Amici del Musical #12

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Dirty DancingLa famiglia AddamsSunset BoulevardMiss SaigonDirty Rotten ScoundrelsThe Pajama GameShrekSaverio MarconiDaniela PobegaAltea Russo e Felice Casciano

Saverio MarconiI miei consigliper aspiranti autoridi musicala cura della Redazione

Ouverture

In occasione della seconda edizione di PrIMO, la cui fase preliminare sichiude il 15 dicembre 2014 con l’invio dei nuovi elaborati (regolamento suwww.premioprimo.it), abbiamo pensato di chiedere a Saverio Marconi, il“papà” della Compagnia della Rancia e colui che assegnerà la “menzione spe-ciale” di PrIMO, qualche consiglio per gli autori di musical originali italiani.

Partiamo proprio dalla prima edizione di PrIMO. Che valutazionepuò dare alle opere presentate?L’iniziativa di PriMO è molto interessante, importante e direi fondamentaleper la crescita del Teatro Musicale italiano, ma è anche importante tenerepresente il nostro mercato che non sta certo vivendo una bella stagione. È questo ultimo aspetto che è stato tenuto poco in considerazione nell’af-frontare la creazione di nuove opere di Teatro Musicale. È necessario tener presente il nostro periodo storico perché, conoscendo lastoria del musical a Broadway e nel West End si capisce chiaramente che cisono state varie evoluzioni. Dal musical-operetta degli inizi (da No no Nanetteal più drammatico Show Boat) si è passati alle commedie musicali dei grandiautori anni ‘30 (Anything Goes) per poi vivere con Rodgers & Hammerstein(da Oklahoma a Tutti insieme appassionatamente) la grande rivoluzione chemise per la prima volta musica, canzoni e coreografie al servizio della dram-maturgia. L’avvento della musica rock ha portato con sé la nascita della rock-opera (Jesus Christ Superstar) negli anni Settanta, mentre gli anni Ottantahanno dato il via alla stagione dei megamusical (Les Misérables, The Phantom ofthe Opera, Cats). A cavallo tra gli ultimi decenni del XX secolo e i primi del XXI si sono alter-nati vari filoni: il family entertainment (Lion King, Mary Poppins), i grandi musicalcomici (The Producers, Spamalot) e i juke-box (Mamma Mia!, We Will Rock You).

E oggi?Bisognerebbe vivere il momento o cercare di andare oltre apportando unanota di originalità. Guardando oggi gli spettacoli in cartellone a Broadway enel West End salta subito agli occhi che la maggior parte dei titoli sono titolidi film, sono poche le eccezioni. In Italia non possiamo certo paragonare il nostro pubblico a quello di Broad-way o del West End e se loro cercano un titolo già famoso come film percreare un nuovo musical, noi cosa dobbiamo fare? Seguire la loro strada vuoldire ottenere i diritti del film che vor-remmo trasformare in musical ma lacosa non è semplice ed è anche co-stosa. Ho avuto l’esperienza delleNotti di Cabiria, tratto da un film diFellini!

Che consigli darebbe a un com-positore che si accinge a scrivereper il teatro musicale, a un au-tore di liriche e a un librettista?Il soggetto è la prima cosa su cui riflettere prima di iniziare a scrivere le musi-che e le liriche. È un soggetto che può interessare il pubblico italiano di oggi?È un soggetto che può essere raccontato in musica? È’ un soggetto che puòessere giusto per il nostro mercato?

Altro aspetto da non dimenticare è quello della drammaturgia. Il dramma-turgo è una professione che non può essere improvvisata. È possibile immagi-nare un compositore che non conosca la musica? È facile capire quando chi

scrive musica non ne ha le basi, ed è altrettanto facile capire quando undrammaturgo non conosce il suo mestiere. Questo è uno dei più evidentiostacoli nel panorama del teatro musicale italiano.Uno spettacolo musicale dovrebbe avere un buon testo prima che il musicistaincominci a pensare quale genere di musica è più giusto per raccontarne lastoria.

Un consiglio che mi sento di dare è quello di non puntare su uno spettacolograndioso con un cast numeroso.Oggi le difficoltà di circuitazione sonoenormi e bisognerebbe risolvere que-ste difficoltà con uno spettacolo agile.

Cosa fa vincere uno spettacolo?Una bella storia. Ritorno su questoconcetto perché è fondamentale.

Qual è il più grande errore che sipuò compiere nello scrivere un

musical?Pensare solo alla musica e non al racconto.

Come bisogna curare la presentazione (copione, trama, demo) diun nuovo progetto per interessare un produttore?Presentare il soggetto è la cosa più importante, io personalmente preferiscoleggere prima la trama e se non la trovo interessante, la musica, anche sebella, passa in secondo piano.

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Qual è la procedura giusta che deve seguire a suo parere la genesidi un musical?Soggetto – Scaletta molto dettagliata – Stesura del copione con tutti i dialo-ghi – Scelta dei punti che possono essere raccontati in musica – Musica e liri-che – Una lettura con un cast provvisorio per capire se il racconto è fluido –Correzioni – Workshop dove si continua a modificare.

Perché, secondo lei, alcuni musical che avrebbero tutte le carte inregola per sfondare, poi si rivelano clamorosi flop? Pensiamo peresempio a titoli come Le Streghe di Eastwick, o i più recenti lavori diAndrew Lloyd Webber…Il mondo dello spettacolo è assolutamente un mistero! Se esistessero delleformule per avere successo, gli americani e gli inglesi non sbaglierebbero uncolpo! Ma così non è! Quindi qualsiasi consiglio può essere utile ma nulla èlegge!!!

a fianco, la copertina dello scorso numero della webzine dedicato allla grande festaa Torrita di Siena per la premiazione della prima edizione di PrIMO

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Amici del Musicalwww.amicidelmusical.itsito ideato da Franco Travaglio

webzineissuu.com/amicidelmusicalideazione e coordinamento editorialeFrancesco Morettiin redazioneStefano Bonsi, Alessandro Caria, Enrico Comar, Laura Confalonieri, Sara Del Sal, Diana Duri, Matteo Firmi, Roberta Mascazzini, Roberto Mazzone, Valeria Rosso, Enza Adriana Russo, Franco Travagliosi ringraziaSaverio Marconi

n. 12|201421 novembre 2014

in copertina: Donatella Pandimiglio e Simone Leonardi in Sunset Boulevard (Todi, 31 agosto 2014)

Abbiamo fatto il possibile per reperire foto autorizzate e ufficiali.Per ogni informazione e/o chiarimento scrivete a:[email protected]

Facts & Figures

OuvertureSaverio Marconi

Dall’ItaliaDirty DancingLa famiglia AddamsSunset Boulevard

Dall’esteroLondra: The Pajama Game, The Curious Incident of the Dogin the Night-Time, Jersey Boys, Miss Saigon, Dirty RottenScoundrels, Forbidden BroadwayLa famiglia AddamsShrekEvitaLes Misérables

Le intervisteDaniela PobegaAltea Russo e Felice Casciano

Un po’ di news

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Dirty Dancingballi (poco) proibiti

di Francesco Moretti

Il film cult di una generazione rivive sul palco,ma non convince del tutto

Milano, Teatro Nazionale, 04.11.2014I numeri parlano chiaro: Dirty Dancingè un gran successo in questo au-tunno milanese, che ha visto debut-tare anche gli Addams nostrani (neparliamo in questa webzine, in unconfronto a distanza con l’allesti-mento tedesco), e il musical parodiasulle 50 sfumature di grigio.75.000 spettatori nel primo mese direpliche, che continueranno fino al28 dicembre, hanno rivissuto dal vivola storia della giovane Frances “Baby”Houseman, qui interpretata dallabrava e goffa al punto giusto SaraSantostasi, che in una calda estatedegli anni Sessanta diventa donna trale braccia del bello e tormentatoJohnny Castle, il ballerino da villaggiovacanze che al cinema aveva volto efisico di Patrick Swayze, mentre qui simaterializza in corpo e tartaruga del-l’altissimo Gabrio Gentilini.La trasposizione dal film, vero cult daquasi trent’anni, è fedelissima: lastessa Eleanor Bergstein, autrice

dell’originale, ha curato la trasforma-zione da pellicola a musical teatrale,rispettando battute, situazioni e frasicelebri che in sala i fan più accanitianticipano e sottolineano con grido-lini e applausi.Sta forse qui il vero limite di questospettacolo, che nonostante l’impec-cabile orchestra dal vivo (diretta daSimone Giusti) e un corpo di balloin gran forma, paga lo scotto di que-sta eccessiva fedeltà: tempi cinema-tografici e tempi teatrali sononecessariamente diversi, e quello chesu grande schermo è una battuta oun dettaglio che si risolvono e fun-zionano con il montaggio cinemato-grafico, a teatro diventa unafastidiosa lungaggine. Il famoso villaggio vacanze Kellerman etutte le ambientazioni del film sonorese con efficacia dai pochi elementiscenici e dall’uso intelligente e creativodelle videoproiezioni che invadonospesso gran parte della scenografia:con risultati invero sorprendenti,

come nell’attesa scena dell’allena-mento in mezzo al prato o nel lago.Le tante e celebri canzoni delloshow non “entrano” mai nella storia,ma sono solo un pretesto per farsentire delle belle voci - un plauso aMarco Stabile e Ilaria Deangelis,che intonano il brano-icona del musi-cal I’ve had the time of my life - e fardanzare l’ensemble; nel quale si di-stingue, per ruolo (interpreta PennyJohnson, la sfortunata compagna di

ballo del protagonista) e per physiquedu rôle, Federica Capra.Gli altri comprimari, da papà emamma Houseman (Simone Pie-roni e Natalìa Magni), a Lisa - so-rella di Baby - Irene Urciuoli, alproprietario del villaggio Max Keller-man (Mimmo Chianese), svolgonocon diligenza il loro compito.Quasi tutte le canzoni sono statemantenute in inglese, traducendo initaliano solamente i dialoghi e un

foto | Laura Bianca photografer

paio di brani tra i quali il celebreinno di Kellerman che apre il numerofinale (le parole italiane sono di Si-mone Leonardi, anche regista as-sociato di Dirty Dancing per l’Italia,mentre l’adattamento del libretto èdi Alice Mistroni).Di questo musical anomalo dove idue protagonisti non cantano mancouna canzone, alla fine rimane la sen-sazione di aver fatto sì un salto neltempo e nella memoria cinematogra-

fica di una generazione, ma senza unreale coinvolgimento emotivo.Il pubblico, in ogni caso, apprezza eaccorre, e le signore, ragazze e ragaz-zine, accompagnano ogni uscita diGabrio Gentilini a petto nudo conurla di approvazione. Il ballo finale el’altrettanto iconico salto dell’angelo- chissà perché, mi aspettavo unacorsa dalla platea invece che pochipassi sul palco - sugellano uno spet-tacolo riuscito, per me, solo in parte.

foto| Robert Shami

Una famigliaun po’ particolare

di Roberto Mazzone

Dal cartoon, alla serie televisiva, al palcoscenico, la famiglia Addamsin salsa italiana dilaga in teatro, con qualche riserva

È in scena fino all’8 dicembre al Tea-tro della Luna di Milano La famigliaAddams, nell’adattamento italiano diStefano Benni con la regia diGiorgio Gallione. Certamente uno degli spettacoli piùattesi della stagione e, proprio perquesto motivo, dispiace trovarsi difronte a un risultato non ancora deltutto convincente.Uno spettacolo sicuramente benconfezionato, dal punto di vista del-l’allestimento. Le scene di GuidoFiorato immergono abbastanza ilpubblico nell’atmosfera giusta; ma so-prattutto prendono un rigoroso pos-sesso del palco, nonostante alcunetombe e soprattutto un coccodrillorisultino elementi ricorrenti (ma avolte “fuori posto” n.d.r.).Antonio Marras per i costumi èriuscito a coinvolgere la sartoria delPiccolo Teatro di Milano, ed è il risul-tato è più apprezzabile allo sguardodi qualsiasi tipologia di spettatore.Nella regia di Giorgio Gallione si ri-

conosce il tocco di qualcuno che nelarte comica all’italiana sa il fatto suo,ma giova ricordare che questo è unmusical che arriva in Italia diretta-mente da Broadway e sembra chequesto “dettaglio”, nello spettacolocosì come viene presentato al pubblico,sia stato notevolmente trascurato.Anche Stefano Benni, nell’adattare iltesto in italiano fa il suo lavoro, manulla più. Probabilmente non è diaiuto un testo originale piuttosto de-bole a livello drammaturgico, ma ciònon giustifica battute come “la cilie-gina sulla merda”, oppure “in questa li-bagione / noi troviam la salvazione /che bella sensazione”. Anche l’adatta-mento delle liriche appare – a occhinon esperti – piuttosto forzato epoco attento all’atmosfera e al signi-ficato dello spettacolo nella sua tota-lità; per dirla in termini semplici,totalmente a servizio di una comicitàridanciana, senza ulteriori effetti.L’unico elemento che non fa dimenti-care che quello che abbiamo di

fronte è, a tutti gli effetti, un musical,sono le musiche di Andrew Lippa,molte delle quali magari non riman-gono in testa, ma sono gradevoli daascoltare.Un plauso va all’energia e alla dedi-zione dell’ensemble di morti-che-camminano, antenati più o meno

recenti del clan degli Addams.In questo allestimento, i protagonistidi richiamo, di cui si sapeva datempo, sono due: Elio e GeppiCucciari. Il primo, nei panni diGomez, è un buon padrone di casa,ma di un Addams ha solo l’aspetto; lasua interpretazione fa il verso, in

modo eccessivo, al personaggio di sestesso.Geppi Cucciari (Morticia), tutto som-mato potrebbe sembrare una rivela-zione: nonostante le evidenti difficoltàin recitazione e canto, si dimostra aproprio agio nel ruolo e, in tale con-testo, non ci si può lamentare.

Pierpaolo Lopatriello, che il pub-blico è abituato ad apprezzare in nu-merosi musical di successo (daChicago a Pinocchio), sa prendersi ilsuo spazio nella storia, canta e simuove coreograficamente, comequel giocherellone di Fester richiede,ma, in questo allestimento, appare

impiegato parecchio al di sotto dellesue potenzialità artistiche.Giulia Odetto, nei panni di Merco-ledì (l’avevamo intervistata come due-millesima iscritta al gruppo facebook diAmici del Musical... le ha portato for-tuna! n.d.r.) risulta la performer piùcompleta, anche se dimostra ancorapoca confidenza con i tempi sceniciteatrali; lo stesso discorso vale per iconiugi Beineke (Clara Maselli eAndrea Spina), i quali si fanno no-tare soprattutto nella recitazione.Rapportato al rendimento in scena diun bambino, grande merito va all’in-terpretazione del piccolo GiacomoNasta nel ruolo di Pugsley, che nonteme le battute e il canto. Questa esperienza sarà per lui certa-

mente un ottimo biglietto da visitaper il futuro, qualora decidesse dicontinuare a percorrere un sentieroartistico.Una sorpresa anche le doti umoristi-che e vocali di Filippo Musenga,nei panni di Lurch, un basso dal tim-bro profondo e simpaticamente av-volgente.Completano il cast Sergio Manci-nelli (Nonna Addams) e PaoloAvanzini (Lucas), amore neanchetroppo clandestino di Mercoledì.Ci si augura che la lunga tournée diquesto spettacolo ponga le basi perun periodo di rodaggio che lo porti araggiungere determinati traguardi dicompiutezza… Tuttavia, mancano lepremesse, almeno per ora.

foto| Todi Festival

Anche in italiano,questo Viale non tramonta mai

di Roberto Mazzone

Applausi a scena aperta per la prima italiana di Sunset Boulevard,in un’unica, memorabile serata al Todi Festival

Todi, piazza del Popolo, 31 agosto 2014.Un maxischermo, una doppia fila dipalme e la classica indicazione stra-dale recante la scritta Sunset Blvd. ac-colgono i circa 1500 spettatori chehanno assistito allo spettacolo con-clusivo della ventottesima edizionedel Todi Festival: la prima italiana asso-luta di Sunset Boulevard, musical diAndrew Lloyd Webber su testi elibretto di Don Black e Christo-pher Hampton. Diretto da Federico Bellone, la se-rata è stata possibile grazie a un ac-cordo tra il Todi Festival e la ReallyUseful Group, società che detiene i di-ritti dei musical di Webber.Giovanni Maria Lori, assistito daMarco Bosco, dirige la BroadwayMusical Orchestra attraverso le me-morabili pagine della partitura origi-nale (che svela ritmi decisamentesincopati) e la piazza offre una buonaresa acustica. Traduzione e adatta-mento italiano di Franco Travagliosposano attraverso felici compro-

messi le parole dei testi originali esoprattutto il loro significato: la cele-bre With One Look nella nostra linguaviene tradotta Gli occhi miei, cari-cando di forza espressiva una singolacomponente dello sguardo (gli occhi,che rappresentavano appunto lostrumento principe che i divi del ci-nema muto utilizzavano per trasmet-tere emozioni al pubblico).La regia di Bellone è asciutta e se-quenziale: tutti i componenti del cast,a partire dall’ensemble della Scuoladel Musical di Milano, svolgono iloro compiti con abnegazione, tra-smettendo così una apprezzata par-tecipazione emotiva.A vestire i panni della tormentataNorma Desmond, diva del “cinema chefu” caduta nell’oblio è DonatellaPandimiglio. Spettano a lei le paginepiù conosciute del musical, tra cui la giàcitata With One Look e As If We NeverSaid Goodbye: ma, in generale, la sua interpretazione risulta inappuntabile, leiè praticamente Norma Desmond.

Simone Leonardi, interpreta losquattrinato sceneggiatore Joe Gillis,un adeguato “padrone di casa”, cheaccompagna il pubblico nei “mean-dri” della vicenda. Marco Massariinterpreta il flemmatico maggior-domo della villa Max von Mayerling,dal passato misterioso.Giulia Fabbri è una giovane e inna-morata Betty Schaeffer e RenatoCortesi partecipa nel ruolo del ce-lebre regista Cecil B. De Mille.Lo scalone che unisce gli ingressi diPalazzo del Popolo e di Palazzo del

Capitano nella piazza tudense diventaidealmente la scala della villa diNorma e completa in modo naturalela scenografia curata da AndreaComotti; il pubblico ha anche po-tuto godere, all’inizio del secondoatto, dell’ingresso nella piazza dellamitica automobile di Norma De-smond, un’autentica Isotta Fraschinid’epoca.Applausi a scena aperta, nei momentipiù intensi di uno spettacolo, che ci siaugura possa continuare a “inventarenuove magie”.

Sunset Blvd

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Il Teatrocon la “t” maiuscola

di Franco Travaglio

Reportage dal West End londinese: debutti, conferme, blockbuster,commedie e parodie nella patria europea della cultura teatrale

Se le novità scarseggiano, se ancheper le star come Lloyd Webber igrandi successi non sono che un ri-cordo, se a resistere sono solo più gliimmarcescibili blockbuster anni ‘80,perché non puntare sull’usato sicuro?

Questo devono aver pensato i pro-duttori di The Pajama Game, revival ben confezionato e tagliato sumisura sulla star del West End Johanna Riding (Carousel, The Wit-ches of Eastwick, My Fair Lady), orfanadell’ultimo clamoroso flop lloydweb-beriano, Stephen Ward. Non fatevi ingannare dalla storia, chevede al centro le rivendicazioni sin-dacali di un gruppo di operai di unafabbrica di pigiami: nulla a che vederecon Billy Elliot (in cui tra l’altro lastessa Riding è stata a lungo Mrs.Wilkinson): la lotta di classe è puropretesto per briose schermaglieamorose, pic-nic aziendali, buffe rap-presaglie e serate al night (Her-

nando’s Hideaway è uno dei tanghi piùcelebri). È in questa scena che apparepiù azzeccata la regia di Richard Eyre(anch’esso reduce dallo sfortunatoStephen Ward, oltre a Mary Poppins,Guys And Dolls etc.), peraltro accuratama senza grandi picchi di genio, e pe-nalizzata a quanto pare da un budgetnon astronomico (la stagione era li-mitata e lo show allo Shaftesbury hagià chiuso). Convincente la prova della compa-gnia: al fianco di Riding il ‘burbero’simpatico Michael Xavier, diret-tore dell’azienda contro cui lotta lapasionaria protagonista per poi finireinevitabilmente tra le sue braccia,con tanto di passi a due (coreografiedi Stephen Mear) e duetti d’antan(score di Richard Adler e JerryRoss). Solidi caratteristi e ottimi bal-lerini il resto del cast alla base di unospettacolo che ci ha fatto sognarecon la tipica frizzantezza del musicalclassico.

Felice parentesi nella prosa con TheCurious Incident of the Dog inthe Night-Time. E qui dobbiamointenderci sul concetto di prosa:avete presente i soliti quattro titolitriti e ritriti degli Stabili italiani?Certe messe in scena polverose e larecitazione (s)cadente? Ecco, dimen-ticate tutto ciò: gli eventi della prosaUK sono tutt’altro: messa in scenasorprendente e innovativa (un pianocartesiano 3D con sapiente impiegodi proiezioni, led e luci tradizionali,un uso dello spazio che non annoiamai, pieno di sorprese, aperture,colpi di scena, tra cui una scena disuspence più che cinematograficaambientata nella metropolitana lon-dinese). Spettacolo nuovo di zecca(debuttato nel 2012) creato nella in-stancabile fucina del National Theatre(reduce dal globale successo del tra-volgente War Horse creato dallastessa regista Marianne Elliot), recita-zione fresca e coinvolgente. Non stu-pisce quindi notare che l’età mediadella platea è molto bassa, e che lospettacolo è in scena da marzo 2013(con qualche mese di stop non certoper problemi di sbigliettamento maperché la galleria del primo teatro ècrollata, e si è dovuto cambiare tea-

tro…) mentre la nostra prosa resistein una stessa città al massimo due set-timane. E dire che The Curious Incidentnon è affatto uno spettacolo da turisti,ha una trama spigolosa e impegnativa enon ha un nome famoso nel cast. Potenza della qualità e del conse-guente piacere di andare a teatro(quanto sarebbe importante inse-gnarlo nelle nostre scuole, invece diinsegnarne la noia…). La storia diChristopher, ragazzo autistico egenio matematico che parte inda-gando sul mistero di un cane assassi-nato e arriva a scoprire sconvolgentiverità sulla sua famiglia (vive colpadre, distrutto dalla scomparsa dellamadre), brilla per intensità, ritmo,fluidità e chiara coerenza, supportatoda un cast eccellente capitanato dalgiovane Abram Rooney. Nonmanca la ghost track ad applausi ab-bondantemente conclusi, quandoChristopher riprende la scena perspiegare in pochi secondi (con tantodi countdown) un problema mate-matico, trasformando una lezioneteorica in concerto rock e dimo-strando che nulla è tedioso quandoci si mette passione e spettacolarità.Meglio non aver fretta di uscire dalteatro!

Anche sulla scia del bel film di ClintEastwood continua ad avere suc-cesso al Piccadilly Jersey Boys, bio-jukebox dei Four Season, che partedalle loro hit (Sherry, Walk like a man,Oh what a night, etc) per tratteggiareun affresco - rigorosamente suddi-viso in Primavera, Estate, Autunno eInverno - degli Usa anni ‘60. NellaNewark degli italoamericani vediamoin scena uomini d’onore, screzi, pic-cole grandi tragedie famigliari, ascesee cadute, il tutto ammorbidito dal-l’angelico falsetto di Frank Valli. Mi-metici, simpatici e versatili MichaelWatson (Frankie Valli), Edd Post(Bob Gaudio), Jon Boydon (TommyDe Vito) e Matt Nalton (NickMassi) riportano in vita i giovani

Four Seasons in una performancecorale con l’ensemble impegnato invari ruoli e caratterizzazioni di con-torno. Un plauso particolare ai librettistiMarshall Brickman e Rick Elice,che hanno scritto uno show di scor-revole semplicità (a dispetto delleapparenze è sempre frutto di un la-voro complesso), e del regista DesMcnuff che è riuscito ad amalga-mare storia, costume, canzoni e no-stalgia con grande pulizia e mestiere.

Con il revival di Miss Saigon tornaun pilastro del megamusical, sottoge-nere che da quattro decenni tienebanco nei templi della lunga tenituramondiale e che ci riporta a un’epocain cui tutto era enorme e di ampiorespiro: gli investimenti, i cast, le sto-rie, gli allestimenti, le orchestrazioni.La Butterfly in salsa vietnamita diSchonberg e Boublil torna nelWest End giusto in tempo per cele-brare in grande stile - lo scorso 3 ot-tobre - i 25 anni dal debutto (ma adifferenza del fratello maggiore LesMiserables, tuttora in scena, si fermòdopo “soli” dieci anni di repliche)con il ritorno delle star del primocast, Lea Salonga e JonathanPryce, che potete rivedere qui in

un’esibizione speciale a fine serata.Lo spettacolo è un inno alle emo-zioni, con un allestimento se possi-bile più mozzafiato e di classe diquello del debutto, a cura di Lau-rence Connor (specializzato in re-vival di megamusical, avendo firmatole nuove edizioni di Les Miserables ePhantom of the Opera, nonché il re-cente Arena tour di Jesus Christ Su-perstar) e un cast travolgente.Come ama ripetere il suo produt-tore Cameron Mackintosh i musi-cal non vengono scritti ma riscritti, eallora via libera a un’accurata revi-sione del libretto (molte scene sonostate ripensate), delle liriche (tal-mente riscritte da risultare spesso ir-riconoscibili, anche nei momenti più

celebri in cui sarebbe stato più chenaturale adagiarsi sugli allori), delleorchestrazioni che l’arrangiatore ori-ginale William David Brohn hacompletamente ripensato e riarricchito. Mancano le parole per esprimerecosa si prova di fronte a una Storiacosì appassionante e ben raccontatae si rimane ammirati e sconvolti dalladisarmante freschezza di Eva No-blezada (Kim), dotata di sproposi-tato talento e di un’aderenza al ruoloincredibile, il furbesco opportunismodell’Engineer di Jon Jon Briones(ma quant’è “italiano” questo ruolo?),

la forza drammatica di AlistairBrammer (Chris), la potenza di Ra-chelle Ann Go (Gigi). Un gradinopiù in basso ho trovato TamsinCarroll (Ellen), dalla gestualitàtroppo forzata e un tantino fuoriruolo, che patisce anche un perso-naggio per definizione “antipatico”,che non migliora di molto con lanuova (dimenticabile) aria Maybe,inedita al pubblico inglese ma giàascoltata nella recente versione olan-dese di Utrecht. Per chi non conoscesse la trama, alcentro di lacrime e passione c’è

un’orfana di guerra costretta a pro-stituirsi, che vive una storia d’amorecol giovane marine Chris. La caduta di Saigon separerà persempre gli innamorati: Chris si rifaràuna vita negli USA con Ellen, mentreKim non lo dimenticherà mai, ancheperché le ha lasciato un figlio. Il lieto fine non arriverà a salvare iloro destini: Kim morirà suicida affi-dando il bimbo alla coppia ameri-cana, ricreando la scena di una fotodi vita reale (in cui una madre abban-dona per sempre il figlio nelle manidi un soldato) che aveva fatto scoc-

care nei due autori la scintilla iniziale.Un’appassionante pietra miliare delmelodramma moderno, ma soprat-tutto una dolente e crudele parabolasul sogno americano: The AmericanDream è anche l’eleven ‘o clock num-ber (ovvero il numero più grandiosodello spettacolo, che cade di solitosui 2/3 del secondo atto) in cui l’En-gineer, il protettore locale che sfruttaKim e sogna un giorno di esercitarela sua professione, ma in grande, perlo Zio Sam, dà corpo sul palcosce-nico ai suoi più sfrenati desideri astelle e strisce.

Altro genere, altro divertimento conDirty Rotten Scoundrels, la com-media musicale in scena allo storicoSavoy e tratta dal film con la coppiadi truffatori rubacuori Steve Martin eMicheal Caine, intitolato in Italia“Due figli di…”. Diretto e coreogra-fato dal pluripremiato Jerry Mit-chell, scritto e composto da DavidYazbek (The Full Monty) con il li-bretto di Jeffrey Lane, il musicalvede Robert Lindsay (già Fagin inOliver) e il comedian Rufus Houndnei panni dei due imbroglioni La-wrence e Freddy, l’uno di alto e l’al-tro di basso bordo chescommettono di spillare 50000 $ alla“regina del sapone” Christine Col-gate (nella nostra replica la brava so-stituta Alice Fearn, di cui abbiamopotuto ammirare l’eccezionale bel-

lezza nei minimi particolari, essendoseduti in prima fila centrale!). Intrighi,travestimenti, malintesi e colpi discena a ripetizione sono gli ingre-dienti di questa sorta di pochade mo-derna di buona fattura, che gioca piùsulla simpatia degli interpreti che sulgioco scenico. Irresistibile il numeroin cui Lawrence costringe Freddy afingersi il suo fratello ritardato e de-dito a disgustose pratiche, al fine didissuadere una insistente aspiranteconsorte, così come il duetto “fran-scese” Like Zis/Like Zat tra il com-plice André e l’attempata Muriel, cheè convinta che Lawrence sia un prin-cipe in guerra con gli usurpatori altrono. Il finale a sorpresa, la maliziosagiovialità di tutto lo show e le tanterisate fanno di Dirty Rotten Scoundrelsuna serata di godibile spensieratezza.

Risate ancora più garantite per For-bidden Broadway alla MenierChocolate Factory (prima di trasfe-rirsi al più centrale Vaudeville), la pa-rodia dissacrante che mette allaberlina tutti i musical di successo(per l’occasione in versione WestEnd), dal Fantasma dell’Opera a LesMiserables (At the end of the day di-venta At the end of the show con gliattori stremati e col mal di maredopo tre ore di palco girevole, men-tre Bring Him Home si trasforma inBring It Down con Jean Valjean alleprese con una tonalità troppo alta),da Miss Saigon a Once (con tanto dirivendicazione sindacale dei musicisti

che si trovano disoccupati visto chela colonna sonora viene suonata dagliinterpreti) per non parlare dei familyshow che sfruttano i bambini: i pro-tagonisti di Billy Elliot e Matilda conGavroche di Les Mis cantano infattiExploited Children (bambini sfruttati)sulla melodia di Revolting Childrendello stesso Matilda.

Un West End vivo e vivace quindi, chesa ridere di sé stesso, tenta di rinno-varsi senza tradire la propria filosofiadi entertaiment culturale, e garantiscesempre grandi emozioni con il Teatro,quello con la T maiuscola.

foto | Rolf Ruppenthal

Anche in Germaniaè sempre una strana famiglia

di Laura Confalonieri

Die Addams Family in salsa tedesca, tra La Cage aux Folles e il Rocky Horror Show

Merzig (D), 20 settembre 2014.Prima dell’ouverture si apre, seppursolo di un piccolo spalto, il sipario,per permettere al cugino It di usciread annunciare in una lingua tutta suache è vietato usare registratori, vi-deocamere e telefonini.Chiarito (si fa per dire) questo, partela melodia che, con ritmici schiocchidi dita, da tempo immemore annun-cia la famiglia più surrealmente maca-bra del mondo, gli Addams, passatidai fumetti del loro creatore CharlesAddams negli anni Trenta attraversonumerose adattazioni televisive e ci-nematografiche, ora visibili a Merzig,cittadina tedesca al confine con ilLussemburgo, nella loro più recentereincarnazione, il musical di Mar-shall Brickman, Rick Elice e An-drew Lippa debuttato a Broadwaynel 2010. Già il primo numero musicale, Bist duein Addams (When you’re an Addams)fa presagire che la storia si reggeràsoprattutto sulle gag. Nei testi le bat-

tute seguono ai giochi di parole, cuiseguiranno altre battute salaci. Il regista Andreas Gergen, luistesso divenuto famoso nel ruolo delfiglio della comica Familie Heinz Bec-ker all’inizio di questo millennio, puòdimostrare ancora una volta il suotalento comico, lasciando tempo eluogo a personaggi e battute di farpresa sul pubblico. La trama dello spettacolo. Mercoledìsi innamora di un ragazzo comune e,per annunciare ufficialmente il loromatrimonio, lo invita a casa con geni-tori al seguito - sembra un riassuntoraffazzonato di La Cage aux Folles edel Rocky Horror Show, il finale è pocooriginale, e anche la musica è pocoorecchiabile. Gergen, quindi, deve perforza puntare il riflettore sui singolimembri del suo cast e dare a cia-scuno di loro il giusto spazio per svi-luppare il proprio personaggio.Il nome di richiamo in cartellone è,naturalmente, Uwe Kröger. Lavoce, se mai c’è stata, è andata, l’ac-

cento preteso spagnolo è quello chedi solito i tedeschi usano per paro-diare gli italiani, i gesti esagerata-mente teatrali. Gomez, insomma, daqualsiasi punto di vista lo si guardi, favolutamente e/o involontariamente,ridere.La Morticia di Edda Petri si muovecon una grazia irreale.Jana Stelley è una Mercoledì sa-dica, con lo sguardo truce e la bale-stra carica perennemente in mano,sempre in bilico fra slanci di romanti-cismo verso il suo innamorato Lucas

e di aggressività verso il suo fratel-lino Pugsley (Noah Walczuch, cheha il perfetto physique du rôle per laparte). Lo zio Fester di Enrico dePieri ha il suo momento magico nel-l’assolo Sagt der Mond, ich liebe dich(The Moon and Me), durante il quale,per mezzo di trucchi scenici, fa addi-rittura una spaccata a mezz’aria.Anne Welte è una nonna chestrappa applausi e risate imprecandoe parlando dialetto.Una menzione particolare meritaGerhard Karzel, che quasi non

esce dal ruolo di Lurch neppure du-rante gli applausi finali: per tutto lospettacolo attraversa la scena lento ecompassato, senza proferire mai altroche un sospiro profondo alla volta.La punta di diamante della famigliaborghese in visita è April Hailer,una Alice casalinga solare in giallo gi-rasole.Gli altri due membri della famigliaBeineke sono vistosamente sprecatinei loro ruoli, soprattutto vocal-mente: il Lucas di Dominik Heesdeve limitarsi a rispondere alle prof-

ferte amorose di Mercoledì in unduetto e il Malcolm di Ethan Free-man non ha neppure un’aria vera epropria.Gli antenati spettri (Monika Deh-nert-Freeman, Hanna Kastner,Janina Moser, Benedikt Ivo, Oli-ver Mülich, Eric Minsk, Lucy Co-stello e Marc Schlapp) danno allospettacolo un’atmosfera da Tanz derVampire. Non essendo nobili, però,quando vogliono farsi passare per ri-tratti, si reggono da sé cornici grezzeintorno alla testa.

Le scenografie di Christian Floe-ren e i costumi di Ulli Kremer ri-producono pressochè fedelmente laserie televisiva. A Floeren bastano treelementi mobili e una proiezionesullo sfondo per ricreare la diroccatavilla vittoriana degli Addams, e gli ef-fetti luminosi della ditta Audio Checkgli sono molto d’aiuto.Danny Costello, abituato a coreogra-fare all’aperto (ad esempio alla rea-lizzazione di Sunset Boulevard a

Tecklenburg), riesce a vivacizzareanche il piccolo palcoscenico del tea-tro tenda di Merzig senza sacrificaretroppo la qualità dei balletti. Peccatoche i tecnici del suono non abbianosaputo mixare altrettanto bene levoci degli interpreti e il suono cor-poso dei dodici musicisti diretti daTobias Deutschmann.Grande successo di pubblico, comun-que, con recite aggiuntive a Merzig el’allestimento in partenza per Brema.

I’m a believerle favole si avverano anche

nel musical che se ne fa beffe

di Roberta Mascazzini

In scena in Germania un bell’allestimento di Shrek

Capitol Theater, Düsseldorf (D), 12 ottobreUna tranquilla domenica di un ancorcaldo ottobre è scossa dal terrifi-cante urlo di un orco verde di nomeShrek e la temperatura in sala saleancora di più. È il giorno della provagenerale, ma l’atmosfera è quella diuna prima ed il teatro da 1.100 postiè pieno zeppo.Si inizia con un cosiddetto preshow:scambi di battute tra il regista, An-dreas Gergen, ed i personaggi dellefavole, come Pinocchio ed i Tre Por-cellini, nel mal riuscito tentativo difarli interagire coi bambini presenti insala. Buona l’idea, non la messa inatto, goffa, forzata e noiosa. Pazienza:era un trucco per dar tempo al casted ai tecnici di prepararsi e al registadi dire due parole sullo spettacolo.Ora il preshow consiste solo in qual-che personaggio che gironzola tra ilpubblico, come in Cats, e che accom-pagna in sala chi si attarda nel foyer.La trama di Shrek – das Musical èquella del film d’animazione della

Dreamworks e del musical già vistonel 2012 in Italia, ma qui con adatta-menti alla cultura tedesca.Curiosamente, ma non proprio percaso - visto che lavora a pochi chilo-metri di distanza in Sister Act - in salac’era anche Nicolas Tenerani, chein Italia vestì i panni del protagonistanella bella produzione di Shrek.Amicidel Musical gli ha chiesto di espri-mere la sua opinione, essendo la per-sona meglio preparata sull’argomento.“Tecnicamente è stato uno spettacolomolto bello, quasi perfetto”, raccontaNicolas. “Pochi elementi scenografici,ma realizzati in maniera eccelsa, unfondale a LED che riempiva il palco, co-stumi belli (ad eccezione di Fiona) edun disegno luci semplice ma funzionale.Peccato per la band dal vivo ridotta a 7elementi, e che in alcuni momenti hasofferto di suoni "veri". Le emozionisono state meno forti di quanto miaspettassi, sicuramente dovute allamancanza di rodaggio, ma posso affer-mare con certezza che se su quel palco

ci fosse stato il cast italiano lo spetta-colo sarebbe stato superlativo! Rispettoalla versione italiana, le figure messe inrisalto sono state quelle dei 4 protagoni-sti, non sviluppando tutto il mondo dellecreature delle fiabe. Questo ha consen-tito il riascolto di pezzi come TravelSong, When words fail, I’m gonna build awall tagliati nella versione nostrana.Sono orgoglioso che anche questa ver-sione di Shrek the musical abbia anchedel sangue italiano, avendo nel teamtecnico Maria Chiozza, che sicura-mente porterà quella sana passione ar-tigianale che forse un po’ manca interra tedesca. Shrek resta comunqueuna gioia per il cuore e le orecchie, edho fatto un bellissimo viaggio lungo Me-mory Lane durante tutto lo spettacolo.”

Non si può far altro che confermarequanto detto da Nicolas riguardoalle scenografie ed ai costumi, vera-mente sgargianti. Vale la pena, però, disoffermarsi sul cast. Questa volta lasocietà di produzione Mehr Entertain-ment, che di solito non porta sulpalco nomi famosi, ha riunito nellostesso cast alcuni attori piuttosto co-nosciuti in Germania. In primis, An-dreas Lichtemberger, che ricopreil ruolo del protagonista e che perun anno è stato il padre scimmione(Kerchak) del nostro Gian MarcoSchiaretti nel musical Tarzan. Andreasè un orco, a dire il vero, un po’mono-tono, nel senso che ha unavoce con poche sfumature ed unarecitazione tutta uguale, che non svi-

perché stavolta non deve lavorare incondizioni a lei sfavorevoli come suc-cesse la scorsa estate. La alternate diFiona è Jessica Kessler, vista inquest’occasione nel ruolo di Cappuc-cetto Rosso, in cui ha dimostrato diavere una voce molto “nera”.Ma i personaggi che entrano davveronel cuore, anzi, nelle risate, del pub-blico sono Asino (Esel) e Lord Far-quaad. Il primo, interpretato congrande energia e trascinante entusia-smo da Andreas Wolfram, riesce astrappare risate improvvise congrande nonchalance, a dispensarebuoni consigli ed aiutare l’amicoorco in difficoltà, nonostante la suapredisposizione all’ironia ed allaburla. Wolfram dà veramente l’im-

luppa il personaggio. Più bravo il suoalternate, Frank Winkels, che, sameglio differenziare le note, espri-mendo così una più vasta gamma disentimenti. Frank sa infatti dar vitanon solo alla parte arrabbiata del-l’anima di Shrek, ma anche a quellatenera, triste ed un po’ malinconica,che Andreas Lichtenberger non rie-sce a far emergere. Bettina Mönch,della quale vi avevamo già parlato inoccasione del suo ruolo di Eponinene Les Miserables (Magdeburgo,giu-gno/luglio 2013), è una Fiona insicuraed isterica, dolce ed arrabbiata, conmolte sfaccettature. La sua voce èdecisamente più sicura che nell’inter-pretazione del triste ruolo del musi-cal di Schönberg e Bloubil, forse,

pressione di sentirsi a suo agio neipanni del personaggio che interpretae, molto probabilmente, con l’aumen-tare del numero delle repliche, oseràessere ancora più spiritoso ed am-miccante verso un pubblico che ri-cambia con entusiasmo i suoinumeri.Lord Farquaad è stato interpretatodurante la prima settimana, dallaprova generale fino a tutte le pre-views da Eric Rentmeister, in so-stituzione dell’infortunato CarstenLepper, titolare del ruolo. CarstenLepper, già conosciuto per il Raoulnel Phantom, di cui doppiò anche laversione tedesca del film, e per ilruolo di Favell, il cugino di Rebeccanell’omonimo musical, è tornato in

scena domenica 19 ottobre per lapremière del musical e pare nonabbia intenzione disertare troppo ilpalcoscenico, nonostante sia ancorasofferente per la rottura del piede. Tuttavia, Mehr Entertainment ha fattocentro individuando in Eric un per-fetto alternate, che convince il pub-blico e lo fa letteralmente morire dalridere con le numerose battuteespresse con un tempo comico per-fetto. Il personaggio non è certo difacile interpretazione, poiché si deverecitare per tutto lo spettacolostando in ginocchio, balletto com-preso! Non era certo previsto checalcasse da subito le scene in questoruolo, ma dato l’infortunio di Lepperad un paio di settimane dalla prima,

ha avuto una grande occasione, cheera nel contempo anche una difficilesfida. Dopo aver visto il musical duevolte, possiamo affermare con cer-tezza che l’ha vinta. È previsto anchePaul Kribbe, altro nome conosciuto,come walk-in in qualche replica, madate non sono conosciute.Il pubblico della prima settimana hapotuto godere, non solo della voce,ma anche della presenza live sulpalco di Deborah Woodson, che

presta le sue potenti corde vocalisoul al drago di guardia alla torre-prigione di Fiona. La signora Wood-son fa fatto impazzire il pubblico conla sua Voce (con la maiuscola) nera,non solo in senso figurato. Mentre al-cuni attori dell’ensemble muovono ilpesante e bellissimo drago (signoradrago, per l’esattezza), lei canta e an-cheggia sul proscenio rivolgendosi di-

rettamente al pubblico e mandan-dolo in visibilio con Donkeu pot pie eWhat happens to love?, Purtroppo, lasua presenza, dopo le previews e laprima, è solo un ricordo ed ora ildrago si muove al ritmo della suavoce registrata. Molto bravi anche i personaggi dellefavole, che sono veramente tanti percitare tutti i nomi. Le loro scene conle canzoni Story of my life e , soprat-

tutto, Freak flag, sono tra le più belledel musical. Naturalmente, alcuni per-sonaggi fanno parte della tradizionetedesca: Max und Moritz o Struw-welpeter.Merita sicuramente una menzione lacoreografa Kim Duddy, che hamesso un po’ di stile vecchia Broad-way in questa irriverente favola mo-derna, come nei bei numeri diensemble dei personaggi delle fiabe.Molto simpatico il numero di tip tapdei topi: a sipario abbassato, si ve-dono solo dei piedi danzanti con cia-

battone a forma di topi grigi: sono iratti che si muovono sulle note delflauto magico. Poi il sipario si alza edappare l’ensemble dei roditori cheaccompagna la “primadonna” Fionain un tip tap che le fa venire il fiatonee che per l’insieme di luci e passi ri-corda in alcuni momenti Bob Fosse.Probabilmente si tratta di una cita-zione voluta, così come quella dalmusical Elisabeth in cui Lord Far-quaad dice “die Prinzessin gehört nurmir” (la principessa appartiene solo ame), citando la più famosa canzonedel musical su Sissi, ed aprendo unventaglio sull’acuto finale. Altre cita-zioni dalla cultura attuale sonosparse un po’ ovunque, da HarryPotter che vola sopra al fast foodMcHex (McStrega) alle battute checitano vecchi show televisivi tedeschio canzoni dei Toten Hosen, peraltrooriginari di Düsseldorf, città nellaquale il musical ha debuttato. Eviden-temente il regista ama questi giochi,in quanto ne aveva fatto abbondanteuso anche in The Addams Family.Le scenografie, semplici e funzionalicon qualche elemento mobile e di-verse eccellenti proiezioni sono diSam Madwar.I molti e sgargiantissimi costumisono di Mario Reichlin.Il disegno di luci e suoni si devonoinvece a Andrew Voller e CedricBeatty e le divertenti traduzioni adHeiko Wohlgemuth e KevinSchröder. Il direttore musicale, He-ribert Feckler, dirige una band di

appena sette elementi, come già sot-tolineato da Nicolas Tenerani. Al con-trario di quello che si possa pensarein Italia, dove si tende sempre a svi-lire ciò che viene fatto in patria,quella di diminuire il numero di musi-cisti è una tendenza che sta semprepiù prendendo piede in Germania,proprio a partire dalle due società diproduzione più grandi. Per godere diuna vera orchestra completa dal vivobisogna far affidamento sui teatri sta-bili, che ricevono anche finanziamentipubblici ed, evidentemente, fannoun’altra politica.Questo non deve però scoraggiarcidall’andare a vedere Shrek, un musicaldivertente, per famiglie, nonostante sitratti fondamentalmente di una favolaper adulti.E siccome noi italiani siamo semprein giro per l’Europa, magari capiterà aqualcuno di voi cinque nostri affezio-nati lettori di trovarvi nella città giu-sta il giorno giusto per poter ballaree cantare con Shrek, Fiona e tutti glialtri le note della canzone finale I’m abeliever.Eccovi perciò le date del tour:14.10.2014 – 04.01.2015Düsseldorf, Capitol Theater17.01.2015 – 31.01.2015Berlino, Admiralspalast04.02.2015 – 12.02.2015Monaco, Kleine Olympiahalle18.02.2015 – 28.02.2015Zurigo, Theater 1116.03.2015 – 22.03.2015Vienna, Stadthalle F

Non basta cantareDon’t cry for me Argentina

di Sara Del Sal

Al Lubiana Festival un allestimento “povero”della celebre opera rock di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice

Lubiana (SLO), 18 agosto 2014Il Lubiana Festival prosegue con la suaattività di formazione sul musical equest’anno ha puntato su un altro ti-tolo storico come Evita, e ancora unavolta scegliendo di fare allestire lospettacolo alla Bronowski Productions,che lo crea a Londra e poi lo mettein scena solo per il festival. Cinque repliche quindi, per un cast diartisti che lavorano in West End eche sono liberi e disponibili a passarequalche giorno nella capitale slovena.Un allestimento molto semplice, chetiene conto dello spazio, l’arena delleKrizanke, e della limitata tenitura. Facile per Hair o Jesus Christ Super-star, un po’ meno per un musical cheavrebbe bisogno di una scenografiache contestualizzi la storia.Se si fa affidamento sulla fantasia delpubblico, ecco che anche uno spaziodavvero povero di attrezzeria puòperò fare da sfondo alla storia di Eva,la ragazza che passando di letto inletto lascia la sua vita da adolescente

in un paesino dell’Argentina per in-traprendere una serie di avventureche la porteranno al fianco di JuanPeron, l’uomo che guiderà il paese.Webber e Rice hanno reso questolavoro uno dei più apprezzati del ge-nere, e le musiche e le parole conti-nuano a convincere e a vincere sulpubblico, nonostante gli allestimenti.A Lubiana non sono mancate le sor-prese, e quindi ecco sul palco Cata-rina Sandison, giovane e grintosa,che ad Evita dà un carattere forte etanta voce (che ha saputo sfoggiarein We will rock you a Londra), ma sitradisce, quando di fronte a un "thrillme" lo interpreta con il tono e la ma-lizia di Magenta del Rocky HorrorShow che ha portato in scena in Ger-mania ed Austria. Troppo sanguigna epoco elegante.Kevin Stephen Jones ha offerto unPeron interessante, molto impostato,ma convincente, mentre non si puòdire lo stesso del Che di Joel Har-per Jackson. Sbagliato. In tutto. Do-

tato di una grande estensione vocale,praticamente inutile in questo spet-tacolo, questo Che ha dimostratoche la presenza scenica, per un per-sonaggio come questo è necessaria, eche, senza quella, si rischia di scom-parire nell’ensemble. Un cast ridotto all’osso, di soli trediciperformer accompagnati dalla banddal vivo di nove elementi, che anno-verava un performer premiato conl’Olivier Award: nell’ensemble infattic’era anche James Jacob-Lomas,uno dei tre ragazzi che nel 2005hanno debuttato nel ruolo di Billy El-liot nel West End.

Tom Brady, il direttore dell’orche-stra, ha pensato di cambiare notevol-mente gli arrangiamenti, togliendopoesia alla partitura, trasformando inun tango una colonna fondante comeI’d be surprisingly good for you e acce-lerando notevolmente i tempi, per unrisultato non del tutto apprezzabile.Insomma, Evita non è molto facile daportare in scena, e di sicuro ha biso-gno di qualcosa in più di qualcunoche sappia cantare Don’t cry for meArgentina.Il pubblico sloveno ha apprezzato eaccolto con calore un allestimentoancora da migliorare in molti aspetti.

foto | Barbara Palffy

Ich hab geträumtvor langer Zeit...

di Matteo Firmi

Problemi tecnici e un allestimento non sempre all’altezzaper Les Miserables in scena a Linz

Linz (A), 3 ottobre 2014Una serata ventosa s’appresta ad ac-cogliere la seconda rappresentazionede Les Misérables, nuova produzionedel Landestheater Linz nella grandesala del Musiktheater Volkgarden.Il teatro è un piccolo gioiello di ar-

chitettura moderna, ogni pol-trona ha in

dotazione un monitor LCD per leg-gere il testo in 3 differenti lingue.L’allestimento curato da MatthiasDavis è ben curato e funzionale, maun po’ striminzito per uno spazioscenico veramente grande, così da ri-sultare tetro e scuro.Susanne Nubrich disegna degli ot-timi costumi, collaborando bene con

il light designer.

Michael Grundner: il progetto luciriesce sempre a tenere viva l’atten-zione dello spettatore. Serata storta,purtroppo, per la squadra dei tecnicidel suono: spesso i microfoni risul-tano completamente sordi, con unodei membri dell’ensamble che tirafuori la voce alla vecchia maniera.Kai Tietje guida i Bruckner OrchesterLinz (ottima compagine orchestrale)in una meticolosa lettura dell’opera.Il cast della serata è degno per uncolosso come Les Misérables: Cosetteha sempre carattere e ottima po-tenza vocale sia da giovane (VerenaKitzler, sicuramente una buona sor-presa tra qualche anno), sia da adulta,interpretata egregiamente da Bar-bara Obermeier (ottima presenzascenica e vocale). Eponine incuriosi-sce: è sempre “nascosta” dal ruoloche le compete, in questa serata inter-pretata da Ariana Schirasi-Fard.Jean Valjean (Christian Alexander

Muller), convince in ogni scena conuna voce tonica e sempre calda. Javert, interpretato dall’ottimo Mar-tin Achrainer, sfoggia presenza sce-nica da buon professionista, mentretalvolta la voce cala in potenza.Marius (Alen Hodzovic) entra inscena quasi in sordina, si conquista gliapplausi a poco a poco, esplode conle sua capacità nel trio con Cosetteed Eponine.Fantine vince, ma non convince. Labrava Kristin Holck mette grinta, etanta, in tutte le sue scene, ma nelcelebre I dreamed a dream nonesplode e il pubblico risponde conun applauso solo di circostanza. Uno spettacolo bello e interessante,che parte molto in sordina, per finirenel migliore dei modi, in un teatromolto poco conosciuto in Italia. Un cast da ricordare, si avrannomolte sorprese positive. Si replicatutta la stagione 2014-2015.

leinter

rviste

amicimusicaldel

Daniela Pobega,il fascino della voce

di Enrico Comar

La brava interprete, ancora per poco Nala nel Re Leone madrileno, racconta la sua recente esperienza in Ragtime e il rapporto con la propria voce

Madrid, 26 ottobre 2014Non vedo Daniela Pobega daormai quasi quattro anni, quindinon posso non cogliere l’oc-casione di questa mia brevesosta a Madrid in occasionedel terzo anniversariodella produzione spa-

gnola di The LionKing, per fare

una lunga

chiacchierata con lei di fronte ad unbuon piatto di salmrejo, dopo lospettacolo, e parlare anche della re-cente esperienza di Ragtime a Bolo-gna (la cui recensione è statapubblicata nello scorso numero diAmici del Musical)

Daniela Pobega cantante più o meno laconosciamo, ma di Daniela Pobega at-trice cosa puoi dirci?Io nasco essenzialmente come can-tante. Non ho mai avuto una realeformazione come attrice, né hoavuto la fortuna di molti giovani

performer di poter seguire unpercorso uniforme e com-pleto presso un’autenticascuola di musical.Il mio percorso comeattrice inizia nell’or-mai lontano 2004,quando ho avutola fortuna di co-noscere Anto-nio Calenda

all’Università, dove teneva un corsodi regia. Parlando con lui della miapassione per il teatro (all’epoca nonera ancora un lavoro), siamo entratiin contatto. Sei mesi dopo mi hachiamato per partecipare ad un labo-ratorio su Sogno di una notte dimezza estate, che infine mettemmoin scena con la sua regia.Successivamente ho fatto diversi ma-sterclass e ho seguito un corso allaGuildford School of Acting. Il grosso dellamia formazione comunque è avvenutasul campo, imparando un po’ alla voltanel corso dei vari spettacoli.Saverio mi ha aiutato molto, cre-dendo in me, nel mio istinto e nellamia spontaneità, scegliendomi per Pi-nocchio quando ancora non avevouna significativa esperienza teatrale.Poi sono arrivati altri ruoli, e collabo-razioni con altri registi italiani, da Fe-derico Bellone a Fabrizio Angelini,fino all’esperienza spagnola del 2011,che mi ha permesso di lavorare conuna compagnia internazionale e discoprire un mondo sotto alcuniaspetti molto diverso.Alle volte tutt’oggi temo di averedelle lacune rispetto ad altri miei col-leghi, ma indubbiamente lavorare condiverse compagnie e conoscere di-versi approcci e metodi, mi ha anchepermesso di avere una visione piùelastica e più varia del teatro, checredo mi sia in fin dei conti tornataspesso molto utile nell’interpreta-zione dei vari personaggi.

Parlando appunto di personaggi, dimmiqualcosa di Sarah; come hai affrontatoquesto ruolo?È un personaggio che ho sempreamato, sin da quando ho ascoltatoper la prima volta Ragtime. In uncerto senso è mio secondo sognoscenico dopo Nala, e mi ritengo dav-vero fortunata ad aver avuto l’oppor-tunità di interpretarli entrambi.Quando ho saputo di una produzionedi Ragtime in preparazione nel nostropaese, non potevo fare altro cheaspettare e sperare... Finché un giorno, è arrivato un mes-saggio di Shawna, che annunciava lospettacolo e chiedeva un provino.L’emozione è stata tanta, non solo perla prospettiva di portare in scena unnuovo personaggio dopo quasi treanni, ma anche per avere finalmentel’opportunità di lavorare con Shawna econ la BSMT. Temevo di avere poco tempo per unruolo così complesso (ho iniziato aprovare due settimane prima del de-butto, e l’intero spettacolo è statocostruito in poco più di tre setti-mane), ma per fortuna ho potutocontare sull’aiuto del regista GianniMarras, con cui ho lavorato alla crea-zione del personaggio, e della stessaShawna Farrell, per la parte canora emusicale.

Circa la parte canora, ho notato inSarah, rispetto alla tua solita voce, unavocalità per certi versi più “nera”, con

un tentativo di avvicinarsi allo stile vo-cale dell’epoca. Si è trattato di unascelta consapevole?In parte. Io ad esempio sento più“nera” Nala, che però possiede sicu-ramente una voce più pop, mentre inSarah utilizzo un’impostazione più clas-sica, che, come dici tu, si ricollega al pe-riodo storico e al tipo di personaggio.Da un certo punto di vista si è trat-tato di una scelta voluta (ho “divo-rato” il disco del cast di Broadway,con Audra McDonald nel ruolo diSarah, e ne sono stata indubbiamenteinfluenzata), ma probabilmente in uncerto senso sono semplicementeusciti fuori i miei geni (anche in que-sto devo dire che interpretare Nalami è stato molto utile, facendomi ri-scoprire un lato “black” che prece-dentemente restava più nascosto).In alcuni momenti, puntare sul beltingcome veicolo dei sentimenti più vio-lenti, poteva essere una via più co-moda, ma ho preferito adottare unatecnica mista, che ho sentito più au-tentica e vicina al personaggio.

Riascolti mai le tue performances, pervalutare il tuo lavoro? So che molti cantanti non amano ria-scoltarsi; io invece lo trovo moltoimportante. Voglio avere una perfettaconsapevolezza della mia voce, cono-scerne i punti forti ed i limiti. Amo la voce. In modo quasi osses-sivo. Mi piace ascoltare e analizzare la

voce in ogni dettaglio, sia quella deglialtri che la mia. Certo, farlo durantel’esecuzione può essere dannoso eandrebbe anzi sempre evitato; mariascoltarsi dopo, a mente fredda, èinvece molto utile per fare autocri-tica (anche positiva) e per cercare dicorreggersi e migliorarsi.Mi capita a volte di ascoltare regi-strazioni di mie esecuzioni che nonmi piacciono per nulla e che mi af-fretto a far sparire; alcune altre in-vece mi danno belle soddisfazioni.

Hai citato più volte Shawna Farrell. Lei èstata una figura importante per la tuaformazione?Assolutamente sì! L’ho incontrataper la prima volta quando venne aTrieste per una masterclass, cui par-teciparono altri futuri performertriestini.Molti di loro poi iniziarono a fre-quentare la BSMT, mentre io, impe-gnata all’epoca nella produzione diPinocchio, finii per scegliere unastrada differente.Nel 2010 frequentavo un corso di altaformazione in vocologia artistica a Ra-venna tenuto da Franco Fussi e SilviaMagnani, e iniziai a recarmi frequente-mente a Bologna, per incontrareShawna e lavorare sulla mia voce.Anche per questo sono particolar-mente felice per questo Ragtime, checi ha permesso di lavorare finalmenteinsieme ad un progetto teatrale.

Casciano-Russouna coppia… Felice,

nella vita e nel lavoro

di Enza Adriana Russo

“Quando la vidi la prima volta, la presi per matta,perché mi disse: Tu sei mio marito!”

Loro sono Felice Casciano edAltea Russo, due degli interpreti diFrankenstein junior, il musical dellaCompagnia della Rancia, che ha ac-colto a teatro ben 150.000 spettatoriin due stagioni e che ritorna in scenaper la terza stagione consecutiva. Siamo a inizio novembre, a Palermo,alla prima tappa di quella che saràanche quest’anno una lunga tournée.Felice ed Altea mi accolgono nel lorocamerino del Teatro Al Massimo, cor-diali e disponibili, nonostante manchimezz’ora a quella che in gergo teatraleè la “chiamata”, cioè l’entrata in scena.Rispondono alle mie domande nellafrenesia degli ultimi minuti, e quelloche mi lascia stupita ma allo stessotempo divertita ed ammirata, è la per-fetta organizzazione e professionalitàdi questa compagnia, tale da non es-sere assolutamente disturbati dalla miapresenza, mentre sono impegnati a in-dossare il costume di scena, ad esseremicrofonati, a schiarirsi la voce, ed aprendere l’ultimo caffè per ritrovare la

giusta carica per l’entrata in scena.Altea si può definire la donna delsorriso. Con la sua figura filiforme egentile, è un misto di dolcezza e sim-patia. Figlia d’arte di Rosaria Russo, attrice napoletana, interprete di Filumena Marturano, è sulle scene da18 anni. Nata come ballerina classicae poi passata con naturalezza anchealla recitazione, oggi ha una scuoladove insegna danza ad adulti e bambini. Felice all’apparenza sembra più ti-mido e riservato, ed anche lui ha gliocchi gentili, proprio come la moglie;come lei è sulle scene da tanti anni,ed ha affrontato vari generi a tutti i li-velli: teatro di prosa con registi delcalibro di Calenda, il cinema, la fiction.Il suo ultimo successo nel musical èstato Sister Act, nel ruolo ridicolmentecattivo di Curtis Jackson. Proprio in Sister Act lo avevo già po-tuto apprezzare, anche per la sua bel-lissima voce, adatta al doppiaggio. Lui mi dice che è stato chiamato perquesto, ma ha sempre rifiutato per

dare più spazio al teatro. Non sisente però di escludere il mestieredel doppiatore in un prossimo futuro.Felice ed Altea sono una coppia nellavoro così come nella vita. In Fran-kenstein junior vestono rispettiva-mente i panni di Frau Blucher, acida,brutta, ma romantica zitella, e diKemp, irreprensibile, rigido (anche fi-sicamente, con un braccio ed unagamba paralizzata), ed al tempostesso imbranato ispettore di polizia.Altea, Felice, tornate in scena, con questospettacolo, nella terza stagione consecu-tiva, ed anche stavolta, con una lungatournée, cosa che succede raramente.Cosa ha amato la gente nel vostro Fran-kenstein Junior, tanto da farlo ritornare?E cosa direste a coloro che ancora non

l’hanno visto?ALTEA: Frankenstein Junior è uncult e come tale funziona da sé. Il mu-sical (quello in lingua originale, in in-glese è stato adattato dallo stessoMel Brooks), ha un ritmo molto piùveloce rispetto al film che se rifattoai giorni nostri potrebbe apparire unpo’ lento. Il nostro, in particolarmodo, è uno spettacolo divertente,da non perdere, che ha la sua forza inun cast di talento ed azzeccato nei ri-spettivi ruoli, che ben si adatta ad unpubblico familiare, fatto da adulti e dabambini. Anzi spesso i bambini si di-vertono più dei grandi!FELICE: Frankestein è l’occasionegiusta per vedere uno spettacolo bendiretto e ben interpretato. La regia di

Saverio Marconi e Marco Iacomelli hareso perfetto il musical che a Broad-way era più lungo.Il nostro somigliamolto di più al film, con il bianco enero della pellicola e le atmosfere go-tiche. Il pubblico ama gli spettacolifatti bene e noi abbiamo superatoanche la prova dei fan del film cheescono pieni di entusiasmo e durantelo spettacolo ci danno un sacco disoddisfazioni ridendo e spesso antici-pando le nostre battute.Io ancora non l’ho visto. Siederò in pla-tea dopo questa intervista. I vostri perso-naggi sono come nel famoso film? Loavete visto prima di iniziare le prove? A. Io avevo già visto il film, quandoavevo solo nove anni, ma l’ho riguar-dato ovviamente prima di fare il pro-

vino puntando direttamente al ruolodi Frau che ho desiderato fare fin dabambina. L’ho guardato e studiato inlingua originale perché, senza nullatogliere alla doppiatrice italiana, avevobisogno di sentire la voce dell’attriceCloris Leichman così come era statadiretta da Mel Brooks e anche per-ché il suo accento è meno "tedesco"che nel doppiaggio italiano. Siamo inTransilvania infatti,dove l’accento è unmisto di rumeno, moldavo e tedesco...F. Sappiamo che Mel Brooks tende aridicolizzare i personaggi “tedeschi”perché da ebreo ha il “dente avvele-nato”. Io mi sono preparato per ilruolo studiando la fisicità di Kemp finda subito. Non è semplice recitarecon un braccio perennemente pie-

da sinistra a destra: Altea Russo, Fabrizio Corucci, Felice Casciano e Roberto Colombo

gato e rigido e una gamba tesa su cuidevi anche ballare!In questo spettacolo vi ritrovate a lavo-rare con un attore eclettico e d’espe-rienza come Giampiero Ingrassia. È laprima volta che lavorate con lui? Com’ècome capo-compagnia?A. Giampiero è un performer fanta-stico, di grande talento. Ed è un capocomico capace di creare armonia al-l’interno del gruppo perché alleggeri-sce tutto, anche nei momenti didifficoltà. Lui vive con ironia e gioia equesto è importantissimo in ungruppo: se il primo attore crea ten-sione, il gruppo intero perde di forzae si crea una brutta energia.F. Io conoscevo già Giampiero perchéabbiamo lavorato insieme nel PianetaProibito di Patrick Rossi Gastaldi.Ri-trovo un amico e, come compagno discena, un grande professionista.Fate lo stesso mestiere, ma siete ancheuna coppia nella vita. Come vi siete co-nosciuti?A. Io e Felice ci siamo conosciuti 14anni fa, durante l’allestimento di Aqualcuno piace caldo, il musical dellaRancia che aveva protagonisti Ales-sandro Gassman e Gianmarco To-gnazzi.Non lavoriamo insieme dal2002, quando eravamo nel cast de Lapiccola bottega degli orrori, spettacolofirmato sempre dalla Rancia ed è daallora che non ci ritrovavamo nellostesso cast. Anche se abbiamo fatto leaudizioni insieme, onestamente nonci aspettavamo proprio di esserepresi entrambi!

Il colpo di fulmine è avvenuto in scena odietro le quinte?In platea! (rispondono insieme sorri-dendo). Felice continua: Lei mi havisto e mi ha “riconosciuto”, dicen-domi: Tu sei stato mio marito in un’al-tra vita! Ed io le ho detto: Tu seimatta!E quindi Altea, alla fine, come hai fatto aconquistarlo? (le chiedo sorridendo)A.(divertita) Diciamo che a poco apoco mi ha riconosciuta... In amore cisi deve riconoscere...F. Per me in verità, non è stato così dif-ficile, perché Altea è una donna digrande fascino, di valore, è intelligente...(A questo punto interviene Fabrizio Co-rucci, che si trova anche lui in camerino,mentre si prepara a vestire i panni delMostro, esclamando; ...E lui è il marito!Tra le risate di tutti)Nel vostro lavoro siete sempre concordi?A casa ne parlate? A. Fare lo stesso mestiere è una for-tuna per noi. Nonostante l’aspettoeconomico sia poco incoraggiante,noi ci capiamo benissimo. anzi ci pre-pariamo insieme per i provini scam-biandoci consigli e sostenendoci avicenda. E nonostante le difficoltà,sappiamo di poter sempre contarel’una sull’altro.C’è chi invece, sostiene che fare lo stessolavoro possa allontanare i due partner...F. Sì, perché magari una persona chefa un altro mestiere, da "posto fisso",non può capire fino in fondo la ma-trice passionale del nostro lavoro. Il nostro non è semplicemente un la-

Una nota sullo spettacolo

Frankenstein junior è un musical che è stato considerato un piccolo “capolavorodi perfezione” dalla critica. Mette in campo le forze migliori del nostro teatrotra registi e interpreti, con le coreografie di Gillian Bruce. Tutti gli attori bril-lano senza mettere in ombra gli altri, e le due ore del musical scorrono velocitra applausi e divertimento. Sono tutti da citare ed applaudire, ma mi per-metto di menzionare Igor di Mauro Simone, la cui interpretazione ho parti-colarmente apprezzato, senza però voler nulla togliere a tutti gli altri.Lo spettacolo toccherà ancora molte città tra cui Firenze, Bologna e per unlungo mese, tornerà a Milano.Inoltre, la Compagnia della Rancia ha sposato una causa benefica, che accom-pagnerà gli artisti in molte città: si tratta della vendita delle caramelle del CIAI(Centro Italiano Aiuti all’Infanzia), e con soli 5 euro si potranno aiutaretutte le attività di questa associazione.

voro e basta: è la nostra vita, siamonoi. Tra noi non c’è competizione,perché al di là del lavoro, abbiamol’amore, la stima reciproca, e gli stessiideali e valori che ci uniscono. In que-sta occasione abbiamo organizzatotutto (famiglia e spostamenti vari)solo dopo che Saverio Marconi ci haconfermato che eravamo stati scelti,entrambi, per Frankenstein junior. Nonè per niente facile. Anzi è durissima,ma ne vale la pena.Con voi, nella vostra famiglia ed in tour-née, c’è anche vostro figlio Eduardo dicinque anni. Come vive il tour insieme avoi, l’atmosfera del teatro?F. È normale che vivendo questa at-mosfera, lui tenda ad assimilare tuttoquello che lo circonda. Vive questa at-mosfera con gioia. È uno spettatoreattento, ama ripetere le scene, le bat-tute, soprattutto quelle di Igor, che glipiace in particolar modo. Ma non cisegue sempre in platea. In tutti i treanni avrà visto solo una decina di re-pliche.Adesso dov’è?A.A casa con i nonni. Qui a Palermo,per questi dieci giorni di permanenza,abbiamo preso in affitto una casa esono con noi i genitori di Felice chestanno con lui e lo mettono a lettoogni sera, quando noi siamo in scena.Con i nonni, si alternano anche le zie,nella varie città che tocchiamo. Noivogliamo che Eduardo viva una vita lapiù normale possibile. Quando vienein teatro, lui comunque si sente in fa-

miglia, diventa la mascotte. Tutti lococcolano e lui è contento.Dopo 10 giorni di permanenza a Pa-lermo, in questo teatro, in questi luoghi,cosa porterete nel cuore di questa città?F. Palermo è arte e bellezza in ognisuo angolo.A. È una città meravigliosa. La cono-scevamo, ma forse questa volta, gra-zie al fatto che Eduardo si svegliapresto al mattino costringendoci adalzarci con lui, nonostante i nostriorari, abbiamo avuto modo di sco-prirla di più: passeggiando per il cen-tro storico abbiamo scoperto angoli,strade, persone e profumi che ci por-teremo dentro. Il clima è stato fanta-stico e siamo stati davvero quasi invacanza.Se un giorno Eduardo vi dirà che vuolfare il vostro stesso mestiere, cosa gli ri-sponderete?A. Se nostro figlio ci chiederà di farequesto mestiere, non saremo noi adimpedirglielo. Sicuramente il “gene”dell’Arte passa nel DNA. Lo dico per-ché sono una figlia d’arte. Lui ha giàdimostrato molto interesse per ilmusical e per il teatro in generale,quindi non mi meraviglierei. Ogni ge-nitore desidera solo che il figlio siafelice, e noi lo incoraggeremo semprequalunque cosa desideri fare.F. Io aggiungo che ognuno ha il dirittodi seguire la propria strada, il propriocuore, il proprio talento; ma chissàse, tra qualche anno, sarà ancora pos-sibile in Italia, fare questo mestiere!

un po’ din

news

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la nuova stagioneviennese

di Matteo Firmi

Tante novità e graditi ritorni per il 2015/16 dei Teatri Riuniti Viennesi

È stata presentata da ChristianStruppeck e dal CEO ThomasDrozda, assieme al coreografo Vin-cent Paterson, la nuova stagione deiTeatri Riuniti Viennesi. La program-mazione del 2015/16 prevede graditiritorni, innovazioni organizzative e unaumento dell’offerta produttiva.Al Ronacher, dove attualmente è inscena Mary Poppins, vedremo dueproduzioni: la prima è il celeberrimoEvita (in ottobre 2015), di AndrewLloyd Webber e Tim Rice; la secondasarà una novità scritta da RainhardFendrich: si tratta di I am from Au-stria, una vera e propria dichiara-zione d’amore all’Austria, edebutterà nella primavera del 2016.Al Raimund Theater ci sarà il lieto ri-torno del duo Kunze – Levay: dopo piùdi 500 spettacoli in 6 paesi del mondo,sarà rimesso in scena Mozart!. La storia del piccolo genio salisbur-ghese si riprenderà il palcoscenicodopo il debutto del 1999. L’allestimento sarà curato da Harry

Kupfer e Hans Schavernoch, che ab-biamo già visto per la regia di Elisa-beth, e vedrà una nuova canzonescritta per l’occasione.Nella primavera del 2016 Mozart! la-scerà spazio ad un’altra nuova pro-duzione, firmata Stephen Schwartz. Ilcelebre autore sta lavorando conChristian Struppeck per l’allesti-mento di Schikaneder: già annun-ciato nel marzo del 2013, lospettacolo si basa sulla storiad’amore tra Emanuel Schinkaneder,sua moglie e il loro rapporto con laVienna Musicale.Vari concerti sono inoltre in pro-gramma: si parte da settembre 2015con VBW Musical Gala 2015 perfesteggiare i 50 anni dalla prima pro-duzione al Theater an der Wien. Musical Christmas e Jesus ChristSuperstar sono previsti rispettiva-mente per Natale 2015 e Pasqua2016, quando sarà in arrivo MessiahRocks di Jason Howland e DaniDavis.

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