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Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri-Segni Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected] Anno 4 - numero 1 (27) Gennaio 2007 Velletri-Segni Chiesa Suburbicaria V incenzo Apicella Il 31 dicembre 1968 si svolse a Sotto il Monte, paese natale di Giovanni XXIII autore dell’enciclica Pacem in Terris, la prima Marcia della Pace e, dal 1° gennaio successivo è cele- brata in questa data la Giornata del- la Pace per volontà di Paolo VI, che poco tempo prima aveva scritto la Populorum Progressio, altro gran- de punto di riferimento per i costrut- tori di pace. Dopo la grande stagione di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI prosegue nello sforzo di richiamare tutti gli uomini alle esigenze della pace, in un mondo che non cessa di essere insanguinato quotidianamente da un numero impressionante di conflitti, che non sono semplicemente “loca- li”, cioè limitati nello spazio e nel tempo, ma minacciano di coinvol- gere tutti attraverso le nuove forme di terrorismo e l’ormai assodata glo- balizzazione. Già nel suo primo Messaggio per la Pace, del 1° gennaio dell’anno che si chiude, il Papa aveva affer- mato il suo primario e forte impe- gno per la pace richiamando le ragio- ni che lo hanno indotto a scegliere il suo nome da Pontefice: S. Benedetto, patrono dell’Europa e il suo immediato predecessore Benedetto, campione della lotta contro “l’inutile strage” del primo conflitto mondiale. Si è scelto questa volta di celebra- re la Giornata della Pace, proprio a Norcia, la culla della vicenda bene- dettina, punto di partenza di una impre- sa che costituisce per il nostro con- tinente la radice della sua cultura. E alla radice va anche Benedetto XVI con il Messaggio per la Giornata del- la Pace di questo 1° gennaio 2007, dal titolo significativo: “La Persona umana, cuore della pace”. Sappiamo che la pace non è solo sospensio- ne, più o meno temporanea, della guerra, ma è benessere, equilibrio, pienezza di vita, secon- do il significato profondo dello Shalom bibli- co, il primo saluto e il primo dono del Risorto ai suoi discepoli, quel saluto con cui inizia ogni nostro incontro liturgico. Perché questo dono possa essere accolto e vis- suto occorre che prima siano risanate le quat- tro terribili fratture che il peccato produce nel- la nostra esistenza: la frattura della propria coscien- za, quella del rapporto con Dio, con le altre per- sone e con la stessa natura che ci circonda. Nel suo messaggio Benedetto XVI percorre, con la lucidità e la profondità che gli sono proprie, tutto questo itinerario, parlando di una ecolo- gia che non interessa soltanto l’ambiente, ma deve diventare anche ecologia umana ed eco- logia sociale. Questo sarà possibile solo quando la persona umana sarà accolta come valore assoluto e tra- scendente, in quanto porta in se stessa, come dato costitutivo, la stessa immagine e somiglianza del suo Creatore. Ogni discriminazione, ogni limitazione di que- sto dato fondamentale non può che portare all’e- marginazione, allo sfruttamento, alla strumen- talizzazione e alla possibile eliminazione di inte- re categorie di esseri umani. Ecco perché il riconoscimento della dignità intan- gibile di ogni uomo, senza distinzione di raz- za, di sesso, di cultura, di fede religiosa, di pote- re economico o sociale è veramente il punto di partenza ed il cuore della pace. Tutti sono disponibili a riconoscere i diritti fon- damentali dell’uomo, enunciati anche in tanti solenni documenti a tutti i livelli, ma il problema è sempre quello di chiarire qual è il fondamento e la sorgente di tali diritti, che implicano, d’al- tra parte, i corrispettivi doveri. Solo da qui può derivare il rispetto per la vita, per ogni vita, nascente, matura o morente, e per la libertà di ogni persona Se la pace è anzitutto dono del Risorto essa diven- ta anche impegno dell’uomo che lo riceve, ecco perché l’ultima parte del messaggio è rivolto soprattutto ai credenti, che devono saper con- dividere con i fratelli quanto hanno ricevuto, se lo hanno veramente accolto nel suo più pro- fondo significato.

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Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastoraleper la vita della Diocesi di Velletri-Segni

Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected] 4 - numero 1 (27) Gennaio 2007V e l l e t r i - S e g n i C h i e s a S u b u r b i c a r i a

Vincenzo Apicella

Il 31 dicembre 1968 si svolse a Sottoil Monte, paese natale di GiovanniXXIII autore dell’enciclica Pacemin Terris, la prima Marcia della Pacee, dal 1° gennaio successivo è cele-brata in questa data la Giornata del-la Pace per volontà di Paolo VI, chepoco tempo prima aveva scritto laPopulorum Progressio, altro gran-de punto di riferimento per i costrut-tori di pace.Dopo la grande stagione di GiovanniPaolo II, Benedetto XVI proseguenello sforzo di richiamare tutti gliuomini alle esigenze della pace, inun mondo che non cessa di essereinsanguinato quotidianamente da unnumero impressionante di conflitti,che non sono semplicemente “loca-li”, cioè limitati nello spazio e neltempo, ma minacciano di coinvol-gere tutti attraverso le nuove formedi terrorismo e l’ormai assodata glo-balizzazione.Già nel suo primo Messaggio perla Pace, del 1° gennaio dell’annoche si chiude, il Papa aveva affer-mato il suo primario e forte impe-gno per la pace richiamando le ragio-ni che lo hanno indotto a scegliereil suo nome da Pontefice: S.Benedetto, patrono dell’Europa e ilsuo immediato predecessore Benedetto,campione della lotta contro “l’inutilestrage” del primo conflitto mondiale.Si è scelto questa volta di celebra-re la Giornata della Pace, proprioa Norcia, la culla della vicenda bene-dettina, punto di partenza di una impre-sa che costituisce per il nostro con-tinente la radice della sua cultura.E alla radice va anche Benedetto XVIcon il Messaggio per la Giornata del-la Pace di questo 1° gennaio 2007,dal titolo significativo: “La Personaumana, cuore della pace”.Sappiamo che la pace non è solo sospensio-

ne, più o meno temporanea, della guerra, maè benessere, equilibrio, pienezza di vita, secon-do il significato profondo dello Shalom bibli-co, il primo saluto e il primo dono del Risortoai suoi discepoli, quel saluto con cui inizia ogninostro incontro liturgico.Perché questo dono possa essere accolto e vis-suto occorre che prima siano risanate le quat-tro terribili fratture che il peccato produce nel-la nostra esistenza: la frattura della propria coscien-za, quella del rapporto con Dio, con le altre per-sone e con la stessa natura che ci circonda.Nel suo messaggio Benedetto XVI percorre, conla lucidità e la profondità che gli sono proprie,tutto questo itinerario, parlando di una ecolo-

gia che non interessa soltanto l’ambiente, madeve diventare anche ecologia umana ed eco-logia sociale.Questo sarà possibile solo quando la personaumana sarà accolta come valore assoluto e tra-scendente, in quanto porta in se stessa, comedato costitutivo, la stessa immagine e somiglianzadel suo Creatore.Ogni discriminazione, ogni limitazione di que-sto dato fondamentale non può che portare all’e-marginazione, allo sfruttamento, alla strumen-talizzazione e alla possibile eliminazione di inte-re categorie di esseri umani.Ecco perché il riconoscimento della dignità intan-gibile di ogni uomo, senza distinzione di raz-za, di sesso, di cultura, di fede religiosa, di pote-re economico o sociale è veramente il punto di

partenza ed il cuore della pace.Tutti sono disponibili a riconoscere i diritti fon-damentali dell’uomo, enunciati anche in tantisolenni documenti a tutti i livelli, ma il problemaè sempre quello di chiarire qual è il fondamentoe la sorgente di tali diritti, che implicano, d’al-tra parte, i corrispettivi doveri.Solo da qui può derivare il rispetto per la vita,per ogni vita, nascente, matura o morente, e perla libertà di ogni personaSe la pace è anzitutto dono del Risorto essa diven-ta anche impegno dell’uomo che lo riceve, eccoperché l’ultima parte del messaggio è rivoltosoprattutto ai credenti, che devono saper con-dividere con i fratelli quanto hanno ricevuto,se lo hanno veramente accolto nel suo più pro-fondo significato.

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1“La persona umana cuoredella Pace”di S.E. Mons. Vincenzo Apicella

3La Pace pensando ai bambinidi Stanislao Fioramonti

4Il fatto sociale e il Vangelosono inscindibili tra loroa cura di Stanislao Fioramonti

5Ancora sul sacerdoziocomune dei fedelidi don Dario Vitali

6-7Millenario della nascita

di San Pier Damiani

San Pier Damiani:un testimone di Cristoche ci interroga ancoradi don Dario Vitali

Pier Damiani: appuntiper una biografia (I parte)di Francesco Cipollini

8-9Domenica: Ricchezza e SfideDiscorso tenuto dall’EminentissimoCard. Francis Arinze, alla Giornata diStudio per la Commemorazione dellaSacrosantum Concilium (I parte)

10Una Chiesa che ama:l’enciclica di Benedetto XVI‘Deus Caritas Est’di don Cesare Chialastri

11Accogliete la Parola di Dioche opera in voi che credeteLettera pastorale di S.E. Mons.Vincenzo Apicella alla Diocesi

Il contenuto di articoli, servizi, foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchiaesclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino,

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non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc.senza esplicita autorizzazione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale pergli atti della Curia e pastorale per la vita del-la Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileDon Angelo Mancini

VicedirettoreFabio Ciarla

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n.9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Tipolitografia Edizioni Anselmi s.r.l.- Marigliano (NA)

RedazioneC.so della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596

[email protected]

A questo numero hanno collaboratoinoltre: S.E. Mons. Vincenzo Apicella,donDario Vitali, Francesco Cipollini, S. E.zaCard. Francis Arinze, don Cesare Chialastri,Dorina e Nicolino Tartagione, diac. PietroLatini, Pier Giorgio Liverani, Mons. LeonardoD’Ascenzo, Antonio Galati, Mara Della Vecchia,Sara Gilotta, Emanuela Ciarla, don MarcoNemesi.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

GIORNATA DELLA PACE

GIORNATA DELLA PACE

PASTORALE

CHIESA

22 QUESTO MESE PARLIAMO DI...GennaioGennaio

20072007

CHIESA&DIOCESI

12-13S. Maria Assunta,la Concattredale di SegniLa storia, la vita della parrocchianella comunità cittadinaa cura della Redazione

14Elkana e Anna: il drammadella sterilitàdel Dorina e Nicolino Tartaglione

15PacsFamiglia, perché?di Pier Giorgio Liverani

16L’accompagnamentovocazionale nel ministeropresbiteraledi Mons. Leonardo D’Ascenzo

CARITAS

VOCAZIONI

17Il dramma liturgicodi Mara Della Vecchia

18Uno ‘strano’convegno diocesanodi Stanislao Fioramonti

20Una riflessione sul soffertorapporto tra etica e scienzadi Sara Gilotta

21La mela tra storia e mitodi Emanuela Ciarla

22Il Battesimodi don Marco Nemesi

GRANDI TEMI

FAMIGLIA

VOCAZIONI

CONCILIO VATICANO II

ARTE

FAMIGLIA&DIACONATO

MUSICA&LITURGIA

DIOCESI

CULTURA

CULTURA

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E' il tema della prossima Giornata mon-diale della Pace (1° gennaio 2007),scelto da Benedetto XVI "pensando ai bam-bini, specie a quelli il cui futuro è compromessodallo sfruttamento e dalla cattiveria di adul-ti senza scrupoli". Per il papa, rispettan-do la persona umana si promuove la pacee si pongono le premesse di un futuro sere-no per le nuove generazioni.

La pace, intesa come capacità di vive-re gli uni accanto agli altri tessendo rap-porti di giustizia e di solidarietà, è peròun dono e un compito. E' un dono di Dio,che con la creazione e la redenzione havoluto un mondo armonioso e un uomo

libero, nel la cuicoscienza si rispec-chia la sapienza divi-na; ed è un compi-

to perché ci impegna a risponderecoerentemente con il piano divino.Accogliendo e rispettando le norme deldiritto naturale che Dio Creatore haposto nel cuore dell'uomo, sarà possibi-le il dialogo tra credenti di varie fedi e tracredenti e non credenti, dialogo che è ilpresupposto fondamentale di un'autenti-ca pace.

Rispettare la dignità umana è undovere, e siccome la pace si fonda sul rispet-to dei diritti di tutti, non si può disporre apiacimento della persona. La Chiesa, pala-dina dei diritti fondamentali di ogni per-sona, rivendica in particolare il rispet-to della vita e della libertà religiosa: sen-za questi valori si facilita una mentali-tà e una cultura contrarie alla pace.

Riguardo al diritto alla vita, il papadenuncia lo scempio che della vita si fanella nostra società, a causa di conflittiarmati, terrorismo, violenza, fame,aborto, sperimentazione sugli embrio-ni, eutanasia; questi ultimi due in par-ticolare sono la negazione dell'accoglienzadell'altro, quindi la negazione della pace.Riguardo alla libertà religiosa, se que-sta manca, manca la pace, comedimostrano i cristiani impediti, perseguitatie anche uccisi, oppure i regimi che impon-gono un'unica religione, o i regimi indif-ferenti che dileggiano il credo religiosoaltrui.

La pace è minacciata poi dalle tan-te ingiuste disuguaglianze ancora pre-senti nel mondo: disuguaglianze nell'accessoai beni essenziali (cibo, acqua, casa, salu-te); disuguaglianze tra uomo e donnanell'esercizio dei diritti umani fondamentali;scarsa considerazione per la condizio-ne femminile (donne sfruttate o morti-ficate nella loro dignità o rigidamente sot-tomesse all'uomo).

Oltre a questa ecologia della natura,

l'uomo costruttore di pace deve rispetta-re la propria ecologia umana, la struttu-ra naturale e morale ricevuta da Dio; e deveconsiderare i rapporti tra queste due eco-logie, perché il mancato rispetto dell'am-biente danneggia la convivenza umana,e viceversa. La pace con il creato è lega-ta alla pace tra gli uomini, ed entrambepresuppongono la pace con Dio; loesemplifica il "Cantico di frate Sole" di S.Francesco, e lo dimostra il problema deirifornimenti energetici: la corsa alle risor-se disponibili iniziata da nuove nazioni indu-strializzate contrasta con la grande arre-tratezza in cui ancora vivono molte regio-ni del mondo, prive di sviluppo anche pergli alti prezzi dell'energia; tale squilibriosottintende interrogativi che non predispongono

certo alla pace tra le nazioni. Da qui l'ur-genza di rapporti tra gli uomini rispettosidella natura e della dignità e dei bisognidelle persone, perché la distruzione del-l'ambiente, il suo uso improprio e l'acca-parramento violento delle sue risorse sonosegno di sviluppo disumano: non può esse-re integrale lo sviluppo limitato solo all'a-spetto tecnico-economico, che trascuri ladimensione morale-religiosa.

Il papa propone una ecologia umanafavorevole alla crescita dell'albero dellapace, che parta da una visione dell'uomopriva di pregiudizi e di interessi, di con-cezioni antropologiche portatrici di con-trapposizione e di violenza, di concezio-

ni di Dio che portano alla insofferenza oalla violenza: una guerra in nome di Dioè sempre inaccettabile.

Oggi però la pace è avversata, oltreche dalle ideologie, dall'indifferenza ver-so quanto costituisce la vera natura del-l'uomo: una visione 'debole' della perso-na che solo in apparenza favorisce la pace,perché in realtà facilita le imposizioni auto-ritarie. La pace vera e stabile invece pre-suppone il rispetto dei diritti dell'uomo, dirit-ti deboli se fondati su una visione debo-le, relativistica della persona.

Citando il Mahatma Gandhi, il papaaggiunge che solo uomini consapevoli deipropri doveri possono difendere i diritti uma-ni, oggi gravemente attaccati. Tra gli orga-nismi internazionali, il compito di tutelar-li e di promuoverli, sulla base dellaDichiarazione universale del 1948, spet-ta soprattutto all'ONU; non perdere di vistail fondamento naturale dei diritti dell'uo-mo eviterà agli organismi internazionali diinterpretarli solo in chiave positivistica, cosache li priverebbe dell'autorevolezza neces-saria al loro compito.

La consapevolezza di diritti connes-si alla natura umana ha portato ad ela-borare un diritto umanitario internazionaleche impegna gli Stati anche in caso di guer-ra; la sua applicazione però è spesso incoe-

rente, come dimostra il recente conflittolibanese e in genere la 'nuova' violen-za impiegata dal terrorismo. Il diritto uma-nitario internazionale invece deve appli-carsi in tutte le situazioni di guerra, com-prese quelle senza regole del terrorismo.La guerra è sempre un fallimento e unagrave perdita di umanità, ma quando visi arriva, si salvaguardino almeno i prin-cipi essenziali di umanità e i valori fon-danti la civile convivenza.

Altro motivo di preoccupazione è ilricorso di alcuni stati agli armamenti nuclea-ri, con il timore di una catastrofe ato-mica, come in passato negli anni del-la 'guerra fredda'. Alla condanna per talescelta, già espressa dal Concilio con la"Gaudium et Spes", occorre unire la trat-tativa insistente sia per la non prolife-razione delle armi nucleari, sia per lariduzione e lo smantellamento di quel-le esistenti.

Il messaggio papale si conclude conl'appello a ogni cristiano, perché si con-sideri e si comporti come operatore dipace e difensore della dignità e dei dirit-ti dell'uomo, per contribuire a un veroumanesimo integrale secondo le diret-tive della "Populorum progressio" e del-

la "Sollicitudo rei socialis". L'invocazionea Maria Regina della Pace chiude il docu-mento.

Grandi 33GennaioGennaio20072007

di Stanislao Fioramonti

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(…) "Con il tema 'Dio' è connesso il tema socia-le: la nostra responsabilità reciproca, lanostra responsabilità per la supremazia del-la giustizia e dell'amore nel mondo. (…)L'amore del prossimo, che in primo luogo èsollecitudine per la giustizia, è la pietra di para-gone per la fede e per l'amore di Dio. (…)Il fatto sociale e il Vangelo sono inscindibilitra loro. Dove portiamo agli uomini soltantoconoscenze, abilità, capacità tecniche estrumenti, là portiamo troppo poco. Allora soprav-vengono ben presto i meccanismi della vio-lenza, e la capacità di distruggere e di ucci-dere diventa la capacità prevalente per rag-giungere il potere - un potere che una voltao l'altra dovrebbe portare il diritto, ma che nonne sarà mai capace. In questo modo ci si allon-tana sempre di più dalla riconciliazione, dal-l'impegno comune per la giustizia e l'amore.(…).

Le popolazio-ni dell'Africa edell'Asia ammi-rano le nostreprestazioni tec-niche e lanostra scien-za, ma alcontempo sispaventanodi fronte aun tipo di ra-gione cheesclude total-mente Dio dal-la visione dell'uo-mo, ritenendo que-sta la forma più sub-lime della ragione, da im-porre anche alle loro culture. La veraminaccia per la loro identità non la vedono nel-la fede cristiana, ma invece nel disprezzo diDio e nel cinismo che considera il dileggio delsacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità

a supremo criterio morale per i futuri successidella ricerca. (…)La tolleranza di cui abbiamo urgente bisognocomprende il timore di Dio - il rispetto di ciòche per altri è cosa sacra. (…) Questo sen-so di rispetto puòessere rigeneratonel mondo occi-dentale soltanto secresce di nuovo lafede in Dio, se Dio sarà di nuovo presente pernoi e in noi.Questa fede non la imponiamo a nessuno. Unsimile genere di proselitismo è contrario al cri-stianesimo. La fede può svilupparsi soltantonella libertà. Facciamo però appello alla liber-tà degli uomini di aprirsi a Dio, di cercarlo, diprestargli ascolto. (…)Non veniamo meno al rispetto di altre religionie culture, al profondo rispetto per la loro fede,se confessiamo ad alta voce e senza mezzitermini quel Dio che alla violenza oppone lasua sofferenza; che di fronte al male e al suopotere innalza, come limite e superamento,la sua misericordia…".

Sintesi a cura diStanislao Fioramonti

Grandi44 GennaioGennaio20072007

“Vi incoraggio ad approfondire sem-pre di più la vostra vita di fede tenendo benpresenti gli orientamenti emersi dal recenteincontro della Chiesa italiana a Verona”.

E’ necessaria una “coraggiosa azioneevangelizzatrice”, capace di “suscitare ilrinnovamento dell’impegno dei cattolicinella società; tale rinnovamento deve avve-nire anche nel Lazio”.

“Compito primario della evangelizza-zione è indicare in Cristo Gesù il salvatoredi ogni uomo. Non stancatevi di affidarvi aLui, di annunciarlo con la vostra vita infamiglia e in ogni ambiente. E’ questo chegli uomini anche oggi attendono dallaChiesa e dai cristiani”.

Ci sembra importante, all’inizio delnuovo anno, sottolineare le parole che ilpapa ha rivolto ai fedeli del Lazio nellabasilica di S. Pietro mercoledì 6 dicembre2006; i pellegrini delle diocesi di Roma edella regione si erano ritrovati all’udienzagenerale, accompagnati dal card. Ruini edai 20 vescovi laziali, in occasione dellavisita “ad limina”, cioè al vicario di Pietro,che essi stavano compiendo proprio in queigiorni.

Le “dritte” che papa Benedetto hasuggerito a tutti noi in quel breve salutosono tre:

Approfondire la propria vita di fedesecondo gli orientamenti di Verona;

Evangelizzare per rinnovare l’impe-gno dei cattolici nella società;

Annunciare con la nostra vita Cristosalvatore, perché questo vogliono gli uomi-ni.

Dunque nel breve saluto del papa aicristiani del Lazio è chiaramente indicatocosa dobbiamo fare e come dobbiamo farlo.E già il nostro Convegno diocesano dinovembre si è fatto interprete di quelle sol-lecitazioni, scegliendo come traccia per ilnuovo anno pastorale l’approfondimentodella conoscenza della Parola, mediante larilettura del documento conciliare “DeiVerbum”: che è, appunto, evangelizzarsiper evangelizzare.

Sembra evidente che, in questo cam-po, avremo tutti moltissimo da fare.Abbiamo però la possibilità di farlo utiliz-zando al meglio la nostra sensibilità e lanostra fantasia. Diamoci dunque da fare,senza paure, e buon lavoro a tutti!

La Redazione

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La riscoperta del sacerdozio comune costituisceuno dei guadagni più significativi del concilio VaticanoII. I testi del Nuovo Testamento richiamati al n.10 della Lumen Gentium ci hanno descritto nondi una funzione ministeriale, ma una condizionedi vita, che consiste in ultima analisi nell’offrirese stessi e tutta la propria vita in unione all’offertadi sé che Cristo ha compiuto una volta per tuttenel mistero pasquale.

Ma come avviene, come si esercita il sacer-dozio comune di tutti i fedeli? Dalla correlazio-ne necessaria tra sacerdozio comune e sacerdo-zio ministeriale già si poteva evincere che l’of-ferta di sé compiuta dai fedeli avviene e si mani-festa in modo pieno nella celebrazione eucaristi-ca. Come a dire che la partecipazione al sacerdoziodi Cristo, che il concilio indica in tre dimensioni– profetica, sacerdotale e regale – si manifesta esi compie nella dimensione sacerdotale, in parti-colare nella celebrazione eucaristica. È qui che ilpopolo di Dio – bisogna sempre ricordare che ilsacerdozio comune è azione di un popolo, di uncorpo di cui siamo membra – offre al Padre la vit-tima perfetta, Cristo, e in unione con Lui offre nonsoltanto le gioie e i dolori, le fatiche e le speran-

ze dei presenti, ma ditutta la Chiesa e dell’interacreazione.

Si capisce alloraperché il n. 11 descri-va anzitutto la «comu-

nità sacerdotale», e faccia derivare la sua «indo-le sacra e organicamente strutturata… sia dai sacra-menti che dalle virtù». Chi conosce il modo di con-cepire la Chiesa prima del concilio, quando in evi-denza venivano posti gli elementi istituzionali, radi-calizzando la distanza tra clero e fedeli, potrà capi-re la forza della novità proposta dal concilio. Purtroppo,i commentatori si fermano poco su questo capo-volgimento di prospettiva, peraltro limitandosi asviluppare l’aspetto sacramentale – anche perchéil testo è costruito sulla sequenza dei sette sacra-menti – senza sottolineare quello delle virtù. Eppure,in ogni passaggio i sue aspetti sono sempre co-implicati. Si legga, ad esempio, la parte di testoche si riferisce ai sacramenti dell’Iniziazione cri-stiana: «I fedeli, incorporati nella Chiesa con ilbattesimo, sono deputati al culto della religionecristiana dal carattere e, essendo rigenerati peressere figli di Dio, sono tenuti a professare pub-blicamente la fede ricevuta da Dio mediante laChiesa. Con il sacramento della confermazionevengono vincolati più perfettamente alla Chiesa,sono arricchiti di una speciale forza dello Spiritosanto, e in questo modo sono più strettamente obbli-gati a diffondere e a difendere con la parola e conl’opera la fede come veri testimoni di Cristo.Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e api-ce di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la vit-

tima divina e se stessi con essa; così tutti, sia conl’oblazione che con la santa comunione, compionola propria parte nell’azione liturgica, non peròindistintamente, ma chi in un modo e chi in unaltro. Cibandosi poi del corpo di Cristo nella san-ta assemblea, mostrano concretamente l’unità delpopolo di Dio, che da questo augustissimo sacra-mento è felicemente espressa e mirabilmente pro-dotta».

La dimensione sacramentale è subito identi-ficabile; meno quella relativa alle virtù. Anche per-ché il testo non spiega di cosa si tratti. Ma già inLG 8, la costituzione aveva introdotto una descri-zione impegnativa della Chiesa in analogia al miste-ro del Verbo incarnato con una formula ardita: laChiesa è comunità di fede, speranza e carità. Sono,queste, le virtù teologali. La tradizione teologica– soprattutto quella che fa capo a san Tommasod’Aquino, ravvisava in esse il principio della vitacristiana, in quanto innalzano l’uomo alla capa-cità – superiore alle forze umane – di credere, spe-rare e amare Dio e tutte le cose in Dio.

Per capire come la comunità sacerdotale ven-ga edificata mediante le virtù, basta pensare aglieffetti del battesimo: il sacramento della rigene-razione, nel momento in cui innesta il credente nel-la vita in Cristo, lo concorpora – espressione feli-ce della teologia medioevale – nella Chiesa, comeuna delle membra del corpo di Cristo, di cui Cristoè la testa. Come a dire che per il cristiano non esi-ste un prima della relazione personale con Cristo,e un poi della vita ecclesiale: i due momenti sonodati sempre insieme, come aspetti necessari del-l’unico evento della salvezza in Cristo.

Ma dire corpo di Cristo è dire Chiesa nel sen-so più profondo del termine, come unità dei cre-denti che scaturisce non da una decisione propria,ma dall’azione dello Spirito che unifica e edificai credenti nell’unità con Cristo e tra di loro: uni-tà che non è di ordine sociologico – la somma diquanti appartengono alla Chiesa – ma sacramen-tale, dal momento che i battezzati sono «realmente»le membra di questo corpo. Ancora una volta sipuò richiamare qui san Tommaso, quando spie-gava la vita della Chiesa in forza della gratia capi-tis. Con questa espressione egli indicava ilCristo-capo, il Signore glorificato alla destra delPadre che con la sua potenza – manifestata dal-l’effusione dello Spirito santo – unisce a sé e com-pagina come membra del suo corpo i battezzati.È lo Spirito, infatti, che vivifica il corpo, nel qua-le la diversità dei doni, delle vocazioni, dei cari-smi e ministeri non è annullata ma composta inunità. La lettera agli Efesini afferma che è Cristo,mediante il sono del suo Spirito, che «ha stabili-to alcuni come apostoli, altri come profeti, altricome evangelisti, altri come pastori e maestri, perrendere idonei i fratelli a compiere il ministero,al fine di edificare il corpo di Cristo, affinché arri-

viamo tutti all’unità della fede e della conoscen-za del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto,nella misura che conviene alla piena maturità diCristo» (Ef 4,11-13).

Una prospettiva del genere sottrae la vita cri-stiana a una concezione individualistica, che ren-de la fede un fatto privato e la svuota della suacapacità testimoniale. D’altronde, la fede, la spe-ranza e la carità sono prima di tutti dono di Dioalla Chiesa e quindi doni della Chiesa. Ognunoche venga alla fede è battezzato, copme dice laliturgia, nella fede della Chiesa, che preesiste erende possibile la fede del singolo. Così la cari-tà, che è la regola suprema della Chiesa, al pun-to che molti Padri usavato il termine agape/cha-ritas come sinonimo di Chiesa.

Il che significa che ciascun credente possie-de la fede, la speranza e la carità in quanto inne-stato nella Chiesa dal battesimo, e matura in que-ste virtù a condizione della vita nella Chiesa, checostituisce il contesto, l’ambiente per la sussistenzae la crescita della vita in Cristo.

La forza di questa concezione emerge nella descri-zione dei due sacramenti della guarigione.Descrivendo la penitenza, il concilio afferma: «Quantisi accostano al sacramento della penitenza rice-vono dalla misericordia di Dio il perdono per leoffese fatte a lui e insieme si riconciliano con laChiesa, alla quale hanno inflitto una ferita con ilpeccato e che coopera alla loro conversione conla carità, con l’esempio e la preghiera». E in meri-to all’unzione degli infermi, dopo aver precisatoche la Chiesa sostiene i malati, li esorta «a unir-si spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo,per contribuire così al bene del popolo di Dio».

Dei ministri ordinati si dice – con una formuladensa – che «sono posti in nome di Cristo a pasce-re la Chiesa con la parola e con la grazia di Dio».Degli sposi, invece, si dice che hanno, «nel lorostato di vita e nel loro ordine, il proprio dono inseno al Popolo di Dio», in quanto da loro proce-de la famiglia, “chiesa domestica”, dentro la qua-le sono i primi annunciatori della fede con la paro-la e con l’esempio, chiamati a far crescere la voca-zione di ognuno. La conclusione è eloquente: «Munititanti e così mirabili mezzi di salvezza, tutti i fede-li d’ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore,ognuno per la sua via, a quella perfezione di san-tità di cui è perfetto il Padre celeste». In questomodo, nella santità di ogni battezzato risplendela santità della Chiesa, la quale – correlativamente– si adorna della santità dei suoi figli e comparedavanti al suo sposo «tutta bella, senza macchiané ruga o alcunché di simile, ma tutta santa e imma-colata» (Ef 5,27). Si capisce, allora, perché Brunodi Segni, nel libri II delle Sentenze, parlasse del-la fede, della speranza, della carità e di tutte le vir-tù come degli ornamenti – meglio sarebbe dire igioielli – della Chiesa.

di don Dario Vitali

Parroco e Teologo

Chie- 55GennaioGennaio20072007

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Chiesa&D66 GennaioGennaio20072007

Il 9-10 novembre del 2000, l’Istituto di ScienzeReligiose di Velletri organizzò presso il TeatroAurora un convegno di studi su san Pier Damiani.L’intenzione che sosteneva quelle giornate distudio era di potersi specchiare nella testimonianzadi uno dei nostri padri – che sia stato o menocardinale vescovo di Velletri o soltanto inca-ricato del papa a riformare il clero della nostradiocesi, poco cambia nell’alto profilo delgrande santo – per ricevere ispirazione e inse-gnamento all’inizio del nuovo Millennio dell’ertacristiana.

Le relazioni sulla vita e sul pensiero di que-sto monaco, divenuto uno dei protagonisti del-la Riforma della Chiesa che andrà sotto il nomedi «Riforma gregoriana», hanno avuto più riso-nanza fuori dalla diocesi che in casa nostra,a dimostrazione che «nemo propheta inpatria»: il volume, pubblicato in una collana diStoria e cultura religiosa mediovale sotto il tito-lo Pier Damiani († 1072). Figura, aspetti dot-trinali e memoria nella diocesi di Velletri, Venafro2003, è stato segnalato dagli organizzatori delconvegno di studi che si terrà nel settembre2007 a Faenza, in occasione del millenario del-la nascita del santo (1006-2006).

Di quel volume, vorrei ripresentare alcu-ni passaggi della relazione da me tenuta in quel-l’occasione sugli aspetti dottrinali delle operedi san Pier Damiani, nella speranza che siadi stimolo ad accostare l’opera di un autore,le cui opere sono raccolte in due volumi del-la Patrologia Latina (voll. 144-145), ora tradottiin parte anche in italiano per i tipi della CittàNuova.

«Non è agevole raccogliere in sintesi lateologia di San Pier Damiani (1007-1072). Siaperché i riferimenti e le implicazioni dottrinalidei suoi scritti sono vastissime e in contesti i

più disparati; sia perché tali implicazioni han-no diversi punti di vista, almeno quante sonole ragioni per cui egli scrive. Non si trat-ta, naturalmente, di indicazioni e di pro-spettive contraddittorie – il pensiero di PierDamiani risponde a un’unità interna di gran-de spessore –, ma composite e difficilmente

riducibili a sistema. Tentare una sintesi rischie-rebbe di costringere i tanti passaggi dottrina-li, sparsi nelle opere, in uno schema estraneoalle intenzioni e alle prospettive di un autoreche scrive soprattutto testi di occasione,legati alla sua esperienza di uomo di Chiesa,impegnato nel rinnovamento della vita mona-stica prima, e poi della Chiesa, a fianco di gran-di uomini che hanno perseguito e attuato la cosid-detta ‘riforma gregoriana’.

D’altra parte, bisogna chiedersi se il tito-lo di teologo competa a questo santo eremi-ta, senza per questo disconoscere la forza delsuo pensiero e delle sue intuizioni. […]Piuttosto, la sua originalità si avverte quandoconiuga la dottrina con la vita, applicando lateologia alla prassi ecclesiale: qui rivela la suacapacità di sintesi, con una proposta teologi-ca che diventa la ritraduzione riflessa di unaesperienza di vita tutta plasmata dall’ideale mona-stico. Tutto questo in linea con l’intenzione diservire la verità scrivendo per l’utilità di chi leg-ge: ma tale utilità coincide con la santità del-la vita cristiana, sempre e continuamente ripro-posta da Pier Damiani. Se di teologo si puòparlare, questo va fatto in linea con quella ‘teo-logia monastica’ che, partendo dalla lettura del-la ‘sacra pagina’, deduce le implicazioni e leapplicazioni teologiche secondo il metodo del-la lectio divina…

Lo schema interpretativo che guida tuttala sua riflessione e che raccorda in unità orga-nica le diverse opere è quello della storia comehistoria salutis. Creazione, preparazione vete-rotestamentaria, incarnazione del Verbo, tem-po della Chiesa sono le tappe successive del-l’unica storia, guidata da Dio. Dio continua aoperare nella storia, a guidarla secondo un pro-getto, che stabilisce in unità le varie epoche,dalla creazione del mondo al compimento fina-le. Il cristiano (cioè, il monaco) è chiamato asviluppare questa comprensione della storia,nella quale ciò che è già avvenuto, si ripete(se è Dio che opera) o va ripetuto (se è l’uo-mo che deve entrare in una comprensione del-le cose secondo la volontà di Dio): e la portad’ingresso a tale comprensione, che rende pos-sibile il reiterarsi della historia salutis, è la let-tura spirituale della Bibbia.

Al centro di questa storia sta, naturalmente,Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il quale porta a com-pimento questa storia nella parousia, ma cheappare già in filigrana nelle figure dell’AnticoTestamento. Come per i Padri della Chiesa,anche per Pier Damiani è cosa ovvia l’unità

dei due Testamenti, dove tutto porta a Cristoe tutto parla di Cristo. Novità del suo pensie-ro è forse l’affermazione che Dio continua afar risplendere il misteri di Cristo nella vita deisanti , quasi fossero un prolungamento dell’umanitàdi Cristo, o comunque, la manifestazione di unaulteriore tappa della historia salutis.

All’interno di questo quadro possente, assu-me un rilievo tutto particolare la Chiesa. Percerti aspetti, si potrebbe dire che in Pier Damianitutto è ecclesiologia. Quando scrive le letterea papi, vescovi, monaci, preti, laici, il suo pen-siero è sempre rivolto alla purezza della vitacristiana, collocata nel seno di una Chiesa chedeve risplendere come la Chiesa delle origi-ni. La santità dei cristiani, in tutte le vocazio-ni, è espressione della santità della Chiesa, eviceversa.

Per capire questa prospettiva, bastano isuggerimenti di J. Leclerc: “La santa Chiesaè per Pier Damiani l’opera di Dio: essa trascendela debolezza degli uomini in mezzo ai quali sicompie. ‘E’ un giardino di delizie, un paradi-so spirituale, irrigato dall’onda dei carismi cele-sti’. I preti sono dei canali e niente altro: anchese cattivi, lasciano scor-rere l’acqua; la fonte rima-ne sempre pura. Per lemani del vescovo, fos-se anche simoniaco, èGesù che conferisce l’ordinazione; la paroladi Dio resta sempre vera anche se è predicatada una bocca indegna: la grazia la fa fruttifi-care in coloro che la ricevono. In essa si con-tinua la storia sacra cominciata con l’AnticoTestamento; in essa si perpetuano i miracoliche resero testimonianza al patto tra il Signoree il suo popolo eletto, per l’eternità. Il paradi-so sarà il compimento di questa grande ope-ra di salvezza che ha avuto inizio sulla terra.‘La Chiesa attuale è il vestibolo della Chiesaceleste’; essa è di ordine escatologico. La gerar-chia visibile della Chiesa ha come scopo di garan-tire agli uomini la vera comunicazione di tut-to questo mistero. Poiché si tratta di un miste-ro di unità, la struttura della Chiesa deve mani-festarlo”.

Su questo sfondo si capiscono le tantedefinizioni della Chiesa, che Pier Damiani ripren-de dalla Scrittura e dalla tradizione patristica:Sponsa Christi, sacrarium Spiritus Sancti, deicui doni è tutta piena, Christi vestis, corpus Christi; scaturita dal costato di Cristo come Eva dalcostato di Adamo.

Per la bellezza di questa sposa Pier Damianiha giocato la sua vita e si è lasciato sottrarrealla vita monastica. Accoglierela sua testimo-nianza di vita e conoscerne le motivazioni attra-verso il pensiero può sospingere a intuire e pro-spettare nuove vie per il rinnovamento dellavita cristiana, tanto a livello ecclesiale che per-sonale.

di don Dario Vitali

Parroco e teologo

San Pier Damiani: un testimonedi Cristo che ci interroga ancora

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Chiesa&D 77GennaioGennaio20072007

Nel canto XXI del Paradiso, DanteAlighieri immagina di incontrare,nel cielo di Saturno, uno spirito conil quale si ferma a parlare della pre-destinazione e dell’imperscrutabi-lità dei disegni divini. Questi, poi,si rivela essere Pier Damiani; del qua-le, in circa 20 versi (106-126), il som-mo poeta traccia un rapido ma pre-gno ritratto biografico, sottoli-neandone particolarmente la volon-tà di riforma e il suo amore per lapovertà. La citazione dantesca staa dimostrare la fama di PierDamiani nel panorama italiano.Pietro inizia la sua esistenza terre-na a Ravenna, nel 1007. Rimasto orfa-no del padre in tenera età, viene man-dato a studiare a Faenza e a Parmadal fratello maggiore Damiano,arciprete di Ravenna.La tradizione1 vuole che, in rico-noscenza per quanto ricevuto dal fra-tello, abbia cambiato il suo nome inPetrus Damiani, Pietro di Damiano,nome con il quale è ormai univer-salmente noto.I suoi studi gli fornirono una istru-

zione letteraria e cano-nistica eccezionale perl’epoca. Ma il conse-guente esercizio del-l’avvocatura non lorendeva soddisfatto.Nel

1034/1035 entra fra gli eremiti del-l’ordine camaldolese nel monaste-ro di Fonte Avellana, sul monte Carnia,dove i monaci vivevano in capanneisolate, dedicandosi alla preghierae alla contemplazione, non dis-giunte anche da attività pratiche seguen-do l’ideale di san Romualdo: ciò final-mente riempiva il cuore di Pier Damianiche poteva così trovare la sua rea-lizzazione nella vita eremitica.Di fronte alla scelta tra “la più como-da vita claustrale”2 e “lo stretto sen-tiero della perfezione ascetica”3, eglisceglie quest’ultima come forma dirinuncia al mondo, come mezzo piùadatto a combattere le tentazioni ter-rene.

La situazione dellaChiesa, in particolaredel clero, in queglianni non era delle piùrosee: la simonia4 e ilnicolaismo5 dilania-vano il corpo ecclesia-le. Il monachesimocenobitico, tuttavia,viveva una stagione splendida: era-no gli anni del fulgore dell’abbaziabenedettina di Cluny.Amante della povertà (anche Dantenel già citato canto XXI del Paradisogli mette in bocca una invettiva con-tro la ricchezza e il lusso del clero!),il solitario di Fonte Avellana la con-sidera mezzo di santificazione,accanto alle pratiche di ascetismo.Gli eremiti devono essere poveri, mapossono utilizzare i beni materialiper l’arricchimento della casa delSignore e per aiutare i poveri.Pier Damiani, divenuto priore del-la comunità nel 1043, si adopera per-ché sia preservata l’integrità deglispazi del monastero di Camaldoli alfine di consentire un migliore iso-lamento, così essenziale per la fugamundi. Somme considerevoli vengonospese per i libri: Pier Damiani ritie-ne necessario che i suoi eremiti si acco-stino al “nutrimento” che viene dal-la parola dei grandi autori.L’esperienza di Pier Damiani ètutta tesa fra due opposte realtà: dauna parte il disprezzo dei beni tem-porali, dall’altra la salvaguardia ela cura degli stessi come mezzi perla crescita spirituale. Ascesi e con-templazione si coniugano con orga-nizzazione, proselitismo e, soprat-tutto, predicazione infiammata didenuncia dei mali che affliggono lachiesa.Il suo anelito di riforma non è fon-dato soltanto sulla teoria e limita-to alle mura del suo eremo: egli viag-gia per tutta l’Italia, visita i mona-steri, incontra i vescovi, i sacerdo-ti e i monaci. Lo notano anche i papiche lo inviano spesso come loro lega-

to in diverse delicate missioni. Il 18 giugno 1053 il papa Leone IX,a capo di un esercito italo-imperiale,si scontra6 con i Normanni che losconfiggono. Il papa viene fatto pri-gioniero. Bruno di Segni7 e PierDamiani8 si chiedono perplessi seil posto del papa è a capo di un eser-cito!Nel 1057 Stefano IX, che era statoabate di Montecassino e aveva avu-to modo di conoscerlo a fondo, lo nomi-na cardinale e, nonostante le sue reti-cenze, lo costringe ad accettare il gover-no della diocesi di Ostia. Il rimpiantoper aver lasciato la vita eremitica loaccompagnerà per tutta la sua esi-stenza.Alla morte di Stefano IX (29 mar-zo 1058) Pier Damiani si rifiuta diconsacrare papa il vescovo diVelletri, Giovanni Mincio, che,attraverso sotterfugi e promesse, erariuscito a farsi eleggere dalla nobil-tà romana al soglio pontificio conil nome di Benedetto X e che verràcondannato nel sinodo di Sutri9 (gen-naio 1059).Niccolò II viene eletto al posto del-lo scomunicato Benedetto X. Saràquesti ad inviare Pier Damiani eAnselmo di Lucca a Milano per risol-vere il problema della Pataria diArialdo, movimento che propu-gnava una riforma morale e disci-plinare e l’instaurazione di una Chiesapiù fedele al modello evangelico. Illoro intervento sarà risolutivo nel-l’ottenere dal vescovo di Milano, Guido,un atteggiamento più conforme aidettami evangelici.

(fine prima parte)

di Francesco Cipollini

Docente di religionee storico della Chiesa

Pier Damiani:appunti

per una biografia

NOTE

1 Un’ottimo status quaestionis è ripor-tato nella voce Pier Damiani di G.MORONI, Dizionario di erudizione sto-rico ecclesiastica, LIII, Venezia1851, 6-9.2 A. DUÉ, San Pier Damiani, in I san-ti nella storia, II, Cinisello Balsamo2006, 1113 Ibidem.4 Accesso a cariche e compiti

ecclesiastici dietro pagamento di som-me in denaro o beni.5 Mancato rispetto dell’obbligo delcelibato da parte di ecclesiastici.6 Il Moroni vuole teatro dello scon-tro la città di Civitella o Civitade.Si veda G. MORONI, Dizionario di eru-dizione storico ecclesiastica, XXXVIII,Venezia 1846, 30.7 Collecto igitur modico quidem, sedfortium militum suae gentis exerci-tu, super Northmannos praeliaturus

vadit; zelum quidem Dei habens, sednon fortasse secundum scientiam.Utinam non ipse per se illuc ivisset.Si veda BRUNO DI SEGNI, S. Leonispapae vita auctore s. Brunone, (PL165, 1116B).8 Plane quis non videat quam sit inho-nesta confusio, ut quod agendumEcclesia denegat, impudenter ipsacommittat et cum aliis praedicet patien-tiam, infoederabilem ipsa contra inno-centes accendatur in iram? […]

Si ergo pro fide, qua universalis vivitEcclesia, nusquam ferrea corripi armaconceditur, quomodo pro terrenis actransitoriis Ecclesiae facultatibus lori-catae acies in gladios debacchan-tur?. Si veda PIER DAMIANI, EpistulaIX. Ad Oldericum episcopum firmanum,(PL 144, 315B-316A).9 A. FLICHE, La riforma Gregorianae la riconquista cristiana, in A. FLICHE-V. MARTIN, Storia della Chiesa, VIII,Torino 19722, 25.

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Chiesa88 GennaioGennaio20072007

Nel culto cristiano la Domenica, il Giornodel Signore, occupa un posto centrale e fon-damentale. Il modo in cui il Giorno del Signoreè compreso, accolto e vissuto, è un buon indi-catore dello stato di salute di una comuni-tà cristiana. E non mancano nel mondo d’og-gi sfide all’osservanza del Giorno del Signore.Come possiamo mettere insieme in pocheparole un’articolazione della profondità edella bellezza del Giorno del Signore? Dellesue dimensioni, come Giorno di Cristo, Giornodella Chiesa e Giorno dell’Uomo? In par-ticolare, la celebrazione eucaristica dome-nicale è vista come una ricchezza? Esistonosfide e sviluppi importanti nel mondo odier-no che minacciano questo gioiello che è ilGiorno del Signore ed è importante elen-carne alcuni. A1 tempo stesso, non vannoperò passate sotto silenzio le buone notizierelative alla puntuale osservanza dellaDomenica in non pochi luoghi. Concluderemocon proposte e suggerimenti su cosa si potràfare per promuovere una migliore osservanzadel Giorno del Signore.

1. La Domenica, Giorno del SignoreTutto il tempo, tutta la storia, appartengo-no a Dio. Ogni istante della nostra esistenzaappartiene al Creatore e dovrebbe essere spe-so nell’adorazione e nella lode di Lui.Tuttavia, è pure un dato di fatto che Dio hadistinto un giorno in cui l’umanità rivolgessea Lui una particolare attenzione. «Dio bene-disse il settimo giorno e lo consacrò» (Gn2, 3). Il terzo comandamento del Decalogoè molto chiaro: «Ricordati del giorno di Sabatoper santificarlo: sei giorni faticherai e faraiogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è ilSabato in onore del Signore, tuo Dio; tu nonfarai alcun lavoro in quel giorno...» (Es 20,8-10).Il Giorno del Signore è, quindi, non soltantoun giorno di riposo per l’uomo, un giornodi interruzione del suo lavoro quotidiano,ma è anzitutto e al di sopra di tutto un gior-no in cui l’uomo presta una speciale atten-zione a Dio Creatore, un giorno in cui eglifa memoria e celebra le meraviglie opera-te da Dio. «Cogliendo questo comandamento(di santificare il Giorno del Signore) nel-l’orizzonte delle strutture fondamentalidell’etica, - dice il Papa Giovanni Paolo II- Israele e poi la Chiesa mostrano di nonconsiderarlo una semplice disposizione didisciplina religiosa comunitaria, ma un’e-spressione qualificante e irrinunciabile delrapporto con Dio annunciato e proposto dal-la rivelazione biblica» (Dies Domini, n. 13).Il Giorno del Signore è, dunque, un gior-no speciale in cui l’uomo manifesta la pro-pria riconoscenza per Dio, suo Creatore, espri-me la propria adorazione, la propria lode eil proprio ringraziamento, celebra e ammi-ra le meraviglie operate e compiute da Dio.

2. La Domenica, giorno di Cristo SignoreLa Domenica è per la Chiesa il giorno diCristo Signore, il primo giorno dopo il saba-to, il giorno nel quale Gesù nostro Salvatoreè risorto dalla morte (cf. Mc 16, 2.9; Lc 24,

1; Gv 20, 1). Nello stesso giorno egli è appar-so a due dei suoi discepoli lungo la stradaper Emmaus (cf. Lc 24, 1335) e agli undi-ci Apostoli riuniti insieme nel cenacolo (cf.Lc 24, 36; Gv 20, 19). Otto giorni dopo egliapparve nuovamente agli Apostoli, con Tommasopresente (cf. Gv 20,26), quasi a suggerir-ne un ritmo. Ed era di Domenica quando,a Pentecoste, inviò lo Spirito Santo sugli Apostoliriuniti con la Beata Vergine Maria e con alcu-ni discepoli (cf. Lc 24, 49; At 1,4-5).La resurrezione di Cristo è l’evento fondamentalesu cui si poggia la fede cristiana (c£ 1 Cor15, 14). Come il Papa Benedetto XVI hadetto al IV Convegno Nazionale della ChiesaItaliana a Verona, il 19 Ottobre 2006, «Larisurrezione di Cristo è il centro della pre-dicazione e della testimonianza cristiana, dal-l’inizio e fino alla fine dei tempi. Si trattadi un grande mistero, certamente, il miste-ro della nostra salvezza, che trova nella risur-rezione del Verbo incarnato il suo compi-mento e insieme l’anticipazione e il pegno

della nostra speranza» (cf. L’OsservatoreRomano, 20 ottobre 2006, p. 6). La Pasquaè, dunque, il giorno più grande nella cele-brazione dei misteri di Cristo nella Chiesa.E la Domenica è il giorno, lo spazio, il cuo-re della vita della Chiesa nel quale si com-memora settimanalmente la Pasqua del Signore.Per i cristiani, pertanto, la Domenica è lafesta primordiale e fondamentale la cui ori-ginalità è data dalla celebrazione del miste-ro della salvezza, attuato dalla passione, mor-te e risurrezione del Signore.Il Concilio Vaticano II riunisce insieme tut-ti questi aspetti nella SacrosanctumConcilium, al n. 106, considerato il gran-de manifesto della Domenica cristiana: «Secondola tradizione apostolica, che ha origine dal-lo stesso giorno della Risurrezione diCristo, la Chiesa celebra il mistero pasqualeogni otto giorni, in quello che si chiama giu-stamente “giorno del Signore” o “domeni-ca”. In questo giorno, infatti, i fedeli devo-no riunirsi per ascoltare la parola di Dio epartecipare all’Eucaristia, e così far memo-ria della Passione, della Risurrezione e del-la gloria del Signore Gesù e render graziea Dio che li “ha rigenerati per una speran-za viva mediante la Risurrezione di GesùCristo dai morti” (1 Pt 1,3). Per questo ladomenica è la festa primordiale che deveessere proposta e inculcata alla pietà dei fede-li, in modo che risulti anche giorno di gioiae di riposo dal lavoro. Non le venga ante-posta alcun’altra solennità che non sia di gran-dissima importanza, perché la domenica èil fondamento e il nucleo di tutto l’anno litur-gico».Non sorprende, dunque, che fin dai primordidella Chiesa i seguaci di Cristo hanno datogrande importanza all’osservanza delGiorno del Signore. I fedeli di Troade si riuni-vano «per spezzare il pane» il primo gior-no della settimana (cf. At 20, 7-12). Il librodell’Apocalisse chiama questo primo gior-no della settimana “il Giorno del Signore”(Ap 1, 10). San Giustino scrive che i cri-stiani si riunivano insieme “nel giorno det-to del sole” (Apologia I, 67: PG 6, col. 430).Per i cristiani Cristo è il sole che sorge venu-to a visitarci. Egli è la luce del mondo (cf.Gv 1, 4.59; 9, 5), egli è il «sole che sorgeper rischiarare quelli che stanno nelle tene-bre e nell’ombra della morte» (Lc 1, 78-79),egli è la «luce per illuminare le genti» (Lc2, 32), per cui «il giorno commemorativodella sua risurrezione è il riflesso perenne,nella scansione settimanale del tempo, diquesta epifania della sua gloria» (Dies Domini,n. 27). Significativo è il fatto che i paesi anglo-foni e quelli del nord Europa utilizzano perdesignare questo giorno l’antica denominazionedi giorno del sole (Sunday-Sonntag).Esistevano, dunque, molte buone ragioni perla Chiesa delle origini per spostare il prin-

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cipale giorno liturgico della settimana dalSabato alla Domenica, Giorno del Signore.Come il Papa Benedetto XVI ha detto nelsuo discorso al clero di Aosta il 25 Luglio2005: «Si è creata la domenica per-ché il Signore è risorto ed è entratonella comunità degli apostoli per esse-re con loro. E così hanno anche capi-to che non è più il Sabato il giornoliturgico, ma la Domenica nella qua-le sempre di nuovo il Signore vuo-le essere corporalmente con noi e nutrir-ci del suo Corpo, perché diventiamonoi stessi il suo corpo nel mondo»(cf. L’Osservatore Romano, 27luglio 2005, p. 4).

3. La Domenica è anche il giornodella ChiesaSin dall’origine la Domenica ècaratterizzata dal raduno della comu-nità dei fedeli. Il pagano Plinio nontrovava altra definizione per descri-vere i cristiani se non quella di defi-nirli come coloroche sono solitiriunirsi insiemeprima dell’albaper cantare a Cristoe prendere ciboinsieme (Epistola, 10, 97).Dal momento che i cristiani celebranoi misteri di Cristo in modo specia-le nel Giorno del Signore, laDomenica assume anche il titolo diGiorno della Chiesa. I fedeli di Cristosi recano insieme come comunità visi-bile per celebrare il memoriale del-la nostra redenzione. Quando il Vescovodiocesano nella sua chiesa cattedraleconcelebra la Messa domenicale conil suo clero, con l’assistenza dei diaconi edegli altri ministri; e con la partecipazionedel popolo, «si ha una speciale manifesta-zione della Chiesa» (cf. Sacrosanctum Concilium,n. 41). I sacerdoti che celebrano l’Eucaristianelle chiese parrocchiali e nelle missioni agi-scono, così, al posto del loro Vescovo e incomunione con lui. Nella PreghieraEucaristica di ogni Messa sono menziona-ti per nome il Papa e il Vescovo diocesanoper manifestare questa comunione ecclesiale.È vero che le singole persone possono pre-gare nelle loro case. Anzi, ciò è necessario.Ma non è sufficiente, «non basta che i disce-poli di Cristo preghino individualmente ericordino interiormente, nel segreto del cuo-re, la morte e la risurrezione di Cristo. Quanti,infatti, hanno ricevuto la grazia del batte-simo, non sono stati salvati solo a titolo indi-viduale, ma come membra del Corpomistico, entrati a far parte del popolo di Dio»(Dies Domini, n. 31). I cristiani devono asso-lutamente riunirsi, almeno nel Giorno delSignore, per adorare Dio come Ekklesìa, come

comunità riunita dal Signore risorto, per ren-dergli lode, ringraziarlo, chiedergli perdo-no dei peccati, rivolgergli suppliche per ibisogni spirituali e materiali ed essere nutri-ti alla duplice mensa della Parola di Dio edel Corpo e Sangue del Signore. Per que-sta ragione, come dice il Papa Giovanni PaoloII, «di domenica, giorno dell’assemblea, le

Messe dei piccoli gruppi non sono da inco-raggiare» (Dies Domini, n. 36).Ogni cristiano ha il dovere di testimoniareal mondo con la propria vita cosa è la Chiesa,

e ciò avviene fondamentalmente di Domenica:convocato dal Signore a radunarsi con i fra-telli per nutrirsi del Pane di vita, il cristia-no testimonia che “è corpo di Cristo”, mem-bro del suo mistico corpo che è la Chiesa.

4. La celebrazione eucaristica, ricchezzae cuore della DomenicaPer la comunità cristiana, la celebrazione

della Santa Eucaristia è il cuore delGiorno del Signore. Ciò rappre-senta una ricchezza che è parti-colarmente apprezzata. Il ConcilioVaticano II la definisce: «fonte eculmine dell’intera vita cristiana»(Lumen Gentium, n. 11). L’unicacosa che la Chiesa ha di equiva-lente alla Messa è un’altra Messa!La Chiesa non possiede altra ric-chezza: «nella santissima Eucaristiaè racchiuso tutto il bene spiritua-le della Chiesa, cioè lo stesso Cristo,nostra pasqua e pane vivo»(Presbyterorum Ordinis, n. 5).È di cruciale importanza che tut-ti i membri della Chiesa apprez-zino sempre più il tesoro che Cristoha riposto nelle mani della sua Sposa,la Chiesa, offrendo se stesso in que-sto straordinario sacrificio e sacra-mento.«Dalla liturgia - dice il ConcilioVaticano II - e particolarmentedall’Eucaristia, deriva in noi,come da sorgente, la grazia, e siottiene con la massima efficaciaquella santificazione degli uomi-ni nel Cristo e quella glorificazionedi Dio, alla quale tendono, comea loro fine, tutte le altre attività del-la Chiesa» (Sacrosanctum Concilium,n. 10).Quanto più il popolo è convintodi questa ricchezza tanto piùesso avvertirà il bisogno della Messa

domenicale, prima ancora di avvertire lapartecipazione come un precetto del dirit-to della Chiesa.(prosegue sul prossimo numero)

Chie- 99GennaioGennaio20072007

La letteracon gli auguridel Cardinale

Arinze

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Attraverso questo articolo non sivuole fare la presentazione det-tagliata della prima enciclica diBenedetto XVI “Deus Caritas est”,firmata il 25 dicembre 2005 e pub-blicata il 25 gennaio 2006, ma individuare alcu-ne ‘provocazioni’per il cammino delle nostre Chiesee dentro di esse della Caritas diocesana e par-rocchiale.Il tema dell’amore è centrale in questa primalettera di Papa Ratzinger, per tanti anni custoderigoroso e fedele dell’ortodossia della fede.“Siccome Dio ci ha amati per primo l’amore ades-so non è solo un ‘comandamento’, ma è la rispo-sta al dono dell’amore, col quale Dio ci vieneincontro. In questo mondo in cui al nome di Dioviene a volte collegata la vendetta o perfino ildovere dell’odio e della violenza, questo è un mes-saggio di grande attualità e di significato mol-to concreto”(DCE,1).Un’enciclica definita dal Card. Martino, presi-dente del Pontificio Consiglio della Giustizia edella Pace, nella conferenza di presentazione, “pro-grammatica nel senso più alto e impegnativo chesi deve attribuire” a quel termine e che invita “tut-ti i cristiani e le Chiese ad andare al centro del-la fede cristiana; all’inizio dell’essere cristianonon c’è una decisione etica, ma l’incontro conuna persona che dà alla vita una decisione posi-tiva”. Il Papa si rende conto che la parola ‘amo-re’ è abusata, sciupata e quasi si ha paura ad uti-lizzarla. Occorre però riprenderla, purificarla, ripor-tarla al suo splendore originario perché possa illu-minare la via dei cristiani. Si tratta di un testobreve, diviso in due parti (la prima ha come tito-lo: L’unità dell’amore nella creazione e nella sto-ria della salvezza; la seconda: Caritas, l’eserci-zio dell’amore da parte della chiesa quale ‘comu-nità d’amore’) e distribuito in 42 paragrafi, checi offre una visione dell’amore per il prossimoe del compito ecclesiale di operare per la caritàche trova le sue radici nell’essenza di Dio stes-so che è Amore. Il Pontefice desidera invitare avivere l’amore e in questo modo fa “entrare laluce di Dio nel mondo” (DCE,39) perché attra-verso l’amore Dio, con la sua luce, si rende pre-sente tra gli uomini. La carità è essenziale allamissione della Chiesa.In quale direzione l’enciclica ‘spinge’ le Chiesea lavorare perché diventino comunità d’amore?Che cosa deve fare dentro di esse la Caritas?Sottolineo alcuni contenuti traducendoli in scel-te da realizzare:1. Il Papa, lo si è detto, insiste nella prima par-te della lettera, sulla necessità di una purifica-zione del linguaggio e fa un’ampia erudita ana-lisi del termine amore, come ‘eros’e come ‘aga-

pe’, recuperando il valore dell’eros nel piano origi-nario di Dio Creatore. Ed afferma che l’eros èinseparabile dall’agape, e da esso deve lasciar-si permeare, fino a diventare un amore ‘ablati-vo’, gratuito. Anche nelle nostre parrocchie è neces-sario richiamare e documentare che la carità èamore, perché spesso nella prassi ecclesiale essaè decaduta a livello di assistenza e di un fare da‘Croce rossa’(senza nulla togliere ai meriti di que-st’ultima).2. Un altro punto di riflessione è la chiarezza conla quale Benedetto XVI dice che il compito spe-cifico della Chiesa nella storia umana è il ‘ser-vizio della carità’. Esso appartiene all’essenza del-la Chiesa tanto quanto il servizio dei sacramen-ti e l’annuncio del Vangelo; dunque le comuni-tà ecclesiali non possono trascurarlo come nonsi possono trascurare i Sacramenti e la Parola.E’ un affermazione di estrema importanza, det-ta dal Papa che per tanti anni è stato il custodedella fede. E’ un punto molto stimolante su cuiriflettere. Tutta la chiesa è responsabile della cari-tà, per cui essa non può essere delegata ad unufficio pastorale (la Caritas). L’enciclica dice coseper la Chiesa, non si rivolge alla Caritas! Il com-pito di quest’ultima è quello di promuovere nel-l’ambito della carità (che è compito di tutta lapastorale diocesana e parrocchiale) la scelta pre-ferenziale dei poveri. I responsabili in prima lineasono i Vescovi: il Papa al n. 32 dell’enciclica richia-ma il compito del vescovo come presidente del-la comunità di carità e qui parla dell’amministrazionedei beni della chiesa.3. Altro punto di riflessione è il rapporto tra giu-stizia e carità: un binomio a cui il Papa dedicatre paragrafi della sua lettera (nn° 26-29).Già Paolo VI (1972) nel suo primo discorso allanascente Caritas aveva posto il problema: “Lasocietà moderna è più sensibile alle applicazionidella giustizia che all’esercizio della carità. Non

per questo, tuttavia, l’azione caritativa della chie-sa ha perduto la sua funzione nel mondo con-temporaneo. La carità è sempre necessaria, comestimolo e come completamento della giustiziastessa”.E Benedetto XVI: “L’amore-caritas sarà sem-pre necessario, anche nella società più giusta.Non c’è nessun ordinamento statale giusto chepossa rendere superfluo il servizio dell’amore….L’affermazione secondo la quale le strutture giu-ste renderebbero superflue le opere di carità difatto nasconde una concezione materialisticadell’uomo; il pregiudizio secondo cui l’uomo

vivrebbe di ‘solo pane’(Mt 4,4), convinzione cheumilia l’uomo e disconosce proprio ciò che piùspecificamente umano” (DCE,28).L’enciclica mette in risalto poi molto chiaramentela relazione tra il necessario impegno per la giu-stizia e l’esercizio della carità e dentro di essail diverso compito dello stato e della chiesa. Diceil Papa: “Il giusto ordine della società e dellostato è compito della politica. Uno stato che nonfosse retto secondo giustizia si ridurrebbe aduna grande banda di ladri - cita S. Agostino”(DCE,28).Il servizio della carità è il compito della chie-sa: “L’amore del prossimo radicato nell’amo-

re di Dio è innanzitutto un compito per ogni sin-golo fedele, ma è un compito per l’intera comu-nità ecclesiale a tutti i livelli. Tutta l’attività del-la chiesa è espressione di un amore che cerca ilbene integrale dell’uomo: cerca la sua evange-lizzazione mediante la parola e i sacramenti…e cerca la sua promozione nei vari ambiti dellavita e dell’attività umana. In questo punto poli-tica e fede si toccano”. (DCE, 28).Da tutto questo si ribadisce la linea di Paolo VI:la giustizia è compito centrale della politica, nelcui ambito devono agire i laici cattolici sotto lapropria responsabilità; ma non è compito dellachiesa, la quale non può mettersi al posto dellostato, anche se la sua dottrina sociale deve contri-buire alla formazione delle coscienze e alla perce-zione delle vere esi-genze della giustizia.Compito della Chi-esa è la formazio-ne delle coscienzenella politica. Essa dunque non può restare ai mar-gini della giustizia. Ovviamente la Chiesa, in tut-ti i suoi rapporti interni ed esterni, deve ben appli-care la giustizia. Paolo VI diceva che la giusti-zia è il primo gradino della carità e don L. Dilanidiceva che la giustizia senza la carità è monca,ma la carità senza giustizia è falsa. Questa lun-ga riflessione fa rivedere la nostra agenda pasto-rale e le priorità che diamo alle nostre attività:a livello locale non c’è una adeguata presa dicoscienza di questa funzione ecclesiale, mentrea livello nazionale alcune volte si ha l’impres-sione di qualche entrata a gamba tesa.4. Infine la Caritas deve essere riconoscente a PapaBenedetto per l’esplicito riferimento e incorag-giamento ad una attività che, con alti e bassi, hasempre avuto a cuore e ha sempre coltivato: ilvolontariato. “Un fenomeno importante del nostrotempo è il sorgere e il diffondersi di diverse for-me di volontariato, che si fanno carico di unamolteplicità di servizi. Vorrei qui indirizzare unaparticolare parola di apprezzamento e di ringraziamentoa tutti coloro che partecipano in vario modo aquesta attività. Tale impegno diffuso costituisceper i giovani una scuola di vita che educa allasolidarietà e alla disponibilità a dare non sem-plicemente qualcosa, ma se stessi”. (DCE,30).Il papa conclude così: “…l’amore è possibile, enoi siamo in grado di praticarlo perché creatiad immagine di Dio. Ecco ciò a cui vorrei invi-tare con la presente Enciclica”. (DCE,39).

1010 GennaioGennaio20072007Caritas

di don Cesare Chialastri

Resp. Caritas diocesana

Una Chiesa che ama: l’enciclicadi Benedetto XVI “Deus Caritas est”

“La Caritas deveessere riconoscentea Papa Benedettoper l’esplicito riferimentoe incoraggiamentoal volontariato”

“Tutta la Chiesaè responsabiledella carità, per cui essanon può essere delegataad un ufficio pastorale(la Caritas)”

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Mercoledì 20 dicembre u.s. al termi-ne del cammino diocesano di formazionecristiana per l’avvento, il vescovo dioce-sano Mons. Vincenzo Apicella, all’internodi una liturgia molto partecipata, nella cat-tedrale di S. Clemente ha reso nota la LetteraPastorale che traccia l’orientamento perl’anno appena iniziato. La lettera data allestampe, al termine dell’anno ha raggiun-to tutte le comunità della Diocesi.

Nell’intento del Pastore della Diocesi,c’è la volontà di ribadire l’esigenza di por-re al centro di ogni attività pastorale la Paroladi Dio.

Nella Premessa ricorda l’invito di Dioal suo popolo: “Ascolta, Israele!...”(Dt.6,4)è il primo, fondamentale comandamentoche il Signore dona al suo Popolo perchépossa vivere e possedere la terra in cuiscorre latte e miele. Gesù lo conferma(Mc.12,29) e lo fa diventare la beatitudinepropria del suo discepolo: “beati coloroche ascoltano la Parola di Dio e la osser-vano” (Lc.11,28), definendola la sola cosadi cui c’è bisogno, “la parte migliore, chenon sarà tolta” (Lc.10,42).

Continua quindi legando questoinvito alla nostra vita diocesana:

“E’ parso quindi necessario iniziareil cammino comune, in questo primo annodel mio servizio episcopale in questa dio-cesi, mettendoci in ascolto della Parola diDio e interrogandoci sui modi e sulla qua-lità del nostro ascolto, ricordando anco-ra la parola dell’unico Maestro: “fate atten-zione a come ascoltate…” (Lc.8,18).

A questo tema abbiamo dedicato il

nostro convegno ei gruppi di studio han-no lavorato sull’ar-gomento; anche dal-le loro conclusioniho cercato di pro-spettare brevemen-te alcune esigenzee proposte da con-dividere.”

Passa poi adescrivere la realtàdella Parola: checosa s’intende perParola di Dio, comela Parola si collocanella vita della Chiesa,luogo di accoglien-za, comprensionee di risposta a Dio;come accostarsi allaSacra Scrittura. Indicainoltre i livelli dilettura della Parola:personale, spiritua-le, liturgico e stori-co profetico.

Nella conclu-sione Mons. VincenzoApicella, sottolineala foernza dellaParola per una comu-nità Diocesana qua-le la nostra: “ricor-dando la piccolaparabola riportatasolo nel più breve

degli Evangeli,quello di Marco:“Diceva: i lregno di Dio ècome un uomoche getta ilseme nella ter-ra; dorma o vegli, di notte o di gior-no, il seme germoglia e cresce;come,egli stesso non lo sa. Poiché la ter-ra produce spontaneamente, primalo stelo, poi la spiga, poi il chicco pie-no nella spiga. Quando il frutto è pron-to, subito si mette mano alla falce,perché è venuta la mietitura” (Mc.4,26-29).

Così avviene anche per la Paroladi Dio seminata nei nostri cuori, percui non importa chi semina, chi irri-ga o chi miete, l’essenziale è che laParola ha in se stessa la capacità dicrescere e di portare frutto, perchéè la presenza del Dio vivente, che ope-ra sempre per la nostra salvezza e per-ché noi diventiamo a nostra volta viven-ti a lode della sua gloria (Ef.1,12).

La Madre di Dio, Madonna delle Graziee Vergine assunta in cielo, modello di chiaccoglie e custodisce la Parola e crede alsuo adempimento, interceda per noi ed accom-pagni il nostro cammino.

Pastor 1111GennaioGennaio20072007

L’immagine della copertinaè il “Salvator Mundi”di autore ignoto della finedell’XI sec. e inizio del XIIsec..Tempera su tavola, 153x66 cmE’ una delle repliche laziali piùantiche del Cristo in tronoderivata dall’antica acheropitadel Sancta Sanctorum a Romae molto diffusa dopo l’XI sec..La tavola è stata restaurata nel1912 da Bacci Venutied è conservata nel MuseoDiocesano di Velletri

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Parrocchie&C1212 GennaioGennaio20072007

Iniziamo con il nuovo anno una serie diinterviste che hanno lo scopo di far cono-scere le parrocchie, con le loro storie eproblemi, e i parroci della diocesi; è untentativo di rendere comuni a tutti real-tà che non sempre è possibile avvicina-re, specie da parte di chi non è diretta-mente impegnato nelle attività diocesa-ne. Sarebbe bello che esse dessero lo spun-to per un dialogo-dibattito su quanto siscopre, proprio dalle pagine della nostrarivista.La prima parrocchia a entrare in gioco èquella della Concattedrale di Segni,dedicata a S. Maria Assunta e retta da donFranco Fagiolo.Nato a Segni 57 anni fa, don Franco hastudiato a Segni al seminario Minore, poiil ginnasio a Velletri e infine Liceo Filosofiae Teologia ad Anagni. Sacerdote da 33anni, è stato vicerettore ed economo nelSeminario di Segni. Responsabile dellaCommissione diocesana Musica per la Liturgia,è stato il primo parroco della nuova par-rocchia di S. Bruno a Colleferro. Alle nostredomande risponde di partecipare regolarmenteagli incontri diocesani del clero e di ave-re un buon rapporto con gli altri sacer-doti, specialmente quelli che operano nel-le parrocchie di Segni e paesi limitrofi.Siccome da soli due mesi ha iniziato ilservizio pastorale presso la parrocchia SantaMaria Assunta di Segni per le risposte allealtre domande lascia la parola a una suacollaboratrice.Ilaria Spigone, 25 anni, studentessa inGiurisprudenza, appartiene alla parroc-chia S. Maria Assunta di Segni da quan-do è nata; è impegnata in modo partico-lare nel gruppo giovani, nella catechesiai bambini e nel gruppo dei canti, ma quan-do serve dà una mano anche in altri set-tori. Oltre a frequentare la catechesi peri giovani, è attiva nel gruppo caritas. Trale sue attitudini particolari, la disponibi-lità e l’impegno alla collaborazione.

Vuoi descrivere il territorio e la gente del-la tua parrocchia?La parrocchia è situata nel centro stori-co di Segni, ma da qualche anno di essafa parte anche la zona del Pantano. Trale due realtà non c’è grande collegamento.Il

centro storico contamolte persone anzia-ne, anche se ulti-mamente si va ripo-polando di moltefamiglie extraco-munitarie. I giovanifrequentano, per pas-seggiare ed incontrarsi,la zona nuova del pae-se.Ti piace la tua chie-sa? Perché?La mia chiesa mi pia-ce, mi lusinga che siauna Cattedrale pie-na di storia e teolo-gia, di opere d’artedi notevole valore,anche se a volte le bel-lezze artistiche impe-

discono che ci si possa intrattenere sen-za paura di fare danni.

Cosa vorresti trovare entrando in una chie-sa?Entrando in chiesa mi piacerebbe trova-re un clima di accoglienza in cui nessu-no si senta ospite, osservatore occasio-nale, ma tutti siano attori protagonisti epossano partecipare attivamente allenumerose attività.

Quale aspetto della religione sopporti dimeno?Non mi piace l’atteggiamento di alcunisacerdoti quando parlano del Signore comedi qualcuno pronto a punirci se non ci com-portiamo secondo gli insegnamenti evan-gelici, di coloro che parlano della Chiesacome capace di mettere in pratica una giu-stizia fredda e inflessibile.

I preti ti sembrano persone degne di rispet-to?Sì, anche se come tutti gli uomini pos-sono avere pregi e difetti, essere più o menosimpatici, ma poiché rappresentano e pro-seguono su questa terra la missione sal-vifica di Cristo penso che comunque deb-bano sempre essere considerate personedegne di rispetto.

Perché frequenti la tua parrocchia?Perché penso che tutti nelle proprie comu-nità sono protagonisti, ciascuno può e deveessere collaboratore attivo, partecipare allacostruzione della casa comune, ciascunoin proporzione ai propri impegni e alleproprie esigenze, in modo originale e per-sonale.

Che ne pensi della posizione dei catto-lici su divorzio, pacs, eutanasia, aborto,manipolazione genetica e altro? Qualerimprovero principale fai alla Chiesa eal suo insegnamento? Viviamo in una cultura che tende agli ecces-si, da un lato banalizza la sessualità, dal-l’altro la relativizza non vedendo in essauna comunione intima d’amore tra i duesposi. Creandoci a sua immagine esomiglianza Dio ci ha chiamato ad ama-re non in qualsiasi modo, ma come Luici ha amati, gratuitamente. Sono d’accordocon la posizione che la Chiesa assume suquesti temi di estrema attualità; proprioperché gratuito, l’amore tra un uomo euna donna dovrà essere anche fedele, nonlimitato a tempo e condizioni, e fecon-do, perché ha in sé una capacità creati-va che rende i coniugi collaboratori e nonpadroni delle nuove vite che si prepara-no ad accogliere. Di qui l’assurdità di tut-

ti quei gesti, aborto, contraccettivi, mani-polazioni genetiche che sopprimonospesso la vita a cui si è dato inizio. Senzaper questo escludere dai rapporti socialied ecclesiali coloro che non per loro col-pa hanno subito il divorzio o siano affet-ti da malattie quali omosessualità. Solol’uomo e la donna, imitando Cristo potran-no diventare nel matrimonio “una sola car-ne”, imitando così l’amore divino.Quanto alla seconda parte della doman-da, forse proprio in questi argomenti vor-rei che la Chiesa generalizzasse meno ipropri principi e guardasse ad ognisituazione per evitare quanto sottolinea-to sopra.

Cosa ti piace di più e cosa di meno di papaRatzinger?Dietro un atteggiamento apparentemen-te intransigente, il Pontefice nasconde unadolcezza che lo rende autentico testimo-ne e successore di Cristo, forse però uti-lizza un linguaggio non sempre di faci-le e immediata comprensione.

L’opera di solidarietà della Chiesa(caritas, assistenza ecc.) ti sembra meri-toria? Sei una di quelli che pensano chela Chiesa dovrebbe pensare solo all’a-spetto religioso della vita, oppure che fabene a farsi sentire anche nelle questio-ni politiche e sociali?Mi sembra meritoria, anche se la socie-tà di oggi spesso è dominata da spe-requazioni intollerabili. Su ognicredente dovrebbe pesare dipiù la responsabilità cheanche un piccologesto potrebbeaiutare chisi trova incondizionidisagia te .Penso inoltreche il cristianosia chiamato avivere anche“la città degliuomini” conle sue culture,tradizioni, conle sue leggi eil suo ordi-namento. Difronte a par-ticolari pro-blemi osituazioni,che inve-stono piùimme-diata-

a cura della Redazione

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Parrocchie&C 1313GennaioGennaio20072007

mente la comune coscien-za cristiana, una formadi unità politica dei cat-tolici e una forma di inter-vento nella vita politicanon solo siano un bene,ma un dovere.

Che cosa vorresti suggerireal tuo parroco?Di riuscire ad aprire la par-rocchia all’intero paese,creando un luogo in cuisia prima di tutto piace-vole l’incontro.

Esistono momenti diconfronto con altri lai-ci impegnati nella cittàper iniziative comuni?Non sempre è possibileriuscire ad organizzareincontri inter-parroc-chiali, anche se nel cor-so dell’anno non mancanoi momenti per incontri dicatechesi in cui possiamo scambiarci pareri e opi-nioni.

Come partecipano i tuoi parrocchiani alla vitaecclesiale?Alcuni parrocchiani partecipano attivamente allavita della parrocchia, cioè partecipano alla litur-gia domenicale (distribuzione letture, sistema-zione altare, fiori, processione offertoriale, can-ti), alle attività di catechismo, caritas parrocchiale,ma per la maggior parte delle persone il contat-

to con la Chiesa si riduce ad “assistere”alla messa domenicale.

Gli extracomuni-tari e i non catto-lici ti sembrano un

problema?Non tutti gli stranieri pre-senti nel territorio dellaparrocchia sono cristia-ni cattolici, alcune fami-glie sono musulmane edaltre ortodosse. Già datempo attraverso l’ope-ra della Caritas la par-rocchia sta cercando diraggiungerli per instau-rare con loro un dialo-go, inizialmente percapire i problemi che devo-no affrontare in un Paeseche non conoscono. Nonsi sono fino ad ora rive-lati un grosso problema,ma a volte le richieste diaiuto sono piuttostopressanti.

Quali iniziative propor-resti per i cristiani dei varigruppi di età?Il sabato mattina nella

Chiesa Cattedrale si stanno organizzando attivitàdi oratorio, disegno, giochi, prove di canto, riunio-ne dei chierichetti per i ragazzi dai 6 ai 15 anni.Per tutti i ragazzi proporrei momenti di incon-tro sia a livello parrocchiale che diocesano, chenon si risolvano in grande confusione, ma sia-no ben preparati e differenziati per fasce di età.Molto importanti sono i momenti di incontro edi formazione per giovani e giovani coppie; talimomenti dovrebbero essere integrati da impe-gni attivi nel sociale e nelle opere caritative. Lacatechesi dovrebbe essere sempre al centro di tut-to, poi sono necessari momenti aggregativi.

E’pensabile una nuova proposta pastorale e litur-gica per rinnovare la devozione locale, in mododa rispondere meglio alle nuove esigenze dei tuoi

parrocchiani? In che modo?Le devozioni locali sono forti anche se i giova-ni cominciano a non riconoscervisi più. È neces-sario allora comprendere lo spirito profondo ditali devozioni e rinnovarle alla luce dei nostri tem-pi.

Quale è l’elemento qualificante l’attività cari-tativa della tua parrocchia?La Caritas si occupa principalmente di rispon-dere ai bisogni primari e urgenti (cibo, bolletteluce, acqua e gas) e a richieste di lavoro che peròè molto difficile soddisfare. È in progetto la col-laborazione stretta con la caritas parrocchiale disanta Maria degli Angeli per poter attrezzare inmaniera adeguata un unico Centro di ascolto edi distribuzione per tutto il paese.

Quali forme di annuncio vorresti attive nella tuaparrocchia?Stiamo attivando un centro che, attraverso la stam-pa e altri mezzi di comunicazione, aiuti i fede-li a comprendere il mondo alla luce della Paroladi Dio e dell’insegnamento della Chiesa.

Esprimi un parere sulla presenza delle aggre-gazioni laicali nella vita ecclesiale, sulla loro capa-cità di integrarsi nel vissuto parrocchiale, sul-le possibilità di penetrazione del messaggio evan-gelico nella società che esse rappresentano, sul-la effettiva forza di comunione che realizzano.Nella nostra parrocchia ci sono molte aggrega-zioni laicali (passioniste, Amici di Giovanna Antida,Legio Mariae, Francescane, C.L…) che opera-no primariamente per le attività parrocchiali. L’AzioneCattolica ha avuto un momento di difficoltà maabbiamo intenzione di renderla viva e attiva nel-la nostra parrocchia.

C’è un collegamento con l’Amministrazione comu-nale della tua città affinché prenda decisioni ade-renti alle reali esigenze della popolazione? Sepotessi evidenziare un aspetto per migliorare la

vita sociale della tua città, da cat-tolica cosa diresti agli amministratoricomunali?Essendo Segni un piccolo paese, ilconfronto con l’Amministrazione avvie-ne confrontandosi sovente a livel-lo personale con gli Amministratori,facendo loro presenti le esigenze,le necessità, i desideri e le possibi-lità della popolazione.Chiederei loro di privilegiare il benecomune, per la realizzazione di qu-ell’insieme di condizioni struttura-li della convivenza per permetteread ogni cittadino di esplicare le pro-prie attività e qualità umane.Soprattutto chiederei agli ammini-stratori comunali di essere vicino allafamiglia, cellula fondamentale del-la società, mettendo da parte gli inte-ressi personali.

Se il vescovo ti chiedesse di dargliun solo consiglio, a quale ambitopastorale daresti la tua priorità econ quali indicazioni? Chiederei al vescovo di lavorare pertrovare in ogni parrocchia il giustoequilibrio nei tre ambiti della vitaparrocchiale: catechesi, liturgia,vita.

A cura di Stanislao Fioramonti

La concattedrale di Segni che vediamo adesso è del 1626, progetta-ta dall’architetto Gian Battista Roderi, e la sua facciata marmorea è del

1817; ma c’è una cattedrale segnina fin da quando a Segni c’è un vesco-vo, cioè almeno dalla fine del V secolo. L’edificio precedente a quel-lo odierno era del tempo di S. Bruno (secolo XI) e di esso rima-ne il campanile romanico. In quell’antica cattedrale si svolseroimportanti episodi di vita ecclesiastica, perché nel Medioevo Segnifu una importante sede del papato itinerante fuori Roma per moti-vi politici, militari o igienico-sanitari. Perciò vi furono canoniz-zati il vescovo di Anagni Pietro di Salerno, da Pasquale II (4 giu-gno 1110); l’arcivescovo di Canterbury Tommaso Becket, truci-dato in chiesa da emissari del re d’Inghilterra, da AlessandroIII (21 febbraio 1173); e lo stesso S. Bruno di Asti, vescovo diSegni e patrono della diocesi, da papa Lucio III (18 luglio 1183).L’interno della con cattedrale segnina è ricco di opere d’ar-te, in particolare dipinti di Lazzaro Baldi, Francesco Cozza,il Baciccio, Pietro da Cortona e i fratelli Courtois; i busti

d’argento di S. Bruno e di S. Vitaliano papa nativo di Segni;gli stucchi dorati di Francesco e Valerio Vaiani nella cap-pella del Rosario. L’ultimo restauro totale fu completa-to nel 1995 dal parroco don Bruno Navarra, che ci ha

lasciato pochi mesi fa e da un cui opuscolo sulla chiesaabbiamo tratto queste notizie.

Breve descrizione storicadella Concattedrale si Segni

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Paure contrastanti attraversano oggi le cop-pie al pensiero della vita che da loro potrebbenascere: si teme di avere un figlio, si teme dinon averne. Episodi sconcertanti traducono infatti queste paure: la vita umana viene innatu-ralmente interrotta, la vita umana viene tecni-camente prodotta. Ma anche in tempi di vita vio-lata e manipolata, emerge imperioso il deside-rio di dare la vita a un figlio. Sennonché, la natu-ra sembra prendersi la rivincita delle ferite chevengono inferte alla sua naturale fecondità: aumen-tano le coppie che pur desiderando dare vita aun figlio sono affette da sterilità.Come ogni desiderio umano, anche quello uma-nissimo di un figlio può essere inquinato dall'e-goismo, ma nonostante questa possibilità è dif-ficile negare che la sua frustrazione non com-porti una profonda sofferenza: la sterilità è unaferita che penetra nell'identità della persona, tan-to più in una donna. La Bibbia conosce non pochevicende di coppie sterili. Tra di esse, la storiadi Elkana e Anna spicca per l'acume con cui entranei risvolti coniugali della sterilità. Le conoscenzedel tempo attribuivano la causa alla donna, inquesto caso ad Anna, neanche sospettando ciòche oggi si conosce a proposito della sterilità maschi-le. Nonostante questo limite, il racconto è atten-to alle conseguenze che ha sull'uomo il fatto cheil figlio non arriva. Ma osserviamo anzitutto lasensibilità squisitamente femminile di Anna. Il grem-bo sterile non le appare come una parte di sémalata o una funzione bloccata, ma come unaferita al suo essere donna. Il grembo, nascostonell'intimo del corpo, è l'espressione corporeadell'intimità personale; la sofferenza del grem-bo, come testimonia l'atteggiamento di Anna, divie-ne sofferenza dell'intera persona: si mise a pian-gere e non voleva prendere cibo (l Sam 1,7). L'intima

ferita della sterilità, che già sanguina al pensierodel proprio grembo muto, si acuisce laddove lafecondità altrui la mette ancor più in risalto. Annaconosce addirittura la perfidia femminile di chiostenta i propri figli per mortificare chi ne è pri-va: la sua rivale per giunta l'affliggeva con durez-za a causa della sua umiliazione (l Sam 1,6).In assenza dell'amore di un figlio, una risorsanotevole è certo l'amore del proprio coniuge. EdAnna non ne è certo priva, poiché Elkana la amae di un amore che le parole rivolte alla moglielasciano intravedere tenero e grande: Anna, per-

ché piangi? Perché non mangi? Perché è tristeil tuo cuore? Non sono forse io per te meglio didieci figli? (1 Sam 1,8). Per quanto intenso pos-sa essere l'amore coniugale, la ferita per il figlioche manca lascia intuire come la fecondità nonsia un optional dell'amore di coppia, ma il suodestino: il terzo è il desiderio iscritto nell'unio-ne dei due.Di fronte alla sterilità inspiegabile e insuperabi-le capita che si ricerchi la causa in Dio. Era comu-ne ai tempi di Anna ritenere che il Signore neavesse reso sterile il grembo (l Sam 1,6). Nonè insolito nemmeno oggi, in tempi non certo per-meati di religiosità, attribuire a Dio l'origine deimali che sfuggono alle spiegazioni e alle cureumane. Riportare fino a Dio il dramma della pro-pria sterilità è il sentiero percorso da Anna. Nonlo percorre tuttavia con il dito puntato in segnod'accusa, ma con lo sguardo fiducioso di chi per-cepisce che, al di là di ogni capacità e sforzoumano, la sorgente della vita viene da più lon-tano e affonda le radici nel mistero divino. Solose ricondotta alla sua origine divina, la fecon-dità cessa di essere il potere di un uomo e diuna donna, e di conseguenza la sterilità una fru-strazione. Solo se osservato dall'alto di Dio, ilfiglio smette di essere un diritto irrinunciabile ediviene un dono dato gratuitamente e di cui nonsi può disporre a piacimento. Solo se i coniugiricordano chi è il Creatore, possono riconosce-re che la fecondità della procreazione non è tito-lo di orgoglio, e il figlio non è proprietà privata;come purepossonorasse re -narsi al pensiero che la sterilità non è solo unatormentosa umiliazione e l'assenza di un figlionon è un destino crudele.

Famiglia&Di1414 GennaioGennaio20072007

Dorina e Nicolino Tartaglione

Poiché il ministero annesso ad un sacerdoziocosì santo è cosa divina, ne è conseguito che,

per esercitarlo più degnamente e con maggiorevenerazione, nell’ordinata articolazione della

Chiesa vi fossero più ordini di ministri e diver-si fra loro, connessi per il loro ufficio al sacer-

dozio, e distribuiti in modo che coloro cheavessero già ricevuto la tonsura clericale arri-vassero agli ordini maggiori attraverso quelli

minori. La sacra scrittura infatti nominaespressamente non solo i sacerdoti ma anche idiaconi ed insegna con parole solenni quelloche si deve sommamente osservare nella loroordinazione (Conc. Trento; ses. XXIII Cap II).

Il concilio di Trento ha dunque riformato l’Ordinesacro e riscoperto il Diaconato.Il sacerdozio è chiamato santo ed il ministero ordi-nato è sacerdotale; il Diaconato e gli altri gradidella Gerarchia sono visti in prospettiva sacerdotaleed il sacerdote in funzione della cura delle ani-me. L’ufficio ed il beneficio ecclesiastico diven-tano supporto di quella cura ed il vescovo si sco-pre pastore: tutta la gerarchia ritrova la propriadimensione ministeriale ed il Diaconato nediventa l’icona. I decreti di Trento sembrano esse-re vicini più a quelli dei grandi concili dell’anti-

chità che non a quelli del Medioevo, anchenella formulazione: i dibattiti di scuola e diterminologia tendono a scomparire, leespressioni bibliche e patristiche diventanoprevalenti e comincia a prendere forma un modopiù spirituale di accostarsi ai grandi temi teo-logici. Anche la struttura del concilio richia-ma l’antichità: né le nazioni né le universitàsono protagoniste ma il papato e i vescovi,la Chiesa di Roma e le Chiese locali. Da Trento

escono un clero riformato, una riformata forma-zione del clero (vengono istituiti i seminari) e unnuovo modo di accostarsi alla Scrittura. Frutto emotore di questa grande riforma è il Diaconato:un ministero saldamente fondato su riferimenti bibli-ci e originariamente orientato al sacerdozio.La prospettiva sacerdotale è la risposta della Chiesaai problemi del protestantesimo; ma è anche la pro-spettiva che restringe l’identità del ministero ordi-nato esclusivamente a particolari ambiti che pos-sono essere ora il culto, ora la parola, ora la con-sacrazione, evidenziando certamente contenuti verima solo parziali. Un presbiterio parrocchiale cheimposti la propria azione pastorale e i propri rap-porti con i ministeri laicali partendo da una con-cezione del sacerdozio nella prospettiva delsacrificio, potrebbe autolimitarsi nelle proprie fun-zioni e limitare la crescita della comunità. Nellaprospettiva del sacrificio il ministero sacerdota-le è qualificato dall’altare, dal sacrificio, dall’eucaristia,dall’assoluzione, dal culto cui è ordinato. Sacerdotesignifica “uomo del sacro”. La profanità non entranella sua competenza diretta. Questa prospettiva,pur essendo vera per motivazioni bibliche che sonoalla sua base, per motivazioni dogmatico-teolo-giche che la sostengono e per motivazioni prati-

co-pastorali di incontestabile utilità, è responsa-bile delle seguenti difficoltà:potrebbe non evidenziare a sufficienza soprattuttoin alcune presentazioni teologiche, spirituali e pasto-rali meno attente, le altre funzioni del ministero- quella profetica, quella regale e quella ministe-riale;da un punto di vista teologico ha fatto ritardarela formulazione della sacramentalità dell’episco-pato;ha fatto chiamare ordini minori quelli che sonoministeri laicali, generando la convinzione – erra-ta – che il ministero è solo dell’ordine;ha fatto impostare tutto il discorso del ministeroordinato non in termini di servizio da esercitarema di autorità e potere da vestire.Nel Concilio di Trento la Chiesa ha risposto allesfide presenti ed ha guardato al futuro. Una for-te accentuazione della cura pastorale e della for-mazione della Gerarchia per questa cura non pote-va fermarsi al culto ed al Sacrificio. Essa dove-va andare oltre e guardare a quella ecclesiologiache il Diaconato nella sua dimensione di servi-zio già annunciava e che il Concilio ecumenicoVaticano II avrebbe poi così fortemente sostenu-to. È la prospettiva che valorizza i ministeri lai-cali e che dà senso alla Gerarchia; è la prospet-tiva che fa crescere la Chiesa.A Trento questa prospettiva è stata solo annun-ciata con il Diaconato. Ci consola però constata-re che la rinascita della Chiesa, dopo la riformaprotestante, passa anche per la riscoperta del Diaconatocosì come successe all’inizio quando la Chiesa nac-que. È una constatazione per il passato ed un auspi-cio per noi che preghiamo lo Spirito per una nuo-va primavera della Chiesa.

Il diaconatonel Conci l iodi Trentodiac. Pietro Latini

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"L'uomo, ilquale in terra è lasola creatura cheDio abbia volutoper se stessa, puòritrovarsi piena-mente soltantoattraverso un donosincero di sé".Questa afferma-zione, che in pri-mo luogo denota lacostituzione onto-logica della persona,vale a dire la suaessenza, è di gran-de valore antro-pologico e teolo-gico insieme ed èstata fatta dalConcilio (Gaudiumet Spes, n. 24). Essaspiega il primoperché del matri-monio e della fami-glia. La chiavedella sua interpretazione sta il quel "donosincero di sé", che non può essere tale senon è per sempre, se non è destinato a un'al-tra persona e se non è totale. Questo è, infat-ti, il senso del matrimonio e, allo stessotempo, della generazione che ne consegue.Se non si comprende questo significato nonsi può capire il perché della differenza trail vero matrimonio - quello sacramenta-le, ma in qualche modo anche quello civi-le - e le altre unioni di cui in questi gior-ni tanto si parla: unioni di fatto, pacs ovve-ro patti civili di solidarietà, matrimoni omo-sessuali. Nemmeno si possono compren-dere i rischi del riconoscimento di queidiritti che si vogliono dare alle singole per-sone che convivono in un'unione di fatto

né, infine, ci sipuò rendere con-to del perché laqualifica di "fami-

glia" debba essere negata a questo tipo divita comune.

Vediamo perché. La fede ci insegna cheil matrimonio e la famiglia cristiani pos-siedono una dignità superiore persino allasua concezione biblica: da cellula naturalecostitutiva della società umana (la Genesiracconta la creazione di una unità fami-liare uomo-donna somigliante a Dio e conil compito di dar vita all'intera umanità)a "sacramento", cioè a "segno" dell'unio-ne fra Cristo e la Chiesa, ovvero dell'al-leanza tra Dio e l'uomo. La Costituzionee le leggi affermano che la famiglia è una"società naturale fondata sul matrimonio"e che il matrimonio, anche se esiste il divor-zio, è comunque un impegno pubblico sta-bile, che comporta i doveri della coabita-zione, della fedeltà e di "mantenere,istruire ed educare i figli".

A questa visione anche solo civile leconsiderazioni di tipo religioso non sonoindifferenti. L'attuale crisi della famigliae il tentativo di affiancarle, fino a sosti-tuirla, la "non-famiglia" è un fenomeno socia-le che ha soprattutto ragioni di ordine spi-rituale: fu Lutero che li mise in moto, per-ché, per primo, strappò il matrimonio dalsuo radicamento sacramentale e cristolo-gico per collocarlo in una sfera puramentenaturale, cioè esclusivamente umana e sta-tale. Fu una vera sovversione, che consentìin seguito al secolarismo di completare lostrappo del matrimonio e della famiglia anchedalle loro radici umane e simboliche (il divor-zio, l'aborto legalizzato, la fecondazioneartificiale) al punto che il Parlamento diStrasburgo ha potuto raccomandare ai Paesidell'Unione Europea (febbraio 1994) il "matri-monio" tra omosessuali: un vero non-sen-so.

Oggi a questo ripido piano inclinato,sul quale la famiglia sta scivolando, si oppo-ne soltanto la visione cristiana del matri-monio, della famiglia e della vita, che haancora una suo radicamento e una sua for-za decisivi. Si assiste all'assurdo che anchecoloro che operano per la distruzione del-la famiglia cercando di smontarla e di far-la a pezzi, ne hanno pur sempre bisogno:chiamano "famiglie" quelle di fatto, tem-poranee, in prova, omosessuali nelle lorodiverse tipologie. In realtà semplici"mostri" ricostruiti con pezzi della fami-glia autentica, a sua imitazione: una spe-cie di "Frankenstein della famiglia" o di"famiglia parassitaria" o "similfamiglia",che vorrebbe rivendicare, a carico della comu-nità, gli stessi vantaggi sociali, ma senzai doveri, della famiglia che nega.

Il primo dei quali è quello del nome,

che è assunto nonpiù come un datoetico di riferimen-to stabile, ma comeun elemento socio-logico frutto del-l'individualismo edel volontarismo(affettività o inte-resse) dei due part-ner. Un'affettivitàche dev'esseredichiarata sponta-neamente come"legame " di qua-lunque tipo, com-presa l'omoses-sualità, che in talmodo si fa semprepiù strada verso lapiena parità con lanormalità sessuale,giuridica e istitu-zionale. In questenon-famiglie nonesiste impegno di

alcun tipo: non certamente quello della dura-ta per il futuro, perché se ne registra sol-tanto quella del passato: due o tre anni diconvivenza nemmeno comprovata e la "pro-va" dovrebbe essere la stessa dichiarazione.E neppure l'ostacolo della difficoltà del divor-zio. Con l'effetto di una presa d'atto da par-te del Comune medesimo o dello Stato cheai conviventi garantirà i vantaggi del matri-monio: eredità, subentro nelle locazioni,assistenza sanitaria e carceraria, reversi-bilità della pensione con esclusione o alme-no con danno dei parenti veri, assegni fami-liari, graduatoria per l'assegnazione dellacasa e via così.

A ciò bisogna aggiungere i costi eco-nomici per le finanze statali e il rischio del-la "degiuridificazione" del matrimonio, cheperderà così la sua singolare specificità diistituto giuridico collettivo, e quello del-l'annullamento della famiglia come primariaformazione sociale. Infine, a proposito delriconoscimento dei diritti delle singole per-sone senza quello esplicito dell'unione frai due bisogna domandarsi quale differen-za ci potrebbe essere fra i diritti persona-li dei due singoli e il diritto della famigliacome unità di più persone. Senza consi-derare il pericolo di aprire almeno un per-tugio a unioni, come dire?, di fantasia finoa quelle poligamiche o poliandriche o aunioni del tipo delle famigerate "comuni"con cui nella Cina comunista (ma non solo)si tentò si far fuori la famiglia: se è suf-ficiente, per la costituzione di una unio-ne di fatto, dichiarare un legame affetti-vo, come si potrà impedirle?

Le conseguenze di un ulteriore imbar-barimento della vita della comunità civi-le sarebbero gravissime per il tessuto eti-co della società e per la stessa civiltà.

Famig 1515GennaioGennaio20072007

di Pier Giorgio Liverani

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A partire da questo numero verrà proposta una seriedi articoli sul tema dell'accompagnamento vocazionalenel ministero presbiterale. Gli articoli, pur rivolgen-dosi direttamente ai sacerdoti, tuttavia, possono offri-re motivo di riflessione anche ai vari educatori a ser-vizio delle nostre comunità parrocchiali.Dopo una introduzione, tratteremo l'argomento del-l'attenzione che il pastore deve avere su di sé, poil'attenzione sulla persona accompagnata e, infine,prenderemo in considerazione un possibile itinera-rio a partire dagli insegnamenti del documento con-clusivo del convegno europeo sulle vocazioni, NuoveVocazioni per una Nuova Europa (Roma, 5-10 mag-gio 1997).Introduzione La parrocchia: una comunità che accompagna…La parrocchia è famiglia che genera alla vita (Battesimo)e che accompagna verso la maturità della vita cri-stiana (accompagnamento: "quarto sacramento" del-l'iniziazione cristiana). È importante che riscopra nonsolo la responsabilità di generare ma anche quel-la di condurre-accompagnare alla maturità che è rico-noscere, accogliere e rispondere alla propria voca-zione.

…propone degli itinerari…Il documento finale del Congresso sulle vocazionial Sacerdozio e alla Vita consacrata in Europa, NuoveVocazioni per una Nuova Europa (NVNE), al n. 27indica quali siano gli itinerari pastorali vocazionaliclassici e irrinunciabili: la liturgia e la preghiera, lacomunione ecclesiale, il servizio della carità e la testi-monianza annuncio del vangelo. Sono una via obbli-gata e offrono garanzia all'autenticità della ricercae del discernimento. Al n. 28 dice che "le vocazio-ni che non nascono da quest'esperienza e da que-sto inserimento nell'azione comunitaria ecclesialerischiano di essere viziate alla radice e di dubbia auten-ticità".

…evoca la domanda.Dinanzi ad una pastorale giovanile preoccupata, ilpiù delle volte, soprattutto di aggregare e di tenere"buoni" i nostri giovani, la crisi delle vocazioni chie-de alle nostre comunità cristiane di riscoprire la gioiae la forza di presentare il Cristo "pro-vocante", chechiede non alcuni segmenti della vita e solo per alcu-ne stagioni dell'esistenza, ma tutta la vita e per sem-pre. "La crisi vocazionale è certamente anche cri-si di proposta pedagogica e di cammino educativo"(NVNE, 30). In altri termini, potremmo affermare che"se la pastorale non arriva a 'trafiggere il cuore' ea porre l'ascoltatore dinanzi alla domanda strategi-ca ("che cosa devo fare?"), non è pastorale cristiana,ma ipotesi innocua di lavoro" (NVNE, 26/g).

… e allora?A partire da queste considerazioni iniziali, diventaimportante per il pastore instaurare rapporti perso-nali attraverso l'accompagnamento: si tratta di affian-care sempre di più all'annuncio a tutti (predica al micro-fono), la relazione con il singolo. Ma mettiamo i piedi per terra. Partiamo da una osser-vazione di Pino Scabini che, probabilmente, ci sia-mo ritrovati a fare anche noi in qualche occasione."Quando un giovane o una ragazza arrivano al momen-to più espressivo della loro vocazione, quali sonol'ordinazione sacerdotale, la professione religiosa ola celebrazione del matrimonio, raramente hanno coscien-za piena che il parroco della loro comunità eccle-siale è stato un servitore della loro avventura cri-stiana. Un servizio umile e legato all'ordinarietà del-le cose è quello del parroco, raramente appariscenteal punto che, nelle occasioni citate, i ringraziamentisi sprecano verso una moltitudine di persone; al par-roco di solito si riservano quelli di routine, senza par-ticolari emozioni; capita di sentirlo ringraziare per-ché ha organizzato bene la festa ma non per l'al-tra opera di edificazione che la tradizione cristianatiene in molto conto ossia edificare la comunità cri-

stiana come un tempio dove tutti siano pietre vive(cf 1Pt 2,4-6). È debole la coscienza dei fedeli a riguar-do di tutti i fattori che contribuiscono a realizzarsinella loro vocazione? O è carente la sollecitudinedel parroco verso coloro che si avviano nella stra-da di una vocazione di speciale consacrazione?" (Scabini

P., Il servizio umile e ordinario del parroco alle voca-zioni, in Vocazioni 2, 1997, p. 6).

V oca-1616 GennaioGennaio20072007

di Mons. Leonardo D’Ascenzo

Responsabile Centro Diocesano Vocazioni

di Antonio Galati

«Per aiutare il giovane ad arrivare alla capacità diamare in modo oblativo e gratuito, condizione indi-spensabile per riconoscere la presenza del dono delcelibato e la possibilità di viverlo in modo liberoe liberante, verranno programmati incontri speci-fici»1.Adempiendo a quanto è scritto nel progetto formativo,la comunità educante del seminario organizza deiweekend formativi, atti a integrare, con l’ausilio ditecniche di psicologia, il cammino di crescita uma-na che si svolge durante l’anno al Collegio Leoniano.Perciò vengono programmati degli incontri, tra set-tembre e giugno, in cui don Giuseppe Sovernigo,un sacerdote della diocesi di Treviso specializza-to in psicologia per la formazione umana e presbiterale,guida degli incontri su tematiche specifiche, aiu-

tando i seminaristi a riflettere e a confrontarsi sutali questioni per la loro crescita e per il loro benee di quelle persone che, a Dio piacendo, si rivol-geranno a loro come a preti in grado di accoglie-re nella maniera adeguata.Don Giuseppe Sovernigo, in accordo con la comu-nità educante del seminario, ha impostato il cam-mino formativo da lui guidato, in modo tale da potersvolgere quattro incontri durante l’anno, oltre ai col-loqui individuali in cui si trattano questioni più per-sonali, per permettere di approfondire a passi con-sequenziali il tema scelto.Quest’anno il titolo guida degli incontri è Amarecon cuore indiviso.Da settembre, mese in cui il seminario ha ripresole attività ordinarie, si sono svolti già due incontridei quattro previsti. Nel primo incontro, svoltosiil 4 e il 5 novembre, l’attenzione era posta sulla per-

sona e gli esercizi proposti avevano la finalità difar prendere coscienza al seminarista di come si èstrutturato il proprio io e di presentare un model-lo ideale da raggiungere, basato su quello che cipresenta Gesù. Il secondo incontro, sviluppato il2 e il 3 dicembre, ha, invece, posto l’attenzione sucome il seminarista vive l’amore che dona e chericeve. Questo secondo incontro coincide semprecon la festa delle famiglie dei seminaristi, il chepermette anche ai genitori di potersi interrogare,sempre con l’aiuto di don Giuseppe, sul loro rap-porto con i figli incamminati verso il sacerdozio esu come continuare a vivere l’amore con loro.Questi weekend formativi sono strutturati in mo-do tale da poter permettere sia un lavoro assemble-are che un lavoro personale, oltre a uno scambiodi idee a piccoli gruppi, cosicché ognuno può con-dividere con gli altri cose che ritiene condivisibi-li e che permettono a tutti di crescere, secondo unmodo di dire di don Giuseppe, ormai familiaris-simo ai seminaristi: «chi si espone vende e poi ciguadagna, chi non si espone non vende e poi si lagna».I lavori iniziano il sabato pomeriggio intorno alle15.30 con la presentazione del tema da parte di donGiuseppe e proseguono poi con un momento di rifles-sione personale e poi con una condivisione per grup-pi, che è moderata da alcuni dei responsabili delseminario e da seminaristi del sesto anno. Si con-clude il pomeriggio con una nuova riunione comu-nitaria in cui vengono riportati i feedback degli incon-tri fatti nei gruppi e vengono anche poste delle doman-de a don Giuseppe inerenti il tema.Dopo la recita dei Vespri segue la cena e poi la visio-ne di un film, sempre riguardante il tema trattato.La domenica successiva lo schema è più o menoil medesimo e i lavori si concludono con l’Eucaristiae la condivisione del pranzo.Dopo il pranzo ci si organizza per passare il pome-riggio in maniera rilassante e, al tempo stesso, costrut-tiva e ci si dà l’appuntamento alle 21.45 per la Compietacomunitaria, pronti a riiniziare una nuova settimanaarricchita anche dagli spunti dati da don Giuseppe.1 Progetto formativo del seminario, p. 39. Cfr. ancheLinee comuni per la vita dei nostri seminari, 9;

La psicologiaal serviziodel seminario

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Dalla meditazione e l’immobilità del-la contemplazione favorite dalleforme musicali del canto gregoria-no nell’alto medioevo, si arrivaintorno al X secolo a forme musicale,pure derivate dal gregoriano, ma cheinvece erano destinate ad accompagnareil movimento nei riti sacri, elemen-to questo del tutto nuovo nel cantocristiano e nelle pratiche religiose del-la cristianità, sta nascendo il cantoprocessionale adatto ad accompagnareun’azione che potremmo chiamarecoreografica: la processione. È que-sta un primo accenno di rappre-sentazione degli episodi biblici cheporterà successivamente all’affermarsidel “dramma liturgico”.

Una narrazione che pre-cedeva la messa di Pasquagià nel X secolo, esponeva

l’episodio delle donne che arrivateal sepolcro di Gesù lo trovano vuo-to, ed è il primo esempio di dram-ma liturgico: “Quem qaeritis in sepulch-ro, o christicolae?\ Jesum Nazarenumcrucifixum, o caelicolae. \ Non est .hic,surrexit sicut praedixerat; \ Ite, nun-ziate quia surrexit de sepulchro”. (Chicercate nel sepolcro, seguaci diCristo? Gesù di Nazaret che fu cro-cifisso, abitatori del cielo. Egli non

è qui, è risorto come aveva predet-to; andate annunziate che egli è ri-sorto dal sepolcro).Dalla semplice intonazione da par-

te di un solista o di un corosi passa gradualmente auna vera rappresenta-zione con diversi cantoriper ogni ruolo, con icostumi e azione scenica.Dal “Quem quaeritis?”segue una ricchissimastoria del dramma litur-gico che conosce la suamassima espansione nelXII secolo, gli spunti perla creazione di nuovidrammi sono numerosi:sono stati messi in musi-ca il ciclo natalizio e il ciclopasquale, la resurrezionedi Lazzaro, la strage degliinnocenti, la conversionedi Paolo di Tarso, l’episodiodei discepoli a Emmaus,le vicende dei profeti dal-l’antico Testamento. Undramma liturgico parti-colarmente pregevole delXII sec è il “LudusDanielis” sulla vita del pro-feta Daniele di come egliscampò alla morte nellafossa dei leoni grazieall’intervento di un ange-lo; è un’ opera moltoampia e complessa il cuiintero manoscritto è con-servato nella cattedrale diBeauvais in Francia chetestimonia l’esistenza di unteatro medioevale doposecoli dalla scomparsa

del teatro classico seguita alla cadu-ta dell’impero romano.Il dramma liturgico sembra esserelontano dal canto cristiano origina-le, il cui scopo era quello della pre-ghiera e della predicazione, mamantiene comunque una sua funzioned’insegnamento e divulgazione del-le scritture. Infatti il dramma litur-gico viene rappresentato soprattut-to nei monasteri, dove gli attori era-no monaci e novizi oppure nelle chie-se parrocchiali, luoghi nei quali lesacre rappresentazioni, oltre a con-ferire solennità alle celebrazioni, assol-vevano anche al compito di agevo-lare l’apprendimento degli inse-gnamenti cristiani, difficilmentevenivano scelte le grandi cattedra-li cittadine per rappresentare idrammi liturgici proprio perché i fede-li dovevano poter seguire facilmen-te la vicenda che si svolgeva in piùparti della chiesa.Dall’interno, il dramma liturgico pas-serà successivamente all’esternodella chiesa, cioè sul sagrato il qua-le costituirà una sorta di palcosce-nico per la rappresentazione assu-mendo delle caratteristiche più spic-catamente popolari. I drammiliturgici verranno poi man mano abban-donati, ma non prima di aver con-tribuito alla rinascita di una formaartistica ed espressiva così importantecome il teatro. Oggi non vengono piùproposti nella loro funzione originale,ma forse una lontanissima eco del-la loro antica diffusione resta nellesuggestive rappresentazioni della pas-sione che ancora sopravvivono in tan-ti paesi d’Italia durante la settima-na di Pasqua.

Musica&Li 1717GennaioGennaio20072007

di Mara Della Vecchia

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Dio-1818 GennaioGennaio20072007

Uso l’aggettivo ‘strano’nel senso di ‘nuovo’,

‘diverso’, ‘originale’, perchécosì mi è sembrato il ConvegnoPastorale Diocesano svoltosi aVelletri il pomeriggio di vener-dì 24 e la mattina di sabato 25novembre 2006.

E’stato un convegno ‘nuo-vo’ perché ce ne aspet-

tavamo uno sul recente incon-tro della Chiesa italiana aVerona, al quale hanno parte-cipato una mezza dozzina di nostrirappresentanti e per attenderelo svolgimento del quale ilnostro appuntamento annualeera stato anche rinviato dasettembre, inizio tradizionale del-l’anno pastorale, a fine novem-bre. Ma la decisione del vesco-vo Apicella di scegliere come temaper il cammino diocesano nel-l’anno 2006-2007 la rilettura del-la Dei Verbum, costituzionedogmatica del Concilio VaticanoII sulla Parola di Dio, con le que-stioni ad essa connesse(Rivelazione, Tradizione, SacraScrittura), ha modificato lepriorità del convegno. Il suo tema-guida è divenuto così una fra-se di S. Paolo ai Tessalonicesi(“Accogliete la Parola di Dio cheopera in voi che credete”, 1Ts 2,13),e il convegno è diventato la pri-ma di una serie di iniziative checaratterizzeranno l’attività dio-cesana nel prossimo anno. Si trat-terà, è stato scritto, di ripren-dere la dottrina della Dei

Verbum, verificarne la ricezio-ne, cogliere gli interrogativi e svi-luppare le prospettive che fac-ciano crescere la nostra Chiesaa quarant’anni dal Concilio.

E’ stato un convegno‘diverso’ soprattutto

nella concezione: non più i tregiorni di relazioni e dibattiti delpassato, che pure hanno portatoin diocesi personaggi notevoli del-la vita ecclesiale (si pensi soloall’allora card. Ratzinger), maappena due sbrigative mezze gior-nate di lavori, introdotte da unarapida relazione della teologa StellaMarra della Gregoriana e pro-seguite dda due sessioni digruppi di studio nelle quali tut-ti i partecipanti, divisi in tre par-ti, hanno discusso dei tre modipossibili di lettura della Bibbia(liturgica, spirituale, storico-pro-fetica) e di come questo si fa, sesi fa, in diocesi. Le proposte sonostate poi presentate al vescovonell’assemblea finale, per esse-re da lui ulteriormente elabo-rate e applicate.

E’stato un convegno ‘ori-ginale’ perché il pro-

tagonista non è stato il tavolosul palco, con i suoi relatori, pre-lati ecc., ma l’assemblea inplatea, formata dall’insiemedei laici, sacerdoti, religiosi e reli-giose che rappresentavano le par-rocchie. Convegno originaleanche per il suo stile semplice,visibilmente governato nondagli organizzatori (il vescovo

e don Dario Vitali in primis), madal medioevale splendido“Salvator mundi” su tavolache si confrontava con l’assembleae che molto opportunamente èstato scelto come icona delconvegno.

E’stato ancora scritto che“a quarant’anni dalla

Dei Verbum, la volontà è quel-la di verificare a che punto sia-mo nel cammino di maturazio-ne di una Chiesa che nasce dal-la Parola e alla Parola sta sot-tomessa”. Sequesta è statala volontà cheha portato a questo convegno enon a un altro, a cose fatte miresta l’inquietudine che io, del-la Dei Verbum, non so presso-ché nulla. Colpa mia, certissi-mo, ma non si poteva escogita-re qualcosa prima del convegnoper conoscerla almeno un po?E’ anche vero tuttavia che il pro-gramma pastorale del prossimoanno ha già allestito corsi e ini-ziative per approfondire sia lacostituzione conciliare che la cono-scenza delle Scritture nel sen-so suggerito dalla teologa Marra;quello cioè di reimparare unalettura ‘ecclesiale’, cioè comu-nitaria, della Bibbia, abbando-nando quella devozionale del pas-sato e guardandosi da unaancor più pericolosa lettura indi-vidualistica.

Se son rose, fioriranno.

di Stanislao Fioramonti

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Dioce 1919GennaioGennaio20072007

In questi giorni di fine anno si è abi-tuati a ricevere o donare, fra i tantiregali, anche un calendario. Tra i mol-ti interessanti ricevuti non poteva pas-sare inosservato quello dell’Arma deiCarabinieri, che da sempre si qua-lifica per le scelte artistiche che loimpreziosiscono, una fra tutte da ricor-dare è quella di alcuni anni con leillustrazioni del grande artista PietroAnnigoni. Non è passato inosservatoil calendario del 2007 non solo perle belle illustrazioni di LucianoJacus, e per la tematica scelta, la tute-la del patrimonio artistico, quale cam-po di forte impegno dell’Arma, maperché proprio grazie a questo impe-gno il nostro museo diocesano hapotuto riavere nel 1997 la sua CruxVeliterna, trafugata nel 1983. La nostraCrux domina la pagina del mese diluglio, mentre un porporato celebrae la figura di un carabiniere in altauniforme dà esattamente il senso del-la protezione e della tutela. L’immagineci riporta alla mente la gioia del ritro-vamento e la cerimonia di riconse-gna avvenuta all’interno del primoanno di preparazione al Giubileo del2000: accoglienza in piazza Cairoli,consegna al vescovo Mons. AndreaM. Erba che a sua volta la pose trale mani dell’allora Cardinal TitolareS. Em. Joseph Ratzinger, in processionesi raggiunse la cattedrale di SanClemente. Qui con la cornice auste-ra di una liturgia penitenziale, la pre-senza di moltissimi fedeli, AutoritàCivili e Militari e dei Carbinieri delNTPA, la preziosa e antica Crux, stau-roteca di un frammento della Crocedi Cristo, ricevette degna acco-glienza.Cogliamo l’occasione per ringraziareil Comando Generale dell’Arma, i respon-sabili dell’edizione del Calendario il gen. C.A.

Leonardo Gallitelli, il Col. T. ISSMI RiccardoGalletta e l’art director Paolo Di Paolo perla considerazione mostrata e tutti i

Carabinieri che ci hanno omaggiato delCalendario.

d.A.M.

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Cultu-2020 GennaioGennaio20072007

Dostoevskij dice che seDio non esistesse, tuttosarebbe lecito, così che nonesisterebbe più il pecca-to e il mondo sarebbe soloun insieme disordinato diframmenti. In verità lacultura occidentale si è mos-sa nella certezza che Dioesiste ed è Colui che uni-fica il mondo ed ordina glieventi. Tuttavia la storia nelsuo continuo ciclo di tra-sformazione e metamorfosidella realtà è il luogo nelquale si legge con facili-tà che se Dio non è scom-parso dalla scacchieradel mondo, è pur vero cheper molti versi la fede inLui e i conseguenti valorietici e morali che inevita-bilmente dovrebbero deri-varne, hanno subito un arre-sto o forse sarebbe meglio dire una cri-si, che affonda le sue radici sul fatto chel'umanità ha preferito scegliere per sé un'al-tra strada che ha creduto più facile ed uti-le , quella che si basa sulle conquiste scien-tifiche e tecnologiche, da cui crede di poterottenere benessere, felicità e sicurezza.E' questa una realtà ormai inequivocabilmentecerta, i cui risultati, purtroppo, spesso negati-vi sono evidenti ed hanno mutato nel pro-fondo il significato stesso di civiltà e socie-tà. Si è voluto dimenticare, infatti, che,come già affermava Einstein, le scienzenon possono conoscere valori comebene e male, né tanto meno emozioni, nonpossono, cioè, produrre istanze etiche, masolo concetti creati dagli scienziati e dal-le loro esperienze. Purtroppo, però, le scien-ze basandosi appunto sull'esperienza, nonconoscono , né potrebbero tenere contosolo di quei metodi che possono esseremoralmente accettabili, ma sono "costret-te" a trascurare ogni giudizio di valore, perattenersi a metodi razionali ed obiettivi atti

a fissare punti stabili e poli immobili. Sepoi tutto ciò finisce per influenzare conle probabili conseguenze, che una qual-sivoglia ricerca può portare con sé , la socie-tà e la vita degli uomini, allora è l'etica chedovrebbe intervenire, prima, per renderechiaro il reale significato delle scoperte scien-tifiche e poi per " regolarne" la divulga-zione e l'uso. Ma è ormai certo che le socie-tà moderne, in quanto dipendono eco-nomicamente e psicologicamente dalle appli-cazioni tecnologiche della scienza, han-no finito per essere derubate di ogni sal-da , coerente e accettabile "fede" su cuipoggiare il proprio sistema di valori. Si trat-ta senza dubbio di una grande rivoluzio-ne, che ha finito per sostituirsi seppure inmodo ancora alquanto confuso a tutta unaserie di sistemi religiosi, che per migliaiadi anni avevano regolato la vita umana ela struttura sociale con i suoi codici mora-li e comportamentali. E dal vuoto lascia-to da essi, si è andato affermando in modosempre più forte un profondo sentimen-

to di frustrazione e di alienazione, che hagenerato non solo sfiducia generalizza-ta nei confronti della scienza,che ha fal-lito proprio lì dove aveva promesso all'u-manità tutta conquiste capaci davvero ditrasformare in senso positivo i destini uma-ni, ma della capacità da parte dell'uomodi saper individuare principi capaci di offri-re quelle certezze di cui si ha inevitabil-mente bisogno, per dare un senso alla vita. Per questo e senza ulteriori ritardi, è neces-sario riportare gli studi scientifici verso unsistema di valori, che già Jean Monod defi-nì, " l'etica della conoscenza", per cuiogni scelta scientifica, esplicita-mente o no, deve rispondere a cri-teri di valore , che non solo non devo-no nuocere all'umanità, ma, semmai, gui-darla verso mete positive ed equilibra-te, tenendo presente innanzitutto un fat-to estremamente semplice da esprime-re con le parole, ma altrettanto difficile darealizzare e cioè che gli scienziati devo-no accettare di avere una peculiareresponsabilità verso la società e l'interogenere umano, in modo che siano essi ele loro scoperte a servire l'umanità , perporre le basi di un nuovo sviluppo dellacultura e della creatività ed impedire ogniforma di alienazione sia intellettuale, chepolitica.

di Sara Gilotta

“Si è voluto dimenticare che,

come affermava Einstein,

le scienze non possono conoscere

valori come bene e male...”

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Appartenente alla famiglia bota-nica delle “Rosaceae” e del gene-re “Malus domestica” la nostra ama-ta mela compare spessissimonella lunga storia dell’uomo, tan-to che la storia stessa sarebbe sta-ta sicuramente ben diversa se que-sto frutto non vi fosse entrato contale prepotenza. Il primo consu-mo di questo onnipresente prodottodalle prime pagine della Bibbiastabilisce il confine tra una vitaparadisiaca, ricca di gioia, di agie delizie ed una vita brevissimaarricchita di tribolazioni, perico-li e malattie. La mela diventa inquesto modo simbolo del bene edel male, dell’obbedienza e del-la disobbedienza dell’uomo alleregole stabilite da Dio, dell’amore

e dell’odio,insomma rac-chiude in séuna coinci-denza di oppo-sti. Il cibo

diventa qualcosa di più di un sem-plice nutrimento: è fonte di vitaeterna, è promessa futura, ma ancheforte limite dell’autonomia dell’uomo.In questo frutto si può simboleg-giare l’essenza dell’uomo, che lorende diverso e superiore agli altriesseri viventi. Adamo è infatti l’u-nica creatura che può dialogare conDio, elabora concetti e regole, èconsapevole delle conseguenze mail rischio lo attrae. Il frutto è lì aconferma della sua dimensione uma-na, simile a Dio, ma non uguale,signore della terra ma non del-l’universo. Il suo viag-gio sarà un percorsodifficile, fattoallo stesso tempodi abbondanza edi carestia, attra-verso il nutri-mento del corpoma anche e soprat-tutto dello spirito.La mela diventa poiuna delle cause del-la guerra più famosa del-l’antichità, quando Paride,giudice nella contesa perla più bella tra le dee,consegna il miticofrutto ad Afrodite,i n d i s p e t t e n d oGiunone e Minerva.Afrodite per ringra-ziarlo gli faràincontrare la piùbella tra le don-ne, Elena,

moglie di Menelao, cheper riprendersi la spo-sa, non intenzionata aritornare dal suo legitti-mo, scatenerà la guerra diTroia. In Asia, nel mondo pre-biblico, la mela era legata allasimbologia della bellezza e allaprosperità, in India compare in nume-rosi scritti antichi insieme alpepe nero e rosa, come sti-molante e ricostituente siaper gli uomini e le don-ne. Nella Bibbia nel can-tico dei Cantici leggiamo:“Presto portate dolci d’u-va che mi restituiscano for-za, e mele che mi dianosostegno…”Nella mitologia grecaproprio attraverso le meleIppomene conquistò la bel-lissima Atalanta ricorrendoad una operazione astu-ta. La fanciulla si sareb-be offerta a colui che l’a-vesse battuta nella corsa,ma avrebbe ucciso tutti glisconfitti. Ippomene fur-bescamente lasciò cade-re tre mele d’oro sulla pistache fecero distrarre la fan-ciulla attardatasi a raccoglierle, per-dendo la corsa.Troviamo le mele in molte rap-presentazioni dell’arte antica, daquella mesopotamica, alla egizia,alla greca e alla romana; In Italiane abbiamo uno splendido esem-pio negli stupendi mosaici dellaVilla del Casale a Piazza Armerina

in Sicilia. Non possiamo dimen-ticare come il Cara-

vaggio e

i suoi contemporanei trattanoquesto nobile frutto, sempre pre-sente nelle nature morte.Nell’immaginario collettivo di gran-di e piccini la mela è sempre pre-sente, da Biancaneve con la melaavvelenata, a Newton che si nar-ra abbia intuito le leggi relativealla forza di gravità vedendo cade-

re proprio uno diquesti frutti. Certonon possiamod i m e n t i c a r eGuglielmo Telle la sua bale-stra, né la

“Grande Mela”che ci guardaoltreoceano.

di Emanuela Ciarla

Docente di materieletterarie e sommelier

“La mela racchiude in sé

una coincidenza di opposti...

In questo frutto

si può simboleggiare

l’essenza dell’uomo,

che lo rende diverso

e superiore

agli altri esseri viventi”

La mela trastoria e mito

GennaioGennaio20072007 2121Cultu

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Arte2222 GennaioGennaio20072007

In chiusura del tempo natalizio la Chi-esa celebra la festa del Battesimo di Cristocome definitiva Epifania dell’Essere: dopola manifestazione al popolo ebraico (l’an-nuncio del Natale ai pastori di Betlemme)e al mondo intero (l’Adorazione dei Magi), l’Esseremanifesta pienamente se stesso nella rivelazio-ne della Trinitá. Rivelazione che si imprime così profondamentenell’animo dei primi discepoli da essere menzionatada tutti e quattro gli Evangelisti e dal libro degliAtti. L’accorata preghiera del profeta Isaia: “Setu squarciassi i cieli e scendessi!” trova qui pie-na risposta: Giovanni Battista vede aprirsi i cie-li e ode la voce del Padre certificare: “Questi èil Figlio mio prediletto, ascoltatelo!”. Lo SpiritoSanto poi, sotto apparenze di colomba, scende suGesù e vi rimane cancellando così l’antica male-dizione: “Il mio spirito non rimarrà per semprenell’uomo a causa del peccato” (Gen 6,3). Chiunqueaderisce per fede a Cristo, entra nell’esperienzadel dimorare nello Spirito e contempla nel Figliola gloria del Padre.Per penetrare più profondamente in questo mis-tero, vogliamo farci aiutare dalla voce eloquen-te di Piero della Francesca, originale artista itali-ano del quattrocento, che ci ha lasciato un mirabi-le commento pittorico del Battesimo di Cristo. IlBattesimo di Cristo fu una delle prime opere diPiero (alcuni studiosi suggeriscono come datazi-one gli anni fra il 1440-1445) e risulta essere diuna modernità straordinaria. La religiosità dell’eventotraspare dall’intensità della luce e dalla bellezzaarmonica della composizione. Né Cristo, né il Battista,né gli angeli hanno aureole e la colomba delloSpirito Santo si distingue appena dalle nuvole cheattraversano il cielo. Piero invita l’osservatore adandare a Dio attraverso l’umanità di Cristo. Tutto,nel dipinto, è estremamente umano e incarnato,eppure tutto è etereo e limpidissimo, di una bel-lezza che riporta alla creazione originaria. Il Giordanoè raffigurato come uno dei torrenti umbri, cosìcome umbra, e per nulla ispirata alla Palestina,è la vegetazione che lo attornia. Alla destra delCristo, sullo sfondo, si intravede un piccolo cen-tro abitato, è Borgo San Sepolcro cittadina del-l’autore e cornice geografica della chiesa a cuiera destinato il dipinto. Questo paesaggio, cosìnoto al pittore e ai suoi contemporanei, è immersoin un aria diversa: in un’atmosfera carica di miste-ro e di bellezza. L’incarnazione del resto è la restau-razione di tutte le cose in Cristo e chi aderisce aLui per mezzo della fede, entra nelle acque salu-tari del suo battesimo e riemerge rinnovato. Pierodella Francesca celebra qui la tersa bellezza diun mondo rinnovato dalla grazia. Questo dipinto è una intensa meditazione delmistero di Cristo attraverso la Scrittura.L’evento del Battesimo è letto alla luce deglioracoli profetici: lo Spirito del Signore scen-de sul Messia (Is 61,1); i monti e i colli si sonoappianati e le valli colmate (Is 40, 3-5), lascian-do il posto a un paesaggio dolce e primaveri-le, con teneri germogli che spuntano qua e là.L’intera natura partecipa alla nuova alleanza:Dio risponde all’uomo, scendendo dal cielo eil cielo - riflesso nelle acque del ruscello - rispon-de alla terra, come canta Osea (2, 23-24)Contrariamente all’iconografia classica, che dipin-ge il Cristo immerso nel Giordano, Piero lo raf-figura all’asciutto: le acque del Giordano, infat-ti, si ritirano dinanzi al passaggio del Signore,così come si ritrassero nei giorni antichi, al pas-saggio di Giosuè a capo del popolo. Pace e con-cordia, rappresentata da due dei tre angeli, siabbracciano e l’uomo (in secondo piano sul-le rive del ruscello) sciolto dal peccato che loteneva ricurvo, si riveste del Signore Gesù Cristo.L’arte si rivela così un mezzo prezioso per la

preghiera e la meditazione dei semplici, aiutan-doli a conoscere e a penetrare i misteri della Parola.L’opera di Piero, era originariamente collocata die-tro l’altare maggiore della Cattedrale di Borgo SanSepolcro, dove il sacerdote celebrava l’Eucaristia.Si comprende allora come la discesa dello SpiritoSanto su Gesù rimandi all’epiclesi della Santa Messa:la colomba si libra proprio sopra il capo del Signoree la mano destra del Battista s’interpone fra i dueproprio come le mani del sacerdote sulle offer-te. La colomba si trova al centro di un ampio cer-chio che abbraccia la volta e si chiude nella par-te sottostante, con la linea suggerita dal bracciodestro dell’angelo e dal braccio sinistro, legger-mente piegato, del Battista: la sfera del divino irrom-pe nell’umano e lo trasfigura. I tre misteriosi ange-li sulla sinistra, non partecipano al rito portandole vesti del Salvatore, come invece avviene nel-la maggior parte delle raffigurazioni del Battesimo,ma sono pure presenze che invitano - con la posi-zione del corpo e con lo sguardo - ad entrare nelmistero rappresentato. Fra le tante ipotesi avan-zate su questi tre angeli, qualcuno ha visto in essila personificazione della Trinità o vi possiamo scor-gere le tre virtù teologali: la fede, la speranza ela carità mediante le quali si possono penetrarei divini misteri. Giovanni il Battista, insieme con l’angelo in vestirosse e blu, conducono l’osservatore a fissare losguardo su Gesù autore e perfezionatore della fede(Eb12, 2). Entrambe le figure, infatti, con un gestodelicato della mano indicano il Salvatore. GiovanniBattista, guardando verso Gesù e genuflettendoleggermente una delle ginocchia, invita all’ado-razione, mentre il colore degli abiti del primo ange-lo alludono al mistero che si adora: il rosso, l’u-manità di Gesù -la sua passione e morte -e il blu,la sua divinità. Gli stessi colori si ritrovano nel-l’abito di Cristo dell’icona della Trinità diRublëv. Le ali multicolore dell’Angelo rievoca-no le piume delpavo-

ne o dell’uccello del paradiso, entram-bi simboli della risurrezione. Sullo sfondo del dipinto, a destra del-l’osservatore si scorge un uomo seminudo,colto nell’atto di indossare l’abito. Il bian-

core della sua pelle, del tutto simile a quella diGesù, fa pensare al neofita che ha già attraversa-to le acque salutari del Battesimo e si riveste diCristo. Candido, come la pelle di Cristo e del neo-fita, è anche il tronco dell’albero in primo piano.Quest’albero, e quell’altro più in ombra semi nasco-sto dagli angeli, è volutamente diverso dagli altripresenti nel paesaggio. Sullo sfondo abbiamo del-le conifere, mentre gli alberi in primo piano, bel-li e frondosi, sono più simili agli alberi da fruttae rimandano ai due alberi del paradiso terrestre:l’albero della conoscenza del bene e del male e(quello in ombra) l’albero della vita. Il simboli-smo è chiaro: chi si riveste del Signore Gesù Cristoed entra nella familiarità con Lui, riacquista il can-dore e la bellezza originaria. Dietro al neofita siintravedono altri uomini, in abiti ampi e con copri-capo di diversa foggia. Questi, in contrapposizionealla compostezza degli altri personaggi, sembra-no muoversi e discutere animatamente. Se si fariferimento al Vangelo possiamo vedere rappre-sentati in essi farisei e sadducei, ma se si fa rife-rimento al momento storico in cui Piero della Francescaha dipinto il Battesimo, allora questi personaggisembrano rappresentare la controversia tra la chie-sa d’oriente e quella d’occidente attorno al Misterodella Trinità, controversia che si placò nel 1439,in seguito ad un accordo raggiunto col Conciliodi Firenze. L’accordo tuttavia fu breve, decaddesubito dopo e non fu mai sancito. Piero dipingela sua tavola, quando appunto la prospettiva di unaritrovata concordia fra le due Chiese era ormai sfu-mata. L’uomo seminudo, non ha abiti che permettanodi collocarlo in un’epoca; non indossa, come Cristo,il perizoma; non è un uomo del tempo di Gesù,ma è il credente di ogni tempo, è la Chiesa cheattraversa i secoli e le epoche: già santificata, peri meriti e la grazia di Gesù Cristo, eppure sem-pre bisognosa di perfezionarsi, di rivestirsi di Cristoper essere senza macchia né ruga.L’arte sacra è un annuncio di salvezza: chi la con-templa non può rimanere uguale a prima. Nel dipin-to i tre angeli posti fra i due alberi dell’Eden ciinquietano; ad essi Piero affida il compito di pro-vocare l’osservatore. Essi, come già detto, sonostati variamente interpretati, ma è soprattutto il

loro sguardo a porci degli interrogativi.L’angelo della concordia guarda il mistero chesi sta compiendo e il suo sguardo è assortoe contemplativo, va oltre il visibile. La suacarne, bianchissima come quella di Gesù, espri-me purezza e luminosità. Egli ci interrogacirca il mistero, quale posto occupa nella nostravita la contemplazione e il silenzio, il rap-porto con Dio. L’angelo della Pace ci guar-da diritti in volto. Osserva proprio noi, men-tre abbraccia la concordia, quasi a rimarca-re d’essere una sola cosa con lei. La pace ela concordia sono in parte doni di Dio e inparte impegno dell’uomo. Egli dunque rin-via al nostro rapporto con gli altri, al nostroimpegno per la giustizia e per la pace. L’ultimoangelo ci volge le spalle, ma si trova nellanostra stessa posizione rispetto al Mistero.Anch’esso sembra guardare il Cristo, eppu-re il suo sguardo si dirige più lontano, for-se si posa sull’uomo ricurvo, appena usci-to dal lavacro purificatore, oppure scruta gliuomini in ampie cappe e mantelli. Egli ciinvita a riflettere sui segni dei tempi. Invitaa guardare la storia, non con l’occhio dis-tratto della cronaca, ma con lo sguardo pene-trante di Dio, alla luce cioè, della rivelazioneche trova in Cristo la sua pienezza.

Il Battesimodi don Marco Nemesi

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Andrea M. Erba

mercoledì - S. Francesco di Sales (m)

giovedì - Conversione di S.Paolo (f)

venerdì - Ss. Timoteo e Tito (m)CONSIGLIO PRESBITERALE - con-vocazione ordinaria

sabato - S.Vitaliano Papa, nato a SegniSegni: S. Vitaliano compatrono del-la città, festa nella Concattedrale diS. Maria AssuntaSegni: Istituto Mons. Signori - SuoreServe del Signore e della Vergine diMatarà, Festa di S. Vitaliano PapaVelletri: Suore Orsoline dell’UnioneRomana, Festa della Fondatrice S.Angela MericiPG: Le Notti di Nicodemo - I 10Comandamenti - VALMONTONE, Parr.S. Anna

domenica - IV DOM. T.O. C1° Anniversario della nomina aPastore della Diocesi di S.E. Mons.Vincenzo Apicella

lunedì- S. Valerio54a Giornata dei malati di Lebbra

martedì - S. Martina

mercoledì - S. Giovanni Bosco (m)Colleferro: Parr. S. Barbara, S. Messain Memoria di S. Giovanni Bosco

venerdì - Present. del Signore (f) PXI Giornata della Vita ConsacrataMonastero invisibileCISM-USMI: Convegno degli Istitutidi Vita Consacrata - VELLETRI,Cattedrale di San Clemente

sabato - S. Biagio (mf)

domenica - V DOM. T.O. C I sett.XIX Giornata per la Vita

lunedì - S. Agata (m)

martedì - Ss. Paolo Miki e c. (m)Velletri: Cattedrale S. Clemente I, festadi S. Geraldo ep. conf. compatronodella città

giovedì - S. Girolamo Emiliani (mf)Velletri: Parr. S. Martino, festa delfondatore S. Girolamo Emiliani nel-la comunità dei Padri Somaschi

venerdì - S. ApolloniaVelletri: festa nell’omonima Rettoria

sabato - S. Scolastica (m)

domenica - VI DOM. T.O. C II sett.XV Giornata Mondiale del MalatoSegni: Suore Serve del Signore e del-la Vergine di Matarà, festa della comu-nità ‘Nostra Signora di Lourdes’

venerdì - S. AmeliaMonastero invisibile

sabato - EPIFANIA DEL SIGNORE(s) PGiornata Mondialedell’Infanzia Missionaria18° Anniversario dell’OrdinazioneEpiscopale di S.E. Mons. Andrea M.Erba

domenica - BATT. DEL SIGNOREC (f)

lunedì - S. Severino I sett. I sett. T.O.

venerdì - S. CesiraIncontro ordinario del Vescovo coni responsabili degli Uffici di Curia

sabato - S. Ilario (mf)

domenica - II DOM. T.O. C II sett.94a Giornata Mondiale del Migrantee del Rifugiato93a Giornata per le migrazioniPASTORALE GIOVANILE: Incontridi spiritualità per adulti - VELLETRI,Centro S. Maria dell’Acero dalle 15,30alle 18,30

mercoledì - S. Antonio abate (m)XVIII Giornata per l’Approfondimentoe lo sviluppo del dialogo religioso ebrai-co-cristianoFesta di Sant’Antonio Abate in:Montelanico: Parr. S. Pietro ApostoloSegni: Parr. S. Maria degli AngeliVelletri: nell’omonima RettoriaVelletri: Parr. S. Paolo ApostoloArtena: Parr. S. Maria di GesùGavignano: nell’omonima chiesa

giovedì - S. Margherita d’ Ungheria

venerdì - S. Mario e fam.RITIRO DEL CLERO

sabato - S. Fabiano (mf)Valmontone: S. Sebastiano m.,festa del titolare dell’omonima par-rocchiaVelletri: Cattedrale di S. ClementeI, celebrazione per S. Sebastiano Patronodei Vigili Urbani

domenica - III DOM. T.O.C. III sett.PG: Incontri dell’Acero - VELLETRI,Centro S. Maria dell’AceroFesteggiamenti in onore di S. AntonioAbateVelletri: Rettoria S. Antonio AbateSegni: S. Maria degli AngeliArtena: S. Maria del Gesù

lunedì- S. Vincenzo (mf)Compleanno di S.E. Mons. VincenzoApicellaGavignano: S. Antonio Abate, S. Messae Benedizione animali e auto18° Anniversario dell’inizio delMinistero Episcopale di S. E. Mons.

FE B B R A I O

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Appunta2424 GennaioGennaio20072007

Prot. VSC 25A/2006

DECRETO DI NOMINAPER LA COSTITUZIONE

DEL TRIBUNALEECCLESIASTICO

DIOCESANO

Dopo la morte del Rev.mo Mons.Eteocle Trocchi, il Tribunaleecclesiastico diocesano si è resovacante nella sua totale compo-sizione. Volendo ridare allaDiocesi questo importante enecessario organismo, ben cono-scendo le qualità umane e pro-fessionali delle persone individuatea ricoprire i ruoli previsti, per lafacoltà concessami dal Codice diDiritto Canonico (cf. cann.1419§1-2; 1430; 1432; 1435 e 483)

Costituisco il TribunaleEcclesiastico Diocesano

che risulta così composto:S.E. Rev.ma Mons.Vincenzo Apicella

presidenteDott. Avv. Alessandro Bucci

promotore di giustizia

Dott. Avv. Silvia Filippidifensore del vincolo

Mons. Angelo Mancinicancelliere

Don Fabrizio Marchettinotaio

Velletri, 10.12.2006

Prot. VSC 26A/2006

DECRETO DI NOMINAPER LA COSTITUZIONE

DEL CONSIGLIODIOCESANO

PER GLI AFFARIECONOMICI

Al termine della scadenza naturaledel CAE e con la nomina del nuo-vo vescovo si è reso necessario rico-stituire il Consiglio Diocesano pergli Affari Economici.Essendo venuto a conoscenzedelle qualità professionali delle per-sone proposte a ricoprire il ruolodi consiglieri nelle problematicheeconomiche; per la facoltà concessamidal Codice di Diritto Canonico (cf.cann. 492§1-2; 493), con il presentedecreto che ha immediato vigore

Costituisco il ConsiglioDiocesano per gli AffariEconomici e nomino voi

per il prossimoquinquennio

ORLANDI mons. Ginovic. ep.le per l’economiaDUCCI Prof. Luigi

MARCANTONIO dott.Pietro

PERICA avv. GiuseppeVALENZI dott. Alberto

Membri di dettoConsiglio.

Velletri, 10.12.2006

Vincenzo Apicella

Mons. Angelo ManciniCancelliere Vescovile

Atti ufficiali del Vescovo