Anno 10, numero 3 (95) - Marzo 2013 Curia e pastorale per ...

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Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 10, numero 3 (95) - Marzo 2013

Transcript of Anno 10, numero 3 (95) - Marzo 2013 Curia e pastorale per ...

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22 MarzoMarzo20132013

Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degliartefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propriainsindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubbli-cati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autoriz-zazione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Tipolitografia Graphicplate Sr.l.

Redazione Corso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM

06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaboratoinoltre: S.E. mons. Vincenzo Apicella, S.E. mons. AndreaMaria Erba, don Dario Vitali, don Leonardo D’Ascenzo,mons. Luigi Vari, mons. Franco Risi, mons. Franco Fagiolo,don Antonio Galati, don Andrea Pacchiarotti, Suore ApostolineVelletri, mons. franco Frisina, Sr. Monastero Madonna del-le Grazie, don Ettore Capra, don Gaetano Zaralli, p. VincenzoMolinaro, Claudio Capretti, Uff. Catechistico diocesano,Roberto Giacomi e Antonella Lafortezza, Alfredo Serangelie Luca Calenne, Pier Giorgio Liverani, Antonio Venditti,Sara Gilotta, Paola Cascioli, Vincenza Calenne, AntonioIommelli, Fabio Pontecorvi, Mara della Vecchia.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:Foto composizione a cura della redazione.Composizione di due immagini: sullo sfondo Papa

Benedetto XVI lascia la Cattedrale di San Clemente dopola sua visita a Velletri il 23 settembre 2007; in primo piano

Benedetto XVI nell’atto liturgico della prostrazione delVenerdì Santo come segno di grande umiltà.

- Lettera Aperta a Benedetto XVI, Sua Santità

J. Ratzinger, + Vincenzo Apicella p. 3

- Benedetto XVI, le sue dimissioni,S.E. mons. A. M. Erba p. 4

- L’Ordinario che diventa Straordinario,Stanislao Fioramonti p. 5

- Fra le caratteristiche del ministero di papa Benedetto, molti hanno sottolineato la scelta di servirsi della Parola (...),

mons. Luigi Vari p. 6- Santo Padre, grazie!,

don Leonardo D’Ascenzo p. 7- L’atto di rinuncia al ministero petrino,

don Dario Vitali p. 8- Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani,

Stanislao Fioramonti p. 9

- Lasciateci almeno sperare nella famiglia, Pier Giorgio Liverani p. 10

- La Messa Crismale, don Andrea Pacchiarotti p. 11

- La peccatrice e la Misericordia,Claudio Capretti p. 12

- Guardano ma non vedono...,Sara Gilotta p. 13

- Caritas e Animazione pastorale / 2: Chi è l’Animatore, Paola Cascioli p. 14

- Il progetto “Restare dentro per essere cittadini” p. 15- La vela e il vento, Paola Cascioli p. 15

-L’unzione degli infermi/1: fondamenti biblici,don Antonio Galati p. 16

- La Porta Fidei del Cristiano e Maria,mons. Franco Risi p. 17

- Credo in Gesù Cristo, nostro Signore / 1,don Dario Vitali p. 18

- S. Giovanni D’Avila, Stanislao Fioramonti p. 19

- “Mio Fiume anche Tu”, poesia di G. Ungaretti,don Ettore Capra p. 20

- Significati del termine “fede”, Sr. Monastero “Madonna delle Grazie” p. 21

- Testimoni della Fede del Terzo Millennio / 3,Stanislao Fioramonti p. 22

- L’amore in quattro figurine,don Gaetano Zaralli p. 23

- Visita Pastorale a Montelanico piccola cronaca,R. Giacomi e A. Lafortezza p. 24

- Visita Pastorale a Gavignano piccola cronaca p. 26- Visita Pastorale a Segni piccola cronaca p. 28- La valle ombrosa di Josafat / 1,

A. Serangeli e L. Calenne p. 29 - Programma della Visita Pastorale nelle parrocchie di Artena p. 31 - 32

- La Visita Pastorale a Sant’Anna nel ricordo di S.E. Mons. A. M. Erba p. 33

- Don Giuseppe Puglisi: un uomo libero di amare la Verità!, Suore Apostoline Velletri p. 34

- Orientamenti C.E.I. Preparare gli operatori di Pastorale della Famiglia, p. V. Molinaro p. 35

- Convegno catechistico diocesano. Iniziare alla fede oggi: la difficile scelta del metodo / 2,

Ufficio Catechistico diocesano p. 36

- Dialogo tra religioni, Mara della Vecchia p. 37- Corso base di Iconografia bizantina: Volto di Cristo, Fabio Pontecorvi p. 37

- Il sogno di diventare Star,Antonio Venditti p. 38

- Un’opera di Caterina Ginnasi al Museo diocesano di Velletri,

Antonio Iommelli p. 40

- Il Vero Fine della Musica Sacra: La Gloria di Dio e la santificazione dei fedeli,

mons. Franco Fagiolo p. 39- Segni 27 gennaio u. s. , Convegno diocesano sulla musica per la liturgia,

mons. Marco Frisina p. 39

33MarzoMarzo20132013

� Vincenzo Apicella, vescovo

Beatissimo Padre,

ci siamo incontrati venerdì 8 febbraio, in occasione della Visita ad limi-na, l’incontro che ogni cinque anni permette ad ogni vescovo, anche quel-lo della diocesi più piccola e lontana, di incontrare il successore di Pietro,per essere confermato nella fede e poter condividere le ansie, le soffe-renze e le gioie del proprio ministero. Eravamo in dieci, compresi tut-ti quelli delle diocesi suburbicarie, le più vicine, non solo geografica-mente, a Roma e a Vostra Santità, che ci ha ascoltati per quasi un’orae mezza, attento e interessato ai problemi di ciascuno, donandoci allafine, anche se con una voce un po’ flebile, la Sua parola di incoraggia-mento e di solidarietà. Ho avuto modo di esprimere l’ auspicio perchéil “nostro” frà Ginepro Cocchi,francescano artenese morto martirein Cina, sia presto proclamato Beatoe di chiedere un ricordo particola-re per il 400° anniversario della festadella Madonna delle Grazie diVelletri, recando il saluto grato e devo-to di tutta la sempre Sua diocesi diVelletri-Segni. Ho potuto comprendereche Ella non si è dimenticato di noie conserva tutto il suo paterno affet-to e la sua particolare sollecitudineper la nostra Chiesa, che custodiscei segni concreti del suo passaggio,quando mi ha chiesto di portare laSua speciale benedizione a tutti i fede-li della diocesi, in occasione dellaormai iniziata Visita Pastorale.La Sua consueta affabilità e il Suomite sorriso non lasciavano certo pre-sagire l’annuncio sconvolgente che,solo tre giorni dopo, ci avrebbe lascia-ti increduli e sgomenti e che, riten-go, sia stato l’atto più alto e signi-ficativo del Suo formidabile magi-stero, che, in questi otto anni, ha illu-minato il cammino della Chiesa e halasciato un segno indelebile nella suastoria. Anche questo brevissimoannuncio dell’11 febbraio, come tut-te le sue grandi Lettere encicliche,dovrà essere meditato, compreso eapprofondito nel tempo, mentreancora non se ne scorgono tutta laportata e le conseguenze. Esso sca-turisce da una personalità che abbia-mo imparato a conoscere nelle sueprincipali caratteristiche: la lucidi-tà intellettuale, illuminata sempre dal-la Parola di Dio, l’umiltà profonda,che è consapevolezza dei propri limi-ti e l’ amore disinteressato, che noncerca applausi o riconoscimenti, maprocede sempre con discrezione e deli-catezza. La meraviglia è che il Signore riesce sempre a parlarci attra-verso fatti e parole che sembrano umanamente contraddittori, come losono, se consideriamo la storia, le vite di certi santi, così diversi e lon-tani tra loro: il fatto è che ogni albero dà i suoi propri e caratteristicifrutti, ma tutti maturano sotto lo stesso sole e sono fecondati dall’ac-qua del medesimo Spirito. Da Giovanni Paolo II abbiamo imparato chevivere la propria sofferenza di fronte al mondo può essere una testimonianzadi fede e di abbandono alla volontà del Signore, più eloquente di tantidiscorsi, da Lei siamo portati a comprendere altri aspetti della medesi-ma Verità, altrettanto importanti e preziosi. Mi provo a indicarne qual-cuno e, innanzitutto, mi sembra di assoluto rilievo l’affermazione concui Ella ha chiuso l’annuncio delle sue dimissioni: “Ora affidiamo la

Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore: Nostro Signore GesùCristo…”. Il Pastore Buono e Vero della Chiesa è soltanto il Crocefisso-Risorto, vivente e presente in mezzo al gregge acquistato col propriosangue e nutrito con la sua Parola e il suo Corpo: noi siamo, come silegge negli “ordine del giorno”, tra le “eventuali e varie”.A volte, siamo tentati di ritenerci indispensabili e insostituibili e dimen-tichiamo le parole dell’Evangelo: “quando avrete fatto tutto quello chevi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dove-vamo fare” (Lc.17,10).Saper discernere che la volontà del Signore può consistere per noi anchenel lasciare che altri subentrino nel nostro servizio può costare molto,ma ci evita il rischio di cadere in un certo “culto della personalità”, così

diffuso anche e, spesso, soprattuttonegli ambienti “religiosi”.Al contrario,la Sua scelta ci stimola a prenderciciascuno le proprie responsabilità, arimboccarci le maniche, a fidarci delSignore, che dona alla sua Chiesa ener-gie sempre nuove e lungo il suo cam-mino mirabilmente la guida e la pro-tegge (Cfr.: Prefazio IX del T.O.): chesia anche questo il frutto dell’Annodella Fede, da Lei così fortementevoluto?Il Suo gesto sottolinea anche la gra-vità e la delicatezza del momento pre-sente, in cui i cristiani sono chiamatia ritrovare autenticità e slancio nel-l’annuncio dell’Evangelo, che sem-bra a volte impedito proprio dal ten-tativo di difendere ad oltranza le pro-prie posizioni e i risultati acquisiti.E’ facile dimenticare che: “Se qual-cuno vuol venire dietro a me, rinneghise stesso, prenda la sua croce ognigiorno e mi segua. Chi vuole salva-re la propria vita, la perderà, ma chiperderà la propria vita per causa mia,la salverà…” (Lc.9,23s). Certamente,da un Papa che molti considerava-no troppo prudente e quasi “con-servatore”, un intellettuale dedito piùai libri e allo studio, pochi si aspet-tavano un gesto così “rivoluziona-rio” e storico, destinato a creare unprecedente per il futuro, ma queste,grazie a Dio, sono le sorprese che loSpirito Santo riserva quando trovala docilità e la disponibilità di qual-cuno disposto a preoccuparsi di esse-re fedele più all’Evangelo che alleconsuetudini. Qui viene spontaneopensare a Giovanni XXIII, il padredi quel Concilio in cui Ella mosse iprimi passi del Suo ministero e checomprese per primo che, per “con-

servare” e custodire quanto ricevuto, bisogna avere il coraggio di esplo-rare vie nuove. Per questo, Padre Santo, tutta la Chiesa e, in particola-re, la Sua Chiesa di Velletri-Segni, rende grazie al Signore per gli inse-gnamenti e la testimonianza di vita che Ella ha saputo darci e le assi-cura la vicinanza spirituale, la preghiera commossa e la partecipazio-ne profonda in questa scelta coraggiosa di abnegazione totale, che havoluto compiere per amore e in piena coscienza e libertà.Chiediamo anche perdono se, a volte, abbiamo reso ancora più pesan-te il carico che è pesato e continua a pesare sulle sue spalle o se nonsiamo stati pronti a dare una mano per sostenerlo. Ma è certo che VostraSantità resterà per sempre nei nostri cuori e resterà come pietra milia-re nella bimillenaria storia dei discepoli di Gesù Cristo.

44 MarzoMarzo20132013

NNel Concistoro del 5 aprile 1993, il Santo Padre Giovanni PaoloII promuoveva all’Ordine dei Vescovi del collegio cardinalizioSua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Joseph Ratzinger,

assegnandogli il Titolo della Chiesa Suburbicaria di Velletri-Segni. Il 16 maggio ne ha preso possesso. Eletto Papa il 19 aprile 2005 colnome di Benedetto XVI. Per 12 anni ho avuto le confidenze di una per-sona straordinaria: una persona mite, dallo sguardo luminoso, un’ani-

ma piena di Dio e vuota di sé.Le sue dimissioni da Pontefice,giunte come un fulmine a cielsereno mi hanno colpito pro-fondamente e mi hanno riem-pito di ammirazione, il gestostorico lascia un esempio e unaeredità coraggiosa.Il suo successore non potrà nontenerne conto. Dal punto di vistaumano, questo Papa è un disce-polo di Cristo e un maestro delVangelo. Grazie a Dio non èmorto; con il gesto stupefacente,delle sue dimissioni è più vivoche mai. La nostra Diocesi gli è infini-tamente grata per la sua vici-nanza e per i doni spirituali emateriali che ha lasciato comeTitolare della nostra cattedraledi s. Clemente.Personalmente ho godutodella sua amicizia e porto nel

cuore il suo affetto. Ricordo durante una udienza pubblica in piazza s.Pietro, quando scorgendomi esclamò: “Ecco il mio Vescovo”. Mi chiamò durante la sua prima Messa da Pontefice, a rendergli omag-gio a nome di tutti i Vescovi del mondo.Il 20 febbraio 2006 prima di lasciare la Diocesi, il Santo Padre, tramiteuna telefonata dalla Segreteria di Stato mandò a chiamarmi e mi intrat-tenne in un colloquio famigliare per 20 minuti. La rinuncia al papato è sicuramente un gesto di coraggio e di umiltà com-piuto in piena libertà per il benedella Chiesa, dopo avere pre-gato a lungo, convinto che ilSignore governa la sua Chiesa.A noi non resta che unirci allesue preghiere con cuore di figli,con il desiderio di accoglierlo fradi noi fino che Dio vorrà.

*vescovo emerito

Nella foto a sinistra:L’inaugurazione del Museo diocesanodi Velletri il 22 gennaio 2000, l’alloracard. J. Ratzinger e il vescovo A.M. Erbadurante la visita guidata .

Nella foto a destra:Ricordo del 70° compleanno del card.J. Ratzinger nella sacrestia della cat-tedrale di S. Clemente, con il vesco-vo A. M. Erba e mons. Tarcisio Bertone,allora arcivescovo.

� Andrea Maria Erba*

55MarzoMarzo20132013

Stanislao Fioramonti

IICardinali presenti a Roma e convocati alConcistoro Ordinario Pubblico dell’11 feb-braio 2013 si aspettavano certamente una

cerimonia “ordinaria”, appunto, indetta per l’au-torizzazione di tre nuove canonizzazioni da cele-brare il 12 maggio prossimo. E invece dovevano partecipare a qualcosa distraordinario, successo solo una volta nella sto-ria, più di 700 anni fa. Benedetto XVI, ripetendo il gesto del predecessore

Celestino V (“che fece per viltadeil gran rifiuto”, secondo il giudizio perniente disinteressato di DanteAlighieri, che avrebbe molto osteg-giato il successore Bonifacio VIII),ha annunciato le sue dimissioni dalpontificato, consapevole che un com-pito arduo come quello di guidarele Chiesa di Cristo in questi tempiconvulsi è oggettivamente superiorealle forze di un uomo anziano di 86anni. Al di là di ogni giudizio, non si puònon ammirare il coraggio, l’umiltà eil realismo del pontefice tedesco, alquale deve andare l’affetto e la rico-noscenza dei cristiani (e non solo)sia per questo gesto in qualche modo“rivoluzionario”, sia per quello che

ha fatto e detto e scritto nei suoi otto anni di gover-no. Noi vogliamo come sempre mettere in risal-to la forza e la bellezza della sua parola, pro-ponendo prima di tutto la Dichiarazione con cuiha comunicato in Concistoro la sua decisione,che deve essere attentamente meditata paro-la per parola (ha detto il portavoce della sala-stampa vaticana p. Lombardi), e poi l’omelia pro-nunciata lo scorso 25 gennaio in occasione del-la Celebrazione Ecumenica nella basilica di S.Paolo fuori le Mura, che spiega i rapporti tra fedee comunione dei fratelli separati. (S. F.)

DICHIARAZIONE

Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non soloper le tre canonizzazioni, ma anche per comu-nicarvi una decisione di grande importan-za per la vita della Chiesa. Dopo aver ripe-tutamente esaminato la mia coscienza davan-ti a Dio, sono pervenuto alla certezza chele mie forze, per l’età avanzata, non sonopiù adatte per esercitare in modo adegua-to il ministero petrino. Sono ben consape-vole che questo ministero, per la sua essen-za spirituale, deve essere compiuto non solocon le opere e con le parole, ma non menosoffrendo e pregando. Tuttavia, nel mon-do di oggi, soggetto a rapidi mutamenti eagitato da questioni di grande rilevanza perla vita della fede, per governare la barcadi san Pietro e annunciare il Vangelo, è neces-sario anche il vigore sia del corpo, sia del-l’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in meè diminuito in modo tale da dover ricono-scere la mia incapacità di amministrare beneil ministero a me affidato. Per questo, benconsapevole della gravità di questo atto, conpiena libertà, dichiaro di rinunciare al mini-stero di Vescovo di Roma, Successore diSan Pietro, a me affidato per mano dei Cardinaliil 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 feb-braio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma,la sede di San Pietro, sarà vacante e dovràessere convocato, da coloro a cui com-pete, il Conclave per l’elezione del nuo-vo Sommo Pontefice.

Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuo-re per tutto l’amore e il lavoro con cui ave-te portato con me il peso del mio ministe-ro, e chiedo perdono per tutti i miei difetti.Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura delsuo Sommo Pastore, Nostro Signore GesùCristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria,affinché assista con la sua bontà maternai Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo SommoPontefice. Per quanto mi riguarda, anchein futuro, vorrò servire di tutto cuore, conuna vita dedicata alla preghiera, la SantaChiesa di Dio.

Dal Vaticano, 10 febbraio 2013

BENEDICTUS PP XVI

Benedetto XVI ammira i lavori di restauro della Cattedrale di S. Clemente I p.m. con il titolare della ditta che ha eseguito i lavori, V. Gentili , gli architetti

A. Ronzani (Comune Velletri) e M. Cogotti (Soprintendenza BB.AA. Lazio), 23 settembre 2007

66 MarzoMarzo20132013

Mons. Luigi Vari*

NNella visita al Seminario Romano, Benedetto XVI ha parlatodi un fenomeno comune nella letteratura biblica dandone un’in-terpretazione particolarmente affascinante e, poiché ne ha

parlato alla vigilia dell’annuncio della sua rinuncia, anche molto signi-ficativa. Il fenomeno cui si riferiva è quello della pseudepigrafia, feno-meno per cui si attribuisce a un autore illustre un’opera per marcarnel’autorevolezza del contenuto e per diffonderla il più possibile. Questo procedimento era abbastanza comune nell’antichità, che nonconosceva i diritti di autore e, attenta più ai contenuti che ad altro, nonconsiderava negativamente questi procedimenti. Il riferimento di PapaBenedetto non era propriamente riferito a questo fenomeno, ma a quel-lo del ghost writer; le considerazioni, però sono simili.Il Papa ha iniziato una lectio su un brano della prima lettera di Pietro,quindi, lasciando gli appunti ha presentato il problema dell’autore del-la lettera, che, ha notato, molti studiosi escludono possa essere Pietro,se non altro per l’eleganza della lingua greca in cui la lettera è scritta.Fra le varie ipotesi, il Papa sembra preferire quella che sia stato Silvano,nominato alla fine della lettera, l’autore materiale dello scritto, è Pietroche fa suo quello che Silvano scrive oppure Silvano scrive in una for-ma letteraria quello che Pietro pensa. Se fosse Silvano a scrivere saremmo in presenza di un episodio di ghostwriter, cioè di uno scrittore nascosto, o, letteralmente, “uno scrittore fan-tasma”; figura che anche oggi esiste a servizio dei capi di stato e digoverno di tutto il mondo. La differenza con la pseudepigrafia sta nelfatto che in quel caso l’autore sa che circola un’opera come se fossesua, mentre nella pseudepigrafia, questa consapevolezza non è neces-saria, anzi normalmente manca.Quello che interessa di questo è l’applicazione che il Papa fa, consi-derando che non interessa se sia stato Pietro o un altro a scrivere per-ché “ (Pietro) non scrive da solo, individuo isolato, scrive con l’aiutodella Chiesa, delle persone che aiutano ad approfondire la fede, ad entra-re nella profondità del suo pensiero (…). E questo è molto importante:Pietro non parla come individuo, parla ex persona Ecclesiae, parla comeuomo della Chiesa, certamente come persona, con la sua responsa-bilità personale, ma anche come persona che parla in nome della Chiesa(...) nella comunione della Chiesa.” In un altro passaggio del suo discorso chiarisce ancora il suo pensie-ro riferendosi al brano dell’Apocalisse, che descrive la voce di Cristo(Ap.1,15), non come quella di uno solo, un canto, anche se meraviglioso,ma solitario; ma come la voce di grande acque, una voce che riassu-

me quelle di tutti e, che sembra aver bisogno delle vocidi tutti.Non so quello che pensasse il papa in quella vigiliadella sua rinuncia, ma a me, che lo ascoltavo primadi quel momento storico, quelle parole sono sembratecome una riflessione che spingeva tutti i cristiani a pren-dersi la loro responsabilità; a non considerarsi, per dir-la con Martini, come gocce d’acqua in una corrente,che va dove decide la massa, ma ognuno come unavoce nella Voce di Cristo, una voce nella Voce di Pietro. Il riferimento a Pietro, che non parla da solo e che haforza nelle sue parole perché esse esprimono la fededi molti, illumina questo momento della rinuncia di BenedettoXVI, spinge, profeticamente a un ‘esperienza di Chiesa,che non si affida solamente alla fede, alla forza e alfascino del pastore; ma alla responsabilità, alla fedee alla forza di ognuno.Fra le caratteristiche del ministero di papa Benedetto,molti hanno sottolineato la scelta di servirsi della paro-la e della Parola, l’una e l’altra, quella fra uomini e quel-

la fra Dio e loro, hanno la caratteristica della debolezza. Per molti la scelta di parlare sembra essere un tirarsi indietro dalla con-tesa; molti dimenticano che parlare con qualcuno è l’atto di stima mag-giore che si pone fra gli uomini, anche se il più difficile perché parlareè ascoltare, dare credito, pensare che l’altro non solo è in grado di com-prendere, ma anche di dire qualcosa che ti illuminerà.Non so se la scelta di Benedetto di essere un pastore con il solo fasci-no della parola sarà mai compresa pienamente; a, ad esempio, paro-le e silenzio hanno caratterizzato il suo rapporto con l’Islam, che oggilo saluta come un amico sincero; le parole di Benedetto hanno prodottoil giudizio di chi lo ha salutato come il più grande amico dell’ebraismo.Molti avranno notato che, ultimamente il Papa per parlare della diffici-le questione dei matrimoni fra persone dello stesso sesso e della loropossibilità di adozione, ha ripreso le parole del rabbino di Parigi, cheha contribuito con le sue riflessioni al dibattito su questo tema, che ani-ma la Francia. Il Papa, che cita il rabbino, è una cosa straordinaria, perla capacità di ascoltare gli argomenti degli altri, di trovare che sono vali-di e farli propri. Non so se si potrà parlare di debolezza della parolaper un papa, che ha favorito, nella patria del laicismo, ancora la Francia,il dibattito sulla laicità e ha introdotto il concetto di laicità positiva.La stessa parola relativismo, grazie al suo magistero, è diventata unachiave di analisi per la condizione attuale, adoperata, ormai con preoc-cupazione, anche da chi poteva pensare che preoccuparsene era daarretrati; la desertificazione dell’umanesimo, tipica dell’Europa, non èpiù questione di sacrestie, ma emergenza da cui solo il Papa indica lanecessità e la possibilità di uscire.Molte altre cose si potrebbero dire a proposito della sua sincerità, daalcuni giudicata dura, nel parlare delle vicende della Chiesa, e non soloquelle che tanto lo hanno umiliato, ma di tutte le vicende della Chiesa.Per tutte queste considerazioni e moltissime altre, forse papaBenedetto non passa il testimone solo al suo successore, ma a ognibattezzato, che viva la sua esperienza nella Chiesa, non come quelladi una goccia trasportata dalla corrente, ma come chi vuole cercare diindirizzare il corso del fiume.Per queste considerazioni la rinuncia di Benedetto è veramente para-gonabile, come molti hanno suggerito, a un seme i cui frutti sono nelcuore di Dio. Infine il fatto che praticamente tutti lo hanno saputo allostesso momento e nessuno ha potuto servirsi di frasi convenzionali, èuna rivoluzionario rinnovamento del linguaggio curiale, che, bisogna rico-noscerlo tende sempre a essere un po’ deprimente.

*parroco e biblista

77MarzoMarzo20132013

Don Leonardo D’Ascenzo*

UUna decisione, quella diBenedetto XVI, che meritatutto il nostro rispetto e anche

la nostra ammirazione oltre che com-prensione.Da parte mia, sono proprio questi i sen-timenti provati quando ho appreso, dauna edizione speciale del giornale radio,la decisione del Santo Padre di rinun-ciare al ministero di Vescovo di Roma,Successore di San Pietro. Una decisione che esprime coraggio,lealtà e amore per la Chiesa.Sono rimasto edificato da una perso-na che non ha avuto timore a manife-stare la fragilità della sua umanità rico-noscendo che le sue forze, per l’età avan-zata, non sono più adatte per eserci-tare in modo adeguato il ministero petri-no e che il vigore necessario sia del cor-po, sia dell’animo, negli ultimi mesi, fos-se diminuito al punto da dover ricono-scere l’incapacità di amministrare benequesto ministero a lui affidato, chiedendoanche perdono per tutti i suoi difetti. Esercitare in modo adeguato; ammini-strare bene: è importante l’aggettivazione utilizzata dal papa perché deno-ta la sua volontà di donarsi totalmente, e in modo adeguato, all’altissi-mo compito di successore di Pietro, ma esprime anche lo scarto, ormaida lui percepito come incolmabile, tra ciò che richiede questo compitoe quelle che invece sono le sue forze. Ecco il motivo per cui, davanti a Dio e alla sua coscienza, ha ritenuto dirinunciare a questa modalità di amare la Chiesa e di continuarla a ser-vire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera.Detto questo, mi sono sembrate ingenerose nei suoi riguardi le consi-derazioni di chi, mostrandosi deluso, ha interpretato negativamente lasua scelta come quella di un padre che, a motivo del suo amore per laChiesa, non avrebbe dovuto lasciare ma sarebbe dovuto restare al suo

posto. Già, il suo posto!Ma quale è il posto che una personadeve occupare se non quello che cor-risponde al volere di Dio e al bene dicoloro per i quali è chiamato a dare lavita? Benedetto XVI dice di aver ripe-tutamente esaminato la sua coscien-za davanti a Dio e di essere arrivatoalla certezza di non aver più le forzeadatte, a motivo dell’età avanzata, pergovernare la barca di san Pietro e annun-ciare il Vangelo. Proprio perché è padre, e vuole il benedei suoi figli, ha deciso di lasciare il postoa chi, secondo il volere dello Spirito,potrà meglio di lui, oggi, portare il pesoche questa chiamata comporta.Inoltre, non mi sembrano rispettose quel-le interpretazioni che si sforzano di spie-gare questa scelta del Papa richiamando,con artificiose dietrologie, tutta una seriedi problemi, fatiche e scandali che laChiesa ha vissuto in questi ultimi annie che tutti conosciamo.Il Santo Padre ci ha abituato a cono-scerlo come una persona schietta e libe-ra di chiamare le cose con il nome chehanno, senza nasconderle anchequando fossero motivo di grande sof-

ferenza. Se ha comunicato la sua decisione inappellabile con determi-nate parole, sono proprio queste che dobbiamo prendere per vere. Un umile lavoratore nella vigna del Signore.Con queste semplici parole, il Cardinale Joseph Ratzinger, eletto Papacol nome di Benedetto XVI, si è presentato alla Chiesa e al mondo. Conquesta stessa consapevolezza e atteggiamento il 28 aprile, alle ore 20.00,quando la giornata lavorativa dell’umile lavoratore sarà conclusa, lasce-rà il suo posto ad un altro.Santo Padre, grazie!

*Vice- dir. Ufficio Nazionaleper la Pastorale delle vocazioni

Nelle foto sopra: a sinistra, ricordo della celebrazione in occasione del 70° compleanno dell’allora card. J. Ratzinger in cattedrale,

con gli arcivescovi T. Bertone e Bovone, e mons. A. M. Erba;

a destra, nel momento dell’ingresso in cattedrale il Santo Padre benedice i fedeli, durante la visita a Velletri nel 2007; con lui da sinistra:

p. L. Sapienza, il card. F. Arinze, mons. V. Apicella, dietro di lui il cerimoniere pontificio, arcivescovo P. Marini.

88 MarzoMarzo20132013

Don Dario Vitali*

«Ben consapevole della gravità di questoatto, con piena libertà dichiaro di rinunciareal ministero di Vescovo di Roma, succes-sore di San Pietro».

CCon queste parole Benedetto XVI ha annun-ciato le sue dimissioni, lunedì 11 feb-braio, motivandole con il decadere del-

le forze, che non gli permettono di governarela Chiesa come richiesto dal momento storico,segnato da forti e rapidi cambiamenti. Le dimis-sioni hanno suscitato un clamore mediatico tan-to impressionante quanto confuso, con preva-lente attenzione – spesso morbosa – ai motiviche hanno determinato la decisione. Ciò che sor-prende è la lettura monocorde sul versante sog-gettivo della decisione, sui motivi che l’hannodeterminata, sulla sua opportunità, senza inter-rogarsi sulla realtà stessa del gesto e sulle con-seguenze che innesca a livello di comprensio-ne non solo del ministero petrino, ma della Chiesastessa. Vorrei qui provare a pensare a voce altaquesti possibili scenari futuri della Chiesa.

Fine di un’epocaPosto che le dimissioni di Benedetto XVI sonoun atto compiuto in piena coscienza, peraltro pre-visto e normato dal diritto, non è sui motivi – verio presunti – che lo hanno spinto a una decisionetanto clamorosa che bisogna indagare, ma sul-l’atto in quanto tale. Si tratta, infatti, di un even-to che apre una situazione nuova nella Chiesa,in grado di modificare equilibri consolidati da seco-li non solo nella comprensione del ministero petri-no, ma nella stessa dottrina ecclesiologica.Le dimissioni di Benedetto XVI segnano, a mioparere, la fine di un’epoca, l’atto conclusivo diun modello di Chiesa ormai millenario, inizia-to con la Riforma gregoriana. Può sembrare, que-sta, un’affermazione paradossale, enfatica, laricerca di una formula ad effetto, come ce nesono state tante sulla stampa in questi giorni.In realtà, è semplicemente una constatazione:l’atto del papa scinde la persona e il suo mini-

stero. Possibilità inimmaginabile nel secondo mil-lennio cristiano. La lotta per le investiture, nel-lo scontro che ha opposto il papa all’imperato-re, ha portato in primo piano la persona del papa.È a partire da questo momento, infatti, che l’ac-cento si sposta dalla sedes, la Chiesa di Roma,luogo del martirio di Pietro e Paolo, al sedens,il papa, che da vicarius Petri, diventa vicariusChristi, capo visibile che rende presente il capoinvisibile, Cristo. Inizia qui un processo di asso-lutizzazione della funzione, accompagnato daun parallelo processo di centralizzazione: il papaè sempre meno vescovo di Romae sempre più vescovo dellaChiesa universale, con i vesco-vi come funzionari del papa ele Chiese locali come distret-ti dell’unica Chiesa CattolicaRomana.

Legittimità delle dimissioniCon le dimissioni, quella del papatorna ad essere una funzione,e non solo: torna ad essere lafunzione del vescovo di Roma,per cui ci sarà un vescovo eme-rito di Roma che non sarà piùpapa, e un papa che tale saràperché vescovo di Roma,eletto in conclave in quanto ilpredecessore ha rinunciato alministero di vescovo di Roma, successore di SanPietro. Perché sono state possibili questedimissioni? È significativo che i tre papi del post-concilio – Paolo VI, Giovanni Paolo II, BenedettoXVI – abbiano tutti pensato all’eventualità del-le dimissioni. Non importa che Paolo VI e GiovanniPaolo II non le abbiano date, e Benedetto XVIsì: in realtà, nel fatto stesso di vergare una let-tera autografa in cui rendeva esecutive le dimis-sioni in caso di perdita delle capacità, come hafatto Paolo VI, o di discutere la questione in pub-blico, escludendole, come ha fatto Giovanni Paolo

II, era già compresa la possibilità. Benedetto XVIha solo deciso di avvalersi di questa possibili-tà, che i suoi predecessori non hanno usato.D’altra parte, se il papa è tale in quanto vesco-vo di Roma, e i vescovi, per quanto insigniti del-la pienezza dell’Ordine, rassegnano le dimissioni,perché dovrebbe fare eccezione, in via di prin-cipio, il vescovo di Roma? Non è questione,naturalmente, di un obbligo alle dimissioni perraggiunti limiti di età, ma del fatto che vale ancheper il papa il principio di dover esercitare al megliola funzione di cui è investito. E la funzione delpapa non è meramente simbolica, per cui nonimportano le sue condizioni: egli è chiamato agovernare la Chiesa, a guidare la barca di Pietro!Prospettive per il futuroCome sarà questo governo per il futuro? A qua-li condizioni potrà essere esercitato? Vorrei espor-ne due, a partire dall’ecclesiologia conciliare. «Ilromano pontefice, quale successore di Pietro– recita LG 23 –, è il perpetuo e visibile princi-pio e fondamento dell’unità sia dei vescovi, siadella moltitudine dei fedeli». A ben vedere, si trat-ta di una duplice ricollocazione del papa, cheil Vaticano I aveva isolato al vertice della pira-mide: dentro il collegio dei vescovi, situato a suavolta dentro il Popolo di Dio. Nella logica dellacommunio, si può dire che il papa è principio efondamento della communio fidelium e della com-munio hierarchica.Come pensare anzitutto il rapporto del papa conla totalità dei battezzati? Il ministero petrino, chepoggia, secondo il Vaticano I, su un’autorità epi-scopale, è indubbiamente il vertice del sacer-

dozio ministeriale o gerarchico. Ora, il posto ela funzione di tale partecipazione al sacerdoziodi Cristo – che appartenga al papa, a un vesco-vo, a un prete – obbedisce al principio stabili-to in LG 10, secondo cui il sacerdozio ministe-riale o gerarchico non solo sta in un rapportonecessario e vincolante con il sacerdoziocomune, ma si qualifica come una radicale for-ma di servizio al Popolo di Dio. Le dimissionidel papa per il bene della Chiesa ristabilisconoquesta semplice verità, e di fatto costituisconouna recezione del concilio di altissimo signifi-

Nella foto: al termine della celebrazione e della visita nel Santuario della Madonnadelle Grazie, all’interno della Cattedrale di S. Clemente, in occasione del 70°com-pleanno dell’allora card. J. Ratzinger; da sinistra: arcivescovo T. Bertone, il fratellodel card., mons. Georg Ratzinger, dietro di lui, l’allora segretario, mons. J. Clemens,a destra mons. A. M. Erba e mons. Bovone

continua a pag. 9

99MarzoMarzo20132013

Stanislao Fioramonti

IIl 25 gennaio 2013, nella basilicaromana di San Paolo fuori le Mura, papaBenedetto XVI ha presieduto la cele-

brazione dei Secondi Vespri della solenni-tà della Conversione di S. Paolo, al termi-ne della Settimana di preghiera per l’Unitàdei Cristiani che ogni anno si tiene sul sepol-cro dell’Apostolo. Di fronte al metropolitaGhennadios, al rappresentante dell’Arcivescovoanglicano di Canterbury, ai rappresentanti del-le diverse Chiese e Comunità ecclesiali con-venute e ai membri della commissione mistaper il dialogo teologico della Chiesa Cattolicae delle Chiese Ortodosse orientali, che hasalutato calorosamente, il pontefice ha pro-nunciato un’omelia della quale riportiamo ipunti salienti..“La comunione nella stessa fede è la baseper l’ecumenismo. L’unità, infatti, è donatada Dio come inseparabile dalla fede. Senzala fede - che è primariamente dono di Dio,ma anche risposta dell’uomo - tutto il movimento ecumenico si ridur-rebbe ad una forma di “contratto” cui aderire per un interesse comune.La vera fede in Dio poi è inseparabile dalla santità personale, come anchedalla ricerca della giustizia.Le questioni dottrinali che ancora ci dividono non devono essere tra-scurate o minimizzate. Esse vanno piuttosto affrontate con coraggio, inuno spirito di fraternità e di rispetto reciproco. Il dialogo, quando riflet-te la priorità della fede, permette di aprirsi all’azione di Dio con la fer-ma fiducia che da soli non possiamo costruire l’unità, ma è lo SpiritoSanto che ci guida verso la piena comunione, e fa cogliere la ricchez-za spirituale presente nelle diverse Chiese e Comunità ecclesiali.Nella società attuale sembra che il messaggio cristiano incida sempremeno nella vita personale e comunitaria; e questo rappresenta una sfi-da per tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali. L’unità è in se stessaun mezzo privilegiato, quasi un presupposto per annunciare in modosempre più credibile la fede a coloro che non conoscono ancora il Salvatore,o che, pur avendo ricevuto l’annuncio del Vangelo, hanno quasi dimen-ticato questo dono prezioso. Lo scandalo della divisione che intaccaval’attività missionaria fu l’impulso che diede inizio al movimento ecume-nico quale oggi lo conosciamo. La piena e visibile comunione tra i cri-stiani va intesa, infatti, come una caratteristica fondamentale per unatestimonianza ancora più chiara. Mentre siamo in cammino verso la pie-na unità, è necessario allora perseguire una collaborazione concreta tra

i discepoli di Cristo per la causa della trasmissione della fede al mon-do contemporaneo. Oggi c’è grande bisogno di riconciliazione, di dia-logo e di comprensione reciproca, in una prospettiva non moralistica,ma proprio in nome dell’autenticità cristiana per una presenza più inci-siva nella realtà del nostro tempo. Come afferma san Paolo, i cristianidevono offrire per primi un luminoso esempio nella ricerca della ricon-ciliazione e della comunione in Cristo, che superi ogni tipo di divisione.Nella Lettera ai Galati, l’Apostolo delle genti afferma: «Tutti voi siete figlidi Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzatiin Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’èschiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete unoin Cristo Gesù» (3,27-28).La nostra ricerca di unità nella verità e nell’amore, infine, non deve maiperdere di vista la percezione che l’unità dei cristiani è opera e donodello Spirito Santo e va ben oltre i nostri sforzi. Pertanto, l’ecumenismospirituale, specialmente la preghiera, è il cuore dell’impegno ecumeni-co Tuttavia, l’ecumenismo non darà frutti duraturi se non sarà accom-pagnato da gesti concreti di conversione che muovano le coscienze efavoriscano la guarigione dei ricordi e dei rapporti.Il rinnovamento della vita interiore del nostro cuore e della nostra men-te, che si riflette nella vita quotidiana, è cruciale in ogni dialogo e cam-mino di riconciliazione, facendo dell’ecumenismo un impegno recipro-co di comprensione, rispetto e amore”.

cato: al primo posto infatti torna la Chiesa, il Popolodi Dio, per il bene del quale ogni ministero gerar-chico, anche quello petrino, deve essere eser-citato. Le parole d’inizio ministero di BenedettoXVI, il quale diceva di essere «un umile servi-tore nella vigna del Signore», risultano esem-plari e istruttive in tal senso, non solo nel momen-to di assumere il ministero, ma anche nell’attodi rinunciarvi. Come pensare il rapporto con ilcollegio? La collegialità, sancita dal Vaticano II,ha conosciuto un esercizio debole dal concilioad oggi. Non sembra il sinodo dei vescovi il modopiù efficace di esercitarla. L’esercizio effettivodella collegialità non ha trovato spazio forse peril timore di mettere in questione il primato petri-no. Ma «il Romano Pontefice, nell’adempimentodell’Ufficio di supremo Pastore della Chiesa, èsempre congiunto nella comunione con gli altri

vescovi e anzi con tutta la Chiesa» (CIC, can.333, § 2). Fatto salvo che egli ha il diritto di deter-minare se l’esercizio di tale ufficio sia personaleo collegiale, la situazione presente sembra richie-dere non solo maggiore comunicazione, ma mag-giore collegialità. Più che su temi generici si dovreb-bero affrontare questioni decisive per la vita delPopolo di Dio: troppo si è rimasti sul registro delMagistero, e poco si è pensato che l’eserciziodella collegialità riguardasse la guida pastora-le della Chiesa, che oggi ha urgente bisogno piùdi scelte condivise che di decisioni calate dal-l’alto.Un’ultima annotazione: il papa non è solo prin-cipio di unità della communio hierarchica e del-la communio fidelium, ma anche della communioEcclesiarum. Tale communio è manifestata visi-bilmente nel collegio dei vescovi, ma risulta com-promessa se il collegio non è composto princi-

palmente di vescovi residenziali. Sarebbe il casodi ripensare l’abnorme crescita dei vescovi tito-lari – ormai un terzo del collegio –, e il rischioconnesso non solo di ridurre la funzione a un’o-norificenza, ma di dare l’impressione di formareuna casta staccata dal Popolo di Dio e concentratasoprattutto in Vaticano. E poiché tale svilupporiguarda soprattutto gli ufficiali di curia e i lega-ti del papa, più che di una riforma della curia dilà da venire, basterebbe distinguere le funzio-ni, e qualificare i vescovi titolari come “corepi-scopi” del papa, in quanto collaboratori che par-tecipano della sua autorità, in modo che il col-legio, composto dai soli vescovi residenziali (edai più stretti collaboratori del papa, cardinali vesco-vi magari con il titolo delle diocesi suburbica-rie) renda veramente visibile la communio Ecclesiarum.

*teologo Ordinario alla P.U.G. di Roma

segue da pag. 8

1010 MarzoMarzo20132013

Pier Giorgio Liverani

LLa prossimaS e t t i m a n aSociale dei

Cattolici Italiani (sarà laquarantasettesima del-la serie) si terrà a Torinodal 12 al 15 settembredi quest’anno e avrà pertema «La famiglia, spe-ranza e futuro per la socie-tà italiana». Per chi non lo sapesse,le “Settimane Sociali”, pro-mosse dalla ConferenzaEpiscopale Italiana, sonoincontri, soprattutto di lai-ci (i rappresentanti del-le diocesi e tutto il vastomondo cattolico asso-ciativo, universitario eanche politico) si con-frontano per esaminare i problemi della socie-tà italiana alla luce della Dottrina Sociale dellaChiesa, rilevarne le crisi, proporre soluzioni eimpegnarsi a realizzarle. Le Settimane s’iniziarono a Pistoia nel 1907 econtinuarono regolarmente ogni tre o quattro anni,salvo alcune lunghe interruzione causate dalledue guerre (’14-’18 e ‘40-’45). L’ultima si tenne a Reggio Calabria nel 2010 su«Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di spe-ranza per il futuro del Paese».Come si vede il tema del futuro assilla la comu-nità cristiana, perché molti motivi fanno presa-gire crisi gravissime di tipo non solo e non tan-to economico, ma soprattutto sociale e mora-le. Della famiglia e del suo futuro c’è addirittu-ra un’urgenza pressante di parlare, esaminare,individuare per i cattolici percorsi culturali, eti-ci e politici. La crisi dei matrimoni e delle nasci-te, il dilagare dei fallimenti familiari (separazio-ni, divorzi e seconde nozze), la diffusione del-l’aborto nell’indifferenza pressoché generale, l’im-maturità assai frequente dei giovani sposi sonoormai alle nostre spalle e quasi accettati comeaspetti normali del vivere. Sappiamo tutti con quali conseguenze per i figli.E proprio in queste settimane si stanno profi-lando con una drammatica concretezza tangi-bile altre gravissime lesioni a questa che è l’i-stituzione fondamentale della società.I programmi politici di alcuni partiti annuncianoapertamente il prossimo riconoscimento giuri-dico delle coppie di fatto anche di persone delmedesimo sesso, come anticipazione del suc-cessivo matrimonio omosessuale – in se stes-so una vera contraddizione logica, giuridica e

morale: ne abbiamo già parlato su questa Rivista.E fa conoscere la volontà di legittimare anchel’eutanasia, mascherata da suicidio assistito oda “sospensione” della nutrizione e dell’idrata-zione, o addirittura esplicita in nome del dirittoall’autodeterminazione o del tragicamente ridi-colo «diritto alla morte». L’allarme più evidente è stato il rifiuto del Parlamentodi occuparsi della legge sulle DAT (Dichiarazionianticipate di trattamento) che avrebbero potu-to impedire anche ignobili mistificazioni paren-tali motivate da questioni ereditarie e di insof-ferenza familiare. Non basta. La Corte Europea dei Diritti Umani ha respintoil ricorso del Governo italiano contro una suasentenza di primo grado, che autorizzava la fecon-dazione artificiale di coppie fertili (un giusto eragionevole limite posto dalla Legge 40) anchese portatrici sane di qualche malattia eredita-ria, con relativa analisi pre-impianto per esclu-dere (leggi: uccidere) gli embrioni eventualmentericonosciuti “difettosi”. La medesima Corte di Strasburgo ha inoltre dichia-rato opportuna, possibile e lecita (per fortuna nonancora obbligatoria per tutti i Paesi dell’UnioneEuropea, ma solo per quello di chi presenta ricor-so al tribunale «dei diritti umani»), l’adozione nel-le coppie gay. Si tratta – come ha affermato Scienza & Vita –di un nuovo attacco alla famiglia, vale a dire di«una decostruzione dei modelli antropologici»su cui da tempo immemorabile si basa la fami-glia e, si deve aggiungere, di una gravissima feri-ta inferta ai bambini che saranno così adottati. Per soddisfare un desiderio (si badi bene: nonun diritto, perché non esiste) degli «omogeni-

tori» si violano tutti i dirit-ti del bambino che,come afferma daDichiarazione dell’Onudei Diritti dei Bambini,devono sempre preva-lere su quelli (che in que-sto caso nemmeno esi-stono) degli adulti.Ancora. Una recente sentenza del-la Cassazione italiana ha stabilito che la nasci-ta non è più un diritto invio-labile né un valore posi-tivo. In altre parole – udi-te, udite! – che il bam-bino ancora in grembo,del quale si scopra unaminorazione fisica ouna malattia genetica,avrebbe «il diritto dinon nascere» e questo

– ancora udite! – in nome del suo «diritto allasalute», che coinciderebbe con l’analogo dirit-to della madre alla propria salute, vale a direcon il diritto di costei di abortire. Si uccide pergarantire la salute del morto. Davanti a certe sentenze del massimo tribunalecivile c’è da domandarsi dove sia finito non diròil diritto, ma il semplice buon senso. Ciò che si è fin qui elencato solamente comeesemplificazione e senza esaurire la materia,ci impone almeno altre due considerazioni. La prima alle nostre spalle: tutto cominciò conla liberalizzazione della contraccezione e poi conl’istituzione del divorzio. Chi prevedeva già allora tutto quello che poi èseguito era descritto come un uccello di malau-gurio, ma fu facile profeta. La seconda davan-ti a noi: a tutti i mali del matrimonio e della fami-glia che, con termini molto approssimativi, dire-mo “naturali” o “spontanei”, si aggiungono oggideliberatamente istituti giuridici e falsi e letali “dirit-ti”, che giustificano ogni timore sul futuro dellafamiglia e, quindi, della società, di cui la primaè la cellula fondamentale. E tutto ciò contro la lettera e lo spirito della Costituzioneche parla di diritti positivi, di tutela, di doveri, diuguaglianza degli uomini. Ormai, nell’indifferenzadel mondo politico, soltanto la Chiesa si preoc-cupa, lancia grida di allarme, educa i suoi fede-li, parla al mondo intero e alza la bandiera del-la famiglia: si pensi al family day, alla Giornatamondiale della Famiglia, al lavoro silenzioso del-le parrocchie e dell’associazionismo cattolico.La prossima Settimana sociale sarà davvero prov-videnziale. Abbiamo perso tante speranze, lascia-teci almeno sperare nella famiglia.

1111MarzoMarzo20132013

Don Andrea Pacchiarotti

NNella Settimana Santa, prima del Triduopasquale, viene celebrata in tutte lecattedrali del mondo la Messa crismale.

Nella nostra diocesi è stata fatta la scelta delmercoledì santo al pomeriggio, per lasciare algiovedì santo il solo segno liturgico dellaMessa nella Cena del Signore. La Messa crismale, ricca di segni particolarmenteespressivi, purtroppo non è partecipata che dapochi fedeli, a fronte della totalità dei sacerdo-ti della Diocesi. Sarebbe invece importante e bel-lo che, accanto ai sacerdoti che proprio in quelgiorno rinnovano le loro promesse, ci fosseroanche tanti fedeli. La consacrazione degli oli che saranno usati peri sacramenti e il rinnovo delle promesse sacer-dotali hanno infatti un grande significato per lavita delle intere comunità e non solo per i sacer-doti. In quest’Anno della fede e della visita pasto-rale del nostro vescovo Vincenzo, è importan-te riscoprire anche come comunità parrocchia-li la Messa crismale, sia sul piano della rifles-sione sia partecipando a essa. Per questo motivo si potrebbe far riferimento aessa proponendo brevi catechesi sulla Messacrismale nei gruppi, ai ragazzi impegnati nellacatechesi e perché no, nelle omelie domenicali.Di seguito, riporto, alcune notizie di carattere sto-rico e la sezione relativa della lettera circolaredella Congregazione per il culto divino sulla pre-parazione e celebrazione delle feste pasquali.Il mattino del Giovedì santo la Chiesa di Romacelebrava soltanto, fino al VII secolo laRiconciliazione dei penitenti. Per questa epo-ca non esiste neppure traccia della commemorazionedella cena del Signore. Una Lettera di sant’Agostino a Gennaro parladi due possibili celebrazioni del Giovedì santo,con quella del mattino rivolta a chi non potevasopportare il digiuno eucaristico fino alla sera.Abbiamo testimonianza che anche a Capua, ametà del VI secolo, si celebravano il Giovedì san-to due messe una al mattino, l’altra alla sera.A Roma nel VII secolo, si celebravano tre mes-se il Giovedì santo: una al mattino, una al mez-zogiorno, con la consacrazione degli oli, e sen-za alcuna liturgia della Parola, ma la messa ini-ziava direttamente dall’offertorio. Pertanto fin dall’antichità la benedizione degliOli per la celebrazione dei sacramenti era con-nessa con le solennità pasquali, in vista del bat-tesimo e della cresima, celebrati nella notte san-ta. Con l’istituzione delle Pievi rurali, il rito del-la benedizione fu anticipato al giovedì santo, perconsentire di inviare gli Oli a tutte le Chiese bat-tesimali. Nel Medioevo, il rito della Benedizionedegli Oli era molto complesso: il vescovo eraassistito da 12 presbiteri e da 7 diaconi. L’olio avanzato dall’anno precedente, doveva esse-re utilizzato per far ardere le lampade della Chiesa.Di fatto però, prima della riforma dei riti della SettimanaSanta, approvata da Pio XII nel 1955, la bene-dizione avveniva senza la Messa. Nel 1955 la Consacrazione degli Oli è stata inte-grata nella Messa. La riforma liturgica seguita

al Concilio Vaticano II ha fatto della Messa Crismaleuna giornata sacerdotale, con la riunione del pre-sbiterio della Diocesi attorno al proprio Vescovo,la rinnovazione delle promesse sacerdotali e laconcelebrazione, a sottolineare l’unità delSacerdozio Ministeriale. Le letture di questa Messa sono centrate sullecaratteristiche che distinguono chi è statoscelto per assolvere le funzioni sacerdotali (Isaia61,1-3.6.8-9: lo Spirito di JHWH sul suoConsacrato e sui sacerdoti; Apocalisse 1,5-8:Ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suoDio e Padre; Luca 4,16-21: La profezia di Isaia61 si adempie in Cristo). La Messa crismale è unica per tutta la diocesie deve essere presieduta dal Vescovo, circon-dato dal suo presbiterio. Per sottolineare l’uni-tà del ministero, come partecipazione delsacerdozio di Cristo, venne istituita, con la rifor-ma liturgica, la rinnovazione delle promesse sacer-dotali e il rito della concelebrazione. La Liturgia della Parola non ha riferimenti cro-nologici ai fatti del giovedì santo, ma celebra ilmistero di Cristo, consacrato di Spirito Santo perla salvezza del mondo. La lettera circolare del-la Congregazione per il culto divino sulla pre-parazione e celebrazione delle feste pasqualipone in risalto come la Messa del crisma in cuiil vescovo, concelebrando con il suo presbite-rio, consacra il sacro crisma e benedice gli altrioli, è una manifestazione della comunione deipresbiteri con il proprio Vescovo nell’unico e mede-simo sacerdozio e ministero di Cristo. Secondo la tradizione, la Messa del crisma sicelebra il giovedì della settimana santa. Se il cle-ro e il popolo trovano difficoltà a riunirsi in quelgiorno con il vescovo, tale celebrazione può esse-re anticipata in altro giorno, purché vicino allaPasqua. Infatti, il nuovo crisma e il nuovo oliodei catecumeni devono essere adoperati nellanotte della Veglia pasquale per la celebrazio-ne dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.Si celebri un’unica Messa, considerata la suaimportanza nella vita della diocesi, e la celebrazionesia fatta nella chiesa cattedrale o, per ragionipastorali, in altra chiesa, specialmente più insi-

gne. L’accoglienza ai sacri oli può essere fattanelle singole parrocchie o prima della celebra-zione della Messa vespertina nella Cena del Signoreo in altro tempo più opportuno. Ciò potrà aiu-tare a far comprendere ai fedeli il significato del-l’uso dei sacri oli e del crisma e della loro effi-cacia nella vita cristiana.La Messa Crismale diventi un momento dioce-sano che ‘fa vedere’ come davvero la Chiesaè Corpo di Cristo, visibile nella grandeComunione dei sacerdoti con il vescovo e delpopolo con il proprio pastore.

1212 MarzoMarzo20132013

Claudio Capretti

VVanno via senza mai dire una parola. Sempre nello stesso mododopo aver fatto ciò per cui sono venuti. Anche dando le spal-le ad ognuno di loro quando escono, anticipo ogni loro movi-

mento: il rumore delle monete che lasciano cadere sul tavolo, l’aprirsidella porta, l’attendere un poco il momento propizio per uscire e nonessere visti, ed infine il tonfo leggero della porta che si chiude alle lorospalle. Di nuovo sola, con gli occhi fissi verso un muro, che, distesasul mio letto mi ritrovo a toccare con la mano, in attesa di qualcun altroche venga a strappare un altro pezzo di me stessa. Io e il nulla, din-nanzi ad un cupo orizzonte da cui non trapela un minimo spiraglio diluce, dinnanzi a qualcosa che, come questo muro non posso oltrepas-sare. Non avrei voluto questa vita, non l’avrei scelta per nessuna cosaal mondo. Forse è stata lei a scegliere me, promettendomi montagnemeravigliose e dandomi solo burroni colmi di rovi; infinite stelle che illu-minassero la mia vita e non avendo che un buio più nero della pece.Due voci mi accompagnano in questo viaggio verso il nulla; la prima,generata dalla mente, mi spinge a proseguire senza fermarmi, e spie-tatamente mi dice di non avere altre vie da percorrere se non quellain cui mi sono imbattuta; che una come me, altro non può fare che que-sto per tutto il resto della sua vita. D’altronde, come negare l’evidenza dei fatti, come darle torto? Né pos-so farla tacere quando ghignando mi ripete: “Sei solo carne da usare,da pagare, e da buttare via”. L’altra voce, quella si frappone a quest’ultima,è quella delicata come la brezza, che vorrebbe arrestare la mia corsaverso il nulla, ed è la voce che parla di Te, Gesù di Nazaret. Appena hoiniziato a conoscerTi per sentito dire, è sorta in me una domanda: “Chiè mai costui?”. Di Te si diceva che sanavi i malati, guarivi i lebbrosi,restituivi la vista ai ciechi, che non disdegnavi la compagnia dei pub-blicani e dei peccatori, forse è per questo che desideravo incontrarTi.Ogni volta che il pensiero si volgeva a Te, qualcosa della mia anima siridestava, era come se il desiderio di Te risuonasse così forte nel miocuore, ed avesse il potere di arrestare la mia corsa verso il niente, ver-so il non senso. Iniziai allora a fare mie le parole di un salmo ascolta-te molti anni prima da bambina che diceva: “Come una cerva che ane-la ai corsi d’acqua, così è l’anima mia che Ti cerca”.Io o Signore dei signori, sono questa cerva che è alla ricerca di que-st’acqua, e le voci che parlano di Te, sono il suono dello scorrere del

fiume che ancora non vedevo, ma a cui dovevo giungereper dissetare la mia anima. E’ per questo che ti ho cerca-to, di nascosto ti ho visto, sempre di nascosto ti ho ascol-tato. Per un istante, in una di queste volte ho avuto comela sensazione che il tuo sguardo si posasse su di me, chequello che stavi dicendo mi riguardasse in prima persona.Fu quando dicesti che chi ascolta le Tue parole e le mettein pratica è come colui che costruisce la sua casa sulla roc-cia. Capii che era in Te che avrei dovuto costruire, o meglioricostruire la mia casa, Tu eri la roccia sulla quale avrei dovu-to poggiare il mio cuore e la mia anima. Voglio accogliere in me questo anelito di salvezza, e chiederTicon forza: “Fammi giustizia o Dio, difendi la mia causacontro gente iniqua e spietata” che sono i miei demoni,coloro che mi hanno sedotto e che ora mi tengono prigio-niera. Oggi, Gesù di Nazaret, vengo a Te per portarti tut-ta la mia vita, una vita invasa, infestata dai miei peccati, affin-ché Tu possa restituirmela come nuova, immacolata. Entronella casa del fariseo che ti ospita, avanzo con tremore evergogna verso di Te, guardo appena coloro che forse condisprezzo mi guardano, che si scostano al mio avanzare,ma nessuno osa fermarmi. Io immonda, io peccatrice por-to tra le mie mani un vaso di prezioso profumo, per donar-lo a Te, che sei il profumo di Dio, affinché sanata possa tor-nare ad essere ciò che ero, ciò per cui sono nata, essereanch’io profumo di Dio.Mi inginocchio dinnanzi a Te, piango per i miei peccati, scen-

do profondamente nei miei abissi e in questa discesa Tu sei accanto ame. Sento che mi sostieni, che non mi abbandoni alla disperazione nelvedere il male recato alla mia anima. Non trattengo in me una sola lacri-ma che dolorosamente escono dal mio cuore, che, come rivoli infuo-cati attraversano il mio viso, poiché in ognuna di esse vi è racchiusoun mare di peccati. Cadono sui tuoi piedi, si frantumano in mille e mil-le altre parti ed è come se su di Te, i miei peccati si sfracellassero. Asciugocon i miei capelli i piedi del Messaggero che reca lieti notizie, di nuo-vi e immacolati baci li rivesto. Li cospargo di profumo, e avverto che ticompiaci del mio ritorno a Te o mio Signore. Sento che il mio cuore tor-na di nuovo a cantare, l’anima a danzare mentre la mente zittita rima-ne ad osservare, perché da immeritato Amore vengo raggiunta, accol-ta, avvolta, risollevata, e quindi amata. E la vita torna a rifiorire pre-annun-ciando la fine dell’inverno. Ti stai lasciando toccare da me Signore, pursapendo chi sono, e forse con ansia mi aspettavi affinché Tu mutassile “mie tenebre in luce, i luoghi aspri in pianura”.Oggi è come se Tu fossi qui solo per me. Mi desto un poco nell’udirela Tua voce: “Simone ho da dirti una cosa”. Parli rivolgendoti al padro-ne di casa, il quale prontamente risponde: “ Di pure maestro”.Dolcemente riprendi il Tuo parlare: “Un creditore aveva due debito-ri: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non aven-do essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di lorodunque lo amerà di più?”. Disorienti i presenti con questa piccola para-bola, e forse lo fai per dare una nuova meta, per spingerli ad andareoltre i loro stessi pensieri. Guardandosi intorno e accennando un sor-riso, Simone non può che dare una risposta ovvia per tutti: “Suppongosia colui al quale hai condonato di più”. Riprendi ora a parlare di nuovo: “Hai giudicato bene”. Il tuo sguardosi posa ora su di me, e mi guardi come nessuno mi ha mai guardata,mi avvolgi di una tenerezza cercata infinite volte in luoghi sbagliati edora trovata ora solo in Te. Poi, volgendoti di nuovo a Simone gli dici: “Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai datol’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrimee li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; leiinvece, quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso ipiedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi mol-ti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdo-na poco, ama poco”.

continua nella pag. accanto

1313MarzoMarzo20132013

Di nuovo ti volgi a me, dicendomi: “I tuoi peccati sono perdonati”. Cosa posso renderTi o mio Signore per il bene che mi hai fatto? Indenne,per Tua infinita grazia, ho attraversato il mare dei miei peccati, è la TuaDivina Misericordia che tenendomi per mano mi concede di camminarvisopra il turbolento mare del mio passato senza che io venga inghiotti-ta da esso. Ecco, ora tutti i miei peccati giacciono nel fondo del mare,dove anch’io giacevo fino a poco fa. Sublime benedizione che genera-ta dalle Tue viscere materne vuole raggiungere la mia vita per condur-la ad acque tranquille, concedendo ristoro alla mia anima. Sale un mor-morio tra coloro che occupano la sala, domande che si rincorrono dicen-do: “Chi è costui che perdona anche i peccati?”. Come li comprendo, anch’io mi ponevo la stessa domanda, anch’io ave-

vo occhi e non vedevo, solo oggi posso dire chi è Costui: è il Signoredegli eserciti che con la Sua Parola affonda nel mare i cavalli e cava-lieri del Faraone. Costui è la Giustizia divina, dinnanzi alla quale ogninostro nemico indietreggia. Costui è il Santo d’Israele, che a ragionedovrebbe essere separato da noi, ed invece passa in mezzo a noi, chesta in mezzo a noi. Costui è il potente in battaglia che avanza come unprode per riconquistare a se le sue creature, ecco chi è Costui, insie-me a molto altro ancora, perché nessuna parola umana potrà mai con-tenere l’Infinito. Solo ora lo comprendo, l’incontro con Te, con il tuo per-dono ha aperto gli occhi del mio cuore e me lo ha rivelato. E’ ora la tua Parola che incurante su tutto e tutti che si posa ancora sul-la mia vita: “La tua fede ti ha salvata; và in pace”.

Nell’immagine: Il prezioso unguento di Maria Maddalena, J. Tissot, 1894.

Sara Gilotta

CCi sono nella vita di tutti noi dei periodiin cui, per diversi motivi, si è più desi-derosi di comprendere meglio anche

ciò che si credeva di conoscere almeno un po’.Per questo motivo ho sentito la necessità dirileggere, ma anche di cercare di meditare suciò che Gesù dice riguardo al significato delleparabole nel Vangelo.

A proposito mi hanno col-pito le parole rivolte, nelVangelo di Marco, da Gesùai suoi discepoli, nelle qua-li dice“guardano, ma nonvedono, ascoltano, manon capiscono. Nè maisi convertiranno e nonsaranno loro rimessi ipeccati”.Ma come si devono inter-pretare le parabole?Si devono intendere, cer-to, nel loro significato let-terale, come storie esem-plari che, però, racchiu-dono un signif icato“altro”che supera la let-tera e che nel caso delpasso citato del Vangelo,contiene un insegna-mento religioso rivolto acoloro che “sono fuori”,i profani che appunto ascol-tano, ma non capiscono. Nel senso che Gesùvuole essere compresosolo dagli iniziati, con lafinalità esplicita di cela-re il mistero del regno diDio a chi non è suo disce-polo, a coloro, cioè, cheaccorrono a sentire le sue

parole, ma non le ascoltano veramente, non lefanno entrare nel loro cuore e nella loto vita .E’ quello che Kermode definisce il senso car-nale e il senso spirituale, di cui il primo riguar-da l’uomo naturale, che non è in grado di coglie-re il significato latente delle parabole, mentreil secondo riguarda l’ uomo “riempito”dallo spi-rito di Dio, che perciò conosce e comprende imisteri. Se poi si considera che il brano di Marcoè preceduto dalla parabola del seminatore, allo-

ra, secondo me che non sono certo un teolo-go, quanto dice l’evangelista diventa più chia-ro. Il seminatore, infatti, è colui che uscì a semi-nare e parte del suo seme cadde sulla stradae fu mangiato dagli uccelli, parte sulla rocciadove crebbe senza metter radici ed infine unaparte del seme cadde sulla terra buona e die-de frutti buoni. E’ chiaro che ad essere “seminata”è la Parola,da cui il male ci allontana o che non siamo vera-mente in grado di far entrare nella nostra vita,perché lasciamo che sia soffocata da tutte leambizioni che la appesantiscono. Perciò credo, seppure in modo estremamen-te semplicistico, che Gesù vuole che siamo noicon la volontà e la fede a comprendere il suoinsegnamento: nessuno da Lui vuole essere lascia-to fuori, purché cerchiamo di comprendere eseguire la sua parola. Insomma non è Gesù chevuole tenere le masse fuori dal regno, ma lemasse che non riescono a capire le paraboleper ignoranza e per mancanza di capacità e volon-tà. Non oserò a questo punto incamminarmi lun-go i sentieri insidiosi della ermeneutica, ma miaccontenterò di guardare alle parabole comealla via maestra segnata da Gesù, per parla-re il più efficacemente possibile agli uomini delsuo tempo e di tutti i tempi. Perché in fondo sarebbe necessaria soltantol’umiltà di comprendere la nostra finitezza e lanostra debolezza, per aprire il cuore e la men-te alla Parola del Signore che è sempre frut-tifera. E ascoltando la Parola noi con ClementeRebora potremo dire : “…..non aspetto nes-suno: ma deve venire; verrà, se resisto, a sboc-ciare non visto, verrà d’ improvviso, quando menol’avverto: verrà quasi perdono di quanto fa mori-re, verrà a farmi certo del suo e mio tesoro, ver-rà come ristoro delle mie e sue pene, verrà, for-se già viene il suo bisbiglio.” (da: Dell’immaginetesa).

Nell’immagine: Il seminatore, J. Tissot,Brooklyn Museum

segue da pag.12

1414 MarzoMarzo20132013

Paola Cascioli*

EEcco perché quelli che operano al ser-vizio della Caritas sono (o dovrebberoessere) ANIMATORI: sono, cioè persone

capaci di interessare, coinvolgere, educare; nonsi occupano solo dei poveri, ma animano le par-rocchie e le loro varie componenti perché tut-ti imparino a occuparsi dei poveri; elaboranole loro idee e proposte insieme con chi si occu-pa di catechesi, di liturgia, di giovani, di fami-glia, di lavoro, di tempo libero, ecc.Animare significa rispondere alla domanda:chi può dare risposta a questo bisogno?Si tratta di suscitare il servizio e l’attenzio-ne di altri rispetto ai poveri che si incontrano.

Strumenti e metodi di animazione

Lo stile che deve caratterizzare l’operato del-l’animatore è quello del BUON SAMARITANO(Lc. 10, 30-37) che:VEDESENTE COMPASSIONEINTERVIENE/CONDIVIDE IL POCO CHE HACOINVOLGE/ANIMA/SUSCITA “l’albergatore” nella vita ordinaria e si impegnaallaVERIFICA (al mio ritorno).L’animatore della carità ha la VITA costantementeRADICATA nella Parola e nell’Eucaristia e, comeil samaritano, scende dal luogo del tempio(Gerusalemme = luogo dell’incontro con Dio-pane-parola-eucarestia-carità) al luogo delfare (Gerico = luogo dell’impegno sociale, poli-tico) per immergersi nel quotidiano, nel terri-torio, nella fatica del vivere dell’uomo per soc-correrlo, liberarlo. L’animatore della carità, a par-tire dal pane-parola, dal pane-eucaristia e dal

pane-carità, (cioè dall’incontro con Cristo ), èchiamato a servire con la gratuità di Cristo nel-la storia di ogni giorno.L’animatore della carità è costantemente in ASCOL-TO e in OSSERVAZIONE delle parole e dei vol-ti-storie del territorio e come il samaritano pas-sa accanto e vede. (“Gli passò accanto, lo vide...”v.33) Il suo è un vedere misericordioso-com-passionevole, di riconciliazione (“sentì compassione”),non di giudizio; è un vedere profondo (non vedesolo i bisogni espressi ma anche quelli inespressi,nascosti), un vedere tutt’attorno: ogni personae realtà del territorio.L’animatore della carità è chiamato ad esserepresente nel territorio per ascoltare e osservare,per essere sentinella nel e del territorio, nellae della comunità. L’animatore della carità entrain empatia con gli altri, piange con chi piange,ride con chi ride, si lascia coinvolgere, si fa cari-co concretamente dei pesi degli altri. E’ chia-mato a entrare in profonda relazione con i vis-suti e le storie di vita del territorio per vivereed esprimere la “compassione di Dio” nei con-

fronti dell’umanità e costruisce PROS-SIMITA’ nell’esserci e prendersicura dei poveri.(“Gli andò vicino, versò olio e vinosulle sue ferite e gliele fasciò…”v.34) Sa intervenire in modo pron-to anche se semplice, povero, conquanto si è e si ha a disposizio-ne ( i cinque pani e i due pescidel miracolo dell’amore) coscien-te anche dei limiti, della pochez-za che ogni intervento umano hasui bisogni dei fratelli.Spesso vorremmo trovare una solu-zione veloce e efficace ai biso-gni dei nostri fratelli e riuscire afarlo avrebbe i suoi vantaggi: per chi risolve il problema è mol-to gratificante; la soluzione velo-ce non richiede grande coinvol-gimento, né in termini di tempo,né in termini di relazioni; questomodo di risoluzione consente dinon guardare o non contattare lapropria inadeguatezza, contribuendoa sviluppare una specie di sen-

so di onnipotenza di fronte al grido di aiuto ditanti fratelli e sorelle. Ma questo non è anima-re… Animare significa, prima di tutto, affer-mare senza paura e senza reticenze la pro-pria inadeguatezza di fronte alla richiesta checi viene dall’altro e proiettarsi fuori di sé pertrovare risorse; significa lasciare che l’altro pren-da coscienza di ciò che possiede, delle sue risor-se, piccole o grandi che siano. Di fronte al fra-tello in difficoltà, istintivamente, non riusciamoa pensare ai suoi doni come risorsa, come mez-zo attraverso cui egli può uscire dal suo dram-ma, forse per il fatto che vogliamo aiutarlo …ci sentiamo in dovere di aiutarlo. Animare significa avere fiducia nei doni del-l’altro, è lasciare che l’altro prenda coscien-za di sé, dei suoi talenti.“L’animatore Caritas – sostiene mons. Perego,Direttore Generale “Fondazione Migrantes”– èchi riesce a costruire una ‘buona notizia’, costrui-re speranza attraverso scelte, gesti, azioni, incon-tri (in una parola uno stile di vita) che insiemedanno un valore aggiunto all’evangelizzazione

dei poveri, sia in termini ‘sacramentali’,ma soprattutto in termini educativie testimoniali, aiutando la comuni-tà a essere attenta al nuovo, alla diver-sità, al mondo, al lontano e al vici-no, a chi perde un bene essenzia-le della propria vita (casa, lavoro, fami-glia, salute …) e che in quelmomento chiede una chiesa, una casa,una casa tra le case, una parrocchia,come luogo di familiarità e fraterni-tà, comunità ospitale. Anche da quinasce ‘un altro mondo possibile’. Anchecosì la Chiesa si rinnova”.

*Centro di Ascolto Caritas diocesana

1515MarzoMarzo20132013

Paola Cascioli*

Lo scorso 5 febbraio, presso la Sala Consiliare del Comune di Velletri,è stato presentato alla stampa veliterna il progetto “Restare dentro peressere cittadini” grazie al quale la nostra Caritas Diocesana ha vin-to un bando aggiudicandosi la gestione di un appartamento confisca-to alla criminalità organizzata.Il progetto prevede l’utilizzo dei locali sequestrati per l’accoglienza diminori a rischio di abbandono scolastico e servizi di inclusione socia-le ad essi dedicati. Nello specifico i locali, denominati “La casa di Ronny”,verranno utilizzati per attività di doposcuola e ludico ricreative a curadi tre coordinatori e di alcuni volontari, che hanno dato la propria dis-ponibilità per questa importante opera di attenzione verso i minori. La sede è a Velletri, in piazza Pagnoncelli, 15.Chiunque fosse interessato a prestare la propria opera come volonta-rio per attività di animazione e ripetizioni scolastiche per ragazzi dagli8 ai 14 anni, può contattare la Caritas Diocesana al 393 0743053 o allo 06 9630845.

*Caritas diocesana

QQualche mese fa è sta-

to inaugurato il centro

per la famiglia “Lavela ed il vento”.

E’ un servizio, istituito dalla Caritas

Diocesana di Velletri Segni, che

promuove ed aiuta la famiglia

offrendo uno sportello di ascol-

to ed accoglienza, consulen-

za ed assistenza ostetrica pre

e post partum, consulenze lega-

li, ascolto ed accompagnamento

psicologico e spirituale.

A questo servizio sono preposti

assistenti sociali, educatori

professionali, psicologi, avvo-

cati ed un’ostetrica che prestano

la propria opera come volon-

tari, insieme ai sacerdoti.

Il centro per la famiglia “La vela

ed il vento” si trova in via Cavour

30 ad Artena, presso la chie-

sa di Santo Stefano.

Per ulteriori informazioni ci si

può rivolgere alla Caritas

Diocesana telefonando ai

numeri: 366 2260774

393 0743053

06 9630845.

1616 MarzoMarzo20132013

don Antonio Galati

DDopo aver riflettuto e analiz-zato i sacramenti dell’ini-ziazione cristiana e quelli per

il bene e l’accrescimento dellaChiesa e della società, resta da con-siderare i due sacramenti della gua-rigione: l’unzione dei malati per la gua-rigione fisica e la riconciliazione perla guarigione spirituale. Lasciando allafine quest’ultimo sacramento, que-sto e i prossimi articoli si concentrerannosull’unzione degli infermi.Lasciando ai prossimi interventi la rifles-sione su ciò che ha significato il momen-to in cui questo sacramento ha “riac-quistato” il nome giusto di unzionedegli infermi al posto di quello di estre-ma unzione, a causa della prassi diconferirlo solo in fin di vita, riflette-re biblicamente su questo sacramento significa,necessariamente, riflettere anche su ciò che laBibbia dice riguardo all’infermità e alla malattia.Per questo motivo, in maniera forse troppo sin-tetica, ci si soffermerà, in un primo tempo, sul sen-so e il significato della malattia nell’Antico e nelNuovo Testamento e poi, successivamente, sul-la risposta di Dio alla malattia, cioè la guarigio-ne dall’infermità.La malattia nella BibbiaAnche se non temporalmente, sicuramente tra-dizionalmente il libro della Genesi è il primo librodella Bibbia e, come tale, si può pensare che iprimi messaggi che questo libro propone a coluiche si accosta alla Sacra Scrittura possano esse-re considerati come degli assiomi, cioè delle affer-mazioni ritenute vere che non necessitano di dimo-strazione. Secondo questo punto di vista, uno deiprimi assiomi per la fede giudaica e cristiana èche, dopo aver completato la creazione, «Dio videquanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buo-na» (Gen 1,31). Poco dopo, però, lo stesso let-tore incontra il momento in cui l’uomo compie il

peccato nei confronti di Dio e, per conseguen-za, la morte e il dolore entrano nel mondo (cfr.Rm 5,12). Un primo assunto per “l’uomo biblico”è, allora, che la malattia ha un legame con il pec-cato e, in qualche modo, ne rappresenta la mani-festazione esterna. Per questo motivo, si può incon-trare, nel resto della Bibbia, sia nell’Antico Testamentoche nella tradizione giudaica riportata nei Vangeli,la convinzione che la malattia è segno del pec-cato dell’infermo.Questa impostazione, però, entra in crisi nel momen-to in cui il malato è il giusto, colui che non ha com-messo colpe. È il “caso”, tra gli altri, di Giobbe,per cui i suoi amici, che credevano al legame malat-tia-peccato, non potevano far altro che incitareGiobbe a cercare di individuare quale sia la col-pa da lui commessa che gli ha causato i suoi mali,nonostante lo stesso Giobbe rassicurava i suoiamici sulla rettitudine della sua vita (cfr. Gb 34,5-12). Perciò, per giustificare la malattia del giusto,quest’ultima assume altri due motivi di esisten-za: da una parte è causa di perfezione dell’uo-mo, come un fuoco che brucia le impurità (cfr. Is48,10); dall’altra parte viene considerata come

una condizione a cui non è possi-bile dare una risposta convincen-te e giustificante, ma che richiedesolo un atto di affidamento nei con-fronti di Dio che si comprende esse-re “diverso” dall’uomo (cfr. Gb42,1-6). In conclusione, si può direche, nonostante i possibili effetti posi-tivi della malattia, essa è conside-rata comunque uno scandalo all’in-terno della bontà della creazione,per cui, nell’atto di affidamento a Dio,si aspetta da Lui la risposta e la solu-zione all’infermità.La risposta di Dio alla malattiaE come la malattia è uno scanda-lo per la bontà della creazione, edè presente in essa a causa del pec-cato dell’uomo, è anche una con-dizione che non può essere tolle-rata nel Regno di Dio. Infatti, nella tradizione dell’AnticoTestamento, ripresa e attualizzatada Gesù nella sinagoga di Nazareth,segno dell’azione del Messia, e quin-

di presenza del Regno di Dio, è la guarigione del-la malattia (cfr. Lc 4,16-21). È Gesù, quindi, l’in-viato divino, chiamato a compiere ed attualizza-re il Regno e, per farlo, compie quei segni, tracui appunto la guarigione fisica, che manifesta-no la presenza di questa nuova creazione in cuinon c’è più posto per lo scandalo del male e deldolore. Inoltre, già durante il suo ministero pub-blico, il Signore ha associato a sé i Dodici e altridiscepoli perché, con Lui, partecipassero alla pre-dicazione, con parole e opere, del Regno di Dio(cfr. Lc 9,1-6). Successivamente, mentre ascen-deva al cielo li inviò in missione per il mondo con-fermando il mandato che aveva loro dato quan-do era materialmente con loro (cfr. Lc 24,44-53). In sintesi, la Chiesa ha ereditato dal Signore ilsuo compito nei confronti dell’espansione del Regnodi Dio sulla terra quindi, come Lui deve, con paro-le e opere, agire per il bene del Regno, perciòha riconosciuto nel sacramento dell’unzione degliinfermi il mezzo con il quale portare a termine lamissione della cura dei malati come mezzo permanifestare la presenza di Dio in mezzo al suopopolo.

Gesù guarisce il cieco nato, Nicolas Poussin,1645, Parigi.

1717MarzoMarzo20132013

Mons. Franco Risi

BBenedetto XVI ha voluto che il 2013 sia l’Anno della Fede. NelMotu Proprio Porta Fidei, con il quale ha indetto questo annoafferma che la fede è la porta «che introduce alla vita di comu-

nione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa». In questa prospettiva la fede è come una porta da varcare per cono-scere Dio; essa è anzitutto un atto di volontà, prima ancora che un attodi intelligenza: il bambino infatti comincia a conoscere attraverso la fededella mamma poi, crescendo, capisce ciò che gli è stato trasmesso.Allo stesso modo Dio si rivela all’uomo. L’uomo risponde a questa rive-lazione innanzitutto credendo nella Parola divina, la quale però crescee matura nel suo cuore in maniera graduale.La Vergine Maria, nell’incontro con l’Arcangelo Gabriele, il quale le annun-cia il progetto salvifico di Dio per la redenzione dell’umanità, risponde:«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola»(Lc 1,38). La Vergine aderisce totalmente alla Parola del Signore, sifida e si affida ciecamente al progetto di Dio senza pretendere un’im-mediata comprensione della sua onnipotenza: Maria è allora la testi-monianza più autentica dell’adesione incondizionata alla volontà del Padre.Il Verbo si fa carne proprio perché trova in lei terreno fertile per rive-larsi e manifestarsi al mondo. L’esemplare risposta di Maria viene bencondensata in un passo della Costituzione Dogmatica Dei Verbum delConiclio Vaticano II, la quale, al n. 5 afferma: «A Dio che rivela è dovu-ta l’obbedienza della fede (cf. Rm 16,26; rif. Rm 1,5; 2Cor 10,5-6), perla quale l’uomo si abbandona tutto a Dio liberamente, prestando il pie-no ossequio dell’intelletto e della volontà a Dio che rivela e acconsen-tendo volontariamente alla rivelazione fatta da lui». Per questo il papa ci invita a ripensare e a vivere la nostra fede che è

fondata sull’Incarnazione del Figlio di Dio, una verità di fede cheprofessiamo ogni domenica nel Credo: «per noi uomini e per lanostra salvezza discese dal Cielo e per opera dello Spirito Santosi è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo».Il Dio che si fa uomo è il mistero fondante della Rivelazione cri-stiana, mediante la quale Egli, Padre buono, si è comunicato econtinua a comunicarsi all’uomo, senza mai stancarsi, perché vuo-le entrare nella sua vita e coinvolgerlo nella sua opera di salvezzapur rispettando la sua libertà.Benedetto XVI, nella recente visita a Loreto (4 ottobre 2012), dov’èconservata la casa dell’Annunciazione, ha invitato tutti i creden-ti a mettersi «alla scuola di Maria, di lei che è stata proclamatabeata perché ha creduto». Prima di credere però, Maria espri-me meraviglia di fronte all’annuncio dell’Arcangelo: «Come avver-rà questo poiché non conosco uomo?» (Lc 1,34). La risposta diGabriele è illuminate: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e lapotenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò coluiche nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35).Commentando questo passo evangelico lucano, il Papa ha cosìaffermato: «Dio domanda il sì dell’uomo, ha creato un interlocu-tore libero, chiede che la sua creatura gli risponda con piena liber-tà… Dio chiede la libera adesione di Maria per diventare uomo:certo, il sì della Vergine è frutto della grazia divina, ma la grazianon elimina la libertà, al contrario la crea e la sostiene». Dio doman-da allo stesso modo ad ognuno di noi, ad ogni uomo e ad ognidonna, di aderire al suo progetto salvifico senza imporlo: da ciòcomprendiamo allora che la porta della fede è una grazia di Dio,un dono; ma la strada per raggiungerla viene scelta dall’uomo inpiena libertà. La fede non si impone mai a nessuno.In questa prospettiva, durante quest’anno, dovremmo dunque sfor-

zarci di avvicinare il più possibile la grazia di Dio alla nostra libertà: soloin questo modo Dio potrà operare in noi in maniera davvero efficace.Cosciente della grandezza dell’opera di Dio in lei, Maria loda il Signoredicendo: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandicose ha fatto per me l’Onnipotente» (Lc 1,48-49).Il Signore riesce a fare grandi cose in Maria perché lei ha creduto total-mente nella sua Parola: in Maria c’è davvero la piena coincidenza frala grazia di Dio e la libertà dell’uomo. La Madre di Dio allora è la creatura beata per eccellenza, è colei checi invita ad essere docili agli inviti di conversione che Dio ci rivolge con-tinuamente. Anche noi come Maria riceviamo ogni giorno dal Signorediversi inviti interiori alla conversione che ci mettono alla prova e ci chie-dono di rispondere con lo stesso sì di Maria: possiamo sperare di imi-tarla solamente chiedendo la sua intercessione mediante la recita delSanto Rosario, catena dolce che ci rannoda a Dio. Solo la preghierapredispone il cristiano ad accogliere liberamente la grazia di Dio, con-cludo con queste parole che il Santo Padre Benedetto XVI tempo faha rivolto a Maria: ««Tu, Madre del ‘sì’, che hai ascoltato Gesù, parla-ci di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo sulla via della fede, aiu-taci ad annunciarlo perché ogni uomo possa accoglierlo e diventare dimo-ra di Dio».

N.B.: Celebrando quest’anno la Settimana Santa

dal 24 al 31 marzo,

la Festa dell’Annunciazione del Signore è stata trasferita

dal 25 marzo all’8 aprile.

Maria Porta Fidei, acquarello

di sr. Elena M. Manganelli, Siena 2012

1818 MarzoMarzo20132013

don Dario Vitali*

IIl secondo articolo del credo è quello cri-stologico. Un articolo molto complesso, conun’infinità di precisazioni, che lasciano intui-

re la sfida enorme dietro le parole. Affermareallo stesso tempo che Dio si è fatto uomo, e tut-tavia rimanga Dio; o che un uomo sia tale, equest’uomo sia Dio, costituisce un abisso su cuiogni mente può vacillare. Abisso che si allar-ga a dismisura, se si afferma che quest’uomoè il Figlio di Dio, Dio da sempre con il Padre,pretendendo di non contraddire l’affermazionecirca l’unicità di Dio. Come poi non bastasse,quest’uomo, di oscuri natali, è stato sottopostoa un processo sommario e giustiziato sulla cro-ce, il patibolo infamante degli schiavi. In certo qual modo, la sezione cristologica delcredo costituisce il punto di arrivo di un lungocammino di intelligenza della fede, che ha rischia-to più volte, durante i primi secoli della Chiesa,di smarrire la strada della verità. Ad ogni con-testazione la Chiesa, fin dagli inizi, ha dovutorispondere salvaguardando i due termini dellaquestione: se Gesù non è veramente Dio nonsalva; se Dio non si è fatto veramente uomo,non lo ha salvato. Le tante eresie cristologichehanno negato una volta uno una volta l’altro deidue termini.Il punto di partenza di questo lungo cam-mino è la domanda che gli interlocu-tori di Gesù si pongono davanti al suoministero messianico. Giovanni ilBattista manda a chiedere a Gesù: «Seitu colui che viene, o dobbiamo aspet-tare un altro?» (Lc 7,19); i discepoli, chepure condividono la vita con Gesù, sidomandano: «Chi è mai costui, al qua-le il vento e il mare obbediscono?» (Mt8,27). L’azione messianica di Gesù, che ren-de manifesta la misericordia del Padrein favore dei peccatori e annuncia la venu-ta del Regno, pone la questione di chisia quest’uomo che va dritto per la suastrada e non obbliga nessuno a seguir-lo, ma a chi crede in lui domanda tut-to, in nome del Regno che viene. La sua missione si inscrive nel quadrodell’attesa messianica del tempo: il Regnodi Dio che Israele attendeva si sareb-be adempiuto o per l’intervento diret-to di Dio, o tramite il suo Inviato, il Messia,che con la sua azione avrebbe finalmenteristabilito la sorte del Popolo di Dio, dan-

do adempimento alle promesse. Con il ritornoin patria dopo l’esilio, i Profeti hanno di volta involta alimentato la speranza richiamandosi a figu-re messianiche diverse: il discendente diDavide che avrebbe rialzato le sorti della dina-stia, ma anche il Messia profeta o sacerdote,la figura misteriosa del servo sofferente, il Figliodell’Uomo che viene sulle nubi del cielo.Figure che rimangono piuttosto sullo sfondo altempo di Gesù, quando un pullulare di presuntiMessia alimenta una febbre nazionalistica cheinvoca soprattutto il ritorno del discendente davi-dico, la restaurazione della dinastia e con essala liberazione dalla dominazione dei Romani.Si capisce in questa direzione come mai per lafolla il Nazareno sia il «figlio di Davide»: l’inte-resse è soprattutto per la sua attività taumaturgica,e se pensa al Regno, sogna la restaurazionedi Israele. I discepoli stessi domanderanno a Gesù, dopola Pasqua, se era quello il tempo in cui avreb-be instaurato il regno d’Israele (cfr 1,6).Ma Gesù mai si è identificato con questo tito-lo. Gli esegeti sono d’accordo a ritenere il tito-lo di Figlio dell’Uomo il nucleo più profondo del-la coscienza messianica di Gesù. Nei detti sul Figlio dell’Uomo che deve andarea Gerusalemme, dove verrà rigettato dai

Sommi sacerdoti e dagli Anziani del popolo emesso a morte, ma il terzo giorno risorgerà, vibratutta la consapevolezza di Gesù di essere l’Inviatodel Padre, con il quale egli sta in un rapportounico. Basti pensare all’evento della Trasfigurazione:Gesù sale sul monte a pregare, e nella preghierasi disvela il suo volto ai discepoli: «mentre pre-gava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua vestedivenne candida e sfolgorante» (Lc 9,29); Mosèed Elia, la Legge e i Profeti trovano compimentoin lui, il quale è più di Mosè, è più di Elia. Tuttospinge a interrogarsi sull’identità di Gesù, mail passaggio alla sua divinità non è ovvio né auto-matico nella mente dei suoi interlocutori, anchei più vicini a lui come i Dodici. Interrogati da Gesù– «Voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29) – pos-sono arrivare fino a rispondere, per bocca di Pietro:«Tu sei il Cristo» (Mc 8,29), «il Cristo di Dio»(Lc 9, 20); «il Cristo, il Figlio del Dio vivente»(Mt 16,16). A differenza degli altri Sinottici, la lezione di Matteocontiene la professione di fede in Gesù comeFiglio di Dio, ma questo non può corrisponde-re, nella coscienza dei discepoli, al significatoche la fede della Chiesa attribuirà al titolo, masemplicemente ripete le affermazioni della spe-ranza messianica. Pietro riconosce in Gesù ilMessia: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho gene-

rato» (Sal 2,7). Per quanto il Vangelodi Giovanni parli di Gesù come «il Figlio»,e faccia uso frequente del titolo«Figlio di Dio», più che di un uso atte-stato al tempo di Gesù, si tratta di un’am-plificazione della fede della Chiesa, pos-sibile solo in ragione del mistero pas-quale, nel quale Gesù si manifesta come«Signore e Messia» (cfr At 2,36). Questo uso dipende dal fatto che i Vangelisono libri della Chiesa, nei qualiemerge la fede della comunità, sem-pre più profonda e articolata con il pas-sare delle generazioni. Non è un caso che il Vangelo di Giovanni,chiaramente quello scritto più tardi, mostrinel titolo di Figlio di Dio un alto gra-do di chiarificazione della fede cristo-logica.

(segue nel prossimo numero)

*teologo, Ordinario alla P.U.G. di Roma

Nell’immagine accanto:La trasfigurazione di N.S. Gesù Cristo, part., Giovanni Bellini, 1455, Venezia.

1919MarzoMarzo20132013

Stanislao Fioramonti

MMistico spagnolo delXVI secolo, nacquead Almodovar del

Campo, diocesi di Toledo, il 6gennaio 1500. Studiò aSalamanca e ad Alcalà sottola guida di Domingo Soto e fudottore in Diritto e Teologia.Sacerdote nel 1526, donò i suoiaveri ai poveri con l’intenzionedi partire missionario per le Indie;nell’attesa, iniziò una vita di evan-gelizzatore, predicò l’amore diDio e il beneficio fatto all’umanitàda Cristo a Siviglia, Cordova,Granada e fu detto “l’Apostolodell’Andalusia”. Fu denunciato all’Inquisizionecome sospetto di Luteranesimoe dovette subire un mese dicarcere; vi iniziò il trattatoAudi, filia, et vide, composto peresaltare la vita religiosa. Fondòcollegi per l’educazione dei gio-vani, sia laici che religiosi, e l’u-niversità di Baeza (Jaen).Amico e consigliere di grandisanti, fu uno dei maestri spiri-tuali più prestigiosi e consultati del suo tempo;ebbe rapporti diretti o epistolari con S. Teresadi Gesù, S. Ignazio di Loyola, San FrancescoBorgia, San Tommaso da Villanova, SanGiovanni di Dio, Diego Perez de Valladolid e Luìsde Granada (che ne scrisse la Vita), i quali puresubirono i sospetti della Inquisizione. Tra le sueopere letterarie, il trattato di spiritualità Audi, fil-ia fu pubblicato nel 1560; la sua opera più cele-bre, l’Epistolario espiritual para todos estados,raccoglie un gran numero di lettere a prelati, dis-cepoli, cavalieri e dame che chiedevano il suoconsiglio. Preziosi anche i suoi due Memoriali diretti al Conciliodi Trento (1551 e 1561) tramite il suo amico PedroGuerrero. Infine trattati di ascetica, mistica ecc.Giovanni d’Avila morì a Montilla, pressoCordoba, il 10 maggio 1569. Beatificato nel 1894 da Leone XIII, canonizza-to nel 1970 da Paolo VI, domenica 7 ottobre2012 da Benedetto XVI è stato dichiarato Dottoredella Fede. La sua festa liturgica è il 10 mag-

gio. Papa Ratzinger così ne ha delineato la figu-ra nell’omelia di piazza S. Pietro: ”Profondo cono-scitore delle Sacre Scritture, era dotato di arden-te spirito missionario. Seppe penetrare con sin-golare profondità i misteri della Redenzione ope-rata da Cristo per l’umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all’a-zione apostolica. Si dedicò alla predicazione eall’incremento della pratica dei Sacramenti, con-centrando il suo impegno nel migliorare la for-mazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosie dei laici, in vista di una feconda riforma del-la Chiesa”. Nella lettera apostolica di proclamazionechiarisce (n. 5): “Nei suoi insegnamenti il MaestroGiovanni d’Ávila alludeva costantemente al bat-tesimo e alla redenzione per dare impulso allasantità, e spiegava che la vita spirituale cristiana,che è partecipazione alla vita trinitaria, parte dal-la fede in Dio Amore, si basa sulla bontà e sul-la misericordia divina espressa nei meriti di Cristoed è interamente mossa dallo Spirito; cioè, dal-l’amore a Dio e ai fratelli.

«Allarghi la vostra misericor-dia il suo piccolo cuore in quel-l’immensità di amore con cuiil Padre ci ha dato suo Figlio,e con Lui ci ha dato se stes-so, e lo Spirito Santo e tutte lecose» (Lettera 160), scrive. E ancora:«Il vostro prossimo è cosa cheriguarda Gesù Cristo» (Ibidem62), perciò «la prova del per-fetto amor di nostro Signore èil perfetto amore del prossimo»(Ibidem 103). Dimostra anche grande apprez-zamento per le cose create, ordi-nandole nella prospettiva del-l’amore. Essendo templi del-la Trinità, incoraggia in noi lastessa vita di Dio e il cuore pianpiano si unifica, come processodi unione con Dio e con i fra-telli. Il cammino del cuore è cam-mino di semplicità, di bontà, diamore, di atteggiamento filia-le. Questa vita secondo lo Spiritoè fortemente ecclesiale, nel sen-so di esprimere l’amore spon-sale tra Cristo e la sua Chiesa,

tema centrale dell’Audi, filia. Ed è anche maria-na: la configurazione con Cristo, sotto l’azionedello Spirito Santo, è un processo di virtù e doniche guarda a Maria come modello e come madre. La dimensione missionaria della spiritualità, comederivazione della dimensione ecclesiale emariana, è evidente negli scritti del Maestro d’Avila,che invita allo zelo apostolico a partire dalla con-templazione e da un maggiore impegno nellasantità. Consiglia di nutrire devozione per i san-ti, perché mostrano a tutti noi «un grande Amico,che è Dio, il quale tiene i cuori prigionieri nelsuo amore […] ed Egli ci ordina di avere mol-ti altri amici, che sono i suoi santi» (Lettera 222)”. E il papa conclude:“La dichiarazione di Dottore della ChiesaUniversale di un santo presuppone il riconoscimentodi un carisma di sapienza conferito dallo SpiritoSanto per il bene della Chiesa e dimostrato dal-l’influenza benefica del suo insegnamento sulpopolo di Dio, fatti ben evidenti nella personae nell’opera di Giovanni d’Ávila”.

2020 MarzoMarzo20132013

Don Ettore Capra

PPer il mese di Marzo, quest’anno tutto immerso dal-le complicate regole del lunario ecclesiastico, nel-la Passione del Signore, ho cercato un brano che

contenesse l’eco d’un palpito di partecipazione al gran-de mistero del dolore, che più di ogn’altro pungola e tem-pra, rinvigorisce e provoca la fede.Ho creduto di trovarlo negli ultimi versi della poesia di Ungaretti“Mio Fiume anche Tu” intimamente intrisa di grande fedee di grande umanità, che vi propongo. È il 1943 Ungaretti già profondamente provato per la mor-te del fratello e del figlio viene a contatto con la dege-nerazione della Guerra con le deportazioni di Roma.Lontano dal razionalismo e da una ragione ridotta a misu-ra, Ungaretti è da sempre animato da vivo senso religioso,da desiderio sincero di capire le ragioni, di andare nellaprofondità delle cose.La sua poesia vuole raccontare la scoperta della realtàe della verità, cercarne una sintesi che non sia solamenteun adeguatio rei et intellectus, di san Tommaso e dellafilosofia Analitica, e che si concretizza in Cristo crocefis-so, umanizzatore dell’umanità, per parafrasare il Concilio,Cuore che si manifesta come l’unica sede capace di con-tenere Dio, che è Amore, Luce nelle tenebre e fratello:fratello già invocato, che riemerge dalla trincea della famo-sa lirica del 1916, che invoca compagnia nello strazian-te dolore della guerra e degli altri mali dell’uomo.E, con l’apertura alla fede, la fratellanza umana da “fogliaappena nata” può diventare, e nella compassione di Cristo,diviene Maestro, Sostegno, Liberatore e Dio.In Ragioni d’una poesia nel ‘49 scriverà: «Il mistero c’è, e col mistero, di pari passo, la misura; manon la misura del mistero, cosa umanamente insensata;ma di qualche cosa che in un certo senso al mistero siopponga pur essendone la manifestazione più alta… ».A tutti i lettori un augurio di santa partecipazione al miste-ro pasquale di Cristo, nella speranza che dopo le ore piùbuie risplenda per tutti il mattino di Pasqua.

Tratto da:G. Ungaretti, Tutte le poesie.

Mondadori editore, Milano, 2005

n.d.r.

QQuanto presentiamo è un sinteticoestratto dal testo del sacerdote donSilvestro Mazzer, parroco di San

Gioacchino a Colleferro, che ultimamente hapubblicato un volume dal titolo Motivi per cre-dere a Gesù.In questo opuscolo presenta i “motivi di cre-dibilità” della fede cristiana (Cf. p. 2) . Il punto di partenza è che la fede cristiana sigloria di essere conforme alla ragione, citan-do il Catechismo della Chiesa Cattolica al n.156. Nelle diverse pagine, passa in rassegnacome abbiamo detto all’inizio, i motivi di cre-dibilità della fede tra cui: la fede come rispo-sta soddisfacente alle domande di senso perl’uomo; la figura stessa di Gesù che è luminosaper santità, sapienza, umiltà, sensibilità,

coraggio e veracità; la bellezza e la profondi-tà del Vangelo che come Buona novella nonsi impone all’intelligenza come sole abbagliante,le si pone come stella polare (Cf. 15) .In quanto la fede incoraggia la ragione ad ama-re e a cercare la verità, come don Silvestro scri-ve nel testo (Cf. p. 13); perché la fede valo-rizza l’uomo. Il Cristianesimo può mostrare inGesù e nei santi che cosa sia una vita pienamenteumana (Cf. Gaudium et spes 22). Don Silvestro conclude la sua trattazione dicen-do appunto che i “motivi di credibilità” sono tan-ti e tali che, vedendone la bellezza e la forza,una ragione pura dovrebbe bene essere feli-ce di dire: “Sì, io credo” (Cf. p. 15); in questocammino prosegue don Silvestro, Il canticodi Maria risuona nei secoli nella gioia credentedi tutti i “piccoli” Dio (Cf. p. 15).

2121MarzoMarzo20132013

Suore del Monastero“Madonna delle Grazie”

TTrovandoci in pie-no nell’anno cheil Santo Padre

Benedetto XVI ha dedi-cato alla Fede abbiamopensato di scrivere qual-che piccola riflessionesulla dottrina classica cir-ca questa virtù teologale,affinché ci sia di spun-to per approfondirne lanostra conoscenza. Inquesto primo articolo vor-remmo parlare circa isignificati del termine“fede”, basandoci sul-l’esposizione che faSan Tommaso d’Aquinonel trattato sulla fede.Etimologicamente fidesderiva da fido, fidere esignifica “aver fiducia, con-fidare, fidarsi”. Da dove è derivato l’aggettivo primitivo fidus, “fedele, leale”, il participiofidens e i sostantivi fides, fidelitas, confidentia, fiducia. A sua volta equi-vale fides alla voce greca pistis. Sia fides che pistis hanno un senso pri-mitivo fiduciale, di fiducia, credenza o persuasione. E’ l’attitudine di colui che “si fida”, “confida in un altro”: nella sua perso-na, nella sua autorità, nelle sue parole o promesse. Ma questo tono affet-tivo o sentimentale di tale attitudine non esclude, né molto meno, l’ele-mento intellettuale. La fides o fidentia è l’attitudine di colui che confida nel-le parole o nelle promesse di un altro, fondato sulla sua autorità o vera-cità. Da lì sorge spontaneamente il significato di persuasione, opinioneferma o credenza che formiamo di una persona o di una cosa, riponen-do la fiducia in essa. Questo senso intellettuale con una tonalità affettivarientra proprio nel significato del vocabolo latino e di quello greco. Quindi,in questa nozione etimologica della fede si comprende già il senso di per-suasione o di assenso confidente alle parole o promesse di un altro, fon-dato sulla sua autorità o veracità. In detta nozione emerge come aspet-to primordiale l’elemento intellettuale, o assenso di credenza, che è la rispo-sta di chi ascolta alle manifestazioni di un altro per motivo della sua auto-

rità, cioè, per le garan-zie di verità sicura e disincerità che gli offro-no. Una tale attitudineintellettuale comportaa sua volta un elementoaffettivo di fiducia, pro-

prio di chi si abbandona ad un altro o riposa nella sua testimonianza, fidan-dosi della sua autorità o dignità.In questo modo, si è scolpita la definizione generica della fede: l’assen-so o accettazione di una testimonianza per l’autorità di chi la dà. Partendoda ciò la tradizione ha forgiato diverse divisioni nel concetto della fede,per sottolineare le sue diverse sfumature; così possiamo parlare ad esem-pio di una fede umana e di una fede divina.La fede umana: è quella che confida nei detti o promesse degli uomini,che crede nella loro testimonianza. Costituisce la base di tutti i rapportiumani, poiché tutto l’ordine della vita sociale, la sicurezza e fermezza deicontratti e negozi degli uomini, si fondamenta sulla fede che diamo allaparola degli uomini e sulle cause che la motivano, come sono la veraci-tà umana e la fedeltà che si ha nel compiere le promesse e i patti. Inoltre,gran parte delle conoscenze umane, quali sono tutta l’esperienza media-ta che si acquisisce per mezzo delle conoscenze degli altri uomini e del-la storia intera, si ottiene mediante la fede umana e radica in essa. Lafede umana non ha tuttavia il valore di una virtù intellettuale perché nonpossiede la certezza propria della scienza. Gli scolastici qualificavano l’at-to di credere e la fede in generale come opinio vehemens. Invece, puòarrivare a fondare una “certezza morale” (che San Tommaso chiama pro-babilis certitudo) che ha luogo quando i testimoni sono del tutto sicuri edè il caso della fede umana ai dati della storia critica. Nel prossimo arti-colo vedremo la fede divina. Preghiamo tanto per i frutti di quest’anno della Fede nelle anime di tutti icristiani e quelli che non lo sono!

La CEI, Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo, anche quest’anno, come già da un

decennio, organizza e promuove il Convegno delle Diocesi del Lazio per l’Ecumenismo.

Il tema proposto è: “Il Linguaggio Universale dell’Arte e la Fede”.

Daranno vita all’incontro insigni relatori, quali Mons. Marco Frisina, S.E. Mons. Siluan (vesco-

vo della Diocesi Ortodossa Romena di Roma), il Pastore Holger Milkan (decano della Commissione

Diocesana per l’Arte Sacra e i Beni Culturali) e altri che ci introduranno nei vari ambiti

dell’arte in relazione alla fede. Il Convegno è aperto a tutti e si svolgerà lunedì 11 marzo p.v.a bordo della nave “Cruise Barcelona” nel porto di Civitavecchia, molo 21, Via Pratodel Turco 1 (ove è possibile parcheggiare) dalle 09.30 alle 17.00.

Per informazioni e iscrizioni rivolgersi:

UFFICIO SCUOLA DIOCESANO Corso della Repubblica 347 - 00049 Velletri

tel. e fax 069630051+9 e-mail: [email protected]

2222 MarzoMarzo20132013

Stanislao Fioramonti*ANNO 2002I martiri sono stati 26: 1 arcivescovo, 18 sacer-doti, 2 consacrati, 2 seminaristi, 2 suore, 1 lai-co.I luoghi del martirio: Africa 11; America 13; Asia1; Oceania 1.Mons. Isaìas Duarte Cancino, 63 anni, arci-vescovo di Cali in Colombia, è stato assassi-nato il 16 marzo a Cali a colpi di arma da fuo-co, all’uscita dalla chiesa di un quartiere popo-

lare periferico; a sparargli al capo e al petto dueuomini in motocicletta. La sua città, la terza colom-biana, era sede di uno dei due grandi cartellicolombiani della droga; è stata proprio la bat-taglia dell’arcivescovo contro i legami tra poli-tica e narcotraffico a condannarlo a morte. Erainfatti minacciato da tempo. Due mesi prima del-l’omicidio, in occasione delle elezioni legislati-ve, mons. Duarte con altri vescovi aveva firmatoun documento congiunto per esortare i cattoli-

ci a non votare per candida-ti sospetti di legami con il traf-fico di cocaina. Già in passatol’arcivescovo aveva preso

posizione contro i guerriglieri della sinistra mar-xista e i paramilitari dell’estrema destra, controi politici corrotti e la violenze da qualsiasi par-te provenisse. “La chiarezza, la sincerità e il corag-gio di mons. Duarte erano scomodi per moltagente”, ha detto il presidente della conferenzaepiscopale colombiana. Uno quest’anno è il testi-monio della fede italiano, ucciso il 16 maggioa Bahìa, in Brasile:Don ALOIS LINTNER, 62 anni, sacerdote fideidonum della diocesi di Bolzano-Bressanone, eranato ad Aldino, Bolzano, nel 1940.In Brasile dal 1979 “per condi-videre la vita degli ultimi”, face-va il prete di strada in una del-le zone più emarginate diSalvador, il quartiere Cajazeira5. Mentre don Luìs stava rien-trando in casa dopo la consuetavisita a un centro per minori, dovesvolgeva attività di animazionee formazione, e prima di recar-si al vicino Centro Biblico, ver-so le 8,50 di mattina (ora loca-le) due giovani su una moto glisi sono avvicinati per rubargli l’au-tomobile; alla sua resistenza glihanno sparato due colpi di pisto-la e si sono dileguati con l’auto. Don Luìs, tra-volto anche dall’auto, è morto mentre veniva por-tato all’ospedale Lasserre. La notizia ha raggelatol’intera comunità di Aldino, paesino non lonta-no da Bolzano il cui sindaco Josef Pitschl hadichiarato: “Lo conoscevo molto bene, l’ho vistol’ultima volta l’anno scorso per la prima messadi suo nipote Markus. Del Brasile raccontava poco.Ci diceva solo che noi in Alto Adige viviamo inun grande benessere e che non abbiamo idea

di quello che la gente soffre laggiù, nella pover-tà e nella miseria. Don Lintner aveva tre fratel-li e una sorella”. Nella metropoli di Salvador de Bahìa si assistevain quelle settimane a una grave escalation del-la violenza. Se le notizie dopo l’omicidio di donLuìs parlavano di un tentativo di rapina, un’e-mittente televisiva locale ha subito parlato di “assas-sinio frutto di una vendetta”, perché più di unavolta aveva levato la sua voce contro il dilaga-re della criminalità, un impegno che aveva riscos-so il consenso di tanta gente. Il sacerdote, chenelle scorse settimane con i suoi parrocchianidella SS.ma Vergine aveva organizzato una mani-festazione contro la recrudescenza della mala-

vita nelle poverissime favelas,aveva levato l’ultima denunciapochi giorni prima. “La gente deiquartieri di periferia – raccon-ta Delia Boninsegna, missionarialaica italiana impegnata a Bahìa– per vivere sceglie spesso lastrada della criminalità”: traffi-co di stupefacenti, furti, rapine,scippi, operazioni illegali. Tutteattività che necessitano conti-nuamente di manovalanza.“Don Luìs – prosegue la volon-taria – è l’ultima vittima di unaviolenza urbana dilagante cheè ormai assolutamente indi-scriminata. Nelle principali cit-

tà brasiliane la gente vive infatti nella più tota-le insicurezza. Se un tempo la violenza era loca-lizzata, ora la minaccia grava su tutti noi”. Unapreoccupazione espressa anche dal vescovo diBolzano Wilhelm Egger, che dopo aver ricordatoil sacrificio di don Lintner ha pregato per gli altri22 missionari della diocesi altoatesina operan-ti in diverse regioni del Sudamerica.

*da articoli di pl. d p su La Repubblica del 17.05.2002 e di Nello Scavocon Cornelia Dell’Era su Avvenire dello stesso giorno.

GIORNATA DELLA MEMORIA

DEI MISSIONARI MARTIRI(nell’anniversario dell’assassinio

di Mons. Oscar A. Romero a San Salvador nel 1980)

I MARTIRI DEL TERZO MILLENNIO NEL MONDO

Dall’anno 2000 nel mondo i testimoni dellafede sono stati 313 (mancano quelli del 2012!),così distribuiti: 5 vescovi, 216 sacerdoti, 13

religiosi, 14 seminari-sti, 29 suore, 8 laici con-sacrati, 28 volontari lai-ci. I continenti del mar-tirio: 110 in Africa, 128 nel-le Americhe, 58 in Asia,13 in Europa, 4 in Oceania.

GLI ITALIANI

Dall’anno 2000 al 2012 si sono avuti 32 mar-tiri italiani: 3 vescovi, 20 sacerdoti, 3 suo-re, 6 laici. 18 in Africa (3Uganda, Zambia, 3 Burundi,Ciad, Mozambico, Ruanda, Burkina, Sud Africa,Angola, Somaliland, Congo B., 2 Kenya, Somalia);10 in Sud America (8 Brasile, 1 Colombia,1 Cile); 3 Asia (2 Turchia, 1 Filippine); 1 Europa(Albania)I vescovi: Luigi Locati (Af), GianfrancoMasserdotti (AL), Luigi Padovese (As).

Le suore: Floriana Tirelli (Af), Gina Simionato(Af), Leonella Sgorbati (Af).I laici: Antonio Bargiggia (Af), Luciano Bottan(Af), Giuliano Berizzi (Af), Annalena Tonelli(Af), Maria Bonino (Af), Francesco Bazzani (Af).I sacerdoti diocesani: Nazareno Lanciotti (AL),Alois Lintner (AL), Giuseppe Bessone (AL), AndreaSantoro (As), Bruno Baldacci (AL), Ruggero Ruvoletto(AL), Luigi Plebani (AL).Religiosi: Raffaele Di Bari, Comboniano (Af),Pietro De Franceschi, Dehoniano (Af), EttoreCunial, Giuseppino del Murialdo (E), CelestinoDigiovambattista, Camilliano (Af), MicheleD’Annucci, Stimmatino (Af), Taddeo Gabrieli OFMCap(AL), Mario Mantovani, Comboniano (Af),Luciano Fulvi, Comboniano (Af), FaustoGazziero, Servi di Maria (AL), Angelo RedaelliOFM (Af), Mario Bianco, Consolata (AL),Giuseppe Bertaina, Consolata (Af), Fausto Tentorio,PIME (As).

a cura di Stanislao Fioramonti

TESTIMONI DELLA FEDE DELTESTIMONI DELLA FEDE DEL

TERZO MILLENNIO / 3TERZO MILLENNIO / 3

2323MarzoMarzo20132013

don Gaetano Zaralli

CC ome invitato al battesimodi Chiara c’era anche unbambino, Gabriele, che,

nello stesso spazio dove ora domi-na il Cero Pasquale e il catinodell’Acqua Benedetta, si eramosso con disinvoltura il giornodella sua Prima Comunione. Siè fatto riconoscere e mi ha chie-sto se poteva “fare qualcosa”. - Ti nomino mio assistente… staisempre vicino a me. La fedeltà diun cane è niente in confronto all’at-tuazione di quel mandato: non miha mollato un attimo. I bambini sonoimprevedibili. Al termine della funzione, Gabriele,dopo avermi aiutato a liberarmidell’ultimo pezzo dei sacri palu-damenti, serio, mi dice:- Sei stato buono con me, vorreifarti un regalo.- Lo accetto volentieri, ma di cosasi tratta?- Di quale squadra sei tu?- Tifo per la Roma!…- Peccato!… Ho corretto imme-diatamente la mia passione, dichiarandomi verotifoso della Lazio. Ora ci siamo. Dalla tasca deipantaloni eleganti, fattigli indossare per l’occa-sione dalla mamma, ha tirato fuori due pacchettidi figurine, tenute assieme dai soliti fermagli difortuna. Con fare esperto ha incominciato a sfo-gliare quelle del pacco più piccolo.- Questa posso dartela… Anche questa…Questa è importante… Se poi ti piace, anche que-sta ti do… Mi sono ritrovato tra le mani: Christian Brocchi,Mauro Zarate, André Dias e l’intera squadra del-la Lazio. L’ho ringraziato dimostrando in mille manie-re l’interesse per quei pezzettini di carta e, contono preoccupato, ho aggiunto:- Come farai ora a completare la tua collezione?- Non ti preoccupare, quelli che ho dato a te sonotutti doppioni!…Quando capitano di questeavventure, non si capisce mai chi è il bambinoe chi il grande. E’ comunque un piacere lasciar-si andare per qualche minuto nel gioco della rico-noscenza, di quella che non ha prezzo.Le figurine dei calciatori divise in due pacchettisono già il segno delle diversità, della generosi-tà e dell’egoismo insieme, della dedizione, maanche del risparmio furbetto nell’atto di donare. Se nel mondo c’è ancora troppa cattiveria, oraso che ciò può dipendere anche da me; infatti,anch’io, come tanti, dell’amore faccio due pac-chetti… agli altri do sempre lo scarto. Debbo essere sincero anche se qualche adultoper quel che sto per dire si adombrerà: i doni piùgrandi li ricevo dai bambini, soprattutto quandomi parlano del loro Dio, di un Dio che appartie-ne alle loro anime acerbe e alle loro fantasie sen-za freno… Io mi innamoro di questo Dio e lo riten-go prezioso davvero, come preziose sono le figu-rine custodite nelle tasche di un vestito nuovo. “Mi piacerebbe immaginare Dio come un uomo

grande con i capelli e la barba bianca, che nasco-sto tra le nuvole, ci guarda. Però so che non ècosì, so che Dio è una figura astratta, che nonpossiamo vedere, però possiamo sentire il suoamore. Questo amore non tutti possono sentir-lo, specie quelli che fanno le guerre o gli uomi-ni che uccidono i bambini. Spero che un giornoDio riesca a farsi sentire da questa gente, cosìnon ci saranno più guerre e finalmente si vivràin pace.” Marco (9 anni)L’amore di Dio è per tutti, mi dice Marco, anchese non tutti riescono a percepirlo in modo chia-ro; di qui nasce la cattiveria, di qui le guerre…L’essere malvagio perciò non è una colpa di cuici si deve sentire personalmente responsabili, maè solo conseguenza naturale di una carenza affet-tiva. Se attorno al problema si fa della psicolo-

gia, si scopre che delle atro-cità commesse nel mondoi veri responsabili sonocoloro che, pur conoscen-do l’amore di Dio, non lo tra-smettono a dovere a chi dimo-stra di non possederlo. Per cui, anche se l’affer-mazione è azzardata, in car-cere dovrebbero andarci queicristiani che fanno mostrasì di devozioni (talvoltaesagerate), ma nel contempoignorano o soffocano con egoi-stica attenzione il coman-damento che dell’amore fal’unico rimedio al male.“Io immagino Dio con un belvestito lungo e celeste,con i capelli ricci corti e mar-roni, con un bel po’ di bar-ba e gli occhi azzurri comela notte. Secondo me Diofa delle cose bellissime e gen-tilissime per portare pace sul-la terra. Tutti dobbiamoessere gentili, bravi, dare amo-re e aiutarsi a vicenda.” Mirko(10 anni)

Per Mirko l’amore di Dio ha gli occhi azzurri…come la notte. L’azzurro della notte mi sfugge,anche se con i colori ho familiarità, la stessa dichi si diverte a imbrattare le tele. Eppure nel dipin-gere, a ben pensarci, proprio all’azzurro affidol’idea della notte che cupa nasce dalle ultime lucidel tramonto. Poi magari su quell’azzurro profondotraccio alcuni svolazzi rosati, come per esprimereil desiderio di voler vivere nella pace di una casa… Purtroppo, quando si chiude il giorno e il buioincombe, si chiudono anche le porte dei cuo-ri. I bambini vedono il mondo stracolmo di casecon dentro l’amore… L’odio è fuori, è nei boschisenza strade, nel gelo delle piazze prive di gia-cigli, tra i rottami di una baracca, nella notte…nella notte che purtroppo non sempre è azzur-ra come azzurri sono gli occhi di Dio.

2424 MarzoMarzo20132013

Roberto Giacomi e Antonella Lafortezza

“ Signore, ritorna!…vieni e visita la tua vigna”

(Salmo 80,15).

CCon questi versi recitati nel Salmo 80e con l’immagine dell’icona raffigu-rante la visita della SS. Trinità ad Abramo

e Sara, si è aperta il 27 Gennaio e si è con-clusa il 2 Febbraio scorso la visita pastorale delnostro amato Vescovo Vincenzo Apicella pres-so la nostra Parrocchia di Montelanico. È stato un incontro cordiale e festoso come quan-do ci si riunisce in famiglia dopo un po’ di tem-po che non ci si vede. Nell’omelia di apertura mons. Apicella ci ha ricor-dato i motivi della visita pastorale prevista alme-no una volta ogni cinque anni: è un incontro

tra il Pastore e le sue pecore, è Gesù stessoche viene a visitarci mediante il suo rappresentante,il Vescovo. Ci ha ricordato che dobbiamo mettere sempree comunque al centro della nostra vita la Paroladi Dio e l’ Eucarestia.

All’ inizio della sua visita il Vescovo ha inoltreprecisato che la Sua non era la solita visita “cano-nica amministrativa” ma pastorale a tutti gli effet-ti, cioè inserita nella nostra normale quotidia-nità. La nostra è una piccola comunità, ma fat-

ta di belle persone chein questi giorni si sonosentite davvero onoratedi trascorrere insiemeal nostro Pastore dei beimomenti di comunionee di gioia condivisa edi accoglierLo, nella Suapersona, come il Cristoamico, Padre, checonosce il suo gregge,ciascuno per nome e noncessa di invitarci alla spe-ranza.Ognuno di noi ha por-tato i suoi bisogni mate-

riali e spirituali, a Lui abbiamo aperto la portanon solo delle nostre chiese, delle nostre case,della nostra scuola, dei nostri ambienti di lavo-ro e di sofferenza, ma soprattutto quella dellanostra vita, dei nostri cuori chiusi, affinché Eglipotesse spalancarli alla verità, al perdono e

alla pace.Ha dato ascoltocon profonda sen-sibilità ed estremaattenzione, in rispet-toso silenzio, allenostre paure e fati-che, dolori e preoc-cupazioni, alle nostreesperienze quoti-diane; ha sorriso escherzato e si èdivertito insiemeai nostri ragazzi, chehanno ricambiatocon affetto ed entu-

siasmo; ha portato conforto ai nostri amma-lati verso cui ha mostrato particolare predile-zione, ha ricordato i nostri defunti. Abbiamo pregato insieme, ascoltato e meditatoinsieme la parola di Dio ed insieme abbiamo

tracciato i passi da compiere perché la nostracomunità nel futuro possa trasmettere ai più pic-coli, ai quali il Vescovo ha riservato un’acco-glienza speciale e che rappresentano le nuo-ve generazioni, la “Fede di sempre, quella fededelle cose che non si vedono, ma che si spe-rano e si cercano”, annunciata e vissuta nei

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tempi del mondo che cambia e della storiache cammina”.Il Vescovo ha comunque ribadito che quella diMontelanico è una comunità che, nonostantele difficoltà del momento attuale, sta facendobene il proprio cammino di fede, anche se deveaprirsi di più a nuove realtà, potenziando inparticolar modo la pastorale familiare per rispon-dere ai profondi cambiamenti che la famigliadi oggi sta vivendo. Questa visita Pastorale ci ha fatto crescerein fraternità, ci ha fatto sentire veramente comeuna grande famiglia dove ci si accoglie e cisi ama di vero cuore, dove nessuno dovreb-be ritenersi superiore all’al-tro e puntare il dito con-tro il fratello, dove i piccolie i poveri dovrebberoessere prediletti non soloa parole, ma nei fatti con-creti che, se anche costa-no sacrificio, danno gioiaal cuore.L’eredità spirituale che ilVescovo ci lascia è la cer-tezza che Egli ci sarà comun-que vicino per conferma-re la nostra fede, perso-nale e comunitaria, che habisogno di essere soste-nuta, incoraggiata, rinvigoritasoprattutto alla luce di questo “anno della fede”in cui ognuno di noi si avvia a vivere un auten-tico tempo di grazia e di consapevolezza cri-stiana.L’insegnamento più bello che è rimasto scol-pito nei nostri cuori è che nell’ascolto reciproco,nella capacità di riconoscere e condividere lapovertà e la ricchezza di ogni situazione, nel-

la gioia di una responsabilità condivisa, nel-la semplicità e nella festosità del celebrare insie-me e del pregare insieme, risiede la nostra for-za di veri cristiani. La nostra comunità parrocchiale, infine, nel-la Liturgia di chiusura della visita pastorale,ha voluto donare al suo Vescovo, in segno digratitudine e di affetto, un orologio da polsoin ricordo non tanto dello scorrere del tempocronologico, a volte lento a volte veloce, macomunque inesorabile, trascorso insieme inquesti giorni, quanto piuttosto di quello pre-zioso, ricco, ma senza fine, tipico del “tempodi grazia”, che il Signore, attraverso di Lui, ci

ha elargito e che il nostro Pastore, con infi-nita generosità ci ha reso, appunto, in que-sta Sua visita vivendolo attimo per attimo insie-me a tutti noi.Il nostro commosso “Grazie” giunga quindi alnostro Vescovo Vincenzo per aver illuminatoil nostro cammino e per averci invitato a par-tecipare a questa bella “festa di famiglia”.

2626 MarzoMarzo20132013

Domenica 10 FebbraioAlla sera della domenica una solenne celebra-zione eucaristica ha aperto la visita pastoraledi sua eccellenza mons. Vincenzo Apicella nel-la comunità parrocchiale di Santa Maria Assuntain Gavignano, questa è stata la seconda par-rocchia della diocesi ad essere visitata dal vesco-vo dopo quella di san Pietro Apostolo diMontelanico. Nell’omelia il vescovo ha ricorda-to ai fedeli che la sua presenza nelle comuni-tà della diocesi sta a significare la presenza delSignore che si prende cura del suo gregge, cheviene a visitare la sua vigna, e vuole essere unmodo per conoscere e approfondire una cono-scenza di chi in collaborazione con lui si dà dafare per annunciare Cristo e servirlo mettendoa disposizione di tutti i propri doni. È proprio perqueste ragioni che al temine della celebrazio-ne il vescovo ha voluto incontrare tutti gli ope-ratori pastorali della parrocchia. Questo da prin-cipio.Lunedì 11 FebbraioNel giorno in cui la chiesa celebra la XXI GiornataMondiale del Malato, memoria liturgica della appa-rizione della Beata Vergine Maria a Lourdes, lanostra comunità ha sperimentato la premura delsuo pastore che cammina in mezzo al suo greg-ge con il passo delle pecore madri, lentamen-te, e con l’attenzione verso le ultime e le più stan-che. Il Santo Padre, nel suo Messaggio per que-sta particolare giornata proponeva alla nostrameditazione e preghiera “la figura emblemati-ca del Buon Samaritano”, con la quale “Gesùvuole far comprendere l’amore profondo di Dioverso ogni essere umano, specialmente quan-do si trova nella malattia e nel dolore. Ma, allostesso tempo, con le parole conclusive della para-bola del Buon Samaritano, “Va’ e anche tu fa’lo stesso” (Lc 10,37), il Signore indica qual èl’atteggiamento che deve avere ogni suo disce-polo verso gli altri, particolarmente se bisognosidi cura”. E così nella mattina di una delle piùfredde giornate di febbraio hanno celebrato Eucaristicacon l’unzione dei malati il vescovo, il parroco e

quei pochi corag-giosi malati eanziani che han-no sfidato laneve, per rag-giungere la chie-sa parrocchiale.Chi spaventatogiustamente dalfreddo non hapotuto incon-trare il vescovoin questa occa-sione si è vistoraggiungere damons. Apicelladirettamente incasa perchémattina dopomattina il vesco-vo è riuscito a farvisita a gran parte degli anziani e dei malati delpaese. Al termine della giornata il coro parroc-chiale e i giovani del paese hanno incontrato ilnostro pastore raccontandogli le loro esperien-ze, le loro storie, la loro disponibilità alla comu-nità, le loro ansie e le domande che si pongo-no in questo momento particolare della loro vita.“E fu sera e fu mattina primo giorno”.Martedì 12 FebbraioLa seconda giornata piena ha visto il vescovoimpegnato con i ragazzi che riceveranno que-st’anno il sacramento della confermazione. Alletante domande che il vescovo ha fatto ai ragaz-zi, ne sono seguite altrettante numerose dei ragaz-zi che hanno intervistato mons. Apicella il dia-logo ha visto la partecipazione attiva e attentadei genitori e dei padrini che li accompagnanoe li continueranno ad accompagnare nel loro cam-mino di fede. In serata il vescovo ha incontra-to responsabili delle associazioni sportive e labanda musicale che già da diversi anni cerca-no di collaborare fruttuosamente con la comu-nità parrocchiale per il bene dei bambini, dei ragaz-zi e dei giovani del paese. La serata si è con-clusa con l’incontro con il gruppo di quei gio-vani che si preparano al matrimonio e con le cop-pie che fanno unpercorso subitodopo aver celebratole nozze. “E fusera e fu mattinasecondo giorno”.Mercoledì 13Febbraio (leCeneri)“La cenere benedet-ta imposta sul nos-tro capo è un seg-no che ci ricorda lanostra condizionedi creature, ci invi-

ta alla penitenza e ad intensificare l’impegno diconversione per seguire sempre di più ilSignore”. Così Benedetto XVI rifletteva sul sig-nificato dell’austero segno delle ceneri. La nostracomunità parrocchiale ha celebrato l’antico ritodi benedizione e imposizione delle ceneri conil quale si dà inizio alla quaresima insieme alnostro vescovo. Mons. Apicella ha ricordato comecon questo tempo forte di quaranta giorni ini-zia una stagione liturgica segnata da una mag-giore consapevolezza circa la nostra fragilità esi-stenziale, costantemente bisognosa di esserecustodita e perdonata dal provvido amore di DioPadre che ci dona le energie dello Spirito perseguire Cristo nel suo austero itinerario pasquale.Tale cammino di rinnovamento va illuminato attra-verso un maggior ascolto della Parola di Dio duran-te tempi di più intenso silenzio, per poi appro-dare ad una condotta di vita segnata da equi-librate pratiche ascetiche non senza un ragio-nevole digiuno e, soprattutto, opere di carità edi condivisione con particolare attenzione ai pove-ri e agli ultimi. Nel pomeriggio il vescovo ha cele-brato l’eucaristia contornato dai ragazzi della cate-chesi e dalle famiglie, mentre la sera con gli adul-ti e con i gruppi della Confraternita della Madonna

delle Grazie e deicomitati per le festeparrocchiali. “E fusera e fu mattina ter-zo giorno”.Giovedì 14 FebbraioLa giornata iniziata conla visita alle scuolematerna elementaree media, ha visto ilvescovo in mezzo aibambini a ai ragaz-zi di Gavignano: “lasperanza e il futurodel paese”. Mons.

2727MarzoMarzo20132013

Apicella ha raccontato la sua esperienza di fan-ciullo e di adolescente alle prese con ledomande grandi della vita e di come attraver-so la sua esperienza di fede sia riuscito a tro-vare le risposte alle sue domande.La curiosità dei piccoli e dei più grandi ha mes-so duramente alle prova il vescovo che tutta-via sempre con il sorriso ha trovato il modo dirispondere. La mattinata si è conclusa con l’in-contro con gli amministratori locali al Comunedi Gavignano. La pausa del pranzo ha permessoal vescovo di incontrare ed ascoltare le storiedi Casa Nazareth, la casa famiglia della dioce-si situata nel territorio parrocchiale dalla vocedi operatori, collaboratori ed amici. Il primo pome-riggio lo ha visto accanto agli operatori della cari-tas parrocchiale che aiutano la comunità tuttaa vivere la sensibilità evangelica di dedizionee di disponibilità al prossimo, sensibilità che nonè specifica di questo gruppo, ma costitutiva del-la comunità cristiana stessa. Il vescovo ha chie-sto agli operatori della caritas di sensibilizzarela comunità agli impegni della giustizia e dellapace, di conoscere e ricercare le povertà e ibisogni presenti sul territorio e sollecitare la comu-nità perché se ne faccia carico; di promuoverel’accoglienza, la solidarietà, la comprensione reci-proca, di coordinare e collaborare con le real-tà tutte della comunità. Alla sera ilvescovo si è preso cura dei catechisti par-rocchiali che ha incoraggiato a proseguirenel loro cammino di accompagnatori nel-l’itinerario di fede. Ha ascoltato da loroil racconto delle loro difficoltà delle pro-poste e li ha invitati a tenere al centrodella loro formazione e di quella dei ragaz-zi la Parola del Signore . “E fu sera e fumattina quarto giorno”.Venerdì 15 Febbraio La quaresima è il tempo che propone allanostra meditazione, con il pio eserciziodella via crucis, il mistero della passio-ne e morte di Gesù, mons. Apicella havoluto ripercorrere gli ultimi momenti del-la vita di Gesù attraverso gli incontri cheha vissuto lungo la via che l’ha condot-to al luogo della sua crocifissione e morte peramore nostro insieme alla nostra comunità nelpomeriggio del primo venerdì di quaresima. Siè trattenuto poi con alcuni membri del gruppoliturgico della parrocchia a cui alla fine della visi-

ta pastorale nel-la nostra par-rocchia avreb-be affidato ilservizio dellacomunione agliammalati e aglianziani. In sera-ta l’incontro conil consiglio pasto-rale .La serata si èconclusa conquei gruppi chein parrocchiaattraverso lalectio divina,mettendo alcentro la ParolaDio, fanno espe-rienza di comeil Signore parli con chiarezza alla vita di chi facen-do silenzio e predisponendosi all’ascolto ascol-ta le sue parole e prova a metterle in pratica.“E fu sera e fu mattina quinto giorno”.Sabato 16 FebbraioQuest’ultima giornata è stata certamente carat-terizzata e resa particolare dall’incontro tra il vesco-

vo e tutti i ragazzi della catechesi per chiude-re con freschezza gli appuntamenti della visitapastorale. Una cornice di ragazzi, catechisti ededucatori ha fatto da contorno a questo ultimoappuntamento in calendario. Grande l’attenzione

prestata dai presenti alle sem-pre sapienti parole rivolte all’as-semblea dal vescovo, che hasottolineato anche come idiscepoli erano tentati dal tene-re lontani i bambini daGesù, lo stesso Gesù che rivol-gendosi a loro dice “lascia-te che i bambini vengano ame”. Ebbene, il compitoodierno di chi accompagnai ragazzi nel cammino di ini-ziazione cristiana è proprioquello di lasciare che i bam-bini incontrino Cristo avvi-cinandoli passo dopo pas-

so, in comunione con le proprie famiglie,accompagnandone la crescita spirituale. La solen-ne celebrazione eucaristica di chiusura della visi-ta Pastorale, con il conferimento del ministerostraordinario della comunione a quattro mem-bri della comunità è stato il momento culminantedi tutta la visita pastorale. “E’ necessario che tutti riscopriamo, nella fede,

il vero volto della parrocchia, ossia il “miste-ro” stesso della Chiesa presente e ope-rante in essa: anche se a volte poveradi persone e di mezzi, anche se altre vol-te dispersa su territori quanto mai vastio quasi introvabile all’interno di popolo-si e caotici quartieri moderni, la parroc-chia non è principalmente una struttura,un territorio, un edificio; è piuttosto «lafamiglia di Dio, come una fraternità ani-mata dallo spirito d’unità”(Lumen gentium,28), questo abbiamo celebrato stretti alnostro pastore concludendo nella preghierail tempo in cui più da vicino è venuto avisitare la sua vigna. “E fu sera e fu mat-tina sesto giorno”.La scrittura dice che, dopo aver creato

ogni cosa, Dio “Il Settimo giorno si riposò” , alnostro vescovo auguriamo che nonostante le fati-che dei giorni della visita trovi un po’ di tempoper riposare.

Il cronista

2828 MarzoMarzo20132013

Celebrazione di Apertura della Visita

Pastorale nella Parrocchia Santa Maria

Assunta in Segni

DDomenica 17 febbraio 2013, dopo una giornata

fredda e piovosa, la comunità parrocchiale di

Santa Maria Assunta, tutto il clero cittadino, le

autorità locali e tanti fedeli, radunati in Piazza Santa

Maria, alle ore 18.00 in punto, hanno accolto il nostro

Vescovo, S. E. Mons. Vincenzo Apicella, accompagnato

dal segretario della visita, il Sig. Claudio Gessi, per l’i-

nizio della Visita Pastorale a Segni.

Al suono festoso della Banda cittadina, il Vescovo ha

ricevuto il saluto del Parroco, mons. Franco Fagiolo, del

Sindaco della città di Segni, architetto Stefano Corsi e

del Presidente della XVIII Comunità Montana, dott.

Ettore Pucinischi (foto in alto, a destra).Con la sua carat-

teristica spontaneità e familiarità, il Vescovo ha salutato

tutti i fedeli presenti e ha stretto tante mani.

Dopo il bacio del Crocifisso, il saluto di benvenuto da

parte del rappresentante della parrocchia, e un breve

momento di preghiera, il Vescovo, accompagnato dal

popolo, si è recato in chiesa per dare inizio alla Santa

Messa.Il servizio liturgico è stato svolto dai Ministranti

della parrocchia e dai Novizi dell’Istituto del Verbo

Incarnato ( foto a sinistra).

Il Coro parrocchiale ha animato la Solenne celebrazione.

Momento particolare è stato lo scoprimento e l’incensazio-

ne dell’icona della Santissima Trinità, rimasta esposta in

chiesa per tutta la settimana ( foto in basso).

Come da calendario dal 17 febbraio al 2 marzo 2013, il

Vescovo è stato a Segni per la Visita Pastorale alle due

Parrocchie di S. Maria Assunta, che comprende anche la

zona rurale di Segni, e di S. Maria degli Angeli. Per un

cammino comunitario, il Vescovo ha partecipato agli

incontri interparrocchiali con i catechisti e con gli operato-

ri della Caritas, ha incontrato gli Amministratori comunali

della città, le associazioni sportive cittadine, le associazio-

ni culturali, gli insegnanti, i medici e gli operatori sanitari.

Inoltre, ha avuto modo di far visita alle scuole del territo-

rio, superiori, medie, elementari e materna.

2929MarzoMarzo20132013

“La valle ombrosa di Josafat nel-la terra promessa” è l’immaginebiblica che venne in mente adun cronista del 1300 quando arri-vò nei pressi di Montefortino (l’at-tuale Artena)1. Oggi il paesaggioha perso tutto il mistero delle sel-ve ma è pur sempre terra in amo-re, con una memoria quasigelosa del passato. Il paese èsu un aspro colle con le case radi-

cate alla roccia, le une sulle altre in “quinta di tea-tro”, cui S. Croce presta le ali dei campanili per unaevidente ambizione di altezza”. Così descrive Artenaun vecchio articolo di un giornalista di passaggio,rimasto colpito dal panorama e dall’atmosfera delluogo.

S. Stefano Protomartire

La chiesa ha una semplice pianta rettangolare irre-golare divisa in due navate da una fila di pilastria sezione quadrangolare, in blocchi di peperino,con una copertura a capriate mentre un campa-nile, anch’esso di pianta rettangolare, è stato con-giunto in un momento successivo.La navatella destra, fin dall’origine voltata a cro-ciera, è frutto di un ampliamento collocabile nel sec.XIII: vi si può osservare un tabernacolo degli oliisanti, modesta opera del ‘500, con un’iscrizionein volgare:”w IHS w AIVTA w LOCOMVNE w DE ww QESTA w TERRA w”

Il campanile, costruito probabilmente nel XIII sec.o al massimo alla fine del secolo precedente, erainizialmente isolato rispetto alla chiesa e presen-tava una serie di bifore, di cui ne è rimasta solouna in buone condizioni in cui i due archetti sonosostenuti da una colonnina tortile cosmatesca, lacui gamma cromatica richiama quella dei frammentioggi conservati nella sagrestia di S. Croce ed appar-tenenti alla stessa chiesa, abbattuta nel 1659 percostruire quella attuale di stile barocco. All’interno, dopo gli ultimi interventi del 1939e degli anni successivi rimangono pochi resi-dui di affreschi, soprattutto nell’abside con deco-razioni floreali e figure dello Spirito Santo e dicherubini. La più antica menzione della chiesa è nella famo-sa bolla di Lucio III del 2 dicembre 1182 checonfermava al vescovo Pietro possedimenti eimmobili nella Diocesi Segnina: “In castroMontisfortini,..….Ecclesiam S. Stephani cum omni-bus pertinentiis suis”.La complessa vicenda storica del castello diMontefortino, in particolare con la cruenta “guer-ra di Campagna” del 1557, ha influito negati-vamente sulla conservazione delle memorie esoprattutto di quelle cartacee: “…non essen-dovi memoria dell’edificazione di essa per gl’in-cendii, e Desolazioni patite in diverse volte, checonsumarono gl’Archivj”, anche se nel più anti-co inventario della chiesa che ci sia pervenu-to, 21 aprile 1664, il notaio Vincenzo Cioci fariferimento a: “…vetustissimis inventariorum car-tulis”.Proprio durante quegli eventi bellici l’edificio diS. Stefano fu incendiato e molte donne, bam-bini ed anziani che vi si erano rifugiati trova-rono la morte. Il Serangeli, come sempre, anche

qui riporta la sua testimonianza “…mi ricordo haverveduti i segni di tale incendio in un legno nel murosopra l’Architrave della fenestra della Sagristia.” Dopo l’anno della “deplorabile e totale desolazio-ne della patria” le case e le altre strutture di Montefortinofurono sistemate o ricostruite. Lo stesso edificiodi S. Stefano ebbe sicuramente dei restauri, manel 1652 il suo stato era pessimo, al pari delle altrechiese di S. Maria delle Letizie e di S. Croce: ”…mal-ridotte di tetti, e muraglie minaccianti ruvina, et anconon capaci al Popolo, havendo perciò bisogno direparatione e ristauratione.”L’intervento promosso da Camilla Orsini, mogliedi Marcantonio Borghese, probabilmente risposea queste esigenze urgenti, anche di carattere spi-rituale e pastorale, per cui furono trascurati gli aspet-ti estetici avanzando il nuovo prospetto che inglo-bò il campanile romanico:”…la pesante facciata secen-tesca deturpa e sembra spingere a valle lo snel-lo campaniletto medioevale che la affianca.” 2

Lo stemma di peperino in cui campeggiano

affiancati, sulla facciata, la rosa degli Orsini e l’a-quila con il drago dei Borghese ricorda questo restau-ro strutturale del sec. XVII. Le descrizioni della chiesa, con l’indicazione del-la cappella-oratorio della confraternita dell’Orazionee Morte 3 ed altre preziose notizie, datano però solodalla fine di questo stesso secolo ed è sempre StefanoSerangeli, nella sua doppia veste di notaio e di sto-rico, a fornircele:“Questa è di fabrica semplice, sot-to tetto, con due Cappelle a sinistra, che col Coroformano un’altra Nave: è lunga sino al nicchionedell’Altare maggiore palmi 94 (m. 20,70), e largain tutto palmi 50 (m. 10,90), vi sono, oltre il mag-giore, due altri Altari uno dedicato alla Madonnadella Pietà, che ne ha cura la Compagnia della Morteet anticamente era Altare sotto l’invocazione di S.Pietro, l’altro è sotto il titolo di S. Carlo Borromeonel quale è un quadro in tela dipinto da Orazio Zecca,con un Crocifisso in mezzo a S. Carlo ed a S. Francescodi Assisi (da notare come S. Carlo fosse stato mem-bro dell’Arciconfraternita romana dell’Orazione e

Morte e ricorresse nella relativa iconografia).In detta chiesa è il Fonte battesimale collocatovidal Curato Artibale Tocchi. Vi è una piccola Sacristiaet un Campanile a torre quadra. La facciataesteriore è semplice con un’Arme di marmosopra la Porta, dell’Ecc.mo Sig. Principe D.Marc’Antonio Borghese Seniore di fel.[ice]mem:[oria]… Nell’Altare maggiore in giro delNicchio, sono le Figure di S. Stefano, S.ta Lucia,S. Filippo e S. Bartolomeo, dipinte nel muro.”Nel corso della prima metà dell’Ottocento l’e-dificio sacro ricomincia a degradare mentre lesepolture, sotto le volte del pavimento, costi-tuiscono un serio problema: “…[la chiesa dedi-cata] a S. Stefano, che è tenuta in cattivo sta-to, oltre i sepolcri, che tramandano fetore.”Tant’è che nel 1832 il priore ed altri rappresentantidella Comunità di Montefortino scrivono al prin-cipe Borghese, in qualità di titolare dello “IusPatronatus” sulla chiesa, per chiederne l’intervento:”[per] restaurare le volte, e rinnovare i chiusi-ni dei sepolcri”.Nel 1836 l’architetto di Casa Borghese, il Cav.Luigi Canina4, periziò i lavori di restauro da far-si ai tetti, che infatti vennero eseguiti lo stes-so anno.Nel 1840 alcune delle volte che sostengono il

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pavimento, evidentemente trop-po trascurate, cedono ed ènecessario un intervento che perònon si dimostra risolutivo. Infattipoco dopo, nel 1843, è la stes-sa Delegazione di Velletri a scri-vere al Borghese per chiederglidi provvedere a causa dellagravità della situazione.Nell’inventario di quello stesso anno

il curato Felici, nel descrivere minuziosamente l’e-dificio, fa riferimento alla confraternita quando par-la del campanile: “…Evvi un Campanile a torre quadra, ove trova-si rotta una Campana, che pretendesi propria del-la Comp[agnia] della Morte eretta in d[etta]Chiesa. Non vi resta che una sola Campana consua fune in buono stato.Fa bisogno in d[etto] Campanilegirare la Campana assai consumata ove batte ilmartello, e farlo battere alla parte opposta.” (Danotare che una delle tre campane oggi esistentifu fusa nel 1847, cioè poco dopo queste note). Lo stesso sacerdote fa cenno più specificatamenteal sodalizio quando tratta della navatella a cro-ciera:”…Seguitando a destra si entra nella picco-la Nave a tre Archi.Nel 1° si presental’Altare di S. CarloBorromeo con Quadrovecchio, che rappre-senta il SS.mo Crocefisso,ove trovansi in adorazioneS. Francesco d’Assisi eS. Carlo. Vi è il Quadroovalino di S. Annaimmezzo ai Candelieri,in buono stato. Il Palliottodi legno con Armadell ’Ecc.ma CasaBorghese è ridotto in cat-tivo stato…….Nel 2° Arco vi è sem-plicemente un Quadropiccolo di S. Antonio diPadova ….Nel 3° dirimpetto, ed infondo di d[etta] Navatavi è l’altare della Pietàcon quadro parimentiVecchio. Ivi sono eret-te le Compagnie dellaMorte, e delle Sorelle della Carità che vi tengonol’Ovalo di S. Vincenzo de Pavoli Fondatore con Cornicedorata e cristallo innanzi. Vi è un piccolo Ciboriocomodo per quando si fanno le Quarant’ore.La sud. Comp. della Morte pensa a provedere ild.[etto] Altare …….Questa descritta Navata è tutta a volta senza lesio-ni, si osservano però due Catene di ferro nei duePilastri di divisione, dei quali uno aveva e si osser-va ceduto.”Il curato Felici non attribuisce, poi, molto creditoagli affreschi dell’abside: ”Dirimpetto alla Porta, onave grande, che è sottotetto senza volta e sen-za soffitta vi è l’Altare Maggiore con N.4 Effigie diSanti dipinti ben malamente intorno al muro. Sonodi S. Stefano e S. Lucia in cornu Evangelii, di S.Filippo e S. Bartolomeo in Cornu Epistolae. Il sopra-celo colla Gloria e l’Eterno Padre è una pittura delmedesimo gusto, che non merita considerazione.”

Il pittore montefortinese Filippo Prosperi (1831-1913)rinnovò questi dipinti intorno al 1860, quando rea-lizzò qui la sua prima opera a tempera:”di quattrosanti con dolci arie nei volti e bello andare nei pan-ni nell’abside della chiesa di S. Stefano”, forse subi-to dopo che nella chiesa era stata fatta la volta (abotte di camera a canne) per la navata centrale. Il sec. XIX si chiude con un miglioramento dellostato generale dell’edificio: “La Chiesa sebbene siaFabbrica antichissima pure non trovasi in cattivostato materiale”.Tra il 1920 e il 1930 vengono eseguiti vari lavoridi manutenzione, ma il degrado dell’edificio è gra-ve nel 1931, quando il parroco G. Colocci defini-sce “molto scadente lo stato di conservazione. Taleda richiedere radicali riparazioni straordinarie, con-sistenti nel rifacimento dei tetti, del pavimento, enelle decorazioni delle pareti.”Interessante è, frattanto, la descrizione del cam-panile fornita per il questionario della CuriaVescovile: ”L’unica parte importante della costru-zione segnalata dal rappresentante del ministerodell’Istruzione Pubblica è il campanile. È diviso inpiani dalle solite cornici romaniche a dente di sega.Su ciascuno di questi, da ogni lato, si aprono fene-strelle bifore con colonnine (qualcuna è tortile) a

capitello corinzio. Il det-to campanile è romani-co e forse del secolo XIII.”.Nel 1939 vengono final-mente eseguiti tutti gliimportanti lavori auspicati;li ricorda un’epigrafe,posta nella controfacciata,dedicata a coloro che inqualche modo vi contri-buirono. Ora nella chie-sa sono rimasti due alta-ri: quello maggiore equello che anticamenteera della Pietà, ora det-to delle Anime Sante odanche dell’Addolorata. Purtroppo la seconda guer-ra mondiale riapre varieferite nello storico edifi-cio carico di memorie cheviene colpito dal bom-bardamento e canno-neggiamento del maggio1944, subendo seri dan-

ni alla parte superiore del muro esterno nel ver-sante nord (sotto il tetto), allo stesso tetto, alle fine-stre, al campanile che ebbe anche la campana mag-giore spezzata. Ma grazie all’interessamento delvescovo della diocesi, già nell’ottobre dello stes-so anno era stato riparato quasi tutto.Sul finire del 1958 vengono eseguiti ulteriori lavo-ri di manutenzione ai tetti. Il 17 luglio del 1969 unfulmine colpisce l’angolo orientale della cella cam-panaria ed un pilastro connesso allo stesso cam-panile, arrecando vari danni. Restauri più recenti(2007) hanno ripristinato il tetto e le pavimentazioniinterne, attualmente la chiesa necessita della siste-mazione della facciata e dei prospetti esterni. Lo stendardo In un breve inventario del 1830, deisoli beni mobili, colpisce la nostra attenzione l’in-dicazione di uno stendardo “nuovo” da processione:“Da una parte eovi dipinto S. Carlo Boromeo oran-do avante il santissimo e l’anime sante del Purgatorio

in fondo. Dall’altra l’Associazione di un defunto dicampagna e la B.ma Vergine sulle nubi”

5. Si tratta di una notizia importante perché confer-ma con esattezza l’acquisizione di uno dei pochis-simi apparati della confraternita che ci sia perve-nuto e sia ancora conservato nella chiesa di S. Stefano. Lo stendardo, che misura m. 3 di altezza x 2 ca.di larghezza, che consunto e sbiadito nei colori ori-ginali è stato restaurato pochi anni or sono, ma anco-ra pienamente leggibile nel suo suggestivo dise-gno del doppio titolo della confraternita6, coeren-temente diviso nei due teli dipinti con succhi d’er-be: nel lato recto, dedicato alla Morte, cinque con-fratelli stanno prelevando un defunto di campagnaper trasportarlo con il cataletto ad un luogo con-sacrato, vegliati dall’alto dalla Vergine Maria; nellato verso, dedicato all’Orazione, un angelo è ritrat-to nell’atto di liberare le anime del Purgatorio cheappaiono sovrastate da una nuvola su cui prega,rivolto al Santissimo, S. Carlo Borromeo (che fumembro dell’arciconfraternita romana). Entrambe le scene sono coperte da pesanti ten-daggi, quella del lato verso è anche racchiusa inuna grande cornice dorata. Il lato recto dell’ope-ra si presta poi ad altre osservazioni, infatti nellasua banda inferiore si conservano, seppure nonperfettamente, quattro piccoli stemmi che rappre-sentano anch’essi coerentemente i capisaldi delsodalizio montefortinese: al centro è l’arme del pon-tefice regnante, ossia Leone XII (1823-1829), affian-cata da quella del vescovo della diocesi di Segni,Pietro Antonio Luciani (1824-1841), mentre ai latinotiamo i due emblemi gemelli dell’Arciconfraternitaromana. Su una delle impugnature del cataletto cam-peggia poi la firma dell’autore: “S. BUSUTTI [...]FECE 1826”. L’acquisizione di questo stendardo, oltre al rinno-vo di altri arredi del sodalizio, avviene in un perio-do particolare della diocesi segnina che beneficiavadell’attenzione rivolta al suo vescovo dalla S. Sede.Egli infatti“…fu caro e pregiato oltremodo ai SommiPontefici che spesso si giovavano de’ sapienti suoiconsigli, e delle sante sue opere” 7, nonché esse-re molto considerato anche da cardinali quali Cristaldi,Mattei, Patrizi, Sala, Caprano, Opizzoni ed il famo-

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so Bartolomeo Pacca che, su richiesta dello stes-so Luciani, accettò il titolo onorifico di Protettoredella città di Segni.1 Montefortino cambiò il nome in Artena con regio decre-to del 13 febbraio 1873. La bibliografia sulla storia moder-na (XV-XIX secolo) di questo piccolo centro si è molto amplia-ta negli ultimi anni, grazie alle ricerche promossedall’Archivio Storico “Innocenzo III”, cosicché oltre ad alcu-ni pregevoli volumi di storici locali come A. Cadderi, Artena(già Montefortino), Roma 1973, si possono ora consulta-re i seguenti contributi: A. Serangeli (a cura di), “Della ter-ra di Montefortino, feudo dell’Ecc.ma Casa Borghese”. Il“Notaro publico” Stefano Serangeli storico e letterato (1654-1730), Roma 2000; A. Serangeli, La confraternitadell’Orazione e Morte di Montefortino (oggi Artena) ed ilsuo oratorio nella chiesa di S. Stefano Protomartire, in “ERREF-FE. La Ricerca Folklorica” , 52 (ottobre 2005), pp. 39-49;L. Calenne, Muratori e Scalpellini lombardi a Montefortino.(oggi Artena) tra l’ultimo quarto del XVI secolo e il primodel XVII: da “gente meccaniche” a committenti di GiovanniBaglione, in “Latium”, 21-22 (2004-2005), pp. 123-188. Inoltrebisogna tenere conto dei più recenti studi sulla famigliaBorghese, il governo dei suoi feudi ed il suo mecenatismoartistico. A questi titoli si rimanda logicamente anche perla precedente bibliografia.2 D. Borghese Olsoufieff, Uno stemma e una rosa in “Strennadei Romanisti”, XXI, 1960, pp. 67-70.M.C. Cola-D. Borghese, La famiglia Borghese aMontefortino:un episodio di committenza poco noto, in Bollettinod’arte, 98, LXXXI, VI, 1996, p. 51.3 Un singolare scorcio sulle attività della Venerabile Compagniaè offerto ancora nelle Notizie istoriche: “Ha per institutoquesta Compagnia di portare la Bara, e di sepellire tutti

li Cadaveri, non solo delle treParocchie, ma anche quelli che

si ritrovano inCampagna, e diraccogliere leoblationi di ele-mosine, che sifanno nelle

essequie, colle quali poi fa cantare una Messa nel terzogiorno in suffragio dell’Anima del Defunto, nell’Altare pri-vilegiato sudetto, e se le oblazioni superano alla spesadella Messa cantata, quel di più va’ in supplimento alli Defontipoveri….Fa la esposizione delle Quarant’hore nellaChiesa di S. Stefano nella Domenica delle Palme, e vaprocessionalmente avanti, e dopo, per la Piazza. Alza laCroce con i misterij della SS.ma Passione in luogo di Stendardoed anche il Crocifisso col pallio d’imbroccato oscuro è lapiù povera delle tre [rispetto a quelle del Gonfalone e delSacramento], che vestono, ma le sue entrate sono suffi-cienti al mantenimento di essa, per esercitare le Operepie. [La Confraternita] Haveva anticamente per Protettoriin d[ett]a Terra gl’istessi SS.ri Padroni, che non solo inter-venivano nelle Congregazioni, ma ancora vestivano col-

li Sacchi [neri] nelle processioni; lequali Congregazioni facevano ind[ett]a Cappella, chiamandola Oratoriodi essa Compagnia”. La presenza nel sodalizio, accantoal Principe, degli strati sociali più ele-vati della cittadinanza di Montefortino(possidenti, mercanti, notai, spezia-li, maestri artigiani) trova confermaanche in due atti rogati dal notaio G.B. Cammiani. 4 Il Canina (1795-1856) fu uno dei piùvalenti architetti che operarono a Roma nella prima metàdell’Ottocento oltre ad essere anche storico dell’architet-tura ed archeologo. Nel 1825 divenne architetto della fami-glia Borghese, realizzando per la loro villa romana i pro-pilei ionici dell’ingresso principale, la fontana di Esculapio,il prospetto di tempio corinzio, l’ingrandimento della via prin-cipale del parco; si occupò anche del restauro del palaz-zo in Campo Marzio con numerosi interventi. Tra gli scavi archeologici condotti nei possedimenti dellaillustre famiglia romana sono da ricordare quelli del mosai-co di Torrenova e dell’Esquilino, con il ciclo di pitture dipaesaggio con scene dell’Odissea. Le sue pubblicazioni sono state numerose e davvero rile-vanti. Le sue ricerche archeologiche sulla Campagna roma-na hanno prodotto volumi come: Esposizione storica del-la Campagna romana antica (1839), Descrizione dell’an-tico Tuscolo (1841), Pianta della Campagna romana (1843).Cfr. W. Oechslin , Canina Luigi, in Dizionario Biograficodegli Italiani, 18, 1975, pp. 96-101. 5 Arch. Storico “Innocenzo III”, Arch. Vescovile, Confraterniteb. 4, cc. sciolte.6 L’autore dimostra oltre ad una buona mano anche unaconoscenza dello stile purista che regnava a Roma all’i-nizio del sec. XIX. I confrati che depongono sul catalettoil defunto sembrano una rielaborazione della DeposizioneBaglioni, oggi alla Galleria Borghese. 7 A. Atti, Biografia di Monsignor Pietro Antonio Luciani, vesco-vo di Segni, Roma 1857, p. 21. L’autore riporta, tra l’al-tro, la notizia di una lettera autografa di Pio VIII indiriz-zata al vescovo il 4 luglio 1829. Ibidem, p. 31, nota 28.

PROGRAMMA DELLA VISITA

PASTORALE NELLA

PARROCCHIA S. STEFANO PMARTENA

Domenica 3 marzo9.30 Chiesa del Rosario.

Ingresso solenne, consegna

delle chiavi ed apertura.

SANTA MESSA

11.00 Chiesa del Rosario.

SANTA MESSA

Lunedì 4 marzo9.30-10.30 Chiesa del Rosario

Esposizione e adorazione eucaristica

10.30 Via Velletri Visita Centro Anziani

15.30 Casa parrocchiale. Incontro Gruppo Bibbia

17.30 Chiesa del Rosario

SANTA MESSA animata dai carismatici

18.15 Chiesa del Rosario. Incontro con i Carismatici

19.00 Palazzaccio. Incontro ACR - ACG

21.00 Palazzaccio. Incontro con le Famiglie

Martedì 5 marzo9.30-10.30 Chiesa del Rosario

Esposizione e adorazione eucaristica

8.30-11.00 Scuola Municipio. Visita

11.00-12.00 Scuola Maiotini. Visita

15.30 Palazzaccio-Sala catechismo

Incontro Gr. Caritas, Ministri straordinari della comunione,

Gr. Rosario, Gr. Preghiera Padre Pio

17.30 Chiesa del Rosario. SANTA MESSA

18.30 Palazzaccio. Incontro Catechisti

20.00 Palazzaccio. Consiglio Affari Economici

Mercoledì 6 marzo 9.30 Chiesa del Rosario Esposizione e adorazione eucaristica

10.00-11.30 Colle Siciliano, Visita Centro Anziani

11.30-12.30 Casa Parrocchiale, Colloquio con il Vescovo

Giovedì 7 marzo 9.30 Chiesa del Rosario Esposizione e adorazione eucaristica

9.30-13.00 Scuole Medie Serngeli. Visita

16.00-17.00 Chiesa del Rosario. Consiglio Pastorale

17.15-18.15 Sacrestia Colloquio con il Vescovo

18.30 Chiesa del Rosario.

SANTA MESSA – Confraternite e Protezione Civile

19.30-20.15 Chiesa del Rosario

Incontro Confraternite e Protezione Civile

21.00 Maiotini Adorazione

Venerdì 8 marzo 9.30-10.30 Chiesa del Rosario

Esposizione e adorazione eucaristica

10.30-11.15 Maiotini Visita Centro Anziani Maiotini

11.15-12.00 Colle Siciliano. Visita Centro Anziani

15.00-16.00 Colle Siciliano. Visita Casa Famiglia Colle Siciliano

16.00 Maiotini. SANTA MESSA

17.00 Maiotini. Incontro ragazzi catechismo Maiotini

17.30 Chiesa del Rosario. SANTA MESSA

21.00 Chiesa del Rosario.

Veglia, Lectio Divina, Incontro con tutte le realtà della parr.

Sabato 9 marzo 9.30-10.30 Chiesa del Rosario

Esposizione e adorazione eucaristica

10.00-10.45 Palazzaccio.Incontro ragazzi catechismo

III Cresima

10.45-11.30 Palazzaccio.Incontro ragazzi catechismo

Comunione-Gruppi della Bibbia

11.30 Palazzaccio. Incontro ragazzi al catechismo II Cresima

15.00-16.00 Palazzaccio. Incontro ragazzi catechismo

I Cresima – Gruppo missionario

16.00-17.00 Palazzaccio. Incontro ragazzi catechismo

Riconciliazione-Oratorio

17.30 Chiesa del Rosario. SANTA MESSA di ringraziamento.

19.00 Palazzaccio. Incontro con i fidanzati e consegna attestato.

3232 MarzoMarzo20132013

PROGRAMMA DELLA VISITA

PASTORALE NELLA

PARROCCHIA S. MARIA DI GESÙ ARTENA

Domenica 10 marzo 16.00 SANTA MESSA

Vespertina e intronizzazione dell’icona SS.ma Trinità

Lunedì 11 marzo Mattino, Incontro presso il Centro Anziani

16.00 SANTA MESSA concelebrata con il Vescovo

18.00 Incontro con i giovani “Amici di S. Francesco”

21.00 Colloqui personali con il Vescovo

Martedì 12 marzoMattino, Incontro con i Padri della Comunità

9.00-10.00 Scuola Macere Visita

10.00-11.00 Scuola Colubro Visita

11.00-12.00 Scuola Colubro Visita

18.00 Incontro Catechisti e Ministri straordinari

dell’Eucaristia

21.00 Incontro con i Cori della Parrocchia

Mercoledì 13 marzo 10.00 Ordine Francescano Secolare

Giovedì 14 marzo 10.00 Incontro con il Sindaco e

Amministrazione Comunale

15.00 Scuola Ponte del Colle. Visita

18.30 Circolo Culturale P. Ginepro Cocchi

21.00 Incontro con Gruppo Famiglia

Venerdì 15 marzo 9.00 Adorazione Eucaristica e incontro

libero con i parrocchiani

16.00 SANTA MESSA concelebrata con il Vescovo

16.30 Incontro Scout

21.00 Incotro Consiglio Pastorale con tutti gli operatori

Sabato 16 marzoMattino, Incontro Gruppo Caritas

11.00 Incontro con i ragazzi del Catechismo di Macere

e con i loro genitori

15.00 SANTA MESSA. Incontro con i ragazzi del

Catechismo della Parrocchia e con i loro genitori

18.30 Incontro con le Confraternite

PROGRAMMA DELLA VISITA

PASTORALE NELLA

PARROCCHIA S. CROCE ARTENA

Domenica 17 marzo 9.30 Incontro con i genitori

10.15 Incontro con i ragazzi del catechismo

11.00 SANTA MESSA

11.45 Incontro con i catechisti ed il coro dei giovani

19,00 Via Matris con la confraternita nel centro storico

Lunedì 18 marzo 16.30 SANTA MESSA per i defunti

17.00 Abitazione privata Lectio Divina

18.00 Disponibilità per colloqui personali

20.30 Abitazione privata Lectio Divina

Martedì 19 marzo 10.00 Visita agli ammalati

15.30 Adorazione eucaristica

17.00 Bar . SANTA MESSA

20.30 Santuario di S. Maria delle Letizie.

Lectio Divina con la confraternita

Mercoledì 20 marzoVisita all’Asilo S. Croce.

Visita alle attività del paese

Giovedì 21 marzo9.30 Visita alla Scuola De Gasperi

16.30 SANTA MESSA per gli Anziani

17.30 Abitazione privata Lectio Divina

19.00 Abitazione privata.

Incontro con il Consiglio Direttivo della

Confraternita

Venerdì 22 marzo15.30 Via Crucis

16.30 SANTA MESSA di ringraziamento

ascolto dei collaboratori parrocchiali

20.30 Abitazione privata. Lectio Divina

Sabato 23 marzo16.00 Santo Rosario

16.30 SANTA MESSA di ringraziamento

17.30Assemblea Parrocchiale con il

Consiglio Amministrativo

19.00 Incontro con le Associazioni civili

del centro storico

Chiesa S. Maria delle Letizie, parrocchia S. Croce in Artena.

3333MarzoMarzo20132013

HHo scritto questo articolo all’indomani del-la domenica 18 dicembre, quarta di Avvento.Nella liturgia di questo giorno il tema domi-

nante è quello della “visita” di Maria SS.ma a S.Elisabetta.Questo tema a sua volta si inserisce in quello ditutto il periodo dell’Avvento: Dio che viene a visi-tare il suo popolo (cfr. Luca 1,68). Di più: questoè un tema che percorre tutta la Bibbia. Il Vescovostesso nella sua lettera di indizione ricorda alcu-ni dei momenti in cui Dio è venuto a visitare il suopopolo. Personalmente, mandato parroco aS.Anna, mi sono prefissato come primo obbietti-vo quello di conoscere tutti, spinto dall’esempiodi Gesù che parlando di se stesso ha detto “Io sonoil buon pastore, conosco le mie pecore e le miepecore conoscono me” (Giovanni 10,14).Per un parroco, forse, il modo migliore per cono-scere tutti è quello di andarli a visitare nelle lorocase. Per cui, da sempre, la mia attività principalecome parroco è stata la “Benedizione annuale del-le famiglie nelle case” che secondo il Benedizionale“E’ un’occasione preziosa per l’esercizio del loro[dei parroci e dei loro collaboratori] compito pasto-rale: occasione tanto più efficace in quanto offrela possibilità di avvicinare e conoscere tutte le fami-glie”. Per cui, tre pomeriggi a settimana, per cir-ca trentacinque settimane ogni anno, lasciotutto per andare ad incontrare le fami-glie lì dove vivono, gioiscono, piangono,lavorano.Anche la festa della nostra Patronanon è preparata nel chiuso delle muradella chiesa, ma con un andare per set-te giorni in giro per le contrade e i colli,in mezzo alla gente, racco gliendosi e cele-brando nelle case, e, qualche volta, anchein mezzo alla strada, dove la gente, allafine di una giornata di lavoro, passa pertornare a casa.Questo bisogno-dovereper me, nel piccolo della parrocchia, valeanche per il Vescovo, nei confronti di tut-ta la Diocesi. Egli stesso ne è coscien-te e lo ricorda come un impegno grave derivan-te dal suo stesso ufficio.Ho fatto questa premessa per far subito capire iltaglio che abbiamo voluto dare alla “Visita pasto-rale” del Vescovo. E’ su questo terreno infatti cheil nostro programma è nato.Si noterà subito comeben cinque pomeriggi il Vescovo li passerà visi-tando i “Colli”: S.Stefano, “Cruci”, Patrizia club,Cannetaccia, S.Upica nell’ordine. In queste con-trade il Ve scovo e la gente pregheranno, dialogherannoe se lo vorranno potranno anche sedersi attorno

alla stessa mensa (frugale!). Una real-tà importante e preziosa per ogni par-rocchia sono gli anziani, gli amma-lati, i portatori di handicap.

Per loro il parroco e, quindi ilVescovo, deve riservare attenzione ecura. Così molto tempo sarà dedica-to ad andare a visitare queste perso-ne per dar loro una parola di confortoma anche per chiedere di offrire le lorosofferenze per il bene del mondo e del-la Chie sa... Visto che ho accennato ai portatori di han-dicap parlo subito di un altro incontro cheabbiamo programmato: quello con le fami-glie che ormai da molti anni (per le primesono ormai tredici) hanno stretto un rapportodi amicizia con ragazze che vivono in due Istitutidi Roma e più volte l’anno le “accolgono” in casaloro e le mettono al centro del loro interesse. Questefamiglie appartengono a tutte e tre le parrocchiedi Valmontone; però l’incontro con il Vescovo lofacciamo a S.Anna perché qui è nata l’iniziativae di qui sono ancora la maggioranza delle fami-glie. Così ci saranno altri incontri con gruppi chenon sono esclusivamente del territorio della

Parrocchia, ma che hanno con essa degli aggan-ci. Primi tra tutti una rappresentanza del “Gruppodonatori sangue”, che in primavera e in autunno,regolarmente, nei locali della Parrocchia donanoil sangue. Poi ci saranno gli incontri con le Associazionisportive: nel nostro territorio si trova il campo dicalcio, si sta costruendo la pista per l’atletica. Cisono poi due realtà strettamente religiose che sononel territorio della parrocchia, ma la cui missionenon è ristretta alla parrocchia: il movimento dei Focolari,che ha a Patrizia Club un “Focolare” e le Suore“Figlie dell’Immacolata” che lo stesso, sempre aPatrizia Club hanno la Casa. Sappiamo tutti benequanto sia rilevante il lavoro nella vita di tutti, inparticolare delle famiglie. Nel territorio della par-rocchia ci sono varie piccole attività lavorative (comeil “Centro carni”, la Coop. Prenestina”, la Cassarurale di Paliano ecc.).Il Vescovo andrà a rendersi conto di persona diqueste realtà. Così come abbiamo programma-to un incontro con i commercianti e gli artigiani,che sono abbastanza numerosi a Valmontone e,

forse, particolar-mente tra noi. Rientrando poinell’ambito piùstrettamenteecclesiale ilVescovo incon-trerà i vari pic-

coli gruppi chelavorano (i catechisti,

i gruppi di animazione litur-gica e Caritas, i ministri straordi-

nari dell’Eucaristia, il Consiglio per gliaffari economici, il Comitato “Insieme per costrui-

re”) e pregano (il piccolo gruppo di preghiera).Naturalmente non poteva mancare l’incontro coni bambini: quelli del catechismo e quelli delle scuo-le. Nel territorio della parrocchia ci sono soltantodue plessi di scuola elemen tare e materna: S.Annae Maccarecce. I bambini a loro volta richiamanoi loro educatori, gli insegnati, ma soprattutto i geni-tori. Per cui abbiamo programmato un incontro coni genitori dei bambini che frequentano il catechi-smo.

Dai bambini ai giovani il passo è bre-ve e... immenso. Abbiamo pensato diorganizzare una serata a ruota libera,di festa, di dialogo... organizzata dai gio-vani stessi, per tutti i giovani che lo vor-ranno, senza alcuna distinzione. Ma que-sto non sarà l’unico momento che il Vescovopasserà con i giovani: fin dal pomerig-gio del primo giorno presenzierà ad unospettacolo teatra le al quale appunto igiovani stanno lavorando da mesi e saràla rappresentazione del “Sogno di unanotte di mezza estate” di W.Shakespeare.Cito per ultimo l’incontro con il ConsiglioPastorale perché volutamente messo

anche in calendario alla fine della visita costitui-rà il momento nel quale il Vescovo tirerà le primecon clusioni e le consegnerà a coloro che più ditutti sono chiamati a condividere con il parroco ildolce peso di essere strumenti nelle mani del Signorein questa parrocchia nella quale sono stati chia-mati a vivere. I tanti incontri di gruppo non devo-no far passare in sottordine la dimensione personaledella presenza del Vescovo tra noi. Per cui abbia-

continua a pag. 34

3434 MarzoMarzo20132013

mo riservato due momenti nei quali chiunque puòincontrare personalmente il Vescovo per parlaredi cose personali o che non era il caso di dire davan-ti ad altri. E quale dialogo può essere più inten-so di quello del confessionale? E allora il Vescovoun sabato pomeriggio sarà a disposizione nel con-fessionale della cripta per ammini strare la mise-ricordia di Dio. Adesso appena qualche parola sul-la preparazione. Da oltre un anno il Consiglio pasto-rale sta all’opera per programmare. Abbiamo cer-

cato di coinvolgere nella preparazione anche i rap-presentanti dei quartieri, della scuola, dei commer -cianti, delle Associazioni.... Da una quindicina di giorni siamo passati alla faseesecutiva. Della visita si parla nelle omelie e peressa si prega nella preghiera dei fedeli. Mentrescrivo si sta distribuendo a tutte le famiglie dellaparrocchia una busta con una lettera del Consigliopastorale, il programma degli appuntamenti di inte-resse comune e la preghiera per la visita. Inoltre un sottogruppo del Con siglio pastorale ha

elaborato un questionario che sottoporrà a ben 580parrocchiani, scelti con vari criteri, per conosce-re il loro rapporto con Dio, con la religione e in par-ticolare il loro rap porto con la parrocchia. Come per le altre parrocchie, così anche per noila Visita del Vescovo sarà un evento importanteche senz’altro lascerà un segno nella nostra vitasia in quanto comunità, sia in quanto persone.Affidiamo la buona riuscita di tutto all’intercessionedi Maria SS.ma e di sua madre, Sant’Anna, nostraPatrona.

Suore Apostoline Velletri

“Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei disce-poli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.(Giovanni 8,32) Queste parole di Gesù si sono pie-namente realizzate nella vita di don Giuseppe Puglisi.Un uomo e un sacerdote che, fedele alla Parola delSignore, è stato suo discepolo e ha esortato tanti aseguirlo. Un uomo che ha conosciuto la Verità: Cristo.Un uomo libero proprio perché ha saputo amare laVerità e annunciarla con gioia e coraggio contro ogniavversità! Siamo anche noi liberi di credere, di ama-re e di gridare con forza e senza paura la Verità chesalva! Incontriamo e conosciamo questo testimonedella fede, che verrà beatificato il 25 maggio 2013a Palermo, affinché anche la nostra vita cristiana siasempre più simile a quella di Gesù!

di Vincenzo Ceruso (da SE VUOI n. 5 del 2012)

DD on Giuseppe Puglisi è stato il primoprete ucciso dalla mafia a causa del-la sua fede, il 15 settembre del 1993,

giorno del suo compleanno. Era parroco di Brancaccio, un quartiere alla peri-feria est di Palermo. Vi era nato e conosceva ildominio oppressivo di “Cosa nostra”, la sua influen-za su tanti aspetti che riguardano la vita quotidiana,dalla casa al lavoro. Sapeva che limitarsi alle denun-ce antimafia gli avrebbe procurato qualche titolosul giornale, ma non avrebbero cambiato nulla. Scelse una via rivoluzionaria: voleva strappa-re i figli dei mafiosi al destino dei loro padri, affin-ché non diventassero “uomini d’onore”, ma uomi-ni, educati alla legalità e alla convivenza civile. Unfilosofo, Malraux, ha detto: “Attendo il profeta cheoserà gridare: non c’è il nulla”. È quello che Puglisiha gridato a intere generazioni di giovani. Il mate-rialismo conduce al nulla, mentre l’esistenza è degnadi essere vissuta. Egli scriveva: «L’uomo è diven-tato ad una sola dimensione, questo è potremmodire il male nel quale vive l’uomo, per cui chiuso

in questa scatola che è la materia stessa non riescea trovare un senso alla sua vita stessa ed alloraha proprio il senso del vuoto» 1. In un mondo in cui tutto può essere comprato eogni diritto diventa elargizione, egli perseguiva ilvalore della gratuità contro la dittatura materiali-stica della mafia. Per Puglisi lo spirito è il vero pro-tagonista della storia: «l’uomo è completato, per-fezionato nella sua persona dal fine soprannatu-rale a cui tende e chi lo spinge a questo fine dan-dogli gli aiuti necessari è lo spirito. Questo spiri-to che indica proprio la partecipazione del Divinoche c’è nell’uomo, come una scintilla che c’è; que-sta fiamma divina che viene comunicata all’uomostesso, e indica questa tensione che c’è nell’uo-mo verso il soprannaturale, verso Dio. Questa ten-sione che c’è nell’uomo di trascendersi verso il tra-scendente, cioè verso qualche cosa che lo supe-ra e a cui non basta quello che è semplicemen-te natura» 2. Questo cristiano del XX secolo, dota-to di così grande cultura, non era un intellettualesolitario, ma un prete di frontiera, un parroco cheamava la sua missione. Ed era un uomo pieno diamici. Nelle sue parole l’amicizia assumeva qua-si il valore di un sacramento: «Gli amici sono fat-ti per essere un Noi, ma nello stesso tempo sonochiamati a vivere, in modo più vero, ciascuno lapropria identità. L’amicizia fa toccare in qualchemodo il nucleo centrale di se stessi, aiuta a darerisposta alle eterne domande»3. La sua battaglia consisteva in una rivolta spiritualee non violenta, condotta con le armi dei miti: lafede e la cultura. Andrea Riccardi lo ha definitoun “prete woytjliano” 4, cioè un prete formatosi almagistero di Giovanni Paolo II, nella sua idea diuna Chiesa come spazio di libertà. Dal 1983 al1990 don Pino portò centinaia di giovani in cam-pi scuola in giro per la Sicilia. Erano luoghi in cuila fede non veniva presentata come una reliquia,ma diventava una ricerca da fare con gli altri, con-dividendo gioie e speranze. Puglisi sapeva scru-tare dentro il cuore dei giovani: «Sappiamo chedobbiamo impegnarci, però sappiamo anche chesiamo fragili, e abbiamo fatto tante altre volte pro-positi, forse anche alti e grandiosi, ma il Signoresa che noi siamo qui e guarda ai nostri propositicon tenerezza, sa dove possiamo arrivare e Luici sta accanto, con il suo amore, con il suo sguar-do, con il suo sorriso paterno, direi anzi materno,e ci segue. Non dubitiamo mai della sua tenerezzae del suo Amore, anche se dovessimo sbagliare,anche se qualche volta non siamo capaci di met-tere in pratica quei propositi che abbiamo fatto»5.Il pensiero di Puglisi non era astratto, ma avevasempre al centro il Vangelo e la persona di Cristo:«Gesù è stato mite nel senso che non ha mai usa-to la violenza con le persone, quando queste sono

state violente nei suoi confronti. Lui non lo è sta-to. Egli ha cercato di portare gli altri alla ragione-volezza. La violenza non pone la persona dallaparte del giusto!» 6. Il martire di Brancaccio non odiava i mafiosi, mafaceva appello alla loro ragione. Dopo aver rice-vuto una serie di minacce aveva dichiarato in un’in-tervista: «Che i protagonisti delle intimidazioni tor-nino alla ragionevolezza, si affianchino a noi perchiedere alle istituzioni ciò che è indispensabileper la vita civile del quartiere. […] Chi usa la vio-lenza non è un uomo. Chiediamo a chi ci osta-cola di riappropriarsi dell’umanità»” 7. Puglisi sapeva di poter morire. «Me lo aspettavo»;sono state le sue ultime parole all’assassino, accom-pagnate dal sorriso 8. Il tema del martirio, a par-tire dall’esempio di Gesù, ha attraversato la rifles-sione di Puglisi, fin da giovanissimo, quando scri-veva in una meditazione del 1958: «La sua mor-te di croce è frutto dell’amore ed è un frutto chemoltiplica questo stesso amore, potenzia l’amo-re al massimo grado» 9.E in un altro appunto manoscritto, in parole chesono un inno all’amore divino, ha rivelato la radi-ce più autentica del suo coraggio: «Il vero sensodel peccato sta nel tradire l’Amore / di Dio ordi-natore Supremo, tutto è stato creato con un finepreciso / di Dio Benefattore: noi siamo dono di Dio/ di Dio Redentore / di Dio Amico»10.Che fare della sua eredità? Questa domanda equi-vale a chiedersi: che fare della mia vita? La scel-ta è tra seguire il vangelo di questo mondo, chegrida: “Salva te stesso!”11 e vuole uomini e don-ne irrilevanti; oppure vivere come il mite e forteGiuseppe Puglisi, che guardava agli altri con sim-patia e cercava con loro la speranza di un mon-do più umano. Possiamo fare nostro il suo sogno:«Noi siamo chiamati a scoprire i germi di bene chesono nel mondo, svilupparli in noi e negli altri e afarli fruttificare mettendo ovunque speranza»12.1 Sì, ma verso dove? Itinerario vocazionale, tracciato da don GiuseppePuglisi, con temi e riflessioni proposti durante campi-scuola o agruppi di formazione.2 Idem.3 I. Siviglia, La profezia di padre Puglisi, Relazione al Convegnosu 3P, Palermo, 2012.4 A. Riccardi, Prefazione a V. Ceruso, A mani nude. Don GiuseppePuglisi, San Paolo, MI, 2012.5 Sì, ma verso dove?, cit.6 Idem.7 D. Parrinello, Brancaccio, attentati in serie contro la parrocchiaantimafia, “Giornale di Sicilia”, 26/07/93.8 F. Deliziosi, Don Puglisi. Vita del prete palermitano ucciso dal-la mafia, Mondadori, MI, 2001.9 Commento al Vangelo della domenica 16/02/58, ms. originalesu carta di quaderno.10 Appunti per esercizi spirituali, s.d.; ms. originale in carta di qua-derno.11 Cf Mt 27, 40.12 G. Puglisi, Meditazione tenuta in un campo scuola, sul tema“Persecuzione e gioia”, 25.07.1987.

segue da pag. 33

3535MarzoMarzo20132013

P. Vincenzo Molinaro

IIn questi mesi siamo impe-gnati, sacerdoti e fidanza-ti, nel percorso formativo orien-

tato a concludersi con le nozzedei nostri giovani. Nelle varie for-me in cui è stato pensato, que-sto percorso apre tanti orizzon-ti. Mettere a confronto giovani pro-venienti da una ricca varietà di espe-rienze è sempre occasione di dia-logo, di scambio di arricchimen-to reciproco. Ovvio che lo scam-bio può avvenire solo se c’è cre-dibilità non solo nelle intenzionima anche nella maniera di por-tare avanti l’esperienza.In genere, si crea un buon rap-porto, ci si apre quando tanto equando meno, si offre la possibilità di creare amicizie nuove. Il segno è ilprolungarsi all’esterno della chiesa, una volta usciti, di gruppetti che con-tinuano a dibattere i temi e che poi si concludono al bar ancora aperto.Ma la speranza di noi sacerdoti, e della Chiesa italiana intera, va oltre.L’attesa e quindi il metro del giudizio su questi percorsi, è la continuità, ilfuturo inserimento delle giovani famiglie nei gruppo-famiglie di ogni par-rocchia. Ancora di più l’attesa è di un ritorno alla vita di fede professatagioiosamente con atteggiamenti propositivi.C’è qualche indicazione che possiamo scambiarci, oppure tutto dipende-rà dalla capacità di ogni singolo prete? E’ giusto fare una premessa. Ungruppo di giovani che da anni vive lontano dal Vangelo e che si avvicinaperché da noi ancora si usa sposare in chiesa, un po’ come coronamen-to sociale di un lungo fidanzamento e come evento atteso dai genitori chene portano anche il peso maggiore a livello economico, questo gruppo faràfatica ad accettare amicizia, ad aprirsi a persone che si trova accanto sen-za averli scelti. Dunque gli animatori dovranno riuscire a creare un clima sereno, dove siafacile sentire affetto, comprensione, volontà di farli crescere. In un certo senso come il gruppo trainante irradia sul gruppo la sua pro-pria coesione, le sue diversità, così i fidanzati si aprono alla novità. Mavediamo cosa ne pensa e cosa si aspetta la Chiesa di Dio che è in Italia.

La via alla santità degli sposi

Citando la il n. 41 della Lumen Gentium, gli Orientamenti pastorali sullapreparazione al matrimonio e alla famiglia, affermano al n. 28 che “gli spo-si sono chiamati a divenire santi seguendo la loro propria via”; si nutronodi una spiritualità propria e originale, che accoglie, nella dimensione nuzia-le, la condizione laicale che annuncia nel mondo nella vita quotidiana ilregno di Dio. Ancora una citazione classica, dalla Familiaris Consortio aln. 17, per dire che gli sposi ricevono la missione di custodire, rivelare ecomunicare l’amore, quale riflesso vivo, e reale partecipazione dell’amo-re di Dio per l’umanità. Quindi due elementi, il primo la nuzialità nella lai-cità, nella condizione secolare. Nelle asprezze e nelle opportunità del mon-do del lavoro. Il secondo è mostrare nella vita e quindi anche nella laici-tà l’amore di Dio che è riflesso nella loro condizione.

Amicizia per camminare insieme

Un primo elemento pratico che ci viene dagli Orientamenti (n. 29) è la ricer-ca di una cordiale amicizia tra presbitero e fidanzati, premessa di ogni futu-ra attività comune: nella amicizia si evidenziano le differenze ma anchel’essere ordinati agli altri, costituiti al servizio. Questo compito viene dai sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio. Quindinella Chiesa è come ricevere una comune destinazione, un mandato: essoè rivolto all’ambito spirituale per il sacerdote e a quello umano per gli spo-si, ma avendo tutti ricevuto il battesimo, la conseguente testimonianza neè ricaduta naturale.Il sacerdote deve pertanto porsi di fronte al suggeri-

mento che viene dai Vescovi e dareun po’ più di tempo, di attenzio-ne, di studio al gruppo dei fidan-zati. Cercare la modalità piùopportuna per dare stabilità a unrapporto che potrebbe esaurirsinel breve incontro per la praticamatrimoniale. In fondo è una verascelta pastorale. Le priorità cui sia-mo abituati dovranno ottenere unascomposizione, mettendo neiprimi posti il rapporto con i gio-vani fidanzati.Sempre negli Orientamenti (n.36)si giustifica l’attenzione che da qual-che anno viene data all’équipe sacer-dote-coppia di sposi. Questi sonoi veri animatori. E tali devono rima-nere anche dopo il matrimonio. Lecoppie testimoni faranno da pon-

te tra le giovani famiglie e la parrocchia, introducendole gradatamente all’in-terno della comunità. Manterranno uno scambio con le famiglie, informandosidelle novità, della nascita dei figli, partecipando alle loro feste, prenden-dosi a cuore eventuali problemi. Insomma saranno una presenza un po’defilata, perché non siano percepiti come invasori di campo, ma pronti alminimo segnale di sofferenza o di bisogno. E pronti a presentare proposte significative che aprano i campi di interesse.Da quello culturale, a quello del sostegno psicologico. Dalla conoscenzae promozione dei Consultori. E’ certo che in pochi mesi è difficile portarei giovani da un relativismo religioso totale alla frequenza regolare ai sacra-menti. In questo l’esempio illuminato dell’équipe dovrà essere avvertito comestimolo verso un traguardo ambizioso ma possibile. Ci vorranno tempi mol-to più lunghi di quanto possa essere il tempo della preparazione. Anzi aquesto va tolto l’alone di inflessibilità come se fosse ritenuta una camiciadi forza. Al contrario sarebbe bello se uno potesse dedicare tanto tempoai fidanzati anche a una sola coppia, oppure a due coppie di amici. E’ impor-tante cercare comunque soluzioni originali e rispondenti alle esigenze. In questo percorso, secondo l’insegnamento dei Vescovi, deve iscriversiil progetto pastorale di pastorale familiare di ogni comunità. Puntare a un gruppo famiglia è un primo passo ed è vitale stimolarlo per-ché non ceda alla stanchezza, all’influenza, alle malattie dell’infanzia, tut-ti passaggi obbligati e prevedibili. Nello stesso tempo, investire sulla preparazione di alcune coppie. L’ufficionazionale di Pastorale della famiglia ha predisposto strumenti adeguati allevarie situazioni e disponibilità Cliccare sui servizi del sito della chiesa cat-tolica, alla voce pastorale della famiglia. Le sorprese non mancheranno.

3636 MarzoMarzo20132013

Convegno Catechistico Diocesano (Colleferro, 13 gennaio 2013)

Iniziare alla fede oggi: la difficile

scelta del metodo / 2

Nel numero di Gennaio è stata presentata la pri-ma parte del tema oggetto di riflessione nel ConvegnoCatechistico Diocesano dove ho esposto i puntidi riferimento teorici che considero validi ad orien-tare il modo personale di fare catechesi. Nella secon-da parte del Convegno si è affrontato l’ambito stret-tamente metodologico che vengo, qui, a sintetiz-zare.La Nota del 1991 sul catechismo dell’iniziazionecristiana dei fanciulli e dei ragazzi, esortava a piùriprese a «superare il modello “scolastico” spes-so ancora prevalente e a decidere per il metododell’animazione nel contesto del piccolo gruppo».Tale impostazione “educativa” ha prodotto un’am-pia e varia sussidiazione da parte delle case edi-trici attraverso testi che cercano di organizzare icontenuti da comunicare in sequenze ragionate,predisponendo anche delle attività di gruppo. Inteoria, perciò, avvalendosi dei sussidi, il catechi-sta un metodo lo applica anche se, non conoscendonele “chiavi”, spesso in modo acritico e quindi allafine depotenziato. Ogni intervento formativo si basasu tre momenti: innesco, sviluppo, controllo.L’innesco comporta il guadagnarsi l’attenzione degliallievi, il comunicare gli obiettivi che dovranno esse-re raggiunti e lo stimolare il ricordo di conoscen-ze già acquisite e necessarie per comprendere lenuove. Lo sviluppo, invece, implica la presenta-zione del materiale da apprendere e il fare da gui-da all’apprendimento. Il controllo comporta il veri-ficare se l’obiettivo è stato realmente raggiunto,rinforzare ciò che dicono di giusto e correggereciò che è sbagliato e assicurare la capacità di uti-lizzare le nuove conoscenze in contesti diversi da

quelli esposti. In Italia, da una quindicina d’anni,è in atto una sperimentazione che ha portato alleseguenti acquisizioni:- la responsabilità condivisa a livello organizzati-

vo: ci si accorge che è indispensabile una pasto-rale integrata e si lavora abitualmente per mezzodi equipe; le esperienze si avvalgono di una logi-ca progettuale contro forme d’improvvisazione;- la sensibilità missionaria, anche quando ci si rivol-ge a persone che chiedono semplicemente i sacra-menti; questa sensibilità appare anche nella scel-ta del RICA come documento di riferimento e nel-la comunicazione dei contenuti;- l’IC deve possedere una sua dimensione comu-nitaria; la parrocchia è il luogo ordinario e privile-giato per la trasmissione della fede;- il coinvolgimento attivo e responsabile della fami-glia dei ragazzi, nella consapevolezza che i geni-tori sono i primi e principali educatori dei figli nel-la fede; li si aiuta a riscoprire/scoprire una fedeadulta in vista della testimonianza ai loro figli;- la consapevolezza che i fanciulli e ragazzi han-no una personalità evolutiva autonoma e sono inter-locutori attivi del rapporto educativo;- la formazione alla globalità della vita cristiana;

il percorso iniziatico ha il compito di introdurre ifanciulli e ragazzi nelle dimensioni fondamentalidella vita cristiana;- una pluralità di esperienze, coinvolgenti e atti-

ve, collegate organicamente tra loro attraverso unaseria programmazione che coinvolga i fanciulli eragazzi, i loro familiari e l’intera comunità; - una articolazione unitaria e a tappe successi-

ve e graduali, ognuna con una propria originalitàe fisionomia spirituale, con proprie accentuazio-ni e segni particolari;- valorizzazione dell’anno liturgico e, soprattutto,della domenica;- il ruolo insostituibile di accompagnamento deglieducatori, all’interno della comunità cristiana: pasto-

ri, genitori, catechista/equipe di catechisti,padrino. Qui cito solo alcune esperienze,secondo me sintomatiche, di scelte rilevantiche sono considerate delle “buone pratiche”e stanno avendo una discreta diffusione.Il Progetto Magnificat (2001) si pone in con-tinuità con il catechismo e ne fa una rilet-tura in termini pedagogici. La proposta segue cinque coordinate:1. un ritmo dell’incontro che intende esclu-dere le troppe pause e superare la noia;2. una proposta che valorizzi tutta l’ampiez-za e la ricchezza dell’atto catechistico; 3. la creazione di un clima autenticamen-te liturgico e spirituale. Si propone una cate-chesi che desti la vita spirituale attraversol’apprendimento dei simboli liturgici, le cele-brazioni, l’iniziazione alla preghiera. La secon-da parte della guida propone anche idee eprogrammi per almeno tre ritiri da organiz-zare con i bambini. 4. l’uso del testo di catechismo ufficiale pro-posto dai vescovi. 5. il coinvolgimento della famiglia.La Guida è una vera e propria “mappa” del-l’incontro che consente al catechista di muo-versi secondo un itinerario che, in momen-ti successivi, tiene conto di tutte le componentidell’atto catechistico:

Ascoltare la vita. Momento antropologico. E’ il momen-to dell’avvio. Ha lo scopo di stimolare l’interessema soprattutto dimostrare che la dimensione reli-giosa fa parte della vita quotidiana.La buona notizia. Momento kerigmatico. E’ il momen-to dell’annuncio, della conoscenza che viene tra-smessa, della proposta. Dio ci parla. La catechesideve essere radicata nella parola di Dio.Strettamente legato al momento kerigmatico, è lanecessità di portare i bambini e i ragazzi alla sco-perta della Bibbia come luogo di incontro con unVivente.Capire. Momento teologico ed esplicativo. Ha loscopo di favorire il confronto, verificare, valutare,orientare, sperimentare. Come conseguenza è neces-sario un momento mnemonico. Celebrare. Momento liturgico e celebrativo. E’ ilmomento della gratitudine verso Dio per ringra-ziarlo del dono della sua Parola e della sua pre-senza. E’ anche il momento della partecipazionevitale al mistero. Questo momento non può man-care mai.Decidere. Momento della decisione morale. Si por-tano i bambini a decidersi, scegliere, rendersi dis-ponibili, impegnarsi, operare, testimoniare. La fedesi vive nel quotidiano.In famiglia. Il coinvolgimento della famiglia. Ogniincontro termina con alcune concrete indicazioniper continuare in famiglia il tema dell’incontro cate-chistico.Il Progetto Emmaus (2007), invece, si pone inassoluta discontinuità con il catechismo. Destinatarisono i catecumeni tra i 7 e i 14 anni o i loro coeta-nei che hanno ricevuto il battesimo ma devono com-pletare il percorso di iniziazione cristiana. Vieneproposto un “percorso” in cui si fa tirocinio di vitacristiana: si apprendono le nozioni di base dellafede, si fanno esperienze personali e comunita-rie di vita cristiana. Il percorso richiede il coinvol-gimento della famiglia e della comunità che pre-dispone un gruppo di riferimento, con un accom-pagnatore che opera preferibilmente in équipe esegue sia i ragazzi sia le loro famiglie. L’obiettivoche si propone non è esclusivamente la prepa-razione ai sacramenti ma alla vita cristiana chenasce dal sacramento celebrato. Anche per que-sto, l’età non è più un criterio determinante ma lamaturità viene valutata in un percorso a tappe con-cluse in se stesse anche se strettamente colle-gate l’una con l’altra. Punto di riferimento non èpiù il catechismo ma la Bibbia.Il “Metodo a quattro tempi”, in cui il camminodell’IC si articola, per ogni annata, secondo del-le tappe mensili, ritmate in base a questa scan-sione settimanale: - incontro dei genitori: consiste in una proposta

di riscoperta della fede da parte degli adulti. Ognimese ai genitori viene rivolto un itinerario “trasformativo”ritmato sulle tappe del catechismo dei loro figli. - incontro in famiglia: con l’aiuto di alcune sem-plici proposte e materiali, si sostiene il tentativodi aiutare i genitori a testimoniare la fede ai figli.- incontro dei bambini: viene collocato in un perio-do di tempo che favorisca di poter vivere l’acco-glienza e permettere ai bambini di condividere ciòche hanno vissuto in famiglia; L’esperienza ci sug-gerisce che questo momento dei bambini è oppor-tuno doppiarlo con un altro di tipo sintetico – rias-suntivo a fine tappa: è in pratica un “Diario di Bordo”

continua nella pag. accanto

3737MarzoMarzo20132013

CORSO BASE DIICONOGRAFIA BIZANTINA 2013

Volto di Cristo (Acheiropoietos )Fabio Pontecorvi

NN el cuore di Velletri, accanto al chiostrodella Cattedrale San Clemente diVelletri nel laboratorio del Museo

Diocesano, avrà inizio il primo corso di IconografiaBizantina del 2013. Durante il corso verranno for-nite tutte le indicazioni tecnico-pittoriche con rife-rimenti teologici e spirituali per la realizzazionedell’Icona; il lavoro nel laboratorio si svolgerà inun clima di tranquillità tale da favorire l’esperienzadi preghiera e il raccoglimento necessario alla scrit-tura dell’icona, una finestra aperta verso la fede.L’obiettivo del corso sarà quello di dipingere suuna tavola in massello con una base di gesso

(Levkas) il volto di Cristo. Il percorso inizierà con il disegno,l’applicazionedella foglia in oro, per seguire con la prepara-zione della tempera all’uovo, con pigmenti natu-rali per finire con le campiture e i tratti di lucedel Volto. Per chi lo desidera, alla fine di ognisessione sarà possibile partecipare alla cele-brazione della Liturgia delle Ore e dellaSanta Messa. Il corso prevede un massimo dicinque allievi che saranno seguiti personalmentedal maestro, per otto giovedi dalle ore 15:00alle 18:00. Il Corso è aperto a tutti, principiantie allievi già esperti che hanno frequentato cor-si con il maestro. Per gli allievi che per la prima volta frequen-tano un corso di iconografia tutto il materialeverrà fornito dal maestro con la quota di iscri-zione. Alla fine del corso le icone verranno bene-dette durante una celebrazione Eucaristica. Ad

ogni allievo sarà consegnato un attestato di par-tecipazione. Per informazioni rivolgersi diretta-mente al maestro d’arte inviando una mail a: [email protected].

(cosa mi è piaciuto di più di questa tappa, cosa ho scoperto di nuovo…)- domenica: idealmente si tiene la domenica mattina un’ora circa prima della celebrazione del-la messa. I genitori si ritrovano, guidati dal parroco/catechista per una verifica dell’esperienzavissuta in famiglia e per approfondire le questioni aperte.I bambini intanto preparano o unapreghiera, o un gesto, o un segno per ri-esprimere nella messa qualcosa del cammino fat-to nella tappa coinvolgendo l’assemblea. Nella formazione dei catechisti (e degli adulti ingenere), infine, si va diffondendo il cosiddetto metodo laboratoriale, uno stile di interven-to che si propone intenti “trasformativi” per la persona coinvolta.

segue da pag. 36

Mara della Vecchia

UU n tema cruciale per la chiesa cat-tolica, ma anche per tutta la socie-tà contemporanea, è quelli del dia-

logo tra le diverse religioni. Questo rappresentaun campo costellato di insidie e contraddi-zioni, parlare e trovare punti di contatto traculture non è mai stato facile.Tuttavia un terreno privilegiato, per avvici-nare persone di differenti religioni e tradi-zioni e favorire la comprensione e l’accoglienzareciproca, è certamente la musica, proprioper la sua peculiarità di linguaggio espres-sivo che prescinde dalla lingua parlata e dalsignificato delle parole. La musica sacra in particolare, sebbene siasempre presente un testo da cantare, è ingrado di suscitare (o almeno dovrebbe) sen-timenti positivi e predisporci ad un atteggiamentodi ascolto e meditazione. Per questo motivo quando la musica sacra escedall’ambito strettamente liturgico e cultuale, per essere eseguita al solo sco-po di ascolto, comincia ad assolvere un altro compito, non meno importantedell’originario, che è quello di avvicinare esseri umani diversissimi tra loro,per cultura, religione, tradizioni e così via.In questo modo assumono un valore aggiunto tutte le numerose rassegnedi musica sacra che ogni stagione si organizzano in varie parti del mondo.Una manifestazione interessante è il Festival internazionale di musica sacradi Fez, cittadina del Marocco. Si tratta di un festival nato nel 1994 e che haottenuto il riconoscimento dalle Nazioni Unite nel 2001 per il contributo aldialogo tra culture.Il festival, giunto quest’anno alla diciannovesima edizione, prevede even-ti e spettacoli che si svolgono sempre nelle strade della medina della cit-tadina di Fez, l’organizzazione è curata dalla Fondazione Esprit de Fes, laquale si occupa della promozione dello sviluppo sostenibile della cultura.La prossima edizione si svolgerà dal 7 al 15 giugno 2013 e ospiterà voci esuoni da tutto il mondo, che esprimono la spiritualità e la sacralità dei popo-li e dei territori dai quali provengono.

Tra gli incontri previsti, uno molto interessante, è il concerto “Voci Nomadi”,che propone un insolito accostamento tra la musica della tradizione sardadei Tenori di Orosei e il canto koomi della Mongolia. Scoprire cosa posso-no avere in comune due tradizioni così lontane tra di loro è davvero unasfida. Un popolo radicato nel bel mezzo del caldo Mediterraneo e l’altro aiconfini del freddissimo Nord della Terra. Il canto polifonico dei Tenori risuona dalle montagne dell’entroterra sardo,dove la natura, ancora selvaggia, conserva la sacralità del creato, un can-to legato alle feste paesane e alla liturgia dei santi patroni. Il canto koomiè un canto di gola che rappresenta esso stesso, quasi una metafora, l’a-sprezza e l’ampiezza dei territori abitati dal popolo mongolo, il deserto delGobi luogo di solitudine e meditazione.Altri concerti in programma e altrettanto interessanti sono, tra gli altri, quel-lo dedicato ai griot del deserto della Muritania e il concerto della cantantelibanese Abeer Nehema che eseguirà canti aramaici, siriani e bizantini, rac-contando di quella cristianità mediorientale, che ha dovuto molto più di quel-la d’occidente, confrontarsi, scontrarsi e convivere con religioni diverse dal-la propria.

3838 MarzoMarzo20132013

Antonio Venditti

LLa famiglia è l’ambiente protetto in cui svi-luppare la crescita dei piccoli, al riparodai pericoli e nella prospettiva positiva

del futuro. Sulla funzione educativa dei genitori giàmolto abbiamo riflettuto e continueremo a riflet-tere ogni qualvolta se ne presenterà l’occasione. Si parla e si scrive molto della crisi familiare, chepresenta molteplici aspetti, di relazione e coesio-ne tra i membri, nei diversi ruoli, di regole di fun-zionamento interno e di approccio con la realtàesterna, di prospettive riguardo soprat-tutto all’avvenire di figli e figlie :tutti filoni dell’unico discorso cheè educativo.Per i genitori mettere al mondo deifigli è dare un significato profon-do alla loro unione nel vincolo del-l’autentico amore : e l’esperien-za è di straordinaria emozione edi incalcolabile tenerezza nel-l’immergere nella luce una nuo-va vita, che inizia la sua grandeavventura, davvero come una nuo-va stella del firmamento. Alla poe-sia del magico momento, subentrasubito la prosa, fatta di problemi,in questi tempi di crisi economi-ca, ancora più ardui, per soddi-sfare le innumerevoli esigenze deipiccoli; ed il percorso di fatiche esacrifici continua per molti anni,lungo le fasi della crescita – l’in-fanzia, la fanciullezza, l’adolescenza,la giovinezza – durante le qualiè indispensabile non solo il soste-gno materiale dei genitori, ma inparticolare la loro guida autore-vole ed amorevole che mette dav-vero a riparo dalle insidie e daglierrori irreparabili. Questo quadro“idilliaco” della famiglia, purtrop-po in contrasto con una diffusa epenosa realtà, ma pedagogicamentecorretto, permette di introdurre iltema del “sogno”, sia da parte deigenitori, sia da parte dei figli. Che c’è di male a sognare l’av-venire dei propri figli? Assolutamenteniente. Ed anzi è indice di un lega-me di grande profondità e di con-tinuità con il progetto di amore chene ha determinato la nascita. Però,come per tutte le cose belle delmondo, il problema sta sempre nellimite, oltre il quale non si può anda-re. L’educazione tende alla completa maturazio-ne della personalità dei figli e si può considerareconclusa, quando essi raggiungono l’autonomia,ossia la capacità di fare le consapevoli scelte del-la vita. I genitori possono sognare, magari proiet-tando i loro desideri nell’immagine adulta dei figli,ma questi devono decidere serenamente e libe-ramente. Ugualmente i figli, dissentendo magaridai “consigli”, più o meno insistenti dei genitori,possono sognare il loro futuro, ma, al momentodelle prime scelte, devono riflettere sulle effetti-ve possibilità di raggiungere i traguardi prefissa-

ti. L’ascolto dei genitori e la considerazione delleesperienze altrui servono a non compiere sbagli,per le conseguenze che comporterebbero, quan-to meno a rallentare la collocazione nel contestosociale. Fatta questa premessa, diventa comprensibilela necessità, per genitori e figli, di non prolunga-re i sogni oltre la soglia delle responsabilità cheimpone un chiaro progetto di vita.Il sogno di diven-tare una star è sicuramente diffuso tra adolescentie giovani ed in genere è legato, nell’epoca pre-sente, più che ad una sia pur vaga “vocazione”,ad un desiderio sfrenato di emergere in una posi-

zione di grande notorietà e di facile ricchezza, conuna infatuazione che attenua fino ad annullare lacapacità di analisi delle reali attitudini.I ragazzi aspirano, in genere, a diventare calcia-tori, emulando gli idoli del momento che, spesso,con scarsa cultura e senza capacità lavorativa, han-no tramutato quel sogno in realtà. Oppure hannol’ambizione di entrare nel mondo dello spettaco-lo, soprattutto della canzone, senza sufficienti com-petenze musicali e canore, solo perché ci sonofamosi cantautori, che hanno imposto la loro per-sonale musica, la loro voce ed anche le loro paro-

le, talvolta molto lontane dagli apprendimenti sco-lastici. Le ragazze aspirano innanzitutto a diventare “miss”,nel lungo percorso che va dal paese, con tanti pas-saggi intermedi, fino al luogo dove annualmenteviene proclamata “Miss Italia”, regina di sicuro suc-cesso, almeno per un po’. Contemporaneamente,numerose ragazze ambiscono ad entrare nel mon-do dello spettacolo, dove esistono per loro varieopportunità, a cominciare dalle “veline”, che a dif-ferenza delle “vallette” del passato, parlano di menoe vestono più succintamente.

In relazione a tanti aspiranti, sonopochissime le stelle che salgono alfirmamento. E sicuramente, la piùgran parte di tali ragazzi e ragaz-ze, svanito il sogno, torneranno adinserirsi in una vita normale; dob-biamo augurarci che abbiano fortunaa trovare un lavoro ed a formarsi unafamiglia. Se il fenomeno fosse soloadolescenziale e giovanile, rientrerebbenel novero delle esperienze che pre-cedono la maturazione e quindi nonne risulterebbe compromesso il pro-cesso educativo, nonostante i pos-sibili sbandamenti. Purtroppo il sogno di diventare starcoinvolge, con modalità quasi iden-tiche, anche il mondo dell’infanziae della fanciullezza: l’unica differenzaè che i genitori manovrano intera-mente i fili ed i loro piccoli figli sonosemplici burattini. Già perché nonstiamo parlando dello “Zecchino d’o-ro”, tradizionale gara canora orga-nizzata proprio per loro, con testi appro-priati, dall’Antoniano di Bologna, madi spettacoli televisivi, anche di pri-ma serata, dove ragazzini e ragaz-zine cantano le più celebri canzo-ni , quelle che hanno imparato dailoro genitori, i quali hanno proiettatoin loro il sogno di diventare cantanti,e le parole sono quelle della tormentataepoca in cui viviamo, con significatie problemi che certamente sono piùgrandi di loro. Si obietterà che, comunque, già leconoscevano, prima dell’esibizionetelevisiva, da considerarsi alla stre-gua di un passatempo e di un gio-co. Ma gioco di chi? Propriamentedei genitori e del pubblico che assi-ste divertito, non certo di chi scim-miotta intonazioni e gesti degliadulti. L’immaturità dei genitori che

fanno esibire in tal modo i loro figli è più che evi-dente, il che significa che non svolgono la loro azio-ne educativa; pensano al loro egoistico tornacontoe non si preoccupano delle ripercussioni che l’e-sperienza fuorviante potrà determinare nei futu-ri comportamenti dei loro figli, spinti ad atteggiarsida adulti ed immersi in suggestioni alienanti. Conciò non si vuole minimamente intaccare la posi-tività del teatro e dello spettacolo che, in ambitoscolastico od in altro contesto educativo, svolgo-no un’utile funzione, senza che prevalgano l’esi-bizione e l’imitazione adultistica.

“L’anima dell’uomo è fatta per cantare”

CCosì si è espresso mons. Marco Frisina (nel-la foto accanto) nel Convegno diocesanosulla musica per la liturgia tenuto a Segni

il 27 gennaio u.s. I numerosi rappresentanti dei coriparrocchiali intervenuti hanno avuto modo di riflet-tere sulla dignità e l’importanza del ruolo che sonochiamati a svolgere nel cuore delle loro comunità.Il magistero della chiesa ci insegna che la liturgiaè, al tempo stesso, punto di arrivo e di partenza,momento fondamentale di incontro e di dialogo traDio e la vita dei singoli e delle comunità. In questoambito si colloca la funzione del coro parrocchiale che non è un di più,un orpello, un accessorio da utilizzare solo in occasioni particolari: quel-lo del coro è un ministero insito nell’essenza stessa dell’azione liturgi-ca. Prima della tecnica viene l’essenzadel servizio, il coro è scuola di vita,non ricerca di protagonismo ed ori-ginalità, ma strumento che porta allamaturazione spirituale del popolo diDio, il canto nella liturgia è, per usa-re le parole della CostituzioneSacrosanctum Concilium “gloria diDio e santificazione dei fedeli”. Non può essere pertanto lasciato néin balia dell’improvvisazione né all’i-

niziativa di singoli, richiede rispetto, norme e compe-tenze a cui riferirsi. Il coro guida, sorregge, accompa-gna l’assemblea nel dialogo con il proprio Dio, ricono-scendo i diversi ruoli: assemblea, salmista, ministro etc.,ognuno con un proprio compito che non può essere omes-so o demandato ad altri. Da tale dignità deriva il contegno che tutti i membri diun coro parrocchiale dovrebbero avere: una forte con-sapevolezza del proprio ruolo, un sentimento di gran-de rispetto per il compito da svolgere, una predisposi-zione all’ascolto e allo stupore verso il mistero della via,un atteggiamento orante. La parte tecnica e formativarichiesta al coro, soprattutto a chi di esso è responsa-bile, scaturisce dunque come necessaria conseguen-za per adempiere sempre meglio al ministero che nelcanto esprime l’amore per un Dio che si è incarnato e

che è vicino ad ogni uomo, in ogni situazione. Il Convegno si è concluso nella Concattedrale S. Maria Assunta conil canto solenne dei Vespri, presieduti da Mons. Apicella. Una bella espe-

rienza per tutti i convenuti, unmomento formativo sentito e parte-cipato, vissuto in un clima di sim-patia, serenità e familiarità, grazie alladisponibilità, alla passione, alla com-petenza di Mons. Frisina che hasaputo trasmettere con la sapienzadelle sue parole concetti fondamentalicui far riferimento nello svolgimen-to del servizio a cui il coro liturgicoè chiamato.

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mons. Franco Fagiolo*

AAcorredo del convegnosulla Musica per la Liturgiacon la partecipazione di Mons. Marco

Frisina, penso che sia cosa gradita riportare quan-to è stato proposto nella preghiera iniziale comeascolto e suggerimento per introdurre i lavori sultema del Convegno: “Il Coro Liturgico Parrocchialeè un vero e proprio ministero”. Il tutto diventaun programma da realizzare nelle nostre comu-nità. All’inizio, è stato letto un brano tratto dalChirografo di Giovanni Paolo II per il centena-rio del motu proprio “Inter sollecitudines” sullamusica sacra di Pio X. Lo riporto testualmen-te: “ I romani pontefici hanno sottolineato coninsistenza il compito ministeriale della musicasacra nel servizio divino. L’aspetto musicale delle celebrazioni liturgichenon può essere lasciato né all’improvvisazione,né all’arbitrio dei singoli, ma deve essere affi-dato ad una bene concertata direzionenel rispetto delle norme e delle com-petenze, quale significativo frutto diuna adeguata formazione liturgica. Coloroche svolgono il servizio della musi-ca sacra dedicandosi con rinnovatoslancio ad un settore di così vitale rilie-vo, contribuiranno alla maturazionedella vita spirituale del popolo di Dio. Si potrà così raggiungere quello chela Costituzione Sacrosanctum Conciliumqualifica come «vero fine della musi-ca sacra», cioè la gloria di Dio e lasantif icazione dei fedeli”.

Successivamente, come in una piccola antolo-gia, sono state riportate alcune affermazioni didiversi autori, che nell’arco della storia hannodato importanti suggerimenti, fondamentali nonsolo per valorizzare sempre di più il canto nel-le celebrazioni, ma anche per avere stimoli sem-pre più forti per crescere nella fede e nella testi-monianza della vita cristiana.Il canto corale, e soprattutto il canto corale litur-gico, è una meravigliosa scuola di vita in socie-tà e di sviluppo umano, personale e sociale nel-lo stesso tempo. Dare il meglio di sé accettan-do di non essere notato, suppone già un cam-mino interiore importante (M. Veuthey)Se il popo-lo di Dio non canta, perde la fede; se perde lafede, lascia la Chiesa (Paolo VI).Non c’è niente di più bello e di più solenne diun’assemblea in cui, tutti insieme, si esprime nel

canto la propria fede e la propria lode (Musicamsacram). Consideriamo quale debba essere il nostro atteg-giamento alla presenza di Dio, e quando can-tiamo i salmi mettiamo in sintonia il nostro cuo-re con la nostra voce (Regola di S. Benedetto).Canta con arte chi è attento così al testo comeil gusto è attento al sapore (Regola monasticaorientale basiliana).Loderò il Signore per tutta la mia vita: perciò sfòr-zati di fare della tua vita un canto che non tac-cia mai. Se tu canti solo con la voce, prima opoi tacerai e ci sarà silenzio. Se invece è la tuavita che canta, finché vivrai canterai (S.Agostino). Cantate al Signore un canto nuovo:bada che la tua vita non abbia a testimoniarecontro la tua voce. Cantate con la voce, can-tate con il cuore; cantate con la bocca, canta-

te con la vostra condottasanta (S. Agostino).Dobbiamo far tesoro di que-ste perle di saggezza! Perché non pubblicizzarle e ren-derle oggetto di riflessione eimpegno per tutti coloro chesi occupano del Canto e del-la Musica per la Liturgia?

*Responsabile Diocesano del Canto per la Liturgia

Un’opera di Caterina Ginnasi al Museo diocesano di Velletri

Antonio Iommelli

NNegli anni Settanta viene esposta per la prima volta nel salonedell’appartamento vescovile di Velletri una tela di autore ignotorappresentante san Biagio e sant’Agostino. Poche sono le

notizie circa la paternità dell’opera e nulla si sa nè sulla sua committenzanè sulla sua provenienza. Dal catalogo del Museo diocesano l’operaviene datata all’ultimo quarto del XVII secolo per una commistione distili e di influenze che caratterizzano l’ambito pittorico romano di quelperiodo. L’iconografia dei soggetti è molto “particolare”. L’abbinamento, infatti, dei due santi è decisamente molto raro. Sullasinistra si riconosce senza dubbio san Biagio (ai suoi piedi appare ilpettine da cardatura della lana, strumento utilizzato per il suo supplizio)mentre sulla destra, in piedi, probabilmente sant’Agostino (questa voltagli attributi, l’abito episcopale edil libro, sono alquanto generici).A completare l’ensamble un angelonell’atto di donare una coronae la palma del martirio alvescovo di Sebaste ed unragazzo inginocchiato che meditasul gesto del santo d’Ippona. Il tutto convive entro uno sfondoarchitettonico di forte connotazioneclassicheggiante.Ma da alcuni confronti siatecnici che stilistici nonchèstoriografici l’opera potrebbeessere ascritta nel catalogo diuna pittrice del Seicento, già attivanella cittadina veliterna. Caterina Ginnasi, infatti, discendenteda un’illustre famiglia romagnola,si occupò dell’intera decorazione,con tele ed affreschi dellacappella Ginnasi (o dei SantiProtettori) fatta edificare dallo zio,il cardinale Domenico, all’internodella cattedrale di Velletri, nel 1632. Sempre in quegli anni, secondoil Passeri, biografo dell’artista,la pittrice eseguì una palad’altare con un san Biagio nelquale avrebbe riprodotto lesembianze dello zio, ordinato dapoco vescovo della diocesisuburbicaria di Ostia e di Velletri;la tela, realizzata per ornare lacappella della chiesa di santa Luciaalle Botteghe Oscure, era dimodeste dimensioni dovendodecorarne l’altare (giustificandocon ciò le dimensioni dell’operadel museo diocesano). Purtroppo,però, del quadro romano non sihanno immagini ma si sa che si trovava in situ fino alla distruzione dellachiesa, avvenuta negli anni Trenta per una serie di ampliamenti cheinteressarono molte zone della città di Roma. Inoltre, da un confrontodell’opera di Velletri con un busto marmoreo che ritrae il cardinale Ginnasi,

attribuito allo scultore Gian Lorenzo Bernini (Roma, Galleria Borghese)si evidenziano gli stessi tratti somatici che, secondo alcune testimonianzedell’epoca, infatti, sarebbero stati ripetuti dalla pittrice nel quadro stesso.E la presenza, poi, nella tela di sant’Agostino potrebbe essere giustificatadalla nomina del prelato a vescovo della città di Ostia, di cui il santone è il protettore. Unico dato a nostro sfavore è la descrizione che ilPasseri ci dà del quadro romano, in modo alquanto sommario parlandocidi un fanciullo (il ragazzo inginocchiato?) e di alcune donne guarite dasan Biagio che però sarebbe l’unico elemento “scomparso” se la telaromana fosse proprio questa presumibilmente ritrovata a Velletri. Cosa potrebbe essere successo? Una ridipintura? Oppure un“pentimento”? O semplicemente uno dei tanti casi in cui questi testimonidescrivono le opere solo per “sentito dire”? Bisogna anche dire, chesempre secondo il suo biografo, molte delle opere della Ginnasi nasconoda uno studio attento dei disegni del suo maestro, il pittore parmenseGiovanni Lanfranco, e in alcuni casi da interventi diretti e dalle molteplici“correzioni” che l’artista suggeriva alla sua allieva. Che queste donnesiano state “cancellate” dalla pittrice dietro suo suggerimento?

Tuttora poche sono le opere alei sicuramente attribuite ed èper questo che, inoltre, è difficilefocalizzare il suo modus pingendi.Tuttavia proprio nelle ingenuitàpresenti in questa composizione,soprattutto nei volti dei personaggi,si può, forse, riconoscere lo stiledella Ginnasi, cui si aggiungela ricchezza cromatica echiaroscurale di evidenteascendenza lanfranchiana(nell’angelo in alto a destra) edi rimandi guercineschi (vedi ilvolto di sant’Agostino); lamateria pittorica, purtoppo, èalquanto annerita dal tempo.Tra l’altro, il nome di CaterinaGinnasi si ritrova in altreiniziative veliterne, comenell’istituzione della Confraternitadi S. Maria di Costantinopoli detta del Suffragio, insediata dallozio cardinale nella cappella difamiglia e nell’antico Monte dipietà che venne ribattezzato Sacro Monte di Pietà Ginnasi,di cui lo statuto fu redattodalla pittrice stessa. Infine, in un inventario dei benidella pittrice vengono menzionatialcuni quadri, conservati nellagalleria del palazzo romano alleBotteghe Oscure tra cui unoraffigurante una Madonna coni quattro santi protettori diVelletri, definito “grande”,probabilmente una copia dellapala per la cattedrale della cittadina, a quell’epoca già in loco.Anche quest’ultima tela non è

stata più rintracciata per i rifacimenti dell’intera decorazione della cappelladove l’opera era custodita per incarico del cardinale Pacca nel 1832,il quale, non trovandola di suo gradimento, ne ordina la sostituzione.Il quadro quindi venne rimosso e tuttora non si conosce l’ubicazione.