Agorà numero 2 anno 1

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Numero 2 Anno I Dicembre 2012 Riprendiamoci la cultura Periodico di Lettere Roma Tre AGORA

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Il giornale universitario della Facoltà di Lettere di Roma Tre

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Numero 2 Anno I Dicembre 2012

Riprendiamocila cultura

Periodico di Lettere Roma Tre

AGORA

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2 AGORA’

Cultura a tutto tondo

Agorà giunge al suo secondo numero,

cercando di migliorarsi, di raccogliere

nuovi contributi e raccontare il mondo

- e la nostra facoltà - da nuove angolazioni.

A partire da questo numero, aumenteremo anche

gli strumenti a nostra disposizione per farci

conoscere: infatti, grazie una collaborazione con

il periodico universitario di ateneo “Yield”, d’ora

in poi troverete online i nostri articoli sul blog

www.yieldroma3.blogspot.com

Il risultato del nostro lavoro è un giornale eclet-

tico e variegato, tuttavia mosso da un unico filo

conduttore: il mondo della cultura, le sue mille

facce e declinazioni.

Crediamo che nella nostra facoltà dovrebbe

essere particolarmente forte la sensibilità verso

la conoscenza in tutte le sue forme. La nostra

ambizione, quindi, non può essere altro che rac-

contarla; in questo numero ci abbiamo provato,

spaziando dalla musica all’economia, dalla Storia

all’attualità. Non ci siamo dimenticati, tuttavia,

del luogo che più di tutti crea e plasma la cono-

scenza: l’ambiente in cui viviamo e studiamo,

l’Università, con i suoi problemi, opportunità e

contraddizioni. Emblema della vivacità culturale

di questo ambiente sono le tante iniziative che

vi si realizzano: abbiamo voluto ricordarne due,

volute dagli studenti per gli studenti.

La Redazione

INTRODUZIONE

Numero 2 Anno I Dicembre 2012

In questo numero:Curzio Maltese e gli studenti.. p. 06Partigiani della Decrescita....... p. 08Erasmus: il preludio................... p. 10La Storia che non si conosce... p. 12Rubrica Musicale........................ p. 14

Periodico di informazione e approfondimento a cura di Ricomincio dagli Studenti Lettere e Filosofia

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AGORA

Page 3: Agorà numero 2 anno 1

Dicembre 2012 3CULTURA

Rivoluzioni, date & Rock ‘n Roll

C’è un caos incredibile nei pressi

dell’aula B della facoltà di

Lettere e Filosofia, Università

di RomaTre. Il momento è quello: l’ ora di

seguire storia contemporanea .

Ciò che stupisce è il grande interesse di

molti studenti verso la materia, ma stupi-

sce ancor più il disinteresse di altri nella

frequenza delle lezioni in questione. Il

motivo è certamente la confusione: si

tratta, infatti, di un esame inserito in molti

dei corsi di laurea della facoltà; un’altra

causa si potrebbe individuare nell’odio

represso per la materia, cristallizzato e

consolidato dalla malcelata avversione nei

confronti della professoressa di storia del

liceo, la quale, magari, non ti ha mai con-

siderato un individuo, bensì un singolo

numero: 6 (meno).

Nell’aula B accade ben altro: le immagini

scorrono sullo schermo ed il professore

segue perfettamente un filo discorsivo, in

modo da far comprendere, anche ai meno

perspicaci, i meccanismi che regolano le

epoche, sbrogliando le matasse articolate

della storia. Segue a pag. 4

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4 AGORA’

Continua da pag. 3

Dalla fine delle rivoluzioni, alla nascita

della classe borghese, dai regimi totali-

tari alle lotte studentesche, dalle Guerre

Mondiali alla caduta del Muro. Sono argo-

menti complessi, spesso toccanti, che

fanno riflettere gli studenti sugli errori e

le grandi gesta dell’uomo.

Per combattere il “mitologico” disgusto e

rifiuto per la storia ci si dovrebbe limitare

a studiarla? Imparare tutte le date a memo-

ria? I nomi dei personaggi, delle battaglie

e delle istituzioni politiche? Ebbene no,

non basta. Anzi, serve ben altro. Per capire

profondamente la storia, occorre immer-

gersi nel passato, comprendere le ragioni,

individuare i punti cruciali, immaginare le

conseguenze, teorizzare soluzioni e magari

anche avere nostalgia di quelle epoche mai

vissute.

Ci sono svariati metodi per giungere a

quest’ approccio: ad esempio, in merito

alla storia degli anni ’60 e ’70, un modo per

avvicinarsi alle dinamiche di questi anni è

sicuramente l’arte. E qual è una delle forme

d’arte più vicina ai giovani? La musica.

“The House of The Rising Sun” suonavano

“The Animals”, rivoluzionando il rock spe-

rimentando nuove forme di ritmo; più

avanti John Lennon riuniva moralmente e

spiritualmente tutte le persone, con quelle

inconfondibili note al piano di “Imagine”,

un inno alla vita, ai sogni, all’eguaglianza

e soprattutto, alla pace nel mondo, ancora

malato e debole a causa delle Guerre

Mondiali. Nel frattempo, Jimi Hendrix spri-

gionava tempeste solari con la sua chitarra,

infuocando i cuori e i palchi. E Freddie

Mercury, che con la potenza della sua voce

raggiungeva i timpani dei più sordi can-

tando che noi “Siamo i campioni!” (“Whe

are the Champions”). Per non parlare dei

Sex Pistols che, con la trasgressione oltre i

limiti della decenza di Sid Vicious e l’istinto

di rivoluzione, hanno risvegliato i sensi e la

libido della gente. Gene Simmons svento-

lava i 16 cm della sua lingua con i KISS. In

Italia i Dik Dik sognano la California, Lucio

Battisti ironicamente, sdrammatizza una

storia d’amore finita con “Eppur mi sono

scordato di te”, i Nomadi annunciano che

“Dio è morto” ed Edoardo Vianello canta

l’estate con “Abbronzatissima”. Questi per-

sonaggi hanno lasciato un solco profondo

negli animi, celebrando diverse sfaccetta-

ture dell’essere: per questa ragione, coloro

che sono morti vivranno ancora e per

sempre. In questi anni, la musica emerge

quasi improvvisamente, esplode, propa-

gando onde che hanno fatto vibrare le

corde della mente e del cuore della gente.

E questa gente si è svegliata! Ed in pieno

Boom economico ha cominciato a muoversi

fisicamente e mentalmente. Questa è l’e-

poca della Beat Generation, in cui avere

un’opinione politica non era una moda per

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Dicembre 2012 5

ostentare una cultura inconsistente, come

oggi, ma era un modo per farsi sentire, era

un vero e proprio Credo, una ragione per

vivere e lottare contro le ingiustizie della

società.

Invece, che succede oggi? Oggi le idee sono

quasi “pericolose”: è matto colui che mani-

festa, è matto colui che pratica l’amore in

totale libertà, è un “figlio dei fiori” chi si

veste diversamente, è un delinquente chi

si oppone alle decisioni prese dall’”Alto dei

cieli”, è un eretico chi si ribella alle deci-

sioni spregiudicate della Chiesa. La libertà

e la spontaneità non sono più garantite

e difese come in quegli anni. Potremmo

definire gli anni ’60 e ‘70 anni con una

semplice massima:”Lottare per le proprie

idee, qualunque esse siano!”. Allora per-

ché non far progredire lo sviluppo delle

idee dei più giovani e non , per plasmare

una società nuova ispirata alla “spensie-

ratezza” ed alla libertà di quell’epoca?

Per iniziare questo percorso, basterebbe

sensibilizzare gli studenti non solo a pos-

sedere una cultura più ampia, ma anche a

far filtrare dalle loro teste e dai loro cuori

idee ed opinioni che farebbero esplorare

al prossimo nuovi punti di vista. È necessa-

rio l’impegno morale ed attivo attraverso

la scrittura, la militanza politica, manife-

stando interesse serio verso i problemi

della comunità a partire dal proprio piccolo,

ad esempio dalle questioni universitarie.

Per risolvere i problemi, bisogna affron-

tarli e non ignorarli, o sopportarli, spesso

con conseguenze molto negative. Genera

le tue idee e gli altri si ispireranno alle tue

per formarne di nuove, anche migliori e, si

spera, concretamente possibili.

Dunque, per iniziare ad allenare la propria

coscienza in vista di un cambiamento, è

veramente importante seguire le lezioni di

storia, invece di studiare soltanto dal libro:

da soli si potrebbe essere erroneamente

fuorviati da un pensiero che potrebbe

indirizzarci verso soluzioni alternative ed

irreali. La cosa migliore è farci guidare da

uno storico che, con oggettività e cultura,

possa farci esplorare altri meandri della

storia e avere l’opportunità di ricreare una

consapevolezza alternativa del passato, ma

in chiave più approfondita e chiara. Magari,

si risolverebbero fraintendimenti e illumi-

nerebbero punti cruciali precedentemente

oscurati dalla temutissima professoressa di

storia del liceo!

Il segreto è, quindi, non identificare la

storia con la figura della professoressa

o come la solita materia noiosa, studiata

e ristudiata negli anni di scuola: ricrea la

tua storia e la tua testa avrà mille nuove

domande sul passato, ma anche mille

nuove rispettive risposte sul tuo presente

e un aiuto per il tuo futuro.

Giulia Zappulla

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6 AGORA’

Curzio Maltese ricomincia dagli studentiL’editorialista di Repubblica a Roma Tre:«Meritereste

di più ma vivete in un mondo senza prospettive»

Curzio Maltese a Roma Tre. No, non è

uno scherzo: venerdì 16 novembre

nell’aula 25 della facoltà di Lettere e

Filosofia di RomaTre si è tenuto un incontro

con il giornalista di Repubblica. Tanti i temi

trattati nel corso dell’incontro: dalla libertà di

stampa in Italia, al DDL diffamazione (scaturito

dal Caso Sallusti), dall’avvento di internet e

dei social network, alle difficoltà di lavoro per

i giovani.

L’incontro con Curzio Maltese fa il paio con

quelli organizzati, sempre da RDS, insieme a

personaggi come Antonio Ingroia (3 ottobre)

e Maurizio Landini (21 novembre). È vero,

infatti, che siamo giovani e che «ce piace da

divertisse»; ma siamo anche - se non soprat-

tutto - futuri lavoratori (o almeno così si spera)

che hanno il diritto/dovere di conoscere il

mondo che ci circonda.

Nel corso dell’incontro, Maltese ha dimo-

strato di avere le idee piuttosto chiare. Come

quando parla del DDL diffamazione:«In Italia

abbiamo sempre avuto una cultura autoritaria

del potere: ecco spiegato il perché dei tanti

tentativi di imbavagliare la stampa, che negli

ultimi anni si sono succeduti con sempre mag-

gior frequenza. Questo DDL è da interpretare

in questo senso» Quanto al caso Sallusti (il

direttore de Il Giornale è stato condannato a

14 mesi di carcere per aver diffamato a mezzo

FACOLTA’

Page 7: Agorà numero 2 anno 1

Dicembre 2012 7stampa un magistrato ndr), Maltese dice:«È

triste pensare che in Italia si possa andare in

carcere per un articolo. Dubito che poi ci andrà

veramente, ma è il principio che non va bene.

Occorre però fare una distinzione: un conto

è il reato di opinione, cosa ben diversa è la

porcheria che un pasdaran del cattolicesimo

come Farina (che ha scritto l’articolo sotto lo

pseudonimo di Dreyfus) e Sallusti hanno pub-

blicato. Entrambi sapevano perfettamente

che le cose che stavano riportando erano

false e l’hanno fatto solamente per attaccare

un magistrato». Per la cronaca, Renato Farina

è attualmente un deputato PDL (all’epoca

dei fatti, giornalista sospeso dall’ordine per

essersi fatto corrompere dal SISMI. Fu radiato

qualche settimana dopo ndr), che scrisse un

articolo in cui commentava la notizia (falsa)

di un magistrato che avrebbe obbligato una

minorenne ad abortire. Lo scorso 26 set-

tembre la Cassazione ha sentenziato che la

notizia era già stata smentita da almeno quat-

tro dispacci dell’Ansa e che quindi la mancata

pubblicazione della smentita va interpretata

come una prova di malafede da parte dell’au-

tore; inoltre, vista la «non identificabilità

dello pseudonimo Dreyfus», ad essere con-

dannato è stato Sallusti, all’epoca direttore

di Libero. Farina, infatti, si è ben guardato dal

confessare la paternità dell’articolo almeno

fino al 27 settembre, giorno successivo alla

condanna definitiva, quando ebbe una botta

di coraggio tardiva, autoaccusandosi di aver

scritto l’articolo.

Maltese è poi voluto intervenire su internet:

«Recentemente sono stato accusato di essere

un conservatore solo perché ho espresso dei

dubbi su internet, che confermo tutt’oggi. Lo

utilizzo come tutti e mi piace. Negli ultimi anni

si sono scoperte tante cose grazie al web ma

la rete ha anche fatto passare tante stronzate

(dice proprio così). Inoltre sono sempre stato

un sostenitore della qualità, più che della

quantità: non è che se leggi 30 cose o ne leggi

3.000 in un giorno, ne sai di più. Anche per-

ché a un certo punto la soglia di attenzione

è quella…».

Per finire, Maltese ha voluto affrontare la spi-

nosa questione delle difficoltà dei giovani nel

mondo del lavoro: «Ebbi la fortuna di comin-

ciare a lavorare molto presto e all’epoca, pur

non guadagnando i miliardi, con il mio primo

stipendio riuscii a pagarmi comodamente l’af-

fitto. Ora per voi è veramente difficile: negli

anni mi è capitato di segnalare i giovani più

meritevoli (tra i tanti, Travaglio e Gramellini)

ma oramai ho smesso. Oggi, infatti, è tutto

diverso e molto più difficile: di ragazzi in

gamba ce ne sono davvero tanti, ma ora non

si ha né i soldi, né la voglia di investire su un

talento. Soprattutto per chi vuole fare que-

sto mestiere poi, le condizioni sono davvero

impossibili: 7-8 euro a pezzo quando va bene,

roba da matti! Ormai se non sei affermato o

una firma è veramente difficile, c’è poco da

fare.» Appunto. Andrea Cartolano

Page 8: Agorà numero 2 anno 1

8 AGORA’

Partigiani della DecrescitaL’economista Serge Latouche parla a Roma Tre

Per spontanea iniziativa degli studenti,

il 7 novembre l’aula magna di Lettere e

Filosofia ha potuto ospitare il professor

Serge Latouche, economista e filosofo fran-

cese, per diffondere le sue interessanti idee

sulla “decrescita” e sul “limite” (titolo del suo

ultimo saggio, edito Bollati Boringhieri).

Glissando sui convenevoli e le formalità dei

rettori, seguite dalla concisa e stimolante

introduzione di Giacomo Marramao, docente

di Filosofia e amico dell’ospite, la parola

viene data a Latouche che, letto il titolo della

conferenza (“Quale rapporto fra economia,

ecologia e filosofia? L’occasione della crisi”),

propone un interessante paragone tra la crisi

della medicina ippocratica, cioè il “momento

strategico che porta istantaneamente alla

guarigione o all’infermità”, e la crisi eco-

nomica, che dagli anni ‘70 ci paralizza in

un’ insofferente agonia mediante la ricetta

della “crescita”, del credito infinito e della

speculazione.

La strada della “crescita con crescita”, dice,

porta infatti alla scomparsa della civiltà

umana, finale ben mascherato da ciò che

continuiamo a chiamare “benessere”. La

strada della crescita senza crescita invece,

cioè la strada che il mondo occidentale sta

percorrendo, conduce all’austerità e quindi

alla disperazione. Quest’ultima strada è stata

fagocitata dall’economia a seguito dei pro-

cessi di globalizzazione successivi al 1989,

che hanno generato una società fondata su di

una triplice, apparente illimitatezza nonché

Page 9: Agorà numero 2 anno 1

Dicembre 2012 9un agghiacciante circolo vizioso: produzione

di beni, creazione dei bisogni e produzione

degli scarti. Se questo meccanismo va in crisi,

com’ è accaduto e continua ad accadere quasi

costantemente, e se il rilancio dell’economia

non viene foraggiato dalla spesa pubblica, la

via d’ uscita da quest’ingranaggio infernale

risulta impossibile da trovare.

Latouche spiega come, dagli anni ‘70, con la

prima crisi del petrolio, il capitalismo si sia

silenziosamente trasformato da manageriale

a finanziario, con l’obiettivo di speculare e

non di produrre, attraverso la creazione dei

famosi “fondi pensionistici” e del credito

Ninja (No Income, No Job, No Assets). Anche

se questi due strumenti non possono certo

essere ritenute le uniche cause responsa-

bili del crollo dei mercati economici e del

settore immobiliare, sono comunque testi-

monianze della “doppia truffa del capitalismo

finanziario”.

Ciò che Latouche vuole dimostrare, è che

esiste une terza via, quella della “decrescita”,

che inevitabilmente mette in discussione

tutto il sistema che governa gli equilibri eco-

nomici da 40 anni, ma che è anche l’unica via

a non condurre al collapse, come fanno invece

tutti gli altri scenari proposti.

Bisognerebbe, tanto per cominciare, capire

che la moneta deve servire l’uomo, non

renderlo servitore, che il libero scambio è il

protezionismo dei predatori, motivo per cui

Latouche considera, a ragione, ridicolo che

l’Unione Europea abbia ricevuto il Nobel per

la Pace, e infine, che il debito pubblico, come

tutti gli altri, non sarà mai pagato, e che i

Governi, semplicemente, fingono che sia pos-

sibile ripagarlo distruggendo il mondo del

lavoro e la vita delle persone, condannandoci

a vivere nell’ “Assurdistan”.

“Per uscire dalla miseria del presente”, dice,

“ occorre progettare degli orizzonti utopici”;

l’orizzonte che l’economista sceglie di deli-

neare durante la conferenza, rappresenta “un’

autarchia verde”, che possiede tre piedi di

base: la rilocalizzazione e la demondializza-

zione dell’attività economica, la riconversione

ecologica e la riduzione degli orari di lavoro.

Latouche confessa l’estrema difficoltà di

realizzazione del progetto, teoricamente

impeccabile, ma invita ad abbandonare il

pensiero che il mondo reale possa obbedire

a leggi matematiche, in quanto la matematica

è reversibile, il mondo reale no. Si dovrebbe,

invece, cominciare a cogliere la crisi come

occasione di stimolo della creatività e dell’in-

gegno popolare e la via della decrescita come

matrice di opportunità. Anche perchè, conti-

nua, nonostante non ci sia avuta l’occasione

di assistere alla caduta dell’impero romano,

il poter osservare quella del capitalismo

finanziario, per i giovani contemporanei, “è

un’esperienza fantastica”.

Coda di Lupo

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10 AGORA’

Esterofilia per caso: diario di una studentessa a Londra

L’Erasmus: il preludio

Partivo con una concezione un po’

distorta dell’Uk. Un po’ tutti bom-

betta e bastone, cielo grigio e un

immutabile aspetto signorile nei viali

spezzato dalla tipica black cab e da un

bus rosso vermiglio. Ma appena sono qui,

mi accorgo che è un po’ troppo diverso

da come l’avevo immaginato o mi era

stato ripetutamente dipinto. Mi spa-

venta quell’atmosfera viva e frenetica

ma allo stesso tempo mi ingoia come un

vortice. Chissà come sarà tra un anno,

chissà se mi ambienterò, chissà se sarai

mia Londra.“Your English sounds pretty

fluent” mi dice il tassista dopo avermi

analizzata dal retrovisore. Deve avermi

disegnata come la tipica turista spaesata

dagli occhi illuminati o chissà, come chi,

alla luce di una nuova esperienza, si

ritrova un milione di emozioni in viso.

L’erasmus era arrivato anche per me. Mi

chiedevo se fosse vera quella leggenda

che sostiene che sia un periodo fuori

dal tempo, una sorta di viaggio paral-

lelo tutto divertimento dopo il quale il

ritorno alla realtà è piuttosto duro. Ma

ero qui e non so per quale motivo sentivo

come impellente la necessità di vivere

ERASMUS

Page 11: Agorà numero 2 anno 1

Dicembre 2012 11quella città in tutte le sue sfaccettature

e conoscerne anche i minimi partico-

lari. Avrei avuto a disposizione un anno

intero per innamorarmi od odiare quel

posto ma già, a primo impatto, sentivo

un legame viscerale con quelle strade

davvero troppo ampie e quell’ordinata

confusione che sembrava così diversa

dalla mia Sicilia.

Arrivata agli alloggi respiro l’atmosfera

del college. Quanto a multicultutralità

di certo non mancavano nazionalità in

quei corridoi e lì da subito il sollievo

per essere stata l’unica italiana in tutto

il palazzo. Greenwich il villaggio. Qui

sembra che il tempo si sia fermato a

quando le strade erano piene di carrozze

e subito mi viene da ridere, ripensando

alla rumorosa Catania e mi stupisce

quel traffico muto che tanto riprende le

immagini di Sherlock Holmes. Ci siamo,

sono qui. Quel prato verde che mille

volte avevo visto su maps, lo riconosco.

Quello sarebbe stato lo sfondo di que-

gli intensi undici mesi che avevo tanto

aspettato. È il primo giorno e sono già

in riunione erasmus. Tedeschi, spagnoli

e una sfilza di francesi appena arrivati,

come me. Anche qui sono l’unica ita-

liana, sono stata graziata. Il gruppo c’è,

la voglia di conoscersi pure e subito ci

troviamo a bere nel bar studentesco.

Avremmo visto il centro il giorno dopo.

Tutto troppo grande, immenso e para-

dossalmentesemplice e a portata di

mano. Non ho mai percepito quanto

fosse grande quel luogo se non fosse

soltanto per il fatto di essermi ritro-

vata sempre in un quartiere diverso,

impiegando comunque lo stesso tempo.

Imparo subito e faccio mie le prime

zone. La mia familiarità con lo slang è

ancora incerta e I coetanei anglosassoni

mi guardano come se a parlar loro fosse

un accademico, ma davanti le prime due

Guinness, nessuno fa più caso a niente.

Un mese, due, tre. Mi sono innamorata.

Questo posto è la mia seconda casa e gli

amici che ho trovato sono una piccola

famiglia ormai. La pioggia non mi rattri-

sta nè ferma gli spostamenti. Mi piace

camminare sotto il temporale e, a mano

a mano, scopro che senza quel fragore

intenso, e quegli scuri ombrelli , quel

fascino sarebbe perso. Ho preso quell’in-

sulsa abitudine di bere il thé, che poi a

me nemmeno piace ma chissà , forse mi

rende cittadina di quel mondo in cui vor-

rei rimanere per sempre. Ormai anche il

terrore dei saggi è passato, e, mentre

aspetto ancora conferme sul mio piano di

studi, mi sento già una Londoner, chissà.

Chiara Larocca

Page 12: Agorà numero 2 anno 1

12 AGORA’

Realtà posticciaLa Storia che non si conosce

Chi è stato a uccidere John Fitzgerald Kennedy?

Lee Harvey Oswald? Jack Ruby? È stato veramente

un attentato terroristico quello che ha fatto crol-

lare le Torri Gemelle a New York l’11 Settembre

2001? Chi ha abbattuto il DC-9 dell’Itavia al largo

di Ustica? Un missile americano? Un missile ita-

liano? Non si sa, no comment. Nessuno lo sa con

certezza, o forse si, ma non ce lo dicono. La sag-

gezza popolare direbbe “chissà che ci sta dietro”.

No aspettate: c’è chi lo sa, o almeno crede di

saperlo. Esistono persone che di buona lena si

sono messe a spulciare, a confrontare, a doman-

dare e infine a trarre conclusioni il più possibile

sensate, perchè davanti a ciò che non si sa o non

si vede si può ipotizzare solamente, e perchè

soprattutto data l’ipotesi e la tesi, certe volte la

dimostrazione non si può avere. Nascono così, per

restare in ambito scientifico, le cosiddette “teo-

rie del complotto”, ovvero teorie che cercano di

dare una spiegazione ai fatti che una spiegazione

ufficiale, per motivi che variano e che non sono

“inquadrabili”, non ce l’hanno. Nel primo caso,

l’omicidio Kennedy, accaduto ormai quaranta-

nove anni fa, le teorie del complotto si sprecano:

i due punti principali sono che Oswald in realtà

sarebbe stato veramente un incapace nel tiro, non

potendo colpire una persona da quella distanza

(da un palazzo lungo la strada dove transitava il

“convoglio” presidenziale), quindi ci sono probabi-

lità molto alte che non sia stato solamente lui a

sparare. Inoltre il suo fucile sarebbe stato anche

APPROFONDIMENTI

Page 13: Agorà numero 2 anno 1

Dicembre 2012 13

abbastanza scadente, e le possibilità di uccidere

un uomo da quella distanza si riducono sempre di

più. Nel secondo caso invece i fili si aggrovigliano

molto di più. Nonostante anche persone come

Michael Moore si siano adoperate per trovare una

spiegazione logica ai famosi attentati, basandosi

su ricostruzioni di esperti e negando in tutto e per

tutto la versione ufficiale dei fatti e arrivando a

una conclusione condivisibile, le autorità ameri-

cane negano categoricamente. Ora, per la seconda

volta la saggezza popolare insegna che “la verità

sta nel mezzo”, ma possibile che sia andata

ESATTAMENTE come dicono le autorità e che gli

esperti (soprattutto ingegneri civili) che hanno

formulato la teoria alternativa della demolizione

controllata delle Torri abbiano tutti sbagliato in

modo così grossolano? Appunto, mistero. Le teorie

del complotto toccano invece anche una cosa che

è cara a moltissimi: la religione cristiana e in parti-

colare la sua figura prominente, Gesù. Ad esempio,

è opinione comune tra i complottisti che la figura

di Gesù non sia semplicemente mai esistita e che

sia frutto delle varie influenze e attività di uomini

esistiti a quel tempo. Non solo, la sua intera bio-

grafia sembra scritta sul perfetto calco di quella

di Horus, dio egizio figlio della vergine Iside e di

Osiride. Le somiglianze più curiose si osservano

quando si parla della sua nascita: Horus nacque in

una mangiatoia, dopo che un “angelo” lo annunciò

a sua madre, il venticinque di Dicembre. Vi ricorda

qualcuno?

Le somiglianze tra Gesù e Horus ovviamente

non finiscono qua, come anche non finiscono

qua i discorsi e i dibattiti sulla strage di Ustica e

sull’undici Settembre, sono stati scritti libri e girati

documentari (su tutti, in ordine di citazione: lo spe-

ciale di Blu Notte sulla strage di Ustica, Fahrenheit

9/11 e Zeitgeist) che ne parlano più approfondita-

mente, ma il bello del complottismo è l’estrema

curiosità con cui si vanno a cercare le proprie fonti:

la controinformazione passa anche da qua.

Valerio Petrella

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Siamo in cerca di nuove penne!

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Agorà è uno spazio di scrittura e confronto libero

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Page 14: Agorà numero 2 anno 1

14 AGORA’

Se non sento non compro Rubrica musicale

NEWTON FAULKNER

è un basker, recuperato dalle metropo-

litane di Londra che ha impressionato

le grandi case discografiche per il suo

“avanguardistico” modo di suonare la

chitarra: il ragazzo dalle lunghe trecce

riesce a pizzicarla e percuoterla con

spaventosa precisione e velocità. Per

le orecchie più fini non aspettatevi le

solite melodie da intellettuali smanicati,

c’è groove per tutti i gusti! Consiglio di

cercare le sue esibizioni live, nelle quali

è rigorosamente solo!

SHITDISCO

è una banda di quattro ragazzacci di Glasgow

che niente di meno hanno contribuito alla

nascita del genere musicale Newrave, insieme

ai Klaxons &co. Il loro sound assolda una voce

roca e un’orchestra di chitarre e tamburi da

combattimento, che per quanto violenta, fa

muovere i fianchi senza sosta! Non a caso

hanno musicato lo spot di una marca di birra

molto famosa, nonché da collasso..

Si, possiamo inquadrare gli Shitdisco come il

dancefloor più scabroso, e allo stesso tempo

fosforescente, da trovare in disco(teca).

MUSICA

Page 15: Agorà numero 2 anno 1

Dicembre 2012 15

BOBBY MCFERRIN

“Don’t worry be happy now!” Sicuramente

verrà ricordato alle grandi masse per questa

sua canzone ormai entrata nella storia della

musica, ma c’è molto di più: Bobby è uno

dei più grandi, se non il migliore, cantante/

improvvisatore jazz sulla scena. Invito tutti

a ricercare sul tubo i video sul suo conto,

solo così è possibile immaginare l’entità di

quest’artista. Non è proprio uno qualunque:

orecchio assoluto ed estensione vocale di

quattro ottave (Georgia Brown è un caso

a parte). Basta? No è anche direttore d’or-

chestra! Ormai è a tutti gli effetti consacrato

nella storia della musica come un mito.

Roberto Doğuştan

Hai dei problemi a Lettere?

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Segnalaci i tuoi disagi e proveremo a risolverli!

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