Febbraio 2020 2 Testimoni - Dehoniane · 2020-01-30 · Curia e visione sul mondo Se il discorso...

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Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna” PAPA FRANCESCO Curia e visione sul mondo Se il discorso alla curia (21 dicembre 2019) annuncia l’imminente costituzione apostolica sulla sua riforma, quello ai diplomatici (7 gennaio 2020) allarga lo sguardo sul ruolo delle fedi nei meandri dei cambiamenti mondiali. Nell’uno e nell’altro, Francesco dà prova di grande visione. I l 2020 sarà l’anno della riforma della curia romana. Il via libera del con- siglio dei cardinali in dicembre 2019 lo prefigura. A sette anni dall’ele- zione di Francesco al soglio di Pietro si completerà la faticosa ristruttu- razione dell’apparato vaticano. La costituzione apostolica Praedicate Evan- gelium è ormai pronta. In questi anni di preparazione non sono mancate le critiche e le lagnanze ai passi della riforma curiale, ma non si può igno- rare l’urgenza di una riforma da tutti condivisa e la qualità dei riferimenti a cui risponde: a) la necessità che la riforma abbia anzitutto una qualità spirituale e morale oltre che strutturale; b) la priorità dell’urgenza dell’an- nuncio evangelico su quella del controllo delle Chiese; c) un riequilibrio delle responsabilità fra curia romana e conferenze episcopali; d) la sino- dalità come stile di governo e di vita ecclesiale; e) una struttura capace di MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA IN QUESTO NUMERO 5 MONACHESIMO Nuovo documento sulla formazione delle contemplative 9 7 8 8 8 1 0 0 5 1 4 3 6 7 VITA DELLA CHIESA Intervista al card. Coccopalmerio sul primato petrino 13 PROFILI E TESTIMONI Maria Grazia Mara sr. Angela ad Auschwitz 15 VITA CONSACRATA Intervista a p. Manuel Correia missionario comboniano 19 VITA DELLA CHIESA A 100 anni dalla nascita di Chiara Lubich 22 FORMAZIONE Una formazione che formi il cuore 26 QUESTIONI SOCIALI Le ragioni dei Sovranisti dell’Est 30 VITA DELLA CHIESA Vita consacrata e parrocchie 33 PASTORALE I linguaggi delle nuove generazioni 36 BREVI DAL MONDO 38 VOCE DELLO SPIRITO Il sale e la luce 39 SPECIALE La teologia del carisma dopo il Vaticano II 45 NOVITÀ LIBRARIE Liberarsi dalle false immagini di Dio Testimoni Febbraio 2020 2

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Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna”

PAPA FRANCESCO

Curia evisione sul mondoSe il discorso alla curia (21 dicembre 2019) annuncia

l’imminente costituzione apostolica sulla sua riforma,quello ai diplomatici (7 gennaio 2020) allarga lo

sguardo sul ruolo delle fedi nei meandri deicambiamenti mondiali. Nell’uno e nell’altro,

Francesco dà prova di grande visione.

Il 2020 sarà l’anno della riforma della curia romana. Il via libera del con-siglio dei cardinali in dicembre 2019 lo prefigura. A sette anni dall’ele-zione di Francesco al soglio di Pietro si completerà la faticosa ristruttu-

razione dell’apparato vaticano. La costituzione apostolica Praedicate Evan-gelium è ormai pronta. In questi anni di preparazione non sono mancatele critiche e le lagnanze ai passi della riforma curiale, ma non si può igno-rare l’urgenza di una riforma da tutti condivisa e la qualità dei riferimentia cui risponde: a) la necessità che la riforma abbia anzitutto una qualitàspirituale e morale oltre che strutturale; b) la priorità dell’urgenza dell’an-nuncio evangelico su quella del controllo delle Chiese; c) un riequilibriodelle responsabilità fra curia romana e conferenze episcopali; d) la sino-dalità come stile di governo e di vita ecclesiale; e) una struttura capace di

MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

IN QUESTO NUMERO5 MONACHESIMO

Nuovo documento sulla formazione delle contemplative

9 788810 051436

7 VITA DELLA CHIESAIntervista al card. Coccopalmeriosul primato petrino

13 PROFILI E TESTIMONIMaria Grazia Mara sr. Angela ad Auschwitz

15 VITA CONSACRATAIntervista a p. Manuel Correiamissionario comboniano

19 VITA DELLA CHIESA A 100 anni dalla nascita di Chiara Lubich

22 FORMAZIONEUna formazione che formi il cuore

26 QUESTIONI SOCIALILe ragioni dei Sovranisti dell’Est

30 VITA DELLA CHIESAVita consacrata e parrocchie

33 PASTORALEI linguaggi delle nuove generazioni

36 BREVI DAL MONDO

38 VOCE DELLO SPIRITOIl sale e la luce

39 SPECIALELa teologia del carisma dopo il Vaticano II

45 NOVITÀ LIBRARIE Liberarsidalle false immagini di Dio

TestimoniFebbraio 2020 2

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rispondere ai cambiamenti deitempi e alla dislocazione a Sud del-la maggioranza dei cattolici. Tuttielementi assai lucidamente presen-ti nella prima parte del documentoche comprende un «prologo» e i«criteri e principi» (decentramento,ruolo dei laici, la dimensione di ser-vizio ai vescovi oltre che al pontefi-ce, comunicazione interna).

Sette discorsiAi tratti ispirativi si rifanno i set-

te discorsi alla curia in occasionedegli auguri di Natale. Dopo l’an-nuncio della riforma curiale (13aprile 2013) il primo discorso verte-va sulla professionalità dei curiali.Nel 2014-2015 si affrontano le tenta-zioni e le virtù che interessano la

curia, ma che si possono estenderealle comunità cristiane. Quindici letentazioni e dodici le virtù. Nel 2016il discorso ruotava attorno ai criteridella riforma: dalla conversionepersonale a quella pastorale, dallapriorità dell’evangelizzazione allarazionalizzazione della curia con icaratteri della funzionalità, aggior-namento, sobrietà, sussidiarietà, si-nodalità, cattolicità, professionalitàe gradualità. All’elenco dei criteriseguiva il riferimento alle 19 deci-sioni che segnano il procedere dellariforma: dalle disposizioni relativeal comparto economico e finanzia-rio alla creazione della Segreteria edel Consiglio dell’economia, dallaCommissione per la tutela dei mi-nori alla Segreteria della comunica-zione, dalla riforma del processo ca-nonico all’erezione dei dicasteri peri laici e lo sviluppo umano integra-le. Nel 2017 l’attenzione andava al-l’attività esterna della curia «ossiail rapporto della curia con le nazio-ni, con le Chiese particolari, con leChiese orientali, con il dialogo ecu-menico, con l’ebraismo, con l’islame le altre religioni». Nel 2018 il di-scorso è volto soprattutto a denun-ciare gli abusi di potere, di coscien-za e sessuali in previsione della riu-nione dei presidenti delle conferen-ze episcopali che si sarebbe svoltanel febbraio 2019. «Sia chiaro chedinanzi a questi abomini la Chiesanon si risparmierà nel compieretutto il necessario per consegnarealla giustizia chiunque abbia com-messo tali delitti. La Chiesa non cer-cherà mai di insabbiare o sottovalu-tare nessun caso».

Un ritardo intollerabileTorna direttamente sul tema del-

la riforma della curia il discorso del21 dicembre 2019. «Nell’incontroodierno vorrei soffermarmi su alcu-ni altri dicasteri (oltre a quelli giàaccennati nei discorsi precedentindr.) partendo dal cuore della rifor-ma ossia dal primo e più importan-te compito della Chiesa: l’evangeliz-zazione». La Congregazione per ladottrina della fede e quella perl’evangelizzazione dei popoli hannodirettamente a che fare con l’urgen-za dell’annuncio del Vangelo. In un

tempo ormai di post-cristianità(«Non siamo più in regime di cri-stianità»), davanti alla progressivasecolarizzazione della società e ri-spetto a fenomeni come l’espansio-ne ormai prevalente del sistema ur-bano dobbiamo «trovare mezzi ade-guati per riproporre la perenne ve-rità del vangelo di Cristo». In uncontesto in cui «non siamo più gliunici che producono cultura, né iprimi, né i più ascoltati». Il dicasterodella comunicazione, l’impresa piùcomplessa della riforma perché haunificato nove enti che si occupava-no di informazione, deve risponde-re a una cultura ampiamente digi-talizzata «che ha impatti profondis-simi sulla nozione di tempo e dispazio, sulla percezione di sé, deglialtri e del mondo, sul modo di co-municare, di apprendere, di infor-marsi, di entrare in relazione con glialtri». Il dicastero per il servizio del-lo sviluppo umano integrale è isti-tuito per «promuovere lo sviluppointegrale dell’uomo alla luce delVangelo. Tale sviluppo si attua me-diante la cura per i beni incommen-surabili della giustizia, della pace edella salvaguardia del creato». Sen-za fretta, senza rigidità e mettendoin conto qualche errore, la riformavorrebbe rispondere all’accorata af-fermazione del compianto card.Martini: «La Chiesa è rimasta indie-tro di duecento anni. Come mai nonsi scuote? Abbiamo paura? Paurainvece di coraggio?».

Quarta revisioneDalla fondazione della nuova cu-

ria nel 1588 soltanto tre ponteficihanno avuto il coraggio di ristrut-turare il suo apparato: Pio X nel1908, dopo il concilio Vaticano I e laperdita dello Stato pontificio e Pao-lo VI nel 1967 dopo il Concilio Vati-cano II. Giovanni Paolo II nella co-stituzione Pastor bonus si limitò adalcuni miglioramenti minori. Quel-la avviata da Francesco è quindi laquarta riforma curiale. Le 9 Congre-gazioni e i 12 Consigli pontifici si ri-durranno a 15 dicasteri, tutti giuri-dicamente uguali. Il termine “se-greteria” è riservato alla segreteriadi Stato. Dopo di essa si snodano ivari dicasteri. Quello per l’evange-

Febbraio 2020 – anno XLIII (74)DIRETTORE RESPONSABILE: p. Lorenzo PrezziCO-DIRETTORE: p. Antonio Dall’OstoREDAZIONE:p. Enzo Brena, p. Marcello Matté,sr. Anna Maria Gellini, sr. Elsa Antoniazzi,Mario ChiaroDIREZIONE E REDAZIONE:Centro Editoriale Dehonianovia Scipione Dal Ferro, 4 – 40138 BolognaTel. 051 3941511 – Fax 051 3941399e-mail: [email protected]:Tel. 051 3941255 – Fax 051 3941299 –www.dehoniane.ite-mail: [email protected] la pubblicità sulla rivista contattareUfficio commerciale CED – EDBe-mail: [email protected]. 051 3941206 – Fax 051 3941299Quota abbonamento 2020:Italia .................................................. € 42,00Europa .............................................. € 65,50Resto del mondo ............................ € 73,00Una copia .......................................... € 5,00On-line .............................................. € 33,00c.c.p. 264408 oppure bonifico bancario suIBAN IT90A0200802485000001655997intestato a: Centro Editoriale DehonianoStampa: - FerraraReg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. – Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

associatoall’unione stampa periodica italiana

L’editore è a disposizione degli aventi diritto chenon è stato possibile contattare, nonché pereventuali e involontarie inesattezze e/o omis-sioni nella citazione delle fonti iconografiche ri-prodotte nella rivista.

Questo numero è stato consegnato alle posteil 4-2-2020

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lizzazione sarà diviso in due sezioni:una per i problemi fondamentali ri-guardanti l’evangelizzazione nelmondo di oggi, la seconda col com-pito di offrire accompagnamento esostegno alle nuove Chiese localiche non rientrano nella competen-za del dicastero per le Chiese orien-tali. Il dicastero per la dottrina dellafede perde rilievo (non sarà più in-dicata come “suprema”) ma allargai suoi compiti: non solo per il con-trollo dell’ortodossia, ma anche co-me stimolo alla ricerca teologica.Segue il dicastero della carità cheeredita la tradizione della elemosi-neria apostolica, ora elevata allostato di dicastero, guidato quindi daun prefetto. Il dicastero per il cultodivino e la disciplina dei sacramen-ti si dedicherà anzitutto alla promo-zione della sacra liturgica secondol’insegnamento del Vaticano II,chiamato a “confermare” (non agiudicare) le traduzioni legittima-mente preparate dalle conferenzeepiscopali. Nel dicastero per i laici,la famiglia e la vita si dovrà perce-pire il nuovo ruolo dei laici e delledonne nella vita ecclesiale, a con-fronto con le recenti problematichefamiliari. Il dicastero per lo svilup-po umano integrale dovrà appuntosostenere «i beni incommensurabi-li della giustizia, della pace e dellasalvaguardia del creato». Trasversa-li a tutti i dicasteri saranno l’atten-zione e i ruoli dei laici, il rapportonon solo per il papa ma anche coivescovi, la particolare attenzione al-le conferenze episcopali. Il persona-le di curia (ora circa 2.500 persone)dovrà considerarsi al servizio delpapa e, allo stesso tempo, dei vesco-vi. Gli ufficiali dovranno avere alleproprie spalle almeno quattro annidi esperienza nel servizio pastorale.

Il mondo dopol’egemonia atlantica

La riforma interna del cuore ge-stionale del cattolicesimo va di paripasso con una nuova presenza dellafede e delle fedi nel panorama geo-politico. Se il discorso di papa Fran-cesco al corpo diplomatico del 2018privilegiava la memoria della Cartadei diritti fondamentali dell’uomoe quello del 2019 invitava a ripren-

derla via del dialogo di-plomatico (multilaterali-smo) rispetto alla logicadella forza, quello di que-st’anno (9 gennaio 2020)è strutturato attorno aiviaggi apostolici. Una re-te narrativa (Panama;Emirati Arabi; Marocco;Bulgaria – Macedonia;Romania; Mozambico –Madagascar- Maurizio;Thailandia – Giappone)che permette di rilevare ipunti critici e prospetticidella vita internazionale.

A partire da eventi ec-clesiali che incrociano ealimentano la dimensio-ne politica e istituziona-le. È il caso del «patto educativo glo-bale» (il prossimo maggio) e il docu-mento sulla fratellanza umana, sot-toscritto ad Abu Dhabi (4 febbraio2019). L’incontro coi giovani a Pana-ma in occasione della giornatamondiale della gioventù apre laconsiderazione del ruolo pubblicodelle nuove generazioni e di una al-leanza educativa fra istituzioni, per-sonalità mondiali e correnti di pen-siero «per superare frammentazio-ni e contrapposizioni e ricostruire iltessuto di relazioni per un’umanitàpiù fraterna». Un processo che uni-fichi esperienze di vita e apprendi-mento per una rinnovata solidarie-tà intergenerazionale.

Il caso “politico” è quello dellasensibilità ecologica. I giovani ci im-pongono «di proteggere la nostracasa comune», sia davanti ai falli-menti (Conferenza sul cambiamen-to climatico, Madrid 2-13 dicembre2019) sia alla rinnovata coscienza diuna conversione ecologica (sinodosull’Amazzonia, Roma 6-27 ottobre2019). Il documento di Abu Dhabicostituisce una denuncia del fonda-mentalismo religioso e sviluppa iltema della cittadinanza che nei ter-ritori islamici è ancora fragile. Inparticolare là dove si utilizza in for-ma discriminatoria il riferimentoalle minoranze come popolazioni ogruppi religiosi che non hanno ipieni diritti civili. Connesso a que-sto la conferma, attraverso l’appellocongiunto con il re del Marocco,Mohammed VI, in cui si ripete la

vocazione di Gerusalemme ad esse-re una (non divisa) e sacra alle reli-gioni monoteiste.

Conflitti congelatie aperti

Proseguendo nella ricognizionedei viaggi si colgono i punti criticinei vari contesti mondiali. Anzitut-to il moltiplicarsi di «crisi politichein un crescente numero di paesi delcontinente americano, con tensionie insolite forme di violenza cheacuirono conflitti sociali e genera-no gravi conseguenze socio-econo-miche e umanitarie». Il riferimentoobbligato è il Venezuela. Altri foco-lai pericolosi sono la Siria, lo Yemene la Libia. Nell’ambito dei territoricaucasici e balcanici si indicano i«conflitti congelati» che attendonosoluzione, a partire dalla Georgia.Anche l’Ucraina attende la pacenelle sue aree orientali. Segni disperanza nel contesto africano: dalMozambico al Madagascar, daMauritius alla Repubblica Centroa-fricana. Senza ignorare le violenzefondamentaliste in Burkina Faso,Mali, Niger e Nigeria. Il papa espri-me la speranza di un viaggio in SudSudan assieme all’arcivescovo diCanterbury, Justin Welby, e al mo-deratore presbiteriano scozzese,John Chalmers.

Non espressamente indicati igrandi poteri. Per gli USA vi è uncenno all’attuale tensione conl’Iran, mentre si tace della Russia

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AT T UA L I TÀ

(potenza militare ma non economi-ca) e alla Cina. Emergono per con-trasto i riferimenti a due protagoni-sti oggi in difficoltà: da un lato l’Eu-ropa e dall’altro l’ONU. Come a sot-tolineare il ruolo delle istituzioniche non rinunciano al multilatera-lismo e alle ragioni del dialogo.

Le potenze e iprotagonisti multilaterali

L’Europa è onorata in ragionedell’azione del Consiglio d’Europasui diritti umani e dell’OSCE (Orga-nizzazione per la sicurezza e la coo-perazione in Europa) che è stata im-portante per superare senza guerre

la divisione del continente europeo.Ma più in generale si sottolineal’importanza del progetto europeo.Esso «continua ad essere una fon-damentale garanzia di sviluppo perchi ne fa parte da tempo e una op-portunità di pace, dopo turbolenticonflitti e lacerazioni, per quei pae-si che ambiscono a parteciparvi.L’Europa non perda dunque il sensodi solidarietà che per secoli l’hacontraddistinta, anche nei momen-ti più difficili della sua storia. Nonperda quello spirito che affonda lesue radici, tra l’altro, nella pietas ro-mana e nella caritas cristiana».

L’ONU festeggerà il 75mo di fon-dazione. Le sue finalità rimangono

ancora valide. Tre le sottolineaturespecifiche. Anzitutto l’uguale digni-tà degli Stati e la sollecitazione anon annullare con i “nuovi diritti”quelli riconosciuti dalla Carta del1948 e a non nascondere in formu-lazioni fumose (come i “diritti ripro-duttivi”) orientamenti estranei al-l’ethos di molti popoli. «In tale con-testo appare urgente riprendere ilpercorso verso una complessiva ri-forma del sistema multilaterale, apartire dal sistema onusiano, che lorenda più efficace, tenendo in debi-ta considerazione l’attuale contestogeo-politico».

LORENZO PREZZI

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Sorella universaleUn elemento della nostra missione è la mia capacità di fare fraternità, di essere cioè “sorella universale”.Sorella delle mie consorelle e sorella di quanti incontro ogni giorno, grazie alla mia accoglienza edisponibilità. Lo so che non mi è facile, dato il mio carattere più direttivo che comprensivo… Ma diquesto elemento se ne parla tanto da rischiare di dire cose risapute e quindi ascoltate con distratta escarsa attenzione.È meglio passare all’altro elemento fondamentale, costituito dalla missione specifica della nostraCongregazione. E qui le cose sono chiare sulle carte e meno nella pratica. In questi decenni, sotto lapressione dei cambiamenti in corso nella società e nella Chiesa, ci sono stati “ridimensionamenti” diopere, “fedeltà creative” del carisma, apertura alla collaborazione con i laici, che poi è diventatacorresponsabilità, diminuzione della nostra presenza… tutte cose che hanno cambiato l’habitat dellanostra missione, nella quale abbiamo avuto difficoltà a trovare un nostro posto, nonostante ladisponibilità al cambiamento e alla generosità delle nostre sorelle. Ma alla base della nostra missione specifica, anzi di tutta la nostra missione, ci sta il carisma dellaFondatrice, anzi il migliore e il più fondamentale di tutti i carismi, che è la carità. La quale è paziente,pronta ad adattarsi a tutte le situazioni, pronta a cercare il bene del prossimo con le forze che ci sono ein tutti gli ambienti che ci restano o che si aprono. La nostra missione specifica, che va continuamente aggiornata sui bisogni del prossimo e sulle nostredisponibilità, sarà sempre viva ed efficace fino a quando sarà mossa e sorretta dalla carità, che nonverrà mai meno, perché è la carta di identità del cristiano e, in modo tutto speciale dell’Ancella dellacarità.Le opere passano, ma la carità resta. I grandi numeri vanno e vengono ma sono degli zero se non hannodavanti la carità.La carità è il fondamento della missione: per amore-carità Gesù ha abbracciato la sua missione disalvezza, per amore-carità la Fondatrice ha iniziato e portato avanti la missione affidata, per amore-carità noi portiamo avanti la nostra missione nei luoghi e nelle modalità richieste.Per amore-carità verso le mie Sorelle, io suor Giacomina è meglio che faccia il mio esame di coscienza elasci in pace le povere lettrici. Ma anche le corrobori con le parole già citate di Vita Consecrata. “Le persone consacrate rendono visibilenella loro consacrazione e totale dedizione la presenza amorevole e salvifica di Cristo, il consacrato delPadre, inviato in missione. Esse, lasciandosi conquistare da lui, si dispongono a diventare, in un certosenso, un prolungamento della sua umanità” (VC 76).

PIERGIORDANO CABRA

F R A G M E N TA

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«L’arte della ricerca del vol-to di Dio» è il nuovo do-cumento sulla forma-

zione delle contemplative che è sta-to presentato il 21 novembre a Ro-ma, presso la Pontificia UniversitàLateranense, proprio nella GiornataPro Orantibus in cui la Chiesa in tut-to il mondo celebra il dono di que-sta forma di vita consacrata. Perquesta speciale occasione, le con-templative hanno ricevuto da papaFrancesco il permesso di uscire dal-la clausura per partecipare al Con-vegno, un tempo di riflessione econdivisione.

«L’arte della ricerca del volto diDio» è la prima Ratio per la vitacontemplativa femminile, elabora-ta dalla Congregazione per gli Isti-tuti di Vita consacrata e le Societàdi vita apostolica, cui hanno colla-borato anche diverse monache. È undocumento attuativo delle indica-zioni fornite dalla CostituzioneApostolica di papa Francesco Vul-tum Dei quaerere e dall’Istruzioneapplicativa Cor orans, della CIVC-SVA. La Ratio presenta i principi del-la formazione, è uno strumento cheaiuta - a livello personale e comuni-tario - a maturare uno «sviluppo in-tegrale della persona» e, attraversouna formazione umana e spiritua-le, a raggiungere la piena maturitàin Cristo. «La dinamica della ricerca- si legge nella Costituzione aposto-lica Vultum Dei quaerere -, attestache nessuno basta a se stesso e im-pone di incamminarsi, alla luce del-la fede, per un esodo dal proprio ioautocentrato, attratti dal Volto delDio santo e insieme dalla “terra sa-cra che è l’altro”, per sperimentareuna più profonda comunione».

Forma anticae sempre nuova

Si accendono i riflettori su unaforma di vita antica e sempre nuo-va, che non smette di affascinare eattrarre le giovani, una vita nasco-sta agli occhi del mondo ma che, nelmomento in cui si rivela, manifestatutta la sua ricchezza. Le 350 mona-che convenute a Roma da circa 150monasteri d’Italia, ma anche da Eri-trea, Albania, Romania, sono stateaccolte dalle parole di benvenuto disr. Giuseppina Fragasso, ASC, vice-direttrice del Segretariato Assisten-za Monache: «A tutti coloro che vi-vono la propria esistenza “total-mente orientati alla ricerca del suoVolto, desiderosi di trovare e con-templare Dio nel cuore del mondo”(cf. Vultum Dei quaerere, 2)”, giungala nostra gratitudine per la loro vo-cazione e missione di “sentinelledel mattino che annunciano il sor-gere del sole”. Alla loro preghiera eintercessione, ancora una volta, af-fidiamo il mondo, la Chiesa, il SantoPadre, i poveri, i consacrati e le con-sacrate, ogni donna e ogni uomo».

Sono presenti anche i superiori ei membri del Dicastero per la vita

consacrata. «Noi del Dica-stero - dice il cardinale JoãoBraz de Aviz, Prefetto dellaCIVCSVA, rivolgendosi aiconvenuti – siamo partico-larmente contenti che que-sto evento cresca con la vo-stra presenza», è un’occasio-ne di camminare insiemeandando in profondità, sa-pendo che questo è anche ildesiderio del Papa. Si legge,infatti, nel Messaggio di pa-

pa Francesco ai partecipanti al Con-vegno: «Pellegrina nella ricerca delvolto di Dio, cuore orante della Chie-sa e per la Chiesa, la vita contempla-tiva femminile troverà in questo do-cumento le linee di base per lo svi-luppo integrale della persona, attra-verso una formazione umana, spiri-tuale e accademica che aiuti le con-templative a raggiungere la pienamaturità in Cristo, come pure a su-perare a livello personale e comuni-tario la frammentazione della vitae a incarnare e testimoniare con fe-deltà creativa il proprio carisma nelmonastero, nella Chiesa e nel mon-do, assumendo una visione proget-tuale della propria vita».

Formazionecome arte creativa

Si entra, poi, nel merito dei con-tenuti del documento con la rela-zione di mons. José Rodríguez Car-ballo, arc. Segretario della CIVCSVA,che sottolinea come la formazionesia un processo artigianale che ri-chiede «un ampio spazio di tempo»(Vita consecrata, 65). Essa è un’«ar-te», una tensione continua versouna crescita umana e spirituale.

NUOVO DOCUMENTO SULLA FORMAZIONE DELLE CONTEMPLATIVE

Pellegrinealla ricerca di Dio

La vita contemplativa femminile troverà in questo documento le linee di base per losviluppo integrale della persona, attraverso una formazione umana, spirituale eaccademica che aiuti le contemplative a raggiungere la piena maturità in Cristo.

M O N A C H E S I M O

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M O N A C H E S I M O

Anche se l’arte è sempre creativa,per realizzare un progetto formati-vo, occorrono indicazioni puntuali,senza le quali è difficile arrivare acontemplare la bellezza della vitain Dio, che prende forma in itinere.

«La nuova Ratio per le contem-plative – spiega mons. Carballo – èun testo che fa appello alla respon-sabilità formativa delle stesse con-templative, che fa vedere la lungi-miranza dettata da una vita vissutanello Spirito e la profezia raccontatacon la testimonianza di donne checontinuamente cercano il volto diDio». La ricerca diventa, allora, unostile di vita, un modo di vivere e abi-tare la vita personale e comunitaria,«la formazione monastica è un’ope-ra essenzialmente teologale radica-ta nello Spirito che permette di per-correre, nella continua lode del Si-gnore, un itinerario verso la comu-nione con Dio uno e trino. La liturgiaquotidiana va preparata e celebratacon cura, evitando il pericolo dell’as-suefazione e della monotonia».

Viene più volte ribadita la cen-tralità di una formazione che favo-risca la crescita integrale, soprattut-to umana e affettiva, della persona.Particolarmente nel tempo del-l’aspirantato e del postulantato, èimportante che la persona crescanella conoscenza di se stessa, nel-l’acquisizione delle doti umanequali il sorriso, l’amabilità, la capa-cità di vivere insieme, sapendo diregrazie, scusa. «Non vogliate esserecontemplative se non siete primadonne», conclude mons. Carballo.

È importante che questo percor-so formi all’affidamento, alla fidu-cia, a uno sguardo di fede sull’esi-stenza. La formazione, infatti, èun’arte che necessita non solo dellaresponsabilità di colei che è incari-cata a formare, ma anche di quelladella persona che vuole intrapren-dere il percorso formativo. Le for-matrici devono possedere dotiumane e spirituali, essere personecapaci di relazioni, ascolto, empatia,che manifestino la gioia per la vo-cazione, che curino la propria for-mazione, la conoscenza esperien-ziale di Dio. Si raccomanda, quindi,che vengano organizzati corsi inter-ni alla federazione per la formazio-ne delle formatrici.

Alle formatrici è richiesta la colla-borazione con la superiora del mo-nastero, per favorire l’unità d’intentiformativi. «La superiora maggioredel monastero, assume con granderesponsabilità il suo ruolo di forma-trice delle sorelle a lei affidate conuna presenza autorevole e maternache accompagni la vita delle sorelle(cf. Rf, 98-100)», spiega mons. Car-ballo. «È sua missione favorire che lacomunità diventi spazio privilegiatodi formazione iniziale e permanen-te. La superiora sarà formatrice nellamisura in cui sia attenta ai bisogniumani e spirituali delle sorelle, di-mostri capacità di discernimento, dirispetto, di equilibrio; curi le relazio-ni, rimanga sempre in ascolto del-l’altra, costruisca un clima di fiducia,di libertà, di responsabilità, di dialo-go, favorendo in ogni momento “lamistica dell’incontro, la mistica delvivere insieme” (Rf, 68) e promuova,coinvolgendo tutte le monache,l’elaborazione del progetto comuni-tario di vita».

Il monastero, infatti, è il luogo incui si realizza il cammino formati-vo, dove la comunità è animata dal-la Parola, dall’Eucaristia, dai sacra-menti, in ascolto della Parola, e viveil mistero di comunione, l’amore re-ciproco teso alla realizzazione del-l’unità, rendendo visibile nella vitaquotidiana l’amore trinitario. Biso-gna ricordare, inoltre, che la miglio-re pedagogia formativa è il «conta-gio» e la comunità che non è in for-mazione permanente, non è capacedi «contagiare».

La cultura è uno dei fondamentidella formazione, perciò è impor-tante dedicare tempo alla lettura,allo studio, all’aggiornamento dellabiblioteca, alla ricerca della docu-mentazione necessaria, anche at-traverso il sistema informatico. Imezzi di comunicazione digitale so-no, infatti, uno strumento utile perla formazione ed è importante far-ne un uso appropriato, per noncreare indebite dipendenze.

Altri agenti di formazione sonola presidente federale e la consulen-za di eventuali esperti, con l’atten-zione a comprendere che gli espertipossono dare un aiuto per indicaregli ambiti di crescita umana e i per-corsi da intraprendere, ma non so-

no le persone deputate a fare il di-scernimento vocazionale.

Un’altra sottolineatura riguardala dimensione evangelica dell’eco-nomia, che non deve essere trascu-rata nella dinamica formativa. Aquesto tema cui la CIVCSVA dedi-cherà un focus a fine gennaio 2020.

Una speciale attenzione, emersaanche nel momento del dialogo as-sembleare, meritano le comunitànelle quali sono presenti sorelleprovenienti da altri Paesi. Per poteraccogliere queste giovani, le comu-nità devono rivolgersi al Dicasteroper la vita consacrata e seguire l’iterprevisto. La comunità, inoltre, devedocumentarsi sulla cultura, sullastoria del loro Paese di origine e aiu-tare ciascuna a integrarsi.

TestimonianzeAl termine della giornata, a dare

concretezza a quanto è stato detto,le testimonianze di due contempla-tive: Madre Diana Papa, delle Claris-se di Otranto che, parlando dell’im-portanza del discernimento, haspiegato che «bisogna capire se lagiovane è disponibile a una crescitacostante, caratterizzata dal consoli-damento della personalità», per farsì che la vocazione non rimanga so-lo sul piano emotivo.

Madre Giovanna Quadrelli, prio-ra delle Carmelitane Scalze di Le-gnano, attingendo alla sua espe-rienza personale, ha affrontato il te-ma della formazione come percorsoche dura tutta la vita, durante ilquale la persona si lascia plasmaredalle vicende del quotidiano. Fon-damentali, in questo cammino, so-no i «compagni di viaggio»: i Padridella Chiesa, gli autori di spirituali-tà, la Parola di Dio. Ogni ostacolo, af-frontato e superato, è per ciascunaluogo privilegiato della crescitaumana e spirituale e, per MadreGiovanna, le difficoltà incontrateall’inizio del suo percorso sono sta-te «una grazia per riflettere» e, hadetto, «avviarmi verso una conver-sione, a cambiare atteggiamentiche fino a quel momento avevosnobbato. Lì ho compreso l’impor-tanza della formazione».

VITTORIA TERENZI

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Testimoni 2/2020 • 7

Giovanni Paolo II, in data 25maggio 1995, ha pubblicatola lettera enciclica Ut unum

sint, nella quale ha dedicato la suaattenzione appassionata all’impe-gno ecumenico.

Nell’ormai giustamente famoson. 95, il papa così afferma: «Qualevescovo di Roma so bene… che la co-munione piena e visibile di tutte lecomunità… è il desiderio ardente diCristo. Sono convinto di avere a que-sto riguardo una responsabilitàparticolare, soprattutto nel consta-tare l’aspirazione ecumenica dellamaggior parte delle comunità cri-stiane e ascoltare la domanda chemi è rivolta di trovare una forma diesercizio del primato che, pur nonrinunciando in nessun modo all’es-senziale della sua missione, si apraa una situazione nuova».

Lei ha dedicato a questo delicatoproblema due suoi studi, il primodal titolo «Il primato del Romanopontefice nel Codice di diritto cano-nico» pubblicato in Oecumenica ci-vitas (CEDOMEI, Livorno), IV/1(2004) 3-46 e il secondo «Verso pos-sibili, nuove forme di esercizio delprimato» pubblicato in Periodica,Pontificia Università Gregoriana,Roma, 108(2019)381-408. Si tratta dicontributi molto interessanti, maparticolarmente specialistici e per-ciò con una certa difficoltà per i nonaddetti ai lavori. Potrebbe essereutile presentare il suo pensiero inmodo più diretto colloquiando coni nostri lettori. Di qui una serie didomande.

Sempre congiunto– Da dove prende origine la sua

riflessione sull’argomento?«Come lei sa, sono da molti anni

studioso di diritto canonico e com-piendo l’esegesi dei cann. 330-341,mi è parso di trovarvi una certa ri-sposta all’importante domanda so-pra riportata. Mi è sembrato signi-ficativo in modo del tutto specialeil dettato del can. 333, § 2, che recitacosì: “Il Romano Pontefice, nel-l’adempimento dell’ufficio di su-premo Pastore della Chiesa, è sem-pre congiunto nella comunione congli altri Vescovi…”(can. 333, § 2).

– Che cosa trova in questo testodi particolarmente interessante peril nostro argomento?

«Mi piacerebbe rispondere subi-to. Prima, però, di dedicarci alla ese-gesi del nostro testo è necessariopremettere alcune nozioni elemen-tari. Lo faccio con la seguente sca-letta.

a) Il collegio dei vescovi è com-posto da tutti i vescovi della Chiesacattolica e dal vescovo di Roma, cioèdal papa, nella sua qualità di suc-cessore di Pietro.

b) Il papa nel collegio dei vescoviin quanto successore di Pietro è inposizione di capo ed è per tale mo-tivo in posizione gerarchicamentesuperiore a quella degli altri vescovimembri dello stesso collegio.

c) Il collegio dei vescovi, in quan-to composto da tutti i vescovi dellaChiesa cattolica e dal papa in posi-zione di capo, è un soggetto che ame piace denominare soggetto co-munionale.

d) Il soggetto comunionale è ov-viamente un unum però compostoda più soggetti singoli e agisce co-me un unum però attraverso l’agiredei più soggetti singoli.

e) Agisce, pertanto, nel modo se-guente: ciascuno dei singoli compieun atto di intelligenza e di volontàe manifesta tale atto mediantel’espressione di un voto, così chenella unione dei voti e nella mag-gioranza numerica degli stessi con-siste l’atto, cioè la deliberazione, delsoggetto comunionale.

Votazionee consultazione

f) E, tuttavia, poiché il papa è nelcollegio dei vescovi in posizione ge-rarchicamente superiore, il voto delpapa ha un valore superiore a quel-lo degli altri vescovi.

g) Da ciò, logicamente, derivache la deliberazione del collegio deivescovi consiste non soltanto nellamaggioranza numerica dei voti

INTERVISTA AL CARD. FRANCESCO COCCOPALMERIO

Nuovi esercizi di primatoÈ possibile pensare a nuove forme di esercizio del primato di Pietro allargando la

pratica della collegialità episcopale? La risposta positiva dell’ex-presidente delPontificio consiglio dei testi legislativi.

V I TA D E L L A C H I E S A

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V I TA D E L L A C H I E S A

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concordi espressi dai vescovi, bensìnella suddetta maggioranza a cuiperò si aggiunge il voto concordedel papa, da lui espresso libera-mente.

h) Il collegio dei vescovi, comedescritto nella sua composizione enel modo di agire, compie atti dimagistero e di normativa con ambi-to esteso alla Chiesa universale.

i) Può compiere tali atti in dueforme: o essendo i vescovi radunatinel concilio ecumenico (o anche nelsinodo dei vescovi) o restando i ve-scovi ciascuno nella propria sede eperciò sparsi nel mondo.

l) Può essere interessanteprecisare con quali modalitàavvenga tale votazione nellapredetta duplice forma.

Nella forma del concilioecumenico, la votazione delcollegio dei vescovi consistenella espressione di un vo-to da parte di ciascun ve-scovo, a cui conseguono, inmodo immediato, la raccol-ta dei voti, la conoscenza de-gli stessi e quindi la determi-nazione della maggioranzanumerica dei voti concordi espressidai vescovi.

Nella forma dei vescovi sparsinel mondo, la votazione del collegioconsiste nella espressione di un vo-to da parte di ciascun vescovo e nel-l’invio del voto al papa, a cui conse-guono, da parte del papa, la raccoltadei voti, la conoscenza degli stessi equindi la determinazione dellamaggioranza numerica dei voticoncordi espressi dai vescovi.

m) Però anche il papa come sog-getto singolo può compiere gli stes-si atti di magistero e di normativa,a sua scelta, libera e insindacabile.

Pastore supremo– A questo punto, possiamo dedi-

carci all’esegesi del passo che ci hacitato?

«Molto volentieri. Poniamo dinuovo la nostra attenzione sulle pa-role essenziali: “Il Romano Pontefi-ce, nell’adempimento dell’ufficio disupremo Pastore della Chiesa, èsempre congiunto nella comunionecon gli altri Vescovi…” Dobbiamochiederci il significato di questo ve-

loce testo e particolarmente delleparole “sempre” e “congiunto” (laespressione “nella comunione” è undi più perché ciò si trova già nellaparola “congiunto”), con la partico-lare avvertenza, peraltro evidente,che il significato di “congiunto” de-termina logicamente il significatodi “sempre”. Possiamo, subito, daredi “congiunto” un significato ovvio,e cioè dire che il papa “è semprecongiunto” con gli altri vescovi peril semplice motivo che è il capo delcollegio dei vescovi e, di conseguen-za, “è sempre congiunto” con gli al-

tri vescovi, perché è sempre capodel collegio dei vescovi. Allora, però,la specificazione “sempre” diventaassolutamente pleonastica e perciòdel tutto inutile.

Se, tuttavia, diamo fiducia allaserietà del supremo legislatore,dobbiamo assolutamente presup-porre che la precisazione “sempre”non sia pleonastica e non sia inuti-le. Dobbiamo, allora, considerarenuovamente l’espressione “con-giunto” ed esaminare, nel contestoconcreto, se tale espressione abbiaun significato diverso da quello cheabbiamo indicato.

Infatti, a ben vedere, il testo af-ferma che il papa “è sempre con-giunto” con gli altri vescovi “nel-l’adempimento dell’ufficio di su-premo Pastore della Chiesa” e, quin-di, non solo e non genericamentenell’essere capo del collegio dei ve-scovi, bensì anche e specificata-mente nell’adempimento del suoufficio. E, pertanto, quando il papacompie e, precisamente, nel com-piere gli atti di magistero e di nor-mativa con ambito esteso alla Chie-sa universale “è sempre congiunto”

con gli altri vescovi. La congiunzio-ne tra il papa e gli altri vescovi èdunque una congiunzione operati-va nel compiere atti di magistero edi normativa.

La mens e il voto– E, tuttavia, quando il papa

compie atti di magistero e di norma-tiva come soggetto singolo, gli altrivescovi non compiono tali atti insie-me con il papa. Per tale motivo comeritenere che il papa “è sempre con-giunto” con gli altri vescovi e ciò pro-

prio nel compiere gli atti in que-stione?

«Per dare una risposta dob-biamo precisare cosa significhicompiere atti di magistero e dinormativa. Compiere tali attiesige, almeno normalmente,un complesso iter previo e co-nosce una fase finale con la ap-provazione di un certo oggetto,di una certa risoluzione, di un

certo documento. E, pertanto,nella nostra ottica, del tutto li-mitata, però precisa, compiere

atti di magistero o di normativasignifica dare la approvazione a uncerto oggetto, a una certa risoluzio-ne, a un certo documento.

È cosa normale che la approva-zione di cui sopra avvenga attraver-so una votazione. E, pertanto, sem-pre nella nostra ottica, compiere at-ti di magistero o di normativa nellasua fase finale consiste nello svol-gere una votazione. Per quanto det-to, la congiunzione tra il papa e glialtri vescovi, e precisamente la con-giunzione operativa, consiste nelvotare insieme».

– E, però, quando il papa compieatti di magistero e di normativa co-me soggetto singolo, gli altri vescovinon votano insieme con il papa. Pertale motivo, anche qui, come ritene-re che il papa “è sempre congiunto”con gli altri vescovi e ciò proprio nelvotare?

«Anche qui, per dare una rispo-sta, dobbiamo precisare cosa signi-fichi votare e, perciò, dobbiamo esa-minare la struttura del voto. In pa-role semplici, diciamo che il votoconsiste in due elementi o, in altritermini, diciamo che chi vota com-

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pie due atti. Dapprima, nel suo in-terno, compie un atto di volontà,con il quale approva l’oggetto, la de-cisione, la stesura di un documento.Poi, al suo esterno, rende visibile,quindi conoscibile, la sua internamens, la sua interna volontà me-diante l’espressione di un voto. Par-tendo da quanto detto, ci dobbiamochiedere ora in che precisamenteconsista la congiunzione operativanel votare. La risposta è scontata:consiste in una congiunzione neidue atti di cui sopra abbiamo trat-tato. Congiunzione, dapprima, nellamens favorevole a una certa risolu-zione e perciò nell’atto di volontàche approva tale contenuto. Con-giunzione, poi, nella manifestazio-ne della suddetta approvazione me-diante la espressione di un voto.

Viene, allora, spontaneo chieder-si se per agire insieme e, quindi, peressere congiunti, non sia sufficienteil primo dei due elementi in cuiconsiste il voto, cioè quello dellamens favorevole, quindi dell’appro-vazione di un certo oggetto. E la ri-sposta appare positiva.

Per capire meglio, possiamo pen-sare a più persone che hanno tra lo-ro una mens comune. Se, ora, talipersone esprimono mediante unvoto tale mens comune, sono tra lo-ro congiunte sia nell’avere unamens comune, sia nel compiereun’azione comune, quella, appunto,del votare insieme. Se, invece, nonesprimono mediante un voto la lo-ro mens comune, sono, tuttavia,

ugualmente congiunte, non, però,nel compiere un’azione comune,bensì, certamente, nell’avere unamens comune.

Ora, nel caso specifico del papacon gli altri vescovi, possiamo per-fettamente verificare quanto dettosopra. E, in effetti, pensiamo al casoin cui il papa e gli altri vescovi han-no tra loro una mens comune eprendiamo in considerazione il ca-so in cui il papa compie atti di ma-gistero o di normativa come sogget-to singolo e per tale evidente moti-vo non esprime un voto insiemecon gli altri vescovi e quindi noncompie un’azione comune con loro.Orbene, anche in questo caso, pos-siamo, e certamente con piena ra-gione, affermare che il papa “è sem-pre congiunto” con gli altri vescovi,non, però, nel compiere un’azionecomune, bensì, certamente, nel-l’avere una mens comune».

Verificare il consenso– Credo che quanto fin qui speci-

ficato sia la premessa per consentir-ci di offrire un contributo al deside-rio del papa di trovare forme nuoveper l’esercizio del primato.

«Certo, a questo punto, dobbia-mo finalmente dare concreta attua-zione al nostro proposito e allorapossiamo svolgere alcune riflessio-ni su due principali questioni: la de-cisione del papa di compiere atti dimagistero o di normativa come sog-getto singolo; la decisione del papa

di costituire in modo definitivo ladeliberazione del collegio dei vesco-vi con il proprio voto concorde.

– Vediamo la prima questione.«L’esegesi del can. 333, § 2 ci ha

permesso di affermare: quando ilpapa agisce come soggetto singolo,cioè agisce da solo e per tale eviden-te motivo non esprime un voto in-sieme con gli altri vescovi, anche inquesto caso possiamo ugualmente,e con piena ragione, affermare cheil papa, qualora abbia con gli altrivescovi una mens comune, “è sem-pre congiunto” per tale mens con lo-ro, e lo è precisamente nell’agire,non, però, nel compiere un’azionecomune, bensì, certamente, nel-l’avere una mens comune. Dunquela condizione essenziale per quantodetto sopra è che il papa e gli altrivescovi abbiano realmente unamens comune. Altrimenti comeparlare di una congiunzione preci-samente nell’agire?

– Ma, a questo punto, dobbiamoonestamente chiederci: la predettamens comune esiste in modo neces-sario nel papa e negli altri vescovi odeve essere ricercata e cioè essere ve-rificata nella sua effettiva esistenza?

«E’ esattamente questo il puntocentrale della questione. E, in effet-ti, qualora il papa avesse la inten-zione di compiere atti di magisteroo di normativa come soggetto sin-golo, dovrebbe sapere previamentese c’è o no un pensiero comune, una

V I TA D E L L A C H I E S A

A servizio di tutte le Chiese?

L’intervista al card. Francesco Coccopalmerio che pubbli-chiamo su queste pagine è di particolare importanza

per un ministero petrino che risponda alla volontà sinodaledel Vaticano II. In essa si prefigura un pieno esercizio del pri-mato in un contesto di collegialità episcopale esercitata ol-tre gli strumenti di rappresentanza, come le Conferenze epi-scopali o gli stessi sinodi dei vescovi. La suggestione cadeentro una serie di indicatori convergenti verso un ministerodi unità esercitato nella Chiesa cattolica e oltre i confini delcattolicesimo e dello stesso cristianesimo.

L’ampia convergenza con le Chiese ortodosse per il pri-mato nel primo millennio (documento di Chieti, settembre2016), le riflessioni di molta parte della teologia sul primato(ad es. S. Dianich, Per una teologia del papato, S.Paolo 2010,C. Schatz, Il primato del papa, Queriniana 1996) e la centra-lità della sinodalità nelle riforme di Francesco conducono

a nuovi esercizi di primazialità. La presenza del papa a Le-sbo, assieme al patriarca Bartolomeo (aprile 2016), il suoaccompagnamento all’avvio del quinto anniversario dellaRiforma protestante (Lund – Svezia, ottobre 2016), l’immi-nente viaggio in Sud Sudan assieme all’arcivescovo di Can-terbury, Justin Welby, e al moderatore presbiteriano scoz-zese, John Chalmers, prefigurano un esercizio di unità conle altre Chiese cristiane, senza nessuna pretesa di giurisdi-zione. A questo si aggiunga la forza di convocazione dellefedi espressa negli incontri di Assisi e nel recente documen-to sulla fraternità (Abu Dhabi, maggio 2019). Sono tutti ele-menti che sviluppano l’intuizione di Giovanni Paolo II nel-l’enciclica Ut unum sint quando auspicava una «forma diesercizio del primato che, pur non rinunciando in nessunmodo all’essenziale della sua missione, si apra a una situa-zione nuova».

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V I TA D E L L A C H I E S A

volontà comune, una mens comunecon gli altri vescovi. Il papa potreb-be allora: a) presupporre l’esistenzadi una mens comune tra sé e gli altrivescovi e per questo motivo ritene-re di non avere bisogno di verificarela suddetta presupposizione; b) ve-rificare la reale esistenza di talemens comune.

La decisione sub a) può lasciareperplessi, la decisione sub b) restal’unica praticabile, perché solo cosìil papa ha la possibilità di conoscerela mens dei vescovi. A meno di pen-sare che, ogni qualvolta il papacompie atti di magistero o di nor-mativa con ambito esteso alla Chie-sa universale, “è sempre congiunto”con gli altri vescovi per il motivoche non potrebbe (soprattutto pergli atti di magistero) dire qualcosadi contrario alla mens degli altri ve-scovi, e ciò per l’assistenza dello Spi-rito Santo. A me, però, parrebbequalcosa di sapore magico. Il papaquindi deve verificare l’effettiva esi-stenza di una mens comune con glialtri vescovi».

Confronto e dibattito– Ma, allora, come procedere a

tale verifica?«Mi pare presto detto: il papa do-

vrebbe chiedere a ciascun vescovodi esprimere a lui il proprio parere,ponendo alcune domande, che sia-no molto semplici o comunque mol-to precise e chiedendo risposte sem-plici, anche soltanto sì o no. In modotale che il papa, raccogliendo i varipareri, possa effettivamente verifi-care la mens degli altri vescovi.

Ritengo del tutto insufficiente

chiedere un parere collettivo, peresempio a livello di conferenza epi-scopale. Ritengo invece assoluta-mente necessario che ciascun ve-scovo esprima la propria mens ecompia tale impegno – come dettosopra – rispondendo a domandeprecise.

Possiamo comunque notare – co-sa per altro evidente – che il discor-so fin qui svolto pecca di grandeschematizzazione. Abbiamo, infatti,detto che il papa verificherebbel’esistenza di un pensiero o di unavolontà comuni fra sé e gli altri ve-scovi mediante la posizione di alcu-ne domande a cui i vescovi sarebbe-ro chiamati a rispondere puntual-mente. Ma è del tutto evidente cheil senso di tali quesiti non risultaimmediatamente comprensibile.Pertanto la suddetta interrogazionedovrebbe essere preceduta da am-pio e lungo dibattito, anche, peresempio, con la apposita celebrazio-ne di un sinodo dei vescovi, conconvegni, con pubblicazioni. Ma ildiscorso da noi svolto prescinde datale iter – anche se lo presupponeassolutamente – perché vuole indi-care solo la struttura essenziale».

Mai solo– Esperita la consultazione e con-

statata l’esistenza di una mens con-corde, il papa potrebbe procedere co-me soggetto singolo?

«Lo potrebbe certamente. Questa,però, non ci sembra una rispostasoddisfacente. E, in effetti, se è veroche il papa deve, quasi necessaria-mente, ricorrere al meccanismo diconsultazione appena sopra indica-

to, non sarebbe meglio che il papascegliesse sempre, o almeno nor-malmente, di chiamare il collegiodei vescovi a compiere atti di gover-no, cioè di magistero o di normativa,come soggetto comunionale e pertale motivo evitare di compiere taliatti come soggetto singolo?

La forma da scegliersi per l’attocollegiale non sarebbe necessaria-mente quella del concilio ecumeni-co, anche per la difficoltà di organiz-zare un simile solenne evento, masarebbe facilmente quella dell’attodi deliberazione dei vescovi sparsinel mondo. Ciò avverrebbe – comedetto – con la posizione di alcunedomande, nelle quali ciascun vesco-vo esprimerebbe il proprio voto equindi lo invierebbe al papa. Questi,poi, aggiungendo liberamente ilproprio voto concorde alla maggio-ranza dei voti espressi dagli altri ve-scovi, farebbe sì che il collegio com-pisse un atto collegiale».

– Ma, allora, il papa non potreb-be più compiere atti di governo co-me soggetto singolo?

«Possiamo, certo, riconoscere chequanto detto sopra vale per gli attidi governo particolarmente impor-tanti o decisivi, specie per quelli dimagistero. Non neghiamo, però, chenel caso ci fosse urgenza di compie-re un certo atto e ci fosse al contem-po la sicurezza (da presupporre co-munque con serietà) di una menscomune con gli altri vescovi, il papapotrebbe agire come soggetto sin-golo. È, tuttavia, realisticamentecredibile che si verifichi davveroquesta urgenza? Un’urgenza taleper cui non ci sarebbe il tempo perattuare una consultazione dei ve-scovi, specialmente per gli atti dimagistero solenne, i cui effetti sonodestinati a durare per sempre?».

– E quindi su questo punto cosapossiamo concludere?

«Con quanto detto, siamo giuntia una prima proposta per una nuo-va forma di esercizio del primato.Ritengo che il papa possa impe-gnarsi a non compiere mai atti dimagistero particolarmente rilevan-te o atti di normativa particolar-mente importante come soggettosingolo e di conseguenza possa im-

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pegnarsi a chiamare sempre il col-legio dei vescovi a compiere tali atticome soggetto comunionale. Taleimpegno sarebbe, da una parte, deltutto consentaneo con il contenutodogmatico del primato del papaperché sarebbe una scelta libera delpapa stesso. Sarebbe, dall’altra, unanuova forma di esercizio del prima-to, nuova non certamente nel sensogenerico e ovvio del compimentodel munus supremo del papa con glialtri vescovi, bensì nuova nel sensospecifico dell’impegno preso dal pa-pa di procedere sempre in questomodo».

Possibile dissenso– La seconda questione da Lei

proposta sarebbe la decisione del pa-

pa di costituire in modo definitivo ladeliberazione del collegio dei vescovicon il proprio voto concorde.

«Ricordiamo brevemente quantodetto nelle risposte precedenti: a) ladeliberazione del collegio dei vesco-vi consiste non soltanto nella mag-gioranza dei voti espressi dai vesco-vi, bensì nella suddetta maggioran-za a cui però si aggiunge il voto con-corde del papa; b) il papa è libero diaggiungere il proprio voto allamaggioranza dei voti degli altri ve-scovi. Se, dunque, il papa è liberonel senso detto, ciò significa che ilpapa potrebbe avere motivi che gliimpedirebbero di aggiungere il pro-prio voto alla maggioranza dei votidegli altri vescovi».

– Quali potrebbero essere i moti-

vi che determinerebbero il papa anon poter aderire ai voti degli altrivescovi?

«Ritengo che tali motivi debbanoessere adeguati all’importanza e al-la gravità della situazione. Diciamoin sostanza così: il papa potrebbedissentire dalla maggioranza deglialtri vescovi qualora giudicasse nel-la sua coscienza, cioè davanti a Dio,che la loro posizione non è giusta,non è, cioè, secondo il pensiero delSignore. Per dissentire dalla posizio-ne dei vescovi non sarebbe suffi-ciente, né potrebbe esserlo, che ilpapa giudicasse la loro posizionecome in contrasto con una visioneteologica che il papa potrebbe pre-ferire in quanto studioso privato.Sarebbe invece necessario – comedicevamo sopra – che il papa giudi-

V I TA D E L L A C H I E S A

Religiosi: liberi di partire

Il 19 marzo scorso il motu proprio Communis vita modifi-cava il canone 694 del Codice di diritto canonico «con un

nuovo punto al paragrafo 1 del canone del Codice di dirittocanonico.

Se un’assenza illegittima del religioso (cioè non conces-sa dal superiore) e non reperibile si prolunga oltre un an-no, il superiore maggiore, d’intesa con il suo consiglio, puòdimettere il religioso o la religiosa dall’istituto senza lanecessità di far firmare all’interessato l’avvenuta decisio-ne. Con l’obbligo di una conferma da parte della Santa Se-de, cioè della Congregazione dei religiosi» (http://www.settimananews.it/vita-consacrata/religiosi-liberi-partire/).

In settembre è uscita una lettera circolare della Congre-gazione per gli istituti di vita consacrata in cui si chiariscela fattispecie del caso. A chi si non si può applicare la nor-ma? Ai religiosi e religiose assenti legittimamente, ma ir-reperibili; agli assenti illegittimamente, ma reperibili.Quando un religioso è considerato irreperibile? Quando diesso si conosce soltanto: il recapito telefonico, l’indirizzodi posta elettronica, il profilo sui social, l’indirizzo fittizio.In questo caso il superiore o la superiora può raccogliereinformazioni dai confratelli, dagli ex-superiori, dai vescovio dai familiari. Può rivolgersi anche alle autorità civili neilimiti della legislazione e della privacy. Il superiore è tenu-to «a produrre prova certa, mediante documentazione ve-rificabile delle ricerche espletate». Se queste hanno esitonegativo procede alla dichiarazione di irreperibilità d’in-tesa col suo consiglio. Il provvedimento non è retroattivo,cioè deve risultare una data di inizio delle ricerche e unadata finale. «Trascorsi dodici mesi continui, duranti i qualinon fosse, in alcun modo, cambiata la situazione di irre-peribilità del sodale assente illegittimamente, il superiorecompetente deve procedere alla dichiarazione del fattoperché consti giuridicamente la dimissione a norma del

can. 694. Tale dichiarazione deve essere confermata dallaSanta Sede se l’istituto da cui il sodale viene dimesso è didiritto pontificio, mentre deve essere confermata dal ve-scovo della sede principale se l’istituto è di diritto dioce-sano». «Il nuovo dispositivo non si applica alle fattispecieantecedenti il 10 aprile 2019, in altri termini non può dirsiretroattivo».

Carisma e dirittoIl canone 694 ricorda le condizioni per le dimissioni dei

religiosi: oltre all’abbandono «notorio» della fede o a unmatrimonio, è stato aggiunto dal motu proprio un terzopunto, quando cioè il religioso «si sia assentato dalla casareligiosa illegittimamente, ai sensi del can. 665 art. 2, perdodici mesi ininterrotti, tenuta presente l’irreperibilità delreligioso stesso», fermo restando «quanto stabilito dal di-ritto sulla dimissione dopo sei mesi di assenza illegitti-ma». Al can. 729 si modifica solo il rimando agli articolidel can. 694. Il nuovo dispositivo giuridico risolve i casi direligiosi e religiose che fanno perdere le proprie traccesenza che l’istituto religioso possa considerare non più ap-partenente il sodale. Dal punto di vista sostanziale, la nor-mativa, vecchia e nuova, intende sottolineare la decisivadimensione comunitaria della vita consacrata, la respon-sabilità dei superiori e la libertà degli interessati che pos-sono, nel caso si ritenessero ingiustamente colpiti, ricor-rere alla Segnatura apostolica. Il caso considerato è un pic-colo frammento di un problema più complesso e vivo,quello degli abbandoni della vita consacrata che sono cir-ca 3.000 all’anno. I brevi testi del motu proprio e della let-tera circolare sono editi in un opuscolo della Libreria edi-trice vaticana.

LORENZO PREZZI

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V I TA D E L L A C H I E S A

casse la posizione dei vescovi comein contrasto con il pensiero del Si-gnore, che egli interpreta in quantotitolare del munus di Pietro, e cioèdel primato. Ma ci chiediamo anco-ra: è realisticamente ipotizzabileche ciò avvenga? È ipotizzabile che,soprattutto negli atti di magistero,si possa verificare una grave diffe-renza di convinzione tra la maggio-ranza dei vescovi e il papa? Comun-que l’ipotesi deve ritenersi comepossibile».

Primato e cristianesimo– Qualora il papa giudicasse in

coscienza, coram Domino, di averemotivi per non poter aggiungere ilproprio voto concorde alla maggio-ranza dei voti espressi dagli altri ve-scovi, che dovrebbe fare?

«Il papa, ugualmente, potrebbecompiere come soggetto singolo unatto di magistero o di normativa,anche un atto di magistero defini-torio, e questo atto sarebbe valido enon esigerebbe la ratifica di nessu-no. Ricorda infatti il concilio: “Perciòle sue definizioni giustamente sonodette irreformabili per se stesse enon per il consenso della Chiesa,perché sono pronunciate con l’assi-stenza dello Spirito Santo, promes-sagli nel beato Pietro…” (Lumengentium, n. 25,3). Ma si potrebbe di-re che il papa compirebbe un attosecondo il can. 333, § 2? Quale con-giunzione ci sarebbe tra il papa e glialtri vescovi? Il papa, allora, potreb-be astenersi dal compiere un atto dimagistero o di normativa, e ciò pro-prio per essere congiunto con gli al-tri vescovi, sempre secondo il can.333, § 2. Il papa potrebbe, in questocaso, rimandare la decisione a untempo successivo, proporre cioè chela questione sia considerata di nuo-vo e valutata in modo più maturo,cosicché sia possibile, probabilmen-te in un futuro non lontano, trovareuna visione condivisa».

– E, perciò, cosa concludiamo?«C’è, qui, una seconda proposta

per una nuova forma di eserciziodel primato. E, in effetti, nel caso incui si verificasse un dissenso dallamaggioranza dei voti espressi daglialtri vescovi, ritengo che il papa po-

trebbe impegnarsi a non compieremai atti di magistero particolar-mente rilevante o atti di normativaparticolarmente importante comesoggetto singolo, bensì possa impe-gnarsi a rimandare sempre la deci-sione a un esame più maturo, quin-di a un tempo successivo, cioè finoa quando il papa e gli altri vescovipossano trovare una visione condi-visa così che possano compiere unatto di munus supremo come sog-getto comunionale. E anche in que-sto caso possiamo tranquillamenteaffermare che tale impegno sareb-be, da una parte, del tutto consen-taneo con il primato del papa per-ché sarebbe una scelta libera del pa-pa stesso. E sarebbe, dall’altra, unanuova forma di esercizio del prima-to, nel senso, anche qui, dell’impe-gno preso dal papa di procederesempre in questo modo».

– Possiamo, dunque, presentarele due precedenti proposte?

«Per quanto detto, come rispostaa Ut unum sint, n. 95 al fine “di tro-vare una forma di esercizio del pri-mato che, pur non rinunciando innessun modo all’essenziale dellasua missione, si apra a una situazio-ne nuova”, i nostri suggerimenti po-trebbero essere così formulati:

a) il papa potrebbe impegnarsi anon compiere mai atti di magisteroparticolarmente rilevanti o atti digoverno particolarmente importan-ti, come soggetto singolo e di conse-guenza possa impegnarsi a chiama-re sempre il collegio dei vescovi acompiere tali atti come soggetto co-munionale;

b) nel caso in cui il papa avessemotivi in coscienza, cioè davanti aDio, che gli impedissero di aggiun-gere il proprio voto concorde a quel-li espressi dalla maggioranza deglialtri vescovi, potrebbe impegnarsi anon procedere mai come soggettosingolo e a rimandare sempre la de-cisione a un esame più maturo,quindi a un tempo successivo, cioèfino a quando il papa e gli altri ve-scovi possano trovare una visionecondivisa così che possano compie-re un atto di munus supremo comesoggetto comunionale».

(a cura di) LORENZO PREZZI

E S E R C I Z I S P I R I T U A L IPER RELIGIOSE E CONSACRATE

� 27 feb-5 mar: don MarcoBonfiglioli “Maria, da parte sua,conservava tutte queste cosemeditandole nel suo cuore” (Lc2,19.51)SEDE: Cenacolo Mariano Missionariedell’Immacolata, Via Giovanni XXIII,15 – 40037 Borgonuovo-SassoMarconi (BO); tel. 051.846283; e-mail:[email protected]

� 8-14 mar: fr Annibale Marini, ofmconv “Scelte da Gesù, perché da Luiamate”SEDE: Casa di spiritualità dei SantuariAntoniani, Via S. Antonio, 2 – 35012Camposampiero (PD); tel.049.9303003; e-mail:[email protected]

� 14-21 mar: p. Marcello Finazzi, CP“Cammino verso Gerusalemme”SEDE: Romitaggio Maria Bambina, ViaG. Andreani, 31 – 21030 Ghirla (VA)tel. 0332.716112; e-mail: [email protected]

� 15-20 mar: mons. Calogero Marino“Un tempo per ritrovare…Oggi devofermarmi a casa tua” SEDE: Villa Divin Redentore, ViaAurelia di Ponente, 88 – 16016Cogoleto (GE); tel. 010.9181912;e-mail: [email protected]

� 15-20 mar: p. Pino Piva, sj “VersoGerusalemme” Con colloquiquotidiani SEDE: Centro di Spiritualità “BarbaraMicarelli”, Via Patrono d’Italia, 5/E –06081 Assisi – S. Maria degli Angeli(PG); tel. 075.8043976; e-mail: [email protected]

� 15-21mar: don Mario Gallian “Fareorazione è vedere Colui che ti vede.La contemplazione”SEDE: Monastero S.Croce, Via S.Croce,30 – 19030 Bocca di Magra (SP); tel.0187.60911; e-mail:[email protected]

� 16-24 mar: p. Cesare Bosatra, sj“Custodisci ciò che ti è statoaffidato” (1 Tim 6,20) SEDE: “Casa di Esercizi Sacro Costato”,Via Alberto Vaccari, 9 – 00135 Roma(RM); tel. 06.30815004 – 06.30813624;e-mail:[email protected]

� 20-28 mar: don Agatino Gugliara,ssp “Chiamati alla santità nelmondo contemporaneo” SEDE: Casa Gesù Maestro, Via S.Rocco,2 – 36030 Centrale di Zugliano (VI);tel. e fax 0445.362256; e-mail:[email protected]

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L’ho conosciuta come do-cente e ne ho ricevutotanto come amica: la con-

tattai per chiederle se era dispo-nibile a stendere per le EDB uncommento serio all’apocrifoVangelo di Pietro, uscito poi nel2003 nella collana “Scritti delleorigini cristiane”; di quest’operaaveva già fatto nel 1973 l’edizio-ne critica presso le Sources Chré-tiennes. Il discepolato che nenacque da parte mia divenneben presto amicizia condivisa.

Era nata a Milano nel 1923 ecresciuta fino a 16 anni a Tunisi, oveil padre, nei quartieri poveri dellacittà, esercitava la medicina comeautentica filantropia religiosa. Unaspetto sul quale ella tornava spes-so come tratto essenziale dell’esserecristiani.

Al momento della rottura politi-ca tra Francia e Italia causata dal fa-scismo, fu caricata con tutti gli ita-liani su una nave: lei, papà e mam-ma arrivarono a Roma con quelloche avevano addosso. Ricomincia-rono dal nulla e tra la diffidenza perchi viene da lontano.

Mi ha raccontato una per una leprime cose che la mamma riuscivaa comprare, elencava le persone cheavevano offerto un gesto e la com-prensione.

Su questa seminagione profondadell’altruismo, dato e ricevuto, Ma-ria Grazia ha costruito la sua fede.La sua ricerca su Ricchezza e povertànel cristianesimo primitivo (pp. 260,EDB 2015) e il suo commento al te-sto di Ambrogio su La vigna di Na-both (pp. 136, EDB 2015 e 2016) na-scono da questo vissuto.

Per decenni è stata docente distoria del cristianesimo all’Univer-sità di Roma La Sapienza e ha inse-gnato Patrologia fondamentale allapontificia facoltà Augustinianum.

Nell’insegnamento accademico enella vita della Chiesa ha semprepredicato e praticato libertà e veri-tà, anche quando sapeva che le sueposizioni non avrebbero facilitatola sua carriera. Non a caso è statastudiosa innamorata di Erasmo.

Era esigente nell’affermare la se-

rietà nello studio, sia sul ver-sante laico sia su quello eccle-siastico; non lo voleva apologe-tico e rifiutava decisamente lacultura come forma di potere.

Della Chiesa amava sottoli-neare l’universalità in sensoumano e non clericale; ricorda-va che Chenu le aveva detto, al-zando il dito: «La Chiesa arrivafino a dove cielo e terra si uni-scono», cioè in ogni uomo. Unecumenismo umano e univer-sale. «Se manca l’umano, lagrazia non ha dove posarsi», è

un altro dei suoi princìpi. Per questoricordava spesso suo padre, religiosoperché filantropo. Lui e lei hanno at-traversato la notte della fede.

Di conforto immenso fu per lei lavisita privata e improvvisa di papaFrancesco a casa sua. «Come doveredi giustizia, per ringraziarla del be-ne che ha fatto e fa alla Chiesa», ledisse.

La sua memoria è in benedi-zione.

ALFIO FILIPPI

IN SITUAZIONI DIVERSE HANNO TESTIMONIATO LA LORO FEDE

Maria Grazia Maraha attraversato la notte

All’alba di lunedì 30 dicembre è morta nella sua casa di Roma Maria Grazia Mara,tenuta per mano da chi le era vicino. Era nata nel 1923 e ha attraversato la notte diuna lunga attesa. Nel diminuire delle forze, della vista e della mobilità continuava a

chiedersi e a chiedere perché Dio non la veniva a prendere.

P R O F I L I E T E S T I M O N I

Suor Angela,come un raggio di sole

Auschwitz, 23 dicembre 1944

«In questo manicomio Angelaera come un sorriso dell’alba,

come un raggio di sole. Nel mezzodella miseria inimmaginabile conlei sorgeva un’isola di tenerezza».

Così scriveva nel campo di concen-tramento di Auschwitz una dotto-ressa ebrea in riferimento alla pre-senza di suor Angela del Sacro Cuo-re di Gesù. La suora, nata in Vestfa-

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P R O F I L I E T E S T M O N I

lia, è nota anche come «l’angelo diAuschwitz». Suor Angela morì di in-farto il 23 dicembre 1944 mentre ilcampo di concentramento venivabombardato dagli americani.

Suor Angela aveva cercato di aiu-tare i compagni e le compagne diprigionia prima nel campo di con-centramento di Ravensbrück e poiin quello di Auschwitz. Nei quattroanni che passò nei campi di concen-tramento nazisti, suor Angela havissuto il carisma del suo Ordine:aiutare ed essere prossimi agli uo-mini e le donne incarcerati. Ed èmorta per vivere questo carismaspirituale.

Maria Cecilia Autsch, questo ilsuo nome di battesimo, nacque il 26marzo 1900 a Röllecken in Vestfalia,in una famiglia di sette bambini;qui imparò a conoscere la povertàsulla propria pelle. Per contribuireal sostentamento della sua fami-glia, Maria Cecilia lavorò dapprimacome bambinaia e poi come com-messa in un negozio di vestiti. Manon trovò in queste attività il sensodella sua vita. Dopo qualche temposi decise per la vita religiosa.

Attraverso la sua partecipazioneall’opera del movimento laicale del-l’Ordine delle Trinitarie Scalze, Ma-ria Cecilia entrò nel settembre del1933 nell’unico convento di linguatedesca della Congregazione a Mötzin Tirolo. Cinque anni dopo fece lasua professione perpetua: MariaCecilia divenne così suor Angela delSacro Cuore di Gesù.

Quel 1938 fu un anno fatidico per

l’Austria e anche la vita della suorafu toccata in maniera decisiva. I na-zional-socialisti salirono al poterein Austria e cercarono di requisire ilconvento di Mötz. Suor Angela sioppose con successo a questo tenta-tivo da parte del nuovo potere poli-tico.

Suor Angela Autsch«Hitler è una piaga per tutta l’Eu-

ropa» – con queste parole suor An-gela diede voce ai moti del suo cuo-re. Altre sue osservazioni pubblichefecero pensare alla Gestapo cheascoltasse notizie trasmesse dalleradio nemiche (il cui ascolto era sta-to proibito). Per queste ragioni fuincarcerata, nell’agosto del 1940,nel campo di concentramento diRavensbrück con l’accusa di «insul-ti contro il Führer e di corruzionedelle forze militari».

Con su scritto il numero di pri-gionia 4651, suor Angela portava lapezza rossa che contrassegnava co-loro che erano stati internati permotivi politici. A tutt’oggi disponia-mo di 67 sue lettere di prigionia, incui suor Angela racconta in manie-ra cifrata della sua vita quotidiananel campo di concentramento.

Le fu affidato un lavoro nell’in-fermeria del campo, a cui avevanoaccesso solo i nazisti, dove dovevaoccuparsi della lavanderia e delladistribuzione del cibo. Tutto questosi rivelò essere una benedizione pergli altri prigionieri, poiché in talmodo suor Angela fu in grado di da-re loro cibo, acqua calda e sapone,come le fu possibile nasconderenella lavanderia prigionieri malaticosì che potessero riprendersi alme-no un po’. Il soprannome di «angelodi Auschwitz» se l’è guadagnatomettendo in gioco la sua vita per glialtri.

Dopo la sua morte, alla vigilia diNatale del ‘44 il suo cadavere fu im-mediatamente bruciato nei fornicrematori di Auschwitz. Il processodi beatificazione è stato aperto aVienna nel 1990; nel 1992 gli atti so-no stati spediti a Roma. Nel maggio2018 papa Francesco ne ha ricono-sciuto le virtù eroiche.

CHRISTINE LAUDAGE

E S E R C I Z I S P I R I T U A L IPER SACERDOTI, RELIGIOSI

DIACONI

� 9-14 feb: mons. Mario Rollando “Ildiscepolato secondo l’Esortazioneapostolica Gaudete et exsultate” SEDE: Opera Madonnina del Grappa –Centro di spiritualità, Piazza PadreEnrico Mauri, 1 16039 Sestri Levante(GE); tel.0185. 457131; e-mail:[email protected]

� 2-6 mar: p. Giovanni MarioTirante, CGS “Quando sono debole èallora che sono forte” (2 Cor 12,10)SEDE: Casa “Maris Stella”, ViaMontorso, 1 – 60025 Loreto (AN); tel.e fax 071.970232; cell. 333 8827790;e-mail: [email protected]

� 8-13 mar: mons. Tarcisio Bertone“Dall’esortazione apostolica diBenedetto XVI “Verbum Domini”alla lettera apostolica di papaFrancesco “Aperuit illis”SEDE: Casa di Esercizi dei Ss. Giovannie Paolo, Piazza Ss. Giovanni e Paolo,13 – 00184 Roma (RM); tel. 06.772711-06.77271416 e-mail:[email protected]

� 8-13 mar: don Davide Caldirola“Col passare dei giorni. Vitaquotidiana, vita cristiana”SEDE: Monastero S.Croce, Via S.Croce,30 – 19030 Bocca di Magra (SP); tel.0187.60911; e-mail:[email protected]

� 16-20 mar: mons. Marco Frisina“Pietro, sulle orme di Cristo” SEDE: “Villa Immacolata”, Via MonteRua, 4 – 35138 Torreglia (PD); tel.049.5211340; e-mail:[email protected]

� 16-24 mar: p. Cesare Bosatra, sj“Custodisci ciò che ti è statoaffidato” (1 Tim 6,20) SEDE: “Casa di Esercizi Sacro Costato”,Via Alberto Vaccari, 9 – 00135 Roma(RM); tel. 06.30815004; e-mail:[email protected]

� 29 mar-4 apr: fr. Nicola Zuin, ofmconv “L’umanità secondo Dio.Vocazione e missione dell’essereumano”SEDE: Centro Mater Divinae Gratiae,Via S.Emiliano, 30 – 25127 Brescia(BS); tel. 030.3847212; e-mail:[email protected]

� 30 mar-3 apr: p. GiannantonioFincato, CGS “L’esegesi dei Salmi,fonte della preghiera cristiana”Sede: Casa “Maris Stella”, ViaMontorso, 1 – 60025 Loreto (AN); tel.e fax 071.970232; cell. 333 8827790;e-mail: [email protected]

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Testimoni 2/2020 • 15

L’anno 2010 segna una svoltanella vocazione e missione dipadre Manuel João (mail

[email protected]), missionariocomboniano, nato a Penajoia, sullariva del fiume Douro, nel nord delPortogallo. Ordinato sacerdote il 15agosto 1978, vive i primi anni di sa-cerdozio nella comunità combonia-na di Coimbra, dedicandosi all’ani-mazione missionaria e vocazionaledei giovani. Nel 1985 è destinato alTogo, nell’Africa occidentale, dovelavora come missionario fino al1993, quando è chiamato a Romaper coordinare la formazione deigiovani candidati nell’Istituto com-boniano. Ritorna in Togo nel 2002ed è eletto superiore provinciale deimissionari comboniani del Togo,Ghana e Benin.

Alla fine del 2010 arriva la rivela-zione inaspettata, come raccontalui stesso ai suoi amici: “Il prossimo28 dicembre lascerò il Togo e ritor-nerò in Europa, senza sapere cosami aspetta. La malattia che mi è sta-ta diagnosticata (la sclerosi lateraleamiotrofica, SLA) segue il suo corsoe mi porterà con lei, invitandomi aduno sguardo diverso sulla vita. Rivi-sitando luoghi e persone, la mentecorre verso il passato, ricordando laprima volta, il mio arrivo alla mis-sione, giovane missionario pieno disogni ed entusiasmo. Sono già pas-sati 25 anni! Allora, tutto era nuovoper me e mi sono lanciato, anima ecorpo, in questa avventura. Le diffi-coltà dell’inizio, l’adattamento alclima, lo sforzo per imparare la lin-gua e i costumi, l’impegno e la sfidadi una nuova cultura… non hannodiminuito il mio entusiasmo. Oggi,molte cose sono cambiate; è cam-

biata l’Africa e la sua gente, ilvolto della Chiesa e dei missio-nari… e sono cambiato anch’io,com’è naturale!”.

Il cambiamento in atto, con lamalattia, lo allontanerà per sem-pre dall’Africa. Padre Manuel Jo-ão vede questo allontanamentocome un passaggio di testimone:“È grande la soddisfazione nelvedere altri giovani missionariche raccolgono la fiaccola del-l’ideale missionario che ha ani-mato la nostra vita, pronti a con-tinuare adesso la comune mis-sione; ma ritornare a casa è sem-pre un momento doloroso perun missionario che ha fatto dellamissione la sua patria”.

Un ritornoche è un nuovo inizio

Ma vede questo ritorno forza-to in Europa come una nuovaopportunità e un nuovo inizio, elo descrive così agli amici: “Ritornosereno, convinto che il Signore con-tinuerà fedele alla promessa che miha fatto: Sarò sempre con te, per da-re senso alla tua vita! Ritorno, per-ciò, convinto che il meglio debbaancora venire! Come il vino del mi-racolo di Gesù alle nozze di Cana!Termino la mia missione in Africalodando il Signore e accogliendo ilSuo invito a riprendere il cammino.Con il mio passo incerto, a causadella malattia, mi rivedo bambinoche impara a camminare. Dove miporterà questa strada non lo so… Masento che Dio mi invita alla fiducia,all’abbandono nelle Sue mani”.

Il cammino è determinato dallanatura della malattia che avanza e

limita i movimenti, a cominciaredalle gambe. Padre Manuel João èdestinato a Roma, per far partedell’equipe che coordina la forma-zione permanente dell’Istitutocomboniano. Resiste al decorso del-la malattia muovendosi prima conle stampelle e poi con la sedia a ro-telle, superando la prognosi dei me-dici. Ma nel 2016 deve lasciare Ro-ma per essere trasferito in una co-munità (Castel D’Azzano, a Verona)dove – come dice – “io possa esseremeglio assistito perché la mia inse-parabile compagna, la sla, non mimolla”. Va a Verona “per risponderead un’altra chiamata di Dio a lascia-re le mie sicurezze e partire, ancorauna volta, in missione. Si tratta del-

INTERVISTA A P. MANUEL JOÃO PEREIRA CORREIA, MISSIONARIO COMBONIANO

La vita è bella, ma breveper realizzare tutti i nostri sogni“Mi trovo totalmente immobilizzato, ma sento una pienezza di mente e di cuore,

sogno una realizzazione che prima non conoscevo. Questa sedia a rotelle è diventataper me il migliore dei pulpiti”.

V I TA C O N S A C R ATA

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V I TA C O N S A C R ATA

la penultima missione, poiché l’ulti-ma sarà quella che ci verrà affidatain Paradiso. Mi dispongo a viverlacon l’impegno e la generosità dei la-voratori dell’ultima ora della para-bola evangelica”. E rassicura gliamici: “Non parto da solo, vi portonel cuore. Vi sono grato per l’amici-zia e la preghiera che hanno ottenu-to per me il miracolo della serenitàe della gioia che mi hanno accom-pagnato nella malattia”.

Non ho persoil buon umore

Nel corso del 2018 accade un altromomento di “svolta” nel suo cam-mino, che racconta agli amici: “Seimesi fa ho avuto una crisi respira-toria, sono stato in ospedale perquattro lunghe settimane e mi han-no fatto la tracheotomia. Adesso re-spiro con l’aiuto della macchina edè con difficoltà che riesco a farmicapire. Ad ogni modo, non ho persoil buon umore e, nonostante le dif-ficoltà e gli imprevisti della malat-tia, sto bene. Mi sento sereno, undono che Dio mi concede grazie avoi. È vero che mi ritrovo ogni voltapiù limitato nel corpo, adesso prati-camente paralizzato, ma non mimancano il sorriso e la buona di-sposizione, e lodo Iddio ogni giornoper il dono della vita. Non potendousare le dita per scrivere, o la voceper dettare, ho dovuto imparare adusare il puntatore oculare; cioè, viscrivo… con gli occhi! Meravigliedella tecnica!”.

La sclerosi laterale amiotrofica(sla) è una malattia del foro neuro-logico, che non ha (ancora) una cu-ra. Piano piano priva la persona deimovimenti muscolari, riducendo ilcorpo ad una prigione dello spirito.Ma lo spirito vola e il cuore conti-nua ad allargarsi alla misura dei so-gni, come dice padre Manuel João:“Chi non ha sentito rinascere nelsuo cuore il bambino, la bambina,che continua a credere ai suoi so-gni? Il nostro cuore è un pozzo ine-sauribile di desideri! Peccato checrediamo ad essi solo per alcunimomenti!”.

È parlando dei sogni e dei deside-ri che cominciamo la nostra conver-sazione, in un pomeriggio di fine

estate, a Castel d’Az-zano.

– Tu dici spessoche “la vita è bella,ma breve per realiz-zare tutti i nostri so-gni”. Come mai sonocosì importanti i so-gni per te?

Per me, il sogno dàun orientamento al-la vita, è qualcosache sta dinanzi a noie ci fa crescere. È unameta. Naturalmente,dal punto di vistaumano, e anche dalpunto di vista dellafede, il sogno è la vo-lontà di crescere, di andare avanti,di non accontentarsi della banalità,di alimentare il desiderio di cresce-re nell’avventura della vita. Il so-gno, così,è un respiro di futuro.

Da un punto di vista umano, ilsogno è un progetto, qualcosa che ciponiamo come traguardo. Dal pun-to di vista della fede, c’è una trasfor-mazione, perché il sogno è unachiamata di Dio che ci chiede dicambiare prospettiva, di passaredal nostro progetto alla sua pro-messa… Non sono io che mi pongouna meta, con il mio sogno; ma èDio che mi pro-mette, che pone da-vanti a me il suo progetto, il suo so-gno. Io sono passato a guardare lamia malattia e la mia situazione co-me un progetto, una promessa cheDio mi ha messo davanti… la voca-zione missionaria è sempre unapromessa di Dio.

– Per molte persone, la malattiamette in crisi il rapporto con Dio. Co-me ti rapporti con Lui nel processodella tua malattia?

Dio mi ha concesso la grazia diaccettare questa prova e, con l’ac-cettazione, la grazia della serenitàche mi accompagna sempre e chemantengo alla fine di ogni giorna-ta. Ma, certo, anch’io mi chiedevo:perché questo è capitato a me? Mami rispondevo sempre: e perchénon doveva capitare a te? Perché ca-pita ad altri e a te non doveva capi-

tare? In questo senso, ho capito chenon sono un privilegiato, sono co-me tutti gli altri ed è capitato anchea me. Questo mi ha fatto percorrereun cammino di comunione e di so-lidarietà con tutti quelli che soffro-no, in un modo speciale con i malatidi sclerosi laterale amiotrofica.

– Nella tua adolescenza e gioven-tù hai avuto un sogno missionario,un sogno pieno d’azione. Come viviadesso la tua vocazione in una si-tuazione di immobilità?

Talvolta mi viene da pensare aquello che avrei potuto fare se nonavessi questa malattia che mi hacondotto all’immobilità totale… Mapenso che questa è la condizione,questo è il luogo dove vivo la miavocazione missionaria e dove lamia vita è più feconda. Con questamalattia mi trovo in uno spazio ri-dotto, ma qui posso vivere con fe-condità apostolica. Dio può fare, efa, cose grandi anche in questo pic-colo spazio in cui vivo. Sperimentoche piccole cose, a cui prima davopoco valore, come la parola, il sorri-so, la serenità, la capacità di ascoltoe di empatia… mi sorprendono co-me strumenti di grazia che Dio usaper far diventare feconda la mia vi-ta. Questa sedia a rotelle è diventa-ta per me il migliore dei pulpiti.

– Cosa fa un missionario che nonpuò fare niente, oltre che pensare?

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V I TA C O N S A C R ATA

Grazie a Dio, la malattia con meè stata molto benevola, perché no-nostante la situazione d’immobili-tà, posso continuare a leggere e ascrivere con il computer. All’inizio,ho pensato che la mia vita sarebbestata breve, stando alle statistiche.Ma la verità è che ho già superato dimolto la media e sono arrivato adieci anni di vita con la malattia. Èstata una sorpresa per me, e nei pri-mi anni pensavo di dover approfit-tare bene della vita, di dover quali-ficare bene il mio tempo, con il de-siderio di pensare e approfondirevalori. Il tempo mi ha permesso diri-visitare il mio passato e di tra-sformare tutto… come se la mia vitafosse tutta una semina nella qualeil seme lanciato a terra deve morireper dare frutto. Allora, la ri-visita-zione della mia vita è un’occasioneper ringraziare Dio per tutto quelloche ho potuto fare con il suo aiuto…

– Sogno e realtà… Come si vede ilmondo da una sedia a rotelle, il tuoluogo di osservazione della vita?

Una cosa che mi ha accompagna-to fin dall’inizio, certamente comegrazia, è stata la scoperta che, nellavita, ogni circostanza può essereun’opportunità. Questo modo dipensare è stato una grazia per me,la chiave che mi ha aperto la portaverso una vita motivata, in modoparticolare nei primi anni della ma-lattia.

All’inizio, la malattia è come unmuro che blocca completamentetutte le tue prospettive di vita, i tuoisogni, le realizzazioni che volevi fa-re. La malattia, in un certo modo,cancella tutte le promesse. Ma a po-co a poco si è fatta strada in me laconvinzione che, in ogni circostan-za, la vita ci offre sempre delle nuo-ve opportunità. Può sembrare chela malattia ci rubi le possibilità chesognavamo. Ma la vita ci offre altrepossibilità e opportunità che, allafine, si rivelano molto più belle e fe-conde.

Per me, è stato come se una portasi aprisse in questo muro nero, im-penetrabile, che era la malattia… unmuro che a destra, a sinistra, soprae sotto, sembrava un ostacolo insor-montabile. La scoperta di questa

porta, nell’oscurità del muro, è statauna grazia, un ritrovare un mondodi opportunità che non avrei sogna-to e che mi ha permesso di guarda-re la vita con un altro sguardo, di vi-vere in un orizzonte pieno di sor-prese.

– Puoi volare con lo spirito, manel corpo vivi dipendente dagli altriin tutto. Come vivi questa dipen-denza?

Talvolta mi sento un po’ stanco diquesta situazione… Ma mi è di mol-to aiuto pensare che Gesù ha vissu-to trent’anni di vita nascosta e solotre di vita attiva. E il momento su-premo della sua fecondità apostoli-ca sono stati i tre giorni della suapassione e morte, quando si è con-segnato, si è affidato alle mani deglialtri. Alla fine della sua vita attiva eapostolica, il momento più alto edefinitivo sono stati i giorni di pas-sività… passività che può essere piùfeconda e più efficace dell’attività.

La vita della persona umana èpiena di attività, siamo orgogliosi diciò che facciamo. Ma non possiamoignorare che è quando lasciamo cheun Altro faccia attraverso di noi chesiamo veramente fecondi, di un’ef-ficacia che ci supera. Nella nostrapassività aiutiamo anche gli altri acrescere nella loro capacità di servi-re e amare.

– Grazie a Dio, riesci a seguire ead accompagnare la vita della Chie-sa e del mondo. Come vedi la vitadella Chiesa del nostro tempo, inmodo particolare della Chiesa mis-sionaria?

La prima parola che mi viene inmente è crisi… Viviamo un mo-mento di crisi, anche nella vitamissionaria. Ma questo momento èanche una nuova opportunità. Itempi sono ancora di oscurità e diuna certa confusione. Ma credo chequesta crisi, che è una purificazio-ne, sarà anche una rigenerazione eporterà un tempo di primavera perla Chiesa.

– Il tuo primo lavoro apostolico emissionario è stato con i giovani. Og-gi, sembra che i giovani abbiano

paura della malattia, della sofferen-za, dell’impegno in una vocazione avita, come quella missionaria… Co-me li vedi?

Al tempo della mia ordinazionesacerdotale, anch’io ero giovane!Sono stati tempi – gli anni ‘70 delsecolo passato – di grande entusia-smo. I giovani che ho trovato inquella prima esperienza apostolicaerano in una situazione diversa daquella di oggi. Avevano entusia-smo, capacità di afferrare le situa-zioni, sognavano la trasformazionedella loro vita e della società, senti-vano il fascino della vocazione mis-sionaria… anche se in mezzo alle lo-ro debolezze e incertezze, in mezzoai dubbi che anch’io sperimentavonella mia vita e storia.

La situazione odierna mi sembradiversa: i giovani vivono in un con-testo sociale, quello delle reti socia-li, molto diverso, individualista,amorfo e dispersivo che non li aiutaa identificarsi con un progetto. Lavita e la società di oggi offrono unavarietà infinita di possibilità manon si tratta di progetti che vera-mente si materializzano… bensì dipossibilità che rimangono al livellodelle illusioni, e i giovani non rie-scono ad afferrare un progetto con-creto e a perseguire e realizzare unobiettivo di vita.

C’è, perciò, una grande dispersio-ne, alla quale si aggiunge la man-canza di una prospettiva di fede,che porta a far sì che la vocazionemissionaria, come qualunque altravocazione che implichi un impegnoper tutta la vita, diventi in un certomodo un progetto inconcepibile.Penso che oggi si possa fare la pro-posta della vocazione missionariasolo in un contesto di fede, sia la vo-cazione missionaria che la vocazio-ne al matrimonio cristiano.

I giovani oggi hanno paura del-l’impegno, una paura che avevamoanche noi… solo che noi avevamopiù punti di riferimento nell’entu-siasmo e nelle motivazioni della so-cietà e della Chiesa del nostro tem-po. Inoltre, i giovani che ho cono-sciuto in Africa vivono in contestipiù difficili e, per questo, hanno piùcapacità di abbracciare la sofferen-za e di lottare.

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L I T U R G I A

“Fate questo in memoria di me”Pregare nell’eucarestia domenicale

La domenica è occasione di incontro con la comunitàparrocchiale cui apparteniamo. Partecipare alla messa

della domenica è una ‘uniforme’ che rende ancora identi-ficabile coloro che considerano la fede importante per laloro vita. Stiamo tutti operando perché l’eucarestia dome-nicale sia un segno apprezzabile che conduca dalla cele-brazione rituale alla comunione che in essa il Signore cidona.

Secondo i Vangeli è Gesù stesso che ha posto il fonda-mento di questa celebrazione (Giovanni 20,19.26; Luca24,25-49; Atti 10,40-41) ren-dendosi presente tra i suoiil giorno stesso della sua ri-surrezione, spiegando leScritture, spezzando il panecon loro, mangiando e be-vendo con essi. L’Eucaristiadomenicale è la nuova isti-tuzione del Risorto, graziealla quale Egli desidera sta-re con i suoi discepoli e difatto si trova con loro.

Dobbiamo rigenerare lafiducia nella liturgia. La Co-stituzione sulla divina litur-gia dice: “in quest’opera cosìgrande, con la quale viene re-sa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santifi-cati, Cristo associa sempre a se la Chiesa, sua sposa ama-tissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di luirende culto all’Eterno Padre” (n.7).

I due ritmi fondamentali della preghiera cristiana, per-sonale e liturgica, sono indispensabili per la celebrazionedomenicale. La preghiera personale si svolge, come Gesùinsegna, sotto lo sguardo del Padre; essa va riconosciutacome necessaria preparazione ad una piena partecipazio-ne alla preghiera comune.

La liturgia ci fa partecipare ad una dinamica fondamen-tale: noi siamo attorno al Cristo risorto e glorioso che ciparla, ci ascolta, ci sana, prega a nome nostro proprio co-me quando stava con gli apostoli nei giorni della sua vitaterrena. L’ascoltare le letture, il pregare con i salmi, dare ilnostro assenso alla solenne preghiera del celebrante, sitraduce poi nella richiesta personale per vivere il sacrificiovivente di sé nella nostra esistenza quotidiana.

Parola e liturgia sono in stretta correlazione. “come Cri-sto fu mandato dal Padre, così anche Egli mandò gli apo-stoli”, non solo perché annunciassero che il Figlio di Dio ciha liberato dal potere della morte e del Maligno, ma an-che perché mediante la vita liturgica, attuassero l’operastessa della salvezza.

Per questo la proclamazione della Parola è fondamen-tale nell’assemblea liturgica. L’omelia occorre che solo bre-vemente spieghi la Parola proclamata. Sia il celebrante co-

me i presenti al rito liturgico, sono aiutati a vivere la cele-brazione attraverso la lettura, lo studio e la preghiera.

La festa domenicale ci consente di celebrare la vita quo-tidiana. Il quotidiano vissuto come abitudine è l’amarodella vita nostra e degli altri. Quanto vivo ogni giorno sa-pendo che vi sarà la domenica per gustare come pienezzae gioia ciò che sto facendo, anche il quotidiano è vissutocon speranza. Dal compleanno, alla festa per aver costrui-to il tetto di una casa…, è importante soffermarsi a con-templare l’opera eseguita, e provare la gioia di aver con-cluso bene, di aver portato a termine un progetto, di aver

superato intralci inevitabili inogni impresa, per quantoanche non maiuscola.

Vi è un dinamismo che cifa apprezzare la vita, quan-do ci rendiamo conto che igiorni feriali non stannosenza domenica. È la festache consente alla vita diogni giorno di avvertire ilmistero che essa contiene,nel mio lavoro, nella com-petenza che ho conquista-to, nella serenità della fa-miglia.

La domenica ha bisognodella ferialità; l’operare nella

creazione con le mie competenze, l’interagire con quantilavorano con me costruisce quel tessuto di esperienze, po-sitive anche se talvolta faticose, di cui posso parlare al Si-gnore durante la liturgia domenicale. Può avvenire addi-rittura che in qualche caso la domenica sia un fermarsi agodere dell’opera compiuta.

La liturgia domenicale è opera di Gesù a nostro vantag-gio; è Lui ad agire per la nostra santificazione. Per questose anche portiamo alla Messa la coscienza di un’opera cheabbiamo iniziata e non conclusa, la liturgia sta a dirci cheil Signore ci vuole bene, che opera in noi mediante la po-tenza dello Spirito Santo, che viene la Pasqua del Risorto.

“La Messa è finita…”. La nostra vicenda di cristiani è vo-luta dal Signore perché ci sia la testimonianza di Lui, dellasua Pasqua, dell’amore rinnovatore di Dio Padre su tuttele creature. Come tutto questo prende posto nella vitadelle persone? Attraverso la nostra vita di cristiani.

Quando aiutiamo i battezzati a vivere la Pasqua con ilritmo settimanale; allora la luce si accende sulla Città cheè in vista di tutti, il sale del Vangelo che dà gusto alla vitaè sparso nel cibo della quotidianità.

L’interiorità si illumina e si rinsalda nella contemplazio-ne. Proponiamoci di vivere la Messa parlando con il Signo-re, presente perché risorto. Lampo di luce e di gioia che tifa certo circa la tua vocazione e l’abitazione dello Spiritonella tua vita.

GIOVANNI GIUDICI

18 • Testimoni 2/2020

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Testimoni 2/2020 • 19

– Ti senti realizzato come perso-na, come sacerdote e missionario?

Nel Vangelo Gesù ci dice che Dioci visita in tre modi e usa tre imma-gini per parlare del nostro incontrocon Dio.

In primo luogo, Dio viene comesposo (Matteo 25, 1-12) della nostravita, colui che veramente può darcila pienezza che cerchiamo, appaga-re la nostra sete di amore e di felici-tà. Il bello della vita è vivere nellasua attesa, pronti ad accoglierlo co-me l’Amore della nostra vita.

In secondo luogo, Dio viene comesignore, padrone che ci affida i doni(Matteo 25, 14-30) affinché li faccia-mo crescere e fruttificare, per la no-

stra felicità e la felicità degli altri. Ègeneroso con noi, ma viene in un in-contro di “resoconto”. La sfida, il bel-lo della vita, è vivere con un senso diresponsabilità, con mani aperte eoperose, per ricevere e donare, acco-gliere e far crescere i nostri doni.

In terzo luogo, il Signore ci visitacome un ladro (Matteo 24, 37-44)che può sorprenderci e portarci viaquello che pensiamo di possedere…Questa immagine suggerisce vigi-lanza e accentua la sorpresa dellaSua venuta e ogni volta che ho me-ditato su di essa, ho provato qual-che timore.

Con la malattia, il Signore mi havisitato travestito da ladro che miha rubato, piano piano, tutti i mo-

vimenti… Ma Lui è buono e agiscecome un ladro buono che togliequalcosa per lasciare qualcosa dipiù grande, che ci svuota per riem-pirci di Lui. Fin dall’inizio ho avutoil dono di accettare la malattia conserenità e, a poco a poco, di render-mi conto che, se il Signore mi to-glieva una cosa, me ne lasciavaun’altra più bella; mi svuotava diqualcosa per riempirmi di Lui stes-so e dei suoi doni. Adesso sono to-talmente immobilizzato, ma sentoe vivo una pienezza di mente e dicuore, di affetto e di spirito, e sognouna realizzazione che prima nonconoscevo.

p. MANUEL FERREIRA

V I TA C O N S A C R ATA

Diverse sono le inizia-tive: una mostra aTrento e a Tonadico,

l’uscita, il 1 dicembre, per i ti-pi di Città Nuova di una bio-grafia, scritta da un giovanestorico trentino (Gentilini);una messa trasmessa dallaRai dal Santuario MariaTheotokos di Loppiano; lapartecipazione del presiden-te della Repubblica Italianaall’incontro tra la città diTrento e una rappresentan-za dei Focolari provenienteda tutti i continenti il 25 gennaio;un convegno di quattro giorni sul-l’impegno per la città; un incontroper 150 vescovi a Trento e poi a Lop-piano. E poi, non mi pare azzardatoincludere in questa lista due eventiche vedono papa Francesco al cen-tro, che mirano ad avere dimensio-

ni spiccatamente internazionali, enon solo ecclesiali: l’Economia diFrancesco (Assisi, marzo 2020) e ilGlobal Education Compact (Roma,maggio 2020). Saranno occasioniche vedono, con tante altre realtà, iFocolari a servizio di sfide globalianche con il loro apporto di pensie-

ro, oltre che fornendo l’aiu-to di personale per renderetutto possibile… ! Chi va aguardare sul sito del cente-nario www.centenariolubi-chtrento.it può anche com-prensibilmente avere deicapogiri, talmente tante evarie sono le proposte. Madietro tutto questo, comecapire l’ora presente per iFocolari, chi è Chiara Lubichoggi, per loro, per la Chiesae per il mondo?

Il sogno dell’unitàC’è bisogno di riconciliazione, di

riavvicinarci gli uni agli altri, di tro-vare ragioni oggi per migliorare inostri rapporti? Non c’è dubbio chese guardiamo solo all’inizio di que-sto 2020, con timori di guerre fuori

C. LUBICH (22.1.1920 – 14.3.2008)

Un secolo di ChiaraA cent’anni dalla nascita, mentre il processo di canonizzazione supera l’esamediocesano (10 novembre 2019), il movimento dei Focolari ricorda e rinnova il

dinamismo spirituale della fondatrice.

V I TA D E L L A C H I E S A

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V I TA D E L L A C H I E S A

dall’Europa o i rischi legatialla crisi ambientale, ci sipuò scoraggiare e chiedersidove trovare ragioni per dar-si da fare, dove sono le ragio-ni per sperare nel futuro.

Certo nel 1943, nel climadella seconda guerra mon-diale, la giovane Chiara (Sil-via all’epoca) Lubich si saràfatta anche lei queste do-mande. La risposta che si èdata ha fatto nascere il movi-mento dei Focolari. Ma forsenon ci ricordiamo che dopopochi mesi, leggendo il Van-gelo, capisce che quel che staper sbocciare dall’esperienzacon il suo piccolo gruppo nelTrentino, è una chiamata avivere per l’unità, concetto evange-lico che per loro ha ormai un fasci-no straordinario e che metterannouna vita ad imparare a cogliere e vi-vere.

Vale ancora interrogarsi: ha sen-so oggi pensare – un po’ controcor-rente – che questo nostro mondovuole, domanda, ha bisogno di uni-tà? Ha senso oggi confrontarsi conquesta figura di donna cattolica,trentina, fondatrice, mistica e autri-ce feconda? Gli organizzatori dellecelebrazioni del centenario hannopensato di sì.

Incontrarla oggiQuando si è pensato a questo

centenario, rapidamente si è cristal-lizzato uno slogan che sintetizzasselo “spirito” con il quale si volevaorientare la creatività che si stavascatenando: celebrare per incontra-re, propose Maria Voce, presidenteda 12 anni dei Focolari. IncontrareChiara Lubich, non solo a 100 annidella nascita, ma soprattutto a piùdi 12 anni dalla sua partenza. La co-sa merita una riflessione accurata.A parte i venti di guerra, il mondodel 2020 è ben diverso da quello del1920 o del 1943. La figura di questadonna, nata appena dopo la primaguerra mondiale, ha da dirci ancoraoggi qualcosa. Un suo amico, fonda-tore a sua volta di una realtà eccle-siale successiva al 1968, disse di lei«In una storia del cristianesimo delNovecento fatta in gran parte di uo-

mini che alle donne hanno lasciatoqualche angolo di mistica o di qual-che esperienza di carità, Chiara èstata una donna che ha fatto la sto-ria a tutto tondo: mistica, carità, maanche politica, cambiamento dellavita, passione. Così io l’ho conosciu-ta» (Riccardi, 18 novembre 2019).Forse proprio questa poliedricitàspiega perché ancora oggi non è fa-cile cogliere chi era davvero, chi èChiara, perché è ancora interessan-te incontrarla, anzi, forse è più faci-le oggi incontrarla che quando erain vita. Incontrarla forse diventa unbisogno perché Chiara appartienepiù al Duemila che al Novecento.

Il dinamismoChi ricordiamo oggi tra le figure

femminili del Novecento? Tutti ri-cordiamo Madre Teresa per la suaspinta alla carità; Adrienne vonSpeyr, Etty Hillesum, Anna Frank oSimone Weil come figure mistiche;tra le fondatrici di nuovi ordini lapiccola sorella Magdeleine (legataal carisma di Charles de Foucauld) ediverse altre figure femminili menoconosciute.

Per cogliere l’apporto della Lu-bich, però, bisogna menzionare an-che il suo rapporto con la politica,che già Havel o De Gasperi e Prodiavevano stimato; o anche il suo rap-porto con l’economia: amica di domHelder Camara e don Benzi, era in-fatti animata da una forte ansia digiustizia sociale e impegno per i po-

veri che nel 1991 sfociarononel progetto dell’Economia dicomunione, che non solo co-me proposta pratica ma an-che per la sua rilevanza cultu-rale e scientifico, verrà ap-prezzata, pubblicizzata e stu-diata, oltre che premiata. Nel-l’ecumenismo, nell’interreli-gioso e nel rapporto con lacultura senza riferimento re-ligioso, è difficile trovareun’altra figura di donna cheha trovato consensi come leiin tutti i tre ambiti contem-poraneamente. Ma ad elenca-re questi aspetti si diventaanche noioso. Fatto sta che sitrovano anche pochi uominiche come lei si sono impe-

gnati «a 360 gradi». Urge davverocapire come ha fatto a farsi apprez-zare da musulmani sunniti e chiiti,in casa nostra e nel resto del piane-ta. O come ha affascinato ed è riu-scita a entrare in rapporto con cine-si e indiani che oggi per altro stan-no dandoci l’impressione che laspinta dinamica nel mondo dipen-de da loro. Come è riuscita a tessererapporti con correnti buddiste edebraiche che tra di loro s’incontranodifficilmente. E come ha fatto aguadagnare la fiducia dei poveri estimolare negli imprenditori il me-glio della loro ingegnosità convin-cendoli a mettersi al servizio di unmondo più uguale.

Trento: quattro compagneMa se si cerca qualche chiave di

lettura, che illumina dal di dentroun filo logico, direi un filo lubichia-no, allora si può dire forse questo.

I cento anni lo suggerivano, tor-nando al 1920: si sono messi nellecelebrazioni prima di tutto i proiet-tori sul luogo dove tutto nasce, lasua amata Trento. Credo sarebbepiaciuto a Chiara che parecchi ele-menti del centenario fossero situatia Trento. Lei ha sempre avuto il sen-so del locale, ma nei primi giorni dipace dopo il cataclisma bellico, nel1945, dal balcone del primo Focolareguardava con qualche sua compa-gna un aereo nel cielo e disse «ungiorno questi aerei porterannoovunque il nostro “ideale”» – parola

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V I TA D E L L A C H I E S A

chiave nel suo gergo per dire l’insie-me delle ispirazioni che sintetizza-vano la vita che si sviluppava e chefarà nascere i Focolari. Chiara localee globale dall’inizio dunque. E inter-rogata un giorno si ricordava che inquesti stessi “primi tempi” a Trentodisse che sognava la cupola: il suoideale avrebbe avuto a che fare conla cupola, cioè San Pietro a Roma, edunque il papa e la Chiesa univer-sale. Lo disse allorché aveva attornoa sé solo un gruppo informale diamiche, e la responsabilità per unasezione locale di giovinette delTerz’ordine francescano (cappucci-no). Ma aveva già nel suo DNA laChiesa locale e universale.

E il mondo? È sempre stata parti-colarmente attenta alla dimensio-ne circoscritta della città, ma poiparlerà con fervore della patria(“amare la patria altrui come la pro-pria”) e finirà con l’evocare il “mon-do unito” ammettendo musulmani,ebrei, buddisti e indù nel suo movi-mento … Iniziò sotto le bombe aprendere le misure della sua città,pensando che il suo gruppo era na-to per risolvere il problema dei po-veri di Trento, sensibilità al socialemai poi scartata lungo tutto l’arcodel suo percorso e che porterà nel1991 all’iniziativa citata dell’Econo-mia di comunione e persino allo sti-molo per sviluppare nuovi capitolidella teoria economica. Ancora du-rante la guerra con le prime suequattro compagne distribuisce inogni casa di Trento un volantinomanifesto: per essere felice, il primoatto che manifesta il suo interesseper la vita pubblica. Non per nullail presidente del consiglio De Ga-speri la stimerà tantissimo, e il filocon politici in casa e all’estero nonsi interromperà mai, convintacom’era che la politica era l’amoredegli amori ...

I sospetti e i “segni”E serve dunque oggi incontrare

Chiara? Già nel 1947 l’arcivescovo diTrento riconosce Chiara come unleader spirituale credibile, ma se su-scita plausi e seguito d’una parte, leperplessità non mancheranno aTrento. Ma i punti interrogativi de-gli anni Quaranta, col Concilio negli

anni Sessanta si avvereranno comecardini del rinnovo del mondo cat-tolico. A Trento Chiara inizia a pra-ticare il vivere il Vangelo con la pe-dagogia di “Parole di vita”, parolepillole che sono una vera evangeliz-zazione avant la lettre, ma qualcunoallora la tacciava di “protestante”,ma prepara anche i Focolari dal1961 ad essere tra i primi movimen-ti e realtà ecclesiali cattolici a lan-ciarsi nell’avventura dell’ecumeni-smo. Ancora a Trento si mormoravache esageravano con il loro impe-gno per i poveri e la comunione deibeni istaurata a tal scopo. Ma colConcilio (la questione sociale comesegno dei tempi) e l’opzione prefe-renziale per i poveri della Chiesapostconciliare fino a Evangelii Gau-dium e Laudato si’ (papa Francesco),la Chiesa in questi decenni non diràaltro, ma a Trento il mormorio latacciava allora qualche volta di “co-munista”. Un terzo elemento, e for-se un aspetto che tutt’oggi va me-glio capito, era che tutta questa cosasembrava morbosa, oggi si direbbesoft, troppo femminile per esseresolida, troppo sentimentale – par-liamo sempre delle reazioni in certecerchie trentine. Pregiudizio legatoall’eredità maschilista nella Chiesapreconciliare di sicuro. Ma se siqualifica la spiritualità dei Focolaricome “mariana”, oggi si direbbespiccatamente “generativa”, non èpiù oggi considerato come un han-dicap, ma come un vantaggio. Se so-lo a partire degli anni Ottanta si ini-zia a parlare del Concilio Vaticano IIcome un evento che ha rimesso lacomunione al centro della vita ec-clesiale, fa capire retroattivamenteche c’era già a Trento (ma certa-mente non solo lì) il seme di taleevoluzione che germinava nel po-polo di Dio. Personalmente nei piùdi cinquant’anni del mio impegnonei Focolari, il fatto che sia nato dadonna, che la presidente sarà sem-pre una donna, non mi ha mai fattopensare di essermi impegnato persbaglio in un movimento femmini-sta, ma invece in una realtà che mi-rava alla reciprocità profonda, allacomunione, ad un sempre più pro-fondo rispetto della diversità nel-l’unità, in una realtà che liberaval’uomo da millenni di maschilismo.

C’è futuro, c’è speranza

Forse incontrare Chiara Lubichnel 2020 può avere anche un altrosenso. Non c’è dubbio che il mondosotto l’impulso dell’economia e del-la finanza, e dei progressi tecnolo-gici (l’era del digitale tocca tutto ilpianeta) sta diventando globale.Nello stesso tempo sembra aumen-tare l’impressione che non per que-sto abbiamo imparato a vivere me-glio insieme tra persone, tra generi,tra popoli e continenti, tra religionie civiltà. Ci sono anche segnali chedicono che sì, si va avanti in certicampi, a certi momenti, ma tuttosembra anche fragile. La sfida allaquale il centenario di Chiara Lubichcerca di rispondere, è forse proprioquesto: sì, futuro c’è, speranza c’è, sesi guarda l’insieme del nostro mon-do, il racconto della lunga vita dellaLubich illustra che c’è un disegnopossibile per un mondo che tecno-logicamente e economicamente siconnette, ma che stenta a dare con-tenuto di senso a questa evoluzio-ne. La Lubich ha, come dice papaFrancesco, investito nell’iniziare unprocesso, non ad occupare uno spa-zio, e qualche frutto questo cammi-no sta dando.

BERNHARD CALLEBAUT, docente di Sociologia all’Istituto

Universitario Sophia (Loppiano), au-tore del volume La nascita dei Foco-

lari. Storia e sociologia di un carisma(1943-1965), Città Nuova 2017

Testimoni 2/2020 • 21

Un cattolicesimo

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22 • Testimoni 2/2020

Non è procrastinabile l’inter-rogarsi su quali siano lescelte in grado di tradurre il

patrimonio spirituale che ci è statoaffidato per rispondere ai bisogniprofondi della vita, dell’amore, deldesiderio, della fede.

Il punto di partenza sta nel ren-dersi conto cha la VC come si pre-senta nei suoi aspetti visibili, èspiazzata rispetto alle trasformazio-ni della storia, per cui non incurio-sisce più. È arrivata a questo, perchéha avuto la presunzione di avere unsapere da custodire che l’ha dispen-sata per troppo tempo dal riflettere,per ritrovarsi carica di princípi, nor-me, sistemi di vita non corrispon-denti allo sviluppo della rivelazione.

I sogni che Cristo avevaIl primo sogno è espresso nel suo

dire: «io sono venuto perché abbia-no la vita e l’abbiano in abbondan-za». Ai fini di questo progetto Cristoincomincia dal liberare dai timorigenerati da una religione regolata

dal rigore, dai meriti e dai castighiper parlarci narrando storie di sal-vezza. Nel fare questo egli scavalcònon soltanto la tradizione orale deipadri, la «halach», ma la stessascrittura sacra, la «Torà», non inten-dendo però con questa presa di po-sizione, combattere la legge, ma fa-re dell’uomo la misura della legge,non essendo questa la preoccupa-zione di Dio ma l’uomo. Non critical’idea di Dio che viene trasmessa inIsraele, ma si ribella contro gli effet-ti disumanizzanti prodotti da quel-la religione così com’era organizza-ta, specialmente in ciò che non siproponeva come principio di vita.

Questa posizione di Gesù è rima-sta fissa in un aforisma indimenti-cabile: «il sabato è stato fatto perl’uomo e non l’uomo per il sabato»(Mc 2,27) intendendo dire che per luinon erano degli assoluti i carichi re-ligiosi, ma aveva valore assoluto lapersona. Pertanto se Gesù sorpren-de, non è perché espone nuove dot-trine su Dio, bensì perché coinvolgeDio nella vita degli uomini in ma-

niera diversa. La sua esperienza diDio lo spinge a liberare la gente dapaure e schiavitù che le impedisco-no di sentire e sperimentare Dio co-me lo sente e lo sperimenta lui,amico della vita e della felicità deisuoi figli e figlie.1 Dunque il criteriodi cui egli tiene conto è quello di ve-dere se una legge concreta fa del be-ne alla gente e aiuta a far sì che lacompassione di Dio si vada introdu-cendo nel mondo, perché «ciò chenon può essere tollerato è che unalegge impedisca alla gente di speri-mentare la sua bontà di padre».2

Il secondo sogno di Cristo è statoquello di associare a sé come conti-nuatori di questo progetto uominie donne abitati dal desiderio di as-sumere la sua attitudine guarente,sanante, in grado di smascherare imeccanismi di una religione chenon fosse al servizio della vita. Que-ste persone non le conduce ad esse-re un nuovo sistema sociale comefacevano alcuni settori dei farisei oi seguaci di Kumran, ma chiede lorodi riconoscersi in un nuovo focolare,uno spazio nuovo, pieno di possibi-lità, non riservato a una comunitàdi eletti, «dove vi sono uomini e don-ne che sullo stile di Gesù sanno ab-bracciare, benedire e curare i più de-boli e “piccoli”».3 Un focolare che di-ca «famiglia», vale a dire un insie-me di «fratelli, sorelle e madri». Daldire di Gesù sono esclusi i padri in-tendendo così affermare che inquesta famiglia nessuno eserciteràsugli altri un’autorità dominante inmaniera patriarcale.4 Inoltre a que-sti suoi seguaci, Cristo chiede dinon diventare un gruppo diretto dasapienti “rabbunì”,5 ma famiglia digente che sa condividere la propriaesperienza con Lui, l’accesso al qua-le è diretto e immediato, non essen-

LA VITA CONSACRATA E I SOGNI DI CRISTO

UNA FORMAZIONECHE FORMI IL CUORE

Che cosa fare per ridonare alla vita consacrata la sua attrattiva,la sua bellezza umana e spirituale, quella che crea gioia nel vivere e nel donarsi?

F O R M A Z I O N E

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F O R M A Z I O N E

dovi posto per gli intermediari. Unafamiglia dove il timore lascia lospazio alla gioia di accogliere Dio,amico della vita, un Dio che guari-sce non tanto per questioni religio-se ma per ricostruire la vita, mossoda compassione. Una famiglia per-ciò fatta di gente che tende ad esse-re testimone di un modo d’essere“ecclesia” che è «custodia di energiae amore, di generosità e altruismo,di vitalità e di bellezza».6

Nel regno di Dioè legge l’amore

Un amore, quello proposto daCristo, orientato a rendere più uma-na non solo la religione ma la vita,cominciando da coloro per i quali lavita non è vita.

La prima cosa da cui i discepolifurono attratti è stata la tenerezzacon cui accoglieva i più “piccoli”, epoi vederlo benedire e liberare dalmale, togliere dall’abbattimento,dalla tristezza di vivere, orientandoa una società più amabile.

Inoltre si emozionavano osser-vando come si commuoveva davan-ti alla sventura e alla sofferenza de-gli ammalati, facendo vedere in talmodo che la verità degli affetti è unproblema altamente religioso.

Poi ciò che li sorprendeva era chela vita austera del deserto venisseda Gesù sostituita da uno stile di vi-ta fatta di relazioni festose, e che

rendere giustizia ai poveri venivaprima del culto, dei digiuni, dei sa-crifici, e che Cristo con il cuore fossepiù vicino al figlio che se ne era an-dato di casa, anziché a quello che erarimasto con lui; li stupiva inoltre chealla necessità di perdonarlo antepo-nesse il desiderio che il figlio co-gliesse il suo amore disinteressato.

Erano infervorati dalla sua liber-tà e passione nel difendere la digni-tà di ogni persona,7 come, ad esem-pio, il mettersi dalla parte delledonne rendendole protagonistedelle sue parabole.8

Con lui, coloro che lo seguivanoandavano anche imparando a se-dersi a tavola con gente indesidera-bile; a non scandalizzarsi se si inte-ressava dei poveri senza tener contodel loro comportamento morale,dunque non perché lo meritasseroma perché ne avevano bisogno; eimparavano anche ad avvicinarsiagli ammalati non per offrire lorouna pia visione della sventura, maper potenziare in loro la vita.9

In particolare i discepoli andava-no comprendendo che in Gesù laforza per quanto andava facendogli era data dalla preghiera, i cuitratti erano riscontrabili nell’unicapreghiera da lui insegnataci, nellaquale egli lascia intravedere i gran-di desideri che pulsavano nel suocuore e le grida che rivolgeva al pa-dre nelle lunghe ore di silenzio, unapreghiera in cui avvertendo Dio co-

me qualcuno di moltovicino gli saliva spon-tanea alle labbra sol-tanto una parola: «Ab-bà» (padre mio), paro-la balbettata dai bam-bini della Galilea chein lui evocava affetto,intimità, confidenza, ein particolare quellafiducia che lo portavaa impegnarsi in tuttele sue scelte.

Da quanto dettoemerge che discepoli –e dunque religiosi/e -sono coloro che sannoscoprire le esigenzedell’amore nella vitadella gente, e viverecurando, accogliendo,perdonando, liberando

dal male, amando, cioè persone chemostrano i tratti di una bontà e diuna bellezza capaci di accordarsi al-l’umano, cosa possibile soltanto sesi fa dell’amore un imperativo.10

Passare dallafecondità funzionalealla fecondità evangelica

La possibilità per la VC di transi-tare dall’attuale inquietudine de-pressiva a quella generativa è datadal testimoniare il vero volto diDio manifestatosi in Cristo, por-tando la vita discepolare a sceglie-re la dinamica del Maestro, in cuila vita diventa trasparenza dell’an-nuncio messianico con il narrare ilCristo dalle azioni guarenti, simbo-liche e trasformatrici. Significadunque riandare allo stile di vita diGesù di Nazaret e a quanto da luiproposto ai discepoli: in questo stal’intensità rappresentativa dei va-lori evangelici a cui sono chiamatii religiosi e le religiose, senza timo-re di rivedere consuetudini «nondirettamente legate al nucleo delVangelo».11

È a persone così che ancora oggipuò essere fatta la proposta di unprogetto che più che essere di divi-nizzazione è anzitutto di umanizza-zione, perché il progetto cristianonon può divergere dal progetto diun Dio che si è fatto uomo per sve-larci la dimensione divina. Perciò «èurgente recuperare uno spirito che cipermetta di riscoprire ogni giornoche siamo depositari di un bene cheumanizza».

I religiosi e le religiose allora so-no coloro che chiamati a partecipa-re all’essere di Cristo, accettano didare spazio con il proprio essere, auna chiara espressione della suaforza liberatrice e sanante. È questociò a cui vi impegna la vostra voca-zione, dice il Papa: «passare accantoad ogni uomo e farvi prossimo diogni persona che incontrate; perchéil vostro permanere nel mondo nonè semplicemente una condizione so-ciologica, ma è una realtà teologaleche vi chiama ad uno stare consape-vole, personale, attento, che sa scor-gere, vedere e toccare la carne delfratello». EDB

pp. 168 - € 16,50

Il creato tra meraviglia e problema

AMBROGIO SPREAFICO

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Quanto detto porta a evidenziarela differenza tra «fecondità evange-lica ossia messianica» (quella de-scritta), e «fecondità funzionale»;differenza che porta a cogliere ladissomiglianza, tra ieri e oggi, dei fi-ni della vita religiosa. Se un tempola si intendeva come «prefigurazio-ne», «prova» «attesa», «conquista»della «vita futura» e quindi una vi-ta che attendeva proiettivamente il«regno», oggi la vita religiosa èchiamata a essere non più solo«mezzo» ma anche il «fine», che èquello di realizzare nel presentequel «regno» ove la salvezza sia spe-rimentabile fin d’ora.12 Per cui nonbasta rifarsi alle primordiali formedi vita nate dal presupposto che sel’uomo si accontentasse di vivere lavita cristiana nel mondo, sarebbeesposto a un pericolo al quale fini-rebbe per soccombere e neppure

basta rifarsi aquelle forme chesuccessivamen-te sono sorte at-traverso cui i re-ligiosi/e veniva-no riconosciutiper ciò a cui ri-nunciavano: mo-nacato e rinun-cia erano tal-mente legati chei monaci eranochiamati «re-nuntiantes».

Funzionale inoltre è quell’idea divita religiosa che poteva facilmentesfociare nella scelta di un Dio priva-to con il quale stabilire un rapportoprivilegiato che poteva portare a farripiegare su se stessi.13 È insufficien-te la religiosità propria di varie for-me di vita chiuse nello spazio invio-

F O R M A Z I O N E

labile del sacro. È venuto a indicarciciò che nella vita è vitale piuttostoche chiederci una adesione generi-ca a valori e principi altisonanti malontani, espressi con un insieme digesti e osservanze senza profonditàe senza calore.

È venuto perché fossimo in gra-

L’orrore degli

La metà degli omicidi in Italia avviene in famiglia. In cre-scita l’età media delle vittime e degli autori. Prevalgo-

no i femminicidi e sono in aumento i figlicidi. Sono alcunifra i dati più allarmanti che emergono dall’ultimo Rappor-to Eures sul fenomeno.

L’Eures, Istituto di Ricerche Economiche e Sociali, hapubblicato nel 2019 il Rapporto Omicidio in famiglia ana-lizzando caratteristiche, dinamiche e profili di rischio diquesti delitti. Si tratta della prima analisi in Italia dedicataspecificamente a questo argomento, che inquadra l’omi-cidio familiare nel contesto del fenomeno omicidiario alivello nazionale riportandone la dimensione e l’anda-mento negli ultimi venti anni.

Dal 2000 si sono registrati nel nostro paese oltre 3.500omicidi in famiglia. Nel 2018 il 49,5% delle vittime degliomicidi volontari commessi è stato ucciso nella sfera fa-miliare o affettiva (163 su 329 vittime di omicidio totali):è la percentuale più alta mai registrata in Italia. Tra que-ste vittime, il 67% è costituito da donne (109) e il 33% dauomini (54). L’ambito familiare costituisce ormai il con-testo omicidiario quasi esclusivo per le vittime femminili,dal momento che oltre l’83% delle 130 donne uccise inItalia nel 2018 ha trovato la morte per mano di un fami-liare o di un partner/ex partner. Nel 2018 le vittime degliomicidi familiari aumentano al Sud (da 57 a 65) e al Cen-tro (da 28 a 30), mentre diminuiscono al Nord (da 81 a 68)che comunque si conferma l’area con il più alto numerodi vittime. Nel quadro dei femminicidi familiari si eviden-zia che il principale movente risulta quello della gelosiae della volontà di possesso della compagna (quasi il 33%

dei casi); seguono le liti e i dissapori (16%) e il disagio del-la vittima (15%).

L’omicidio in famiglia colpisce oggi in misura semprepiù frequente anche gli anziani: le vittime dai 65 anni insu raggiungono infatti il 30% circa del totale, a fronte del18% del 2000. Aumenta nel contempo l’età media dellevittime, che passa da 45 anni nel 2000 a 49 anni nel 2018.Si segnala al riguardo il crescente fenomeno degli omicidicosiddetti “compassionevoli”, dettati cioè dalla decisionedell’autore di porre fine a una condizione di disagio estre-mo della vittima (malattia grave o terminale, demenzasenile, ecc.) da lui ritenuta insostenibile (23 casi nel 2018).In questo contesto aumenta il numero delle donne anzia-ne vittime di femminicidio (48 le ultrasessantaquattrenniuccise nel 2018), confermando la fragilità di tale compo-nente della popolazione, sempre più numerosa, spessoisolata e maggiormente esposta ai fattori sociali di ri-schio.

Forme di violenza tra le pareti domesticheAll’interno dell’omicidio in ambito familiare è nella re-

lazione di coppia che si consuma il maggior numero deidelitti: nel solo 2018 sono infatti 80 le vittime (tra coniugi,ex coniugi o ex partner) costituite in più del 90% dei casida donne (73 donne contro 7 uomini). Purtroppo anche larelazione genitore/figlio presenta una crescente dram-matica problematicità: si contano infatti 31 figli uccisi daigenitori nel 2018, con una crescita di più del 47% sull’annoprecedente (21 le vittime nel 2017). Questi 31 figlicidi sonostati commessi in 20 casi dai padri e in 11 casi dalle madri.

Nei primi 5 mesi del 2019 si registrano 64 vittime diomicidio in famiglia: rispetto allo stesso periodo dell’anno

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F O R M A Z I O N E

do di appagare l’aspirazione alla lu-ce, all’ amore, alla bellezza. Dunquepersone che facciano emergere lascintilla divina presente in sé per«fecondare ogni cultura con il semedel vangelo, attraverso cui poter ri-velare quanto le ragioni dell’oggisiano le condizioni perché l’umanoincontri il divino.14 In una occasio-ne rivolgendosi a dei consacrati ilPapa li ringraziava così: «voi sietenel cuore del mondo col cuore diDio. La vostra vocazione deve ren-dervi interessati ad ogni uomo fa-cendosi talmente vicini tanto datoccarne le sue ferite e le sue attese,le sue domande e i suoi bisogni,con quella tenerezza che è espres-sione di una cura che cancella ognidistanza».15

È allora evidente che per essere“un fermento di Dio in mezzo al-l’umanità” (EG 114), lo sviluppo di

nuove possibilità non le viene daldoverle fare quale tributo sacrifica-le, ma dalla potenza delle «passionigioiose», dal cuore, entro cui ci stan-no anche quei sacrifici che sono alservizio della vita. Da qui «la neces-sità allora di formare a quella bel-lezza – è ancora il Papa a dirlo – chevalorizza la dimensione intuitiva eamorevole del cuore, perché la forzadell’amore di Dio che avete incon-trato e conosciuto, porta a prendersiin carico dello sguardo altrui, e ren-de capaci di sporcarsi le mani».

Dopo quanto detto è doverosauna domanda: nell’attuale vita re-ligiosa la formazione arriva a for-mare il cuore?

Il Samaritano che passando perla strada vide ed ebbe compassioneviene a dirci che «non c’è in una in-tera vita cosa più importante da fa-re che chinarsi perché un altro, (tan-

ti altri) cingendoti il collo possa rial-zarsi».

RINO COZZA csj

1. J.A.Pagola, Gesù, un approccio storico, Borla,Roma 2010,340.

2. Ib.283.3. Ib.278.4. Ib.253.5. Ib.253.6. A.Rodriguez6. A.Potente, in Un futuro per la Vita Consacra-

ta, Josu M. Alday, Ancora,Milano 2012, p.107.7. J.A.Pagola, Gesù, un approccio storico, Borla,

Roma 2010,3238. Ib..9. J.A.Pagola, Gesù, un approccio storico, Borla,

Roma 2010,36410. Ib,285.11. Evangelii Gaudium 4312. M.Guzzi, L’insurrezione dell’umanità nascen-

te, Paoline, Milano 2015,19613. Emmanuelle-Marie, Messaggero, Padova,

2008, p.9.14. Per vino nuovo …n.3715. Ai Rappresentanti degli I.S 11.05..2014, ripor-

tato da I.Scaramuzzi, Vatican Insider.

omicidi familiari

precedente si segnala una nuova crescita del fenomeno(passando il numero delle vittime da 58 a 64), che arrivaa rappresentare il valore record di oltre il 51% degli omiciditotali. In relazione al genere delle vittime nei primi 5 mesidel 2019 si rileva un significativo aumento di quelle di ses-so maschile (da 15 a 29), mentre risultano in calo le vittimefemminili (da 43 a 35). Aumentano, in particolare, anche igenitoricidi e i fratricidi.

Considerando comunque il numero totale degli omi-cidi volontari commessi in Italia tra il 1 gennaio e il 31maggio dell’anno passato (dati relativi al confronto 2018-2019), si conferma una flessione del fenomeno (le vittimecensite passano da 140 a 125). In molti casi sono stati ri-scontrati precedenti maltrattamenti a danno delle donne(violenze fisiche, stalking, minacce), confermando comeil femminicidio rappresenti l’ultimo anello di un crescen-do di vessazioni e violenze che la presenza di un’efficacerete di supporto (amicale, sociale, istituzionale) potrebberiuscire ad arginare. Tra i reati ascrivibili alla violenza digenere sono i maltrattamenti in famiglia a registrare ilmaggiore incremento nel 2018, attestandosi nel 2018 a17.453 delitti denunciati, il valore più alto dell’ultimoquinquennio.

Emergenza armi in casaNel 2018 l’arma da fuoco risulta lo strumento più uti-

lizzato negli omicidi in famiglia (65 vittime), prevalendoin misura significativa sull’arma da taglio (40 casi). Nelcomplesso ammontano a 1.139 le vittime degli omicidi infamiglia uccise con un’arma da fuoco tra il 2000 e il 2018,mentre risultano invece 1.118 gli omicidi familiari com-messi con armi da taglio, 550 quelli con armi improprie o

percosse e 426 i casi di strangolamento e soffocamento.Sulla base delle informazioni accessibili da fonti aperte(giornali, internet, ecc.), nel 64% dei casi in cui le vittimesono state uccise con armi da fuoco, l’assassino risultavain possesso di un regolare porto d’armi (in diversi casi permotivi di lavoro), confermando quindi la necessità di con-trolli più accurati, soprattutto in presenza di situazionistressanti o comunque “a rischio” (ad esempio, una sepa-razione o la grave malattia di un familiare stretto). In par-ticolare le armi da fuoco hanno rappresentato lo strumen-to principale di morte nei figlicidi (oltre il 50% delle vitti-me) e negli omicidi di coppia (in tutti i casi sono vittimefemminili).

Nonostante la disponibilità legale di armi sia limitatain Italia, il numero di omicidi familiari e di coppia compiuticon armi regolarmente detenute nel 2018 e la loro inci-denza sul totale rappresenta senza ombra di dubbio unaquestione da approfondire con grande attenzione. Comeevidenzia il Rapporto, questa disponibilità legale confer-ma già da ora «la necessità di controlli più accurati, so-prattutto in presenza di situazioni stressanti o comunque“a rischio”, come una separazione o la grave malattia diun familiare stretto». La questione è di grande attualità,in considerazione anche delle recenti modifiche alla leggesulla legittima difesa: occorre infatti evitare che le armida strumento difensivo contro eventuali minacce esternesi trasformino nello strumento offensivo diretto contro ipropri cari. Occorre impedire che da mezzo per un’ipote-tica legittima difesa si trasformino nell’arnese più usatoper l’illegittima offesa.

MARIO CHIARO

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Ho lavorato per nove anni inPolonia, in due diversi perio-di: dal 1989 al 1992 come se-

gretario di nunziatura, subito dopola caduta del comunismo, e dal 2010al 2016, come nunzio apostolico. Datre anni mi trovo a Mosca, nunzioapostolico nella Federazione Russae in Uzbekistan.

La Russia si colloca definitiva-mente ad Est dell’Europa, mentre laPolonia viene considerata paesedell’Europa centro-orientale. In re-altà, essa si trova nel vero centro fi-sico dell’Europa continentale –quella che va dall’Oceano Atlanticoai monti Urali – situato, secondo al-cuni geografi nella cittadina di Su-chowola (tra l’altro, patria del mar-tire Jerzy Popiel¥usko).

Il profilo etnico, storico, culturalee religioso dei due paesi si configu-ra diversamente, tuttavia le alternecompetizioni e compenetrazioniterritoriali e demografiche lungo isecoli e la comune appartenenza alblocco sovietico per gran parte delsecolo scorso li accomunano sottotanti aspetti.

La Polonia è EuropaLa Polonia, da sempre cuscinetto

cattolico tra la sponda protestantea Ovest e Nord e quella ortodossa adEst, ha mantenuto legami più stret-ti con l’Occidente prevalentementecattolico.

Papa Giovanni Paolo II, cultoredella storia, si infastidiva nel senti-re gli europeisti occidentali auspi-care, negli anni ’90, l’ingresso dellaPolonia nell’Europa. In un’omelia aVarsavia, nel 1991, trovò che «all’in-

terno (del paese) e all’estero si abu-sa di questo umiliante argomentoche solo ora dobbiamo entrarenell’Europa». Umiliante perché perla Polonia non si tratta di entrarenell’Europa. Essa vi fa parte da se-coli e, anzi, nel passato ha contri-buito in modo speciale alla forma-zione dello spirito europeo, esem-plificando il motto paolino «Se Cri-sto vi libererà, sarete liberi».

Giovanni Paolo II vedeva l’Euro-pa come una comunità di nazioniunite dalla cultura. Nel suo discorsoall’Unesco del 1980 egli affermò:«Sono figlio di una nazione soprav-vissuta grazie alla sua cultura». Eraconvinto che il potere comunistafosse una parentesi nella vita diquei paesi, e che la divisione del-l’Europa in due, fosse un accidentedella storia.

D’altra parte l’espressione a luicara dell’Europa «a due polmoni»non si limitava ai rapporti tra Chie-se e comunità cristiane dell’Occi-dente e le Ortodossie orientali. Conquesta metafora, egli diede un nuo-vo e vigoroso impulso all’intuizionedel poeta russo Vjaceslav Ivanov

che rifletteva sui drammi dell’Euro-pa degli inizi del secolo scorso. Il so-gno di un nuovo umanesimo euro-peo si colloca nel respiro creativo earmonico dei due polmoni dell’Eu-ropa.

Identità nazionalepropria

Quando nel 1992 passai dalla Po-lonia alla missione della Santa Sedepresso il Consiglio d’Europa, nelmio primo incontro col segretariogenerale, Cathérine Lalumière, essami chiese perché la Polonia avesseatteso tre anni prima di aderire alConsiglio d’Europa. Le risposi conuna considerazione cara all’alloraministro degli esteri polacco, K.Skubiszewski, il quale sostenevache dopo cinquant’anni nel bloccosovietico, prima di aderire ad un’al-tra associazione di paesi, la Poloniavoleva darsi, o per lo meno, impo-stare le linee generali di un assettocostituzionale, legislativo e giudi-ziario consono alla propria identitànazionale, culturale e sociale.

Questa è stata la carta vincente

RAPPORTI FRA I PAESI DELL’EST E L’UNIONE EUROPEA

Le ragioni dei sovranisti dell’EstMons. Celestino Migliore è stato nominato nunzio a Parigi l’11 gennaio 2020, dopo

oltre tre anni di attività a Mosca. In una relazione ai padri dehoniani (agosto 2019)ha affrontato con originalità il tema dei rapporti fra i paesi dell’Est (Polonia e Russia

in specie) e l’Unione Europea. «Ciò che l’Europa centro-orientale vuole è di potersisentire un membro a pari dignità nel club europeo, senza doversi adeguare a un

nuovo livellamento culturale».

Q U E S T I O N I S O C I A L I

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Testimoni 2/2020 • 27

che, pur tra alti e bassi, spinte e con-trospinte, ha fatto della Polonia mo-derna uno degli interlocutori più af-fermati nel consesso europeo, sottotutti i profili.

Agli inizi degli anni ’90, alcunipaesi europei criticarono il tempe-stivo riconoscimento delle nuoverepubbliche slovena e croata daparte della Santa Sede, banalizzan-dolo come un tentativo di espansio-ne del cattolicesimo nell’oriente eu-ropeo.

Ma sottovalutavano il fatto chenon si trattava solo di liberarli daasfissianti unioni territoriali e poli-tiche imposte nella storia, ma di darloro l’opportunità di riappropriarsidella propria identità storica e cul-turale al fine di rigenerare su quellabase un sistema di libertà, demo-crazia e uguaglianza consono allapropria indole nazionale e capace diconfrontarsi, interagire e fare i con-ti con altre comunità politiche.

Nel suo terzo viaggio in Polonia,Giovanni Paolo II lanciò agli intel-lettuali e al clero polacchi un’intui-zione feconda che purtroppo nonvenne poi raccolta in pieno, e cioèquella di far evolvere il movimentopolitico Solidarnosc un movimentoculturale e sociale capace di fonda-re un nuovo ordine nazionale emondiale basato sulla solidarietà.

Sovranismo:demone o sintomo?

Oggi va di moda distinguere, omeglio discriminare, non solo i go-verni, ma anche i popoli stessi ineuropeisti e sovranisti. Con un mar-chio di infamia sul sovranismo, maassoluta autosufficienza e nessunavolontà di mettersi in discussioneda parte delle democrazie liberali,pluraliste.

È interessante notare che, in Eu-ropa, il sovranismo – inteso come ri-fiuto di ogni ingerenza negli affariinterni e gestione delle questionimondiali secondo gli interessi na-zionali – non è tipico di alcuni paesidell’area centro-orientale come Po-lonia e Ungheria quando, per esem-pio, resistono alla ripartizione deglioneri di accoglienza dei rifugiati,ma ha investito la stessa UnioneEuropea.

Si configurano in questa tenden-za il Brexit della Gran Bretagna e ipartiti al potere in Austria e Italia,come i movimenti e partiti in asce-sa in Francia, Germania, Olanda,Danimarca.

L’insorgenza del sovranismo è unfenomeno complesso, determinatoda varie concause. Ma certamente,nei paesi dell’Europa centro-orien-tale esso si alimenta nella reazioneal volontarismo della democrazialiberale, pluralista, multiculturale,attuata con assolutezza dall’Occi-dente, nella fattispecie dall’UnioneEuropea. Pur tra le sue varie innega-bili derive, nel sovranismo del cen-tro Est Europa si coglie la giustaaspirazione ad una democrazia li-bera dalle costrizioni del modellounico occidentale per potersi decli-nare in modo originale nei diversicontesti.

Mi pare sia l’esperienza stessa adimostrarci che qui sta il freno chefa segnare il passo a quell’accidentedella storia di cui parlava GiovanniPaolo II, e cioè l’incomprensione cherisulta nella diffidenza tra oriente eoccidente europeo, e non solo, maanche tra Nord e Sud europeo.

Il volontarismoimpositivo delle elite

In uno scritto di rara lucidità sulpercorso del movimento europeo,dalla Comunità economica al-l’Unione Europea, il so-ciologo francese Domi-nique Wolton (La der-nière utopie. Naissancede l’Europe démocrati-que. 1993, Paris Flam-marion) sostiene che leintuizioni creative deipadri fondatori e gliideali propulsori delprimo progetto euro-peo attorno alla Comu-nità economica euro-pea, vennero ben pre-sto sequestrati da unforte movimento vo-lontaristico della buro-crazia di Bruxelles.

La CEE si costituì unsegretariato, poi unastruttura e presto vi la-voravano circa 50.000

Q U E S T I O N I S O C I A L I

funzionari. Il discorso europeo èstato quasi monopolizzato da que-sto gruppo di volontaristi, senza unreale confronto con la base. Il volon-tarismo si è tradotto nella convin-zione che il progetto di Bruxellesandava nella giusta direzione equando gli europei avessero vistoche funziona, vi avrebbero aderito.

Sennonché, quando la questionevenne sottoposta al parere dei cit-tadini europei con i referendum de-gli anni ’90, i risultati risicati del vo-to rivelarono che il cittadino, nonessendo stato adeguatamente in-formato e consultato, appoggiava lalibera circolazione a vari livelli, maesitava quando si rendeva contodella nuova filosofia della convi-venza, basata su un diritto ed unacultura che spesso sacrificano i va-lori del tempo, della tradizione, del-le identità culturali e religiose al-l’idea del progresso, del mercato edi una democrazia procedurale.

Erano gli anni in cui le repubbli-che uscite dal blocco sovietico si af-facciavano alla costruzione euro-pea. Alcuni paesi, la Polonia in pri-mis, si avvantaggiarono dei genero-si sussidi economici e si misero inregola con i requisiti dell’Unione.Altri presero maggior tempo peradeguare i loro assetti nazionali.Ma è comune a tutti una certa cau-tela e talora anche diffidenza quan-do si confrontano col volontarismodel progetto europeo e temono un

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nuovo livellamento come già ave-vano sperimentato sotto l’UnioneSovietica.

Le destre d’OccidenteCiò che l’Europa centro-orientale

vuole è di potersi sentire un mem-bro a pari dignità nel club europeo,senza doversi adeguare ad un nuo-vo livellamento culturale.

Nell’Europa occidentale e centro-orientale da tempo è in atto una«policrisi», come l’ha definita alcu-ni anni fa l’allora presidente dellaCommissione europea, Jean-ClaudeJuncher. C’è la crisi dell’eurozona, lacrisi migratoria, la “Brexit”, tra altre;ma c’è anche una crisi di valori libe-rali su cui l’UE si è costruita e portaavanti con assolutezza. C’è una crisinon solo istituzionale ed economi-ca, ma anche una competizione diidee e impostazioni che crea unanuova linea di divisione, un nuovosipario che rischia di riecheggiarein qualche modo l’antica cortina diferro.

L’ha commentato anche il presi-dente Putin in un’intervista al Ti-mes, quando, in occasione dell’ulti-mo vertice dei G20, ha parlato delfallimento del liberalismo politico.Gli osservatori politici in Russiahanno spiegato che ciò che Putinintende per «liberalismo» sono lederive e le politiche sempre più di-sfunzionali dell’Occidente.

«Russofobia» o «Eurasia»Per quanto riguarda invece la

Russia, pienamente ad Est dell’Eu-ropa, se per un certo tempo, tra la fi-ne dei Novanta del Novecento el’inizio di questo secolo, era uscitadai radar dei giochi di forza interna-zionale, da qualche anno la trovia-mo di nuovo protagonista in diversie complessi equilibri, soprattuttocon Europa, Stati Uniti e Cina.

I rapporti con l’Europa oscillanotra la cosiddetta «russofobia» daparte occidentale e la tendenza aformare una «eurasia» dall’altra.

C’è chi ha tentato di spiegare ilrapporto ambivalente tra Europa eRussia parafrasando il racconto diBiancaneve (GuyMettan, Russofo-bia, mille anni di diffidenza, Sandro

Teti editore, 2016– pp. 26 e 383-392).La matrigna diBiancaneve, ovve-ro l’Occidente eu-ropeo, spesso con-sulta il propriospecchio chieden-dogli: «Oh, spec-chio dimmi tu quicon franchezza,quale cristianaadesso ha più bel-lezza?». E, pun-tualmente il suo affidabile specchiole risponde: «In questo luogo eadesso la più bella sei tu, ma Bian-carussia l’ortodossa lo è di più».

La mutua diffidenza tra occiden-te ed oriente europeo che lungo lastoria conosce periodi alterni diostilità e distensione, senza mai dis-siparsi del tutto, affonderebbe lesue radici nell’antico progetto diCarlo Magno di costituire un sacroromano impero, potenza occidenta-le intenzionata a prevalere sull’im-pero bizantino e poi, lungo i secoli,a contenere e contrastare l’imperorusso prima e quello sovietico poi.Ai giorni nostri, in Russia, il serba-toio della russofobia è ravvisatonella politica della NATO.

Quando cadde il Muro di Berlinoe l’Europa orientale cominciò aemanciparsi dal regime comunista,George Bush, padre, incontrò Gor-baciov nel summit di Malta (2-3 di-cembre 1989). I due statisti si accor-darono sul fatto che l’Unione Sovie-tica avrebbe rinunciato a ogni in-tervento per trattenere nel suo bloc-co i sistemi comunisti dell’Est, men-tre gli Stati Uniti si sarebbero impe-gnati a non estendere l’alleanzaatlantica oltre i vecchi confini dellacortina di ferro, cioè non oltre laGermania riunificata.

Si trattò di un gentlemen’s agree-ment, ma non venne rispettato e siriaccese così la miccia della diffi-denza reciproca.

Slavofili e occidentalistiIl termine «russofobia» viene fat-

to risalire al poeta russo Fëdor Tjut-cev (1803-1873), tra l’altro noto per lasua affermazione: «Non si può capi-re la Russia con la mente, nella Rus-

sia si può solo credere». Egli parlavadella russofobia come fenomenopatologico che aveva investito pro-prio alcuni esponenti dell’intelli-genza russa.

La questione suscitò un serio di-battito nel diciannovesimo secoloquando i due gruppi più influentitra gli intellettuali russi furono glislavofili e gli occidentalisti. Gli sla-vofili credevano che la Russiaavrebbe dovuto fare affidamentosul suo patrimonio unico (tradizio-ni, cristianesimo ortodosso, vita ru-rale), mentre gli occidentalisti so-stenevano l’idea di modernizzazio-ne e individualismo in stile euro-peo. Messo in pausa dalle rivoluzio-ni russe del 1917, quando i socialistiradicali salirono al potere, la dispu-ta tra gli occidentali e i loro opposi-tori continua ancora.

Coloro che si oppongono all’ideache la Russia appartenga al mondooccidentale sottolineano che i russinel corso della storia hanno vissuto«al crocevia» delle civiltà e hannoquindi abbracciato i valori culturalidi entrambe le parti d’Europa eAsia. Questa è la tesi di uno dei piùautorevoli eurasiatisti, lo storicorusso LevGumilev, la cui opera haoccupato tutto il secolo scorso, dal1912 al 1992. Tenendo in conto lecontroverse relazioni della Russiacon i paesi europei e l’Occidente ingenerale, molti pensatori patriotticio nazionalisti affermano: «Non sia-mo europei perché l’Europa non ciabbraccerà mai».

Dal momento che Pietro il Gran-de (zar 1682 – 1725) portò i valori, leabitudini e persino la moda euro-pea in Russia all’inizio del XVIII se-colo, l’idea che i legami culturali traRussia ed Europa prevalgano su dif-

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Q U E S T I O N I S O C I A L I

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ferenze e incomprensioni politicheha molti sostenitori.

Le differenze con i paesi occiden-tali sono talora significative, manon sono molto maggiori di quelletra i paesi agli estremi del continen-te, come Finlandia e Portogallo, Ro-mania e Irlanda. Se prendiamo gliUrali come discriminante, allora ve-diamo che il 77% del territorio dellaFederazione si trova in Asia, al di làdegli Urali; ma il 75% della popola-zione vive nella Russia europea, aldi qua degli Urali. Le due città mag-giormente popolate – Mosca e SanPietroburgo – e i centri politici eamministrativi si trovano nel ver-sante europeo, anche se il potenzia-le di risorse naturali è sepolto sottoil suolo siberiano.

La decostruzionedel socialismo

Addirittura il lungo esperimentodel comunismo che nel corso diquasi un secolo ha impresso allaRussia nuovi connotati culturali, so-ciali, politici, economici e anche re-ligiosi, è un prodotto di matrice cul-turale-ideologica dell’Europa occi-dentale che ha poi trovato la sua ap-plicazione statuale-partitica nel-l’oriente europeo.

Lo spiega Andrea Possieri, docen-te di storia contemporanea nel-l’università di Perugia: «Paradossal-mente, i regimi comunisti che si in-staurarono nell’Europa Orientale,facendo a meno della democraziainterna e della ricerca del consensotramite libere elezioni, dipesero mi-litarmente e politicamente dal-l’Unione Sovietica, ma allo stessotempo, tutto il movimento comuni-sta internazionale, Urss compresa,non poteva fare a meno della legit-timazione politica che provenivadalle opinioni pubbliche occidenta-li” (cf. Andrea Possieri, «Una dram-matica pagina di storia ignorata efraintesa dalla memoria comuneeuropea», in L’Osservatore Romanodel 26/04/2012).

Il legame necessarioL’ultima decade del secolo scorso

viene ricordata come la decade del-la glasnost che un osservatore con-

temporaneo, collaboratore della ri-vista La Civiltà Cattolica, VladimirPachkof S.J., afferma non essere sta-ta altro che «la postmodernità so-cialista, la decostruzione del socia-lismo realmente esistente» (cf. Vla-dimir Pachkof, S.J., «L’Occidente e laRussia. Radici culturali di un con-fronto», La Civiltà Cattolica 2019 II,pp.528-539).

Quella degli anni ’90 fu una de-cade particolarmente tormentatanella storia della Russia che qualcu-no chiama la seconda decostruzio-ne. La prima, operata dalla rivolu-zione bolscevica, aveva cercato dirimpiazzare la cultura tradizionalecon quella marxista. Quella deglianni ’90, insieme agli aiuti umani-tari dell’Europa e ai prestiti del Fon-do monetario internazionale, tentòdi importare acriticamente in Rus-sia i cosiddetti valori del liberali-smo occidentale, ma il rapido sov-vertimento dell’ordine costituitonell’epoca comunista, il caos socia-le, la deriva dell’economia e della si-curezza nazionale, l’autocommise-razione per la disfatta di un impero,crearono le premesse per una svoltadecisiva dall’orientamento filo-oc-cidentale all’affermazione dei co-siddetti valori tradizionali: sovrani-tà nazionale, ortodossia, famiglia,tradizione.

Questa svolta è stata innescata econtinua ad essere sostenuta dauna forte sinergia tra Stato e Chiesaortodossa.

L’incapacità di Mosca di unirsi almondo occidentale ha suscitato de-lusione in Europa, ma l’essenza deicambiamenti in Russia oggi è chia-ra: il modello occidentale non saràaccettato a scapito dei valori russi.

Per svilupparsi con successo, ipaesi a Est dell’Europa dovrebberoavere stretti legami con l’Occidenteeuropeo, il che sarebbe vantaggiosoper entrambe le parti, perché il con-tinente non può fare a meno dellasinergia dei «due polmoni». È unvero peccato che la decade che staper terminare passi alla storia comeun momento in cui, invece di impe-gnarsi in un dialogo tanto necessa-rio e utile, le parti abbiano gareg-giato nel demonizzare l’una l’altra.

CELESTINO MIGLIORE

Q U E S T I O N I S O C I A L I

Testimoni 2/2020 • 29

E S E R C I Z I S P I R I T U A L IPER TUTTI

� 17-21 feb: p. Gianni Cappelletto,ofm conv “Abramo, l’avventurasulla strada di Dio” SEDE: “Villa Immacolata”, Via MonteRua, 4 – 35138 Torreglia (PD); tel.049.5211340; e-mail:[email protected]

� 20-23 feb: sr. Gabriella Mian e donCesare Curcio “La via delleBeatitudini nel Vangelo di Luca” SEDE: Centro “Papa Luciani”, Via Coldi Cumano,1 – 32035 Santa GiustinaBellunese (BL); tel 0437.858324;e-mail: [email protected]

� 20-25 feb: p. Enrico Deidda, sj edequipe “Contemplare lamisericordia” SEDE: Pozzo di Sichar, Via dei Ginepri,32 – 09046 - Flumini di QuartuS.Elena (CA) tel. 070.805236 e-mail:[email protected]

� 23-28 feb: p. Francesco Radaelli“Per me vivere è Cristo” (Fil 1,21)SEDE: Casa di ospitalitàFatebenefratelli, L.go Fatebenefratelli– 17019 Varazze (SV); tel. 019.93511;e-mail:[email protected]

� 24-28 feb: fr. João Benedito, ofmconv e Marina Venceslai, psicologa“Dialogo tra psicologia e teologiasull’umanità di Gesù e nostra” SEDE: Casa di spiritualità dei SantuariAntoniani, Via S. Antonio, 2 – 35012Camposampiero (PD); tel.049.9303003; e-mail:[email protected]

� 24 feb-1 mar: don AlessandroLucini “L’umanità di Gesù” SEDE: Foyer de Charité, Via Salera, 3 –11020 Emarese (AO); tel. 0166.519132;cell. 391.1475807; e-mail:[email protected]

© 26 feb-1 mar: p. AlessandroPiazzesi, sj “Dalla testa (ceneri) aipiedi (lavanda di Gesù). Unitinerario quaresimale” SEDE: Villa San Giuseppe, Via di SanLuca, 24 – 40135 Bologna (BO) tel.051.614 2341; e-mail:[email protected]

© 28 feb-1 mar: p. RanieroCantalamessa, ofm capp “Riflessionisul Credo della Chiesa” per Medici eOperatori sanitariSEDE: Centro di Spiritualità “DomusLaetitiae”, Viale Giovanni XXIII, 2 –06081 Assisi (PG); tel. 075.812792;e-mail: [email protected]

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Spesso le parrocchie tenute daireligiosi sono avvertite comeuna realtà un po’ a sé stante,

rispetto al più ampio cammino del-la diocesi. E d’altra parte non man-cano religiosi che vedono nella re-sponsabilità della parrocchia unelemento che imbriglia la dinami-cità del carisma proprio.

L’articolo apparso su Sal Terrae,rivista dei gesuiti spagnoli, a firmadi Angel Canino Lamelas, OSA, ha ilpregio di ripercorrere con puntuali-tà lo sviluppo di questo rapporto sindalle origini e di collocarne gli svi-luppi anche all’interno del più am-pio scenario storico.1

Rimettere in ordine i dati fa im-mediatamente uscire dalla questio-ne di essenza di carisma, perché lasituazione che ancora oggi stentaad essere sciolta ha le radici nellanascita degli ordini mendicanti, si-tuati all’interno di una struttura ec-clesiale che si pensava come unamonarchia assoluta e che si aggra-va quando nascono le congregazio-ni che hanno come membri religio-si ordinati.

Relazioni ecclesialida ripensare

Ripensare e ripensarsi nella sto-ria, aiuta a mettere in luce le dina-miche che possono ostacolare oagevolare un processo, come quelloancora incompiuto di una disinvol-ta relazione tra pastorale, tra realtàdiocesana nella sua interezza e par-rocchie seguite da religiosi. La sto-ria interpella sempre.

La realtà dei religiosi avvertitadunque come autonoma, rispettoad una Chiesa che si concepiva “persua natura una società ineguale,

cioè una società formata da due ca-tegorie di persone: i Pastori e ilGregge” come riporta l’articolo2 e incui i rapporti erano decisi dalla giu-risdizione, si passa alla categoria ri-trovata dal Vaticano II di Popolo diDio, a cui, però, specie Lumen gen-tium, non sempre riesce a restarecoerente sviluppandone le conse-guenze.

Così è utile ricordare quanto diceLamelas: per quanto riguarda la pre-senza di diversi carismi: al n.4 dellastessa costituzione troviamo un’e -spressione di compromesso: “Egli [loSpirito Santo] introduce la Chiesanella pienezza della verità, la unifi-ca nella comunione e nel ministero,la provvede e dirige con diversi donigerarchici e carismatici, la abbelli-sce dei suoi frutti “ (LG 4).3

Un fragile equilibrio che chiederàla stesura del documento Mutuaerelationes, perché la riflessione postconciliare era più attenta a definirela specificità delle singole vocazio-ni, in modo autoreferenziale,4 anzi-ché cercare la via per una relazionedinamica, ma non contrappositiva.

Ed è del gennaio 2017 la notizia del-la discussione in una Plenaria inter-dicasteriale per una sua nuova for-mulazione, autorizzata da papaFrancesco circa due anni prima.

Nel frattempo la vita ecclesiale,almeno europea, è caratterizzatasempre più dallo sfaldarsi del signi-ficato della fede religiosa per i sin-goli e per le comunità. Questo pro-cesso rende molto difficile la tra-smissione della fede alle nuove ge-nerazioni mentre i credenti adultispesso avvertono l’ambiente socia-le come ostile.

Carismie battesimo comune

La ricchezza della vita di una par-rocchia in carico a una famiglia re-ligiosa è la maggior significanzadella dimensione comunitaria chesi sviluppa intorno al carisma dellafamiglia religiosa, espandendo an-che ai laici il proprio sentire cari-smatico.

La sinodalità che papa Francescoci indica come imprescindibile per

RELIGIOSI E CHIESA DIOCESANA

Religiosi e servizio pastoralenelle parrocchie

Quando si affronta il tema del rapporto tra i religiosi regolari e il clero diocesanoimmediatamente si evocano tensioni che vengono percepite da ambo le parti.

V I TA D E L L A C H I E S A

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la vita futura del cattolicesimo, as-sume una dimensione meno for-male, ma più legata alla dimensio-ne comunitaria, così come è nellospecifico della vita religiosa. Il rife-rimento comune a una spiritualitàpermette di sentirsi interpellati allaresponsabilità comune, come delresto consente di sottolineare più ilcomune battesimo, che i diversiruoli. E poi i tratti specifici di ognifamiglia diventano ricchezza per lavita diocesana quando la congrega-zione si insedia in parrocchie in cer-to senso coerenti con il proprio ca-risma, per esempio là dove la pover-tà sia sottolineata in parrocchie dizone più disagiate. Ma il movimen-to è anche in senso contrario: vivereil proprio carisma all’interno delcammino di Chiesa locale permettedi vederlo sviluppare all’internodelle diverse vocazioni presenti inessa. E in questo modo vengono avivere un nuovo incontro e servizioalla vita della società in cui i laicisono inseriti e vivono la loro testi-monianza.5

L’autore sopra citato indica inquesto la possibilità della scopertadella dimensione “universale delcarisma”6 e questo è certamente ve-ro. Ogni famiglia religiosa nasce peroffrire risposte a situazioni tipichedelle diverse epoche, ma in diversicontesti storici e culturali offre unpunto di vista per riconoscere e af-frontare le domande che sorgonodalla vita sociale ed ecclesiale. E inquesto modo è a servizio anche diquelle persone, che pur vivendo ilproprio cristianesimo in quella par-rocchia, non si sentono chiamate acondividere la specifica spiritualità.

In mezzo al popolo di DioSi tratta di mettersi a servizio del

cammino di fede di tutti e di ciascu-no. E così il servizio in parrocchia di-venta un’opportunità per l’istitutoper “essere in mezzo al popolo diDio e farlo crescere”, anche attraver-so il proprio carisma.7

Così le dimensioni carismatica egerarchica si sviluppano nella loro“coessenzialità, complementarietàe relazionalità”,8 per esprimere laricchezza di doni al di là di situazio-ni specifiche o opportunità stori-

che: si tratta di dare corpo alla ric-chezza della manifestazione delloSpirito, alla Chiesa come corpo cri-smato.

La felice espressione di CettinaMilitello classifica i diversi carismisintattici, necessari alla vita eccle-siale, differenziati dal grado di ne-cessità di istituzionalizzazione.

In un articolo Álvaro AlemanyBriz, s.j.,9 nel medesimo numerodella rivista approfondisce questotema dal punto di vista dello speci-fico carisma ignaziano, sottolinean-do come la formazione specifica alcammino personale abbia ricadutepastorali importanti.

La comunità parrocchiale si trovaarricchita di persone che consape-volmente vivono e riconoscono i di-versi carismi presenti in ogni comu-nità.

In secondo luogo la dimensionevocazionale, insita nel metodo igna-ziano, aiuta i laici a vivere ogniaspetto della loro vita (famiglia, la-voro) unificato dalla propria fede. Equesto è aiuto anche alla vita par-rocchiale che oggi spesso si trova esi percepisce come distante dai luo-ghi dove le persone vivono la partepiù significativa della loro esistenza.

Indubbiamente ogni congrega-zione ha una storia segnata da unospecifico stile di cammino formati-vo, che inevitabilmente rimbalzanello stile pastorale e questo aiuta icristiani che ne sono coinvolti a per-cepire l’importanza di un camminodi fede che abbia un proprio ritmo.Non si tratta di essere sempre informazione, piuttosto di vivere una“regola” personale. La vita religiosasa bene che essa non è un insiemedi obblighi, ma un modo perché lafede permei di sé la vita.

Chiesa locale e universaleC’è infine un aspetto, messo sem-

pre in rilievo dall’articolo di P. Briz,ma che concerne moltissime con-gregazioni. Si tratta cioè di esseremessi in contatto, tramite la comu-nità religiosa cui è affidata la par-rocchia, con opere e servizi che sisvolgono in altre regioni del mondoe in altri ambiti. La cattolicità dellaChiesa è più della mera diffusionemondiale e ha da dire al processo di

V I TA D E L L A C H I E S A

globalizzazione da cui siamo coin-volti.

Ci sembra che essere collocatiall’interno di relazioni forti e signi-ficative, come quelle di altre comu-nità appartenenti alla medesimafamiglia religiosa, permetta di met-tere sempre in primo piano la rela-zione tra le persone, che sola puòaprire esistenzialmente alla cattoli-cità e aiutare a dare un volto uma-no alla globalizzazione.

Poiché si tratta ancora di chiarireil darsi di mutue relazioni, quantodetto sin qui può apparire un po’un’apologia della vita religiosa.

Riprendere però specificatamen-te il tema offre criteri più precisi perragionare sul senso e valore dellapresenza di parrocchie affidate aireligiosi e questo sempre in due di-rezioni.

La Chiesa diocesana sa che il rap-porto con queste parrocchie è unasorta di laboratorio per una comu-nità che sia popolo ricco di proficuedifferenze.

Da parte sua, la vita religiosa og-gi può recuperare la preziosità dimettere a servizio dell’intera comu-nità ecclesiale carismi che sino apoco tempo fa erano vissuti, appro-fonditi e testimoniati unicamenteda chi, essendo parte della famigliareligiosa, si dedicava alle operedell’istituto.

La questione è profonda, tocca lastessa struttura della Chiesa “e delleresponsabilità di risposta alle chia-mate che Dio continua a fare per ilvangelo e la Chiesa nel mondo”, co-

Non chiamateci

barboni

ANGELO ROMEO

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IL VANGELO TRA I POVERI

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V I TA D E L L A C H I E S A

Opportunità di un centenarioI Protomartiri francescani e la purificazione della memoria

L’ottavo centenario dell’incontro di Francesco d’Assisi conil sultano al-Malik al-Kamil (1219-2019) è stato ricco di

convegni, incontri, pubblicazioni e ha visto due momentidi altissimo rilievo, ossia la visita di papa Francesco ad AbuDhabi – con la firma assieme al grande imam di Al-Azhardel documento sulla fratellanza umana – e in Marocco. Enon poteva essere altrimenti visto che in quell’avvenimen-to si percepisce ciò che sta avvenendo nell’attualità pre-sente caratterizzata da un movimento di popoli che ha co-me conseguenza una società sempre più multireligiosa,con tutte le occasioni ma anche sfide e difficoltà che ciòrappresenta.

Più imbarazzante invece si presenta l’ottavo centenariodella uccisione di cinque frati in Marocco (1220-2020), cono-sciuti come i protomartiri francescani; infatti, al contrariodi quanto avvenuto all’Assisiate in Egitto, l’incontro si tra-sformò in uno scontro cruento.1 Nasce quindi la domandase sia opportuno celebrare tale ricorrenza e persino ancoravenerare santi simili oppure sia più conveniente, come av-venuto nel caso del beato Simonino da Trento, sopprimerneil culto e rimuovere tale vicenda.

Innanzitutto ricordare quanto avvenuto in Marocco si-gnifica prendere atto che la storia, compresa quella france-scana, è complessa, contraddittoria e a volte persino assur-da; come ricordò Giovanni Paolo II l’8 dicembre 2004, il Si-gnore non salva dalla storia ma nella storia. Ciò comportaassumere l’onestà intellettuale e l’igiene mentale di com-prendere più che giustificare, dare un giudizio descrittivoprima che valutativo; significa andare alle fonti primarie eleggerle nel loro contesto considerando a quale domandavolessero rispondere. E così si scopre che ad esempio la vitadei protomartiri francescani – una vera e propria passio – èscritta varie decine di anni dopo i fatti e che il fine è agio-grafico apologetico, ossia offrire una lettura teologica dellastoria che esaltasse l’ordine minoritico. La frase stessa«Adesso posso dire veramente di avere cinque frati Minori»posta in bocca a san Francesco non è altro che l’attestazionedella grandezza dei francescani che possono vantare tra leloro fila martiri di una levatura non dissimile a quella deiprimi secoli.2 Ad esempio, se l’uccisione di santo Stefano ful’inizio della conversione di san Paolo (At 7,55-60), il sanguedei frati morti in Marocco fu il seme della vocazione fran-cescana del canonico agostiniano Fernando da Lisbona chedivenne sant’Antonio di Padova!

Quindi celebrare l’ottavo centenario dei protomartirifrancescani è un’occasione per prendere atto di pagine dellastoria che con la mentalità di oggi non sono più adeguate– parzialmente o totalmente – ad essere considerate comeesempio; e ciò sarà più efficace se fatto assieme da membridi diverse culture e religioni. Nel caso presente tra cristianie musulmani. Certamente una operazione simile richiedetempo e preparazione ma a lungo termine è più efficace diuna rimozione che è solo uno spostamento in attesa che ar-rivi qualcuno a riprendere – spesso per motivi tutt’altro chereligiosi – quanto nascosto; in termini semplici una bombaè meglio disinnescarla che rimuoverla con il rischio del ri-trovamento e uso nel futuro.

Oltre a ciò è una occasione per riprendere e approfondirequanto affermato nella esortazione apostolica Gaudete etexsultate sulla chiamata alla santità nel mondo contempo-raneo da papa Francesco riguardo alle persone sante: «Forsela loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mez-zo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andareavanti e sono piaciute al Signore». Da ciò consegue che lacanonizzazione, ossia il riconoscimento canonico della san-tità di una persona, non significa che tutto ciò che ha fattoo scritto deve essere preso come modello o ispirazione. Cosìsi può ammirare la totale affezione a Cristo dei Protomartirifrancescani, fino a versare il proprio sangue, ma nel frattem-po riconoscere come inadeguato – per la consapevolezza at-tualmente raggiunta dalla Chiesa ed espressa nel concilioVaticano II – il loro giudizio nei confronti della fede altrui.

Se san Francesco, stando a quanto scrive Giordano daGiano, non volle che si diffondesse la vita dei frati martiridel Marocco perché non è bene prendere gloria narrandodelle virtù altrui, il beato Egidio d’Assisi rimprovera i prelatidell’ordine minoritico perché non si impegnano con ognisforzo a far canonizzare dal papa i protomartiri francescani.Infatti il compagno del santo assisiate riconosceva che la lo-ro testimonianza è una sollecitazione a rispondere con zeloalla vocazione, ossia la chiamata a vivere secondo la formadel vangelo seguendo le orme di Gesù.

Celebrare i protomartiri francescani è anche l’occasionedi fare memoria di tanti francescani che hanno dato la vitaper il vangelo – dal cappuccino Fedele da Sigmaringen alconventuale Massimiliano Kolbe, dalla clarissa polacca Ma-ria Teresa Kowalska al vescovo Luigi Padovese –, oltre che apregare e sostenere tanti cristiani perseguitati e uomini pri-vi della libertà religiosa.

Se i santi Berardo, Ottone, Adiuto, Pietro e Accursio –questi i nomi dei cinque frati trucidati nel 1220 circa – han-no vissuto il martirio del sangue, vi è un altro genere dimartirio non meno cruento ed efficace, ossia quello dellapazienza a cui sono chiamati la maggioranza dei cristiani.Ma entrambi mostrano l’imprescindibile nesso tra amoree sacrificio se il primo vuole essere credibile e incontrabilee il secondo fecondo e affascinante. I protomartiri france-scani sono originari dell’Umbria meridionale, la zona di Ter-ni che vanta come protettore san Valentino, il patrono degliinnamorati che si festeggia il 14 febbraio. Tale fatto può es-sere letto come frutto del caso oppure anche come provvi-denziale per ricordare che l’unione di sacrificio e amore èquella bellezza che secondo le parole di Dostoevskij salveràil mondo.

PIETRO MESSA, OFMPontificia Università Antonianum - Roma

1. Cfr. ad esempio quanto scrive F. CARDINI, Conclusioni, in Dai Protomartirifrancescani a sant’Antonio di Padova. Atti della Giornata Internazionaledi Studio (Terni, 11 giugno 2010) a cura di L. Bertazzo - G. Cassio, Ed. Cen-tro Studi Antoniani, Padova 2011, p. 203-213.

2. C. FERREO HERNÁNDEZ, Inter Saracenos. Mártiresfranciscanos en elNorte deÁfrica y en la PenínsulaIbérica (ss. XIII-XVII), in Frate Francesco 77 (2011),pp. 261-277.

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me suggerisce don Sigalini introdu-cendo un dossier dedicato al temain Orientamenti Pastorali.10

È in questa connessione tra ri-sposta di ciascuna vocazione e losguardo complessivo che nasconole difficoltà ma da cui scaturisconoanche le risorse. Sappiamo come laquestione dei religiosi in parrocchiadiventi spesso la difficile gestionedi due ruoli contemporanei: mem-bro di una comunità e parroco, rit-mi del clero diocesano, che sono iritmi della pastorale e dimensionecomunitaria. Nessuna alchimia po-trà risolvere la questione, si trattapiuttosto di concepire la propriapresenza di religiosi, di comunitàreligiosa come realtà che interpella

e arricchisce la propria vocazione ela vita ecclesiale, e solo per questo èuno dei possibili servizi. Por manoa una riflessione e a una formazio-ne in questo senso potrebbe e potràaiutare.11

Infine al centro restano semprele donne e gli uomini che in parroc-chia vivono la loro vita di fede e illoro desiderio di annuncio. Per que-sto poterli accompagnare è un do-no, non solo la risposta a un vescovoo ad una tradizione di vecchia data.E anche alla luce di questo, possia-mo dire che è nella vita del popolodi Dio che si possono trovare i crite-ri per buone relazioni.

ELSA ANTONIAZZI

1. Angel Canino Lamelas, OSA, La espirituali-dad de las coingregaciones religiosas y su ré-lacion con las parroquias, in Sal Terrae, n 125,2020, pp 21 – 38.

2. Vehementer nos, 19,ibidem p. 263. ibidem p. 274. ibidem p. 285. cfr ibidem p.29-346. ibidem p.357. V.Trani, la situazione dei religiosi e consacrati

nella vita pastorale e le sfide da affrontare,Orientamenti pastorali, 12/2019, EDB Bolo-gna, p.36

8. Lamelas, p.369. Álvaro Alemany Briz, s.j, Espiritualidad Igna-

ciana en las parroquias, Sal Terrae, 125, 2020,pp. 39 – 51

10. Orientamenti Pastorali, 12/2019, EDB, Bolo-gna p.29).

11. V.Trani, La situazione dei religiosi e consacratinella vita pastorale e le sfide da affrontare,Orientamenti pastorali, 12/2019, EDB Bolo-gna p.37.

V I TA D E L L A C H I E S A

La FIDAE (Federazione istituti diattività educative) dal 4 al 6 di-cembre u.s. a Roma, presso

l’Auditorium Augustinianum haevidenziato la forza comunicativaed educativa delle arti: “I linguaggidelle nuove generazioni: educareattraverso le arti. Conoscere i lin-guaggi delle nuove generazioni (di-gitale, arte, musica, ecc.) per tradurliin occasione di crescita e di appren-dimento in un percorso educativointerdisciplinare”.

Durante la tre giorni sono statitanti gli approfondimenti sulle artipiù vicine alle giovani generazioni,dalla street art al linguaggio digi-tale.

L’idea di proporre, quest’anno, iltema dell’educare attraverso le arti

nasce dall’invito che il Papa ha ri-volto al mondo della scuola nel de-cennio che la CEI ha dedicato al-l’educazione. Dove aveva sottoli-neato come la missione della scuolafosse quella di sviluppare il sensodel vero, del bene e del bello. Attra-verso un cammino ricco, fatto di

tanti ingredienti per tradurli in oc-casione di crescita.

La tre giorni ha aperto anche ilventennale della Legge 62 del 2000sulla Parità che presenta ancoramolti punti irrisolti e dalla cui pienaattuazione siamo ben lontani: lascuola paritaria in Italia non ha an-

“TRE GIORNI” A ROMA DELLA FIDAE

I linguaggidelle nuove generazioni

Educare attraverso le arti, conoscere i linguaggi delle nuove generazioni per tradurliin occasione di crescita e di apprendimento in un percorso educativo interdisciplinare.

PA S T O R A L E

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cora raggiunto ilvero riconosci-mento nella suafunzione di servi-zio pubblico nelsistema italianointegrato di istru-zione. È stataun’occasione perun bilancio: a chepunto siamo e,soprattutto, cosapossiamo fare.

L’interventodel vescovo Vin-cenzo Zani, Segre-tario della Congre-gazione per l’Educa-zione Cattolica, ha inserito il con-vegno nel solco dell’evento mondia-le voluto da papa Francesco che sisvolgerà il 14 maggio 2020 e avràper tema “Ricostruire il patto edu-cativo globale”. Un appuntamentoper ravvivare l’impegno per e con legiovani generazioni, rinnovando lapassione per un’educazione piùaperta ed inclusiva, capace di ascol-to paziente, dialogo costruttivo emutua comprensione.“Promuovereinsieme e attivare, attraverso un co-mune patto educativo, quelle dina-miche che danno un senso alla sto-ria e la trasformano in modo positi-vo” (Papa Francesco 12 settembre2019).

Gli Eventi FIDAE hanno avutoinizio il 4 dicembre con la 74esima

profili giuridicidella materia e haindicato in settepunti le questio-ni su cui lavoraremaggiormentenelle scuole: unaforte attenzioneal processo di se-lezione del perso-nale e dei volon-tari; l’importanzadi regolamentiscritti; la forma-zione multidisci-plinare del perso-

nale; prevedere si-stemi disciplinari

chiari e misure cautelari; ascoltarei minori; avere un rapporto direttocon le forze dell’ordine; prevedereuna figura interna dotata di poteridi controllo.

Nella mattinata del secondo gior-no, la tavola rotonda, moderata daVania De Luca, giornalista di RaiNews, è stata incentrata sui lin-guaggi dell’arte usati dalle nuovegenerazioni. Hanno partecipato: Ar-mando Matteo, docente di Teologiafondamentale presso la PontificiaUniversità Urbaniana di Roma, cheha sottolineato come “i linguaggidelle nuove generazioni esprimonoil faticoso tentativo dei giovani difare la loro parte nel mondo sotto lecondizioni attuali … è la missionpropria dei giovani quella di “trau-matizzare” il reale, mostrando nuo-ve possibilità e nuovi orizzonti al-l’umano e dell’umano, sia per la du-ra stagione che oggi essi sono co-stretti ad affrontare a contatto conadulti e vecchi che non vogliono fa-re gli adulti e i vecchi. Mai si dovreb-be pertanto dimenticare quantonon sia per nulla facile essere giova-ni oggi; proprio di tale fatica i lin-guaggi giovanili – intesi in sensoampio come espressioni simbolichedel loro essere al mondo – sono allostesso tempo luogo di restituzionema anche luogo di elaborazione, disuperamento, di speranza”.

Antonio Scattolini, Responsabiledella Pastorale dell’arte della Dioce-si di Verona, ha evidenziato la ne-cessità di porre la questione dellaeducazione alla lettura critica delleimmagini con persone, mezzi e

PA S T O R A L E

Assemblea nazionale, nella sessio-ne pubblica dal titolo “Non fate ma-le a uno solo di questi piccoli”, incen-trata sul tema degli abusi sui mino-ri. La discussione ha visto gli inter-venti di Ernesto Diaco, Direttoredell’Ufficio nazionale per l’educazio-ne la scuola e l’università della Cei,di Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo diRavenna-Cervia e Presidente del Ser-vizio Nazionale per la tutela dei mi-nori della CEI, che ha presentato lelinee guida adottate dalla Cei sultema; è stata sottolineata la neces-sità di agire sulla prevenzione piùche sull’emergenza. Necessario unapproccio sistemico ed è importan-te chiedersi: quali sono i nostripunti deboli nella protezione dei

minori e come fareuna corretta selezionedel personale a contat-to con i bambini? Le co-munità cristiane ne-cessitano di accompa-gnamento in questedirezioni; è il principa-le compito del Servizionazionale per la tuteladei minori aperto dallaCEI.

I profili giuridicidella materia

Successivamente,l’avvocato E manueleMontemarano, presi-dente dell’organo di vi-gilanza UNI-ACCREDIA,ha presentato alcuni

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PA S T O R A L E

strumenti adeguati: “Educare signi-fica aiutare una persona a “tirarsifuori”, a diventare cioè consapevoledella propria dignità e libertà. È uncompito affascinante: si tratta di fa-vorire tutto ciò che “insegna” (= se-gna dentro) a decidere di sé nel de-licato ed impegnativo compito didarsi forma. La cultura e le arti inquesto senso sono il processo, ilmezzo, il bene privilegiato, che vapensato in funzione di questo com-pito educativo e formativo dellapersona, come dice l’articolo 9 dellaCostituzione Italiana.I beni cultura-li vanno riconosciuti come “la cartad’identità” di una nazione, beni chesono di tutti e per tutti; beni comunisu cui far leva per la maturazione diun’identità e di un senso civile au-tentico. Si tratta di impegnarsi inun triplice compito educativo: nonsolo di far conoscere ma anche difar apprezzare e di far affezionarealle testimonianze artistiche delpassato e anche del presente.

Per una lettura criticadelle immagini

Poiché ai nostri giorni l’esperien-za visiva sembra dominante, a livel-lo di comunicazione di massa, ri-spetto alla parola, ne consegue cheeducare lo sguardo diventa un inve-stimento sempre più importante.Ecco perché si pone la questionedella educazione alla lettura criticadelle immagini con persone, mezzie strumenti adeguati: perché oggi èurgente l’apprendistato per un la-voro formativo, che conduca anchealla capacità di vigilanza e contem-plazione come esercizio interiore eliberazione del gusto ... ”.

Matteo Adamoli, Docente di Digi-tal Storytellinge Pedagogia dell’Uni-versità Salesiana di Venezia, ha lan-ciato una sfida pedagogica: “I cam-biamenti che stanno avvenendoall’interno della società riflettonoun vero e proprio cambio di para-digma, a partire da quella che vienechiamata “rivoluzione digitale”. Ilparadigma digitale sta trasforman-do l’umanità a livello antropologi-co: cambia il modo di concepire lospazio e il tempo; il proprio corpo ela rappresentazione di sé e della re-altà; i rapporti sociali e politici; i

processi di formazione e apprendi-mento. Viviamo immersi in un am-biente da alcuni autori definito In-fosfera pieno di immagini, dati,flussi di informazioni in cui gli stru-menti della comunicazione oltre adiventare sempre più potenti sistanno trasformando in estensionidel nostro corpo, dei nostri sensi edella nostra mente. La sfida peda-gogica da assumere come educato-ri, insegnanti, istituzioni è quella direcuperare il potere relazionale trail ruolo degli adulti e i nuovi lin-guaggi prendendo consapevolezzadi come le culture giovanili utilizza-no la Rete nelle loro pratiche di so-cializzazione, apprendimento, in-trattenimento e costruzione del sé.”

Durante le relazioni, lo streetar-tist Alessio-B ha realizzato una per-formance creando un’opera ispirataai temi del Congresso.

Alcune esperienzesignificative

Nella terza e ultima giornata, so-no state presentate alcune espe-rienze significative di utilizzo dellearti nella didattica, attraverso ilcontributo di numerosi testimonial:

Eraldo Affinati, scrittore e inse-gnante, partendo dalla straordina-ria testimonianza delle scuole Pen-ny Wirton per l’insegnamento gra-tuito della lingua italiana agli im-migrati, ha raccontato la storia diuna nuova esperienzadidattica dove ci siguarda negli occhi, se-dendo allo stesso tavo-lo, senza classi e senzavoti, in una relazioned’amicizia e simpatia.

Davide Stecca,esperto di ritmo corpovoce ed emozioni(RCVE), ha evidenziatol’importanza dello svi-luppo della parte mu-sicale, artistica edemozionale della per-sona con uno sguardosu come entrare in re-lazione con se stessi econ gli altri da un pun-to di vista insolito, maefficace.

Elena Grassi, Asso-

ciazione Cattolica Esercenti Cinema(ACEC),ha evidenziato come il gran-de schermo può diventare un “cam-po di gioco” dove bambini e ragazzida tutto il mondo portano la lorocultura, la loro religione e i loro va-lori, incontrandosi per comprende-re meglio la contemporaneità nellaquale vivono e crescono.

Giulia Frazza, insegnante di reli-gione di Verona, ha raccontato lasua esperienza al fine di mostrarecome l’arte figurativa possa essereun linguaggio appropriato ed effi-cace per insegnare religione catto-lica nella scuola in quanto forma dicomunicazione diretta ed immedia-ta che, coinvolgendo la corporeità,può far maturare il senso del belloe far esperire lo stupore relativo almistero che contraddistingue l’e -sperienza religiosa.

Tanti i workshop proposti sui di-versi linguaggi artistici, dallo story-telling, al teatro, alla fotografia, alladanza.

Tante le sollecitazioni che i par-tecipanti hanno portato nelle lororealtà educative, speriamo sianoutili alla costruzione di una societàmigliore che veda i giovani di oggiprotagonisti del domani.

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AFRICA

Terrorismo in Burkina Faso

Impressio-nante questa let-tera in data 18 di-cembre 2019.

Carissimi fra-telli e carissimesorelle in Italia,

vi raggiungia-mo per condivi-dere la situazio-ne legata al ter-

rorismo che il Burkina Faso sta vivendo da alcuni anni.Vi presentiamo una sintesi dei vari avvenimenti col de-siderio che possiate ricordare questo nostro paese sem-pre più nella vostra preghiera.

I primi attacchi sono cominciati nel 2016: la capitaleè stata colpita due volte. All’epoca si pensava che l’obiet-tivo dei terroristi fosse quello di colpire gli europei. Nellostesso anno, nella parte settentrionale, sono emersi pre-dicatori islamici radicali che, piano piano, hanno portatoalla formazione di gruppi armati che hanno cominciatoa muovere attacchi nei villaggi, colpendo le figure di au-torità: capi villaggio, sindaci e responsabili delle comu-nità islamiche che non sostenevano la loro causa. In se-guito sono cominciati attacchi ai militari e ai poliziotti.Il governo aveva interpretato tutto questo come il ten-tativo di provocare una sommossa nell’esercito per ro-vesciare la sua stabilità.

Il terzo attentato a Ouagdougou, nel marzo 2018, èstato fatto contro un quartiere generale dell’esercito econtro l’ambasciata di Francia ed era coinciso con l’iniziodel processo penale contro due generali del precedentepresidente Blaise Compaore.

Quest’anno sono cominciati attacchi contro la Chiesae le chiese: un sacerdote missionario spagnolo è statoucciso nel mese di febbraio mentre era in viaggio ai con-fini col Togo; un parroco è stato rapito e a oggi non ci so-no sue notizie. Un altro sacerdote e vari fedeli sono statiuccisi in tre attacchi, dal periodo pasquale sino ad oggi.

Due volte le chiese protestanti sono state attaccate,così come sono state colpite anche due comunità mu-sulmane. Certi gruppi islamici mirano a islamizzare lepopolazioni sotto il loro dominio e, per raggiungere il lo-ro obiettivo, cercano di creare ostilità tra la religione cri-stiana e la musulmana.

Dal nord del paese, la zona del conflitto si è infattiestesa alla zona est e sud-est, ai confini con il Benin e colTogo, sino ad alcune zone del nord-ovest. L’intenzionedei terroristi è ora chiaramente quella di occupare tuttoil paese, partendo dalle zone più periferiche per poi in-vadere il centro e infine giungere nella capitale.

Le precise ragioni degli attacchi in Burkina non sonochiare in quanto solo pochi attentati sono stati espres-

samente rivendicati. Non è possibile conoscere con chia-rezza chi e cosa stia provocando tutta questa violenza. Iprimi attentati sono stati rivendicati da alcuni movimen-ti jihadisti in lotta contro la Francia perché impegnata,in prima fila, nella guerra contro il terrorismo.

Sulla scorta di tale motivazione anche la Costa d‘Avo-rio è stata colpita, con un attentato a Grand-Bassam, nelmese di marzo 2016. Riguardo alle cause e alle motiva-zioni più profonde ci sono diverse interpretazioni.

Una delle cause, considerata la principale, è l’instabi-lità nella zona del Sahel, in particolare nel Mali e in Niger.Nel Mali, sin dagli anni sessanta, c’è una parte della po-polazione (Tuareg) che da sempre rivendica la parte norddel paese quale territorio proprio a statuto speciale conindipendenza dal governo centrale.

Un’altra causa, sostenuta dai membri del governo at-tuale del Burkina, è che Blaise Compaore, il precedentepresidente deposto dalla insurrezione popolare del 2014,nei suoi 27 anni di governo avrebbe stabilito un pattocon i gruppi terroristici.

Per quest’ultima ragione il Burkina sarebbe statodapprima preservato per molti anni dagli attacchi. Mala posizione dell’attuale presidente è di non voler in al-cun modo patteggiare con queste organizzazioni terro-ristiche che hanno evidentemente trovato ospitalità inBurkina, per seminare distruzione in altri Paesi ed oraanche qui.

Ci sono altre fonti che sostengono che la regione delSahel sarebbe ricca di giacimenti petroliferi e di uranio,elementi indispensabili per la produzione di energia inFrancia, oltre che di oro (Mali e Burkina ne sono tra i pri-mi produttori africani).

Il controllo di queste zone risulterebbe dunque stra-tegico sia per le forze ribelli intenzionate a creare un al-tro stato (l’Azawad), sia per la Francia col suo fabbisognoenergetico e con la sua politica estera in Africa.

I movimenti jihadisti non hanno preso di mira soloquesti tre paesi citati, ma anche l’intera zona dell’Africaoccidentale. C’è tra di loro un gruppo che lo esprimechiaramente anche attraverso la denominazione: MU-JAO: Mouvement d’unicité pour le Djihadisme en Afriquede l’ouest (Movimento d’unità per il jihadismo nell’Africadell’ovest).

In tal senso un buon numero di analisti politici affer-ma che il Burkina è un corridoio per passare ad altri paesidel sud: Costa d’ Avorio, Ghana, Togo, Benin, per congiun-gersi quindi col movimento terroristico Boko Haramoperante da anni al nord della Nigeria.

A oggi non si intravvede alcuna soluzione al graveproblema. Vari analisti prospettano un peggioramentodella situazione a motivo delle incapacità militari sinoradimostrate dall’esercito del Mali e del Burkina Faso chenon sono riuscite ad arrestare l’avanzata dei terroristi.

In questa situazione la Chiesa, attraverso i suoi ve-scovi, non cessa di invitare alla preghiera e di moltipli-care gesti che permettano di rinsaldare i legami sociali,evitando le accuse non fondate o discriminatorie. Il car-

B R E V I DA L M O N D O

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dinale Philippe Ouedraogo ha chiesto a tutti i cristianidi impegnarsi in una catena di preghiera dalla primadomenica di Avvento sino alla fine dell’anno liturgico2020.

Pregate per noi e con noi.P. Martin de Porres Ouedraogo è membro della Co-

munità di Villaregia in Burkina Faso.

CHIESA NEL MONDO29 missionari uccisi nel 2019

Secondo i dati raccolti da Fides, nel corso dell’anno2019 sono stati uccisi nel mondo 29 missionari, per lamaggior parte sacerdoti: 18 sacerdoti, 1 diacono perma-nente, 2 religiosi non sacerdoti, 2 suore, 6 laici. Dopo ottoanni consecutivi in cui il numero più elevato di missio-nari uccisi era stato registrato in America, dal 2018 èl’Africa ad essere al primo posto di questa tragica classi-fica. In Africa nel 2019 sono stati uccisi 12 sacerdoti, 1 re-ligioso, 1 religiosa, 1 laica (15). In America sono stati uccisi6 sacerdoti, 1 diacono permanente, 1 religioso, 4 laici (12).In Asia è stata uccisa 1 laica. In Europa è stata uccisa 1suora. Ancora una volta la vita di molti è stata stroncatadurante tentativi di rapina o di furto, in contesti socialidi povertà, di degrado, dove la violenza è regola di vita,l’autorità dello stato latita o è indebolita dalla corruzio-ne e dai compromessi. Questi omicidi non sono quindiespressione diretta dell’odio alla fede, bensì di una vo-lontà di “destabilizzazione sociale”.

Un’altra nota è data dal fatto che si registra una sortadi “globalizzazione della violenza”: mentre in passato imissionari uccisi erano per buona parte concentrati inuna nazione, o in una zona geografica, nel 2019 il feno-meno appare più generalizzato e diffuso. Sono stati ba-gnati dal sangue dei missionari 10 paesi dell’Africa, 8dell’America, 1 dell’Asia e 1 dell’Europa.

La Chiesa locale è, di fatto, “una realtà che aiuta lagente, in diretta concorrenza con il crimine organizzato”,il quale sa che eliminare un sacerdote è molto più cheeliminare una persona, perché destabilizza un’intera co-munità. Così si instaura “una cultura del terrore e del si-lenzio, importante per la crescita della corruzione e,quindi, per permettere ai cartelli di lavorare liberamen-

te”. In questa chiave - spiega il rapporto Fides - moltoprobabilmente devono essere letti alcuni degli omicidi,come quello di don David Tanko, ucciso da uomini armatimentre era sulla strada per il villaggio di Takum, in Ni-geria, dove stava recandosi a mediare un accordo di pacetra due etnie locali in conflitto da decenni, o il barbaroassassinio di un’anziana suora, nella Repubblica Centra-fricana, suor Ines Nieves Sancho, che da decenni conti-nuava ad insegnare alle ragazze a cucire e ad apprendereun mestiere, o ancora la vicenda di fratel Paul McAuley,trovato senza vita nella Comunità studentesca “La Salle”,a Iquitos, dipartimento della foresta peruviana, dove sidedicava all’istruzione dei giovani indigeni. Loro, cometutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici uccisi, por-tavano nella vita quotidiana delle persone con cui vive-vano, la testimonianza evangelica di amore e di servizio,cercando di alleviare le sofferenze dei più deboli e alzan-do la voce in difesa dei loro diritti calpestati, denuncian-do il male e l’ingiustizia, aprendo il cuore alla speranza.

Anche di fronte a situazioni di pericolo per la propriaincolumità, ai richiami delle autorità civili o dei proprisuperiori religiosi, i missionari – si legge nel Rapporto Fi-des – rimangono al proprio posto, consapevoli dei rischiche corrono, per essere fedeli agli impegni assunti e ri-manere accanto alla gente che condivide gli stessi rischi.Risulta quasi impossibile compilare un elenco di vescovi,sacerdoti, suore, operatori pastorali, semplici cattolici,che vengono aggrediti, malmenati, derubati, minacciatisolo a motivo della loro fede. Come è impossibile censirele strutture cattoliche a servizio dell’intera popolazione,senza distinzione di fede o di etnia, come scuole, ospe-dali, centri di accoglienza, che sono assaliti, vandalizzatio saccheggiati. Particolare dolore provocano poi le chieseprofanate o incendiate, le statue e le immagini sacre di-strutte, i fedeli aggrediti mentre sono raccolti in preghie-ra. Si è ormai diffuso in diversi continenti il sequestro disacerdoti e suore: alcuni si sono conclusi in modo tragi-co, come si evince anche dall’elenco dei missionari uccisi,altri con la liberazione degli ostaggi, altri ancora con ilsilenzio. In Nigeria sono aumentati i rapimenti a scopoestorsivo di preti e religiosi, la maggior parte vengonoliberati dopo pochi giorni, in alcuni casi però con conse-guenze devastanti per la loro salute fisica e psichica.Analogo fenomeno è frequente anche in America Latina.Tra i rappresentanti di questo gruppo citiamo il gesuitaitaliano padre Paolo Dall’Oglio, rapito il 29 luglio 2013 aRaqqa, in Siria, su cui si sono rincorse in questi anni tantevoci, senza nessuna conferma. Il suo rapimento non èmai stato rivendicato. La missionaria colombiana suorGloria Cecilia Narvaez Argoty, rapita l’8 febbraio 2017 nelvillaggio di Karangasso, in Mali, dal gruppo Al Qaeda delMali. È ancora nelle mani dei suoi sequestratori padrePierluigi Maccalli, della Società delle Missioni Africane(Sma), che nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2018, èstato rapito in Niger, nella missione di Bamoanga.

a cura di ANTONIO DALL’OSTO

B R E V I DA L M O N D O

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V O C E D E L L O S P I R I T O

Il sale e la luce

Due elementi comuni, forniti dalla natura,indicano per Gesù il compito dei suoi discepoli: ilsale e la luce. Perché sceglie proprio queste dueimmagini? Forse perché hanno qualcosa diimportante in comune: non attirano l’attenzionesu loro stessi, ma fanno risaltare qualcos’altro. Ilsale dà sapore ai cibi, la luce rende visibili icontorni delle cose. Sale e luce da soli sonoelementi pressoché inconsistenti e non sonousufruibili: se uno ha fame, non mangia il sale maun cibo condito dal sale; se uno vuole vederci lanotte, non si punta una lampada sugli occhi ma lapunta sugli oggetti; e se vuole vederci di giorno,non guarda certo il sole, ma le cose illuminate dalsole. La natura di questi due elementi è l’essere«per» altro, non per se stessi. In un certo senso ilsale e la luce devono sciogliersi, scomparire, persvolgere bene il loro compito. Gesù dice quindi aisuoi discepoli, all’intera Chiesa, di non attirare lepersone a loro stessi, di non mettersi al centro, madi servire umilmente gli altri. Così ha fatto lui: nonsi è costruito un piedistallo per emergere, ma si èmesso ai piedi degli altri (cf. Gv 13); non è venutoper farsi servire, ma per servire (cf. Mc 10,45). LaChiesa esiste non per mettersi al centro, ma peressere sale e luce, per dare sapore e colore alla vitadegli uomini con l’annuncio e la testimonianza delvangelo. Se Gesù avesse voluto una Chiesa al

centro, non avrebbe usato queste due immagini,ma avrebbe consigliato ai discepoli di essere comeun esercito armato o come un castello fortificato ocome una rocca inattaccabile. Il concilio Vaticano IIha espresso questa visione della Chiesa quando hadetto che essa è «come un sacramento, cioè segnoe strumento dell’intima unione con Dio edell’unità di tutto il genere umano» (Lumengentium, n. 1). La Chiesa è «segno e strumento»,cioè un mezzo, non il fine: il fine è l’unità con Dio etra gli uomini. C’è una seconda caratteristicacomune al sale e alla luce: la necessità di unadeguato dosaggio, altrimenti diventanoinsopportabili o inutili. Se il sale nei cibi è troppoabbondante diventano disgustosi, se è tropposcarso rimangono insipidi; se la luce è troppoabbagliante diventa fastidiosa e se è troppo tenueimpedisce di vedere le cose. La testimonianzacristiana va dosata nella maniera giusta. Non puòcadere negli eccessi dell’arroganza, della violenzaverbale o fisica, dell’attacco sistematico al mondo,come se fosse pieno di nemici. Non può cadereneppure negli eccessi opposti della timidezza,dell’invisibilità e della paura di prendereposizione. Il metodo dei discepoli comprendeinscindibilmente il dialogo con tutti e l’annunciodi Cristo, l’accoglienza del vero e del buonopresente dovunque e la testimonianza della

bellezza di essere cristiani. … Ecco il segreto:per essere luce, occorre aprire il cuore allenecessità di chi ci sta intorno, a cominciare daquelli della propria casa o dai propri parenti...per evitare che l’amore sia un sentimentoastratto. Se c’è qualcosa che può perforare ilmuro dell’indifferenza al vangelo, dare saporee colore alla vita di tante persone estranee otiepide verso la Chiesa, questo non è solo latestimonianza della fede — di fronte allaquale uno può sempre dire: «Ammiro chi cel’ha però io non sono tra questi» — ma è latestimonianza dell’amore gratuito, dellacarità che colma le tante ingiustizie umane. Èuno spessore umano «pieno» che, quando staalla base della fede, può colpire tanti erimettere in moto la loro speranza.

ERIO CASTELLUCCIda “Con timore e gioia grande”

EDB, Bologna 2019

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S P E C I A L E

IL MAGISTERO E LA NOVITÀ DEL CARISMA

La teologia del carismadopo il Vaticano II

Èun lungo percorso, forse una tesi in più, che ci at-tenderebbe se volessimo seguire passo passo que-sto importante filone dottrinale dell’insegnamento

della Chiesa sulla vita consacrata che è la teologia del ca-risma; bisognerebbe come sempre ripartire dalla Scrit-tura, poi da tutto il Concilio per osservare ciò che avvienein seguito nel magistero successivo – e quale magistero!– (vedere la tabella riepilogativa). Io scelgo di sottolinea-re questi momenti forti che sono l’esortazione apostolicadi Paolo VI ai religiosi Evangelica testificatio (1971), le di-rettive del nostro dicastero sui rapporti tra vescovi e su-periori religiosi Mutuae relationes (1978); quindi si giun-gerà, attraverso l’esortazione postsinodale di GiovanniPaolo II Vita consecrata (1996) ,ai tempi in cui siamo, conIuvenescit Ecclesia. Questa nomenclatura deve tuttaviaessere ponderata in base al grado di autorità di questidiversi documenti: al sopra di tutto il Concilio, quindil’esortazione Vita consecrata in collegamento con un si-nodo generale sulla vita consacrata, poi l’esortazionepontificia di Paolo VI; i documenti rilasciati dalla Curiadevono essere gerarchizzati secondo il loro genere lette-rario, ma anche da chi li ha trasmessi: la Dottrina dellafede prevale sempre, come sappiamo, sugli altri dicasteri,ma non sul magistero straordinario e universale.1

1. La ScritturaPer farla in breve, su questo punto sorgivo, si può con-

sultare l’articolo firmato da padre A. Vanhoye, “Chari-sme” nel Dizionario di teologia fondamentale, che ripren-de tutti i testi e tutte le interpretazioni fino ai nostri gior-ni. Vi offro la sostanza nei miei primi due punti. Il termi-ne significa “dono grazioso”, “gratificazione”. Non ha al-cun uso noto nel greco classico, e soltanto quattro nel la-tino classico (con il significato di “dono”). Al contrario, siriscontra più spesso nel NT: 16 volte nelle lettere di Paoloe una volta in 1Pt 4,10. Questi testi e la tradizione succes-siva propongono due diverse concezioni del carisma, co-me un dono straordinario concesso da Dio in modo ec-cezionale (e che possono essere utili sul piano personale,

La teologia del carisma, intesa come donodello Spirito a un determinato fondatore o

stato di vita ecclesiale, è ancora fragile.Tuttavia, l’ orientamento trinitario delcarisma, così come le sue componenti

ecclesiologiche costitutive, consentono unprimo discernimento sul dono che lo

Spirito ha fatto ad un istituto.

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come nel caso della glossolalia), o come un dono di gra-zia ordinario. accordato da Dio per la crescita della co-munità ecclesiale. Queste due concezioni saranno ogget-to di una vivace discussione al Concilio Vaticano II, al mo-mento della redazione di Lumen Gentium, in particolaretra il cardinale Ruffini, interprete della prima, e il cardi-nale Suenens, ardente difensore della seconda. Sappia-mo che è stata la posizione di Suenens a prevalere.

2. Al Concilio: Lumen Gentium (1964) Il Vaticano II usa la parola “carisma” 14 volte; ecco le

indicazioni:

1964LG 12 (cit. da 1 Tess 5,12 e 19-21): né sacramento, né mi-

nistero, grazie gratuiteLG 30 ministeri e carismi propri dei laiciLG 25, carisma dell’infallibilità del magistero supremo LG 50 carismi di Dio donati ad alcuni per essere imi-

tati da altri

1965DV 8 “carisma certo di verità” dei pastoriPO 4 carismi dei predicatoriPO 9 carismi dei laici che devono essere accertati dai

sacerdotiAA 3 Spirito Santo concede ai fedeli doni particolari;

dalla recezione di questi carismi risulta per i credenti ildiritto e il dovere di esercitare tali doni

AA 30 carismi che lo Spirito Santo dona a certi laiciper il bene dei loro fratelli

AG 23 lo Spirito che elargisce i carismi per il bene dellaChiesa (1 Cor 12, 11) ispira la vocazione missionaria

LG 28 i cristiani devono collaborare al Vangelo, ciascu-no secondo il proprio carisma e mi-nistero (1 Cor, 3,10 s.). Notiamo la di-versità dei protagonisti. Il testo di Lu-men gentium 12 è sicuramente il piùfondamentale, teologicamente; sitrova nel capitolo II, nel paragrafoche tratta della funzione profeticadel Popolo di Dio. I carismi sono pre-sentati come grazie speciali (gratiasspeciales) che lo Spirito distribuisceai fedeli di ogni categoria, che “li rendono atti e disponi-bili a svolgere varie attività e uffici (opera vel officia) utiliper il rinnovamento e il maggiore sviluppo della Chiesa”.

Il senso della fedee i carismi nel popolo cristiano

Il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio pro-fetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimo-nianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede edi carità, e coll’offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frut-to di labbra acclamanti al nome suo (cf. Eb 13,15). La tota-lità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, (cf.1Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifestaquesta sua proprietà mediante il senso soprannaturale

della fede di tutto il popolo, quando «dai vescovi fino agliultimi fedeli laici» (cf. S. Agostino, De Praed. Sanct. 14,27;PL 44, 980) mostra l’universale suo consenso in cose difede e di morale. E invero, per quel senso della fede, cheè suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la gui-da del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbe-disce fedelmente, di ricevere non più una parola umana,ma veramente la parola di Dio (cfr. 1 Ts 2,13), il popolo diDio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa aisanti una volta per tutte (cf. Gd 3), con retto giudizio pe-netra in essa più a fondo e più pienamente l’applica nellavita.

Inoltre lo Spirito Santo non si limita a santificare e aguidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e deiministeri, e ad adornarlo di virtù, ma «distribuendo a cia-scuno i propri doni come piace a lui» (1 Cor 12,11), dispensapure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le qualili rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e ufficiutili al rinnovamento e alla maggiore espansione dellaChiesa secondo quelle parole: «A ciascuno la manifesta-zione dello Spirito è data perché torni a comune vantag-gio» (1 Cor 12,7). E questi carismi, dai più straordinari aquelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sonosoprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinatia rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consola-zione. Non bisogna però chiedere imprudentemente idoni straordinari, né sperare da essi con presunzione ifrutti del lavoro apostolico».

Questi carismi possono essere più radiosi o più am-piamente diffusi. «Con questa precisione, scrive p. Van-hoye, il Concilio rifiuta di ridurre la nozione di “carisma”a doni straordinari e miracolosi, ma lo applica ai doni piùmodesti e meno rari, come quelli menzionati in Rm 12, 6-8». La prassi della Chiesa, incoraggiata dal Concilio, è di

accogliere con gratitudine e gioiaspirituale i vari carismi. Per quanto ri-guarda i carismi straordinari, il Con-cilio dichiara che «il giudizio sull’au-tenticità di questi doni e sul loro usoben regolato spetta ai pastori dellaChiesa che hanno la responsabilitànon di estinguere lo Spirito ma diesaminare tutto e di ritenere ciò cheè buono».

Un’applicazione abbastanza frequente di questa nor-ma, continua padre Vanhoye, riguarda il carisma dei veg-genti che affermano di essere favoriti da rivelazioni spe-ciali, e un’altra, il carisma dei fondatori e fondatrici dinuovi istituti di vita consacrata. Eccoci al punto.

Vanhoye continua:«Il concetto di carisma passa così da un significato

individuale (1 Cor 12,7-10) a un senso comunitario e ac-quista la possibilità di una durata indefinita, collegataall’istituzione. Fedele all’insegnamento del Concilio, ilnuovo Codice di Diritto Canonico, promulgato nel 1983,applica ugualmente agli istituti di vita consacratal’espressione di Rm 12.6 sulla diversità dei carismi e ri-chiede ai membri di ciascun istituto la fedeltà allo spi-rito del fondatore (CIC § 577-578). Si giunge così ad un

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I cristiani devonocollaborare al Vangelo,

ciascuno secondoil proprio carisma

e ministero

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accordo fondamentale tra le norme giuridiche e l’ispi-razione carismatica: cosa che corrisponde bene allastruttura della Chiesa, che è insieme carismatica e isti-tuzionale».

Evangelica Testificatio (1971)Contrariamente a quanto spesso si crede, il Concilio,

che ha impiegato l’espressione “testimonianza evange-lica” (evangelica testificatio) in Ad gentes 40, non usaquindi il termine “carisma” per designare la grazia chesarebbe propria, per esempio, a un istituto religioso. Que-sto avverrà nell’esortazione Evangelica testificatio di Pao-lo VI (29 giugno 1971), ai numeri 11 e 32. Il termine cari-sma, in Evangelica testificatio, designa la grazia propriadi un fondatore, di un istituto, della stessa vita religiosa.Leggiamo infatti, al numero 11 (Il carisma dei fondatori):

«Solo così voi potrete ridestare i cuori alla verità e al-l’amore divino, secondo il carisma dei vostri fondatori,suscitati da Dio nella sua chiesa. Non altrimenti ilconcilio giustamente insiste sull’obbligo, per i religio-si e per le religiose, di esser fedeli allo spirito dei lorofondatori, alle loro intenzioni evangeliche, all’esem-pio della loro santità, cogliendo in ciò uno dei principidel rinnovamento in corso ed uno dei criteri più sicuridi quel che ciascun istituto deve eventualmente in-traprendere. Il carisma della vita religiosa, in realtà,lungi dall’essere un impulso nato “ dalla carne e dalsangue “ (Gv 1,13) né derivato certo da una mentalitàche “ si conforma al mondo presente “ (Rm 12,2), è ilfrutto dello Spirito santo, che sempre agisce nellachiesa».

E al numero 32 (Fortificare l’uomo interiore):

«Durante questo cammino, un aiuto prezioso vi è of-ferto dalle forme di vita che l’esperienza, fedele ai ca-rismi dei diversi istituti, ha fatto adottare, e di cui essaha variato le sintesi e propone incessantemente nuo-vi sviluppi. Per quanto diverse siano le modalità, que-sti mezzi sono sempre ordinati alla formazione del-l’uomo interiore. Ed è la premura di fortificarlo che viaiuterà a riconoscere, nell’ambito di tante sollecita-zioni diverse, le forme di vita più appropriate. Un ec-cessivo desiderio di flessibilità e di spontaneità crea-tiva può far tacciare, in effetti, di rigidezza il minimumdi regolarità nelle consuetudini, che la vita delle co-munità e la maturazione delle persone ordinaria-mente richiedono. Slanci disordinati, che si appellanoalla carità fraterna o a ciò che si crede mozione delloSpirito, possono condurre le istituzioni anche al lorosfacelo».

Padre Régamey, che fu il principale redattore di que-sta esortazione di Paolo VI, vedeva due significati nel ter-mine “carisma” per aiutare a comprendere la vita religio-sa come una vita carismatica. In senso generale, significaun favore gratuito concesso per il bene comune. In sensoparticolare, i carismi sono esperienze dell’azione dello

Spirito, passeggeri e particolarmente liberi.È la prima volta in un documento ufficiale che il ter-

mine “carisma” è stato particolarmente collegato con lavita religiosa. Vengono usate tre espressioni: “carismadella vita religiosa”, “carisma dei fondatori” (ET 11) e “ca-risma dei vari istituti” (ET 32). Régamey insiste sul fattoche un carisma non viene semplicemente dato né che sipossa così riposare su di esso: al contrario, deve sempreessere attualizzato. Questa è una fedeltà viva ai carismi.

Questo significato applicato ai religiosi ha avuto for-tuna in seguito all’’esortazione, ma l’ultima redazionedel Codice del 1983 lo eviterà ovunque: papa GiovanniPaolo II ha fatto sempre sostituire nella parte destinataagli istituti di vita consacrata, il termine “carisma” con“dono” o “grazia”; i canoni che riguardano ciò viene chia-mato affrettatamente “carisma”, usano, come si leggenel Documento preparatorio, il termine “patrimonio” – lacui specificità è affidata alla vigilanza dei vescovi e, daun’altra parte, del capitolo generale (c. 586; cf. 631, 638).La definizione viene data una sola volta:

Can. 578: “L’intendimento e i progetti dei fondatori,sanciti dalla competente autorità della Chiesa, relativa-mente alla natura, al fine, allo spirito e all’indole dell’isti-tuto, così come le sane tradizioni, cose che costituisconoil patrimonio dell’istituto, devono essere da tutti fedel-mente custoditi”.

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Il pensiero di don Lorenzoè mutatocol Vaticano II?

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Ciò significa almeno che la recente nozione dovevaancora affermarsi. Ha, come abbiamo detto, le sue riso-nanze paoline e la sua storia.

Ma anche che il carisma di un istituto deve essere in-teso come un dono da attuare nella comunità, che tra-smette modi specifici di pensare e agire, affidati a ognigenerazione di consacrati come un bene da custodire. vi-vere e da trasmettere ancora. Ora, ciò che viene trasmes-so è questo stile di vita spirituale, questo modo umanodi agire, questa maniera evangelica di comprendere ilmondo, questa certezza di essere prima di tutto riferitia Dio in Cristo – tutto questo, con il colore, o nel mododeterminato dalla vita del fondatore e / o dai suoi scritti,o anche dal modo in cui la generazione degli inizi ha po-tuto coglierlo.

Notiamo che Lumen gentium, nel capitolo VI dedicatoai religiosi, aveva tentato una tipologia delle varie formedi vita religiosa a partire dai misteri di Cristo, ed è ancorauna via da approfondire. Secondo il numero 46 di Lumengentium, attraverso i religiosi, la Chiesa deve manifesta-re Cristo sia nella contemplazione, sia in chi annuncia,guarisce, converte, benedice i bambini, in quanto com-pimento totale della volontà del Padre che lo mandaQuesta tipologia, essenzialmente cristologica, è organiz-zata attorno alla vita pubblica di Cristo. Se ne possonoproporre altre, più fenomenologiche, come quella del de-creto Perfectae caritatis. Possiamo anche scoprire che unluogo evangelico è più ricco di ispirazione di altri (comela croce per i Passionisti), ma ciò allora implicherebbe dinon farsi in qualche modo rinchiudere – S. Breton l’hamostrato per la sua stessa famiglia religiosa, approfon-dendo l’inizio della prima ai Corinzi per meglio compren-dere Giovanni 19, che l’ha rinviato all’inno dei Filippesi ea Matteo 25.

Un carisma è senza dubbio sempre un equilibrio in-stabile di componenti apparentemente incompatibili(si trattava in questo caso di essere insieme servo, ami-co, sposo, figlio, rispettivamente nella docilità, lo scam-bio, l’oblazione, l’abbandono, “l’estasi “), che ogni gene-razione cerca di saldare in un’ispirazione sempre piùprofonda.

Mutuae Relationes (1978)Con queste “Direttive” (la cui rielaborazione è annun-

ciata da alcuni anni come imminente), si è aperto il tem-po in cui, nonostante le vecchie competizioni, i rapportitra vescovi e religiosi possono essere “mutui”, per il fattoche il carisma religioso e l’istituzione gerarchica sonoconcepiti come doni del medesimo Spirito. Riprendendoda Lumen Gentium (LG 4) e Ad Gentes (AG 4) la dottrinadell’unità e della fecondità della Chiesa che si opera “gra-zie alla diversità dei doni gerarchici e carismatici” delloSpirito Santo, il numero 2 di Mutuae relationes sottolineasubito una logica che rifiuta l’opposizione tra la vita re-ligiosa e le strutture ecclesiali, come se, dice ancora il n °34 «quasi potessero sussistere come due realtà distinte,l’una carismatica, l’altra istituzionale; mentre ambeduegli elementi, cioè i doni spirituali e le strutture ecclesiali,

formano un’unica, benché complessa, realtà» (cf. LG 8;una allusione al teandrismo di Cristo). Già prefiguratanell’enciclica Mystici Corporis di Pio XII l’ “ecclesiologia dicomunione” di tutti i ministeri, gradi, condizioni, stati, or-dini o funzioni del corpo ecclesiale si fonda ovviamentesulla vita trinitaria che è anche il suo orientamento.

Non si dirà, tuttavia, che la vita religiosa rappresentiil “polo spirituale” della Chiesa, mentre la gerarchia sa-rebbe il suo “polo cristologico”. Fondando la “comunioneecclesiale” sia in Cristo che nello Spirito, Mutuae Relatio-nes esclude questa prospettiva, anche se il documentoriconosce fermamente alla vita religiosa una natura ca-rismatica (MR 19) e al ministero episcopale la funzionedi Cristo -capo (MR 6). Ma la vita religiosa è anche unasequela di Cristo (MR 10), mentre il ministero episcopaleè esso stesso un carisma spirituale (MR 9, 17, ecc.).

«Un esempio quasi limite di questo scambio di ter-mini è la descrizione, al numero 13, del servizio pro-prio dei superiori religiosi, paragonato “per analogia”alla triplice funzione del ministero pastorale. Giudi-cato severamente dai commentatori, questo “para-gone”, per quanto sia delicato da maneggiare, è tut-tavia indicato come una semplice conseguenza delruolo attribuito alle Mutuae Relationes allo SpiritoSanto, fonte della crescita della Chiesa e della conver-genza missionaria dei vari doni che la costituiscono».

Per la vita religiosa, ciò significa soprattutto che essanon può pensare il suo rapporto con i vescovi se non intermini di “mutue relazioni”, che implicano una consi-stenza propria ricevuta non solo dalla gerarchia, ma an-zitutto dallo Spirito. In altre parole, Mutuae Relationescomporta, con la sua “ecclesiologia pneumatologica”, lanecessità per la vita religiosa di fondare il suo orienta-mento pastorale – sollecitata quanto la sua fedeltà alle“opere proprie “ – in una libertà che servirà tanto megliole necessità della Chiesa locale, e di conseguenza dellaChiesa universale, quanto più si identificherà con il “donodello Spirito alla Chiesa” che per Mutuae relationes èogni istituto.

Nessun altro documento, sia conciliare che postcon-ciliare, fino ad allora, aveva sottolineato questa dimen-sione spirituale dell’istituzione religiosa, e nello stessotempo questo carattere carismatico della gerarchia ec-clesiale. Ma se la vita religiosa, sequela di Cristo, si collo-ca nello Spirito, e se il ministero pastorale è costituito daCristo come il garante carismatico di questa istituzione,allora la vita religiosa rappresenta un luogo privilegiatoin cui si manifesta nella Chiesa l’unità di Cristo e delloSpirito.

Alcune note di un vero “carisma”Mutuae relationes comprendeva anche diverse indi-

cazioni circa i criteri di un vero carisma (MR 9 c, 11-12, 14c) e scriveva ancora (MR 51) queste linee ispiratrici:

a) Per dare un giudizio sull’autenticità di un carisma,

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è necessario che si realizzino le seguenti condizioni: unaparticolare ispirazione dello Spirito Santo, distinta daidoni personali, anche se non separata, e che si manifestanell’azione e nell’organizzazione;

b) un profondo desiderio dell’anima di conformarsia Cristo per testimoniare alcuni aspetti del suo mistero;

c) un amore costruttivo per la Chiesa, che rifiuta as-solutamente di provocare qualsiasi discordia.

Inoltre, la figura dei fondatori richiede che si tratti diuomini e donne la cui provata virtù (cf. LG 45) rivela unavera docilità verso la Gerarchia sia nella risposta all’im-pulso ricevuto dallo Spirito.

Quando si tratta di nuove fondazioni, è necessarioche tutti coloro che devono giudicare si esprimano conchiara prudenza, con una paziente valutazione e giusteesigenze. Questa responsabilità deve essere sentita prin-cipalmente dai Vescovi, successori degli Apostoli, “allacui autorità lo Spirito stesso sottopone anche i benefi-ciari dei carismi” (LG 7) e ai quali spetta, in comunionecon il Romano Pontefice, “stabilire la dottrina dei consiglievangelici, regolarne pratica e istituire forme di vita sta-bili sulla base di questi consigli” (LG 43).

Continuiamo il nostro percorso e veniamo al testoprincipale pubblicato dopo il Vaticano II.

Vita consecrata (1996):triplice orientamento del carisma

Uno dei maggiori contributi del documento, oltre allameditazione sull’icona della Trasfigurazione e sul tipo diconsacrazione, consiste nella descrizione, nella primaparte, del carisma fondante. Il numero 36 presenta unapprofondimento di questa dottrina, dove riconosce nelcarisma fondatore un triplice orientamento costitutivo(VC 36): anzitutto verso il Padre, con la ricerca della suavolontà, in una conversione continua in cui l’obbedienzaè fonte di libertà, la castità esprime l’infinita tensionedel cuore, la povertà nutre la fame e la sete di giustiziache Dio ha promesso di saziare (notiamo questo primoorientamento trinitario dei consigli, tutti riferiti al Pa-dre). Ugualmente verso il Figlio, con il quale si tratta diintrattenere una comunione di vita intima e gioiosa, dipartire in missione, di lavorare e di soffrire. Verso lo Spi-rito Santo, infine, che guida e sostiene nel cammino spi-rituale, nella vita di comunione, nell’azione apostolica,in breve, nell’atteggiamento del servizio autenticamentecristiano. Pertanto, “è sempre questa triplice relazioneche risalta da tutti i carismi fondatori e c’è qui un carat-tere chiamato a concretizzarsi e a svilupparsi nella tra-dizione dell’Istituto”. Se si capisce bene, il Padre, “princi-pio senza principio”, “fonte e origine della Divinità” comelo intendono, dopo i Padri greci, gli occidentali, è il riferi-mento finale dei tre consigli. La comunione con il Figlio,inviato nel mondo, è il principio della missione. La vitanello Spirito Santo è la via di questa comunione e di que-sto apostolato. Senza mai sottolinearlo molto, il docu-mento segna spesso un vero pneumatocentrismo e ciòche segue lo mostra, poiché viene fermamente chiestoai consacrati di esercitarsi nell’aiuto spirituale (scuole dipreghiera, esercizi e ritiri spirituali, giorni di solitudine,

ascolto e direzione spirituale, 39), cosa ripetuta più di unavolta: con l’auspicio pressante che i consacrati siano gui-de competenti della vita spirituale per i laici (55), che gliistituti si presentino come scuole di autentica spiritualità(93), che i consacrati propongano agli altri membri delPopolo di Dio la loro meditazione comunitaria della Bib-bia (94), in breve, che possano offrire la loro accoglienzae il loro accompagnamento spirituale a tutti coloro checercano Dio (103 ).

Senza imporre la ricerca di formulazioni trinitarie let-terarie negli enunciati fondatori, il carisma della vita con-sacrata è inteso quindi innanzitutto nella sua dimensio-ne trascendente: non come un dovere di offrire tale ser-vizio in una determinata epoca, o di adattarsi al meglioai bisogni del tempo, ma come la necessità di entrarenella realtà viva dell’opera di Dio: “Da questa opzioneprioritaria, – per la vita spirituale – dipendono la fecon-dità apostolica, la generosità nell’amore per i poveri, co-me anche l’attrattiva vocazionale sulle nuove generazio-ni” (93).

In questo modo, la luce stessa della Trasfigurazione,l’orientamento trinitario dei consigli, la peculiarità dellavita consacrata tra le altre vocazioni cristiane, l’appro-fondimento trinitario e missionario della dottrina del ca-risma formano la sostanza dottrinale della Confessio Tri-nitatis propria di questa prima parte di Vita consecrata,

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la più inaspettata per coloro che hanno seguito da vicinoi lavori del Sinodo, quella che senza dubbio rimarrà comeuna formidabile fonte di ispirazione e di azione.

Iuvenescit Ecclesia (2016)Occorre prendere in considerazione anche la Lettera

Iuvenescit Ecclesia ai Vescovi della Chiesa cattolica sulrapporto tra doni gerarchici e carismatici per la vita e lamissione della Chiesa, del 15 maggio 2016, festa dellaPentecoste. Si trattava di fornire dei criteri per il discer-nimento delle “nuove associazioni ecclesiali”. Come ab-biamo detto, se il carisma è appannaggio del fondatoree tramite lui dell’istituto, esso si trasmette istituendosio si istituisce trasmettendosi. Non è per sua natura incontrasto con la gerarchia. Avrete letto nel documentopreparatorio gli 8 criteri per il discernimento dei doni ca-rismatici indicati al numero 18; li ricordo in sintesi (senzasoffermarmi sulle note); torneremo presto su questo:

a) Primato della vocazione di ogni cristiano alla san-tità

b) Impegno nella diffusione missionaria del Vangeloc) Confessione della fede cattolica: ogni realtà cari-

smatica deve essere un luogo di educazione alla fedenella sua integrità

d) Testimonianza di una reale comunione con tutta laChiesa: il Papa, il vescovo; la partecipazione sul piano na-zionale e internazionale

e) Stima e riconoscimento della reciproca comple-mentarietà di altre componenti carismatiche nella Chiesa.Una vera novità suscitata dallo Spirito non ha bisognodi mettere in ombra altre spiritualità e doni per afferma-re se stessa.

f) Accettazione dei momenti di prova nel discerni-mento dei carismi: la giusta relazione tra vero carisma,prospettiva di novità e sofferenza comporta una costan-te storica: è il legame tra il carisma e la croce.

g) Presenza di frutti spirituali di carità, gioia, pace ematurità umana (cfr Gal 5, 22).

h) Dimensione sociale dell’evangelizzazione.Se si cerca di articolare questi punti tra loro, si dirà

che nel carisma convergono consacrazione e missione (ae b), kerygma e martyria (c-d), nella koinônia dei ministe-ri e delle diaconie (e ed f); la croce loro inerente (f) e aquesta condizione, la sua fecondità gli viene dall’alto (g),e prende forma sociale ed evangelizzatrice (h). Kerygma,martyria, koinonia sono, insieme con leitourgia come pia-ce ai cattolici aggiungere, i ritmi stessi di ogni ecclesio-logia cattolica sin dall’inizio degli Atti degli Apostoli, co-me aveva già notato padre Congar. In modo che, dicevapadre Congar, abbiamo quattro termini così ordinati:

– l’insegnamento degli apostoli martyria– la comunione fraterna koinônia– la frazione del pane e le preghiere leitourgia– il servizio degli uomini diakonia

Era anche la struttura di uno dei progetti di ciò chediventerà Gaudium et spes (kerygma, koinônia, martyria,vedere il progetto di Malines o di Lovanio, estate 1963).Lo si ritrova nella prima enciclica di Papa Benedetto XVIDeus caritas est (25 dicembre 2005) e in molti altri testiintermedi. Ecco il quadro ecclesiologico di ogni riflessio-ne sul carisma. Poiché la vita religiosa esiste nella Chiesae per essa, un carisma religioso (per analogia con le notedella Chiesa che si possono omologare con i quattro pi-lastri degli Atti) comporterà sempre queste quattro di-mensioni che si includono a vicenda. Ma le proporzionivarieranno, a seconda degli istituti più apostolici (diako-nia) o più contemplativi (leitourgia), più comunitari (koi-nônia) o più vicini alle periferie (martyria).

La teologia del carisma, intesa come dono dello Spi-rito a un determinato fondatore o stato di vita ecclesiale,è ancora fragile. Se la vita consacrata si colloca “nella di-mensione carismatica della Chiesa”, lo è nella misura incui si conforma a Cristo casto, povero e obbediente, e perquesto, si rivolge al Padre. Questo orientamento trinita-rio del carisma, così come le sue componenti ecclesiolo-giche costitutive, consentono un primo discernimentosul dono che lo Spirito ha fatto al vostro istituto; e comesappiamo, “i doni di Dio e la vocazione di Dio” sono irre-vocabili” (Rm 11,29; cf. Eb 6,17).

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1. Conferenza tenuta al Capitolo generale dei Fratelli di San Giovanni.

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Riflessioni e indicazioniA CURA DILUIGI GUGLIELMONIE FAUSTO NEGRI

MALATTIA, SOFFERENZA

E UNZIONEDEGLI INFERMI

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Don FrancescoCosentino, do-

cente di Teologiafondamentale allaPontificia Universi-tà Gregoriana, svi-luppa le sue rifles-sioni partendo dallaconvinzione che «al-la base dell’odiernacrisi spirituale vi sia un grande ostacolo per la fede cri-stiana: abbiamo frainteso Dio». In quale Dio credo? Qualè l’immagine di Dio che mi porto dentro? Quale Dio ac-compagna la mia giornata, raccoglie le mie paure, acca-rezza i miei sogni e nutre le mie speranze? Mi rivolgo aun essere perfettissimo che sta lassù nei cieli, a un Diosenza volto da cui ricevere una vaga energia, a un orolo-giaio, a un severo legislatore? Se è così, c’è bisogno di unimportante restauro dell’immagine di Dio impressa nelmio cuore, perché, sollevata la polvere che ne ha oscuratoi contorni, ritorni a splendere in tutta la sua bellezza.

Fede e immagini di Dio«Abbiamo tutti bisogno di riscoprire Dio come il Padre

che ci attende sulla soglia della vita; la carezza che mi ri-dona vigore quando, ferito ai bordi della strada, la stan-chezza prende il sopravvento sul desiderio del viaggio;l’amico che mi sorprende nel deserto della banalità o nelgrigiore della routine; il mare illimitato di vita rispettoal quale sento di essere solo una piccola isola e verso cuiapproderò, colmando finalmente la struggente nostalgiache accompagna i miei giorni». La questione delle im-magini di Dio richiama una delle grandi frontiere odier-ne dell’evangelizzazione, della spiritualità e della teolo-gia. Volendo compiere questo viaggio di liberazione dalleimmagini di Dio distorte e negative, che rischiano dioscurare la gioia del cuore e di ottenebrare la nostra co-scienza, possiamo individuare quelle false figure che, tal-volta, hanno finito per sostituire il Dio vivente, non sen-za ricadute psichiche e spirituali: un dio tappabuchi, undio giudice che castiga, un dio contabile e legalista, undio che manda la croce, un dio che chiede sacrifici, un dioche sta in agguato senza un attimo di misericordia, undio dei sensi di colpa.

Tornare alla ParolaLa Scrittura ci mostra molte immagini di Dio intrec-

ciate con le vicende umane; anche le pagine più difficilinascondono non solo una chiave interpretativa dell’esi-stenza umana, ma anche una mappa per avvicinarsi econoscere chi è Dio. Il fraintendimento di Dio e le imma-gini negative che ne derivano, può essere superato ritor-

nando all’esperienza dell’incontro con Gesù, prima e piùgrande via di guarigione della nostra immagine sba-gliata di Dio perché è nel suo volto che si possono coglie-re i lineamenti veri del Padre. La rivoluzione che Gesùporta nel cuore dell’uomo, della religione e della societàè questa: mentre tu pensi a cosa fare per poter piacere aDio e non incorrere nella sua ira, Dio ti ama e dona lasua vita per te. Attraverso le parole, i gesti e il compor-tamento di Gesù noi scopriamo il vero volto di Dio comevolto di padre e madre, come amore senza misura, comegioia che permane in mezzo alle tempeste della vita edel mondo, e come promessa di vita eterna oltre ognimorte. Aprendoci con fiducia a Gesù e al suo vangelo,può maturare in noi un’immagine di Dio autentica, checi permetterà di entrare in relazione con lui e di vivere,così, un’esperienza di fede autentica, sana e liberante. Ildesiderio di Gesù, nell’annunciare la novità del Regno,è quello di farci passare da un’immagine di Dio negati-va, severa e castrante, fondata sulla paura e sulla sfidu-cia, all’esperienza di un incontro positivo e benevolo conlui. Nella sua predicazione — e in special modo nelle pa-rabole — Gesù intende infondere coraggio e fiducia allanostra vita, scacciando ogni paura; più volte ripete aisuoi interlocutori di «non temere», aprendoli alla cer-tezza di essere accompagnati da un Dio vicino, che be-nedice la vita di ogni uomo e non permette che neancheun capello del nostro capo vada perduto, che ci viene acercare quando ci siamo smarriti, ci attende sulla sogliadi casa scrutando con nostalgia l’orizzonte e spalancan-do le braccia per noi.

Nessuno può imprigionare DioSe Dio non lo si può costringere nelle proprie mani

perché sta sempre oltre, una sana spiritualità è quellache sa mantenere la giusta distanza tra noi e lui. L’idoloannulla la distanza con una fusione che vuole manipo-lare Dio; Dio, invece, la riempie di una presenza d’amoreche si chiama Gesù e in lui esalta la nostra originalitàe dà respiro alla nostra libertà. Si tratta di una spiritua-lità che «sa vivere la pazienza dell’attesa dell’incontro,sa aspettare i tempi e i momenti che provengono dal-l’alto, sa leggere i segni senza catalogarli frettolosa-mente come miracoli, sa esplorare senza pretendere dipossedere, si lascia scomodare dalla presenza di un Dioche talvolta viene nell’assenza e parla nel silenzio, checi invita a vivere non l’appagante consolazione di unareligione tranquilla ma, al contrario, l’umano travagliodel dubbio e dell’insicurezza». Dio è vivo. E chi è vivonon può essere imprigionato in uno schema o in unaraffigurazione.

ANNA MARIA GELLINI

N O V I TÀ L I B R A R I E

LIBERARSIDALLE FALSE IMMAGINI DI DIOFRANCESCO COSENTINO

EDB, Bologna 2019, pp. 168, € 13,00

Page 46: Febbraio 2020 2 Testimoni - Dehoniane · 2020-01-30 · Curia e visione sul mondo Se il discorso alla curia (21 ... Nell’uno e nell’altro, Francesco dà prova di grande visione.

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ALBERTO VALENTINI

Teologia mariana EDB, Bologna 2019, pp. 368, € 32,00

L’A., monfortano, docente alla Pontificia UniversitàGregoriana e alla Facoltà Teologica Marianum, eviden-zia, nella sua trattazione teologica, il ruolo fondamen-tale che Maria ha nella storia della salvezza accanto aCristo, in un contesto trinitario ed ecclesiale. I 22 capi-toli del libro offrono un interessante percorso che vadai vangeli sinottici alla letteratura giovannea, daivangeli dell’infanzia alle testimonianze degli apocrifi,dai primi Concili fino al Vaticano II e al magistero ma-riano del post Concilio. Maestra e modello della Chiesain preghiera, Maria va vista in relazione alla liturgiae nella pietà popolare, evidenziandone il valore teolo-gico e pastorale; va vista nella dimensione marianadella spiritualità cristiana; nella consacrazione e nel-l’affidamento; nel dialogo ecumenico e nella questio-ne femminile. Fino alle apparizioni della Vergine, alloro complesso discernimento e significato.

ENZO FORTUNATO – PIERO DAMOSSO

Francesco e il sultanoSan Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2019, pp. 180, € 16,00

P. Fortunato, minore conventuale di Assisi, ripercor-re le tappe del cammino di Francesco e dei Francesca-ni, a partire da quel fatidico viaggio che 800 anni fa s.Francesco intraprese per incontrare in Egitto il sultanoal-Kamil. L’incontro tra il Vangelo e il Corano fu caricodi significato ed è portatore di un messaggio sempreattuale.Damosso, giornalista accreditato presso la Santa Sede,evidenzia — attraverso le recenti tappe del dialogo cri-stiano sostenute da papa Francesco, Benedetto XVI esan Giovanni Paolo II, fino alla dichiarazione di AbuDhabi del 2019 sulla “fratellanza umana” — la neces-sità di recuperare, anche proprio dall’esempio france-scano, l’amore verso i fratelli, il rispetto per le altre cul-ture nel riconoscimento della libertà di ognuno edell’uguale diritto alla vita, voluti da Dio stesso.

MASSIMO GIULIANI

Le terze tavoleEDB, Bologna 2019, pp. 176, € 16,50

La Shoah fusterminio, anziomicidio, manon meno fumenzogna e si-lenzio. La Shoahfu una radicale,spudorata men-zogna, non solonelle motiva-zioni per cuivenne messa inatto, ma capil-larmente, nella sua efferata esecuzio-ne. Chi non ha presenti le menzognecon cui i deportati venivano indotti aportare con sé i loro averi; le menzognecon cui venivano condotti alle camerea gas, presentate come «docce»; lamenzogna dell’oro richiesto agli ebreidi Roma per evitare la deportazione,che ebbe luogo nonostante fosse statoconsegnato? Nella storia del mondo,purtroppo, non mancano continuiesempi di violenze di stragi, di sterminianche di interi popoli (le atrocità com-piute dai mongoli nell’espansione delloro impero; i nativi sia del Sud sia delNord America; gli aborigeni australia-ni; gli armeni; i curdi…); di persecuzionidi etnie (il massacro dei tutsi in Ruan-da), di classi sociali e di oppositori poli-tici (il gulag e la strage dei contadinikulaki; le stragi perpetrate da Pol-Pot inCambogia; le decine di migliaia di vit-time delle dittature in America Latina);il massacro dei bosgnacchi di Srebreni-ca, musulmani vittime della barbarieserba. Nei campi di sterminio nazistifurono torturati e morirono non soloebrei, e più di un milione di bambini,ma anche rom, omosessuali, oppositoripolitici, i cosiddetti soggetti «asociali»,testimoni di Geova, delinquenti comu-ni. Le camere a gas, però, erano riserva-te agli ebrei. Si trattò di una program-mazione minuziosa, scientifica e tecni-ca dello sterminio. La Shoah fu genoci-dio del popolo ebraico, ma fu — ed è piùgrave e radicale — omicidio. Non soloomicidio di tanti, ma uccisione di ciòche ci fa umani. Il tema generale concui la Shoah si confronta è il male: l’ori-gine del male; la responsabilità umanaverso il male; la relazione tra il male el’annuncio biblico di un Dio amicodell’uomo, che crea e vuole il bene e in-terviene nella storia a salvare. «La sto-ria ebraica è parte del dramma cosmicodella redenzione e solo in esso l’enormemartirio collettivo d’Israele trova il suosenso».

FRANCESCO ROSSI DE GASPERIS

Peccati d’origineEDB, Bologna 2019, pp. 88, € 9,00

L’A. gesuita, missionario in Giappone e docente diTeologia biblica alla Pontificia Università Gregoriana,in appena 84 pagine offre una rilettura dei primi un-dici capitoli del libro della Genesi, aprendo a una visio-ne del «peccato d’origine» oltre la tradizionale riduzio-ne dogmatica e catechistica del «peccato di Eva». Duepeccati originari, dell’adam maschile e di quello fem-minile, segnano in realtà l’intero dramma della storiaumana come mancata relazione dialogica e paritariadel maschile e del femminile. L’opera del Creatore,orientata a un reciproco dono di amore, viene mal re-cepita e mortificata, segnalando «la necessità avvertitadi una radicale redenzione finale della specie umana».La svolta radicale della pedagogia di Dio - che ricomin-cia con Abramo il suo dialogo personale ed eterno conl’umanità - viene illustrata attraverso una riflessionesulla seconda delle Dieci parole quale promessa nuzia-le del Signore destinata a tutta l’umanità.

N O V I TÀ L I B R A R I E

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EDBwww.dehoniane.it Via Scipione Dal Ferro, 4 - 40138 BolognaTel. 051 3941511 - Fax 051 3941299

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