Anno 14, n. 10(145) - Ottobre 2017 Curia e pastorale per la vita … · 2017-10-06 · Curia e...

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Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 14, n. 10(145) - Ottobre 2017

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22 OttobreOttobre20172017

Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamenteil pensiero degli artefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampaa propria insindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni.

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E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizzazione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Quadrifoglio S.r.l.Albano Laziale (RM)

RedazioneCorso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaborato inoltre:

S.E. mons. Vincenzo Apicella, don Andrea Pacchiarotti,don Antonio Galati, don Carlo Fatuzzo, Sara Gilotta, AntonioBennato, Giovanni Zicarelli, Sara Bianchini, Mara DellaVecchia, Luigi Musacchio, Serena Prati, AntonellaLafortezza, Nicolino Tartaglione, Roberto Luciani,Giuseppe Mazza.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesivelletrisegni.it

In copertina:

Gesù e Nicodemo,

Fritz von Uhde (ca.1986).

- Che significa “diventare cristiani”,+ Vincenzo Apicella p. 3

- Papa Francesco, pellegrino sulle orme di Don Mazzolari e Don Milani,

Stanislao Fioramonti p. 4

- Il viaggio apostolico di Papa Francescoin Colombia. Conferenza stampa duranteil volo di ritorno dalla Colombia,

Stanislao Fioramonti p. 6

- Come uscire dal malessere in cui il mondo intero è immerso,

Sara Gilotta p. 8- Il silenzio intorno a Gerico,

Antonio Bennato p. 9

- Bibbia e morale / 1,don Carlo Fatuzzo p. 10

- Calendario dei Santi d’Europa / 9: 11 ottobre, S. Meinhard monaco

Stanislao Fioramonti p. 11

- Per una lectio liturgica. Liturgia: il nome,don Andrea Pacchiarotti p. 13

- Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2017. La missione al cuore della fede cristiana p. 14

- Un viaggio missionario in Cina, negli anni 1743-49 / 12,

Tonino Parmeggiani p. 16

- Caritas Diocesana: un “bilancio” annuale,Sara Bianchini p.19

- “Cristiani non si nasce, si diventa.” (Tertulliano)Dal 13 al 14 ottobre la Diocesi in Convegno Pastorale,

+ Vincenzo Apicella p. 20- Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nellanostra Chiesa locale,

don Antonio Galati p. 22

- 50° di autonomia comunale di Lariano. Intervento del Sindaco Maurizio Caliciotti p. 23

- Parrocchia di Lariano. Campi estivi ragazzie giovanissimi, Serena Prati p. 24

- Montelanico. Festa patronale in onore di Maria Santissima del Soccorso,

Antonella Lafortezza p. 25

- Percorso per animatori pastorali. La verità prima si fa e poi si spiega,

Nicolino Tartaglione p. 26

- Decreti Vescovili e nomine p. 28- Editto per l’apertura del Processo di Beatificazione di Suor Maria Lilia di Gesù Crocifisso p. 32

- Presentazione del libro di don Gaetano Zaralli,“Voci in coro. Cambiare si può”,

Giuseppe Mazza p. 33

- Presentazione del libro “Bandito della Regina” di Antonio Venditti,

Roberto Luciani p. 34

- Il sacro intorno a noi / 39: A Poggio Bustone (RI) per il Convento e lo Speco di San Francesco,

Stanislao Fioramonti p. 35

- Musica sacra in America, Mara Della Vecchia p. 38

- Presentazione del libro “Un pugno di more” di Antonio Bennato p. 38

- El Greco (1541 - 1614), San Luca evangelista,

Luigi Musacchio p. 39

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33OttobreOttobre20172017

� Vincenzo Apicella, vescovo

LLo scorso 23 settembre è stato il decimo anniversa-rio della indimenticabile Visita pastorale di Papa BenedettoXVI alla diocesi di Velletri-Segni, per molti anni sua

sede cardinalizia. Fu un evento provvidenziale, che per-mise di restituire all’antico splendore la Cattedrale di SanClemente, che conserva memoria concreta e visibile del-la sua sollecitudine paterna, accresciuta dal dono della Colonnabronzea, dedicata dalle città tedesche alla sua persona edalla sua storia. Sono segni tangibili ed esteriori di una memo-ria molto più profonda, impressa nel nostro cuore e che iltempo rende ancora più preziosa, poiché non possiamo dimen-ticare l’affetto premuroso, la testimonianza gioiosa, gli inse-gnamenti sempre fecondi, che la diocesi ha ricevuto neglianni del suo Ministero episcopale.Nel cammino della nostra Chiesa risuonano ancora le paro-le pronunciate durante l’Omelia nella piazza antistante SanClemente: “Deus caritas est, Dio è Amore, con queste paro-le inizia la mia prima enciclica, che concerne il centro del-la nostra fede: l’immagine cristiana di Dio e la conseguenteimmagine dell’uomo e del suo cammino� Abbiamo cre-duto all’amore: questa è l’essenza del cristianesimo� cherende il credente e la comunità cristiana fermento di spe-ranza e di pace in ogni ambiente, attenti specialmente allenecessità dei poveri e dei bisognosi”.Il grande messaggio di quella prima enciclica, che PapaBenedetto ricordava in quella occasione, sarà poi ripreso,sviluppato e concretizzato nelle sue pratiche conseguen-ze per la vita sociale con l’ultima grande enciclica: Caritasin veritate, la cui ricchezza di contenuti non è stata anco-ra del tutto esplorata.Continuando nel solco tracciato da Benedetto XVI, PapaFrancesco ha indetto, due anni fa, il Giubileo della Misericordia,definendo la Misericordia “Architrave della Chiesa” e ripro-ponendo alla nostra attenzione quelle opere materiali e spi-rituali che la realizzano nel vissuto concreto delle nostrecomunità e che sono rappresentate plasticamente nella PortaSanta della Cattedrale, di cui abbiamo fatto pervenire a Papa

Benedetto un volume illustrativo, come segno del nostrofiliale affetto. Memori delle sue parole e rispondendo al richia-mo di Papa Francesco, la nostra diocesi ha dedicato a que-sto tema il Convegno dello scorso anno, in cui, con il con-tributo di tutti, abbiamo cercato di riflettere sull’impostazionecomplessiva della nostra vita comunitaria e della nostra azio-ne pastorale.Nell’Omelia Papa Benedetto proseguiva dicendo: “Se ama-re Cristo e i fratelli non va considerato come qualcosa diaccessorio e di superficiale, ma piuttosto come lo scopovero ed ultimo di tutta la nostra esistenza, occorre saperoperare scelte di fondo, essere disposti a radicali rinunce,se necessario fino al martirio. Oggi, come ieri, la vita del cristiano esige il coraggio di anda-re contro corrente, di amare come Gesù, che è giunto finoal sacrificio di sé sulla croce”.Di questo egli ha saputo dare testimonianza personale uni-versalmente riconosciuta e, da essa stimolati e conferma-ti, quest’anno ci proponiamo di porre al centro della nostrariflessione comune la verifica delle nostre “scelte di fondo”,come singoli cristiani e come Chiesa, a cominciare proprioda quello che significa “diventare cristiani” e, quindi, dal fon-damentale ed imprescindibile tema dell’Iniziazione, che vaurgentemente rivisto alla luce della grande Tradizione del-la Chiesa: a questo sarà dedicato il Convegno diocesanodel prossimo ottobre.Nei due precedenti numeri di Ecclesia abbiamo cercato diprecisare le linee fondamentali ed i principi ispiratori in que-sto campo così delicato, che coinvolge veramente tutti i bat-tezzati e tutta la comunità ecclesiale.Se ne è già parlato in un piccolo gruppo di parroci e cate-chisti e venerdì 13 ottobre saremo aiutati da P. Rinaldo Paganelli,dehoniano e collaboratore dell’Ufficio catechistico nazionale,in un incontro aperto a tutti a S. Maria dell’Acero.Un’altra iniziativa importante vedrà la luce in questo mesedi ottobre ed è l’inizio di un Percorso formativo per gli ope-ratori pastorali, cioè per quei laici che già svolgono o sono

disposti a svolgere un servizio nelle parrocchie delladiocesi come catechisti, volontari della caritas, anima-tori della liturgia o in qualunque altro ministero.E’ un necessario strumento di qualificazione per tutticoloro che sentono la corresponsabilità di crescere comemembra vive della Chiesa, chiamata ad essere annun-ciatrice e testimone di Gesù Cristo in questo luogo ed

in questo tempo.Affidiamo all’impegno di cia-scuno questo cammino impe-gnativo, almeno con la pre-ghiera, affinché il Signore ciconceda la sapienza ed il corag-gio dello Spirito per proseguiresulle Sue vie e per compor-tarci “da cittadini degni delVangelo” (Fil.1,27).

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44 OttobreOttobre20172017

sintesi a cura di Stanislao Fioramonti

IIl 20 giugno 2017 Papa Francesco si è reca-to a Bozzolo (diocesi di Cremona) e a Barbiana(diocesi di Firenze), per pregare sulla tom-

ba di due grandi sacerdoti del Novecento, donPrimo Mazzolari (1890-1959) e don LorenzoMilani (1923-1967).Sono pellegrino - ha detto - sulle orme di dueparroci che hanno lasciato una traccia lumino-sa, per quanto “scomoda”, nel loro servizio alSignore e al popolo di Dio.Nell’occasione ha rinnovato con bellissime paro-le la sua stima per i parroci: ”Ho detto più vol-te che i parroci sono la forza della Chiesa in Italia,e lo ripeto. Quando sono i volti di un clero nonclericale essi danno vita ad un vero e proprio“magistero dei parroci”, che fa tanto bene a tut-ti”. Di don Primo ha detto: “Don Primo Mazzolari è stato definito “il par-roco d’Italia”; e San Giovanni XXIII lo ha salu-tato come «la tromba dello Spirito Santo nellaBassa padana». Come disse il Beato Paolo VI:«Camminava avanti con un passo troppo lun-go e spesso noi non gli si poteva tener dietro!E così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anchenoi. E’ il destino dei profeti». La sua formazio-ne è figlia della ricca tradizione cristiana di que-sta terra padana, lombarda, cremonese. Neglianni della giovinezza fu colpito dalla figura delgrande vescovo Geremia Bonomelli, protago-nista del cattolicesimo sociale, pioniere della pasto-rale degli emigranti”. Francesco pone l’attuali-tà del suo messaggio simbolicamente sullo sfon-do di tre scenari che ogni giorno riempivano isuoi occhi e il suo cuore: il fiume, la cascinae la pianura. “Il fiume è simbolo del primatoe della potenza della grazia di Dio che scorreincessantemente verso il mondo. La sua paro-la, predicata o scritta, attingeva chiarezza di pen-siero e forza persuasiva alla fonte della Paroladel Dio vivo, nel Vangelo meditato e pregato,ritrovato nel Crocifisso e negli uomini, celebra-to in gesti sacramentali mai ridotti a puro rito.Don Mazzolari, parroco a Cicognara e aBozzolo, non si è tenuto al riparo dal fiume del-

la vita, dalla sofferenza della sua gente, che loha plasmato come pastore schietto ed esigen-te, anzitutto con sé stesso. Predicando ai semi-naristi di Cremona ricordava: «Il sacerdote è unripetitore, però questo suo ripetere non deve esse-re senz’anima, passivo, senza cordialità.Accanto alla verità che ripeto ci deve essere,ci devo mettere qualcosa di mio, per far vede-re che credo a ciò che dico; deve essere fattoin modo che il fratello senta un invito a riceve-re la verità». La sua profezia si realizzava nel-l’amare il proprio tempo, nel legarsi alla vita del-le persone che incontrava, nel cogliere ogni pos-sibilità di annunciare la misericordia di Dio. DonMazzolari ha cercato di cambiare la Chiesa eil mondo attraverso l’amore appassionato e ladedizione incondizionata. Nel suo scritto “La par-rocchia” egli propone un esame di coscienza suimetodi dell’apostolato, convinto che le mancanzedella parrocchia del suo tempo fossero dovutea un difetto di incarnazione. Ci sono tre stra-de che non conducono nella direzione evan-gelica: la prima è la strada del “lasciar fare”, quel-la di chi sta alla finestra a guardare senza spor-carsi le mani, quel “balconear” la vita . Mancauna capacità propositiva, un approccio costrut-tivo alla soluzione dei problemi. La seconda è

quella dell’“attivismo separatista”. Ci si impegnaa creare istituzioni cattoliche (banche, coope-rative, circoli, sindacati, scuole...). Così la fedesi fa più operosa, ma – avvertiva Mazzolari –può generare una comunità cristiana elitaria. Ilterzo errore è il “soprannaturalismo disumanizzante”.Ci si rifugia nel religioso per aggirare le difficoltàe le delusioni che si incontrano. Ci si estraneadal mondo, vero campo dell’apostolato, per pre-ferire devozioni. E’ la tentazione dello spiritua-lismo. La cascina. La cascina, la casa, ci dicono l’i-dea di Chiesa che guidava don Mazzolari. Anchelui pensava a una Chiesa in uscita, quando medi-tava per i sacerdoti con queste parole: «Per cam-minare bisogna uscire di casa e di Chiesa, seil popolo di Dio non ci viene più; e occuparsi epreoccuparsi anche di quei bisogni che, pur nonessendo spirituali, sono bisogni umani e comepossono perdere l’uomo, lo possono anche sal-vare. Il cristiano si è staccato dall’uomo, e il nostroparlare non può essere capito se prima non lointroduciamo per questa via, che pare la più lon-tana ed è la più sicura. Per fare molto, bisognaamare molto». Don Mazzolari è stato un parroco convinto che«i destini del mondo si maturano in periferia».Egli è stato giustamente definito il “parroco deilontani”, perché li ha sempre amati e cercati, siè preoccupato non di definire a tavolino un meto-do di apostolato valido per tutti e per sempre,ma di proporre il discernimento come via per inter-pretare l’animo di ogni uomo. Questo sguardomisericordioso ed evangelico sull’umanità lo haportato a dare valore anche alla necessaria gra-dualità: il prete non è uno che esige la perfe-zione, ma che aiuta ciascuno a dare il meglio.«Accontentiamoci di ciò che possono dare le nostrepopolazioni. Abbiamo del buon senso! Non dob-biamo massacrare le spalle della povera gen-te». E se per queste aperture veniva richiama-to all’obbedienza, la viveva in piedi, da adulto,da uomo, e contemporaneamente in ginocchio,baciando la mano del suo Vescovo, che non smet-teva di amare.La grande pianura. Alla carità pastorale di donPrimo si aprivano diversi orizzonti, nelle com-plesse situazioni che ha dovuto affrontare: le guer-re, i totalitarismi, gli scontri fratricidi, la fatica del-la democrazia in gestazione, la miseria della suagente. Vi incoraggio, fratelli sacerdoti, ad ascol-tare il mondo, chi vive e opera in esso, per far-vi carico di ogni domanda di senso e di speranza,senza temere di attraversare deserti e zone d’om-bra. Così possiamo diventare Chiesa povera pere con i poveri, la Chiesa di Gesù. Quella dei pove-ri è definita da don Primo un’ “esistenza sco-modante”, e la Chiesa ha bisogno di convertir-si al riconoscimento della loro vita per amarli cosìcome sono. Papa Benedetto XVI ci ha detto chela Chiesa, il cristianesimo, non cresce per pro-selitismo, ma per attrazione, cioè per testimo-nianza. E’ quello che don Primo Mazzolari hafatto: testimonianza. Il Servo di Dio ha vissutoda prete povero, non da povero prete. Nel suoscritto La via crucis del povero don Primo ricor-da che la carità è questione di spiritualità e di

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Don Lorenzo Milani

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sguardo. «Chi ha poca carità vede pochi pove-ri; chi ha molta carità vede molti poveri; chi nonha nessuna carità non vede nessuno». «Chi cono-sce il povero, conosce il fratello: chi vede il fra-tello vede Cristo, chi vede Cristo vede la vita ela sua vera poesia, perché la carità è la poesiadel cielo portata sulla terra».Vorrei concludere con una preghiera di don Primo:«Sei venuto per tutti: per coloro che credono eper coloro che dicono di non credere. Gli uni egli altri, a volte questi più di quelli, lavorano, sof-frono, sperano perché il mondo vada un po’ meglio.O Cristo, sei nato “fuori della casa” e sei mor-to “fuori della città”, per essere in modo ancorpiù visibile il crocevia e il punto d’incontro. Nessunoè fuori della salvezza, o Signore, perché nes-suno è fuori del tuo amore, che non si sgomentané si raccorcia per le nostre opposizioni o i nostririfiuti»”.A Barbiana, visitata la tomba di don Milaninel giardino adiacente la chiesa di S.Andrea, Papa Francesco ha parlato alla pre-senza dei discepoli ancora viventi di don Milani,di un gruppo di sacerdoti della Diocesi e dialcuni ragazzi ospiti di case-famiglia.“Sono venuto a Barbiana per rendere omaggioalla memoria di un sacerdote che ha testimo-niato come nel dono di sé a Cristo si incontra-no i fratelli nelle loro necessità e li si serve, per-ché sia difesa e promossa la loro dignità di per-sone, con la stessa donazione di Gesù, fino allacroce.1. Mi rallegro di incontrare qui coloro che furo-no allievi di don Lorenzo Milani. Voi siete testi-moni di come un prete abbia vissuto la sua mis-sione, nei luoghi in cui la Chiesa lo ha chiamato,con piena fedeltà al Vangelo e proprio per que-sto con piena fedeltà a ciascuno di voi, che ilSignore gli aveva affidato. E siete testimoni del-la sua passione educativa, del suo intento di risve-gliare nelle persone l’umano per aprirle al divi-no. Di qui il suo dedicarsi completamente allascuola, con una scelta che qui a Barbiana egliattuerà in maniera ancora più radicale. La scuo-la, per don Lorenzo, non era una cosa diversarispetto alla sua missione di prete, ma il modoconcreto con cui svolgere quella missione, dan-dole un fondamento solido e capace di innal-

zare fino al cielo. Ridare ai poveri la parola, per-ché senza la parola non c’è dignità e quindi nean-che libertà e giustizia: questo insegna don Milani.Ed è la parola che potrà aprire la strada alla pie-na cittadinanza nella società, mediante il lavo-ro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, conuna fede consapevole. Questo vale anche peri nostri tempi, in cui solo possedere la parolapuò permettere di discernere tra i tanti e spes-so confusi messaggi che ci piovono addosso,e di dare espressione alle istanze profonde delproprio cuore, come pure alle attese di giusti-zia di tanti fratelli e sorelle che aspettano giu-stizia. Di quella umanizzazione che rivendichiamoper ogni persona su questa terra, accanto al pane,alla casa, al lavoro, alla famiglia, fa parte ancheil possesso della parola come strumento di liber-tà e di fraternità.2. Sono qui anche alcuni ragazzi e giovani cherappresentano i tanti ragazzi e giovani che oggihanno bisogno di chi li accompagni nel cam-mino della loro crescita. So che voi vivete in situa-zioni di marginalità e che qualcuno vi sta accan-to per non lasciarvi soli e indicarvi una stradadi possibile riscatto, un futuro che si apra su oriz-zonti più positivi. Vorrei ringraziare quanti si pon-gono al servizio della crescita delle nuove gene-razioni, in particolare di coloro che si trovanoin situazioni di disagio. La vostra è una missionepiena di ostacoli ma anche di gioie. Ma soprat-tutto è una missione di amore, perché non sipuò insegnare senza amare e senza la consa-pevolezza che ciò che si dona è solo un dirittoche si riconosce, quello di imparare. E da inse-gnare ci sono tante cose, ma quella essenzia-le è la crescita di una coscienza libera, capa-ce di confrontarsi con la realtà e di orientarsi inessa guidata dall’amore, dalla voglia di compromettersicon gli altri, di farsi carico delle loro fatiche eferite, di rifuggire da ogni egoismo per servireil bene comune. 3. Infine mi rivolgo a voi sacerdoti che ho volu-to qui a Barbiana. Vedo tra voi preti anziani, cheavete condiviso con don Lorenzo Milani gli annidel seminario o il ministero in luoghi qui vicini;e anche preti giovani, che rappresentano il futu-ro del clero fiorentino e italiano. A tutti voglio ricor-dare che la dimensione sacerdotale di don LorenzoMilani è alla radice di tutto quanto sono anda-to rievocando finora di lui. La dimensione sacer-dotale è la radice di tutto quello che ha fatto.Ma il suo essere prete ha una radi-ce ancora più profonda: la sua fede.Una fede totalizzante, che diven-ta un donarsi completamente alSignore e che nel ministerosacerdotale trova la forma pienae compiuta per il giovane convertito.Sono note le parole della sua gui-da spirituale, don Raffaele Bensi:«Per salvare l’anima venne da me.Da quel giorno d’agosto fino all’au-tunno, si ingozzò letteralmente diVangelo e di Cristo. Quel ragaz-zo partì subito per l’assoluto, sen-za vie di mezzo. Voleva salvarsie salvare, ad ogni costo. Trasparente

e duro come un diamante, doveva subito ferir-si e ferire». Diceva sua madre Alice: «Mio figlioera in cerca dell’Assoluto. Lo ha trovato nellareligione e nella vocazione sacerdotale». Senzaquesta sete di Assoluto si può essere dei buo-ni funzionari del sacro, ma non si può esserepreti veri, capaci di diventare servitori di Cristonei fratelli. Cari preti, con la grazia di Dio cer-chiamo di essere uomini di fede, una fede schiet-ta, non annacquata; e uomini di carità, carità pasto-rale verso tutti coloro che il Signore ci affida comefratelli e figli. Don Lorenzo ci insegna anche avoler bene alla Chiesa, come le volle bene lui,con la schiettezza e la verità che possono crea-re anche tensioni, ma mai fratture, abbandoni.Amiamo la Chiesa, cari confratelli, e facciamo-la amare, mostrandola come madre premuro-sa di tutti, soprattutto dei più poveri e fragili, sianella vita sociale sia in quella personale e reli-giosa. La Chiesa che don Milani ha mostrato almondo ha questo volto materno e premuroso,proteso a dare a tutti la possibilità di incontra-re Dio e quindi dare consistenza alla propria per-sona in tutta la sua dignità.4. Il gesto che ho oggi compiuto vuole essereuna risposta a quella richiesta più volte fatta dadon Lorenzo al suo Vescovo, e cioè che fossericonosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangeloe nella rettitudine della sua azione pastorale. DalCard. Silvano Piovanelli, di cara memoria, inpoi gli Arcivescovi di Firenze hanno in diverseoccasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo.Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancellale amarezze che hanno accompagnato la vitadi don Milani, ma dice che la Chiesa riconoscein quella vita un modo esemplare di servire ilVangelo, i poveri e la Chiesa stessa. Con la miapresenza a Barbiana, con la preghiera sulla tom-ba di don Lorenzo Milani penso di dare rispo-sta a quanto auspicava sua madre: «Mi premesoprattutto che si conosca il prete, che si sap-pia la verità, che si renda onore alla Chiesa ancheper quello che lui è stato nella Chiesa e che laChiesa renda onore a lui… quella Chiesa chelo ha fatto tanto soffrire ma che gli ha dato il sacer-dozio, e la forza di quella fede che resta, perme, il mistero più profondo di mio figlio… Se nonsi comprenderà realmente il sacerdote che donLorenzo è stato, difficilmente si potrà capire dilui anche tutto il resto. Per esempio il suo pro-fondo equilibrio fra durezza e carità»”.

Don Primo Mazzolari

Papa Francesco a

Barbiana, in visita

alla tomba di

don Milani.

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sintesi a cura di Stanislao Fioramonti

F: Sono rimasto commosso della gioia, della tene-rezza, della gioventù, della nobiltà del popolocolombiano. Davvero, un popolo nobile, che nonha paura di esprimersi come sente, non ha pau-ra di sentire e far vedere quello che sente. Cosìl’ho percepito io. Non conoscevo la Colombiaprofonda, quella che si vede per le strade. E ioringrazio per la testimonianza di gioia, di spe-ranza, di pazienza nella sofferenza di questo popo-lo. Mi ha fatto tanto bene. César Moreno, di “Caracol Radio”: Prima di tutto vorrei ringraziarLa da parte di tut-ti i media colombiani che ci accompagnano inquesto viaggio, tutti i nostri compagni e amici,per essere andato nella nostra patria, per aver-ci dato tanti messaggi così belli, così profondi,per tanto affetto, tanta vicinanza che Lei ha dimo-strato al popolo colombiano. Lei è venuto, SantoPadre, in un Paese diviso, a causa di un pro-cesso di pace, tra quelli che accettano e quel-li che non accettano questo processo. Cosa fare concretamente, che passi fare per avvi-cinare le parti divise, perché abbandonino que-sto odio, questo rancore? Se Sua Santità potes-se ritornare nel nostro paese tra qualche anno,come pensa, come Le piacerebbe vedere laColombia? F: A me piacerebbe almeno che il motto fosse“Facciamo il secondo passo”, che almeno fos-se questo! Sono stati 54 anni di guerriglia piùo meno, e lì si accumula molto, molto, molto odio,molto rancore, molto animo malato, e la malat-tia non è una colpa, viene. E con queste guer-riglie – sia la guerriglia, sia i paramilitari, sia quel-li di là, e anche la corruzione, tante volte, nelPaese – davvero hanno fatto peccati brutti chehanno provocato questa malattia dell’odio… Maci sono passi avanti che danno speranza, pas-si nel negoziato, l’ultimo è il cessate-il-fuoco dell’ELN:li ringrazio tanto per questo. Ma c’è qualcosadi più, che io ho percepito, che è la voglia di anda-

re avanti in questo processo, che va oltre i nego-ziati che si stanno facendo e che si devono fare.E’ una voglia spontanea, e lì c’è la forza del popo-lo. Io ho speranza in questo. Il popolo vuole “respi-rare”, ma dobbiamo aiutarlo, con la vicinanza,la preghiera e soprattutto la comprensione di quan-to dolore c’è dentro tanta gente.José Mojica, de “El Tiempo”, casa editrice colom-biana: La saluto a nome anche dei miei colle-ghi colombiani e di tutti i mezzi di comunicazionedel mio paese. La Colombia ha sofferto moltidecenni di violenza a causa della guerra, per ilconflitto armato e anche per il narcotraffico; tut-tavia, i danni della corruzione nella politica sonostati rovinosi come la guerra stessa, e benchéla corruzione non sia nuova, abbiamo sempresaputo che esiste, sappiamo che sempre c’è sta-ta corruzione, adesso è più visibile perché nonabbiamo più le notizie della guerra, del conflit-to armato. Cosa fare davanti a questo flagello,fino a che punto sopportare i corrotti, come casti-garli? E, da ultimo, si dovrebbero scomunica-re i corrotti?F: Lei fa una domanda che io mi sono posto tan-te volte in questo modo: c’è perdono per il cor-rotto? E me la sono posta quando accadde, nel-la provincia di Catamarca in Argentina, un fat-to di maltrattamento, abuso, di violenza su unaragazza, e lì c’era gente implicata molto lega-ta ai poteri politici ed economici di quella pro-vincia. E io ho scritto un piccolo libro che si chia-ma “Peccato e corruzione”. Sempre tutti siamopeccatori e sappiamo che il Signore è vicino anoi, che Lui non si stanca di perdonare. Ma ladifferenza è: Dio non si stanca mai di perdonare,ma il peccatore a volte trova il coraggio e chie-de perdono. Il problema grave è che il corrottosi stanca di chiedere perdono e dimentica comesi chiede perdono. E’ uno stato di insensibilitàdavanti ai valori, davanti alla distruzione, allo sfrut-tamento delle persone. Non è capace di chie-dere perdono. E’ come una condanna, per cuiè molto difficile aiutare un corrotto, molto diffi-

cile. Ma Dio può farlo. Io prego perquesto.Hernan Reyes, di “Télam”:La domanda è dal gruppo dei giornalistidi lingua spagnola. Lei ha parlato diquesto primo passo che ha fatto laColombia. Oggi alla Messa ha detto che non èstato abbastanza un dialogo fra dueparti, ma è stato necessario incorporarepiù attori. Pensa che sia possibile repli-care questo modello colombiano in altriconflitti nel mondo?F: Integrare altre persone … Ancheoggi, nell’omelia, ho parlato di que-sto prendendo spunto dal Vangelo.Coinvolgere altri soggetti: non è la pri-ma volta. In tanti conflitti sono stati coin-volti altri soggetti. E’ un modo di anda-re avanti, un modo sapienziale, poli-tico... C’è la saggezza di chiedere aiu-to. Credo che queste risorse tecnico-politiche aiutino, esse richiedono a vol-te l’intervento delle Nazioni Unite per

uscire dalla crisi. Ma un processo di pace andràavanti soltanto quando lo prende in mano il popo-lo. Se il popolo non lo prende in mano, si potràandare avanti un po’, si arriverà a un compro-messo… E’ quello che ho cercato di far senti-re in questa visita: o il protagonista della paci-ficazione è il popolo, o si arriverà solo fino a uncerto punto. Ma quando un popolo prende in manola cosa, è capace di farla bene.Elena Pinardi, di EBU-UER:Mentre siamo in volo, passiamo vicino all’ura-gano Irma che ha causato decine di morti e dan-ni enormi nelle Isole caraibiche e a Cuba, e siteme che ampie zone della Florida possano fini-re sott’acqua. Sei milioni di persone hanno dovu-to lasciare le loro case. Dopo l’uragano Harvey,sono stati quasi in contemporanea tre uraganisull’area. Gli scienziati ritengono che il riscaldamento deglioceani sia un fattore che contribuisce a rende-re le tempeste e gli uragani stagionali più inten-si. Vi è una responsabilità morale dei leader poli-tici che rifiutano di collaborare con le altre nazio-ni per controllare le emissioni dei gas a effettoserra, perché negano che il cambiamento cli-matico sia anche opera dell’uomo?F: Chi nega questo deve andare dagli scienziatie domandare loro. Loro parlano chiarissimo. Gliscienziati sono precisi. L’altro giorno, quando èuscita la notizia di quella nave russa – credo –che è andata dalla Norvegia al Giappone o aTaipei passando dal Polo Nord, senza il rom-pighiaccio, e le fotografie facevano vedere pez-zi di ghiaccio… Attraverso il Polo Nord si puòpassare. E’ molto chiaro. Quando è uscita quel-la notizia, da una università ne è uscita un’al-tra che diceva: “Abbiamo soltanto tre anni pertornare indietro, altrimenti le conseguenzesaranno terribili”. Io non so se è vero “tre anni”o no; ma che, se non torniamo indietro, andia-mo “giù”, quello è vero. Del cambiamento cli-matico si vedono gli effetti e gli scienziati dico-no chiaramente la strada da seguire. E tutti noi

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77OttobreOttobre20172017

abbiamo una responsabilità, tutti. Ognuno unaresponsabilità morale: nell’accettare, dare l’o-pinione o prendere decisioni. E dobbiamo pren-derlo sul serio. Credo che sia una cosa su cuinon scherzare, è molto seria. Lei mi chiede: qualè la responsabilità morale? Ognuno ha la sua.Anche i politici hanno la loro. Ognuno ha la pro-pria. Secondo la risposta che dà.Enzo Romeo, della RAI:Lei molte volte nei discorsi in Colombia ha richia-mato alla necessità di fare pace con il creato,rispettare l’ambiente come condizione neces-saria perché si possa creare una pace socialestabile. E vediamo gli effetti dei cambiamenti cli-matici anche in Italia: non so se èinformato, ci sono stati molti mor-ti a Livorno…Tanti danni a Roma…Quindi, siamo tutti coinvolti in que-sta situazione. Ma perché tarda unapresa di coscienza? Soprattutto daparte dei governi, che invece sem-brano così solleciti magari in altrisettori – sempre il discorso degli arma-menti: stiamo vedendo ad esem-pio la crisi della Corea. F: Il perché? Mi viene in mente unafrase dell’Antico Testamento: l’uo-mo è uno stupido, è un testardo chenon vede. L’unico animale delcreato che mette la gamba nella stes-sa buca è l’uomo. Il cavallo e gli altrino, non lo fanno. C’è la superbia,la presunzione di dire: “No, ma nonsarà così…”. E poi c’è il “dio Tasca”,no? Non solo riguardo al creato: tan-te cose, tante decisioni, tante contraddizioni ealcune di queste dipendono dai soldi. Oggi aCartagena io ho incominciato da una parte, chia-miamola povera, di Cartagena. Povera. L’altraparte, la parte turistica, lusso e lusso senza misu-re morali. Ma quelli che vanno di là non si accor-gono di questo? O gli analisti sociopolitici, nonsi accorgono? L’uomo è uno stupido, diceva laBibbia. E così, quando non si vuol vedere, nonsi vede. Si guarda soltanto da una parte. E del-la Corea del Nord, ti dico la verità, io non capi-sco, davvero. Perché davvero non capisco quelmondo della geopolitica. Ma credo che, per quel-lo che vedo, lì c’è una lotta di interessi che misfuggono, non posso spiegare davvero. Ma l’al-tro aspetto è importante: non si prende coscien-za. Pensa a Cartagena, oggi. Ma questo è ingiu-sto, e si può prendere coscienza?Valentina Alazraki, di “Televisa”:Santità, ogni volta che Lei incontra i giovani, inqualsiasi parte del mondo, dice sempre loro: “Nonvi fate rubare la speranza, non fatevi rubare l’al-legria e il futuro”. Purtroppo, negli Stati Uniti èstata abolita la legge dei “dreamers”, deisognatori: stiamo parlando di 800 mila ragaz-zi, moltissimi messicani, colombiani, di tanti Paesi.Lei non crede che con questa legge, con que-sta abolizione, questi ragazzi perdano l’allegria,la speranza, il futuro? E poi se Lei potesse fareuna piccola preghiera, un piccolo pensiero pertutte le vittime del terremoto in Messico e del-l’uragano Irma. Grazie.

F: Io ho sentito di questa legge; non ho potutoleggere gli articoli e come si prende la decisio-ne. Non la conosco bene, ma, primo, staccarei giovani dalla famiglia non è una cosa che dàun buon frutto, né per i giovani, né per la fami-glia. Io penso che questa legge – che credo ven-ga non dal Parlamento ma dall’Esecutivo – seè così, ma non sono sicuro, c’è speranza chela si ripensi un po’. Perché io ho sentito parla-re il Presidente degli Stati Uniti: si presenta comeun uomo pro-life, e se è un bravo pro-life capi-sce che la famiglia è la culla della vita e che sene deve difendere l’unità. Per questo, io ho interesse a studiare bene quel-

la legge. Ma, veramente in generale, quando igiovani si sentono sfruttati, come in tanti casi,alla fine si sentono senza speranza. E chi la ruba?La droga, le altre dipendenze, il suicidio… Il sui-cidio giovanile è molto forte, e succede quan-do vengono staccati dalle radici. E’ molto importante il rapporto di un giovane conle sue radici. I giovani sradicati oggi chiedonoaiuto: vogliono ritrovare le radici. Per questo ioinsisto tanto sul dialogo tra giovani e anziani,un po’ scavalcando i genitori, perché lì ci sonole radici. I giovani oggi hanno bisogno di ritro-vare le radici. Qualsiasi cosa che vada controle radici, ruba loro la speranza.Fausto Gasparroni, dell’Ansa:Santità, a nome del gruppo italiano voglio fareuna domanda sulla questione migranti, in par-ticolare sul fatto che recentemente la Chiesa ita-liana ha espresso una sorta di comprensioneverso la nuova politica del governo di restrin-gere sulla questione delle partenze dalla Libiae quindi degli sbarchi. Si è scritto anche che suquesto c’è stato un Suo incontro con ilPresidente del Consiglio Gentiloni. Vorremmosapere se c’è stato questo incontro e se effet-tivamente si è parlato di questo tema, e soprat-tutto cosa pensi Lei appunto di questa politicadi chiusura delle partenze, considerando ancheil fatto che poi i migranti che restano in Libia vivo-no in condizioni disumane, in condizioni molto,ma molto precarie. F: Prima di tutto, l’incontro con il Primo Ministro

Gentiloni è stato un incontro personale e nonsu questo argomento. E’ stato prima di questoproblema, venuto fuori quasi un mese dopo. Secondo: io sento il dovere di gratitudine ver-so l’Italia e la Grecia, perché hanno aperto il cuo-re ai migranti. Ma non basta aprire il cuore. Ilproblema dei migranti è, primo, cuore aperto,sempre. E’ anche un comandamento di Dio, diaccoglierli, “perché tu sei stato schiavo, migran-te in Egitto”, dice la Bibbia. Ma un governo devegestire questo problema con la virtù propria delgovernante, cioè la prudenza. Cosa significa? Primo: quanti posti ho? Secondo: non solo rice-verli, ma anche integrarli. Integrarli. Io ho visto

in Italia esempi di integrazionebellissimi. Quando sonoandato all’Università RomaTre, mi hanno fatto doman-de quattro studenti; una,l’ultima che ha fatto la doman-da, meno di un anno primaera venuta da Lesbo con menell’aereo. Ha imparato la lin-gua e siccome studiava bio-logia nella sua patria ha fat-to l’equiparazione e ha con-tinuato. Ha imparato la lingua.Questo si chiama integrare.In un altro volo – quando tor-navamo dalla Svezia, credo– ho parlato della politica diintegrazione della Sveziacome un modello, ma anchela Svezia ha detto, con pru-denza: “Il numero è questo;

di più non posso”, perché c’è il pericolo dellanon-integrazione. Terzo: c’è un problema uma-nitario, quello che Lei diceva. L’umanità pren-de coscienza di questi lager, lì? Delle condizionidi cui Lei parlava, nel deserto? Ci sono gli sfrut-tatori… Lei parlava del governo italiano: mi dàl’impressione che stia facendo di tutto per lavo-ri umanitari, per risolvere anche il problema chenon può assumere... Cuore sempre aperto, pru-denza, integrazione e vicinanza umanitaria. Ec’è un’ultima cosa che vale soprattutto per l’Africa.C’è nel nostro inconscio collettivo un motto, unprincipio: “L’Africa va sfruttata”. Oggi a Cartagena abbiamo visto un esempio disfruttamento, umano, in quel caso [quello deglischiavi]. E un capo di governo, su questo, hadetto una bella verità: “Quelli che fuggono dal-la guerra, è un altro problema; ma per tanti chefuggono dalla fame, facciamo investimenti lì, per-ché crescano”. Ma nell’inconscio collettivo c’èche ogni volta che tanti Paesi sviluppati vannoin Africa, è per sfruttare. Dobbiamo capovolgerequesto: l’Africa è amica e va aiutata a cresce-re. Poi, gli altri problemi, di guerre, vanno da un’al-tra parte. Non so se con questo ho chiarito…Xavier Le Normand, I.Media:Santità, oggi Lei ha parlato del Venezuela, dopol’Angelus. Ha chiesto che si respinga ogni tipodi violenza nella vita politica. Giovedì, dopo laMessa a Bogotá, Lei ha salutato cinque Presulivenezuelani. Lo sappiamo tutti: la Santa Sedeè stata ed è ancora molto impegnata per un dia-

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88 OttobreOttobre20172017

logo in quel Paese. E’ ormai da mesi che Leichiede la fine di tutte le violenze. Ma il presi-dente Maduro da un lato ha parole molto vio-lente contro i Vescovi, dall’altro lato dice che ècon Papa Francesco. Non sarebbe possibile ave-re parole più forti e forse più chiare?F: Credo che la Santa Sede abbia parlato for-te e chiaramente. Quello che dice il PresidenteMaduro, che lo spieghi lui: io non so cosa hanella sua mente. Ma la Santa Sede ha fatto tan-to: ha inviato là, in quel gruppo di lavoro dei quat-tro ex-presidenti, un Nunzio di primo livello; poiha parlato, ha parlato con persone, ha parlatopubblicamente. Io tante volte all’Angelus ho par-

lato della situazione cercando sempre un’usci-ta, aiutando, offrendo aiuto per uscire. Ma sem-bra che la cosa sia molto difficile, e quello cheè più doloroso è il problema umanitario: tantagente che scappa o soffre… Un problema umanitario che dobbiamo aiutarea risolvere in ogni modo. Io credo che le NazioniUnite debbano farsi sentire anche lì, per aiuta-re. Vi ringrazio tanto per il vostro lavoro. E unavolta in più, vorrei ringraziare l’esempio del popo-lo colombiano. E vorrei finire con un’immagine,quello che più mi ha colpito dei colombiani: nel-le quattro città (Il papa ha sostato e parlato nel-la capitale Bogotà, a Villavicencio dove si è tenu-to il grande incontro per la Riconciliazione Nazionale,

a Medellin e a Cartagena, n.d.R.) c’era la follasulla strada, salutando… Quello che più mi ha colpito è che i papà, le mam-me alzavano i loro bambini per farli vedere alPapa e perché il Papa desse loro la benedizione.Come dicendo: “Questo è il mio tesoro, que-sta la mia speranza, questo è il mio futuro. Ioci credo”. Questo mi ha colpito. La tenerezza. Gli occhidi quei papà e di quelle mamme. Bellissimo, bel-lissimo! Questo è un simbolo, simbolo di spe-ranza di futuro. Un popolo che è capace di farebambini e poi mostrarli, farli vedere così, comedicendo: “Questo è il mio tesoro”, è un popoloche ha speranza e ha futuro.

Sara Gilotta

“E come potevamo noi cantare...”

Alle fronde dei saliciE come potevamo noi cantare

Con il piede straniero sopra il cuoreTra i morti abbandonati nelle piazze

Sull’’erba dura di ghiaccio, al lamentoD’agnello dei fanciulli, all’urlo neroDella madre che andava incontro

al figlioCrocifisso sul palo del telegrafo.Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,oscillavano lievi al triste vento.

“E come potevamo noi cantare” è il ver-so iniziale della poesia di Salvatore Quasimodointitolata “alle fronde dei salici”, che mi ètornata alla memoria, mentre l’Europa e ilmondo continuano ad essere vittime di stra-gi di innocenti perpetrate, persino da cri-minali giovanissimi o addirittura minoren-ni. Perché appare difficile per tutti, comeaccadde al poeta per i drammi della secon-da guerra mondiale, non dico dimentica-re, ma anche solo cercare di comprende-re che cosa davvero può muovere dei gio-vani ad uccidere. Che cosa li spinge, forse illusioni falsamente religio-se o forse, ed è ancora più terribile, il desiderio di denaro? Le risposte non esistono, anzi, di fronte a tale realtà la condizione tem-porale dell’uomo non presenta nessuna speranza e il pessimismo diven-ta irriducibile ed insuperabile anche con l’aiuto della fede. In un certo senso in un presente tanto drammatico molti di noi finisconoper avvertire l’inutilità di qualunque reazione positiva convinti che sareb-be comunque sconfitta dagli eventi che sembrano indurci ad un rifiu-to sempre più radicale dell’altro non solo se è musulmano o ha la col-pa di essere migrante, ma verso tutti gli altri, chiudendoci in un indivi-dualismo che è solo solitudine e rabbia. Perché, secondo me, il malesupremo che sta avvolgendo il mondo occidentale, sta nella incapaci-tà generale di conservare e mostrare la propria identità. Identità, nelcaso dei cristiani, che non può essere “contro”, ma che deve essere ilmezzo per antonomasia di confronto e di apertura, nella convinzioneche il confronto tanto più rafforza l’individuo, quanto più egli sente for-te e chiara la propria identità innanzitutto religiosa e culturale. D’altra parte, come continua il poeta, non si può rimanere indifferenti“all‘urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo

del telegrafo” un‘immagine drammaticaresa ancora più vivida dalla semplicitàrealistica del linguaggio, che unisce lacroce al palo del telegrafo a ricordareche il pianto delle madri inconsolabile èil più sacro dei pianti che, purtroppo, habagnato e bagna le vie della storia.A Quasimodo sembra insufficiente ogniparola poetica, a noi resta l’impossibi-lità di accettare tanta malvagità di scel-te compiute, almeno così sembra, conla leggerezza di chi nella vita non nutrese non sentimenti di delusione e di rab-bia evidentemente mai colmati da nes-sun atto di amore. E così, mentre non possiamo tutti noi nonpartecipare al dolore di chi ha perso unproprio caro, è necessario, secondo me,cercare di uscire dalla prigione che permolti ormai la terra tutta rappresenta, pertentare, ognuno e tutti, di reificare la ter-ra stessa e la storia che vi si svolge alme-no nel tentativo di mutare qualcosa nel-la realtà, iniziando dalla convinzione chenoi tutti che, molto spesso orgogliosa-mente, rivendichiamo il diritto di esse-re parte essenziale della società in cuiviviamo, di contribuire meglio e di più aguardare all’umanità non come una mas-sa inerte, incomprensibile ed inconoscibile,

ma a qualcosa di vivo con cui entrare in contatto, con cui confrontarsie discutere, per far sì che le coscienze si aprano all’amore nella con-sapevolezza che tutti senza differenze siamo creature di Dio, che solo,può aiutarci nella nostra ineliminabile fragilità.E’ questa consapevolezza che ci deve aiutare altresì ad uscire dai pre-giudizi (come ripete il Papa, vero maestro di verità e di libertà), per cer-care di considerare gli altri non semplicemente per come li vorremmo,ma per quello che sono e che a loro volta ci possono dare. Ma peravvicinarci a tale realtà è necessario rivelarsi innanzitutto per come siè spiritualmente, non nascondendosi dietro sovrastrutture che propongonosolo false verità precostituite e non disponibili a seguire l’evoluzione del-la persona, che in ogni istante della sua vita deve essere capace diascoltare e di ascoltarsi, per partecipare davvero al cambiamento di cuiil mondo ha bisogno. Solo così si può tentare di uscire dal malesserein cui il mondo intero è immerso e che gli uomini, forse come non mai,avvertono essere senza scampo, senza uscite di sorta come in un dram-ma di cui si sentono spettatori inconsapevoli .

Nell’immagine: Strage degli innocenti, miniatura medioevale.

segue da pag. 7

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99OttobreOttobre20172017

Antonio Bennato

NNon chiedetemi, a proposito di Giosuè, se la presadi Gerico sia avvenuta proprio così come è statascritta nella Bibbia. Lascio la risposta agli archeo-

logi, agli storici, tra i quali molti dicono che quando Giosuèe il suo popolo arrivò a Gerico, Gerico era già un rudere.Gerico, in arabo, si dice Aj, che significa appunto rudere.Fu come se Dio avesse già combattuto lui stesso per il suopopolo. In altre parole, Gerico si presentava come un can-tiere in rovina, e si trattava di ricostruire una città per il popo-lo, per uomini e anime. A noi, in verità, tutto questo interessamolto poco. Sì, i dati storici sono presenti, ma molto più chedella grande narrazione epica, ci interessa la narrazione reli-giosa. Io penso che le storie della Bibbia siano state ispi-rate dallo Spirito perché noi potessimo portarle nella nostravita. Ancora una volta è necessario mettersi in ascolto del-lo Spirito che parla attraverso l’antico profeta. La prima cosa che è da farsi quando si arriva nel posto di cui si desi-dera prendere possesso, è quella di sapere com’è la gente che ci abi-ta. I figli d’Israele si trovarono davanti a Gerico, la videro fortificata conuna doppia cinta di mura possenti, e Giosuè, per sapere se ad abitar-la fosse gente guerriera, mandò da Sittim due esploratori. Quei due tro-varono alloggio per la notte presso una prostituta, la quale li accolse eli trattò bene perché lei e tutti gli abitanti tremavano davanti agli israe-liti; avevano saputo ciò che il Signore aveva fatto per loro separandole acque del Mar Rosso. E Raab persino li nascose al mal volere delre che voleva interrogarli. In seguito, il Signore disse a Giosuè ciò che doveva fare e Giosuè con-vocò i sacerdoti e ordinò loro di prendere l’arca dell’alleanza e a settedi essi di portare ognuno una tromba di corno d’ariete; l’arca sarebbestata preceduta dagli uomini armati e seguita dal popolo. Poi, Giosuèistruì anche il popolo: “Non gridate” disse “non fate sentire la vostra voce:neppure una parola esca dalla vostra bocca fino al giorno in cui io vidirò: Gridate! Allora griderete.”Per sei giorni, una sola volta al giorno, il popolo camminò lungo le mura;sembrava uscito in cerca d’aria buona, con il cielo pulito e con gli uccel-li che stavano un po’ per gioco a sentire il suono dei corni d’ariete, unsuono che accresceva l’ardore delle loro ali e di quella sacra liturgia.Quel popolo camminava… oh, non più come una volta protetto, illumi-nato dalla parte lucente di una colonna di nube… adesso, camminavadietro una colonna di silenzio. Fra il popolo non correva più il fragore dei lamenti, non disquisiva più,bla bla, sul modo strano di condurre l’attacco, non mormorava controGiosuè come già fecero molte volte i loro padri contro Mosè. C’eranosette corni d’ariete, sette jobel che suonavano, sette jobel che invita-vano, come dice la stessa parola in ebraico, al giubilo; e c’era la colon-na del loro silenzio. Dio chiese silenzio. E il silenzio aiutò il popolo adentrare in uno stupore interiore. Cercherò di spiegarmi meglio. Per pri-ma cosa, il popolo, attraverso il silenzio, attraverso la melodia giubilantedei sette corni d’ariete, entrò nella sua fragilità, ascoltò quella fragilità,e la vide tutta trasfigurata dall’Amore che li trasse fuori dalla schiavitù.La fragilità era proprio dentro l’Amore, era la materia che l’Amore tra-sfigurava, e il cuore di ognuno fu immesso in una corrente di affetto, ilcuore di ognuno pulsò e giubilò verso il Divino Liberatore. Cosicché, ilpopolo dal silenzio si sollevò allo stupore; ammirò i prodigi fatti in pas-

sato dal suo Signore. Il popolo li ammirò e li gustò e li interrogò, e i pro-digi si fecero consolazione per il presente, per il futuro, e per questofurono portati a perseverare in quella marcia, ad attendere con fiducia.Si può dire che la melodia dei corni d’ariete cullasse la speranza delpopolo, ma anche si può dire che fu la speranza a sostenere la melo-dia. Ripeterono la marcia per sei giorni, al settimo giorno la ripeteronosette volte, e il popolo capiva perché dovevano ripetere, nessuno si illu-deva di poter ottenere tutto e subito, l’impegno per un bene richiedesempre perseveranza. Sentinelle e curiosi si affacciavano sulle mura e potevano deridere quan-to volevano, ma la derisione non frenò la marcia d’Israele. Per la gente di Gerico quel popolo era un popolo di mendicanti che per-severavano in un disperato girare intorno alle mura. Se proprio dove-vano, potevano ammettere che c’era negli israeliti qualcosa, qualche-cosina di religioso, e basta, non uno sguardo giusto sulla realtà, e larealtà era che Gerico aveva mura possenti e uomini valorosi in batta-glia. Perciò, nessuno si affrettava a parlare con il capintesta di quei pove-ri, a dialogare, a capire. Sette giorni di derisione, sette giorni in offesaal dialogo; e fu spianata la strada verso la distruzione. Al segnale di Giosuè,il Signore Dio discese nel grido di guerra d’Israele e nel suono delletrombe di corno. La mistica del silenzio, poi quella del grido potente,spezzò l’orgoglio delle mura; e le mura, che per il Signore contavanoquanto un pulviscolo, crollarono. Lo sterminio che seguì la caduta delle mura non può farci agghiaccia-re. Il libro fu scritto al tempo di Giosia, ed era un tempo di violenza quo-tidiana. Lo scrittore scrisse come se Dio potesse avallare la violenzadi quel tempo. A me piace pensare che si poté fondare una nuova cit-tà. Nuova, dove i figli d’Israele potevano colmarsi della presenza di Dio. Inoltre, tutto questo mi porta a pensare che quando la nostra fragilitàsi stupirà dei doni ricevuti in passato dall’Amore, Dio colmerà anche noidella sua presenza. E mi piace pensare anche a Raab salva con tuttala sua famiglia. Salva, perché accolse i due esploratori e li difese; edè diventata simbolo dell’accoglienza. Simbolo di tutti i poveri che si muo-vono come un fiume sotterraneo nella storia e permettono, con la ricon-ciliazione, con il perdono, che nel mondo accada ancora la pace.

Nell’immagine: La Porta del Paradiso, Giosuè, la caduta delle mura di Gerico,part. Battistero di Firenze, Lorenzo Ghiberti, 1425 - 1452.

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1010 OttobreOttobre20172017

don Carlo Fatuzzo

«Per i cristiani la SacraScrittura non è soltanto

la fonte della rivelazione, labase della fede, ma anche

l’imprescindibile punto di riferimento della morale.

I cristiani sono convintiche, nella Bibbia,

si possano trovare indicazioni e norme

per agire rettamente e per raggiungere la vita piena».

CCosì esordisce il docu-mento della PontificiaCommissione Biblica

dal titolo Bibbia e morale. Radicibibliche dell’agire cristiano, pub-blicato nel 2008. È noto l’impulso dato dal ConcilioVaticano II affinché lo statuto epistemologico diogni disciplina teologica ricerchi le proprie radi-ci nella Sacra Pagina, ossia nella Parola di Dio,quale fonte primaria di ogni discorso e argomentazionerelativa a qualsivoglia ambito d’interesse teo-logico. Anche la teologia morale, ossia la rifles-sione sulle azioni umane alla luce della fede cri-stiana, non si sottrae a tale esigenza, come con-fermato dall’enciclica di San Giovanni Paolo IIsull’insegnamento morale della Chiesa, laVeritatis splendor (1993).Tale enciclica, com’è noto, sceglie come pun-to di partenza ed elemento fondante di tutte leargomentazioni morali della Chiesa, la doman-da del giovane ricco a Gesù, riferita dall’evan-gelista Matteo: «Maestro buono, cosa devo faredi buono per avere la vita eterna?» (Matteo 19,16). La vita eterna, che è la vera principale aspi-razione umana, implica alcune esigenze mora-li (un cosa, un devo, un fare, un buono, un per),le cui risposte sono profondamente radicate nel-

la Parola di Dio.È opportuno quindi accostare la lettura della Bibbiae la riflessione sui fondamenti morali del com-portamento cristiano, poiché si tratta di due atti-vità che giustamente si intersecano a vicenda,proprio per quel sensus moralis che insegna quodagas, cioè quel particolare significato della Paroladi Dio che esige di mettere in pratica con l’a-zione quanto essa dice.L’istinto umano, tanto nella società odierna quan-to in quella di sempre, è tentato di rifiutare lasottomissione a obblighi e comandamenti, perun desiderio di felicità che si suppone perseguibilesoltanto per mezzo di una libertà illimitata e per-tanto recalcitrando a ogni vincolo normativo. Del resto, una seconda difficoltà che talora hagenerato un certo scetticismo sulla validità per-manente delle implicazioni pratiche dellaScrittura proviene dalla distanza cronologica chesepara la stesura dei testi sacri dall’attualità dinuovi problemi, nuove situazioni e nuovi con-testi socioculturali dell’uomo contemporaneo.

In verità, la Sacra Scrittura rivela prin-cipalmente «l’agire di Dio che pre-

viene quello dell’uomo, i Suoi donidi grazia, il Suo invito alla comu-nione: il complesso normativo è

una conseguenza per indicareall’uomo quale sia ilmodo adeguato di acco-gliere il dono di Dio e di

viverlo». La morale cristiana si

riassume tutta nel-l’amore: e noi non

potremmo amarecome Dio vuole

se non acco-gliessimo prima ditutto l’Amore che

abbiamo rice-vuto da Lui.

Alla base del-l’antropologia biblica,

alla quale è subordinatala teologia morale, vi è la

creazione dell’uomo a immagine e somiglian-za di Dio, di quel Dio che è Amore. Questo documento della Commissione Biblicachiarisce che la Parola di Dio, se è vero che nonpuò offrire soluzioni dirette e preconfezionate amolti problemi odierni, presenta tuttavia criteripermanenti la cui applicazione indirizza eorienta in modo valido l’agire umano. Su tutti gli altri, il criterio principe è sempre laconformità all’esempio concreto della Personadi Gesù Cristo. Si comprende dunque come siapossibile dedurre una morale universale che con-verga su alcuni punti di forza trasversali a tut-te le culture di tutti i tempi e che al contemposi contrapponga ad altri punti con essa incom-patibili.Cercare nella Bibbia le radici del corretto agirecristiano significa confessare di riconoscere chela dottrina morale è desunta da un dato rivela-to da Dio stesso: è un dono divino, che richie-de in risposta un’adesione umana. Sin dai rac-conti della creazione nella Genesi, l’uomo crea-to a immagine e somiglianza di Dio appare capa-ce di una responsabilità morale: a tale respon-sabilità richiamano con tono a volte tuonante isalmi e gli scritti profetici.Modello di una piena conformità alla volontà diDio (che altro non è se non l’adeguazione del-l’agire morale alle sollecitazioni della Parola diDio) è il comportamento di Gesù, il quale ha det-to e sempre ci ripete: «vi ho dato un esempio,perché anche voi facciate come io ho fatto»(Giovanni 13, 15).

Nell’immagine: Gesù e il giovane ricco, part.,Ruler Heinrich Hofmann, 1889.

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1111OttobreOttobre20172017

Stanislao Fioramonti

Meinardo nacque in Germania nel 1134-1136. Da due cronache dell’epocamolto affidabili abbiamo poche

notizie sulla sua vita e apostolato. Fu monacoin un convento agostiniano della Congregazionedei Canonici Regolari Lateranensi pressoSegeberg nello Holstein. Spinto dal desiderio di annunciare il Vangelo aipagani, non più giovane decise di recarsi mis-sionario in Livonia, regione dell’Europa nord-orien-tale corrispondente all’attuale Lettonia. Siimbarcò dunque come cappellano su una navemercantile di Lubecca e, sbarcato nel golfo diRila (Riga), chiese e ottenne dal principe rus-so Wladimiro di Polotzk il permesso di predi-care ai pagani indigeni.Nel 1184 Meinardo costruì la prima chiesa del-la città di Ikskile (Uxkull), sulla riva destra del-la Daugava (Dvina). Due anni dopo informò l’ar-civescovo di Brema Hartwig II del suo aposto-

lato: questi lo consacrò dun-que primo vescovo deiLivoni ed esortò il papaClemente III a riconosce-re ufficialmente la nuova dio-cesi di Uxkull come suf-fraganea di Brema, cosa cheavvenne il 25 settembre 1188.La missione creata daMeinardo assunse semprenuovi compiti sino a dive-nire sproporzionata alleforze di una sola persona.Ma l’arcivescovo Hartwig erastato esiliato e fu dunquenecessario tentare di otte-nere qualche aiuto daRoma. Il 27 aprile 1191 il papaCelestino III autorizzò l’e-piscopus Livoniae gentis di

cercare qualche aiuto nella sua patria, anchese ormai l’entusiasmo iniziale si era spento e iLivoni non nutrivano più molta fiducia e simpatianei confronti dei tedeschi. Trovatosi dunque al punto di partenza, a Meinardonon restò che inviare a Roma il monaco cister-cense Teodorico, suo prezioso collaboratore, incerca di aiuti. Celestino III concesse allora un’in-dulgenza a chi si fosse reso disponibile a par-tire per una crociata in difesa e in supporto allaneonata Chiesa della Livonia.Meinardo, ormai anziano e di salute cagione-vole, morì ancor prima di veder arrivare gli aiu-ti tanto sospirati, amareggiato per l’apparentefallimento dell’opera per cui aveva profuso tan-te energie. La data più probabile della sua mor-te sembra l’11 ottobre 1196, anche se alcunefonti segnalano il 12 aprile e il 14 agosto. Trail 1380 e il 1390 i suoi resti furono traslati nelduomo di Riga, attuale capitale lettone.Il Bruiningk rilevò parecchie tracce del culto tri-butato da tempo immemorabile a Meinardo comesanto. L’8 settembre 1993, durante un viaggioapostolico in quella terra, Giovanni Paolo II ripri-stinò ufficialmente il culto del santo vescovo, fis-

sandone la memoria liturgica all’11 ottobre.All’inizio del secondo millennio nelle terre bal-tiche vivevano isolati gli ultimi pagani d’Europa.Pertanto con le cosiddette “crociate del Nord”i sovrani occidentali iniziarono la conquista el’evangelizzazione di quelle terre, che così fece-ro il loro ingresso nella storia. La conquista, accom-pagnata da forte migrazione e colonizzazione,fu sostenuta soprattutto dai cavalieri-monacidell’Ordine Teutonico, che crearono uno sta-to monastico confermato dall’imperatore FedericoII e dal papa Gregorio IX.Nell’odierna ESTONIA sorsero tre diocesi, due(Dorpat e Osel-Wierk) nelle terre dell’Ordine Teutonico,una Raval (Tallin) nella parte nord, sottopostaalla Danimarca fino al 1346. Le tre sedi erano suffraganee dell’arcidiocesidi Riga, città della LETTONIA, o meglio dellaparte nord-orientale di questa regione, chiamataLIVONIA (la sua parte centrale era la SEMGALLIA).Il nome di Livonia comparve nel 1186, quandofu istituita la prima diocesi della regione nellacittà di Ikskile (Uxkull), sulla riva destra della Daugava(Dvina), dove due anni prima san Meinardo ave-va costruito la prima chiesa della zona. Il secon-do vescovo di Uxkull, il cistercense Berthold,nel 1201 trasferì la sede vescovile a Riga, cit-tà di nuova fondazione alla foce della Dvina, enel 1202 la diocesi di Riga divenne suffraga-nea dell’arcidiocesi di Brema.Lo stesso anno Albrecht von Buxthoeven, nomi-nato da Innocenzo III primo vescovo di Livonia,fondò l’ordine monastico militare dei Cavalieriportaspada (Fratres Militiae Christi), con rego-la basata su quella dei cavalieri templari, percristianizzare la regione intorno al golfo di Riga,le cui popolazioni pagane (curi, livoni, seloni-ci, semgalli, letgalli) erano a quei tempi anco-ra terra di frontiera del cristianesimo. Ma i Livoni non volevano rinunciare ai propri ritipagani. La situazione degenerò quando missionaricristiani non armati inviati nella regione furonomassacrati. Innocenzo III decise allora di pro-clamare una crociata e incaricò l’Ordine deiPortaspada di conquistare e controllare la regio-

continua nella pag. 12

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1212 OttobreOttobre20172017

ne.Nel 1206 Vinne de Rohrbach, primo Gran mae-stro dell’Ordine (1204-1209), vinse la battagliadi Riga e convertì la Livonia al cristianesimo,assumendo il titolo di Principe di Livonia. Nel 1218 il vescovo di Riga Alberto diBuxthoeven, vedendo che l’Ordine dimostravadi non considerarsi suo vassallo, chiese appog-gio al re di Danimarca Valdemaro II; questi inve-ce si alleò con l’Ordine e invase il nord dell’Estonia.

Il secondo Gran Maestro, Volquin von Naumburg(1209-1236), il 1° dicembre 1225 favorì l’ingressodell’Ordine (e del paese baltico) nel Sacro RomanoImpero, quindi nell’orbita tedesca.Nel 1236 i Cavalieri Portaspada furono disfat-ti presso Bauska nella battaglia di Siauliai daiSemgalli e dai Lituani, cui cedettero la Livonia;e persero anche la loro autonomia, essendo inglo-bati con i loro feudi dall’Ordine Teutonico (12maggio1237).Nel 1561 la Confederazione della Livonia (checomprendeva le moderne Lettonia ed Estonia)passò al Protestantesimo, mentre politica-mente nel 1621 fu occupata dagli Svedesi e nel1710 dall’impero russo, sotto il quale restò fino

all’indipendenza dei Paesi Baltici (1922). Fu creata allora dal Vaticano in quella regionela Delegazione Apostolica di Lettonia (che comenuovo stato aveva ottenuto l’indipendenza il 18novembre 1918), divenuta InternunziaturaApostolica (1925) e quindi Nunziatura (1935).I Cattolici in Lettonia sono oggi il 17% ed han-no come riferimenti principali la Diocesi di Rigae il Santuario di Anglona. In Estonia invece la prima parrocchia cattoli-ca fu istituita nel 1845 a Tallinn (SS. Pietro ePaolo). Raggiunta l’indipendenza dopo la I GM,inizialmente fu sotto la giurisdizione religiosa diRiga; nel 1924 fu istituita l’Amministrazione Apostolicae la diocesi di Tallinn, la cui chiesa dei SS. Pietro

e Paolo divenne cat-tedrale. Dopo la II GM la nazio-ne subì l’occupazio-ne sovietica e solodopo 50 anni di sedevacante fu nomina-to un nuovoAmministratore apo-stolico. I cattolici rap-presentano attual-mente solo lo 0,4%degli abitanti.

Le rovine della chiesa di Uxkull costruita da Meinhard nel 1184, sulla

riva destra del fiume Daugava (Dvina), nell'attuale Lettonia, il più antico

edificio in pietra di stile romanico del Baltico.

(Fonte: http://www.teutonic.altervista.org)

Una ricostruzione della fortezza di Uxkull.

(Fonte: http://www.teutonic.altervista.org)

segue da pag. 11

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1313OttobreOttobre20172017

don Andrea Pacchiarotti*

CCome detto nell’articolo precedente del mese di Ottobre, diamoinizio con quest’articolo a una serie di riflessioni sulla Liturgia,alla ricerca della sua natura, dei suoi contenuti, delle sue espres-

sioni. Per approfondire il concetto di Liturgia, cominciamo da ciò cheindichiamo con tale termine a livello etimologico e storico. Quasi quotidianamente facciamo uso del termine Liturgia, ma qual è l’o-rigine e il significato di questa parola? Proveniente dalla lingua grecaclassica, il termine Liturgia, è composto dalla radice leit (da laós, popo-lo) e ergon (ergazomai: agire, operare). Il termine così composto signi-fica direttamente «azione per il popolo», in genere un’opera pubblica,tanto che il verbo leitourgein era usato per indicare l’attuazione di pub-blici compiti per la città o per lo Stato. Detto ciò, il termine Liturgia nell’uso civile significava un servizio pub-blico, liberamente accettato, in favore del popolo. Nell’epoca ellenistica(dal 323 a.C.) il termine Liturgia perse il suo carattere originario di gra-tuità e di pubblicità e venne a indicare un servizio, sia oneroso sia volon-tario, fatto alla comunità o anche a un padrone. Sempre in epoca elle-nistica, s’iniziò a indicare con Liturgia anche il servizio che si deve ren-dere agli dei, soprattutto nelle religioni dei misteri, da persone a ciò inca-ricate. Verso l’anno 200 a.C., ad Alessandria d’Egitto fu tradotta la Bibbiadall’originale ebraico in greco, per opera dei cosiddetti Settanta. Nel testo greco dell’Antico Testamento il termine Liturgia compare cir-ca 170 volte. Esso traduce due verbi ebraici sherèt e abhàd. I LXX, tut-tavia, nella traduzione seguirono quest’accorgimento: ogni volta che idue termini ebraici erano riferiti al culto prestato a IHWH dai sacerdotie dai leviti nel tempio, furono costantemente tradotti con Leitourgia. Quandoinvece gli stessi termini ebraici indicavano il culto reso a IHWH dal popo-lo, furono tradotti con latria e dulia.È evidente che i LXX, con quest’accorgimento linguistico, desideraronodare alla parola “liturgia” un significato tecnico ufficiale di «culto leviti-co» prestato da una particolare categoria di persone secondo un ceri-moniale stabilito nei libri sacri della Legge. Liturgia era la forma miglio-re e più elevata del culto reso al Signore da parte di persone proprioper questo scelte e consacrate. Nel Nuovo Testamento, invece il termi-ne Liturgia ricorre soltanto quindici volte: cinque volte con un significa-to profano, quattro volte in senso rituale-sacerdotale secondo l’AT, solo

tre volte in senso di culto spirituale (Rm 15,16; Fil 2,17) e di culto ritua-le cristiano (At 13,2). In Rm 15,6, l’Apostolo Paolo si dichiara ministro-liturgo di Cristo; la predicazione del Vangelo è per Paolo un’azione litur-gico-sacerdotale perché ha come scopo l’offerta dei pagani come sacri-ficio gradito a Dio. In Fil 2,17 Paolo dichiara di essere pronto a «esse-re versato in libazione sul sacrificio e sulla Liturgia della fede» dei Filippesi.Solo in At 13,2, “Mentre essi facevano Liturgia al Signore e digiunava-no, lo Spirito Santo disse...” possiamo trovare il significato più vicino aquello che poi indicherà la liturgia cristiana. Perché un utilizzo cosi limitato nel Nuovo Testamento? Il motivo è sem-plice: perché la nuova economia salvifica inaugurata da Cristo doveva«completare» le antiche istituzioni nella linea indicata dai profeti, che dura-mente contestato la liturgia levitica, ridotta a esteriorità e formalismo.Si comprende così come l’antico significato di Liturgia (templare, sacer-dotale-levitico) fosse piuttosto riduttivo per gli Autori neotestamentari, tan-to da costringerli a farne un uso piuttosto limitato; preferirono molto par-lare di latria, dulia intesa come culto sacerdotale-spirituale di tutto il popo-lo della nuova alleanza.Per questi motivi, nell’Occidente latino il termine Liturgia non riuscì cosipresto a liberarsi del significato negativo che si portava dietro a segui-to della tradizione veterotestamentaria. Basti pensare che nella Chiesapost-apostolica, mentre si traslitterano dal greco in latino molte parole(es. Episcopus, Presbyter, Diaconus, Apostolus, Propheta, Eucharistìaecc.), per Liturgia si fa ricorso a espressioni come officium, ministerium,servitium. L’Oriente greco conservò invece il termine Liturgia, ma per indi-care l’azione cultuale per eccellenza del popolo cristiano, cioè la litur-gia eucaristica. Occorre attendere il secolo XVI, a seguito della riscoperta della classi-cità greca in Occidente, per veder comparire di nuovo il termine Liturgia.Si scrivono libri sulla Liturgia greca, sulla Liturgia latina (intesi come ritie formulari riguardanti la Messa). Nel linguaggio ecclesiastico ufficialelatino il termine Liturgia comincia ad apparire solo nella prima metà delsecolo XIX con Gregorio XVI (1832) e con Pio IX (1864). Diventa usua-le con san Pio X (1903). Per Liturgia s’intende la ritualità cerimoniale erubricale. Con gli inizi del secolo XX il termine Liturgia man mano chese ne fa un uso sempre più frequente, vede svilupparsi il proprio signi-ficato.

*Direttore dell’Ufficio Liturgico diocesano

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1414 OttobreOttobre20172017

Cari fratelli e sorelle,

anche quest’anno la Giornata MissionariaMondiale ci convoca attorno alla persona di Gesù,«il primo e il più grande evangelizzatore» (PaoloVI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 7), che con-tinuamente ci invia ad annunciare il Vangelo del-l’amore di Dio Padre nella forza dello Spirito Santo.Questa Giornata ci invita a riflettere nuovamentesulla missione al cuore della fede cristiana. Infatti,la Chiesa è missionaria per natura; se non lofosse, non sarebbe più la Chiesa di Cristo, maun’associazione tra molte altre, che ben prestofinirebbe con l’esaurire il proprio scopo e scom-parire. Perciò, siamo invitati a porci alcune doman-de che toccano la nostra stessa identità cristianae le nostre responsabilità di credenti, in un mon-do confuso da tante illusioni, ferito da grandi fru-strazioni e lacerato da numerose guerre fratri-cide che ingiustamente colpiscono specialmentegli innocenti. Qual è il fondamento della missione?Qual è il cuore della missione? Quali sono gliatteggiamenti vitali della missione?

La missione e il potere trasformantedel Vangelo di Cristo, Via, Verità e Vita

1. La missione della Chiesa, destinata a tutti gliuomini di buona volontà, è fondata sul poteretrasformante del Vangelo. Il Vangelo è una BuonaNotizia che porta in sé una gioia contagiosa per-ché contiene e offre una vita nuova: quella diCristo risorto, il quale, comunicando il suo Spiritovivificante, diventa Via, Verità e Vita per noi (cfr

Gv 14,6). È Via che ci invita a seguirlo con fidu-cia e coraggio. Nel seguire Gesù come nostraVia, ne sperimentiamo la Verità e riceviamo lasua Vita, che è piena comunione con Dio Padrenella forza dello Spirito Santo, ci rende liberi daogni forma di egoismo ed è fonte di creativitànell’amore.

2. Dio Padre vuole tale trasformazione esistenzialedei suoi figli e figlie; trasformazione che si espri-me come culto in spirito e verità (cfr Gv 4,23-24), in una vita animata dallo Spirito Santo nel-l’imitazione del Figlio Gesù a gloria di Dio Padre.«La gloria di Dio è l’uomo vivente» (Ireneo, Adversushaereses IV, 20, 7). In questo modo, l’annun-cio del Vangelo diventa parola viva ed efficaceche attua ciò che proclama (cfr Is 55,10-11), cioèGesù Cristo, il quale continuamente si fa car-ne in ogni situazione umana (cfr Gv 1,14).

La missione e il kairos di Cristo

3. La missione della Chiesa non è, quindi, la dif-fusione di una ideologia religiosa e nemmenola proposta di un’etica sublime. Molti movimentinel mondo sanno produrre ideali elevati o espres-sioni etiche notevoli. Mediante la missione del-la Chiesa, è Gesù Cristo che continua ad evan-gelizzare e agire, e perciò essa rappresenta ilkairos, il tempo propizio della salvezza nella sto-ria. Mediante la proclamazione del Vangelo, Gesùdiventa sempre nuovamente nostro contemporaneo,affinché chi lo accoglie con fede e amore spe-rimenti la forza trasformatrice del suo Spirito diRisorto che feconda l’umano e il creato comefa la pioggia con la terra.«La sua risurrezione non è una cosa del pas-

sato; contiene una forza di vitache ha penetrato il mondo.Dove sembra che tutto sia mor-to, da ogni parte tornano adapparire i germogli dellarisurrezione. È una forzasenza uguali» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 276).

4. Ricordiamo sempre che «all’i-nizio dell’essere cristianonon c’è una decisione eticao una grande idea, bensì l’in-

contro con un avvenimento, con una Persona,che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciòla direzione decisiva» (Benedetto XVI, Lett. enc.Deus caritas est, 1). Il Vangelo è una Persona, la quale continuamentesi offre e continuamente invita chi la accogliecon fede umile e operosa a condividere la suavita attraverso una partecipazione effettiva al suomistero pasquale di morte e risurrezione. Il Vangelo diventa così, mediante il Battesimo,fonte di vita nuova, libera dal dominio del pec-cato, illuminata e trasformata dallo SpiritoSanto; mediante la Cresima, diventa unzione for-tificante che, grazie allo stesso Spirito, indicacammini e strategie nuove di testimonianza eprossimità; e mediante l’Eucaristia diventacibo dell’uomo nuovo, «medicina di immortali-tà» (Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios,20, 2).

5. Il mondo ha essenzialmente bisogno del Vangelodi Gesù Cristo. Egli, attraverso la Chiesa, con-tinua la sua missione di Buon Samaritano, curan-do le ferite sanguinanti dell’umanità, e di BuonPastore, cercando senza sosta chi si è smarri-to per sentieri contorti e senza meta. E graziea Dio non mancano esperienze significative chetestimoniano la forza trasformatrice del Vangelo.Penso al gesto di quello studente Dinka che, acosto della propria vita, protegge uno studen-te della tribù Nuer destinato ad essere ucciso.Penso a quella celebrazione eucaristica a Kitgum,nel Nord Uganda, allora insanguinato dalla fero-cia di un gruppo di ribelli, quando un missionariofece ripetere alla gente le parole di Gesù sullacroce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abban-

continua nella pag. accanto

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1515OttobreOttobre20172017

donato?», come espressione del grido dispe-rato dei fratelli e delle sorelle del Signore cro-cifisso. Quella celebrazione fu per la gente fon-te di grande consolazione e tanto coraggio. E possiamo pensare a tante, innumerevoli testi-monianze di come il Vangelo aiuta a superarele chiusure, i conflitti, il razzismo, il tribalismo,promuovendo dovunque e tra tutti la riconcilia-zione, la fraternità e la condivisione.

La missione ispira una spiritualitàdi continuo esodo,

pellegrinaggio ed esilio

6. La missione della Chiesa è animata da unaspiritualità di continuo esodo. Si tratta di «usci-re dalla propria comodità e avere il coraggio diraggiungere tutte le periferie che hanno biso-gno della luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangeliigaudium, 20). La missione della Chiesa stimola un atteggia-mento di continuo pellegrinaggio attraverso i varideserti della vita, attraverso le varie esperien-ze di fame e sete di verità e di giustizia. La mis-sione della Chiesa ispira una esperienza di con-tinuo esilio, per fare sentire all’uomo assetatodi infinito la sua condizione di esule in cammi-no verso la patria finale, proteso tra il “già” e il“non ancora” del Regno dei Cieli.

7. La missione dice alla Chiesa che essa nonè fine a sé stessa, ma è umile strumento e media-zione del Regno. Una Chiesa autoreferenzia-le, che si compiace di successi terreni, non èla Chiesa di Cristo, suo corpo crocifisso e glo-rioso. Ecco allora perché dobbiamo preferire «una

Chiesa accidentata, ferita e sporca per essereuscita per le strade, piuttosto che una Chiesamalata per la chiusura e la comodità di aggrap-parsi alle proprie sicurezze» (ibid., 49).

I giovani, speranza della missione

8. I giovani sono la speranza della missione. Lapersona di Gesù e la Buona Notizia da Lui pro-clamata continuano ad affascinare molti giova-ni. Essi cercano percorsi in cui realizzare il corag-gio e gli slanci del cuore a servizio dell’umani-tà. «Sono molti i giovani che offrono il loro aiu-to solidale di fronte ai mali del mondo e intra-prendono varie forme di militanza e di volonta-riato [...]. Che bello che i giovani siano “vian-danti della fede”, felici di portare Gesù in ognistrada, in ogni piazza, in ogni angolo della ter-ra!» (ibid., 106). La prossima Assemblea Generale Ordinaria delSinodo dei Vescovi, che si celebrerà nel 2018sul tema “I giovani, la fede e il discernimentovocazionale”, si presenta come occasioneprovvidenziale per coinvolgere i giovani nella comu-ne responsabilità missionaria che ha bisognodella loro ricca immaginazione e creatività.

Il servizio delle Pontificie Opere Missionarie

9. Le Pontificie Opere Missionarie sono strumentoprezioso per suscitare in ogni comunità cristia-na il desiderio di uscire dai propri confini e dal-le proprie sicurezze e prendere il largo per annun-ciare il Vangelo a tutti. Attraverso una profonda spiritualità missiona-

ria da vivere quotidianamente, un impegno costan-te di formazione ed animazione missionaria, ragaz-zi, giovani, adulti, famiglie, sacerdoti, religiosie religiose, Vescovi sono coinvolti perché cre-sca in ciascuno un cuore missionario. La Giornata Missionaria Mondiale, promossadall’Opera della Propagazione della Fede, è l’oc-casione propizia perché il cuore missionario del-le comunità cristiane partecipi con la preghie-ra, con la testimonianza della vita e con la comu-nione dei beni per rispondere alle gravi e vastenecessità dell’evangelizzazione.

Fare missione con Maria, Madre dell’evangelizzazione

10. Cari fratelli e sorelle, facciamo missione ispi-randoci a Maria, Madre dell’evangelizzazione.Ella, mossa dallo Spirito, accolse il Verbo del-la vita nella profondità della sua umile fede.Ci aiuti la Vergine a dire il nostro “sì” nell’urgenzadi far risuonare la Buona Notizia di Gesù nel nostrotempo; ci ottenga un nuovo ardore di risorti perportare a tutti il Vangelo della vita che vince lamorte; interceda per noi affinché possiamo acqui-stare la santa audacia di cercare nuove stradeperché giunga a tutti il dono della salvezza.

Dal Vaticano, 4 giugno 2017Solennità di Pentecoste

FRANCESCO

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1616 OttobreOttobre20172017

Tonino Parmeggiani

PPervenuto, il 5 marzo 1747, nel Regno diCocincina, dopo tre mesi di attesa del-l’imbarco a Macao, vissuti con continue

ricadute della malattia che l’ affliggeva da tem-po, il nostro Padre Domenicano Alberto Scifoniaveva assunto il suo nuovo incarico di Segretariodella Visita Apostolica, al seguito di Mons. Ilario,Vescovo Coricense [e Vicario Apostolico del Tunkino,Regno situato a nord della Cocincina]. Partiti dalla città di Faifo, la città portuale in cuierano sbarcati, dovettero i Visitatori fare lunghipercorsi su montagne e boschi, trasportati conle “reti” o a piedi: non mancò qualche disavventura,come questa accaduta mentre erano lungo unsentiero di montagna.

[Cap. 33 continua]“Or quando salivamo uno dè sudetti monti, vid-di, che i portatori di Monsignore deposero la rete,ed il Prelato a terra; e poi questo colle pianel-le [= calzature aperte] in mano con tutta la for-za si diede alla fuga indietro: il simile viddi faredal P. Gesuita, che seguiva detto Prelato; e tut-ti i portatori ancora se ne venivano fuggendo ver-so di me; a tal vista interrogai perchè tal fuga!Risposero i miei portatori nella loro lingua da menon capita; Vuoi, Vuoi: la confusione fù, che ancorio senza scarpe, e à capo scoperto, come mitrovavo entro la rete, discesi, e mi posi coll’al-tri in fuga, benchè non intendessi ancor la cagio-ne di tal corsa.

C’imboscammo tutti ben’ indentro della selva,e dicevano, che non eravamo con tutto ciò ivisicuri. Perchè, dissi io, tanto timore? Mi fù rispo-sto, che veniva dall’alto della Montagna ungrand’Elefante, qual dicesi in quella lingua, Vuoi,e dubitavasi, che fosse selvaggio, non addomesticato;poiché non aveva alcuno, che sopra di quellocavalcasse, come è solito; e che se fosse tale,e ci avesse ritrovati, ci averebbe colla propo-scide [Il vocabolo proboscide non era molto dif-fuso in occidente e, senza custode, doveva esse-re veramente pericoloso!] ammazzati tutti cer-tamente: ma l’Elefante era domestico; ed il fan-tino n’era disceso per qualche sua necessità;e quando questi si avvidde del nostro timore,salì sull’Elefante, ed alzò la voce, dicendo, chenon avessimo paura, perchè l’Elefante era dome-stico. Trapassato dunque detto Elefante, noi uscim-mo dal bosco; Monsignore aveva perduto unapianella, ed io, che avevo à piè nudi camminatosu quelle pietre infuocate dal Sole, per otto gior-ni, né sentij la scottatura sotto la pianta, tantoerano cocenti i raggi del sole, essendo si vici-ni alla linea equinoziale. Giungemmo così in Rete a Faifò il terzo gior-no di Agosto; ed il dì sequente celebrammo laFesta del Nostro Santo Padre in casa, e Chiesadel Padre Missionario Francescano scalzetto [IFrancescani Scalzi] di Spagna [Benedetto XIV,allora regnante, era stato eletto il 17 agosto edincoronato il 25 successivo]. Nei giorni sequenti ci portammo tutti per intimazione[= ordine] fatta da Monsignor Visitatore alla Residenzadè Padri Gesuiti: eravamo trà tutti otto perso-ne, cioè Monsignore trè Padri della Compagniadi Gesù, un Francescano, un SacerdoteFrancese della Missione alli Stranieri, e dueDomenicani [lui e P. Maccioni], e si diede com-

pimento, e fù chiu-sa la visita coll’ulti-mo Instrumento, e rin-graziamento a tutti.Monsignor Visitatorestimò necessariol’inviar me di nuovoa Macao, ed inappresso à Roma perportare personal-mente i pieghi con-tenenti tutto il risul-tato di detta Visita;e per potere, cometestimonio oculare,e Secretario di essa,informare à bocca laSacra Congregazionedi tutto quello, chefosse per occorrere,ò non fosse à bastan-za spiegato in iscrit-to; stante la fretta,colla quale Egli

dovette serare [= terminare] la Visita, per ritor-nare à tempo debito a Tunkino”. Come aveva fatto in tutto il suo lungo tragitto,ed anche per la Cina, vedi Cap. 31, P. Albertocoglie l’occasione per descrivere quel territorio,i generi alimentari consumati abitualmente, glistrani rituali e consuetudini imposti dal Re, lereligioni idolatre ivi praticate.

[Cap. 34]“Prima però che io abbandoni questa terra, saràragionevole, che io dica qualche cosa sopra ciòche in quella è più da notarsi; come Regno menocognito agli Europei. Primieramente è questogovernato da un suo proprio, e Legittimo Rè Idolatra[= adoratore di idoli, nemmeno delle altre reli-gioni diffuse nei paesi vicini], benchè anticamentequesta Terra appartenesse al Re di Tunkino, colqual Regno era annesso. Dicono, che veniva governato il Regno di Tunkino,allora quando aveva l’estensione in tutta la Cocincina,dagli antenati dell’odierno Rè della Cocincina,ma che un Tiranno sollevandosi, se n’impadronisse,ed un piccolo Ragazzo dè veri successori fos-se trasfugato in Cocincina, quale poi la gover-nasse come Principe; da successori del qualederivi questo odierno Signore, quale a nostri tem-pi si è fatto riconoscere da tutto il suo stato pervero Rè, e così Egli resta veramente tale, e legit-timo Padrone dè suoi stati; anzi li và sempre piùdilatando, avendo aggiunto alla sua Corona ilRegno di Ciampa; Fan ri; e Fan ran; e parte anco-ra di Cambogia [al sud del Regno, vedere la map-pa allegata]: sicchè di lunghezza, per linea ret-ta, Egli possiede sei, in sette gradi di terra [cal-colata secondo la latitudine]; benchè in larghezzapoi poco si estende: poiché su i monti ancora

continua nella pag. accanto

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1717OttobreOttobre20172017

vi restano gli antichi abitanti, quali sono di colo-re un poco più oscuro dè moderni Cocincinesi,quali abitano sul piano [nella pianura, lungo lacosta]: trà questi e quelli vi è una continua ini-micizia; e sì gli uni, che gli altri rimangono nelgentilesimo [= non cristiani]: sono però più avan-ti [= aperti] dè Forastieri, e della Religione Cristiana,di quello sieno i Cinesi, più umili, e più docili”. Le varie minoranze etniche erano spesso in avver-sione tra loro; nella cartografia dell’area, sullemontagne, è riportata la scritta “I Kemoys PopoliBarbari abitano in queste Montagne” (forse sitrattava dell’etnia ‘Hmong nera’). Invero, se in Cocincina le persecuzioni controi cattolici non appaiono, almeno in questo perio-do, nel Regno del Tunkino invece molti furonoi casi di martirio, vedi le memorie citate nella pre-cedente puntata; all’arrivo poi, a Macao, giun-gerà loro la notizia di altri cinque missionari dome-nicani uccisi nel Regno di Cina.Prosegue la descrizione del Regno di Cocincina:“Anno un linguaggio proprio commune àFunKinese, e chiamasi Lingua Anamitica, deri-vando questo termine dalla Lor terra, che dice-si Anam. E assai fertile specialimente di riso,e lo raccolgono due volte l’anno; di questo sicibano in luogo di pane, come i Cinesi, benchèin Cina vi sij qualche uso del grano, ove in Cocincinanon vi è in modo alcuno: non vi si bebe [= beve]vino, ne vi nascono Ulivi. Ė fertile parimente di bestiami, come di Porci,dè quali è l’uso commune, di Bovi, e di peco-re; I polli vi sono di più sorti, alcune galline sonomolto maggiori delle nostrali assai belle, altresono appunto come le nostre, e la terza spe-cie è assai piccola [Questa razza di pollo ha duevarietà, gigante e nana, ed è conosciuta e dif-fusa ancora oggi]. Vi è gran quantità di frutti, e dè nostri, ed anco-ra da nostri molto diversi, ed assai saporiti, ebuoni, benchè quasi tutti refrigeranti: vi sono del-le banane di più sorti, maggiori di quelle di Cina,vi sono Guaiave, frutto simile alli nostri peri; visono livie [si tratta delle lici, o ciliegie cinesi, dicolore rosso], di grandezza, ed acrimonia, comele nostre prugnie, ma l’osso di dentro è più gros-so, e rotondo, e meno duro; vi sono papaie, edè una specie di meloncino, che si produce sugli alberi; vi sono le Ananas, e si assomiglianoalla forma di una pigna, ma non così dura, comequella, ed hà la polpa, come un nostro melo-ne, e la pianta da cui è prodotta è molto simi-le alla nostra pianta di Carciofolo; questo frut-to è veramente prezioso, mitiga la sete, poichéhà dell’acretto, è odoroso, non è sì frigido, comegli altri; vi sono le caranbole [la carambola è unfrutto giallo, con caratteristica sezione a stella]frutti di albero, è lungo cinque in sei dita, tuttoscannellato all’interno, e ve ne sono acri, e dol-ci, vi sono li Coccò di sopra spiegati al N° 14;vi sono le manghe [il mango], e fanno sull’al-bero, e la forma è di un grosso petonciano [=

melanzana], questo frutto parimente è pre-zioso. Per cosa singolare in questa terra vi è un’al-bero assai alto dritto, come un cipresso,ma più sottile, e nella sola cima producealcune foglie simili alla palma, ed il frut-to, dicesi, Arecca, dalla grossessa dellenostre noci: di questa ne usano tutto il gior-no, in questo modo: pigliano il betel, è que-sta una pianta, che posta nel terreno vici-no ad un albero, vi sale su, come l’elle-ra, e produce sole foglie, simili a quelladè nostri mori celsi; pigliano, dissi, unafoglia, o parte di questo betel, vi pongo-no un poco di calce viva bianca, smor-sata con acqua, ed una quarta parte diArecca, se questa è grande a perfezzio-ne, la metà di essa, se è mezzana, tuttaintiera, se è ancor piccola; e poi masti-cano tutto assieme arecca, betel, col pochet-tino di calce; appresso vi fumano tabac-co. Questo è un medicamento corroborativodello stomaco, poiché il betel è aromati-co, e caldo, e l’ Arecca refrigerante, e tut-to il giorno non fanno altro, che mastica-re questo medicamento, e fumare”.Questo ‘betel’ è praticamente una droga,pur se leggera, molto diffusa ancor ogginel sud-est asiatico, costituita da noce diareca, calce viva ed aromi, avvolti perl’appunto in una foglia di betel, una pian-ta rampicante con foglie aromatiche; pro-duce una ebbrezza in chi la mastica, maè usata anche contro il catarro e le infiam-mazioni delle vie respiratorie oltreché, comevediamo, svolge anche una funzione socia-le, di cui pare proprio che non se ne potes-se fare a meno, aiutando, forse, così asopportare meglio il fisico, in quel climatorrido e per altro umido, in quanto riccodei molti fiumi che scorrevano dallemontagne, che limitavano ad ovest il Regno. “Arrivando una persona in casa d’altri, imme-diatamente, entro una scatola assaivaga, offeriscono [= offrono] questi boc-concini, e se volete, vi danno altresì tabac-co da pippare. Tengono per grandezza presso di se, quan-do vanno fuori di casa i Signori, un pic-colo paggetto, quale hà in mano un belfoconcino di ottone, ove conservansi car-boni accesi, ed arrivando in casa di un’amico, pigliano il betel, e poi accendonola pippa sopra il detto foconcino. Iddio hàprovisto di questo betel què paesi, poichéper una parte non avendo vino, e per l’al-tra la terra, essendo assai umida, col betelcorroborano lo stomaco, e col tabacco rasciu-gano gli umori esorbitanti. Dissi la terra esser umida per le grandiacque, dè quali abonda, di fiumi, canali,

Mappa delle Indie Orientali, dell’anno 1721.

Legenda:

A) Città di Canton, dal cui porto salperanno le naviper l’Europa (nella prossima puntata); B) La Città di Macao, dove era approdato il VascelloHercule; C) Interessante notazione: “S. Sauchan (S. Giovanni)piccola Isola dove S. Francesco Saverio morì nel1552; D) Il Regno di Cocincina; E) Il porto di Turaon; F) Il porto di Faifo; G) In tutte le cartografie del tempo, vengono evi-denziate le aree ‘Pracel’ o ‘Placel’ o ‘Paracel’, ter-mine con cui si definivano, nelle varie lingue, le areemarine poco profonde, con fondo sabbioso (Banca)o con scogliere sommerse, pericolose per la navi-gazione; come vedremo la nave con cui P. Scifoniritornerà in Europa, poco dopo la partenza finirà soprauno scoglio, per fortuna senza gravi conseguenze;H) Rotta seguita all’arrivo ed anche al ritorno, dopol’urto con uno scoglio; I) Rotta attraverso lo Stretto della Sonda; L) Rotta attraverso lo Stretto di Malacca, e sosta alleIndie (abbandonata).

continua nella pag. 18

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1818 OttobreOttobre20172017

quali somministrano loro un bel commodo di cami-nare né barchetti [ne agevolano i trasporti]; especialmente la sera d’estate, quando tutti van-no a bagnarsi né fiumi più chiari, e limpidi; que-sto bagnarsi è parimente per loro molto salu-bre per il caldo intollerabile, che vi regna, restan-do dalla parte Settentrionale molto vicino allaLinea Equinozziale, cioè principia dal grado 17.,e si estende in lunghezza sino all’undecimo nel-la Camboja [= Cambogia]. Due volte hanno l’estate, poiché due volte han-no il Sole a perpendicolo, e la temperie deglialtri tempi non è punto dissimile dal nostro Settembre,ò Ottobre, non sapendo cosa sia ghiaccio, ò neve;provvedendo Iddio, che cadano molte pioggieper ismorzare què calori così grandi”.

[Cap 35] Continua il manoscritto a descriverci anche alcu-ne curiose usanze, imposte al popolo dal Re:“Questo Rè moderno [regnante in quel tempo]vi hà introdotto una specie di astinenza annua,e dura per tutto quel mese, in cui Egli è nato.Quest’astinenza consiste in non ammazzare, duran-te quel mese, animale alcuno, per mangiare; ben-chè sia poi permesso cibarsi di carne salata, òsecca, antecedentemente à quel mese prepa-rata. Ed il Rè è osservantissimo di questo suoStatuto; e sono pene rigorose per quello, checontravenisse. Hà altresì stabilito, che vadanocalzati, e con scarpe, e che scalzo niuno più appa-risca alla sua presenza, come usava avanti chèEgli si dichiarasse per Rè. Nudriscono [= curano] barba, e capelli, e vuo-le il Rè, che i capelli siano legati sopra la testa,

e non già come prima, chelunghi, e sciolti calavano piùper le spalle. Più volte trà l’anno, quandol’ordina il loro calendario, siporta il Rè con gran pompa,ed apparato al Tempio degliIdoli, e si raccomanda, chesian tenuti lontani i Spiriti mali-gni; ed à quest’effetto ven-gono scaricati varij pezzi dicannoni, col qual segno si dàavviso al popolo, che ognu-no si accinga all’opera: allo-ra tutti si armano, chi di spa-da, e chi di bastone, ed ognu-no si industria con grandi vibra-zioni bastonare ben bene l’a-ria, cacciando così què mali-gni dalle loro abitazioni [seerano fantasmi, spiriti imma-teriali, come potevano rag-giungere lo scopo!?]. Nodrisce [= possiede, accu-diti] presso la Reggia, per mez-

zo dè schiavi, ò malfattori a ciò condannati, granquantità di Elefanti, quali sono addomesticati,e resi abili alla guerra; quale per l’addietro ave-va continua col Rè di Tunkino; ma da che nelTunkino, vi è una guerra Civile, e Ribellione con-tro il loro Rè; il Rè di Cocincina gode una som-ma quiete, se dir non vogliamo, che il Tunkinosia disturbato, perchè fa quel Rè guerra alla CristianaReligione, ove la Cocincina è in somma quie-te, perchè il Rè talora [a volte è] in pace i Cristiani.Basta fin qui della Cocincina.

[Cap. 36] Il dì 11. del mese di Agosto accompagnato sinoalla sponda del fiume da Monsignore Visitatore,ed ivi abbracciatisi, ci dispartimmo, ritornandoEgli alla Residenza del Padre FrancescanoSpagnuolo, ed io m’imbarcai in un navicello, sulquale me n’andai al porto di Turaon [più a norddi Faifo], ed ivi salij il vascello medesimo sul qua-le venni in Cocincina, detto S. Antonio [Forseera gestito da portoghesi di Macao]; ed il dì 14.[14 agosto 1747] si fece vela per Macao, e vipervenni la sera del 15. Me n’andai al Convento dè Padri Francescani,quale resta sul Lido, per farmi radere la barba,e comporre la chierica, ed intanto né mandai un’avviso al P. Miralta. Venne il Padre Guglielmisuo Sustituto ad accompagnarmi; e siccome inS. Francesco vi trovai un Padre FrancescanoMinore Osservante della Provincia di Milano,Missionario Propagandista, uscito di Cina dal-la Provincia di Xen Sì, e ricondotto à Macao perSentenza publica, secondo l’Editto Imperiale, edaveva tolerati molti patimenti, sino il tormentodè piedi, solito darsi dà Cinesi, quale è vera-mente orrendo, e terribile, così nel Nostro Ospizio

vi trovai il Sig.re Don Domenico La Magna, usci-to anch’Egli dalla medesima mia Provincia di Su-civen [Con costui aveva fatto il viaggio per navedall’Europa; al Cap. 24 ci dice che La Magnarisiedeva a cinque giorni di cammino da lui], perla ragione stessa, quale io narrai per me mede-simo. Vi trovai altresì un Padre Riformato della Provinciadi Venezia, ed un Padre Agostiniano scalzo Genovese,ambi spediti da Propaganda; il primo per Xansi, ed il secondo per la Corte di Pe Kino in qua-lità di Pittore, ma perchè era in vigore la per-secuzione, sì l’uno che l’altro perdevano tem-po [= attendevano] in Macao. Fui a riverire Monsignore Ilario Vescovo di Macao,e Monsignore Martilliat nostro Amministratorecon tutti què Signori Francesi, trà quali ve n’e-ra uno nuovamente venuto da Parigi, ed altroSacerdote Cinese educato nel Seminario di Siamdà detti Signori.

[Cap. 37] Appena giunto vi udij la lieta nuova della glo-riosa morte di Monsignor Don Fr. Pietro MartireSanz Domenicano Spagnuolo di Barcellona, edaggregato alla Provincia delle Filippine, segui-ta in Cina nella Provincia di Fò Kien, appuntoin quell'anno, cioè li 26. di Maggio del 1747., conesser degollato per Sentenza publica dell'Imperadore,portando un cartello adattato sul capo, quandoandò ad essere ucciso, dichiarativo, e laSentenza, al Cartello, come Egli andava ad esserdegollato per aver sedotto i cuori di molti collasua falsa dottrina. Erano in procinto i nostri Padri Domenicani Portoghesidi fare, come poi fecero in detto mese di Agosto,un triduo in ringraziamento alla SS.ma Trinità,per il buon successo di morte si gloriosa, conMessa Cantata ad onore dell'istessa SS.ma Trinità,e Te Deum in Musica, fuochi di gioia per trè sere,coll'intervento de due Sudetti Vescovi, del SignorGovernatore della Città nuovo, e vecchio, e ditutte le Comunità Religiose, cioè Clero, Gesuiti,Francescani, Agostiniani Eremitani, e MissionarijFrancesi. Dei sint Laudes [Siano a Dio le Lodidi Gloria]. Si seppe altresì la prigionia, e sentenza consi-mile data dall'Imperadore contro altri quattro PadriDomenicani Spagnuoli, cioè Monsignore ElettoVescovo Tipasitano, P. Fr. Francesco Serrano,P. Fr. Gioacchino Royo, P. Fr. Giovan dè Alcober,e P. Fr. Francesco Diaz. Iddio gli assista collasua Santa Grazia, dandogli la pazienza né pati-menti, e la perseveranza sino a dar per lui lapropria vita. Questo basti, perchè, se à Dio piacerà, né daròun piccolo ragguaglio à parte. Ed ecco breve-mente narrata la mia spedizione per Cocincina,il succeduto in quella, ed il mio ritorno à Macao.Disponiamoci ora per partire per Europa.

continua

Mappa della Cocincina dell’anno 1700.

segue da pag. 17

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1919OttobreOttobre20172017

Sara Bianchini*

PPrima dell’inizio dell’estate, nel giugno scor-so, le equipe Caritas delle diocesi lazia-li si sono incontrate presso il Centro Santa

Maria dell’Acero, per due giorni di formazione,condivisione e programmazione alla fine dell’annosociale. Erano stati invitati i diversi membri diognuna delle equipe di cui sopra. Oltre alla formazione offerta dalle riflessionidi don Virginio Colmegna (già direttore dellaCaritas Ambrosiana dal 1993, ed ora presi-dente della Casa della Carità) in merito allesfide maggiormente significative che laCaritas incontra nel suo servizio, è stato offer-to ad ogni equipe un tempo di rilettura e veri-fica del proprio operato. I membri presenti della nostra Caritas diocesana,fra cui chi scrive, hanno pensato da subito dicondividere una scheda su cui sono riportati -molto sinteticamente - i risultati di questa rilet-tura del proprio operato.Tale scheda era così formulata: innanzitutto indi-viduava gli ambiti di azione (Educazione alla mon-dialità; Politiche sociali; Giovani e servizio civi-le; Centri di ascolto e osservatorio delle pover-tà; Formazione; Emergenza; Immigrazione), chie-

deva poi di delineare le azioni principali svolteper ognuno di questi ambiti, aggiungendo unavalutazione sia dei punti di forza di queste azio-ni che di quelli di debolezza). Mentre il nuovo anno sociale riparte - seppurecon la grande nota dolens del dovere di rico-noscere che l’estate resta un tempo in cui nonsi riesce a garantire sufficientemente la vicinanzaalle persone povere e che quindi sarà neces-sario ripensare una articolazione di alternanzafra i diversi centri di ascolto (nonché una rinnovata

sensibilizzazione dei volontari e degli operato-ri al fatto che la povertà non va in vacanza - pub-blichiamo perciò il risultato della scheda elaboratain quei giorni dalla Caritas diocesana Velletri-Segni, con la speranza che possa essere un modoper condividere con tutti gli abitanti della dio-cesi (lettori di Ecclesia in C@mmino e non) ilservizio portato avanti da settembre 2016 a giu-gno 2017.

* Caritas diocesana

Ambito Azioni Aspetti positivi Criticità

Educazione

alla

mondialità

1. Casa di Ronny: lotta alla dispersione

scolastica mediante incontri fra più culture (minori e

rispettivi genitori)

2. Incontri di formazione sulla Laudato sii (3)

1. Buon afflusso

dell’utenza

2. Partecipazione dei

volontari

1. Scarsa pubblicizzazione

2. Scarsa ricaduta

sull’animazione del territorio

Politiche

sociali

1. Contatti per la costruzione di percorsi comuni sulla

povertà: • inclusioni sociale

• immigrazione

• carcere

1. Mantenimento dei

contatti

1. Difficoltà ad elaborare una linea

programmatica comune

2. Passare dal contatto alla

collaborazione

Giovani e

servizio

civile

1. Progetto “Giovani e volontariato”

• Incontri nelle scuole

• Alternanza scuola-lavoro

1. Coinvolgimento efficace degli

interessati

2. Alto numero di

partecipanti al progetto con alto

tasso di interesse

1. Non attivazione del percorso

annuale di servizio civile

2. Necessità di ulteriori operatori

3. Non corrispondenza fra la

proposta formativa e il servizio

attuato

Centri di

ascolto e

osservatorio

delle povertà

1. Alto numero di utenti ascoltati

2. Attivazione di diversi percorsi di sostegno

all’inclusione

3. Rete con i centri di ascolto parrocchiale

1. Vedi politiche sociali

2. Mantenimento delle relazioni

di accompagnamento

3. Accoglienza di nuclei

familiari

1. Non attivazione

dell’osservatorio ufficiale

2. Difformità negli stili di

servizio all’interno della diocesi e

con i servizi sociali

Formazione

1. Attivazione del percorso annuale di formazione

2. Continuazione del percorso di accompagnamento dei

centri di ascolto

1. Interesse alle tematiche

affrontate

2. Disponibilità

all’accompagnamento

1. Scarsa sensibilità all’esigenza del-

la formazione

2. Difficoltà nel reperimento e nella

formazione di nuovi volontari

Emergenza

1. Sostegno alle diocesi terremotate sia a livello parroc-

chiale che diocesano

2. Criticità alloggiative

1. Buon livello di

collaborazione e

feedback positivi

1. Mancanza di spazio per le

accoglienze delle criticità

alloggiative

2. Difficoltà di strutturare un

servizio omogeneo

Immigrazione

1. Accoglienza rifugiati e immigrati

2. Comunicazione/animazione del territorio

1. Collaborazione enti

religiosi e parrocchie

2. Relazioni delle famiglie coin-

volte con i beneficiari

3. Coinvolgimento delle

istituzioni nei progetti

attivati

1. Scarsa sensibilità del clero

al progetto

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2020 OttobreOttobre20172017

Il Vescovo invita tutte le Il Vescovo invita tutte le

Comunità della DiocesiComunità della Diocesi

a partecipare al Convegnoa partecipare al Convegno

LL’appuntamento ecclesialedel Convegno diocesanoaccompagna e, di solito, dà

il via al nuovo anno pastorale.L’aver posto il tema della Misericordiaal centro della riflessione e dellaprassi ecclesiale per un anno inte-ro e, dopo aver ascoltato i consi-gli pastorali parrocchiali, l’Assembleadiocesana dell’aprile 2017 ci han-no aiutato a prendere maggiormenteconsapevolezza della necessità dimettere mano ai percorsidell’Iniziazione cristiana.Per questo, si è deciso di avvia-re una verifica su questo tema impor-tantissimo e fondamentale, che riguar-da tutto ciò che proponiamo, in ter-mini d’incontri settimanali, liturgiadomenicale e altri momenti di pre-ghiera, esperienze di comunità e

servizio, coinvolgimento delle famiglie, ecc�, per inizia-re alla vita cristiana i ragazzi e gli adulti che lo richiedo-no.

Lo facciamo ricordandoci che sia-mo dentro il percorso indicato daiVescovi italiani con gli Orientamentipastorali di questo decennio:“Educare alla vita buona del Vangelo”e con quanto emerso dalConvegno ecclesiale di Firenzedel novembre 2015.Nel modo di impostare l’IniziazioneCristiana, che non può ridursi allasola preparazione ai singoliSacramenti, si rivela il vero vol-to delle nostre comunità: attra-verso di esso raccontiamo matu-rità, passione educativa, il desi-derio di veder crescere Cristo nelcuore dei ragazzi e dei giovani/adulti;descriviamo la capacità di attivarereti in tutti coloro che hanno respon-sabilità educativa (il catechista,le famiglie, i presbiteri, gli edu-catori dell’Azione Cattolica edegli Scout); proviamo a legaregli ambiti in cui si concretizza lavita pastorale di una Parrocchia

Il relatore del Convegno:

padre Rinaldo Paganelli,

dehoniano

continua nella pag. accanto

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e cioè la preghiera, l’attenzione ai poveri, la dimensionesociale, la vita di fraternità, la ricerca della vocazione per-sonale.Il soggetto dell’Iniziazione Cristiana è tutta la Comunità eccle-siale ed è, quindi, un cantiere in cui ciascuno deve sen-tirsi coinvolto e dare il suo apporto; esso abbraccia dav-vero tutti i campi della vita parrocchiale, per cui i naturalidestinatari di questo Convegno Pastorale non possono esse-re solo i catechisti, ma tutti coloro che in vario modo svol-gono un servizio educativo e di testimonianza di fede.

Programma dell’incontro pastorale:Venerdì 13 ottobre, dalle ore 17.30: dopo la preghiera ini-ziale ci sarà l’incontro animato da P. Rinaldo Paganelli, deho-niano e collaboratore dell’Ufficio Catechistico Nazionale,sul tema: “Comunità cristiane che generano alla fede. Aquali condizioni?”.

Tutti i fedeli possono partecipare a questa Assemblea Diocesana.Sabato 14 ottobre, h.9.30: dopo l’ascolto delle testimonianze

da parte di alcuni protagonisti dei percorsi dell’IniziazioneCristiana, buona parte della mattinata sarà dedicata ai lavo-ri di gruppo, animati dagli uffici pastorali diocesani, al ter-mine la sintesi del vescovo. L’appuntamento si concluderà con il pranzo comunitario.E’ necessario, per lo svolgimento dell’Assemblea e per lasua ricaduta ecclesiale, che ogni Parrocchia indichi settedelegati, mentre gli Istituti religiosi e gli altri organismi eccle-siali tre.In considerazione del fatto che l’iniziazione cristiana è ilcuore della vita della comunità diocesana, sono invitati perl’incontro del venerdì con Padre Paganelli, oltre ai dele-gati, anche tutti coloro che prestano servizio nelle parrocchie.E’ occasione di formazione, confronto e crescita personale.Il convegno proseguirà con i lavori di gruppi per i delega-ti. È necessario comunicare entro sabato 7 ottobre 2017i nominativi richiesti allo svolgimento del ConvegnoPastorale diocesano.

+Vincenzo Apicella, vescovo

2121OttobreOttobre20172017

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2222 OttobreOttobre20172017

don Antonio Galati

MMettere in cantiere, per la nostra Chiesa,un ripensamento del modo di “farecatechismo”, cioè del modo di pre-

parare i cristiani, specie i più giovani, a viverenel mondo aiutati dalla loro fede, non è solo varia-re gli anni di preparazione o fare un sacramentoprima di un altro. A ben guardare, fare solo questo significa nonfare praticamente nulla, perché, finché il “cate-chismo” resta un obbligo da assolvere, dove que-sto ancora è sentito come una cosa “importante”,continuerà ad essere percepito come un qual-cosa da fare e, addirittura, da subire. Anzi, inquesta condizione, un’ipotetica variazione del-la durata nella preparazione dei sacramenti nonfarà altro che generare malcontento, quando que-sta viene aumentata, o soddisfazione, ma nelcaso in cui viene ridotta, e quindi è minore il tem-po che si dovrà impiegare, o addirittura spre-care, per assolvere all’obbligo.Questo, delle volte, si nota quando ci sono fami-glie che, avendo la possibilità di scegliere, si spo-stano da una parrocchia ad un’altra, o ancheda una diocesi ad un’altra, pur di ridurre al mini-mo gli anni di catechismo, o la serie di impegniche potrebbero sorgere durante l’anno.Il primo grosso ostacolo, quindi, che bisogne-rà considerare di superare, per un vero e pro-ficuo rinnovamento dell’iniziazione cristiana, èquello di riuscire a far comprendere, alle fami-glie e alle comunità, che il catechismo, se cosìsi vuole continuare a chiamarlo per comodità efamiliarità, non è il percorso per arrivare a rice-

vere i sacramenti!Come si è cercato di mostrare nell’articolo delmese precedente, l’obiettivo della formazioneche una parrocchia offre non è quello di prepararea ricevere i sacramenti, ma quello di prepara-re persone che, nel mondo e nella società, sap-piano lasciarsi guidare dal Vangelo e dal suoinsegnamento.Solo in questo nuovo contesto, allora, si com-prende il vero senso dei sacramenti. Circa 50anni fa questa cosa era chiara ai vescovi chehanno celebrato il concilio Vaticano II e che sisono espressi, dichiarando solennemente: «perloro vocazione è proprio dei laici cercare il regnodi Dio trattando le cose temporali e ordinando-le secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè impli-cati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo enelle ordinarie condizioni della vita familiare esociale, di cui la loro esistenza è come intes-suta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, qua-si dall’interno a modo di fermento, alla santifi-cazione del mondo esercitando il proprio uffi-cio sotto la guida dello spirito evangelico, e inquesto modo a manifestare Cristo agli altri prin-cipalmente con la testimonianza della loro stes-sa vita e col fulgore della loro fede, della lorosperanza e carità» (LG 31). E, riguardo ai sacramenti, sempre dal concilio,emerge tale dichiarazione: «i sacramenti sonoordinati alla santificazione degli uomini, alla edi-ficazione del corpo di Cristo e, infine, a rende-re culto a Dio» (SC 59).Da queste due citazioni si possono trarre del-le conclusioni utili per il percorso che, come Chiesa,stiamo iniziando ad intraprendere:

1. Come prima cosa si ribadisce il vero fine del-

l’uomo e della sua esistenza nelmondo, che è quello di renderepresente, con la vita di ciascuno,il Regno di Dio in mezzo agli uomi-ni, Regno che si costituisce dovec’è amore fraterno tra le persone,dove c’è un corretto uso dei benitemporali, finalizzato al ben esse-re dell’uomo;

2. I sacramenti sono ordinati a farein modo che l’uomo realizzi quan-to espresso al punto 1, e quindivanno pensati come gli strumen-ti che Dio dona all’umanità per rea-lizzarsi e instaurare un mondo piùumano e anche più aperto al tra-scendente.

Tutto questo, quindi, comporta unvero e proprio cambio di menta-lità, specie da parte delle famiglieche affidano i loro figli alle parrocchieper la preparazione ai sacramenti. Un cambio che, come primacosa, dovrebbe fare in modo che,proprio quelle famiglie, dicano traloro e alla comunità stessa: “vi affi-

diamo i nostri figli perché li prepariate ad esse-re brave persone nel mondo e bravi cristiani egli facciate conoscere tutti gli strumenti utili peresserlo”.Solo in questo modo, allora, può essere utile sfor-zarsi per riadattare tutta la prassi catecheticaparrocchiale e diocesana. Se, invece, questo cam-bio di mentalità non avverrà, è quasi più utilelasciare tutto com’è!E allora, la questione che si pone, a questo pun-to, è come far cambiare e maturare questi pen-sieri nelle famiglie di oggi, perché non si puòpretendere che ciò avvenga spontaneamente,ma c’è bisogno di un qualcosa che innesti il cam-biamento.A mio avviso questo avverrà solo se cambieràil modo di abitare il mondo e la società da par-te della Chiesa stessa e delle nostre comunitàparrocchiali. In effetti, se si pretende che qual-cuno guardi alle comunità parrocchiali come adei luoghi in cui si può imparare ad essere per-sone brave – onesti cittadini e buoni cristiani,come diceva don Bosco –, ciò potrà avveniresolo se le stesse comunità parrocchiali saran-no “aperte” al mondo e alla società. Solo se unaparrocchia sarà capace di interessarsi del mon-do, dei suoi desideri e dei suoi bisogni, e solose proverà a dare il suo contributo disinteres-sato al bene comune e del prossimo, allora avràanche “il diritto” e “l’autorità” per chiedere chesi guardi ad essa come capace di formare gio-vani ed adulti in grado di dare il loro contribu-to al mondo.In sintesi, un rinnovamento del modo di pensarealla formazione cristiana potrà avvenire solo apartire da un rinnovamento dello stare nel mon-do della nostra Chiesa.

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2323OttobreOttobre20172017

Intervento del Sindaco Maurizio Caliciotti

Carissimi concittadini, cari amici, Presidente Leodori, Monsignor Apicella,Presidente Zingaretti, autorità civili e militari,

a voi tutti va il mio più caloroso ben-venuto nell’aula consiliare del Comune diLariano, la sala che rappresenta l’autonomia comu-nale del nostro paese. E’ un’occasione impor-tante quella che celebriamo oggi, i primi 50 annidi storia larianese, una storia fatta di uomini volen-terosi e determinati che nel corso del 900 pose-ro le basi, e infine raggiunsero, un traguardo cheinizialmente sembrava quasi superiore alla lorocapacità.

Oggi, con lo svelamento di una targa in loro ono-re, fisseremo nel tempo i nomi dei tredici bene-meriti larianesi, che presentarono, il 23 maggio1926, il ricorso al commissariato regionale per

ottenere la prima gestio-ne autonoma del terri-torio e che determino,nel 1935, l’istituzione del-l’amministrazione dei benidemaniali di Lariano. Iloro nomi entrano cosìa far parte della storiadi Lariano…Dal 1935, giungiamo al1957, un anno parti-colarmente importanteper la nostra città. Il 1957è infatti l’anno in cui sicostituì il comitato perl’autonomia comunale.Un comitato compostoda uomini che, nei die-ci anni intercorsi tra lasua costituzione e il rag-giungimento dell’auto-nomia, furono mossi datanti e diversi sentimenti:dalle ansie alle aspet-tative, dalle delusioni allagioia.

Questo era l’iniziovibrante del discorsocommemorativo delsindaco. Era stato pre-ceduto dall’intervento deiconsiglieri di minoranza, dall’intervento del pre-sidente Leodori, del nostro Vescovo, del presi-dente Zingaretti e dalle parole commosse di BrunoBelli, che ha fatto parte del comitato per l’au-tonomia.Dopo la commemorazione ufficiale e lo scopri-mento della targa, la festa è continuata con unasfilata massiva nelle strade del paese, anima-ta dal Gruppo Strumentale Città di Lariano. Altermine, in piazza è stata offerta la cena, e con-

segnate targhe ricordo.A dire il vero, la parte finale della celebrazioneha preso tutta la seconda metà del mese di ago-sto, soprattutto con le serata di cinema in piaz-za e sabato 26 con uno spettacolo teatrale ‘Omeglio ve’ areto che ha ricostruito in dialettolarianese 160 anni della vita di questa frazioneche pian piano ha preso coscienza delle sue pos-sibilità. Come sempre, Lariano risponde al tea-tro e ha riempito l’anfiteatro Tiberio Bartoli, comenelle migliori circostanze. Le scena rappresen-tate da attori locali, amatori, hanno suscitato tan-to consenso, che ovviamente va dato prima agliautori.C’è stato anche un momento per sancire il valo-re religioso di questo percorso con la messa didomenica 27.Per finire, un cinquantesimo vissuto e aperto,con un comitato che ha suggerito la cifra cele-brativa, e una risposta popolare notevole.Lariano forse non credeva di potere cresceretanto, ma in questi anni tanto difficili ha presocoscienza delle sue possibilità. Ci aspettiamo che le parole del presidente Zingarettiche invitavano a guardare al futuro di Larianoconiugando la sua vocazione all’accoglienza, allavoro, alla panificazione in particolare, mettendole basi per un Istituto alberghiero, trovino un ter-reno buono pronto a riceverle. Sarebbe così davvero stimolante il titolo dell’operateatrale, tradotto: il meglio viene dopo.

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2424 OttobreOttobre20172017

Serena Prati

SS eppur con non poche difficoltà anchequest’anno l’esperienza dei campi esti-vi ha lasciato segni indelebili: tanta gra-

titudine nel Signore, non poche gioie e in ulti-mo, come al solito, tanto lavoro da fare in vistadell’anno che sta arrivando! Per il decimo anno consecutivo siamo riuscitia coinvolgere diversi ragazzi del post comunionee dei corsi di cresima nell’esperienza del cam-po estivo, quest’anno incentrato sul tema del-la 54esima Giornata Mondiale di Preghiera perle Vocazioni: ‘Alzati, va’ e non temere!’

Una settimana di alle-namento con l’obiet-tivo di parteciparealle “olimpiadi della vita”;un’opportunità perimparare di più sullostile di vita di Gesù chei ragazzi non si sonolasciati scappare. Ad accompagnarli l’or-mai consolidato grup-po dei giovani animatori,quindici ragazzi tra i14 e i 18 anni, arma-ti di Spirito e voglia

di fare, (anch’essi provenienti da que-sti dieci anni di campi estivi) che ormaida tre anni prestano il loro servizioalla nostra comunità mentre si formanoper diventare “animeducatori”, comeamano definirsi. Anche loro, subito dopoil campo ragazzi hanno vissuto l’e-sperienza del campo estivo e propriocon loro questa volta, dopo nove anni,abbiamo cambiato location, spo-standoci dall’Acero al Seminario di DonOrione a Velletri. Le novità, si sa, all’inizio, spaventa-

no sempre un pochi-no ma spesso sirivelano poi nuove bel-lissime esperienzeda condividere con lacomunità. Così èstato anche per noie per i ragazzi. L’anno che ci aspet-ta sarà pieno di nuo-ve sfide ma quelche conta, ormai losappiamo, è alzarsied andare... senzatemere.

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2525OttobreOttobre20172017

Antonella Lafortezza

CCome ogni anno, la terza domenica diSettembre, la comunità di Montelanicoha festeggiato con tutti gli onori la Madonna

del Soccorso, sua celeste protettrice.Il ricco programma religioso è iniziato giovedì7 Settembre, presso il Santuario della Verginedel Soccorso, con la consueta novena alla Madonnache si è conclusa con la celebrazione, all’albadel 16 settembre, della santa “messa dell’au-rora”, alle 04:00 del mattino, preceduta dall’a-dorazione eucaristica a partire dalle ore 02:30.Poco prima della suggestiva messa i fedeli mon-telanichesi hanno assistito con grande emozioneallo “svelamento” dell’immagine della Beata Vergine,dipinta nell’affresco dei primi del ‘400.Alle ore 18:00 dello stesso giorno la solenne cele-brazione eucaristica, officiata dal nostro parro-co Don Antonio Galati, si è svolta presso la chie-sa di S. Antonio di Padova, anch’essa prece-duta dallo scoprimento del quadro della Verginedel Camuccini.La sera del sabato, causa maltempo, la solen-ne processione che per tradizione si snoda perle vie del borgo antico e poi attraversa tutto ilpaese, è stata sostituita con la recita in chiesadi un rosario meditato dedicato a Maria, guidatoa turno oltre che dal nostro parroco, da Don MarcoFiore, Don Augusto Fagnani e Padre Gino Giovannelli,

in segno di vicinanzae affetto nei confrontidella nostra comu-nità. Dopo la reci-ta del rosario ilcoro parrocchialeMichael, diretto dalmaestro FrancoCampagna, ha into-nato un bellissimoinno molto antico“Ave Maris Stella”,dedicato appunto allaMadonna, musica-to nel 2015 daFrancesco Acquista,direttore di orche-stra di origine mon-telanichese, cheoggi vive e lavoraa Stoccolma. Ifesteggiamenti reli-giosi in onore del-la Madonna delSoccorso sono ter-minati con le tre mes-se domenicali del 17settembre e con laconsueta messa diRingraziamento,presso il Santuario,del lunedì, cele-

brata appunto per rinnova-re il nostro affettuoso “gra-zie” alla celeste Protettricedi Montelanico e per espri-mere immensa gratitudineverso tutti i benefattori,viventi e defunti, che han-no contribuito con poco ocon tanto, ognuno con le pro-prie forze, con il proprio tem-po e anche con offerte, allaperfetta realizzazione diquesta bella festa chelascia sempre nel cuore ditutti i fedeli una forte emo-zione. Un ultimo saluto alla Madonnadel Soccorso lo ha rivoltoil nostro parroco che, per que-sta speciale occasione, hacomposto una bellissima pre-ghiera di ringraziamento dedi-cata a Maria, per conservaresempre vivo il ricordo e ladevozione che noi monte-lanichesi nutriamo verso laBeata Vergine:

«Santa Maria, donna del Soccorso,siamo qui, tuoi devoti, radunati davanti a te.

Ogni anno sentiamo la necessità di ritrovarci con te,

per elevare ringraziamenti continui al Padre,per averti donata a noi, sotto la croce del Figlio,

come nostra madre e celeste patrona.E come tuoi figli, Madre del Soccorso,ti chiediamo di avere continuamente

pietà di noi.

Non possiamo che donarti le nostre preoccupazioni,

i nostri dolori, le nostre difficoltà e malattie.Però sappiamo, o Maria,

che se anche ti offriamo solo le nostre negatività,

affinché te ce ne possa sollevare,il tuo sorriso di madre non si spegnerà

e sappiamo anche che le tue mani resterannosempre aperte

per accogliere tutto ciò che ti doneremo.Ti chiediamo di intercedere continuamente

per noi presso il tuo Figlio,come hai fatto quel giorno a Cana di Galilea,

e se i nostri peccati ci allontanassero dal Padre,te, come Madre, rimproveraci e

aiutaci a tornare a Lui.»

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2626 OttobreOttobre20172017

Nicolino Tartaglione

IIl cammino della Chiesa locale potràvivere un altro momento significati-vo nel percorso di formazione bien-

nale per animatori pastorali, continuandola ricchezza spirituale ed ecclesiale di altrieventi come la visita pastorale (2013-2014),i convegni annuali pastorali, l’Anno straor-dinario della Misericordia (2016), che han-no offerto alle nostre comunità ecclesialil’opportunità di riflettere e di accogliere l’in-vito di Papa Francesco, rinnovato alConvegno ecclesiale delle Chiese in Italiadi Firenze (novembre 2015) ad essere Chiesain uscita.Il titolo “la verità prima si fa poi si spie-ga”, tratta dalla relazione introduttiva del-la Dott. Morra, nell’ultimo convegno pasto-rale, manifesta l’impegno che questo per-corso possa promuovere un’ azione che gene-ri nuovi dinamismi nelle nostre città, dovela fede va primariamente vissuta e poi spie-gata: laici cristiani “capaci di ascoltare lepersone e dire il Vangelo in questa cultu-ra”, come il nostro Pastore sottolinea, nel-la lettera di presentazione, un’iniziativa frut-to della condivisione tra comunità parrocchiali

e uffici diocesani. Ogni parrocchia è chiamata ad individuarealcuni laici, interessati a formarsi per vive-re la corresponsabilità anche nella pro-gettazione pastorale.

CHE COS'È

È un percorso che intende formare gli ani-matori pastorali, in tutte le sue dimensio-ni affinché diventino nelle proprie comu-nità parrocchiali presenza attenta ai biso-gni concreti della realtà, mettendo a ser-vizio le competenze acquisite.

DESTINATARI

Il parroco, insieme alla comunità parroc-chiale, sceglie una o due persone a cui pro-porre tale percorso, che si metteranno suc-cessivamente a servizio della parrocchia.L'età dei partecipanti possibilmente non siainferiore ai 20 anni e superiore ai 50 anni.

TEMPI di DURATA

Il percorso è diviso in due anni.Ogni anno prevede 12 incontri + due week-end o giornate intere.

Nel primo anno (da ottobre2017 a maggio 2018):Parola di Dio e Antropologia.Nel secondo anno (daottobre 2018 a maggio2019): La vita della Chiesa/ la sua missione (EvangeliiGaudium) e Liturgia - giu-stizia sociale.

MODALITÀ

Incontri di 45 minuti con lapossibilità di lavorare anchein forma laborator iale,sopratutto nei week-end pro-

posti a conclusione di ogni tematica.Verranno inoltre offerti testi di riferimen-to per l'approfondimento.

GIORNO e LUOGO

Gli incontri si terranno il venerdìdalle ore 20,00 alle 22,00.Presso:I locali della PARROCCHIA DISANTO STEFANO - "il Palazzaccio"Piazza p. Genocchi - 00031 Artena

I week-end si svolgeranno presso:CENTRO DI SPIRITUALITÀSANTA MARIA DELL'ACEROVia Colle dell' Acero 165, - 00049 Velletri

CONTRIBUTO

La quota di partecipazione comprensivadei week-end è di € 100.00.

TEMATICHE PRIMO ANNO

PAROLA DI DIO (Ottobre - Febbraio)

La Parola di Dio nasce dalla vita: la Bibbia.La Parola di Dio rivive nella vita quotidiana.

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Ermeneutica, Parola di Dio, problemi di prin-cipio.La Parola di Dio alla luce della vita quo-tidiana. Rileggere il messaggio.La vita quotidiana alla luce della Parola diDio.L'identità biblica.

ANTROPOLOGIA: maturità umana e personain relazione. La comunicazione interpersonale (Febbraio - Maggio)

Uomo e persona: vita,ragione, e…Volontà e libertà (la scel-ta e il servizio).Il valore: la sfida etica.Io e noi: singolo e comu-nità, la sfida della relazione(dal bene al bene comune).La comunicazione.

CALENDARIO DELLE LEZIONI

il venerdì dalle ore 20,00 alle 22,00

PRIMO SEMESTRE:

PAROLA DI DIO27 Ottobre 2017

10 Novembre 201724 Novembre 201715 Dicembre 201712 Gennaio 201826 Gennaio 2018

10/11 Febbraio 2018week-end

SECONDO SEMESTRE:

ANTROPOLOGIA23 Febbraio 2018

9 Marzo 201823 Marzo 201813 Aprile 201827 Aprile 2018

11 Maggio 201826/27 Maggio 2018

week-end

PER INFO RIVOLGERSI A:

Nicolino Tartaglione 3485820099Angelo Amendola 3494906621sr. Donatella Branco 3497259862

Inviare le iscrizioni via email: [email protected] oppure: [email protected]

SCADENZA ISCRIZIONI entro il 16 Ottobre.

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2828 OttobreOttobre20172017

Bollettino diocesano:

Prot. VSC 28/2017

Al Rev.do don Franco DIAMANTEDel Clero Diocesano Veliterno-Segnino

La parrocchia Santa Maria di Gesù in Artena, fino ad oggi affidata ai Religiosi Francescani della Minoritica Provincia Romana dei SS. ApostoliPietro e Paolo, è rimasta vacante per l’impossibilità di proseguire nel servizio manifestata dai suddetti Religiosi con lettera dell’11 gennaio 2017,prot. 3/2017. Pertanto, trovandosi la Diocesi nella necessità di provvedere a tale estesa ed importante parrocchia, col presente

DECRETONOMINO Te don FRANCO DIAMANTE

Parroco della suddetta Parrocchia di Santa Maria di Gesù in Artena,a norma dei canoni 519-521-523-524 del Codice di Diritto Canonico.

La nomina a Parroco decorrerà dal 24 settembre 2017 ed è valida ad tempus, secondo le disposizioni della C.E.I., fissando il tempo nella misu-ra di nove anni, trascorsi i quali l’ufficio di Parroco continuerà, tuttavia, ad nutum episcopi.A tale scopo ti concedo tutte le facoltà necessarie mentre chiedo a tutti i fedeli di codesta parrocchia di riconoscerti e di rispettarti come loroPastore.Continuerai nel tuo servizio di Cappellano della Casa Circondariale di Velletri e per questa ulteriore e generosa disponibilità desidero esprimer-ti la gratitudine dell’intera Diocesi.Ti accompagni nelle fatiche pastorali la benedizione del Signore, che, in auspico di celesti favori, invoco su di Te e sui fedeli della Parrocchia,affidandoti all’intercessione della Beata Vergine Maria di Gesù.

Velletri, 18 settembre 2017 +Vincenzo Apicella, vescovo

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Prot. VSC 29/2017

Al Rev.do P. ANTONY SELARAJ FELIX ANTONYdell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio

Il Rev.mo P. Vincenzo MOLINARO, Parroco di Santa Maria Intemerata in Lariano, in seguito alla sua elezione a Rettore Generale dell’Ordinedei CC. RR. Della Madre di Dio, è costretto a frequenti assenze dalla vita parrocchiale ed ha, quindi, richiesto che gli sia affiancato un validocollaboratore nel suo ufficio di Parroco, pur continuando a mantenere la sua responsabilità di Parroco Moderatore.Pertanto, su sua indicazione, avendo riconosciuto le tue doti sacerdotali in questi primi tre anni del tuo proficuo inserimento in Parrocchia, colpresente

DECRETONOMINO TE P. ANTONY SELARAJ FELIX ANTONY

Co-Parroco in solidum della Parrocchia di Santa Maria Intemerata in Larianoa norma del canone 517 §1, 542 e 543 del Codice di Diritto Canonico.

La nomina decorre dal 1° ottobre 2017 ed è valida ad tempus, secondo le disposizioni della C.E.I., fissando il tempo nella misura di nove anni,trascorsi i quali l’ufficio di Parroco continuerà, tuttavia, ad nutum episcopi. A tale scopo ti concedo tutte le facoltà necessarie, fiducioso che avrai così la possibilità di sviluppare ulteriormente le tue qualità pastorali inquesto servizio più impegnativo sotto la guida di P. Molinaro.Ti accompagni nel tuo servizio la benedizione del Signore, che, in auspicio di celesti favori, invoco di cuore su di te e sui fedeli della Parrocchia,affidandoti all’intercessione della Beata Vergine Maria Intemerata.

Velletri, 18 settembre 2017 +Vincenzo Apicella, vescovo

Il Cancelliere Vescovile,Mons. Angelo Mancini

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2929OttobreOttobre20172017

Prot. VSC 30/2017

Al Reverendo P. LAWRENCE AROCKIASAMIDell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio

La parrocchia di Santa Maria Intemerata in Lariano, affidata all’Ordine dei CC. RR: della Madre di Dio e alla cura pastorale del Rev.mo P. VincenzoMolinaro, in qualità di Parroco Moderatore, richiede la presenza di un ulteriore sacerdote disponibile a tempo pieno, essendo sopravvenuta l’ele-zione del suddetto Parroco a Rettore Generale dell’Ordine, con i conseguenti gravosi impegni. Pertanto, su indicazione dello stesso P. VincenzoMolinaro, con gratitudine per la tua disponibilità e fiducioso nel tuo zelo apostolico, con il presente

DECRETONOMINO TE P. LAWRENCE AROCKIASAMI

Vicario parrocchiale della suddetta parrocchia di Santa Maria Intemerata in Lariano,a norma dei canoni 545-552 del Codice di Diritto Canonico.

Il presente decreto entrerà in vigore a partire da Domenica 1° ottobre 2017. Ti assista nelle fatiche pastorali la protezione e l’intercessione diSanta Maria Intemerata e ti benedica il Signore.

Velletri, 18 settembre 2017 +Vincenzo Apicella, vescovo

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DECRETO DI NOMINA A VICARIO PARROCCHIALEDELLA PARROCCHIA DI S. MARIA IN TRIVIO E PAROCCHIE COLLEGATE IN VELLETRI

Secondo quanto disposto dal can. 547 del C.D.C., volendo rispondere più adeguatamente alle esigenze della nuova Unità Pastorale,costituita in Velletri dalle Parrocchie di S. Maria in Trivio, S. Michele Arcangelo, S. Lucia, SS.mo Salvatore e Madonna del Rosario, che richiedela presenza di un secondo collaboratore parrocchiale stabile, ringraziandoti per il servizio svolto finora presso la parrocchia di S Maria del Carmine,con il presente

DECRETONOMINO te don GIORGIO ZANINELLI

Nato a Costernano (VR) il 21.01.1951 e ordinato Sacerdote il 23.06.1979Vicario Parrocchiale della suddetta Unità Pastorale.

Nell’attuare quanto richiesto dai cann. 545 §1, 548 e seguenti, ti assista la benedizione del Signore e l’intercessione della Beata Vergine Maria,Madre di Dio.

Velletri, 19 settembre 2017 +Vincenzo Apicella, vescovo

——————————————————————-Prot. VSC 33/2017

Al Reverendo Don ELMER FREDY PEREZ SANCHEZdel Clero diocesano di Cusco (Perù)Salute nel Signore

La parrocchia di Santa Maria del Carmine in Velletri si è resa vacante per il trasferimento ad altro incarico del parroco, il Rev.do Don FrancoDiamante. Non potendo disporre al momento attuale di un sacerdote necessario ad assumere questo incarico, con viva gratitudine per la tua dis-ponibilità e fiducioso nel tuo zelo apostolico, con il presente

DECRETONOMINO te Don ELMER FREDY PEREZ SANCHEZ

AMMINISTRATORE PARROCCHIALEdella suddetta parrocchia di Santa Maria del Carmine in Velletri e dell’annesso territorio, a norma dei canoni 539-540 del Codice di Diritto Canonico.Ti sono concesse tutte le facoltà necessarie per l’amministrazione dei Sacramenti, per la predicazione della Parola di Dio e per lo svolgimento ditutte le attività parrocchiali, mentre si fa obbligo a tutti i fedeli della suddetta parrocchia di riconoscerti e di rispettarti come Pastore.La presente nomina decorre da Domenica 24 settembre 2017.Continuerai nel tuo impegno primario di studio e di ricerca, per il quale sei stato inviato tra noi dal tuo Vescovo diocesano, certo che ti assisterànelle fatiche pastorali la protezione e l’intercessione di Santa Maria del Carmine e la piena benedizione del Signore.

Velletri, 19 settembre 2017 +Vincenzo Apicella, vescovo

Il Cancelliere Vescovile,Mons. Angelo Mancini

Bollettino diocesano:

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3030 OttobreOttobre20172017

Bollettino diocesano:

Prot. VSC 34/2017

Nos, Vincentius APICELLA, Miseratione Divina ac Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Veliternus – Signinus, visa Dominae Luciae TRINCHIE-RI, Postulatricis legittime constitutae instantia diei 17 Aprilis 2017, qua a nobis flagitabat introdutionem processus canonizationis Sororis MariaeLiliae a Iesu Crucifixo (in Saec. Teresiae Mastacchini), Fundatoricis Tertii Ordinis Sancti Francisci a Divina Providentia, auditis episco-pis nostrae regionis, praecibus postulatricis obsecundari volentes, praesentibus litteris, decernimus petitam investigationem introducere. Cum autem processus de quo agitur personaliter praeesse non valeamus, deputamus ad hunc effectum in iudicem delegatum R.dum DominumD. Natalem LODA, in Promotorem Iustitiae R.dum Dominum D. Theodorum BECCIA, in notarium R.dum D. Fabricium MARCHETTI Nostricancellarii cura erit membris Tribunalis de ipsorum deputatione et munere notitiam communicare ipsosque monere ut compareant quo primumcoram nobis pro acceptatione muneris ipsis collati, aliisque actis primordialibus per agendis.

Velitrae, D. 26 M. Septembris A.D. MMX¬VII+ VincentiusEpiscopus Veliternus - Signinus

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Prot. VSC 35/2017

Nos, Vincentius APICELLA, Miseratione Divina ac Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Veliternus – Signinus, cum instruendus sit in nostra Dioecesiprocesssus super vita, virtutibus et fama sanctitatis Sororis Mariae Liliae a Iesu Crucifixo (in saec. Teresiae Mastacchini), fundatricis SororumTertii Ordinis Sancti Francisci a Divina Providentia, qui supremum diem obiit sanctitatis fama ornata in civitate vulgo dicta Colleferro die 1Aprilis 1926, cum iuxta vigentes normas peragendae sint accuratae pervestigationes circa Servae Dei ortodoxia scriptorum editorum et inedito-rum is litteris constituimus scriptorum censorem, Rev.mum Dominum D. Ectorem CAPRA, cui munus erit omnia Servae Dei scripta edita accu-rate legere et votum super eorum congruentia cum recta fide catholica redigere.

Velitrae, D. 26 M. Septembris A.D. MMX-VII+ VincentiusEpiscopus Veliternus-Signinus

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Prot. VSC 36/2017

Nos, Vincentius APICELLA, Miseratione Divina ac Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Veliternus – Signinus, cum instruendus sit in nostra Diocesiprocesssus super vita, virtutibus et fama sanctitatis Sororis Mariae Liliae a Iesu Crucifixo (in saec. Teresiae Mastacchini), fundatricis SororumTertii Ordinis Sancti Francisci a Divina Providentia, qui supremum diem obiit sanctitatis fama ornata in civitate vulgo dicta Colleferro die 1Aprilis 1926, cum iuxta vigentes normas peragendae sint accuratae pervestigationes circa Servae Dei ortodoxia scriptorum editorum et inedito-rum is litteris constituimus scriptorum censorem, Rev.mum Dominum D. Darium VITALI, cui munus erit omnia Servae Dei scripta edita accura-te legere et votum super eorum congruentia cum recta fide catholica redigere.

Velitrae, D. 26 M. Septembris A.D. MMX¬VII+ Vincentius

Episcopus Veliternus-Signinus——————————————————————————————

Prot. VSC 37/2017

Nos, Vincentius APICELLA, Miseratione Divina ac Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Veliternus-Signinus, cum instruendus sit in nostra Dioecesiprocessus super vita, virtutibus et fama sanctitatis Sororis Mariae Liliae a Iesu Crucifixio (in saec. Teresiae Mastacchini), fundatricis SororumTertii Ordinis Sancti Francisci a Divina Providentia, et attentis urgentioribus curis pastoralibus personaliter illi praeesse non valeamus, prae-sentibus litteris deputamus ad effectum in Iudicem delegatum Rev.dum Dominum D. Natalem LODA, ut tribunali praesit.

Velitrae, D. 26 M. Septembris A.D. MMX¬VII+ Vincentius

Episcopus Veliternus-Signinus

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3131OttobreOttobre20172017

Bollettino diocesano:

Prot. VSC 38/2017

Nos, Vincentius APICELLA, Miseratione Divina ac Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Veliternus – Signinus, cum instruendus sit in nostra Dioecesiprocesssus super vita, virtutibus et fama sanctitatis Sororis Mariae Liliae a Iesu Crucifixo (in saec. Teresiae Mastacchini), fundatricis SororumTertii Ordinis Sancti Francisci a Divina Providentia et ergo necessarium sit notarium actuarium qui acta redigat et de omnibus in sessionibusgestis fidem faciat, praesentibus litteris ad tale munus deputamus Rev. dum Dominum D. Fabricium MARCHETTI, concedentes ipsi omnes fac-ultates ut sive verbis sive scripto agere possit ea omnia quae agere possunt et debent in his processibus notarii, ita ut propria scripta in proces-su et extra processum plenam fidem faciant. In fide propria subscripsimus manu atque nostrum sigillum apposuimus.

Velitrae, D. 26 M. Septembris A. D. MMX-VII+ Vincentius

Episcopus Veliternus-Signinus——————————————————————————————Prot. VSC 39/2017

Nos, Vincentius APICELLA, Miseratione Divina ac Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Veliternus – Signinus, cum instruendus sit in nostra Dioecesiprocesssus super vita, virtutibus et fama sanctitatis Sororis Mariae Liliae a Iesu Crucifixo (in saec. Teresiae Mastacchini), fundatricis SororumTertii Ordinis Sancti Francisci a Divina Providentia, qui supremum diem obiit sanctitatis fama ornata in civitate vulgo dicta Colleferro die 1Aprilis 1926, cum iuxta vigentes normas per agendae sint accuratae pervestigationes circa Servae Dei scripta et documenta relationem haben-tia cum ipsius vita necnon cum instituto ab ipsa fundato is litteris constituimus peritorum in re historica commissionem, cuius praeses erit Rev.musDominus D. Doctor Lucianus LEPORE, membra autem Rev.mus Dominus D. Doctor Antonius BURATTINI, et Doctor Stanislaus FIORAMONTIet Dominus Franciscus CANALI, Praefatae commissionis munus erit omnia scripta Servae Dei et documenta ad causam aliquo modo perti-nentia accurate colligere, iudicium de eorum authenticitate et valore promere, et votum de Servae Dei personalitate, uti ex ipsis scriptis et docu-mentis eruitur redigere.

Velitrae, D. 26 M. Septembris A.D. MMX-VII+ VincentiusEpiscopus Veliternus-Signinus

Ita est: Angelus MANCINIA Secretis

Velletri, Lutto per l’improvvisa scomparsa del dott. prof. Renato Mastrostefano

Presidente della Banca Popolare del Lazio.

VVenerdì 22 settembre ci ha lasciato il prof. Renato Mastrostefano. Persona amabilissi-ma, veliterno verace, profondo e attento conoscitore della storia e della realtà cittadi-

na. Dopo essere stato docente presso l’Istituto Tecnico-Commerciale “C. Battisti” ha contri-buito alla formazione di generazioni di ragionieri, nel contempo ha ricoperto diversi ruoli inquella che era la Banca Cooperativa Pio X, divenuta in seguito, anche grazie al suo contri-buto, Banca Popolare del Lazio e ne assunse diversi livelli dirigenziali fino a presiederla esoprattutto ad amarla come una sua creatura.

In questa veste, come ha ricordato anche il vescovo diocesano mons. VincenzoApicella nell’omelia delle esequie, ha seguito e sostenuto lo sviluppo del territorio e dei suoiabitanti. Culturalmente molto sensibile, nel corso degli anni ha supportato molte iniziativeculturali. Con lo stesso slancio ha anche aiutato molte opere volte a sostenere l’attività cari-tativa e formativa della nostra Chiesa locale. Il vescovo ha voluto ricordare l’ultimo suo impe-gno a favore della realizzazione della Porta Santa in bronzo per la Cattedrale, come even-to per arricchire artisticamente la secolare basilica di San Clemente ed anche per offrire unsegno tangibile che ricordasse a tutti la Misericordia di Dio.

Mons. Vescovo, la Diocesi e anche la nostra redazione mentre esprimono senti-menti di vicinanza alla famiglia, in particolare, alla moglie ed alle amatissime figlie, ai nipo-ti, assicurano il ricordo nella preghiera invocando per lui proprio la Misericordia di Dio.

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Prot. VSC 41/2017

CAUSA BEATIFICATIONIS ET CANONIZATIONIS

SORORISMARIAE LILIAE A IESU CRUCIFIXO

(IN SAEC. TERESIAE MASTACCHINI)FUNDATRICIS

SORORUM TERTII ORDINIS SANCTI FRANCISCI A DIVINA PROVIDENTIA

(1892-1926)_______________________________

EDITTO

Il 24 maggio 1892 nasceva a Castell’Azzara (VT) Suor Maria Lilia al secolo Teresa Mastacchini, Fondatrice delle SorelleTerziare Francescane della Divina Provvidenza (Pie Operaie); moriva il 1 aprile 1926 in Colleferro di Roma, e veniva sepolta nel cimitero cit-tadino.

Essendo andata aumentando, col passare degli anni, la sua fama di santità e di segni, è a noi pervenuta formale istanza diapertura del Processo di Beatificazione e Canonizzazione.Ordiniamo pertanto a tutti e singoli i fedeli di comunicarci direttamente o a far pervenire presso la nostra Reverendissima Curia Vescovile (CuriaVescovile, Corso della Repubblica, 343- 00049 Velletri- RM) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favo-revoli o contrari alla fama di santità di questa Suora.

Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma dei sacri canoni, tutti gli scritti a lei attribuiti, ordiniamo, col presente EDITTO, a quan-ti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine alla medesima Curia qualsiasi scritto, che abbia come autore la menzionataSuora, qualora non sia già stato consegnato alla Postulazione della Causa.

Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le opere stampate, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere edogni altra scrittura privata delle persona in epigrafe. Coloro, che gradissero conservarne gli originali, potranno presentarne copia debitamen-te autenticata.

Stabiliamo, infine, che il presente EDITTO rimanga affisso per la durata di tre mesi alle porte della Concattedrale di Segni,e di tutte le Chiese parrocchiali della Diocesi, come nella bacheca della Curia, e che venga pubblicato sul bollettino diocesano.

Dato a Velletri, il 26 settembre 2017.

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3333OttobreOttobre20172017

Giuseppe Mazza*

Presentazione dell’ultima

opera di don Gaetano Zaralli

TTempo fa un vescovo mi chiese un pare-re sull’opportunità di diffondere un“nuovo” catechismo nella sua diocesi.

Era opinione del mio interlocutore che la sua gen-te mancasse dei fondamenti essenziali del cre-do cristiano: occorreva riproporli, e per farlo -a suo avviso -sarebbe stata più utile una for-mula semplice e sintetica. I contenuti sarebbe-ro stati, ovviamente, quelli di sempre, ma il vei-colo comunicativo avrebbe dovuto essere quel-lo, rapido e immediato, del tipico modello pre-conciliare del domanda – e – risposta. La richie-sta di un riscontro mi trovò in imbarazzo. Le inten-zioni del vescovo erano senz’altro lodevoli, mami ci volle un’ottima dose di tatto per fargli capi-re che non ritenevo che la sua fosse una scel-ta oculata. Il problema non era lo schema espositivo in sé,e neanche il fatto che i più attempati vi avreb-bero visto un nostalgico ritorno a una sorta diancien régime ecclesiastico. Gli dissi con mol-to rispetto che nella comunicazione della fedeodierna non è il comunicato a mancare, ma ilcomunicatore. E il suo nuovo pamphlet apolo-getico non avrebbe fatto la differenza. A quel tempo non avevo sottomano le vibrantitestimonianze di don Gaetano Zaralli, ma mi sareb-bero state di grande aiuto nel corroborare quan-to dissi. Di don Gaetano ho sempre apprezzato l’ardenteparresìa, la franchezza di un dire che, con toniurbani e inurbani insieme - opportune et impor-tune, direbbe Paolo - si fa annunzio.Quando lessi per la prima volta quanto scrive-va, tra le righe di una controversa mailing listdegli anni Novanta, fu in grado di innervosirmi:irriverente, molto poco politically correct, impu-dente, persino sfrontato. Persone così le leggiuna volta, poi le metti da parte e tiri dritto. Luino: lo leggi ancora. Cerchi di capire perché scriva certe cose, le stes-se che, nel momento stesso in cui te le sbattein faccia, sa ammantare di poesia e di scomo-da umanità. Lo leggi, Zaralli. Lo capisci, Zaralli.Lo segui. Perché il punto è questo: non rilan-ciare un messaggio, ma creare sequela. A pocoserve impacchettare messaggi in una bottigliache nessuno raccoglierà, nel naufragio del nostrotempo distratto e confuso. A poco serve codificare la fede in articoli, cano-ni, catechismi e summae se poi non ne nascel’istinto (il gusto più che l’obbligo, la disposizioneprima che l’imperativo) alla sequela, lo stessoche – ben prima di Nicea e di Costantinopoli -ha dato origine alla nostra fede. L’immediatezzadi don Gaetano lo suggerisce già nelle primepagine di questo libro:

“A cosa serve annunciare unvangelo riverito e incensato nel-le liturgie, se poi la Parola nonesce come Buona Novella daquei libri dalle copertineargentate? [. . . ] Possibile cheper provare l’ebbrezza del van-gelo bisogna uscire dallechiese, dove la noia è pres-soché di casa?”.Apprezziamo “a pelle” - per cita-re due ambiti diversissimi - latoccante parabola quaresimaledel Re Leone Disney e l’u-manissima Risurrezione cheabbacina la chiusa dellaSeconda di Mahler. Potremmodire lo stesso delle cateche-si propinate nelle nostre par-rocchie? Non si dica che si trat-ta di registri diversi: il vangeloè una sinfonia, e l’unicomodo per onorarlo è esprimerloin una la coralità e tradurlo inuna sequela.Voci in coro nasce da questodoppio intento. Come le ope-re precedenti dell’autore, fa ecoa un vissuto documentato daun vivace caleidoscopio di let-tere, testimonianze, biglietti,post, e–mail. Invisibile ma onni-presente è il contatto umano di un parroco conla sua gente: il rapporto, mai autoritario, di un’a-nima tra le anime - vobiscum christianus, dice-va Agostino -, di un redento tra i redenti.Zaralli fa da regista, ma il vero protagonista èil coro di voci che egli ha saputo orchestrare:genitori, madri e padri di famiglia, fidanzati, cop-pie regolari e irregolari, bambini, anziani, cre-denti e “lontani”. Si tratta spesso di quel “popolo delle retrovie”per il quale l’autore, in una sorta di dichiarazioneprogrammatica, ha confessato un commosso sen-so di rispetto, forse di appartenenza:“Frastornato da vari accadimenti, intasato in unarealtà che ha cancellato le bellezze dei primi pia-ni, ho lasciato allo sguardo il piacere di riper-corre le frange di un popolo che, muovendosinell’apparente scompiglio delle retrovie, sa daredi sé l’immagine concreta di gente per nulla dis-posta a piangersi addosso.”La parola di don Gaetano è sempre puntuale,discreta, pungente ma rispettosa, letale ma lea-le. Non cerca l’alternativa per il gusto di esse-re diverso, ma ti offre la possibilità di essere quel-lo che sei e di amare ciò che devi essere: duecose diverse, da non confondere e da non tra-scurare. Il nostro mondo non ha forse bisognodi autenticità? Non servono forse argomenti piùsolidi, ed emotivamente più partecipati, per moti-vare quello slancio morale che le istituzioni civi-

li e religiose finiscono per supportare solo dalpunto di vista codicistico? La sequela di Cristo nasce solo nel grembo diuna Chiesa impegnata a intessere un rappor-to unico e personale con il Signore della vita.Ne è espressione una catechesi viva, parteci-pata, coestensiva, volto eloquente di unacomunità che catechizza con la sua stessa feria-lità; ad essa dovranno senz’altro essere subordinatii metodi e gli strumenti più efficaci che siano adisposizione. Ma ogni cosa ha il suo posto e ilsuo ordine di priorità: prima i comunicatori, poiil comunicato.Il vescovo che aveva chiesto il mio parere sulsuo progetto di catechesi sapeva di parlare conun accademico. Dava per scontato che non avreb-be avuto risposte concrete (diciamo la verità: nonè sempre così quando si parla con un teologo?).E infatti cambiò velocemente argomento e miparlò d’altro. Avrebbe ascoltato don Gaetano?Non lo so. Spero che lo ascoltino i suoi lettori,consapevoli - come recita un proverbio antico- che il momento migliore per piantare un albe-ro era venti anni fa. E il secondo miglior momen-to è ora.

*Docente di Filosofia della Comunicazione, Dialogo interculturale e Sociologia della religione

presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma.

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3434 OttobreOttobre20172017

Roberto Luciani

IIl romanzo storico Bandito della Reginaricostruisce l’avventurosa vicenda del ban-dito veliterno Cencio Vendetta, vissuto

nell’Ottocento, ritenuto responsabile, tra l’altro,del furto della Sacra Immagine della Madonnadelle Grazie, per la cui restituzione trattò conl’Autorità Pontificia, chiedendo l’immunità ed altribenefici per sé e il fratello. Sfortunato fu l’epi-logo con la condanna a morte, per decapitazione,eseguita nella Piazza del Trivio.L’ARACNE EDITRICE di Roma ha pubblicato,nel mese di agosto 2017, il romanzo scritto daAntonio Venditti nel 1983, apparso per la pri-ma volta nel 2012, nella Collana di “Storia e Cultura”della Casa Editrice Scorpius di Velletri.Nell’immagine la Copertina: Il viaggiatore diAgostino De Romanis, autore anche dei Disegnioriginali acquarellati all’interno dell’opera in arti-stica edizione.

Prefazione

Ugo Foscolo (1778-1827), professore diEloquenza in Almum Studium Papiense, nellaprolusione al corso tenuta il 22 gennaio 1809afferma: “italiani, io vi esorto alle istorie”. GianCarlo Leonardi de Sismondi (1773-1842) auto-re della Histoire des Républiques italiennes, nonrappresenta soltanto la storia della nazione, maanche quella dei suoi sudditi, intesi come sog-getto e non oggetto di storia. Nel delineare il suggestivo romanzo storico Banditodella Regina, Antonio Venditti si è ispirato a que-sti due grandi letterari. Si tratta, infatti, di unastoria realmente accaduta a Velletri, paese col-linare posizionato a sud di Roma, che focaliz-za il giovane protagonista dipingendo al contemposcene di vita improntate all’universo naturalisticoma anche patriarcale e duro dei contadini, e l’ab-norme potere della “polizia” e del clero.La storia tratteggiata nel romanzo è stata rico-struita sulle fonti, da considerarsi punto di par-tenza e di arrivo di una ricerca, oltre che da testi-monianze. La “storia”, infatti, secondo Fustel deCoulange (1830-1889) deve fornire risposte chia-re e precise sulla vita di una società e quindi diun uomo. L’avvenimento preso in esame nonè quindi una ricostruzione metafisicamente vizia-ta, ma scaturisce da fonti effettivamente rinve-nute e studiate dall’Autore.Applicando la “filosofia della storia”, rivalutan-do criticamente alcuni aspetti, cercando di espun-gere dai pregiudizi quanto nel corso degli annivi si fosse venuto accumulando come sovrastrutturagenerata da malaccorte tradizioni, Venditti per-

seguendo un orientamento non legato a preconcettidi sorta, ha il grande merito di fare piena lucesulla vita di un conterraneo con una precisa escaltrita consapevolezza critica e culturale. Il giovane Cencio Vendetta, divenuto suo mal-grado bandito, certo deve affrontare tristi pro-ve della vita, conservando tuttavia nell’anima ilseme di qualche incorruttibile certezza. Pur se obbligatoriamente sceso a compromessicon i potenti e il potere, pur se ha proposto unadottrina morale “scandalosa”, non ha avuto pau-ra di andare contro corrente, non lusingando gliistituti dell’uomo. Certamente si tratta di un ribel-le, nel senso che non si rassegna all’ingiusti-zia, istituzionalizzata o meno, al conformismoborghese, preferendo vivere controcorrente, allosbaraglio, con un innato fervore utopico, tutta-via la sua scelta di fuorilegge, anche se non volon-taria, trova giustificazione sianella ribellione contro l’ingiustizia,sia nell’impegno per una socie-tà libera e giusta. E’ interessante notare comeil personaggio di Venditti abbiaassonanze con due perso-naggi delineati da IgnazioSilone. Come per Lazzaro,il protagonista del romanzodi Silone Una manciata di more,il nostro bandito inizia la sua“conversione” con un dram-ma, con una ingiustizia.Come per il protagonista del

romanzo di Silone Vino e pane, LuigiMurica, ucciso dai fascisti, CencioVendetta era un ragazzo potenzialmentebuono assertore della verità e del-l’amore che tuttavia aveva sbagliatoe scontato il suo dramma senza esse-re però perdonato dai suoi perse-cutori.Il romanzo estrinseca un linguag-gio poetico, con parole che, comela parola poetica, puntano a presentareun ritmo e ad imporlo; un ritmo incar-nato come se le parole potesseroessere pronunciate in una comu-nicazione solo orale; parole che pos-seggono un carattere di astanza; paro-le che interrogano, ascoltano e chie-dono ascolto. Parole, appunto,scritte, ma che aspirano a farsi vocedi un uomo, degli uomini, della socie-tà oppressa. Nel romanzo Bandito della Reginal’Autore si pone nella prospettiva del-la etimologia, puntando alla preci-sione storica e geografica, facen-do tuttavia leva su un’accurata lavo-razione e sperimentazione della sin-tassi e delle sue articolazioni mol-teplici, portatrici di svariati significati.

Pur nella consapevolezza delle profonde diffe-renze fra oralità e scrittura, Antonio Venditti sisforza di raggiungere risultati di concisione nel-lo scrivere, in un quadro di attenta ricerca for-male. Autore di diversi e straordinari romanzi, l’ultimastagione dello scrittore veliterno non è però menoricca di quelle che l’hanno preceduta. Il corag-gio, morale e intellettuale, che lo aveva spintotra i pochi negli ultimi decenni, a inoltrarsi in una“denuncia sociale” (si veda Gente di Piazza, DeiMerangoli, 2016), in cui convergessero simbo-li e parole, è lo stesso che lo sorregge nell’a-vanzare entro l’orizzonte volutamente circoscrittodella sua esistenza, con occhio limpido, luci-do, aperto su un recente passato ormai scom-parso.

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3535OttobreOttobre20172017

Stanislao Fioramonti

PPoggio Bustone (m. 756) èun paese collinare sul bor-do nord-orientale della val-

le Reatina, sotto il Terminillo.Subito prima del paese, accanto allastrada provinciale, c’è il parco pub-blico chiamato “I giardini di marzo”in ricordo di uno dei maggiori suc-cessi di Lucio Battisti, grandecantautore nato qui il 5 marzo 1943e morto a Milano il 9 settembre 1998. Lungo il viale del parco si incon-tra una sua statua in bronzo conl’immancabile chitarra e una di SanFrancesco d’Assisi a braccia alza-te sulla sottostante valle Reatina.All’entrata del paese un cartelloneavverte che - oltre a Lucio Battisti- è nativo di Poggio Bustoneanche Attilio Piccioni (1892-1976), uomo poli-tico popolare e democristiano, a lungo parlamentaree più volte ministro. Le case del paese in parte sono ai lati della stra-da, ma per la maggior parte sono disposte a gra-dinata lungo il fianco della collina. Entrando nel borgo medievale, si risale alla par-rocchiale e poi alla Porta gotica detta del “Buongiorno”,in ricordo del saluto - “Buongiorno, buona gen-te!” - rivolto da san Francesco agli abitanti quan-do venne qui per la prima volta nel 1209. Un saluto che risuona anche oggi, dopo 900 anni,il 4 ottobre, festa liturgica del santo di Assisi: untamburino passa al mattino per le stradine e lescalinate del paese, bussando a ogni porta eripetendo a tutti la stessa gentile espressione.Usciti dalla porta e osservato a destra il monu-mento anch’esso in bronzo al tosatore di peco-re (un mestiere, quel-lo del pastore, un tem-po diffusissimo in que-ste zone), si imboccavia San Giacomo chesale per 6-700 metri finoal convento france-scano di San Giacomodi Poggio Bustone, unsantuario di proprietàbenedettina donato aSan Francesco nel1217.Il convento, uno dei quat-tro che hanno fatto defi-nire “santa” la valle rea-tina (insieme a quelli diFontecolombo, Greccioe La Foresta), è formatoda un piano superiorecon la chiesina tre-

centesca di san Giacomo e altre strutture sei-centesche (chiostro, refettorio), e da un pianoinferiore con i resti del convento antico (trecentesco),una grotta-cappella dedicata a san Michele Arcangeloe la grotta della preghiera di san Francesco. L’interastruttura è stata radicalmente restaurata qual-che anno fa. Dal portico di facciata si ha unabellissima veduta di Poggio Bustone, della pia-na Reatina con i suoi laghi e delle montagnecircostanti, ricoperte da fitti boschi.Dal convento di S. Giacomo (m. 800) si può sali-re al romitorio superiore o Grotta dellaRivelazione o Sacro Speco di S. Francesco(m. 1075), alle falde del monte Rosato (m. 1510). Il tragitto, di difficoltà media, ha una lunghezza900 metri, un dislivello di 275 e un tempo di sali-ta di 40 minuti. Percorso più volte da San Francesco,è in assoluto uno degli itinerari più schiettamente

francescani; apre l’animo del pellegrino alla medi-tazione e alla contemplazione, proprio come acca-deva a Francesco durante i suoi ritiri a PoggioBustone. Scrive Jorgensen: “Se vogliamo comprendere a pieno Francescod’Assisi, è indispensabile seguirlo in alto, su quel-la grotta isolata della montagna” dove egli rice-vette da Dio il perdono dei peccati.Nella sua continua ricerca di Dio, Francesco ama-va rifugiarsi e pregare in luoghi alti e spesso imper-vi, dove la purezza della natura e il silenzio ren-devano meglio percepibile la presenza del Padre. Il Sacro Speco di Poggio Bustone fu uno di que-sti luoghi. Quando nell’estate del 1209 giunsecon i suoi primi compagni in questo possedimentodei Benedettini di Farfa, Francesco era trava-gliato dal pensiero della sua vita trascorsa neipeccati.

Nella grotta ha luogo lavera nascita spirituale delSanto, quando prendecoscienza che il Signoregli usa misericordia, cheè perdonato e amato daDio (vedi le FontiFrancescane al n. 363).E’ qui inoltre che iniziala sua avventura comu-nitaria, con la creazionedella prima fraternitàfrancescana e l’invio deifratelli a predicare a tut-ti che “Dio solo è buono”.E Dio predisse anche alSanto l’espansione pro-digiosa del suo Ordine,che avrebbe accolto fra-

continua nella pag. 36

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3636 OttobreOttobre20172017

ti santi e frati indegni, ma come fece il pesca-tore del Vangelo i “pesci” migliori e più grossisi sarebbero conservati mentre gli altri sisarebbero gettati in mare (v. FF 364).A piedi si segue la strada asfaltata che sale amonte del Santuario, tabelle segnavia del sen-tiero 421.Si trascura subito a sinistra un viottolo che ini-zia con una scalinata in pietra e passamano dilegno, una Via Crucis dalle stazioni com-poste di materiali diversi (legno,metallo, maiolica ecc.) cheporta al Tempietto dellaPace (moderno) e allastatua in bronzo di unS. Francesco mol-to stilizzato. Pochedecine di metri piùavanti (quota 845m) si imboccainvece a sinistrauna via gradinatasenza corrima-no, con altretabelle escur-sionistiche delCAI, iniziando asalire a ser-

pentina nel bosco di querce seco-lari e aceri campestri. Anticamentela grotta era raggiunta da un sen-tierino tortuoso nel bosco; oggi ilpercorso è stato ristrutturato e arric-chito di sei edicole e altri due luo-

ghi evidenziati da tabelle che ricordano episo-di prodigiosi descritti dagli storici francescani (Lodovicoda Modena, Wadding, Gonzaga...) e riferiti aisoggiorni del Santo nella grotta. Tutti gli episo-di descritti dalle edicole hanno un’origine diret-ta dalla tradizione popolare. Le edicole, presentidalla metà in poi del percorso, furono erette giàintorno al 1650; quelle moderne, riparateanch’esse alla metà degli anni ’90, descrivono

questi episodi francescani:Prima edicola. Pietra con l’im-

pronta del Breviario diFrancesco. Si raccon-

ta che, durante unatempesta improvvisa,

il Santo per non

far bagnare il suo breviario lo posò su quella roc-cia, che quasi cedette riparandolo e lasciandonel’orma rettangolare; il vuoto è tuttora visibile. Secondoil Wadding, tale impronta ha le stesse misuredel Breviario del Santo conservato ad Assisi. Ancheuna pittura coeva, nell’edicola, descriveva l’e-pisodio, con la scritta: “Stando il p. S. Francescoin questo loco recitando l’offizio fu ass(alito) dauna pioggia improvvisa e dubitando non si bagnas-se il breviario l’accostò a questa rupe la qualemiracolosa(mente) cedette p(er) dargli ricove-ro. Ex vetustissima traditione”.Seconda edicola. Roccia con l’impronta del cap-puccio del Santo. Stanco della salita, Francescosi appoggiò agli scogli per riposare e, seduto aterra con le spalle alla roccia, il cappuccio delsuo saio vi rimase miracolosamente impresso.Anche nel successivo tornante del sentiero unaroccia ha una concavità impressa che la vox popu-li identifica con l’impronta del ginocchio di S. Francesco,prostratosi di fronte a un angelo venuto a con-solarlo delle sue sofferenze.

segue da pag. 35

“Buon giorno,buona gente”

affresco della

Cappella -

Convento Poggio

Bustone di

Bandeira de

Mello, 1963.

Nelle foto: a sinistra, Eremo di san Francesco a Poggio Bustone;

sopra, l’interno del Santuario inferiore di Poggio Bustone.

Poggio Bustone, Sacro Speco, il cammino per il

Santuario superiore e una delle cappelle poste lungo il sentiero.

continua nella pag. accanto

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Terza edicola. Roccia con l’impronta del gomi-to di S. Francesco, appoggiatosi allo scoglio perriposare.Passata questa cappella, si giunge a un bivio,m. 990. Si lascia a sinistra la via segnata (sen-tiero 421), che prosegue l’ascesa per il Pratodi San Giacomo e il monte Rosato (m. 1510),e si continua a salire a destra verso il Sacro Speco.Quarta edicola. Ricorda l’apparizione del dia-volo, che presentandosi su una roccia tentò SanFrancesco cercando di distrarlo dalla preghie-ra.Quinta edicola. Roccia con l’impronta di un pie-de di S. Francesco.Sesta edicola. Impronta del piede di un Angeloapparso in forma umana al Santo per rassicu-rarlo della sua condotta di vita.Alle edicole seguono sul sentiero alcuni gradi-

ni di roccia, poi sopra un dirupo una croce dilegno e una di ferro (questa posta nel 2012);da qui S. Francesco benedisse la valle reatina,visibile nella sua totalità; e da qui si raccontache il diavolo volesse far precipitare il Santo.I pellegrini che salivano allo speco solevano get-tare all’interno delle edicole una piccola pietra,forse per scacciare il maligno. Superate tutte le edico-le si giunge alla base degliScogli di San Francesco,alti circa 100 metri (nel2008 ingabbiati con retimetalliche per evitare lacaduta di pietre sui vian-danti), dov’è la chiesina- con campaniletto e pic-cola abside - che racchiudela spelonca tra le rupi, lagrotta delle visioni; qui,dove al Poverello appar-ve un angelo nelle for-me di un fanciullo che gli

annunciava la remissione dei peccati da partedel Signore e gli rivelava l’espansione dell’Ordine,si entra nel cuore profondo del francescanesi-mo, nella culla della piccola comunità france-scana iniziale.La chiesetta fu costruita intorno alla grotta delsanto nei primi anni del 1300; intorno al 1600fu ingrandita fino ad arrivare alla sua attuale for-ma. La costruzione ha due vani sovrapposti, sca-vati nella roccia, due ambienti semplicissimi, dis-adorni ma suggestivi; quello inferiore è una sor-ta di ingresso con un altarino trecentesco al disopra del quale è un dipinto del Seicento raffi-gurante l’Angelo che appare a Francesco ras-sicurandolo della remissione dei suoi peccati.Da qui una scala di rozzi gradini tagliati nellaparete rocciosa conduce al vano superiore (costrui-to nel 1634) con la vera e propria grotta del Poverello;ha un minuscolo altare con sopra un quadro diS. Francesco in preghiera e il beato Egidio inriposo.Giunti alla grotta santa, è uso devoto far suo-nare con almeno cinque rintocchi la piccola cam-pana, tramite la cordicella posta all’esterno del-l’edificio. Il ritorno al convento francescano diS. Giacomo può avvenire anche con un percorsoad anello che arriva (m. 882) alla strada bian-ca e larga che dal convento stesso sale alla mon-tagna; la mulattiera è più larga e meno scoscesadel sentiero, ma lunga quasi il doppio; è peròmolto piacevole.Tutto il giro, compresi una deci-na di minuti di sosta allo Speco, può durare pocomeno di 2 ore.

Poggio Bustone, Il Sacro Speco.

Panorama della Valle Santa dal Santuario di

Poggio Bustone.

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Mara Della Vecchia

LLeonard Bernstein, grande musicista statunitense del XX seco-lo , fu popolare soprattutto per la sua intensa attività di diretto-re d’orchestra, ma notevole fu anche la sua produzione musi-

cale che riguarda diversi generi: musica sinfonica, teatro, pianoforte, musi-ca da camera, musica sacra ed inoltre ricordiamo il suo impegno nelladivulgazione della cultura musicale attraverso conferenze, pubblicazionie trasmissioni televisive. La sua produzione di musica sacra non è mol-to vasta, ma comunque molto interessante, la Missa Brevis è senza dub-bio la composizione più importante in questo ambito. Questa è stata l’ultima opera completata dal maestro nel 1988, poichémorì un anno più tardi nel 1989. L’opera prende origine dalla musica discena che Bernstein aveva composto per il dramma “The Lark “nel 1955,ispirato alle vicende di Giovanna d’Arco. Allo scopo di enfatizzare l’ambientazione storica del dramma, egli hacomposto musica di ispirazione medioevale e rinascimentale con l’im-piego del coro e di percussioni. Le caratteristiche di questa musica indus-

sero Robert Shaw, direttore della AtlantaSynphony Orchestra, a suggerire a Bernsteindi adattare la composizione per un lavoropiù strutturato e unitario quale una messa.Il suggerimento venne accolto da Bernstein,ma solo trentatré anni dopo, nel 1988 quan-do egli riprese in mano la composizione ori-ginale per “The Lark” e ne trasse la sua “MissaBrevis” per coro misto, solista e percussio-ni che dedicò proprio a Robert Shaw in occa-sione del suo ritiro dalla direzione della AtlantaSynphony Orchestra.La “Missa Brevis” presenta diversi spunti par-ticolari : nel Kyrie, Bernstein insiste sulla paro-la Kyrie (Signore), anziché sulla parola eley-son (misericordia) come nella maggior par-

te delle messe, ottenendo in questo modo, un effetto percussivo crea-to dall’insistenza sulla consonante “k”; nel Gloria la particolarità consi-ste nell’introduzione, nella parte finale, di due serie di campane le qua-li culminano con un fortissimo su un tempo rapidissimo ed è l’unica sezio-ne della messa in cui il coro canta a cappella con l’eccezione delle cam-pane finali. Infine nel Dona Nobis Pacem, Bernstein accentua la parte ritmica crean-do una sorta di danza e introduce, nel finale, una parte di improvvisa-zione delle percussioni facendo così in modo che ogni esecuzione risul-ti davvero unica. La “Missa Brevis” non è tra le più conosciute del nostrocompositore, anche se è stata sempre ben accolta dalla critica a dalpubblico; si tratta di un’opera che si discosta dalle altre opere del mae-stro proprio per la particolare miscela di musica medioevale, rinascimentalee contemporanea. Non esistono molte registrazioni della “Missa Brevis”,infatti la prima registrazione è mancante di alcune parti, e solo nel 2003ne è stata realizzata una completa, più recentemente troviamo la regi-strazione del Southwest Stadio Vocal Ensamble Stoccarda del 2014 pub-blicata all’interno dell’album “America” contenente composizioni di musi-ca sacra di altri celebri autori statunitensi.

Presentazione del libro

CC ’è uno che bussa alla porta. Per troppo tem-po l’ho lasciato là fuori. Se non apro, mai capi-

rò di che si tratta. Voglio guardare chiara la suafaccia. Voglio sapere dove portano le parole cheha da dirmi. Fuori, c’è quell’uomo che dalla rivadel lago chiamò a gran voce alcuni uomini dub-biosi scappati a pescare e li invitò a portare deipesci; il fuoco per arrostirli lui l’aveva già acce-so. So pure che quell’uomo pochi giorni prima ave-va acceso un altro fuoco sulla cima di una colli-na… e, però, era stato, ed è, Fuoco Divorante.Ad ogni modo, scelgo di aprire.

Stanco di osservare una tempesta di male den-tro e attorno a sè, l'avvocato Paolo Gioben ini-zia un cammino interiore fra dubbi e debolezze.(...)Romanzo epistolare dove anche il linguaggio èun incanto. – Amalia Lavezzari

Al centro del romanzo c'è Medugorje e l'in-credulo Paolo Gioben. Pagine insuperabili chestupiscono e danno forte emozioni. – Laura De Santis

Il protagonista “è stanco di tanto odio insen-sato. Penso anche ciò che muove il mio Paolosui sentieri dello spirito sia soprattutto la nostal-gia del bene. Un bene annunciatogli quand'erapiccolo con l'Ave Maria sulle ginocchia mater-ne.(...) Ho cercato di scrivere una storia chedica qualcosa di bello al lettore in un linguaggioche ne catturi l'attenzione. – l’Autore

Antonio Bennato esordisce nel 1988 con “I Santili ho tirati giù dal cielo”, Mondadori Editore. Nel 2008, pubblica con Guida di Napoli: “LaCapitana” e, nel 2009, “Quo vadìsse, Pulecenè”.Collabora al mensile della diocesi di Velletri-Segni “Ecclesia in cammino.” Nel 2017 pub-blica “Un pugno di more”, ilmiolibro.it

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Luigi Musacchio

GGreco, Il Greco, El Greco, lo si trova indi-cato con tali appellativi nelle cronacheche lo riguardano. Nonostante la sua qua-

si quarantennale permanenza in terra iberica,resta “El Greco“, appunto. E questo suosoprannome riassume tutto: certamente la suaorigine “straniera” ma anche la sua “estranei-tà” rispetto alla tradizione pittorica e all’ambientedi Spagna. L’artista cretese non cessò mai di stupire conla sua geniale e stravagante creatività, che glipermise , da subito, di rompere le consuetudi-ni estetiche dell’epoca e, da autentico “rivolu-zionario” al pari dei più grandi nella storia del-l’arte, di imporre una “visione” pittorica assolu-tamente nuova, fuori dai canoni più consolida-ti, al di là cioè della perfezione più compiutadella figura umana, dell’armonia della compo-sizione e del colore al grado massimo di gra-zia e incantamento.Eppure la sua storia non dovrebbe, in fondo,apparire così tanto “sorprendente”: i “cicli” vichia-ni la raccontano lunga anche per questo fran-gente. Quando un periodo storico dell’arte, del-la filosofia e, in generale, della cultura esauri-sce la sua “carica” emozionale ed espressiva- quella che specialmente si enuclea nell’ope-ra degli artisti e dei filosofi- è quasi naturaleche all’orizzonte si profili l’alba di una nuova sen-sibilità. E così, dopo i trionfi e le glorie artisti-che (e non solo) del Rinascimento, che, per esem-pio, il Vasari vede soprattutto magnificate nel-le opere di Michelangelo e Raffaello, non c’èpoi tanto da stupirsi se, tra la folta schiera degliartisti, ne emerga uno che dica qualcosa di dis-sonante, anche di dissacrante, e che, per que-sto, se ne faccia primo e più verace portavo-ce. Al riguardo avrebbero da raccontare la loroil Savonarola, Giordano Bruno e Galilei, i più“sfortunati” e repressi predicatori nostrani del“nuovo”.Il Concilio di Trento chiude i battenti nel 1563.El Greco è soltanto Doménikos Theotokópoulos,ha i suoi ventidue anni e non si è ancora tra-sferito a Venezia, sede del suo probabile “disce-polato” nella bottega di Tiziano: a Candia, capo-luogo dell’isola di Creta, respira la cultura gre-co-alessandrina, le lezioni dei sublimi maestridella filosofia e dell’arte da un lato e, dall’altro,assimila la caratteristica tendenza a ripetere all’in-finito le pose e le formule delle icone bizanti-ne. Più tardi, passerà anche a Roma (1570-1576):il “bagno” nel grande lago dell’arte rinascimentaleè totale; ma ciò non gli impedisce di “prender-sela” con il Maestro della Cappella Sistina, scom-

parso appena sei anni prima. Qui non mancòdi rendere pubblico il manifesto della sua indo-le da ribelle arrivista, proponendo, con sprez-zante sfrontatezza, a papa Pio V la ridipinturadel Giudizio universale: nonostante gli interventi“riparatori” di Daniele da Volterra sulle parti giu-dicate oscene, tutti quei nudi contraddicevanomolto evidentemente i dettami della più ortodossadottrina cattolica secondo i nuovi proclami delConcilio e, poi, «Michelangelo era un brav’uo-mo, ma non sapeva dipingere» (sic!). La goccia, anzi, la cascata fece traboccare ilvaso. Questo «goffo forestiero venuto oltremarino»,(come lo scrittore e architetto Pirro Ligorio apo-strofò Doménikos, tratteggiandone romanamenteil carattere bizzarro, anticonformista e superbo),fu costretto per tale non piccola faccenda a lascia-re il palazzo del cardinale e mecenateAlessandro Farnese. Ma l’adattabilità del gio-vane greco non si smentisce: a Roma, per tut-ta risposta, apre una sua bottega e sperimen-ta un suo proprio linguaggio con i primi ritratti(Vincenzo Anastagi, Pompeo Leoni, Giambattistadella Porta, l’espressionistico Ragazzo che accen-de una candela). Tra questi, un cenno a par-te merita forse il ritratto diGiulio Clovio, il miniaturista(secondo i l Vasari i l“Michelangelo delle minia-ture”) che aveva preso a benvoler il giovane Doménikosappena giunto a Roma e checosì ne aveva invocato labenevolenza allo stesso car-dinal Farnese:

«Al Cardinale FarneseViterbo

A’ dì 16 novembre 1570

E’ capitato a Roma un gio-vane Candiotta discepolodi Ticiano, che a mio giu-ditio parmi raro nella pittura;e fra l’altre cose, egli ha fat-to un ritratto da se stesso,che fa stupire tutti questi pit-tori di Roma. Io vorrei trat-tenerlo sotto l’ombra di V.S. Illma. et Revma, senzaspesa altra del vivere, masolo di una stanza nelPalazzo Farnese per qualchepoco di tempo, cioè per finche egli si venghi ad acco-modare meglio. Però La

prego et supplico sia contenta di scrivere al Co.Ludco, suo Maiordomo, che lo provegghi nel det-to palazzo di qualche stanza ad alto; che V. S.Illma farà un’opera virtuosa degna di Lei, et iogliene terrò obbligo. Et Le bascio con reverenzale mani.

Di V. S. Illma et Revma humilissimo servitore.

Don Giulio Clovio».

Ne Il ritratto di Giulio Clovio, forse il più anticogiunto fino a noi, il giovane Doménikos mani-festa di già le sue potenzialità espressive: sul-lo sfondo il dipinto di un cielo tempestoso tradisceil ricordo e l’indubbia influenza del naturalismoveneto sciolto però in colori non propriamentetizianeschi. Ne rimane, in ogni caso, la posa.Il personaggio guarda, dimesso e compiaciu-to, l’osservatore, invitandolo, con l’indice dellamano destra, a “dare un’occhiata” al suo cap-olavoro, il Libro d’Ore della Vergine. È il clas-sico ritratto omaggiante realizzato ad honoremdi personaggi nobiliari più o meno potenti e piùo meno illustri. Questi ritratti, pur rappresentando in fondo unasignificativa parte dell’intera produzione di El Greco,perlopiù improntata all‘illustrazione del Cristo edella sua passione nonché alla raffigurazionedi santi (Francesco d’Assisi, San Domenico diGuzmàn), conservano una particolare valenzadal punto di vista iconografico. A differenza delle opere di contenuto religioso,i ritratti di nobili ed aristocratici offrono degli spac-

(1541) EL GRECO (1614)

San Luca evangelista

continua nella pag. 40

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cati realistici che “attenuano” in qualche modol’irriducibile tendenza dell’artista - sua croce edelizia - ad allungarne i corpi fino a farne unacaratteristica e riconoscibilissima “cifra personale”,alla maniera che un po’ era stata delParmigianino. A parere del Greco, come da unaconfidenza concessa ad un amico, queste fig-ure allungate accentuerebbero la carica misti-ca e - particolare non del tutto trascurabile - attir-erebbero la curiosità e il favore degli acquiren-ti. Se, dunque, tutte le figurazioni sacre (e, inparte, profane) del Greco marcano una distanzaincolmabile con le “misure” del cerchio vitruviano,caposaldo della pitturarinascimentale, v’è un moti-vo “profondo” che spiegadue aspetti fondamentali del-l’arte del cretese. Il motivo è centrato sulla volon-tà dell’artista di avvicinar-si all’”anima” dei personaggi(«habiendo encontrado elsecreto de pintar los cuer-pos, lo abandonò e inten-tò representar las almas»(Pio Baroja in “El Globo”).Le figure che scaturisconoda questa tarda volontà delGreco assumono i tratti d’unascetismo assoluto, che correin parallelo sul secondo bina-rio dell’arte “ridisegnata” dalConcilio di Trento: pre-senze spirituali, dai linea-menti longilinei, che induconoad avvalorare l’ipotesi di trat-ti aspiranti al trascendente.Il sipario su questo teatrodi ritratti “trascendentali” siapre sulla serie degli apos-tolados (bellissimo l’aprisce-na del Cristo il Salvatore,1610-1614, Museo de ElGreco, Toledo), precedutaperò da un ritratto, altret-tanto significativo e spiritualedi San Luca evangelista(1590). In questo quadro sienucleano, come messe infila, tutte le peculiarità di ElGreco e, in primis, a) l’uso pressoché “anarchico” della tavolozza,con prevalenza di colori puri, privilegiati i ver-di acidi, i rossi folgoranti e i blu azzurrini; b) l’accennata tendenza alla deformazione anatom-ica delle figure fissate in spazi perlopiù dram-maticamente scanditi; c) scardinamento della ieraticità statica di pose

e atteggiamenti; d) passaggio emblematico dalla tradizione gre-co-bizantina delle icone “senza spazio e sen-za tempo” alla figurazione narrante rinascimentale;e) sostituzione del colore tizianesco (sensazione,emozione) con il “suo” colore (drammatizzazione,coinvolgimento); f) se in Italia era avvenuta la metamorfosi delgenio, in Spagna la sua pittura riassume ed enfa-tizza l’astrazione bizantina, l’intellettualismo esten-uato del manierismo e il colorismo venezianofusi in una sorta di “mistica follia” (Mario dal Bello,Ritratti d’autore).

Il San Luca evangelista è raffigurato con i sim-boli della sua opera e del personaggio consegnatodalla tradizione: sulla mano sinistra il NuovoTestamento aperto sul suo terzo Vangelo, ovesi scorge una Madonna con Bambino, evidenteimmagine creata dal pennello tenuto dalla manodestra: San Luca, dunque, evangelista e pittore,un omaggio alla Parola e all’Immagine, anche

a quell’”immagine“ che, agli inizi del Cristianesimodurò fatica ad imporsi.Nel ritratto di El Greco manca qualsiasi riferi-mento alla sua professione di medico, ma ques-ta lacuna è colmata da Paolo - al quale Lucasi accompagnò come discepolo nel suo apos-tolato - che in una lettera lo apostrofa con un“caro medico”. Un’antica tradizione cristiana affer-ma che l’evangelista Luca fu il primo iconografo eche dipinse quadri della Madonna, di Pietro e Paolo.Sono molte le immagini bizantine a lui attribui-te e, tra queste, è forse doveroso ricordare l’i-cona della Vergine di Częstochowa, tanto cara

al papa Giovanni Paolo II.Nel ritratto di El Greco man-ca anche il simbolo piùcaratteristico dell’evangelista,quello del toro, dovuto, a quan-to pare, alla circostanza chevede Zaccaria presentarsi nelsuo vangelo come primopersonaggio, Zaccaria padredel Battista, che, essendo sacer-dote del tempio, offriva sacri-fici di tori. Ma, nel dipinto, restal’impronta celebrante delgenio dell’antico Doménikos:lo sguardo, leggermentestrabico dell’evangelista, fis-sa l’osservatore e, indagan-dolo, lo interroga, concedendoglil’opportunità di aprirsi al tra-scendente con l’offerta del suoVangelo e con l’immagine puradella Vergine. In pieno clima tridentino,all’artista non si poteva chie-dere di più; tant’è che, pur seben altre raffigurazioni di SanLuca compendiano la sua figu-ra in un tribudio di simboli edi folgorazioni cromatiche(Rogier van der Weyden,Mantegna, Vasari, Bronzino,Guercino, Joachim AnthoniszWtewael, Vladimir LukicBorovikoskij), El Greco trat-tiene, emoziona, coinvolge,trasporta. Benché giunto inritardo alla ribalta dei gran-

di di tutti i tempi (stessa sorte toccata, tra glialtri, a Piero della Francesca), El Greco non sfug-ge all’acclamazione di “padre della pittura moder-na”, per le influenze che gli si riconoscono suPicasso, Francis Bacon, Modigliani e al riconoscimentodi aver inaugurato quel “siglo de oro” spagno-lo, magnificamente illustrato da Velazquez, Ribera,Zurbaràn, Murillo.