AMarchitetti Maggio 2010

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Tampa Museum of Art � Area D4 Assago � Blob VB3

La Llotja de Lleida � Stazione Torino Porta Susa

Nuovo padiglione Fiera di Genova

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Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bolognaal numero 8079 del 7 maggio 2010

Direttore EditorialeCesare Ricciuti

Direttore ResponsabileMaurizio Costanzo

CaporedattoreIole Costanzo

Coordinamento di RedazioneCristiana Zappoli

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RedazioneLorenzo Berardi, Mercedes Caleffi,

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Hanno collaboratoManuela Garbarino, Marilena Giarmanà,

Emilia Milazzo, Marco Zappia

StampaCantelli Rotoweb - Castel Maggiore (Bo)

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sommario

IntervistaMassimo GallioneGiandomenico Amendola

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TracceLibri, novità, prodotti,notizie dal mondo

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ProgettareUn padiglione tra cielo e mare p.48

A Torino riparte la nuova stazione p.56

Luci e colori nel parco p.66

Geometria monumentale p.72

Una scatola fatta ad arte p.80

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HistoryUn archivio dedicato a Sacchi

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DesignNina Bruun, Bacsac,Florian Gross, Natanel Gluska

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AppuntamentiArchitetture e design da vedere

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AM architetti - 2106Futuro sostenibile p.106I limiti dell’architettura p.107Ambiente e territorio p.108Design Museum p.112Progetto Feltrinelli per Porta Volta p.113Blob VB3 p.114Ponte pedonale p.115Chu Hai College p.116Bastard-store p.117Fincube p.118

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editorialeAM

Nel trovarmi a presentare il numero iniziale della rivista di archi-tettura “AM ” devo innanzitutto ringraziare la Kore Edizioni peraver dato la possibilità ad un territorio come quello Abruzzese eMolisano ricco di Architetture e di Cultura, di poter avere una ri-vista che possa rappresentare nei prossimi anni un “luogo” dovediscutere e confrontarsi sui problemi degli architetti e dell’archi-tettura, anche alla luce del particolare momento di criticità dellaprofessione di architetto e soprattutto per quella parte di territo-rio così duramente segnato dal terremoto dell’anno scorso. La ri-

vista vuole e deve essere una opportunità di crescita per aprireun confronto sui temi della professione e sul futuro dell’architet-tura. Le intenzioni sono tante e ritengo che per far sì che diven-tino cose concrete sia necessaria la partecipazione attiva dei col-leghi alla crescita della rivista e che la sua presenza diventi ilpunto di incontro di diverse voci e di differenti pensieri.Per questo mi sembra necessario chiedere a tutti quelli che fos-sero interessati una collaborazione fattiva e concreta per questainiziativa editoriale del nostro territorio.

di Cesare Ricciuti

UNO STRUMENTOPER RIFLETTERE

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L’attuale crisi economica presenta uno spettro d’interesse molto ampio. Si dibatte molto oggi sul temadel risparmio energetico e sulle possibili soluzioni da adottare per contravvenire a ulteriori sprechie speculazioni. Lei, quale Presidente del CNAPPC, quali consigli si sente di dare agli architetti italiani?«Etica, formazione permanente, innovazione e concorrenza qualitativa: gli architetti possono tornare ad essereforza trainante e autentica classe dirigente del paese. Certo sono necessarie non poche riforme legislative qualiquelle in materia urbanistica, sulla semplificazione responsabile, dei LLPP, delle professioni per ampliareed innovare il mercato, ma gli architetti e il loro sistema ordinistico devono presto attuare riforme interne: nonci possiamo permettere di perdere altri treni della storia. Questa strada l’abbiamo già intrapresa e questa stradaintendiamo percorrere».È trascorso un anno dal terremoto in Abruzzo. E le valutazioni negative non si sono dovute fermaresoltanto alla triste costatazione dell’applicazione di inadeguate modalità costruttive in una regionead alto rischio sismico. Anche durante la ricostruzione è emersa una gestione molto superficiale perciò che concerne gli appalti, e le procedure d’emergenza. Insomma un’ennesima opportunità persaper una filiera trasparente e sicura. Contro la mancanza di etica professionale, a favore degli ovvii diritti

civili quali la sicurezza degli edifici, cosa resta da fare?«Due sono le riforme improcrastinabili: la prima è una snella riformaurbanistica condivisa da Stato e Regioni per aggredire il fenomeno irrisoltodella sicurezza dell’abitare: troppi fabbricati in Italia sono a forte rischiosismico o in precarie situazioni idrogeologiche. Le tecniche per affrontareil problema ci sono, ma occorre liberare ampie risorse private con incentiviedilizi e fiscali ragionevoli, dare nuove normative agili, ridare qualitàagli interventi urbani e architettonici, introdurre il criterio della sostituzioneedilizia per comparti tramite strumenti perequativi. La seconda riformaè quella di un Codice degli appalti che ha solo dato prova di non essereadeguato agli scopi di una evoluzione trasparente e positiva di questo

mercato: impedisce la qualità del lavoro nella PubblicaAmministrazione e negli studi di progettazione, impedisce

l’ingresso dei giovani talenti in un settore sclerotizzatotramite la richiesta di requisiti economici esorbitanti.La politica della procedura al prezzo più basso,sia nella progettazione che nella realizzazione,non solo è risultata inefficace a contenere i costi,ma anzi ha prodotto solo cattiva qualità degliinterventi, aumenti considerevoli di tempi, deicosti, del contenzioso e spesso del malaffare».Cosa ne pensa della semplificazioneburocratica dovuta al Decreto Legge 25marzo 2010, n. 40, che consente direalizzare, senza alcun titolo abilitativo,interventi edilizi di manutenzione ordinariae straordinaria?

intervistaAM

È GIUNTO IL MOMENTODI ATTUARE NUOVE RIFORMEBisogna riformare subito il Codice degli appalti e avviare una riforma urbanistica condivisa da Statoe Regioni. Secondo Massimo Gallione, presidente del CNAPPC, questi sono i provvedimenti urgentida attuare. Senza trascurare etica, innovazione e concorrenza qualitativa di Cristiana Zappoli

Massimo GallioneÈ il nuovo Presidentedel CNAPPC, il ConsiglioNazionale degli Architetti,Pianificatori, Paesaggistie Conservatori. Ha svoltola professione di architetto aNovara nel campo dei lavoripubblici e in quello privato,principalmente nel settoredell'architettura civile eindustriale. È stato Presidentedell'Ordine degli Architettidella Provincia di Novara ePresidente della Federazionedegli Ordini degli Architettidel Piemonte e Valle d'Aosta

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«Affronta un problema reale, quello della semplificazione, ma con modalità potenzialmente pericolose; mentre siamod’accordo sulla eliminazione dei titoli abilitativi per alcune tipologie di intervento edilizio, queste comunque dovrebberoessere sempre attuate mediante il progetto e la direzione di professionisti. Demolire strutture portanti interne o modificareimpianti sono operazioni delicate che necessitano di competenze professionali adeguate. La politica del “fai da te”,in un settore difficile come quello edilizio, è purtroppo un disastro annunciato che non faticherà molto a realizzarsi».La semplificazione per gli interventi sugli immobili purtroppo vanifica anche l'obbligo della presentazionedel documento che attesti la regolarità contributiva di chi svolge i lavori (Durc). Non ci sarà ancor più da temereper ciò che riguarda la sicurezza nei cantieri?«La sicurezza dei cantieri è uno dei problemi principali dell’edilizia nel nostro paese e se forse questo è stato affrontatoin modo eccessivamente burocratico nel recente passato, tutto ciò non autorizza a rimuovere regole fondamentali. Quelloche manca però è soprattutto l’aspetto dell’impegno sui controlli da parte dell’amministrazione pubblica: meno tempoda passare su carte inutili e più visite nei cantieri, questo sarebbe un passo da compiere».Per gli architetti è cominciata una dura e complessa battaglia contro l'abolizione della Dia, perché in gioco non c'èsolo la riduzione delle possibilità di lavoro ma anche la sicurezza degli edifici e l’importanza del progetto. In meritocome si sta muovendo il CNAPPC?«Nelle proposte di riforma prima citate abbiamo affermato il ruolo di effettiva sussidiarietà della figura dell’Architettonei confronti della Pubblica Amministrazione, capace di fatto di alleggerire le strutture pubbliche di tutta una serie diincombenze, soprattutto nel campo dell’edilizia. Si tratta di sedersi intorno ad un tavolo e ragionare: il tema dell’abolizionedei titoli abilitativi, senza introdurre regole semplificate ma chiare, di per sé non è certamente la soluzione. Lo ripeto: nonsiamo contrari a semplificare, anzi! Siamo invece contrari ad uno Stato che continua a rinunciare ai suoi compiti prioritariche sono quello di programmare e di verificare. Oggi continua a farlo senza abolire grandi parti ingiustificate di burocrazia.Mantenere regole certe ed agili sarebbe il compito della burocrazia e questo, ad esempio, avviene in Germania o inFrancia. La domanda retorica è: perché non in Italia?».Il Piano Casa e le restrizioni regionali. Confedilizia chiede che le Regioni siano chiamate a disciplinare i titoliabilitativi nell'ambito dei principi direttivi stabiliti dall’attuale decreto-legge. Quali conseguenze potrebbe averequesta scelta?«Di fatto questa è una politica illusoria in quanto incapace di aggredire il problema. Nel nostro Paese esistono almeno 80milioni di vani residenziali incapaci di essere efficaci in termini strutturali sismici o di contenimento dei consumi energetici;la soluzione non può essere quella del singolo ampliamento e con durata normativa di 18 mesi. Occorrono piani urbanisticipluridecennali, interventi per comparti urbani e veri incentivi al ricorso del finanziamento privato. E tutto questo al momentoancora non c’è. Nell’augurarci che si superi la dicotomia istituzionale tra Stato e Regioni, non ci resta che avanzareproposte costruttive in ambito urbanistico, concertando, come stiamo facendo, soluzioni con l’ANCI e con l’ANCE».Il tema della casa in Italia risulta difficile da trattare. Dopo gli storici esempi degli IACP non vi sono più stati moltiinterventi degni di nota. Cosa ne pensa dunque delle nuove esperienze di social housing o delle cohousing?«Oltre alle già evidenziate carenze normative vi è anche il problema di una industria edilizia, produttiva e realizzativa,arretrata e ripiegata sul modello condominiale del dopoguerra e quindi capace di proporre solo la semplice struttura in CAe tamponamenti leggeri in laterizio. Innovazione in campo architettonico significa invece utilizzo di nuove tipologie, nuovimateriali, nuove metodiche costruttive, ma anche il recupero di materiali e tecniche costruttive che, grazie a secolidi esperienza, hanno, nel nostro paese, disegnato città e quartieri tra i più belli. Innovare, in questo campo, significarecuperare qualità al progetto architettonico ed urbanistico incentivando nel contempo un’industria edilizia che in questomomento soffre di una profondissima crisi economica. L’attuale forte carenza di fondi pubblici del settore edilizio non puòperò giustificare l’abbandono di un mercato, quello del social housing, che potrebbe rappresentare il volano di una verariforma urbanistica, tramite anche lo strumento del Concorso di progettazione inteso soprattutto nel suo più alto valoredi ricerca architettonica. Non possiamo più limitare l’intervento del pubblico solo sulle grandi infrastrutture, peraltronecessarie. Occorre ripartire fondi anche ad altre opere, altrettanto necessarie e che potrebbero essere di incentivoe di volano per interventi privati di più ampia scala».Molte realtà europee sembrano garantire maggiore continuità nella realizzazione di alloggi sociali e risultanoessere interessanti esempi da studiare. Uno per tutti, le abitazioni economiche di Villaverde a Madrid, progettatedall’architetto Chipperfield nel 2005. Perché oggi l’Italia, con le sue lente e inadeguate scelte politiche, ottiene tristie inadeguati risultati architettonici ?«Una industria edilizia ripiegata su modelli costruttivi a basso costo ma con un’alta rendita fondiaria è stato il modellocostruttivo – speculativo degli ultimi sessant’anni. Il disastro urbanistico delle nostre periferie compiuto nel dopoguerraè tutto in questo assunto. Occorre pertanto che l’auspicata riforma urbanistica possa introdurre elementi di riequilibriodel mercato, quali ad esempio i modelli compensativi e provvedimenti fiscali già sperimentati con successo in qualcheregione e soprattutto attuati più ampiamente in altre parti d’Europa».

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Non ci è dato sapere quanto il barone Pierre De Coubertin si intendesse di architettura. Tuttavia, lamassima che ha reso celebre il promotore dei moderni Giochi Olimpici non può accontentare i moderniarchitetti e urbanisti alla ricerca di un dialogo costruttivo con il pubblico dei non addetti ai lavori. Perun'architettura contemporanea fondata sulla collaborazione fra progettisti, sociologi, amministratori ecittadini, infatti, partecipare non basta, ma occorre raggiungere il successo della vivibilità. Una vittoriache è possibile conseguire non solo coinvolgendo chi non ha studiato architettura nelle diverse fasi dellaprogettazione, ma anche attrezzandolo a comprenderle. Lo “user oriented design”, nato negli Stati Unitinegli anni ’60 ha introdotto la partecipazione della popolazione nel processo progettuale, ma in Italia questostrumento non è mai stato realmente compreso o sviluppato a dovere. «In architettura la partecipazioneè ancora uno dei maggiori problemi» spiega Giandomenico Amendola, professore ordinario di SociologiaUrbana presso l'Università di Firenze. «Per un verso, fa sentire le persone protagoniste della progettazionedel proprio habitat, dall'altro consegna al progettista informazioni maggiori di quante ne possa averenormalmente. Ciò che infatti distingue l'architetto odierno da quello del passato è che l'architetto delventunesimo secolo è consapevole della possibilità di sbagliare ed è questo il fatto veramente nuovo.L'architetto oggi si deve misurare con la gente e con la propria capacità di giudizio».Un momento di confronto con i cittadini pare dunque indispensabile. In quali forme e in quali luoghisi è maggiormente evoluto questo rapporto?«Il rapporto fra architetti e cittadini è stato molto intenso soprattutto negli Stati Uniti, ma ha funzionatoanche nei Paesi in via di sviluppo o in quelli di ritrovata democrazia, come il Portogallo. Negli anniSettanta e Ottanta vi è poi stata una forma ancora più estrema di questo rapporto, quella del "self madehousing" o autocostruzione in voga in Egitto, in Algeria, in Messico, in Marocco e anche in Italia. Si trattadi una modalità che oggi sta tornando di moda. La partecipazione è stata molto praticata anche a livellourbanistico e, in questo senso, uno degli esempi più noti è quello di Pier Luigi Cervellati per il centrostorico di Bologna. Il problema di questo approccio però è che di risultati veri, concreti ed efficaci ce nesono stati pochi. Nel caso di Bologna si trattò di un'esperienza più politica che pratica perché al momentodi passare all'interazione sul progetto vero e proprio, il cittadino si ritrovò come Renzo davanti al"latinorum" di Don Abbondio, impossibilitato a capire. A quell'epoca non si sviluppò nessuno sforzo perspiegare il progetto alla gente, ai non addetti ai lavori, in quanto vi era l'illusione ideologica che unapersona potesse capire un piano regolatore dalle campiture di grande scala oppure che da una piantapotesse risalire all'immagine tridimensionale di un'abitazione. Adesso tutto questo discorso sullapartecipazione si sta riprendendo, ma ampliandolo in una direzione più attrezzata, fornendo cioèinformazioni realmente utilizzabili. Questo nel campo della piccola scala e di una singola abitazione puòsignificare assonometrie, kit di montaggio e renderizzazioni digitalizzate, mentre sui medi e grandi progettipuò tradursi nel lavorare per scenari complessi. In questo modo il processo può funzionare anche sel'architetto italiano è ancora troppo spesso imbevuto di una cultura molto idealistica del progetto, come attoindividuale e puntuale di sintesi creativa. Il processo ad attori multipli è un'idea che tarda a divenire realtà.Ci sono stati esperimenti, ma nulla che abbia realmente e profondamente cambiato la cultura delprogettare. Sono usciti progetti con una maggiore base consensuale da parte dei cittadini. Ho descrittoquesto fenomeno nel mio libro “Il progettista riflessivo”».Perché questo dialogo non ha attecchito? È forse mancata la partecipazione dei cittadini?

METTERE IN SCENALE CITTÀ E I CITTADINI

Giandomenico AmendolaProfessore ordinario di SociologiaUrbana presso la Facoltàdi Architettura dell’Universitàdi Firenze. Ha tenuto la stessacattedra nella Facoltà diArchitettura del Politecnico di Barie nell’Università di Bari. Ha svoltoattività di insegnamento edi ricerca in numerose universitàstraniere tra cui il MassachusettsInstitute of Technology diCambridge, Usa. È statoPresidente dell’A.I.S.(Associazione Italianadi Sociologia)

intervistaAM

Partecipazione dei cittadini. Collaborazione tra progettisti e sociologi. Conoscenza e creativitàcome condizione indispensabile in architettura. Intervista a Giandomenico Amendola, professoredi Sociologia Urbana all’Università di Firenze, che ci spiega, inoltre, come la progettazione stacambiando in rapporto alla radicale trasformazione delle nostre città di Lorenzo Berardi

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«Non è mancata in sé la partecipazione, quanto piuttosto una partecipazione "attrezzata". Il problemadell'architetto italiano, anche in confronto a quelli che operano oltreoceano, è che egli non sa comunicareil proprio progetto in maniera efficace. Soltanto oggi, grazie alle renderizzazioni al computer, qualcosa stacambiando. Quando non si sa spiegare il progetto alle persone mostrando su quali aspetti esse possanorealmente incidere, succede che vi è una fase di ascolto da parte dell'architetto che poi però torna nelproprio studio e lì lavora a modo suo. In Italia, inoltre, abbiamo una scarsissima conoscenza della domandasociale sia delle città che delle abitazioni. Non c'è nulla di paragonabile alle ricerche periodiche condotte nelRegno Unito e negli Stati Uniti che ogni anno rovesciano sui tavoli degli addetti ai lavori una montagna didati utili sulla domanda di abitazione, sul tipo di fruizione e di richiesta, sull'andamento dei prezzi e così via.Da noi, invece, gli unici che dispongono di dati simili sono i singoli grandi operatori del mercato immobiliare.La popolazione è cambiata profondamente in Italia come nel resto del mondo. Di questo fenomeno si sonoaccorti i costruttori di auto che hanno modificato radicalmente le vetture negli ultimi dieci anni, ma non gliarchitetti. E le nostre case, di conseguenza, sono rimaste più o meno le stesse. Se c'è una cosa che ècambiata profondamente negli ultimi 15 anni è la famiglia, con una crescita delle single parent family, cosìcome della domanda di abitazioni temporanee. Sono cambiate le tipologie di lavoro con l’aumento di coloroche lavorano con il proprio computer da casa e non hanno di fatto un ambiente domestico adatto adaccogliere la propria attività professionale. Vi è poi l'enorme problema degli anziani che né il nostro sistemané quello nordamericano sono in grado di accogliere al di fuori delle proprie abitazioni. Vale ancora ilprincipio dell'aging in place, ovvero dell'invecchiare nella propria casa e sono pochissimi gli studi dedicatialle nuove tipologie abitative per la terza età. E invece oggi, ancora, si chiede ai neo architetti di studiareabitazioni monofamiliari che rappresentano un modello del passato»Allargando il campo alla collaborazione fra progettisti e sociologi, imprenditori e amministratori,vi sono in Italia validi esempi di recente storia urbana da citare?«Questa collaborazione è qualcosa di molto importante e verso cui ci si sta muovendo da tempo anchese in Italia il rapporto non è ricco di capitoli felici e importanti. Vi sono alcuni validi esempi: come il NuovoVillaggio Matteotti realizzato a Terni da Giancarlo De Carlo fra gli anni Sessanta e Settanta. De Carlocoinvolse un'equipe di sociologi anche se il loro rapporto venne consegnato all'architetto quando i cantierierano già aperti. Il tentativo, comunque, resta lodevole. In seguito è stato tentato qualcosa di simile neilaboratori di quartiere che si inventò Renzo Piano per lo sviluppo urbanistico a Otranto e poi a Bari e ai qualiio stesso collaborai. Vi sono state singole iniziative in Italia, ma non così numerose o significative da mutareil panorama generale della progettazione».Perché in Italia c’è questa mancata interpretazione dei bisogni dei cittadini?«Prima di tutto in Italia si costruisce molto meno nuovo di prima, in quanto spesso si riutilizzano o riadattanoimmobili già esistenti. Inoltre costruiscono sempre di meno i soggetti istituzionali pubblici che avrebbero perloro definizione la possibilità di accumulare conoscenza di novità come si provò e si riuscì a fare negli anni

Settanta. Vi è poi una sorta di inerzia del mercatoimmobiliare che va avanti già da diversi anni. Tuttosommato si propongono sempre e ripetutamentegli stessi modelli come la casa di 60 metri quadri,quella da 90-110 ed eccezionalmente quella dai150 metri quadri in poi. Né bisogna dimenticareche vi è una scarsissima applicazione delle nuovetecnologie nell'abitazione che oggi si concentranoin due spazi: la cucina e il soggiorno. Una voltala cucina era il focus tecnologico dell'abitazionementre oggi ci si concentra soprattutto sulsoggiorno-sala da pranzo-salotto dotato di hometheatre, televisione lcd, al plasma e così via. Peril resto, le tecnologie in casa sono scarsissime.Si sta sì cercando di introdurne alcune, ma lecosiddette smart house sono talmente pochein tutto il mondo che anche negli Usa circola labattuta che siano di più le case abitate da personeintelligenti degli edifici intelligenti costruiti».Manca la capacità di rinnovamento ecreatività?«Sì, ma non si tratta solo di un problema di

Sotto: il Nuovo VillaggioMatteotti di Terni. Importanteesperimento per la storiadell’architettura italianaperché si è ricorso allametodologia partecipativa.Il progetto di GiancarloDe Carlo, prevedeva lademolizione del vecchiovillaggio, la costruzione didiverse tipologie costruttivee la separazione deimovimenti automobilisticie pedonali. I lavori ebberoinizio nel 1972 e si concluseronel 1975 lasciandoincompleto il villaggio

Foto

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creatività individuale. Sta venendo menola capacità di ricerca e di accumulo dellaconoscenza e delle informazioni. Il settoredelle costruzioni risente di un processo che stainvestendo tutta l'Italia: vi è scarsa ricerca, nonsolo tecnologica e dei materiali, ma anche delletipologie abitative. Non a caso le tipologie piùavanzate si hanno nel settore commercialee in quello dell'edilizia sanitaria e ospedaliera.Questo avviene perché il committente èil cliente educato, colto e che sa cosa vuole.Pensiamo ai villaggi outlet diffusisi anche inItalia negli ultimi anni e che vengono progettatiper l'80% da progettisti francesi, inglesi eamericani, non da italiani, perché da noi esistepochissimo know how in tal senso. In Italia ilproblema è acuito dal fatto che non si fa alcunaricerca nel campo delle costruzioni. Anche in

Italia si realizzano sì buoni ospedali, ma la loro caratteristica è che tutti quanti sono segnati da una richiestaben precisa da parte del committente che sa già come li vuole. La conoscenza è sul versante delcommittente non su quello del progettista».Come stanno cambiando le città e, quindi, i cittadini in questo lungo e profondo periodo di crisieconomica?«La logica del riuso degli spazi tocca anche le nostre città. I centri abitati italiani crescono sempre di menoper espansione e sempre più modificando gli spazi già esistenti grazie anche al fenomeno delladeindustrializzazione. Una volta esistevano il Lingotto e la Bicocca dove gli operai costruivano automobilie realizzavano pneumatici, mentre oggi questi ampi spazi riutilizzati ospitano centri congressi, fiere,università, teatri e abitazioni private. Vi è poi la trasformazione del contenuto sociale dei singoli quartieriinteressati da fenomeni di centrificazione o degrado. Alcuni quartieri operai storici sono diventati di modacome Brera a Milano, il Testaccio a Roma, San Frediano a Firenze e così via. Questo è avvenuto sulmodello di quanto accaduto per Soho a New York, Chelsea a Londra e il Marais a Parigi. Un altroimportante elemento è che la città è impegnata nella competizione urbana con altre città, il cosiddettomarketing urbano. Un esempio per tutti è quello di Venezia che quindici anni fa rifiutò l'Expo e oggi invecesi candida per le Olimpiadi. Ci si è resi conto che il megaevento o meglio il media-evento è importante perle città e questa consapevolezza conduce ad altre trasformazioni urbane. La città contemporanea e quellaitaliana non sono poi così diverse, anche se quella italiana è assai più inerziale e restia al cambiamento,in parte per motivi di salvaguardia del tessuto storico, in parte per la lentezza dell'iter burocratico eamministrativo. La città è diventata col tempo un bene sempre più prezioso e insostituibile per i cittadini.Negli anni Settanta si diceva che la città si spegneva di notte perché i suoi abitanti restavano a casa. Oggi,invece, le persone si dividono fra il restare in casa dopo l'orario di lavoro e la voglia di uscire e di godersila propria città anche in orario serale e notturno come dimostra la popolarità delle notti bianche. La cittàodierna è la prima che è realmente fondata sulla domanda dei cittadini. La città si sforza sempre di più diassecondare la domanda dei propri abitanti, mentre in passato la città seguiva una propria rotta inerzialecon microadattamenti legati alle richieste dei cittadini. Un tempo erano i cittadini che dovevano adeguarsialla città, oggi sono le città ad adeguarsi ai propri cittadini ed è questo il vero fatto rivoluzionario in quantonon è mai accaduto nulla di simile nella storia. Per questo motivo, la cultura progettuale deve ripristinareuna strategia di ascolto della domanda».A tal proposito, cosa pensa delle nuove esperienze di social housing o delle cohousing in Italia?«Sul social housing stiamo ancora assistendo a dei tentativi che forniscono risposte interessanti maparziali. In Italia esiste un grosso problema: è il Paese europeo con la massima percentuale di abitazioni diproprietà, che in alcuni casi sfiorano il 90% del totale. Siamo proprietari di case e questo crea un problemagrossissimo: come si può infatti pensare di rendere fluido il mercato del lavoro italiano quando quelloimmobilare è rigido? Le leggi del governo sulla casa vanno nella direzione dei proprietari di abitazione,mentre oggi in Italia occorre un segmento consistente dello stock immobiliare in fitto. Un ragazzo diCosenza, Napoli, Palermo o Bari oggi non si sposta per lavoro perché da un lato sa che sarà precarioanche al Nord, dall'altro sa che guadagnando 800 euro potrebbe non trovare casa. Restando invecein Calabria, Campania, Sicilia o Puglia, guadagnerà meno, ma potrà vivere in una casa di proprietà.

Le due immagini soprapropongono il siteplan euna vista dall’alto di Soho,il famoso quartiere di NewYork che, in seguito afenomeni di centrificazione,da polo economico eindustriale quale era neiprimi del Novecento, èdivenuto, negli anni '60,con l’arrivo degli artistiche ricavarono dai grandicapannoni dei loft, unquartiere molto trendy

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A Bologna o Firenze un posto letto per uno studente arriva a costare 350-400 euro netti e con questi prezzicome si può pensare di avere un mercato del lavoro flessibile? Social housing e cohousing sono deipannicelli caldi rispetto a un problema strutturale molto più ampio, quello di non avere un'offertadi abitazione in fitto temporanea».In quest'ottica, molte città italiane si ritrovano oggi ad affrontare e risolvere il problemadell’accoglienza. Cosa può fare l’architettura per essere d’aiuto in questo processo?«Questo è un campo di competenza più dell'urbanistica che dell'architettura. In Italia il governo centrale faleggi su come arrestare o controllare l'immigrazione, ma nella realtà il problema viene lasciato ai Comunie agli enti locali, i quali non hanno né i mezzi, né le competenze per affrontarlo. Si discute se sia megliola concentrazione o la dispersione degli immigrati all'interno delle città senza tenere conto che questoè qualcosa che spetta alla libertà dell'individuo e alla cultura dei singoli gruppi. Gli asiatici, ad esempio,tendono a essere più compatti, mentre gli ucraini preferiscono non riunirsi in un unico quartiere. Il rapportofra gli immigrati e gli italiani non è l'unico problema. Alcune criticità dipendono infatti dai difficili rapporti frai diversi gruppi di immigrati che in alcuni casi vengono messi a contatto nelle stesse aree abitative senzatenere conto di problemi religiosi o sociali presenti fra due comunità. Noi stiamo imparando solo adessoa considerare questi aspetti in quanto siamo sempre stati un paese di emigrazione e non di immigrazione.L'architettura per sua natura tende a ibridarsi. Il problema è se chi abita negli edifici riesce a influenzarepositivamente il progetto. Le case di Manhattan riflettono ancora la tipologia abitativa olandese, di quellache un tempo era New Amsterdam perché si tende sempre a portare il proprio modello abitativo ancheall'estero. Questo si può vedere oggi in alcune zone di Prato dove la comunità cinese ha costruito inmaniera simile a quella in voga nella madrepatria. Quando i figli di questi immigrati diverranno architettiallora vi saranno degli episodi di ibridazione davvero notevoli. Tuttavia, la forma degli edifici risente diquesto fenomeno solo sul lungo periodo e quella della città addirittura sul lunghissimo periodo».Quanto la buona architettura può influenzare positivamente il benessere del cittadino?«L'architetto moderno, italiano ed europeo, si fonda ancora su una sua identità di origine rinascimentaleformata da tre componenti: l'architetto come artista, tecnologo e ingegnere sociale. L'architetto si è di voltain volta interpretato come l'artista che crea e disegna, come il tecnologo che innova e come colui checontribuisce, attraverso la variabile spazio costruito, al benessere della gente. Quando si progetta una scuolao un ospedale, l'obiettivo è infatti quello di realizzare un edificio in cui si insegni o si studi, si curi o si vengacurati meglio e lo stesso vale per le abitazioni civili. L'architetto moderno ha sempre avuto questi obiettivi

metaprogettuali anche se a volte li ha persiper strada o se li è parzialmente dimenticati.Un buon architetto ha sempre comeobiettivo la felicità, la salute, la volontàdi educare o di divertirsi delle persone.Il problema è che perseguire questi obiettivimetaprogettuali in una società a fortissimaaccelerazione è sempre più difficile. WalterBenjamin in un noto passaggio del suosaggio "L'opera d'arte nell'epoca della suariproducibilità tecnica" ha detto chel'architettura è un'opera d'arte fruita incondizioni di distrazione. Si tratta di unafrase che era molto bella, ma adatta ai tempidi Benjamin. Oggi, invece, l'architettura e laqualità della città non sono più fruite in unostato di distrazione, ma la gente le giudica.Si fanno referendum per stabilire se unaporta o un'opera d'arte sono belle o nonbelle, si accende un feroce dibattito aFirenze sulla loggia degli Uffizi di Isozaki,a New York si rimuove una scultura perchéai cittadini non piace e così via. Tutto questomette l'architetto a confronto con la suacapacità di raggiungere il proprio obiettivoche è sempre metaprogettualeper definizione».

Sotto: Villaverde a Madrid,il nuovo esempio di socialhousing progettato da DavidChipperfield nel 2005. È unintervento riuscito sia dalpunto di vista sociologico chearchitettonico. In Italia invecequesto tipo di esperienza,per diverse ragioni, sembrasia alquanto difficile darealizzare

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� LUOGHI Le strade dell’arte

Le Gallerie di Piedicastello - Trento sono giunte al se-condo posto al concorso nazionale "Ossigeno italiano",proposto dalla rivista «Abitare». E la premiazione è av-venuta il 15 aprile scorso presso il Salone del Mobile diMilano. Le Gallerie hanno una superficie complessivadi oltre 6mila metri quadrati che è letteralmente suddi-visa in due tunnel: uno bianco e l’altro nero, aventi le en-trate principali a poche decine di metri dalla piazza di Pie-dicastello. Sono due tunnel stradali che nell’ottobre del2007, in contemporanea all’apertura delle nuove galle-rie costruite per liberare Piedicastello dal traffico dellatangenziale, sono state chiuse. L’apertura, anche se prov-visoria, come spazio “altro” è avvenuta il 19 agosto del2008 con la mostra “I trentini e la Grande Guerra”. Nel2009, dopo alcuni lavori di adeguamento strutturale, il5 dicembre, sono state nuovamente aperte, con il pro-getto di diventare uno spazio permanente. Sono spa-zi principalmente dedicati alla storia. Non sono spazi mu-seali, anche se Le Gallerie sono gestite dalla Fondazione

Museo storico del Trentino. Sono spazi vissuti e parte-cipati dove la storia del Trentino e delle sue comunitàpuò essere raccontata e rappresentata utilizzando i piùdiversi linguaggi. Il progetto è promuovere la conoscenza,suscitare la curiosità e sperimentare nuovi approcci allastoria e alla memoria. Le due Gallerie hanno colori traloro diversi e opposti. La Galleria bianca è uno spaziodedicato all’invenzione del territorio. Un modo per ac-costarsi al Trentino e alla sua storia. Propone sezioni de-stinate alla didattica, alla formazione, all’approfondimento,agli eventi temporanei e vi si può anche ammirare ungrande murales dedicato all’autonomia trentina. La Gal-leria nera è invece uno spazio aperto al racconto sog-gettivo di testimoni e alla selezione di oggetti apposita-mente scelti per rappresentare “provvisoriamente” il Tren-tino. Il progetto delle Gallerie, dal 29 agosto al 21 no-vembre 2010, sarà presente alla seconda edizione del-la Biennale diArchitettura di Venezia e farà parte del Pa-diglione Italia curato da Luca Molinari.

a cura di Cristiana Zappoli

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� ALLESTIMENTI Un Museo per Chopin

Lo Chopin Muzeum di Varsavia, in occasione del bi-centenario della nascita del compositore, ha inaugurato,il 1° marzo 2010, i nuovi allestimenti permanenti chesono stati curati dallo Studio Migliore+Servetto Archi-tetti Associati. Il Museo è stato concepito come centrodi promozione di attività artistiche ispirate all’opera e allapersonalità di Fryderyk Franciszek Chopin. Una strut-tura in grado di avvicinare alla musica classica e allafigura del maestro un pubblico esteso e variegato. Il mu-seo vanta una selezionata collezione, fra gli oltre5.000 pezzi dell’archivio dell’Istituto Fryderyk Chopin,relativa all’opera e alla vita del grande compositore cheè stata inserita, nel 1999, nella lista Unesco del patri-monio mondiale, proprio perché beni da tutelare e pro-teggere per la loro unicità e il loro eccezionale valoreculturale. Lo scopo principale del progetto è trasformarela visita in un’esperienza soggettiva di conoscenza e farcambiare la percezione tradizionale del museo perchéspesso è considerato una monotona istituzione edu-cativa. «Il progetto - dichiara Ico Migliore, co-fondato-re dello Studio Migliore+Servetto Architetti Associati -ha favorito lo sviluppo creativo dei contenuti attraver-so l’integrazione tra musica, oggetti della collezione esistemi interattivi. Definisce un messaggio multilayer e

multimodale, indirizzato a pubblici diversi e permette alsingolo visitatore una libertà di fruizione unica». L'alle-stimento, creato pensando ad un “museo aperto”,spinge il visitatore ad esplorare liberamente il percor-so creativo di Chopin come uomo, come compositoree come pianista, e lascia al visitatore la possibilità di sce-gliere i tempi e la modalità di lettura interagendo con ivari sistemi espositivi adottati per stimolare la curiosi-tà attraverso i sensi. L’utilizzo della tecnologia RFID, Ra-dio Frequency Identification, permette la customizza-zione dei contenuti audio-video attraverso l’interazionedel visitatore nelle oltre 70 postazioni interattive. In par-ticolare sono previsti 5 differenti livelli di approfondi-mento, bambini, ragazzi, adulti ed esperti disponibili inben 8 lingue diverse.

� FONDAZIONI Ricordare Magistretti

A coronamento di un lungo, e propedeutico, lavoro diriordino e inventariazione del fondo archivistico a gen-naio 2010 è stata costituita la fondazione studio-museoVico Magistretti. Promossa e presieduta da SusannaMagistretti, figlia del progettista, insieme a La Triennaledi Milano, Artemide, Cassina, De Padova, Flou, Olucee Schiffini Mobili Cucine, la fondazione studio-museonasce proprio nello studio di Vico Magistretti dove l’ar-chitetto lavorò sin dal 1946, affiancando il padre, an-ch’egli architetto. Per rendere fruibile il luogo ai visita-tori e idoneo alla conservazione dei materiali, è statorealizzato un intervento di ristrutturazione, curato dal-l’architetto Paolo Imperatori, collaboratore negli ultimianni dello stesso Magistretti. Tutto lo studio è stato di-chiarato di particolare interesse storico dalla Sovrin-tendenza Archivistica della Lombardia, che intende dun-que tutelare e valorizzare l’archivio e con esso il lavo-ro di Vico Magistretti. La fondazione studio-museo so-prattutto vuole essere “un’istituzione permanente, sen-za scopo di lucro, al servizio della società e del suo svi-luppo, aperta al pubblico, che compie ricerche sulle te-stimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente, leacquisisce, le conserva, le comunica e le espone a fini

Sopra e sotto: dueinterni del ChopinMuzeum di Varsavia.In basso: la facciataprincipale dellostorico edificio cheaccoglie il museo.Il visitatore puòinterrogare einteragire con ilmuseo in 8 lingue e secondo 5 livelli di approfondimento

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di studio, di educazione e di diletto”, rispettando così ladefinizione di museo fissata dall’International Councilof Museums (ICOM). Paolo Imperatori ha anche cura-to il progetto di allestimento che ha convertito in museolo spazio principale dello studio, la grande stanza di in-gresso, dove è esposta una selezione degli schizzi del-l’archivio. In questo ambiente si trova anche un’instal-lazione multimediale, una sorta di regesto figurato e in-terattivo che percorre l’intera carriera di Magistretti at-traverso gli oggetti e le architetture disegnati tra il 1946e il 2006. La sala riunioni è rimasta in gran parte inte-gra ad eccezione di qualche sedia in più rispetto alleoriginali, esposte a rotazione intorno al tavolo, e del-la selezione di modelli di architettura apposti alla pa-rete, mentre la stanza dell’ufficio di Magistretti, inalte-rata ma vissuta, accoglie adesso le postazioni di lavorodel curatore e del conservatore della fondazione. Glispazi sotterranei hanno completamente cambiato fun-zione e vi trova posto l’archivio Vico Magistretti, com-

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posto da documenti, disegni, fotografie e modelli, mes-si a disposizione di studiosi, studenti e visitatori inte-ressati all’approfondimento del lavoro di Magistretti odi alcuni dei suoi progetti. La fondazione aprirà lo stu-dio-museo al pubblico, dal marzo 2010, dal martedì alvenerdì dalle 14 alle 18 e svilupperà la propria attivi-tà su più fronti. Proseguirà l’attività di archiviazione siadel fondo che della collezione, procedendo con la ca-talogazione che implicherà dunque un’ulteriore fase diricerca e di studio e approfondimento sui progetti di VicoMagistretti. E procederà anche al ricondizionamento deidocumenti in contenitori a norma ISO, in modo da pre-servarne la conservazione. Il museo si inserisce in unideale piano urbanistico della città di Milano come pologlobale del design. Esso intende espandersi nel terri-torio attraverso un circuito museale urbano che inclu-da gli edifici più significativi progettati e realizzati da Ma-gistretti a Milano.Verrà pertanto distribuita dal museostesso una guida con l’indicazione del percorso e leschede descrittive dei singoli edifici. Al fine di incre-mentare l’accessibilità e mettere a disposizione il ma-teriale catalografico digitale, la prima iniziativa del mu-seo sarà quella di sviluppare anche il sito internetwww.vicomagistretti.it, e di curare una mostra mono-grafica che documenti in modo completo e scientificoil lavoro di Vico Magistretti.

A sinistra, la Salariunioni. Dopo laristrutturazione èrimasta integra, invecela disposizione deimodelli di architettura è cambiata. In alto a sinistra: una foto di Vico Magistretti. Sopra: parte dellostudio dedicata allaMostra sedia Selene,Artemide, 1969

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aperture presenti in facciata ed è accoppiabile con al-tri materiali di comune utilizzo nei rivestimenti di facciata.La cultura del manto erboso ha origini antichissime, masoltanto negli ultimi decenni il settore ha avuto una for-te espansione soprattutto nei paesi più ricchi. Impor-tati nel Nord America nel XIX secolo come imitazionedi una moda europea, i tappeti erbosi hanno visto ac-crescere enormemente la loro importanza parallela-mente alla espansione delle città, fino a radicarsi pro-fondamente nella cultura statunitense. Attualmente gliUSA sono il paese “leader” del settore con il più altonumero di addetti, di ricercatori, di associazioni di set-tore e con una superficie complessiva a tappeti erbo-si prossima ai 19milioni di ettari. In Italia fino a un re-cente passato, la modesta qualità di tappeti erbosi eraimputabile al ridotto bagaglio di conoscenze degli ad-detti al settore. A partire dalla metà degli anni ‘90 la cul-tura dei tappeti erbosi si è gradualmente diffusa nel no-stro Paese, promossa anche da una specifica attivitàdi ricerca universitaria completamente assente in pre-cedenza. L’attuale rilevanza raggiunta dai tappeti er-bosi non è dovuta soltanto alla necessità di ricreare am-bienti gradevoli, ma anche ai riconosciuti effetti posi-tivi di protezione ambientale che essi apportano so-prattutto nelle aree intensamente urbanizzate. Tipolo-gie diverse di coperture erbose si sono nel tempo dif-ferenziate, con l’attribuzione di ruoli sempre più spe-cifici che hanno comportato un affinamento delle tec-niche di coltivazione, della scelta del materiale vege-tale e delle tecniche manutentive.

� NUOVI PRODOTTI Il prato verticale

Il prato cambia prospettiva. Tecology lo porta in verti-cale. Realizzare pareti verticali “d’erba” richiede un lun-go percorso di ricerca e di studio. L’ obiettivo è stato quel-lo di dare una risposta ecologica per il miglioramentodell’ambiente urbano utilizzando tecnologie architetto-niche che rispettassero le necessità vitali delle piante.Il sistema 6.sesto punto è semplice da installare maestremamente evoluto e ricercato che garantisce all’erbadi vivere e crescere autonomamente in una condizio-ne inusuale, in verticale. Adotta, per la prima volta, uti-lizzando un sistema agronomico brevettato per impiantierbosi orizzontali, un sistema innovativo per realizza-re pareti o moduli di prato verticali su supporto venti-lato per applicazioni per esterni o interior design. 6.sesto punto è costituito da un pannello alveolare, stu-diato appositamente per le necessità botaniche delle no-stre essenze erbose, in polipropilene riciclato, modu-lare e di piccole dimensioni (60x40x6 cm), da una sot-tostruttura con profili verticali in alluminio, e da un im-pianto di irrigazione e fertilizzazione. Il pannello arrivaperfettamente inerbito in cantiere, pronto a essere in-stallato con semplicità garantendo un immediato effettoestetico. Il peso complessivo del sistema a pieno cari-co è di circa 37 kg a mq. 6.sesto punto è un rivestimento di facciata ventilata conspessori ridotti (minimo 6+6 cm) e consente di gestire

Nelle foto alcuniesempi di pratoverticale. 300 mq diprato producono in unanno la quantità diossigeno necessariaalla respirazione didue adulti. Abbattonouna quantità di CO2pari a quella prodottada un’auto di mediacilindrata chepercorre 20mila km

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� PREMI Il fascino di Dura Europos

Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino,istituito nel 1990, giunge nel 2010 alla sua ventunesi-ma edizione. È forse l’unico al mondo a rivolgersi a unluogo. Sceglie ogni anno un caso che contenga patri-moni di memoria e di natura di particolare densità e chesi presenti come significativo per la ricerca scientificae per la sperimentazione di metodi e strumenti dei beniculturali. Viene conferito a un luogo, deciso da una Giu-ria scientifica internazionale che quest’anno ha sceltoDura Europos, presso Salhiyé, sulla riva destra del cor-so medio dell’Eufrate, in Siria, a circa 90 chilometri sul-la strada che da Dayr az-Zawr porta al ponte di Abu Ka-mal, odierno confine con l’Iraq. È quanto resta di unacittà antica, per tre lati cinta da mura e con il quarto af-facciato a Oriente, sul grande fiume, da un dislivello dioltre 40 metri che rende spettacolare la leggibilità si-multanea della sottostante pianura alluvionale. Scoperto“per caso” da un reparto militare nel 1920, questo sitoarcheologico ha richiamato l’attenzione di eminenti stu-diosi europei e americani e, grazie a successive fasi diindagini, ha restituito uno dei più cospicui patrimoni dimemoria delle civiltà che si sono radicate nell’arco dipiù di cinque secoli, dalla fine del IV a.C. alla metà delIII d.C., in questo territorio aperto agli scambi tra il mon-do mediterraneo e quello asiatico. Il Premio in sé con-siste in una “campagna di attenzioni” che contribuiscaa far conoscere la geografia e la storia del luogo pre-scelto, le sue condizioni attuali e le questioni relative allasua salvaguardia.

Sopra e sotto: Dura Europos, città fortificata che si affaccia sullariva destra del corso medio dell’Eufrate. È un luogo che costituisceun nodo peculiare nella geografia e nella storia della Siria, unlimite tra mondi diversi: Ellenismo, Romanità, Oriente

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� PREMI Le eccellenze del real estate

Mario Bellini, Frank Gehry, Alessandro Mendini, KarimRashid, Matteo Thun, Tom Wright: sono questi i vinci-tori del TrE Number OneAward 2010. Il riconoscimentopremia ogni anno gli esempi più mirabili di progettazioneconsapevole e culturalmente fondata, sia per complessidi nuova realizzazione che per il restauro di edifici esi-stenti o per la progettazione degli interni.L’Award vuole diventare un punto di riferimento, in am-bito nazionale ed internazionale, nella celebrazione del-l’eccellenza nel settore real estate turistico e si propo-ne come vetrina per architetti e progettisti la cui crea-tività sappia fondere, in un nuovo modo di concepirel’ospitalità, la propensione allo sviluppo sostenibile conla ricercatezza qualitativa della progettazione, oltre checon l’idea di architettura intesa come simbolo d’identi-tà. Il tutto nell’ottica di una migliore e sempre più fun-zionale compatibilità delle soluzioni per la vacanza coni nuovi stili di vita e con le diverse categorie d’utenza.I sei big dell’architettura internazionale sono stati pre-miati per avere disegnato altrettanti alberghi proiettatinel futuro. Mario Bellini, per l’efficienza e il rigore del de-sign del suo T Hotel di Verona, struttura destinata a sog-giorni di lavoro. Frank Gehry, che con l’Hotel Marquesde Riscal a Elciego Spain, realizza un nuovo Guggen-

heim Museo di Bilbao, un oggetto architettonico scul-toreo che accoglie l’ospite in un mondo straordinariodove l’architettura diventa emblema del nostro periodostorico. Alessandro Mendini, che con il Byblos Art Ho-tel Villa Amistà di Corrubio di Negarine (VR) crea unmondo quasi fiabesco fatto di arte, design e colore. Ka-rim Rashid, che nel suo Semiramis Hotel, trasferisce ilsuo mondo di “Global Love”, portando l’ospite in un luo-go in cui architettura e design vivono in simbiosi. Mat-teo Thun, che con l’Edel Weiss Residence di Katschberg(Austria) fa rivivere, in chiave moderna, lo stile di “finesecolo”. Infine, a Tom Wright, l’archistar della “Vela” diDubai, è stato tributato il premio TrE Number One allacarriera, per il concetto di edificio-icona che la sua ope-ra più famosa – il Burj alArab appunto- ha introdotto nelmondo dell’architettura. Il premio, ideato dall’Architet-

A sinistra: HotelSemiramis di KarimRashid. Sotto: ByblosArt Hotel Villa Amistàdi Corrubio diNegarine, curato daAlessandro Mendini.Sopra: Hotel Marquesde Riscal a ElciegoSpain, realizzato daFrank Gehry. Nellapagina a fianco: la“Vela” di Dubai diTom Wright

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to Laura Villani, ha voluto valorizzare gli interventi di pro-gettazione turistica derivanti da una committenza con-sapevole e culturalmente fondata; le visioni concretiz-zate in realizzazioni particolarmente significative per ilsettore. I premi sono stati consegnati in occasione di TRE– Tourism Real Estate, la fiera internazionale dedicataall’immobiliare turistico di qualità, che si è svolta pres-so l’Arsenale di Venezia dal 15 al 18 aprile scorsi. La fie-ra è la prima expo&conference italiana dedicata agli ope-ratori del Real Estate turistico di qualità. Con i suoi 110espositori e gli oltre 3.200 visitatori business, la mani-festazione ha infatti riunito per quattro giorni la communityformata dai top players del mercato, che si sono incontratiper sviluppare nuove idee, prospettare nuove strategie,costruire e consolidare il loro network, analizzare nuo-ve tendenze e avviare nuovi business.

Isolamenti S.r.l nasce nel 1968 per la commercializzazione dimateriali per l'edilizia e prende il nome del fondatore Rinaldo Cilli.Nel 1988 viene modificata dal figlio Vincenzo specializzandol’attività nella distribuzione di materiali per l’isolamento termico,acustico, l’impermeabilizzazione e per le opere in cartongesso.Cambia anche il nome che diventa “Cillisolamenti”. Nel 2000l'attività, che nel frattempo prende il nome di Isolamenti S.r.l.,viene ampliata anche allo sviluppo di servizi ed assistenzaprogettuale e di cantiere. Il continuo modificarsi del mercato dimateriali per l’edilizia ha portato la ditta a fornire oggi, oltre aiservizi fondamentali, anche quello della posa in opera. Il punto diforza di Isolamenti è la qualità del servizio: operazioni di magazzinorapide (carico-scarico merci), gamma di prodotti completa edaltamente specializzata, consulenza progettuale, presenza costantenel mercato e tempestività nella posa in opera dei lavori richiesti.

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Nelle foto i dueprogetti vincitoridel Premio Europeoper lo Spazio PubblicoUrbano. Sopra: Open -Air - Library,progettato da Karo incollaborazione conArchitektur+Netzwerk.Sotto: Den NorskeOpera & Ballett diOslo, progettata dallostudio Snøhetta

� PREMI Karo e Snøhetta i vincitori

Il Premio Europeo per lo Spazio Urbano è un concor-so biennale organizzato da sei istituzioni europee conl'obiettivo di riconoscere e incoraggiare i progetti di re-cupero e la difesa degli spazi pubblici nelle nostre cit-tà. Il premio, creato nel 2000, celebra quest’anno la suasesta edizione. Considerati il riduzionismo e l’eccessi-va semplificazione di alcuni dei grandi progetti urbanirealizzati in Europa negli ultimi anni, e il conseguenterischio di omogeneizzazione e impoverimento del pae-saggio urbano, chi ha ideato questo premio pensa chepromuovere lo spazio pubblico e far conoscere le diversefunzioni che esso può abbracciare è il modo miglioreper stimolare i progetti urbani che mirano a reinventa-re e rinforzare il ruolo strutturale che questo spazio hasempre avuto nelle città europee.Il Premio Europeo per lo Spazio Pubblico Urbano èun'iniziativa del Centro di Cultura Contemporanea diBarcellona (CCCB). È stato istituito a seguito della mo-stra "La Riconquista dell’Europa", che si è svolta nel-la CCCB nel 1999, al fine di offrire la testimonianza alprocesso di riabilitazione di spazi pubblici che sono sta-ti presenti in molte città europee. Negli ultimi dieci anni,il Premio è diventato noto in tutta Europa e ha gua-dagnato il sostegno delle istituzioni al punto che ora co-stituisce un indicatore di livello delle principali preoc-cupazioni e delle iniziative europee nella pianificazio-ne urbana. Dal 2000 ad oggi diverse istituzioni hannoaderito al progetto che, attualmente, è co-organizza-to dalla The Architecture Foundation (Londra), l’Ar-chitekturzentrum Wien (Vienna), la Cité de l'Architec-ture et du Patrimoine (Parigi) , il Nederlands Architec-tuurinstituut (Rotterdam) e il Museo di Architettura Fin-landese (Helsinki) e il Deutsches Architekturmuseum(Francoforte). Quest’anno il premio è stato vinto dal-la Open -Air - Library di Karo conArchitektur+Netzwerk,

costruita a Magdeburg in Germania e dalla Den Nor-ske Opera & Ballett di Oslo, progettata dallo studio Snø-hetta. Quello di Karo è un progetto di design intelligente,che si è valso del supporto e la collaborazione dei re-sidenti locali. Open - Air - Library è un centro cultura-le in un ex distretto industriale di Magdeburgo, dove sipossono prendere e lasciare libri 24 ore su 24. Inau-gurata lo scorso giugno, mette a disposizione degli abi-tanti un ampio spazio verde e riutilizza la facciata di unvecchio magazzino, favorendo l'uso di risorse condi-vise e contribuendo alla riduzione di risorse preziose.L’altro progetto vincitore, invece, la nuova Opera Hou-se di Oslo, realizzata da Snøhetta, è una costruzionedi notevole interesse per la singolarità dell’obiettivo chesi pone, che è quello di cercare un punto d’intercon-nessione tra l’identità formale del progetto e quella delpaesaggio, della natura, del luogo. L’edificio testimoniala vivacità e la complessità creativa dell’architettura con-temporanea norvegese e conferma, altresì, l’interesseinternazionale suscitato da alcune recenti opere del di-namico e composito gruppo di architetti che si raccol-gono sotto la sigla Snøhetta.

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� PREMI Per un’architettura SANAA

Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, partner dello stu-dio di architettura SANAA, sono stati scelti come vin-citori del Premio Pritzker per l’Architettura 2010. Il pre-mio è riconosciuto in tutto il mondo come la più im-portante onorificenza in campo architettonico: ai dueverranno consegnati 100mila dollari e due medagliedi bronzo. Annunciando la scelta della giuria, ThomasJ. Pritzker, Presidente della Fondazione Hyatt pro-motrice del premio, ha dichiarato: «È la terza volta nel-la storia di questo riconoscimento che due architettivengono premiati nello stesso anno. La prima fu nel1988, quando furono premiati il brasiliano Oscar Nie-meyer e lo scomparso Gordon Bunshaft; la secondaè stata nel 2001, quando furono selezionati JacquesHerzog e Pierre deMeuron». Lo scopo del Premio Pritz-ker è quello di onorare ogni anno un architetto viven-te il cui lavoro mostri una combinazione di qualità qua-li talento, visione e impegno, che ha prodotto signifi-cativi contributi per l'umanità e l'ambiente. Le motiva-zioni che hanno spinto la giuria a scegliere i due ar-chitetti giapponesi sono state esposte dal Presidentedi giuria, Lord Palumbo: «Per un'architettura che è allostesso tempo delicata e potente, precisa e fluida, ge-niale ma non eccessiva o eccessivamente esibizioni-sta; per la realizzazione di edifici che interagiscono coni contesti in cui sono costruiti e con le attività in essi con-tenuti, creando un senso di pienezza e ricchezza espe-rienziale; per un singolare linguaggio architettonico chenasce da un processo di collaborazione che è al tem-po stesso unico e ispirato; per la realizzazione dei loronotevoli edifici e per la promessa dei nuovi progetti chefaranno insieme, Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawasono i destinatari del PritzkerArchitecture Prize 2010».

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� LIBRI Il pensiero di Peter Eisenman

Non sappiamo riconosce-re la profonda natura este-tica del sapere dominan-te tecnico-scientifico nelquale siamo immersi. Nonriusciamo nemmeno a di-stinguere gli apporti e icontributi diversi prove-nienti da altri saperi, ben-ché questi appartenganoad uno stesso orizzonte: ilpensiero occidentale. L’ar-

chitettura contemporanea galleggia sopra questo in-credibile abisso scavato proprio dalla nostra duplice in-consapevolezza. Cercare di penetrare nella culturaebraica attraverso l’opera di Peter Eisenman per com-prendere il linguaggio formale del nostro tempo, signi-fica non solo restituire a quella cultura l’importanza ela ricchezza di senso che le compete, ma anche scio-gliere l’ambiguità del sapere nichilista per comprende-re i valori di un’altra grande tradizione: quella greco-cristiana, fondamento dell’architettura occidentale.A scri-vere questo è Renato Rizzi, professore di progettazio-ne architettonica allo IUAV - Venezia. Architetto e teo-rico, ha appena concluso la realizzazione della Casad’Arte Futurista Depero a Rovereto e attualmente è im-pegnato nella progettazione del Teatro Elisabettiano diDanzica, Polonia. E dopo diversi studi e diverse lettu-re sul mondo eisenmaniano afferma: «scoprire che l’in-conoscibile grandiosità del pensiero eisenmaniano ci co-stringe alla decostruzione di molti pregiudizi. Un monitoper noi, una promessa per l’architettura».

� LIBRI Teorico e progettista

Storico dell'architettura, Man-fredo Tafuri è, innegabilmen-te, un’importante figura delmondo culturale italiano. Quelmondo che si è sviluppatonel trentennio che va daglianni ’60 ai ’90. Ha offerto lu-cide analisi connotate da im-portanti accenni politici. Il suometodo ha segnato molti ar-chitetti italiani ed esteri e ha

fatto germogliare in molti il desiderio di mettere a nudole false certezze allora definite borghesi. Tafuri ha vi-sto la storia come una successione di crisi, di rotture dadescrivere come in un’opera mai finita. A quindici annidalla sua scomparsa, la sua copiosa opera viene ana-lizzata attraverso gli scritti di Marco Biraghi, MassimoCacciari, Francesco Dal Co, Benedetto Gravagnuolo,

Manuela Morresi, Giulio Pane, Sandro Raffone e Fa-brizio Spirito. Il volume è anche arricchito di un'ag-giornata bibliografia dei testi di e su Manfredo Tafuri, cu-rata da Federico Rosa. In aggiunta è possibile ancheleggere due suoi straordinari inediti: una lettera di Man-fredo Tafuri a Roberto Pane, e un’autobiografia, scrittapochi mesi prima della sua morte, che assume il valo-re e la forza di un lascito testamentario. Ed è proprio disua mano in questa autobiografia che scrive: «insiemeai suoi collaboratori egli ha tentato di fondare, fra pole-miche non ancora sopite, l’autonomia assoluta della sto-ria dell’architettura dalla progettazione. Il tutto, nella co-scienza di una crisi che coinvolge arte, ideologie dellamodernità, ideologie politiche. Il che è trasparente neisuoi successivi libri, che lo segnalano al grande pubblico,con grande successo internazionale: Teorie e storia del-l’Architettura e Progetto e utopia tradotti in più lingue.L’aspetto apocalittico che i lettori più distratti hanno at-tribuito a tali scritti non teneva conto del grande bisognodi rinnovamento che la cultura europea sentiva in que-gli anni, al di là dei dogmatismi di gruppo di partito».

� LIBRI Il valore estetico dei fiumi

Diana Balmori, architetto,paesaggista e urbanista ri-conosciuta a livello inter-nazionale. Membro dal1999 della commissioneper la pianificazione urba-nistica della Casa Bianca,ha con questo testo affron-tato un tema più che mai at-tuale: i fiumi e la dimenti-

cata connessione tra questi e le città. I fiumi oramai sonostati dimenticati, isolati, tagliati fuori, ridotti a mezzo ditrasporto o a cloache urbane al punto da essere dive-nuti quasi irriconoscibili. Diana Balmori cerca nuove for-me per infrangere la netta separazione tra città e fiu-me e creare tra i due una zona di passaggio dinamicae fluida. I progetti descritti in questo libro, frutto del suolavoro degli ultimi dieci anni, rappresentano la linea dicongiunzione tra fiume e città. Sono interconnessioni,dissoluzioni dei limiti geografici, forme alternative a quel-le del passato. Contorni sinuosi, in continua evoluzio-ne, che riguadagnano terreno con la vegetazione e lafauna fluviale. Ma, cosa ancora più importante, ripro-pone l'interazione tra le persone e il fiume fondata sulrispetto reciproco e l’interagire con esso in modo pro-positivo. La Balmori non vuole più un paesaggio comeun sorta di “quadro”, fisso e composito. Come un og-getto bidimensionale adatto alla contemplazione. Vuo-le un paesaggio che nasca dall’inserimento della vitaurbana nei processi naturali. E ritiene l’architettura delpaesaggio un’arte che, a differenza di quanto avvienecon i musei, le gallerie d’arte, i teatri e le sale da con-certo, deve essere rivolta all’intera cittadinanza.

46 AMarchitetti

La muraglia ebraicaL’impero eisenmanianoRenato RizziMimesis Edizioni133 pagine,costo: 14,00 euro

Manfredo TafuriOltre la storiaA cura di O. Di MarinoClean Edizioni127 pagine,costo: 15,00 euro

Tra fiume e cittàDiana Balmori

Bollati BoringhieriCollana: Oltre i Giardini204 pagine, ill. coloriCosto: 35,00 euro

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� DESIGN Trasformazioni in architettura

Con la stessa logica concui Thomas Kuhn consi-dera le diverse fasi del-l’operare scientifico, il chevuol dire prendere in con-siderazione la formazio-ne, durante il processo,delle anomalie, questo librooffre un viaggio negli ultimi90 anni della nostra storia.Dal 1919 con l’avventodella macchina fino a dopol’orrore del World Trade

Center nel 2001, l’autore registra, con sguardo puntuale,quei diversi meccanismi di trasformazione che trovanomodo di esprimersi e di rendersi manifesti nell’archi-tettura. Il libro si articola in otto grandi capitoli, secon-do un’impostazione cronologica. E di ciascuna di que-ste fasi storiografiche Antonino Saggio, professore diProgettazione architettonica e urbana della Facoltà diArchitettura L. Quaroni di Roma La Sapienza ne avviauna lettura critica che abbraccia non solo l’espressivi-tà progettuale dell’architettura e dell’urbanistica, ma an-che le eventuali connessioni con l’arte, la filosofia, la po-litica e l’economia. Dall’età della macchina ai movimentidi avanguardia, dall’internazionalità alla multidisciplin-rietà degli anni Sessanta che ha condotto lo scibile ver-so plurisfaccettati linguaggi e contesti fino alle attuali in-terconnessioni informatiche.

� LIBRI Architetture a Roma

Uno strumento per scoprire ecapire la città da una pro-spettiva particolare. Una let-tura di Roma attraverso l’ar-chitettura. La guida è indiriz-zata ad un pubblico ampio enon solo agli architetti e aglispecialisti perché Roma cittàcapolavoro svela la Capitalemediante una serie di itinera-ri tematici che in modo intuiti-

vo e coinvolgente incentivano a inoltrarsi e percorrerela città. Dall’antichità classica all’architettura contem-poranea, dalle basiliche paleocristiane ai palazzi rina-scimentali, alle chiese barocche, ai complessi razio-nalisti. Comunque è una guida aperta anche a ciò chepuò essere un giusto corredo all’architettura, ristoran-ti, alberghi scelti.

Roma città capolavoro - Guida architettonicaa cura di Mauricio Uribe Gonzalez - ProspettiveCollana: Itinerari Tematici - 303 pagine - costo: 20,00 euro

Architettura e ModernitàAntonino Saggio - Carocci - 467 pagine - costo: 43,70 euro

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UN PADIGLIONETRA CIELO E MAREAtelier Jean Nouvel / Genova

progettareAM

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Il padiglione centraledel quartiere fieristicodi Genova progettatoda Jean Nouvel. È facilescorgere il rivestimentousato per l’intradossodella copertura: pannellidi acciaio realizzati con 8stampi dal disegno diversoche, accostati tra lorosecondo orientazionidiverse, evocanol’increspatura dellasuperficie del mare

«Un immenso specchio blu rettangolarenel quale si riflette il blu del cielo». Conqueste parole Jean Nouvel ha descrittoil Padiglione B della Fiera di Genova.Linee e colori perfettamente integraticon l’ambiente circostante di Iole Costanzo

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enova, il porto e i colori del mare. No,l’articolo non affronterà l’argomento dellesuggestioni cromatiche tipiche della costa

genovese, bensì illustrerà il padiglione centrale delquartiere fieristico progettato da Jean Nouvel. Questotipo di edifici solitamente ha un’impostazione formalemolto simile tra loro. Il nuovo Padiglione B di PiazzaleKennedy è invece visibile e riconoscibile anchedall’alto della tangenziale della città perchési stacca con decisione dall’insieme gestaltico deidiversi padiglioni della fiera. La ragione? Il blu dellacopertura e non solo. Nella realtà è uno specchioblu che gioca con il cielo nella parte superioree con il mare di Genova nella parte sottostante.È un autentico dispositivo di immaterialità e luce.È un contributo, come ha dichiarato l’architettoJean Nouvel a “l’identité génoise”.La Fiera di Genova si estende su un'area che siaffaccia direttamente sul mare nelle immediatevicinanze del centro città. La superficie complessivasupera i 300mila mq e ben 100mila sono d’acqua.

Il quartiere si compone di quattro padiglioni (S, C, B,D), un centro congressuale, diversi manufatti diservizio e due Marine che ospitano, durante il SaloneNautico, circa 430 imbarcazioni. Il nuovo padiglioneè nato per raddoppiare le superfici espositive delpadiglione preesistente. Il progetto consiste inun edificio semplice: due livelli espositivi più unointermedio a quota +9.40 slm dove si trovanoi ristoranti e le sale polifunzionali. Tutti gli ambientisi affacciano sul mare sotto la prospettica visionedella grande copertura che aggetta di 12m oltre il filodella banchina. Mentre il livello superiore si trova aquota +14.125 slm, quello inferiore è in continuità conla banchina stessa. L’impostazione a più livelli nonha impedito di risolvere i problemi dei flussi dellemerci e dei veicoli durante le fasi di allestimentoe disallestimento che si riscontrano abitualmentenei padiglioni biplanari. La soluzione adottata consistein un sistema di rampe, vere strade di classe A, cioècon le stesse caratteristiche delle strade statali, chepermette, anche ai grandi articolati, di raggiungere

In alto a sinistra:sezione trasversaledi tutto il padiglione.Di fianco: visionedall’alto delpadiglione nelcontesto nauticotipico dell’insiemefieristico. Sopra:il padiglione in unavisione più ravvicinatatra la marina e lecolline genovesi

G

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PIANTA A QUOTA 5,55M SLM PIANTA DELLA COPERTURA

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PROSPETTO FRONTALE

SEZIONE TRASVERSALE

SEZIONE LONGITUDINALE

PROSPETTO RETRO

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53AMarchitetti

In alto: la facciata si presenta molto ampia e disegnata dai soli tagli delle ampie vetrate alte 12m, con portelloni scorrevoli di 12m x 6m. In basso:l’accesso alle aree espositive avviene in maniera fluida. È possibile godere della vista dei diversi livelli dell’edificio poiché la visualità non è ostruita

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sia il livello 0.90 sia il livello +14.125m, nonchédi entrare direttamente all’interno dei livelli espositivi.L’edificio è accessibile da più punti lungo i latie il traffico veicolare e quello del pubblico sonocompletamente separati, il che consente di allestireo disallestire una mostra mentre ce n’è un’altra incorso senza interferenze. Il movimento veicolareavviene lungo il fronte: la rampa con una sezionestradale di 11m raggiunge la quota di 14.125 slm econtinua in piano lungo tutto il fronte sud dell’edificio.L’accesso all’edificio a questa quota avviene inmaniera diretta. Inoltre, la facciata vetrata, alta 12m,si apre a tutta altezza, ogni 6m, con dei grandiportelloni scorrevoli di 12m x 6m, consentendoai veicoli di entrare all’interno dell’edificio. A questoscopo il solaio di questo livello è stato strutturalmentestudiato per supportare i carichi dei mezzi pesanti edè completamente libero da pilastri così da consentireuna circolazione veicolare senza intralci. Le modalitàdi accesso al livello inferiore non variano e lungo ilfronte ovest il terreno passa dolcemente da quota

+5.50 slm a quota +1.00 tramite una strada larga 17mche, proseguendo lungo la banchina, crea un veroe proprio boulevard in grado di ospitare attivitàfieristiche all’aperto. I due livelli espositivi possonoessere gestiti sia in maniera combinata che separata,e possono ospitare due o più mostre contemporanea-mente. Lo spazio presenta diverse altezze chevariano da un minimo di 6m ad un massimo di 12mproprio perché assecondano l’inclinazione dellacopertura verso sud. Tutti i livelli comunicanocon il mare e la marina: quello superiore e quellointermedio attraverso le terrazze all’aperto che,protette dall’aggetto della copertura, si affaccianosulla marina. Mentre il livello inferiore, prolungandosiall’esterno dell’edificio, diventa una grande piazzalungo il mare. Il solidale e continuo rapporto conil mare non è solo diretto ma anche indiretto.La copertura, infatti, rivestita internamente da uncontrosoffitto in lamiera inox con finitura a specchio,si comporta come un cielo artificiale. La sua funzionepiù specifica è quella di riflettere la luce per creare

Nella foto sopra uno scorcio del camminamento di distribuzione interna posto nella parte più retrostante del volume. Sulla sinistra si distribuisconoi locali tecnici e i servizi. Sulla destra l’ampio finestrone offre una piena visuale sull’allestimento del salone espositivo posto al piano inferiore

Jean NouvelÈ nato a Fumel in Francianel 1945. Nel 1972si diploma alla ScuolaNazionale Superioredi Belle Arti di Parigi.Nel 1983 è nominatoDottore honoris causadalla Università di BuenosAires. Riceve la medagliad’oro dell’Académied’Architecture nel 1998.Nel 2008 viene insignitodel Premio Pritzker.

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un’illuminazione d’ambiente indiretta. Questa grandesuperficie inclinata (20.365m²) è stata realizzatacon un sistema di copertura impermeabile fatto dielementi piani autoportanti in alluminio preverniciatodi colore blu, a finitura lucida, fissati con aggraffaturanascosta ad una struttura di supporto sottostante.Al di sopra di questo strato è stato montato unrivestimento in vetro smaltato blu, e la scelta diquesto materiale è stata dettata dalle sue prestazioni:indeformabilità, inattaccabilità dagli agenti atmosfericie facile manutenzione. I pannelli di acciaio, invece,di dimensioni 1m x 1m, sono stati realizzati con 8stampi dal disegno diverso i quali, accostati tra di lorosecondo orientazioni diverse, ricreano un disegnoa rilievo che evoca l’increspatura della superficie delmare, e collaborano con il sistema di illuminazionein quanto consentono di illuminare, per riflesso, tuttii piani espostivi e, nella parte esterna e verso il mare,anche la banchina. Ritornando agli accessi, c’è daprecisare che in corrispondenza di ognuno di lorosi trovano le reception che, messe in stretta relazione

con il sistema di scale mobili, avviano il pubblicodirettamente ai due livelli espositivi. Il foyer dunqueè concepito come una spina distributiva per le diverseattività e, proprio per questo tipo di organizzazione,dagli ingressi principali si accede a un corridoiodistributivo. Da qui l’accesso alle aree espositiveavviene in maniera fluida ed è possibile godere dellavista dei diversi livelli dell’edificio. In corrispondenzadell’arrivo delle scale mobili, sul lato opposto, lungola facciata sud si trova un altro collegamento verticaleche è stato pensato appositamente per metterein comunicazione il livello degli spazi espositivicon quello dei ristoranti e che può essere resoindipendente dal resto dell’edificio. L’edificio, dunque,risponde pienamente alle caratteristiche funzionalirichieste. Pertanto Genova può tranquillamenteinvestire anche per il prosieguo del progettodell’Ateliers Jean Nouvel: l’espansione del padiglioneB sulle superfici dell’attuale adiacente padiglione D,per una futura superficie complessiva (B+D) di ben30mila metri quadrati espositivi.

Parte terminale del salone espositivo. La pendenza della copertura si acuisce ed è possibile scorgere la modularità dei pannelli in acciaioche rivestono l’intradosso della copertura. Il disegno a rilievo evoca l’increspatura del mare e collabora nella rifrazione della luce

CREDITI

CommittenteFiera di GenovaArchitettiAtelier Jean NouvelIngegneriaArupAcusticaStudio d’ingegneriaacustica M. BrucolaSuperficie utile31.000 mqSuperficie lorda36.000 mqCosto dell’opera34.000.000 euro

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progettareAM

A TORINO RIPARTELA NUOVA STAZIONEAREP - Silvio d’Ascia - Agostino Magnaghi / Torino

Assonometria prospettica. L’interramento deibinari aprirà il dialogo tra la stazione e l’intorno.La torre è parte integrante del progetto ed èdestinata a servizi, uffici, alberghi, commerci

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Per

lefoto

AREP/Silviod’Ascia/AgostinoMagnaghi

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l cantiere della nuova Stazione di Porta Susa,progettata dal gruppo francese AREP insieme aSilvio d’Ascia e ad Agostino Magnaghi, ha

finalmente ripreso, con enormi ritardi rispetto alprogramma iniziale, la sua attività lavorativa. In questiultimi anni, fra Torino e Salerno, sono stati realizzatiquasi 1000 chilometri di rete AV/AC che hannopermesso, ai cittadini italiani, di realizzare viaggicon tempi simili alle realtà francesi e tedesche. Ma,mentre nel resto d’Europa, per molte città quali Lille,Liegi, Lione, Barcellona, Rotterdam e Saragozza laproposta progettuale di realizzare nuove stazioni AV,è stata vista come opportunità per riprogettare ampiezone cittadine, nel nostro paese il piano di sviluppodelle linee AV per stazioni quali Roma Tiburtina,

Napoli Afragola, Reggio Emilia AV, Bologna Centraleha riscontrato così tante complicazioni che alcune diqueste stazioni sono ancora in fase di concorso, enessuna sarà comunque completata prima del 2012.Tra queste, Porta Susa, che perderà l’occasionemediatica di divenire il simbolo dei festeggiamenti dei150 anni d’Italia. Comunque vada, Torino, la vecchiacapitale d’Italia, polo economico del Paese, ha i suoipiani di crescita. Tra questi anche quelli urbanisticiche, con i dovuti tempi, sta seguendo. E sarà la Spina2, una delle quattro suddivisioni che guideranno lacrescita della città ad accogliere, tra il grattacielodel San Paolo-Imi e la sede della Provincia, la nuovastazione di Porta Susa, la nuova porta per l’Europa,di cui Torino si doterà nonostante i continui disguidi.

I

Acciaio e cristallo sono gli elementi che caratterizzeranno la nuova stazioneferroviaria di Torino Porta Susa. Luce, aria e ventilazione naturale farannoparte del progetto. L’obiettivo principale è la produzione di energia da fontirinnovabili ai fini di una maggiore autosufficienza dalle reti di Iole Costanzo

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Pertanto è sembrato opportuno approfondirel’argomento e intervistare uno degli esponenti delgruppo: l’architetto Silvio d’Ascia.Domanda. Porta Susa sarà lo scalo ferroviario piùimportante del capoluogo piemontese. Secondo leiquali sono gli elementi architettonici checaratterizzeranno questa nuova stazione?Risposta. «La stazione è il luogo del viaggio e delsogno. Un luogo di vita e di passaggio. Il progettocontemporaneo della stazione ferroviaria deverispondere simultaneamente a un duplice obiettivo:a) L’intermodalità: la stazione deve trasformarsi nelXXI secolo in una moderna e complessa macchinafunzionale in grado di risolvere al meglio l’obiettivodella connessione tra i diversi modi di trasportopresenti in stazione (treni ad alta velocità, treninazionali, regionali, metropolitana, autobus, tram,auto, taxi, biciclette...).b) L’urbanità: relegata nel corso degli ultimi 50 anni aluogo della marginalità sociale e del degrado urbano,un “non luogo”, la stazione deve recuperare un ruoloattivo di spazio pubblico, integrando funzioni che laadattino alla città del XXI secolo.Vero polo di scambio contemporaneo, la galleria inacciaio e vetro lunga 385 metri (la lunghezza delTAV), larga 30 con un’altezza variabile rispetto allaquota stradale esterna, tra i 3 e i 12 metri, al colmodella copertura, caratterizza l’immagine urbana delnuovo fabbricato di Torino Porta Susa. È il progetto diun vuoto urbano, di un vero e proprio spazio pubblico,dove la stazione diviene passage, luogo di una nuovaurbanità. Il progetto si pone l’obiettivo di collegarediversi livelli della città creando delle continuità dipercorsi urbani. La stazione diventa percorso urbano,

aperto e permeabile tanto in longitudinale, con l’asseinclinato della grande hall/strada che collega viaCernaia a Corso Matteotti e Corso Vittorio, quantoin trasversale, con un sistema di passaggi urbaniortogonali alla Spina e a Corso Bolzano. Il volumetrasparente della stazione, rivisitazione modernadella galleria urbana ottocentesca e delle grandihalles delle stazioni storiche, è attraversato intrasversale, tra la parte est e ovest, da un sistemadi percorsi attrezzati che ne riducono l’impattolongitudinale trasformando la galleria in uno spaziopedonale permeabile sia a quota della strada chea quota della hall, aperta ai flussi pedonaliindipendentemente dal funzionamento della stazione.La città entra in stazione e la stazione diviene città».D. Come si integra questa futura galleria di vetro conil genius loci cittadino?R. «Il riferimento diretto è quello delle grandi gallerieurbane della città ottocentesca, veri e propri salottiurbani e luoghi che la città del XX secolo ha in parterinnegato e contraddetto. Il tentativo di riproporreper una stazione un modello tipologico “tradizionale”,anche se inequivocabilmente contemporaneo perlinguaggio e forma, ha come obiettivo quello ditrovare una continuità con la città storica, con il suogenius loci, con i portici della Torino ottocentesca,con l’idea dell’attraversamento urbano dei grandi assipedonali longitudinali ritmati dalle arcate dei palazzi,con l’atmosfera magica della luce filtrata dallacopertura vetrata della Galleria Principe di Savoia inpieno centro a Torino. L’integrazione non è mimeticama critica e concettuale. Cerca di riproporreconsonanze, corrispondenze di senso e di atmosferatra passato e futuro, tra il genius loci della città storica

A destra: due rendering illustrano la nuova galleria di acciaio e vetro nel contesto dellavita cittadina. In basso: schizzo prospettico della galleria, della torre e della vecchiastazione di Porta Susa, di cui sono stati fatti molti studi di fattibilità riguardo al riuso.Il vecchio edificio appartiene al patrimonio culturale e architettonico della città

Silvio d’AsciaNato a Napoli dal 1993vive e lavora a Parigi.Ha fondato il suo studionel 2001. Parallelamentealla sua attività napoletana,con AREP ha partecipato apiù concorsi internazionaliin Europa e in Cina.Compreso il Concorsoad inviti per l’area dellastazione di BolognaCentrale insiemea Jean Nouvel.

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e la dimensione metropolitana del vivere quotidiano.I viaggiatori entrano nelle stazioni, le attraversano, leabitano: vi giungono per prendere il treno, ma ancheper trascorrervi il tempo libero. A partire da questaimmagine prende forma l’idea principale del progettodella stazione AV Torino Porta Susa: trasformare lastazione in un vero spazio pubblico urbano, in unluogo della città, ponte tra passato e futuro».D. La nuova stazione dovrà comunque relazionarsicon la cosiddetta Spina 2, uno dei piani progettatidalla Gregotti Associati. Secondo lei vi sono delleconnessioni tra i due progetti?R. «L’edificio della Stazione è una sorta di edificio-simbolo. Simbolo del movimento, del viaggio edella presenza del mondo dei trasporti nella cittàcontemporanea. La Torino del futuro nasce propriodall’idea della Spina Centrale e dall’interramento dellaferrovia, per circa 12 km, che permette di ricucire lacittà est con quella ovest, il centro storicoottocentesco della Torino classica con la città del XX

secolo cresciuta al bordo della ferrovia, on the wrongside of the railways. Il nostro progetto interpreta ilprocesso di trasformazione urbana operato dallaSpina e cerca di adeguarsi alla scaladell’infrastruttura. Ma l’edificio della stazione èuna sorta di simulacro urbano dell’oggetto treno,scomparso dallo scenario urbano al di sotto dellaSpina Centrale e trasformato in objet trouvé sullascena della città attraverso il recupero di una formaarchitettonica: una galleria in acciaio e vetro».D. L’Italia si sta dotando di stazioni ad alta velocità:Roma Tiburtina, Torino Porta Susa, Firenze Belfiore,Napoli Afragola. La logica delle stazioni è cambiata.Così come è cambiato l’uso degli spazi comuni. Qualisono i concept progettuali alla base dei cambiamenti?R. «Credo che il carattere comune ai vari progettidelle grandi stazioni sia proprio il progetto del vuoto.Il progetto del vuoto, nella stazione di Porta Susa,assume un evidente carattere urbano di stradapedonale. Rappresenta il filo rosso di questa nuova

In alto: la galleria di vetroe acciaio evoca le grandistazioni storiche e neripropone la sapienzabioclimatica. Il progettoprevede anche ladisposizione di numerosealberature all’interno.In basso: sezionetrasversale della galleriain superficie e di quellaipogea a quota treni

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generazione di stazioni ferroviarie. Si tratta di unanecessaria modifica all’approccio progettuale checonsiste nel riflettere e progettare non con ilparametro riduttivo e non esaustivo del metro quadrodi superficie utile o di SLP (superficie lorda dipavimento), ma con un’unità di misura più complessae più completa che è il metro cubo di spazio edi vuoto che può valorizzare enormemente il metroquadro di superficie utile se ben concepito e hae deve avere anche, un valore economico. Taleapproccio va promosso e difeso, affermando senzamezzi termini che l’obiettivo unico del metro cubo divuoto è quello di restituire alle nostre città maggioredignità, magia, sorpresa, emozioni e qualità. I grandiprogetti di opere pubbliche sono sempre stati,e devono continuare ad essere, l’occasione dirivendicazioni culturali e di principio che permettanoalle nostre società di andare avanti e di migliorarsiprogressivamente».D. La copertura è l’elemento che caratterizzerà,dal punto di vista tecnologico, la nuova stazione.Ci illustra come funzionerà l’intero pacchetto?R. «Nel progetto di Porta Susa, grande importanzariveste l’involucro, inteso non soltanto comeprotezione e separazione tra interno ed esterno,ma come pelle attiva e “intelligente”, materia porosaattraverso la quale avvengono scambi di energia trainterno ed esterno. La pelle è composta da unsistema modulare di scaglie di vetro di lunghezza diquasi 356 cm, larghezza 90 cm, distanziate tra di loroda una lama d’aria alta circa 5 cm e filtrata da unlamierino microforato anti-uccello che protegge daeventuali entrate d’acqua. La scocca in acciaio evetro a scaglie sovrapposte è composta da lastrevetro-vetro stratificato (esterno) e indurito (interno)con celle fotovoltaiche mono-cristalline inseriteall’interno dello spessore del pvb del pannello divetro. La geometria della disposizione delle cellefotovoltaiche di forma quadrata (125 mm x 125 mm)

ad angoli smussati a 45° segue un disegno a densitàvariabile aumentando progressivamente dall’alto inbasso lo spazio tra cella e cella, sia in orizzontale chein verticale. Infatti i pannelli con le celle di FV hannouna densità variabile dal 70% al colmo al 30% a 3metri di altezza dalla strada, variando gradatamentedalla quasi opacità al colmo della copertura - laddoveil sole batte più forte e il pannello può produrre piùenergia - all’assoluta trasparenza in corrispondenzadel pedone per permettere una porosità visuale traesterno e interno della stazione. Oltre a regolarel’ingresso della luce filtrandola e producendo energiaelettrica per l’autoconsumo e/o per la rete pubblica,le scaglie di vetro fotovoltaico della stazione hannoun ruolo attivo nel comportamento bio-climaticointerno dell’edificio. Il disegno a scaglie apertepermette, infatti, di utilizzare i naturali moti convettividell’aria e, sfruttando il delta termico tra l’aria frescain arrivo (sempre dal basso dall’enorme volumeinterrato del passante ferroviario) e l’aria caldain naturale elevazione, di assicurare un continuosistema di ventilazione naturale. Il riferimentoin termini di comfort sono i modelli tecnologici delpassato, come le già citate grandi halles delle stazionistoriche e le gallerie urbane ottocentesche. ComePorta Susa, le gallerie urbane del XIX secolo eranoconcepite come grandi spazi pubblici non climatizzatie funzionano tutt’ora a meraviglia sfruttando i basilariprincipi della bioclimatica. Come allora le griglie diareazione o i lamierini forati per il passaggio dell’ariaerano celati nel gioco sapiente della decorazionee del dettaglio, anche in Porta Susa il dettagliodel principio costruttivo del sistema a scaglie funzionacon semplici elementi costruttivi che rivisitano inchiave contemporanea i modelli ottocenteschi deglispazi urbani pubblici. Infatti, attingendo certezzeproprio dalla cultura tecnologica del passato, controil modello iper-climatizzato ed energivorodell’aeroporto contemporaneo, il sistema progettato

L’involucro della galleriain superficie è inteso nonsoltanto come separazionetra interno ed esterno,ma anche come materiaporosa attraverso la qualeavvengono scambidi energia. I pannelli dicopertura avranno unadensità variabile dal 70%in chiave fino al 30% a 3metri di altezza dalla strada

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non viene applicato in sovrapposizione all’organismoarchitettonico, bensì integrato alla sua struttura,divenendo esso stesso struttura, pelle e immaginefinale dell’edificio. Risorse naturali rinnovabili comela luce, l’aria e la ventilazione naturale sono, infatti,i materiali del progetto stesso, con l’obiettivo di unariduzione dei consumi energetici e la produzionedi energia da fonti rinnovabili ai fini di una maggioreautosufficienza dalle reti».D. La capacità osmotica della copertura garantiràun ottimo ricambio d’aria. Cos’è previsto inveceper il riscaldamento invernale?R. «Per il comfort invernale è stato previsto undispositivo di pannelli radianti al pavimento,incorporato nello spessore del massetto di posa deirivestimenti orizzontali in pietra di Luserna (previstoper l’integralità degli spazi di circolazione ai vari livelli)e in doghe di legno (per le terrazze attrezzate dicopertura al livello +1) per garantire un comfort diprossimità agli utilizzatori della stazione lungo tuttogli spazi pubblici della stessa. All’interno i volumicommerciali sono invece tutti trattati con un sistemadi ventilazione meccanizzata tradizionale (alimentatadall’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico incopertura) il cui utilizzo sarà regolato da un sistemadomotico di riduzione dei consumi energetici».D. Le celle fotovoltaiche doteranno l’intera stazionedi autonomia energetica?R. «L’impianto fotovoltaico in progetto ha una potenzadi circa 800kW di picco e sarà realizzato con 3.753pannelli fotovoltaici per una superficie complessivadi circa 13.500 m². I pannelli sono del tipo vetro-vetrocon celle quadrate di 125 mm di lato al silicio mono-cristallino tra lastra e lastra nello spessore del pvb:il rendimento della cella è del 18%. Il fabbisognoenergetico della stazione è stato calcolato in funzionedel consumo medio annuale pari a circa 1.875.000kWh. Il consumo medio giornaliero è invece in estatepari a 5.520 kWh ed in inverno pari a 4.800 kWh.Attualmente è in corso un incontro tra RFI e l’enteresponsabile della distribuzione d’elettricità urbanaper valutare le migliori condizioni di utilizzodell’energia prodotta dall’impianto fotovoltaicodella stazione, che risulta essere una centrale diproduzione di energia elettrica in pieno centro».D. Dalle sezioni del progetto emerge che la galleriaingloba delle alberature. Collaborano anch’esseal raffrescamento ambientale?R. «Il progetto prevede la disposizione di numerosealberature di medio fusto in vasi all’interno degli spazidi circolazione ai vari livelli dell’edificio el’ombreggiatura che esse portano collabora con ilmicroclima interno. È una scelta architettonica quelladi introdurre la presenza della natura e dellavegetazione come elemento qualificante lo spaziopubblico. Il progetto prevede anche un sistema

di raffrescamento della temperatura mediantenebulizzazione ad acqua da mettere in opera peril trattamento degli spazi di circolazione e degli spazibar/ristorazione al di sotto della copertura vetrata».D. Si dice sia incerto il futuro del grattacielo, parteintegrante del progetto. Quali novità in merito?R. «La torre, è vero, è parte integrante del progettodella stazione che si completa, appunto, con unelemento verticale, una torre di servizi destinata aduffici, alberghi, commerci, sin dalla sua ideazione peril concorso del 2001-2002. L’idea guida è stata quelladi creare un continuum spaziale capace di collegaretra loro diversi livelli urbani, dall’ultimo livello interratodella metropolitana al ristorante panoramico all’ultimolivello della torre, mediante percorsi pedonali continui.Infatti la grande galleria vetrata al livello -1 dellastazione si connette direttamente alla base della torrecompletando in verticale l’idea del lungo percorsopubblico orizzontale. La torre è stata concepita comeuna sorta di strada verticale e risponde all’obiettivodi realizzare al suo interno, lungo l’intero sviluppoverticale del volume stereometrico, un insieme dispazi semi-pubblici (sale riunioni, spazi ristoro, fitnesscenter, ristoranti e lobby panoramiche, terrazze bar...).La Torre RFI di Spina 2, alta circa 150 metri con unasuperficie utile di circa 50mila m², si posizionasimmetricamente rispetto all’asse centrale della Spinacon la sua gemella, la torre del banco San Paoloprogettata da Renzo Piano. Le due torri si definisconocome gemelle a livello di tipologia compositiva,densità volumetrica, immagine architettonica,proponendosi in “coppia” come elementi primari ingrado di raccontare la loro vita di urbanità verticalenello skyline rinnovato della città. La torre del SanPaolo è attualmente in cantiere e spero che quelladella stazione possa rapidamente avviarsi ad unaprossima realizzazione».D. Il progetto ha coinvolto la vecchia stazione di PortaSusa. Cosa ne sarà una volta dismessa?R. «Una serie di ipotesi e di studi di fattibilità sonogià stati prodotti con il Professor Magnaghi delPolitecnico di Torino, membro dell’ATI Progettista,riguardo al riuso della stazione storica liberata dal suouso ferroviario. Ci si orienta comunque verso unasoluzione mista che possa integrare una serie didestinazioni d’uso a carattere commerciale, culturalee di servizio del nuovo Fabbricato Viaggiatori. Ilcomune di Torino e RFI sono estremamente sensibilialla valorizzazione dell’edificio storico che appartieneda sempre al patrimonio architettonico della città.Niente è ancora stato deciso. Approfondimentisaranno portati avanti nei prossimi mesi, anche infunzione degli sviluppi relativi alle procedure di garariguardanti la valorizzazione commerciale degli spazidel nuovo Fabbricato Viaggiatori e alla realizzazione,auspicabile, della torre di servizi».

ArepJean-Marie Duthilleul eEtienne Tricaud, architettoe ingegnere che hannofondato nel gennaio 1997il gruppo AREP. Lo staffconsta di 240 persone(progettisti, architetti,ingegneri). AREP siè specializzato nellaprogettazione di spaziper il trasporto, ma anchedi centri d’affari, edificipubblici e ristrutturazionidi edifici storici

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Celle fotovoltaicheinserite tra due lastredi vetro con ruolo difrangisole in copertura

Lastre di vetro posatecon sistema a scaglie,

che permette la ventilazionenaturale della galleria

Lucernario che permettel’evacuazione naturale dell’aria

calda per tiraggio termicodell’aria fresca dal basso

Pannelli fono-assorbenti bloccanogli effetti dell’irraggiamento solaree della copertura vetrata sugli spazi

delle terrazze ristorante

Solai con pavimentazionea irraggiamento termicoreversibile (caldo-freddo)con aria raffredata a 14°C

Volume climatizzato

Brumizzazioneo nebulizzazione

d’acqua

VENTILAZIONENATURALE

APPORTOSOLARE

INERZIATERMICA

CREDITIProgettisti: AREP (Jean-Marie Duthilleul et Etienne Tricaud), Silvio d’Ascia e Agostino Magnaghi / Cliente: RFI (Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.)filiale delle Ferrovie dello Stato S.p.A. / Superficie netta a piano: 30.000 mq / Locali tecnici e parcheggi: 10.000 mq / Servizi: 10.000 mq /Commercio: 6.000 mq / Ristoranti: 2.500 mq / Costi: euro 39.000.000 / Lunghezza generale della struttura: 385,20 ml / Fine lavori: 2012

3. Celle fotovoltaicheinserite tra due lastredi vetro4. Lastre di vetro posatecon sistema a scaglie chepermette la ventilazionenaturale della galleria5. Pannelli fonoassorbenti bloccano glieffetti dell’irraggiamentosolare

1. Celle fotovoltaicheinserite tra duelastre di vetro2. Lucernaio chepermette l’evacuazionenaturale dell’aria caldaper tiraggio dell’ariafresca dal basso

3

4

5

1

2

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In basso: elaborato grafico, profilo e pianta, che mette in evidenza la totale permeabilità spaziale della struttura. Una viabilitàcompleta che coinvolge anche la verticalità della torre. Il progetto interpreta il processo di trasformazione urbana operato dalla Spina

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In alto: foto aerea dell’area subito dopo i lavori di interramento dei binari ferroviari. L’ampia area sarà l’elemento di raccordo trale due parti di città. La stazione si trasforma in un vero spazio pubblico urbano, in un luogo della città, ponte tra passato e futuro

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progettareAM

LUCI E COLORINEL PARCO5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo / Milano

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In queste paginealcune foto del parcocommerciale nell'AreaD4 di Assago. Ha unperimetro compatto,caratterizzato dagiochi di colori e daigrandi caratteritipografici stampatisul basamentocementizio. In bassol’area filtro di unodei prospetti, la cuipensilina è sorrettada alti ed esili pilotis

l nuovo parco commerciale nell'Area D4 di Assago,Milano, è stato realizzato su progetto dello studio5+1AA di Alfonso Femia e Gianluca Peluffo.

L’edificio, se così si può chiamare, è di forma triangolare.Ha un perimetro ampio, compatto e continuo, variamentecaratterizzato da diversi materiali, giochi di luci e coloried è anche fortemente connotato, almeno su due lati, dacaratteri tipografici stampati in negativo sul basamentocementizio. A osservarlo bene evoca un codice a barrecolorato. L’intervento è guidato da alcuni principicompositivi. Primo fra tutti il tentativo di dare alla strutturauna certa monumentalità. E l’escamotage trovato èproprio l’uso di alcuni caratteri che, correndo in manieracontinuativa sul basamento dei due prospetti maggiori,fanno risultare il tutto ironico e contemporaneamenteaulico. L’insieme presenta una frammentata volumetriache si ha modo di scoprire solo percorrendo l’internoo grazie a una visione dall’alto. La composizione deiprospetti, infatti, non solo non rende visibile le diversevolumetrie concepite per una diversificazione funzionale,ma conferisce a tutta la struttura un’unicità di linguaggioche lo rende diverso nello scontato panorama dei parchicommerciali. Trasparenze e giochi cromatici disegnanouna linea di confine, un limite ora netto ora confuso,al di là del quale si celano i diversi piani della struttura.L’identità stilistica è cercata attraverso l’uso di materialiartificiali in grado di risolvere anche molti aspetti tecnici.La piattaforma fa parte di un progetto molto più ampioche coinvolge tutta l’area, contraddistinta nel PRG, conla sigla D4 e si estende tra l'autostrada MI-GE, il NaviglioPavese, l'ex Euromercato (oggi Carrefour) e il comune diMilano, per un totale di 362.794mq. È un’area conosciutacome Milanofiori 2000 (controllata per più dell’ 80% daBrioschi Sviluppo Immobiliare e il 17,14% da Bastogi).Sono 360mila mq di terreno su cui sono previsti 218milamq di edifici con destinazione terziaria, commercialee residenziale, un cinema multisala, un parco

Ampio perimetro. Forma triangolare.Aspetto avveniristico. Trasparenze egiochi cromatici. Un progetto che vaoltre la tipologia architettonica delcentro commerciale. Con particolareattenzione all’uso creativo dei materialidi Mercedes Caleffi

IPer

lefoto

©Riolzi:copyrightPaoloRiolzi

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commerciale, un hotel, un residence e un centro fitnesse benessere. Dettagliatamente per l’area il piano prevede118mila mq di uffici, 15mila mq per la residenza, 7mila mqper strutture alberghiere e 20mila mq per il paracommerciale.Anche l’area prevista per i parcheggi dovrebbe essere moltoampia e aggirarsi intorno a 163mila mq. Alla base di tutto ciòvi è un Masterplan, realizzato dallo studio EEA - Erick vanEgeraat Associated Architects di Rotterdam, un prestigiosostudio di architetti noto per gli interventi a basso impattoambientale. A questo punto sorge spontanea una domanda:la progettazione guidata da un Masterplan sente di far partedi un unicum o comunque ne resta completamenteindipendente? «L’obiettivo di un masterplan - ci spiegal’architetto Alfonso Femia - è quello di stabilire regole estrategie compositive. Incentivare il dialogo tra le parti, malasciare sempre delle giuste libertà di evoluzione nelle diversedialettiche e invarianti. Il caso di Assago è particolare. Ilprogetto del nuovo parco commerciale risponde, così com’eraspecificatamente richiesto dal committente, ad alcune criticitàpresenti nel sito. Il parco, nonostante fosse, rispetto a tuttoil piano, l’edificio meno importante, per l’impronta che hasull’area e per l’affaccio sulla zona di sviluppo, è diventatoun importante elemento di raccordo che risponde ai diversiprincipi di organicità». Un’organicità nata da una serie diconcetti su cui il progetto ha avuto modo di crescere earricchirsi fino a darsi una spiccata identità volumetrica.Elenchiamone alcuni: l’attacco al suolo (l'edificio come

5+1AA Alfonso Femia Gianluca PeluffoAlfonso Femia e Gianluca Peluffo nel 1995 fondano lo studio5+1 e nel 2005 creano l'agenzia di architettura 5+1AA.Tra il 1998 e il 2007 realizzano il Campus Universitario diSavona, le direzioni del Ministero dell’Interno di Roma,vincono il concorso per il Nuovo Palazzo del Cinema diVenezia e sviluppano il Master Plan per l'Expo 2015 di Milano.Nel 2009 vincono i concorsi per le riqualificazioni delleOfficine Ferroviarie di Torino e del Castello Orsini di Torino

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unicum, prima di essere definito volumetricamente, siarticola come successione di linee naturali e artificialiche si relazionano con il suolo); il perimetro (perchéil progetto sceglie l'enfatizzazione dell’angolo acutoattraverso una deformazione-stratificazione delperimetro stesso); i volumi (la scelta progettualeè stata quella di appoggiare un disegno orizzontalecome sovrapposizione di piani contro una possibilesequenza di volumi che difficilmente avrebbero potutodialogare e formare un unicum); le promenades (laprogettazione di un percorso che non sia soltantoarea di accesso agli edifici ma un “luogo pensilina”sorretto da alti pilotis che raffigurano un peristiliocontinuo o una passeggiata sotto un volume checomprime lo spazio e inquadra il paesaggio dinamicoe cinetico della tangenziale); il bordo (la ricerca di una"curva" di livello naturale che in maniera organica

definisca il limite del parcheggio del centrocommerciale come la sovrapposizione di un sistemanaturale/artificiale in grado di creare un paesaggio).Il progetto del parco commerciale è stato pensatoe gestito con la piena consapevolezza di influenzareanche il modus vivendi dei futuri abitanti. E non solo.«La tipologia del centro commerciale in tutta Europa -continua Alfonso Femia - presenta un’unica logicadistributiva e d’immagine. È considerata un pacchettochiuso. Una scatola preconfezionata che purtropporisponde a una vera e propria pigrizia commerciale. Ilnostro progetto invece è un pezzo urbano. Non è soloa servizio di varie correnti commerciali. Oggi, rispettoagli altri centri commerciali della zona, questo edificiosembra avveniristico e tra vent’anni non potrà cherisultare comunque attuale. La nostra scelta è stataquella di rendere monumentale e diverso un modello

ProgettoNuovo parco commercialenell'Area D4 di Assago,MilanoLuogoViale Milano Fiori,20090 Assago (MI)CommittenteMilanofiori 2000 srlProgettisti5+1AA Alfonso FemiaGianluca PeluffoIngegneria strutturaleIQuadro ingegneriaSuperficie lorda41.000 mqSuperficie di vendita30.000 mq

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In alto: le planimetrie del parco commerciale. In basso visione dall’alto della struttura nella neo maglia urbana. È un rendering che mostracome, grazie soprattutto alla sua forma triangolare, questo edificio concluda e definisca i contorni di tutta la nuova Area di progetto D4 di Assago

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Imagecourtesy

of5+1A

A

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tanto in uso nel mondo del commercio, e che spesso ha segnatonegativamente le periferie e ci auguriamo apra nuove strade inquesto campo». L’intero edificio risponde ad alcuni parametri disostenibilità: la copertura, che assicura nel tempo un adeguatocontrollo della dispersione termica, e la compattezza, che ha prodottouna cospicua riduzione dello sfruttamento del suolo. Difatti il triangolocontiene la superficie necessaria a ben otto padiglioni commercialiche, così compattati, non generano spazi dispersivi comesolitamente avviene in questi casi. «Ciò che è importante quando siha questo tipo di opportunità lavorative - precisa Femia - è riuscirea trovare delle risposte che risultino adatte sia al presente che alfuturo. Ed è cosa certa che un adeguato risultato non lo si ottiene conla bravura di un solo architetto. Questo tipo di approccio progettualenecessita di coralità. Di mettere in campo diverse competenze».Cromaticamente l’edificio è alquanto curato e vario. È stato studiatoin modo tale che le diverse sfumature presenti, relazionandosi con laluce, rendano piacevole la fruizione del parco ai diversi clienti e aglioperatori che vi lavorano. Sono pannelli prefabbricati e stampati inpolicarbonato che hanno ottimi valori di trasmittanza. I materiali usatinon sono diversi da quelli che canonicamente si usano in questetipologie prefabbricate. «Questo edificio - conclude Femia - è ladimostrazione che in alcune situazioni la qualità estetica dipendeda come si usano determinati materiali, e non da cosa si usa».

In alto: visione notturna dello spazio aperto progettato all’interno del triangolo. In basso: particolare tecnologico del sistema facciate. La sezionefocalizza l’attenzione sull’attacco a terra e l’attacco a cielo dei pannelli prefabbricati e stampati in policarbonato con ottimi valori di trasmittanza

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GEOMETRIAMONUMENTALEMecanoo Architecten / Catalogna

progettareAMLa Llotja de Lleida è

un’architettura che sembraemergere direttamente dallacaliente terra spagnola. Devequeste sue diverse sfumatureall’intuito dei progettisti che,interpretando il paesaggiocircostante, hanno usato unrivestimento di pietra dalle

tinte calde e ferrose

Foto

deLA

FOTOGRAFICA©(www.lafotografica.com)

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l 23 marzo 2010 a Lleida è stato inaugurato ilcentro polifunzionale La Llotja. Nel 2005 lo studioolandese Mecanoo, in collaborazione con i Labb

Arquitectura di Barcellona, ha vinto il concorsointernazionale indetto dalla municipalità della città diLleida e dopo 5 anni il loro progetto è diventato realtà.La Llotja de Lleida, centro congressuale polivalente,è oggi uno dei progetti più prestigiosi presenti inCatalogna. Il potenziale di questa strutturasicuramente apporterà importanti cambiamenti nellacittà di Lleida che, situata fra la montagna Seu Vellae il fiume Segre, ha sempre contato, per la suaeconomia, sull’apporto lavorativo che un certo tipodi turismo, quello legato all’enogastronomia, allebellezze paesaggistiche e ai monumenti storici, riescea creare. Con La Llotja però la città diverrà anchemeta culturale. Difatti la stagione teatrale ha aperto

con il “Trovatore” e le sale congressuali presentanoun ricco e interessante programma. Il progetto, nellasua composizione formale, si è espressamenteispirato al genius loci e ha fatto tesoro della gammacromatica tipica dell’intorno della città. I progettistihanno portato avanti la scelta di porre particolareattenzione alle diverse sfumature del paesaggioe hanno usato per questo progetto un rivestimentodi pietra dalle tinte calde e ferrose. La Llotja dà cosìla netta sensazione di emergere direttamente dallacaliente terra spagnola. Lleida è la seconda città dellaCatalogna, dopo Barcellona, ed è storicamentefamosa per la sua cattedrale Seu Vella, una delle piùbelle basiliche d’Europa. Un complesso monumentalein cui lo stile arabo si è sapientemente mescolato allostile gotico, sovrapponendosi anche al linguaggioarchitettonico romanico-cistercense già presente.

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Nella foto in alto: il grandeatrio posto a piano terra. Daqui si accede, con unamorbida rampa, alle diversesale che si trovano ai pianisuperiori. È trattato conmateriale fonoassorbente,per poter garantire così lapolifunzionalità dell’edificio

I

Ospita congressi e rappresentazioni teatrali. È imponente nella forma esemplice nella geometria. Il nuovo edificio polifunzionale progettato dallostudio Mecanoo caratterizza tutto il territorio circostante di Iole Costanzo

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PIANTA PRIMO LIVELLO PIANTA SECONDO LIVELLO PIANTA TERZO LIVELLO

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CREDITI

Committente Municipalità di Lleida,Centre de Negocis i de Convencions S.A.Architetti Mecanoo architectenArchitetti Associati LABB architectura S.LIngegnere Strutturale ABT, BOMAEsecuzione 2006-2010Costi di costruzione 35 milioni di euroSuperficie 37.500 m²Parcheggio 9.500 m²Sale interne 1000 posti, 400 posti, 200 posti

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Nella pagina a sinistra:la finestra panoramicache si affaccia sulla città esul fiume, situata nel foyerdel secondo livello.A fianco: una rampadistributiva, elementodi raccordo tra il foyerprincipale e le sale posteai piani superiori. Soprae sotto: due sezionidell’edificio

Mecanoo ArchitectenFondato nel 1984 a Delftè composto da uno staffdi oltre 90 professionisti ecomprende architetti, interiordesigner, urbanisti. Tra iprogetti più noti vi sono laBiblioteca della DelftTechnical University (1998),la Chapel St. Mary of theAngels a Rotterdam (2001),il Palazzo di Giustizia diCórdoba, Spagna (2011).Il FiftyTwoDegrees deiMecanoo nel 2008 haricevuto il Dedalo Minosseper la sostenibilità

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La nuova architettura de La Llotja presenta inveceun’essenzialità linguistica quasi minimalista.La struttura si sviluppa su sei piani, diversamentearticolati, che con la loro composizione offrono aifruitori tre diverse chiavi di lettura. L’edificio difatti, suscala regionale, rappresenta l’anello di congiunzionetra il fiume Segre sulle cui rive è stato propriocostruito e la centrale formazione rocciosa erosa dalvento su cui è stata costruita la cittadella che avvolgela Seu Vella. A livello della città, La Llotja e il fiumecreano invece una composizione equilibrata.Emergono le sfumature cromatiche ma lo skyline nonsi modifica. Mentre, a livello della strada, l’ampiosbalzo che caratterizza il centro conferenze acquistatutt’altra valenza. Funge da elemento di raccordocon la città e protegge i fruitori del centro dalle

piogge e dal sole nelle diverse stagioni. La sceltaprogettuale di prediligere lo sviluppo orizzontaledell'edificio ha permesso anche la realizzazionedi un tetto giardino. Un terrazzo, un belvedere,che offre tutt’altro punto di vista. Questa soluzionesi è comunque dimostrata felice non solo perl’organizzazione degli spazi di rappresentanzama anche, da un punto di vista funzionale, perun’adeguata risposta ai canoni di sostenibilità oramairichiesti alle neo architetture. Al di sotto dello sbalzo,al piano terra, è stata pensata una piazza, per glieventi estivi, con un’ampia tribuna che caratterizzal’edificio degli uffici. Il parcheggio previsto, di 9.500mq di superficie, è sotterraneo ed è direttamentecollegato al foyer centrale, mentre la zona adibitaa carico e scarico per gli autocarri si trova, per

Sotto: decorazione ligneasu fondo nero checaratterizza l’internodella sala-teatro. Evocagli alberi da frutto di cuiè tanto ricca la regionedella Catalunya.Nella pagina a destra, inalto: una visione notturnadell’edificio; in basso: laplanimetria de La Llotja.L’edificio è inserito nellotto posto tra la città eil fiume Segre

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esigenze funzionali, al piano terra, allo stesso livellodel palcoscenico, degli spogliatoi e della cucinadel ristorante, e garantisce così un’immediatasistemazione dei materiali con minore dispendio dirisorse per gli spostamenti. La Llotja ha una superficiedi 37.500 mq. Presenta due aule congressualirispettivamente di 1000 e di 400 posti che hannoanche funzione di teatro. Quella più grande ècorredata di una macchina scenica molto complessae lo spazio che la contiene è stato appositamenteprogettato. Nella corte pensata al centro dell’edificiosi erge una scala che dal livello della strada conducealla sala polifunzionale del primo piano e al foyer delsecondo, dove una vetrata panoramica offre l’affacciosulla città e sul fiume. L'ufficio stampa, le sale VIP e ilcentro congressi sono situati sul lato dell’edificio cheaffaccia sulla città e vi si accede da un corridoiointerno. I ristoranti e i bar, invece, si trovano sul latoche fronteggia il fiume e la piazza. L'edificio monoliticonella realtà è composto da diverse parti collegate traloro dall’ampio foyer del piano terra, matericamentetrattato con materiale fonoassorbente per garantirela polifunzionalità dell’edificio. Tutti i materiali adottatipartecipano attivamente alla differenziazione deglispazi e all’orientamento interno. Mentre l'esterno è inpietra, l'interno si connota principalmente per le paretibianche intonacate e i pavimenti in legno o in marmo.Per l'atrio e la sala polifunzionale è stato pensato unpavimento di marmo, mentre per il foyer un pavimentodi legno formato da diverse essenze. La salaprincipale, il teatro, con i suoi alberi luminosi intagliatinelle pareti di legno scuro, regala la suggestione diun frutteto. La gamma di colori legati alla frutta è untema che ricorre, anche se in piccoli dettagli. È unriferimento ai ricchi frutteti presenti sul territorio,tradizionale coltivazione della regione di Lleida.

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Stanley Saitowitz, Natoma Architects / Florida

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UNA SCATOLAFATTA AD ARTE

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CREDITI

ArchitettiStanley SaitowitzNatoma ArchitectsLuogoTampa, Florida, USAClienteSkanska USA BuildingIngegneria CivileWilson MillerIngegneria StrutturaleWalter P. Moore andAssociates

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l Tampa Museum of Art è una struttura neutra,appositamente pensata per le esposizioni d'arte.Uno scrigno, jewelbox com’è stato più volte

definito, pensato per contenere arte. A progettarloè stato l'architetto di San Francisco Stanley Saitowitzche lo ha pensato come un volume semplice asbalzo, dalle linee nette e quasi assolute, avvolteda una pelle metallica perforata. Sulla progettazionedi un museo le scuole di pensiero sono tante. C’èchi crede che il contenitore debba avere altrettantacapacità espressiva quanto le opere che contiene.C’è chi urla che tutta questa teoria è soloun pretesto usato dalle archistar per mettere ancorase stesse sotto i riflettori della notorietà e chi inveceafferma che nel rispetto del contenuto la cosa miglioresia progettare uno scrigno dall’aspetto neutro, chesappia accogliere le opere senza arrecarvi alcundisturbo con la propria identità. Sembra che questisiano i propositi della nuova struttura del TampaMuseum. L’edificio si presenta diviso in due volumiproprio per rispondere formalmente alle due principalifunzioni da assolvere: quella privata, propria delmuseo e che riguarda la gestione e gli aspetticuratoriali e la parte espositiva aperta al pubblico.Questo grande volume in aggetto, rivestito di metallo,poggia su un basamento di ridotte dimensionicaratterizzato da ampie pareti di vetro che circondanogli ambienti di relazione con il pubblico: il caffè,la libreria, il foyer. E la suggestione è fatta: un volumeconcluso e metallico. Ma questa scelta rispondeanche a un’esigenza pratica, quella di porre le opered’arte all’altezza giusta per la tutela dalle inondazioni.

È giusto ricordare che in questa città, tra i mesidi aprile e ottobre, si possono verificare violentitemporali accompagnati da vento forte, grandinee soprattutto fulmini. Viste le diverse escursionitermiche il rischio più concreto è quello rappresentatodagli uragani che generalmente si formano nelperiodo compreso tra giugno e novembre. Ma sembrache questo escamotage compositivo sia sufficientecome risposta al problema uragani. Tutto l’edificiosi affaccia sul parco circostante e sul fiumeHillsborough. Aggetta al di là del basamento di quasi10 metri e tale peculiarità è strutturalmente garantitaanche dalla trave reticolare del solaio superiore,quello di copertura, che presenta una sezione di circa4 m. Lo sbalzo così costruito fa da ampia verandapubblica, da filtro tra la città e gli ambienti interni, daelemento di collegamento tra la natura e l’arte. Variasui lati e nell’insieme funge quasi da portico chefiancheggia il parco e il fiume. Le pareti trasparenticonsentono al progetto di collegarsi visivamente allaPerforming Art Building a nord, e alle torri e allecupole della University of Tampa sulla parte sud.Dal punto di vista geografico bisogna ribadire chela città di Tampa si sviluppa sulla costa occidentaledella Florida lungo le rive di due baie: la Baia diHillsborough, in cui sfocia l’omonimo fiume cheattraversa la città, e la Old Tampa Bay, la cui unioneforma la Baia di Tampa che, a sua volta, fa parte delGolfo del Messico. L’acqua per l'appunto non manca,e il Tampa Museum vi si trova proprio nel mezzo.Come questo edificio si relaziona con l’intornorichiede un duplice chiarimento. Di giorno la luce

I Sopra: un particolaredei pannelli di metalloforati con cui è statorivestito tutto il volumeaggettante dell’edificio.A sinistra: il TampaMuseum e, sullosfondo, le PerformingArt Building. In basso:la planimetria generaledell’edificio

Avvolto da una pelle metallica, il Tampa Museum of Art si presenta comeun’enorme scatola dal volume semplice e lineare. Progettato da StanleySaitowitz, l’edificio funge da collegamento tra natura e arte di Mercedes Vescio

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1 Atrio. 2 Biglietteria. 3 Store. 4 Caffé. 5 Sala conferenza. 6 Aula. 7 Bagni.8 Cucine. 9 Deposito. 10 Locali tecnici. 11 Carico e scarico. 12 Sicurezza.

13 Galleria. 14 Terrazzo. 15 Atrio. 16 Allestimento. 17 Laboratorio.18 Segreteria. 19 Reception. 20 Uffici. 21 Cucina. 22 Sala riunione.

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riflettendo sulle superfici del museo fa sì che il museostesso si confonda e si unifichi con il paesaggio. Neriflette il verde, vibra e scintilla con l'acqua del mare,e avvicina con la sua riflessione tremolante le nuvoleai visitatori del museo. Di notte invece è la luce deiled, inseriti tra il rivestimento di metallo, che la fa dapadrona e che, emanata dalle stesse superfici, fapercepire l’esterno come una tela illuminata. Quasia voler emblematicamente rappresentare l'arte chedall’interno per osmosi fugge nel buio. Dentroall’edificio ciò che domina è la luce filtrata dai foridell’alluminio. Tutto è bianco. Dalle pareti alpavimento il colore è unico e indistinguibile. Le fughedel pavimento che richiamano quelle dei pannelliilluminanti disegnano l’ambiente. Il pavimento è dicemento bianco e i pannelli sono dei semplici grigliatirivestiti di un tessuto bianco riflettente che fungonoanche da elementi occultanti la distribuzione dell’aria.Il bianco viene usato più come elemento che comecolore. Tutto nel pieno rispetto dei numerosi oggettid’arte, vista la ricca collezione che appartiene almuseo. L’accesso avviene dal foyer attraverso unascala mobile che conduce immediatamente al primopiano, dove sono state organizzate ben sei diversesale espositive nella sezione dedicata al pubblico.Il piano superiore è di dimensioni più piccole perchéparte di esso è occupato dalla doppia altezza dellesale espositive sottostanti. È qui che si trovano gliuffici e la sala riunioni. La storia di questo museo

è comunque alquanto travagliata. La strutturaprecedente del Tampa Museum era troppo piccolaper la sua cospicua collezione. E le proposte diampliamento o di delocalizzazione sono state oggettodi polemiche e discussioni per quasi dieci anni.Diverse le strategie proposte dalla città di Tampa edal consiglio del museo. L’architetto Rafael Vinolynel 2001 ha presentato un progetto da 76 milioni didollari caratterizzato da un’enorme tettoia a sbalzoin metallo, ma il progetto venne bocciato sia perchéil costo era troppo alto sia per la non adattabilitàformale dell’edificio alle sollecitazioni degli uragani.Successivamente la città pensò di trasferire il museoin uno dei tanti edifici abbandonati o sottoutilizzati delcentro. La logica era quella del riattare una strutturagià esistente. E venne preso in considerazione ancheun vecchio palazzo di giustizia. Ma il comitato delmuseo si è dimostrato poco entusiasta circa la sceltaproposta e per di più la conversione del palazzo digiustizia in spazio museale si rivelò comunquealquanto costosa. La città attese alcuni anni perché ilmuseo, situazione insolita in America, è di pertinenzadel comune. Ci sono voluti altri anni di dibattitie giochi economici e politici per giungere allarisoluzione dell’annoso problema, ma alla fine delmaggio 2007 è stato approvato un bilancio cheprevedeva uno stanziamento di 33 milioni di euro.Per l'appunto la somma servita per realizzareil progetto di Stanley Saitowitz.

Stanley SaitowitzProfessore emerito dellaFacoltà d’Architettura allaBerkeley University dellaCalifornia. Ha insegnatoalla Graduate School ofDesign dell’Universitàdi Harvard, all’Universitàdi Oklahoma, all’Istitutodi Architettura del Suddella California, UCLA,all'Università del Texas,all'Università di Cornelle Syracuse.

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In alto: due sezioni longitudinali. L’edificio aggetta aldilà del basamento di quasi10 metri e questa peculiarità è strutturalmente garantita anche dalla trave reticolaredel solaio superiore, quello di copertura, che presenta una sezione di circa 4 metri.In basso: una foto del Tampa Museum che si affaccia sulle acque del fiume Hillsborough

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Nella pagina a sinistra:una sala espositivadell’archivio GiovanniSacchi, collocato all’internodel Museo dell’Industriae del Lavoro di Sesto SanGiovanni. A fianco: una fotodi Giovanni Sacchi, designeritaliano morto nel 2005

he cosa possono avere in comune unamacchina da cucire e un televisore?Nulla apparentemente! Eppure un uomo,

per alcuni un maestro, per altri semplicemente unartigiano, ha trovato una connessione tra i dueoggetti, fatti dello stesso materiale e perciò suscettibilidi modellazione. Stiamo parlando di Giovanni Sacchi,designer italiano, fecondo artista che trova spazionuovamente in una mostra, definita storica per laportata delle sue opere, che si terrà negli spazidell'Archivio Giovanni Sacchi dal 14 aprile al 30giugno 2010. In questa occasione, verrà ripropostala sezione fotografica di Giovanni Sacchi & ItalianIndustrial Design, che si svolse originariamentepresso il Seibu Departement Stores Tokyo-Shibuya,tra il 21 aprile e il 3 maggio 1983. L’Archivio GiovanniSacchi, realizzato grazie al contributo dellaFondazione Cariplo, era stato voluto in origine dalComune di Sesto San Giovanni e dalla FondazioneIsec - Istituto di Studi del Novecento specializzato instoria e archivi del lavoro e d’impresa. In esso sonoraccolti numerosi materiali, provenienti dalla bottegadi Giovanni Sacchi, attiva fino al 1997 a Milano in ViaSirtori. Si tratta di modelli, prodotti, disegni, fotografie,documenti, macchinari e attrezzature, in definitivatestimonianze della creatività dell’artista. Unlaboratorio di modellistica che ha rappresentatoun importante punto di riferimento per molti designere architetti. Aldo Rossi, Marcello Nizzoli, AchilleCastiglioni, Ettore Sottsass e Marco Zanuso, hannopotuto sviluppare le loro idee trovando in Sacchil’interlocutore ideale con il quale confrontarsi pertradurre tridimensionalmente idee progettuali. Unarchivio che consiste in una copiosa documentazionedi ben 67 modelli di architettura, 366 modelli, prototipie pezzi in lavorazione di oggetti di design, 8miladisegni (riguardanti 1000 progetti), 110 prodotti, oltre9mila fotografie e filmati, 250 fascicoli con documenti,senza tralasciare ovviamente una ricca biblioteca,e numerosi macchinari e attrezzature per lalavorazione meccanica e del legno. Come a volerneconiugare il virtuale con il reale, l’archivio espone

artefatti e documenti rilevanti per la storia del disegnoindustriale e dell’architettura persino on line, ordinatie consultabili all’indirizzo www.archiviosacchi.it.Interessante il percorso didattico disegnato all’internodell’Archivio che segue di pari passo il processo direalizzazione di un oggetto, completato da un’areaattrezzata con nuovi macchinari dove sono previstiworkshops di modellistica con docenti, studenti eprofessionisti. Nato a Sesto San Giovanni, in provinciadi Milano, il 27 agosto 1913, il giovane GiovanniSacchi, dopo una breve esperienza di fabbrica,presso la Ercole Marelli, appena dodicenne inizia unperiodo di apprendistato come modellista meccanicopresso la bottega Ceresa & Boretti di Milano. Pocopiù che ventenne, nel ’36 decide di mettersi in proprioaprendo un laboratorio per modelli meccanici. Unprogetto, causa lo scoppio della Seconda GuerraMondiale, destinato ad essere sospeso. Nonmancano nella vita di Sacchi fervori giovanili che sitramutano in un’attiva partecipazione alla resistenzasulle montagne piemontesi, subito dopo l’armistiziodel 1943. In seguito a questa sua pagina personaledi partecipazione alla lotta di liberazione italiana

Modelli, disegni, fotografie e documenti per testimoniare l’attività creativa di uno dei più importantimodellisti italiani: Giovanni Sacchi. A Sesto San Giovanni un archivio a lui dedicato per ricordarele sue collaborazioni con Rossi, Nizzoli, Castiglioni, Sottsass e molti altri di Biagio Costanzo

UN ARCHIVIODEDICATO A SACCHI

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ottiene il riconoscimento della Croce al Meritodi Guerra. Bisognerà dunque aspettare il secondodopoguerra perchè la sua vena artistica possa crearenuovamente. L’occasione gli viene offerta da unacommessa da parte del Comando alleato che glicommissiona la progettazione e la realizzazionedi alcune piccole stufe elettriche e di ferri da stiroportatili. Una svolta importante per la sua vita chegli permette finalmente di riavviare la propria attività.Le tappe che segnano la storia della sua vita, e dellasua creatività sono riconducibili a pochi episodi.Certamente il primo fu l’incontro nel ’48 con MarcelloNizzoli, che lo convince a intraprendere la strada dellamodellistica per design e architettura, collaborandoper la prima volta alla progettazione della macchinada scrivere Lexikon 80 per Olivetti. Quello stessoNizzoli amico e collaboratore prezioso che diventeràun’interlocutore privilegiato di più generazioni di illustridesigner e architetti, tra cui Franco Albini, i fratelliAchille Castiglioni e Piergiacomo Castiglioni, MarcelloNizzoli, Aldo Rossi, Ettore Sottass, Marco Zanuso,Giotto Stoppino. Il secondo episodio risale al 1951quando acquisisce uno spazio, un vecchio laboratoriodi fonderia, che sarebbe divenuta poi la bottega di ViaSirtori a Milano. In questo laboratorio si crea, sisviluppano idee che diventano prototipi per numeroseaziende che hanno fatto la storia del design italiano,come Olivetti, Brionvega, Kartell, Alessi. Così comeprendono vita progetti di importanti edifici come loStadio San Nicola di Bari di Renzo Piano o il Museod'Orsay di Parigi su progetto di Gae Aulenti. Oppure

la realizzazione di oggetti che rappresentano la storiadi un paese e forse anche di un’epoca, come laceleberrima Lettera 22 della Olivetti: la macchina dascrivere che divenne compagna inseparabile di tantiinviati speciali e non, poggiata sulle ginocchia digenerazioni di giornalisti, o come la macchina dacucire Mirella di Marcello Nizzoli, il telefono SiemensGrillo, la radio TS502 e i televisori Brionvega Doneye Algol di Marco Zanuso e Richard Sapper, la seriedi calcolatrici elettroniche Olivetti Logos e Divisumma,le caffettiere la Conica e la Cupola di Aldo Rossi perAlessi. I suoi modelli sono stati esposti nell’edizionidell'Expo di Tsukuba in Giappone nel 1985 e di Siviglianel 1992, per ben due volte all’edizioni di Exemplaa Monaco di Baviera nel 1980 e nel 1992,nell’esposizioni di Brisbane in Australia nel 1988,di Parigi, Stoccarda, Nagoya e Aspen negli Stati Unitil’anno seguente, senza tralasciare le mostremonografiche dedicate ai suoi modelli dalla Triennaledi Milano nel 1983 e nel 2000. La sua attività si fermaal 1998 anno in cui gli viene conferito il premioCompasso d’oro alla carriera. Muore a Sesto SanGiovanni il 25 gennaio 2005. Di lui Ettore Sottsassha detto: «Fuori da ogni lode generica, la sua grandecapacità va oltre il "fare" i modelli: è il capire gli oggettiche poi, lui, con i modelli racconta... Con Sacchi si vaoltre il volume: lui fa sentire cosa succede veramente,tattilmente: produce una sensazione evoluta, tantoche un suo modello può soddisfare completamenteil designer. Con un modello così, in verità, non si haquasi più voglia di fare l'oggetto».

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Sopra: esposizioneall’interno dell’Archivio.Numerosi gli artefatti e idocumenti a disposizionedi ricercatori e studenti.È presente un'esposizionepermanente dedicataall'iter progettuale dialcuni oggetti di design

1- Modello in legno di un particolare a vite continua per macchina di Leonardo da Vinci, 1983. 2 - Modello di un particolare d'angolo per lanuova sede Banca Popolare di Bergamo, 1980. 3 - Modelli in legno non verniciato di tre sedute diverse. 4 - Prototipo in legno della sediadi Anna Castelli Ferrieri per Kartell, 1970. 5 - Modelli in legno di edifici per il progetto di trasformazione dell'area Motta a Genova, GregottiAssociati, 1988-1989. 6 - Modello in legno di un pupazzo disegnato da Fortunato Depero per Campari, 1925 - 1986. 7 - Modelli in legnodi sveglie da cucina di Richard Sapper per Terrailon e Ritz-Italora, 1971-1973. (Tutte le foto sono di Federico Pollini).

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È una giovane designer danese di 26 anni. NinaBruun ha concluso l’anno scorso gli studi alla DanishSchool of Design di Copenhagen, dove ha anchefrequentato un master. Il suo ambito di interesse sonoprincipalmente i mobili, fatti a mano e caratterizzati daun design dall’espressione vivace e spesso evocativa.La sua ultima creazione è la Nest Chair. «Per laquale - spiega la designer - mi sono ispirata allanatura e alla stagione primaverile». La poltrona,come è intuibile dal nome che la Bruun ha volutodarle, si rifà ai nidi degli uccelli. «La mia idea - spiegaNina Bruun - era di creare un caos vivace cheapparisse come un tutto unificato». La strutturaconsiste in una base, un sedile e quattro piedini che

danno stabilità all’insieme. Per evocare al meglio ilpiù classico dei nidi d’uccello, la designer ha giocatocon una serie di strisce di legno di betulla di diversospessore, intrecciate fra di loro e avvolte intorno alnodo portante della struttura. Per non distrarrel’attenzione dalle strisce di betulla, elementocaratterizzante di questo oggetto, è stato scelto perla seduta un cuscino imbottito, molto semplice, diun color marrone opaco molto simile al colore delcioccolato. Un colore che si sposa al meglio con ilcolore del legno di betulla. Il morbido e accoglientecuscino al centro della struttura richiama il cuore delnido, dove uova e pulcini vengono adagiati. La NestChair ha da poco vinto il primo premio Sydform,

LE SUE ULTIME DUE CREAZIONI SONO ORIGINALI NELLA FORMA E SOPRATTUTTONELL’UTILIZZO DEL MATERIALE. NINA BRUUN, GIOVANISSIMA DESIGNER, INTERPRETA LENUOVE ISTANZE DELLA MODERNITÀ CON CALDE, SINUOSE ED EQUILIBRATE CREAZIONI

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In questa pagina: ladesigner Nina Bruun ela Nest Chair, poltrona instrisce di betulla intrecciatetra loro. Nella pagina,a fianco: la sedia Fold,rivestita con feltro di lana

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concorso a cui partecipano designer della Sveziae della Danimarca. Questa poltrona, insieme adun’altra creazione della Bruun, la sedia Fold,saranno esposte fino a settembre in una mostraitinerante tra Svezia e Danimarca. «Per quantoriguarda la Fold, ho voluto sfidare me stessa»,racconta Nina Bruun. «Durante la creazione, infatti,ho incontrato diversi ostacoli. Ho voluto usareil rivestimento in una maniera diversa dal solitoed estremamente moderna». Ciò che Nina Bruunha voluto realizzare è una sedia pieghevoleil cui design ricordi lo stile scandinavo e quellogiapponese. Il telaio è costituito da compensatodi 10 mm tagliato in sei profili che sono legati fradi loro con delle cerniere. Il rivestimento consistein sei fogli di plastica dura imbottiti con 3 mm digommapiuma su entrambi i lati. Infine, la sedia èrivestita con feltro di lana. Tutte le cuciture sonofatte a mano e sono costate alla designer 105ore di lavoro. Sono cuciture visibili, quasi a volerdare l’idea che siano industriali, mentre i borditaglienti conferiscono alla sedia una maggioreluminosità: ciò che la creatrice definisce “lightexpression” e che considera importantissima perquesta creazione che non deve richiamare in nientele vecchie sedie ricoperte di pesante tappezzeria.Tutt’altro. Il risultato è una sedia profondamenteispirata alle tecniche degli origami giapponesi,leggera e luminosa. Non a caso la traduzionedel verbo inglese “to fold” è piegare o piegarsi.

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Dietro l’aspetto di semplici shopping bag sinascondono contenitori per piante. Sono i vasiecotessili, griffati BACSAC, il marchio franceselanciato nel 2008 dal designer Godefroy de Virieue dai paesaggisti Virgile Desurmont e Louise deFleurieu. L’idea di questo che si può definire unprogetto ecologico e, nello stesso tempo, decorativo,nasce quando i primi due si incontrano e insiemecercano una soluzione per aggirare tutti quegliostacoli che normalmente si devono affrontareper creare un giardino pensile in città: per esempiole difficoltà di trasporto, il peso di ciò che deve esseretrasportato, i costi elevati. L’idea di creare unimpianto all’interno delle borse nasce daldesiderio di cambiare le comuni abitudinie valorizzare le piante. Cominciano così a studiarecome creare borse in tessuto geotessile permeabilee poroso, per permettere alla terra di respirare.Nel 2007 cominciano le prove di coltivazione nelleborse e, un anno dopo, possono appurare che labuona circolazione dell’acqua e dell’aria nella borsafavorisce la crescita delle piante, similmente a quelloche accade quando sono piantate nella terra.La leggerezza delle borse, inoltre, libera la terrazzadal peso di vasi o altri contenitori. Nel 2008, dopol’incontro con Louise de Fleurieu, nasceBACSAC come azienda e come marchio chevuole rappresentare una nuova filosofia.I primi modelli di BACSAC sono statipresentati alla manifestazione “Jardins,jardins” presso i Giardini di Tuileries aParigi. Il successo di stampa e pubblico èstato notevole, tanto da diventare una delleattrazioni principali della mostra. Gli addetti ai

lavori sono rimasti molto colpiti dalla semplicità

del concetto che sta alla base di queste borse - vaso,mentre il pubblico è stato subito attratto dallaleggerezza, dalla facilità di spostamento, dallaflessibilità degli oggetti. L’ambizione dei tre BACSACè quella di rivoluzionare il mondo del giardinaggio.Le borse sono costruite in tessuto geotessile,permeabile e riciclabile al 100%. Hanno formee misure diverse proprio come le comuni shoppingbag e possono essere anche ordinate su misura(www.bacsac.fr). Sono ugualmente adatte adambienti esterni e interni e sono leggerissime. Il pesoè determinato solo dalla quantità di terra contenutanel sacco. Sono resistenti ai raggi UV e agli strappi.Grazie al perfetto equilibrio che si crea tra aria, terrae acqua, il terreno può respirare e l’aria non evaporadel tutto, proteggendo e nutrendo le radici. Nel 2009l’ultima novità: il BACSQUARE, un giardino vegetaleche ricorda quelli del Medioevo. Adatto alla città comealla campagna, consente di impugnare la naturacome si impugna una borsa! È un giardino ecologicodove crescere frutti di bosco o fiori. In pratica ilgiardino dei sogni: erbe profumate da annusaree verdure da mangiare!

HANNO UNA FORMA SEMPLICE ESONO ADATTI AD AMBIENTI INTERNIED ESTERNI. I VASI BACSAC SONOFACILMENTE TRASPORTABILI EPERMETTONO DI CREARE UNGIARDINO NEGLI SPAZI PICCOLI

Nelle foto, i diversi modellidi borse BACSAC. In tessutogeotessile e riciclabile,sono resistenti ai raggi UVe permettono al terrenodi respirare

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Il prototipo di Konnex, la libreria modulare disegnatadal designer tedesco Florian Gross, è stato presentatoper la prima volta a febbraio di quest’anno inoccasione della Fiera Ambiente di Francoforte, doveha riscosso un notevole successo nella sezioneTalent. Konnex è stata ideata per le persone chesi divertono a creare e organizzare l’ambiente incui vivono o lavorano. Con questo nuovo sistemadi connessioni di cubi avranno la possibilità disbizzarrirsi. Il set base comprende tre cubi in scalache possono essere assemblati da chi li acquistain modi differenti. Al set di cubi base si possonoaggiungere tutti i cubi che si vuole. Ogni modulo

quadrato, infatti, ha una serie di tagli lungo lasuperficie che si possono incastrare alle paretidi un altro modulo, in modo da poter unire i moduli fraloro senza bisogno di viti o altro. È possibile quindicreare un piccolo elemento d’arredo da affiancare allascrivania, oppure una piccola libreria, oppure unalibreria a parete, affiancando cubi grandi e piccolia piacimento. La configurazione di Konnex puòcambiare per ogni evento ed occasione, adattandosiquindi ad ogni ambiente o situazione. È un veroe proprio sistema di ripiani variabile pensatoper persone flessibili e dinamiche e che hannola necessità di trasferirsi in luoghi diversi.

DIVERSI MODULI CHE SI POSSONO VARIAMENTE COMBINARE FRA LORO. MULTIFORME ECREATIVA, LA LIBRERIA DI FLORIAN GROSS SI ADATTA AD OGNI AMBIENTE E SITUAZIONE

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creativedesignAM

Natanel Gluska è nato in Israele ma vive e lavoraa Zurigo. Ha concluso gli studi alla Rietveld Academydi Amsterdam nel 1989 e da allora si è guadagnatouna reputazione internazionale di tutto rispetto,dovuta ai suoi mobili di design caratterizzati da unostile divertente e da un taglio grossolano. È entratoa pieno titolo nel modo del design alla fine degli anniNovanta grazie al SaloneSatellite di Milano, un eventoa margine del Salone del Mobile della città lombarda,dove vengono esposti i lavori di talenti emergenti.Nel 2000 ha partecipato ad un’esibizione di oggettidi design contemporaneo da Sothesby’s, a Londra,e nel 2007 è stato il protagonista di una retrospettivadel SaloneSatellite dedicata al successo dei designerche avevano trasformato le loro idee e i loro prototipiin una realtà commerciale. I mobili creati da NatanelGluska sono decisamente originali e ognuno è unpezzo unico. Il designer trova l’ispirazione dal mondoche lo circonda e da alcuni schizzi disegnati a mano.La sua metodologia di lavoro è sicuramente singolare:lavora il ceppo vergine di un albero (castagno,faggio e quercia) con la motosega e, da qui,modella (in un unico pezzo, non in più parti) oggettiche sono sospesi tra l’essere sculture artistiche el’essere oggetti funzionali. La maggior parte dei ceppi

diventano sedie o poltrone, a volte tavoli o librerie.Le inibizioni, secondo il designer, se creative oguidate dal mercato, sono la spinta che permette alsuo lavoro di mostrare la libertà di espressione ormaipersa nella produzione di massa del design.Gluska sottolinea spesso l’importanza, per la culturache ruota intorno al mondo del design, della presenzadi persone che ancora usano le proprie mani perrealizzare gli oggetti e che hanno piccole maimportanti attività con le quali hanno ottenuto unnotevole successo. In dieci anni Natanel Gluska siè assicurato, con i suoi lavori, un mercato di nicchiae le sue opere vengono collezionate in tutto il mondo.Fra i suoi estimatori si contano personaggi come IanSchrager, Philippe Starck, Karl Lagerfield e DonnaKaren. Parlano di lui le maggiori testate internazionalidedicate al design. Ha anche partecipato a diversemostre collettive oltre ad aver esposto da solo piùvolte. Ultimamente il designer israeliano si èdedicato anche alla ricerca, sperimentando lafibra di vetro e sviluppando un innovativo sistemadi illuminazione modulare.

Nelle foto alcuni pezziunici di Natanel Gluska,ricavati da ceppi vergini dicastagno, faggio, quercia

DESIGN ARTIGIANALE. PEZZI UNICI DALLE FORMEGROSSOLANE. SEDIE, POLTRONE, TAVOLI CREATI

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ANDREA PALLADIOCONQUISTA L’AMERICAAlla Morgan Library & Museum il2 aprile aprirà al pubblico Palla-dio ad His Legacy: A TrasatlanticJourney, la prima tappa ameri-cana di una mostra promossadal Royal Institute of British Ar-chitects di Londra (RIBA) in col-laborazione con il Centro Inter-nazionale di Studi di ArchitetturaAndrea Palladio di Vicenza (CI-SAAP). La sera precedente sa-ranno la baronessa Tessa Black-stone, presidente del RIBA eAmalia Sartori, Presidente del

CISA a tagliare il nastro dellanuova iniziativa congiunta delledue istituzioni culturali già co-protagoniste della grande mo-stra palladiana del 2008-2009,che a Vicenza, Londra, Barcello-na e Madrid è stata ammirata daoltre mezzo milione di europei.Archiviata l’Europa, e con unsuccesso decisamente inatteso,Palladio ora si presenta in Ame-rica, il Paese dove la sua ereditàè forse più evidente, dall’archi-tettura delle ville nelle piantagio-ni di cotone di "Via col vento"fino agli edifici del potere civile,a cominciare dalla stessa CasaBianca. Come esplicitato nel ti-

tolo Palladio and His Legacy: ATransatlantic Journey (Palladio ela sua eredità: un viaggio attra-verso l'Atlantico) il tema dellamostra palladiana negli USA -a detta della co-curatrice IrenaMurray, direttrice del RIBA diLondra - è "raccontare" Palladioarchitetto e insieme dimostrarecome il "codice genetico" dell'ar-chitettura americana risalga algrande architetto italiano. Perquesto, accanto a 31 nuovisplendidi disegni di Palladio, nonpresenti (per evidenti ragioniconservative) nelle edizioni eu-ropee della mostra, sarannoesposti modelli architettonicirealizzati per l'occasione e librioriginali provenienti dalla BritishArchitectural Library. Essi illu-streranno il Palladianesimo bri-tannico e, soprattutto america-no, con particolare evidenza al-l'opera di Thomes Jefferson, ilterzo presidente degli USA, chesulla sua copia dei Quattro Libriscrisse "Palladio is the Bible",Palladio è la Bibbia.

USA, New York, MorganLibrary & Museum / PALLADIOUSA. "Palladio and His Lega-cy: a Transatlantic Jouney" /Dal 2 aprile al 1 agosto 2010

L’ARCHITETTURADI PIERLUIGI NERVILa sapienza di coniugare artee scienza, tecnica ed eleganza,senza mai perdere di vista fun-zione e costi, è la cifra che hacontribuito a fare di PierluigiNervi uno dei più grandi architet-ti del Novecento italiano e inter-nazionale. Sondrio, la sua cittànatale, rende omaggio a Nervicon una mostra nel trentennaledella morte avvenuta a Romanel 1989. A volere questo omag-gio è il Credito Valtellinese chepropone la mostra dal 15 aprileal 20 giugno presso la “GalleriaCredito Valtelinese” di Sondrio.

La mostra mette in luce, attra-verso fotografie e progetti, lacomplessa attività di Nervi chesi manifesta in molteplici aspettiche vanno dall’ideazione allarealizzazione delle sue operearchitettoniche. Da architetto-ar-tista privilegiava materiali comeil calcestruzzo e il ferro-cementoche riusciva a plasmare congrande abilità grazie alla suaprofonda conoscenza delle tec-niche costruttive.La mostra sisviluppa intorno a 120 riprodu-zioni in alta definizione di mate-riale documentario, fotografico,progettuale e grafico relativoall’opera e alla figura dell’archi-tetto. Un percorso che illustra edocumenta le opere più signifi-cative progettate e realizzate daNervi: disegni originali di proget-to e delle strutture, documenta-zione fotografica, materiale au-tobiografico.

Sondrio, Galleria Credito Val-tellinese / Pierluigi Nervi. L’ar-chitettura molecolare / Dal 15aprile al 20 giugno 2010

70 OPERE DI MENDINIA CATANZAROIl museo MARCA di Catanzaroapre le porte al design e all’ar-chitettura organizzando un’am-pia retrospettiva dedicata a Ales-sandro Mendini, architetto e de-signer tra i più celebri a livello in-

ternazionale. La rassegna è cu-rata da Alberto Fiz, direttore arti-stico del MARCA. L’evento èpromosso dalla Provincia di Ca-tanzaro Assessorato alla Culturacon il patrocinio della RegioneCalabria, del Ministero per i Benie le Attività Culturali e della Dire-zione Regionale per i Beni Cul-turali e Paesaggistici della Cala-bria. La mostra rientra nel PianoOperativo Regionale CalabriaFondi Europei di Sviluppo Re-gionale 2007/2013. Sono oltre70 le opere esposte sino al 25luglio in un percorso che com-prende dipinti, sculture, mobili,oggetti, schizzi e progetti con al-cune testimonianze inedite o maiviste prima d’ora in Italia. Neemerge un’indagine esaustivadell’attività svolta negli ultimiquarant’anni dove, accanto alleopere più famose di Mendini, sievidenzia la componente mag-giormente sperimentale e menoconosciuta del suo lavoro. Il pro-getto, poi, ha tra le sue peculiari-tà quella di sottolineare le colla-borazioni tra Mendini e gli altriprotagonisti del mondo dell’arte,

in particolare Mimmo Paladino,Francesco Clemente, Bruno Mu-nari, Luigi Veronesi, Bob Wilsone Peter Halley. In mostra sonomolti gli omaggi di amici e colle-ghi come i ritratti realizzati daPaladino, Mimmo Rotella, Mi-chele De Lucchi e dall’artistagiapponese Tiger Tateishi.Catanzaro, Marca / Alessan-dro Mendini: alchimie. DalControdesign alle Nuove Uto-pie / Fino al 25 luglio 2010

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ARCHITETTURE & DESIGN DA VEDERE

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RIPROGETTARELA VIA DELLA SETA

Lo scenario dei viaggi di MarcoPolo, l'antica via della Seta, erauna straordinaria rete di percorsicommerciali, culturali e religiosilunga circa 15.000 km che peroltre 2000 anni ha costituitol’unico collegamento tra le civiltàdell’est e dell’ovest. Da questoitinerario avventuroso e romanti-co ha preso il via l’idea messa apunto dall’architetto Luigi Cento-la, dello Studio Centola & Asso-ciati, per il concorso internazio-nale di idee bandito dall’OICE,collegato alla mostra su “AltoDesign e Alta Tecnologia Italia-na" che si svolgerà nel mese disettembre all'interno del Padi-glione Italia all’Expo Universaledi Shanghai. Il concorso invita ipartecipanti a elaborare idee-progetto innovative, materiali oimmateriali, per “recuperare,reinterpretare, attualizzare e, sepossibile, riconfigurare nell’im-maginario collettivo la “Via dellaSeta”. Ai vincitori del concorso,andrà un Premio di 10.000 euro.

Premio “Silk Road Map”Consegna materiali entro il 15giugno 2010

A LONDRA, FESTIVALDELL’ARCHITETTURAUna celebrazione dell’architettu-ra che coinvolgerà tutta la città.Il Festival ospiterà una serie dieventi che evidenzieranno lostatus di Londra come centro in-ternazionale dell’architettura.Curata da tre organizzazioni lea-der: LFA, The ArchitectureFoundation, New London Archi-tecture e RIBA di Londra, si arti-colerà in tre fine settimana chia-

ve. Tra le sedi del Festival, checomprenderà mostre, conferen-ze, visite guidate e installazionimultimediali, rientrerà anche “unteatro costruito con materiali rici-clati reperiti in loco, ideato dagliarchitetti tedeschi Köbberling eKaltwasser”. Un’ampia sezioneinternazionale, promossa dalBritish Council, coinvolgerà am-basciate e istituti culturali nell’af-frontare le tematiche del LondonFestival of Architecture, in riferi-mento alla produzione architet-tonica dei Paesi di appartenen-za. Inoltre, studenti delle facoltàdi architettura e dalle scuole didesign di Australia, Austria, Ita-lia, Libano, Turchia e RegnoUnito presenteranno le proprieproposte per il programma HighStreet 2012 .

Londra / “The WelcomingCity”: London Festival ofArchitecture 2010 / Dal 19giugno al 4 luglio 2010

L’ARTE COMESPAZIO CONCETTUALE

Ancora una volta AnnamariaGelmi, artista di inesauribilevena creativa, è capace di met-tersi in gioco in un nuovo pro-getto espositivo, dimostrandoche è sempre possibile per chifa questo mestiere con solidaprofessionalità evolvere, cam-biare, innovare se stessi. La ca-pacità di reinventarsi non pre-scinde tuttavia da un solido le-game con la propria storia per-sonale, come il titolo stesso sug-gerisce. L’architettura è infatti ladisciplina che più di ogni altra haispirato Annamaria Gelmi nelsuo brillante percorso. Il suo la-voro pur, rigidamente geometri-

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co, astratto- concettuale è allostesso tempo fragile nella poeti-ca, allusivo, capace di svelareun “oltre” denso di significato esfumature, profondamente fem-minile. La varietà dei mezziespressivi, delle soluzioni forma-li e dei temi proposti in questoambizioso progetto espositivosottolineano la ricchezza creati-va di Annamaria Gelmi, le suecomplesse sfumature e le molte-plici correnti intellettuali e artisti-che a cui si ispira.

Rivara (To), Castello di Rivara /INARCHITETTURA. AnnamariaGelmi / Dal 12 giugno all’8 set-tembre 2010

IL PALAZZETTODI CARLO SCARPALa mostra è incentrata sulla fi-gura di Aldo Businaro, commit-tente di Carlo Scarpa per gli an-nessi alla villa “Il Palazzetto”.L’incontro tra Scarpa e Businaroebbe luogo in occasione delviaggio in Giappone di una dele-gazione di architetti e designeritaliani, nel 1969, cui partecipa-rono entrambi: esso segna l’av-vio di un fortunato sodalizio cheli terrà costantemente legati allaresidenza seicentesca del com-mittente. Situato nella campa-gna a sud-est di Monselice, ilcomplesso della villa apparivacostituito dal corpo dominicale,da una piccola costruzione adi-bita a casa del custode verso

sud, e da un padiglione ottocen-tesco. Nell’arco di circa setteanni, a partire dal 1971, Scarpaebbe l’incarico di progettarvi di-versi elementi, fra cui il muro dicinta. Dal 2005 Aldo Businaro e ifigli hanno affidato l’esecuzionedi una scala esterna all’architet-to Tobia Scarpa, che nel proprioprogetto si è attenuto in parte aidisegni del padre.

Treviso, Centro Carlo Scarpa -Archivio di Stato di Treviso /Scarpa e Il Palazzetto /Fino al 29 maggio 2010

UNA SERIE DI MOSTREPER IL MAXXI

Dopo l’architectural preview del-lo scorso novembre, ecco per ilMAXXI il momento più atteso,con un programma ricco e inter-nazionale. Le mostre inauguralisono Gino de Dominicis: l’Im-mortale (30 maggio - 7 novem-bre 2010). Kutlug Ataman. Me-sopotamian Dramaturgies (30maggio – 12 settembre 2010).Luigi Moretti architetto. Dal Ra-zionalismo all’Informale (30maggio - 28 novembre 2010).Ma è Spazio che parla dell’ani-ma del museo: il primo allesti-mento tematico delle collezionid’arte e di architettura del MAX-XI (30 maggio 2010 – 23 gen-naio 2011). L’idea di SPAZIOprende avvio dagli stimoli sug-geriti dalle forme fluide createda Zaha Hadid e interpreta ap-pieno il carattere di interdiscipli-narità del MAXXI.Roma / Apertura MAXXI27, 28, 29 maggio 2010 / Aper-tura al pubblico: 30 maggio

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Sono anni che si occupa di sostenibilità. Quale sensibilità ha avuto modo di riscontrare in chi amministra?«Negli ultimi anni la sensibilità e l’attenzione ai temi ambientali ha fatto crescere una nuova coscienza ecologica.È solo l’inizio, siamo ancora in un’era primitiva: dopo l’era industriale e post-industriale non siamo ancora entratinell’era ecologica. Servono azioni forti da parte dei governi».Da dove è nata quella sottile diffidenza contro cui ha dovuto lottare l’architettura sostenibile?«Spesso la diffidenza non è poi così sottile. Credo che nasconda un peccato originale, dovuto a tanti anni didisattenzione verso l’architettura contemporanea che spesso si è però dimostrata distante dai luoghi. Inoltre sonoconvinto che la politica non ha visto, negli ultimi decenni, nell’architettura una forma di espressione della propriacultura. E la diffidenza la si supera con la cultura, con la pazienza di spiegare e comprendere i luoghi dove si lavora».Da dove parte il progetto della casa da 100K?«La casa da 100K nasce da una domanda che nessuno ha mai fatto: costruire case a basso costo che integrasseroi temi energetici. A questo antefatto bisogna aggiungere il valore sociale dell’abitare, l’aspirazione e i desideridelle persone e le modalità del vivere, sempre più lontane dalle tipologie speculative. Quindi il tema propostoè un progetto tecnico di un edificio riproducibile industrialmente, fatto di spazi da contaminare e personalizzaree capace di rispondere alla sfida ambientale. Power to the people è un modo per dire che l’energia dovrebbeessere prodotta e consumata direttamente dalle famiglie».Un edificio energivoro può essere trasformato in edificio a basso consumo o produttore di energia?«Fondamentalmente è un aspetto tecnico: migliorare l’involucro, le prestazioni d’isolamento, utilizzare tecnologienuove sia per riscaldare che per raffrescare e utilizzare fonti rinnovabili. Ma se fosse tutto qui avremmo risolto solouna parte del problema. Mettere mano alla cura del parco immobiliare esistente deve essere un’opportunitàcreativa, un’opportunità per migliorare la qualità estetica degli edifici e la qualità dello spazio pubblico».Per i materiali di scarto un progetto sostenibile cosa prevede?«L’architettura e in genere il costruire non è mai un’operazione ecologica. Si costruisce utilizzando materia cheviene comunque sottratta alla natura. Detto questo il tema non è solo quello dell’inquinamento ma quello diutilizzare le materie nel modo più efficace. Costruire costa in termini energetici molto meno che mantenere in vitagli edifici e quindi le mie attenzioni sono rivolte più alle performance e alla possibilità del recupero delle materie.Lo sviluppo sta nel creare un utile scarto che potrebbe essere impiegato in altre filiere».Le nostre città di quali cure necessitano?«Oggi la città va vista come un organismo che consuma energia, si scalda, si consuma e ha bisogno di cure,di terapie intensive che vanno da una politica dei trasporti pubblici per migliorare e incoraggiare l’uso dei mezzipubblici alle biciclette e alle aree pedonali. Servirebbe anche nuova visione del rapporto con il commercio, vitaleper i nostri centri storici, e una politica di riduzione dell’inquinamento per migliorare la vita dei cittadini».Esiste ancora, nell’iter progettuale, l’attenzione verso il genius loci?«Nelle nostre città e nei nostri paesaggi è un aspetto fondamentale. Milano non mi sembra che abbia le stessecaratteristiche di Bologna e questo è un valore che deve essere scoperto e capito. Come diversi per vocazionisono i territori e le culture che le abitano. Per troppo tempo abbiamo creduto che la diversità fosse qualcosada appiattire mentre una nuova coscienza ecologica deve guardare alle diversità come a valori fondamentali».Qual è la strada da percorrere perché il ruolo dell’architettura, in ambito ambientale e climatico, vengacompletamente riconosciuto?«La strada è quella di non considerare l’architettura una disciplina a se stante, ma profondamente legata ad altre.L’architettura è la matrice dell’abitare e non esiste edificio che non debba confrontarsi prima di tutto con aspettimateriali e con principi di fisica e di resistenza. La maturità avverrà quando fonderemo tutto in un’unica grandedisciplina. L’architettura contiene dentro di sé l’ingegneria, la filosofia, la cultura, la tecnica e il paesaggio, ed èora di dare all’architettura e agli architetti il loro ruolo. Fondamentale e socialmente utile».Pe

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INTERVISTA

«L’energia dovrebbe essere prodotta e consumata direttamente dallefamiglie», spiega Mario Cucinella. E sottolinea che per entrare in una nuovaera ecologica ci vuole l’aiuto delle istituzioni di Antonello De Marchi

FUTURO SOSTENIBILE

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In questo momento sembra inevitabile affrontare la questione dellasostenibilità, circondati come siamo dai prefissi «bio» ed «eco»abbinati ormai a ogni manifestazione della nostra quotidianità,e svuotati molte volte di ogni significato. Ci troviamo a fare i conticon una molteplicità di definizioni: Ecosostenibilità, Ecocompatibilità,Bioarchitettura, Architettura passiva, Architettura bioecologica,Architettura bioclimatica, Architettura ecocompatibile, Architetturaenergeticamente efficiente. Per non perdere l'orientamento in questavarietà descrittiva è giusto soffermarsi su alcuni concetti chiave allaricerca di un minimo comune multiplo. Primo fra tutti, la sostenibilitàintesa come elemento intrinseco del costruire, trasversale rispettoai vari temi dell'architettura. Una concreta ed effettiva necessitàper la sopravvivenza stessa del fare architettura, un'irrinunciabileopportunità per ristabilire un nuovo tipo di relazione tra uomo eambiente. Ciononostante, dietro il pretesto della sostenibilità, si celaun pericoloso paradosso in cui vengono persi di vista i protagonistiprincipali – l'uomo e l'ambiente – alimentando una speculazioneintellettuale fine a se stessa, avendo come unico obiettivo ilsoddisfacimento dell'ego dei progettisti. Una volta presa pienacoscienza dell'emergere di una questione ambientale, affrontandoquindi il tema della sostenibilità come una scelta culturale nonfinalizzata esclusivamente ad alcune tipologie costruttive, dovrebbematurare una proposta progettuale che conduca «naturalmente»a risultati sostenibili. A questo auspicio mi piace pensare prendendoa prestito il termine tedesco, che esprime l'idea di sostenibilità,Zukunftsfahig (letteralmente «capace di futuro») e che forse megliodi tanto argomentare racconta il senso profondo di questo approccioche, prima che progettuale, dovrebbe essere vissuto come unaproposta intellettuale e morale. Una vera e propria sfida sepensiamo all'epoca in cui viviamo, alla società del consumo in cuivige l'imperativo categorico dell'«usa e getta». Un atteggiamentoin qualche modo «anticonformista» che, unito all'attenzione a ciòche è bello e alla forza audace delle idee, dovrebbe divenire parteintegrante della cultura del progetto.Questo ampio raggio d’azione, assieme all’ormai infinità dipossibilità nell’uso di materiali e dispositivi, ha portato l’architetturaverso limiti linguistici con conseguente rischio di una irreparabileperdita di senso, favorendo una massiccia produzione di architetturestupefacenti e di facile consumo mediatico, frutto di situazionioccasionali e a costi insostenibili, a discapito dell’architetturacosiddetta “minore”, che costituisce invece il tessuto delle nostrecittà e il reale ambiente di vita dell’uomo. Nonostante sia di moda,oggi parlare di “architettura locale” sembra un assurdo. La correnteHigh Tech ha liberato strutture e impianti rivestendoli solo di

trasparenze e leggerezza. Le correnti del Decostruttivismo hannosciolto in forme liquide gli edifici, o li hanno plasmati secondorichiami fito e zoomorfici. Oggi, inoltre, attorno al tema dellasostenibilità, nascono proposte avveniristiche di città verdigalleggianti, fluttuanti, sospese sopra un mondo che evidentementenon ci soddisfa. Poche sono le proposte urbane di riqualificazionesecondo standard di sostenibilità effettivamente realizzate, episodicimomenti nei quali istanze di riqualificazione urbana e interessipolitici, sociali ed economici hanno trovato un’intesa reale. Ognicorrente e ogni linguaggio espressivo, ben inteso, porta con sésignificati e contributi utili, almeno al dibattito, anche quando rasental’utopia. Ma si tratta per l’architettura di un momento storico delicatoe rischioso, in bilico tra interessanti sperimentazioni e il rischio di ungenerale appiattimento culturale per l’accettazione incondizionatadi ogni proposta solo in quanto “nuova”. Ma al di là di ogni linguaggio,sperimentale o meno, qual è il significato profondo del farearchitettura? Forse siamo di fronte alla nascita di nuove formeespressive, ma non sono sempre architettura, dove per architetturasi intenda quella disciplina nata ed evolutasi per creare spazi di vitaper l’uomo. Se l’elemento di congiunzione di tutte le opere diarchitettura non è l’uomo, l’obiettivo finale dell’architettura viene amancare. Se l’architettura non si occupa di creare l’ambiente di vitadell’uomo, ma si interessa solo di grandi opere stupefacenti, perun facile consumo mediatico, viene a mancare il motivo stessodella sua esistenza. In questo quadro, riteniamo indispensabilel’attenzione del mondo architettonico per vecchi principi consolidatie nuove proposte innovative, alla ricerca di soluzioni progettualiche favoriscano il benessere, la sostenibilità come rispettoper l’ambiente e risparmio energetico, l’utilizzo di fonti rinnovabili,l’impiego razionale dei materiali, la sostenibilità economica e,non ultima, la riqualificazione di ampie aree urbane dismesse perrigenerarne il tessuto fisico e sociale. Si tratta semplicemente diadottare criteri e metodi per far rientrare l’architettura entro i limitiche le competono, restituendole la dignità ed il prestigio di esserela massima espressione creativa necessaria per la vita dell’uomo.In altre parole, una questione ancora aperta.

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COMMENTO

Nel nome della sostenibilità nascono progetti avveniristici, stupefacenti, di facile consumomediatico. Si rischia una perdita di senso del linguaggio architettonico. Bisogna dare maggiorvalore all’architettura cosiddetta “minore” di Paolo Simonetto, presidente di Architettando

I LIMITI DELL’ARCHITETTURA

Martedì 27 Aprile: Trasformazione sostenibile del territorio, scenari possibili.Giovedì 13 Maggio: Il caso Alto Adige. Venerdì 28 Maggio: Nuovi orizzontisostenibili dell’architettura e della città. Mercoledì 09 Giugno: La costruzione delpaesaggio. Giovedì 17 Giugno: Oltre la sostenibilità. Giovedì 24 Giugno:Tecnologie appropriate. Mercoledì 30 Giugno: Sostenibilità ed etica.Le conferenze sono organizzate dall’Ass. ARCHITETTANDO, ore 20,45presso la Torre di Malta a Cittadella (Pd). Info: www.architettando.org

PER APPROFONDIMENTI

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Fulco PratesiCome in ogni cosa, anche in questo caso occorre trovare la giusta misura. L'energia pulitaè estremamente importante per il nostro pianeta e oggi rappresenta l'unica alternativa praticarispetto a quella, estremamente inquinante e non illimitata, prodotta da combustibili fossili.Tuttavia, bisogna evitare che queste nuove forme di energia pulita prodotte da fonti rinnovabilivadano a cozzare con dei patrimoni insostituibili come il nostro ambiente e paesaggio.Per quanto possibile, occorre dunque proseguire la ricerca nel campo delle energie pulitecalcolando nel contempo quali siano le esigenze reali di consumo dell'energia per evitareche se ne sprechi. Il tutto, tenendo conto che occorre tutelare anche il nostro paesaggioche, non va dimenticato, è legato a una importante fonte di reddito quale il turismo.

Ilaria Buitoni BorlettiIl fatto di produrre energia pulita è una delle forme per rispettare l'ambiente. Qualunque energiache non sia pulita va a danneggiare l'ambiente e gli ecosistemi. Direi che sino ad ora non siè mai affrontato il problema dell'energia globalmente, ma solo come necessità per rispondereal fabbisogno energetico dell'immediato. Oggi i tempi sono cambiati e anche in Italia, come nelresto del mondo, finalmente comincia a farsi strada la necessità di pensare all'energia anchein modo compatibile con l'ambiente. Un rapporto, questo, che va sempre tenuto a mente.

Fulco PratesiIn Europa, l'Italia è il Paese in cui si costruisce di più. Questo fenomeno, porta all'inevitabiledeperimento di suolo e paesaggio. Ricordiamoci che ogni anno dai 50 ai 60mila ettari delnostro Paese sono cementificati. E i danni prodotti dalla cementificazione non sonoparagonabili a quelli di un incendio, perché i terreni e le foreste che vengono edificati non sonopiù recuperabili tanto per la produzione agricola quanto per la tutela delle biodiversità. Eccoperché dobbiamo renderci conto di come suolo e paesaggio vadano tutelati maggiormente.

Ilaria Buitoni BorlettiEvidentemente perché molti ancora non hanno questa coscienza. Il fatto che il National Trust,la nostra organizzazione gemella nel Regno Unito, abbia 3 milioni di soci e noi come Fondoper l'Ambiente Italiano solo 75mila ne è una prova. In Italia la coscienza dell'ambiente e dellanecessità di tutelare il paesaggio e quindi i beni d'arte e della natura che ne fanno parte èun'esigenza ancora avvertita da una parte molto minoritaria della popolazione. L'educazioneall'ambiente dovrebbe partire dalle scuole, occorrerebbe inoltre l'esempio delle istituzioni e,soprattutto, ci deve essere un lavoro coordinato di reti che faccia seguito a tutto ciò. Per farequesto, però, occorre che lo sforzo provenga da tutte le parti e in Italia nessuno ha maipensato di insegnare davvero ai bambini cos'è l'ambiente e cos'è l'arte e perché bisognarispettarli. Quindi è difficile pensare che gli adulti di ieri e domani avvertano come propri i temilegati all'ambiente. Il primo passo deve essere fatto dalla scuola, il secondo deve esserel'esempio delle istituzioni e pian piano la coscienza dei cittadini arriverà a capire che la stradasbagliata è quella di distruggere l'unico patrimonio sul quale non abbiamo concorrenza almondo, quello naturale, artistico e culturale. La strada è ancora lunga, ma l'esempio fornitocida una istituzione come il National Trust britannico dimostra che non è impossibile percorrerla.

Come si può conciliareil rispetto dell’ambiente,inteso nel senso più lato deltermine, con la possibilità diutilizzarlo per la produzionedi energia pulita?

Se l’obiettivo è creareuna coscienza civilee portare a conoscenzadi molti il nostropatrimonio per poterlotutelare, combattereil degrado e ribellarsiall’incuria, come mai molticittadini chiedono, conil beneplacito di chiamministra, di poteredificare senza alcunrispetto delle regole?

L’Italia è il Paese europeo in cui si costruisce di più. Ciò comporta il deperimento del suoloe del paesaggio. La coscienza dell'ambiente è un'esigenza avvertita da una parte minoritariadella popolazione. Intanto con il Piano Casa si corre il rischio di deturpare maggiormenteil territorio. Su questi temi riflettono Fulco Pratesi e Ilaria Buitoni Borletti di Lorenzo Berardi

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AMBIENTE E TERRITORIO

FOCUS

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Fulco PratesiQuesto discorso si lega strettamente a un concetto che le associazioni ambientaliste e di tutelaripetono da anni. Bisogna sfuggire al paradigma delle grandi centrali elettriche da cui sidiramano le condotte che raggiungono centri abitati e singole abitazioni. Va ribaltata l'interaconcezione del sistema energetico. E a questo si può arrivare solo rendendo possibile unaparcellizzazione e una democratizzazione tanto della produzione quanto del consumodell'energia. In pratica ogni singolo edificio, laddove possibile, dovrebbe essere energetica-mente autosufficiente. Riuscire a fare tutto questo su vasta scala, si tradurrebbe anche in unamaggiore responsabilizzazione sul tema delle risorse energetiche da parte dei singoli utenti,diffondendo una migliore conoscenza dell'argomento e quindi creando una coscienza sul tema.

Ilaria Buitoni BorlettiPersonalmente credo molto nel meccanismo degli incentivi, perché le persone si ingegnanosoprattutto quando ritengono che farlo possa portare loro dei vantaggi concreti. In questosenso, qualcosa in Italia è stato già fatto. Se oggi si costruisce una casa ad efficienterisparmio energetico se ne ricava un vantaggio e credo che anche in futuro bisognerebbeinsistere su questo punto. Ritengo infatti che questo sia l'unico modo per fare sì che tuttii cittadini italiani che intendono costruirsi una nuova abitazione o restaurarne una esistentecomincino a ragionare in un certo modo. Ancora una volta, ad ogni modo, tocca in primoluogo alle istituzioni dare il buon esempio creando leggi e meccanismi che rendano possibilio facilitino tali processi.

Fulco PratesiÈ innegabile che continuiamo a dibatterci in una situazione di grossa difficoltà economica.Per quanto ci riguarda, l'introduzione della possibilità di destinare alle organizzazioni comeil WWF il 5 per 1000 è stato senza dubbio un fatto positivo. Eppure nell'insieme l'impegnodel governo e dello Stato nei confronti degli enti e degli organismi di tutela si è ridotto rispettoagli anni passati, così come è avvenuto per la ricerca. Nel nostro settore si avvertono sempremaggiori difficoltà a gestire territori vasti sottoposti a tutela, come nel caso dei parchi nazionalie regionali. Questo perché ci troviamo in una perdurante assenza di fondi adeguati.

Ilaria Buitoni BorlettiIl grosso errore che viene fatto in Italia è quello di non pensare a uno sviluppo che veda latutela dei beni del nostro patrimonio artistico e naturalistico come un motore di sviluppo perl'economia del Paese. Come Fondo Ambiente per l'Italia, ci accorgiamo benissimo di quantosarebbe importante assumere questa consapevolezza. Nel momento in cui adottiamo un benein uno stato di degrado, lo restauriamo e apriamo al pubblico, infatti, questo diviene un motoredi sviluppo per il territorio. Si crea occupazione e si salvaguardano attività artigianali chealtrimenti scomparirebbero. Si crea soprattutto un flusso di turismo consapevole. Si tratta diuna serie di ricadute positive sullo sviluppo del Paese. E se venissero applicate a livello macrosull'intero patrimonio nazionale come scelta politica da parte delle istituzioni significherebberoun modo per uscire parzialmente dalla crisi, utilizzando una risorsa nella quale non abbiamoconcorrenti. Parlerò più chiaro: con le macchine perdiamo, ma con il paesaggio no.

Quali strategie ambientalibisogna implementareper riuscire a trasformareil problema dei consumienergetici degli edifici,soprattutto storici ma nonsolo, in un’opportunitàcreativa?

Come ha influito la crisieconomica di questoperiodo sui sovvenziona-menti pubblici e privatiper gli istituti di tutela?E, più in generale, cosa ècambiato negli ultimi anni?

Fulco PratesiArchitetto, giornalista eillustratore, ha fondato il WWFItalia nel 1966 e ne è oggiil presidente onorario nonchéil presidente del ComitatoScientifico Oasi. Dopo averesercitato per anni laprofessione di architettorealizzando insediamentiabitativi, è divenuto unapprezzato progettistadi parchi e riserve naturali

Ilaria Buitoni BorlettiDal novembre 2009 è lanuova presidente del FondoAmbiente Italiano, dopoessere stata presidenteregionale del Fai in Umbria.Da anni la sua attivitàprincipale si rivolge al noprofit, collaborando a onluscome Amref, il Summit dellaSolidarietà e il Borletti-BuitoniTrust che promuove giovaniconcertisti nel mondo.

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FOCUS

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Fulco PratesiÈ assolutamente indispensabile trovare un connubio fra il recupero e il riuso di cubaturee volumetrie già esistenti invece che andare a occupare territorio ancora vergine. Dovremmoseguire l'esempio di alcune contee inglesi in cui non si concedono licenze per nuovi edificise si dimostra che parte del costruito in quella zona è inutilizzato. Occorre anche pensareal fatto che l'invasione della periferia sui territori ancora vergini danneggia l'economia rurale.La Pianura Padana, ad esempio, continua a perdere aree coltivabili e questo determinaun aumento del costo dei terreni agricoli: una situazione che certo non contribuiscea implementare le coltivazioni.

Ilaria Buitoni BorlettiCredo che le due tutele vadano legate non a doppio, ma a triplo filo. Prendiamo un benearchitettonico come il castello di Masino, di proprietà del Fai in Piemonte. Il castello si trovain cima a una collina che domina una valle nella quale ora si pensa di costruire un parcodivertimenti e una serie di centri commerciali. Questo rovinerà completamente il bene inquestione. Quindi il rapporto fra il bene artistico e architettonico e il paesaggio che lo circondaè assolutamente imprescindibile. È necessario che gli elementi di tutela che si estendono sulbene coprano anche il paesaggio ed ecco perché l'Italia si trova in una situazione così delicata.Tutti i nostri monumenti e tutte le nostre città d'arte avrebbero bisogno di essere tutelati nonsolo in quanto tali, ma anche per quanto riguarda il paesaggio che li circonda. Fare questonon significa fermare lo sviluppo, bensì optare per uno sviluppo che sia compatibile con ilpaesaggio. Se invece si prende una qualsiasi zona industriale di una città italiana, nessunaamministrazione ha mai pensato di mettere paletti per quanto riguarda la scelta dei materiali dicostruzione, il colore, la disposizione, l'altezza e la volumetria degli edifici. Il risultato è che oggil'Italia è una distesa di capannoni industriali bianchi. Se lo stesso scempio fosse stato fattoponendo dei parametri, questo fenomeno avrebbe avuto effetti meno devastanti.

Fulco PratesiNoi ci occupiamo soprattutto di emergenze di tipo naturalistico, ma in questo caso ci siamoattivati ugualmente, aprendo le nostre oasi e i loro centri di accoglienza alle persone colpite dalsisma che avevano bisogno di un immediato ricovero. Ritengo che conservare, recuperare erestaurare il patrimonio artistico delle zone interessate dal terremoto sia importantissimo anchese molto difficile. In questo senso avere costruito degli edifici nuovi può rappresentare unrallentamento per l'attuazione del processo. Ricordo cosa accadde nel caso del sisma del Friulinel 1976 quando si riuscirono a ricostruire case, chiese e centri storici in un lasso di tempoabbastanza breve anche grazie all'iniziativa dei privati. Gli esempi da seguire non mancano. Iosono stato presidente per diversi anni del Parco Nazionale d'Abruzzo e ho visto città che eranostate distrutte dal terremoto del 1915 che hanno costruito nuovi quartieri dotati di abitazioniantisismiche, ma anche saputo recuperare i propri centri storici, come nel caso di Pescaserroli.

Ilaria Buitoni BorlettiCome Fai, ci siamo attivati in maniera molto rapida. Abbiamo adottato la Fontana delle 99cannelle che è il simbolo dell'Aquila ed è oggi l'unico restauro del centro storico aquilano chesia già partito, tanto che contiamo di riconsegnare il monumento alla popolazione entro unanno. Dal punto di vista politico, invece, abbiamo subito sollecitato le istituzioni insistendo sulfatto che ricostruire una zona sconvolta da un terremoto significa ridare agli abitanti il sensodella propria identità e quindi non si può prescindere dal ricostruire il centro storico. Ora leistituzioni paiono avere recepito queste sollecitazioni. Le dichiarazioni sono incoraggianti, mava tenuto presente che il centro storico dell'Aquila è enorme e per ricostruirlo occorrerannoanni, ma l'importante è che esso non venga abbandonato. Non dimentichiamoci mai che laGermania nel 1945 era un paese completamente distrutto eppure nel giro di pochi anni è statoricostruito a partire proprio dai centri storici delle sue città. Bisogna però comprendere che nonsi può pensare che un abitante del centro storico ritrovi la propria identità in una casa costruitaex novo in un'altra zona della città. L'obiettivo finale deve essere quello di ridare vita al centrostorico e restituire agli aquilani la propria città.

Tutela del paesaggioe tutela del costruitostoricizzato. Due forme disalvaguardia diverse, mastrettamente legate fraloro. Come trovare dellestrette alleanze fra questidue settori per combatteresfruttamento del territorioe cementificazione?

Come vi siete attivati nellagestione del recenteterremoto in Abruzzo?

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Fulco PratesiPer gli architetti aumentare cubature e occupazione del suolo è sempre qualcosa di deleterio.Quando cominciai a fare l'architetto, negli anni Sessanta, ogni italiano in media aveva adisposizione mezzo vano, mentre oggi ne ha due. Questo rapporto si traduce in una moleenorme di edifici inutilizzati e non rimessi in commercio. Pensare di aumentare le cubaturedi alcuni edifici del 20 o del 30%, pur con le necessarie tutele del caso, significherebbe crearesituazioni molto delicate. Già penso a quanti balconi diverranno verande e così via,modificando pesantemente il territorio e aumentando la presenza umana. Bisogna stare attentiperché alcune risorse sono insostituibili e irrecuperabili come il territorio, il paesaggio,l'ambiente e i beni storici o artistici che vi sono inseriti.

Ilaria Buitoni BorlettiLe incongruenze in Italia sono continue. Da un lato, il Piano Casa è stato avversato dallegrandi organizzazioni fra cui noi, il WWF e Italia Nostra, dall'altra bisogna tenere conto cheè stato delegato alle singole regioni. Il risultato pratico è che alcune regioni hanno adottatoil Piano Casa in maniera molto restrittiva, come quelle del Centro Italia, e altre lo hannoapplicato in modo assai più allargato. Questo significa che ci saranno regioni che sarannoprofondamente deturpate dal Piano Casa e altre che invece lo hanno sottoposto a vincoliprecisi. In Italia vi è confusione normativa di livelli, piani e competenze, con il risultato che tuttociò che riguarda l'ambiente o i piani regolatori o il paesaggio è una giungla normativa nellaquale è difficile orientarsi. Bisogna tenere conto che il tessuto di un Paese non è formato solodai centri storici, ma anche da quella miriade di case coloniche disseminate nelle nostrecampagne che è una delle cifre distintive del paesaggio italiano. Se ognuna di queste case puòaggiungere il 20 o il 30% della propria volumetria senza che vi sia alcun controllo dal puntodi vista estetico e di inserimento nel paesaggio è chiaro che al termine di questo intervento,l'ambiente circostante è modificato. Questa in alcune regioni ci pare una scelta del tuttodissennata, specie in aree devastate da un abusivismo incontrollato e in cui dare un ulteriorestrumento di ampliamento per una situazione di illegalità è del tutto folle.

Fulco PratesiIn generale si avverte un piccolo incremento di interesse nei nostri confronti. Ciò che ècambiato maggiormente in senso positivo è l'attenzione riservata alla fauna selvatica. Neglianni Settanta, animali come lupi, orsi, linci e aquile erano considerati soltanto dei predatorie dunque trattati come creature nocive da cacciare o sopprimere. Oggi, invece, grazie allepressioni di associazioni ambientaliste come la nostra, questa concezione in Italia èprofondamente mutata, tanto che chi uccide un lupo rischia il carcere. Per quanto riguarda lasensibilità verso il paesaggio, qualcosa è cambiato. Più in generale, i progetti di geometri earchitetti sono migliorati per quanto riguarda l'interazione dei nuovi edifici con i territori in cuiverranno inseriti. Molto in questo senso resta comunque da fare e continuano a esistere interiquartieri e borgate repellenti che andrebbero demoliti. È questa la sfida che dobbiamo vincerenei prossimi anni in Italia.

Ilaria Buitoni BorlettiTrovo che oggi vi sia una maggiore sensibilità e credo che se ne accorgano anche le altreassociazioni che in Italia si occupano di tutela dell'arte e del paesaggio. Purtroppo, però, leistituzioni non aiutano perché non fanno della tutela del paesaggio un argomento centrale deiloro programmi per cui i cittadini che si avvicinano ai nostri temi vi si accostano soprattutto periniziativa individuale. Manca quella spinta collettiva su questi temi che occorrerebbe in Italiaconsiderato che abbiamo intere zone devastate dal punto di vista ambientale ed edilizio.Io amo la Sicilia e ogni volta che percorro la strada tra Gela e Agrigento vedo una sequeladi case, fra le quali molte non terminate, costruite senza alcun criterio e che addiritturalambiscono e invadono una meraviglia come la Valle dei Templi. Ma esistono altre situazionidrammatiche, una su tutte quella dell'area vesuviana dove vivono milioni di persone.Il paradosso della situazione è che in Italia si costruisce senza alcun problema sulle fagliedi vulcani attivi e poi magari si obbligano i teatri storici ad alzare le balaustre di 20 centimetri.

Restiamo nell'attualità eparliamo dei nuovi DecretiLegge, noti come "PianoCasa". Gli architetti hannointrapreso una durabattaglia contro questenorme. Quali contraddizionio incongruenze riscontrate?

Come è cambiato negliultimi anni l’interesse daparte dei cittadini sui temida voi trattati?

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Linee sinuose e avvolgenti, incastonato nelcontesto urbano di Holon. Così si presenta ilnuovo Design Museum progettato da Ron Arad.Holon è una città costruita, nel 1935, tra le dunedi sabbia a pochi chilometri da Tel Aviv. La sceltaprogettuale di Ron Arad è stata quella di dare,a Holon, il cui nome vuol dire sabbia, un’iconadall’aspetto futuristico, avvolgente e materico.Dei nastri, dalle tonalità calde, sovrappostie continui, realizzati in acciaio CORTEN. GalitGaon, direttrice creativa del museo israeliano hadichiarato: «la struttura è in sé un grande oggettodi design, il cui compito non è solo quello dicontenere oggetti belli, ma stimolare le industriedel Paese a usare i designer, a capire che ildesign è parte fondamentale del processo diricerca e sviluppo e che non è solo una questionedi cosmetica finale del prodotto». Ron Arad citiene a ribadire nelle conferenze di presentazionedel progetto che i nastri in CORTEN nonpotrebbero esistere senza l’ausilio delle piùavanzate ricerche industriali della ditta italianaMarzorati Ronchetti legata ad Arad già con ilprogetto dell’Opera di Tel Aviv. Il tutto risale al2004 quando la municipalità di Holon ha invitatolo studio inglese per creare un edificio iconico,per l’innovazione nel design e che potesse essererappresentato su un francobollo. Nulla di piùadatto. La struttura è stata pensata come un verooggetto di design, concluso, identitario, unico eassolutamente pronto a divenire l’icona della cittàdi Holon. La richiesta è stata pienamentesoddisfatta ed è già marchio dell’istituzione.Di solito il processo è al contrario: un edificiodivenuto simbolo viene riconosciuto nella suacapacità iconografica con la trasposizionenumismatica. In questo caso è l’edificio che èstato pensato come effigie di un cambiamentomediatico che la città ha scelto di fare. Il Museoè stato inaugurato il 31 gennaio.

Design Museum, Holon (Israele)Progetto: Ron Arad

Le fotografie dell’esterno del Museo mostrano le caratteristiche fasce rosse d’acciaio corten,la cui particolarità è di formare una patina bruna superficiale compatta passivante, capacedi impedire il progressivo estendersi della corrosione. In alto: spaccato assonometrico

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SCHEDE

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Progetto Feltrinelli per Porta Volta, MilanoProgetto: Herzog & de Meuron

Un nuovo progetto di riqualificazioneè stato presentato alla città di Milano.La nuova sede della FondazioneGiangiacomo Feltrinelli, un progetto diHerzog & de Meuron fortemente ispiratoalle linee architettoniche lombarde. Ilprogetto disegna una struttura ediliziacomposta da due corpi, due strutturegemelle, che esaltano gli elementiurbanistici e valorizzano l’antica Portariproponendo la tradizione lombardadegli edifici gemellari. L’area interessataè quella tra Viale Pasubio e Viale Crispi,di proprietà della famiglia Feltrinelli da fine’800, e quella tra Viale Montello e PortaVolta di proprietà del Comune di Milano.È un intervento urbanistico che uniscel’eccellenza culturale della FondazioneFeltrinelli all’azione di regia del territoriodel Comune. Il piano di riqualificazioneprevede anche la creazione di ampi spaziverdi, con boulevard, piste ciclabili epercorsi pedonali, affiancati da funzioni diservizio tra cui una libreria, una caffetteria,un ristorante e altre attività commerciali.I progettisti dell’opera hanno illustratola loro idea architettonica osservandoche «la forma longilinea, lineare dellacostruzione fa riferimento, da un lato,alla tradizione gotica che si esprime inimportanti costruzioni della città di Milano,dall’altro alle cascine longilinee checostellano il paesaggio della Lombardia».«Il nostro antico maestro Aldo Rossi -continuano - considerava queste strutturelineari il tratto caratteristico del suo lavoro,perciò nel nostro progetto Feltrinelli per

Porta Volta si può trovare anche un tributoa questo importante architetto milanesedella seconda metà del XX secolo».Nell’edificio verrà collocato il patrimoniobibliotecario e archivistico dellaFondazione Feltrinelli e anche 4.500opere antiche e rare. L’edificio ospiteràuna sala di lettura, un ampio spaziomultifunzionale per convegni, conferenzeed esposizioni e una Libreria Feltrinellispecializzata. Il completamento degliedifici è previsto per il 2013.

Alcuni rendering della nuova sede dellaFondazione Feltrinelli, struttura lineare inacciaio e vetro che ripropone la tradizionelombarda degli edifici gemellari

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Copyright

©HerzogedeMeuron

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SCHEDE

In alto, schema progettuale e schizzo concettuale dellastruttura ovoidale Blob Vb3. Le immagini riprendonosia l’esterno che l’interno con le pareti attrezzate

La Rini van Beek, rappresentante per l’Olanda didiversi marchi di design internazionali, si è rivoltaagli architetti Tom Verschueren e David Driesendello studio dmvA - il cui acronimo è “door middelvan Architectuur”, che vuole letteralmente dire“per mezzo dell’architettura” - per la creazione diuno spazio per lavorare, un rifugio sulle spondedi un lago nella zona di Kempen nelle Fiandre.I due progettisti hanno pensato a uno stranooggetto, assimilabile a un’opera d’arte che noncoprisse né compromettesse l’architettura dellacostruzione originale: una sorta di uovo inpoliestere, un grande ciottolo, una forma chenon ha alcuna direzione e la cui fruizione nonè circoscritta a un luogo specifico. Blob VB3ha un’area interna di circa 20mq, può esseretrasportato su un camion e collocato in unaforesta, in giardino o sul tetto. La costruzione harichiesto 18 mesi di lavoro e tutti i servizi, doccia,wc, lavandino e fornitura elettrica sono statipensati così da semplificarne l’allaccio. Oltread avere una porta e un lucernaio sul tetto, puòessere aperto nella sua parte anteriore. Peccatoche la commissione urbanistica di Kempen nonabbia approvato il progetto.

Blob VB3, Kempen (Belgio)Progetto: Studio dmvA

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Ponte pedonale, La Roche-sur-Yon (Francia)Progetto: Bernard Tschumi Architects / Hugh Dutton Associates

Presso la stazione di La Roche-sur-Yon inFrancia è stato costruito un ponte pedonaleche scavalca la nuova linea dell’alta velocità(TGV). L’intento è rendere una struttura diservizio un landmark, un segno identitariodella nuova realtà urbana, un’interrelazioneconcreta e simbolica tra le due parti dellacittà, i nuovi quartieri e la città storica lePentagone, fondata da Napoleone.Il prolungamento della linea ferroviaria adalta velocità (TGV) fino a La Roche-sur-Yonè un momento molto importante perl’ammodernamento della rete ferroviariaeuropea e francese. La passarella, ispirataall’opera di Gustave Eiffel, sostituisce unaprecedente struttura standard delle ferrovie.Essa è basata sull’impiego di due doppietravi in ferro poste ai due lati dell’impalcatodel ponte e collegate tra loro da montantiverticali e da un reticolo composto da fascepiatte incrociate diagonalmente. Il temaformale dell’intervento è quello di un cilindrocavo, realizzato con travi a T e ad H,incrociate in senso diagonale. Ladimensione della sezione dei diversicomponenti strutturali variano in funzionedel carico per ottimizzare la conformazionedell’insieme e il colore rosso-aranciobrillante è stato scelto per sottolineareil senso del movimento, perchè comeTschumi afferma, «non vi è architetturasenza movimento». «Un ponte pedonalenon è solo un oggetto statico, marappresenta un vettore dinamico sia nelsuo utilizzo che nella percezione urbana».L’opera di Tschumi e Dutton si rifà anchealle strutture spaziali dell’ingegnere Robertle Ricolais, nato proprio a La Roche-sur-Yon.

A sinistra lo schema delle diversesezioni trasversali. Le fotografieriprendono il ponte da vari puntidi vista. È visibile l’intreccio dellefasce piatte che incrociandosidiagonalmente generano lamaglia cilindrica autoportanteche sorregge il piano di calpestio

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SCHEDE

Una serie di rendering della nuova sede ChuHai College di Hong Kong. Tra le due piastre,all’esterno, è stato pensato un altro spaziodi relazione. In alto a destra, uno spaccatoassonometrico della piastra di collegamento.Le ampie facciate sono caratterizzate dallatrasparenza del vetro e dal disegno deicollegamenti verticali degli otto piani

Centro universitario storico, fondato nel 1947e oggi con più di 4mila studenti, il ChuHai College di Hong Kong avrà un nuovocampus. Il progetto (OMA e Leigh & Orangesono gli studi vincitori del concorso),costituito da strutture per l'istruzione,accoglierà tre facoltà universitarie, Arte,Scienze e Ingegneria, ed Economia, 10dipartimenti e due centri di ricerca e avràuna superficie di 28mila mq. Il team vincitoredel concorso ha immaginato un campusricco di spazi comuni, pensati per favorire efacilitare l’incontro. Infatti il progetto consistein due lastre orizzontali parallele di otto pianiciascuna, per aule, studi e uffici, e collegatetra loro da un piano per i servizi sociali ededucativi. La piattaforma di connessione trai due corpi principali ospita: una biblioteca,una mensa, una palestra, delle aule e, nellaparte più alta, un sistema di rampe cheunisce le diverse funzioni educative e sociali.Nel suo sviluppo l’impianto segue latopografia naturale del sito caratterizzata daun pendio collinare. In questo modo il nuovocampus appare saldamente inseritoall'interno del paesaggio circostante. Leampie facciate in vetro strutturale offronola vista sul campus e consentono anchedi osservare, dall’esterno, il funzionamentointerno degli edifici. Orientate così daincentivare la ventilazione naturale internariducono il bisogno di aria condizionatadel 15-30 per cento. Il sito, caratterizzatoda un’ampia vista sulla Baia di Castle Peak ,fino a qualche anno fa ospitava sulle sueverdeggianti colline numerosi edificidell’esercito britannico, alcuni dei qualiverranno preservati per ospitare alloggi,associazioni studentesche e una mensa.La motivazione che la giuria ha addotto è:«la capacità di regalare una forte identitàvisiva al College, la flessibilità d'uso e lacapacità di offrire un ambiente favorevoleper la formazione multidisciplinare”.

Chu Hai College, Hong Kong (Cina)Progetto: OMA / Leigh & Orange Architects

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Parthesiusco

urtesy

OMA

Courtesy

OMA

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Bastard-store, MilanoProgetto: Studiometrico

Alcuni anni fa, Comvert produttoredi articoli per skateboarders esnowboarders ha deciso che era giuntoil momento di trovare un nuovo spaziodove trasferire la propria sede operativae ha affidato a Studiometrico siala ricerca dell’immobile, che la suaeventuale ristrutturazione. Il postoideale doveva essere abbastanzagrande da poter ospitare gli ufficidi amministrazione, la produzione, unnegozio, un magazzino, un accesso perle merci e una skate-bowl. Il Progettorecupera il Cinema Istria di Milano,un edificio con una superficie totaledi 1.400 mq. L’ingresso principale,un ambiente regolare di 70 mq, è statotrasformato nel primo bastard-store.Gli elementi d’arredo sono montati suruote in modo da poter essere dispostiliberamente. Lo spazio a mezzalunadel vecchio foyer, abbracciato da duescalinate curve che conducono allagalleria è collegato attraverso una seriedi aperture al volume della vecchia

platea. Si tratta del baricentro delcinema perché collega tutti gli altriambienti principali e funziona come‘cerniera’ tra l’asse principaledell’edificio e quello, ruotato, diVia Slataper. Il pavimento originalein marmo giace su di un pianoleggermente inclinato, le scale hannosolidi corrimano in legno curvato.Gli uffici dell’amministrazione sono statiorganizzati su una pedana in legnodi larice che rettifica l’inclinazione delpavimento e risolve il problema delladistribuzione degli impianti elettrici.La presenza di tre ‘contenitori-balaustre’garantisce la necessaria intimità rispettoagli sguardi dei visitatori del negozioadiacente. All’interno del grande spazio,alto circa 15 m, della vecchia platea,a ridosso della parete di fondo doveun tempo giaceva lo schermo per leproiezioni, è stata costruita una strutturaindustriale in metallo verniciato sudue livelli che viene utilizzata comemagazzino per i prodotti.

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Nella pianta in alto e nella sezione in basso si leggonole scelte progettuali fatte per trasformare la strutturadel vecchio Cinema Istria di Milano nella prima sededel bastard-store: negozio, magazzino, skate-bowlper gli amanti dello skateboard e dello snowboard

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SCHEDE

È un’unità abitativa compatta e completa, dotatadi una facciata di vetro a pieno perimetro.Ha superficie utile di 47 mq e, grazie alla suainnovativa costruzione modulare, è facilmentetrasportabile. Sia per le strutture portanti che perl’arredo interno è stato prevalentemente utilizzatoil larice, uno tra i più tipici legni dell’arco alpino.Werner Aisslinger, designer berlinese di famainternazionale, è il progettista di questa particolarestruttura minimalista che nella sua veste da “small+ smart house” offre a chi la abita il massimocomfort residenziale. È un esclusivo appartamentoper gli ospiti nel giardino della propria casa,è una casetta di villeggiatura in campagna ouna dependance familiare. Ha un tetto pianovariamente sfruttabile, che potrà essere usato peril verde o un impianto fotovoltaico per una propriaproduzione di corrente elettrica. La protezioneesterna in legno lamellare che l’avvolge, oltrea renderlo un vero e proprio “landmark”architettonico, garantisce la necessaria privacy.I pannelli modulari utilizzati per le pareti e lesuperfici funzionali permettono di suddividerelo spazio interno secondo le esigenze personali.Il Fincube è un insieme tra architetturaecosostenibile ed esclusività di design e grazieall’impiego di materiali naturali come legno, pietrae vetro, e al metodo costruttivo a basso consumoenergetico unito al minimo impatto col suolorispetta tutti i criteri della ecosostenibilità.

FincubeProgetto: Werner Aisslinger

Nella foto in basso: vista assonometrica dell’interno.Il Fincube è un oggetto concluso e minimalista.Un’abitazione prefabbricata realizzata, seguendoun metodo costruttivo a basso consumo energetico,con materiali naturali come legno e pietra

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