-no. Sono e devono essere pensati come luo-ghi ben precisi, individuabili e non sovrappo-nibili all’interno dell’aula liturgica. Tutti siamo partecipi del celebrante che dallasede sale all’altare per il sacrificio eucaristicoe del suo incedere per andare alla presenzadel Signore che si rende visibile nel sacrificioredentore. Purtroppo le “processioni” hanno per-so per svariati motivi questa valenza simboli-ca connotandosi come semplice spostamentoe perdendo il senso di un procedere per staredavanti a Dio. Questo è il muoversi liturgico e quindi è un gestoricco di significato perché correlato a motiva-zioni teologico-sacramentali. La posizione dell’altare è importantissima per-ché esso è il centro della chiesa in senso sacra-mentale, non geometrico, perché vicelebriamo l’Eucaristia: culmine del-la vita cristiana e centro verso cui tut-ti i sacramenti convergono. Verso l’al-tare, quindi, converge tutta la vita sacra-mentale. La Nota Pastorale della ConferenzaEpiscopale Italiana “La progettazio-ne di nuove chiese” del 1993 defi-nisce l’altare come «segno per-manente di Cristo sacerdote e vit-tima ed è mensa delsacrificio del convito pas-quale». I Padri della Chiesa, comeTertulliano, lo designavano

come segno di Cristo perché luogo del suo sacri-ficio e mensa del convito pasquale, segno diunità e di carità. Secondo l’Ordinamento Generale del MessaleRomano, l’altare deve essere: FISSO, inquanto segno di Cristo-pietra angolare; ben VISI-BILE , gli altri spazi liturgici sono in funzionedi esso; DEGNO nelle fattezze e nell’iconografia;UNICO, perché comunichi l’Unico Cristo e l’u-nica Eucaristia della Chiesa; RIVOLTO al popo-lo poiché ad esso converge tutta l’assemblea;PRATICABILE tutt’intorno fatto in modo tale, cioè,che il presbitero possa incensarlo o muoversiintorno, comodamente. Per quanto riguarda la forma possibilmente siaquadrangolare: l’universalità della salvezza ope-rata dal Risorto è infatti indicata in maniera eccel-lente dalla forma quadrangolare dell’altare. La Redenzione di Cristo è offerta a tutti in modouguale: quattro venti, quattro punti cardinali del-la Terra, rappresentati dai quattro angoli ugua-li del quadrato. Etimologicamente l’altare è composto dall’ag-gettivo o participio “alta” e dal nome “ara”, dacui “alta-ara”. Nell’Antico Testamento, sull’altaresi bruciavano le vittime del sacrificio, oggi noicelebriamo un sacrificio, non di vittime, ma del-la Vittima che è Cristo stesso: tempio-sacerdote-vittima-altare. Dal punto di vista teologico-sacra-mentale l’altare è Sacrificale, perché su di essosi compie il sacrificio di Cristo e Conviviale, per-ché “tavola” dell’ultima Cena. L’Ordinamento generale del Messale Romanoal n. 296 dice:

«L’altare sul quale si rende presente neisegni sacramentali il sacrificio dellaCroce è anche la Mensa del Signore, allaquale il popolo di Dio è chiamata a par-tecipare quando è convocato per laMessa. L’altare è il centro dell’azione digrazie che si compie con l’Eucaristia».Nell’ultima Cena, infatti, viene perpetuato, lun-go il corso dei secoli, il sacrificio della Crocenei segni sacramentali del Pane e del Vino. La forma quadrata dell’altare richiama l’imma-gine della Croce issata sul Golgota, perché sul-l’altare viene perpetuato il sacrificio di Cristo.È per questo motivo che sopra l’altare o nei pres-si troviamo la Croce così che tutta l’assembleasia orientata verso questo centro spaziale. Durante il Convegno liturgico di Bose Don GiulianoZanchi ha sottolineato come «La riforma litur-gica ha restituito il principio per cui il segnoproprio della chiesa viene dalla forma del-l’assemblea che si raduna attorno all’al-tare», perché l’altare «è simbolo forte e pri-mordiale… segno di tangenza del divino»(cfr. Pierangelo Sequeri, “L’Estro di Dio”).Inoltre nel Convegno si chiedeva il superamentodella tendenza di imprimere allegorie all’alta-re come se ce ne fosse bisogno. «Pensare l’al-tare come monte, come ara, come calvario, cometomba, come reliquiario – e potremmo conti-nuare a lungo – di fatto impedisce di contem-plare con semplicità la sua sacramentalità e nutrel’immaginario devoto di allegorie che annebbianoil suo significato» (Enzo Bianchi). In realtà l’al-tare «non deve essere a forma di niente ma sol-tanto mensa e luogo del sacrificio assieme, sen-za che l’un aspetto prevalga sull’altro – e nel-la sua nudità materica deve agire, per stabili-tà e solidità, quale magnete che attiva una rela-zione biunivoca con tutti gli altri luoghi liturgi-

ci» (Don Giuliano Zanchi). Queste picco-le riflessioni aiutino tutti noi a risco-prire la centralità dell’altare supe-rando le criticità che tante nostrechiese hanno per sentirci semprecomunità incamminata nel tempoverso il suo Signore, convocati attor-no alla mensa come «cerchio chesi concentra sul suo ombelico» (DonGiuliano Zanchi).

Nell’immagine: Altare di Ratchis, in pietra d’Istria,

capolavoro della scultura di epoca longobarda

(734-744),conservato nel

Museo Cristiano di Cividale del Friuli.

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1919Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Giornata dei Poveri 2019:«Ai poveri non si

perdona neppure la loro povertà»

«Si è giunti a teorizzare e realizzareun’architettura ostile in modo da sba-razzarsi della loro presenza anchenelle strade». «Riconosciamo unamoltitudine di poveri spesso trattaticon retorica e sopportati con fasti-dio». «Si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingres-si per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ric-chezze a danno di quanti si lasciano fuori. Nonsarà così per sempre».Sono alcune frasi del Messaggio di PapaFrancesco per la III Giornata Mondiale dei Poveriche la Chiesa cattolica celebrerà domenica 17novembre 2019. Un messaggio in cui risuona for-te la denuncia di quella aporofobia - «è una paro-la greca, vuol dire disprezzo del povero» - di cuiha parlato di recente anche Stefano Zamagni.L’invito del Papa? «Per un giorno lasciamo in dis-parte le statistiche; i poveri non sono numeri acui appellarsi per vantare opere e progetti. I pove-ri sono persone a cui andare incontro: sono gio-vani e anziani soli da invitare a casa per condi-videre il pasto; uomini, donne e bambini che atten-dono una parola amica».

(da “Vita” 13.06.2019)

I poveri “ci salvano perché ci permettonodi incontrare il volto di Gesù Cristo”

Gianni Cardinale*

“La promozione anche sociale dei poveri non èun impegno esterno all’annuncio del Vangelo, alcontrario, manifesta il realismo della fede cristianae la sua validità storica”. Così “l’amore che dàvita alla fede in Gesù non permette ai suoi disce-poli di rinchiudersi in un individualismo asfissiante,nascosto in segmenti di intimità spirituale, sen-za alcun influsso sulla vita sociale”. Lo ribadiscePapa Francesco nel Messaggio per la IIIGiornata Mondiale dei Poveri, sul tema “La spe-ranza dei poveri non sarà mai delusa” (Sal 9,19),che verrà celebrata il prossimo 17 novembre, 33maDomenica del Tempo Ordinario. Elo fa citando la figura e l’opera diJean Vanier, un vero “santo dellaporta accanto”. Il Pontefice ricordache Gesù “ha inaugurato il suo Regnoponendo i poveri al centro”. Lui “ha inaugurato, ma ha affidatoa noi, suoi discepoli, il compito diportarlo avanti, con la responsabi-lità di dare speranza ai poveri”. E per questo è “necessario, soprat-tutto in un periodo come il nostro,rianimare la speranza e restituirefiducia”. Si tratta di “un programmache la comunità cristiana non puòsottovalutare”. Perché “ne va del-la credibilità del nostro annuncio e

della testimonianza dei cristiani”. Infatti “l’opzio-ne per gli ultimi, per quelli che la società scartae getta via” è “una scelta prioritaria che i disce-poli di Cristo sono chiamati a perseguire per nontradire la credibilità della Chiesa e donare spe-ranza fattiva a tanti indifesi”. Papa Francesco osserva che il tempo in cui ven-ne scritto il Salmo che dà il titolo al Messaggioera quello “in cui gente arrogante e senza alcunsenso di Dio dava la caccia ai poveri per impos-sessarsi perfino del poco che avevano e ridurliin schiavitù”. Ma, aggiunge, “non è molto diver-so oggi”. Infatti “la crisi economica non ha impe-dito a numerosi gruppi di persone un arricchimentoche spesso appare tanto più anomalo quanto piùnelle strade delle nostre città tocchiamo con manol’ingente numero di poveri a cui manca il neces-sario e che a volte sono vessati e sfruttati”. Così“passano i secoli ma la condizione di ricchi e pove-ri permane immutata, come se l’esperienza del-la storia non insegnasse nulla”. Le parole del Salmo,dunque, “non riguardano il passato, ma il nostropresente posto dinanzi al giudizio di Dio”. E quiPapa Francesco fa un elenco delle “molte for-me di nuove schiavitù a cui sono sottoposti milio-ni di uomini, donne, giovani e bambini”. Famiglie“costrette a lasciare la loro terra per cercare for-me di sussistenza altrove”. Orfani che “hanno perso i genitori o che sono sta-ti violentemente separati da loro per un brutalesfruttamento. Giovani “alla ricerca di una realiz-zazione professionale a cui viene impedito l’ac-cesso al lavoro per politiche economiche mio-pi”. Vittime “di tante forme di violenza, dalla pro-stituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo”.E poi “i milioni di immigrati vittime di tanti inte-ressi nascosti, spesso strumentalizzati per usopolitico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza.

E le “tante persone senzatetto edemarginate che si aggirano per-le strade delle nostre città”. Il Pontefice denuncia che i pove-ri “sono trattati da rifiuti, senza chealcun senso di colpa investaquanti sono complici di questo scan-dalo”. Che “si è giunti perfino a teo-rizzare e realizzare un’architettu-ra ostile in modo da sbarazzarsidella loro presenza anche nelle stra-de, ultimi luoghi di accoglienza”.

Che “spesso si infierisce su di loro con la vio-lenza del sopruso”. Che “sono costretti a ore infi-nite sotto il sole cocente per raccogliere i fruttidella stagione, ma sono ricompensati con unapaga irrisoria”. Che “sono braccati, presi e resischiavi”. Che insomma siamo davanti ad “una mol-titudine di poveri spesso trattati con retorica e sop-portati con fastidio”, davanti a “uomini e donnesempre più estranei tra le nostre case e margi-nalizzati tra i nostri quartieri”. Papa Francesco mette in guardia. “Si possonocostruire – scrive - tanti muri e sbarrare gli ingres-si per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ric-chezze a danno di quanti si lasciano fuori”. Ma“non sarà così per sempre”. Infatti “il ‘giorno delSignore’, come descritto dai profeti (cfr Am 5,18;Is 2-5; Gl 1-3), distruggerà le barriere create traPaesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la soli-darietà di tanti”. Il Pontefice cita don Primo Mazzolari:“Il povero è una protesta continua contro le nostreingiustizie; il povero è una polveriera. Se le daifuoco, il mondo salta”. Papa Francesco è lapi-dario. Ricorda che dinanzi ad una “innumerevoleschiera di indigenti”, Gesù “non ha avuto timo-re di identificarsi con ciascuno di essi”. E “sfuggire da questa identificazione equivale amistificare il Vangelo e annacquare la rivelazio-ne”. Alla fine del Messaggio si rivolge ai “tanti volon-tari, ai quali va spesso il merito di aver intuito perprimi l’importanza di questa attenzione ai pove-ri”, chiedendo “di crescere nella loro dedizione”.Li esorta “a cercare in ogni povero che incon-trate ciò di cui ha veramente bisogno; a non fer-marvi alla prima necessità materiale, ma a sco-prire la bontà che si nasconde nel loro cuore, facen-dovi attenti alla loro cultura e ai loro modi di espri-mersi, per poter iniziare un vero dialogo frater-no”. Di qui l’invito a mettere “da parte le divisio-

ni che provengono da visioni ideo-logiche o politiche”, per fissare “lo sguar-do sull’essenziale che non ha biso-gno di tante parole, ma di uno sguar-do di amore e di una mano tesa”. Infattii poveri “non sono numeri a cui appel-larsi per vantare opere e Progetti”.I poveri “sono persone a cui anda-re incontro: sono giovani e anzianisoli da invitare a casa per condivi-dere il pasto; uomini, donne e bam-bini che attendono una parola ami-ca”. I poveri insomma “ci salvano per-ché ci permettono di incontrare il vol-to di Gesù Cristo”.

*da Avvenire 13 giugno 2019

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2020 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Giovanni Zicarelli

LL’annuale Convegno diocesano, tenutosiil mese scorso, nei giorni 18 e 19, anco-ra una volta presso l’accogliente e fun-

zionale Centro di Spiritualità Santa Mariadell’Acero (Comune di Velletri), può definirsi comela seconda parte del precedente (si veda il nume-ro di Novembre 2018). Un vero e proprio svi-luppo del concetto di Chiesa missionaria in patria.Ciò riprendendo l’assunto che parte da un’umanità,quella attuale, letteralmente stravolta dagliodierni, grandi cambiamenti sociali; con una Chiesala cui risposta non deve essere un mero adat-tamento, un adeguamento bensì un affrontaretali cambiamenti cercando, comealtre volte nella Storia, di trova-re il modo più efficace per pro-muovere e diffondere nell’attua-lità del tempo il Messaggioevangelico, sempre indispensa-bile per una convivenza frater-na.Il sostegno deve giungere comesempre dalla Speranza. Ma unasperanza che non sia passiva ben-sì attiva, che non sia attendistama propositrice. Che si traducain un’azione che, confermandoquanto detto nel Convegno del-l’anno prima, muova nel coinvolgere

gli abitanti avulsi della circoscrizione parrocchialefin dal primo sacramento: il Battesimo. Mentre nello scorso convegno si è posta parti-colare attenzione al periodo pre-battesimale, nel-l’ultimo, in perfetta contiguità, sempre parten-do dal pre-battesimo, si sono cercate soluzio-ni per la fase post-battesimale, nella ricerca diun’ideale soluzione che riesca a coinvolgere lefamiglie nella vita parrocchiale anche dopo il bat-tesimo. Questo perché, come ha detto il nostrovescovo, S.E. Rev.ma mons. VincenzoApicella, nel suo discorso iniziale, «Un con-vegno diocesano non è una riunione orga-nizzativa, non ci si incontra per riflessioni intel-lettuali ma come popolo che vuole procla-

mare il primato della Chiesa. Mosso da unasperanza attiva e che neppure nel benesseredimentica che c’è sempre bisogno di Dio.».Come già lo scorso anno, è relatore don GiorgioBezze, direttore dell’Ufficio catechistico della Diocesidi Padova. Il sacerdote si è avvalso della testimonianza diEnrico ed Elisabetta, una coppia di coniu-gi genitori di tre figli appartenenti alla parrocchiaSan Nicola di Taggì di Sotto, frazione del Comunedi Villafranca Padovana (PD), con i quali si èaddentrato in ciò che può definirsi un metododi accoglienza ispirato al concetto di Chiesa inuscita da se stessi e verso il mondo. La coppia, che fa parte di una comunità com-

posta attualmente dacinque famiglie, ha rac-contato di come si recaa nome della comunità par-rocchiale presso le caseche espongono sull’uscioil classico fiocco, rosa oazzurro, che annuncia l’av-venuta nascita di unbambino. Bussano per porgere aigenitori un biglietto cheesprime le congratulazionidella comunità, una pian-

continua nella pag.accanto

Il tavolo dei relatori, da sinistra a destra:

Elisabetta ed Enrico, don Giorgio Bezze e S.E. mons. Vincenzo Apicella

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tina simbolo della nuova vitacome dono, un foglietto conuna preghiera e una nuvolettadi cartoncino su cui apporreil nome del neonato e la datadel battesimo e che, il giornodella funzione, sarà apposto,tra quelle di altri battezzati obattesimandi, su un disegnorappresentante l’albero dellavita collocato nella navata del-la chiesa.Nel corso delle visite si dia-loga con le famiglie con unapproccio che vuole esserecostruttivo, soprattutto impron-tato all’ascolto.

Mai invadente o, peg-gio, giudicante, qua-lunque sia la realtà fami-liare, ma rassicuran-te, facendo com-prendere ai genitori chesono già parte di unacomunità e che quin-di non sono soli.Ovviamente tema cen-trale nell’incontro è ilBattesimo ovvero l’es-sere cristiani a parti-re da questo sacra-mento. Non sempre lecoppie sono accon-discendenti: a volteoccorre opera di con-vincimento, a voltebisogna desistere. Enon sempre si vieneaccolti.Per le coppie chevorranno rispecchiar-si nel concetto cicomunità segue qual-che incontro pre-bat-tesimale. Il giorno del battesimoi genitori sarannoaccolti in una chiesaaddobbata per l’oc-casione dalla coppia

che hanno incontrato nella loro casa. Da essariceveranno la veste bianca ed una candela consu scritto il nome del bambino e la data del bat-tesimo. La coppia che accoglie non sarà lì per recitareun ruolo ma per condividere una gioia. Sarannopoi proposti incontri post-battesimali. In particolarel’incontro nel giorno del battesimo di Gesù ovve-ro quello successivo all’Epifania. Elisabetta ed Enrico ci hanno tenuto subito adire che non c’è da farsi illusioni. La realtà pochevolte è idilliaca. A tali appelli sono in genere pochia rispondere. Tant’è che il 7 gennaio si ritieneopportuno invitare le famiglie dei bambini bat-tezzati negli ultimi tre anni affinché si possa con-tare su un discreto numero di presenti.Quantomeno superiore ai catechisti. Lo scopo degli incontri post-battesimali è quel-lo di riuscire ad accompagnare bambino e geni-tori lungo un percorso spirituale nell’ambito del-la sede parrocchiale che porterà alla Prima Comunionee alla Cresima. Ciò nella speranza del coinvol-gimento di altre coppie nell’azione di una Chiesain uscita.Nel corso del Convegno non sono mancati gliinterventi dei nostri mons. Cesare Chialastrie don Daniele Valenzi a cui si sono uniti gliinterventi di alcuni fedeli della nostra diocesi ele relazioni dei gruppi di lavoro seguite dalla sin-tesi finale di mons. Apicella. Il Battesimo deve esprimere una Chiesa che siauna “porta” che si apre per iniziare il cammino;“accoglienza” al di là della fede, dell’etnia e del

tipo di unione della coppia; un “sen-tiero” da condividere col bimbo bat-tezzato e i suoi genitori; una “famiglia”grazie al senso di comunità che andràinstaurandosi incontrando le perso-ne presso le loro case in occasionedi una nascita; “ascolto” senza giu-dicare o dar lezioni, lasciando inten-dere che dovranno comunque esse-re i genitori la principale guida spiri-tuale del bambino; “kerigma” ovverotestimoniare Gesù senza proclami maunicamente esprimendo il messaggiodi amore e di pace del Vangelo.Mons. Apicella pone infine l’accentosul fenomeno dei battesimi fuori par-rocchia. Un’autentica nota dolente cheil vescovo definisce un “atto burocraticoimbarazzante” tanto per chi lo richie-de quanto per chi lo rilascia poichéil Battesimo, al di là del grande valo-re spirituale proprio del sacramento,deve rappresentare anche l’ingressonella comunità d’appartenenza.

Un gruppo di lavoro del convegno

guidato da mons. Cesare Chialastri

L’intervento di don

Giorgio Bezze

La testimonianza

di Elisabetta

ed Enrico

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Stanislao Fioramonti

LLo incontrai l’ultima volta saba-to 11 maggio 2013 a La Quercia,frazione di Viterbo nota per

il santuario mariano, dove era natoil 20 aprile 1922 e dove da qualchetempo era tornato a vivere nella casapaterna. E’ stata un incontro indi-menticabile, come tutti quelli con lui,per la dolcezza, la lucidità e la deli-catezza di quell’uomo mite e santoche aveva allora 93 anni e che, salu-tandoci, ai nostri “Come sta?” rispo-se con queste parole: “Mi sto preparandoa sperimentare l’infinita misericordiadi Dio”! (Non ha detto “sperare”, masperimentare, da uomo di scienza –oltre che di fede - che è stato, aven-do insegnato per vent’anni anche mate-matica e fisica nel seminario regio-nale di Viterbo). Don Dante, a dispetto dei suoi pro-blemi di salute, quel giorno ha volu-to pure accompagnarmi a piedi a visi-tare il suo santuario della Quercia,raccontandomi un po’ della sua sto-ria e arte e facendomi capire il suogrande amore per Maria. E a La Quercia,la mattina del 27 settembre 2019, DonDante ha potuto infine sperimenta-re l’infinita misericordia di Dio. Si èaddormentato nel Cristo che hasempre professato all’età di 97 anni,vescovo più anziano d’Italia e uno deipiù carismatici. Perché era una di quel-le persone che si possono conside-rare davvero un dono, e quando nonci sono ti mancano.Nel febbraio 2012, per i suoi 90 anni,un gruppo di amici ha pubblicato unbel volume intitolato “La fievolevoce del viandante. Parole nonscritte di Dante Bernini”. Nella

Presentazione del volume Mons. Bruno Forte,teologo e arcivescovo di Chieti-Vasto, “da anniarricchito dall’amicizia di don Dante”, ha scrit-to di lui: “Lo riconosci come il buon Pastore: dàla vita per i suoi, senza risparmio, senza rim-pianti, instancabile nel cercare i lontani, nel ser-vire e accogliere chi bussa al suo cuore. Sentiche è un uomo libero, che non cerca se stes-so ma l’Altro, e lo cerca con appassionato, umi-le dono di sé. Ti contagia libertà. Ti appassio-na per la giustizia”. Mons. Bernini, don Danteper i tantissimi amici, fu ordinato sacerdote il 12agosto 1945 e del seminario regionale di Viterboè stato anche rettore. Il 30 ottobre 1971 fu elet-to vescovo titolare di Assidonia e ausiliare di Albano,consacrato l’8 dicembre dal vescovo della suacittà mons. Luigi Boccadoro. Fatto più importanteper noi, dal 10 luglio 1975 all’8 aprile 1982 èstato vescovo di Velletri e Segni, diocesi uniteaeque principaliter nella sua persona il 20 otto-bre 1980.Dall’8 aprile 1982 al 13 novembre 1999 fu vesco-vo di Albano, e dunque vescovo dei papi quan-do risiedevano a Castelgandolfo; a S. GiovanniPaolo II, che lo chiamava “il mio vescovo”, haanche fatto assaggiare più di una volta le fet-tuccine fatte in casa da nonna Iole, la cara vec-chietta valmontonese che cucinava per i giovaninel centro diocesano dell’Acero.Don Dante Bernini è stato una delle figure piùillustri e significative della Chiesa italiana.Nell’arco dell’intera vita, come sacerdote e comedocente, è stato costantemente impegnato perla pace e per la giustizia, nella solidarietà coni sofferenti e gli oppressi, per la salvaguardiadel creato, nella promozione della nonviolenza.Dal 1978 ha ricoperto la prestigiosa carica di pre-sidente della Commissione Giustizia e Pace del-la CEI e membro della “Comecé” (Commissiondes Episcopats de la Communauté Européenne),ruoli nei quali rifulsero la sua spiritualità e la suagrande passione per l’uomo, caratteristiche peral-

continua nella pag. accanto

Mons. Bernini ordina Antonio Rita

primo diacono permanente

Giovanni Paolo II sull'altare davanti alla cattedrale di San Clemente

con il cardinale Baggio e mons. Bernini

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tro da lui manifestate in ogni occasione.Ha unito all’adempimento scrupoloso dei pre-stigiosi incarichi di grande responsabilità un costan-te ascolto di tutti coloro che a lui venivano a rivol-gersi per consiglio e per aiuto, a tutti sempreha offerto generosamente il suo conforto e soste-

gno, la sua parola buona eluminosa e l’abbraccio suocaldo e fraterno.Anche la diocesi di Velletri-Segni ha salutato con affet-to e partecipazione DonDante, per sette anni (1975-1982) amatissimo vescovo del-le due diocesi appena riuni-te. Fece l’ingresso ufficiale aVelletri il 27 luglio 1975 e aSegni il 3 agosto successi-

vo. Personalmente non potrò mai dimenticarela sua prima visita, qualche settimana dopo, allamia parrocchia dell’Assunta di Valmontone. La folla radunata sul sagrato, in una bella sera-ta di sole quasi al tramonto, attendeva macchinonie monsignori in talari colorate, mentre invece

si fermò proprio davanti alla chie-sa una Fiat 850 celestina, piut-tosto vecchiotta, dalla qualescese solo un semplice prete intonaca nera. Era il nuovo vesco-vo, che si presentava in quel modosemplice e dimesso, ma gli ci vol-le molto poco a conquistare tut-ti con la sua parola e il suo esem-pio. La camera ardente è stata alle-stita nel coro del santuarioSanta Maria della Quercia vener-dì 27 settembre 2019 dalle10,30 alle 13 e nel pomeriggiodalle 14.30 alle 19.30, e saba-to 28 dalle 7.30 fino alle 13; donDante era stato rivestivo dei sim-boli episcopali (mitria, bastonepastorale, anello) e di una casu-la che aveva ricamata l’imma-gine della Madonna della Quercia).Alle 14.30 è iniziato il funerale,presieduto dal Cardinal Agostino

Vallini, che all’omelia ha sottolineato la fede vigo-rosa e l’impegno per l’uomo di don Dante, pro-prio in concordanza con le letture scelte per lasua messa funebre (un brano della Lettera aiRomani di San Paolo e il Vangelo delleBeatitudini di Matteo). Ricordando poi le parole a lui rivolte nell’ultimoincontro, l’estate scorsa, ha confessato che era-no le stesse di San Paolo ai Romani: “Don Agostino, disse don Dante, se Dio è pernoi, chi sarà contro di noi? Chi ci separerà dal-l’amore di Cristo?”. Certezze ribadite anche nelle ultime volontà deldefunto (che ha destinato le offerte della sua mes-sa funebre alla missione in Africa della diocesidi Albano e alla Caritas della sua parrocchia del-la Quercia) e nel testamento di Don Dante (v.allegato), letto da una suora alla fine della ceri-

monia e accompagnato dagli applausi del-la grande folla presente in chiesa, vesco-vi, preti, seminaristi, religiosi, suore e tan-tissimi laici, alcuni dei quali hanno volutoessere presenti nonostante i loro handi-cap. Don Dante è stato sepolto nel sepolcro deivescovi all’interno della basilica della Madonnadella Quercia, accanto all’immagine cheha illuminato tutta la sua vita e dalla qua-le spiritualmente non si è mai staccato.A conclusione di questo saluto scegliamoancora le parole con le quali il vescovo BrunoForte conclude la Presentazione sopra ricor-data: “Grazie, don Dante, perché sei sta-to e sei non solo il “buon Pastore”, ma anche– come dice la parola greca nell’origina-le del Vangelo di Giovanni (10,11) – “il belPastore”, che ci ha innamorato e ci inna-mora della bellezza di Dio, riflessa sul vol-to della sua Chiesa. (…) Continua ad accom-pagnarci con la preghiera e il silenzio del-la tua carità discreta, ad accompagnaretutti e ciascuno di noi, perché così sia…”.

IL TESTAMENTO DI DON DANTE

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.Consapevole dell’avvicinarsi del giorno dell’incontrocon il Signore, ripeto la invocazione delle ultime pagine dell’Apocalisse: «Vieni, Signore Gesù». Attendo con santo timore e viva speranza nella sua infinita MISERICORDIA, che mi risponda: «Sì, vengo presto».Il Padre mi ha creato, il Figlio mi ha redento, lo Spirito santo mi consola, mi consiglia e mi conforta. Consapevole anche delle mie responsabilità, ripeto le parole che tante volte ho pronunciato, rivolte alla Madre di Dio e Madre mia, Maria: «Prega per me peccatore, adesso e nell’ora della miamorte».Mi ricordo di essere nato sotto lo sguardo ed il manto della Madonna della Quercia, tante volte invocata, filialmente e fiduciosamente. Ripeto: «Vieni, Signore Gesù».Scrivo una parola che ho nel cuore ogni volta che penso alla mia storia: grazie. Alla mia famiglia, babbo Renato, mamma Eugenia,Antonietta ed Enrico, a tutti i miei parenti del passato e del presente. A tutti i miei educatori nella fede e nell’amore. A tutti coloro che il Signoreha posto sul mio cammino.

Don Dante Bernini

Natale 2015, La Quercia

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Alessandro Filippi

LLascia nella storia della Chiesa veliterno-segnina una traccia indelebile. Si è tro-vato da due Diocesi una quella

Suburbicaria di Velletri, iniquamente smembratarimasta con le parrocchie urbane e quella di Larianoe la diocesi d Segni, soppressa, a creare unasola realtà con due presbiteri di diversa cultu-ra e tradizione da fondere. L’11 Marzo 1965, con la morte dell’ultimo CardinaleVescovo di Velletri Clemente Micara anche perVelletri viene applicato il motu proprio di San GiovanniXXIII con il quale riformava le sediSuburbicarie trasformando i vesco-vi ausiliari in veri ordinari pleno jurelasciando ai Cardinali solo il tito-lo. Solo che per le altre cinque cifu solo mutamento istituzionale del-la forma di governo per quella diVelletri iniziano dieci anni diffici-li. Non si provvide subito ad unasuccessione in base ai dettami delcitato documento pontificio ma ven-ne nominato un amministratore apo-stolico. Ma per un’altra gloriosasede vescovile quella di Segni conla morte del suo ultimo ordinarioMons. Carli venne data in ammi-nistrazione apostolica a Mons. LuigiPunzolo che aveva già ricevutocon lo stesso titolo quel poco cherimaneva di quella veliterna eral’inizio della fusione.

Questa è stata un impresa arduae difficile durata per ben tre epi-scopati. Nel 1975 dieci anni dopo la mor-te del Cardinale Clemente Micarafinalmente viene nominato VescovoOrdinario delle unite in personaepiscopi Diocesi di Velletri e SegniMons. Dante Bernini già Vescovoausiliare di Albano Laziale. Appena insediato Mons. Berniniinizia con una vera azione di gover-no le operazioni di fusione del-le due Diocesi ma pensa ancheall’incremento della vita pastorale

ed ha la gioia di imporre le mani su giovani sacer-doti Don Franco Diamante (1981) – DonAugusto Fagnani (1980) – Don ClaudioSammartino (1981) – Luigi Vari ( 1980 oggiArcivescovo di Gaeta) – Don Dario Vitali(1981) ha voluto la nascita del Centro di Spiritualitàdi Santa Maria dell’Acero con l’inserimento dllesuore Apostoline. Aveva in cuor suo il desiderio di invitare il papaSan Giovanni Paolo II a Velletri ma la sua straor-dinaria riservatezza e umiltà gli avevano sem-pre impedito di farlo, fino a quando invitato dalVescovo di Albano a Nettuno per la visita delPapa al Santuario di Santa Maria Goretti fu da

questo spinto letteralmente davan-ti al Pontefice con queste parole “Santitàil Vescovo di Velletri vorrebbe invi-tarla a visitare la sua Diocesi” cosìdovette per forza fare quel tanto desi-derato invito. Il papa accettò con gioia. Il 7 Settembre 1980 Velletri visse quelpomeriggio storico. San Giovanni PaoloII rimase tra la gente di Velletri finoalle 22. Accolto dal Sindaco PatrizioSaraceni in Piazza Cairoli celebròla Messa davanti la Cattedrale, altermine si è intrattenuto con i gio-vani e per ultimo a visitato la sta-zione dove oggi si trova un monu-mento in suo onore. In tutte le fasidella visita accanto al Papa Don Dante

forte della sua straordinaria umiltà, vennero bene-dette in quell’occasione le prime pietre di nuo-ve chiese tra queste quella del SS.mo Nomedi Maria a Landi e quella di S. Giovanni Battistaalla 167. Mons. Bernini fu molto vicino al laicatodiocesano, sua fu la spinta per la nascita delCollegio dei Diaconi Permanenti ordinando AntonioRita Vito, Cataldi (1980) – Pietro Latini (1980)– Angelo Amendola (1981). Diede vita al Centro Giovanile Interdiocesanoche vedeva i giovani di tutte le città delle duediocesi uniti nell’accogliere grandi personaggisu temi importantissimi. Come non ricordare il contributo del Vescovoper l’istituzionalizzare il gruppo spontaneo cheogni anno si riuniva per il trasporto della mac-china della Madonna delle Grazie, su impulsodei canonici Angelo Lopes e Giuseppe Centrae si dovevano chiamare i MARIAFORI idea cheprese corpo poi durante l’episcopato di Mons.Gomiero con la nascita dell’AssociazionePortatori Maria SS.ma delle Grazie. Nel 1982 lascia Velletri appena dopo le solen-ni celebrazioni per il tricentenario dell’incoronazionedella Madonna delle Grazie per la sede di Albanodi cui è diventato emerito nel 1999. Era il Vescovo più anziano in vita, con lui con-segniamo alla storia una pagina importante del-la nostra storia. Come dimenticare la nascita del

Gruppo Nadja ancora oggi unaimportante realtà per i ragaz-zi diversamente abili, oppuregli incontri con Mons. Fallanisull’arte cristiana. Tante iniziativee incontri per favorire l’integrazionedei laici delle due diocesi. Proprio questa è l’ereditàmorale di Don Dante i laici i gio-vani e la pace. Insignito dellacittadinanza onoraria veliternal’ultima volta che ha celebra-to a Velletri è stato in occasionedella Festa della Madonna della Carità del 2013 quandoaccettò con gioia l’invitodell’Arciconfraternita dellaCarità Orazione e Morte.Grazie Don Dante della tua pre-senza e della tua testimonianza.

Mons. Bernini accoglie Giovanni Paolo II a Velletri (Piazza Cairoli)

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Alessandro Filippi

DDopo la morte del Cardinale ClementeMicara, avvenuta a Roma l’11 Marzodel 1965 la Diocesi Suburbicaria di Velletri

vive un decennio difficile della sua gloriosa sto-ria. Il Santo Padre Paolo VI non provvide subi-to alla nomina di un ordinario diocesano in vir-tù del motu proprio di Giovanni XXIII che tra-sformava i vescovi ausiliari in Vescovi Ordinari,ma provvide alla sede veliterna con la nominadi amministratore apostolico nella personadell’Arcivescovo Arrigo Pintonello ex ordinariomilitare. Decisione presa per attuare un dise-gno di ridimensionamento del territorio che all’e-poca confinava con la Diocesi di Terracina. Mons.Pintonello era nominato “sub secreto” già Arcivescovodi Latina. Il primo Vescovo ordinario venne nomi-nato nel 1975 ed era Mons. Dante Bernini alquale venne data unita in persona episcopi anchela Diocesi di Segni.Il suo successore nel 1982 fu S.E. Mons. MartinoGomiero che trova una situazione difficile: dueantiche e gloriose porzioni di chiesa avviate adun cammino comune. Il Vescovo dovette a con-frontarsi con sacerdoti di diversa cultura e tra-dizioni che faticavano a intraprendere la nuo-va condizione, specialmente i più anzianilegati alle loro realtà. Non fu facile per il gio-vane arciprete di Monselice consacrato Vescovodal Cardinale Sebastiano Baggio affrontare que-sta situazione ciò nonostante nei suoi sei annidi “governo” ha lasciato una traccia che meri-ta di essere ricordata. Verso la fine degli ottan-ta sembrava che la Congregazione dei Vescoviavesse accettato la restituzione alla Diocesi di

Velletri di una parte delsuo territorio storico eprecisamente quellodei Monti Lepini. Ma nul-la avvenne, neanche ilCardinale Titolare del-l’epoca SebastianoBaggio, prefetto dellaCongregazione deiVescovi, potè sottarsialla controfirma dellabolla di “unione acqueprincipaliter” che hafatto nascere la DiocesiSuburbicaria di Velletri-Segni. Mons. Martino Gomiero,avendo esaurito il com-pito iniziale per cuiera stato nominato,accettò la nomina aVescovo di Adria eRovigo e lasciò la dio-cesi. Dopo sei mesi di“Vacatio sedis” duran-te i quali la diocesi ven-ne retta da Mons.Giuseppe Centra nella qualità diA m m i n i s t r a t o r eDiocesano nel 1988 vie-ne eletto Vescovo diVelletri-Segni Mons.Andrea Maria Erba. Fu un vescovo esem-plare nella preghiera enella testimonianza. Tra le sue caratteristi-che emergeva la dis-crezione, la sobrietà cherasentava la povertà. Nelsuo breve ma intensoministero fece sceltecoraggiose per la nuo-va diocesi che stava for-mandosi dalle due exVelletri e Segni.Particolare amore nutri-vo per il sacerdozio, peri malati. Chi lo haconosciuto ricorda l’ammirazione che aveva perla campagna del nostro territorio per la cura del-le coltivazioni per le popolazioni che l’abitava-no. Monsignor Martino Gomiero era nato il 7dicembre 1924 dal papà Alessandro e dalla mam-ma Maria Cazzoli. Studiò in Seminario a Padova e venne ordinatosacerdote il 4 luglio 1948. Perfezionò gli studialla Gregoriana a Roma e fu segretario del Vescovodi Padova Bortignon, quindi Rettore del

Seminario, Arciprete diMonselice (1971) e il 5 giu-gno 1982 venne eletto vesco-vo di Velletri-Segni. Il 7 maggio 1988 venne tra-sferito alla guida delladiocesi di Adria- Rovigo. Alla conclusione del suo ser-vizio connotato da molteimportanti iniziative si riti-rò nell’Opera ProvvidenzaS. Antonio di Sarmeola.Monsignor Martino Gomiero- Vescovo Emerito della dio-cesi di Adria e Rovigo - siè spento a mezzogiorno del20 Novembre 2009. I suoi ultimi anni li ha tra-

scorsi a Sarmeola, nella periferia di Padova all’o-pera della Provvidenza Il Vescovo, dove è mor-to. Proprio qui infatti ha svolto per undici anniil suo apostolato. Il rito funebre, fu celebrato il23 novembre nel Duomo di Rovigo. In osservanza ad una precisa volontà testamentariala salma è stata sepolta nella nuda terra, sen-za alcuna lapide, con una semplice croce in legnopresso il cimitero di Castelnovo di Teolo, suopaese di origine.

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Alessandro Filippi

UUna volta chiac-chierando mi dis-se:” quando toc-

cherà a me non scrivere nul-la” ma è impossibile non far-lo, non si può non ricorda-re una figura così importanteper la storia della Chiesa veli-terna e di quella dellaDiocesi di cui è stato a pie-no titolo un protagonista. DonAngelo come eravamo abi-tuati tutti a chiamarlo era natoin Via S. Pietro a ridosso del-la bella chiesa del Giansimoniil 1° Marzo 1926. Entra nel Seminario mino-re di Velletri quand’eraRettore Mons. Achille Onoratisi forma con sacerdoticome Mons. Ettore Moresie Mons. Giuseppe Marafini.Compiuti gli studi minori pas-sa al Leoniano di Anagni doveviene ordinato sacerdote insie-me a Don Mario Sansoni il25 Marzo 1950 dal cardinaleClemente Micara. Dopo un breve periodo come prefetto in semi-nario Don Angelo viene inviato parroco a S. Pietroin Formis di Campomorto (oggi Campoverde diAprilia). Sul finire degli anni 50 del novecentoquando vi arrivò Don Angelo il piccolo borgo nonera certoquello di oggi. Monsignore raccontava che lacasa parrocchiale non era abitabile ci vollero10 giorni di lavori per andarci a vivere. Nel 1958 arriva la nomina di Arciprete Parrocodi San Michele Arcangelo in Roccamassima doveè stato fino al 1966. Qui ha lasciato una trac-cia profonda della sua presenza sia come pasto-re che come uomo tanto da essere proclama-to cittadino onorario del piccolo comune lepi-no nel 2005. Nel 1966 con la nomina di Mons.Quinto Ciardi ad Arciprete della Cattedrale sirende vacante l’Arcipretura del SS.mo Salvatoredove viene chiamato dal Cardinale Micara. In questo periodo insegna anche in seminario.Il 23 Novembre 1974 l’allora amministratore apo-

stolico di Velletri e Segni Mons.Luigi Punzolo lo insediaCanonico Parroco della cat-tedrale di S. Clemente. Si apreper il 48 enne sacerdote uncammino destinato a durare44 anni. Entrava in unaBasilica Cattedrale in fase direstauri (non erano statiancora completati i lavori direcupero post bellici) magià ricostruito il soffitto a cas-settoni con la tela di AngeloCanevari, il mosaico del cati-no absidale realizzato dal-l’ungherese Hanyal come levetrate della navata centra-le. Anche la cappella dellaMadonna delle Grazie era sta-ta appena restaurata con ilmunifico contributo di AdaPellegrini. Ma il lavoro da fareera ancora lungo. Don Angelo si è rimboccatole maniche della talare e conle proprie forze senza chie-dere aiuti esterni ha promossoil restauro della Cappella diSan Gerardo prima e diquella del SS.mo Sacramentodopo. Nel 1975 ha accolto il primovescovo ordinario. DanteBernini e nel 1980Papa Giovanni PaoloII in visita a Velletri,nel 1982 ha curatoi solenni festeggia-menti per il tricen-

tenario dell’incoronazione della Madonnadelle Grazie. L’anno dopo il sacrilegofurto al Museo Capitolare è stato unodei suoi più grandi dolori trasformatoin gioia però nel 1997 con il ritrova-mento della Croce Veliterna e la suariconsegna alla città nelle mani dell’alloraCardinale titolare Joseph Ratzinger. Nel 1982 accoglie il Vescovo MartinoGomiero e nel 1985 è costretto a pian-gere il furto del tesoro della Madonnadelle Grazie al cavou della banca loca-le. In qualità di Parroco della Cattedraleha accolto il Cardinale Joseph Ratzingerche nel 1993 prese possesso del tito-lo della Diocesi Suburbicaria di Velletri.Il 23 Novembre 1998 obbedendo alVescovo lasciò l’incarico di parroco peraccogliere quello di Vicario Generaledella Diocesi mantenendo la dignitàdi Arciprete del Capitolo ricevuta nel

1994 dalle mani del Vescovo Andrea Maria Erba.Il suo 50° di sacerdozio celebrato nel 2000 inCattedrale insieme a Mons. Mario Sansoni rice-vette la nomina di Protonotario ApostolicoSopranumerario di Sua Santità. Per un breve periodo è stato anche amministratoreparrocchiale di S. Michele Arcangelo. Ormai libe-ro dagli incarichi di curia si è dedicato anchealla cura spirituale dell’Arciconfraternita del Gonfalonedi cui è stato primicerio. Non ha mai fatto man-care la sua presenza e la sua parola alla suacomunità parrocchiale di San Clemente cele-brando per anni al mattino la Messa delle 8.30.Monsignor Lopes era un archivio vivente conlo ha definito il Vescovo Apicella alla Messa ese-quiale presieduta in Cattedrale la mattina del24 Novembre. Un arrivederci è quello che diamo a Don Angelocome ha detto il Vescovo all’inizio del rito per-ché la sua presenza resta in mezzo a noi attra-verso le sue opere di sacerdote e il suo amo-re per la cattedrale. Nei 24 anni in cui vi è sta-to parroco e anche dopo ha promosso nume-rosi interventi di restauro e riqualificazione del-l’aula liturgica, come con ricordare il ripristinodelle decorazioni della navata centrale oppurei nuovi banchi. Di Don Angelo mi piace ricordare a termine diquesta nota la sua ironia e il suo sorriso la suaparola sempre pronta per tutti. Questa sua capa-cità lo ha reso amato e stimato dalla città di Velletritutta possiamo dire che dopo Mons. Ettore Moresiè il parroco della Cattedrale per antonomasia.

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2727Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Giovanni Zicarelli

NNon si può che definirla un impor-tante quanto piacevole even-to la visita di S.E. Rev.ma mons.

Leonardo D’Ascenzo – dal 14 gennaio2018 arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth – nella suaValmontone. È avvenuta in occasione dei festeggia-menti in onore del patrono san Luigi Gonzagail quale, benché ricordato dalla Chiesail 21 giugno, viene celebrato inValmontone, con tanto di processionee fiera, anche in concomitanza con l’ul-tima domenica di settembre. Questo invirtù di una delibera del Consigliocomunale datata 13 dicembre 1826 segui-ta al consenso del cardinale PierfrancesoGaleffi, camerlengo di Santa RomanaChiesa. Ciò agevolò la popolazione chenel mese di giugno era al tempo parti-colarmente dedita ai lavori nei cam-pi.Mons. D’Ascenzo ha quindi presie-duto la Santa Messa che si è cele-brata sabato 28 settembre, dalle ore19, presso la “Collegiata” ovvero lachiesa di. A coadiuvarlo, con altri pre-sbiteri, anche don Marco Fiore, par-roco della “Collegiata”. Nella nava-ta la statua di san Luigi attendevagià pronta per la processione che sisarebbe tenuta dopo la Messa.Nell’omelia, l’arcivescovo ha tocca-to il dolente tema della superficiali-tà, autentica piaga oggi fin troppo dif-fusa nella nostra società. “Della suadiffusione – afferma – non possononon ritenersi particolarmente responsabili i mediain tutte le loro espressioni: dalla carta stampa-ta, alla televisione, ai social network. Una super-ficialità che spinge larga parte della popolazio-ne a ritenersi padrona del Creato anziché sen-tirsene custode, cosa che nel breve lasso di tem-po che ci è destinato in realtà siamo tutti: custo-

di di un mondo da consegnare ai posteri. Restada vedere in quali condizioni.Sentirsi padroni fino a giungere addirittura a volerdecidere della vita di chi è in mare in balia deiflutti o di chiedere una regolamentazione per ilsuicidio assistito. Controsensi che nascono dauna cultura della morte che ormai da troppi anni

si fa strada tra di noi. Cultura della morte anzi-ché della vita, quella che dovrebbe spingerci achiedere alla Comunità internazionale di tenderela mano verso le terre martoriate da cui provengonoi migranti, affinché possano attecchirvi svilup-po e dignità; o ad invocare un modo sempre piùdignitoso di vivere, oggi, con le cure sanitariee la tecnologia del 2019, per i nostri fratelli chesoffrono nella malattia e le loro famiglie. Si pen-si a san Luigi, un ragazzo che si dedicava aimalati, compresi quelli affetti da lebbra, portandoloro conforto e amicizia, con un trasporto taleda mettere in secondo piano la propria vita.Ecco, che la festa del patrono ci faccia sentirecomunità, famiglia, fratelli.”.A fine messa mons. D’Ascenzo ha pregato alcospetto della statua di san Luigi insieme ai fede-li presenti, annunciando poi che dalle 21,30 sisarebbe svolta la solenne processione con lastatua del patrono attraverso le strade del cen-tro storico. A don Leonardo il nostro arriveder-ci a presto.

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2828 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Jacopo Rondinelli

DDal 23 al 31 agosto 2019 un piccolo grup-po della nostra Diocesi insieme ad altrigiovani di varie parti d’Italia, ha vissuto

una settimana di servizio al Cottolengo di Torino.La proposta è nata nell’ambito delle iniziative esti-ve dedicate ai giovani, ma come numeri non ha

riscosso molto suc-cesso. In totale abbia-mo aderito in 7 e cisiamo messi ugual-mente in viaggio. Oggi posso dire che,grazie all’esperien-za al Cottolengo,ho scoperto che l’a-more può esseredavvero senza misu-ra. Anche quandosembra “inutile” sevalutato con le logi-

che del mondo, vale la penadi essere vissuto fino in fon-do. Questa è la sintesi mas-sima della mia esperien-za di servizio nella PiccolaCasa della DivinaProvvidenza, una piccolacittà nella città di Torino, unagrande casa che accoglie

molte persone con vari tipi di malattie e disabi-lità.Con un po’ di timore iniziale, ho sperimentatoche non ero lì tanto per fare qualcosa, per pro-grammare e riempire un tempo. Ero lì per esse-re presenza semplice nel quotidiano degliospiti che vivono e crescono, invecchiano e spen-dono insieme le loro giornate, per lasciarmi acco-gliere da loro anche attraverso i miei limiti.Se vuoi capire il dono grande che abbiamo rice-vuto, il Cottolengo è il posto giusto dove far tap-pa almeno una volta, per contemplare la bellezzadella vita, la dignità e la cura della persona escoprire l’unicità dei propri limiti.

Alberto Talone

LLe comunità par-rocchiali di santa

Croce e santo Stefano,si sono ritrovate dome-nica 13 ottobre nel-la chiesa della Madonnadel Rosario, per la cele-brazione della san-

ta messa, durante la quale Armando Gentili èstato ammesso al diacono permanente edAlberto e Grazia sono stati istituti ministri straor-dinari della comunione. La liturgia presieduta dal nostro vescovoVincenzo, e concelebrata dal parroco don Antonioe da don Cristian. Il collegio dei diaconi e iministranti hanno arricchito la celebrazione euca-ristica. Momenti di intensa commozione, sisono avuti durante l’ammissione quando la

moglie Elvira ha datoil suo assenso e duran-te la preghiera di bene-dizione sui due ministristraordinari. Presente alla celebrazionele suore apostoline e la con-fraternita della Madonnadelle Grazie con il prioreAntonio di cui i ministrifanno parte. Ringraziamoil Signore per questi doniche ci ha dato, e preghiamoaffinché questi nostri fra-telli e sorelle, possanosvolgere questo servizioè questo ministero incarità e umiltà.

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2929Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Adelaide Tosto*

“Che tempo” è il titolo del percorso formativoper gruppi adulti di Azione Cattolica. E’ il tem-po l’elemento di riflessione che guiderà il cam-mino 2019-2020 del settore.“Se non me lo chiedi so cos’è. Ma, se me lo chie-di non lo so più”, così scriveva riguardo al tem-po Sant’Agostino d’Ippona, vescovo vissuto trail IV e il V secolo d.C. ed uno dei più importantidottori della Chiesa.Quindi cos’è il tempo? Questa è una delle tipi-che domande alle quali pensiamo di poter rispon-dere facilmente, ma quando ci poniamo davan-ti alla domanda stessa non siamo in grado didarne una giusta definizione. Qualsiasi dizionario della lingua italiana defini-sce il tempo come “la durata delle cose, misu-rata a periodi, specialmente secondo il corso appa-rente del sole”. Eppure i detti popolari sul tem-po sono molteplici. Solo per citarne qualcuno: chi ha tempo non aspet-ti tempo, il tempo vola, non ho tempo. E’ per que-sto che proprio agli adulti è richiesto di esseredei protagonisti attivi del proprio tempo, di saper-lo abitare, di saper intravedere il tempo favo-revole per annunciare il Vangelo. Attraverso il Vangelo di Matteo (25,31-46) gli adul-

ti saranno guidati a guardare il tempo in un’al-tra prospettiva. Il discorso di Gesù rimane dif-ficile da capire in quanto la nostra cultura è segna-ta dalla paura del limite, della morte e della fine.Gesù ci fa guardare avanti, non ci dice cosa acca-drà nel futuro (la fine), ma ci invita a vivere ilpresente realizzando già da oggi una vita buo-na, bella e beata orientata verso il Signore (ilfine). Papa Francesco nell’Evangelii gaudium scri-ve “il tempo è superiore allo spazio”, ossia, “darepriorità al tempo significa occuparsi di iniziareprocessi più che di possedere spazi. Il tempoordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anel-li di una catena in costante crescita, senza retro-marce. Si tratta di privilegiare le azioni che gene-rano nuovi dinamismi nella società e coinvolgonoaltre persone e gruppi che le porteranno avan-ti, finché fruttifichino in importanti avvenimentistorici. Senza ansietà, però con convinzioni chia-re e tenaci”. Questo cammino vuole aiutare l’adulto a recu-perare la capacità di custodire il tempo che ciè stato donato, chiedendo all’adulto stesso diaffinare sempre più la cura per la vita spiritua-le ed avendo la capacità di saper leggere la pro-pria vita attraverso la Parola. Saper abitare il proprio tempo partendo dal dia-logo e dal confronto nei nostri gruppi per arri-vare al confronto con gli altri. E’ un servizio urgen-

te. L’Azione Cattolica è da sempre impegnatanel dialogo tra generazioni. Nell’Esortazione Apostolica “Christus vivit”(punto 243) si legge: “La comunità svolge un ruo-lo molto importante nell’accompagnamento deigiovani, ed è la comunità intera che deve sen-tirsi responsabile di accoglierli, motivarli, inco-raggiarli e stimolarli. Ciò implica che i giovanisiano guardati con comprensione, stima e affet-to, e che non li si giudichi continuamente o siesiga da loro una perfezione che non corrispondealla loro età”. Ciò vuol dire saper condividere ilproprio tempo riscoprendo la bellezza di sapercamminare accanto all’altro per ritornare a spe-rimentare “la capacità di farci compagni di viag-gio, riscoprendo il valore della fraternità” perché“ognuno possa sentirsi a casa, accolto, ascol-tato, accompagnato”, sottolinea così un passoa pagina 6 della guida adulti 2019-2020 dal tito-lo “Che Tempo”. Ciò riporta alla memoria quanto la protagonistadel romanzo Alice attraverso lo specchio di LewisCarroll (1871) dice rivolgendosi al tempo:“pensavo che il tempo fosse un ladro e che rubas-se tutto quello che amo. Però ora so che voi dona-te prima di prendere. E ogni giorno è un rega-lo, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo”.

*Responsabile Settore adulti Azione Cattolica Diocesi Velletri-Segni

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3030 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Davide Angelucci

IIl Museo della Cattedrale di Anagni (foto deltitolo) è uno dei principali musei del bassoLazio, visitato ogni anno da circa 25000 tra

turisti, studiosi, appassionati e viaggiatori pro-venienti da ogni parte del mondo. Quasi tutti sonoattratti principalmente dalle straordinarie pittu-re della Cripta di San Magno, la cosiddetta “CappellaSistina del Medioevo”(foto a destra) salvo poiscoprire, una volta attraversato le sale esposi-tive e gli ambienti coinvolti nel percorso, che c’èmolto di più. Tanti visitatori, ad esempio, resta-no particolarmente colpiti dagli oggetti conser-vati nel nostro Museo che sono legati alla figu-ra di san Thomas Becket, celeberrimo arcive-scovo e martire inglese ucciso da quattro cava-lieri inviati da re Enrico II la sera del 29 dicem-bre 1170, durante la celebrazione dei vespri. Persinoi visitatori dall’Inghilterra rimangono stupiti daquesta presenza e hanno difficoltà a compren-dere il motivo dell’importanza che Thomas Becketha avuto per la Cattedrale di Anagni; anche glianagnini spesso ignorano la sua figura e nonsanno spiegare la sua presenza.Papa Alessandro III, colpito dall’empio gesto com-piuto dai cavalieri di re Enrico, che varcò benpresto i confini inglesi e risuonò in tutta Europa,ne promosse un rapido processo di canonizzazione

che si concluse il 21febbraio 1173, pocopiù di due anni dopoil cruento martirio.La cerimonia di cano-nizzazione si svolsenella chiesa di SantaLucia a Segni.All’intercessione delnuovo martire si attri-buirono molti miracolie la sua tomba diven-tò meta di numerosipellegrinaggi. A par-tire dall’ultimo quar-to del XII secolo, in unafase storica nellaquale i pontefici era-no spesso in contra-sto aperto con l’imperoe con gli altri red’Europa, ThomasBecket, morto perdifendere le prerogativeecclesiastiche, rap-presentava un veromartire, il cui culto eranecessario diffonde-re e la cui vita eraimportante far cono-

scere. Thomas divennesimbolo della resistenza cat-tolica all’assolutismo poli-tico, ma in Inghilterra, non-ostante la grande diffusio-ne del culto avvenutasoprattutto a seguito del-la penitenza pubblica di EnricoII, oggi non si conservanomolte testimonianze figu-rative perché al tempo dire Enrico VIII Tudor (1509-1547) non solo fu distrut-ta la sua tomba (1538), mafu persino aperto un pro-cesso postumo che con-dannò il santo come traditore,fu ordinata anche unaesplicita proibizione dellasua immagine e la can-cellazione del suo nome dailibri liturgici.Ad Anagni, dunque a pochichilometri di distanza daSegni, si diffuse rapidamenteil culto di san Thomas, pro-mosso direttamente dapapa Alessandro III e, al con-trario di quanto avvenuto

in Inghilterra, si mantenne forte nei secoli. Peraltrol’anno successivo la sua canonizzazione, il papaera ad Anagni e proprio nella cattedrale, oltread elevare agli onori degli altari san Bernardodi Chiaravalle, accolse Riccardo di Dover, il suc-cessore di Thomas Becket come arcivescovodi Canterbury. Questi ottenne la conferma del-la sua elezione dalle mani del papa il 2 aprile1174, successivamente fece ritorno in Inghilterracon un potere decisamente rafforzato vista lagravità della tragica fine del suo predecessoree la sua rapida canonizzazione. Da quelmomento il culto del santo inglese si diffuse velo-cemente e in modo capillare, e non solo nel BassoLazio se pensiamo che tra le più antiche rap-presentazioni a noi note di san Thomas Becketc’è quella dell’abside del duomo di Monreale,in Sicilia, dove risplendono i mosaici commis-sionati da Guglielmo II degli Altavilla che spo-sò la figlia di re Enrico II, Giovanna deiPlantageneti.

continua nel prossimo numero

Per una bibliografia di riferimento:L. Mortari, Il tesoro della cattedrale di Anagni, Roma, DeLuca editore, 1963; D. Angelucci, C. Coladarci, Il Museodella Cattedrale di Anagni. La guida storico-artistica, Roma,Edizioni Efesto, 2018.Referenze fotografiche: Tutte le fotografie sono state pub-blicate su concessione del Capitolo della Cattedrale di Anagnie sono di graframan.com.

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3131Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Claudia Zaccagnini

NNel cinquecentenario della mor-te di Leonardo da Vinci(Amboise, 2 maggio 1519), il

mondo omaggia il grande italiano conun fiorire di iniziative artistiche e scien-tifiche che, secondo varie angolazioniculturali, tendono a mettere in eviden-za la genialità del maestro toscano.Scienziato, pittore, architetto, ingegne-re, inventore e molto altro, Leonardo halasciato una immensa eredità cultura-le, nata dalla sua grande attenzione estudio dei fenomeni naturali. Da uomo del Rinascimento, è stato unoscienziato dai molti primati. A lui si deb-bono, infatti, numerose osservazioni bota-niche che troveranno piena conferma neisecoli successivi, a lui l’invenzione e ilperfezionamento di diverse macchine,a lui la scoperta di alcuni funzionamentidel corpo umano, a lui un nuovo mododi fare pittura, sperimentando materia-li e tecniche artistiche.Anche il Museo diocesano di Velletri siinserisce nelle manifestazioni naziona-li dedicate a Leonardo da Vinci, apren-do le sue porte a un evento artistico patro-cinato dal Comune della città. Dal 15novembre al 15 dicembre 2019, il museoospiterà la mostra di arte contempora-nea “Leonardo, spirito infinito”, a curadi Claudia Zaccagnini. Dodici artisti sono chiamati a interpretare e cat-turare nelle loro opere lo “spirito” creativo delgrande maestro: Sonia Babini, Stefania Beltrami,Brivido Pop, Fabrizio Dell’Arno, Emiliano Manari,Mauro Molinari, Maurizio Orsolini, IsabellaPagnanelli, Beatrice Palazzetti, Lucio Rossi, RosamariaSbiroli, Paolo Viterbini. Pitture, sculture e tecniche miste evocherannoil mondo leonardiano, filtrato dalla sensibilità diogni singolo artista, che proporrà una personalelettura, in chiave contemporanea, sia stilistica

che emotiva, dell’infinito lascito dell’eminente tosca-no. Alcune idee creative, alcune sensazioni, alcu-ne forme vengono sublimate e rilasciate in pro-poste nelle quali il colore, il volume, la linea attua-lizzano le illimitate ricerche dell’insuperatogenio.Durante l’esposizione saranno tenu-ti dei laboratori d’arte per gli studentidella scuola primaria e secondaria diprimo grado nei quali verrà presen-tata la multiforme personalità diLeonardo ed in particolare il suo lato

artistico. I ragazzi potranno scoprire comesi operava in una bottega arti-stica del Rinascimento ecome, al tempo presente, lavo-rano gli artisti contemporanei.Il percorso conoscitivo dellaproduzione pittorica di Leonardosi incentrerà sullo studio di unodei suoi massimi capolavori,che i ragazzi riprodurranno einterpreteranno secondo unavisione più moderna.L’evento prevede inoltre un ciclodi conferenze scientifichesulla ritrattistica femminile diLeonardo, tenute dalle stori-che dell’arte Laura Panetti eClaudia Zaccagnini che, ognisabato pomeriggio, intratter-ranno il pubblico con le ulti-me novità nel campo degli stu-di leonardiani.Verranno presi in esame alcu-ni noti lavori pittorici e di gra-fica quali i ritratti di Ginevrade’ Benci, della Dama del-l’ermellino, de la Bella prin-cipessa, della Scapiliata e del-la Gioconda. Essi permette-ranno di conoscere non soloil Leonardo pittore e massi-mo disegnatore, ma offri-ranno uno spaccato storico cul-turale dei suoi tempi.

Lo “spirito infinito” di Leonardo da Vinci ha attra-versato il tempo e, dopo molti secoli, è ancorain grado di sorprendere e strabiliare per la suapotente genialità.

Nella foto asinistra:

Senza titolo,EmilianoManari, 2018,

tessuto sutavola;

nella foto adestra:

Chettestrilli,Brivido Pop,

2019, tecnica mista

su tela

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3232 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Stanislao Fioramonti

VVilla Romana è una frazione di circa 80abitanti sul versante orientale della Pianadel Cavaliere tra Carsoli e Pereto, in

diocesi dei Marsi; si distende sulla sommità delcolle Merulo a 826 m, alle pendici del m. Fontecellese(m. 1623) nella catena dei Carseolani. E’ col-legata dalla strada provinciale 107 con Carsoli(3 km) e con l’altra vicina frazione diMontesabinese.La sua origine è legata al fundus nell‘ager del-la colonia romana di Carsioli. Lo sviluppo delfundus ha portato alla villa e, dopo la riconquistadelle strutture agrarie, alla costituzione del bor-go. Stesso processo per il vicino nucleo diMontesabinese, nel Medioevo Villa diMontesabinese. Altri borghi della piana del Cavalierefurono invece edificati per incastellamento.Sulla fondazione dei due borghi restano alcu-ne leggende; la più suggestiva la farebbe risa-lire al ratto delle Sabine, dopo la pacificazionedei contendenti. Un’altra leggenda la lega a papa Leone IX che,dopo le lotte del 1054 tra Chiesa e Normanni,avrebbe esiliato nella diocesi marsicana cinquecardinali colpevoli delle dicerie alla base dellelotte contro i suoi possibili alleati. I cardinali scel-sero il colle Merulo al confine tra Abruzzo e Lazioe gli avrebbero dato il nome (Villa dei Cardinali)da cui sarebbe derivato Villa dei Romani e VillaRomana. L’ipotesi etimologica più verosimile ripor-ta però a documenti parrocchiali del XVII seco-lo in cui appare il toponimo Monte Romano, poiVilla di Monte Romano e Villa Romana. MuzioFebonio nella sua Historiae Marsorum chiamai due borghi limitrofi “Villa Romana” e “Villa Sabinensis”.Nel tardo Medioevo il paese ha seguito la baro-nia di Carsoli e del ducato di Tagliacozzo al cen-tro, come gran parte della Marsica, delle lotte

tra Orsini e Colonna. Diplomi dei sovrani di Napoli di fine ‘400 rico-noscono a Fabrizio I Colonna le contee di Tagliacozzoe di Albe e le baronie della Valle Roveto e diCarsoli. Nel 1703 il paese subì danni dal ter-remoto dell’Aquila. Dopo la fine della feudalitàVilla Romana entrò (1811) nel circondario di Carsoli,distretto di Avezzano. Il borgo non ha subito gra-vi danni dal sisma che il 13 gennaio del 1915

devastò la Marsica.Il sentiero da Carsolia Villa Romana èlungo 2,3 km metrie del tutto intuitivo.Si parte da PiazzaColonna (m. 616),al centro della par-te bassa del pae-se, in riva al fiumeTurano.Si sale spalle al fiu-me per una stradi-na selciata chegiunge subito a unprimo bivio; qui(giardini pubblici) siprende a sinistra,presso la pineta, unatintoria e un moli-no e si compiesubito un tornanteverso destra, entran-do nel bosco. Il sentiero (segna-

to a tratti con i segni giallorossi CAI n.1) con-tinua in discreta salita sul fondo di quello ched’inverno è un ruscello, in località Lupinaro (m.800) diventa una mulattiera e dopo circa 45 minu-ti esce sulla strada asfaltata presso il piccolocimitero di Villa Romana (m. 809), accanto allacappella di San Rocco (in documenti del ‘700era dedicata alla Madonna del Popolo; conservaun’acquasantiera del ‘500).Proseguendo si supera il monumento ai Caduti(21 nelle due guerre, tanti per una frazioncinacosì!) e si attraversa tutta la frazione sempresulla strada principale (via Romana), a saliscendi;al centro dell’abitato è la chiesa di San Nicola

(XVI secolo), a navata unica con edicolee altari barocchi dedicati all’ImmacolataConcezione, alla Madonna del Rosario,alla Presentazione di Gesù nel tempioe a S. Martino. Il campanile a base qua-drata affianca l’edificio. Accanto è la “casa baronale” con por-tale in pietra. La festa patronale si svol-ge con riti religiosi e popolari il 14-17 ago-sto, periodo in cui a Villa Romana tor-nano numerosi “villeggianti”. Anche deviando per Piazza del Popoloe Via della Piazza, circa 15 minuti dopoil cimitero si arriva alla fine del “corso”,al bivio della provinciale per Montesabinese;qui un cartello indica la chiesa di San Martino(m. 1049) e il m. Fontecellese (m. 1625),e si lascia l’asfalto. All’incrocio, caratterizzato da un croci-fisso, da una cappella rurale dellaMadonna e da una “cona” della SS. Trinitàeretta dalla Compagnia di Villa Romana,si segue a destra una carrareccia chearriva a Pereto, si percorre per circa 500metri e poi, a sinistra, si sale subito percirca 40 minuti su un sentiero ripido, sas-

Nella foto del titolo: L’eremo di S. Martino,

la parte absidale;

nella foto sotto: Villa Romana,

frazione di Carsoli (Aq)

continua nella pag. accanto

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3333Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

soso e faticoso; dopo un trat-to con minore pendenza siritrova la carrareccia in cor-rispondenza del grossofontanile di San Martino (m.984). Da qui all’eremo di SanMartino (m. 1049), in bel-la posizione panoramica sul-la Piana del Cavaliere e i monti che la circon-dano, occorrono dieci minuti da percorrere sul-la carrareccia principale; poco prima devia a destrae sale ripido tra i faggi il sentiero per il cippo diSandro Iacuitti (1550 m, 1.00 h) e la vetta delmonte Fontecellese (1623 m, 1.30 h), ricco dipiante come l’anemone giallo, la colombina cavae l’erba trinità. La chiesa di San Martino, risalente al XVI sec.,sorge a circa 2 km da Villa Romana in posizione

molto panoramica su un’altura della propaggi-ne occidentale del Fontecellese. E’ citata perla prima volta in un documento ecclesiastico del1085, poi nel ‘200 e nel 1324. All’interno della chiesa rupestre, della cuistruttura originaria restano parti, sono pitture mura-li di Desiderio da Subiaco, pittore del XVI seco-lo: Madonna e Santi, Madonna e Angeli, un Angelo. Il giorno dell’Ascensione di Gesù si celebra lafesta di S. Martino e una processione va da VillaRomana all’eremo.

Quando l’abbiamo raggiunta noi (sabato 25 mar-zo 2017) la chiesetta era chiusa, ma attraver-so i fori del portone d’ingresso si sono potutiintravedere la statuetta del santo sull’altare egli affreschi sulla parete destra. Era stata restaurata una prima volta negli anni’80 del secolo scorso, poi dopo il terremoto dell’Aquiladel 2009. Probabilmente in questa occasionel’ambiente accanto alla chiesa, che serviva dadimora dell’eremita, è stato trasformato in rifu-gio sempre aperto; sulla porta ho trovato que-sto “simpatico” avviso:

Ai Signori visitatori.

Questo locale, per secoli abitato da eremiti, viene ora messo a disposizione di

tutti coloro che intendono trascorrervimomenti di distensione e di svago.Invitiamo i graditi ospiti ad attenersi a norme di comportamento tali da

assicurare una migliorefruizione del luogo anche

ai futuri utilizzatori.

In particolare raccomandiamo:

* di non abbandonarealcun rifiuto od avanzo

di bivacco tanto nel rifugio quanto nei luoghi

circostanti.* di non accendere fuochi

nell’area recintata circostante la chiesa

(il camino del rifugio èfunzionante).

* di non gettare alcunoggetto nel pozzo.

* di curare, al momento della partenza, lachiusura della porta

del rifugio e del cancello esterno, onde evitare successivi danni

ad opera del vento.

Seguendo il Sentiero di San Martino si ammi-rano scorci della piana del Cavaliere, dei mon-ti Lucretili, la propaggine meridionale dei mon-ti Sabini, la catena dei Carseolani con la vet-ta del Cervia, il m. Filone e le pareti rocciosedel Navegna. Dai punti più alti si vedono il Terminillo, il Velinoe parte dei monti della Duchessa. Dalla chie-setta queste vedute diventano a 360 gradi.Dopo una sosta rigenerante dall’eremo si puòiniziare la discesa ripercorrendo in senso inver-so il sentiero n° 1 fino al fontanile di San Martino,al sentiero ripido e sassoso e all’abitato di VillaRomana (edicola della Madonna accanto aun Crocefisso), al monumento ai Caduti, alCimitero e giù giù fino a Carsoli. Per l’interadiscesa, a passo calmo, occorrono meno didue ore.

Foto di Patrizia Magistri

Nella foto sopra:

il bivio per la montagna -

il crocifisso, una cappella

rurale della Madonna e

una “cona” della SS. Trinità

eretta dalla Compagnia di

Villa Romana;

nella foto a destra:

L’eremo di S. Martino

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3434 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Mara Della Vecchia

LLa distruzione della cattedrale di Parigi,avvenuta in seguito ad un incendio il 26aprile scorso, ha destato una profonda

impressione in quanto Notre Dame rappresentaun simbolo per la cultura europea e soprattut-to della cristianità, ma è importante anche perla storia della musica occidentale infatti in que-sto luogo è nata e si sviluppata la musica poli-

fonica che si è da lì diffusa in tutta Europa.La cattedrale sorse sulle rovine della pre-cedente dedicata a Santo Stefano, l’e-dificazione iniziò nel 1163 durante il pon-tificato di papa Alessandro III e fu ulti-mata nel 1182 almeno nella parte prin-cipale, ma la struttura definitiva venneraggiunta solo verso la metà del 1300.La cattedrale in stile gotico caratterizzatada guglie di altezza vertiginosa, che siinnalzano su una poderosa costruzionedi ispirazione romanica. Notre Dame divenne presto un centroimportante di culto e di cultura, ha ospi-tato eventi storici memorabili quali le noz-ze di Maria Stuarda con Francesco diValois, le famose “nozze di sangue “ traEnrico III di Navarra e Margherita di Valois,il processo di riabilitazione di Giovannad’Arco, l’incoronazione a imperatore diNapoleone Bonaparte, inoltre custodiscela reliquia della corona di Spine di Gesù. Tra il XII E IL XIV secolo, la cattedraledivenne un centro di ricerca e speri-mentazione musicale la cosiddetta Scuoladi Notre Dame, nell’ambito della qualenacque e sviluppò la polifonia, ovvero

la combinazione di più linee melodiche simul-tanee. Dapprima, la pratica polifonica consi-steva nel rivestire un antico canto gregorianomonodico con altre melodie sovrapposte, in mododa creare un effetto suggestivo e grandioso peraccompagnare particolari celebrazioni. La pratica di cantare contemporaneamente lastessa melodia gregoriana, ma con due altez-ze diverse allo scopo di ottenere una sorta diamplificazione, era già testimoniata prima del-

l’anno mille (Musica Enchiriadis trattato del IXsecolo), ma solo con la scuola di Notre Dametale pratica diviene sistematica e assume i carat-teri di un nuovo stile espressivo. Nasce il contrappunto cioè la tecnica compo-sitive che consiste nella sovrapposizione di piùlinee melodiche facendo corrispondere ledurate dei suoni delle diverse melodie, il risul-tato risulta molto complesso. Lo stile polifonico è fondamentale per la storiadella musica occidentale, tanto che la sua cono-scenza è alla base, ancora oggi, della forma-zione di ogni compositore. I principali esponenti della Scuola di Notre Damefurono i maestri Leoninus e Perotinus, essi com-binarono elementi melodici preesistenti con ele-menti di nuova invenzione, unendo così tradi-zione e innovazione; le antiche melodie gregorianevenivano utilizzate nel registro grave come soste-gno sonoro alle melodie più ornate ed elabo-rate delle voci superiori, quasi come un’inter-pretazione sonora dello stile architettonico goti-co, nel quale, come nella stessa Notre Dame,un’imponente base sostiene le ardite altezzedelle guglie riccamente decorate. Leoninus e Perotinus furono i primi veri com-positori nel significato attuale della parola, infat-ti fino ad allora era impossibile individuare auto-ri musicali, non c’erano persone che si dedicasseroalla composizione musicale in modo sistema-tico. I maestri di Notre Dame furono i primi astabilire delle regole di scrittura musicale siatecniche che estetiche. Dalla scuola di Parigi il linguaggio musicale affer-merà la propria autonomia rispetto al linguag-gio verbale, novità che informerà tutta la sto-ria della musica da allora in avanti.

Giornata Nazionale Offerte

Perché NON Contribuire ?

Giornata di Sensibilizzazione

sulle Offerte per il

Sostentamento del Clero

DDomenica 24 Novembre torna laGiornata di Sensibilizzazione sul-le Offerte per il Sostentamento del

Clero. Le offerte raccolte durante le cele-brazioni di questo giorno saranno devo-lute per il sostentamento del clero, dellanostra chiesa locale, ma anche per la chie-sa del paesino con pochi abitanti che dasoli non riuscirebbero a sostenere il pro-prio sacerdote.CONDIVIDERE – questa è la parola checi deve guidare, l’Offerta che tutti siamotenuti a fare è appunto un atto di corre-sponsabilità dei laici, realizzando nel quo-tidiano il mistero della CHIESA = COMU-NIONE, cioè Condivisione.L’offerta non deve necessariamente

essere consistente.L’offerta può essere anche di POCHIEURO, versati sul Bollettino Postale che pote-te trovare in tutte le chiese e qui riportato.Importate da sottolineare è il fatto che perqueste donazioni, viene riconosciuta la pos-sibilità di essere deducibili dal reddito impo-nibile nella dichiarazione dei redditi, purchésia effettuata a nome di persona fisica.Oltre alla giornata del 24 Novembre pres-so tutte le chiese d’Italia, l’offerta può esse-re fatta tutti i giorni dell’anno con questo BollettinoPostale.Per maggiori informazioni, vi potete comun-que rivolgere all’Istituto DiocesanoSostentamento Clero di questa Diocesi, altel. – fax 06 – 964 04 65 oppure alla @mail [email protected].

Nel 2018 sono state fatte

110 OFFERTE in tutta la Diocesi di

Velletri – Segni

per un totale di € 16.602,00.

Tante donazioni, anche se piccole, sono comegocce d’acqua che insieme formano il mare.Diamo il nostro contributo.

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3535Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Bollettino diocesano:

Prot. n° VSC A 40/ 2019

Vista la richiesta formulata da DON ANDREA PACCHIAROTTI nella qualità di legale rappresentante dell‘ente PARROCCHIA SAN GIOVANNIBATTISTA in Velletri, avente ad oggetto il rispetto di quanto previsto nel Regolamento applicativo delle Disposizioni concernenti la concessio-ne di contributi finanziari della Conferenza Episcopale Italiana per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto (art. 6, §9);

Visto il Parere favorevole del C.P.A.E. in data 19/09/2019;

Visto il Parere favorevole del Collegio dei Consultori in data 27/09/2019;

Vista la proposta di contributo della C.E.I., comunicata con lettera dell’Ecc.mo Segretario Generale del 27/07/2019 – pratica 2018/01219/06, relativa ai lavori sul seguente edificio esistente:

– chiesa SAN GIOVANNI BATTISTA ubicata in Largo Lando Conti 2-4, Velletri (Roma) identificata catastalmente al foglio 65, part.lla 2061, sub. 501 e 502 come da visure catastali allegate;

con il presente DECRETO

Accetta la proposta di contributo della C.E.I. e si impegna a non modificare per i prossimi venti anni, a partire dalla data odierna, la destinazione d’uso degli edifici sopra citati.

Velletri, 27.09.2019 + Mons. Vincenzo Apicella,Vescovo della Diocesi di Velletri-Segni

—————————————————Prot. n° VSC A 41/ 2019

Al Rev. Mons. Felice Sergio AUMENTAdel clero diocesano di Asti,Salute nel Signore.

Vista la Convenzione tra la diocesi di Asti e quella di Velletri-Segni, sottoscritta dai rispettivi vescovi il 30.09.19, in base alla quale ti si concedela facoltà di dedicarti all’insegnamento e di esercitare il ministero sacerdotale in altra diocesi, secondo la normativa del can. 271 §2 del CJC ele previsioni di cui ai nn. 26-31 dell’Istruzione Postquam Apostoli ,

ringraziandoti per la tua disponibilità e sicuro del tuo zelo e della tua competenza, maturata in lunghi anni di encomiabile e preziososervizio alla Sede Apostolica, col presente

DECRETONOMINO TE,

Mons. Felice Sergio AUMENTA

VICARIO EPISCOPALE PER LA VITA CONSACRATAdella diocesi di Velletri-Segni.

Questo Decreto decorre dal 1° ottobre 2019 ed ha la durata dei tre anni previsti dalla Convenzione.Compatibilmente con i tuoi principali impegni, potranno essere concordate ulteriori collaborazioni nel campo giuridico o in quello direttamentepastorale della cura d’anime.Ti accompagni nel tuo nuovo servizio, di cui la diocesi di Velletri-Segni ha estremo bisogno, l’intercessione dei Santi Patroni Clemente e Brunod’Asti e la benedizione del Signore Risorto.

Velletri, 01.10.2019 + Mons. Vincenzo Apicella,Vescovo della Diocesi di Velletri-Segni

Mons. Angelo Mancini,Cancelliere Vescovile

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3636 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Bollettino diocesano:

Prot. n° VSC A 44/ 2019

DELIMITAZIONE TERRITORIALE DELLE PARROCCHIE NEL COMUNE DI VELLETRI

Considerato che nel corso degli anni si sono verificati notevoli cambiamenti nel territorio veliterno per nuovi insediamenti residenziali eper una diversa distribuzione della popolazione, che hanno determinato un aumento del numero delle parrocchie e nuove necessità pastorali,per consentire un più adeguato e razionale svolgimento di tutto quanto riguarda la cura d’anime, con una maggiore certezza dei confini ed unmigliore equilibrio numerico, avendo ascoltato il parere dei parroci interessati,

in virtù della potestà ordinaria, propria ed immediata conferitami a norma del can.381 del CJC e quella specifica stabilita dal can.515§2, col presente

DECRETO

vengono stabiliti i nuovi confini delle parrocchie nel Comune di Velletri, secondo quanto indicato e descritto nel prospetto chesi allega e ne costituisce parte integrante.

Si conferma, altresì, che le parrocchie di Santa Maria in Trivio, San Salvatore, Santa Lucia, San Michele Arcangelo e Madonna del Rosariosono costituite in Unità Pastorale ed affidate ad un unico parroco.

Si ringrazia in modo particolare il Sig. Antonio Parmeggiani che ha provveduto con solerzia e competenza alla completa stesura grafi-ca ed ai computi numerici delle decisioni adottate.

Con l’auspicio che questo provvedimento possa contribuire ad una maggiore efficacia dell’azione pastorale, nell’attuazione dell’impre-scindibile coordinamento reciproco, in un sempre più sentito spirito di corresponsabilità e comunione presbiteriale e laicale, affido ogni comuni-tà parrocchiale e l’intero popolo veliterno alla materna intercessione di Santa Maria delle Grazie, Patrona di Velletri.

Velletri, 18.10.2019 + Mons. Vincenzo Apicella,Vescovo di Velletri-Segni

Mons. Angelo Mancini,Cancelliere Vescovile

N. 1 Parrocchia S. Clemente I, P. M.

Popolazione Femmine: 8.122 ( 51,8 %); maschi: 7547 ( 48,2 %) TOTALE 15.669 di cui: centro storico: 1.854; centro urbano: 4.895; extra urbano: 8.920Famiglie N° 6.596; 2,38 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 14.287 ( 91,2 %); Straniera: 1.382 ( 8,8 %); Superficie 19,00 Kmq nel territorio extra urbano; densità abitativa 469 abitanti per Kmq.

Intero perimetro confini 21,7 Km.

Descrizione confini: rimangono invariati nel centro storico.

Zona extraurbana ad ovest: Il confine nord è costituito dalla Via Rioli (fronte sud, numeri civici dispari), iniziando dal punto in cui questa inter-seca Via Cinelli (esclusa), e prosegue verso est lungo questa strada, per poco meno di 3 Km., e continua poi su Via delle Fosse, arrivando allaVia di Ponente e da qui gira verso sud, entrando nel centro urbano.

Zona extraurbana ad est: il confine uscendo dal centro urbano, da Ponte della Regina, continua lungo la Via di Piazza di Mario (numeri civici

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3737Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

pari), per circa 3,5 Km. e, dopo l’incrocio con Via Lupacchiotti (esclusa), prosegue lungo il fosso che si origina tra le Vie Castel Ginnetti (esclu-sa) e Ponte Lauro (primo tratto escluso) poste ad est, e Via Colle d’Oro ad ovest: il confine prosegue, dopo l’incrocio con Via delle Grotte dell’Oro(confine anche con la Parrocchia S. Maria del Carmine), lungo un secondo tratto di Via Ponte Lauro per proseguire ancora, dopo l’incrocio conla Via Vecchia di Napoli, con Via dei Formaletti fino al immissione su Via Ara di Stanga, proseguendo, per circa 1,1 Km. verso nord, lungo que-st’ultima via, fino all’incrocio con Via del Campo Grande: da qui il confine prosegue verso est, per circa 1,5 Km., su Via del Campo Grande, ViaColle Perino vecchio, Via Colle Perino, giungendo a Via Appia Sud e prosegue verso sud lungo questa per circa 1,5 Km. Dopo 150 metri dall’incrocio di Via Appia Sud con Via di Colle Formica (esclusa), il confine gira a destra lungo una linea, all’altezza dell’estremosud di Via Ulica (inclusa) per immettersi poi su Via delle Vascucce, continuando verso sud fino all’incrocio di questa con la Via Appia Antica risa-lendo ancora ungo questa per 4 Km. Poco prima del confine comunale di Genzano, il confine della parrocchia continua circa 150 mt. dopo Via Colle Ottone Basso e prosegue lungouna linea immaginaria verso il nord che si determina tra la Via Cinelli ad ovest (esclusa) e Via Colle Ottone Basso (ad est, inclusa) fino a ricon-giungersi al confine nord con la Via Rioli.

N. 2 Parrocchia S. Maria in Trivio

Popolazione Femmine: 4.245 ( 51,8 %); maschi: 3.952 ( 48,2 %) TOTALE 8.197di cui: centro storico: 1.483; centro urbano: 3.292; extra urbano: 3.422;Famiglie N° 3.525 ; 2,3 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 7.019 ( 85,6 %); Straniera: 1.177 ( 14,4 %)Superficie 12,10 Kmq intera parrocchia; densità territoriale 283 abitanti per Kmq.

Intero perimetro confini 24,4 Km.

Descrizione confini: confini invariati nel centro storico.

Zona extra urbana nord-est: Iniziando dal punto in cui la Via dei Laghi incontra la Via dei Corsi, il confine prosegue verso est lungo quest’ulti-ma strada, coincidente con il confine comunale con Rocca di Papa, per circa 2,5 Km.; segue ancora il confine comunale, includendo la StradaProvinciale del Vivaro e l’adiacente area, pressoché disabitata alle pendici nord del Monte Artemisio e, da qui, oltrepassato il Monte, il confineparrocchiale va a ricongiungersi alla Via dei Laghi (inclusa), sulle pendici sud, e discende lungo una linea immaginaria che include Via del Curvone,Via del Tiro a Segno e continua tra i due rami di Via Colle Giorgi (includendo quello inferiore, fino ad attraversare Via di Colle Giorgi, all’incrociodi questa con Via Angeloni, per proseguire quasi orizzontalmente fino ad incontrare il fosso che discende dal Monte Artemisio, prima di Via delPonte Bianco (esclusa) e dopo aver attraversato la Via Lata (numeri civici 1-233, 2-18) prosegue lungo Via dei Volsci lato est (numeri civici pari,2-58) e corre lungo questo fino all’altezza dopo l’Ospedale Civile (incluso) e da qui risale verso il centro urbano.

Zona extra urbana sud-ovest: Iniziando dal punto in cui la Via dei Laghi incontra il confine con il Comune di Rocca di Papa, il confine dellaparrocchia prosegue verso sud lungo la Via dei Laghi (primo tratto disabitato), e, giunto all’altezza in cui Via Fontana Fiume incontra Via ColleCaldara, prosegue poi lungo il versante est di quest’ultima (numeri civici pari), fino a giungere all’incrocio di questa con la S.S. Appia, un po’ pri-ma di Via di Ponte Veloce e da qui prosegue verso sud lungo la Via Appia Vecchia (numeri civici pari), fino all’intersezione con la Via di Rioli e,avanzando verso est lungo questa strada, dopo aver sfiorato Via S. Anatolia, seguita su Via di Fontana delle Fosse arrivando a Via di Ponentee da qui gira verso nord nel centro urbano.

N. 3 Parrocchia SS.mo Salvatore

Popolazione Femmine 669 (51,3 %); maschi 634 (48,1 %) TOTALE 1.303Famiglie N° 635; 2,05 componenti per famigliaNazionalità Italiana 983 ( 75,4%); Straniera 320 ( 24,6 %)Superficie Parrocchia urbana

Descrizione confini: rimangono invariati nel centro storico.

Bollettino diocesano:

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N. 4 Parrocchia S. Michele Arcangelo

Popolazione Femmine 718 ( 51,4 %); maschi 678 ( 48,6 %) TOTALE 1.391Famiglie N° 671; 2,1 componenti per famigliaNazionalità Italiana 1.017 ( 51,4 %); Straniera ( 48,6 %)Superficie Parrocchia urbana

Descrizione confini: rimangono invariati nel centro storico.

N. 5 Parrocchia S. Lucia V. M.

Popolazione Femmine 875 ( 51,2%); maschi 831 ( 48,8 %) TOTALE 1.706Famiglie N° 795; 2,14 componenti per famigliaNazionalità Italiana 1.359 ( 79,7 %); Straniera 347 (20,3 %)Superficie Parrocchia urbana

Descrizione confini: rimangono invariati nel centro storico.

N. 6 Parrocchia Madonna del Rosario

Popolazione Femmine: 1.226 (50,6 %); maschi: 1.198 (49,6%) TOTALE 2.424di cui: centro storico: 0 ; centro urbano: 0; extraurbano: 2.424Famiglie N° 996; 2,43 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 2.252 ( 92,9 %); Straniera: 172 ( 7,1%)Superficie 12,19 Kmq intera parrocchia extraurbana; la densità abitativa è di 199 abitanti per Kmq. Intero perimetro 17,9 Km.

Descrizione confini:

Partendo dal confine ad ovest con il Comune di Genzano, dato dalla Via Appia Antica (numeri civici dispari , 1-61), il confine prosegue poi ver-so nord lungo, il confine con il Comune di Nemi, dopo Via delle Fornaci e Via dei Genzanesi, fino ad incrociare la Via dei Laghi, poco dopo l’in-tersezione di questa con la Via Colle dell’Acero: da questo punto inizia a scendere verso sud lungo il lato sinistro della stessa Via dei Laghi (trat-to disabitato) fin dove questa interseca la retta ideale che si può tracciare verso nord come prosecuzione della Via di Colle Caldara, per prose-guire ancora lungo il tratto sinistro di questa (numeri civici dispari, 1 – 155), fino a giungere all’incrocio di questa con la via S.S. 7 Appia, un po’prima di via di Ponte Veloce (esclusa). Da questo punto il confine scende ancora per un tratto, sempre lungo la via S.S. 7 Appia, e prosegue verso sud lungo la Via Appia Vecchia(numeri civici dispari, 1 – 137), giungendo all’incrocio di questa con le Vie Rioli e Cinelli (entrambe escluse), e continua verso ovest lungo la ilconfine comunale con il Comune di Genzano (Via Appia Vecchia inclusa) il quale, più in alto, si ricongiunge con la via Appia Antica, confine ovest.

N. 7 Parrocchia S. Martino V.

Popolazione Femmine: 2.515 (51,0 %); maschi : 2.415 (49,0 %) TOTALE 4.953di cui: centro storico: 943 abitanti; resto del centro urbano: 448; Campagna: 3.539Famiglie N° 2.029; 2,4 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 4.391 (89,1 %); Straniera: 539 (10,9 %)Superficie 11,87 Kmq nella parte extra urbana; densità territoriale 298 abitanti per Kmq. Intero perimetro zona extra urbana 21,3 Km.

Descrizione confini: confini invariati nel centro storico.

Bollettino diocesano:

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Zona extra urbana: Il confine a nord, partendo dall’incrocio con la Via dei Volsci (all’altezza di prima del numero civico 81), prosegue lungo ViaIlaria Alpi (numeri civici pari) e giunti all’incrocio con Via Melvin Jones, gira a destra e prosegue lungo il lato destro di questa (numeri civici pari)fino al successivo incontro con Via Ferruccio Parri e continua dapprima lungo il lato destro di questa (numeri civici pari) e prosegue ancora lun-go via di Troncavia (lato sud, numeri civici dispari) e gira poi verso nord lungo Via di Papazzano (numeri civici pari) fino all’intersezione con laVia di Cori e da qui gira ancora verso destra, proseguendo lungo questa strada (numeri civici pari; il fronte opposto appartiene al Comune diLariano), fino alla fine del territorio comunale; da qui il confine parrocchiale scende verso sud, per circa 5,2 Km., sempre lungo il confine comu-nale, dapprima con il Comune di Artena, isola amministrativa, e poi con il Comune di Cisterna, giungendo ad inglobare Via di Castel Ginnetti.Di seguito il confine della Parrocchia di S. Martino risale includendo Via della Ginestra Ginnetti, e da qui prosegue verso nord lungo un fossonaturale, posto ad est di Via della Sterlina Irlandese (esclusa), e continua lungo un confine naturale posto a nord di Via Ponte Lauro (inclusa) eVia Colle d’Oro (esclusa) raggiungendo (dopo l’altezza di Via Lupacchiotti, inclusa), la Via di Piazza di Mario e risale per circa 4 Km. verso nord-ovest, lungo il lato nord di questa, (numeri civici pari) fino a seguire via Ponte della Regina e da qui fino a raggiungere l’inizio del confine norddi Via dei Volsci.

N. 8 Parrocchia S. Giovanni Battista

Popolazione Femmine: 1.895 (52,7 %); maschi: 1.700 ( 47,3 %) TOTALE: 3.573Famiglie N° 1.449; 2,5 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 3.327 (91,5 %); Straniera: 269 ( 8,5 %)Superficie 2,12 Kmq intera parrocchia

Descrizione confini:

Partendo dall’incrocio con Via dei Volsci, il confine nord con la Parrocchia Regina Pacis, è costituito dal lato destro della Via Lata (numeri civi-ci pari, 20-86) e prosegue nella Via Ariana (lato destro, numeri civici pari, 2-258), fino all’altezza di Via Redina Ricci, poi discende verso sud lun-go il fronte destro di questa (numeri civici pari; il fronte sinistro appartiene al Comune di Lariano), prosegue poi, dall’incrocio di Via Redina Riccicon la Via di Cori (numeri civici dispari, a scendere dal n 79), fino all’incrocio di quest’ultima con Via Papazzano e, svoltando, segue il lato ovestdi questa (numeri civici pari 2-38), incrociando poi Via di Troncavia, continua lungo il lato nord di questa (numeri civici dispari (1-29), e prosegueancora per un tratto di Via Ferruccio Parri (secondo numeri civici dispari, 3-11), e gira poi per Via Melvin Jones (lato est di questa) e giunti all’in-crocio con Via Ilaria Alpi, continua lungo il lato sinistro di questa (numeri civici dispari) giungendo a Via dei Volsci e da qui gira a destra e risalelungo il lato destro di quest’ultima (numeri civici dispari, 1-79), fino a ricongiungersi con la via Lata, confine a nord.

N. 9 Parrocchia Regina Pacis

Popolazione Femmine: 2.785 (51,3 %); maschi 2.640 (48,7 %) TOTALE: 5.425di cui: centro storico: 0 ; centro urbano: 95; extraurbano: 5330Famiglie N° 2.103 ; 2,6 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 5.118 (94,3 %); Straniera: 307 (5,7 %)Superficie 8,43 Kmq parte abitata; 13,3 estensione dell’intera parrocchia; la densità territoriale è di 644 abitanti per Kmq.;

Intero perimetro 13,3 Kmq.

Descrizione confini:

Il confine a nord arriva fino al confine comunale, con Rocca di Papa, ai pratoni del Vivaro ma, essendo il versante nord del Monte Artemisio dis-abitato, il confine reale è spostato a circa 1 km. più a sud, sulle pendici degradanti verso sud del Monte, per cui la superficie reale della parroc-chia è di 8,43 Kmq. (contro i 13,3 Kmq. dei confini estesi). Scendendo da nord, il confine ad est, con il Comune di Lariano, corre lungo la Via Arcioni (lato dei numeri civici dispari), di fino all’incrocio diquesta con la Via Ariana (Strada Provinciale 600 Ariana), che costituisce con il suo lato sinistro, procedendo da Velletri verso l’esterno, (nume-ri civici dispari), il confine sud della parrocchia con quella di S. Giovanni Battista e prosegue lungo questa Via Ariana nella sua interezza, finonel centro urbano di Velletri; il confine continua poi, con la Parrocchia di S. Maria in Trivio, lungo il fronte nord della Via Lata (numeri civici dis-pari, 233-319), successivamente si dirige, verso nord, seguendo la linea del fosso (ad ovest di Via del Ponte Bianco, inclusa) per circa 450 mt.,dopodiché segue una linea immaginaria fino all’incrocio tra le Vie Angeloni (piccolo tratto), Morice (inclusa), e Via Colle Giorgi: da questo puntoprocede ancora verso ovest, comprendendo Via Colle Giorgi (ramo superiore, numeri civici pari) e Via Formellonzi, fino al successivo incrociodi quest’ultima con Via dei Laghi (esclusa) e da qui si raccorda con il confine nord sul Monte Artemisio.

Bollettino diocesano:

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4040 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Bollettino diocesano:

N. 10 Parrocchia S. Paolo Apostolo

Popolazione Femmine: 2.159 ( 49,0%); maschi: 2.251 (51,0 %) TOTALE 4.410Famiglie N° 1.660; 2,65 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 3.933 (89,2 %); Straniera: 477 (10,8 %)Superficie 27,1 Kmq intera parrocchia; densità territoriale 163 abitanti per Kmq. Intero perimetro confini 34 Km.

Descrizione confini:

Il confine a nord è costituito dal punto in cui la Via Appia Antica incontra la Via Paganico (esclusa), e prosegue verso sud-est, per circa 4 Km.,lungo la Via Appia Antica, nel lato destro (numeri civici pari, 6-136), fino al punto in cui questa interseca Via Mole della Strada e prosegue poinello spazio che si determina tra Via delle Mole e Via Santo Tomao (esclusa), giungendo ad incontrare il confine comunale (termine sud di Viadelle Mole) e da qui segue, prima a sud, il confine comunale dapprima con il Comune di Cisterna, e poi con quelli di Aprilia e Lanuvio, in segui-to gira verso ovest per risalire verso nord, fino ad incontrare la Strada Provinciale Campoleone – Cisterna; da questo punto dopo averla per-corsa per circa 1.900 mt, all’altezza del ramo sud della stessa Via Carano, ritorna verso nord percorrendo una linea immaginaria, posta ad ovestdi Via di Carano, e che prosegue poi nello spazio tra Via Ponte di Mele e Via Colle Rosso (esclusa) e prosegue, sempre verso nord, tra ViaPonte di Mele e Via Fontana Parata (esclusa). All’incrocio con le vie Fontana Parata e Via Paganico (entrambe escluse), il confine si richiudeall’intersezione con la Via Appia Antica.

N. 11 Parrocchia S. Maria del Carmine

Popolazione Femmine: 1.643 (50,3 %); maschi: 1.495 ( 49,7 %) TOTALE 3.268Famiglie N° 1.278; 2,45 componenti per famigliaNazionalità Italiana: 3.138 ( 96,0 %); Straniera: 130 (4,0 %)Superficie 10,86 Kmq; densità territoriale 300,1 abitanti per Kmq. Intero perimetro confini 18 Km.

Descrizione confini:

Il confine nord è delimitato da Via Colle Perino, iniziando dalla via Appia Sud, e prosegue lungo il tracciato di Via Colle Perino Vecchio (esclu-sa) e si collega con Via del Campo Grande fino all’incrocio con Via Ara di Stanga, da questo punto continua verso sud ( numeri civici pari, 2-72)lungo questa via per circa 1,1 Km., fino all’incrocio con Via Formaletti, che percorre per 700 mt, incrocia la Via Vecchia di Napoli e la oltrepas-sa lungo Via Ponte Lauro: dopo 400 mt gira a destra, verso sud, lungo la linea del fosso naturale posto tra Via della Sterlina Irlandese, Via degliAranci, e Via della Ginestra Ginetta (esclusa), giungendo fino al confine comunale con il Comune di Cisterna. Tornando verso ovest, costeggiaviale dell’Ulivo, segue il confine comunale toccando l’intersezione tra Via Appia Sud e Via Appia Antica, risalendo per circa 500 mt lungo que-sta, continua ancora verso sud, includendo Via Santo Tomao, per risalire verso nord lungo il fosso che corre tra le vie Santo Tomao e Via del-le Mole (esclusa); all’altezza dell’incrocio con Via delle Mole della Strada, il confine riprende la Via Appia Antica e la percorre per circa 600 mt,fino all’incrocio con Via delle Vascucce, proseguendo poi lungo questa fino all’altezza in cui, tracciando una linea orizzontale al di sotto di ViaUlica (esclusa) fino all’incrocio con Via Appia Sud (circa 100 mt. Prima dell’incrocio con Via di Colle Formica, e risale ancora verso nord lungola Via Appia Sud per circa 1,5 Km., giungendo a ricongiungersi con Via Colle Perino.

N. 12 Parrocchia SS.mo Nome di Maria

PopolazioneVelletri: Femmine: 263 (50,0 %); maschi: 264 (50,0%) TOTALE Velletri 527 Genzano: Femmine 1.432 (49,7 %); maschi 1.452 (50,3%) TOTALE Genzano 2.884Lanuvio: Femmine 847 (51,8 %); maschi 788 (48,2 %) TOTALE Lanuvio 1.635TOTALE: Femmine 2.542 (51,4%); maschi 2.504 (49,6%) TOTALE 5.046Famiglie Velletri: 199; 2,65 componenti per famigliaNazionalità Velletri: Italiana: 484 (91,8 %); Straniera: 43 (8,2 %)Superficie 10,2 Kmq, parte della parrocchia ricadente nel comune di Velletri;

densità territoriale 51,7 abitanti per Kmq.; Intero perimetro confini 20,9 Km.

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4141Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Descrizione confini:

Parte ricadente nel Comune di Velletri: Il confine a nord, che inizia dal confine con il Comune di Genzano, è costituito da un breve tratto diVia Appia Vecchia ed arriva fino al punto in cui questa interseca Via Rioli, Via Colle Ottone Basso e Via Cinelli, poi discende verso sud lungouna linea immaginaria che corre tra la Via Cinelli e la Via Colle Ottone Basso (esclusa) e, al termine di Via Cinelli, prosegue ancora verso sud-est secondo una linea pseudo-parallela alla Via Appia Antica, posta a circa 120-150 metri da questa, per ritornare ad incontrare quest’ultima Via,, prima dell’incrocio con Via Colle Ottone Basso (esclusa) e prosegue ancora per un breve tratto di Via Appia Antica (numeri civici dispari 71-87) fino all’altezza dell’intersezione con Via Paganico (esclusa). Da questo punto si distacca per continuare ancora lungo una linea immaginaria nello spazio che si determina tra le due strade, Via FontanaParata e Via Ponte di Mele (esclusa), e, dopo aver attraversato Via Fontana dei Lupi, continua il suo percorso sempre nello spazio che si deli-mita tra la Via Colle Rosso e Via Ponte di Mele (esclusa) e, dopo averla attraversata nel tratto orizzontale di quest’ultima continua, ad ovest diVia Passo dei Coresi (esclusa), interseca la Ferrovia Roma-Napoli ed arriva sulla Strada Provinciale Campoleone – Cisterna e, dall’altezza del-la Via di Carano (esclusa), prosegue lungo la Strada Provinciale verso ovest; giunti al confine del Comune, con quelli di Lanuvio dapprima eGenzano poi, risale lungo questo fino a ricongiungersi con il confine a nord di Via Appia Vecchia; Parte ricadente nel Comune di Genzano: l’area è racchiusa nei confini comunali, con limite a nord della S.S. Appia all’altezza di Monte Cagnolo;Parte ricadente nel Comune di Lanuvio: ad est confina con il Comune di Velletri e poi prosegue lungo il confine con il Comune di Genzano;ad ovest il confine è delimitato da fossi, scendendo da nord Fosso della Crocetta, FOSSO DI Ponte Loreto, Fosso delle Cascate fino al terminedi questo con il confine del Comune di Aprilia; per un breve tratto a sud confina con il Comune di Aprilia per ricongiungersi con quello di Velletri.

Bollettino diocesano:

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4242 Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

DELIMITAZIONE TERRITORIALE DELLE PARROCCHIE NEL COMUNE DI VELLETRI 2019

Sua Eccellenza mons. Vincenzo Apicella, vescovo della Diocesi di Velletri-Segni,

e la Cancelleria vescovileringraziano gli Uffici comunali di Anagrafe

per la loro collaborazione.

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4343Novembre 2019Novembre 2019Anno 16, n. 11 (168)

Luca Leoni

LLa Sala Clementina è il vesti-bolo dell’appartamento nobi-le nella Seconda Loggia del

Palazzo Apostolico Vaticano: il possenteedificio, dal quale tuttora il Ponteficesi affaccia in occasione dell’Angelus dome-nicale, venne costruito su progetto diDomenico Fontana tra il 1589 e il 1590per volontà di Sisto V. La Sala Clementina (23 m. di altezzae 14,40 m. di larghezza) fu decoratasu iniziativa di Clemente VIII Aldobrandini,nato a Fano nel 1536 e papa dal 1592al 1605, con episodi della vita di SanClemente I papa e martire. In essa ven-gono accolte le delegazioni e i rap-presentanti degli stati esteri e vi vie-ne esposta la salma del pontefice pri-ma di essere trasportata nella basili-ca vaticana per le esequie. Venne affre-scata dai fratelli Giovanni (1558-1601)e Cherubino Alberti (1553-1615), figlidello scultore Alberto Alberti da BorgoSansepolcro: Giovanni eseguì le pit-ture sulla volta e Cherubino quelle del-le pareti, in collaborazione col bolognese

Baldassarre Croce(1558-1628). Il fiammingo PaulBril (Anversa 1554 –Roma 1626), abileanche come inciso-re, avrebbe affre-scato una delle pare-ti brevi con il celebreMartir io di SanClemente. L’epigrafe dedicato-ria sul plinto di una del-le finte colonne indi-ca San Clemente Ipapa e martire comeprotagonista degliaffreschi nella Sala,ovvio riferimento ono-

mastico a papa Clemente VIII, che ne volle larealizzazione. Sulle pareti brevi vengono descrit-te le fasi salienti della vita di San Clemente, dalBattesimo fino al Martirio. Sulla volta della Sala è affrescata l’Apoteosi delSanto, circondato da nubi e angeli e accolto inParadiso dalla Santissima Trinità. L’Apoteosi èinserita in una finta architettura costituita da unadoppia balaustra popolata da putti che sorreg-gono le insegne papali con figure allegoriche cherappresentano le Virtù, mentre negli angoli sonogli elementi araldici della famiglia Aldobrandini. Sui lati lunghi della Sala, le Virtù cardinali e teo-logali sfilano affrontate tra loro all’interno di finenicchie, con putti sopra di loro e ai lati. Sulla porta della Sala che immette nell’appar-tamento papale è visibile l’Allegoria dell’Arte edella Scienza, ove compaiono la Prospettiva, rap-presentata da una figura femminile, e il Labor,impersonato da un personaggio maschile ingi-nocchiato al cospetto di una sfera armillare costi-tuita da barre dentate e stelle, simboli araldiciappartenenti allo stemma Aldobrandini. La decorazione della Sala è completata da tar-sie marmoree con stemmi Aldobrandini nelle par-te inferiore delle pareti e nel pavimento, che alcentro contiene lo stemma papale di ClementeVIII, circondato da un’epigrafe circolare col nomedel pontefice e il 1603, anno in cui venne rea-lizzata tale artistica pavimentazione.

Nella foto del titolo:

il Martirio di sanClemente del

pittore fiammingo

Paul Bril;

nella foto a sinistra:

l’Apoteosi di sanClemente,

Giovanni Alberti

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Luca Leoni

NNon è il San Martino più noto, ossia ilgiovane soldato romano in sella al suodestriero immortalato mentre, dopo aver

tagliato in due il suo mantello con la spada, sichina verso un povero vecchio seminudoappiedato per donargli la metà dell’indumento:la pala dell’altare principale della chiesa veliternadedicata al Santo ci pre-senta un barbuto vescovoanziano che, in pompamagna, sfavillante d’oro eattorniato da chierichetti cau-datari, comanda a un mor-to di tornare a vivere. Il miracolato è un defuntodeposto nella tomba da gior-ni, che ricorda Lazzaro eche un probabile necrofo-ro che lo sorregge ha libe-rato quasi completamen-te dalla tela bianca del suda-rio. Sulla sinistra del dipin-to, una piccola folla sorpresadal prodigio, forse la fami-glia del risorto. In alto, ange-li e una luce piena di vita.I particolari più leggibili perchi si avvicina al dipinto,poiché nella parte piùbassa della pala d’altare,sono la pavimentazione alastre quadrate e la robu-sta corda usata per solle-vare il corpo dal fondo del-la sepoltura. L’autore del dipinto, l’um-bro Anton Maria Garbi(1718-1797), che lo ese-guì tra il 1777 e il 1778, abi-le copista, riprodusse indimensioni maggiori un’o-pera di analogo soggettoche il suo maestro PlacidoCostanzi aveva realizzatodecenni prima. Si era qua-si al termine del cantieredel rifacimento integrale del-la chiesa (tra il 1772 e il1776); i lavori furono rea-lizzati su progetto dell’ar-chitetto romano di originiveliterne Nicola Giansimoni (1727-1800). La facciata neoclassica, ispirata al vicinoPalazzo Romani, venne ultimata soltanto nel 1822da Matteo Lovatti a causa di problemi finanziaridei Somaschi. Non sappiamo fino a che puntola creatività del Garbi abbia potuto esprimersirispetto all’opera del Podesti da copiare, ma ilSan Martino settecentesco collocato nell’omo-nima chiesa veliterna contiene un’estrema sin-tesi circa la vita e i miracoli del Santo. Egli è raffigurato come un vescovo, che solo la

scritta dedicatoria incisa sul timpano della fac-ciata della chiesa ci aiuta a identificare: San MartinoVescovo di Tours. Altrimenti potrebbe essere unvescovo qualsiasi che ha appena resuscitato unmorto. La sintesi espressa dal dipinto racchiu-de anzitutto la fama di taumaturgo del Santo,ma soprattutto tre casi di risurrezione a lui attri-buiti, al punto da essere definito “Colui che resu-scitò tre morti”.

Il saggista Sulpicio Severo (360-420), nel ter-zo capitolo della sua ‘Vita di San Martino’ affer-ma che il Santo, non ancora vescovo, avrebbeoperato il suo primo miracolo a Poitiers e pro-prio resuscitando un morto: “Ma Ilario aveva già lasciato Roma e Martinone seguì le tracce. Ilario gli riservò una caloro-sissima accoglienza e Martino allora decise distabilirsi in un eremo non lontano da Poitiers.In quello stesso periodo, si unì a lui un catecumeno,che era desideroso di ascoltare gli insegnamenti

di un uomo così santo. Non passò molto tem-po che il catecumeno si ammalò e cadde in pre-da a violenti accessi di febbre. Per caso Martinoera allora assente. Tre giorni dopo, quando ritornò, trovò un cor-po senza vita: la morte era stata così improv-visa, che l’infelice non aveva potuto essere bat-tezzato prima di lasciare questo mondo. Intornoal corpo, i fratelli si davano da fare tristementeper rendergli gli onori funebri, quando Martinoaccorse tra le lacrime e i lamenti. Allora, ispi-rato dallo Spirito Santo, ordina a tutti i presen-ti di uscire dalla cella dove si trovava il corpo.Una volta chiusa la porta, si distende sulle mem-bra senza vita del compagno defunto. Con tut-te le sue forse si immerge per qualche tempo

nella preghiera e sen-te che, grazie all’inter-vento dello Spirito, laPotenza di Dio comin-ciava ad operare. Si solleva un poco,fissa il suo sguardo sulviso del defunto, e,fiducioso, comincia adaspettare l’effetto del-la sua preghiera e del-la misericordia delSignore. Erano appenatrascorse due ore, quan-do vede il defunto muo-vere a poco a poco tut-te le sue membra e soc-chiudere gli occhi. Allora, a gran voce,Martino rende grazie alSignore e riempie la cel-la delle sue grida.Avendolo udito, coloroche stavano dietro la por-ta subito fanno irruzio-ne. Meraviglioso spet-tacolo: vedono vivocolui che avevano lascia-to morto. In tal modo, restituito allavita, il catecumeno rice-vette subito il battesimo.Visse ancora parecchianni e tra noi fu il pri-mo a sperimentare lapotenza delle virtù diMartino o a esserne iltestimone. In ogni caso,egli stesso era solito rac-contare come, uscito dalsuo corpo, era stato con-dotto al tribunale delGiudice e là, aveva sen-tito pronunciare contro

di lui la funesta sentenza che lo relegava in luo-ghi oscuri e spregevoli. Allora, due angeli ave-vano intercesso per lui presso il Giudice, dicen-do che era l’uomo per cui Martino pregava. Perciò, questi stessi angeli avevano ricevuto l’or-dine di riportarlo sulla terra, lo avevano ricon-segnato a Martino e restituito alla sua vita pre-cedente. Da quel momento il nome del beatoMartino risplendette, al punto che, già da tutticonsiderato santo, fu ritenuto anche potente eproprio degno seguace degli apostoli”.

“San Martino fa risorgere un morto”dell’umbro Anton Maria Garbi (1718-1797)