Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

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01 10 WWW.AGENDACOSCIONI.IT MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI, SOGGETTO COSTITUENTE DEL PARTITO RADICALE ANNO V NUM. 1 SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1 COMMA 2 DCB - BOLOGNA Direttore Rocco Berardo L’ideologia natalista ha impedito che il Vertice di Copenaghen sul clima prendesse in considerazione un fattore determinante della devastazione ambientale e sociale: la bomba demografica . Contro la sacralizzazione della riproduzione “naturale”, contro il controllo delle nascite autoritario e violento “alla cinese”, l’alternativa radicale passa per la libertà e responsabilità nel concepire, per un rientro demografico “dolce” nel segno della democrazia e dell’informazione, dei diritti della donna e della libera ricerca. Speciale pagg. 4-15 LA TRAGICAMENTE SCOMODA VERITÀ

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Agenda Coscioni - gennaio 2010

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WWW.AGENDACOSCIONI.ITMENSILE DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI, SOGGETTO COSTITUENTE DEL PARTITO RADICALE ANNO V NUM. 1

SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1 COMMA 2 DCB - BOLOGNADirettore Rocco Berardo

L’ideologia natalista ha impedito che il Vertice diCopenaghen sul clima prendesse in considerazioneun fattore determinante della devastazioneambientale e sociale: la bomba demografica. Controla sacralizzazione della riproduzione “naturale”, contro ilcontrollo delle nascite autoritario e violento “alla cinese”,l’alternativa radicale passa per la libertà e responsabilità nelconcepire, per un rientro demografico “dolce” nel segno dellademocrazia e dell’informazione, dei diritti della donna e dellalibera ricerca. Speciale pagg. 4-15

LA TRAGICAMENTESCOMODA VERITÀ

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Nel 2009 le iniziative dell’Associazione Luca Coscioni e dei radicaliin tutta Italia hanno consentito ai cittadini e alle associazioni dimobilitarsi senza dover passivamente assistere alla ratifica di unalegge contro il testamento biologico,voluta dalle gerarchie vaticane.Il Parlamento oggi ha di fronte non solo sondaggi opposti alla leggein discussione,ma anche la richiesta diretta da parte di decinedi migliaia di persone che chiedono di poter decidereautonomamente sulle scelte di fine vita.

COMUNI CON REGISTROSono 29 i comuni che in tutta Italia hanno istituito il registro. Molti sono i Comuni chestanno temporeggiando per evitare il voto, fra questi il Comune di Roma, dove sonostate consegnate oltre 8000 firme da parte della Cellula Coscioni. Per promuovere laraccolta nel tuo Comune: www.lucacoscioni.it/registrotestamento

29

NOTAI DISPONIBILISono più di 40 i notai, ma stanno aumentando di ora in ora, che hannodato la loro disponibilità attraverso le associazioni “Luca Coscioni” e “ABuon Diritto”, a titolo gratuito o con una spesa esigua, a autenticare ladichiarazione anticipata di volontà. L’Associazione Coscioni è in contat-to con molti di loro per un’autenticazione a prezzo simbolico. Per avereinformazioni inviare una mail ad:[email protected]

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TESTAMENTI BIOLOGICI

2IL PUNTOTESTAMENTO

BIOLOGICO

Tutti i numeri del BIOTESTAMENTO

Mentre il Regime prepara la legge CONTRO il Testamento biologico, continua la raccolta firme“Con Welby e Englaro, liberi di scegliere: Petizione al Parlamento per il Testamento biologico el'Eutanasia, per creare una rete di cittadini che vogliono resistere al potere clericale”. La raccolta avve-nuta finora con tantissimi tavoli in tutta Italia può essere firmata online alla pagina:www.lucacoscioni.it/petizioneeutanasia

FIRME PER L’EUTANASIA25000

Raccolti su una “Carta di vita” concepita dalle Associazioni “Luca Coscioni”e “A Buon Diritto” si tratta di “Dichiarazioni anticipate di volontà” sottoscrit-te da migliaia di cittadini e consegnate nelle scorse settimane anche alPresidente della Camera Gianfranco Fini. Su come fare per scrivere il tuo, vaialla pagina: www.lucacoscioni.it/cartadivita

3000

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3IL PUNTOTESTAMENTO

BIOLOGICO

ENTOI Comuni in cui è stata decisa l’istituzione del

Registro del Testamento BiologicoAlba (Cuneo) Approvazione del registro dei testamenti biologici ad Alba.Contatti: [email protected] (Potenza) Il neo sindaco, dott. Giuseppe Mecca, quale primo atto del-la sua consiliatura ha istituito il registro dei testamenti biolo-gici presso il proprio comune. È il primo comune della Basi-licata ad aver aderito concretamente all’iniziativa promos-sa dall’Associazione Luca Coscioni.Cagliari La giunta ha approvato la delibera che istituisce il registrodei testamenti biologici. Calenzano (Firenze)Il primo comune in Toscana ad istituire il registro dei testa-menti.CasertaIl Consiglio Comunale di Caserta ha approvato la mozioneche delega la Giunta ad istituire il Registro Comunale delleDichiarazioni di volontà.Cerveteri (Roma)È stato attivato presso il Comune di Cerveteri il registro deltestamento biologico grazie all'impegno dei cittadini e delgruppo consiliare Sinistra Arcobaleno.Conza della Campania (Avellino) Registro approvato grazie all’iniziativa della Cellula Coscio-ni di Salerno e Associazione Amici di Eleonora Onlus. Curti (Caserta) Registro approvato grazie all’iniziativa della Cellula Coscio-ni di Salerno e Associazione Amici di Eleonora Onlus.Firenze Approvata una delibera che prevede la raccolta della dichia-

razione. Genova

Istituito e funzionante il registro dei testamenti biolo-gici.Giffoni Valle Piana (Salerno)

Il Comune di Giffoni nella seduta consiliare del 9settembre, ha istituito il registro dei testamentibiologici per i cittadini residenti. Gradisca D’Isonzo (Gorizia)Comune: il Consiglio Comunale di Gradiscad'Isonzo ha deliberato, a larghissima mag-gioranza, l'istituzione del Registro dei Testa-menti Biologici. Contatti: Lorenzo Cenni [email protected] Spezia Varato registro testamento biologico.Lecco Il Comune di Lecco, grazie all'iniziativadella cellula coscioni locale, accetta diprotocollare i testamenti biologici pre-sentati da i cittadini e indirizzata al sinda-co.Grazie a questa iniziativa anche i co-muni della provincia di Lecco Calolzio-corte, Cernusco Lombardone, OlgiateMolgora, Osnago, e in provincia di ComoLurago D'Erba accettano di protocollare itestamenti biologici presentati da i cittadi-

ni e indirizzata al sindaco. Per maggiori informazioni contattare: Sergio

De Muro e Enrica Pianelli [email protected]

339 6903182Massa

Il Consiglio Comunale di Massa ha approvatola delibera per l'istituzione del Registro Comunale

dei Testamenti Biologici. Il testo lo potete trovarequi:

www.comune.massa.ms.it/?q=delibera/listaParete (Caserta)

Approvato il registro del testamento biologico.Pavullo nel Frignano (Modena)Approvata la proposta di istituzione del registro. Contatti: Bernardetta Graziani [email protected] Approvata delibera sia in Provincia che al Comune grazie al-l’inziativa della Cellula Coscioni di Pisa “Mauriana Pesaresi”. Polistena (Reggio Calabria) Attivato il registro del testamento biologico grazie all'impe-gno del segretario del locale circolo del Pd e consigliere co-munale Massimo Frana. Quarto di Napoli (Napoli) Registro già approvato.

Contatti: Cellula Coscioni di Salerno e Associazione Amicidi Eleonora Onlus, Mariangela Perelli,[email protected], Claudio Lunghini, [email protected] - X MunicipioAccetta testamenti biologici di tutti i residenti dell'intero ter-ritorio comunale.Roma - XI MunicipioAccetta solo testamenti biologici di residenti nel territoriodel municipio stesso.Santarcangelo di Romagna (Rimini)Istituito il registro del testamento biologico su iniziativa diuna lista locale civica.Torre Orsaia (Salerno) Registro istituito. Contatti: Cellula Coscioni di Salerno e Associazione Amicidi Eleonora Onlus, Mariangela Perelli,[email protected], Claudio Lunghini, [email protected] Consiglio comunale di Vicenza ha approvato a larga mag-gioranza con il voto favorevole di 21 consiglieri su 24 votan-ti ( 3 astenuti, nessun contrario) la mozione con la quale siimpegna il sindaco e la giunta ad aprire un Registro dei testa-menti biologici presso gli uffici del comune.Contatti: Cellula Coscioni di Vicenza, Rosalba Trivellin [email protected];

In attesa: Bologna Ha approvato un ordine del giorno in cui si dà mandato al-la giunta di predisporre la raccolta dei nominativi delle per-sone che hanno consegnato le loro dichiarazioni anticipatepresso i notai o la raccolta di un testamento biologico in bu-sta chiusa. RomaAl Comune di Roma presentata delibera di iniziativa popo-lare (8000 firme raccolte dalla cellula Coscioni di Roma).Contatti [email protected] Raccolte le firme per la petizione popolare; i notai della pro-vincia si sono offerti di registrare gratuitamente i testamenti.Contatti: cellula Coscioni del Friuli, Luca [email protected] Narni (Terni) Alle ore 21 di lunedì 30 novembre, il Consiglio comunale diNarni, con 11 voti a favore, 6 contrari e 1 astenuto, ha appro-vato la mozione presentata da Alfonso Morelli insieme a Fe-derico Novelli e Roberto Scorzoni, per l'istituzione del regi-stro comunale dei testamenti biologici.Terni Il Circolo radicale "Ernesto Rossi", l’UAAR di Terni e l’asso-ciazione Civiltà laica il 3 dicembre 2009 hanno depositatopresso la Segreteria generale del Comune di Terni la propo-sta di deliberazione consiliare volta all’istituzione del regi-stro comunale dei testamenti biologici, unitamente alle fir-me dei 400 cittadini ternani che l’hanno sottoscritta.MestreLa delibera è stata presentata a fine ottobre ed è in attesa. Inol-tre è stata presentata una mozione a prima firma Casson.Rimini La proposta è stata presentata e si discute in Gennaio. Ci sonoi numeri per farla passare; Ferrara - In attesa di discussione; AnconaL’8 gennaio verranno presentate le firme. Torino Raccolta firme della Cellula Coscioni di Torino con l’Asso-ciazione Radicale Adelaide Aglietta sulla delibera di iniziati-va popolare portata al voto con esito positivo. Ora deve esse-re varato e attivato il registro da parte dell’amministrazionecomunale.

La raccolta è in corso a:Amelia (Terni), Avellino, Bolzano, Brescia, Forlì, Maglie (Lec-ce), Marghera (Ve), Marina di Massa, Milano, Modena, Na-poli, Palermo, Perugia, Reggio nell'Emilia, Cavriago, Saron-no (Varese), San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) Tori-no, Udine, Verona.

Dove è stato bocciato: Trieste, Gorizia.

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l'obiettivo di un aumento massimo di temperatura globale sarà di 2 °C e ci si impegnaad attuare azioni, non meglio definite, che conducano al raggiungimento di questoobiettivo rispettando il principio di equità;

i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo devono compilare due distinte tabelle per leriduzioni di gas ad effetto serra al 2020, praticamente su base volontaria. Neanche iPaesi sviluppati assumono impegni vincolanti;

il flusso di finanziamenti a breve termine dai Paesi sviluppati a quelli più poveri sarà di30 miliardi di dollari per il periodo 2010-2012 e con l'obiettivo di "mobilitare congiun-tamente" 100 miliardi di dollari all'anno intorno al 2020, ma non si definisce né chi nécome verranno mobilitati questi finanziamenti.

Il non accordo di Copenaghen

Il 18 Dicembre 2009 si è conclusa a Copenhagen la Conferenza delle parti, al termine del ver-tice gli Stati Uniti hanno annunciato prima un accordo raggiunto con i Paesi emergenti: Cina,India, Brasile e Sudafrica. Per non rimanere con un nulla di fatto, tutti i Paesi industrializzatihanno approvato un testo più “light” rispetto ai testi della vigilia: un documento senza cifre sulCo2, ma solo sugli impegni finanziari (30 miliardi di dollari dal 2010 al 2012 e 100 miliardi l'an-no entro il 2020), senza vincoli legali e senza il riferimento al taglio delle emissioni del 50 percento entro il 2050. I Paesi che hanno sottoscritto l'accordo si sono impegnati a mettere periscritto gli impegni di riduzione dei gas a effetto serra per il periodo 2015-2020 entro il primofebbraio 2010.

L’accordo stabilisce che:

Fino a Copenaghen, il negoziato era sempre stato interamente gestito dalle Nazioni Unite, uti-lizzando le forme proprie della diplomazia: i documenti venivano elaborati all’interno dei poteri edelle responsabilità del Segretariato della convenzione o, se elaborati in gruppi ristretti, eranofatti propri dal Segretariato stesso.In questo caso, cinque paesi (Stati Uniti, Cina, India, Brasile e Sudafrica) hanno discusso, scrit-to e infine condiviso il testo finale, accettato anche da Europa e Giappone. La Conferenza delleparti si è limitata, alla fine dei suoi lavori, a prendere atto dell’avvenuto accordo – come si leggenella prima pagina del documento finale «the Conference of the Parties takes note of theCopenhagen Accord of 18 December 2009».

4OLTRECOPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

Darwin e la pulsione a riprodursiUNA LETTURA EVOLUZIONISTICA

GILBERTO CORBELLINI

Se Darwin, che nel 2009 è statocelebrato da quasi tutto il mon-do civile, aveva ragione, potreb-bero essere non agevoli le stra-de da percorrere per affrontareil problema demografico e, diconseguenza, contribuire a ri-durre l’impatto della presenzaumana sull’ecosistema plane-tario. Qualunque organismo vi-vente modula la propria pulsio-ne a riprodursi a seconda di co-me filtra gli stimoli ambientali,cioè in base a come la disponi-bilità di risorse, la mortalità e al-tri parametri ecologico-demo-grafici influenzano il consegui-mento dello scopo fondamen-tale per cui si viene al mondo.Che è quello di garantire, senzaaverne quasi mai la consapevo-lezza, la continuità della vita.Senza, peraltro, preoccuparsiminimamente di trovare unequilibrio con altre forme di vi-ta. Nel senso che ogni speciecerca comunque di occuparepiù spazio possibile, a menoche non entrino in gioco mec-canismi demografici che inne-scano delle limitazioni. Questavale per i batteri, così come perla specie umana.La teoria di Darwin dice, infatti,

che le popolazioni di organismiviventi vanno spontaneamenteincontro a modificazioni adat-tative, ovvero a cambiamentidella loro morfologia funziona-le che consentono un migliora-mento nell’uso risorse ambien-tali, come conseguenza dellaselezione naturale. Ma che cosaè la selezione naturale? Ebbene,nient’altro che il differenziale ri-produttivo che si stabilisce tragli individui di una specie inquanto ognuno è diverso daglialtri. Per cui le variazioni eredi-tarie che danno un vantaggio ri-produttivo aumentano di fre-quenza nella popolazione, inquanto i portatori lasciano unadiscendenza più numerosa.Parlando in modo più diretto, lariproduzione è il meccanismoche la vita utilizza per evolvere.Di conseguenza, il controllodella riproduzione in condizio-ni naturali serve ad assicuraremaggiori chance ai portatori digeni, cioè agli individui che viavia nascono, di raggiungere l’etàin cui possono a loro volta ri-prodursi. Tanto per fare qualcheesempio, il numero di figli cheuna femmina umana media-mente metteva al mondo, pri-ma che fosse inventata l’agri-coltura e iniziasse lo sviluppo

delle civiltà storiche, oscillavatra 4 e 6. Il periodo di feconditàveniva sfruttato completamen-te, dal menarca alla menopau-sa (ma rarissimamente le don-ne preistoriche vivevano fino al-la menopausa), e la mortalitàinfantile era simile a quella del-le altre specie di mammiferi ecioè dell’ordine del 20-30 percento. L’allattamento prolunga-to, l’aborto o l’infanticidio era-no normalmente praticati perevitare nuove gravidanze o esi-genze di accudimento, ovveroper garantire che un nuovo fi-glio venisse al mondo soloquando il precedente aveva cir-ca 4 anni, ed era relativamenteindipendente rispetto al movi-mento e all’assunzione.Le pratiche riproduttive e dicontrollo delle nascite usate dainostri antenati per almeno unmilione e mezzo di anni, nonerano certo il risultato di scelteconsapevoli. Si trattava bensì dicomportamenti selezionati dal-l’evoluzione attraverso i geniche contribuivano, in coopera-zione tra loro e sfruttando ilcontesto ambientale, a produr-re fenotipi vantaggiosi. Ne con-segue che, se sono disponibilirisorse e non cambiamo le va-riabili ecologiche e demografi-

MARCO PANNELLA

Un pasto che comprenda carne elatticini - secondo una recente in-chiesta della quale ha dato granderisalto, addirittura in prima pagina,il quotidiano francese Le Monde -equivarrebbe, in quanto a emissio-ni di gas serra, a 4.758 chilometripercorsi in automobile, rispetto ai629 chilometri di un pasto che fac-cia a meno di carne e latticini. LaFao calcola che il 18 per cento delleemissioni totali di gas serra sia do-vuto all’allevamento. E il consumomedio per un abitante del pianeta,oggi pari a 28 chili di carne l’anno,passerà a 37 chili nel 2030. Sononumeri –analogamente aquelli di altre realtà di “con-sumo” a forte impattoambientale da partedell’essere umano -che diventano signifi-cativi soprattutto allaluce del fatto che,come sostiene ilconsenso dei de-mografi, da qui aquarant’anni sa-remo più di 9 mi-liardi a vivere sul-la Terra. Eppure,a fronte di tuttoquesto, tanto ilprimo Al Gore(quello de “Unascomoda verità”per intenderci),tanto i leadermondiali riuniti aCopenaghen, pre-feriscono l’ostraci-smo e la censura. Quello che una par-te dominante del-l’umanità esprime èuna reazione an-tropologica dellaspecie umanache per millen-ni si era difesa eaffermata attra-verso la propriamoltiplicazione nume-rica. Così la forza del numero è sta-ta sacralizzata nel corso dei millen-ni. Da ciò deriva un terrore ance-strale dinnanzi all’evoluzione dellaspecie che invece è sempre più ca-ratterizzata dalla sua forza intellet-tuale e intellettiva, con la conse-guente valorizzazione della speci-fica fisicità umana che tende a faredell’amore, della sessualità, unacomponente fondamentale del-la felicità del vivere. Inclusa pro-prio la felicità di concepire lanuova vita, di non limitarsi a pro-crearla per e con istinto. Al concepire liberamente con intel-ligenza e responsabilità si rispondecon le sacralizzazioni “etiche” dimateriali processi biologici, che in-vestono in modo ossessivo game-ti, zigoti, embrioni, etc., attribuen-do loro – nella migliore delle ipote-si – “la dignità” di persone. In que-sto modo, tra l’altro, la religione cat-tolica annulla in modo manifestoquasi 2.000 anni di propria teologiache situava il momento della pienaanimazione soprattutto nel mo-mento della natalità assoluta, tanto

che solo per il nato c’era la possibi-lità di prendere i sacramenti. Anchein quasi un secolo di potere comu-nista sovietico, come d’altronde inaltri regimi totalitari, il richiamo alnecessario numero in nome dellanecessaria potenza si è imposto. Epoi quel richiamo, con la stessa vio-lenza autoritaria, si è precipitosa-mente convertito, nel caso del regi-me cinese per esempio, nella pre-dicazione della compressioneforzata dellenascite.

C’è unnesso profon-dissimo tra la grande as-senza di Copenaghen – quella del-la demografia, appunto -, e la pole-mica sulle questioni della cosiddet-ta “bioetica”. L’ideologia natalista,per intenderci, è la stessa dei fetici-sti dell’embrione di cui sopra, èespressione anch’essa di quel loroterrore per l’evoluzione della re-sponsabilità e della libertà. Un ter-rore ancora tanto vincente da met-tere in pericolo la vita del pianeta edell’umanità, che prende a bersa-glio grande parte dell’attuale antro-pologia umana assieme a noi radi-cali e liberali, d’altra parte tributaridella grande rivoluzione illumini-sta, liberale e relativista d’Occiden-te – che Amartya Sen rintraccia an-che nella storia di altre civiltà - chenon a caso, e in modo esplicito, vie-ne indicata dall’attuale ponteficecattolico come il demonio per ec-cellenza. Il nostro, tutto sommato,è un pensiero che guarda con fidu-cia alla capacità di scienza e co-scienza della specie umana, cheguarda ad essa legandola a sapere,intelligenza e saggezza, oltre che alrispetto dell’individuo sociale cheè la caratteristica di tante specieanimali e, segnatamente, di quellaumana.

LA TRAGICAMENTE “SCOMODA” VERITÀ

Da Al Gore al vertice di Copenaghen

Ma sviluppo economico, progresso scientifi-co, democrazia e istruzione hanno contribui-to ad abbattere la mortalità infantile, avviandola transizione demografica

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MARCO ERAMO

La questione demografica ha fattoil suo ingresso nel dibattito che hapreceduto la Conferenza di Cope-naghen nel momento in cui i pae-si emergenti, e in particolare l’In-dia, hanno sottolineato come la ri-partizione delle responsabilità neiconfronti dei cambiamenti clima-tici debba essere fatta guardandonon tanto al valore complessivo diemissioni prodotto dai diversi si-stemi economici nazionali, ma alloro valore di emissioni pro-capi-te. Un’impostazione di questo tipo èprofondamente sbagliata perchétrascura sia la ripartizione tra le di-verse forme di produzione di CO2sia la sostenibilità ambientale, so-ciale ed economica delle forme diuso delle risorse disponibili. Nonha senso, infatti, operare una ri-partizione pro-capite delle emis-sioni ignorando come nei paesiavanzati il cosiddetto carico inqui-nante sia l’esito ma anche il fattorealla base di un modello di vita checonsente di vivere in ambienti cli-matizzati e salubri e di spostarsi li-beramente. Diversamente nei si-stemi economici emergenti lastessa pressione sull’ambiente vie-ne esercitata in misura prevalentea fini industriali in assenza di mec-canismi in grado di ridistribuire ef-ficacemente la ricchezza prodottae di assicurare a larghi strati dellapopolazione la possibilità di eser-citare agevolmente i diritti fonda-mentali allo studio e al lavoro. Non è un caso che ciò che ha resodifficile anche la sottoscrizione diun accordo politico finale non vin-colante sia stata proprio la richie-sta da parte del Presidente Obamadi un sistema di controlli interna-zionali che renda trasparente e ve-rificabile gli sforzi che i singoli Sta-ti faranno per ridurre la pressionesull’ambiente dei rispettivi siste-mi socio-economici. Questa è la direzione giusta ancheper superare un approccio, quellodel Protocollo di Kyoto, in base alquale una coalizione di volentero-si si è data obiettivi e regole per ri-durre le proprie emissioni con il ri-sultato di incentivare ulteriormen-te il trasferimento - già in atto epropiziato anche da altri fattori -delle attività produttive a maggio-re impatto ambientale nei paesiche non avevano aderito all’accor-do e in particolare nei sistemi eco-nomici emergenti. Tutto ciò nonha determinato sensibili beneficisul clima e ha favorito, da una par-te, le grandi imprese che hanno in-cassato denaro pubblico riducen-do le emissioni di CO2 liberate nel-l’atmosfera dagli impianti localiz-zati nei paesi in cui vige il Protocol-lo di Kyoto o comunque una nor-

mativa più stringente in materiaambientale, e dall’altra le classi di-rigenti dei paesi emergenti chehanno visto crescere a grande ve-locità sia il loro PIL che le loroemissioni di CO2.Concedere ora a queste stesseclassi dirigenti la possibilità di ab-battere la loro responsabilità am-bientale dividendo le emissioniche producono per le loro ampiebasi demografiche sarebbe l’enne-sima grave beffa per le popolazio-ni di quei paesi. Quest’ultimi ve-drebbero, infatti, attribuito pro-capite il carico inquinante con-nesso alla ricchezza nazionaleprodotta che, al contrario, è e con-tinuerà a essere molto meno effi-cacemente ridistribuita (in misu-ra pro-capite) anche perché ri-spetto a essa la comunità interna-zionale non sembra chiedere, uni-tamente agli impegni in campoambientale, uno sforzo analogo eil più possibile interconnesso perrenderne più equo ed efficientel’uso.Per queste ragioni, obbli-garsi a ridurre leemissioni

è un passo avanti, ma è importan-te che nel ridisegno dei meccani-smi di computo e di controllo deglisforzi da fare - sui quali Obama hagiustamente concentrato l’atten-zione irritando la delegazione ci-nese - siano tenute in considera-zione non solo e non tanto leemissioni inquinanti quanto leprestazioni socio-economiche eambientali che i diversi sistemieconomici sapranno assicurare.Ragionando in questi termini saràpossibile, infatti, sollecitare tutti ipaesi a costruire bilanci economi-ci integrati all’interno dei quali sisia tenuti a dimostrare non solola capacità di ridurre le emissionitotali prodotte (e non quelle pro-capite), ma anche e soprattuttodi impiegare in modo virtuoso ilvalore economico connesso alcarico inquinante che si conti-nuerà necessariamente aprodurre.

5OLTRECOPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

ne a riprodursi

Vertice di Copenaghen:La demografia c’è... purtroppo

POPOLAZIONE E CLIMA

Una ripartizione pro-capite delle emissioni premia lacaratura demografica dei paesi e non l’impiegosostenibile della ricchezza prodotta

che che stimolano a ripro-dursi, una popolazione con-tinua a crescere. Il parametroche la demografia ha identi-ficato come collegato con iltasso di natalità e con la fe-condità, è il tasso di mortalitàinfantile. Nel senso che finoa quanto rimane elevato iltasso di mortalità infantile,quello di natalità e quindi lafecondità rimangono ancheelevati. Mentre l’abbatti-mento del tasso di mortalitàinfantile è seguito dopo uncerto periodo dalla riduzio-ne del tasso di natalità e del-la fecondità. Il traguardo sa-rà una condizione di cresci-ta zero della popolazione, edopo qualche tempo, aquanto sembra, una ripresadella crescita. In questo mo-do le cose sono andate intutti i paesi dove si è verifica-ta la cosiddetta transizionedemografica.Ma che cosa ha determinatol’abbattimento del tasso dimortalità infantile? Molto ba-nalmente, lo sviluppo econo-mico consentito dal progres-so scientifico e tecnologico,grazie a cui sono migliorate lecondizioni sanitarie e l’orga-nizzazione politica della so-cietà è evoluta verso la demo-crazia. La storia dell’occiden-te, per il momento, insegnache l’incremento del benes-sere e del livello medio diistruzione, grazie ai migliora-menti sociali che si portanoappresso, danno luogo a scel-te riproduttive più consape-

voli. Anche nei paesi che piùrecentemente hanno rag-giunto determinate condi-zioni di benessere economi-co, un adeguato livello di alfa-betizzazione e una qualitàaccettabile di democrazia, lasituazione demografica mi-gliora. Così come è dimostra-to che il successo dei tentatividi introdurre programmi dipianificazione familiare neipaesi in via di sviluppo e piùpoveri, dipende significativa-mente dalla condizione del-l’istruzione delle donne.Si potrebbero esaminare di-verse altre variabili che pos-sono entrare in gioco, sempreper motivi di natura biologi-co-evolutiva, nello sfrutta-mento delle opportunità chediverse situazioni demografi-che rappresentano sul pianodelle dinamiche di governopolitico della società. Come,per esempio, come le religio-ni o le tradizioni morali. Nonè un caso che le religioni cheaspirano ad assumere un pe-so politico nelle società uma-ne siano contrarie a tutti gliinterventi di pianificazionedelle nascite. Ma questo te-ma aprirebbe un diverso or-dine di discorsi.

Gilberto Corbellini è il co-presidente dell’AssociazioneLuca Coscioni. Ordinario diStoria della medicina al-l’Università La Sapienza diRoma e collabora anche conil Sole 24 Ore.

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6OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

Prudenza vorrebbe di non sperimentarele “capacità di carico” del pianeta

SOVRAPPOPOLAZIONE MONDIALE: QUESTIONI POLITICHE ED ETICHE

ANDREA FURCHT

La situazione demografiaPer sottolineare la drammaticitàdella situazione demograficamondiale, non occorrono lunghidiscorsi: basta un’occhiata all’an-damento della popolazione uma-na negli ultimi secoli (Fig. 1).Stiamo giocando con grandezzeenormi: gli incrementi da un mi-liardo di uomini, pari a quelli ac-cumulati dalla comparsa dell’uo-mo all’inizio dell’Ottocento, sisusseguono a distanza di pochianni. È tuttavia vero che ormai laspinta non si deve tanto all’alta fe-condità del momento, quanto al-l’inerzia demografica. Possiamosperare che dalla metà del secolol’umanità si stabilizzi intorno ainove miliardi. Sempre che ci si ar-rivi senza troppi danni. (...) Vi so-no dunque tre strade per preveni-re un collasso sistemico. Nessunodovrebbe contestare l’afferma-zione che quella migliore sianoinnovazioni mirate a conteneregli sprechi, che permettano diconseguire lo stesso livello di pro-duzione a costi ambientali mino-ri. Poi però si arriva al dilemma difondo, se ridurre i consumi procapite oppure la popolazione. (...)

Fame e sovrappopolazioneLa FAO ha concluso alcuni mesi fai suoi lavori di Roma con un so-lenne documento che neppurenomina la questione della so-vrappopolazione; omissionequesta piuttosto comune e dovu-ta al desiderio di non mettere i po-

veri sul banco degli imputati; maper quanto biasimare la vittimanon sia affatto cortese, occorre di-re chiaramente alcune cose. Chiritiene che puntare l’indice con-tro l’alta fecondità sia cinismomalthusiano, mette in rilievo co-me i diseredati non abbiano nullada perdere e quindi non frenino lapropria riproduzione: il miglioranticoncezionale sarebbe lo svi-luppo. Osservo tuttavia che le ci-fre in gioco, con una popolazioneche sfiora i sette miliardi, sonotroppo elevate per confidare in

soluzioni strutturali di questo ge-nere: aspettare la modernizzazio-ne economica rivela un fatalismoche chi sostiene questa tesi nondimostra su altre questioni, qualila lotta alla povertà.

Per combattere la fame, è fonda-mentale ridurre le nascite neiPaesi più poveri e fecondi. Questoper almeno cinque motivi:

- secondo la teoria della transizio-ne demografica, il ritardo nella di-scesa della fecondità è dovuto adun mero sfasamento temporalerispetto a quella della mortalità:quindi un’opera di pura informa-zione non farebbe che assecon-dare un mutamento che è nell’or-dine delle cose, agevolando que-sto passaggio cruciale;

- una struttura per età più equili-brata propizia migliori condizio-ni di vita per coloro che nasceran-no; (...)

- l’alta fecondità perpetua la su-bordinazione della donna, per-ché la lega a ruoli prevalentemen-te familiari; ne è d’altra parte an-che un sintomo;

- l’alta fecondità in queste popo-lazioni esaspera gli squilibri in al-meno tre modi:• se la parte più povera di una col-lettività si riproduce di più, le dif-ferenze di reddito tenderanno adallargarsi; se sono i ricchi a farlo, cisarà una tendenza al riequilibrio; • mantiene la deformazione ver-

so il basso della struttura per età:continueranno ad esserci troppigiovani, con la conseguenza chesarà difficile fare scendere le na-scite anche negli anni a venire;• una società giovane, per tal mo-tivo afflitta da particolari difficoltàdi inserimento nella vita econo-micamente attiva, ha più proba-bilità di essere anche una societàviolenta;

-nei contesti più disperati, moltedelle nascite prevenute si tradu-cono in mancati decessi precoci.

Controllo delle nascitePossiamo distinguere tre posizio-ni contrarie, la prima libertaria, lealtre all’opposto prevalentemen-te vicine all’ortodossia religiosa: 1. deve essere riconosciuta la li-bertà più totale di procreare: tan-to più preziosa, quanto inerentead una sfera non solo intima, madi profondo valore esistenziale; 2. il principio di sacralità della vita,di norma limitato a quella uma-na, ne afferma l’intangibilità; diper sé non si tratta di una con-troindicazione specifica contro ilcontenimento della popolazione,ma può essere inteso nel suo sen-so più lato: non solo riguardo allevite già in essere, ma anche auspi-cando si concretizzi il maggiornumero possibile di quelle future; 3. controllare le nascite sarebbeuna manipolazione indebita del-la Natura, che nella visione dellaChiesa vale l’«ordine da Dio stabi-lito». Esiste una curiosa analogiatra questa impostazione e quella,per contro incline al controllo del-le nascite, che tende all’adorazio-

ne della Natura. Vi è invece con-trasto tendenziale con quella ba-sata sulla libertà (...).

Utilitarismo e popolazioneSe il principio è quello della dife-sa della libertà personale, difficilenon concordare; questo però nonpreclude la strada ad un’azione dimaggiore informazione nelle po-polazioni che non praticano an-cora diffusamente il controllo del-le nascite: a dispetto di quanti labollano come intrusione neoco-lonialista, la libertà di scelta neverrebbe esaltata. Inoltre, ed è unpunto fondamentale, si trattaquasi sempre di decisioni di cop-pia e non di un individuo isolato:può quindi ben essere che vi sia-no divergenze interne. Al principio della sacralità dellavita si contrappone, di fatto, quel-la della ricerca della felicità: si trat-ta dell’utilitarismo, che postulacome finalità la maggiore soddi-sfazione per tutti. Quando però sideve decidere della dimensionedella popolazione, si pone unproblema particolarmente spi-noso, perché è l’unico caso nelquale si fa rilevante la distinzionetra utilità totale e utilità media:una collettività più grande contie-ne infatti un maggior potenzialedi felicità, perché sono in maggiornumero gli individui che possonoprovarla. (...)

La posta in gioco è ancora altaDal punto di vista degli anda-menti demografici, in un certosenso i buoi sono già scappati: iltasso di incremento mondiale èin discesa ed anche la fecondità si

Per combattere la fame è fondamentale ridurre le nascite nei Paesi più poveri e fecondi.I buoi sono già scappati, ma c’è ancora spazio per accelerare il declino della fecondità

Chi èAndrea FurchtNato a Milano nel 1958, si laurea con lode in Economia al-l’Università Bocconi. Svolge attività didattica nei corsi di demografia dell’Uni-versità Bocconi (dal 1985 al 2006) e dell’Università di Tori-no (dal 2002). Autore di relazioni a convegni e pubblicazioni scientifichesu temi anche di confine della ricerca sulla popolazione:trattazione matematica delle funzioni di sopravvivenza,storia del pensiero demografico, aspetti economici e so-ciali dell’immigrazione, interpretazione statistica del pre-giudizio, rapporti con sociobiologia ed etica (molti testisono scaricabili dalla pagina web: http://www.furcht.it/andrea.htm

Dal 2005 collabora con l’associazione Rientrodolce.

Population of the world, 1950-2050, according to different projection variants Fonte: Population Division of the Department of Economic and Social Affairs of the United NationsSecretariat (2007). World Population Prospects: The 2006 Revision, Highlights. New York: UnitedNations.

Per alcuni il miglioranticoncezionalesarebbe losviluppo, ma aspettare lamodernizzazioneeconomicarivela fatalismo

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7OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

sta abbassando in quasi tutti iPVS; il problema è oramai rappre-sentato principalmente da strut-ture per età sbilanciate: l’inerziademografica rende difficile con-tenere la natalità a breve-mediotermine. C’è ancora spazio peraccelerare il declino della fecon-dità: la posta in gioco è alta, anchepiccoli scostamenti percentuali sitraducono in centinaia di milionidi individui alla data fatidica del2050, cui si riferiscono le previsio-ni demografiche mondiali. Passa-re dallo scenario medio a quellobasso (di quello alto non voglioneppure parlare) fa una bella dif-ferenza per l’umanità (Fig. 6).La situazione internazionale saràcaratterizzata da popolazioni gio-vani e quindi più aggressive, increscita ed in preponderanza nu-merica, oltre che prevedibilmen-te governate da regimi dittatoria-li. Nei PSA la situazione è opposta:preoccupa la struttura per età pe-ricolosamente invecchiata inconseguenza del brusco calo del-la fecondità degli ultimi decenni,ora peraltro in lieve recupero (for-se dovremmo chiamarlo assesta-mento). Questo contrasto, in uncontesto di crescente competi-zione per risorse sempre più scar-se e di rottura degli equilibri tra lepotenze, anche per effetto dellademografia, potrebbe costituire ilquadro ideale per il deflagrare digravissimi conflitti internaziona-li. Sarebbe quindi importante at-

tenuare i crescenti squilibri de-mografici con le altre aree del pia-neta, oltre a quelli interni dellastruttura per età.

Esiste uno scenario da sognoper il nostro futuro?Penso di sì, anche se non è affattodetto che si avveri: quello in cui lafecondità di tutti i popoli conver-ga in tempi realistici verso un va-lore inferiore, ma non di troppo,alla soglia di rimpiazzo; mante-nendosi a lungo su questi livelli siavrebbe un decongestionamentoprogressivo del totale degli abi-tanti, pur con qualche controin-dicazione parziale (ad esempiorelativa all’invecchiamento). Es-senziale anche l’indicazione cheritroviamo nelle pieghe del mo-dello IPAT, quella di uno sviluppotecnologico (a sua volta favoritodalle risorse che vengono daun’economia sana) orientato adun oculato impiego delle risorse.Questo aiuterebbe a perseguire losviluppo economico, spesso rifiu-tato con atteggiamenti luddistici,senza trasformarlo in una follecorsa all’esaurimento della soste-nibilità del sistema. Già un principio prudenziale im-porrebbe di non sperimentarequale sia la reale capacità di cari-co del pianeta: se superata, po-trebbe innescarsi una catastrofeirreversibile; questa considerazio-ne basterebbe da sola a giustifica-re un’azione di contenimento di

popolazione e consumi. Inoltre,perché non diluire nel tempo gliarrivi dei nascituri su questo

mondo? Meglio fare ordinata-mente la fila per venire al mondoprendendo il nostro numerinocome all’ufficio postale, evitandocosì di affollarci sgomitando erendendoci la vita difficile a vicen-da. Una scelta, questa, resa piùagevole dal fatto che gli individuifuturi, essendo solo ipotetici, pos-sono non venir conteggiati nelcalcolo felicifico; un’opzione cheapparentemente cozza contro leimpostazioni basate sullo «svi-luppo sostenibile»: un ragionevo-le compromesso è quello di pre-parare un mondo che non sacri-fichi le generazioni future, calco-landole in un ammontare demo-graficamente realistico ma so-prattutto conciliabile con un fa-vorevole assetto economico-am-bientale. Non solo una questionedi calcoli, si dirà, ma anche di im-pegno operativo in questo senso,limitando la fecondità. Risulta così implicitamente di-chiarata la mia preferenza nellaquestione che abbiamo lasciataaperta: quale tipo di utilità rende-re massimo? L’utilità totale o quel-la media? Facile la risposta, se si ri-tiene la vita un’occasione per es-sere felici e rendere tali gli altri, enon una sorta di corvée al servizio

di un principio astratto, divino omeno. Questo afferma ancheMill, nelle pagine dedicate allo

stato stazionario:“Non è bene per l’uomo esseresempre costretto a subire la pre-senza dei suoi simili.(...) Se la bel-lezza che la terra deve alle cose ve-nisse distrutta dall’aumento illi-mitato della ricchezza e della po-polazione, al semplice scopo didare sostentamento a una popo-lazione più numerosa, ma nonmigliore o più felice,allora io spe-ro sinceramente, per amore dellaposterità,che i nostri discendentisi accontenteranno di essere inuno stato stazionario molto pri-ma di trovarsi costretti ad essodalla necessità”.

*Per gentile concessione di Maria-no Giustino Editore. Questo arti-colo (pubblicato parzialmente) ètratto da:"Diritto e Libertà",liberarivista di politica transnazionaledi inizaitiva radicale, n. 16 (dic.2008),p.86-110.

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SPECIALEDEMOGRAFIA

Vi scrivo da un ospedale del Sudan…

NATALITÀ E CONTRACCEZIONE

Il neonatologo spiega come il momento della nascita sia fondamentale per parlare e offrire metodi contraccettivi, perché innanzitutto è un momento di gioia e inoltre è facile far capire alle donne il rapporto con il loro corpoMICHELE USUELLIMedico specialista in pediatria,iscritto all’Associazione LucaCoscioni

Per cinque anni della mia vitami sono occupato di neonati inpaesi in via di sviluppo tra Mala-wi, Cambogia e Afghanistan. Inquesto momento lavoro in uncampo di “internally dispacedpeople” alla periferia di Khar-toum, Sudan. Sono il responsabi-le di un ambulatorio pediatricoche accoglie madri e bambiniprovenienti dagli angoli più di-sparati di questo enorme paese,rifugiati in capitale per sfuggire aguerra e miseria. Uso qualche ri-ga per dare un po’ di informazio-ni su che cosa succede ai neona-ti nel mondo. I Millennium Deve-lopment Goals (gli obiettivi del

millennio, ndr) rappresentano ilpiù grande impegno della societàcivile e politica al mondo per la ri-duzione della povertà e della pro-mozione della salute. Impegniufficiali e formali, ambiziosi enon notiziabili, tra cui la riduzio-ne dei 2/3 della mortalità deibambini sotto i 5 anni dal 1990 al2015. I molto dispendiosi e lentiprogetti di salute di base, che ri-calcano la filosofia di Alma Atadel 1978 (dove si tenne la Confe-renza Internazionale sull'assi-stenza sanitaria primaria, ndr),gestiti dai ministeri della sanitàdei paesi con i più alti tassi dimortalità infantile, in collabora-zione con gli enti donatori, negliultimi venti anni hanno portatoal risultato di una riduzione di1/3 della mortalità dei bambinisotto i cinque anni. Rimane inva-riato - e quindi percentualmentemolto più significativo - il tasso dimortalità nelle prime quattro set-timane di vita. La prima informa-zione che voglio lasciarvi è cheormai il 40 per cento di tutti ibambini che muoiono nel mon-do sotto i cinque anni (9 milioni)muore nel primo mese di vita.Quindi questo target, i primi 28giorni di vita (periodo neonatale),sono sicuramente l’area a più al-to rapporto costi beneficio per lariduzione del numero di mortinel mondo. La gestione del neo-nato malato, nel villaggio, nelcentro di salute, nell’ospedale diprovincia e financo nell’ospeda-le di riferimento nazionale è an-cora, molto spesso, una praticaminimamente conosciuta.

Molti neonati ricoverati nonpossiedono neppure una cartel-la clinica. Per chi ritiene la con-traccezione e aborto diritti delladonna e della famiglia (pur sem-pre, da operatori umanitari e nonda politici, nel rispetto minuzio-so delle leggi vigenti nei vari pae-si), garantire la piena titolarità deidiritti umani al neonato fino dalsuo primo respiro è essenziale.

I paesi che sono gravati daipiù alti tassi di mortalità sonoquelli del Sud-Est asiatico e del-l’Africa Sub-Sahariana. Le causepiù diffuse di mortalità nel perio-do neonatale sono tutte o quasimalattie facilmente curabili. Ibambini che nascono prematurio di basso peso hanno una mor-talità alta a fronte di interventinutrizionali banali che potrebbe-ro migliorarne drasticamentel’outcome. Lancet, la più autore-vole rivista scientifica al mondo,si occupa di sopravvivenza neo-natale nei paesi in via di sviluppo(neonatal survival in developingcountries) ormai dal 2003. Esisto-no gruppi di lavoro che hannoanalizzato quali siano gli inter-venti a maggior cost/effective-

ness per la riduzione del tasso dimortalità neonatale consideran-do il miglior uso delle risorse pos-sibili, nello spirito della dichiara-zione dei diritti civili e politi deicittadini. Sono stati individuatidiciotto interventi (tra ante par-tum, pre partum e post partum)che hanno ottenuto il punteggiodi massima evidenza scientifica.Quelli che riguardano il mio lavo-ro (post parto) sono: un’adeguatarianimazione neonatale, promo-zione dell’allattamento al seno enutrizione del neonato pre-ter-mine, prevenzione dell’ipoter-mia, la Kangaroo Mother Care ela gestione delle polmoniti neo-natali. Interventi a bassissimo co-sto, dal punto di vista dell’impat-to economico, e a grandissimoimpatto in termini di neonatalsurvive. Per essere molto chiari esufficientemente cinici (per so-pravviere), in paesi poveri, non ci“interessano” i neonati sotto i1000 grammi di peso alla nascita,o quelli che necessiterebbero diventilatori meccanici neonatali.Io mi sono occupato e mi occupo

di gestire progetti di neonatologiaa livello ospedaliero in paesi invia di sviluppo e osservo che in-terventi di neonatologia - i pochiadesso proposti a livello di comu-nità internazionale - sono inter-venti quasi escusivamente com-munity based (a livello villaggio).Gli ospedali provinciali (circa2.000, 3.000 parti anno) ed i gran-di ospedali nazionali (10.000 -12.000 parti l’anno), non ne sonotoccati.

La rivoluzione di Alma Ata del1978 giustamente sposta l’atten-zione sulla sanità di base e sulladecentralizzazione, e va benissi-mo per il bambino sotto i cinqueanni, ma se il 40 per cento di tut-te le morti sotto i 5 anni avvienenel primo mese di vita, centri disalute e ospedali devono dotarsidi strumenti di base per la gestio-ne del neonato, già titolare di di-ritti. Significa adeguati protocol-li, farmaci ed equipment (pocaroba e poco costosa) e la presen-za di medici, infermieri ed oste-triche in numero che non gridivendetta al cospetto di dio (?).

Il primo problema di moltis-simi paesi africani è certamentela carenza di risorse umane; leuniversità sono spesso pubbli-che, laureano pochi medici e po-chi infermieri all’anno che peròpartono tutti. In Malawi si diceche ci sono più medici del Mala-wi a Manchester che in tutto ilpaese. Quando ho lavorato lì, treanni fa, i medici erano meno di100 in tutto il paese (!) per una po-polazione di 16 milioni di abitan-ti. È lo stesso numero di medicirimasti in vita in Cambogia nel1979, ma il Malawi è uno statoche non ha mai sperimentatoguerre o purghe. Il fenomeno delbrain drain (fuga dei cervelli) po-liticamente deve essere governa-to perché ci sono paesi del NordEuropa ricco che hanno bisognodi medici e prendono coloro chearrivano dai paesi poveri, senzache nessuno si prenda la respon-sabilità di dover pensare a quan-ti restano ad operare in quei con-testi. Sia in Malawi che in Afgha-nistan, negli ospedali dove ho la-vorato come responsabile dei re-

I paesi ad altamortalitàmaterno-infantile sonosempre paesi adaltissima fertilità.Il tasso di fertilitàtotale africano ètra 5 e 6: tutte ledonne in etàfertile hanno inmedia 5bambini. Suquesto aspettoc’è una grandetrascuratezza daparte di quasitutte le Onglaiche e unatrascuratezzascientificamentevoluta da partedelle Ongreligiose

Studi a livello locale suggeriscono che nelmondo una percentuale compresa tra il 10 e il 40 per cento delle giovani donne nonsposate ha vissuto l’esperienza di unagravidanza indesiderata.United Nations Population Fund, 2003

Sono almeno 201 milioni le donne che nelmondo vorrebbero poter ricorrere a forme di contraccezione, ma non hanno nessunaccesso alla stessa. E la domanda dipianificazione familiare aumenterà del 40per cento nei prossimi 15 anni.United Nations Population Fund, 2009

La capacità di scegliere la misura dellapropria famiglia è un diritto umanofondamentale. Ma la mancanza di accessoalla pianificazione familiare vuol dire che milioni di persone nei paesi in via disviluppo non hanno questo diritto.Leo Bryant, Organizzazione Mondiale della Sanità, 2009

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9OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

parti di neonatologia, siamo riu-sciti ad ottenere tassi di mortalitàdi 30 su 1.000, il 3 per cento, incondizioni di basso livello di tec-nologia. A fronte di tassi di mor-talità neonatale stimata nei duepaesi rispettivamente di 70 e 90su 1.000. Quindi se i progetti ven-gono implementati, anche senzaavere respiratore neonatale, maad esempio agendo sulla gestio-ne del distress respiratorio delneonato, erogando ossigeno eantibiotici, si riesce ad abbatterela mortalità attribuibile a patolo-gie respiratorie neonatali. Quelloche si conosce essere efficacenon viene implementato.

La lista di farmaci che io ave-vo a disposizione nell’ospedalematerno infantile in Afghanistan,gestito da una nota organizzazio-ne italiana, erano: ossigeno, am-picillina, gentamicina e ceftriaxo-ne (quindi tre antibiotici), feno-barbital, glucosio al 10 per centoe al 50 per cento, sodio, cloro, po-tassio, aminofillina e vitamina K.E come equipment: lettini riscal-danti per rianimazione neonata-le, maschere e palloni per venti-lazione manuale, ossigeno, mac-china per aspirare con sondininasogastrici, qualche incubatri-ce, pompe siringa e lampade perfototerapia. Igiene estrema egrande organizzazione del lavo-ro. Disciplina e gentilezza. Ed unnumero decente di medici ed in-fermiere afghane. Le donne arri-vano ogni mese in maggior nu-mero a partorire in sicurezza nel-la valle del Panshir. La mortalitàmaterna per il parto tra quellemura è zero.

I paesi ad alta mortalità ma-terno infantile sono sempre pae-si ad altissima fertilità. Il tasso difertilità totale africano è tra i 5 e i6, questo vuol dire che tutte ledonne in età fertile hanno in me-dia 5 bambini. Esiste una grandetrascuratezza da parte di quasitutte le organizzazioni non go-vernative laiche, esiste una tra-scuratezza scientificamente vo-luta da parte delle organizzazio-ni religiose, sia cattoliche che isla-miche, sulla gestione della con-traccezione e le politiche di birthspacing. A parte alcuni rari mis-sionari che non ritengono il Diodi Roma sempre d’accordo con ilDio della Foresta. Il momentodella nascita è fondamentale per

parlare e offrire metodi contrac-cettivi, perché innanzitutto è unmomento solitamente di gioia edinoltre è facile far capire alle don-ne che il suo corpo ha bisogno diriposarsi, di “rifocillarsi” prima diriprocreare. Gli studi scientificihanno abbondantemente accla-rato che è sano per il corpo delladonna attendere almeno due an-ni tra una gravidanza e l’atra, so-pratutto in contesti di malnutri-zione. Questa è la essenza delbirth spacing, ed è un messaggioche deve essere offerto e che è fa-cile da capire ad ogni livello dieducazione. Il non parlarne conle donne non è bene, al massimoè assenza di male. Si parla tanto,tra papi ed africanisti, di condomin Africa, ma mai di pillola con-traccettiva o iniezioni ormonali alento rilascio, legatura delle tubee vasectomia. I protocolli dei pae-si vanno rispettati, nessun opera-

tore umanitario pretende dicambiare le leggi, compito di so-cietà civile e politici. Ma forse visorprenderà che spesso le legisla-zioni non sono il problema. E’ le-gale in Sudan abortire, se la gravi-danza mette in pericolo la salutedella donna; è legale in Afghani-stan la legatura delle tube, cosìcome sono previsiti dal sistemasanitario di quel paese tutti i me-todi contraccettivi. Lo stesso inMalawi e Cambogia, solo per ci-tare paesi dove ho lavorato, edunque ho visto e quindi lo so. Inogni contesto dove ho lavorato,quando il sistema di family plan-ning (pianificazione famigliare)viene proposto, c’è una non affat-to bassa percentuale di donne ecoppie che richiedono il servizio,se esso è offerto. E financo mam-me che portano le figlie a richie-dere il servizio. Nella mia espe-rienza il momento della nascita è

un momento ottimale per ag-ganciare la donna e la famigliacon l’offerta di questo servizio. Iprogetti rimangono sulla cartaperché molti donatori non sonointeressati ad occuparsi di questoargomento.

Che fare? Cosa potete farevoi? Provo a trarre da tutto ciòuna proposta politica: i donato-ri sono quelli che decidono co-me vengono scritti i progetti(donor driven), quindi ad esem-pio il Ministero degli Affari Este-ri italiano o l’Unione Europeapuò decidere che, siccome l’epi-demia HIV è un problema prio-ritario, tutti i progetti di coope-razione (anche quelli non sani-tari) devono avere attività di pre-venzione o educazione HIV. Co-me criterio per poter essere pre-sentato. Ergo, sarebbe decenteche i progetti che si occupano disana maternità comprendesse-ro tutta la sana maternità, quin-di anche la pianificazione fami-liare. Per intenderci, non do-vrebbe poter essere presentatoun progetto che si occupi inmaniera puntiforme di visite al-le donne incinte, senza che cisiano attività di offerta di piani-ficazione familiare con i meto-di regolamentati dal ministerodella sanità di quel paese. Se-gnalo un rapporto della BancaMondiale del 2007, che ho tro-vato sul sito dell’associazioneRientro Dolce: tra le 182 milionidi gravidanze annue nei paesiin via di sviluppo, 76 milioni ri-sultano non volute con intervi-ste fatte su campioni rappre-sentativi. Di questi 76 milioni, il66 per cento è costituito dadonne che non avrebbero volu-to il figlio, ma al momento dellaprocreazione non usavano al-cun mezzo di protezione. Quin-di esiste a livello di villaggio unproblema di difficoltà nell’ac-cesso agli strumenti contrac-cettivi, una resistenza da partedegli enti donatori, non soloquelli religiosi, a introdurre neiloro progetti di maternità sicu-ra le attività di pianificazionefamiliare. Concludo con unafrase del Dalai Lama: “Il con-trollo delle nascite è necessariosemplicemente perché siamo 6miliardi di abitanti”. Gente diCopenhagen, teniamone con-to.

LA RICERCA DELLA LONDON SCHOOL OF ECONOMICS

La pianificazione familiare è la tecnologia più verde che c’èDisinnescare la bomba demo-grafica, secondo una ricercadella London School of Econo-mics, costituisce la via più effi-cace e conveniente per limitarele emissioni di gas serra. Lo stu-dio di cui stiamo parlando èstato pubblicato nell’agosto2009 da alcuni ricercatori delcelebre ateneo londinese, ecommissionato dall’OptimumPopulation Trust, un think tankinglese che da anni cerca di va-lutare l’impatto della crescitadella popolazione sull’am-

biente. Secondo gli autori, con7 dollari spesi nella pianifica-zione familiare (o family plan-ning) si possono ridurre di unatonnellata le emissioni di CO2. Per abbattere i gas serra nellastessa misura (1 tonnellata),servirebbero invece 24 dollarinel caso dell’utilizzo di energiaeolica, 51 dollari per l'energiasolare (fotovoltaica) e 57-83dollari per il carbone con cat-tura e immagazzinamento del-la CO2. Il controllo delle nasci-te dunque – ovviamente di tipo

non coercitivo, come dichiara-no gli stessi ricercatori, e intesocontemporaneamente comeun processo di condivisionedell’informazione, tutela dellasalute riproduttiva e diffusione

della contraccezione – sarebbeanche “una condizione neces-saria, anche se non sufficiente,per la risoluzione dei problemicausati dal riscaldamento cli-matico”, si legge nelle conclu-sioni della ricerca. Nel 1992, d’altronde, già le isti-tuzioni internazionali, e in par-ticolare l’Unicef, erano arrivatia conclusioni simili: “La piani-ficazione familiare può porta-re maggiori benefici a un nu-mero più ampio di persone, adun costo minore rispetto a

qualsiasi singola tecnologiaoggi disponibile per la specieumana”. Non vale solo per il cli-ma, ma in generale per il con-sumo eccessivo di risorse na-turali e tutte le sue conseguen-ze.

@pprofondisciLo studio dell’Optimum PopulationTrust, in versione integrale, lo puoitrovare sul nostro sito:www.lucacosconi.it/optimum

Per diminuire diuna tonnellata leemissioni di gasserra, bisognainvestire 24dollari in energiaeolica e 51 nelsolare. Ma con 7dollari spesi ininformazione,contraccezione etutela dellasalute si ottienelo stesso risultato

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CECILIA BEVILACQUA

“La crescita della popolazione nondovrebbe essere vista come un proble-ma esclusivamente femminile, do-vrebbe essere visto in un contesto e inuna conformazione sociale moltochiara”; “noi oggi possiamo risolvereil 40% del problema climatico prati-cando un’agricoltura ecologica,con laquale potremmo produrre più cibo,sicurezza per il mantenimento dellepiccole famiglie e darci una salutepubblica”;“una democrazia dove in-cludiamo tutti i modi di essere delpianeta e esercitiamo le nostre re-sponsabilità e diritti, come un liberosenso della terra.” L’autore di questeparole è una grande economista eambientalista indiana,Vandana Shi-va.Pungente,ma con un tono pacato,da rendere tutto ciò che dice gradevol-mente non scomodo. Il popolo dellaTerra e la democrazia della vita,il tito-lo della conferenza che l’ha ospitata eteatro di quest’intervista che lei stessami ha concesso.

Secondo l’ultimo Rapportodel Fondo delle Nazioni Uniteper la Popolazione, la cresci-ta della popolazione è unadelle variabili che incide sulcambiamento climatico, inparticolare nei Paesi in via disviluppo (PVS) come l’India.Qual è, secondo lei, la giustadirezione parlando di donnee diritti riproduttivi?

Credo che il Fondo della popola-zione identifichi la crescita dellapopolazione nei PVS come unproblema, è evidentemente fuo-ri posto rispetto alla situazione difatto. Il cambiamento climatico ècausato dai carburanti fossili. Ipoveri nel terzo mondo non vivo-no in una fossil fuel economy, lorovivono in quella che io chiamobio mass economy. Quindi è laquestione dell’abuso dei carbu-ranti fossili il problema della po-polazione che è necessario in-

stradare.

Ma qual è secondo lei la stra-da più corretta che le donnedovrebbero seguire, vista laloro responsabilità quando siparla di crescita della popo-lazione?

Prima di tutto parlerei di crescita odecrescita della popolazione pro-porzionalmente a come è strut-turata una società. In Italia, an-che se sei a Roma, una città cat-tolica, la popolazione sta dimi-nuendo, non per il Papa, ma peril costo di riprodursi. Avere figli,pagare per i loro vestiti superfluie per tutto quello che si acquista,è troppo costoso. Nel terzo mon-do la verità è l’opposto, i bambi-ni sono tutto ciò che hanno le fa-miglie povere. Quindi quandotutto ti è portato via, dalla terraalle tue abilità economiche e seiriversato nelle strade, il numeroaumenta, perché è una necessi-tà economica. In questa ottica lacrescita della popolazione nondovrebbe essere vista come unproblema esclusivamente fem-minile, dovrebbe essere vista inun contesto e in una conforma-zione sociale ben definita.

Per esempio?

Uno stato dell’India che ha unacrescita della popolazione negati-va è lo stato del Kerala e nello statodel Kerala le persone riconosconoche i bisogni fondamentali devo-no essere garantiti, le persone de-vono avere la terra, l’educazione ela salute, incluse le donne. Comerisultato di questo, la popolazionescende perché c’è sicurezza. Lacrescita della popolazione è unsintomo di insicurezza economi-

ca, quindi a meno che non indiriz-zi la questione come un problemadi giustizia economica, se ne fai diun problema di gravidanze, comeun disagio, necessiti di interventitecnologici, uno in più, come lepillole contraccettive, non otterraimai niente perché in primis avraiviolato i diritti riproduttivi delledonne come succede sempre neiprogrammi di controllo della po-polazione negli stati, e secondonon sarà efficace.

Parlando di ambien-te e progresso.L’India si ca-ratterizza perinnumerevolip r o b l e m iambientali,dalla defo-restazionealla biodi-versità. Leiche cosa nepensa diquelle nuovetecnolog ieche si defini-scono pulite? Omeglio, può se-condo lei, il pro-gresso tecnolo-gico risol-vere

i problemi ambientali?

Dunque, il problema è che lo Sta-to dell’India sta seguendo lo svilup-po che si basa sui carburanti fossili.Quindi la soluzione è spostarsi daitragici carburanti fossili alle energierinnovabili. Alcune di queste sonoantiche tecnologie indiane, alcunesono nuove tecnologie come la so-lare e l’eolica. Quindi in conclusio-

ne, l’opzionedei non

10OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

ANNALISA CHIRICO

Non solo contraccezione. Fattosalvo il diritto universale di sce-gliere se e quando riprodursi, di“esplosione di salute”, preferisceparlare Nicholas Eberstadt, esper-to di economia politica e demo-grafia dell’American EntrepriseInstitute; perché l’incremento de-mografico del Ventesimo secololo si deve principalmente alla ri-duzione della mortalità infantile.Non è un caso che il secolo in cuila popolazione mondiale è qua-druplicata (da 1,6 a oltre 6 miliar-di di persone) abbia registrato nelcontempo un’“esplosione di pro-sperità economica” senza prece-denti. Una popolazione più in sa-lute ha un potenziale produttivomaggiore, e su questo potrebbe ri-scattarsi il Continente africano.Secondo uno studio della Har-

vard Initiative for Global Healthl’Africa vive la transizione demo-grafica tipica dei Paesi attualmen-te avanzati: un abbassamentograduale del tasso di fertilità uni-to a un aumento della speranza divita. Esiste oggi in Africa il fulcro diuna potenziale classe media ope-rosa e produttiva. Quella borghe-sia, che in Europa ha fatto la Rivo-luzione Industriale facendo quin-tuplicare il Pil procapite mondia-le tra il 1900 e il 2003 (le stime diAngus Maddison, economistadell’Ocse), potrebbe trasformarela transizione in “dividendo de-mografico”, se solo sovrana fossela Legge, e non l’arbitrio di gover-ni corrotti.Il Ventesimo secolo, secondoEberstadt, confuta il too manypeople argument. Monaco, conuna densità di popolazione quasiquaranta volte quella del Bangla-

desh, ne è l’esempio eclatante.Non è vero che in più si sta peggio.Dipende dalla tecnologia e dalleconoscenze a disposizione.A chi rivendica la capacità di ab-bassare a livello internazionale itassi di natalità attraverso “politi-che mirate”, Eberstadt ribatte chesi tratta di una mera illusione per-ché le parental choices sono im-prevedibili (a meno che non si vo-glia ricorrere alla coercizione distato). Lo dimostrano i dati dellaBanca Mondiale sul rapporto trafertilità e utilizzo di moderni con-traccettivi: tra le donne sposate dietà compresa tra i 15 e i 49 anni,per esempio, il tasso di utilizzo deicontraccettivi era più alto nellaWest Bank e a Gaza nel 2004 chein Bulgaria nel 2008 – eppure iltasso di fertilità totale era quattrovolte più basso nello stato balca-nico. Sulle scelte riproduttive in-

fluiscono modi di pensare indivi-duali e collettivi. L’io e il clan.Peter Bauer, economista unghe-rese scomparso nel 2002, fa un ul-teriore passo avanti tracciandouna relazione tra la “razionalitàdemografica” e gli stadi di benes-sere economico. In molti Pvs unfiglio è un’assicurazione per lapropria vecchiaia e fonte di forzalavoro; in aggiunta, i costi di un fi-glio in più sono solitamente bassie condivisi all’interno della comu-nità locale. Ne segue che le perso-ne preferiscono famiglie numero-se. La tendenza di solito si invertea stadi di sviluppo (e di benesse-re) più avanzati, quando i costi diun figlio in più eccedono i relativibenefici.A dispetto di quanto sostengono“gli uccelli del malaugurio”, così lidefinisce Bauer, spesso l’aumen-to dei redditi si è accompagnato a

una rapida crescita demografica,come nell’Europa del XX secolo oin alcune regioni povere (Malesia,Kenya, Brasile, Messico) dopo laSeconda Guerra Mondiale. L’em-powerment della donna, ovverola crescita delle sue potenzialità,ha bisogno di apertura al mondoesterno, soprattutto all’Occiden-te, per determinare un cambia-mento volontario in quegli atteg-giamenti e in quelle abitudini, chedanneggiano lo sviluppo econo-mico; in questo modo le personesceglieranno di fare meno figlisemplicemente perché lo trove-ranno più vantaggioso per sé. Re-sta poi un quesito sullo sfondo. Sepure la profezia si avverasse, sia-mo sicuri che non potremmo sfa-mare più teste? Parafrasando Ju-lian Simon, le risorse umane sonoinfinite, soprattutto se lasciate li-bere di creare.

Contro gli “uccelli del malaugurio”TESI A CONFRONTO

Secondo economisti come Eberstadt e Bauer, la tecnologia può disinnescare gli effettipiù deleteri della sovrappopolazione e lo sviluppo economico è il vero antidoto alleconseguenze negative dell’esplosione demografica

Non è un problema di gravidanze ma digiustizia economica

INTERVISTA A VANDANA SHIVA

Con una intervista esclusiva a Agenda Coscioni,l’economista e ambientalista indiana, indicanell’insicurezza economica il fattore chedetermina la crescita demografica

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11OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

fossil fuels energy ha un granderuolo e un sistema di produzio-ne non ne è dipendente. Il miolibro si chiama “Soil not oil” eparla di questo; noi oggi possia-mo risolvere il 40% del proble-ma climatico praticandoun’agricoltura ecologica , con laquale potremmo produrre piùcibo, sicurezza per il manteni-mento delle piccole famiglie edarci una salute pubblica. Per-ché non risolviamo il problemain questa direzione, piuttostoche bisticciare sopra un 5%?

Parlando di economia, l’In-

dia dagli anni ’80 ha mo-strato tutto il suo shining, èquarta al mondo in terminidi Prodotto Interno Lordo.Lei non crede che questaveloce crescita possa peg-giorare la situazione am-bientale? E se si, non sareb-be meglio seguire una poli-tica di decrescita alla SergeLatouche o si sente più vici-na allo sviluppo sostenibile?

L’India in verità non è shining,per le tribù che sono state de-fraudate, per le fattorie che sonostate derubate, per i bambini af-famati.. il consumo di cibo nelperiodo di splendore dell’Indiaè caduto dai 170 Kg ai 150 kg,ogni indiano ha perso 20 Kg dicibo per rincorrere questo mo-dello. Ora i dati mostrano che 25indiani sono diventati miliarda-ri e controllano un quarto del-l’economia indiana. Quest’ulti-mi abusano della democrazia,schivano le leggi ogni giorno efanno girare le fattorie e le tribù;luoghi dove c’è da lottare pernuove leggi quando il governoprende la terra dalle personecon la forza e la concede nellemani di questi miliardari, che larivendono per un super profit-to, agli investitori internaziona-li, etc.., quindi l’India è prosciu-gata, la vera India è prosciugata.Le madri che non possono dareda mangiare ai loro figli in lacri-me, le tribù che non voglio darela loro terra per il carbone, pian-gono, quale sarebbe la via perandare avanti? Sono appenatornata dal Budan, dove ho con-sigliato il Primo Ministro in unaconferenza perché il Budannon crescerà per il PIL o dalPNL, ma crescerà per il gross

domestic happiness e tutti i pas-si che farà li misurerà in terminidi che cosa rende felici le perso-ne, e la felicità non è prodottadalla crescita, ma dal mondonaturale, dalla cultura, da checosa andiamo fieri, dalla comu-nità, dalla cura e dalla compas-sione gli uni verso gli altri. E l’in-tera nazione ha fatto il cambia-mento, quindi credo che non siaun problema di decrescita, ladecrescita è un bene per i paesiche hanno, vorrei la ricetta delladecrescita dei cento miliardari,ma non per i proprietari india-ni, già mangiano e bevono po-co, per questo non voglio la de-crescita. E lo sviluppo sosteni-bile è un termine troppo ambi-guo. Mi piace il focus che il Bu-dan ha posto su questo, loro sisono focalizzati sulla felicità eil benessere delle persone, lavia più semplice è quella piùdiretta.

Come immaginerebbe unaipotetica rivoluzione am-bientale, in India e nel mon-do?

Immagino una democrazia do-ve includiamo tutti i modi diessere del pianeta e esercitia-mo le nostre responsabilità ediritti, come un libero sensodella terra.

In particolare per i paesisviluppati?

Per tutti, per ciascuno. Ciascunoha bisogno della democrazia. Ilmondo industrializzato ha biso-gno di questo per ricordarsi cheè parte del pianeta, il terzo mon-do ha bisogno di questo, cosi ipoveri hanno i loro diritti.

Immagino unademocraziadove includiamotutti i modi di essere delpianeta eesercitiamo le nostreresponsabilità e diritti, come un libero sensodella terra

INFORMAZIONE E RIPRODUZIONE

Per il ministro indiano la televisione può diventarela nuova “pillola”TINA SANTORO

Le Nazioni Unite hannoavvertito che la popolazio-ne mondiale - almeno 6,7miliardi di persone - rad-doppierà nei prossimi 40anni se la crescita rimaneincontrollata. Le NazioniUnite nello specifico si sonorivolte all'India, dove il nu-mero di persone - un mi-liardo e diciassette milioni -sta crescendo dell’1.6 peranno, e hanno detto chel’esplosione demograficapotrebbe esacerbare pro-blemi come carestie, malat-tie, lotta per le risorse.Ci attendiamo decine dimilioni di bocche in più dasfamare, di bambini damandare a scuola e di per-sone che hanno bisogno diuna casa in quei paesi chehanno meno capacità diprovvedere a tutto ciò. Qua-li soluzioni ha messo a pun-to il governo indiano per farfronte a questo enormeproblema? Pillola contrac-cettiva? Preservativi? Unapolitica simile a quellaadotta dalla Cina? No, spe-rano di mettere freno allaloro popolazione con la te-levisione, secondo la storiariportata dal London Times. Nella parte rurale dell'Indiadove la natalità è alta, moltepersone vivono in case sen-

za l’elettricità. Il Ministrodella Salute e del WelfareGhulam Nabi Azad ha chia-mato la nazione a raddop-piare i suoi sforzi per porta-re l'elettricità alla popola-zione rurale, in questo mo-do le persone possono se-dersi davanti al televisore eguardare fino a notte inol-trata le soap opera piuttostoche fare sesso. «Se c’è l'elettricità in ognivillaggio le persone posso-no guardare la Tv fino a tar-da notte e poi addormen-tarsi», dice Azad. «Quandonon c’è elettricità non c'èaltro da fare se non procrea-re bambini». Aggiunge:«Non pensate che quelloche sto sostenendo sia dipolso leggero. Sono serio.La televisione potrebbeavere un impatto sorpren-dente. Si tratta di un grandemedium per affrontare ilproblema. L’ottanta percento della crescita dellapopolazione può essere ri-dotta attraverso la Tv».Secondo il Times, il Mini-stro si è appellato ai canalidella televisione indianaper provvedere ad una altaqualità dei programmi, so-stenendo che un allettantecontenuto potrebbe offrireun alternativa notturna diintrattenimento.

JAY FORRESTER

In questa discussione sul cambia-mento climatico e sulla buona re-putazione della scienza vi sonodue grossi elefanti nella stanza dicui molto pochi si occupano.Questi sono la crescita della po-polazione e l'aumento della pro-duzione industriale procapite. Ilcambiamento climatico è soloun sintomo di queste due forzetrainanti. Gli esperti di Dinamicadei Sistemi dovrebbero sapereche occuparsi dei sintomi è per-dente. Tuttavia i sintomi sonopiù visibili ed è più facile chiama-re a raccolta la gente a lottarecontro i sintomi, e, in questa si-tuazione richiamare l'attenzionesulle reali cause sottostanti nonè politically correct.Con le due potenti forze che cau-sano la domanda eccessiva sul-

l'ambiente, ormai fuori controllo,non c'è quasi speranza di poterannullare i sintomi. Inoltre, l'at-tenzione sui sintomi tipo il cam-biamento climatico, la fame, lapenuria di acqua, le guerre per ilterritorio, etc, conduce erronea-mente le persone a credere che cistiamo occupando del futuro.Una delle caratteristiche di un si-stema complesso è quello dicondurre le persone a combatte-re su scelte politiche che hannoscarsa influenza nel determina-re un cambiamento. Cito alcunelinee del mio articolo “Apprende-re attraverso la dinamica dei si-stemi come preparazione per il21simo secolo”: “I sistemi com-plessi differiscono dai sistemisemplici in un altro modo. Nei si-stemi semplici le politiche perottenere risultati migliori sonoovvie e funzionano. Per evitare di

bruciarsi le dita su una stufa sitengono le mani lontane dallastufa. Ma nei sistemi complessile politiche apparentemente in-fluenti hanno spesso effetti mol-to scarsi. Quando mi capita diparlare a gruppi di business exe-cutive chiedo quanti di loro han-no avuto l’esperienza di affron-

tare un problema serio, metten-do in atto azioni per correggere lasituazione, per scoprire cinqueanni dopo che non c'è stato alcunmiglioramento. La maggior partealza la mano. Forse chi legge haavuto la stessa esperienza nel set-tore dell'educazione. La qualitàdell’educazione è stata severa-

mente criticata, molti educatorihanno cercato rimedi, e spessopoco è cambiato. Io credo cheuna percentuale molto alta, dicia-mo il 98%, delle politiche in un si-stema (complesso NdT) hannoeffetti molto scarsi nel determina-re un cambiamento. Semplice-mente non hanno peso”.

I due elefanti: popolazione e produzioneTESI A CONFRONTO

Il cambiamento climatico, la penuria di acqua, la riduzione di biodiversità, e la crisienergetica sono “sintomi”; le cause della malattia si chiamano Sovrappopolazione eaumento della produzione industriale pro-capite

Chi èJay ForresterJay Forrester è il padre della dinamica dei sistemi e l'ispiratore del gruppo che nel 1970 redasse iLimiti dello sviluppo per il Club di Roma di Aurelio Peccei

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12OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

La grande sfida: gestire la popolazione e il suo “impatto”

COLLOQUIO CON I DEMOGRAFI GOLINI E BILLARI

Mirella Parachini. Il vertice diCopenaghen può essere letto an-che alla luce di un aspetto specifi-co, trascurato dai grandi riuniti inDanimarca, che è quello della de-mografia. Ad Antonio Golini, pro-fessore al Dipartimento di scien-ze demografiche dell’Universitàla Sapienza di Roma, e FrancescoBillari, professore di demografiaall’Università Bocconi di Milano,chiedo innanzitutto: il dato de-mografico è una variabile che haun impatto fondamentale sulconsumo delle risorse, eppure iltema, a Copenaghen, è rimastofuori dalla porta. Perché?

Golini. Il tema della popolazioneè un tema che si lega indiscutibil-mente a quello ambientale, quin-di a quello dei consumi. Però larelazione è complessa perché, perfare un solo esempio, in Italia ab-biamo circa 23 milioni di famigliee abbiamo circa 35-36 milioni diautomobili. Allora da dove attac-chiamo il problema del rapportotra popolazione e ambiente? Dalpunto di vista delle famiglie chefacciamo? Le falcidiamo, e come?Oppure diminuiamo le automo-bili? Oppure le cambiamo, nelsenso che le rendiamo ecologica-mente compatibili? Mi sembrache nel mondo occidentale noi cisiamo cacciati in una trappolache è quella che se diminuiamocerti consumi, va a picco l’econo-mia e quindi va a picco la società;se li manteniamo va a picco l’am-biente. La via di uscita non puòche essere quella di arrivare aconsumi più moderati, ma so-

prattutto più compatibili. Quindiinvestire, per quanto riguarda leautomobili, più sui consumi dimetano o elettrici, anche se poiper produrre elettricità ci vuoleun’altra forma di energia. L’altropunto necessario è fissare l’obiet-tivo di lungo termine, nel sensoche non si può passare da un mo-mento all’altro, da un anno all’al-tro, da un certo tipo di consumiad altri che siano pienamentecompatibili dal punto di vista am-bientale, perché, ripeto, l’econo-mia rischia di crollare e allora neva della società e della popolazio-ne. Quindi fissare obiettivi di lun-go termine e gradualmente avvi-cinarsi a quegli obiettivi. Da que-sto punto di vista, mi pare che laconferenza di Copenaghen, co-munque sia stato un successo:uno, perché ha sollevato in ma-niera clamorosa in tutto il mondoe presso tutti i governi presenti aCopenaghen il problema am-bientale; due, ha fissato nel lungoperiodo degli obiettivi.

Parachini.Una delle critiche fat-te è questi documenti non sonopoliticamente vincolanti…

Billari.Sul fatto che le conclusio-ni non siano vincolanti, questa èla situazione ormai della stra-grande maggioranza degli orga-nismi internazionali. Tornandoalla domanda sulla posizione del-la demografia nella conferenza,diciamo che ci troviamo in unmomento storico un po’ partico-lare; alla fine degli anni 60 e l’ini-zio degli anni 70 c’era infatti una

fortissima centralità della demo-grafia nella discussione sull’im-patto ambientale e sul consumoenergetico. Quelli erano anche glianni in cui la popolazione a livel-lo mondiale cresceva a livello piùveloce rispetto a tutte le epochestoriche. Dopodiché la velocità diaccrescimento è calata; ora stia-mo ancora crescendo ma siamopiuttosto sicuri che la popolazio-ne del mondo a un certo punto –durante questo secolo – inizierà adiminuire. Però non è necessaria-mente il numero di persone checonta, quello che conta è la distri-buzione di persone tra paesi ric-chi e poveri, con i rispettivi livellidi consumo. Altro aspetto daprendere in considerazione per-ché rischioso è che con il calo del-

la popolazione aumenta la pro-porzione di famiglie. Molti deiconsumi che prima erano condi-visi in famiglie più numerose, ini-zieranno a essere condivisi in fa-miglie più piccole. E quindi ci sa-ranno più automobili, più frigori-feri, e questo è il potenziale ri-schio di impatto ambientale. Aparità di popolazione, famigliepiù piccole vuol dire più frigorife-ri.

Parachini. Una delle cose checolpisce chiunque si interessi del-la questione è questa: si è passatida una previsione abbastanza ca-tastrofiste a una specie di rassicu-razione opposta. Ora siamo tuttirassicurati perché invece dei 15miliardi di persone previste, si

prospetta che queste saranno so-lo 9 alla metà del secolo.

Golini. (…) Possiamo dire cheglobalmente, attorno al 2050, for-se sarete 9 miliardi, 9,2 miliardi oaddirittura un pochino di menose il calo della fecondità avverràpiù intensamente di quanto siimmagina. Quindi tutto somma-to la preoccupazione sul numerodi abitanti è relativamente calataperché la velocità di incrementosi è molto ridotta. Più di tanto èdifficile fare, perché non si puòimporre a una famiglia analfabe-ta e rurale africana di non fare piùfigli perché non capirebberonemmeno il perché. E quindi civuole tempo; nel frattempo si sa-rà creata una grande consapevo-lezza della necessità di rallentarele nascite e quindi limitare la cre-scita demografica. Naturalmentenon da tutte le parti del mondo ècosì: quindi noi ci aspettiamo cheda qui al 2050 la popolazione afri-cana aumenti di un miliardo, rad-doppiano la popolazione del con-tinente, e quindi è un problemarilevantissimo quello africano,per l’economia, la società, i movi-menti migratori, mentre la popo-lazione europea dovrebbe dimi-nuire di 70 milioni, quindi si trattadi capire se sapremo gestire le dif-ferenze territoriali ma anche lagrande crescita urbana lì dove iconsumi ambientali sono enor-mi. Quella di gestire la popolazio-ne e il suo impatto ambientale è lagrande sfida del presente e del fu-turo; è da qui che appare anchel’estrema debolezza delle nostre

I numeri dicono che se anche la popolazione tende a stabilizzarsi, i nuclei familiariaumentano, e i consumi con loro. Copenaghen ha dato un segnale, ma non è detto chela politica sia all’altezza. La variabile cruciale è il ruolo della donna.

A Copenhagen si è discusso di surriscaldamento della Terra

Un dibattito al calor bianco

abbaIl dito nell’occhio

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13OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

organizzazioni di gestione globa-le, a partire dalle Nazioni Unite ascendere fino all’Unione europea.

Parachini. Quanto al rapportotra situazione economica e svi-luppo demografico, anche quisembrano esserci due scuole dipensiero su contraccezione e pia-nificazione familiare. Nel mondo200 milioni di donne non hannoaccesso alla concentrazione chepure vorrebbero, ma dall’altraparte si dice che se c’è uno svilup-po economico adeguato le fami-glie si autolimitano. Viene primalo sviluppo economico o prima lacontraccezione?

Billari.Servono tutti e due. Da unlato lo sviluppo economico,quando si collega a uno svilupposociale, cambia decisamente ilruolo della donna. E questa è lavariabile cruciale nelle scelte con-traccettive. Per esempio, dove losviluppo economico porta anchele donne a studiare, il costo di ave-

re figli da giovani diviene elevato;non solo, la conoscenza aiuta an-che ad avere accesso alla contrac-cezione. D’altra parte quando di-minuisce la velocità di crescitadella popolazione, in una econo-mia ci si trova in una situazioneche è stata detta “bonus-demo-grafico”, “dividendo demografico”,nella quale ci sono tanti lavorato-ri e questi hanno un po’ meno figlidel passato e non hanno ancoraanziani che non lavorano comecapita in alcune società occiden-tali. Questa finestra di opportuni-tà è però un unicum storico;quando cala la fecondità, e auto-maticamente la mortalità, c’è unsolo momento in cui c’è questaopportunità demografica. È statomostrato che il boom dei paesidel sud-est asiatico è chiaramen-te collegato alla finestra di oppor-tunità demografica, e quindi la re-lazione va in entrambe le direzio-ni. Non solo, all’aumentare dellosviluppo economico a livelli mol-to elevati, cambia anche la tipica

relazione tra benessere e fare figli.Noi sappiamo che nelle societàmeno sviluppate, in seguito allosviluppo, si iniziano a fare menofigli. Ecco, quando si arriva a livel-li di sviluppo molto elevato, ancheperché si attuano meccanismicompensativi politici o sociali, sitorna a fare figli, con la libera scel-ta e grazie a nuove tecnologie.Quindi la relazione tra sviluppoeconomico, o benessere in gene-rale, e scelte demografiche, è co-munque complessa e non lineare.

Parachini.Già a settembre qual-cuno ha attaccato una ricerca del-la London School of Economics,commissionata dall’Optimumpopulation trust, che ha trovato larelazione tra controllo della nata-lità e possibilità di gestire e rispar-miare sulle risorse della Terra.Questo è stata letta come la solitafilosofia anti-natalista. Ma un at-teggiamento responsabile in ter-mini di salute riproduttiva nonpuò influenzare l’uso delle risor-

se del pianeta?

Golini. (…) La verità è che sicco-me non si può avere nel lungo pe-riodo una popolazione che crescaindefinitamente, altrimentiesploderebbe, né si può avere unapopolazione che decresca indefi-nitamente, altrimenti scompari-remmo, il problema è trovare unequilibrio attorno ai due figli percoppia. Diciamo che una fecon-dità che sia del più o meno 15 percento rispetto ai 2 figli per coppiaassicura una dinamica demogra-fica che ha gradualità nella suatrasformazione e che quindi è ge-stibile da un punto di vista socialeed economico e in fin dei contipolitico. Se invece le oscillazionidi lungo periodo sono più forti, al-lora siamo nei guai.

Billari. Se guardiamo la dichiara-zione relativa ai diritti riproduttividelle Nazioni Unite, si parla discelta libera, responsabile, del nu-mero e anche del quando fare i fi-

gli. Uno dei problemi che c’è statoin passato nelle campagne legatealla salute riproduttiva era l’impo-sizione della riduzione della fe-condità in alcune popolazioni. LaCina è il caso estremo. Chiara-mente sono d’accordo con lo stu-dio che lei citava: in situazioni incui la fecondità è elevata, unamaggiore disponibilità di con-traccettivi contribuisce a dimi-nuire le nascite e quindi inevita-bilmente a moderare anche l’im-patto ambientale e può essere diausilio allo sviluppo economico.Quello che si deve fare partendoda un approccio di libera scelta,che io condivido, è capire che lacontraccezione va fornita ma nonsi riesce a imporla (se non facen-do a meno del concetto di liberascelta). A cura di Marco Valerio Lo Prete

@pprofondisciPer ascoltare il colloquio in versioneintegrale, clicca qui:www.radioradicale.it/scheda/293675

Per un’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni

INTERVISTA A MASSIMO LIVI BACCI

TINA SANTORO

La demografia è stata la grande as-sente al vertice di Copenhagen, co-me da molti sottolineato, l’argomen-to non è stato direttamente trattatoal Cop/15 . Da cosa dipende, nellospecifico, l’assenza di questo argo-mento ai vertici su clima e alimenta-zione?

Posso immaginare varie ragioni che spie-gano l’assenza di dibattito sui temi demo-grafici, alcune di natura politica, altre piùtecniche. Alcuni temi demografici sono dinatura, come si usa dire, “sensibile”, comequello della pianificazione familiare e del-la “salute riproduttiva”, o il tema delle mi-grazioni internazionali. Si tende dunque anon complicarsi la vita aggiungendo allenumerose controversie sul tappeto altrimotivi di dissenso. C’è anche una perico-losa specializzazione nell’ambito dei gran-di temi che riguardano il futuro dell’uma-nità, che si riflette in una specializzazioneistituzionale delle varie agenzie che “mo-nopolizzano” la discussione su ciascungrande tema: sviluppo, alimentazione,ambiente, clima, popolazione: come se es-si non fossero – invece – intimamente e in-dissolubilmente legati. Nel vertice di Co-penaghen la demografia è – per così dire –“sottintesa”, nel senso che l’evoluzione fu-tura della popolazione è incorporata neivari modelli, come variabile esogena e in-dipendente.

Ripercorriamo gli ultimi summit in-

ternazionali in materia di demografia.Quali sono stati i passaggi e le fasi piùimportanti degli ultimi decenni?

Sui temi demografici la discussione, natu-ralmente, è sempre aperta. Ma l’epoca deigrandi summit internazionali – ricordo leconferenze ONU del 1974 a Bucarest, del1984 a città del Messico e del 1994 al Cairo– è, credo, chiusa. Credo anche che questosia un bene. In primo luogo, perché in que-sti vertici non si è mai affrontato di petto iltema delle migrazioni internazionali,l’unica variabile sulla quale gli accordi trapaesi o tra regioni possono dare grandi ri-sultati. In secondo luogo, perché oramaialcuni punti fondamentali sono acquisiti:tra questi il diritto individuale a libere scel-te riproduttive. Come poi questo diritto in-dividuale venga declinato dai vari paesi èun problema che attiene ai diritti umani eva discusso in altre sedi.

C’è stato, a suo avviso, un fallimentoda parte delle istituzioni internazio-nali nell’affrontare il tema demografi-co?

E’ implicito in quanto detto. Il tema dellepolitiche internazionali sulle migrazioni èstato sempre tenuto fuori, considerandolouna “riserva” di ciascun paese come se, in-vece, per ogni migrante internazionale,non ci fossero almeno due paesi coinvolti,quello di partenza e quello di arrivo! Manon a caso non c’è mai stata una volontàpolitica di creare un’autorevole organizza-zione internazionale per la regolazione

delle migrazioni, così come si è fatto perl’altra grande componente della globaliz-zazione, con la creazione della OMC, (or-ganizzazione Mondiale del Commercio,ndr).

Quali sono le sue considerazioni sul-l’efficacia o l’inefficacia delle politi-che demografiche (ad esempio fami-ly planning, controllo delle nascite,etc.)?

Le analisi mostrano che questepolitiche, quando armonizzatecon le altre politiche di sviluppo– istruzione, welfare, diritti indi-viduali e delle donne in partico-lare – danno buoni frutti e acce-lerano inevitabili processi dicrescita individuale e sociale. E’impensabile, nel terzo millen-nio, che la riproduzione sia det-tata esclusivamente da fattorinaturali!

Apocalittici e negazionistisul tema della crescita de-mografica. Prendiamo adesempio due economisticome Eberstadt e Bauer,secondo cui la tecnologiapuò disinnescare gli effettipiù deleteri della sovrappo-polazione e lo sviluppo eco-nomico è il vero antidoto al-l’esplosione demografica.Lei su quali posizioni si tro-va rispetto a queste visioni?

Non ho nessuna simpatia per i fondamen-talismi applicati ai processi sociali. Lo svi-luppo economico e la tecnologia possonorisolvere tutto? Forse, ma il piccolo dubbioche non essere in grado di regolare le pro-prie scelte riproduttive possa rallentarequello sviluppo economico che dovrebberisolvere “gli effetti più deleteri della so-vrappopolazione” bisognerebbe che que-sti economisti lo coltivassero!

«Nel terzo millennio la riproduzione non può essere dettata esclusivamente da fattorinaturali». Così si esprime il senatore e demografo, che denuncia l’eccessiva“specializzazione” del dibattito internazionale e l’esclusione delle politiche sulle migrazioni.

Chi èMassimo Livi BacciMassimo Livi Bacci è Senatore della Re-pubblica eletto nel Pd e professore di de-mografia all'Università di Firenze. Dal1973 al 1993 è stato segretario generale ePresidente della International Union forthe Scientific Study of Population (IUSSP),nota società scientifica di studi demografi-ci, di cui è poi divenuto presidente onora-rio. In questa veste è stato il responsabileorganizzativo e scientifico delle conferen-ze mondiali quadriennali del Messico nel1977, di Manila nel 1981, di Firenze nel1985, di New Delhi nel 1989, di Montrealnel 1993, ed ha istruito la fase preparatoriadella conferenza di Pechino nel 1997.

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ANGIOLO BANDINELLI

Papa Benedetto XVI ha voluto direla sua, in occasione della Conferen-za mondiale sull’ambiente di Co-penhagen, sui temi agitati nel corsodella tumultuosa e inadeguata as-semblea. Lo ha fatto con il messag-gio rivolto alla tradizionale Giornatadella Pace, che si celebra il 1°genna-io e quest’anno ha come tema “Sevuoi coltivare la pace custodisci ilcreato”, un collegamento simbolicoma efficace per richiamare ogni uo-mo alla sua responsabilità verso lanatura o se si vuole (ma i termininon sono perfettamente sovrappo-nibili) l’ambiente. Secondo Bene-detto XVI, dunque, la natura è “affi-data da Dio all’uomo con l’incaricosì di dominarla ma anche di custo-dirla”. In proposito, il papa cita an-che Eraclito per il quale “la natura èa nostra disposizione ma non comeun mucchio di rifiuti sparsi a caso”(e sembra quasi che l’antico filoso-fo sia un nostro contemporaneo,sgomento per il dilagare della mon-dezza prodotta dal consumismoumano). Contemporaneamente, ilpapa mette però in guardia l’uma-nità dal cadere nel nuovo “pantei-smo con accenti neopagani” diquanti ripongono nella sola e asso-luta natura la salvezza, anche quelladell’umanità. Potremmo con buo-na certezza individuare questi inno-minati peccatori nei fondamentali-

sti dell’ambiente, dall’ormai dimen-ticato ma a suo tempo influentissi-mo Ivan Illich ai no-global di oggicon i loro guru Noam Chomsky oNaomi Klein. Questi ecologisti sen-za se e senza ma hanno una varia enon omogenea collocazione politi-ca: c’è il padre del neopaganesimo“di destra” Alain De Benoist e il pa-drino del neopaganesimo sessan-tottino di sinistra Daniel Cohn-Ben-dit, c’è il teologo tedesco della di-subbidienza Eugen Drewermann eanche l’ex vicepresidente degli StatiUniti Al Gore, tutti uniti nella de-nuncia dell’uomo, identificato co-me l’unica causa del disastro am-bientale. Non mancano padri an-che più remoti e insospettabili, co-me il San Francesco per il quale l’ac-qua è “sorella” e il fuoco ci è “fratel-lo” in una visione panica che non cipare sia molto gradita a BenedettoXVI. San Francesco è comunque ilpatrono dell’ecologia della Chiesacattolica (come aveva auspicato lostorico americano Lynn White,1907-1987, per il quale è stata la tra-dizione antropocentrica giudaico-cristiana una delle radici del disprez-zo per la natura e quindi di ogni for-ma di prudenza ecologista). Saltando a piè pari le contraddizionio le insufficienze (più o meno inno-centi, come vedremo) della culturacattolica, Benedetto XVI chiede oraai paesi industrializzati “una revisio-ne profonda e lungimirante del mo-

PORTIAMOLA DEMOGRAFIAIN PARLAMENTOVi presentiamo in anteprima una bozza di mozione par-lamentare che verrà presentata alla Camera deiDeputati a prima firma Elisabetta Zamparutti. Questotesto, elaborato insieme all’Associazione radicale“Rientro Dolce”, può essere ulteriormente arricchito daivostri suggerimenti.

La Camera dei Deputati, premesso che:dal secondo dopoguerra è in atto nel mondo la più grande espansione demografi-ca, urbana ed economica della storia, secondo un modello di produzione e consu-mo che ha provocato anche conseguenze negative, come quelle ecologiche, semprepiù ingovernabili se non intervengono politiche di riequilibrio a partire dalla decre-scita demografica su scala globale e dall’uso parsimonioso delle risorse non ripro-ducibili;

il Rapporto 2009 dell’Unfpa (United nations population fund), Fondo delle NazioniUnite che si occupa del diritto alla salute, delle pari opportunità e della riduzionedella povertà, ha documentato come il dissesto ambientale, con le inevitabili riper-cussioni climatiche, vada direttamente collegato alla sovrappopolazione e comesiano più le donne che gli uomini ad essere colpiti dai disastri naturali secondo i datirelativi a quelli accaduti in 141 paesi tra il 1981 e il 2002;

“Un minimo di buonsenso”, continua il Rapporto, "suggerisce che un clima in con-tinuo cambiamento avrà ripercussioni sulle società e sugli individui, in particolarmodo su chi è più a rischio, esacerbando le disuguaglianze esistenti. Gli scienziati,inclusi gli autori dei rapporti del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambia-menti climatici, riconoscono che l’importanza della velocità e della portata dellarecente crescita demografica inciderà sull’aumento delle future emissioni di gasserra. Una crescita demografica più lenta, sia nei paesi sviluppati che in quelli in viadi sviluppo, può facilitare il compito di portare le emissioni globali in equilibrio conl’ambiente nel lungo periodo e consentire l’adattamento ai cambiamenti in corso.Tuttavia, l’impatto del rallentamento dell’incremento demografico dipenderà daltrend futuro dei modelli economici, tecnologici e di consumo mondiali";

come documenta l’Aidos, duecento milioni di donne nei paesi in via di svilupponon possono ancora accedere ai contraccettivi e i finanziamenti, per una seria edefficace campagna di pianificazione, si sono ridotti da 723 milioni di dollari nel 1995a 338 milioni di dollari nel 2007;

secondo i dati FAO, in concomitanza con la crescita del prezzo del petrolio nel qua-driennio 2004- 2008, seguito dalla crisi economica nella quale ci troviamo ancora, illivello di denutrizione ha iniziato ad aumentare di nuovo dopo decenni di decresci-ta continua e che conosce oggi il tragico picco storico di 1,02 miliardi di persone chesoffrono di fame nel mondo;

uno degli eventi cruciali del nostro è il picco del petrolio che indica la necessità dellafine del paradigma economico attuale il cui superamento deve essere governatocon la consapevolezza che il flusso di energia e materiali deve ridursi rispetto ai con-sumi, dove essi sono bulimia nevrotica, e rispetto alla popolazione, dove i consumisono da fame;

dopo il deludente esito del vertice sul clima di Copenaghen (COP15) occorre rilan-ciare un approccio globale ai problemi ambientali che riconosca alla questionedemografica la dovuta centralità:

impegna il Governo a: 1) Promuovere in sede internazionale una migliore comprensione delle dinamichedemografiche, della condizione femminile, della salute riproduttiva nelle discussio-ni sulla situazione generale ambientale.

2) Finanziare pienamente i servizi di pianificazione familiare e consentirne l’acces-so alle fasce sociali con reddito più basso.

3) operare in modo che aumenti la consapevolezza del ruolo delle dinamiche dellapopolazione e dei rapporti di genere nell’attenuazione del cambiamento climatico.

4) Prepararsi da subito a sapere affrontare e gestire le previste migrazioni di popo-lazione.

5) Prendere in considerazione le differenze di genere, e quindi l’importanza deiruolo femminile, nell’impegno mondiale per ridurre il dissesto ambientale.

p@rtecipa Invia le tue proposte all’email: [email protected]

Tra la folla di San Pietro manifestanti radicali con cartelli: 'No agliaborti', 'Si alla pillola'. Nella stessa manifestazione, ma non in questafoto, è alzato anche il cartello in cui si legge: 'Meno figli meno fame'.

La contraddittoria natura di papa RatzingerTRA COPENAGHEN E CITTÀ DEL VATICANO

La duplice visione della natura daparte di Benedetto XVI: da unaparte va difesa come dono di dio,dall’altra non va assolutizzata

14OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

Page 15: Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

VALTER VECELLIO

Sul filo della memoria, aiu-tati da una fotografia e daun vecchio, ingiallito nu-mero di “Notizie Radicali”.La fotografia risale agli an-ni Sessanta, scattata, dice iltimbro, da “Piero Ravaglia,fotoreportage, viale Eritrea91, Roma” (la foto è pubbli-cata in questa pagina, ndr).C’è una folla, siamo a SanPietro, si intuisce che sitratta di fedeli venuti a ve-dere e ad ascoltare il papa.Davanti a quella folla re-parti di militari in alta uni-forme. Qualcuno ha issatodue grandi cartelloni sudue lunghi pali, uno solodei fedeli, nel momento incui quei cartelloni sono is-sati, mostra di rendersiconto di quello che accade,nel viso dipinta l’espressio-ne di chi si chiede: “Comehanno fatto ad arrivarequi?”. Sul primo cartello c’èscritto un grande “Sì allapillola”. Nell’altro. “Meno fi-gli, meno fame”.Facciamo un salto. Andia-mo al luglio 1979. Alle ele-zioni di qualche settimanaprima i radicali hanno fattoun buon bottino: da quat-tro che erano, nel 1976, so-no passati a 18 deputati,più un paio di senatori; ealtri tre seggi sono staticonquistati per il Parla-mento Europeo. C’è la crisidi governo, bisogna indica-re dei nomi per palazzoChigi, il presidente Pertiniavvia le consultazioni. Nelvecchio, non facilmenteleggibile numero di “Noti-zie Radicali” del 26 luglio silegge: “Abbiamo indicato alpresidente della Repubbli-ca una rosa di nomi… inprimo luogo il nome del-l’ex presidente della Costi-tuente Umberto Terraci-ni… in secondo luogo ab-biamo proposto il nome diAurelio Peccei, accompa-gnandolo a quello di Cesa-re Merzagora”.Peccei, chi era costui?

Scienziato di fama interna-zionale, presidente del clubdi Roma, un sodalizio cheraggruppava esperti e stu-diosi indipendenti, avevalegato il problema della de-mografia a quelli dell’eco-nomia, dell’ambiente e del-l’avvenire dell’umanità.L'umanità, diceva, Peccei, èa un bivio: “o si crea una so-cietà veramente globale, subasi di solidarietà e giusti-zia, di diversità, di unità, diinterdipendenza oppure citroveremo tutti, nel miglio-re dei casi, di fronte a unadisintegrazione del sistemaumano accompagnata dacatastrofi regionali e, alla fi-ne, forse, da una catastrofeglobale”. Da quella manifestazioneimmortalata in quella vec-chia fotografia e da quellacandidatura “bizzarra”(bizzarra secondo i criteridella politica politicante),si può far nascere l’iniziati-va radicale contro lo ster-minio per fame. Informa-zione sessuale, rientro de-mografico “dolce”, lotta alnuovo olocausto si intrec-ciano, diventano un tut-t’uno. E’ il febbraio del 1979quando Pannella per la pri-ma volta denuncia il carat-tere politico dello stermi-nio per fame, e accusa i go-verni dei paesi ricchi direndersi complice dell’olo-causto. All’Italia chiede ilrispetto degli obblighi in-ternazionali assunti, inparticolare la risoluzioneche impegna a versare al-meno lo 0,7 per cento delProdotto Nazionale Lordocome aiuto pubblico allosviluppo.Nella primavera del 1979 sitiene a Roma la Marcia diPasqua, la prima di una se-rie, con decine di migliaiadi partecipanti. In autunnoil Parlamento si autoconvo-ca in seduta straordinaria, econtemporaneamente i ra-dicali sollevano la questio-ne al Parlamento Europeo,che sancisce il diritto di in-

tervento del Consiglio di Si-curezza dell’ONU con unatask force contro la fame. Ilpapa si pronuncia contro la“intollerabilità dell’esisten-za di un’area della fame e diun’area della sazietà”; e nel1981 viene lanciato un ma-nifesto-appello di oltre cin-quanta premi Nobel (pre-sto diventeranno più dicento), che getta le basimorali, teoriche e politichedella lotta alla fame. Il pre-sidente Pertini lancia la suafamosa invocazione:“Svuotate gli arsenali,riempite i granai”.Tutto questo non nasce percaso; è il risultato di lun-ghe, difficili lotte condottedai radicali: scioperi dellafame e della sete condottial limite delle estreme pos-sibilità umane da parte diPannella, ma anche diGianfranco Spadaccia, JeanFabre, Giovanni Negri, Em-ma Bonino.Si legge nel manifesto deipremi Nobel, “se gli inerminon si rassegneranno adessere inerti, se dichiare-ranno sempre più nume-rosi di non obbedire ad al-tra legge che a quella, fon-damentale, dei diritti degliuomini e delle genti, che èil primo luogo Diritto, e di-ritto alla vita; se gli inermiandranno organizzandosiusando le loro poche madurature armi - quelle del-la democrazia politica e legrandi azioni Gandhianeprefiggendosi e imponen-do scelte ed obiettivi divolta in volta limitati edadeguati, se questo acca-desse, sarebbe certo, cosìcome oggi certamente èpossibile, che il nostrotempo non sia quello dellacatastrofe”.Una manifestazione a SanPietro, la candidatura diuno scienziato, la lottacontro lo sterminio per fa-me nel mondo… anchequesto è il Grande Satya-graha mondiale.

Quando Pannellapropose PecceiPresidente delConsiglio

DAGHERROTIPI RADICALI

L’iniziativa radicale contro lo sterminio perfame, per l’informazione sessuale per il rientrodemografico “dolce”, si intrecciano ediventano un tutt’uno da sempre. Dalle azionia San Pietro al manifesto dei Nobel

dello di sviluppo”, e una nuova re-sponsabilità di governi e organismiinternazionali verso le generazionifuture e le nazioni più povere. Pertutelare l’ambiente serve “una soli-darietà inter-generazionale” e “in-tra-generazionale”. Il papa sollecitainfine la comunità internazionale apuntare sempre di più sull’energiasolare e sulle sue “grandi potenziali-tà”, per far fronte al fabbisognoenergetico dell’umanità senza com-promettere il futuro ambientale eclimatico del pianeta.Nulla di straordinario, consigli edesortazioni restano nella media diquanto ogni ambientalista può tirarfuori dal sacco delle proprie convin-zioni o pregiudizi. E tuttavia, nellaparola del papa resta, inespresso manon per questo meno insidioso, ungerme intrinseco di contraddizioneche desta più di una perplessità nel-l’osservatore attento. Ci pare di rile-vare tale contraddizione propriopartendo dal testo del documentoappena citato: “D’altra parte, unacorretta concezione del rapportodell’uomo con l’ambiente non por-ta ad assolutizzare la natura né a ri-tenerla più importante della stessapersona. Se il magistero della Chie-sa esprime perplessità dinanzi aduna concezione dell’ambiente ispi-rata all’ecocentrismo e al biocentri-smo, lo fa perché tale concezioneelimina la differenza ontologica eassiologica tra la persona umana egli altri esseri viventi”. In tal modo siverrebbe ad eliminare l’identità e ilruolo superiore dell’uomo, favoren-do una visione egualitaristica della“dignità” di tutti gli esseri viventi: “Sidà adito, così, ad un nuovo pantei-smo con accenti neopagani chefanno derivare dalla sola natura, in-tesa in senso puramente naturalisti-

co, la salvezza per l’uomo”. La natu-ra va difesa come dono di dio, in-somma, ma non assolutizzata: que-sto in sintesi il messaggio di Bene-detto XVI. Eppure, quando in altre occasioni siesprime sui temi cosiddetti etici,quelli relativi alla vita, alla dignitàdella persona, alle questioni dellanascita e della morte, il pensiero cat-tolico la natura l’assolutizza, ecco-me: si deve nascere e morire in mo-do assolutamente naturale, si devefare l’amore senza frapporre nulla -cioè il preservativo - al cammino,del tutto naturale, dello spermato-zoo verso l’ovulo, si deve morirequando la natura (e, attraverso lanatura, Dio stesso) lo imponga.Niente fecondazione eterologa,niente preservativo o RU486, nien-te eutanasia, non si stacca il tubodella cosiddetta “alimentazione” aesseri in coma da anni ed anni o cheabbiano palesemente manifestatola loro volontà rifiutando nel testa-mento biologico ogni trattamentoinvasivo ed inutile. L’uomo di Bene-detto XVI può (anzi deve) gestire,coltivare la natura vegetale o anima-le secondo i suoi criteri e il suo razio-cinio ed evitando ogni forma dipanteismo naturalistico, ma nonpuò farlo su se stesso: in questo ca-so, egli deve invece sottoporsi alleferree leggi naturali, o supposte tali. Ovviamente, la teologia ha armi sot-tilmente sofistiche per dimostrareche queste deduzioni sono mere il-lazioni, e che invece il magistero pa-pale ha una sua rigorosa e coerenteformulazione: perché la natura el’uomo non possono contraddirsi, ecosì via. Ma per l’uomo comune,che teologo di cattedra non è, lecontraddizioni appaiono evidenti esconcertanti.

atura di papa RatzingerO

15OLTRE COPENAGHEN

SPECIALEDEMOGRAFIA

Page 16: Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

16FAREFUTURO

LE INTERVISTE IN AGENDA

ANDREA BERGAMINI

Nel film “Million Dollar Baby”,un conservatore di lungo corsocome Clint Eastwood,nei pannidi un ruvido allenatore di unadonna pugile, è improvvisa-mente chiamato a prendere unadecisione definitiva su una vitache non è la propria: la sua pu-pilla,nel corso di un match e do-po una grave scorrettezza del-l’avversaria, è rimasta paraliz-zata, e può respirare solo artifi-cialmente. Un destino che la ra-gazza rifiuta con tale energia dachiedere al suo allenatore distaccare la spina del respiratoreche la tiene in vita. Eastwoodnon sa che fare e soprattutto conchi parlarne. Sceglie, come faogni giorno, da ventitré anni, dirivolgersi all’autorità che tradi-zionalmente rivendica compe-tenza in materia, la chiesa. Co-mincia allora a “molestare” conuna serie ripetuta di domandeun prete irlandese per cercare diarrivare a una decisione ragio-nevole e giusta, ma l’astrattezzadelle risposte non sembra con-vincerlo. Quella che sarà la scel-ta definitiva dell’allenatore quinon interessa, mentre la “perse-cuzione” in forma di interroga-tivi etici, di ricerca, sembra inparte attagliarsi all’esperienzadi FareFuturo, la fondazionepolitica e culturale creata daGianfranco Fini (un conserva-tore con meno rughe di Eastwo-od, ma che sembra ripercorrer-ne le orme) intorno alla qualelavorano e dibattono intellet-tuali della neo-destra e diun’area liberale più consolida-ta. Una piccola comunità conesperienze e vissuto di destrache ha scelto di interrogare condinamismo e irrequietezza lapropria area politica. Di Fare-Futuro fanno parte, tra gli altri,il giornalista e studioso dellapolitica, Angelo Mellone, e lapolitologa Sofia Ventura.

Angelo Mellone, un lungopassato di militanza nei mo-vimenti giovanili della de-stra, ricopre all’interno del-la fondazione un ruolo isti-tuzionale essendone il di-rettore editoriale. Gli abbia-mo innanzitutto chiesto didescriverci la sua esperien-za in FareFuturo, sottoline-ando le novità di metodo edi contenuti rispetto ai luo-ghi di riflessione della de-stra che ha frequentato inpassato.

Farefuturo, tenendo conto diesperienze analoghe, è un espe-rimento singolarmente liberta-rio. Questa è la grande innova-zione: comparativamente, unagrandissima libertà di opinionee discussione. Zero censura, in-somma, anche a costo di scon-trarci.

Quel che colpisce negli in-tellettuali di destra piùesposti mediaticamente èun individualismo quasi esi-bito, l’impressione di non ri-spondere mai a “ordini discuderia”. In che cosa lei siconsidera anomalo rispettoalla sua area politica di rife-rimento?

In ambito intellettuale, a destraè sempre esistito il paradosso diun grande individualismo ri-spetto a una tradizione politicaprevalentemente organicista. Adestra gli intellettuali sono sem-pre stati piuttosto anarcoidi. Ilproblema è che, almeno negliambiti più vicini alla politica,sono sempre stati pochi.

Oggi i leader politici esibi-scono il proprio corpo e loesibiscono perché sano eattraente. Che impressionie riflessioni ha tratto dal-l’esperienza di un leaderpolitico come Luca Coscio-

ni che mostrava e offriva uncorpo fragile e malato?

Coscioni è l’altro volto, quellosofferente, della corporeizzazio-ne mediatica della politica. Luiha esibito la debolezza e non laforza del corpo, ma la fonte del-la forza simbolica del messaggioè analoga.

Sul corpo (delle donne, deimalati, delle persone in ge-nerale), come è spesso ac-caduto, si combattono bat-taglie ideali e politiche. Se-condo lei come si rapportail legislatore, e la politicapiù in generale, con la real-tà dei corpi? Li conosce? Nedà una rappresentazionereale?

Penso sia una delle materie piùdifficili da trattare. Io stesso, sutanti aspetti della questione,non ho le idee chiare.

Sul tema del testamentobiologico quali sono la suacertezza più solida e la suaincertezza più irriducibile?

La mia certezza più solida è la

sacralità della vita umana. Lamia incertezza più irriducibile ècome tutelare questa sacralità ela sua disponibilità.

Quali sono i bisogni, le spe-ranze e le aspirazioni dellamaggioranza della societàitaliana in tema di diritti ci-vili?

Della maggioranza non so. Lamia speranza è che la sfera deidiritti civili si estenda fino alpunto in cui non provoca unafrantumazione del legame so-ciale.

Come è mutata la sua ideadi libertà, se è mutata, daquando era un militante neimovimenti giovanili delladestra a oggi?

Quando facevo politica ritenevodi esser parte di una minoranzache quotidianamente lottavaper la sua libertà di espressione.Oggi che è cambiato tutto oquasi, ho mantenuto questoanelito libertario, il che non miimpedisce di sentirmi, anche seil termine è desueto, un patrio-ta affezionato all’identità nazio-

nale e all’identità italiana nellospecifico, fondata sulla cifra del-la bellezza.

Qual è l’esperienza privatao personale che più ha sa-puto incidere sulla sua let-tura della realtà e sulle sueconvinzioni ideali e politi-che?

Certamente la prima guerra inIraq, nel 1991, e poi - può sem-brare strano - il referendum del2005 sulla fecondazione assisti-ta. Lì ho capito che alcuni atteg-giamenti reazionari della destranon facevano per me.

Cosa non teme del futuro?

Il futuro.

Angelo Mellone (Taranto 1973).Studioso della politica,giornali-sta, scrittore, è editorialista de “IlMessaggero” e di “E Polis”. PerMarsilio ha curato l’“Intervistasulla destra sociale” (2002) e hascritto “Dì qualcosa di destra.Da‘Caterina va in città’ a Paolo DiCanio” (2006).

INTERVISTA AD ANGELO MELLONE

La nuova destra che fa riferimento a Gianfranco Fini ha un suocentro studi:Fare Futuro.In queste due interviste a Angelo Mellonee Sofia Ventura,Agenda Coscioni tenta di far conoscere il lavoro diquesta fondazione che dice di non voler guardare soltanto alpresente, di voler costruire una cittadinanza del ventunesimosecolo, credere in una “laicità positiva”, propugnare un “nuovofemminismo”e riconoscersi in un Euroatlantismo dei diritti

Di destra, patriota e... libertario

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17FAREFUTURO

LE INTERVISTE IN AGENDA

ANDREA BERGAMINI

Sofia Ventura, docente di Scien-za della politica, collabora atti-vamente con FareFuturo e si è di-stinta per alcuni interventi sulmagazine della fondazione (ce-lebre quello sul “velinismo poli-tico”, una critica aggressiva almetodo di compilazione delle li-ste del centrodestra per le elezio-ni europee) caratterizzati da for-te richiamo ai valori della laicitàsui temi della bioetica.

In FareFuturo sembra chia-ra l’influenza dell’area co-siddetta liberale sulla ela-borazione teorica della nuo-va destra. Mi incuriosiscecapire se e in cosa l’incon-tro e il dialogo, anche per-sonale, con intellettuali didestra l’ha indotta a modifi-care o a rimettere in discus-sione parte della sua inter-pretazione della realtà.

L’incontro sul piano personale èstato sicuramente fecondo. Nonvoglio sembrare supponente,però non ha modificato la miavisione del mondo e della poli-tica che resta profondamente li-berale. E’ vero però che l’incon-tro con queste persone, che pro-babilmente hanno dovuto ri-mettersi in discussione più dime, mi ha costretta a rifletterepiù seriamente su alcuni aspet-ti, come la dimensione della co-munità. Non che abbiano mes-so in discussione la mia visioneliberale fondata sull’individuo,però mi sono trovata a rifletterecon più frequenza e attenzionesu quei temi che creano solida-rietà nel tessuto sociale, anchenel tentativo di ricercare di unabase comune di riflessione e didiscussione.

Con il suo inter-vento sul “velini-smo politico”sembra aver inci-so in concretosulla vita politicadel suo paese.Dopo questa vi-cenda, ha ripen-sato e tarato dinuovo i suoi obiet-tivi di intellettua-le? E quali sono?

Non mi sono maiposta chiaramentela questione di qualisiano gli obiettivi diun intellettuale. Ho sempre avu-to una passione per la politica,faccio il professore di mestiere eho sempre avuto il desiderio dipartecipare al dibattito pubbli-co. Questa vicenda però mi haportato a riflettere sul ruolo dinoi professori. Doversi infattirapportare con i media è un po’un altro mestiere, bisogna usareun altro linguaggio e ci si rivolgea un pubblico diverso. Ed è dif-ficile accettare di usare altristrumenti linguistici e a voltebanalizzare le proprie riflessio-ni. E’ vero però che il mondo ac-cademico non può rimanerechiuso. Bisogna rimettersi ingioco, misurarsi con la politica.Con grande difficoltà psicologi-ca accetto questa duplicità diprofessore che si misura anchecon il dibattito pubblico. Peròdevo ammettere che è ancheun’esperienza arricchente, per-ché se pensiamo con quattroformulette teoriche di interpre-tare il mondo e di capire cosadevono fare i politici, non an-diamo molto lontano. Avendoosservato alcuni leader politici,mi sono accorta che con il lorofiuto spesso sanno dare una let-tura della realtà più puntuale di

noi professori con tutti i nostrilibri. Insomma, questa espe-rienza mi ha aiutato a essere piùumile.

Qual è il tema di diritti civiliche le preme di più perso-nalmente e idealmente inquesto momento?

Non ce n’è uno in particolare, avolte mi concentro su un temache in un frangente politico misembra più importante. Forsequello che più ho sentito su mestessa è quello sul testamentobiologico. Ho pensato che ungiorno potrei trovarmi a decide-re oppure qualcuno si troverànelle condizioni di decidere perme. Ho vissuto il progetto di leg-ge elaborato nell’ambito delcentrodestra come una viola-zione della libertà profonda del-la persona e della sua dignità.Però ci sono molti altri temi chemi premono, per esempio il di-ritto degli omosessuali a un ri-conoscimento sociale pieno, eal diritto di non dover sentire af-fermazioni, come quelle prove-nienti dalla chiesa cattolica, cheledono la loro dignità di perso-ne.

Cosa la incoraggiae scoraggia nel di-battito culturale epolitico italiano intema di diritti civi-li?

A incoraggiarmi c’èben poco. Sono sco-raggiata dal fatto chec’è poca intelligenzae laicità in senso lato.Tranne rare eccezio-ni, penso a StefanoRodotà, i protagoni-sti del dibattito pub-blico e politico sonomolto miseri quando

parlano di queste cose. Presen-tano la loro posizione ideologicache spesso non ha un fonda-mento filosofico razionale, nem-meno di attenzione alla realtàempirica, a quel che accade nelmondo. E’ molto scoraggianteche il centrodestra abbia presoquesta via illiberale che non ca-pisco fino in fondo. Se devo pe-rò sforzarmi di trovare una spie-gazione penso che a un certopunto ha preso piede all’internodi Forza Italia prima, e del Popo-lo delle Libertà poi, un gruppo dipersone molto capaci e intelli-genti che per percorsi personaliavevano maturato certe idee,non saprei dire se impolitiche oapolitiche, e queste stesse perso-ne avevano deciso che le loroconvinzioni personali dovesserotrasformarsi in un dover essereper l’intera comunità. Hannoconvinto, forse in parte, SilvioBerlusconi, e sono riusciti a im-porsi nel dibattito interno, se didibattito si può parlare!, facendocredere che questa strada chepossiamo definire reazionaria,fondata sulla paura della moder-nità, fosse quella vincente ri-spetto a quella dell’opinionepubblica e rispetto ai poteri for-

ti come la chiesa. D’altra partesull’altro versante, quello dellasinistra, c’è un universo imbelle,incapace di reclamare e di affer-mare con forza delle posizioni li-berali e progressiste.

Secondo lei, la classe diri-gente italiana è attrezzata,umanamente e cultural-mente, per parlare di mor-te?

Probabilmente no, ma è un pro-blema della società e della cultu-ra italiana che esorcizza la mor-te. Noi ne abbiamo paura, perciòla allontaniamo. Mi colpisce co-me negli Stati Uniti dopo i fune-rali spesso si organizzano pranzio cene: insieme si metabolizzauna realtà della vita che è la mor-te. Invece nel mondo cattolicosembra una bestemmia trovarsia ridere e a scherzare mentre siaccompagna un caro alla sepol-tura. Questo mi porta a pensareche abbiamo paura della mortee non sappiamo viverla colletti-vamente. In più la nostra classepolitica sul piano culturale è at-trezzata per pochissimo e nonriesce a distinguersi dalla societàcivile. E’ una classe dirigente cheha poca passione per la politica,intesa come riflessione sul benecomune. Tutto è sempre legatoalla politique politicienne e a pic-cole guerre di posizionamento.

Cosa non teme del futuro?

Fin da piccola non ho mai avutopaura delle novità, non temo lerealtà nuove.

Sofia Ventura (Bologna, 1964).Docente di Scienza Politica e Si-stemi federali comparati all’Uni-versità di Bologna,è editorialistadel Corriere della Sera di Bolo-gna.

“Della destra non capisco la sterzata illiberale”

INTERVISTA A SOFIA VENTURA

“Siamo tutti figli di Marco Pannella”Con questo titolo si apre un editoriale del mesedi maggio 2009 del magazine online di Fare Fu-tuto. Che nel sommario spiega: “Le sue battaglie,condivisibili o meno, hanno segnato la nostrastoria”. Si era nei giorni delle elezioni europee eMarco Pannella in sciopero della sete denuncia-va la mancanza di informazione sulle elezionitestimoniata anche da un sondaggio in cui soloil 3% della popolazione italiana era a conoscen-za della partecipazione della lista radicale alleeuropee. “Siamo tutti figli dei suoi referendum,dei suoi digiuni, dei suoi bavagli”, scriveva Fede-rico Brusadelli nell’editoriale del magazine onli-ne di Fare Futuro che si può leggere nel link sot-to riportato.

@pprofondisciwww.lucacoscioni.it/node/5115275

Page 18: Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

IVG < 49 GIORNI Documento 7 gg Certific. Urgente

(AIFA)

DAY HOSPITAL TERAPEUTICO PRIMO GIORNO

Colloquio Consenso Informato Mifegyne (RU486)

IVG < 90 GIORNI Documento 7 gg Certific. Urgente

(off-label)

ABORTO RITENUTO (off-label)

IVG > 90 GIORNI certificazione

Com. Direz. San.

(AIFA)

RICOVERO ORDINARIO PRIMO GIORNO

Colloquio Consenso Informato Mifegyne (RU486)

DAY HOSPITAL TERZO GIORNO Colloquio + Visita

Analogo Prostaglandina (una, due o dosi multiple)

CONTROLLO SECONDO GIORNO

(facoltativo)

DIMISSIONI VOLONTARIE

PERMESSO SANITARIO

RICOVERO SECONDO GIORNO

RICOVERO TERZO GIORNO Colloquio + Visita

Analogo Prostaglandina (una, due o dosi multiple)

IVG < 49 GIORNI E ABORTO RITENUTOVALUTAZIONE PER DIMISSIONE

ABORTO COMPLETO, ABORTO INCOMPLETOABORTO RITENUTO

GRAVIDANZA IN EVOLUZIONE

IVG > 90 GIORNI Proseguimento

ricovero fino all’espulsione

IVG < 90 GIORNI Valutazione intermedia

VISITA DI CONTROLLO A DISTANZA DI 10-14 GIORNI NB: Tutti i farmaci abortivi sono somministrati in ospedale. Ogni decisione è presa con la donna. In caso di revisione della cavità uterina o evacuazione chirurgica dell’utero i DRG del ricovero ordinario e del day-hospital da medici diventano chirurgici.

SILVIO VIALE

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale(la n.286 del 9.12.2009) della Determinazio-ne dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa)n.1460 del 19.11.2009 si è chiuso un capitoloe se ne è aperto un altro. Dopo un tira e mol-la durato 24 mesi, l’AIFA ha concesso l’auto-rizzazione all’immissione in commercio delMifegyne, il cui principio attivo è il mifepri-stone, inserendolo tra i “medicinali soggettia prescrizione medica limitativa, utilizzabiliesclusivamente in ambiente ospedaliero oin struttura ad esso assimilabile (OSP 1)comprese le strutture sanitarie individuatedall’art.8 della Legge 22 maggio 1978, n.194”. Comunque la si rigiri è un punto fermo ed èuna vittoria per le donne che chiude una vi-cenda iniziata in Piemonte nell’autunno del2000 e che ha visto i radicali in prima fila asmuovere coscienze pigre, svicolanti e genu-flesse. Un primo capitolo si era chiuso il 6 settem-bre 2005 con l’avvio dello studio clinico delSant’Anna di Torino, a cui erano seguite lestizzite ordinanze del ministro Storace. Neimesi successivi altri colleghi iniziarono, seb-bene tra grandi difficoltà, a offrire la RU486in altre regioni. Toscana ed Emilia-Romagnadefinirono un percorso tecnico per superaregli ostacoli e importare il farmaco. E così fe-cero anche a Bari, ad Ancona e a Trento.Molti altri, in altre regioni, furono stoppatida impedimenti politici o tecnici. In Lom-bardia all’Ospedale Buzzi, contro il niet mi-naccioso di Formigoni, Umberto Nicolini,deceduto nel 2008 per un tumore, si ribellòutilizzando un altro farmaco al posto dellaRu486 e uscendo indenne dall’inevitabile in-dagine della magistratura.Indenni da un’indagine della magistraturauscirono nel 2009 anche gli sperimentatoritorinesi.È certamente anche grazie a tutti costoro, senel 2007 la Exelgyn ha avviato per l’Italiaquella procedura che non aveva avuto il co-raggio di avviare nel 1999, ma è soprattuttograzie alle migliaia di donne che in questianni hanno usato la Ru486, sia in Italia cheall’estero. Ora, dopo la sconfitta di Eugenia Roccella edel suo portavoce, il ministro Sacconi, i loroemuli cercheranno di mettere i bastoni tra leruote, regione per regione, ospedale perospedale, sapendo di trovare terreno fertilenell’indolenza di politici locali e responsabi-li della sanità. Sin dall’inizio abbiamo sempre cercato di te-nere separate le questioni scientifiche-sani-tarie da quelle politiche, ma mai come inquesta vicenda – più ancora di come fu perla famigerata terapia Di Bella – politici in-competenti hanno cercato di strumentaliz-zare aspetti farmacologici, amministrativi epsicologici. Per questo è bene entrare nelmerito del percorso, chiarendo subito che

18PILLOLAABORTIVA

AUTODETERMINAZIONE

www.lucacoscioni.it

Venerdì, 18 Dicembre 2009Aborto in Spagna. Via libera per Zapatero Nessun dietrofront sull’aborto: la CameraBassa spagnola ha approvato ieri una del-le più polemiche leggi del governo di Za-patero. I socialisti hanno messo a segnol’ennesimo strappo su un terreno spinosocome l’interruzione volontaria di gravi-danza.

Avvenire Michela Coricelli node/5114405

Mercoledì, 16 Dicembre 2009L'assurda censura anti-staminali È stata intrapresa un'azione legale nei con-fronti del governo a tutela della libertà diricerca. II ministero della Salute ha emessoun bando per il finanziamento con fondipubblici di progetti dedicati allo studiodella biologia e del potenziale applicativodelle cellule staminali,«ad esclusione dellecellule staminali embrionali umane». Tutto scienze e tecnologieLa Stampa Cattaneo, Cerbai, Garagna node/5108330

Giovedì, 18 Dicembre 2009Oltre le chiacchere«Noi siamo stanchi, non abbiamo soltantoesaurito la pazienza, siamo addirittura al-la disperazione», e per una volta l' «addirit-tura» suona come un gemito di scandalo-sa verità. Così scrive Salvatore Usala, am-malato di Sla, in una lettera molto corteseal Ministro della Salute Fazio. Nell’articolola citazione della nostra iniziativa.

la Repubblica Filippo Ceccarelli node/5108479

Si fa presto a dire ricoveroRU486

Dopo un tira e molla durato decine di mesi l’Aifa haconcesso l’autorizzazione al commercio della pillolaabortiva. Ora gli anti-Ru486 tentano di stoppare il suoutilizzo attraverso la burocrazia delle Regioni. Ma nonpossono farlo, ecco perché.

Ricovero, ricovero, ricovero… E’ l’ultima litania cherimbalza sulla bocca di chiè contro la RU486 e di chi,pur favorevole, vede in essouno “stempera-polemiche”di buon senso. Accadde cosìgià per la sperimentazionedi Torino. In realtà, comeevidenzia lo schema, inpratica non cambia molto.Anche in caso di imposizio-ne del ricovero ordinario, inassenza di controindicazio-ni cliniche, la donna potràandare a casa nel pienorispetto della 194. Nelloschema, partendo da quat-tro indicazioni per laRU486, si intrecciano lesituazioni che si possonoverificare, evidenziandocome – a parte le specifichedisposizioni burocratichedelle singole regioni inmateria di permessi, DRG,ricoveri impropri e quan-t’altro – il ricovero ordina-rio sia un’arma spuntata. Ilday-hospital, in caso di per-manenza, diventerà unricovero ordinario. Si trattadi prevedere entrambi elasciare che sia poi la pra-tica clinica a stabilire illoro ruolo.

Page 19: Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

IVG < 49 GIORNI Documento 7 gg Certific. Urgente

(AIFA)

DAY HOSPITAL TERAPEUTICO PRIMO GIORNO

Colloquio Consenso Informato Mifegyne (RU486)

IVG < 90 GIORNI Documento 7 gg Certific. Urgente

(off-label)

ABORTO RITENUTO (off-label)

IVG > 90 GIORNI certificazione

Com. Direz. San.

(AIFA)

RICOVERO ORDINARIO PRIMO GIORNO

Colloquio Consenso Informato Mifegyne (RU486)

DAY HOSPITAL TERZO GIORNO Colloquio + Visita

Analogo Prostaglandina (una, due o dosi multiple)

CONTROLLO SECONDO GIORNO

(facoltativo)

DIMISSIONI VOLONTARIE

PERMESSO SANITARIO

RICOVERO SECONDO GIORNO

RICOVERO TERZO GIORNO Colloquio + Visita

Analogo Prostaglandina (una, due o dosi multiple)

IVG < 49 GIORNI E ABORTO RITENUTOVALUTAZIONE PER DIMISSIONE

ABORTO COMPLETO, ABORTO INCOMPLETOABORTO RITENUTO

GRAVIDANZA IN EVOLUZIONE

IVG > 90 GIORNI Proseguimento

ricovero fino all’espulsione

IVG < 90 GIORNI Valutazione intermedia

VISITA DI CONTROLLO A DISTANZA DI 10-14 GIORNI NB: Tutti i farmaci abortivi sono somministrati in ospedale. Ogni decisione è presa con la donna. In caso di revisione della cavità uterina o evacuazione chirurgica dell’utero i DRG del ricovero ordinario e del day-hospital da medici diventano chirurgici.

19CARCERE E GIUSTIZIA

AUTODETERMINAZIONE

www.lucacoscioni.it

Venerdì, 18 Dicembre 2009La legge 40 continua afare danni Nuovo macigno del governo sulla salute,sui diritti e sul portafoglio delle coppie ita-liane che fanno ricorso alla Procreazionemedicalmente assistita. Potrebbero esse-re costrette a pagare di tasca propria le spe-se per il congelamento degli embrioni so-prannumerari prodotti.

Left Avvenimenti Federico Tulli node/5114403

Domenica, 29 Novembre 2009 Potere Vaticano nelTrattato di LisbonaNell'indifferenza generale, il 1 dicembreentra in vigore il Trattato di Lisbona. Giu-liano Amato ha confermato che i capi del-l'Ue avevano «deciso» di rendere il nuovotrattato «illeggibile» per evitare che le rifor-me fossero seguite da proposte di referen-dum nei singoli stati membri.

Il manifesto Vera Pegnanode/5115163

Martedì, 16 Dicembre 2009Successo italiano nei trapianti di midollo osseoUna nuova tecnica cambierà il futuro deitrapianti di midollo osseo, scongiurando lamalattia del trapianto contro l’ospite e leinfezioni, spesso mortali, che subentrano.La ricerca della équipe del professor Mar-telli è stata discussa alla presenza di oltre10mila persone .

Il Giorno, Il resto del Carlino, La Nazione Gloria Ciabattoni node/5108215

TOMMASO CIACCA

Il 16 dicembre scorso il GIP di Pe-rugia, Dott. Massimo Ricciarelli, haarchiviato il fascicolo per omicidioa carico di ignoti per la morte di Al-do Bianzino, avvenuta nel carceredi Capanne nella notte tra il 13 e 14ottobre del 2007. Il decesso sareb-be attribuito a “cause naturali”,rappresentate dalla rottura di unaneurisma cerebrale mentre la le-sione al fegato riscontrata all’esa-me autoptico viene riconosciutacome conseguenza del massaggiocardiaco effettuato nel corridoioantistante alla cella n° 20 sezione 2B del carcere perugino. Nel fazzo-letto di tempo delle 36 ore di de-tenzione, poco più di 2000 minutiin tutto, due eventi rari si sonopresentati in uno stesso soggetto:l’incidenza per una emorragia darottura aneurismatica cerebralevaria dai 6 a 16 casi annui ogni100.000 abitanti, mentre il traumaepatico come conseguenza di ma-novre rianimatorie, in base ad al-cuni studi, ha una frequenza che siaggira intorno al 5%. Le osserva-zioni specifiche avanzate dai legaliperché si evitasse l’archiviazionenon sono state tenute in debitoconto. In particolare, come ha ri-cordato l’avvocato Massimo Zaga-nelli nella sede del Partito Radica-le durante una conferenza stampadel 18 dicembre 2009, non sonostate prese in considerazione le ri-sultanze macroscopiche ed istolo-giche che il perito medico legaleDott. Fortuni aveva sottolineatonella sua relazione secondo la qua-le la lacerazione del fegato di AldoBianzino “deve essere ritenuta con-seguenza di un valido trauma oc-corso in vita”. La decisione del GIPnon esaurisce quindi la sete di co-noscenza sulla vicenda, anzi acui-sce la richiesta di approfondimen-to sulle cause tecnico-scientifiche

della morte e su cosa è successo al-l’interno del carcere in quelle ore.Ricerca del vero innanzitutto, persuperare le tante zone d’ombra an-cora presenti, senza alcuno spiritodi vendetta né di colpevolizzazionea priori. È questo che fin dall’iniziocome radicali ci ha spinto a pren-dere posizione, ad agire, ad appel-larci alle Istituzioni perché il Dirit-to viva dentro e fuori dal carcere.Trasparenza, legalità, rispetto deidiritti umani a partire da quel luo-go che sempre di più si profila co-me “fuorilegge” nel nostro Paese.Non ci arrendiamo quindi e sare-mo al fianco di Rudra, il figlio sedi-cenne di Aldo, in questo percorso.Nella consapevolezza di quanto as-surde, inutili o meglio dannose sia-no le leggi proibizioniste in Italia.In fondo, alla radice del dramma diun’intera famiglia (così come ditante altre) c’è questo dato di fatto.Si mette in galera chi coltiva peruso personale una sostanza comela cannabis, il cui uso riguarda mi-lioni di persone e si prosegue nellacrociata ideologica della “guerra al-la droga” così ben rivendicata dalgoverno Berlusconi dalla comuni-tà incontro di Don Pierino Gelmi-ni. La politica dovrebbe compren-dere in quanta ipocrisia siamo im-mersi, di quanti danni vengonoprodotti da leggi criminogene perle quali gran parte della dirigenzaradicale ha perso l’elettorato passi-vo alle elezioni amministrative sce-gliendo la disobbedienza civile co-me strumento di lotta e di promo-zione di verità. Il regime partito-cratico che ci troviamo ad affronta-re appare tetragono sul fronte dellaproibizione ad ampio spettro (dro-ghe, sessualità, ricerca scientifica,internet ecc..) e proprio per questoè necessario armarci il più possibi-le nella speranza che una brecciain queste apparenti poderose mu-ra possa essere aperta.

Archiviazione di StatoIL CASO

Il caso di Aldo Bianzino, archiviato dal Tribunale di Perugiaperché morto in cella per cause “naturali”, rappresenta tuttoinsieme quel caso Italia che collega insieme proibizionismo,carcere e malagiustizia.

“Non c’erano gli estremi per

archiviare il casodi mio padre,

perché c’erano eci sono troppe

zone d’ombra suquesta storia.

Vorrei la verità,non che vengaammesso quel

che posso pensare, ma con

sicurezza minima quel che è successodopo due anni

in un postoristretto come ilcarcere. Vorreisapere solo la

verità, non qualcosa diimpossibile”

Rudra Bianzino

non vi è bisogno di alcun intervento delleRegioni e che nel percorso farmacologico ladonna è meno sola di quello chirurgico, am-messo che per la donna sia meglio rimanereda sola in ospedale – senza necessità medica– piuttosto che con la sua famiglia e i suoi ca-ri. Quando la Roccella parla di tutela della don-na e di solitudine, non si identifica affattocon la donna che ha chiesto di abortire, mapensa solo di imporre un periodo di reclu-sione per scoraggiare l’uso della RU486. O siparte dall’interesse della donna, dalla suacondizione personale, familiare e lavorativa,offrendo una pluralità di soluzioni nell’af-frontare l’aborto, o si rimane arroccati suuna posizione ideologica colpevolista, an-che quando con tanta ipocrisia si nega di vo-lere privilegiare l’embrione alla donna. Chi,come me, pratica gli aborti ha una marcia inpiù perché sa esattamente cosa accade e co-sa vogliono le donne.Nella determina l’AIFA autorizza la RU486per le quattro indicazioni previste dall’Agen-zia Europea dei Medicinali (EMEA). Anchese l’uso principale riguarderà l’IVG fino a 49giorni e quella oltre il 90° giorno, il farmacopotrà essere utilizzato “off-label” per altre in-dicazioni come accade per qualsiasi altrofarmaco. In particolare anche per l’aborto ri-tenuto, cioè quando la gravidanza si è inter-rotta, ma non è ancora avvenuta l’espulsio-ne.Nel 2007, in Lombardia, a fronte di 151.699ricoveri in Ostetricia e 88.148 nati vivi, vi so-no stati 22.468 IVG (21.775 < 90 giorni, 614 >90 giorni), 5.403 aborti spontanei e 8.671aborti ritenuti. Per gli aborti ritenuti, prenotando il ricove-ro, si è accettato il rischio di “espulsione adomicilio, per strada o al lavoro” in quasi tut-ti i 2951 ricoveri ordinari e i 4.720 day-hospi-tal. La tanto sbandierata “espulsione a domi-cilio” è sicuramente avvenuta in 254 casi diaborto ritenuto ed in almeno 5.000 casi diaborto spontaneo. Possiamo così dire che nella Lombardia del-l’antiabortista Formigoni le donne hannocorso tutti quei rischi che la Roccella vorreb-be fare evitare trattenendole come punizio-ne in ospedale le donne della 194. Ebbenel’art. 8 della 194 dice che la donna può “otte-nere in via d’urgenza l’intervento e, se neces-sario, il ricovero”. Ovviamente l’interventopuò essere medico o chirurgico … e può es-sere effettuato anche “presso poliambulato-ri pubblici adeguatamene attrezzati, funzio-nalmente collegati agli ospedali” … che sia-no i Consultori?In ogni caso, appena sarà disponibile, i me-dici potranno ordinare il farmaco alla farma-cia del proprio ospedale e questo è un gran-de passo avanti.

Page 20: Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

Apatia da terrore SEVERINO MINGRONI*[email protected]

Sono troppo disabile, troppo un peso per mammae sorella, soprattutto in Italia che non prevede as-sistenza domiciliare per noi lockedin a casa, e nonsolo lockedin. Alcuni anni fa, mia madre mi riferì -mi pare nel 2000 - che al Santo Stefano, nei primi 5mesi del 1997 soprattutto, la invitavano a lasciarmilì per sempre, perché nel nostro Paese non c’eral’assistenza domiciliare adeguata per me: di con-seguenza, sarei stato a totale carico della famigliae, secondo loro, la famiglia non era in grado diprovvedere a casi come il mio. Mia madre rispose che sarebbe morta di crepacuo-re sapendomi per sempre in un Istituto, sia pureadatto a me come il Santo Stefano; mio padre, miasorella e mio cognato anche, non volevano affattoche io rimanessi lì per sempre. E così, lunedì 23giugno 1997, tornai a casa. Ma altri disabili gravis-

simi come lo scrivente, sono ancora in quell’Isti-tuto: se fossi restato con loro, difficilmente avreiconosciuto Luca Coscioni! Ebbene, sono passati più di quattordici anni dalmio ritorno a casa, ma l’assistenza domiciliare ècome allora: praticamente inesistente. Sì, siamo atotale carico della nostre famiglie. Tuttavia, nelmio caso, mio padre è morto 5 anni fa, mia madreha ormai 75 anni, mia sorella ha pure una famigliasua e mio cognato lavora, anche se è costretto a fa-re l’assistente informatico del sottoscritto. E io,con la mia pessima vista e otosclerosi bilaterale so-prattutto, ho il terrore di finire in un Istituto. Ulti-mamente questo terrore mi perseguita tutto ilgiorno, e mi toglie la voglia di fare qualsiasi cosa.

* Severino è locked-in e Consigliere generale dell'Associazione

Monoteisti e maschilisti“IL CANTO DELLE SPOSE” DI KARIN ALBOU

GIANFRANCO CERCONE

Le ragioni di interesse di un filmnon sono sempre soltanto arti-stiche. Per esempio “Il cantodelle spose”, della regista france-se Karin Albou ha anche il meri-to di raccontare una realtà stori-co-sociale dimenticata o ignotaai più. Il suo film è ambientato aTunisi, nel corso della secondaguerra mondiale, e precisamen-te al momento dell’occupazio-ne nazista della città. La Tunisiaera allora una colonia francese.E in Francia era stato instauratoil governo collaborazionista delmaresciallo Petain. Così anche aTunisi soldati tedeschi e france-si “collaboravano”: per esempio,al rastrellamento degli ebrei. Nelcontempo la Tunisia venivabombardata dagli aerei statuni-tensi. Tale contesto storico ser-ve in particolare alla regista, permettere in luce come la guerraabbia lacerato l’armonica con-vivenza, fino ad allora consoli-data, tra ebrei e musulmani.Una convivenza conforme adalmeno un passo del Corano, ci-tato nel film: quello che predicala concordia tra confessioni re-ligiose, almeno fra quelle mono-teiste.E invece, ecco che i nazisti fo-mentano l’antisemitismo degliarabi; inveiscono, già allora,contro gli intrusi ebrei in Palesti-na; additano gli ebrei come i re-sponsabili della guerra e delledisuguaglianze sociali in Tuni-sia; e accusano gli americani didifenderli. Convincono così unaparte della popolazione musul-mana a collaborare con loro, de-nunciando la presenza di ebreisul territorio. I collegamenti diquesta pagina di storia con l’at-tualità sono evidenti; senza tut-tavia che la regista ne traggaesplicite conclusioni. Le affida

alla riflessione dello spettatore.Di certo le sta a cuore un invitoalla tolleranza, di cui è emblemanel film l’amicizia fra due ragaz-ze, una ebrea, l’altra musulma-

na. Un’amicizia che – dopoqualche scossone – resiste allapropaganda nazista. Non è uncaso che le protagoniste sianoproprio fra due ragazze; perché

l’altro temaportante delracconto èl’oppressionedella donnanella societàd e l l ’ e p o c a ,tanto fra i mu-sulmani quan-to fra gli ebrei.Si parla deim a t r i m o n icombinati, neiquali la ragazzaveniva mer-canteggiata dalfuturo sposocon i suoi geni-tori (e il suoconsenso nonera determi-nante); e del-l’obbligo per ladonna di pre-sentarsi vergi-ne alla primanotte di nozze.Si assiste a unascena moltocruda: la rasa-tura del pubedella ragazzaebrea, richiestadal marito, ap-punto per laprima notte dinozze (secon-do l’uso orien-tale, viene det-to). Tale rasatu-ra è praticatada una donnamatura, evi-dentementeesperta in que-ste faccende,a p p l i c a n d o

sulla parte del corpo interessa-ta, del caramello fuso. E’ un pro-cedimento doloroso, che vienedescritto nei dettagli e in tutte lefasi, finendo così per assumere

il valore di un simbolo: il simbo-lo di una violenza contro le don-ne che è più generale e ha tantesfaccettature.Ho anticipato che “Il canto dellespose” ha forse più ragioni di in-teresse storico-politico, che ar-tistico. Ma beninteso, non è pernulla un brutto film. Forse, co-me accade ai film dove l’interes-se dell’autore per il contenutoprevale sul piacere di racconta-re, i personaggi e i fatti, sono avolte un po’ schematici; proprioperché in funzione di un mes-saggio da comunicare; di unmale “civile” da denunciare. Ep-pure il film annovera alcuni mo-menti senz’altro belli.Fra gli altri, quelli in cui si de-scrive la società femminile del-l’epoca. Dico: “società femmini-le”, perché in un contesto così ri-gidamente maschilista, le don-ne hanno riti, costumi e spazi,separati da quelli degli uomini.Che ci si trovi nella piscina del-l’hammam (il bagno turco), ofuori dalla camera da letto dovesi celebra il primo amplesso co-niugale (nell’attesa che lo sposone esca esibendo il lenzuolomacchiato di sangue), le donneappaiono spesso ingenuamen-te festose, in maggioranza anco-ra non sfiorate dalla coscienzadella propria oppressione; op-pure rassegnate al dolore comese si trattasse di un destino na-turale. Nel bagno turco, poi, trai balli e gli scherzi, prende cor-po, soltanto allusa, una tensio-ne omosessuale; di quella parti-colare omosessualità che è in-centivata dalla repressione deirapporti eterosessuali.

@pprofondisciPer leggere tutte le altre recensio-ni di Agenda Coscioni, clicca quiwww.lucacoscioni.it/tag/cinema

Un viaggio nella società femminile di Tunisi anni quaranta che è anche invito alla tolleranza e denuncia di un male “civile”.

20PARIOPPORTUNITÀ

CINEMA

Page 21: Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

21OSCURANTISMOSENZA FRONTIERE

PAGINA 3

MATTEO ANGIOLI

David Nutt è professore di medi-cina, nell’unita di psicofarmaco-logia, all’università di Bristol edha una cattedra anche all’Impe-rial College di Londra. Era il prin-cipale consigliere del governo,nel-lo specifico del Ministro della sa-lute Alan Johnson, e presidentedell’Advisory Council on the Mi-suse of Drugs (ACMD),un organoincaricato di fornire al governol’assistenza di tecnici ed esperti delsettore.Il 30 ottobre,è stato invita-to a dimettersi dopo aver dichia-rato che ecstasy e LSD sono menopericolosi dell’alcol.

Dottor Nutt, innanzitutto, nélei, Presidente dell’ACMD, néi suoi colleghi membri delConsiglio, eravate pagati giu-sto?

Giusto.

Ed è stato licenziato a causadi opinioni divergenti conquelle del ministro della Salu-te. Lei e i suoi colleghi soste-nente che si tratta di unaquestione di «libertà di paro-la». In che senso?

Non sono del tutto sicuro del per-ché sia stato licenziato. Il Ministrodella Salute ha detto molte cosesbagliate nella sua ricostruzione.L’unica cosa che ha detto senzasbagliare è che non aveva più fi-ducia in me e su questo non honulla da dire perché non mi hadetto il motivo di questa perditadi fiducia. Ha anche detto che ri-teneva che io stessi portandoavanti una campagna contro ledecisioni del governo. Ma non èvero. Non stavo conducendo nes-suna campagna contro il gover-no, stavo semplicemente facendonotare che in questo paese le leg-gi sulla droga non hanno alcunabase scientifica.

Infatti lei ha dichiarato cheora che il Consiglio è divenu-to “insostenibile”, il governodovrà prendere una decisio-ne su un nuovo tipo di canna-bis detta “spice” senza alcunsupporto scientifico. Cosa fa-rete in proposito?

Bisogna essere chiari su questo, lelinee guida sulla “spice” sono sta-te fornite al governo dal Consiglioprima che divenisse insostenibi-le. Sono direttive preparate pocoprima che venissi licenziato.

Un altro membro del Consi-

glio, Les King, auspica lacreazione di un ACMD indi-pendente. Lei è d’accordo?

Totalmente. Proprio in questigiorni sto creando un mio nuovogruppo. Sarà un gruppo indipen-dente formato da scienziatiesperti in materia di droga e di te-mi ad essa legati. Spero che que-sto nuovo Consiglio sia ratificatodal governo, e se non lo sarà con-tinueremo ad essere indipenden-ti e a promuovere la verità sulledroghe.

Ma così non rischia di entrarein concorrenza con l’ACMD?No, perché il gruppo scientificoche sto creando studierà i danniprodotti dalla droga, mentre nel-l’ACMD in pratica non ci sono piùscienziati. Il mio gruppo saràmolto più preparato, avrà solidebasi scientifiche. Se l’ACMD saràriformato credo che si focalizzeràsoprattutto sugli aspetti politici.

Quindi c’è il rischio che il go-verno crei un organo che fun-zioni quasi da portavoce delgoverno stesso?

Credo proprio di sì. Se non cam-biano le regole sull’interferenzaministeriale nei temi che toccanola scienza, il nuovo Consiglio nonavrà mai la fiducia di nessunoperché il presidente potrebbe es-sere licenziato dal Ministro ogniqualvolta qust’ultimo non gradi-sca i suoi consigli usando comemotivazione la “perdita di fidu-cia”. Per questo credo che il nuo-vo ACMD funzionerà soltanto sesarà veramente indipendente.

Quand’è che il governo ha co-minciato a ignorare o a tene-re sempre meno in conside-razione il vostro parere?

Circa quattro anni fa.

E anche se non c’era semprel’unanimità, il vostro era co-munque un gruppo compat-to?

Sì, molto, i disaccordi erano po-chissimi. E’ un gruppo numeroso,28 persone e la grande maggio-ranza sempre d’accordo.

Pensa che le prossime ele-zioni porteranno qualche no-vità? Crede che le cose an-drebbero diversamente sottoun governo conservatore?

Forse sì. Certamente l’attuale lea-der Tory ha un’esposizione mag-

giore in tema di droga rispetto aiministri di questo governo. Perquesto potrebbe avere un altroapproccio, ma comunque è diffi-cile da dire. Finora i Tories nonhanno detto granché sulla droga,tranne in qualche occasione direche non sono sicuri dell’utilità diun consiglio come l’ACMD! Pro-babilmente pensano che è com-pito dei ministri soltanto decideresulla classificazione delle droghe,e non degli esperti. Sarebbe mol-to preoccupante.

David Cameron ha dichiara-to di sostenere l’attualeclassificazione della canna-bis, da C a B.

Sì, strano, visto che da giovane haquasi rischiato l’espulsione dascuola perché trovato in possessodi cannabis. E se allora fosse statocondannato oggi non potrebbeessere alla guida del suo partito. Inogni caso è difficile dire se le cosepeggioreranno con i conservato-ri al governo.

Cosa pensa della promessadel Ministro Johnson di scri-vere ad ogni membro del-l’ACMD per spiegare il perchédelle decisioni prese che van-no contro il vostro parere?

Non è nulla di nuovo. Il Ministrodegli Interni lo ha già fatto altrevolte in precedenza. Non ha fattonessuna concessione. Si è rifiuta-to di accettare il fatto che il mio li-cenziamento fosse un errore. Efinché non lo riconoscerà, nessu-

no scienziato che abbia un po’ dirispetto per se stesso accetterà dilavorare per lui perché il suo giu-dizio sarà inaffidabile.

Il Consiglio aggiorna regolar-mente il governo o è convoca-to solo quando è necessario?

No, siamo un organo permanen-te. La legge dice che il governonon può cambiare le leggi sulladroga senza previa consultazionecon l’ACMD. È così fin dal 1971. IlCongilio produce una mole di la-voro notevole, ma il problema èche adesso tanti membri si sonodimessi e quindi molte funzionidel Consiglio vanno avanti zoppi-cando.

Quindi il governo deve averela vostra approvazione percambiare le leggi sulla droga?

Deve avere il nostro parere. Fi-no a quattro anni fa venivamoascoltati, ma da quando è arri-vato Gordon Brown questo nonavviene più.

Nel 2009, nella città messica-na di Ciudad-Juarez, sul con-fine tra Messico e Stati Uniti,ci sono stati 2200 morti vio-lente per cause legate al traf-fico della droga. Alcuni mem-bri del Consiglio municipaledella città messicana hannoallora proposto la depenaliz-zazione del possesso di can-nabis. Ma il sindaco vi si è op-posto. Cosa ne pensa?

Credo che dovremmo affrontareil problema della droga a menteaperta. Certamente nel RegnoUnito dovremmo considerarestrategie come la depenalizzazio-ne perché l’attuale tentativo dimantenere il regime di controllosta recando danno al nostro pae-se e non solo. E’ evidente che nonstiamo vincendo la guerra alladroga, anzi miete sempre più vit-time. Dunque forse dovremmoprovare in altri modi, anche senon penso che esista una strate-gia sicura al 100% per quanto ri-guarda il problema della droga.

In quanto scienziato, lei con-sidera possibile legalizzarlarendendola così come altrealtre sostanze da trattare conle dovute precauzioni?

La legalità eliminerebbe il crimi-ne, ma potrebbe generare unmaggior consumo e quindi piùdanno, specialmente se la drogadovesse essere commerciata co-me lo sono l’acohol o il tabacco.Non c’è una via d’uscita ovvia, tut-tavia credo valga la pena prende-re in considerazione tutte le op-zioni. Vedrei con favore una posi-zione ibrida di decriminalizzazio-ne per l’uso personale e per lavendita di alcune droghe come lacannabis, come accade in Olandaper esempio. Quel tipo di approc-cio potrebbe essere utile e non ri-sulterebbe troppo scandaloso oprovocatorio per i governi occi-dentali.

Licenziato dal Governo britannicoperché sulle droghe credo alla scienza

INTERVISTA A DAVID NUTT

Il principale consigliere del Governo, invitato a dimettersi per aver dichiaratoche ecstasy e LSD sono meno pericolosi dell’alcol, intervistato in esclusivada Agenda Coscioni

Per tutti coloro che si vedono costretti a 900euro al mese a importare farmaci a base dicannabis come il Bedrocan, esiste la possibi-lità di fare ricorso contro il Ministero, laRegione, la propria Asl per chiedere l’approvi-gionamento gratuito del farmaco. Grazieall’iniziativa giudiziaria di un paziente di scle-rosi multipla abruzzese e dei suoi avvocatimettiamo a disposizione un modello didenuncia che potrà essere adattato al singolocaso. Chi è interessato può scriverci a:

[email protected]

mentre la pagina di riferimento di SoccorsoCivile sulla cannabis terapeutica è:

http://www.lucacoscioni.it/node/10129

CANNABIS TERAPEUTICA

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ANGIOLO BANDINELLI

Come emerge da recenti conve-gni e pubblicazioni, si sta facen-do strada, direi, la nozione cheMario Pannunzio sia stato ilpunto massimo di coagulo perla possibile nascita di un libera-lismo moderno, non conserva-tore, dinamico, aperto. Ma ri-tengo che il problema di ogginon sia quello, che appare no-stalgicamente anche nelle pie-

ghe di un recente convegno mi-lanese sponsorizzato dal “Cor-riere della Sera”, di evocare o in-vocare possibili eredi di Pan-nunzio cui delegare la nascita diun nuovo-vecchio partito libe-rale. Proprio per la sua forma-zione (che era anche la sua for-za) Pannunzio non capì che inuna società di massa, nell`Itacadalle gracili radici liberali, nonc`era spazio per un partito or-ganizzato attorno al linguaggioe alle strutture del liberalismoclassico, anche se mutato di no-me come lui volle - da liberale aradicale. Nella mia scarsa e ina-deguata esperienza, a un certopunto decisi di abbandonare,con dispiacere, la navicella delMondo per aggrapparmi aquella che allora appariva pocopiù che una zattera, il gruppodei giovani radicali che si racco-glieva dietro a Marco Pannella.Qualcosa nei meccanismi poli-tici, organizzativi e di “linguag-

gio” messi in moto dal giovaneleader aveva, ai miei occhi, po-tenzialità ben più affascinanti eforiere di affermazione di valoriliberali. In primo luogo, l’averposto come centrale della pro-pria iniziativa una rigorosa ten-sione alternativa, ancorata allanonviolenza gandhiana e al-l’azione diretta di sapore liber-tario che fosse correttivo inno-vatore proprio in termini di teo-ria politica - rispetto alla logicadel liberalismo classico. Questatensione consentì ai pur ine-sperti giovani pannelliani di ge-stire, in forme straordinaria-mente efficaci, la campagna di-vorzista ed altre fondamentalibattaglie per l’obiezione di co-scienza o per la legalizzazionedell’aborto, e di mettere poi afuoco quella strategia referen-daria che consentì a grandimasse popolari di deliberare sutemi essenziali - dal Concorda-to al sostituto d’imposta, dal co-dice Rocco alla legge Reale, da-gli ordini professionali al finan-ziamento pubblico dei partiti,ecc., - occhiutamente control-lati dalla “casta” partitocratica.E non è un caso se oggi i conti-nuatori di quei giovani costitui-scano l’unica forza organizzata- la cosiddetta “galassia radica-le” - che sappia confrontarsi suitemi etici o, detto meglio, dei di-ritti civili oggi al centro del di-battito politico, non solo in Ita-lia. Concluderemo che questagalassia è l’erede di Pannunzio?La domanda è malposta e unaqualsiasi risposta sarebbe privadi senso. Ciò che conta è che ilradicalismo pannelliano è damezzo secolo - persino in con-tinuità giuridica con il partito diPannunzio - protagonista dicampagne laiche, di autenticoumanesimo, che sarebberoproprie del partito liberale chetutti invocano ma che non c’è.Forse, la massima intuizionedel giovane Pannella fu l’avercompreso che per modernebattaglie di libertà occorrevadar loro corpo, una vera e pro-pria corposità fatta di carne,sangue e ossa - pubblica, visibi-le e dunque mediatica - capacedi parlare non tanto con loscritto ma con la parola e so-prattutto con l’immagine, il se-gno, la “cifra”: insomma con labiografia. Pannella ha messo ingioco, appunto, il proprio cor-po, che si dimostrò essere poi ilcorpo del Partito radicale fattodelle presenze e biografie diquanti, per un’ora o per una vi-ta, sono passati di lì. Questi te-mi affronta, per darcene unarappresentazione di prima ma-no, l’intervista a Marco Pannel-la raccolta da Stefano Rolando –“Le nostre storie sono i nostriorti (ma anche i nostri ghetti)” -in dodici ore di conversazioninelle quali il leader radicale haripercorso la sua vita, dall’ado-lescenza agli ottanta anni di og-gi. Tra risposte e battute, Pan-nella parla del proprio vissutopolitico, di sé come “monu-

mento virtuale e ancora ingom-brante”, come sorride l’introdu-zione. Ma, avverte Rolando,questo è un modo per raccon-tare storia: la storia del “cittadi-no” come anche dello “Stato”,“declinato come norma, comevalore, come farsi e disfarsi diprincipi, come affermazione disé e negazione di sé perché su-perato dall’Europa, dalla mon-dializzazione, dalle transnazio-nalità”. Pannella definisce lapolitica radicale come porta-trice di “un trittico di strumen-ti: la democrazia parlamenta-re, con il sostegno di quella re-ferendaria e delle azioni non-violente”. Un trittico insieme li-bertario e liberale. L’intervista spazia sui temi della“durata” - che per Pannella è la“forma” delle cose, e dunque diquesto suo partito vivo e ope-rante a 57 anni dalla nascita - odella costruzione del “bene”, deldialogo piuttosto che della “di-struzione” dell’avversario o del“male”, della attenzione per re-stare sempre “in sintonia conuna vasta domanda sociale didiritti e libertà”. Vi risuona, co-stante, il leitmotiv della “unitàlaica delle forze” (piuttosto chedella “unità delle forze laiche”)chiave di volta di una strategiavolta alla costruzione di una al-ternativa “di classe” alle attualiclassi dirigenti di regime. Cen-trale è l’attenzione al confron-to con il mondo comunista pri-ma espresso da Togliatti o daBerlinguer e quindi arenatosinei tentativi, ancora in corso,di evolvere in una forza di de-mocrazia liberale. In speculareparallelo, il rapporto con la Dce il mondo cattolico, mai incerca di un dialogo truccato oviziato ma di un aperto con-fronto sui grandi temi della vi-ta e della speranza, come ac-cadde con la campagna sullaFame nel mondo, quando fuevidente il dialogo alla lontanacon Giovanni Paolo II. Manca nel libro una esplicita ri-flessione teorica sulla prassi ra-dicale. Pannella è poco propen-so alle teorizzazioni generali(ha sempre detto no alla “rifles-sione sulla riflessione”). C’è pe-rò da chiedersi, a questo punto,come mai il ricco patrimonioradicale sui temi della demo-crazia, dello stato di diritto, del-la crisi (Pannella la definisce la“peste italiana”) e degli stru-menti per superarla a partiredalla questione della forma-partito, etc., non abbia invoglia-to l’accademia storico-politicaitaliana ad una attenzione criti-ca non chiusa in un ritrattinoangustamente politologico. Einfine: la lettura più adeguatadella vicenda radicale dovrebbeforse partire dalla dimensioneinternazionale, analizzando losforzo, il tentativo di arrivare ilpiù vicino possibile alla creazio-ne di un Partito Transnazionaleche possa affrontare i temi delfederalismo istituzionale, euro-peo ma non solo, di un diritto e

una giurisdizione transnazio-nale o, infine, della vagheggiata“Organizzazione Mondiale del-la e delle Democrazie”, punto diapprodo delle vittoriose cam-pagne sulla moratoria della pe-na di morte e sul tribunale in-ternazionale. Con gli scarsimezzi a disposizione, intanto

Pannella si appresta a un diffi-cile “Satyagraha di verità”,puntato di nuovo sulla que-stione irachena con la infelicesua gestione da parte dell’occi-dente ma in particolare diBlair, e sulla campagna perl’autonomia del Tibet e la de-mocrazia cinese.

Battaglie di altri tempi: quelli futuriECCO IL PARTITO LIBERALE CHE TUTTI INVOCANO

Nel magma dell’intellettuale collettivo radicaleCOME È NATA L’INTERVISTA DI ROLANDO AL LEADER RADICALE

GIANFRANCO SPADACCIA

Un giorno dell’estate scorsa, atarda sera, ricevetti una telefo-nata da Marco Pannella. “Sonoqui con Stefano Rolando che miha fatto un lunga intervista cheha pazientemente trascritto.Avremmo bisogno, lui ed io, chetu la rileggessi e ci facessi averele tue osservazioni e i tuoi con-sigli. L’idea di Stefano Rolando èdi farne un libro. Io sono invecemolto incerto. Però avremmobisogno delle tue osservazioni edei tuoi giudizi entro domanimattina perché Rolando vorreb-be integrare l’intervista”. Eranole 22, il testo non l’avrei avutoprima di un’ora. In pratica, co-me spesso gli capita con le per-sone più diverse, mi stava chie-dendo di passare la notte a leg-gerlo e a stendere appunti. Lui èfatto così, assolutamente con-vinto che svegliarti in piena not-te per chiederti di fare una cosao chiamarti a tarda sera per im-pegnarti in un lavoro che occu-perà gran parte della notte, è unsegno di attenzione, un coinvol-gimento, una richiesta d’aiuto dicui puoi essergli solo grato.In effetti passai la notte a leggere iltesto dell’intervista già stampatain bozza con lo stesso titolo e conuna copertina provvisoria recan-te una recente foto di Pannellacon la stella gialla. L’introduzionedi Rolando e l’appendice, comegran parte delle domande e dellerisposte, erano le stesse dell’edi-zione che è stata poi pubblicata ilmese scorso da Bompiani. Inviai poi una e-mail nella qualeesprimevo un giudizio positivo sul lavoro di Stefano Rolando,sulla sua introduzione e sulle sue domande: un autore che hadimostrato di avere i due requisiti che sono necessari per ga-rantire il successo di una lavoro di questa natura, una relativalontananza prospettica dalla vicenda radicale insieme a unaattenzione e a una simpatia (in cui è presente anche una sen-timento di gratitudine, merce rara in questo paese) per l’in-gombrante personaggio Pannella. Mi era (e mi è) invece più difficile esprimermi sul contenuto del-le risposte di Marco proprio per l’intreccio profondo che, nellevittorie e nelle sconfitte, nel consenso e perfino nel dissenso, hacaratterizzato le nostre rispettive vicende biografiche in cui idee,sentimenti, obiettivi politici, aspirazioni civili hanno sempreavuto una parte predominante. Ma espressi l’opinione che il la-voro dovesse essere portato a compimento e non solo per la ra-gione pratica, e financo opportunistica, che i radicali in questomomento ne avevano bisogno, ma anche perché Pannella hainondato della sua parola gli archivi sonori non solo di Radio Ra-dicale, lasciando deserte di proprie opere narrative o saggistichele biblioteche d’Italia. Tanto che uno dei suoi rari scritti - la famo-sa introduzione al libro di Valcarenghi, da Pasolini fino a Sofriconsiderato il manifesto della nonviolenza italiana -, costituisce

C’è da chiedersicome mai il riccopatrimonioradicale sui temi dellademocrazia,dello stato didiritto, non abbiainvogliatol’accademiastorico-politicaitaliana ad unaattenzionecritica nonchiusa in unritrattinoangustamentepolitologico

22IL LIBROINTERVISTA

LE NOSTRE STORIE

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23IL LIBROINTERVISTA

LE NOSTRE STORIE

VALTER VECELLIO

Caro Marco, ce l’ha fatta, final-mente, qualcuno a “incastrarti”,a convincerti a mettere, nero subianco, qualche pagina che an-dasse al di là delle due cartelle, ecostringerti a parlare di te, cioèanche – un po’ – di noi, dei radi-

cali che siamo, di quello chevuoi e del perché, il come, il do-ve, il quando… Parlo del libroappena uscito, trovato in bellaevidenza su un bancone della li-breria, e che – c’è da giurarlo –molto preso sarà molto meno“pila”, perché questo tuo/vostro“Le nostre storie sono i nostri

orti, ma anche i nostri ghetti”, leduecento pagine di conversa-zione che Stefano Rolando hamesso insieme per Bompiani, èil libro che si attendeva da tem-po, e finalmente eccolo… (…) Prendiamo una notazionedi Rolando, che mi pare felice:“Per situare Marco Pannella nel-la memoria collettiva degli ita-liani abitualmente si citano isuccessi referendari. Io sono ve-nuto a Bruxelles con una solabreve annotazione sul taccuino.Questa: “Dove il potere nega, informe palesi ma anche conmezzi occulti, la vera libertà,spuntano ogni tanto uominiispirati come Andrei Sacharov eMarco Pannella che seguono laposizione spirituale più difficileche una vittima possa assume-re di fronte al suo oppressore. Ilrifiuto passivo. Soli e inermi, es-si parlano anche per noi…”. E’un brano di un articolo scrittoda Eugenio Montale, pubblica-to sulla prima pagina del Corrie-re della Sera nel 1974, recupera-to poi per una plaquette in oc-casione del tuo settantanovesi-mo compleanno. E non soloMontale…Ha ragione Rolandoquando, al termine delle con-versazioni, e dopo aver letto ilmateriale raccolto, dice di capi-re perché, di volta in volta haisaputo affascinare Pier PaoloPasolini e Leonardo Sciascia,Elio Vittorini e “….fors’anchepapa Wojtyla e, in cauda persinoGiulio Andreotti. Molti politicipoi hanno sognato di essere unpo’ pannelliani, sapendo loro(hanno maliziosamente pensa-to) come riequilibrare poi que-sto lato donchisciottesco con iloro diversi principi di realtà. Eproprio qui è cascato e cascal’asino…”. Asini no, che non si ra-glia e non si comprende la linguaasinina; ma cascati, siamo casca-ti in tanti, non solo Rolando…(…) Scrivendo di te sullo spa-gnolo “El Pais” (perché quell’ar-ticolo in Italia nessun giornale lovolle pubblicare), LeonardoSciascia ha osservato che spes-so sei costretto a delle “sorties”che appaiono a volte funambo-lesche e grossolane per richia-mare l’attenzione degli italianisull’esistenza del diritto e riven-dicare tale esistenza di fronte aigiochi di potere che appuntonel vuoto del diritto la politicaitaliana conduce; e aggiungeva,

quasi un inciso: “lui, che a benconoscerlo, è uomo di grandeeleganza intellettuale…”. Ecco:chi legge “Le nostre storie sono inostri orti” comprende cosaSciascia intendeva dire; e si ca-pisce anche perché, intervistatoda “Le Matin”, vent’anni e passaanni fa, Jean-Paul Sartre a uncerto punto abbia detto: “UnPartito Radicale internazionale,che non avesse nulla in comunecon i partiti radicali attuali inFrancia? E che avrebbe, adesempio, una sezione italiana,una sezione francese, ecc.? Co-nosco Marco Pannella, ho visto iradicali italiani e le loro idee, leloro azioni; mi sono piaciuti.Penso che ancora oggi occorra-no i partiti, solo più tardi la poli-tica farà a meno dei partiti. Cer-tamente dunque sarei amico diun simile organismo internazio-nale”. Degno continuatore di Al-do Capitini e di Danilo Dolci, hascritto Guido Calogero; e un altrodimenticato, Arrigo Benedetti:“Pannella è uno di quegli italianiseri nell’intimo che non hannopaura di essere presi per buffoni.E perché crede in un’altra Italiache esiste, appena celata dal velodegli opportunismi…”.(…) Tu ora sbufferai dicendoche sono storie prive di impor-tanza, che lasciano il tempo chetrovano. Lasciami dire che qui tisbagli. Credo al contrario cheaiutino molto a capire quelloche siamo, che siamo stati, chesaremo. Gli anarchici, per esem-pio: sono una presenza “carsi-ca”: Salvemini scriveva su rivisteanarchiche; Rossi ha pubblicatoalcuni libri in una casa editriceanarchica; tu ogni tanto ci parlidi quando conoscesti Pino Pi-nelli, e di come – anche lui con-tro una certa tradizione – sfilas-se con i radicali, da Milano aVincenza, durante le primemarce antimilitariste; ma si pos-sono fare altri esempi: se neglianni della tua esperienza parigi-na riesci a montare un finimon-do e alla fine ce la fai a far riapri-re il “caso Arancio”, quell’italo-magrebino accusato e condan-nato ingiustamente di un delit-to, azzardo troppo se dico chegià li si può cogliere un primomanifestarsi della tua ossessio-ne per la giustizia? Tante cosedell’oggi le ho potute cogliere emeglio comprendere alla luce diquelle di “ieri”…E poi, concetti,

elaborazioni che ormai sonocarne della nostra carne: quan-do dici che fin dai primi annidell’Unione Goliardica la paro-la d’ordine era: “Democrazia co-me legalità”; “antenata di quelconcetto riassunto in “Non c’è

pace senza giustizia”. Oppurequando racconti della tua (tuadi “Sinistra Radicale”) sfida aPalmiro Togliatti, che non ven-ne compresa neppure dal“Mondo” di Pannunzio e daglialtri che ti criticarono pesante-mente. La proposta era in quel-lo slogan che era un vero e pro-prio programma politico, ela-borato, se ricordo bene, daFranco Roccella: “No all’unitàdelle sinistre laiche, sì all’unitàlaica delle sinistre”. Quanti an-ni sono passati? Siamo, tuttosommato, ancora fermi lì. An-che per questo è importanteleggere il tuo/vostro libro.

Le nostre storie parlano dell’oggiDAI GOLIARDICI AGLI ANARCHICI, PASSANDO PER IGNAZIO SILONE

ettuale collettivo radicaleDICALE

Ha ragioneRolando. Da questeconversazioni si capisce perché Pannellaha affascinatoPasolini eSciascia, Vittorini efors’anche papaWojtyla e, in cauda persino GiulioAndreotti

una fortunata eccezione. L’intervi-sta, con una trascrizione insiemefedele e attenta come è stata quel-la di Rolando, poteva in qualchemodo supplire a questa mancan-za e fornire un utile punto di equi-librio fra il parlato e lo scritto. Im-presa non facile perché a metà de-gli anni cinquanta vi si era inutil-mente cimentato niente menoche Umberto Eco, a cui Pannellaaveva rifiutato l’autorizzazione al-la pubblicazione. L’indomani fui invitato a un in-contro con Marco e Stefano Ro-lando (che avevo conosciuto pri-ma come braccio destra di Grassiquando era presidente della Rai epoi nel periodo della presidenzaCraxi a Palazzo Chigi). Mi fu inpratica chiesto di collaborare allafase finale del lavoro dal momentoche Marco si rifiutava categorica-mente di rileggere il testo delle suerisposte. Offrii la mia disponibilitàma chiarii anche i limiti della miacollaborazione. Avrei corretto solosfasature ed errori che con imme-diata evidenza mi fossero apparsimeritevoli di intervento e avreicontribuito al lavoro di Rolandosolo suggerendo alcune domandeintegrative su argomenti che altri-menti sarebbero rimasti fuori del-l’intervista. Mi rifiutai invece di in-tervenire in alcun modo sul testodelle risposte, un contenuto mag-matico sul filo di un continuo rim-balzo fra attualità - nella qualePannella è sempre immerso - ememoria; un contenuto fatto ov-viamente di opinioni e ricordi chesono solo suoi. Mi sono astenuto

rigorosamente dall’intervenire anche quando il riferimento adalcuni fatti e circostanze avrebbe invece richiesto un chiarimen-to. Nelle settimane e nei mesi successivi ho espresso ripetuta-mente, a un Pannella riluttante e ostinatamente deciso a preten-dere che il nome di Stefano Rolando comparisse come unico au-tore, la mia opinione che il libro dovesse uscire e che una intervi-sta è fatta dalle domande dell’intervistatore e dalle risposte, an-corché non rilette, dell’intervistato. Ho brindato quando final-mente Bompiani lo ha distribuito nelle librerie. Ho già spiegato,credo, le ragioni per le quali non intendo aggiungere la mia re-censione a quelle, ottime, di Angiolo Bandinelli e di Valter Vecel-lio. Quanto a Pannella, ho avuto occasione di esprimere in unmio libretto di qualche anno fa, al termine di un lungo periodo dilontananza e di dissenso, il debito che ho personalmente con-tratto con lui: se come con qualche fondamento sosteneva il pro-tagonista delle “Invasioni barbariche” l’intelligenza è un prodot-to collettivo, credo di averlo in qualche misura ripagato insiemea molti altri con le mie azioni e le mie idee (ed anche con il miodissenso). Chi continua a non ripagarlo sono le istituzioni di que-sto paese. Una sola citazione che è anche un augurio a lui e a noi.Quando l’intervistatore parla di una rivisitazione della sua vita,Marco risponde che la sua è una vita ancora da visitare. Chi lo co-nosce sa che non è scaramanzia ma una dichiarazione di volontà.

“Dove il potere nega, in forme palesi ma anche conmezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tantouomini ispirati come Andrej Sakharov e MarcoPannella che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronteal suo oppressore: il rifiuto passivo. Soli e inermi,essi parlano anche per noi”.

Eugenio Montale, Corriere della Sera, 1974

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segnalazioni - www.lucacoscioni.it/tag/in_libreria

Max Brockman (a cura di),Scienza. Next generation.Diciotto giovani scienziati ciparlano del futuro, IlSaggiatore, 2009, pp. 232,euro 18,00

Sono giovani e intelligenti. So-no scienziati e si chiedono: chedirezione vogliamo dare al fu-turo? Si pongono quelle do-mande che l'uomo si fa dasempre. Cosa sta cercando didirci l'universo? Come possia-mo migliorare gli esseri uma-ni? Homo sapiens è destinatoa estinguersi? Con nuove ri-sposte. Risposte che nasconodall'osservazione dell'enormequantità di dati che grazie agliultimi strumenti di indagine sistanno raccogliendo e che leteorie "classiche", anche le piùavanzate, non riescono più aordinare. Oggi possiamo an-dare oltre la teoria della relati-vità di Einstein. Le ricerche diquesti giovani scienziati ri-guardano temi fisico-biologi-ci quali l'energia oscura, la vi-rologia e la socialità degli inset-ti, così come il cervello. E poi, ilgrande "indagato" di sempre:il tempo.

Carmen La Macchia (a curadi), Disabilità e lavoro, Edies-se, 2009, pp. 1024, euro35,00

Il volume raccoglie la discipli-na di tutela della persona di-sabile come prevista in tutte lefasi della vicenda lavorativa.L’informazione e l’approfon-dimento sulla normativa vi-gente di tutela dei disabili nelrapporto di lavoro non pren-dono in considerazione solol’ordinamento italiano, maestendono l’esame anche agliordinamenti dei paesi stra-nieri, con particolare riguardoai paesi europei e alla norma-tiva internazionale e comuni-taria. La riflessione si diffondenella ricerca di principi e valo-ri comuni a tutti gli ordina-menti ponendo in rilievo lemisure più adeguate a valoriz-zare la persona, i suoi diritti el’effettivo esercizio degli stes-si. Correda il volume un’accu-rata appendice commentatadella legislazione europea, ita-liana e regionale e della prassiamministrativa, nonché degliorientamenti giurispruden-ziali più significativi.

Richard A. Muller, Fisica per ipresidenti del futuro. Lascienza dietro i titoli dei gior-nali, Codice, 2009, pp. XIV-323, euro 26,00

Il nucleare iraniano saràdavvero una minaccia perl'Occidente? Le multinazio-nali del petrolio ci stannodicendo tutta la verità? Chiha ragione in merito al ri-scaldamento globale: AlGore o gli scettici? Un futu-ro capo di Stato, anche sesupportato da una foltaschiera di consulenti, deveconoscere questi temi, per-ché lo attendono decisioniimportantissime e delicate.Ma anche per noi elettoriun'informazione corretta enon superficiale è un dove-re irrinunciabile. Tratto daun famoso ciclo di lezionitenute alla Berkeley per stu-denti di discipline nonscientifiche interessati a ca-pire come "funziona" ilmondo che ci circonda, il li-bro è una guida per com-prendere i tempi comples-si, pericolosi e ipertecnolo-gici in cui viviamo.

a cura di Maria Pamini

Antonio Golini (a cura di), Il futuro della popo-lazione nel mondo, Il Mulino, 2009, pp. 185,euro 16,00

Non è facile trovare pubblicazioni cheparlino del problema demografico. Il fattoappare singolare se si considera che, a det-ta di molti studiosi e della stessa Onu, essorappresenta una delle grandi questioni delnostro tempo, soprattutto se si considera-no i suoi effetti a catena. Queste preoccu-pazioni sono espresse in uno dei rari librisull’argomento, Il futuro della popolazio-ne nel mondo, che racchiude gli atti del-l’omonimo convegno svoltosi a Torino nel2007.La precisazione che il curatore AntonioGolini fa in apertura del volume riguarda ilconcetto di futuro a cui fa riferimento il ti-tolo: il 2050 non è così lontano. Conside-rando “che ci si aspetta che la durata me-dia della vita si allunghi fino a 85 anni,questo vuol dire che un po’ più del 60%della popolazione che sarà in vita nel 2050è con ogni probabilità già in vita al 2008”.Non si tratta, quindi, di fantascienza. Nel2050, benché la popolazione mondiale siadestinata a rallentare il suo incremento(grazie soprattutto alla “piena e convintadiffusione della contraccezione, che si le-ga inestricabilmente all’aumento di istru-zione e insieme ad una nuova condizionedella donna”), saremo circa due miliardi equattrocento milioni in più.

Il libro si sofferma su quelle che sarannole conseguenze sul piano economico, conforti migrazioni dovute alla differenziazio-ne territoriale tra paesi ricchi e paesi po-veri, sul piano sociale e di welfare, sulla di-stribuzione della popolazione, con un’ac-centuazione della già forte tendenza al-l’urbanizzazione.Viviana Egidi, dell’università La Sapienzadi Roma, tratta il rapporto tra l’aumentodella popolazione e la tecnologia in rela-zione alla salute. Ciò che emerge con piùforza è la crescente distanza che s’impor-rà tra le diverse aree geografiche. Nei pae-si industrializzati la medicina è semprepiù tecnologizzata, al punto che il proble-ma è quello di una maggiore democratici-tà nella possibilità di utilizzo di cure sem-pre più all’avanguardia. Infatti, proprioper l’alto tasso innovativo del settore sani-tario, vige una marcata “asimmetria infor-mativa tra fornitori e utilizzatori di servizisanitari”. Nello stesso tempo l’impattodelle nuove tecnologie sui sistemi sanita-ri di questi paesi tende a divenire talmen-te massiccio da condizionare la stessa do-manda di salute poiché, se mal gestito,porta all’aumento, spesso ingiustificato,dei costi sanitari.D’altra parte, i paesi poveri sono forte-

mente esclusi dall’utilizzo di farmaci fon-damentali. Un indicatore sconcertante èdato dal divario tra l’età media della spe-ranza di vita nei paesi del Sud e del Norddel mondo: 84 anni quella delle donne inItalia, meno della metà, 40, in Zambia eSierra Leone. Un esempio per tutti è rap-presentato dalla persistente diffusionedell’Aids nel Sud del mondo, dove la mor-talità causata dal virus continua ad au-mentare. Per l’Egidi uno stimolo per i pae-si ricchi ad affrontare i problemi sanitariglobali potrebbe essere quello della cre-scente interconnessione tra popolazioniche “rompe l’illusione di protezione di cuisembravano godere fino a pochi anni fa lepopolazioni privilegiate”.Come fronteggiare, dunque, questa emer-genza demografica se al punto in cui sia-mo “un obiettivo per una fecondità soste-nibile potrebbe essere quello che assicurala crescita zero della popolazione e quindiil valore medio di circa due figli per don-na”? Per Antonio Golini un primo passopotrebbe essere proprio quello di affron-tare apertamente il problema riprenden-do le Conferenze intergovernative multi-laterali delle Nazioni Unite, utili perché“costringono” i governi a gettare lo sguar-do ai problemi di lungo periodo”.

2050: 2,5 miliardi in più

24LE NOSTRESEGNALAZIONI

LETTURE

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25STORIA DI SPERANZA

DAL CORPO DEI MALATI AL CUORE

DELLA POLITICA

Iscritti al “Pacchetto arearadicale”Si sono iscritti all’AssociazioneLuca Coscioni con la formuladel “Pacchetto area radicale”(iscrizione a tutti i soggetticostituenti il Partito RadicaleNonviolento, Transnazionale eTranspartito, quota 590 euro)Rosa A Marca, Sergio Allioni,Giovanni Annoni, Laura Arconti,Guido Biancardi, GuidoBrondoni, Marco Cambursano,Alessandro Cardani, StefaniaCastelli, Francesco Chiappinelli,Simona Colombo, Italo Corai,Luigi Costabile, Felice AntonioCuriale, Roberto Delle Chiaie,Massimo Fortini, GustavoFraticelli, Francesco Fucilli,Giacomo Gallitto, GiovanniOsvaldo Gandini, Maria LiciaGandossi, Marco Iudicello,Antonio Lalli, Andrea Lucenti,Paola Manfroni, StefanoMarchiafava, Ugo Marini, EttoreMessina, Maria CristinaMolinari, LucianoMontecamozzo, Maurizio Mori,Mirella Parachini, RobertoPoggiali, Carlo Pontesilli, SergioPasquale Ravelli, Ugo Raza,Guido Rizzi, Felice Rosati, LuigiRuggiero, Paola Scaramuzza,Giuseppe Suppa, AndreaPierluigi Termite, Laura Terni,Riccardo Tescari, GianpieroZanon

Acconto Pacchetto 2009Bruno Aceto, Andrea Ansalone,Aldo Baldo, Enrico Barison,Lucio Berte', Gianna Candreva,Roberto Casonato, EsterCossaro, Marcello Crivellini,Carlo Crocchi, Alessandra

D'ambrosio, Carlo Del Nero,Antonio Di Maio, Marco Elifani,Marco Fallabrini, John Fischetti,Livio Frediani, Fabio Gallarati,Maria Luisa Giussani, MauroMarliani, Bruno Marongiu,Ottavio Marzocchi, GiulioMeloni, Armando Miliazza,Elisabetta Mirra, GiuseppeMutti, Francesco Napoleoni,Valentino Paesani, Maria LuigiaPalama', Maurizio Rosaspina,Emilio Salemme, Vidmer Scaioli,Alvise Schanzer, WilhelmineSchett, Barbara Simionati,Monique Streiff Moretti, PaoloEnrico Svampa, PaoloVagliasindi, Roberto Verde,Roberto Zoccolan

Iscritti (per cui valeabbonamento a Agenda Coscioni)Rolando Santini € 300,Riccardo Canevari € 200,Serena Coloni Corvi Mora €200, Gilberto Corbellini € 200,Giulio Costanzi € 200, Anna PiaFerraretti € 200, FrancescoLombardi Mantovani € 200,Alberta Pozzoli € 200, MarcoSlavik € 200, Iuri Fausto Tiberto€ 200, Emma Villa € 200,Giacomo Cervini € 150, FilippoDe Agostini € 150,Massimiliano Piras € 150,Maurizio Rossi € 150, VincenzoZaurito € 150, RaffaellaMatteotti € 110, Maria Albano€ 100, Fabrizio Baldini € 100,Anna Laura Bandini € 100,Franco Barbanera € 100,Patrizia Berti € 100, Elena Betta€ 100, Betta Biancat Marchet €100, Michele Biemmi € 100,Renzo Boatelli € 100,

Domenico Boglioli € 100,Giuseppe Maria Bosco € 100,Alberto Giordano Bruno Bramati€ 100, Marco Calderone € 100,Elisabetta Cammelli € 100,Luigi Cancrini € 100, AndreaCaneschi € 100, Livio CesareLucio Cantamesse € 100,Marco Stefano Caracciolo €100, Daniela Cardinali € 100,Paolida Carli € 100, EnnioCarraro € 100, Bruno Cavallaro€ 100, Fabrizio Ceciliani € 100,Rita Cerioni € 100, CarloChiopris € 100, LucianoCiaffaglione € 100, AlessandroCirinei € 100, Giorgio Coen €100, Alberto Consonni € 100,Marco Cuconati € 100, PaoloStefano D'aquila € 100,Gianfranco D'attorre € 100,Elisabetta Dejana € 100,Gianluca Delbarba € 100,Maddalena Di Landro € 100,Martino Di Serio € 100, PieroMichele Antonio Di Siena €100, Marco Donna € 100,Salvatore Emmanuele € 100,Stefano Forti € 100, CinziaFrancioni € 100, SebastianoGhigna € 100, FrancescoGiaquinto € 100, GianfrancoGiusta € 100, Yuri Guaiana €100, Paolo Guarnaschelli € 100,Fabio Jerman € 100, LorettaLandoni € 100, Michele Larcher€ 100, Anna Lastrico € 100,Gianfranco Liotta € 100, ValerioMaria Lisi € 100, CarmelaLombardi € 100, LuigiLombardi Vallauri € 100, MauroMangani € 100, Fabrizio Manzi€ 100, Georgia Manzi € 100,Milena Marabini € 100, FrancaMarcone € 100, EdgardoMarrese € 100, Primo

Mastrantoni € 100, AdolfoMemmo € 100, Patrizia Mercuri€ 100, Franca Moretti € 100,Antonio Moriconi € 100,Augusto Muracchini € 100,Massimo Nencioni € 100,Roberto Nerbano € 100, PieroNerieri € 100, Nicola Netti €100, Giovanni Organtini € 100,Luca Orsini € 100, LuisellaPalumbo € 100, GennaroPalumbo € 100, FabioPederzini € 100, GiuseppePellicano' € 100, MarioPestarino € 100, AnnaPeyrache € 100, ValeriaStefania Pezzali € 100, PatriziaPiccioli € 100, Anna Pintore €100, Michele Ragosta € 100,Luigi Righini € 100, GiulianoRizzi € 100, Rodolfo Saccani €100, Romano Giuseppe Sala €100, Rodolfo Sbrojavacca €100, Stefano Schiaffino € 100,Calogero Maria Scime' € 100,Rosma Scuteri € 100,Alessandro Vittorio Sgorbati €100, Fabrizio Starace € 100,Marco Tosi € 100, AndreaTrisciuoglio € 100, FedericaTroni € 100, Silvio Vezzola €100, Giuseppe Viale € 100,Paolo Villani € 100, AnnibaleViscomi € 100, Diana VisintinRaza € 100, Andrea Volpi €100, Paola Zanon € 100, MariaZanotti € 100, LoredanaZuccaro € 100, AnnalisaChirico € 40, Marco Campailla€ 20, Ilaria Chirico € 20,Gabriele Fanelli € 20, CorinnaMarini € 20, Dario Vese € 20

ContributiGiulio Arnone € 100, PatriziaGiacone € 100, Pompeo

Massaro € 100, MassimoZannetti € 60, Piero Cammarano€ 50, Caterina Grinza € 50,Renzo Mazzantini € 50,Giuseppe Pellegrino € 50,Elisabetta Scarpa € 50, GiorgioSerafini € 50, Carlo Venturi € 50,Elisabetta Zatta € 50, FrancescoBaudi € 40, Alberto Paolozzi €40, Giorgio Terzaghi € 40,Adriana Bani Botta € 30,Elisabetta Cabibbe € 30, ValerioDi Porto € 30, Maria AntoniettaMassucci € 30, FrancescoMusso € 30, Daniele Soligo €30, Vittorio Romolini € 25,Costante Vannini € 25,Nazzareno Cammarota € 22,44,Emilio Ceravolo € 20, SalvatoreCuratolo € 20, Bruno Decenti €20, Antonio Di Bartolomeo € 20,Ugo Ferri € 20, Marco AntonioGiacomoni € 20, CristinaOrtensi € 20, Silvano Pioli € 20,Michele Pollastrone € 20, LauraSacerdote € 20, GianfrancoScavuzzo € 20, Amelio Battista€ 15, Milena Frassinetti € 15,Maria Teresa Bosi € 10, PierLuigi Camparini € 10, ElenaCaramazza € 10, GiampaoloCrespi € 10, Eliana Liotta € 10,Carla Minerbi € 10, Marco Pasi€ 10, Pompea Pivi € 10,Raffaele Boglione € 5, MariaStefania Patti € 5, Alfredina DiPretoro € 1

Acconto IscrizioniValentina Brunetti € 50, MauroChiostrini € 50, Patrizia Lavia €50, Giuseppe Piermarini € 50,Paolo Thea € 50, Nicola Peccini€ 33

Iscritti nel mese di dicembre

VALENTINA PIATTELLI

Cosa significa per me avere questa malattia?Difficile rispondere quando si ha la sclerosimultipla da così tanti anni. Dei 37 anni di vita incui ho vissuto, ben 26 sono stati in compagniadei sintomi di questa malattia. Per me quindi èdel tutto “normale” avere a che fare con SuaMaestà ogni giorno.La sclerosi multipla, infatti, si manifestò per laprima volta nella mia vita quando andavo allemedie. Eravamo andati a vedere un film con lascuola, in un cinema molto caldo, e quandoquesto finì, non riuscii ad alzarmi perchésentivo le gambe intorpidite e deboli. Tuttipensarono che scherzassi e mi lasciarono lì, dasola. Ricordo che mi misi a ridere come unamatta in quel cinema vuoto.La diagnosi arrivò solo molti anni dopo, nel1995, quando avevo 23 anni. Fino ad allora i varimedici che avevo visto per i miei moltepliciproblemi - motori, di vista, di continenza etc. -avevano pensato che fossi una soltanto“ragazzina nervosa” (io, che sono lo specchiodella tranquillità!). Stufa di sentirmi daredell'ipocondriaca, andai in un istituto privato efeci una risonanza a pagamento. Quando usciidal tubo, c'erano tutti i medici dell'istitutovenuti a vedere, con occhi pietosi, il “caso disclerosi multipla” appena diagnosticato. Ladiagnosi era scritta nel referto, in fondo, traparentesi “(probabile sclerosi multipla)”. Quelgiorno lessi sul dizionario la definizione dellamalattia e mi colpirono come tre mazzate leprime tre parole: “incurabile, cronica,degenerativa”. Dopo i primi momenti di shock,capii che questa malattia ormai l’avevo da molti

anni, e che quindi non dovevo averne più ditanta paura. Quel giorno stesso chiamail'associazione dei malati e mi dissero che c'erauna cena sociale. Ci volli andare subito, perchévolevo vedere altri ammalati, volevo vedere cosami aspettava, volevo vedere che la vita potevacontinuare. Non avevo ancora visto unneurologo, ma volevo condividere con altriquesta condizione. In seguito però l'associazione mi deluse. Io chefacevo già da qualche anno politica con iradicali, volevo fare qualcosa in prima persona,mentre loro non facevano che consigliarmicome chiedere l'invalidità e lasciarono cadere lamia offerta di mettere a disposizione la miaesperienza di attivista. Decisi di fare da sola: neimesi successivi quindi mi misi a cercare altrimalati italiani su Internet e quando ne trovai unnumero discreto (cinque) fondai la prima“mailing list di auto-aiuto per malati di sclerosimultipla, Smail”, che adesso ne conta quasi 300.Tuttavia all'epoca avevo colto solo l'aspettodiciamo “intimista” della questione e non quellopolitico, per il quale ringrazio infinitamenteLuca Coscioni, che mi ha fatto capire come lanostra sia una battaglia eminentementepolitica, solo che questa volta non riguardava glialtri, ma anche me. Un approccio “radicale” aiproblemi delle malattie incurabili edell'handicap è sempre più necessario: è ora chesi capisca che aiutare i disabili non è soloquestione di pietismo, né un mero dovere civico,ma è innanzitutto una questione di difesa deidiritti civili; ma che si capisca anche che lescoperte scientifiche che potrebbero portare agiovamenti devono essere difesedall'oscurantismo religioso, tutti temi cari ailiberali e soprattutto ai radicali.

VALENTINAPIATTELLI

GRAZIE A LUCACOSCIONI HO CAPITOLA NATURA POLITICA

DELLA MALATTIA

Page 26: Agenda Coscioni anno V n.01: gennaio 2010

26DÉTTA L’AGENDA

LETTERE

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Il nostro 2010 è già iniziato!

DIRETTORERocco Berardo

CAPO REDATTORIMarco Valerio Lo Prete Tina Santoro

GRAFICAMihai RomanciucGianluca Lucchese

HANNO COLLABORATOAngiolo Bandinelli, CeciliaBevilacqua, Marco Cappato,

Alessandro Capriccioli, AnnalisaChirico, Josè De Falco,Simonetta Dezi, Filomena Gallo,Simona Nazzaro, Maria Pamini,Carmen Sorrentino, Giulia Simi,Valentina StellaIllustrazioni: Paolo Cardoni

IL NUMERO UNO/10 DI “AGENDA COSCIONI” È STATO CHIUSO MARTEDÌ 31 DICEMBRE 2009Il mensile “Agenda Coscioni” è giunto al suo quarantunesimo numero.

I numeri arretrati di “Agenda Coscioni”sono liberamente scaricabili all’indirizzo:

www.agendacoscioni.itCommenta gli articoli sul sito!

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INVIA UN CONTRIBUTO E RICEVERAI ILNOSTRO GIORNALE AGENDA COSCIONI

AGENDA COSCIONI, 1 OTTOBRE 2009 AUT. TRIB. CIV. ROMA N° 158/2007 DEL 17 APRILE 2007 DIR. RESP. GIANFRANCO SPADACCIA VIA DI TORRE ARGENTINA, 76 00186 ROMA

Mi iscrivo perché è sempre più indispen-sabile tenere viva in questo paese unacoscienza civile, laica, anticonformista,illuminista, moderna. (100 euro) Gianluca Delbarba

Perché è il miglior regalo di natale chepotessi farmi! (20.00 euro) Gianfranco Scavuzzo

La ricerca è l'unica cosa che può daresperanza a noi malati, contro coloro chevorrebbero curarci con le preghiere. (100euro) Roberto Nerbano

Grazie per ciò che siete e fate (20 euro) Piergiuseppe Francione

Complimenti per il coraggioso lavoro elo spirito che vi anima. Bravi, siete la miasperanza di libertà. (100 euro) Piero Nerieri

Viviamo in un’epoca in cui c'è bisogno didare voce alla razionalità e alla scienza.(100 euro) Rodolfo Saccani

Perché l'Associazione Luca Coscioni è laquadratura del cerchio. Perché invece diparlare astrattamente di una nuova Eti-ca Laica, mette in campo azioni concre-te in questo senso, costruendola, giornoper giorno. (100 euro) Marco Tosi

Mi iscrivo all'Associazione Luca Coscio-ni perché da tempo mi identifico nellebattaglie radicali, e nella fattispecie perla libertà della ricerca scientifica e il di-ritto per tutti di beneficiarne; e, in quan-to operatore della salute (“area salutementale”), perché sono quanto mai di-sgustato della quotidiana pantomimica

e dolosa rappresentazione del Potere cuimi tocca resistere e assistere nel mio set-tore professionale. (100 euro) Bruno Cavallaro

Per i diritti dell'individuo come singoloessere pensante. (200 euro) Yuri Tiberto

Per partecipare alla lotta di Usala, Pinnae Serra. Credo sia più opportuna da par-te mia questa forma di solidarietà rispet-to alla adesione allo sciopero della fame.Un sorriso. (200 euro) Enzo Boeri

Per il Soccorso Civile dell'AssociazioneLuca Coscioni. (200 euro) Carlo Papalini

Perché Marco Cappato farà la battagliasull'eutanasia! Aveva ragione Piero! (100euro) Silvana Bononcini

Per un paese in cui la scienza e la razio-nalità vengano considerate la base per laconvivenza civile. (100 euro) Francesca Tommasi

Credo nella dignità dell'uomo, senza al-cuna discriminazione. (20 euro) Vicky Rutigliano

Per i diritti di tutti i cittadini, contro lelobby di potere. (200 euro) Mauro Benfatti

Ci vuole forza e coraggio per lottare nonsolo contro la malattia ma anche controchi è sordo e non vuole sentire. Forza sie-te anche la nostra voce. (25 euro) Lucia Urso

Desidero con questo contributo soste-

nere l'iniziativa non violenta di MariaAntonietta Farina Coscioni di scioperodella fame ed avviata da Salvatore Usala,Giorgio Pinna e Mauro Serra. (100 euro)Vito Maggi

Ho ricevuto la richiesta di sostegno daparte di Maria Antonietta alla sua inizia-tiva (alla quale aderisco pienamente) pergarantire ai malati di Sla, gli opportunisupporti, che mi ha sollecitato ad iscri-vermi. Ne sono molto contento. Cari sa-luti. (100 euro) Beppe D'Aloia

Per ricominciare un nuovo anno insiemea tutti Voi. Grazie. (150 euro) Maria Bodini

Mi iscrivo perché le vostre battaglie sonogiuste e non avendo purtroppo abba-stanza tempo per contribuirvi attiva-mente non posso che aiutare economi-camente. (100 euro) Anselmo De Cataldo

Mi iscrivo perché, dopo avere ascoltatouna parte degli interventi all'ultimo con-gresso, ho capito quanto sia importantesostenere l'azione dell'Associazione Lu-ca Coscioni per cercare di cambiare lamentalità di gran parte degli italiani cheancora non si rendono conto di non ave-re ancora conquistato alcune libertà fon-damentali, quali quella di scegliere ilproprio modo di morire, quella di poterdare a chi lo desidera una morte dignito-sa, quella di decidere in caso di malattiasulle terapie da seguire, o di non seguir-ne alcuna; in altre parole la libertà di de-cidere sulla propria vita. (100 euro) Vittorio Di Stefano