Amici del Musical 05|2012

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amici webzine 05|2012 musical del Das Phantom der Oper Silvester Levay The Bodyguard Loserville Titanic Shrek Cats Gerderobe #1 West Side Story Thomas Borchert Daniela Pobega ... e tanto altro!

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amici

w e b z i n e

05|2012

musicaldel

Das Phantom der Oper

Silvester Levay

The Bodyguard

Loserville

Titanic

Shrek

Cats

Gerderobe #1

West Side Story

Thomas Borchert

Daniela Pobega

... e tanto altro!

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ciao,regina

di Simona Patitucci

Cara Alida , la notizia della tua partenza per i “quartieri alti” mi ha raggiunta mentrestavamo per portare in scena lo showcase di Fantasmi a Roma, ed eravamoa poche centinaia di metri dal Sistina.

è stato quindi naturale dedicarti quello spettacolo che, sono certa , ti pia-cerà tanto quando lo vedrai finalmente in scena, dal posto privilegiato cheavrai, lassù, nella Celeste balconata.

Però sentiremo la tua mancanza Alida cara, noi colleghi grandi e piccoli, edil pubblico che di te si è innamorato ammirandoti sulle tavole del palcosce-nico del Sistina di cui sei stata la Regina.

Io ho avuto il privilegio di conoscerti e di frequentarti. Di godere della tuacarica vitale, della tua risata sonora e contagiosa, della tua bellezza, che erae rimane intramontabile, della tua generosità di cuore.

Sei stata per la mia generazione di performer e non solo, l’esempio di arti-sta donna che univa il talento alla bellezza, la vis comica all’intensità inter-pretativa.

Ci hai dimostrato che per far ridere, e quando hai interpretato Consola-zione in Aggiungi Un Posto A Tavola, oppure nei tanti ruoli in Cielo Mio Marito,di risate ce ne hai fatte fare tante, non era obbligatorio essere bruttine osgraziate.

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Ouverture

E la tua era una bellezza che piaceva anche alledonne, cosa rara.

Hai tenuto testa ai grandi primi attori maschidello spettacolo musicale italiano, con una grinta e una vèrve impareggiabile, ne è esempio la tuamemorabile Rosetta di Rugantino, che secondome, senza voler offendere nessuna, né chi ti hapreceduta, né che ti ha seguita, rimane il TUOruolo.

Ecco, mentre scrivo di getto queste parole, mi si riempiono gli occhi di la-crime, ma già ti immagino a farmi quel gesto con la mano col palmo rivoltoall’insù ed il braccio proteso in avanti che era tutto tuo, solo tuo, con queltuo bel sorriso beffardo come a dire “Ma che stai a fà?!”

E allora ti dico solo arrivederci Alida, salutami tutti i tanti amici e colleghiche hai raggiunto lassù in tourneè, e se ti capita ogni tanto buttate un oc-chio quaggiù che mi fa piacere sentire la vostra presenza.

Buon viaggio Regina, e grazie di cuore.

Tua Simona

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Amici del Musical

www.amicidelmusical.it

sito ideato da Franco Travaglio

webzine

ideazione, coordinamento editoriale, progetto grafico e impaginazione

Francesco Moretti

in redazione

Enrico Comar, Laura Confalonieri, Sara Del Sal, Diana Duri,

Roberta Mascazzini, Roberto Mazzone, Valeria Rosso,

Enza Adriana Russo, Franco Travaglio

si ringrazia

Simona Patitucci

n. 05|2012

21 dicembre 2012

Dove non specificato, le immagini sono state reperite sul web.

Per ogni informazione e/o chiarimento scrivete a:

[email protected]

issuu.com/amicidelmusical

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foto: Nilz Böhme

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Vienna è sempre

Vienna

di Franco Travaglio

Quattro musical dalla capitale austriaca: La Bella e La Bestia,

Elisabeth, Das Phantom Der Oper - Das Konzert e Sister Act

Metti un week-end lungo a Vienna.E un poker di musical capace discaldarti anche dal freddo autunnoaustriaco. Quattro capolavori cherappresentano per me vecchie co-noscenze, di cui sono sempre statoappassionato e a cui ho avutoanche il piacere di lavorare congrande divertimento e soddisfa-zione. Tutti in tre giorni e in postistupendi, approfittando della squi-sita generosità dei Teatri Riuniti, edella sempre ricchissima offertateatrale, culturale e artistica di que-sta deliziosa capitale della musica edel musical.

8 dicembre 2012, h 15

Stadt Halle

Die Schone Und Das Biest

Niente di più di un antipasto questaproduzione de La Bella e la Bestia

firmata Budapester Operetten e intour nella modernissima Stadt Halle,sala viennese a metà tra l'arena e il

teatro. Si tratta di uno spettacolomodesto, che sfoggia scene spetta-colari, che scadono spesso nelkitsch senza essere nemmenotroppo funzionali (Gaston per farcapire che sta crollando dalla torredeve urlare "sto cadendo!!!", la tra-sformazione della Bestia è la ver-sione ‘vorrei ma non posso’ dellascena di Broadway, con la Bestia ap-pesa che rotola mentre intorno èun turbinio di gobos, e Maison des

Lunes è ambientata su un pontileche limita troppo i movimenti delterzetto), coreografie sotto tonoche trasformano la sezione coreo-grafica della canzone Gaston in unalezione di aerobica, e ammiccamentidei personaggi che salutano con lamanina i bambini in sala e in alcunicasi travalicano i limiti narrativi(Lefou urla a Gaston in quinta "Ichliebe dich" - Ti amo). Intendiamoci, lo show è decisa-mente più professionale di tante

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produzioni italiane, si avvale diun'ottima orchestra dal vivo e di uncast molto convincente, in cuispicca la deliziosa Belle di Nikolett

Furedi - talento canoro cristallinoe molto a suo agio in tutte lescene, anche se la regia non credetroppo in lei e sposta l'attenzionedalla sua intensa Home facendo gi-rare vorticosamente la scena allesue spalle, in un numero che do-vrebbe rimanere a mio parere piùintimistico che da baraccone. Ot-time anche le qualità vocali e atto-riali di Norman Szentmàartoni

negli arruffati panni della Bestia,anche se insicuro nella nota finaledi If I Can't Love Her complice la tra-

duzione che inspiegabilmente ag-giunge una nota proprio in uno deipunti più impegnativi dello score.Simpatici, in parte e completi tuttigli altri interpreti. Nonostante tutto però, gli sforziproduttivi e interpretativi si per-dono nel palato fino del pubblicoviennese, evidentemente abituatotroppo bene.

8 dicembre 2012, h 19:30

Ronacher Theater

Das Phantom Der Oper

Das Konzert

Le emozioni, quelle vere, arrivanoin serata, con questo meravigliosoevento in onore del venticinquen-

foto: Nilz Böhme

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nale dell'Orchestra dei Teatri Riunitidi Vienna. Tra le tante partiture-ca-polavoro di Andrew Lloyd Webbernessuna come il Jesus e The Phan-

tom of the Opera si prestano ad es-sere gustate anche in versioneconcerto. Lo stesso Re incontra-stato del musical ha recentementeprodotto due versioni Oratoriodelle sue opere, il primo in versioneconcerto rock di cui è da pocouscito il dvd, e il secondo in un'altracelebrazione, che ne festeggiava i 25anni di repliche londinesi consecu-tive, alla Royal Albert Hall, unevento a cui però la definizione diconcerto sta un po' stretto viste lescene, i costumi, gli effetti speciali

sfoggiati. Tale definizione calza apennello invece alla versione vien-nese a cui abbiamo avuto il piaceredi assistere, in cui gli interessantielementi di messa in scena nonmettono in ombra la vera protago-nista della serata: la musica, mirabil-mente interpretata dai festeggiatiorchestrali - un centinaio gli effet-tivi, diretti dalla sapiente bacchettadi Koen Schoots - e interpretatarigorosamente in tedesco dai com-ponenti dell’eccellente compagnia,in trenta tra protagonisti e ensem-ble. Ai vertici del celebre triangoloamoroso Christine-Phantom-Raoulun terzetto di interpreti d'ecce-zione: l'intensa Lisa Antoni, che re-

foto: Moritz Schell

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foto: VBW / Brinkhoff / Mögenburg

foto: Moritz Schell

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gala un Whishing You Were Somehow

Here Again da brividi, Oliver Arno,romantico e convincente Raoul, eChristian Muller, che non ha biso-gno di trucchi e maschera per can-tare la deformità psicologica asentimentale del Fantasma. La messa in scena si concentracome dicevamo sull'aspetto musi-cale, con l'eccezione del contrap-punto simbolico di videoproiezioniche si allontanano dall'apparato ico-nografico originale, sostituendo adesempio la consueta maschera con ilviso di un putto che si distorce inmostro.In abiti 'borghesi' i personaggi, cheutilizzano come unico elemento diattrezzeria il proprio spartito chesolo di tanto in tanto leggono, spe-cie durante i momenti metateatralidi 'opera nell'opera'. Non mancanoalcuni effetti pirotecnici e l’inter-pretazione svavillante del lampada-rio del teatro nel ruolo di séstesso. Lodevole, ma non del tuttoriuscito, il tentativo di creare unasponda coreografica alla serata tra-mite una coppia di pur bravi balle-rini onnipresenti, forse perché si èrivelato l'elemento più spiazzanterispetto alla produzione originale, operché il Phantom non è propria-mente un dance musical, o ancoraperché personalmente non ho maiamato le 'presenze danzanti'. Su tutto l’immortale musica dellanotte (o dell’oscurità nella lezione

dell’ottimo Michael Kunze) chetutto avvolge e permea, e che citrasporta in quella zona sospesa trascena, quinte, illusione, mito, amore,odio, realtà, teatro e vita in cuiregna incontrastato, da quasi tredecenni, il Fantasma dell’Opera.

9 dicembre 2012, h 18:00

Raimund Theater

Elisabeth

Triste destino quello del musicalche viene dopo il Phantom... Senon è più che un capolavoro, dopol’esperienza lloydwebberiana pereccellenza lo spettatore rischia l’ef-fetto nostalgia e il confronto impie-toso. Per fortuna in questo caso iltestimone è passato a un altro ca-polavoro, ‘il’ capolavoro assolutodella coppia d’oro del musical au-stro-tedesco, il paroliere e libretti-sta Michael Kunze (che nasceadattatore) e il compositore Sylve-

ster Levay (che nasce composi-tore di colonne sonore di filmd’azione). Eppure sembra che sianoandati a scuola proprio dal Lord inpersona o almeno da Boublil eSchoenberg, e siano stati i primidella classe. Hanno capito perfetta-mente e fatte proprie le regole delMegamusical: come sposare musicaclassica e pop, come raccontare unastoria tramite leit-motiv e liriched’effetto, e soprattutto come sce-gliere i soggetti vincenti. La vita della principessa Sissi, nono-

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stante la fuorviante e strappala-crime saga di Romy Schneider, èperfetta per diventare un musicalgotico di grande effetto. C’è tutto:mistero, politica, intrighi, senti-mento (ma non sentimentalismo),atmosfere cupe, un narratore bef-fardo. Mancava giusto il triangolo amo-roso, ed ecco la genialata di inserirecome terzo incomodo nella coppiareale Elisabeth - Franz Joseph,niente meno che Sua Maestà, laMorte. L’amore fatale della princi-pessa per la propria autodistru-zione, incarnata da un giovaneandrogino (ma sempre più masco-lino nelle ultime riedizioni) e i loro

ripetuto attrarsi e respingersi finoal liberatorio bacio finale, fornisceai due autori materiale da venderein quel gioco sospeso tra simboli-smo, ossessione e drammaticità cheè stato il pane quotidiano del musi-cal di fine secolo. Citiamo i verticianche di questo triangolo: Anne-

mieke Van Dam si è ormai scrol-lata di dosso lin confronto con leingombranti colleghe che hanno co-struito la carriera su questo perso-naggio, e indossa con grazia, energiae convinzione i bellissimi costumi diElisabeth; la cover Rory Six rinun-cia agli urletti in falsetto per co-struire la Morte più con l’intensitàche con gli effetti speciali, Franzi-

foto: VBW / Brinkhoff / Mögenburg

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skus Hartenstein dà il giustospessore a Franz Joseph, seguen-done con aderenza il percorsoumano e drammaturgico senza mairisultare bolso (è lui l’anello debolea livello di scrittura, come Raoul).Simpatico, talentuoso ma troppobonario il Lucheni di Kurosh Ab-

basi, e di grande livello tutto ilresto del cast, tanto che è un pia-cere trovare nell’ensemble Carin

Filipcic tornata nei panni di FrauWolf dopo aver creato Miss vanHopper in Rebecca. L’allestimento non riproduce fedel-mente quello del tour visto recen-temente a Trieste con in scenaalcuni membri di questo cast, ma

rappresenta una riedizione dell’ori-ginale andato in scena al Theater An

Der Wien, con tanto di girevole a piùlivelli che sprofonda, si apre, si elevain diagonale. Tutte le diavolerie in-somma che danno mano libera alregista Harry Kupfer per sor-prendere continuamente lo spetta-tore senza allontanarsi dall’idea difondo: la vita di Sissi vista come unenorme Luna Park con tanto di au-toscontri, giostre, partite a scacchiad altezza naturale. C’è anche unachicca in questa riedizione: il duettoMorte / Elisabeth Rondo Schwarzer

Prinz presente nelle versioni un-gherese e giapponese ma mai inse-rita in un cast album viennese.

foto: VBW / Brinkhoff / Mögenburg

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foto: VBW / Brinkhoff / Mögenburg

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10 dicembre 2012, h 19:30

Ronacher Theater

Sister Act

Torna dopo la pausa phantasmago-rica la lunga tenitura del Ronacherche si appresta a lasciare la scenaalla versione austriaca di Legally

Blonde. Ultime settimane di replichequindi per Sister Act, uno degli innu-merevoli cast internazionali del for-mat Stage Entertainment, regia diCarline Brouwer, lo stesso spet-tacolo che abbiamo avuto la for-tuna di applaudire anche nel nostroPaese durante la scorsa stagione.Per ragioni di conflitti di interessenon farò confronti, sappiate peròche, almeno contando le risate, ilpubblico milanese non ha nulla dainvidiare, anche rispetto alla ver-sione parigina - deliziosa - che hovisto recentemente. Ma torniamo aVienna: tocca alla star Ana Milva

Gomes (Aida, Lion King, Tarzan) ve-stire gli abiti della suora per caso ecantare la meravigliosa partitura diAlan Menken e recitare il testoriscritto per Broadway da Douglas

Carter Beane, il tutto tradotto intedesco da un team di ben quattroadattatori. Il ritmo di questa edi-zione è indiavolato, a volte anche adiscapito di una risata in più, e ci sitrova immersi sin dall’inizio in que-sta ‘caccia alla donna‘ senza possibi-lità di annoiarsi. Lo spettacolodimostra che i Teatri Riuniti di

Vienna, sicuramente conosciuti ingran parte per titoli più drammatici,hanno nelle loro corde anche pro-duzioni più frizzanti, e il pubblico,pieno di giovanissimi, risponde allagrande. Il punto di forza è sicura-mente il cast: leggendo il simpaticoprogramma di sala che presenta gliartisti con tante foto-segnaletiche,scopriamo che quasi tutti possie-dono un curriculum impressio-nante: citerò per tutti la noviziaBarbara Obermeier, che è statain Les Miserables, Ludwig2,

Jekyll&Hyde, Rebecca, Tanz Der Vam-

pire. Tutti sono perfetti e in parte, epresentano una recitazione moltostilizzata e irresistibile, dal Monsi-gnore fino all’ultimo dei chieri-chetti. A sostituire la star Drew

Sarich ora sul ring di Rocky, è en-trato nel cast un’altro nome delmusical tedesco, sebbene strana-mente non ci sia nemmeno il suocv nel programma: Patrick Stanke

è Joey, lo sgherro piacione checanta coi colleghi l’irresistibile Lady

in the long black dress. Ovviamentenon mancano i travolgenti numeridelle suore, i battibecchi con la su-periora (la brava Dagmar Hel-

lberg), la pelliccia di puffo, tanteemozioni e soprattutto un mare dirisate.

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Sotto le stelle

del Rossetti

di Enrico Comar

Gran Galà per festeggiare i vent’anni dell’Associazione Internazionale

dell’Operetta, con tanta musica e ospiti di prestigio

Platea colma, galleria invece un po’lacunosa; qualche autorità, diversi ar-tisti, e in prima fila, inconfondibile,lui: Sylvester Levay, intento a chiac-chierare con la vicina (che, comescoprirò poi, è sua moglie) e ad am-mirare il soffitto del teatro. Io naturalmente sono in ritardo (dinuovo); faccio appena in tempo a se-dermi quando le luci si abbassano,segnando l’inizio dello spettacolo.Paolo Limiti, anfitrione della se-rata, dimostra sin da subito un entu-siasmo esagerato, avventurandosi inuna lunga e articolata lode a Triestee la sua cultura teatrale e artistica.Apre le danze (è proprio il caso didirlo) la splendida e sontuosa Gold

und Silber di Lehar. Seguono, in ra-pida successione, alcuni classici del-l’operetta, affidati alla verve diAndrea Binetti. Si parte daL‘amore sciocco di Kalman (accompa-gnato dalla deliziosa Ilaria Zanetti)per poi passare a Tace il labbro di

Lehar (con Daniela Mazzucato) eBruna bimba d’Ungheria, ancora diKalman (Maria Giovanna Miche-

lini), nei quali l’energico istrionismodi Binetti si conquista i favori delpubblico.Non meno mattatore è Paolo Limiti,che tra un brano e l’altro guida ilpubblico in un viaggio nella storiadell’operetta, continuando a sfode-rare aneddoti e curiosità di ogni ge-nere, con una disinvoltura che sfioraa volte il surreale (“Lo sapete il dia-

letto viennese, vero?“), avendo comun-que cura di inserire gli interventigarantendo una certa fluidità, senzaappesantire più di tanto l’insieme.Agile e frizzante, l’orchestra regionaleFilarmonia Veneta offre una provaeccellente sotto la direzione di Ro-

molo Gessi, tanto nei brani cantanti,quanto negli intermezzi strumentali,passando agilmente dell’eleganza eleggerezza di Lehar al brio frizzantedello Strauss più mondano.

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un lungo futuro malgrado il mo-mento di crisi, ammettendo senzagiri di parole le difficoltà attuali (lasospensione, forse definitiva, del pre-stigioso Festival dell’operetta in pri-mis) ma dicendosi speranzoso pergli anni a venire. Segue la consegna del Premio Massi-

mini a Simone Leonardi. “Un pre-mio, per il momento, sulla fiducia”sottolinea il giovane interprete di Pri-

scilla. Fiducia che si annuncia ben ri-posta, a giudicare dalla delicata estruggente (“ma tutto il resto di Pri-

scilla è allegrissimo” rassicura Leo-nardi) interpretazione del branoMacArthur Park in cui si esibiscepochi istanti dopo.

Il temuto momento istituzionale dirito giunge a metà spettacolo senzaturbare più di tanto l’insieme. Clau-

dio Grizon e Danilo Soli (rispetti-vamente presidente e presidenteonorario dell’Associazione) per for-tuna conoscono bene i tempi tea-trali e riescono ad essere esaustivisenza annoiare (dote che non tutti,anche nell’ambiente, hanno). Grizon ringrazia il pubblico triestino,ricordando i venti anni dell’associa-zione (i modesti inizi, l‘espansionenegli anni 2000, il Festival internazio-

nale dell’operetta, i Pomeriggi musicali

e le molte iniziative sorte in questivent‘anni); i “primi venti anni” citiene a sottolineare, prospettando

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La seconda parte della serata è in-vece dedicata interamente al musi-cal. Netto cambio di registro nelladirezione musicale di Gessi, con l’or-chestra che, abbandonate le sonoritàoperettistiche, intona energicamenteuna suite sul tema di Night and day

di Cole Porter. Non mancano nuoveparentesi storico/aneddotiche daparte del presentatore, che a trattipuò contare su Gessi, a metà tra ilcomplice e il rassegnato, a fargli effi-cacemente da spalla.Dopo una Smoke gets in your eyes diJerome Kerne dall’arrangiamentobizzarro (e un po troppo Platters-

style), un simpatico siparietto sull’in-capacità degli italiani di battere a

tempo le mani in levare (puntual-mente confermato un minuto dopo)introduce la Gershwin Medley (But

not for me, Embraceble you, ‘s Wonder-

ful) affidata ad una vigorosa e trasci-nante Cheryl Porter (a dire il veroun po‘ stridente con il tono generaledella serata, ma molto apprezzata dalpubblico in sala).Prima di arrivare al Gran Finale (ca-tapultati nuovamente nel mondodell’operetta, con i due splendidi co-rali da Il pippistrello e La vedova alle-

gra, inframmezzati, con pocacoerenza ma grande effetto emo-tivo, dalla My Way della Porter) eccoil momento più atteso dagli amantidel musical.

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Invitato da Limiti, Levay sale sulpalco per ricevere il Premio interna-

zionale dell’Operetta. Superata, nonsenza difficoltà, la surreale intervistadel presentatore (che, incurante deitentativi del musicista di portare laconversazione sul musical, insistesulla sua carriera di compositore peril cinema, continuando peraltro a in-terrompere le risposte per fare latraduzione simultanea al pubblico insala, con il risultato di travisare com-pletamente la trama di Mozart!),Levay si siede finalmente al piano-forte e, per quattro minuti, semplice-mente incanta. A Stefania Seculin spetta invece

l’onore e l’onere di eseguire due ca-valli di battaglia del compositore.Comprensibilmente tesa quando in-tona Ich gehoer nur mir (nell’ormaiconsueta traduzione italiana diFranco Travaglio) di fronte a Levay,ne esce a testa alta, guadagnandosil’applauso di tutta la platea. Tensioneche invece scompare del tutto, pochiminuti dopo, sulle note di Gold von

den Sternen, lasciando spazio all’emo-zione più pura. E quando le manidella sua Baronessa Von Waldstättensi tendono verso la volta stellata delRossetti, tutta la platea, Levay in-cluso, non può fare a meno di guar-dare verso l’alto.

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Silvester Levay

di Enrico Comar

Quattro chiacchiere con l’autore di tanti grandi successi

del musical austriaco, da Elisabeth a Rebecca

qualcosa che sia in grado di stimo-lare positivamente entrambi. Poi ini-ziamo il processo creativo vero eproprio. Sono generalmente neces-sari dai 4 ai 6 anni per scrivere unmusical, durante i quali io e Michaellavoriamo a stretto contatto, con-frontando continuamente il nostrolavoro fino ad esserne completa-mente soddisfatti.Lavorando a stretto contatto, èmolto importante la fiducia cheognuno riversa nell’altro, così comel’onesta reciproca, anche nel caso didubbi o critiche. Lo stretto legameche si è creato tra noi nel corsodegli anni rende a volte un po’ diffi-cile dire apertamente “ehi, questobrano non funziona” o “questotesto non è buono”, ma sappiamoentrambi che è necessario.

Nel 1992, con Elisabeth, lei ha se-

gnato un punto di svolta nel teatro

musicale europeo, soprattutto nei

Incontro Sylvester Levay (anzi,Lévay Szilveszter, come imporrebbela grafia ungherese) durante l’inter-vallo del Gala internazionale del-

l’operetta e del musical, intento asorseggiare un calice di proseccoaccanto alla moglie, nel foyer delTeatro Rossetti di Trieste. Il sorriso affabile e cordiale che sfo-dera sotto i folti baffi grigi e una ca-lorosa stretta di mano non bastanoa cancellare del tutto la mia sogge-zione, nel trovarmi faccia a facciacon uno dei “miti” del teatro musi-cale contemporaneo. I tempi sono molto stretti, quindi,dopo le rapide presentazioni, partosubito con le domande.

Lei lavora abitualmente con il librettista

Michael Kunze. Qual è, a grandi linee,

il vostro abituale metodo di lavoro?

Dedichiamo innanzitutto moltotempo alla ricerca di un soggettovalido; è indispensabile lavorare su

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paesi di lingua tedesca. A vent’anni da

allora, come è cambiato, secondo lei, il

mondo del musical europeo?

C’è stata sicuramente un’evolu-

zione che ha portato diversi cam-

biamenti sia positivi che negativi.

Venti anni fa il musical attraversava

una fase di grandissima popolarità

in tutto il mondo, soprattutto gra-

zie alle novità portate da autori di

“scuola europea” quali Lloyd Web-

ber o Schoenberg.

C’è stato un momento in cui tutti

sembravano voler fare teatro, pro-

durre e finanziare spettacoli. Que-

sto da un lato ha reso le cose

molto più facili, ma dall’altro ha

creato non poche difficoltà. Si è

giunti ad avere troppi teatri, troppi

spettacoli, rendendo più difficile

realizzare e dare spazio a show di

qualità.

Si creano spesso musical mediocri

che restano in scena per un po’ e

poi vengono dimenticati; ma il pub-

blico di oggi pretende qualcosa di

più, vuole assistere a spettacoli in

grado di appassionare, di far pro-

vare loro qualcosa. Uscendo da un

teatro, uno spettatore non ragiona

in termini di “questa cosa era bella,

questa era brutta, ecc”, quello che

ricorda sono le emozioni che lo

spettacolo è riuscito a dare. Noi

autori, oggi più che mai, dobbiamo

davvero lavorare “per il pubblico”

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prima che per noi stessi, capire di

cosa il pubblico ha bisogno e cer-

care di darglielo.

E’ per questo che spesso apporta

modifiche ai suoi lavori nel corso del

tempo?

Per me è molto importante conti-

nuare a lavorare costantemente su

di essi. Spesso gli stessi spettacoli

vengono proposti a platee di cul-

tura, tradizioni e gusto completa-

mente differenti.

Ogni volta che ci si trova di fronte

ad un determinato pubblico, lo

spettacolo deve necessariamente

adattarsi alle esigenze e alle neces-

sità di quel pubblico. Abbiamo alle-

stito Elisabeth in Austria, Ungheria,

Italia, persino in Corea e Giappone

ed ogni versione è stata modificata

rispetto all’originale. Nel caso di

Marie Antoniette lo spettacolo è

stato interamente riscritto apposi-

tamente per il pubblico giapponese.

Ed è sempre un’esperienza splen-

dida, perché ogni volta mi rendo

conto di imparare qualcosa di

nuovo sulla mia stessa opera.

Il segnale acustico annuncia la fine

dell’intervallo, ma Lévay non sembra

avere fretta, malgrado il bicchiere an-

cora pieno e la moglie in attesa ac-

canto a noi, spingendomi anzi a

continuare l’intervista.

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Corea e Giappone negli ultimi anni

sembrano essere un terreno fertile per

molti autori occidentali. L’estremo

oriente potrebbe essere una nuova

frontiera per il musical?

Si. L’estremo oriente sta rapida-mente crescendo in tal senso. Neglianni ‘90 abbiamo portato Elisabeth

in Giappone con grande successoed adesso la stessa cosa sta acca-dendo con la nuova produzione co-reana in corea.Nella loro cultura c’è una naturalecomprensione, un feeling con ildramma e la musica che li rende unpubblico particolarmente avido diemozioni. Inoltre sono molto inte-ressati e affascinati dalla cultura eu-ropea.

Un’ultima domanda, forse un po’ inde-

licata. Qualche commento sulla que-

stione “Rebecca a Broadway”?

Non è affatto una domanda indeli-cata. Anzi è una domanda valida. E‘stata una triste faccenda. Abbiamolavorato per 6 anni per produrrequello spettacolo, prima a Londrapoi a New York, ed ogni volta che siiniziava a fare qualcosa di concreto,qualche incidente se non qualchecomportamento criminale, bloccavail lavoro, costringendoci a ripartireda zero.

(suona l’ultimo avviso, mentre il pub-

blico sta già rientrando in sala, Lévay

beve in sol sorso il bicchiere di vino e

non accenna a smettere di parlare)

Ora Rebecca è un titolo famoso aBroadway. Il New York Times, il New

York Post hanno parlato di noi,hanno scritto articoli su questo no-stro calvario. Quello che prima erasolo “un altro musical europeo”adesso è qualcosa di importante.Ironicamente il non andare in scenalo ha reso più celebre. Questa è la vita, no?

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foto: Moritz Schell

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Un Phantom “minimal”

ma di grande effetto

di Enrico Comar

A vienna la versione in concerto dei VBW,

diversissima da quella del 25ennale londinese

Dopo aver visto il Ronacher gotica-mente addobbato durante Tanz der

Vampire, mi aspettavo un annunciopiù plateale per il venticinquesimoanniversario viennese di Phantom

der Oper.Invece all’ingresso campeggia l’inse-gna di Sister Act (in scena al Rona-

cher fino al 2013) e, in tutto ilteatro, solo qualche locandine an-nuncia “l’evento” (ben pubblicizzatoinvece lungo le strade della città)

Dimentichiamo quindi fin da subitola pompa magna dell’anniversariolondinese di due anni fa o di altreoperazioni simili (del resto, Viennanon vede un Phantom in scena daun bel po’, quindi questo comple-anno ha un sapore più nostalgicoche celebrativo).La versione presentata è pura-mente concertistica: Niente sceno-grafia, niente oggetti scenici (trannequelli esibiti, non si sa bene per

quale ragione, nel prologo), poche,semplici proiezioni (più simbolicheche scenografiche) ad accompa-gnare l’azione; uomini in frac, donnein abito da sera ed ensemble incompleto scuro, niente make-upper il Fantasma, e soprattutto,niente maschera (che ricomparesolo nel finale, con un ingresso a ef-fetto che compensa in parte la suaassenza nel corso dello spettacolo). Ma non ci si aspetti nemmeno ilclassico concerto con i cantanti alli-neati di fronte ai microfoni. Seppurein “forma non scenica”, questoPhantom possiede infatti una teatra-lità del tutto particolare. L’azione appare sin da subito in-tensa, dinamica (coreografia, effica-cissima, di Pascale-Sabine

Chevroton), con gli attori che simuovono liberamente sulla scena(l’ensemble anche in platea), intera-giscono con l’orchestra (anch’essasul palco, proprio al centro dello

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spazio scenico) e con il teatrostesso (il “box n°5”, il sipario e, na-turalmente, il grande lampadario delRonacher). Il regista (ammesso di “regia” vera epropria si possa parlare) sceglie unaforma ibrida che a tratti lascia unpo’ perplessi (i personaggi che gi-rano per il palco con lo spartito -chiuso - sempre in mano, a voltesapientemente utilizzato come og-

getto scenico, altre volte semplice-mente di impaccio per gli attori, co-stringendo ad esempio il poveroOliver Arno - Raoul - a fare acro-bazie quando cerca di abbracciareLisa Antoni - Christine - alla finedel primo atto), ma che riservaanche grandi emozioni, con solu-zioni sceniche spesso di grande ef-fetto (a partire dalla coppia diballerini che accompagna i protago-

foto: Moritz Schell

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nisti in scena, spesso fungendoquasi da “doppio” degli stessi,dando vita ad una dimensione oni-rica e magica che offre nuovi interes-santi spunti interpretativi),adeguatamente sostenute dall’ottimolavoro di luci di Andrew Voller.Koen Schoots, alla guida dell’orche-stra dei Vereinigten Bühnen viennesi,cesella ogni suono cercando di pene-trare le sfaccettature dell’arrangia-

mento di David Cullen. La cosa avolte funziona egregiamente, con so-norità insinuanti e barocche, in altrimomenti sembra perdere invece divista l’equilibrio di insieme (affetto dauna sorta di horror vacui sonoro, siostina inoltre a non comprenderel’importanza, drammatica prima an-cora che musicale, dei silenzi).Bravi Ramin Dustdar e Rein-

hard Brussman nei ruoli di André

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e Firmin (il secondo più del primo),così come il simpatico (e vocal-mente impeccabile) Emilio Rug-

gerio nei panni di Piangi. Splendida la Carlotta del sopranocanadese Siphiwe Mckenzie.Oltre a sfoderare una voce operi-stica di magnifico smalto e grandetecnica, dimostra una grande vervescenica senza indulgere a eccessi oeffetti “ruffiani” (avendo l’accor-tezza di non sminuire il personaggio

rendendolo una pura caricatura).Oliver Arno (già splendido Rudolfnella recente trasferta italiana di Eli-

sabeth) sfoggia una voce solida e ot-time doti sceniche, senza tuttaviariuscire a dare a Raoul il carismasufficiente a reggere il paragone ilrivale. Lisa Antoni è probabilmentela vera trionfatrice della serata, di-mostrandosi non solo l’elementomigliore del cast, ma una Christinein grado di competere con le più

foto: Moritz Schell

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note interpreti internazionali delpersonaggio. Appena qualche gradino al di sottodi lei sta l’ormai veterano (mal-grado la giovane età) Christian

Müller, nel ruolo principale. Vocericca, timbro fascinoso, fraseggio in-telligente ed espressivo, anche se hala tendenza ad apparire scenica-mente fin troppo “discreto” ri-spetto alle potenzialità delpersonaggio, del quale riesce ad ac-

centuare molto bene la solitudine ela fragilità, dandone un ritratto indefinitiva piuttosto coinvolgente ecommovente. Teatro colmo, giusta-mente caloroso con tutta la compa-gnia. Piccola folla all’uscita artisti,nonostante il freddo e il vento, conil cast più che disponibile a parlarecon i fan (pardon, phan). E attorno anoi la gelida, calorosa, frizzanteVienna natalizia, magica quasiquanto il suo Fantasma.

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The Bodyguard

di Sara Del Sal

Un po’ musical, un po’ concerto, per far rivivere in scena

una grande e indimenticata storia d’amore

Chiariamolo subito: è uno spettaco-lone. Conoscendo l’Adelphi Theatre,è facile immaginare a un allestimentoimponente. Ed è esattamente quelloche ci si trova di fronte per il nuovomusical The Bodyguard. Nonostante iltitolo ingombrante, che riporta pernulla velatamente alla pellicola del1992 con Whitney Houston e KevinCostner, lo spettacolo si rivela unagrande sorpresa. Luci e scene sonocuratissime e funzionali alla storiacon tanto di chalet di montagna chericorda tanto quello del Tanz Der

Vampire. Basta un primo sguardo percapire che ci sono tutte le caratteri-stiche dello spettacolo in grandestile, ma c’è molto altro. Le scenecontinuano a cambiare, e nonostantesia impossibile riprodurre il lavorofatto per girare una pellicola su unpalcoscenico, ci sono andati moltovicini. Basandosi sulla storia di Ra-chel Marron, una cantante-attrice innomination per l’Oscar, non si po-

teva non tenere conto dell’effetto-concerto. Volumi quindi utilizzati adhoc per dare l’impressione di essereparte delle sue esibizioni, da pub-blico, tra il pubblico. Qualcuno ha giàcatalogato questa produzione comejukebox musical. Ma in realtà non èproprio così, o almeno non solo. Trale innumerevoli hits della Houstoninfatti fanno capolino anche degliinediti, che fanno da collante allastoria, ed il fatto che le esibizioni diRachel siano parte della storia in re-altà, con una regia meno accuratasarebbe potuto risultare penaliz-zante, invece dando sempre una di-versa contestualizzazione agli eventi,il gioco diventa divertente ed entu-siasmante. Il fatto che in West Endsia stata chiamata Heather Hea-

dley per il ruolo della Marron è giàuna notizia di per sé, ma quando lasua voce riempie il teatro è lam-pante che la scelta è stata fatta percolpire ed andare a segno. Non si

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può guardare lo spettacolo senzarestare colpiti. Quando parla ha unavoce molto profonda e quandocanta invece ha mille colori. Atten-zione, però, perché non è l’unica chesa far venire la pelle d’oca. Debbie

Kurup, che interpreta Nicki Mar-ron, la sorella meno fortunata e piùcattiva, è una grande performer, chestrappa applausi a scena aperta.Lloyd Owen, nel ruolo che fu diKevin Costner, è un agente Farmermolto elegante, serio, dedito al suolavoro. Un grande attore. Di prosa.Quando era stato presentato il mu-sical lui stesso aveva sorriso all’ideadi cantare, e il modo in cui approc-cia una canzone, in una serata al ka-

raoke con Rachel, è davvero sor-prendente. Riesce a recitare, into-nando leggermente, in modosornione, un colosso come I will al-

ways love you, che farebbe pauraanche ai cantanti più navigati. Il fattoè che lui ci riesce con naturalezza esimpatia, senza volere dimostrarenulla. E funziona. Alcuni critici lohanno definito statico, ma lo era lostesso Costner, fa parte del ruolouna certa postura, e in definitiva,guardandolo, si fa ben amare dalpubblico, fin dal suo ingresso. Mark

Letheren fa i conti, vincendo, conun personaggio odiatissimo, anche ascena aperta, da tutti. Lui è quelloche vuole uccidere la star della

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quale è innamorato, ed è incredibilecome anche gli adulti, inglesi, tentinodi proteggere la loro beniamina dallaplatea. Un po’ come fanno i bambiniquando, vedendo uno spettacolo av-vertono il pericolo e cercano di av-visare il protagonista. All’ Adelphiaccade lo stesso. Persino negli ap-plausi finali, quando esce viene ac-colto da un coro di disapprovazione,che poi però si tramuta in un frago-roso applauso, perché Letheren èpiù che credibile e dotato non solonella recitazione, ma anche nelcanto. Anche in questo caso c’è unbambino, il figlio della Marron inscena, e, ovviamente è perfetto nelruolo, completo. Insomma gli ingre-dienti ci sono tutti per passare unabella serata. Un po’ di suspence, unpo’ di amore, un pizzico di follia etanta buona musica. Chi volesse leg-gere lo spettacolo come un tributoalla Houston non troverà difficoltà afarlo, e si renderà conto di quanto,per certe canzoni, serva l’impasto ditre voci per raggiungere sonorità si-mili alla sua, indimenticata e indi-menticabile. Se ci fosse qualcuno chenon ama le trasposizioni da film amusical, sappia che loshow è moltoben bilanciato, non ci sono salti im-barazzanti tra parlato e canzoni. Se ci fosse qualcuno indeciso sullascelta di questo spettacolo in uneventuale viaggio a Londra…beh…andatelo a vedere, e capirete da soliperché meriti il prezzo del biglietto.

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Loserville

di Sara Del Sal

Da Londra un musical fresco e giovane

tra nerd e computer anni Settanta

Girovagando per Londra, a pochipassi dalla stazione della metropoli-tana di Leicester Square, ci sononumerosi teatri, uno di questi è ilGarrick, ed è proprio lì che si puòpassare una serata spensierata, conuno spettacolo nuovissimo, ed inchiusura il prossimo 5 gennaio. Lo-

serville the musical non lascia spazioalle indecisioni, o piace o non piace.Ma se piace…piace tantissimo. è ilclassico spettacolo per il quale ilpubblico italiano si potrebbe entu-siasmare, perché si basa su canzonifresche, molto corali, è coloratis-simo, è ironico, è pieno di simpatiae di buoni sentimenti e c’è ovvia-mente una storia d’amore. O più diuna. Si parte da un genio dei com-puter, che ha una missione: riuscirea mandare un messaggio da un ter-minale all’altro. Ovviamente siamonegli anni ’70, in cui i computererano ancora dei macchinarienormi, utilizzati da pochi e capiti

principalmente dai nerd dellescuole. Ed è proprio uno di loro,Michael, che tenta di mettere inatto la sua idea. Con i suoi compa-gni di scuola si ritrova nella stanzadel computer e lavora incessante-mente, cercando una soluzione. Glialtri sono un virtuoso ma incom-preso scrittore di fantascienza,Lucas, e due appassionati di Science

Fiction. Insomma, gli sfigati dellascuola, amici per la pelle e pieni disogni e passioni. Nella scuola arrivaHolly, una ragazza che si presentacon gli occhiali e un bel bagaglioculturale e che si intende di compu-ter. Michael, che vede immediata-mente in lei una potenziale partnernel suo progetto, deve però affron-tare la sua incapacità di parlare conle donne e viene aiutato da Lucas,che con le parole è molto piùsciolto. I due ragazzi finiscono perinnamorarsi di Holly e si giocanol’opportunità di invitarla fuori. Vince

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Michael, che la porta al Planetarium,dove, dopo momenti di puro imba-razzo ma nell’atmosfera da sognodelle stelle, riesce a trovare il co-raggio di baciarla. Il bello dellascuola, Eddie, figlio di un ricco im-prenditore, si ritrova minacciato difinire nell’esercito dal padre chenon vede in lui nessuna delle capa-cità manageriali che invece contrad-

distinguono i suoi fratelli. Per nonperdere il suo futuro da sogno, conla ragazza che sta al suo fianco, eche è la più carina della scuola,mette in atto un piano perfido. Ri-catta Holly con delle fotografie delsuo passato, un passato per nulla danerd, nella scuola che aveva prece-dentemente frequentato, e la co-stringe a lavorare per lui, rubando i

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vincitrice femminile è una delle ami-che della ragazza di Eddie, che col-tiva di nascosto la sua passione, pernon essere presa in giro dalle ami-che, concentrate invece su cose piùfutili, e trova il coraggio, grazie allavittoria di prendere le distanze. Alparty per celebrare le vittorie al Fe-stival tutti si divertono. Ma nonHolly, che si trova costretta ad ac-

dati di Michael con la complicità diLucas, che sentendosi abbandonatodagli amici, e soprattutto da Mi-chael, che passa tutto il tempo conHolly, la ragazza che lui stesso ama,si vende al nemico per vedere pub-blicato il suo libro. Intanto c’èanche il festival della fantascienza ei loro due amici vincono con unprogetto davvero divertente, ma la

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cettare la proposta di Eddie e cheviene sorpresa, mentre Eddie labacia, proprio da Michael. MentreHolly tenta in ogni modo di trovarela chiave per risolvere l’enigma in-formatico, Michael è arrabbiato esconfortato, e non vuole nemmenoparlare con Lucas, avendone sco-perto il tradimento. Un attimo eHolly trova la risposta ma non saproprio come metterla in funzione.Fa in modo che Lucas ne parli conMichael e organizza una conferenzastampa nella quale Eddie dirà almondo e al padre di essere riuscitoa fare un grande passo nel mondodell’informatica. Il giorno della con-ferenza stampa tutto è pronto e

Michael, seguendo le istruzioni diHolly manda quindi un messaggiodal suo computer a quello che stautilizzando Holly. La prima email. Un trionfo, ma non per Eddie, che sivede spedire nell’esercito, essendostato smascherato di fronte a tutti.Michael e Holly festeggiano e si ri-trovano. Mentre Lucas incontra percaso la ex di Eddie, che ha trovato ilsuo libro nella spazzatura e gli diceche lo ha adorato. Finale scontato,forse, per una storia non certo im-pegnativa ma che funziona. I dialo-ghi sono freschi e Lucas, Richard

Lowe, è straordinario, perché ognivolta che parla va a citare capola-vori come Guerre Stellari o simili, ed

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è un godimento stare a cercaretutti i riferimenti che fa. Un castgiovane e fresco con Eliza Hope

Bennet nel ruolo di Holly eAaron Sidwell in quello di Mi-chael, e con il fisicatissimo Stewart

Clarke in quello di Eddie, ma nelquale è proprio Lowe a brillare piùdi tutti, perché suo è il personaggiopiù impegnativo, che trova il cul-mine nella canzone Holly I’m the

one, nel quale lo struggimento e leemozioni arrivano dritte al pub-blico. Una produzione non multimi-lionaria che ha saputo far fruttarel’ingegno. Una gabbia di ferro fa dacontorno al palco, ma si muove, edha in sé centinaia di stelle, che

sanno accendersi al momento giu-sto, togliendo il fiato. Per il resto…largo alla fantasia, con dei cartonciniche si fanno matita, banco, zaino, equalsiasi altro oggetto, arrivando aititoli di coda o ai nomi dei protago-nisti. Come dire… c’è addirittura,nel massimo risparmio, qualcosa inpiù rispetto agli altri musical. Nono-stante lo spettacolo sia davvero benfatto e ben cantato, non ha otte-nuto gli apprezzamenti sperati, e il 5gennaio lascerà il teatro del WestEnd… ma speriamo per trovarespazio in altri teatri del mondo…perché quando si esce dalla salarimane tanta voglia di rivederlo.

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Dimmi chi erano

i Beatles

di Sara Del Sal

A Londra furoreggia Let it Be, musical-tributo alla band

più famosa di tutti i tempi

Mettiamola così… i Beatles sonoun simbolo dell’Inghilterra, come laRegina, e il Big Ben e quindi sembraforse anche tardi per uno show de-dicato a loro. Un debutto al Princeof Wales Theatre, in LeicesterSquare, dove peraltro gli stessi Fab

Four si esibirono in un concerto nel1963 ed è proprio da lì che parte ilracconto. Let it Be è un concertoteatrale che ripercorre, attraversole canzoni, le tappe di una carrierastrabiliante che ha portato i Beatlesa diventare forse la band più famosadel mondo. L’impianto scenico èscarno, con la band in primissimopiano, come si conviene per unconcerto, ma sul fondale e ai lati cisono delle video proiezioni checontestualizzano i diversi stadiidella loro conquista del mondo mu-sicale. Ci sono mille colori, graziealle luci e ai costumi, che movimen-tano la scena, e poi ci sono loro. Sidevono essere parecchio divertiti i

produttori e il regista a fare il ca-sting, perché sono riusciti a scovaredegli artisti che davvero assomi-gliano agli originali, e, a sorpresa, traloro c’è, a dare corpo a PaulMcCartney, un ragazzo che ha par-tecipato a X Factor. Non sarebbeuna gran novità per il West End,non fosse altro che il giovane, cheassomiglia davvero tanto a uno deisuoi miti, ha partecipato all’edizioneitaliana, ed è infatti un italiano che sichiama Emanuele Angeletti. Conlui sul palco, per un doppio cast, cisono John Brosnan, Gordon El-

smore, Michael Gagliano, Reu-

ven Gershon, Stephen Hill,Phil

Martin e il bravissimo (ed è il se-condo McCartney, il che è quasi danon credere) James Fox, che inItalia avevamo applaudito per la suastraordinaria interpretazione del-l’Americano in Chess, al Rossetti. Ilgioco delle somiglianze ha fatto ot-tenere il ruolo a Angeletti ma non

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c’è da stupirsi se i fortunati chetrovano sul palco Fox escono dav-vero senza fiato da teatro. Il pub-blico in sala si diverte e canta, dallaprima all’ultima, le canzoni che co-nosce da sempre. Ma è un pubblicoadulto, che se le ricorda ancora. Iteenager non sono così numerosi,forse anche perché i loro miti dioggi sono altri. è uno show che scorre veloce tratitoli insormontabili ed indimentica-bili come I Wanna Hold Your Hand,

Hard Day’s Night, Day Tripper, Sgt.

Pepper’s Lonely Hearts Club Band,

Strawberry Fields, When I’m 64, Hello

Goodbye, Get Back o, ovviamente lacanzone che da il titolo all’evento.Tutto funziona alla perfezione, eguardando bene nel team della pro-duzione, c’è BB Production, che hagià portato in Europa Thriller Live e

che non mancherà di certo di pen-sare di portare in tour anche que-sto titolo. Se cercate due orette emezza di musica suonata bene ecantata come cantavano i veri Bea-tles…questo è lo spettacolo che faper voi. Ma se anche voi, guardan-doli e assistendo alle proiezioni del-l’epoca con le ragazzine urlanti epiangenti che si strappavano i ca-pelli, pensate che voi non lo avrestefatto, non per loro per lo meno…rifletteteci su, perché in mezzo aquelle famosissime ci sono anchecanzoni che un pubblico meno pre-parato nel loro repertorio po-trebbe non conoscere e, se ilgenere non vi appassiona, potrestetrovarle un po’ noiose. Insomma, èuno show che va visto ma cheviene apprezzato di più da chi iBeatles li ama per davvero.

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Le foto del servizio sono di Gabriela Knoch

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Roba

da primedonne

di Laura Confalonieri

Dalla Baviera Garderobe Nr. 1, uno show per sole donne...

anzi, per primedonne

Quando un ballerino/coreografocura la regia minimalista di una rivi-sta musicale, è quasi scontato che ilballetto la farà da padrone. E se leprotagoniste sono solo due, toc-cherà ovviamente alla più giovane di-mostrare le sue capacità tersicoree.Ivan Alboresi, modenese diplo-mato in balletto classico, modernoe jazz all’Accademia del TeatroNuovo di Torino, regista del "Teatro

in cerca" (che, nato da un esperi-mento dell’Istituto Romanico del-l’Università di Würzburg, è oraun’istituzione che porta in giro perla Germania e per il mondo classiciitaliani di Pirandello, Fo, Buzzati,Scascia, De Filippo e Scarpetta,oltre che di nuovi autori qualiQuattrocchi e Cattivelli), ha messoinsieme per i Kammerspiele, scanti-nato del "Mainfranken Theater" diWürzburg (del cui balletto è mem-bro stabile) un collage di brani dimusical noti e meno noti, e ha

preso in prestito dall’Opera (alpianterreno) il soprano Anja Gut-

gesell, il mezzosoprano Barbara

Schöller e il pianista Jeremy

Atkin per dimostrare in modomacchiettistico e stereotipato cheanche il mondo del musical, comequello dell’opera, vive di prime-donne che rifiutano di abdicare enuove leve che non riescono asfondare. Titolo della rivista: Garderobe Nr. 1.Perchè una primadonna del musicaldebba avere un nome italiano –Paola (che tutti, lei compresa, pro-nunciano 'Paóla') Fraschetti – non sicapisce. Né si capisce perchè debbavenire da Milano. Visto che la diva –francona (all’anagrafe Pauline Huber,nata a Würzburg) – si è scelta unnome d’arte, poteva sceglierselo in-glese o americano e dire che venivada Londra o da New York.Comunque: Frau Huber alias Fra-schetti è l’amante del sovrinten-

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dente Guido (pron.: 'Ghido')Schulze (Klaus Müller-Beck), chenon solo per lei non vuole lasciarela moglie, ma la vuole anche scari-care come primadonna.Dopo l’Overture delle Donne (bellal’idea di proiettare i volti delle dueprotagoniste in tante espressioni di-verse mentre cantano e bello ilvideo che ne ha fatto Nikolai

Kröhnert), si vede l’ennesimo liti-gio fra Paóla e Ghido, con lei che sene va e lui che regge imbarazzatouna lettera.Quello stesso giorno, nel camerinoancora deserto della diva, entra Syl-vie Dorn, convocata per un’audi-zione per il prossimo allestimento

di My Fair Lady. Un camerino tuttoper lei? La ragazza in completo gri-gio venuta dalla provincia westfa-liana già per questo si sentearrivata: canta, novella Charity,Könnt’ mich jetzt eine sehn (If my

friends could see me now).Arriva la diva, vestita da NormaDesmond. Dopo uno scambio dibattute appena appena modificatoper non stonare con le circostanze,si lancia in Nur ein Blick (With one

look)". Sulla nota finale si capisceche è un mezzosoprano.Quando si rende conto che dovràsopportare la presenza di un’estra-nea, batte stizzita un pugno sul ta-volo, facendo uscire un ripiano dal

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("My strongest suit") e fa una piccolasfilata per dimostrare che, come di-ceva già Amneris ai tempi di EltonJohn, l’abito fa la diva.Nonostante a Kristopher Kempf

uno dei costumi sia venuto un po’largo, Sylvie capisce l’antifona e le fada coro.La diva comincia a prenderla in sim-patia e le chiede quante audizioniabbia già fatto. "Quattro", rispondela ragazza, e, senza volerlo, la gelacontinuando: "…questa settimana".Alla smorfia di dolore di Paóla ri-sponde con Ich komme voran (Clim-

bing uphill).La diva ricorda che anche per leiagli inizi è stata dura (Gar nichts /

muro. La ragazza dovrà sistemarsi lì,nell’angolo, e cercare di fare menorumore possibile.Esilarante la scena del "riscalda-mento" di Sylvie, fatto di esercizi direspirazione più da partoriente cheda cantante e di vocalizzi a fil divoce sulla parola 'Broadway'.Ottimista com’è, sogna addiritturauna carriera a Hollywood, come ladattilografa Flaemmchen in GrandHotel (Mädchen im Spiegel / I want

to go to Hollywood).La diva la disillude bruscamente: perfar carriera bisogna sapersi presen-tare bene; i completini grigi e le fac-cine acqua e sapone hanno perso inpartenza. Le canta Mein Sinn für Stil"

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Nothing dal musical 'da dietro lequinte' per eccellenza, A Chorus

Line), e quasi si tradisce sulle suevere origini.L’attenzione si sposta per un mo-mento sugli uomini che non sannonulla sulle donne (Was du nicht

weißt über Frauen / What you don't

know about women). Sylvie vienechiamata in scena per l’audizione.Rimasta sola, la diva commuove conGroßmutters Liebesbriefe (My gran-

dmother's love letters).La voce del buttafuori (Christian

Taubenheim) che dall’altoparlantecerca Sylvie la richiama al presente.Sospira:"La ragazzina si è persa!", edesce a cercarla.Sylvie rientra in camerino sull’orlodi una crisi di nervi: non ce l’hafatta a salire sul palco, è stanca difare audizioni dalle quali finiscesempre scartata. Vuole sposarsi e ri-tirarsi in campagna (Im Grünen ir-

gendwo / Somewhere that’s green).La diva, che nel frattempo è rien-trata anche lei in camerino e hasentito tutto, la incoraggia a nondarsi per vinta: Mach die Augen zu

(Baby, dream your dreams)".Sylvie le chiede se lei non senta maiil bisogno di una casa, di una fami-glia. La diva risponde: Ich treibe einen

glatt zum Wahnsinn (versione legger-mente riveduta di You could drive a

person crazy) e si dichiara sposatacon la musica.Sylvie accetta l’ultimo, gentilissimo

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ma perentorio, avviso via altopar-lante di presentarsi subito in scenase vuole ancora fare l’audizione, edesce di corsa.Paóla ne approfitta per rifletteresulla sua storia d’amore che stanaufragando (Die unübliche Art, dich

zu lieben / Unusual Way).Sylvie rientra abbattuta: anche sta-volta è stata scartata. E pensare che,in duetto con sua sorella, era la stardi tutta la provincia! Ma adesso suasorella è morta (quando Paóla cercadi abbracciarla per consolarla, nean-che le dà retta, tanto è infervoratadalla storia dei suoi trionfi che oravuole assolutamente raccontare), eda sola certi numeri non si possono

fare. Leider geht’s nicht allein (I can’t

do it alone) è un trionfo di danza ecomicità per Anja Gutgesell.La diva risponde inanellando il me-glio di tredici musicals in meno didieci minuti, passando con agilità daThe sound of music a Il bacio della

donna ragno, da I feel pretty a Big

spender, dall’urlo Naaaaan ts'ngonya-

aaaa ma bakithi Baba! a Mamma

Mia! (puntandosi alla tempia un tra-panino rosa), da Evita a Cabaret, perchiudere in bellezza con una ripresadi Nur ein Blick.Sylvie ormai è gasatissima e accettala sfida: Alles, was du kannst (Anything

you can do, I can do better), che sfo-cia nell’aria di coloratura Glitter and

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be gay. Anja Gutgesell gioca con unlunghissimo filo di perle e fa sentiredi essere abituata a cantare Mozart,Strauss e Verdi.Nel frattempo Paóla Fraschetti hatrovato la lettera indirizzata a Pau-line Huber ("Mi sono sempre mera-vigliata che parlasse tedesco senzail minimo accento", dice Sylvie) cheil sovrintendente ha preferito la-sciarle sul tavolo e, dopo aver infor-cato gli occhiali da vista("Dottoressa!", ridacchia Sylvie, e ri-ceve come risposta:"Arriverai allamia età!"), ha appreso che la parteche si credeva già in tasca di ElizaDoolittle verrà assegnata a MaiteKelly (in Italia la cosa non fa ridere,ma in Germania, dove tutti cono-

scono la Kelly Family - e Maite Kellyin particolare, soprattutto nel ruolodi Tracy Turnblad in Hairspray - latrovata è geniale e il pubblico ridedi gusto) e che a lei verrà riservatoil ruolo della madre del professorHiggins. è troppo. Fa le valigie econvince Sylvie a seguirla versonuove avventure: Es muss etwas

geben (There's Gotta Be Something

Better Than This). Per buona misuraci mette anche Heutzutag (Nowa-

days).La ragazza si lascia di buon gradoconvincere. Il finale le vede cantareinsieme su un palcoscenico ameri-cano Allein wär’ ich gar nichts (I'm no-

thing without you).Si replica fino a febbraio.

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Le foto del servizio sono del Theater der Altstadt

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Una piantina

con molto appetito

di Laura Confalonieri

Da Stoccarda La Piccola Bottega degli Orrori,

il grande classico di Alan Menken

Il Theater der Altstadt di Stoccardaè sempre stato un teatro "insolito":alla sua fondazione, nel 1958, unasemplice baracca di legno con 99posti; nel 1970, un anno dopo l’in-cendio che l’ha distrutto in 15 mi-nuti nel 1969, sala da 155 posti neltunnel della metropolitana di Char-lottenplatz; dal 1998 sala da 148posti nella vecchia sede del cinema"Feuerseekino", dietro al Feuersee,il laghetto artificiale che nel diciot-tesimo secolo costituiva la riservad’acqua della città. Oggi i posti a se-dere sono diventati 190.è un teatro d’avanguardia, dove si rap-presentano, fra gli altri, lavori di AndréGide, Jean Cocteau, Wolfgang Bauer,Samuel Beckett e Pavel Kohout.Dal luglio 1999 ha un busto digesso di Arthur Schopenhauer (co-lorato da sembrare un clown e conuna maglietta a righe bianche e az-zurre, da marinaio) sulla sua tettoia.Nel piccolo foyer ci sono casse di

libri usati. Chi ne vuole prendereuno da portar via, può lasciareun’offerta o lasciare un altro libroin cambio.è un teatro a conduzione famigliare:fondato nel 1958 da Klaus Heyden-reich e sua moglie Elisabeth Justin,alla loro morte, nel 1995, è passatoalla figlia Susanne, che da allora ne èsovrintendente e regista.Anche se la direzione dal 2007 hascoperto il musical, non ha rinun-ciato al suo stile "alternativo": ilprimo musical rappresentato èstato Linie 1, ovvero storie di variaumanità nella linea metropolitanaberlinese 1, che attraversa(va) illato ovest della città.Visto che si tratta di un piccolo tea-tro che può contare solo su attoridi prosa, la scelta deve essere ri-stretta a pezzi che possono essereeseguiti anche da interpreti non vo-calmente prestanti, solo intonati,che canticchiano e/o abbozzano.

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Per lo stesso motivo le coreografienon devono essere troppo compli-cate, e per motivi di budget le sce-nografie non devono essere tropposfarzose (e i costumi nemmeno).Quest’anno la scelta è caduta su La

piccola bottega degli orrori, ilmusical che dalla sua "prima" tede-sca (5 maggio 1986) è quello piùrappresentato pur senza avere fissadimora. Per restare in tema, le rap-presentazioni sono cominciate nelperiodo di Halloween.La regia di Susanne Heyden-

reich, le scenografie di Siegfried

Albrecht e le luci di Jens Re-

chner e Utz Rohrmann ricreanolo squallore dei bassifondi con

molto verismo: il quartiere SkidRow è buio, inquietante; gli ubria-coni che lo popolano girano fra ilpubblico scolando le loro bottigliedi birra e ruttando. Arrivati sotto ilpalcoscenico, vomitano nei bidonidella spazzatura.Ronette (Jenny Winkler, nera),Chiffon (Sorina Kiefer, rossa) eCrystal (Lucia Schlör, bionda), letre narratrici/commentatrici dellastoria, sono punk sboccate rumi-nanti chewing gum.Si muovono bene sulle coreografiesemplici di Myriam Pleva e bal-lano bene anche il tip tap.Portano i costumi di Marina

Zydek, che potrebbero essere

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Seymour, disperato più al pensierodi non vedere mai più la collega Au-drey, di cui è segretamente innamo-rato (e dalla quale è - altrettantosegretamente - riamato) che daquello di perdere il lavoro, porta alnegozio una piantina di sua pro-prietà dall’aspetto strano, compratadurante un’eclissi di sole da un mi-sterioso cinese (Lou Bertalan,trasformista nato), sperando di atti-rare qualche avventore.In onore della sua amata in segreto,battezza la piantina Audrey II.La sua relazione con lei, tuttavia, sirivela subito tanto travagliataquanto quella con la Audrey incarne ed ossa: la pianta snobba

usciti dagli armadi di qualsiasi tee-nager ribelle.Raccontano la storia di un nego-zietto (Little Shop of Horrors), chetutti dovrebbero evitare, in un quar-tiere dal quale tutti vorrebbero tra-slocare (Downtown).Il negozio appartiene a Mr Mushnik(Reinhold Weiser), un brontoloneche ha uno strano accento, un com-messo imbranato, Seymour Krel-born (un vero stuntman allaRidolini: Sascha Diener), e unacommessa bionda, Audrey (sensi-bile: Julia Coolens).Visto che tutti stanno alla larga siadal quartiere che dal negozio, MrMushnik vuole chiudere.

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acqua, concime e tutto quello chepotrebbe farla crescere, e avvizziscea vista d’occhio.Seymour, dopo averle provate tutteed essersi punto un dito, le grida,fuori di sé:"Cosa vuoi, il mio sangue?",e trasecola quando vede che lapiantina, proprio grazie a pochegocce di sangue, rifiorisce all’istante(Wachs für mich / Grow For Me).Piazzata strategicamente in vetrina,man mano che cresce la piantinacomincia ad attirare un numerosempre crescente di curiosi, cheimmancabilmente diventano clienti.Seymour non si capacita di esser di-ventato l’eroe del momento (Wun-

der gibt es doch / Ya Never Know),

corteggiato e richiestissimo dastampa, radio e TV, e Audrey sognaun futuro di sposa in una periferiapiù vivibile con lui (Im Grünen Irgen-

dwo / Somewhere That's Green).Tutti ignorano che, dopo la chiusuraserale, Seymour è costretto ad or-ganizzare vere e proprie trasfusioniper sfamare la pianta.Non solo: la pianta ha anche comin-ciato a parlare (qui con la voce sen-suale della regista), chiedendocarne, oltre che sangue.Seymour sacrifica i suoi risparmiper comprare qualche bisteccaprima e qualche quarto di bue poi,ma, a lungo andare, capisce che ilsuo magro stipendio non basterà

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mai per saziare la sua creatura,ormai dentata come uno squalo.Una sera la sua collega Audrey vieneprelevata al negozio dal suo fidan-zato Orin Scrivello (Bernhard

Linke), un giovane dentista colciuffo alla Elvis, una grossa moto euna giacca di pelle alla James Dean,dai modi spicci e dal frasario nonproprio da accademico.Non fa segreto di provare un pia-cere sadico nel far male ai suoi pa-zienti; anzi, in un monologo(Zahnarzt / Dentist) si autoincensaper aver avuto fin da bambino lavocazione a far del male.Consiglia a Seymour di approfittaredella momentanea celebrità e ditrasferirsi con la sua pianta in unquartiere migliore e trascina Au-drey a casa a strattoni, spintoni eparolacce.Mushnik approfitta del fatto diesser rimasto solo con Seymourper proporgli di diventare suo figlioadottivo, nonchè socio in affari. Siallacciano nel tango Mushnik & Son.Audrey II suggerisce a Seymour difare a pezzi Scrivello e servirglieloper cena. Seymour dapprima rifiuta,ma, quando vede di nuovo il denti-sta maltrattare Audrey, si autocon-vince che non c’è altro da fare, peril bene di tutti (Gib's Mir / Feed Me).La sera dopo va nel suo studio,aspetta che tutti se ne vadano e sifinge paziente a sua volta. Si è por-tato un fucile.

Ronette, Chiffon e Crystal hannoindossato il camice bianco da infer-miere e chiedono dieci dollari diticket ai pazienti (in Germania sidevono pagare 10 € ogni trimestre,se si va dal medico).Orin, di umore peggiore del solitoper aver appena curato un pazientesadico (di nuovo Lou Bertalan) chegodeva del male fattogli, quasi noncrede alla fortuna di poter tortu-rare il malcapitato commesso: simette un casco da Darth Vader ene apre la bombola di gas esilaranteincorporata per darsi la carica. Pur-troppo qualcosa va storto e Sey-mour, che si rende conto di nonfarcela a sparargli, ignora le sue di-sperate richieste di aiuto e lasciache il gas lo soffochi (Jetzt / Now).Seymour lo porta in carriola al ne-gozio, ne fa a pezzi il corpo conun’ascia e lo dà alla sua pianta (aproposito: i pezzi di carne umanasono molto realistici).In negozio c’è tanto da fare cheanche Ronette, Chiffon e Crystalsono state ingaggiate come fioriste,(Heute Nicht Mehr / Call Back in the

Morning).Per quanto non ne senta la man-canza, Audrey confessa a Seymourdi essere preda di rimorsi per aversegretamente desiderato la scom-parsa del fidanzato. Lui adesso è li-bero di dichiararle il suo amore(Jetzt Hast Du Seymour / Suddenly,

Seymour). Soprattutto in questo nu-

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mero Julia Coolens dimostra diavere una voce solida, ben educata,e che durante tutto lo spettacoloha dovuto mettere la sordina, pernon far troppo sfigurare i suoi com-pagni di scena. I due sono pronti acominciare una nuova vita insiemelontano da Skid Row.Mushnik, intanto, ha trovato nel bi-done della spazzatura il camice dalavoro insanguinato di Seymour eha capito tutto. Quando rimangonodi nuovo soli, alla chiusura del ne-gozio, minaccia di denunciarlo perl’omicidio di Scrivello.Audrey II istiga Seymour ad ucci-dere anche lui, altrimenti, gli dice,perderà tutto, Audrey compresa

(Essenszeit / Suppertime). Dettofatto: quando Mushnik chiede diavere i guadagni della giornata, Sey-mour gli dice di averli nascosti nellefauci della pianta per sicurezza.Troppo tardi l’avido Mushnik si ac-corge dell’imbroglio - e viene divorato.Ora padrone di tutto, Seymourcontinua a gestire con successo ilnegozio, sempre sotto i riflettoridei media.Sa che è solo questione di tempoprima che Audrey II chieda altri sa-crifici umani, e sa anche di essernemoralmente responsabile, ma nonha cuore di estirparla, né di rinun-ciare alla fama, che crede gli abbiaguadagnato l’amore di Audrey (Die

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Letzten Werden Die Ersten / The

Meek Shall Inherit).Mentre Seymour si prepara per ungiro di conferenze, a Audrey IItorna a brontolare lo stomaco. Seymour viene sorpreso da Audreya minacciare di estirparla. La ra-gazza gli confessa che lo amerebbeanche se non fosse ricco e famoso.La rivelazione suggella il fato di Au-drey II: verrà estirpata l’indomani,dopo il servizio per LIFE Magazine.Seymour ordina ad Audrey di rinca-sare. Vuole rimanere solo.Durante la notte, tuttavia, Audreytorna in negozio a cercarlo.Audrey II approfitta dell’assenza diSeymour e chiede alla ragazza di es-sere innaffiata.Quando Audrey si avvicina, la piantala avvolge con i suoi tentacoli verdie la inghiotte.Seymour rientra in tempo per sal-varla, ma i morsi della pianta si rive-lano mortali.E quando Seymour le rivela che lapianta si nutre di carne umana, Au-drey lo prega di rendere il suo ca-davere alla pianta, per potergli starevicina in negozio per sempre (Essenszeit Reprise / Suppertime II).Seymour esaudisce il suo ultimodesiderio, poi, stremato, si addor-menta. Ad Audrey II spuntano fio-rellini rossi.Il giorno dopo Patrick Martin dellaWorld Botanical Enterprises chiede aSeymour gemme della pianta per

venderle in tutta l’America.Solo ora Seymour capisce che Au-drey II altro non è che una creaturaaliena, scesa sulla Terra durantel’eclissi per conquistarla.Tenta di estirparla, le spara, l’avve-lena. Niente. Ormai la creatura ècresciuta troppo e resiste a tutto.Disperato, Seymour si getta nellesue fauci armato di machete, pertentare di ucciderla dall’interno, maviene digerito. A Patrick, Crystal,Ronette e Chiffon non resta cheraccogliere le gemme.Nel finale, Crystal, Ronette e Chif-fon raccontano che altre piantinesimili ad Audrey II sono fiorite intutta l’America, e hanno convintoaltre persone a coltivarle a sanguein cambio di fama e fortuna.La stessa Audrey II, ora enorme, ap-pare con nuovi boccioli che hannoil volto Seymour, Audrey, Mushnik eOrin, che pregano il pubblico dinon nutrire questo tipo di piante(Finale Ultimo / Don't Feed the

Plants).Audrey II (nella persona di Gun-

ther Haas), però, allunga già i ten-tacoli verdi oltre il palcoscenico eminaccia di avvilupparci le personedelle prime file.La musica non è suonata dal vivo,ma Alexander Reuter ha direttol’orchestra con passione. I tecnicidel suono Wolfgang Schlotter,Jonathan Hotze e Max Kirks

hanno fatto il resto.

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di Roberto Mazzone

E’ iniziata la lunga tourneè per Shrek, l’orco verde

più simpatico del teatro musicale

Ha debuttato al Teatro Nuovo diMilano la versione italiana del musi-cal Shrek, prodotta da LV Spetta-coli e diretta da Ned Grujic eClaudio Insegno, con le coreo-grafie di Valeriano Longoni. L’al-lestimento riprende quellofrancese, andato in scena al Casinò

de Paris lo scorso inverno. Anche questa volta, il lavoro di Inse-gno sul testo originale di David

Lindsay-Abaire punta ad adattarepersonaggi, battute e situazioni(anche ampliandole, senza però tra-dirne le linee fondamentali, n.d.r.) algusto del pubblico italiano: il risul-tato è uno spettacolo, forse ancoraun po’ lungo (il pubblico di giovanis-simi apprezza, ma è noto che i bam-bini sono difficili da tenere calmidopo la prima ora di spettacolo,n.d.r.) e dal ritmo non sempre incal-zante, caratterizzato da una comi-cità, a tratti superficiale, ma genuina,puntuale e mai troppo sopra le righe

o volgare, dovendo avere a che farecon personaggi delle fiabe davveromolto particolari.Tra rutti e puzzette, quella che ingenerale può sembrare la semplicevicenda di un eroe atipico e ingom-brante, che “rompe gli schemi stili-stici” delle classiche favole (un orcoche salva una principessa in attesadel “vero amore”, segregata in uncastello sorvegliato da una “terri-bile” draghessa per condurla insposa a un eccentrico e codardonobile, affetto da un evidentissimocomplesso di inferiorità…), diventauno spettacolo che cerca, a suomodo, di veicolari valori e temi at-tuali e importanti (amicizia, dignità,rispetto, solidarietà). Al grido di “Mostra quel che sei,mostra quel che hai!”(un vero eproprio inno all’accettazione di sestessi, n.d.r.), i personaggi delle fa-vole rompono il silenzio e insiemeall’orco Shrek e al suo inseparabile

Principessa,

ti salverò io

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amico Ciuchino, diventano em-blema di tolleranza, restituendo di-gnità a qualunque forma didiversità.A vestire gli ingombranti pannidi Shrek, Nicolas Tenerani: lasua è un’interpretazione checonvince e diverte il pub-blico, ma, all’occorrenza,soprattutto commuove.Grandi applausi e apprez-zamenti dalla platea perla brava Alice Mistroni,che ha saputo rendere almeglio la connotazione vo-lutamente “bipolare” affidataal personaggio della PrincipessaFiona.Emiliano Geppetti è un esi-larante e insuperabile Ciu-chino; il “mezz’uomo” LordFarquaad è certamente unpersonaggio che, permolti aspetti (tranne uno!,nd.r.), sa essere esube-rante: al suo interprete,Piero Di Blasio (che hacurato anche la tradu-zione italiana dei testidelle canzoni, n.d.r.) vaindubbiamente ricono-sciuto il merito di mo-strare brillanti doti daperformer pur rima-nendo sul palco tutto iltempo in ginocchio!Menzioni speciali per lavoce di Fiorella Nolis

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(Fiona bambina nel brano I Know It’sToday, n.d.r.) e le doti da caratteri-sta di Marco Stabile (un cinico,ma davvero spassoso Pinocchio).La band di dieci elementi diretta daDino Scuderi, che esegue dal vivole musiche originali di Jeanine Te-sori (l’unica canzone tratta dallacolonna sonora del film Dream-

Works è I’m a Believer, eseguita du-rante i saluti finali, n.d.r.), le sceno-grafie e i costumi di Luisa

Spinatelli e le maschere di Sergio

Stivaletti sono i valori aggiunti diuno spettacolo che, a mio parere,può solo migliorare nel corso dellungo tour italiano, fino a marzo2013.

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Un iceberg chiamato

Trieste

di Sara Del Sal

Ha ancora bisogno di rodaggio la coraggiosa produzione italiana di

Federico Bellone e del suo Titanic

Ci vuole pazienza, uno spettacolova rodato e va provato. Quandoparliamo di produzioni inglesi, par-liamo di spettacoli che prima diaprire ufficialmente stanno in scenaper circa un mese come preview, epoi debuttano, dopo mesi di provee revisioni. Questo non garantiscesicuramente che lo spettacolo poisia un successo, ma se non altropermette agli artisti e al team di sa-pere esattamente come, dove,quando fare determinate cose. InItalia non sempre c’è tempo pertutto questo, e le prove si riduconoa qualche settimana il che com-porta che uno show appena debut-tato possa non essere ancora almassimo, anche se è già nella se-conda piazza. è quello che è suc-cesso a Titanic-il musical, che haincontrato un iceberg chiamatoTrieste. Fosse stato in programma-zione alla fine della tournèe sa-rebbe stato meglio. Trieste è una

città nella quale il pubblico ha di-mostrato un interesse per il musi-cal che è stato ripagato dalPoliteama Rossetti con l’arrivo diproduzioni da capogiro, spesso pro-venienti da oltremanica ma anchedall’area di lingua tedesca. Insomma,quando il livello si alza, inevitabil-mente si dimostra al pubblico checerti apici si possono raggiungere eil pubblico, non solo i critici, si ac-corge ormai subito, quando c’èqualcosa che non va. Titanic è unaproduzione tutta italiana, che portala firma di Federico Bellone siacome autore che come regista eche ci ha messo il cuore, ma chenon ha potuto fare il miracolo dipresentarlo già perfetto nel capo-luogo giuliano. Confidando in unperfezionamento dello spettacoloin corso d’opera per gli aspettiprettamente tecnici, si può di certocercare di evidenziarne i punti diforza e quelli di debolezza.

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Danilo Brugia sa tenere il palco,non ha una voce incredibilmentepotente, ma se la cava bene, nelruolo di Francesco Ferrari, un ita-liano in cerca di fortuna che si im-barca da clandestino sulla navedefinita inaffondabile nel suo viaggioinaugurale, che sarà anche l’ultimo.Chi avesse visto il film con Di Ca-prio non farà fatica a ritrovare

molti punti in comune. Solo che inquesto caso Francesco era stato unaiutante di Houdini, e si era nasco-sto proprio nei suoi bauli. E a modosuo sa fare qualche numero da pre-stigiatore, mentre Di Caprio si de-dicava ai ritratti. Luca Giacomelli

è indubbiamente il migliore sulpalco, innanzitutto perché com-pleto. Canta, balla e recita. Inter-

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imbarcate, ma che viene appesantitada battute un po’ troppo melense eda troppe spiegazioni. Nel ruolo diBruce Ismay invece Marco D’Al-

berti è spesso sopra le righe, ac-centuando troppo dei tratti istericiinvece che cercando di mostrarecon maggiore eleganza la sua posi-zione. Spiace dirlo ma Valentina

Spalletta, nel ruolo di Isabelle

preta l’amico di Ferrari, un ragazzoirlandese che vuole andare in ame-rica per ricongiungersi con la sua fi-danzata e lo fa con freschezza.Angelo De Maco e Nicoletta

Ramorino interpretano la coppiadi anziani signori, legati da unamore che non ha tempo, una cop-pia che indubbiamente rende credi-bile la composizione delle persone

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Duval non convince. Innanzituttointerpreta una cantante lirica, e in-vece dimostra enormi difficoltànell’utilizzo della voce in quel regi-stro, laddove in Italia ci sono parec-chie sue colleghe in grado dicantare quelle note senza problemi.Quando canta con voce non impo-stata le vengono affidate quasi solocanzoni urlate con rabbia, e proba-bilmente sarebbe meglio sentirlaalle prese con altre melodie. Il restodel cast, che ha davvero un range dietà ampio per le produzioni ita-liane, ce la mette tutta sul palco. Le musiche - non indimenticabili maqualche brano è orecchiabile - e latrama (lo si sa fin dall’inizio che la

nave affonderà) non lascia spazio agrosse sorprese. Le intenzioni cisono, anche a livello di scenografia,ma a fronte di alcune scene benfatte, ce ne sono altre che avreb-bero potuto essere risolte in altromodo e forse con meno ingombro.Non c’è da stupirsi se a Trieste lospettacolo sia stato accolto un po’freddamente, ma i margini per il per-fezionamento ci sono. Titanic non fal’errore che hanno fatto in troppi,non è uno spettacolo per bambiniche si autopromuove musical, è unmusical bisognoso di rodaggio e diuna buona sistemata, soprattutto se,come ha scritto qualcuno, vuole an-dare nel West End.

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Le foto del servizio

sono di Federico Riva

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L’eroe romantico

tra cappa e spada

di Roberto Mazzone

W Zorro, il nuovo musical di D’Orazio e Facchinetti,

non riesce ancora a convincere del tutto

Dopo il debutto romano e le repli-che a Napoli, Bari e Catania, ilnuovo musical W Zorro, scritto daStefano D’Orazio, con le musi-che dell’ ‘amico per sempre’, Roby

Facchinetti parte alla conquistadel Nord Italia. All’Alfieri di Torino.Lo spettacolo – che vede il ritornosui palcoscenici italiani, nelle vesti diprotagonista di Michel Altieri,

dopo alcune esperienze professio-nali a New York – arriva nel weekend dell’Immacolata. L’ouverture tra-sporta subito il pubblico nell’atmo-sfera giusta, tra flamenco e altriritmi dal gusto tipicamente latino:tutto il cast entra in scena indos-sando i panni e la maschera diZorro, l’eroe mascherato, difensoredei peones, di cui da oltre dieci anni,si è persa ogni traccia. Ci troviamonel palazzo del governo di San Ro-sarito, una parte della California, incui il potere è mantenuto dal pa-vido Juan de Salvatierra, insieme alla

frivola, quanto astuta, moglie Con-suelo. Si festeggia il ritorno a casa didon Diego, il quale ha trascorsoproprio gli ultimi dieci anni viag-giando per tutta l’Europa, ma è oracostretto a tornare in patria suespressa richiesta del padre WilliamLamport, un uomo dagli ideali pro-fondi, da tempo malato e ormai infin di vita. Alla festa, Diego conosce Cecilia,una giovane rimasta orfana da bam-bina, nel corso di un’imboscata or-ganizzata proprio da Juan, e da quelmomento cresciuta da Williamcome fosse figlia sua, e ne rimanesubito colpito.Sul letto di morte dell’amato padre,Diego scoprirà la vera identità diZorro, un segreto che William hacustodito, non senza sacrifici pertutta una vita: solo adesso Diegocomprende fino in fondo il signifi-cato di quegli ideali libertà e giusti-zia che il padre ha sempre fatto in

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modo di trasmettergli.Gradualmente, il giovane avrà con-sapevolezza della sua missione: con-tinuare l’opera di Zorro, far riviverela sua leggenda, per mantenere unasperanza di libertà nel cuore dellasua gente.L’allestimento è gradevole e fun-ziona, le musiche pur nell’inconfon-dibile stile-Pooh, non annoiano enon sono date per scontate, addi-rittura rimangono subito impressenella testa.A non convincere fino in fondosono il testo e le liriche; si passacon evidente disinvoltura da pas-saggi come “Mille gocce fanno un

mare che nessuno fermerà” ad altret-tante soluzioni meno ricercatecome “Le donne in Spagna son spa-

gnole” oppure “Con due ‘cose’ così

che ci faccio?”.Michel Altieri affronta dignitosa-mente questa nuova sfida; in parti-colare, sfrutta al meglio la suavocalità e può permettersi di “per-correre strade” che magari alcuniruoli interpretati in passato non gliconsentivano di intraprendere conaltrettanta sicurezza.Alberta Izzo incarna, con la giustaconvinzione, lo spirito e la determi-nazione propri del personaggio diCecilia.Il resto del cast funziona “a coppie”e oltretutto trova immediato ri-scontro da parte del pubblico: con-vincente Roberto Rossetti, come

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tiranno messo sotto scacco dallapropria moglie, Jacqueline Ferry,(una Consuelo, a tratti volutamenteispirata a Mina, n.d.r.); ma soprat-tutto la coppia dei due “cocchi dimamma”, Fabrizio Checcacci (fraDiego de la Cruz, ma anche WilliamLamport) e Maurizio Semeraro

(Henriquez Diego Pinto Garcia, pergli amici Hugo, n.d.r.): i loro numerisono un vero compendio di spas-sosa comicità.Rimane comunque l’impressioneche lo spettacolo, in generale, vada

a compensare le lacune di un testonon particolarmente efficace ecompleto, a livello drammaturgico.A risentirne, in questo caso, anchela regia e le coreografie firmate daFabrizio Angelini e Gianfranco

Vergoni, nonostante l’indiscutibilevalore aggiunto rappresentato dainumeri di flamenco e dai duelli conla spada (questi ultimi resi possibilisotto l’attenta supervisione delcampione mondiale di schermaStefano Pantano).

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Le foto del servizio

sono di Cosè Manuel Rossi

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Ora e sempre,

brillantina!

di Roberto Mazzone

Non stanca e non delude mai l’evergreen Grease,

da 15 anni in scena in Italia

Guardarsi intorno e accorgersi cheil teatro Alfieri di Torino sembragremito. Non sono in grado di direse si tratti di “un tutto esaurito”,ma viene spontaneo pensare che, infondo, “Grease è sempre Grease”.Un pensiero confermato dalla ri-balta finale, quando, dalla secondafila di platea, è possibile leggere suivolti la soddisfazione di uno strepi-toso cast che alza gli occhi e dedicaun inchino agli spettatori in galleria.Quasi un lusso, in questi tempi dicrisi, anche e soprattutto a teatro.Eppure Grease è sempre lì, ancorauna volta (l’ottava) sul palco dellasala di piazza Solferino. La versioneitaliana prodotta dalla Compagniadella Rancia, di nuovo con la regiadi Saverio Marconi (regista asso-ciato Marco Iacomelli) compiequindici anni. L’allestimento rimanepressoché quello che tutti cono-sciamo e continuiamo ad amare, ecome un adolescente al culmine

della crescita, risulta vitale e, atratti, perfino, “ammiccante”, dalritmo sempre coinvolgente e maisopra le righe.Una sorta di “ritorno alle origini”per un cast, ancora giovane, ma divolti ormai noti del musical italiano,a partire da Riccardo Simone

Berdini, che al ruolo di DannyZuko regala quella consapevolezzae la determinazione, risultato delleproprie esperienze professionalidegli ultimi mesi (Fonzie in Happy

Days, ma anche un apprezzatissimoJean Valjean nella versione di Les Mi-

sérables, in scena lo scorso luglio alTeatro Comunale di Bologna).Serena Carradori è una Sandyormai collaudata, dopo aver inter-pretato il ruolo in alcune delle pre-cedenti edizioni, e offre al pubblicoil meglio di sé soprattutto nelcorso del secondo atto.Floriana Monici torna a vestire ipanni di Rizzo e non potrebbe

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deludere il pubblico nemmeno se lo vo-lesse… una garanzia di professionalità!Colpisce sotto svariati punti di vista(vocalità e presenza scenica soprat-tutto) Gianluca Sticotti (probabil-mente il miglior Kenickie degli ultimianni, con buona pace di tutti i suoi pre-decessori, n.d.r.). Il resto del cast, dallePink Ladies (Maria Silvia Roli, Silvia

Contenti, Federica Vitiello), ai T-Birds

(Gioacchino Inzirillo, Luca Spadaro,

Giancarlo Capito), trasmette la stessaenergia e spensieratezza, adessocome al debutto italiano del 4marzo 1997 al Teatro Nuovo diMilano. Da allora, molti perfor-mer hanno preso parte a questo

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musical e di qualcuno sicuramenteil pubblico (come anche la critica)conserva un ricordo particolare…Altro elemento interessante è ilpotersi soffermare su alcuni parti-colari, che differenziano questa edi-zione dalle precedenti. Alcuniesempi sono il ritorno degli effettistroboscopici nella scena di Grea-

sed Lightening (non sempre rea-lizzati nel corso degli anni) o lacanzone La regina del rock’n’roll,che non viene eseguita dai T-

Birds, all’approssimarsi del fi-nale dello show…

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Le foto del servizio sono di Nilz Böhme

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I gatti tedeschi

graffiano poco

di Roberta Mascazzini

Luci e ombre del tour tedesco di Cats, tra cast non sempre

azzeccati e tensostrutture non troppo adeguate

Il nuovo, lungo tour di Cats partitoil 6 gennaio 2011 da Amburgo(dopo 25 anni dal debutto in terratedesca), continua attualmente nelsud del paese dopo aver ripreso daColonia, con parziale cambio dicast, in seguito alla pausa estiva.I gatti non ballano in veri teatriquesta volta, ma in un enorme tea-tro tenda che nel design richiama illogo del musical: l’intera struttura siestende su una superficie di 15.000mq, ospita 1.800 spettatori in unasala a forma di anfiteatro, è fornitadi 450 riflettori, 300 dimmer e10.000 normali lampadine di varicolori. Il palco è composto da ben3.000 singoli pezzi assemblati. Ilfoyer occupa ben 1.000 mq ed ar-riva ad un’altezza massima di 16 mt;la tenda nel suo complesso arrivafino a 25 mt. di altezza ed ha un dia-metro di 60 mt. Per rendere possi-bile tutto ciò, è necessario unesercito di 50 tir ed una schiera di

professionisti che in pochi giorni, inqualunque condizione meteorolo-gica riescono a garantire un’orga-nizzazione perfetta.L’esperienza dello spettatore, però,è ben diversa, nonostante i numerida capogiro. Il foyer, enorme seconfrontato a quelli dei comuni tea-tri, non é soddisfacente rispetto alleesigenze. Nello stesso ambiente sitrovano anche il guardaroba, il mer-chandising e ben tre bar, forsetroppi. Prima dell’apertura della salaal pubblico, si sta veramente stretti,tutti in piedi con lo stesso spazioprocapite di una manifestazione dipiazza. Molto più accogliente la sala,con poltrone comode, ben distan-ziate e mai distanti più di 20 mt dalpalcoscenico. Una bella trovata, senon fosse che i posti più lateralihanno una visuale tanto ridotta danon poter permettere di assisteread alcuni momenti del musical chesi svolgono nella parte più arretrata

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del palco, né di apprezzarne a pienola scenografia. Per contro, la vistadalle prime file centrali è una dellemigliori mai viste. Una punto nega-tivo lo segna l’acustica, non ideale,del tendone alla quale bisogna ag-giungere, purtroppo, una musica chetalvolta copre le voci dei ballerini.Chi abbia visto la produzione origi-nale rimarrà deluso, non da qual-cosa di particolare, ma dall’insieme.L’effetto ricreato nella sala dellatensostruttura non è lo stesso chesi vive in un teatro stabile e le ca-tene di luci che sovrastano lo spet-

tatore danno quasi la sensazione ditrovarsi al circo o in una festa dipiazza estiva.Un altro appunto che si potrebbemuovere ad Howard Eaton, dise-gnatore delle luci, è quello di averrovinato la magia dell’Ouverture condelle luci che tendono più al verdo-gnolo che al giallo dei famosi occhifelini. La sensazione che si provanon è del tutto la stessa, conside-rando che l’apertura costituisce ilmarchio di fabbrica di questo lon-gevo musical. Se non fosse per lenote musicali, si penserebbe di

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esser proiettati in un altro, scono-sciuto musical. I ballerini sono all’al-tezza del musical e veramenteimpeccabili, all’unisono e non sba-gliano un passo. Le coreografiesono quelle originali dell’indimenti-cata Gillian Lynne, per opera diChrissie Cartwright.I gatti hanno tratti caratteriali pre-dominanti, ben definiti, ma non ap-profonditi ed ognuno rappresenta,se vogliamo, un pezzo di umanitàtrasposto nell’universo felino.Anna Montanaro ha ricoperto al-l’inizio del 2012 il ruolo di Griza-

bella: un’interprete famosa per unruolo altrettanto famoso. Per que-sto, la più cocente delusione ditutta la rappresentazione nellascorsa stagione: la voce non era ab-bastanza melodiosa e delicata per ilruolo e Memory e le parole risulta-vano quasi gridate nei punti in cui lenote sono più alte.Molto più brava Masha Karelle

che veste le stracce vesti dell’exglamour cat nella ripresa dopo lapausa estiva: intonazione deliziosa evoce melodiosa, ma nello stessotempo piena di energia e di pathos.

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Ma Cats non è costituito dalla solaGrizabella.Old Deuteronomy è il più vecchiodei gatti, uno dei pochi felini chenon ballano; è interpretato dalbravo Pieter Tredoux, attore su-dafricano con varie esperienze inEuropa: voce profonda e tanta pa-zienza a farsi fotografare, comed’uopo, con spettatori dagli 0 ai 90anni durante l’intervallo. Nulla più.Bombalurina, interpretata ora daShirim Kazemi, bella voce, mo-venze felinamente sexy ed un fisicopiù adatto di quello della performerdella scorsa stagione, Birgit Brein-

schmid, un po’ troppo cicciottellaper il ruolo e perciò poco credibile.

Nei panni di Jenny Fleckenfell (Jen-nyanydots), la simpatica gatta dal-l’istinto materno che tiene a badatopi insegnando loro a ricamare eda far l’uncinetto, si nasconde Eva

Maria Bender. Un vero peccatoche la parte di tip tap non sia piùlunga come succede in alcune pro-duzioni. Il pubblico pare apprezzarloin particolar modo. Il Munkustrap di Robert Marx

pare esser a suo agio nella veste delnarratore, un po’ vice di Old Deu-teromy ed un po’ protettore dellatribù felina. Una voce chiara, paroleben scandite e scatti felini durantela lotta con il criminale Macavity. Inquesto caso si tratta di una new

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entry nel cast della stagione 2012-2013. Mark John Richardson presta ilcorpo all’acrobatico Mr. Mistoffe-lees, sicuramente uno dei felini piùamati dal pubblico, per via dei 24fouettés en tournant da cui è carat-terizzato il numero e nonostante ilfatto che la canzone a lui dedicatasia cantata da Rum Tum Tugger, altrobeniamino del pubblico. Il gattodalle movenze sexy ed ammiccantiè impersonato da Dominik Hees,bravino, non del tutto convincentecome macho strapazza-micette, no-nostante l’evidente impegno. L’at-tore è molto giovane e quindi avràsicuramente tempo di crescere

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professionalmente e già nel corsodella tournée ha migliorato la mi-mica e l’espressione vocale. Anche ilcostume è stato evidentementemodificato, in quanto nella stagionepassata era ornato da bruttissimerighe giallo fluorescente che rovina-vano l’immagine che tutti gli appas-sionati hanno di Rum Tum Tugger.Gavin Eden e Jo Lucy Rackham

vestono rispettivamente i panni diMungojerry e Rumpleteazer, ese-guono il numero correttamente, manon lasciano il segno.Ad Asparagus manca la tipica voceda gatto-vecchietto e Yngve

Gasoy-Romdal dovrebbe sicura-mente lavorarci maggiormente.

Inutile elencare il resto del cast,nomi comunque sconosciuti ai più edi non certo eccellente statura.Ad onor del vero, bisogna segnalarecome dal 2011, un pò per il rodag-gio, un pò per gli avvicendamentinel cast, il musical sia decisamentemigliorato.Insomma, questo Cats non è esatta-mente come quello che si sarebbepotuto vedere a Londra, ma intempi in cui i fans erano in crisi daastinenza felina e prima ancora chesi annunciasse la tournée inglesenel 2013 era quanto di meglio sipotesse sperare ed avere.

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© I.Z. / Thomas Borchert Support

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Natale in casa Borchert,

anno secondo

di Roberta Mascazzini

Istrionico, gran mattatore, voce potente e sensuale allo stesso

tempo; la musical star non delude mai

Thomas Borchert, seguendo la suatradizione, propone anche que-st’anno una breve tournée di con-certi natalizi alternando questoimpegno alle rappresentazioni diTanz der Vampire, dove veste i pannidel conte Von Krolock che lo hannoreso tanto amato dal pubblico.Ma Borchert è lungi dall’esser lugu-bre come un vampiro e durante iconcerti dà sfogo alla sua verve dipianista, di cantante e di attore. Il concerto dell’8 dicembre sisvolge al teatro Ebertbad di Ober-hausen, una piccola, intima sala, dasoli 450 posti ricavata nel 1986 inuna struttura nata nel 1894 comepiscina coperta e che via via ha su-bito diverse trasformazioni.Lo spettatore è accolto in sala daun culturista molto poco vestito,che però sfoggia un cappellino daBabbo Natale e che distribuisceLebkuchen, dolcetti speziati al cioc-colato tipici della tradizione natali-

zia tedesca e che ogni tanto anchela musical star lancerà tra il pubblicoin vari momenti del concerto.Ci si accomoda tra seggiole e tavo-lini, a lume di candela, dopo aver in-dossato il cappellino nataliziotrovato sul posto assegnato.Dopo tutto si tratta di un concertonatalizio, quindi perché non stare algioco?Chi pensasse a qualcosa di moltotradizionale, però, si sbaglia. Nonsarebbe lo stile di Thomas Bor-chert. A lui piace giocare: con lavoce, con il pianoforte, ma soprat-tutto con il pubblico. E così inizia ilconcerto con una canzone in cui ilpubblico deve aiutarlo ad interpre-tare una sua versione di KlingGlöckchen kling (suona campanellasuona): non appena canta le parola“Kling Glöckchen klingelingelin” tutti,ma proprio tutti devono suonarecon i cappellini, pena esser sgridatiin pubblico dalla star in persona.

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© I.Z. / Thomas Borchert Support

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Segue un’altra canzone nataliziadove il divo fa suonare i campanel-lini alle donne e canticchiare in fal-setto gli uomini, dando anchesuggerimenti su come ottenere lavoce adatta e giocando quindi sulleparole Glöckchen (campanello/i) eGlocken (le campane, ma anche gliattributi maschili). Ed è tutto unsusseguirsi di canzoni tradizionalinatalizie tedesche reinventate avolte solo nel ritmo, che diventa divolta in volta jazz, rhythm and bluesed anche un po’ rock, a volte per-sino nei testi, completamente stra-volti e riscritti in modo ironicissimo.Il pubblico apprezza e ride.Due momenti commuovono l’au-dience: la canzone scritta ben sedicianni fa per la nascita del figlio e lalettura, sì, la lettura come un bravoVittorio Gassman teutonico, di unalettera pubblicata dal Sun circa unsecolo fa. Con essa, il direttore diquesta rivista domenicale del NY

Times rispondeva alla domanda diuna bimba che gli chiedeva seBabbo Natale esistesse veramente,perché alcune persone cattive leavevano detto che si trattava un’in-venzione. E siccome il suo papà di-ceva sempre che il Sun scrive solola verità…La lettura era decisamente un filinolunga per un concerto impostato inmodo ironico ed ha rallentato ilritmo incalzante che lo spettacoloaveva preso. Forse è stata studiata a

tavolino per dar modo alla star difare una pausa o forse davvero perrendere anche un po’ riflessiva laserata. Il momento è stato comun-que l’occasione di far pensare a tuttia cosa sia davvero il Natale, al di làdi tutto quello vi ruota attorno.Tutta la prima parte, incentrata suquesto periodo di festività, ha rive-lato un Borchert sconosciuto, chesi è dedicato anche ad un lavoro diricerca di canzoni anche un po’sconosciute ed antiche della tradi-zione tedesca e le ha personal-mente rielaborate al pianofortecreando anche giochi vocali che fa-rebbero invidia a Lucio Dalla o allaMina di Bravo bravissimo. Creare unritmo e giocare con la voce pro-nunciando solo vocali o frasi sem-plici, anche insensate, non è da tutti.E nemmeno lo è passare in pochisecondi da note basse al falsetto anote alte e prolungate. Ma non tuttisi chiamano Thomas Borchert.Il momento più atteso per i pochimusical fans presenti era certa-mente quello dedicato alle hits deglispettacoli più famosi cui ha presoparte.Si inizia con The impossibile dream

da The man of La Mancha cantata intedesco e lui che alla fine mette allaprova il pubblico chiedendo se sa-pesse da quale musical fosse tratta.Inizia quindi a parlare dei musicalsin generale e del suo preferito, Les

Miserables. Racconta del film, col ca-

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noro registrato durante le scene,una vera novità dalla quale è rima-sto affascinato. Ha visto il trailer,non vede l’ora che arrivi Natale pervederlo, ma il pubblico lo delude: ilfilm uscirà in Germania solo a feb-braio! Voleva mettere di nuovo allaprova gli spettatori? Ne era con-vinto? Voleva farsi pubblicità perquando riprenderà il ruolo di JeanValjean nel luglio 2013 in Magde-burgo? Fatto sta che la sua inter-pretazione di Bring him home èstato il più grande e commoventesuccesso della serata. Non sono mancate altre highlightsnelle quali ha potuto esprimeretutta la sua bravura e potenza vo-cale: The music of the night (The

Phantom of the opera), This is the mo-

ment (Jekyll&Hyde), Hell to your door-

step (The count of Monte Christo).Pur avendo girato intorno per tuttala serata all’argomento vampiri econti, non ha deliziato il pubblicocon la bellissima Die unstillbare Gier

che solo lui interpreta con tantapotenza e passione. Pare che i vam-piri non si addicano allo spirito na-talizio che dovrebbe esserepiuttosto riflessivo (besinnlich).Guest star della serata è stata Mi-

chaela Schobert, che fece parteinsieme a lui del cast di Rebecca aStoccarda, ricoprendo uno dei ruolidell’ensemble. Bellissima la vocedella giovanissima cantante che gio-cava in casa: è proprio di Oberhau-sen. Ha incantato gli spettatori conla sconosciuta canzone irlandeseBlue Moon e con un paio di duettinatalizi con Thomas.

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Non poteva mancare, in chiusura diun concerto natalizio, l’allegra Jingle

Bells cantata in inglese insieme adun pubblico sorridente.La serata sembrava esser giunta allaconclusione, ma quel burlone diThomas ha giocato due volte lostesso scherzo al pubblico: saluti, in-chini, scomparsa dietro le quinte eriapparizione dopo qualche secondoper sedersi nuovamente al piano-forte a cantare un’altra canzone.Un vero peccato che, a causa diqueste “finte”, qualche spettatoreavesse già lasciato la sala convintoche il concerto fosse davverogiunto al termine.L’ultima Wildschweinduett era unesilarante dialogo tra due cinghiali,maschio e femmina, circa il nataleed i cibi natalizi.

© I.Z. / Thomas Borchert Support

Non poteva mancare migliore con-clusione ad un concerto nel quale ilpubblico si è divertito ed ha riso acrepapelle.Borchert ha dimostrato di sapernon solo cantare in modo eccel-lente, ma anche suonare bene ed in-trattenere il pubblico, cosa che siimpara solo con tanti anni di teatroalle spalle. I suoi concerti si possonodefinire dei veri e propri one-man

show che hanno il solo svantaggio diessere adatti per lo più ad un pub-blico che capisca il tedesco.Ma non è mai troppo tardi per ini-ziare a studiare la lingua se poi sipuò fare una vacanza-studio in Ger-mania per assistere ad uno dei suoiconcerti!, non è vero?

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Le foto del servizio

sono di Nilz Böhme

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Un’emozione

che non finisce mai

di Roberta Mascazzini

Il tour tedesco di West Side Story conferma ancora una volta la

magia senza tempo di questo capolavoro

22 ottobre 2012, Colosseum Thea-ter, Essen: ultima rappresentazionedel musical West Side Story nella cit-tadina nella Ruhr.Musical storico messo andato inscena in un edificio che ha segnatola storia della città: ex fabbrica dellaKrupp dalla fine ‘800, poi memorialedi guerra ed infine teatro negli anniOttanta. Bell’ambiente, grandefoyer, opere di arte moderna ovun-que e, soprattutto, attenzione all’ac-cesso per i disabili, perché la salasorge sul luogo in cui Albert Kruppfu reso invalido dallo scoppio di unabomba durante la Seconda GuerraMondiale.E così, la cultura ed il musical qui sipossono avvicinare a tutti. Dopouna minaccia di chiusura da parte diStage Entertainment nel 2010, acausa delle annuali perdite, il teatroviene ora affittato a varie produ-zioni di buon livello e non proponepiù i costosi long running shows.

Anche l’opera di Leonard Ber-

nstein non mostra i suoi 55 anni. La chiave del successo sta sicura-mente nell’incredibile mix di tramasemplice e senza età, belle musichee meravigliose coreografie. Dellecarte vincenti, che rischierebberoperò di tramutarsi in un insuccessoclamoroso, qualora gli interpretinon si dimostrassero all’altezza, so-prattutto per quanto riguarda il dif-ficile ruolo di Maria. Questa produzione della BB Produc-

tions è decisamente di buon livello,può contare su eccellenti balleriniche cantano con disinvoltura, pas-sione e non sbagliano una nota.è purtroppo nella recitazione che ilmusical sembra stentare a prendereil volo. Battute espresse in modopiuttosto meccanico, senza convin-zione, in particolar modo da partedi Andy Jones nella parte di Riff.Anche le prime due canzoni, When

you’re a Jet e Something’s coming non

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emozionano quanto si vorrebbe.Chris Behmke/Tony necessita ladurata di tutta la canzone per scal-darsi e cominciare a vivere il ruolo.Anche la sua voce migliora sensibil-mente nelle successive canzoniMaria, Tonight, Keep cool e la com-

moventissima Somewhere dove i dueprotagonisti danno il meglio di sé.Molto brava infatti la sua partner,Elena Sancho Pereg, nel celeber-rimo ruolo di Maria. Dolce, ingenuaed innamorata al punto giusto. Vocedelicata e ben educata. Brilla sicu-

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ramente, anche per via del ruoloparticolarmente trascinante, la tra-scinante Yanira Marin nei pannisgargianti di Anita. Voce potente, re-citazione ineccepibile, movenzefluide e veloci.Non da meno Pepe Muñoz/Ber-

nardo: recitato perfetto e qualità daballerino perfetto. Come perfettoera tutto il resto del cast, un in-sieme di “sconosciuti di talento”come spesso succede per gli spet-tacoli che fanno lunghe tournée.Spiacerebbe non citare il resto della

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truppa, ma sarebbe troppo lungo enoioso, per cui ci si può limitare aipersonaggi più di rilievo: tenenteSchrank / John Wojda, Action /Rhett Aren Guter, Chino /Nikko Chimzin, Doc / Joe

Gioco, Baby John / Michael Bul-

lard e via dicendo. Le coreografiedi Mascha Pörzgen sono quelleoriginali del grande Jerome Rob-

bins. I costumi di Renate

Schmitzer sono semplici e mo-derni: jeans colorati, t-shirts e ca-notte. Colori sgargianti per gliSharks e monocromatici per i Jets,in modo da seguire lo stereotipodella gamma di colori usati dai la-tino-americani e dai polacchi.

Le scenografie di Paul Gallis sonomolto funzionali: una serie di im-pianti mobili e girevoli che permet-tono ricostruire sia gli interni sia gliesterni. Immagini della Grande Melasono proiettate sullo sfondo nellescene di apertura e di chiusura acompletare l’ambientazione nellaNew York degli Anni 50.Il pubblico, a dire il vero non giova-nissimo, ha apprezzato il musical, siè commosso, ha pianto insieme aMaria ed ha soffocato gli interpreticon interminabili applausi.Tony è morto, ma il musical di Ber-nstein vivrà per sempre, a teatro enei cuori degli spettatori.

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di Franco Travaglio

Una leonessa

a Madrid

Quattro chiacchiere con Daniela Pobega,

l’attuale Nala nel Rey Leon nella capitale spagnola

Abbiamo avuto la fortuna di vederlalo scorso luglio. La sua interpreta-zione è piena di energia, emozione,personalità e bravura, un miracoloche si incontra solo quando unsogno prende vita. E il suo sognocon la S maiuscola l'ha coltivato, ac-cudito, fatto crescere e cullato pertanti anni, finché si è avverato, edora è una bellissima realtà del tea-tro europeo, che dà orgoglio al tea-tro musicale italiano che ha lanciatoe apprezzato questo talento inter-nazionale. Dal 21 ottobre 2011 Da-niela Pobega è Nala a Madrid ne El

Rey León di Stage EntertainmentEspaña. Le abbiamo chiesto di par-larci della sua magica esperienza.Ci racconti nel dettaglio come è ini-

ziato il tuo viaggio nel mondo di El

Rey León, dalle audizioni agli attuali

successi?

è iniziato parecchi anni fa quandovidi lo show a Londra e me ne inna-morai.

Ne avevo sentito parlare moltis-simo da alcuni miei colleghi che midicevano: "Devi vedere questo spet-tacolo e tu saresti perfetta per es-sere Nala".La prima volta che lo vidi non eraNala il mio obiettivo principale, si-curamente un sogno, ma nonl'obiettivo. L'obiettivo era un giornopoter far parte di questo musicaled ero letteralmente disposta a farequalsiasi cosa nello spettacolo, lodicevo sempre: dall'erba ("Gra-ssland"), agli uccellini (le "bird la-dies"). Perché non dovetedimenticare che l'ensemble, in que-sto show, è fondamentale.Quando nell'ottobre 2010 sonostata con Pinocchio a New Yorksono ritornata a vederlo per lasesta volta e ho avuto la fortuna diconoscere l'attore che interpreta laiena a Broadway che mi disse del-l'intenzione di aprire Lion King a Ma-drid. Mandai il curriculum però non

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ricevetti nessuna risposta. Non di-mentichiamo che avevo anche fattole audizioni anni prima in Germania,dove mi avevano chiamata per en-semble e cover Nala, e a Londraper ensemble. Ma l'Universo mi hadato molto di più di quello che hochiesto!!!Alcuni mesi dopo (in aprile), capitaisul sito della Stage Entertainmentspagnola e vidi che le audizionierano ancora aperte e così rimandaiil curriculum. Questa volta mi richia-marono pochi giorni dopo, dicendoche stavano ancora cercando Nala eche il ruolo richiedeva una personacon le mie caratteristiche fisiche.Ora volevano anche vedere le ca-

ratteristiche artistiche e così, men-tre ero a Roma con lo spettacoloFlashdance, mi fu chiesto di mandareprima una registrazione di Shado-

wland in spagnolo e poi un videoaccompagnata da un pianista.Dopo varie vicissitudini, a giugnovenni chiamata per fare finalmentel'audizione a Londra, per la primavolta, di fronte agli americani, per-ché sia in Germania che a Londranon ero mai arrivata di fronte aloro... e così è stato.Il mio sogno si stava avverando.Forse lo sentivo. Sicuramente losperavo! Dopo una setttimana midissero che ero Nala ne El Rey León

di Madrid.

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A un anno dall'inizio di questa tua im-

portante esperienza qual è il tuo bi-

lancio?

Un anno è volato! mi sembra ieriche abbiamo debuttato. E come misuccede spesso alle prime, sono tal-mente concentrata che poi non ri-cordo nulla. Ricordo sicuramentel'emozione finale quando sul palco-scenico sono saliti Julie Taymor,Joop Van Den Ende, Tim Rice, etc...Dopo un anno mi sento di dire chesiamo tutti cresciuti moltissimo, inostri personaggi sono cresciuti.Inizialmente sentivo molto la pres-sione della lingua e delle aspettativedei madrileni.Un sacco di spagnoli hanno fatto

l'audizione per questo che è il mu-sical di maggior successo al mo-mento a Madrid, ma quello che gliamericani cercavano era un cast in-ternazionale e credo che, alla fine, ilpubblico esce dal teatro emozio-nato, soddisfatto, commosso ed èquesto l' importante.Quindi il mio bilancio è sicura-mente positivo. Anche perché è unagran esperienza di vita, anche sol-tanto per il fatto che per la primavolta in un cast ci sono così tanteculture a confronto. Ora è il mo-mento di goderselo appieno.Che feeling si è creato con gli altri in-

terpreti principali?

Ho un bellissimo rapporto in parti-

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colar modo con i due attori che in-terpretano Simba (Carlos Rivera) eScar (Sergi Albert).Carlos è un partner di lavoro ecce-zionale, sempre attento, presente inscena, sempre pronto a risolverequalsiasi difficoltà e con Sergi ho unpo' meno di interazione rispetto aCarlos però è un gran sostegno ateatro e fuori dal teatro. Ed entrambisono due grandi professionisti.

Come ti hanno aiutato ad interpretare

Nala i ruoli da te affrontati in Italia?

Turchina è un ruolo totalmente dif-ferente rispetto a quello di Nala,ma io cerco di portare in scena conNala la "luce" che io vedevo nellamia Turchina e anche la determina-zione di Turchina nel salvare Pinoc-chio; Nala ne ha la stessa nellasciare la famiglia per salvare la suaterra.

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Nel meraviglioso numero che avevoin Flashdance sul pannello dellatigre, già mi avvicinavo all'essere fe-lina, da tigre a leonessa! A parte glischerzi, forse Keisha ha un passatodoloroso come quello di Nala. Vo-glio ritrovare nalla mia Nala la forzadella mia Keisha.C'è una caratteristica del teatro spa-

gnolo che vorresti esportare in Italia?

Del teatro spagnolo, ciò che mi ha

colpito di più è un ottimo lavoro diufficio stampa. Una promozione im-peccabile: in televisione, su rivistelocali, quotidiani locali, autobus, ma-nifesti nella metropolitana, per lastrada, canali appositi su internet,social network.Ovunque ti giri: El Rey León. Solodopo arriva il passaparola.Inoltre, forse quello che manca inItalia è la gente disposta a muoversi

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per vedere uno spettacolo. Certo,Madrid è una capitale con tanto tu-rismo, ma ogni giorno ci sonoanche pullman con persone prove-nienti da tutta la Spagna venute ap-positamente per vedere lospettacolo. La gente si sposta pervedere l'arte, non aspetta solo chearrivi sotto casa.C'è invece una caratteristica del teatro

italiano che ti manca a Madrid?

In Italia c'è sicuramente maggiorpuntualità e precisione.Quali maestri della tua carriera e for-

mazione sono stati secondo te fonda-

mentali per affrontare lo spettacolo e

il ruolo dei tuoi sogni?

Fondamentale per la mia prepara-zione vocale, lo dico sempre,Shawna Farrell, con la quale, anchese non continuatamente, ho avutola possibilità di studiare da privati-sta per un periodo, purtroppo maifrequentando la scuola di Bologna,però il mio salto vocale l'ho fattocon lei.E, forse fondamentale per la mia de-terminazione, Mary Setrakian, inse-gnante in Italia e a New York, che èstata una delle prime persone adirmi che avrei dovuto "audizio-nare" per Nala. Ed io pensai "se melo dice una persona come lei, forsesono davvero adatta e potrei dav-vero puntare non solo allo showma addirittura a Nala...".In uno stage suo abbiamo propriolavorato su Shadowland, con parti-

colare attenzione alle emozioni allabase della canzone.Quali ingredienti di questo spettacolo

ti hanno colpito da spettatrice, e come

sono cambiati affrontandolo da inter-

prete? Ti aspettavi esattamente le

emozioni che provi o è stato tutto una

sorpresa?

Da spettatore si vede soltanto lamagia che scaturisce da questoshow, da dentro si è più consapevolidi tutti gli ingranaggi che devonofunzionare affinché lo show fun-zioni. E tutti gli incastri. è uno showche può essere pericoloso se nontutto è controllato bene.Da spettatrice ci sono alcuni nu-meri, come il numero iniziale, che è

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grafia che prima soltanto ammiravo.In una parola raccontare la storia.Qual è la citazione dal musical che se-

condo te racchiude lo spirito dello

spettacolo?

In realtà ne ho due: "Has olvidado

quien eres y asì me has olvidado a mi

tambien. Mira dentro de ti Simba. Eres

mucho màs de lo que te has conver-

tido. Debes ocupar tu sitio en el ciclo

vital" che dice lo spirito di Mufasa aSimba, ossia "Ti sei dimenticato chi

sei e così ti sei dimenticato anche di

me. Guarda dentro te stesso Simba.

Sei molto di più di quello che sei di-

ventato. Devi occupare il tuo posto nel

cerchio della vita". O quando Rafikidice a Simba: "El pasado puede doler.

Pero solo se pueden hacer dos cosas:

huir de el, o aprender de el", ossia "Ilpassato può far male. Però si possono

solo fare due cose: fuggire da lui o im-

parare da lui".Elton John è stato uno dei pochi autori

pop ad essere riuscito a ottenere più

di un successo nel mondo del musical,

dimostrando anche una certa versati-

lità, pensando agli altri successi Billy

Elliot e Aida. Qual è secondo te la ca-

ratteristica della sua musica che la

rende adatta al teatro musicale?

Sicuramente il fatto che ha unito lacommercialità (nel senso buono)della sua musica, e quindi la facilitàdella musica di arrivare e di rima-nere nelle nostre orecchie e neinostri cuori, all'esperienza di saperadattare quella musica al teatro. è

uno dei più emozionanti e tutt'oggi,anche se ne faccio parte, per me ri-mane così. Lo guardo ogni giornodalla quinta (prima di andare a ve-stirmi e al trucco)!La sorpresa è che ho avuto la pos-sibilità di vedere lo spettacoloanche dopo averlo fatto e la cosabella è che mi sono resa conto dicosa faccio parte, e di quanto fortu-nata sono, e del perché me ne sonoinnamorata.è molto diverso cantare la mia can-zone. Era meraviglioso ascoltarla dafuori, ma da dentro significa raccon-tarla, soffrire perché si lascia la pro-pria famiglia, affrontare il viaggio,capire il significato di quella coreo-

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musica che funziona alla radio e ateatro.El Rey León è in scena ormai da un

anno a otto repliche a settimana, e

così continuerà ancora per molti mesi.

Come si affronta uno spettacolo così

emozionale dovendo affrontare la rou-

tine settimanale? Quali sono i mag-

giori rischi e i lati positivi?

La cosa positiva è che prendi dav-vero confidenza con il tuo perso-naggio, con gli altri attori: c'è unacerta sicurezza. Il maggior rischio èproprio che si cada nella routinesettimanale e soprattutto per unmusical di così gran successo chequindi non dura solo una stagione,ma anni... il rischio è l'automatismo.Motivo per cui il team americanoviene periodicamente, circa ogni 4mesi a ripulire il tutto.Noi attori lavoriamo soprattuttocon il regista associato John Stefa-niuk ed ogni volta si ritorna a tavo-lino come la prima volta a cercarecose nuove e a rinfrescarci. Ed è illavoro che amo di più. Poi il difficileè portare tutto il lavoro fatto (maper fortuna John è bravissimo atirar fuori dagli attori quello checerca) sul palcoscenico...Hai potuto vedere altri spettacoli in

Spagna? Come giudichi il livello arti-

stico rapportato al musical italiano?

Ho avuto pochissime possibilità di

vedere altri spettacoli in Spagna. Inpiù di un anno soltanto due, perchélavoriamo sempre, fortunatamente,però grazie alla rotazione (la sosti-tuzione mensile per farci riposare)ho avuto la possibilità di vedere Fol-

lies e di questo spettacolo mi hacolpito l'altissimo livello nella reci-tazione. La maggior parte dei per-sonaggi era gente adulta e quindiattori molto completi che peròcantavano benissimo.L'altro show che ho visto, che haanche avuto molto successo in Spa-gna, è uno degli show su MichaelJackon, Forever King of Pop (da fanovviamente non potevo non an-darci) e devo dire che il livello èmolto simile a quello italiano. In Ita-lia c'è tanta gente brava, non dimen-tichiamocelo.Cosa ti porterai nel cuore di questa

esperienza?

è un po' troppo presto per dirloperché prevediamo - e speriamo -che lo show continui a lungo, quindispero di risentirti tra qualche anno,e allora tireremo le somme di que-sta importante e fondamentaleesperienza umana ed artistica. Nel frattempo vi saluto, sempre conil saluto regale di Nala e Simba e in-vito tutti i lettori di Amici del musi-cal a venirci a trovare!!

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a cura di Francesco Moretti

invia le tue segnalazioni - notizie, stage, workshop, audizioni... - a [email protected]

dal mondo delmusical

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news

Come nasce un musical?Ce lo spiegano Franco Travaglio eSimone Manfredini in un ineditostage che analizzerà il musical dalpunto di vista creativo e dramma-turgico, seguendone lo sviluppodallo spunto iniziale alla messa inscena. Per aspiranti creativi, appas-sionati, performer, l’appuntamentoè a Torrita di Siena il 2 e 3 febbraio2013.info e iscrizioni

Musicalendario 2013E' dedicato alle grandi storied'amore di Broadway e dintorni ilMusicalendario 2013, l'imperdibileed esclusivo regalo di Natale fir-mato Amici del Musical. Da Nala eSimba, Elphaba e Fiyero, a Cosette eMarius, Jane e Tarzan, fino a Girl eGuy di Once, le grandi coppie deimusical che ci hanno fatto innamo-rare ci accompagneranno per tuttoil 2013.scaricalo ora!

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Jesus Christ Superstar

Un cast di oltre 40 giovani artisti della Scuola di Formazione dell’Attore di To-rino mette in scena, il 18 e 19 Gennaio 2013, Il rock musical che ha lette-ralmente segnato e cambiato la storia del teatro musicale nella nuovaproduzione firmata Accademia dello Spettacolo e Fondazione Via Maestra.Scritto da Andrew Lloyd Webber e Tim Rice nel 1970 Jesus Christ Superstar

racconta l’ultima settimana della vita di Gesù toccando i grandi temi del-l’uomo: la guerra, l’oppressione, il potere, l’amore, la morte, l’amicizia, lafede, il tradimento. Quella narrata nel musical è la storia di un uomo, Gesù,chiamato “figlio di Dio”, vista attraverso gli occhi di un altro uomo, Giuda,uno degli amici più cari e fidati di Gesù, un amico che lo ha tradito, ma cheal tempo stesso si è sentito tradito. In lingua originale e completamente live il nuovo allestimento presentato alTeatro Concordia si propone, pur rispettando la versione di Webber, di at-tualizzare e contestualizzare nella nostra società la storia più conosciuta eraccontata al mondo.La regia curata da Mario Restagno si avvale delle coreografie di Lucia Car-nevale e della preparazione vocale di Stefania Piovesan. I giovani attori sa-ranno, inoltre, supportanti da una rock band diretta dal maestro PaoloGambino e composta da Alessandro Anelli (Basso), Alberto Catasso (Chi-tarra), Gabriele e Michelangelo Tommaso (Chitarra e Batteria) che suoneràl’intero spettacolo dal vivo.Il progetto, nato della sinergia tra Accademia dello Spettacolo e Fondazione

Via Maestra, raccoglie la sfida di scommettere sui giovani: giovane è il cast -tutti artisti al di sotto dei 25 anni che frequentano la Scuola di Formazione

dell’Attore di Torino, un centro di eccellenza a livello nazionale per la forma-zione alle arti sceniche, giovane vuole essere, in particolare, il pubblico acui si rivolge il musical. I biglietti sono in prevendita presso la biglietteriadel teatro (Corso Puccini – Venaria Reale) dal Lunedì al Venerdì 10.30-12.30 e 15.00-18.00 oppure sul circuito Vivaticket (www.vivaticket.it).www.accademiadellospettacolo.it e www.teatrodellaconcordia.it.

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Debutto il 17 gennaioDopo gli showcase dell’estate e l’ul-timo tenuto in occasione di Tele-thon, la famola musicale voluta daSimona Patitucci e Gianfranco Ver-goni debutterà ufficialmente il 17gennaio nell’Aula Magna dell’Uni-versità La Sapiena di Roma.Liberamente tratto dall’omonimofilm, lo spettacolo ha musiche diMassimo Sigillò Massara, e regia ecoreografie di Fabrizio Angelini.segui i fantasmi su facebook

Masterclass con Voghera

e MatteucciDue masterclass con due beniaminidel teatro musicale quali FabrizioVoghera e Vittorio Matteucci: li pro-muove e organizza l’AssociazioneCulturale MOOSEE in febbraio emarzo 2013.info e iscrizioni

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news

Winter Musical WeekUltimissimi giorni per iscriversi alWinter Musical Week, quattro in-tensi giorni dedicati al teatro musi-cale promossi e organizzati daDreamin Academy di Padova dal 27al 30 dicembre info e iscrizioni

Weekend del musical italianoPer due giorni Roma si trasformerànella capitale italiana del musicalcon il Weekend del Musical Italiano,promosso da LIM - LaboratorioIALS Musical, il 23 e 24 febbraio2013. L’iniziativa è rivolta a tutte lescuole di danza italiane. La serata fi-nale sarà condotta dal giornalistaMichele Cucuzza.info e iscrizioni

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