Amici del Musical 07 Italia

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amici webzine 07italia|2013 musical del I tranta anni della Compagnia della Rancia Sugar Gypsy Federico Bellone Gianluca Sticotti Giò Di Tonno Giulia Odi

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Trent'anni di Compagnia della Rancia, la festa di Tolentino, Sugar, Gypsy, Federico Bellone, Gianluca Sticotti, Giò Di Tonno, Giulia Odi...

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amici

w e b z i n e

07italia|2013

musicaldel

I tranta anni

della Compagnia della Rancia

Sugar

Gypsy

Federico Bellone

Gianluca Sticotti

Giò Di Tonno

Giulia Odi

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Trent’anni,e non sentirli

di Saverio Marconi

Ti svegli una mattina e ti accorgi che sono passati 30 anni! 30 anni daquando è nata la Compagnia della Rancia. Avevo 35 anni in quel lon-tano 1983.

Qui non vorrei ricor-dare tutti gli spettacolifatti, tutte le personeche hanno creato efatto crescere la com-pagnia, ma fare delleriflessioni su questianni trascorsi: pratica-mente metà della miavita.Ero in un momentomolto bello della mia

carriera d’attore, protago-nista di un film che ha vinto Cannes, Nastro d’argento e Valentino d’orocome interprete, protagonista di quattro film presentati in due edizioni delfestival di Venezia, copertine su varie riviste… ma quello non sarebbe statoil mio percorso, il destino mi indicava un’altra strada.La mia passione per costruire qualcosa insieme ad altre persone, la miapassione per scoprire nuovi orizzonti mi ha dato la forza di far nascere laCompagnia della Rancia in un piccolo paese delle Marche.Molti dicevano che sarebbe stato impossibile partire dalla provincia, manoi eravamo testardi; abbiamo smentito quei “molti”!La passione per il musical l’ho sempre avuta, fin da piccolissimo! Per for-

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Ouverture

tuna non so cantare, altrimenti ora – forse - sareiun interprete e non un regista.Molti dicevano che non era possibile fare il musi-cal in Italia perché non apparteneva alla nostracultura e non c’erano interpreti in grado di farlo;non abbiamo mai creduto a questi banali pregiu-dizi, non li abbiamo ascoltati, abbiamo solo ten-tato di dimostrare il contrario e abbiamosmentito quei “molti”!Che emozione, che soddisfazione, che energia cihanno dato gli applausi che ci confermavanoche il musical piaceva in Italia, gli applausi checonfermavano che i nostri sconosciuti interpretierano bravissimi…

Credo che per fare il musical,che di seguito chiameròTEATRO MUSICALE, bi-sogna prima di tutto cono-scere il teatro. Per fortuna laCompagnia è stata semprediretta da persone che veni-vano dal teatro di prosa equesto è stato un fondamen-tale aiuto per il raggiungi-mento dei nostri obiettivi. Non farò molti nomi in que-

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ste mie riflessioni ma non posso dimenticare Pietro Garinei. è stato Ga-rinei che ha creduto e riconosciuto il valore della Compagnia della Ranciae ci ha aperto le porte del più prestigioso teatro italiano della commediamusicale: il Sistina, quando era ancora IL SISTINA!Per molti anni abbiamo presentato i nostri spettacoli in quel teatro: grazie,Pietro e come eri solito dire: EVVIVA!Che battaglie abbiamo sostenuto per dimostrare che i testi delle canzonidovevano essere tradotti nella nostra lingua. Quante critiche ci siamopresi, quanta “puzza sotto il naso”abbiamo dovuto sopportare. Poi i mag-giori detrattori, privi di un minimo di coerenza, hanno cominciato ad imi-tarci traducendo le canzoni in italiano. Dopo 10 anni dalla fondazione è nato il nostro primo spettacolo di TeatroMusicale tutto italiano einedito: Fregoli.Non è stato facile per noiaffrontare questa sfida mail grande desiderio di co-struire spettacoli nuovi ciha fatto superare ogniostacolo ma ci ha anchefatto sbagliare.Abbiamo capito che percreare un nuovo spetta-colo bisogna conoscereprima di tutto la drammaturgia, abbiamo capito chenon bastava mettere dei numeri musicali e qualche coreografia per fare

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1. Tommaso Paolucci, Saverio Marconi e Michele Renzullo

al teatro Vaccaj di Tolentino2. La Piccola Bottega

degli Orrori3. A Chorus Line

4. Pinocchio5. The Producers

6. Grease7-8. Cantando Sotto La Pioggia

9. Frankenstein Junior10. Cats

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uno spettacolo musicale. I nostrigrandi compositori del passato ce l’hanno dimostrato ampiamente conle loro opere.Questa voglia di nuovi spettacoli ècontinuata nel tempo e dopo 20anni dalla fondazione è nato unodegli spettacoli musicali simbolodella compagnia: Pinocchio.Questa voglia di nuovo non si èesaurita!Il Teatro Musicale ha avuto una grande diffusione anche

grazie a molte star che hanno partecipato ai nostrispettacoli e qui le ringrazio tutte!Siamo stati criticati anche per questo: usare nomifamosi per attirare pubblico.Che stupidaggine! Evviva le star che attirano pub-blico, che fanno aumentare il numero di spettatori eche diffondono la passione per il Teatro Musicale!Gli stessi che ci criticavano hanno poi seguito lanostra strada.Per noi il teatro deve essere popolare e avere suc-cesso di cassetta senza dimenticare la qualità e laprofessionalità. Non è facile far tornare i conti;questi sono stati i momenti più difficili per la no-

stra compagnia, quando il successo non combaciava con l’incasso!

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Le foto sono di:1. Anna Bulfon2. Giovanni Montenero e Fabio Parenzan3. Sandro D’Ascanio4. Sandro D’Ascanio5. Antonio Agostini6.Giovanni Montenero e Fabio Parenzan7. Igor Guerrini8. Antonio Agostini9-10. Alessandro Pinna

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La passione e la dedizione al nostro lavoro ci ha fatto incontrare una per-sona che ha creduto e crede in noi, che con animo artistico ci ha aiutatoper gli ultimi 10 anni: grazie Marco!Abbiamo creduto per molto tempo che in Italia, come in molti altri paesi,ci fosse la possibilità di fare la lunga tenitura. Sbagliavamo! Una grande pro-duzione mondiale arrivata in Italia per tentare l’avventura di rendere Romae Milano simili alle grandi capitali mondiali ha fallito. L’Italia è un paese di-verso da tutti gli altri, nel bene e nel male, ma diverso. Diverso deve essere

quindi anche il nostro ap-proccio e questa sarà la no-stra prossima sfida!Non saremmo arrivati a 30anni se la Compagnia dellaRancia non avesse avutodei collaboratori validi,pieni di passione e col de-siderio di crescere e mi-gliorare sempre. La forza della Compagniaè proprio il gruppo! Nel tempo i collaboratori

cambiano, si alternano perché si modifica il percorso, ma è la continua ri-cerca che ci da la forza di andare avanti!Per una compagnia teatrale il traguardo di 30 anni non è facile, soprattuttomantenendo sempre lo stesso nome. Quante compagnie nascono, muo-iono, cambiano nome: ma non è la stessa cosa! Sono pochissime le compa-

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gnie nellastoria delteatro italiano che possono vantare questo record e di questo ne siamomolto orgogliosi.Arrivati a 30 anni di attività ci sembra ora importante incominciare a pen-sare di lasciare un’eredità alle prossime generazioni di appassionati del Tea-tro Musicale nella speranza che il nome “COMPAGNIA della RANCIA”duri almeno altri 30 anni!Poiché come ha scritto Giorgio Strehler “Un vero discorso teatrale è possi-

bile soltanto se vi è una comunità che vive, che lavora assieme”, vogliamo rin-graziare tutte le persone che hanno collaborato con noi, che sonocresciute con noi: i direttori di scena, i macchinisti, gli attrezzisti, i datoriluce, gli elettricisti, i fonici e i microfonisti, le sarte, le parrucchiere, le truc-catrici, i laboratori scenografici, i trasportatori e i facchini. Gli organizza-tori, i grafici, gli amministrativi, gli uffici stampa, i responsabili gruppi, iresponsabili dei siti internet, le segretarie. I registi, i registi associati, i core-gisti e tutti gli assistenti dei vari reparti. Gli scenografi, i costumisti, i crea-tori del disegno luci e fonico, i coreografi, i compositori, i parolieri e itraduttori e tutti i musicisti compresi i preparatori vocali e i direttori, e in-fine tutti gli interpreti.

è giusto chiudere queste riflessioni sui 30 anni della Compagnia della Ran-cia con tre nomi più uno:Marco Michele Saverio e Tommaso

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La grande festa

della Rancia

di Alessandro Caria

A Tolentino una serata senza precedenti e una grande mostra

per i trenta anni della Compagnia fondata da Saverio Marconi

Giovedì 11 luglio a Tolentino è statafesta! La Compagnia della Rancia,diretta da Saverio Marconi, ha in-fatti compiuto trenta anni di atti-vità. è stata festa per tutti gli artisti– arrivati per l’occasione da ogniparte d’Italia – che hanno lavoratoin questi anni con le celebre com-pagnia marchigiana. è stata festaanche per tutti gli appassionati delgenere musical, ai quali Saverio Mar-coni & Co. hanno regalato tantistraordinari spettacoli.La festa è cominciata con il vernis-sage dell’imponente ed evocativamostra allestita nel salone del se-condo piano del Castello della Ran-cia, “Compagnia della Rancia1983-2013: trent’anni di spettacoli”.Il Castello della Rancia di Tolentinoper la prima volta ospita la compa-gnia che ne porta il nome e lo dif-fonde in tutta Italia dal 1983. Lamostra, organizzata dal Centro Tea-trale Sangallo - la scuola di teatro

fondata e diretta da Saverio Mar-coni a Tolentino nel 1980 e da cuinel 1983 è nata la Compagnia dellaRancia - è il risultato di un intensolavoro di recupero degli archivi edei magazzini, per immergersi – tragrandi star, elementi di scenografiae sfarzosi costumi – nelle magicheatmosfere del teatro musicale. L’allestimento, curato in manierasuperba dallo scenografo GabrieleMoreschi con la collaborazione dellaboratorio di scenografia dellaCompagnia della Rancia, svela, attra-versando trent’anni di produzioneteatrale, tutte le fasi dell’allesti-mento di uno spettacolo, dai boz-zetti preparatori alla costruzionedelle scenografie e al lavoro di sar-toria, gli spartiti musicali, etc… Il progetto grafico e la scelta deimateriali d’archivio, frutto di unostraordinario e prezioso lavoro cu-rato da Anna Ciottilli, Sara Maccarie Stefania Sciamanna, riesce a rico-

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struire brillantemente le tappe fon-damentali della Compagnia attra-verso centinaia di fotografie discena e scatti inediti. Un vero viag-gio nella memoria teatrale e “per-sonale” per ciascun visitatore.è stato magico tornare indietro neltempo... Appena si attraversa l’espo-sizione si è avvolti da quella poesiae da quella emozione che solo ilTeatro può dare: per chi ne è statoprotagonista significa nostalgia, ri-cordi, amicizie; per chi ne è statospettatore significa emozione, risatee qualche lacrimuccia di commo-zione. Ecco allora che ci accoglie lamacchina Anni Cinquanta diGrease… le suggestive foto in

bianco e nero dei tanti interpretiitaliani di A Chorus Line (quelle concui termina il numero I Hope I Get

It, per intenderci) insieme ai miticicappelli a cilindro che ‘piovono’ dalsoffitto insieme a tanti costumi escarpe di scena di altri spettacoli…gli ombrelli di Cantando sotto la piog-

gia, le colonne di Jesus Christ Super-

star, la tinozza di Sette spose per

sette fratelli, la moto di Happy Days

insieme al camino di Frankenstein Ju-

nior e tantissimo altro ancora cheforse è giusto non svelare per nontogliere la sorpresa a quanti si re-cheranno a vedere la mostra neiprossimi mesi!La festosa serata, inserita nell’am-

foto di Lello Busiello e Massimo Davico

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bito della XXVII edizione dellaBiennale Internazionale dell’Umori-smo nell’Arte, doveva proseguire inpiazza, ma visto il temporale abbat-tutosi nel pomeriggio si è optatoper ‘rifugiarsi’ nel Cineteatro DonBosco, pieno all’inverosimile e contanta gente in piedi. Prima standing

ovation quando sale sul palco unemozionatissimo Saverio Marconi,nelle vesti di presentatore, con ac-canto il fidato Michele Renzullo. I due raccontano qualche curiosità:Marconi ricorda la piccola bugiadetta a Renzullo per convincerlo adandare a Tolentino per aprire unaScuola di Teatro (“Dai, Tolentino sitrova solo ad un'ora da Roma"), poi

spiega il nome della Compagnia(“Serviva un nome importante perla nostra Compagnia, così pen-sammo al Castello della Rancia diTolentino che sta lì da secoli e ci haportato bene, visto che dopo 30anni siamo ancora qui”) e infine ri-corda con tanta commozione l’indi-menticato Tommaso Paolucci. Poi,tra un video e l’altro (che hannoraccontato la storia della Compa-gnia) a salire sul palco sono stativari artisti che hanno ricordato ecantato alcune celebri canzoni deglishow che si sono succeduti in tredecenni… magari i numeri nonsono stati tecnicamente perfetti maproprio per questo ancora più

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“veri” e sentiti, come il momentorichiedeva... si è partiti con ManuelFrattini nel tango di Piccola Bottega

degli Orrori (l’incontro della Compa-gnia con il Musical); poi uno scate-nato Giampiero Ingrassia hacantato Sandy e un numero coraledi Grease insieme agli interpreti eballerini presenti che vi hannopreso parte; poi di nuovo Frattini(introdotto da Stefano D’Orazio)con la struggente La mia notte dei

miracoli da Pinocchio. Sale sul palcoFabrizio Angelini, fulgido esempio diartista cresciuto nella factory mar-chigiana del musical e diventatoeclettico regista e coreografo, chericorda insieme a Marconi il suoprimo provino... è poi la volta di Va-leria Monetti che esegue magistral-mente Solo lui da Sette Spose per

Sette Fratelli. Davvero esilarantisono gli auguri fatti alla Compagniadagli Oblivion con un sorprendentevideo-omaggio. Si va avanti con labravissima Sabrina Marciano checanta con gusto Din-Don-Dan daBulli e Pupe. La stupenda voce di Al-berta Izzo ci fa ascoltare La musica

sa cosa vuole il cuore da Tutti Insieme

Appassionatamente… e ancora Va-lentina Gullace con l’intensa Non so

chiamarlo amore da Jesus Christ Su-

perstar… ritorna Frattini conMauro Simone e cantano Un vero

amico da Pinocchio (anche qui sonointervenuti alcuni interpreti dei varicast presenti alla serata). ChiaraNoschese ricorda con Marconil’importanza dell’umorismo nel Tea-tro e una spassosissima Giulia Ot-tonello canta, coadiuvata daFederica Baldi, la storica Memory daCats. Gran finale con Renata Fuscoche canta con sincera emozioneL’ho fatto per amore da A Chorus

Line, numero emotivamente deva-stante dove i ballerini (eternamentein cerca d'autore) ci ricordanol’amore e la passione per il loro la-voro… con quel “ma di te, ma divoi, non mi scorderò” cantato in-sieme a tutti (sul palco alcuni degliinterpreti delle tre edizioni, in pla-tea gli altri artisti presenti), con lelacrime agli occhi e il groppo in gola. Buon compleanno, Compagnia della Rancia!

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Amici del Musical

www.amicidelmusical.it

sito ideato da Franco Travaglio

webzine

issuu.com/amicidelmusical

ideazione, coordinamento editoriale, progetto grafico e impaginazione

Francesco Moretti

in redazione

Alessandro Caria, Enrico Comar, Laura Confalonieri, Sara Del Sal,

Diana Duri, Roberta Mascazzini, Roberto Mazzone, Valeria Rosso,

Enza Adriana Russo, Franco Travaglio

si ringrazia

Saverio Marconi, Sara Maccari

n. 07italia|2013

22 luglio 2013

Abbiamo fatto il possibile per reperire foto autorizzate e ufficiali.

Per ogni informazione e/o chiarimento scrivete a:

[email protected]

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Facts & Figures

Ouverture

Trent’anni e non sentirli

La grande festa della Rancia

Le recensioni

Sugar - A qualcuno piace caldo

Gypsy

Le interviste

Federico Bellone

Gianluca Sticotti

Giò Di Tonno

Giulia Odi

In breve

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lerecen

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amicimusicaldel

recensioni

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A tutti piace caldo

di Roberto Mazzone

L’incontenibile trio Mattera-Ginepro-Pignatelli

nel riuscitissimo remake di “A qualcuno piace caldo” 

Stagione di anniversari da celebrare,quella appena conclusa, per Fede-

rico Bellone, prima regista autore(e co-produttore) del musical Tita-

nic – Il racconto di un sogno (accoltotiepidamente da critica e pubblico,n.d.r.), a 100 anni dal tragico affon-damento; in seguito, lo troviamo allaguida del revival del musical A qual-

cuno piace caldo, tratto dall’omo-nimo film del 1959 firmato da BillyWilder.Bellone ha scelto di ricordarel’icona Marilyn Monroe a cinquan-t’anni dalla sua scomparsa attra-verso l’estrosa figura di Justine

Mattera e, a questo scopo, ha ag-giunto nel titolo il nome Sugar. Questa edizione, prodotta dallaneofita Wizard Service insieme alTeatro Stabile di Verona e con lacollaborazione organizzativa dellaCompagnia della Rancia (che giàaveva messo in scena lo spettacolonella stagione 2000/2001) ha debut-

tato il 26 e 27 marzo scorso all’Eu-ropauditorium di Bologna, dopo unaserie di anteprime; in particolare, in queste righe, ci si riferisce al debutto torinese dello spettacolo, avvenuto presso il teatro Alfieri, loscorso 16 aprile. La prima cosa che colpisce dell’alle-stimento è la scelta di realizzarel’intero spettacolo inseguendo al-cune suggestioni di tipo cinemato-grafico (utilizzo del bianco e nero);un po’ come portare il cinema sulpalcoscenico, intuizione molto ap-prezzata dal pubblico in sala, soprat-tutto perché rende al megliol’atmosfera del “proibizionismo”americano e l’intera contestualizza-zione dello spettacolo. Le coreografie di Gillian Bruce

sono fresche, dinamiche e ammic-canti quanto basta. Lo stesso si puòdire per la direzione musicale di Simone Giusti e per la traduzionedi testi e liriche di Michele Ren-

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zullo (le liriche aggiunte per questaedizione portano la firma diFranco Travaglio).In generale, lo spettacolo pone alcentro dell’azione scenica la musicajazz, proprio come elemento hot,derivante dal titolo originale del-l’opera.Convincente Justine Mattera nelruolo di Zucchero Candito; chi megliodi lei può vestire i panni di Marilyn?Dolce, svampita e - all’occorrenza, -decisa femme fatale, che non riescea instaurare relazioni durature conl’altro sesso e cerca continuamenteconsolazione nell’alcool. Vere rivelazioni dello spettacolo,per simpatia, grinta e soprattutto

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spirito di adattamento, sono Chri-

stian Ginepro e Pietro Pigna-

telli, nei panni di Jerry e Joe, duesquattrinati musicisti, loro malgradotestimoni della “strage di San Valen-tino”. Costretti a fuggire, si ritro-vano all’interno di un’orchestra disole donne, nei panni di Dafne e Jo-sephine. E da quel momento, i colpidi scena non mancheranno…I due attori si dimostrano una cop-pia davvero collaudata sulla scena erappresentano l’elemento trainantedi tutto lo spettacolo, insieme atutto il resto della compagnia: An-

namaria Schiattarella, Silvano

Torrieri, Giorgio Avanzini, Ma-

nuel Mercuri, Federica Nicolò,

Giulia Patti, Chiara Rosignoli e

Chiara Vecchi.E cosa dire del duetto-in-tango traChristian Ginepro (Dafne) e il sim-paticissimo Mimmo Chianese

(Osgood)? Solo quello vale tutti gliapplausi della serata e resta im-presso nella memoria, forse ancorapiù dell’immancabile battuta finale:“Nessuno è perfetto!”.Dopo la pausa estiva, il musical siprepara già a ripetere il successodella prima tranche di rappresenta-zioni, con una nuova tournée, chepartirà l’8 novembre prossimo daSaronno, per toccare i principaliteatri italiani (Genova, Pavia, Roma e Milano quelli finora confermati).

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Si ringrazia Cristina Cozzi (ufficio stampa MAS) ‘per le foto

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Ma sul palcoscenico

questo Gypsy non va

di Enrico Comar

Non convince la versione italiana di uno dei grandi classici

del teatro musicale americano

Nello scrivere questo articolo, forte

era il timore di fare una recensione

poco oggettiva, avvelenata dalla rab-

bia e dalla frustrazione dovuta non

tanto al fatto di aver assitito ad uno

spettacolo oggettivamente mediocre

(di quelli ce ne sono a decine, anche

di gran lunga peggiori, come è lecito

che sia) ma, in un momento così de-

licato e importante per il musical ita-

liano, dal veder giungere sui circuiti

del grande teatro e quindi ad una vi-

sibilità di prim’ordine (come inevita-

bilmente impongono un nome di tale

spicco nel cast e M.A.S. e Poltronis-

sima alla produzione) uno spettacolo

che rischia seriamente di dare

un’idea distorta di cosa un musical

può (e deve) essere.

Spettacolo tra i più amati d’oltreo-

ceano (con attrici del calibro di An-

gela Lansbury e Bernadette Peters),

Gypsy racconta la vera storia di

Rose, madre ambiziosa e ossessiva

nell’America degli anni ‘30 (Loretta

Goggi) pronta a tutto pur di dare

alle figlie quel successo che a lei è

stato negato, trascinandole in un cal-

vario verso la fama (che alla fine

giungerà, seppure in forme diverse

rispetto ai progetti di Rose) che la

porterà a sacrificare l’amore del fe-

dele impresario Herbie (Sergio

Leone) e i rapporti familiari pur di

coronare le proprie ambizioni.

Abbandonata dalla talentuosa pri-

mogenita June (Eleonora Tata),

Rose riversa le sue attenzioni sulla

timida Louise (Gisella Szaniszlò),

che troverà un inaspettato successo

come diva del burlesque col nome di

Gypsy Rose Lee.

Un classico a suo modo anomalo, a

tratti più simile ad una piéce con

canzoni, che ad un musical vero e

proprio. Vìola apertamente le regole

del genere, utilizzando la musica nei

momenti descrittivi e di raccordo

(tolti i brani inclusi nei consueti nu-

meri di “spettacolo nello spettacolo“,

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restano una manciata di canzoni, lacui efficacia si regge più sugli affilatitesti di Stephen Sondheim chesulle musiche di Jule Styne), affi-dando invece quelli più determinantiquasi interamente alla prosa, forte diuna scrittura teatrale (di Arthur

Laurents) solida e calibrata, maanche alquanto delicata.Il progetto offriva più di una ragioneper essere memorabile. Innanzituttoil ritorno sulla scena di una tra le piùimportanti dive del palcoscenico ita-liane (assente dalle scene dal 2010,in seguito a gravi problemi familiari),oltre naturalmente all’occasione dieseguire per la prima volta nel no-stro paese uno dei classici del teatro

musicale americano e alla sfida diproporre al pubblico italiano un mu-sical per certi versi “diverso”, impe-gnativo e non facile, che non lasciacomode vie di fuga tra scene spetta-colari o numeri musicali di facilepresa sul pubblico, ma costringe aduna sapienza registica non banale,offrendo (proprio in virtù della suaintrinseca imperfezione) grandi op-portunità, e il cui equilibrio si reggefondamentalmente su due fattori:un’efficace resa della complessa fi-gura di Rose e la capacità di rievo-care e far comprendere allospettatore il periodo storico e ilcontesto sociale e culturale che fada sfondo alla vicenda.

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Se il primo obiettivo può dirsi discre-tamente ottenuto grazie all’indubbiaesperienza e capacità attoriale dellaprotagonista, il secondo (di per sédifficile da rendere agli occhi delpubblico non americano) viene in-vece totalmente ignorato dal registaStefano Genovese, che, al contra-rio, sembra voler annullare qualsiasitentativo di rievocazione storica (i costumi di Matteo Piedi, autoreanche delle scene, per esempio, nonsolo evitano ogni cura filologica, manon cercano nemmeno di evocarel’epoca, tentando piuttosto di ade-rire al carattere dei personaggi),optando per un allestimento quasidecontestualizzato che, forse per

enfatizzare la grottesca parabola diRose e dei suoi compagni, calca lamano sui toni kitsch e caricaturali(imbarazzanti i personaggi dellebambine affidati a attrici più cheventenni, dalle vocine squittenti),evolvendosi solo nell’ultima parteverso virate più glamour e classiche,aiutato (se così si può dire) da sce-nografie naif e dalle monolitiche lucidi Valerio Tiberi. Il risultato èperò straniante e finisce solo perconfondere il pubblico e impedire uncontatto autentico con i personaggi.Orchestra preregistrata, ovviamente.Microfoni e altoparlanti al massimoanche nei momenti parlati (impiantoaudio monofonico, con l’irritante e

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bizzarro effetto di voci stentoree pa-lesemente provenienti dai lati delpalco indipendentemente dalla posi-zione dell’attore sulla scena), consuoni impastati nelle parti cantate,rendendo non solo difficile valutare laqualità degli arrangiamenti e delleesecuzioni, ma impedendo a volte lacomprensione stessa dei testi dellecanzoni (tradotti dallo stesso registacon una certa cura).La protagonista, che pure si dona ge-nerosamente al personaggio, è pena-lizzata da uno strumento vocaleormai alquanto compromesso, i cuilimiti, nonostante una certa abilitànell’utilizzare trucchi e accentiespressivi per eludere le difficoltà,

alla lunga vengono visibilmente agalla (con oltretutto un forte so-spetto di uso del playback in almenoun paio di occasioni). Il resto del castsembra scelto soprattutto per nonfar sfigurare la star dello show. Ed ètriste che in un paese in cui i talenticerto non mancano (come il pub-blico del Rossetti ha avuto occasionidi constatare più volte quest’anno) sidecida di affidare uno spettacolo delgenere ad un gruppo di artisti, noncerto privi di capacità (Gisella Sza-

niszlò ha alcuni momenti davverotoccanti e l’ottimo Matteo Tugnoli

concede un numero di ballo, su co-reografia di Stefano Bontempi, digrande effetto), ma intrappolati in un

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campo non loro e soprattutto malserviti da una regia assente, con risul-tati spesso del tutto deludenti. Unicoad uscirne a testa alta è Sergio Leone;anche lui, a voler ben guardare, deci-samente poco avvezzo al canto, ma ingrado di delineare un personaggioautentico e commovente. Lo spettacolo arranca durante tuttala prima parte senza riuscire a darecorpo e voce ai propri personaggi,appesantito soprattutto dalle medio-cri parti musicali, che spesso turbanoe rallentano l’azione scenica. Il secondo atto offre qualche timidomiglioramento e i pochi momentidavvero interessanti si concentranonell’ultima parte (il confronto tra

madre e figlia, il monologo finale diRose, in cui la Goggi indubbiamenteda il meglio di se), in ogni casotroppo tardi per la pazienza del pub-blico del Rossetti che accoglie lospettacolo con timidi applausi di cir-costanza e qualche fuga dalla plateanella pausa tra il primo e il secondoatto. Fuori luogo anche il discorsettodi commiato della protagonista “forse

vi aspettavate qualcosa di diverso […]

non è il solito musical tutto paillettes e

lustrini”, maldestro e abbastanza irri-tante tentativo di salvare la faccia(scaricando oltretutto le colpe suuna presunta incompetenza del pub-blico) di fronte alla palese mediocritàdello spettacolo offerto.

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leinterv

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amicimusicaldel

interviste

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Il sogno

americano

di Roberto Mazzone

Un fiasco, un successo, una trasferta in America:

una stagione molto intensa per il regista Federico Bellone

Momento d’oro per Federico Bellone,che si prepara a una stagione2013/14 altrettanto ricca d’impegniquanto quella appena trascorsa, nonostante la tiepida accoglienza da parte di pubblico e critica al suoTitanic.La versione in musical dell’evergreendi Billy Wilder, A qualcuno piace

caldo, si prepara al secondo anno ditour, e già sono annunciate impor-tanti piazze (Genova, Pavia, Firenze,Roma, Milano) a partire dal pros-simo mese di novembre. Nel frattempo, il giovane regista, autore e produttore racconta allanostra webzine la gratificante espe-rienza professionale vissuta in Cali-fornia come regista associato in unrevival del musical Show Boat. E si prepara al suo debutto comeregista di prosa, al Todi Festival il 30e 31 agosto, con il testo di AuroraFaccani, American Bar.Che bilancio tracci di questa stagione?

“Una stagione purtroppo moltodura a causa della situazione econo-mica del nostro paese, che perquanto mi riguarda ha visto da unaparte un flop e dell’altra un grandesuccesso. Infatti, dopo un workshopriuscitissimo, la versione musicaleper il palcoscenico di Titanic non èrisultata come speravo, collezio-nando uno scarso interesse da partedel pubblico e delle critiche mistetendenti al negativo. Le ragioni sonomolteplici, ma basti comunque pen-sare che il punto di riferimento dicoloro che fanno teatro commer-ciale, Broadway, vede ogni stagionepochissimi successi di pubblico e cri-tica rispetto al numero degli spetta-coli prodotti. Il lato positivo diquesta esperienza è stato il com-prendere pienamente delle cose danon ripetere e, soprattutto, il mi-gliore cast a livello umano con cuiabbia mai avuto a che fare, oltre cheartisticamente di altissimo livello.

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Dall'altro lato della medaglia la tra-sposizione a musical della celebrepellicola di Billy Wilder, A qualcuno

piace caldo, che ha conquistato total-mente pubblico e critica in manieraentusiastica, con la nascita di unanuova produzione capacissima, laWizard, che si è distinta nonostantela prima esperienza produttiva e larecessione.Lo spetta-colo ripren-derà quindianche la pros-sima stagioneripartendo daSaronno l'8novembre, perpoi toccaretutta l'Italia.Todi Festival

2013: come è

nata la collabora-

zione? Puoi rac-

contarci qualcosa su American Bar, il

tuo primo progetto a non essere total-

mente un musical,

se non erro?

“Ho ricevuto una telefonata dal di-rettore artistico, Silvano Spada, cheaveva seguito il mio percorso e chemi ha offerto questa regia. American

Bar è un testo di prosa drammaticooriginale, scritto da Aurora Faccini,ed è una fotografia dei giovani nel-l’Italia del primi anni '60, visti per laprima volta come categoria a séstante e non più unicamente legata

ai propri genitori. Lo spettacolo for-nisce lo spunto ad un’indagine sucome i giovani d’oggi siano propriouna conseguenza di quella genera-zione del dopoguerra.”Raccontaci qualcosa sull'esperienza

californiana di Show Boat...

“è stata in assoluto l’esperienza la-vorativa più eccitantedella mia vita. Non dipiù soddisfazione,perché il ruolo diregista associato èovviamente moltopiù limitato ri-spetto a quello diregista, ma certa-mente la più sti-molante. In questaproduzione ame-ricana, tutti, dalreparto artisticoa quello tecnico,

avevano un mestiere e unaprofessionalità almeno quattro voltepiù sviluppati che nel nostro paese,ovviamente con le dovute ma raris-sime eccezioni italiane.Il cast, praticamente tutto con espe-rienze precedenti da protagonista aBroadway, offriva già spontanea-mente un’interpretazione moltocoerente con il proprio personaggionello spettacolo e allo stesso tempoera velocissimo nel mutare unascelta rispetto a una richiesta dellaregia. L’orchestra, anch’essa diprim’ordine, con tanto di trombetti-

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sta solista proveniente dall'ultimorevival di Gypsy a Broadway, dopo laprima lettura era già eccellente.La direzione di scena una macchina daguerra come mai vista nella mia vita.”Cosa gioverebbe al teatro musicale in

Italia?

“Il teatro musicale italiano è fatto,come nel resto del mondo, da per-sone. Pertanto la formazione, siatecnica, sia artistica, è di primariaimportanza. è per questo che negliultimi anni, e in particolar mododopo questa esperienza, stiamo cer-cando di adeguare la SDM - Lascuola del musical di Milano allemaggiori istituzioni accademicheamericane e britanniche, con l’ap-porto dei rispettivi direttori e do-centi stranieri, che insegnino a noiitaliani quello che effettivamente ap-partiene ora più a loro che a noi,come a nostra volta in passato ab-biamo fatto - e facciamo tuttora -noi con l’opera lirica.Infine anche Broadway sta ormaitornando a un teatro sempre spet-tacolare ma con più idee e meno au-tomazioni.La magia del musical è in parte, ecomunque in maniera consistente,scene e costumi, ma ultimamentespesso si è toccata la soglia dellastucchevolezza a mio avviso (non miriferisco a Priscilla). In Italia do-vremmo a mio avviso, e siamo co-stretti comunque a farlo, tornareanche noi verso questa strada.”

Un pensiero per la Compagnia della

Rancia, che ha da poco festeggiato i

suoi 30 anni di attività...

“Mi si è stretto il cuore non averpotuto festeggiare con tutti loromentre mi trovavo negli Stati Uniti.Un grande grazie per essere stati ipionieri di questo genere anglosas-sone in Italia con altissima qualità,per tutto quello che hanno fatto perme e per avermi cresciuto vera-mente come un figlio.”Una previsione/appello sulla prossima

stagione teatrale, sia considerando i

tuoi impegni, ma anche in generale?

“Credo ci sarà più qualità, perché lastagione precedente ha dato una stan-gata ai prodotti di serie B. Modestia aparte, non mi sento nella posizione difare un appello. L’unica cosa che possodire è che se un tempo esistevano giài grandi attori, registi, autori, creativi eproduttori, ma non le scuole diadesso, probabilmente c’era tanta piùvoglia di conoscere e scoprire quelloche c’era intorno a noi, più di quantace ne sia oggi.”

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Direste che sono

un architetto?

di Sara Del Sal

A tu per tu con Gianluca Sticotti

Quando la redazione pensa ad unarticolo, lo affida a uno dei suoi col-laboratori, attraverso una scelta ba-sata su diversi fattori. Capita quindiche il prescelto debba iniziare a stu-diare l’argomento da trattare o tal-volta raccontare qualcosa oqualcuno che sente distante da sé.Per quanto sembri complicato, chiscrive farà il possibile per essereimparziale. Quando la redazione miha chiesto di realizzare la seguenteintervista ho accettato subito, masolo successivamente mi sono resaconto di dovere raccontare unapersona che conosco, una personacon la quale talvolta collaboro, unamico, ma anche un performer cheè in grado di emozionarmi ognivolta che lo vedo sul palcoscenico.è reduce da una tournèe da tuttoesaurito in giro per l’Italia conGrease, ha ripreso il suo ruolo nellospettacolo On Air con Stefania Secu-lin a Fabbrico (RE) ed ha tenuto

uno stage di musical, affiancato daLuca Spadaro, all’Associazione Ar-teinventando di Moimacco, fuoriUdine. Gianluca Sticotti è di certouno che sa come tenersi impe-gnato, facendo quello che ama...“Il musical per me è un bel modo divivere: non vivo la mia vita come unmusical ma il musical, il mio lavoromi fa vivere bene. Fuori da teatrovivo una vita normale, ma questolavoro mi da’ grandi soddisfazioni”Kenickie in Grease cosa ti ha dato?

“Mi ha dato una grande spinta. Miha fatto crescere, è il primo ruoloche interpreto ed in tournèe. Que-sto ruolo è impegnativo e dovendoandare in scena anche quando stavomale o quando ero più stanco hoavuto la possibilità di mettermi ingioco ancora di più.”Prima dell’ingaggio in Grease hai lavo-

rato nel musical La bella e la bestia e

in Priscilla. Come è stato salire sul

palco senza un trucco che ti trasfor-

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masse in qualcosa o qualcuno di di-

verso, ma mostrando al pubblico

quello che sei.

“Bello, ma all’inizio mi ha spaven-tato:è stato diverso perché indos-sare una maschera in tutti i sensi èpiù facile e ti permette di giocaresul palco senza pensieri. Invece in-dossare un ruolo che porta il mioviso è diverso. La mimica di Priscilla

e della Bella e la Bestia ho dovutorivederle e lavorare su quelle chesono le mie espressioni.”Tre ingaggi uno via l’altro con tre pro-

duzioni diverse. Quali sono le cose che

ti hanno insegnato queste tre diverse

metodologie di lavoro?

“La Stage la disciplina, Mas mi ha

aiutato a togliermi i freni inibitori, laCompagnia della Rancia mi ha inse-gnato che si può lavorare con ilcuore sempre.”Quando hai scelto di lasciare il tuo la-

voro di architetto, traguardo raggiunto

con una laurea, per iniziare a studiare

alla BSMT, in cosa speravi?

“Speravo di avere fatto la scelta giu-sta. Speravo di ottenere anche solouna parte di quello che sto vivendoora.”Sei un musical performer completo,

ma suoni anche il pianoforte e la chi-

tarra. Che posto ha la musica nella tua

vita?

“La musica è in qualsiasi parte dellamia vita. Nel lavoro, nell’allena-

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mento, nei miei rapporti di amiciziae di amore. Quello che io faccioper identificare un sentimento oun’azione è usare una melodia.Quando devo capire qualcosa lometto in musica.”Hai tradotto musical, scritto spettacoli

come il tuo “24h” che è andato in

scena alla Sala Bartoli del Rossetti, ti

sei intrufolato in ogni angolo di questo

straordinario mondo. Cos’è che ti sti-

mola di più?

“L’immaginazione e il fatto di rein-ventarsi ogni giorno… Sono eclet-tico, mi piace fare mille cose. ”Sempre a Trieste, hai partecipato al

progetto Musical StarTS, salendo per

la prima volta sul palcoscenico della

tua città natale.

“Era la prima volta che ci salivo dadiplomato BSMT, non la prima in as-soluto. In passato avevo partecipatoal primo progetto di teatro ragazzidello Stabile con Il bugiardo di Gol-doni e poi avevo fatto un Sogno di

una notte di mezza estate. Con Musi-

cal StarTS mi sono fatto conosceredal pubblico triestino che con glispettacoli residenti che ho fattonon mi aveva mai visto lavorare.”Ritornare in Friuli Venezia Giulia per

insegnare in uno stage, che effetto ti

ha fatto? Cosa ti ha dato quell’espe-

rienza?

“Ormai da diversi anni insegno.Farlo nella mia regione mi ha im-

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paurito un po’ ma ho fatto l’espe-rienza più bella di insegnamentofatta finora perché la mentalità deiragazzi in quella zona è più chiusarispetto al resto d’italia e mi aspet-tavo qualche difficoltà e invece i ra-gazzi si sono messi in gioco al100%. Mi hanno studiato all’iniziopoi si sono fidati e poi si sono la-sciati andare completamente.”Vederti insegnare ai ragazzi è sicura-

mente un’esperienza. Sei molto umile

e attento. Cosa ti piacerebbe che por-

tassero con loro?

“L’entusiasmo. Il mio entusiasmo eil fatto che la musica arriva dovenon riescono ad arrivare le parole.”Qual è il tuo dream role?

“Tony in West Side Story, Galileo inWe will rock you, Der Tod in Elisa-

beth, Jesus in Jesus Christ Supestar, etanti tanti altri.”C’è un musical che desideri andare a

vedere?

“Recentemente sono rimasto am-maliato da Matilda, quindi ora direiThe Book of Mormons.”Descriviti in tre aggettivi.

“Biondo, sensibile, forte.”Qual è il complimento più bello che

hai ricevuto in questi anni?

“Mi ricordo una frase, dopo Il bacio

della donna ragno che ho fatto a Bo-logna. Una signora all’uscita mi hadetto: sono rimasta stupita da teperché oltre ad essere un bravo at-tore sei anche un grande cantante.”Hai cantato di fronte a una leggenda

vivente come Andrew Lloyd Webber.

Che cosa ti ha regalato quell’espe-

rienza?

“Mi ha fatto capire che nella vitanon ci sono limiti.”Qual è, dal tuo punto di vista, la ricetta

giusta per fare bene il musical in ita-

lia?

“…Essere performer completi, inprimis essere attori e credere finoin fondo in quello che si sta por-tando in scena.”Questo è Gianluca Sticotti, un per-former ricco di sorprese che valedavvero la pena di ascoltare dalvivo.

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Non solo Quasimodo

di Enrico Comar

Le mille sfaccettature di Giò Di Tonno,

tra opere popolari e musical d’autore

è sempre una piacevole sorpresavedere un teatro di provinciacolmo in tutta la sua capienza (eanche un po’ di più); ancora più in-solito è assistere a scene degne delWest End, con gruppi di ammiratori(e soprattutto ammiratrici) di tuttele età in attesa all’uscita artisti, con-tinui scintilli di flash fotografici ecorsa agli autografi a fine serata.Questo è il caso di Talk Radio, pic-colo/grande spettacolo con prota-gonista Giò Di Tonno in scena alTeatro di Talmassons (paesino diquattromila abitanti nella pianurafriulana) a cura di Walter Sivilotti(anche nelle vesti di arrangiatore epianista). Una immaginaria direttaradiofonica notturna (con l’efferve-scente Marco Caronna nel ruolodi un ingombrante intervistatore)in cui il cantante si racconta, recitae canta accompagnato dall’Orche-stra Giovanile Arrigoni. Uno spetta-colo piacevolissimo, che potrebbe

offrire idee e spunti a molti piccoliteatri del nostro paese.

Giò Di Tonno è sicuramente uno dei

nomi più noti al pubblico italiano quando

si parla di musical. Ma la tua carriera è

iniziata in tutt’altra direzione...

Da quando ero ragazzo, sono sem-pre stato molto interessato alla fi-gura del cantautore; e in quelladirezione ho improntato la mia car-riera. Sin da adolescente, ho cer-cato di farmi strada cantandocanzoni composte da me, che nel‘93 mi hanno portato, appena mag-giorenne, a partecipare per la primavolta al Festival di Sanremo. Gli annisuccessivi sono stati determinantinel mio percorso professionale; l’incontro con Franco Bixio, la se-conda partecipazione a Sanremo, al-cune apparizioni televisive el’incontro con altri autori e generimusicali. Un periodo anche ricco dimomenti di difficoltà, che mi hanno

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spinto, o meglio costretto, ad allar-gare i miei orizzonti e a cercarenuovi sbocchi, che precedente-mente non avevo preso inconsiderazione. E’ in questo periodo che il

musical entra in gioco?

Si. L’idea di raccontareuna storia, di portare

inscena

un perso-naggio attraversola musica è indub-biamente esaltanteper un cantante. E, anchese non mi sono mai defi-nito un attore nel sensostretto del termine, il teatro e ilmusical sono diventati senza dubbiouna parte importante della mia vita.La grande svolta è segnata dall’incon-

tro con Zard e Cocciante.

In realtà fu la mia ragazza (la foto-grafa Sara Benmessaoud, ndr) afarmi conoscere per la prima voltaNotre Dame De Paris, insistendo nel

Page 43: Amici del Musical 07 Italia

farmi ascoltare i brani della ver-sione francese, che all’epoca, loconfesso, ascoltai in modo distrattoe senza grande interesse. Solo un paio di anni dopo mi pre-sentai finalmente alle audizioni peril ruolo di Quasimodo, personag-gio che ho poi interpretato perben tre anni (e che, in un modo o

nell’altro, mi ha accompagnatoper molto tempo anchedopo la fine delle replicheufficiali) aprendomi le portedel mondo del musical,dandomi l’opportunità di

dare vita ad altri grandiperso-

naggi

come Jekyll o Don Rodrigo.Dopo Cocciante sei quindi passato a

Wildhorn. Un tipo di spettacolo piut-

tosto diverso.

A livello produttivo, Jekyll&Hyde èstato secondo me uno spettacolomolto significativo. In una realtà incui il teatro musicale di serie Asembrava materia esclusiva dipoche grandi compagnie, il Teatrostabile d’Abruzzo ha saputo creareun musical commercialmente com-petitivo (lo spettacolo è stato intournée dal 2006 al 2008, ndr) e dialta qualità, riunendo un gruppo dieccellenti artisti sia sulla scena chedietro le quinte.In Italia c’è una sorta di lotta, spesso

molto agguerrita, tra gli

amanti del musical

“classico” da

un lato e

i se-

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pressoché bandito daigrandi teatri d’opera, e lesale polivalenti o diprosa spesso non risul-tano adeguate adaccogliere orche-stre, né sannorendere giustiziaalle esecuzionimusicali dalvivo. Il giocopotrebbenon valerela candela,compli-candoinutil-menteuna si-tua-zionegià diffi-cile e fa-cendolevitare icosti senza adeguati be-nefici. Inoltre temo che,con una tipica politica delrisparmio molto diffusa in que-sto ambiente, si finirebbe per utiliz-zare soluzioni ibride, orchestreridotte all’osso o band mediocri, ri-spetto alle quali francamente prefe-risco le basi. Come interprete, c’è differenza tra la-

vorare in produzioni come quelle di

Zard o in spettacoli di impostazione

più classica?

guaci di Zard e delle Opere popolari

dall‘altro. Tu cosa pensi a riguardo?

Al suo apparire, Notre Dame De

Paris rappresentava un grande ele-mento di novità ed ha dato ungrande impulso al teatro musicalein Italia. Se il musical tradizionale,come lo chiami tu, ha saputo sfrut-tare l’occasione e svilupparsi inmodo autonomo, molte successive“opere popolari” si sono inveceadagiate troppo pigramente sul mo-dello lanciato dagli spettacoli diZard. Alla lunga si è giunti ad un for-mat fotocopiato senza originalità, incui la ricerca di qualità musicale eteatrale ha lasciato posto ad unagara di spettacolarità pura e sem-plice, con produzioni sempre piùmonumentali ma spesso realizzatein modo grossolano e poco curato,che hanno dato spesso cattiva famaad un genere in grado invece di of-frire anche prodotti di alto livello.Un problema molto discusso, in Italia,

è quello dell’uso abituale di basi musi-

cali pre-registrate...

è innegabile che l’accompagna-mento dal vivo sia molto più appas-sionante, sia per il pubblico che pergli interpreti; lo spettacolo di que-sta sera ne è la prova. Le basi man-tengono sempre una certafreddezza e limitano molto il lavorodell’interprete. Tuttavia spesso sitratta di un compromesso necessa-rio sia per questioni economicheche logistiche. Il musical in Italia è

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In lavori come NDDP o I promessi

sposi sei in qualche modoun elemento di un

grande ingranag-gio; si tratta di

un tipo dispettacoloimpron-tato su unapparatoscenogra-fico mo-

numentale,su grandi

scene coralie una teatra-

lità più stiliz-zata, che crea

una sorta di fil-tro che ti fa sen-

tire più protetto edistaccato. In un

musical tradizionalecome J&H, invece, siè molto più “sco-perti” e quasi nudi di

fronte al pubblico. ènecessario vivere più in-

tensamente il personaggio ecurare di più il lavoro interpretativo. Nel tuo caso, come procedi nella crea-

zione di un personaggio?

Come ho detto, mi considero in-nanzitutto un cantante, quindi, nellacreazione dei personaggi, mi piacepartire (a differenza di molti miei“colleghi”) dall’aspetto vocale. Hoavuto la fortuna di lavorare con re-

gisti molto abili e capaci, e spessomi sono affidato molto a loro perguidarmi nel lavoro scenico, otte-nendo, grazie al loro aiuto, risultatiche da solo difficilmente avrei po-tuto raggiungere. Da parte mia, miconcentro sulla ricerca del timbro edel tipo di fraseggio adatti al perso-naggio. Nel caso di Mr Hyde, peresempio, il rischio era di riproporreil clichè di Quasimodo (per nonparlare delle chiare affinità con lacelebre gag di Fiorello) e si è resonecessario un lungo lavoro prima dtrovare una vocalità adeguata.Una capacità di plasmare la voce che il

pubblico italiano ha avuto modo di ap-

prezzare recentemente in televisione.

Ho partecipato a Tale e Quale Show

proprio per mettermi in giococome cantante e attore: portare inscena un personaggio per pochi mi-nuti, coglierne l’essenziale e comu-nicarlo al pubblico nel tempo di unacanzone. Inoltre non posso negarel’importanza di una esperienza delgenere in termini di visibilità. Le ap-parizioni televisive degli ultimitempi mi hanno dato l’opportunitàdi farmi conoscere da un pubblicopiù ampio e confesso che questanuova fama si sta rivelando moltoutile nella realizzazione di alcuniprogetti futuri.Ci è concesso avere qualche indizio?

Sto lavorando ad un nuovo spetta-colo, questa volta nelle vesti di au-tore. Sarà qualcosa di… diverso.

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Amici del Musical

fa 2000

di Franco Travaglio

Giulia Odi è la 2000esima Amica del Musical su facebook:

l’abbiamo incontrata per voi.

Giulia Odi è una giovane performerdi musical. Iscritta al primo annodella Bernstein School of Musical

Theatre di Bologna, ventenne, vivetra Bologna e Torino, e unisce all’in-teresse per il teatro musicale unagrande passione per il cinema e laprosa. Lo scorso 5 giugno è diven-tata la duemillesima iscritta allapagina facebook di Amici del Musical.

Come ti senti ad essere la 2000esima

Amica del Musical?

Felice di entrare in contatto conpersone che condividono la miastessa passione. Dispiaciuta, però, diessere solo la numero 2000.Come nasce la tua passione per il tea-

tro musicale?

Nasce dalla mia necessità di rac-contare storie per mezzo della mu-sica. Ho trovato nel teatro musicaleil contesto ideale per sperimentarearte su più fronti.Qual è il tuo musical preferito, e perché?

è molto difficile sceglierne uno.Sono molto affezionata ad Hair, per-ché tratta di un periodo storico acui sono molto affezionata. Però ul-timamente ho scoperto e amatoOnce nella sua versione teatrale,dopo averlo già apprezzato in quellacinematografica. Lo stile delle can-zoni è molto moderno, particolaree semplice allo stesso tempo. E lasemplicità, è per me, la cosa più dif-ficile da rappresentare.Quale ruolo sogni di interpretare?

Amando molto il rock aspetto conimpazienza un jukebox musical coni brani dei Led Zeppelin! Ma par-lando di musical esistenti mi piace-rebbe riuscire ad interpretare MrsLovett, in Sweeney Todd.Qual è stata la produzione italiana

che hai amato di più?

Parlando dell’anno appena tra-scorso ho amato Priscilla. Nonavevo mai visto il pubblico così par-tecipe ad uno spettacolo (forse ha

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contribuito il fatto che si tratta diun jukebox musical).Se dovessi scegliere un artista italiano

che meglio rappresenta il musical chi

sceglieresti e perché?

Giulia Ottonello. E lo dico dopoaver visto Frankestein Junior (l’avevovista in Cats e non mi aveva colpita).In FJ è stata fenomenale. è riuscita afar vedere come dovrebbe essereun bravo performer: duttile. Le suevocalità erano mille e una.Parlaci del tuo compositore preferito di

musical.

Credo Cole Porter. Ma perchésono un’amante delle belle parolemesse in fila e della semplicità. O forse perché mi sono affezionata

alla sua storia dopo aver visto De-

Lovely.In questi giorni si celebrano i 30 anni

della Compagnia della Rancia. Che au-

gurio ti senti di rivolgergli da appassio-

nata?

Spero che riescano a trovare soldida investire in produzioni di musicalnuovi per la scena italiana.Sempre più artisti italiani vanno a la-

vorare all'estero, fuga dei talenti o

segno dell'eccellenza italiana?

Vorrei dire segno di eccellenza, macredo che sia una fuga dall'incer-tezza italiana. In Italia chi ha la for-tuna di riuscire a lavorare ècostretto per la tournée a saltellaredi città in città per poter riempire i

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teatri, mentre all'estero sono di piùle produzioni stabili. Al momentosono in Germania e ho visto aWhadersfeld (una città nemmenotroppo grande) una produzione diShowboat in programmazione per 3mesi. In Italia tappe così lunghe levedi ogni tanto a Roma o Milano,purtroppo. Gli altri paesi possonodare garanzia di maggior stabilitàagli artisti, per questo chi riesce afarlo se ne va.Cosa manca in Italia al musical e qual è

la più grande opportunità che abbiamo?

Manca la cultura. La gente noncompra i biglietti perché non cono-sce il teatro musicale e per questonon se ne interessa. La più grande

opportunità per l’Italia sarebbe in-vestire sull’educazione culturaleteatrale dei suoi cittadini, sin dallatenera età. Portando il teatro tra lenuove generazioni le cose cambie-ranno, perché sempre più gente siaffezionerà al genere, dopo che loavrà conosciuto. E più gente a tea-tro vuol dire più biglietti che si ven-dono, vuol dire più soldi dainvestire per produzioni più grandie musical nuovi, e questo permet-terà agli italiani di lavorare in Italia ead Amici del musical di avere moltopiù di 2000 iscritti. RingraziamoGiulia per la sua testimonianza e lefacciamo un enorme In Bocca AlLupo per la sua carriera!

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ACT, SING, & AUDITION DISNEY

Sarà Jeff Lee, regista associato per Disney Theatrical production, ad aprireInternational Masterclasses Program, un progetto volto ad approfon-dire alcuni aspetti della formazione artistica con focus sul settore del musi-

cal theatre. Un programma formativo intensivo che prenderà avvio ad ottobre 2013 esi concluderà a maggio 2014. Barclays Teatro Nazionale ospiterà im-portanti e premiati creativi internazionali, quali registi, coreografi, direttorimusicali, direttori casting, che si sono formati nel West End di Londra e aBroadway e hanno girato i teatri di tutto il mondo con le loro produzioni.

Il regista e produttore Jeff Lee propone una masterclass in cui guiderà iperformers italiani attraverso un percorso costruito con scene e canzoniestratte dai 5 migliori Disney on Broadway shows: The Lion King, The Little

Mermaid, Aladdin, Newsies e Tarzan al fine di indagare i criteri e le modalitàdi audizione di questi grandi musical e di rivelare alcuni segreti per approc-ciare nel miglior modo qualsiasi tipo di audizione.Jeff Lee ha lavorato in ognuno di questi spettacoli, seguendo il percorsoproduttivo ed evolutivo di ogni show in tutto il mondo.

> info

[email protected]. 02.00640856

in breve

Page 51: Amici del Musical 07 Italia

Torna per la terza volta in Italia l’allestimento orginale di Cats

(1995 e 2008 i precedenti), grazie aBags Live e al Teatro Rossetti di Trie-ste, che ospiterà la prima nazionalealla quale seguirà la tappa al Teatrodegli Arcimboldi.Il tour europeo è organizzato dalla

David Ian Productions in accordo conla produzione di Cameron Mackintosh andThe Really Useful Group.

Cappuccetto Rosso è una dellefavole più popolari in tutto ilmondo, resa celebre, tra gli altri, daCharles Perrault (con il titolo LePetit Chaperon Rouge) e dai FratelliGrimm. è la prima favola che si rac-conta ai bambini e che viene memo-rizzata nell’età infantile. La liberainterpretazione che verrà data a tea-tro rispecchia l’immagine che i bimbi più piccoli hanno della protagonista. L’arrivo in teatro della “fiaba delle fiabe” è previsto per la stagione2013/2014, con debutto il 13 e 14 dicembre al Teatro della Luna di Mi-lano. Una produzione Stuntman Show, realtà che da anni opera nella realiz-zazione di show e stunt-show presso il teatro del parco a tema diMirabilandia. La regia è di Marco Giony, su libretto di Tobia Rossi e liri-che di Antonio Torella, con le musiche di Giovanni Maria Lori.

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