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Il fatto Una stampa per amica di Rosa L. pag. 11 U na festa? Alla fine di settembre? Passando per caso davanti alla chiesa di Santa Maria degli Ange- li, in quell’insolita data, chiunque si sareb- be posto sicuramente questa domanda nel sentire intonare “Tabaccone”, allegro valzer locale. Invece, era il commovente saluto con il quale i giovani musicisti della banda “Lorenzo Ceccarelli” hanno inteso rendere omaggio a un amico di tutti i sanfeliciani, facendosi generosi interpreti dei suoi desi- deri. Proprio così avrebbe voluto essere saluta- to Aldo, che il 28 settembre scorso ci ha la- sciato, come se i partecipanti al rito fune- bre fossero gli invitati a una delle innume- revoli feste cui fu presente nel corso della sua vita. Non c’erano cerimonie festose, battesimi, comunioni, matrimoni, anniver- sari e ricorrenze, alle quali non fosse stato sempre gioiosamente pronto a intervenire con la sua fisarmonica. Aldo Ziarelli era nato a San Felice il 6 otto- bre del 1932, secondo figlio in una famiglia di nove: cinque fratelli e quattro sorelle. Ri- corda la sorella Gloria come la presenza di Aldo, suo malgrado, divenne ben presto un sicuro punto di riferimento per i più piccoli di casa. Alla madre, Maria Cerasoli, era le- gato da un affetto intenso e protettivo. E tanta comprensione per papà Fiore, un uo- mo il cui umore era scandito dall’unica dis- trazione di quei tempi: il piacere del buon vino. La malinconia della sorella è addolcita dai tanti teneri ricordi della sensibilità del fra- tello: “Amava lasciare “distrattamente” qualche spicciolo nei pantaloni, per con- sentire a noi, piccole addette al riordino di casa, di poterne approfittare”. Aldo si sosteneva con il lavoro che fu pri- ma dei suoi genitori, la rivendita di pesce, ma la vera, grande passione di tutta la sua vita è stata la musica. La scarsità di mezzi economici che acco- munava tutti nel nostro paese, nel periodo a cavallo tra il primo e il secondo conflitto mondiale, non permise all’adolescente Al- do di studiare e imparare a leggere le note musicali da uno spartito. Gli bastava, però, imbracciare la sua fisarmonica per suona- re a orecchio gli stornelli più noti. Se poi, a unirsi a lui, arrivava un vero musicista che, incautamente, gli chiedesse: “Con quale tempo sta eseguendo il brano: grave, len- to, adagio…?”. Lui, continuando a suona- re la fisarmonica con una mano e facendo un ampio gesto con l’altra, dal basso ver- ASSOCIAZIONE CULTURALE “IL CENTRO STORICOBIMESTRALE GRATUITO - ANNO 12 N. 69 - NOVEMBRE/DICEMBRE 2014 Politica Inutile dissesto di M. Di Cosimo a pag. 3 SAN FELICE CIRCEO SABAUDIA Territorio Non è un Paese per giovani di A. Bazuro a pag. 14 Economia Dal muro di Berlino al muro di Bruxelles … di A. Petti a pag. 7 C ENT RO S T ORICO A metà del loro mandato, gli at- tuali Amministratori di San Fe- lice Circeo sembrano aver ini- ziato le operazioni di recupero del consenso, attualmente a livelli bas- sissimi, e di campagna elettorale in vista delle elezioni del 2017. Tutti si impegnano ad annunciare con la consueta enfasi diversi progetti e a realiz- zarne altri programmati e finanziati dalle precedenti Amministrazioni. L’unico risultato positivo di queste mano- vre è che il Paese, grazie anche alla pro- lungata e buona stagione che ha fatto re- gistrare temperature più che primaverili addirittura a novembre, è ancora vitale: si circola si chiacchiera si commenta si os- serva si controlla … senza pensare alla im- minente brutta stagione, quando non cir- coleranno neanche più i gatti e tutto in- torno sarà desolazione e silenzio. Alcuni addirittura, interpretando perlopiù positivamente tutti questi movimenti, ri- cominciano a sperare che qualcuno pos- sa risolvere i problemi in piedi e riaprire la strada a un futuro migliore per il Paese e per tutti i cittadini, basta attendere. Ma non è così e lo dimostrerò entrando nei dettagli di alcuni eventi. Raccolta differenziata Un progetto annunciato, per esempio, è quello della raccolta differenziata dei rifiu- ti dal prossimo anno, attraverso l’elimina- zione dei cassonetti stradali e la contem- poranea dotazione ai cittadini di conteni- tori personali. L’annuncio e le relative spie- gazioni sulla prossima operazione erano contenuti in un “AVVISO”, a firma del Sin- daco e del Consigliere delegato ai servizi tecnologici, che accompagnava le bollet- te della “Tari”, i cui costi sono decisa- mente elevati e superiori a quelli dei co- muni vicini, come Sabaudia. Da noi questo servizio arriva colpevol- mente in ritardo, cosa che non può esse- re portata a giustificazione di tasse eleva- te come invece l’Amministrazione sostie- ne: “A Sabaudia, la differenziata è stata avviata da circa due anni ed è logico che la tassa sui rifiuti sia più bassa …”. Sa- rebbe più opportuno non fare queste af- fermazioni per evitare di evidenziare le proprie carenze. Perché non ci si è mossi di ALESSANDRO CRESTI Editoriale Propaganda elettorale Verba et voces, praetereaque nihil Parole e voci, null’altro continua a pag. 6 Politica L’antico gioco delle tre carte di N. Ceccato a pag. 5 Aldo Ziarelli Aldo Ziarelli Sommario a pag. 13 Auguri di Buon Natale e felice Anno Nuovo continua a pag. 2 Dal muro di Berlino al muro di Bruxelles di Alessandro Petti a pag. 5 Intervista all’on.le Eugenio Patanè di Alessandro Cresti a pag. 7 La borsa nera a San Felice Circeo di Pier Giacomo Sottoriva a pag. 10 Allegato: Vita di don Giuseppe Capitanio

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Il fattoUna stampa per amicadi Rosa L.

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U na festa? Alla fine di settembre?Passando per caso davanti allachiesa di Santa Maria degli Ange-

li, in quell’insolita data, chiunque si sareb-be posto sicuramente questa domanda nelsentire intonare “Tabaccone”, allegro valzerlocale. Invece, era il commovente salutocon il quale i giovani musicisti della banda“Lorenzo Ceccarelli” hanno inteso rendereomaggio a un amico di tutti i sanfeliciani,facendosi generosi interpreti dei suoi desi-deri.Proprio così avrebbe voluto essere saluta-to Aldo, che il 28 settembre scorso ci ha la-sciato, come se i partecipanti al rito fune-bre fossero gli invitati a una delle innume-revoli feste cui fu presente nel corso dellasua vita. Non c’erano cerimonie festose,battesimi, comunioni, matrimoni, anniver-sari e ricorrenze, alle quali non fosse statosempre gioiosamente pronto a intervenirecon la sua fisarmonica.Aldo Ziarelli era nato a San Felice il 6 otto-bre del 1932, secondo figlio in una famigliadi nove: cinque fratelli e quattro sorelle. Ri-corda la sorella Gloria come la presenza diAldo, suo malgrado, divenne ben presto unsicuro punto di riferimento per i più piccolidi casa. Alla madre, Maria Cerasoli, era le-gato da un affetto intenso e protettivo. Etanta comprensione per papà Fiore, un uo-mo il cui umore era scandito dall’unica dis-trazione di quei tempi: il piacere del buonvino.La malinconia della sorella è addolcita daitanti teneri ricordi della sensibilità del fra-tello: “Amava lasciare “distrattamente”qualche spicciolo nei pantaloni, per con-sentire a noi, piccole addette al riordino dicasa, di poterne approfittare”. Aldo si sosteneva con il lavoro che fu pri-ma dei suoi genitori, la rivendita di pesce,ma la vera, grande passione di tutta la suavita è stata la musica.La scarsità di mezzi economici che acco-munava tutti nel nostro paese, nel periodoa cavallo tra il primo e il secondo conflittomondiale, non permise all’adolescente Al-do di studiare e imparare a leggere le notemusicali da uno spartito. Gli bastava, però,

imbracciare la sua fisarmonica per suona-re a orecchio gli stornelli più noti. Se poi, aunirsi a lui, arrivava un vero musicista che,incautamente, gli chiedesse: “Con qualetempo sta eseguendo il brano: grave, len-to, adagio…?”. Lui, continuando a suona-re la fisarmonica con una mano e facendoun ampio gesto con l’altra, dal basso ver-

ASSOCIAZIONE CULTURALE “IL CENTRO STORICO” BIMESTRALE GRATUITO - ANNO 12 N. 69 - NOVEMBRE/DICEMBRE 2014

PoliticaInutile dissesto di M. Di Cosimo

a pag. 3

SAN FELICE CIRCEO SABAUDIA

TerritorioNon è un Paese per giovanidi A. Bazuro

a pag. 14

EconomiaDal muro di Berlino al murodi Bruxelles …di A. Petti

a pag. 7

CENTRO STORICO

A metà del loro mandato, gli at-tuali Amministratori di San Fe-lice Circeo sembrano aver ini-

ziato le operazioni di recupero delconsenso, attualmente a livelli bas-

sissimi, e di campagna elettorale in vistadelle elezioni del 2017.Tutti si impegnano ad annunciare con laconsueta enfasi diversi progetti e a realiz-zarne altri programmati e finanziati dalleprecedenti Amministrazioni.L’unico risultato positivo di queste mano-vre è che il Paese, grazie anche alla pro-lungata e buona stagione che ha fatto re-gistrare temperature più che primaveriliaddirittura a novembre, è ancora vitale: sicircola si chiacchiera si commenta si os-serva si controlla … senza pensare alla im-minente brutta stagione, quando non cir-coleranno neanche più i gatti e tutto in-torno sarà desolazione e silenzio.Alcuni addirittura, interpretando perlopiùpositivamente tutti questi movimenti, ri-cominciano a sperare che qualcuno pos-sa risolvere i problemi in piedi e riaprire lastrada a un futuro migliore per il Paese eper tutti i cittadini, basta attendere.Ma non è così e lo dimostrerò entrandonei dettagli di alcuni eventi.

Raccolta differenziataUn progetto annunciato, per esempio, èquello della raccolta differenziata dei rifiu-ti dal prossimo anno, attraverso l’elimina-zione dei cassonetti stradali e la contem-poranea dotazione ai cittadini di conteni-tori personali. L’annuncio e le relative spie-gazioni sulla prossima operazione eranocontenuti in un “AVVISO”, a firma del Sin-daco e del Consigliere delegato ai servizitecnologici, che accompagnava le bollet-te della “Tari”, i cui costi sono decisa-mente elevati e superiori a quelli dei co-muni vicini, come Sabaudia.Da noi questo servizio arriva colpevol-mente in ritardo, cosa che non può esse-re portata a giustificazione di tasse eleva-te come invece l’Amministrazione sostie-ne: “A Sabaudia, la differenziata è stataavviata da circa due anni ed è logico chela tassa sui rifiuti sia più bassa …”. Sa-rebbe più opportuno non fare queste af-fermazioni per evitare di evidenziare leproprie carenze. Perché non ci si è mossi

di ALESSANDRO CRESTI

Edito

riale

Propaganda elettoraleVerba et voces,praetereaque nihil

Parole e voci, null’altro

continua a pag. 6

PoliticaL’antico gioco delle tre cartedi N. Ceccato

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Aldo Ziarelli

Aldo Ziarelli

Sommario a pag. 13

Auguri

di Buon Natale

e felice

Anno Nuovo

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Dal muro di Berlino almuro di Bruxelles

di Alessandro Petti a pag. 5

Intervista all’on.le Eugenio Patanè

di Alessandro Cresti a pag. 7

La borsa nera a San Felice Circeo

di Pier Giacomo Sottoriva a pag. 10

Allegato:Vita di don Giuseppe Capitanio

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CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 2

Il Personaggio

so l’alto, gli rispondeva col fare del diretto-re d’orchestra: “È tempo... perso...”. Inven-tando, così dicendo, un proprio ironico tem-po ideale, con un artificio da interprete con-sumato si concedeva una prerogativa per-messa solo ai grandi musicisti: contestua-lizzare liberamente il tempo del brano mu-sicale a se stesso. A queste battute segui-va sempre la sua immancabile, caratteristi-ca, coinvolgente risata baritonale: “Oh, oh,oh ...”!

Simpatia innata quella di cui era dotato Al-do, con il suo aspetto dinoccolato, dalla vi-vace gestualità, alto, magro e con un nasoimportante. Sia fosse a torso nudo, oppu-re vestito con la sua giacca verde primave-ra, il papillon nero e il cappello panama,aveva sempre un portamento elegante e di-gnitoso. Fra i primi a essere contagiato dalla genui-na e originale personalità di Aldo fu l’im-prenditore Clementi, importante lottizzato-

re del Circeo dei tempi d’oro, proprietariodel comprensorio della “Baia d’Argento” edel famosissimo locale chiamato “Il Ca-panno”. In quel glorioso nightclub, negli an-ni Sessanta si esibirono stelle della portatadi Mina, Battisti, Patty Pravo e... Aldo delCirceo. Sì, proprio lui. Si presentava conquesto nome d’arte nel quale s’identificòper tutto il resto della sua vita. Ad Aldo eraaffidato, in apertura di serata, il difficilecompito d’intrattenere gli ospiti suonandoqualche brano. L’affetto che seppe susci-tare in Clementi si manifestò concretamen-te con la cessione, come compenso per lesue esibizioni, di un lotto di terreno proprioa ridosso della Baia. Lì, in quell’angolo diparadiso, di cui solo l’imperatore Domizia-no, duemila anni prima di Aldo, poté gode-re la magia e la bellezza, si costruì una pic-cola casetta. Ricordo ancora quando ungiornalista gli pose l’inopportuna domanda:“Ma Aldo, hai costruito questa casa in pie-no Parco Nazionale?” Lui, geniale, gli ri-spose senza scomporsi minimamente:“Che vuole, qui ti fanno un Parco intorno enon ti dicono niente! Oh, oh, oh...”.Era così Aldo: disarmante, autentico nellasua originalità. Avendo conosciuto le veredifficoltà della vita, aveva deciso d’inter-pretare liberamente e con leggerezza la suaesistenza, sdrammatizzandola.Anche quando decise di far incidere, aproprie spese, 1500 copie del suo primo (eultimo) 45 giri, “Serenata a Sanremo”, fa-cendone personale omaggio al Sindaco di

quella città, e disse, con sereno disincan-to: “La vedevo bene come sigla d’apertu-ra del festival, ma poi, quel sindaco, l’-hanno pure arrestato; oh, oh, oh...”. Ri-ascoltandola oggi, questa serenata di Al-do per la città dei fiori, ci piace scorgervi,in uno sforzo di fantasia bonariamentecampanilistica, la traccia di un piccolo pla-gio: il famoso ritornello: “Perché Sanremoè Sanremo...” con cui si aprono da diver-si anni le edizioni del Festival, sembrereb-be proprio ripreso dalla serenata di Aldo.Chissà...?Sicuramente, ogni abitante di San Felicepotrebbe arricchire quest’articolo con per-sonali ricordi legati ad Aldo. Basterebberole tante spose del tempo, alle quali non èmai mancata la serenata notturna, comepreludio augurale per le nozze. A loro Aldodedicava la canzone: ”Buonanotte angelomio”. Oppure, si potrebbero rammentarecon grande nostalgia le feste della Madon-na della Sorresca, nelle quali le famigliesanfeliciane pranzavano all’aperto a Cate-rattino. Aldo arrivava e, al suono della suafisarmonica, ci si riuniva tutti per quei can-ti sacro - “etilici” grazie ai quali la nostra co-

munità ritrovava, almeno per un giorno, unafraterna, gioiosa identità. Bello è stato anche aver potuto constatarecome il ricordo di Aldo non appartenga so-lo alla sua generazione ma, privilegio raroconcesso a pochi, sia un patrimonio di tut-ti noi di San Felice. Nel giorno in cui si è ap-presa la triste notizia della sua morte, sulnoto social network di facebook, molti gio-vani hanno scritto di lui: “... animo buono;persona speciale; uno che non ha mai fat-to del male; mitico, simpatico, gentile... ”Tutti apprezzamenti accomunati da un sin-cero, disinteressato sentire. Chi era, dunque, Aldo? Prima di risponde-re a quest’ultima domanda, dobbiamo for-se chiederci: che cos’è che possiamo con-siderare “arte”? Chi può fregiarsi del titolodi “artista”? È discussione antica quasiquanto l’uomo e lungi da noi avere la pre-sunzione di dire qui la nostra su questo te-ma. Lasciamo agli uomini dotti dibatteresulla figura dell’artista intesa in senso stret-to, quale creatrice di opere dotate di ungrande valore estetico capace di prevari-care i tempi, nei campi della così detta cul-tura “alta”: pittura, musica, architettura,poesia ...

A noi sanfeliciani, credo piaccia pensareall’artista in modo più semplice e ruspan-te, come a una persona che esprime lasua personalità in modo estroso e creati-vo. Allora, possiamo serenamente ri-spondere alla nostra domanda, e senzaalcuna retorica: con la recente scompar-sa di Aldo del Circeo, abbiamo perso ilnostro Artista! ■

di Gabriele Lanzuisi

L’ultimo cantastorie di San Felice

Divertito, diceva di sé: “L’uomo che non tramonta mai!”

segue da pag. 1

Aldo Ziarelli, un uomo libero

grande passione di tutta la sua vi-ta è stata la musica“

“aveva sempre un portamento ele-gante e dignitoso“

aveva deciso d'interpretare libera-mente e con leggerezza la sua esi-

stenza, sdrammatizzandola“ “

Settembre 2001 matrimonio Clelia e Gabriele alPeretto

Festa della Madonna della Sorresca

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I ncredibili sono i risultati emersi nell’ul-timo consiglio comunale: alla data deldissesto il Comune chiude la sua ge-

stione nell’anno 2012 con un avanzo di am-ministrazione il cui esatto ammontare ap-pare oscuro per i dati contrastanti riportatinei vari atti allegati alla proposta di delibe-razione in esame della massima assise co-munale, ma è comunque un avanzo positi-vo. A nulla sono valse le rimostranze dellaminoranza circa la conoscenza del datoesatto che oscilla tra i 235.000,00 € e i250.000,00 €. Nonostante ciò dobbiamoevidenziare che nell’anno 2012 la chiusuradell’esercizio finanziario ha fatto registrareun dato politico importante: il comune harealizzato alla data del 31 dicembre 2012 unavanzo di amministrazione indiscutibilmen-te positivo. Ma cosa significa questo? Cerchiamo dispiegare. Pensiamo ad esempio alla propriafamiglia e immaginiamo di fermarci in unperiodo dell’anno che, per consuetudine,viene indicato al 31 dicembre.Cerchiamo ora di buttar giù due conti. Il bi-lancio familiare è composto da entrate euscite come il bilancio di un qualsiasi EntePubblico. Cosa pensereste se dalla diffe-renza tra le entrate e le uscite ci fosse unsaldo positivo anche di soli 1.000,00 €?Pensereste forse a una situazione fallimen-tare? Sono certa di no.Ora torniamo al Comune che alla data del31 dicembre di ogni anno deve determina-re quale è il risultato della sua gestione. An-che San Felice Circeo ha dovuto fare i con-ti tra entrate e uscite, certificando appuntoche, nell’anno 2012, il comune ha avuto unavanzo di amministrazione. Insomma in-cassate le somme dai cittadini e dallo sta-to/regione e pagate tutte le spese dell’an-no, il comune ha avuto un saldo positivo dibilancio di oltre 250.000,00€, determinandoquindi un buono stato delle casse comunali. A questo punto ci si domanda: come ha fat-to il comune a dichiarare il dissesto? Il dis-sesto vi ricordo è stato dichiarato il21.12.2012 e in quei giorni (alla fine del-l’anno mancavano 10 giorni), per cercare direndere quanto più possibile nefasta la si-tuazione dei conti del Comune, l’ammini-strazione Petrucci con totale incongruenza,all’interno della delibera del dissesto di-chiarava che la cifra da riequilibrare al31.12.2012 era pari a 1.958.007,91 € a pa-gina 5, fino a diventare, e non si capisce co-me, 864.663,13 € a pagina 11 (verificatepure la delibera sul dissesto pubblicata). Al-la data del dissesto essendo 21 dicembree non essendo ancora chiuso l’anno, il Co-mune ha dovuto effettuare calcoli necessa-riamente presunti perché non erano pre-senti i dati definitivi e non c’erano dubbi cheli avrebbero rappresentati nel modo più ne-gativo possibile.Pur tralasciando (anche se non è di pococonto) l’assoluta incoerenza delle cifre (nonsolo quella indicata precedentemente) che

in sole 6 pagine subiscono un migliora-mento di oltre un milione di euro, il Comu-ne, non ottemperando a un preciso obbli-go di legge, non solo non prova a riequili-brare la cifra presunta (risultata poi sbaglia-ta rispetto ai dati ufficiali) che lui stesso di-chiara come oscillante tra 1.900.000,00 ecirca 900.000,00 € in negativo, ma si rifiu-ta anche di esaminare la proposta di deli-bera di riequilibro predisposta dai compo-nenti della minoranza e a quel punto, infi-schiandosene dell’enorme danno cheavrebbe causato al Paese, dichiara il dis-sesto finanziario dell’Ente.Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchie la più clamorosa delle smentite arriva pro-prio dai dati che la stessa amministrazionePetrucci, per un preciso obbligo di legge, ècostretta a dichiarare e a pubblicare un an-no e mezzo dopo il dissesto. I dati derivan-ti dal consuntivo 2012 (solo 10 giorni dopoil dissesto) risultanti dal bilancio dell’Ente al31.12.2012 (approvati proprio nell’ultimaseduta di consiglio comunale) sono com-pletamente diversi da quelli di due anni fae restituiscono una fotografia rosea dei con-ti del comune: • anno 2012 avanzo di amministrazione cir-

ca + 250.000,00 €, avanzo di competen-za + 1.811.892,56 € cassa (banca Cari-ge) + 752.000,00 €;

• anno 2013 avanzo di amministrazione336.877,65 €, avanzo di competenza1.739.176,13 € cassa (banca Carige)+2.900.000,00 €;

pertanto sia per il 2012 che per il 2013 l’En-te non presenta alcun indicatore di bilancionegativo e da risanare. Non si può ora con-tinuare a sostenere che l’ente ha accumu-lato debiti con la passata amministrazione.Anzi, i dati di bilancio dicono esattamentel’opposto. E non provasse qualche ammi-nistratore ancora ad affermare che i dati so-no positivi perché i conti li hanno risanati lo-ro: si tratterebbe di un’enorme bugia, difat-ti i dati che finora ho rappresentato sonoquelli al 31.12.2012 quando ancora il co-mune non aveva potuto attuare nessun ri-sanamento dei conti perché il dissesto erastato dichiarato da 10 giorni e le delibere re-lative all’aumento delle imposte partono tut-te dal 2013 in poi.Al di là della questione prettamente politi-ca, quello che fa male sempre più è vede-re un paese allo sbando, per l’incapacità digestire degli attuali amministratori. Serviziinesistenti, aiuti alle famiglie disagiate can-cellati, tasse al massimo storico. Che cosafaranno ancora per continuare a non darerisposte al nostro paese e soprattutto con-tinueranno ancora a privare i cittadini deiservizi? Non si amministra un paese accu-mulando cassa (l’ultima verifica di cassa at-testa + 3.600.000,00 €) e chiudendo i bi-lanci con avanzi di amministrazione e nes-suna giustificazione ha il fatto che svento-lano come uno stendardo la presenza difondi vincolati. Fondi vincolati sono sem-

plicemente soldi del Comune destinati aspecifiche opere e visto che la cassa a fine2012 era oltre 752.000,00 €, alla fine del2013 oltre 2.900.000,00 € e oggi oltre3.600.000,00 €. Come si giustifica la man-cata realizzazione di opere per gli importi incassa a esse vincolati?Un Ente capace, non risparmia, ma utilizzale somme disponibili per migliorare il pae-se. Forse però è meglio così visto la totaleincapacità da parte degli attuali ammini-stratori di attuare opere già previste (fondivincolati) e di certo non possono farci cre-dere che rappresenta una priorità l’utilizzodei soldi pubblici per appaltare all’esternoil servizio di nettezza urbana che funziona-va in maniera eccellente e i cui risultati era-no sotto gli occhi di tutti. Ma soprattuttoquesti amministratori dovrebbero spiegarcidove è il pubblico interesse in questo ge-nerale, frammentato, affidamento alle co-operative/società del servizio, visto che co-sta al Comune 530.000,00€ in più rispettoal passato con risultati peraltro inferiori.Assistiamo ogni giorno a tagli in tutti i set-tori. 28 famiglie lasciate senza stipendio,servizio della nettezza urbana affidato a ter-zi, definitiva cancellazione degli strumenti edelle risorse da destinare al sociale, alla cul-tura e ai servizi in genere. Non si compren-de questa politica, come non si compren-de quale è l’obiettivo che la maggioranzaintende perseguire. È evidente che San Fe-lice Circeo non ha più una guida ammini-strativa. Addirittura non ci sono più mezzi,né si attribuiscono risorse economiche perfar funzionare anche il più semplice dei ser-vizi. Una politica che propone a cittadini eturisti un territorio sporco e malconcio. Uncomune non più in grado di far funzionarenulla e soprattutto che non interviene perfar progredire il paese. Hanno voluto ta-gliare con il passato cancellando anchequanto di buono era stato fatto dalle pas-sate amministrazioni e lo hanno fatto per di-spetto, senza validi motivi. Il Comune diSan Felice Circeo negli ultimi anni non èprogredito in nessun settore, ma semmaicon le politiche attuate dalla maggioranzaPetrucci, è regredito anche per la medio-crità delle poche attività attuate. ■

CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 3

Politica

Amministrazione incapace e inefficiente

Inutile dissestoDati interpretati male e frettolosamente

Municipio

di Monia Di Cosimo

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CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 4

Politica

L a velocità e la contraddittorietà de-gli atti prodotti nella gestione dei ri-fiuti nel Comune di San Felice Circeo

fanno immaginare di trovarsi di fronte a queiloschi personaggi che praticano l’anticogioco d’azzardo delle tre carte più che aun’amministrazione comunale.Già il primo atto approvato nel settore deirifiuti nel 2013 era stato molto discutibilesotto il profilo dell’equità fiscale con il sor-prendente trasferimento del carico tributa-rio a danno delle famiglie più povere. Infatti, come tutti i sanfeliciani hanno avutomodo di constatare, con la delibera di Con-siglio Comunale n. 25/2013, l’amministra-zione Petrucci pur prevedendo l’invarianzadell’entrata complessiva, rimodulò le tariffedella tassa sui rifiuti: in tal modo le famigliepoco numerose con case più grandi, pre-sumibilmente più ricche, pagarono un im-porto inferiore rispetto all’anno precedentementre le famiglie più numerose e con ca-se più piccole, presumibilmente meno fa-coltose, ricevettero bollette della TARSUnotevolmente aumentate!Ma quanto su riportato, pur nella sua gra-vità, non è il fatto più eclatante. Il vero scan-dalo riguarda la gestione politico-ammini-strativa del ciclo dei rifiuti da parte di que-st’amministrazione, meritando l’attenzionedi tutti noi ma soprattutto da parte delle au-torità preposte al controllo e alla vigilanzasulla correttezza amministrativa e sulla le-galità dell’azione di governo. Di seguito i fat-ti.Il 20 dicembre 2013, il Consiglio Comunaledi San Felice Circeo, con deliberan.46/2013, approva la: “Relazione sull’affi-damento del servizio di gestione igiene ur-bana raccolta e smaltimento rifiuti solidi ur-bani e assimilati”. In questa relazione (carta vince …), i con-siglieri comunali di maggioranza, oltre a di-lungarsi sulla legittimità dell’eventuale affi-damento a una ditta esterna del servizio diraccolta e smaltimento dei rifiuti, cosa tral’altro nota e scontata se fossero seguite leprocedure corrette, cercano di dimostrarel’utilità della loro scelta sotto il profilo eco-nomico. Confrontano, così, i costi sostenu-ti dal comune di San Felice Circeo, che ge-stisce direttamente il servizio, con quelli delconfinante comune di Sabaudia che inveceha affidato il servizio ad aziende private.Nel dibattito consigliare del 20 dicembre èsegnalata l’alta incidenza dei costi del per-sonale nel comune di San Felice Circeo perevidenziare l’inefficienza del gestore pub-blico.Nella citata relazione, inoltre, l’amministra-zione comunale valuta i 2,373 milioni di eu-ro, all’epoca necessari all’erogazione delservizio, eccessivi se rapportati alla popo-lazione residente. E’, infatti, possibile leg-gere: ”... dall’analisi comparativa si eviden-zia come il costo pro capite sia notevol-mente superiore rispetto alla realtà confi-nante che in precedenza ha ritenuto neces-

sario far ricorso al Know How delle impre-se private, beneficiando anche delle eco-nomie di scala che queste sono riuscite aporre in atto”.Infine, sintetizzano così le motivazioni dellaloro scelta di affidare a una ditta esterna ilservizio di raccolta e smaltimento dei rifiuticomunali: “… la nuova modalità di gestionerappresenta comunque la scelta più idoneae conveniente per la collettività, sotto il pro-filo dell’efficienza, dell’efficacia e dell’eco-nomicità ”.Clamorosamente, Il 18 agosto 2014, sem-pre gli stessi identici amministratori dimaggioranza, Petrucci Giovanni, CalisiEgidio, Saputo Eugenio, Capponi Corrado,Bianchi Giuseppe, Magnanti Luciano, Cop-pola Roberto, Recchia Stefano, assistiti daldott. Zeoli nella triplice veste di segretarioComunale, di responsabile tecnico e di re-sponsabile della ragioneria, contraddiconoe smentiscono se stessi approvando conla delibera n. 46/2014 il Piano Finanziarioper la Tassa Rifiuti (TARI) anno 2014.Il Piano Finanziario TARI 2014 (carta perde…) prevede un costo complessivo per lagestione dei rifiuti per l’anno 2014 di €

2,886 milioni di euro! Con un aumento di513 mila euro rispetto all’anno precedente,pari a +21,62% in un solo anno! E questononostante la forte riduzione della quantitàdi rifiuti raccolti: come tristemente e vergo-gnosamente testimoniato dai cumuli dispazzatura abbandonati lungo le strade so-prattutto nei mesi estivi; ma documentato inparticolare dalla stessa amministrazionecomunale che, a pagina 10 del Piano Fi-nanziario TARI, certifica una riduzione com-plessiva della raccolta di rifiuti di 2,5 milio-ni di Kg! Pari al -19,34%!Che cosa è cambiato in pochi mesi, da di-cembre ad agosto?A leggere la documentazione prodotta sem-brerebbe cambiata in toto sia l’amministra-zione comunale sia il responsabile tuttolo-go del comune: se, infatti, il 20 dicembre ilcomune di Sabaudia era l’esempio da se-guire e per un intero consiglio comunale lamaggioranza ha cercato di convincere l’op-posizione che era corretto prendere il co-mune confinante a termine di confronto, orala stessa dichiara ufficialmente: “È pococorretto ed è sbagliato paragonare costi ebollette di comuni che saranno pure confi-nanti, ma che hanno situazioni completa-mente differenti”;Se il 20 dicembre doveva essere evidenteche il costo del personale era l’indicatoreprincipale degli sprechi della gestione di-retta del servizio da parte del comune e cheera necessario l’affidamento del servizio auna ditta esterna che avrebbe permesso ilmiglioramento del servizio e la riduzione deicosti, il 18 agosto, incredibilmente l’au-mento dei costi è dovuto: “… all’affida-mento del servizio di raccolta e trasporto deirifiuti a imprese esterne all’Ente (esternaliz-zazione del servizio) per le quali si è dovuto

e si deve sostenere un costo del personalesuperiore a quello sostenuto con persona-le dipendente interno all’Ente”;Se il 20 dicembre 2013, il costo complessi-vo per la raccolta dei rifiuti di 2,373 milionidi euro era eccessivo e andava urgente-mente ridotto affidando il servizio a una dit-ta esterna più efficiente, il 18 agosto 2014,per giustificare l’aumento di più di 500 mi-la euro nei costi per realizzare un servizio diraccolta qualitativamente e quantitativa-mente inferiore, si afferma senza imbaraz-zo né vergogna che ciò è dovuto al fatto chela ditta esterna è meno efficiente e costa dipiù! Incredibile ma vero, l’amministrazionemette per iscritto in momenti diversi tutto eil contrario di tutto senza alcuna vergognae imbarazzo: una capacità di riscrivere lastoria da far invidia agli specialisti del Mini-stero della Verità nel Grande Fratello di Or-well.Il Sindaco riesce a superare se stesso quan-do, insieme alla bolletta TARI, nel goffo ten-tativo di distrarci, ci invia una lettera nellaquale, invece di scusarsi per tutti i disagi ele sofferenze inutilmente provocate, con-giuntamente all’assessore delegato comu-nica di essere orgoglioso di comunicare cheprima o poi sarà “… avviata la raccolta por-ta a porta nel nostro Comune”. È veramente difficile immaginare di cosapossano essere orgogliosi! Non possono essere orgogliosi di aver mes-so in ginocchio molte famiglie e intere ca-tegorie economiche con bollette della TARIaumentate anche del 50% in un solo anno!Sono forse orgogliosi di aver inviato unabolletta scaduta? Sono riusciti anche, cre-do unico comune in Italia, a redigere il 2 ot-tobre le bollette della TARI scadute il 30 set-tembre.O forse sono orgogliosi del fatto che cal-pestando ogni principio di trasparenza e le-galità da circa due anni il Comune affidaprovvisoriamente attraverso gare “informa-li” il servizio di raccolta e smaltimento rifiu-ti? Oppure sono orgogliosi del fatto che gli uf-fici ci obbligano a compilare un inutile quan-to incomprensibile questionario, per chie-derci dati già presenti nelle banche dati delcomune o di altri enti pubblici, finalizzatosolo a ingolfare gli uffici di persone alla ri-cerca d’improbabili chiarimenti? Sono orgogliosi forse del fatto che il paeseè sempre più sporco e abbandonato a sestesso?Ci è rimasto solo di vederli a un angolo diuna piazza affollata e piena di spazzaturanon raccolta, mentre lamentandosi del fat-to che nessuno ha capito il loro cervelloti-co sistema di raccolta “porta a porta”, gri-dano, come certi loschi personaggi: … ladelibera è più veloce dell’occhio, signo-ri fate il vostro gioco! ■

di Nicola Ceccato

Un’incredibile contraddittorietà delle delibere comunali

La raccolta dei rifiuti e le relative tasse

L’antico gioco delle tre carte

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N el bellissimo intervento di aperturadel volume ‘1989 – Il crollo del mu-ro di Berlino e la nascita della nuo-

va Europa’, edito dal Corriere della Sera,Claudio Magris – grande germanista e uo-mo di cultura – scrive: “Siamo tutti o quasiconservatori incapaci di immaginare che lecose, così come siamo abituati a vederle eviverle, possano mutare. Scambiamo ilpresente per l’eterno”.Cambiare invece si può. E non ce lo hannodimostrato soltanto la caduta dopo quasitrent’anni dalla sua costruzione del muro diBerlino e, un po’ prima, la caduta dopo ven-t’anni del fascismo; ma anche più recente-mente e più in piccolo, la caduta, doposempre vent’anni, del più farsesco ma pursempre tragico muro del ‘berlusconismo’.Potrà cadere anche il nuovo muro cui ci tro-viamo oggi di fronte, il “muro di Bruxelles”?Rappresentato dai poteriforti oggi alla guida dell’U-nione europea e, più pre-cisamente, dalla politicadi Austerità imposta dallaGermania?Esattamente settant’annifa, noi europei, ci stavamoancora sparando gli unicontro gli altri, e il muro diBerlino ha rappresentatoper molti anni ancora, do-po la pace, l’ultimo assur-do ostacolo alla nascita diun’Europa ben diversa,mossa da valori democra-tici condivisi. Le volontàpolitiche di allora, unanimi,decisero un cambiamentoe cambiamento fu, certoaiutate dallo sgretolamen-to, al di là del muro, di unsistema iniquo e giunto or-mai ‘alla frutta’. Questo accadde quandoc’era, appunto, la POLITI-CA.Oggi, invece, che di ‘politica’ – intesa lette-ralmente come scienza e arte di governare– ce n’è di meno, perché sono in crisi mol-ti meccanismi politici nazionali – si vedanoper tutti, oltre quello dell’Italia, quelli dellaFrancia e dell’Inghilterra, ma anche dellaGrecia, e persino, da poche settimane, de-gli USA - e non c’è, a compensare questideficit, una POLITICA COMUNE EUROPEA,a guidare le nostre sorti è l’ECONOMIA. Laquale, anziché essere guidata dalle sceltedi interesse generale fatte dalla politica, gui-da e obbliga essa stessa le scelte politiche(v. l’Austerità).Assistiamo cioè – per fortuna con alcunegrida contrarie, tra cui quelle del nostro pre-mier Renzi - all’imposizione da parte di unaBruxelles a guida tedesca, di misure eco-nomiche anti-sviluppo come l’AUSTERITÀ,che condizionano pesantemente le deci-sioni politiche dei paesi membri, in partico-

lare di quelli, come l’Italia, più deboli. Conl’assurdità di milioni di euro stanziati dallaCommissione Europea a sostegno propriodei paesi più deboli, ma utilizzabili solo lad-dove essi riescano a rientrare in certi ri-strettissimi parametri: così stretti, però, danon renderne possibile l’utilizzo!Una sorta di “COMMA 22”, se ricordatequel bellissimo film – e prim’ancora roman-zo - di guerra americano di qualche anno fa:nel quale si narra di un pilota che non vuo-le più prendere parte alle missioni bellicheche gli sono ordinate, ma che non riesce aesserne esonerato perché il “comma 22”del codice europeo…, pardon, del codicemilitare americano, prevede che “Chi è paz-zo può chiedere di essere esonerato dalleazioni di guerra, ma chi chiede di essereesonerato da esse non è pazzo”.Escludendo nel prossimo futuro, e spero

anche oltre, di tornare aspararci tra europei - sep-pur per il ‘buon fine’ difarla finita con l’AUSTE-RITÀ e di abbattere il mu-ro di Bruxelles, così comeimpostoci da chi vuole te-nersi il potere europeotutto per sé (leggi sempreGermania) – che cosa sipuò fare per combattere ilpesante orpello che ciimpedisce di crescere eper cercare quindi dicambiare le cose?Prima di tutto - chiariamosubito questo punto –comportandoci come unPaese all’altezza della sfi-da che vuole lanciare:cioè come un Paese chenon elude le regole, ma lerispetta; che non froda ilfisco, ma paga le tasse;che non cambia governoogni pochi mesi (grazieanche a una legge eletto-

rale pessima), ma si mostra affidabile e sta-bile; che ha banche che non si tengono persé i soldi trasferitigli dalla Commissione Eu-ropea, ma che li mettono a disposizionedelle imprese e delle famiglie richiedentietc. etc.Questo Paese “virtuoso”, nonostante glisforzi e la determinazione di Renzi, non c’èancora, tutto. Ce ne è solo un po’, e vaquindi incoraggiato. Ricordiamoci ad esem-pio che solo pochi mesi fa una parte rile-vante di cittadini ha voluto concedere unagrande fiducia al nuovo premier, proprio perdare un segnale di voglia di cambiamento.E ciò pur in presenza dell’esistenza in poli-tica ancora di Massimo D’Alema. Almeno una fortuna, però, ce l’abbiamo: al-la guida della BCE, cioè della super bancaeuropea, vi è Mario Draghi. Il quale, resi-stendo alle pressioni conservatrici in sensocontrario della banca centrale tedesca –

sempre loro – ha promosso una serie di mi-sure monetarie, creditizie e di controllo ban-cario per arginare la crisi e rilanciare lo svi-luppo. Ha detto Draghi, in occasione di un semi-nario in ricordo dell’economista FedericoCaffè, suo grande maestro: “L’attuale inac-cettabile livello della disoccupazione – il23% dei giovani tra i 15 e i 24 anni non haun lavoro – è contro ogni nozione di equi-tà, è la più grande forma di spreco di risor-se, è causa di deterioramento del capitaleumano, incide sulle potenzialità delle eco-nomie diminuendone la crescita per gli an-ni a venire”. È questo il primo di tutti i diritti: ‘il diritto diavere diritti’, il diritto al lavoro primo fra tut-ti. Di fronte a questa tragedia sociale, che uni-sce in un solo destino più generazioni, daigiovani inoccupati ai meno giovani disoc-cupati, dovrebbe coalizzarsi un unico lun-gimirante fronte sia interno (fra governo, im-prese e sindacati), sia internazionale (fra ipaesi europei che vogliono rilanciarsi).Invece assistiamo in Italia, finito il “berlu-sconismo”, in fase di stallo il “grillismo”, alrispuntare di chi si credeva morto: il “leghi-smo”! Per di più “annerito” dall’alleanza conla destra razzista francese di Marine Le Pen.Rispunta così la NON-CULTURA, sia politi-ca, sia civile, quella che fa leva sui nostripeggiori istinti conservatori, per dirla anco-ra con Magris.Per far fronte a questi nuovi “barbarelli” del-la Gallia Padana, ai loro rigurgiti di ignoran-za, c’è solo un modo: educare le giovanigenerazioni non all’egoismo e all’individua-lismo, ma a capire che la dignità della per-sona sta nei grandi valori, nella solidarietà,nel rispetto della giustizia, nel rifiuto del raz-zismo, nell’amore per il bene comune.Sta, cioè, nella cultura. ■

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Economia

di Alessandro Petti

“Comma 22”

La storia non sempre è maestra

Dal muro di Berlino al muro di Bruxelles

Angela Merkel

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Editoriale - Lettere

prima?E ancora: ”Siccome il costo della Tari vie-ne distribuito solo sui cittadini iscritti a ruo-lo, sarebbe interessante sapere se a Sa-baudia esiste la stessa percentuale di eva-sione presente nel nostro comune”. E di chiè la colpa di questa lamentata evasione?Perché non sono stati presi adeguati prov-vedimenti?“L’avviso” aveva lo scopo di rappresenta-re con orgoglio l’impegno del Comune nel-l’attivazione della nuova raccolta rifiuti, mi-gliore e più civile, ma i firmatari si lamen-tano che: “fa più comodo leggere solo lecose che fanno notizia e incolpare il go-verno del fatto di non essere capace di fa-re miracoli”.A noi non resta che attendere l’inizio delleoperazioni di raccolta differenziata “porta aporta”, come promesso, e vedere se i tem-pi saranno rispettati e se si avranno gli au-spicati benefici, meno ingombro nelle stra-de e più pulizia. Ne riparleremo l’annoprossimo e se le promesse si realizzeran-no non ci dispiacerà dirlo.

Restituzione dei soldiDella pretesa e richiesta restituzione disomme di denaro ai dipendenti comunali,abbiamo già detto (v. “Centro Storico” n.68 - pag. 6). Aggiungiamo solo che non èchiaro perché si sostenga che le sommesono state percepite in modo irregolare,anche se erogate a fronte di attività real-mente svolte, né da quale Ente prepostosiano state contestate.A parte queste considerazioni, come si po-trebbe evitare l’applicazione nella fattispe-cie dell’articolo 2126 del codice civile, cheaddirittura prevede il diritto del lavoratorealla retribuzione per il lavoro svolto anchein caso di nullità o annullamento del con-tratto?Non è questo il modo di fare cassa per ge-stire il “dissesto” voluto e dichiarato daquesta Amministrazione!

PortoCon un recente comunicato l’Amministra-zione comunale fa sapere che si è “con-cluso il procedimento di verifica della le-gittimità delle concessioni demaniali rila-sciate a favore della Cooperativa Circeo I°.Il RUP (Responsabile Unico del Procedi-

mento) ha concluso il procedimento rite-nendo che sussistano i presupposti e lecondizioni per attivare uno o più procedi-menti finalizzati all’annullamento d’ufficio, inautotutela, delle concessioni medesime.”Ci sono voluti due anni e mezzo per il pa-rere del RUP? Quanti altri anni dovremo at-tendere per ottenere lo sbandierato ritornoeconomico a favore della collettività dallagestione del porto? Per questo probabil-mente già si sono svolti incontri e trattati-ve tra Amministrazione e Cooperativa Cir-ceo I°, ma al cittadino non è dato saperequali siano stati i contenuti degli argomen-ti trattati, nè tantomeno le conclusioni.Non si ha notizia di verbali di questi incon-tri, che invece dovrebbero essere dovero-samente redatti dall’Ente locale per ogni at-tività di interesse pubblico, svolta relazio-nandosi con terzi. Questi verbali dovreb-bero essere portati a conoscenza di tutti,pubblicandoli sul sito ufficiale del Comune.In tal modo si eviterebbe tra l’altro di far cir-colare voci sulle cifre offerte dalla Coope-rativa Circeo I° e su quelle richieste dal Co-mune con un balletto di numeri che invita-no, come diceva un noto politico scom-parso lo scorso anno: “a pensare male,perché, anche se si fa peccato, molto spes-so ci si azzecca”.

Maggioranza in fibrillazioneComportamento altalenante dell’Ammini-strazione in carica, nella persona del Sin-daco Petrucci, che gestisce gli incarichi ele attribuzioni a seconda degli umori del

momento legati a episodi e situazioni di-verse. La delega all’urbanistica è stata da-ta all’assessore Saputo, all’inizio del man-dato, gli è stata tolta l’8 aprile 2013, ma poiridata il 24 aprile 2013.Lo stesso è stato fatto a proposito di altredeleghe esterne, tranne un “intoccabile”,certamente premiato per la sua fedeltà eforte capacità d’integrazione, per finire re-centemente con quella tolta all’assessoreCapponi e data al cons. Magnanti. In que-sto contesto mi sembra opportuno ricor-dare anche lo spiacevole episodio della“fuga” della Dott.ssa Elisabetta Napolitano,in difficoltà nell’esercizio della sua delegaal Turismo per l’ostruzionismo interno allamaggioranza.Ci farebbe piacere poter affermare chequesto teatrino è voluto e realizzato se-guendo il criterio delle capacità e dellecompetenze dei nuovi incaricati di occu-parsi dei vari settori, ma con tutta la buo-na volontà sembra difficile sostenerlo.Caso del cons. Coppola. Nel corso delConsiglio comunale del 5 novembre 2014dichiara di uscire dalla maggioranza e diaderire al gruppo dell’opposizione. In quel-la circostanza invita il Sindaco a incontra-re i cittadini per sentire le loro lamentele.Sindaco Petrucci tutto procede per il me-glio?Nella poesia che segue il poeta Trilussa usauna metafora che, a mio avviso, ben rap-presenta la realtà sanfeliciana.

La campana de la chiesa

- Che sôno a fa’? - diceva una Campana -Da un po’ de tempo in qua, c’è tanta genteche invece d’entrà’ drento s’allontana.Anticamente, appena davo un toccola chiesa era già piena;ma adesso ho voja a fa’ la canoffiena1

pe’ chiamà li cristiani cór patocco2!Se l’omo che me sente nun me credeche diavolo dirà Dommineddio?Dirà ch’er sôno mionun è più bono a risvejà la fede.- No, la raggione te la spiego io:- je disse un Angelettoche stava in pizzo ar3 tetto –nun dipenne da te che nun sei bona,ma dipenne dall’anima cristianache nun se fida più de la Campanaperché conosce quello che la sona.

(Trilussa)1 Altalena 2 Battaglio3 Sull’orlo del

segue dalla primaEditoriale di ALESSANDRO CRESTI

Propaganda elettoraleVerba et voces, praetereaque nihil

Marco Vuchich

San Felice Circeo – Amministratori a PaestumEgregio Direttore,finalmente un gesto di coerenza della no-stra amministrazione: l’assessore al turi-smo, Dottor Eugenio Saputo, e il delega-to al Centro storico, signor Franco Dome-nichelli, hanno partecipato alla XVII edi-zione della Borsa Mediterranea del Turi-smo archeologico, tenutasi recentementea Paestum. Quali rappresentanti locali del-la nostrana archeologia politica, ci sono

sembrati i referenti più idonei. Speriamosolo che al danno non si aggiunga la bef-fa di vederli anche inviati, come nostri prei-storici rappresentanti all’EXPO 2015 a Mi-lano.

(lettera firmata)

San Felice Circeo – Maggioranza di destra o di si-nistra?Egregio Direttore,vorrei sottoporre all’attenzione dei letto-ri del giornale da lei diretto, una riflessio-ne. La precedente amministrazione ha gover-

nato il nostro paese per molto tempo, conuna collocazione chiaramente di destra.La formazione politica che è subentrata adessa, pur mantenendo al suo interno lamaggioranza di noti esponenti, sempre didestra, per colpa di qualche sbiadita pre-senza di “sinistra” finirà per addossareogni responsabilità per la grossolana ge-stione della cosa pubblica di questa ete-rogenea compagine, proprio a quest’ulti-ma corrente politica. Quale elettore di si-nistra, osservo tristemente e con molto

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Una qualificata delegazione a Paestum

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Territorio

P residente Patanè, da anni la no-stra Associazione è impegnatanella salvaguardia, protezione, e

valorizzazione del patrimonio storico, ar-tistico, culturale del Centro Storico diSan Felice Circeo e di tutto il territorio dicui è parte integrante. Quali strategie laRegione Lazio intende mettere in attoper sostenere e condividere questo im-pegno? Come Consigliere Regionale e insieme allaV Commissione Consiliare Cultura, Sport,Turismo, Scuola, Istruzione, Diritto allo stu-dio, Pari opportunità e Politiche giovanili - dicui sono Presidente - in questi diciotto me-si di legislatura abbiamo molto lavorato peril rilancio complessivo della nostra Regione.Uno dei primi obiettivi è stato quello di va-lorizzare l’immenso patrimonio dei nostri ter-ritori coniugando la cultura, l’interesse sto-rico-religioso, lo sport con il contatto con lanatura, il benessere della persona. San Felice Circeo, e il territorio di cui fa par-te, può essere ben preso come paradigmaed esempio delle infinite possibilità che lanostra Regione ci offre e su cui è necessa-rio investire. Dalle bellezze naturali ai moltisiti di interesse storico-artistico, dalle ec-cellenze enogastronomiche alle varie op-portunità di praticare diverse disciplinesportive all’aria aperta. Il Piano del Turismodella Regione Lazio per il biennio2014/2016 individua, in questo senso,obiettivi e descrive strategie su cui è ne-cessario lavorare: politiche di sostegno esviluppo per le imprese, politiche di stimo-lo e affiancamento dei territori, nuove poli-tiche di marketing integrato. Il bacino turistico nazionale e internaziona-le a cui è possibile ambire, infatti, è deci-samente alto. Basti pensare che in Italia ol-tre il 55% delle persone effettuano una va-canza nella propria Regione o in quelle im-mediatamente confinanti.Il territorio del Lazio puòessere raggiunto in menodi due ore da 13 milioni emezzo di persone (resi-denti compresi). Molti an-che i turisti stranieri che,dopo aver visitato Roma,che resta evidentementeuna meta privilegiata econ immensa capacità at-trattiva, scelgono di visita-re altri luoghi alla ricerca diuna vacanza che rispec-chia l’Italian way of life. Quali sono dunque gli strumenti che laRegione intende mettere in atto per so-stenere e affiancare i territori in questepolitiche di sviluppo?Sono diverse le misure attraverso cui con-tiamo di rilanciare il settore turistico cherappresenta un asset strategico sul quale,come Regione Lazio, stiamo puntando condeterminazione. A partire dal Piano Turisti-co Triennale alla revisione della Legge 13sul Turismo e in ultimo con la revisione dei

Regolamenti per il Settore Alberghiero (giàapprovato), i campeggi e il turismo all’ariaaperta (in via di approvazione in questi gior-ni in Commissione), e il settore extralber-ghiero (B&B; affittacamere etc.). Un modoper facilitare ulteriormente l’apertura dinuove strutture garantendo al tempo stes-so una maggiore qualità dei servizi, più cer-tezza sui requisiti e sulla classificazione del-le attività ricettizie. Infatti, per far sì che unnumero sempre maggiore di persone scel-ga di visitare la nostra Regione, dobbiamoaumentare e migliorare di pari passo la no-stra offerta turistica e ricettiva. Un’acco-glienza diffusa nei diversi territori, che faci-liti la conoscenza e la visita di circuiti “al-ternativi” e meno conosciuti. La crisi economica che stiamo vivendo

non rischia di com-promettere questoprocesso di rilancio? In effetti, la crisi eco-nomica degli ultimi an-ni ha fortemente modi-ficato il modo di tra-scorrere le vacanze deicittadini italiani e anchedi molti cittadini stra-nieri, ma paradossal-mente il nostro territo-rio per la sua caratte-rizzazione geografica eper l’alta concentrazio-

ne di luoghi di interesse è favorito da que-sti mutamenti. Il numero delle vacanze bre-vi (da una a tre notti) ad esempio si è in-crementato negli ultimi dieci anni, arrivan-do a eguagliare quello delle vacanze lun-ghe, trasformando di conseguenza la frui-zione del proprio tempo libero e dei consu-mi culturali. E’ indispensabile tuttavia, oggipiù che mai, investire sulle diverse oppor-tunità che il territorio può offrire per averemaggiore capacità attrattiva ed essere

maggiormente competitivi. Al tempo stes-so è necessario tutelare e salvaguardare lenostre bellezze naturali e renderle fruibili auna sempre più ampia popolazione. Il lavo-ro svolto dalla vostra Associazione, attra-verso la sensibilizzazione e il coinvolgi-mento della comunità su queste tematiche,è prezioso e determinante per la buona ri-uscita di queste iniziative. Ci sono delle aree in particolare che èpossibile sviluppare per sostenere que-ste politiche?Certamente. In questi giorni ad esempio,come Regione Lazio, stiamo lavorando al-la elaborazione della nuova Legge quadrosullo Sport che andrà a sostituire la nor-mativa vigente. Un percorso partecipato nelquale stiamo raccogliendo moltissime ideee contributi. L’obiettivo è di riformare, dareimpulso e offrire nuove prospettive a un set-tore sempre più importante in termini di svi-luppo economico, occupazione e soprat-tutto come straordinario strumento di be-nessere e coesione sociale. In particolaremoltissime proposte stanno arrivando perquanto riguarda la possibilità di praticaresport all’aria aperta. Il territorio del Circeooffre diverse opportunità per quanto ri-guarda il turismo sportivo, che vanno so-stenute e incentivate perché diventino mo-tore di un nuovo modello di sviluppo: pen-so al ciclismo, alla vela, solo per fare alcu-ni esempi. A breve uscirà inoltre il nuovo bando sul-l’impiantisca sportiva per permettere inter-venti di nuova realizzazione o di riqualifica-zione che dovranno partire dal concetto disicurezza e sostenibilità, tanto energeticache ambientale. È anche grazie a iniziativecome queste che si tutela il nostro patri-monio ambientale e naturalistico. Come ritiene possa inserirsi in quest’ot-tica un piccolo comune come San Feli-ce Circeo? Sono molte le opportunità messe a dispo-sizione dalla Regione Lazio per quanto ri-guarda i comuni laziali. Uno dei punti di for-za della politica che stiamo portando avan-ti come Amministrazione, infatti, è proprioil rilancio del “brand” Lazio con una forte at-tenzione alla diffusione su tutto il territoriodi iniziative e servizi. Un orientamento cheè possibile ritrovare nei diversi bandi uscitiin quest’anno e 18 mesi di attività. L’invitoche mi sento di fare, dunque, è quello dipartecipare, nello specifico delle attività edei progetti su cui si intende investire, aibandi che vengono pubblicati dalla Regio-ne così da poter usufruire dei diversi finan-ziamenti disponibili.Grazie per la sua disponibilità. Faremo te-soro delle sue indicazioni. ■

* Consigliere Regionale del Lazio - Presi-dente V Commissione Consiliare perma-nente - Cultura, Turismo, Sport, Scuola,Istruzione, Diritto allo studio, Pari opportu-nità, Politiche giovanili.

Intervista rilasciata dall’on.le Eugenio Patanè*

al bimestrale “Centro Storico”

di Alessandro Cresti

Eugenio Patanè

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Territorio

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I n questo articolo tratterò del restauroe del recupero di spazi, aree o monu-menti di interesse storico artistico e ar-

cheologico, argomento d’attualità, essendostati aperti nel paese diversi cantieri di re-stauro, primo tra tutti quello presso il “Pon-te”, all’ingresso del Centro Storico. Tra tut-ti gli interventi di restauro compiuti nel no-stro Comune, ne ricorderò due: uno defini-bile positivo e ben fatto, l’altro, al contrario,da dimenticare. Il primo cantiere, sicuroesempio di un ottimo intervento di recupe-ro e di valorizzazione di un’area di interes-se storico, archeologico e naturalistico, incompleto stato di abbandono e degrado, fuquello aperto dal comune di San Felice nel2003 presso i giardini di Vigna la Corte, areapanoramica molto ampia, cinta da un beltratto delle mura medievali riferibili al pe-riodo templare del castrum Sancti Felicis. Ilsecondo intervento di restauro, definibilepiù che come restauro, come uno scempiofolle e illegale, fu quello aperto nel 1988 peril recupero e la valorizzazione delle Mura Ci-clopiche, presso le Crocette. Partiamo del primo esempio, quello positi-vo. Il cantiere di restauro dell’area archeo-logica di Vigna la Corte fu aperto nel 2003e fu chiuso e consegnato alla popolazionedi San Felice nel 2006. I lavori furono fi-nanziati dalla Regione Lazio che mise a dis-posizione dei Centri Storici dei fondi fina-lizzati al recupero di zone in stato di ab-bandono e degrado al fine di riconsegnar-le alla giusta e normale fruizione della co-munità tutta.All’interno del cantiere furono aperti duesaggi di scavo, dall’indagine dei quali furealizzata la stratigrafia relativa dell’area, neltimore che scavando per risistemare, ci sipotesse imbattere in resti antichi. Gli scavistratigrafici realizzati da Cristiano Menga-relli, ricercatore dell’Università la Sapienzadi Roma, e pubblicati nel 2004 (MengarelliCristiano, “San Felice Circeo. Le Indagini discavo in località Vigna la Corte”, in “LAZIOE SABINA 3, ATTI DEL CONVEGNO, Roma18-20 Novembre 2004”) sono davveromolto interessanti, per la quantità di mate-riale ceramico rinvenuto e perché ci rac-contano e ci parla-no della vita vissu-ta in quel sito. Icontesti stratigra-fici che, secondo ildottor Mengarelli,meritano attenzio-ne sono quelli pre-cedenti all’età me-dievale “in cui si ri-scontra …. un’o-mogeneità crono-logica riferibile aepoca medio re-pubblicana (IV-IIIa. C.)”.Dato ancora piùinteressante è che

in questosaggio discavo, indi-cato nell’ar-ticolo diMengarell icome S I, èstata indivi-duata e do-cumentata“una porzio-ne di muroin opera po-ligonale lacui forma-zione è infase con lestratigrafieaventi data-zione postquem al se-colo IV-III a.C.” e, conclude Mengarelli, “la probabilepertinenza del lacerto murario all’intero cir-cuito in poligonale di Circeii non autorizzaa considerare questa cerchia muraria comepertinente a epoca precedente l’età medio-repubblicana”. Secondo lo studioso, inbreve, la datazione delle mura poligonali diCirceii confermerebbero le fonti storiche,che parlano di una doppia fondazione del-la colonia romana, una prima fondazione,databile al VI secolo a. C. e riferita ad Arun-te, figlio di Tarquinio il Superbo (535-509 a.C.) e una seconda fondazione romana, da-tata agli inizi del IV secolo a. C., avvenutaforse in seguito a una occupazione volscadel Circeo.Le notizie fin qui riportate fanno capire l’im-portanza dello studio stratigrafico per in-terpretare e conoscere un sito, in primo luo-go, e per guidare gli interventi di restauro,in un secondo momento. Grazie alle inda-gini del dottor Cristiano Mengarelli si è vi-sto come le mura medievali di Vigna la Cor-te furono costruite riprendendo la cinta mu-raria in opera poligonale, che fece quasi daloro fondamenta, a testimoniare come lastoria di un sito sia fatta di continue e in-cessanti stratificazioni scientificamente ri-

costruibili e analiz-zabili grazie all’in-dagine stratigraficadel sito da scavare.L’area di Vigna laCorte fu così recu-perata e valorizza-ta, le mura medie-vali furono restau-rate e l’area pano-ramica fu riconse-gnata alla comunitàtutta. Passiamo ora alsecondo interven-to di “restauro”,preso come esem-pio in realtà di co-

me non si debba fare un restauro. Siamo al-la fine dell’estate del 1988. In vista del Mon-diali del 1990 arrivarono in Regione dei fon-di per il recupero di aree archeologiche, invista del flusso di turisti provenienti da tut-to il mondo che avrebbe interessato la no-stra Regione. La Sovrintendenza per i BeniArcheologici del Lazio indicò tra i siti da re-cuperare anche le Mura Ciclopiche dell’A-cropoli di Circeii, note ai più con il nome diCrocette. Le Mura Ciclopiche sono forma-te da imponenti blocchi di pietra calcare lo-cale, estratti dal monte e lavorati al fine direalizzare massi, spesso di notevole gran-dezza, messi in opera senza l’uso di malta,ovvero a incastro. Il nome della tecnica co-struttiva, definita romanticamente ciclopicain quanto attribuita alle figure mitologichedei giganti da un solo occhio, trae la suaorigine dalla constatazione che tali struttu-re, così possenti, non potessero esser sta-te create dall’uomo, ma dai giganti Ciclopi.Ancora oggi non è stato chiarito bene co-me l’uomo, dell’antichità, senza l’uso dimezzi meccanici, abbia potuto e abbia sa-puto mettere in opera massi così imponen-ti e pesanti. La particolarità e l’interesse sto-rico, archeologico e culturale delle Mura Ci-clopiche sta proprio nella loro messa inopera, nella loro realizzazione tecnico-co-struttiva.E arriviamo al “restauro” del 1988. Assoda-to che, secondo la Sovrintendenza, si do-vesse scavare l’area delle Crocette per re-cuperarla e valorizzarla, furono mandate a“scavare” le ruspe usate per demolire i mo-li e i muretti dei porti. Forse chi diede l’or-dine di scavare fu frainteso, nel senso chenon fu chiaro che un sito archeologico nonsi scava non le “scavafosse”, ma con un’in-dagine stratigrafica curata e fatta da gentedi mestiere ... un archeologo ad esempio.Questo nel cantiere aperto nel 1988 pres-so l’Acropoli non fu ben chiaro, e le ruspe,

Il recupero dell’area archeologica di Vigna la Corte

Valorizzazione delle Mura Ciclopiche

Cosa vuol dire “restaurare”?

di Chiara Parlagreco

Mura ciclopiche del Circeo

Vigna la Corte San Felice Circeo continua a pag. 9

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Sociale

Parità tra sessi ma anche parità tra i popoli

di Anna Scalfati

Novembre mese di riflessione sulla violenza

I l mese di novembre è il periodo del-l’anno in cui si ricorda che bisognacontrastare la violenza contro le don-

ne. Si susseguono incontri e appuntamentie si evocano le tante vittime di violenza do-mestica e di furia omicida da parte di ami-ci, fidanzati, conoscenti. Sono ormai cen-tinaia i nomi di donne le cui vite sono sta-te spezzate in modo tragico e irreparabi-le. Spesso viene sottovalutato il pericolo ela morte sopraggiunge inaspettata dopoanni di relazioni difficili. Nel momento in cuisi apre un dibattito su queste tematicheemerge la condizione perenne di conflittoche riguarda non solo le donne ma grup-pi sociali che per vari motivi sono oggettodi discriminazio-ne e violenza.Quasi un destinodel quale il ge-nere umano nonriesce a liberarsi.Si ergono muri,si rivendicanocome obbligato-ri diritti e privile-gi. E da qui na-sce una pretesaspesso violentadi dominio.Il mese di no-vembre, mese dimaggiore oscu-rità, di giornatecorte e piovoseè il mese della riflessione sulla violenza.Si dovrebbero vivere momenti di condivi-sione nelle scuole e nelle chiese, di di-battito e di apertura. Il mondo dovrebbeanelare alla pace e la violenza di generedovrebbe lasciare il posto alla comple-mentarietà nei ruoli e nelle responsabili-tà. Ma a ciò si arriva se nei conflitti socialie nell’adozione di comportamenti violen-

ti si inserisce un operato della politica vol-to a sostenere i più deboli, a garantire unequilibrio economico per le famiglie piùnumerose o a basso reddito, a garantireuna casa alle giovani coppie. La violenzanasce spesso al fianco della crisi econo-mica e del degrado etico morale. Quan-do si inseriscono dipendenze o frustra-zioni, droghe o gioco d’azzardo, aspetta-tive di facili guadagni e corruzione, lì è piùfacile che comportamenti violenti sianoconsueti.E quindi accanto alla data del 25 novembrericonosciuta dall’ONU come giornata con-tro la violenza alle donne, dovremmo porrel’intero mese come periodo per interrogar-

ci sugli atteg-giamenti vio-lenti nei con-fronti di interigruppi socialidi italiani e diimmigrati. Ad-dirittura ades-so tra gli ado-lescenti c’èuna sfida suchi riesce aessere più ag-gressivo con-tro un pas-sante. Nuovogioco di grup-po mutuatodalle baby

gang sudamericane. Anche io ho parteci-pato in questo mese a numerosi incontri,come giornalista, e ho avuto contatto condonne straordinarie spesso perseguitate neiloro Paesi sconvolti da guerre e dalla mise-ria. Ancora una volta bisogna tentare di ri-affermare i concetti della pace nel mondotra etnie e generi diversi.Il raggiungimento della parità tra sessi e del

rispetto reciproco è simile al raggiungi-mento della parità tra popoli: rappresental’unica vera chance per vivere in pace.La pace e la democrazia non sono sconta-te, vanno perseguite. Vanno isolati i violen-ti e i portatori di odio sociale all’interno del-le famiglie e tra i megafoni dell’azione poli-tica. Partiamo dalla pioggia di novembreper un nuovo Piano di Azione per la paritàche ci faccia guardare con altri occhi, nonsolo alle donne e alla loro esigenza indiffe-ribile di essere rispettate ,ma anche al no-stro piccolo mondo quotidiano. Un mondoper ora brutto, violento, violato, abusato, in-gannato, deprivato, deturpato. Ritorniamoal bello, al buono, al fraterno, al protettivo,al solidale, al naturale. Ritorniamo al ri-spetto per le donne e per ciò che esse rap-presentano. Prendiamo in mano il nostroterritorio e le nostre vite mettendo alla ba-se delle scelte quei principi che possonotrasformare questo mondo ormai lugubre inuna era di pace.Facciamo noi quello che dovrebbe compe-tere alla politica. Noi siamo la politica chevogliamo. Sta a noi indicare la rotta e to-gliere dal timone chi ci conduce allo scon-tro e alla guerra. Non c’è mai stata ric-chezza dove c’è lite, prevaricazione, sfrut-tamento dell’altro. ■

chiamate a intervenire dall’alto della So-vrintendenza, demolirono un bel tratto dimura in opera poligonale, nella zona Norddella cinta, presso la porta di accesso al-l’Acropoli, chiamata dal Lugli Porta Nord.Presso la Porta Nord sono ancora visibili iblocchi di pietra squadrati buttati a terra edemoliti dalle ruspe che l’uomo moderno,con i suoi mezzi meccanici, non è stato piùin grado di rimettere in situ.Le mura furono salvate dai cittadini di SanFelice, da tanti giovani, molti dell’Associa-zione Il Fortino, che, sbigottiti di fronte al-l’intervento distruttivo delle ruspe, decise-ro di occupare il “cantiere”, dormirono suquelle mura per giorni, al fine di non far av-vicinare più quelle ruspe, con l’ordine di

“scavare”. La giunta comunale dell’epoca sisalvò dal processo, che poi ne scaturì, per-ché i giovani facinorosi coinvolsero nella lo-ro sollevazione per difendere le mura un vi-gile del comune, Aladino Carinci, che misei sigilli al cantiere, in quanto non era nem-meno stato segnalato, per intenderci il can-tiere non era stato nemmeno costituito.Mandarono su le ruspe e basta. All’indo-mani Carinci fu assalito dall’allora sindacoin carica, in quanto non autorizzato a chiu-dere il cantiere illegale, ma, di fatto, il Co-mune non fu chiamato in giudizio nel suc-cessivo processo grazie proprio al vigileAladino. Questi due interventi sono emblematici dicome, per fare un buon Restauro, non è ne-cessario avere l’appoggio, l’autorizzazioneo i fondi della Regione o della Sovrinten-denza. La competenza è il primo passo af-finché un cantiere di restauro porti buonifrutti, perché laddove si tocca un monu-

mento della comunità, lo si fa per garantirea quella comunità la conservazione di un’o-pera unica che parla della sua cultura e del-la sua storia. Delle sue radici. Distruggereun monumento è perciò un crimine control’umanità tutta.Voglio chiudere questo mio intervento ci-tando l’articolo 4 della Carta Italiana del Re-stauro, del 1972: “S’intende per salvaguar-dia qualsiasi provvedimento conservativoche non implichi l’intervento diretto sull’o-pera. S’intende per restauro qualsiasi inter-vento volto a mantenere in efficienza, a fa-cilitare la lettura e a trasmettere integral-mente al futuro tutte le opere d’arte di ogniepoca, nella accezione più vasta, che va daimonumenti architettonici a quelli di pitturae scultura, anche se in frammenti, e dal re-perto paleolitico alle espressioni figurativedelle culture popolari e dell’arte contempo-ranea, a qualsiasi persona o ente apparten-gano”. ■

segue dalla pagina 8

Territorio di CHIARA PARLAGRECO

Cosa vuol dire “restaurare”?

Contro la violenza alle donne

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Territorio

D iamo uno sguardo al tempo passa-to, come ce lo ricordano i giornali.Molti sanno che San Felice Circeo

non ha sempre avuto questo nome, e mol-ti altri sanno che l’etimologia del nome èstata ed è ancora dibattuta. Ma non tutti ri-cordano da quando il nome di San FeliceCirceo è venuto a battezzare la città. Bene,lo ricorda, addirittura, il quotidiano La Stam-pa di Torino, più di un secolo addietro: ci-tiamo testualmente dall’edizione del 27 di-cembre 1872, “la Gazzetta Ufficiale del 23dicembre, di quell’anno, reca il regio de-creto n. 1123, del 1° dicembre, per cui il co-mune di San Felice in provincia di Roma, èautorizzato ad assumere la nuova denomi-nazione di San Felice Circeo”. La citazionenon si sofferma a spiegare perché il più an-tico nome, quello del santo Felice, sia sta-to integrato dal nome “Circeo” e da dovequesta aggiunta derivi nomasticamente.Fatto sta che 142 anni fa il comune ha pre-so il nuovo nome.La borsa nera. Settantuno anni dopo quel-la data, invece, ci si trova in un contesto as-sai diverso, quello della guerra, della scar-sezza di cibo, della ricerca affannosa di co-me sfamarsi, ma anche di come approfitta-re di quelle circostanze per arricchire la per-sonale scarsella. Basti pensare a qualchefatto: quando Mussolini, il 10 giugno 1940,

decise di scendere inguerra (acclamato dauna grande folla raduna-ta in piazza Venezia eimmediati dintorni), l’Ita-lia non era neppure nel-le condizioni di assicura-re il quantitativo minimodi calorie giornaliero dicui ogni cittadino, speciese combattente, avevabisogno. Cioè: affron-tammo la guerra senzaneppure sapere che co-sa avremmo mangiatoper tenerci in piedi. A fa-re questi calcoli è statoun illustre studioso di storia dell’alimenta-zione, e quindi non abbiamo da dubitarne.Anzi, lo stesso fascismo si adoperò subitoper dimostrare che la tesi era corretta. Po-chi giorni dopo quel 10 giugno, infatti, ven-ne stabilito il razionamento: ossia, si pote-va mangiare solo quello che era autorizza-to dal solerte governo fascista, il quale in-trodusse le cosiddette “carte annonarie”.Erano dei fogli stampati di vario colore, suiquali erano indicati i pochi generi alimenta-ri che a quei tempi erano considerati indi-spensabili per sopravvivere: pane, pasta,zucchero, olio, farina, tabacco, ecc. E per

ogni genere era indicatoil quantitativo che il citta-dino poteva richiedere eche il fornitore o botte-gaio poteva dare. E guaia sgarrare. Di conse-guenza, tutto l’approvvi-gionamento già disponi-bile non veniva immessosul mercato, ma manda-to all’Annona, ossia aformare le scorte (gli am-massi) che avrebberodovuto governare la ca-pacità dei cittadini di ali-mentarsi.Ma a quei tempi, nei

quali il “pane e companatico” erano davve-ro il pasto quotidiano di tantissimi italiani,questi furono immediatamente razionati. Ilpane, che era il vero e vitale alimento di tut-ti, e in particolare dei ceti sociali meno for-tunati, venne ridotto a 200-250 grammi ilgiorno. È chiaro che non tutti riuscivano afarsi bastare quella miseria di alimento, e,per inevitabile reazione, nacque una pro-fessione spontanea che si chiamò dei “bor-saneristi”, ossia di coloro che praticavanola “borsa nera”, espressione che stava a si-

Quando speculare costava l’arresto

Borsanera a Roma dopo la Liberazione

La borsa nera a San Felice CirceoNegli anni della guerra

di Pier Giacomo Sottoriva

N el dicembre 2013 è comparso, af-fisso su uno dei muri storici di SanFelice Circeo, un atipico insieme di

mattonelle recante la seguente iscrizione:Muro delle nommera, affinché resti viva lamemoria dei soprannomi e dei personaggisanfeliciani. Ogni piastrella reca un sopran-nome e il nome e cognome della personache localmente era identificata molto di piùper il tramite del soprannome che per i pro-pri nome e cognome. A parere di chi scrivel’iniziativa è per più versi interessante, senon del tutto lodevole: non tanto per la con-servazione del ricordo dei personaggi, fat-to pure di per sé significativo, quanto per l’i-dea stessa.I soprannomi hanno avuto in passato unruolo fondamentale nella formazione dei co-gnomi. Fino al Seicento inoltrato molta par-te delle popolazioni di fatto, non avevanocognome e, in ogni caso, il nome di batte-simo prendeva la prevalenza, anche neglielenchi alfabetici: se in qualche vecchio do-cumento ufficiale si cercasse il nome, peres., di Mario Rossi, occorrerebbe andare al-

la lettera M e non alla lettera R, come fa-remmo oggi. Insomma, il costume romanodi identificare le persone con praenomen,nomen e cognomen per lunghi secoli sem-brava non avere lasciato traccia.E’ solo con il 1564, con il Concilio di Trento,che si decide che tutte le persone fisiche de-vono avere un cognome. Ma come fare conchi il cognome [ancora] non lo aveva?Il processo prende le mosse dalla cogno-minizzazione dei soprannomi. Essi avevanole origini più diverse: patronimici, matroni-mici, denominazioni facenti riferimento aluoghi di provenienza, sostantivi o sostan-tivazione di aggettivi facenti riferimento amestieri, caratteristiche fisiche, luoghi di di-mora e ogni altro modo che potesse con-notare la persona. Ecco allora spuntare i deNicola, de Maria, da Empoli o Piperno, Ma-strandrea o Notargiacomo, Zoppis o Rossi,del Pra o Cabianca, etc. Su questo argo-mento esiste una corposa bibliografia cuivolentieri si fa rinvio. Con una cautela ulte-riore: che spesso gli antichi addetti allo sta-to civile trascrivevano in modo opinabile no-

mi e soprattutto cognomi: di qui il fatto,molto ricorrente, per cui due fratelli germa-ni potevano trovarsi a essere indicati concognomi leggermente diversi, per es. unodeclinato al singolare e l’altro declinato alplurale; chi scrive conserva copia di un do-cumento – non sanfeliciano – in cui il co-gnome della famiglia di un’antenata è scrit-to in tre forme diverse nell’ambito dellastessa pagina.E allora, oggi, in un mondo in cui ormai tut-ti hanno nome e cognome, qual è il valoredi quelle – se non andiamo errati – (per ora)trentasette piastrelle? Fra pochi lustri i no-mi, cognomi e soprannomi delle persone ri-cordati dall’installazione diranno poco o nul-la a chi li leggerà: nessun altro elemento peridentificarli, per ricordare un valente artigia-

Una testimonianza storico-sociologica

Il muro delle “nommera”di Francesco Morabito

“Muro della nommera”

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Nomi, cognomi, soprannomi

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Il fatto

Ènormale che gli amministratori e i lo-ro più fidati supporter si scandalizzi-no per il fatto che questo piccolo

giornale svolga una doverosa funzione dicritica nei confronti della Giunta Petrucci(come del resto aveva fatto con le ammini-strazioni precedenti), e che, invece, nessu-no trovi singolare che la stampa locale (webe cartacea) ne tessa spudoratamente le lo-di da quando si è insediata? Ma non c’è dastupirsi. Guardate qualsiasi telegiornale oprendete in mano qualsiasi quotidiano na-zionale e vi accorgerete che tratteranno ar-gomenti che riguardano solo ed esclusiva-mente il governo Renzi, mica quelli dei pre-decessori Berlusconi, Monti e Letta. Perchéè Renzi che governa adesso. In un Paese normale funziona così. Al Cir-ceo invece i personaggi che ci amministra-no, abituati per anni – quando stavano al-l’opposizione - a “servirsi” dei giornali localiper denunciare i “misfatti” delle giunte, tro-vano inconcepibile che questo “foglio” (co-me lo ha definito sprezzante il solito dele-gato) non continui a parlare del passato eospiti addirittura interventi dell’attuale op-posizione. Perché? Perché non accettanoche esista una voce libera e indipendenteche non sia al loro servizio e che gli facciapropaganda. Eppure, il “Centro Storico” inpassato ha sempre dato ampio spazio a co-

loro che ora siedono nella stanza dei bot-toni senza che nessuno si sia mai scanda-lizzato. E sui fatti che pubblichiamo ogginon abbiamo mai ricevuto uno straccio direplica, forse perché non poi così lontanidalla verità. Se in questi anni ci fosse una stampa nor-male, forse avrebbe dedicato almeno unariga sulla scarsa presenza di un sindaco chepartecipa alle sedute di giunta quando glipare; si sarebbe chiesta perché i delegatisono stati nominati quasi sempre senza in-dicarne le competenze (come prevede lostatuto e come denunciava in altri tempil’attuale vice sindaco); avrebbe cercato discoprire se dietro i “traslochi” in altri ufficidi dirigenti non ci fossero intenti punitivi;avrebbe indagato sui veri motivi (inconfes-sabili?) del mancato esproprio di Villa deiQuattro Venti e avrebbe tentato di cono-scere quali insormontabili ostacoli impedi-scono l’approvazione del Piano degli areni-li. Sempre su questo tema, avrebbe incal-zato il sindaco (cui sta tanto a cuore la le-galità) a riflettere sull’opportunità di lascia-re per oltre un anno e mezzo l’incarico a undelegato indagato dalla Procura in meritoalla vicenda delle spiagge (poi rimosso in-sieme agli altri solo qualche mese fa). E ancora: avrebbe chiesto conto delle gira-volte in tema di urbanistica di due asses-

sori, che si sono accorti della legittimità deipermessi a costruire nelle zone B soloquando sono andati al potere (prima, vota-vano sempre contro). Avrebbe denunciatol’immobilismo del Comune sul fronte dellalotta all’abusivismo, come se fosse basta-ta la parata degli ecomostri di Quarto Cal-do, peraltro non conclusa. Poi magari, se glizelanti cronisti di casa nostra si impegnas-sero come un tempo, sarebbero curiosi disapere di cosa si è parlato nelle famose ri-unioni tra gi amministratori e i rappresen-tanti della cooperativa che gestisce il por-to. C’è stato un tentativo di accordo? E sesì, quale? Ma forse è più facile titolare, co-me si fa da sei mesi a questa parte, “Il Co-mune si riprende il porto”, quando l’appro-do, si sa, è sempre saldamente in mano aiprivati. Non sarebbe male, poi, verificare sedavvero la favoletta degli impiegati in esu-bero ha avuto un lieto fine per tutti, vistoche da settimane una coraggiosa signoradenuncia sul web trattamenti discriminato-ri verso alcuni dipendenti. Meglio non dar-gli ascolto.E non era poi difficile accorgersi che la pre-sunta lista del “rinnovamento” aveva im-barcato uno che, quando faceva il vice sin-daco (dal 2007 al 2009) nella Giunta Cera-soli, non si era accorto di nulla delle primevoragini nel bilancio che hanno poi portatoal dissesto; e poi ancora un altro politico giàritenuto responsabile - insieme a Schibonie due ex amministratori - di danno erarialenei confronti del Comune. Evidentemente alCirceo fanno curriculum pure le condannealla Corte dei Conti (sia pure mediante il co-siddetto procedimento monitorio). Sarà perquesto che Petrucci l’ha “promosso” ingiunta. Tra l’altro, a denunciare gli sprechiaccertati dal Tribunale contabile in meritoad alcune consulenze esterne affidate allafine degli anni ’90, era stato un battaglieroconsigliere d’opposizione: l’attuale vice sin-daco, che ora siede in giunta proprio a fian-co del neo assessore a cui aveva fatto lepulci. Per carità, nessun imbarazzo. Per te-nere in piedi la baracca si fa questo e altro.Il rischio, però, è di cadere nel ridicolo. ■

di Rosa L.

Da due anni e mezzo i quotidiani locali non si occupano di argomenti scomodi per Petrucci & c

Presenze del Sindaco … (al 13 novembre 2014)

Sindaco in giunta- sedute 154- presenze 84- assenze 70in percentuale presenze 55%; assenze 45%

Sindaco in consiglio- sedute 22- presenze 19- assenze 3in percentuale presenze 86%; assenze 14%

Al Circeo gli organi di propaganda fanno comodo mentre le voci libere danno fastidio

Una stampa per amica

Il cane e il forestieroS ul finire della passata estate mi è capitato di incontrare

un concittadino che in occasione delle ultime elezioni co-munali si era molto speso, come me e tanti altri, per la

Lista Petrucci, dando credito all’impegno del candidato Sinda-co di ristabilire ordine e legalità e di una capace azione ammi-nistrativa, dal momento che in ogni comizio annunciava che sa-rebbe andato a scuola assieme a tutti i candidati per imparare la materia.Quel giorno, era di domenica, passavamo entrambi davanti all’edicola di gior-nali della Cona camminando in senso contrario sul marciapiedi, e all’incontrar-si dei nostri sguardi ci salutammo con un cenno della testa e un frettoloso “ciao”,passando oltre.Subito dopo sentii però alle mie spalle ancora la sua voce, e nel dubbio che sistesse rivolgendo a me mi girai, ponendo attenzione a quanto andava dicendoa proposito dell’attuale amministrazione comunale.In effetti si rivolgeva proprio a me, e dal modo di esprimersi appariva evidentela sua volontà di avermi complice nel giudizio negativo che stava esprimendosull’argomento, essendo notorio che nell’occasione anche io mi ero impegnatoapertamente per quella lista, nella quale lui aveva uno stretto parente, tromba-to.Parlando in stretto dialetto mi stava apostrofando dicendo: “Hai visto che fineabbiamo fatto? Noi sanfeliciani siamo più stupidi dei cani”.Non capendo il nesso della conclusione gli chiesi: “Perché?”.Lui mi rispose: “Perché i cani quando vedono un forestiero gli abbaiano, noi in-vece lo facciamo Sindaco”.È solo delusione e cattiveria, o saggezza popolare?

Angelo Guattari

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Oggi aperto a tutti

A solo un paio d’ore d’auto dal Circeosi trova il più antico e famoso deiparchi italiani: il Parco Nazionale

d’Abruzzo, conosciuto nel mondo.La prima proposta del Parco Nazionale d’A-bruzzo fu fatta nel 1917 dalla FederazionePro-Montibus. Fu nel comune di Opi, unodei più suggestivi del Parco, che il 2 otto-bre 1921 la Federazione Pro Montibus etSilvis di Bologna, guidata dall’illustre zoo-logo professor Alessandro Ghigi e dal bo-tanico professor Romualdo Pirotta, volleistituire la prima area protetta d’Italia affit-tando dal comune stesso 500 ettari dellaCosta Camosciara, nucleo iniziale del Par-co, situato nell’alta Val Fondillo, divenutasuccessivamente una delle valli più famo-se e frequentate. Il nucleo del primo parconazionale italiano fu quindi un’iniziativa pri-vata. Nel 1923 lo Stato Italiano istituiva ilParco Nazionale d’Abruzzo, pochi mesi do-po il Parco Nazionale del Gran Paradiso.E’ proprio in questo impervio territorio, dif-

ficilmente accessibile, dell’Alto Sangro chetrovarono rifugio l’Orso bruno marsicano,il Camoscio d’Abruzzo, il Lupo appennini-co e altre specie non meno importanti, chesi sono conservate fino a oggi. Nel dopo-guerra il Parco passò un lungo periodo dicrisi, superato a partire dagli anni ’70 gra-zie all’iniziativa del suo Direttore storico,Franco Tassi, che rimase in carica per cir-ca un trentennio.Il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Moli-se è oggi aperto a tutti e fruibile, al fine del-la conoscenza del territorio e a beneficio deivisitatori, nel pieno rispetto dell’ambiente:attività di educazione ambientale, centri vi-sita, musei, aree faunistiche e sentieri co-stituiscono un insieme organico che favori-sce le visite orientate, di gruppo o indivi-duali. Importante il flusso turistico nel Par-co, da tutto il mondo con una frazione in-ternazionale notevole: il sistema economi-co locale è incentrato sulla presenza del-l’area protetta. Questo “sistema” operantesul territorio rappresenta uno degli esempipiù avanzati e importanti di organizzazionedel turismo di scoperta ed esperienziale, e

dovrebbe essere un esempio anche per ilParco Nazionale del Circeo e la sua comu-nità, che invece fatica a intraprendere unastrada paragonabile.Il Parco promuove e valorizza il territorio an-che attraverso conferenze, pubblicazioni, li-bri, scambi tra aree protette, coinvolgimen-to di scuole e Istituzioni, a livello nazionalee internazionale. Per proteggere si deve co-noscere: il Parco studia il territorio in modoapprofondito ed esteso a tutte le sue com-ponenti storiche, sociali, geologiche, fauni-stiche e vegetazionali; l’effettivo valore diquesti elementi può essere compreso sol-tanto attraverso l’attuazione di un articola-to piano di ricerca, i cui risultati sono poi im-piegati per stabilire i più efficaci criteri diprotezione e conservazione. Il PNALM si può visitare tutto l’anno, ma laprimavera è la stagione del risveglio e unodei momenti migliori: la varietà delle fioritu-re e degli insetti, le gemme degli alberi chepoco alla volta si schiudono, i versi e i ri-chiami degli animali che riprendono le atti-vità, il fruscio delle chiome degli alberi e l’in-finità di aromi e profumi delle essenze flo-reali, offrono mille occasioni per scoprire lanatura. In questo periodo torna l’avifaunamigratoria, nascono i cuccioli di numerosianimali tra cui lupi, cervi, caprioli e camo-sci, mentre gli orsacchiotti, nati tra gennaioe febbraio, rimangono ancora per qualchetempo a godersi il tepore della tana.Recentemente il Parco Nazionale d’Abruz-zo, Lazio e Molise ha partecipato a Bonn alterzo incontro su Natura e Biodiversità perdiscutere la partecipazione dell’Italia alprocesso di candidatura per il riconosci-mento come Patrimonio dell’Umanità alleforeste di faggio Europee. L’incontro è sta-to organizzato dal Ministero dell’Ambientedella Repubblica federale tedesca e vi han-no partecipato i rappresentanti dei seguen-ti paesi Europei: Austria, Spagna, Romania,Croazia, Albania, Ucraina, Belgio, Bulgaria,Kossovo e Slovenia. Nel corso dell’incon-tro si è preso atto dei risultati prodotti dalgruppo di esperti che ha individuato 45 si-ti in 22 paesi diversi; si è deciso che il Pae-se che guiderà il processo di candidaturasarà l’Austria ed è stata concordata una“road-map” del percorso di candidaturache dovrebbe portare all’iscrizione nella listtentative dell’Unesco entro il 1° febbraio2015 e tutti i passaggi successivi fino al ri-conoscimento previsto nell’anno 2017. Perl’Italia sono stati selezionati otto siti ricom-presi nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazioe Molise, oltre che nel Parco Nazionale delPollino, nel Parco Nazionale delle ForesteCasentinesi, nel Parco del Gargano e neiComuni di Oriolo Romano e Soriano nel Ci-mino. Tra gli Enti Parco e i due Comuni in-teressati è stato sottoscritto un protocollod’intesa, in accordo con il Ministero del-l’Ambiente, con il coordinamento delPNALM, per gestire la partecipazione ita-liana al processo di candidatura. Nelle fag-

gete del Parco, nei Comuni di Villavallelon-ga, Pescasseroli e Lecce nei Marsi, si tro-vano i faggi più longevi dell’intera Europa.Simbolo del parco d’Abruzzo è l’Orso bru-no marsicano, una sottospecie differenzia-ta geneticamente dagli orsi delle Alpi chedunque rappresenta un endemismo esclu-sivo dell’Italia centrale. Grazie a recenti ri-cerche scientifiche si è stimata una popo-lazione di circa 50 esemplari nel territoriodel Parco e zone limitrofe. L’Orso è visibilecon un po’ di fortuna nelle escursioni ac-compagnate, ma una buona alternativa so-no le aree faunistiche, tipiche del Parco,quasi sempre adiacenti ai Centri Visita, chesono zone di territorio recintate nelle qualigli animali vivono in stato di semilibertà. Ol-tre ad avere una funzione strettamentescientifica, rivestono un importante ruoloeducativo, in quanto è possibile osservare,senza recarvi disturbo, quelle specie chesarebbe difficile vedere in libertà. Un’areafaunistica è perciò una “palestra” nella qua-le si impara a considerare, conoscere e ri-spettare una fauna unica e minacciata. Per quanto riguarda il soggiorno, il ParcoNazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise offreuna buona diversificazione delle strutture ri-cettive passando dalle diverse categorie dialberghi (da 4 stelle a 2 stelle) a una capil-lare offerta di B&B, affittacamere, ostelli,agriturismi e campeggi. Affidabilità e ge-nuinità sono le ricette per garantire un turi-smo all’insegna della qualità e dell’acco-glienza di tipo familiare. Tutte le attività e leinfrastrutture esistenti per la fruizione turi-stica del Parco hanno anche consentito larivitalizzazione di piccoli centri storici digrande valore. Diverse sono le località, i co-muni d’eccellenza e i borghi storici da visi-tare. Alcuni paesi sono molto piccoli e inposizioni incantevoli, e hanno saputo benconiugare la difesa della natura con lo svi-luppo socioeconomico.Un invito quindi a non perdere questa per-la di natura non lontano dal nostro Circeo,vale certamente un week-end o magari unasettimana di soggiorno per visitare le bel-lezze del Parco. ■

* Regione Lazio – Agenzia Regionale Parchi

CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 12

Territorio

di Giuliano Tallone*

Il più antico e famoso dei parchi italiani

Il Parco Nazionale d’Abruzzo

Orso bruno marsicano

Lupo appenninico

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CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 13

Ambiente

D a ormai molto tempo il Parco Na-zionale del Circo sta trattando ilproblema della salvaguardia delle

spiagge e delle dune che, oltre a essere be-ni naturalistici di straordinaria bellezza, co-stituiscono i presupposti di un’importanteparte dell’economia locale. E il problemadella tutela nasce proprio dall’uso che vie-ne fatto di questi ambienti naturali che, co-m’è noto, sono estremamente delicati e in-taccati anche da fenomeni, come l’erosio-ne costiera, che vanno ben oltre il territoriodel Parco.L’elemento di novità è ora costituito da unpossibile accordo tra pubblico e privatoproprio per la salvaguardia della spiaggia edelle dune. Negli ultimi mesi, infatti, il Par-co ha promosso una serie di incontri tra lerappresentanze degli operatori balneari equelle dei Comuni di Latina, Sabaudia, SanFelice Circeo, la Capitaneria di Porto, il Cor-po Forestale dello Stato, l’ISPRA (IstitutoSuperiore per la Ricerca Ambientale). Si èarrivati ora al dunque e nell’ultimo di que-sti incontri, svoltosi il 18 novembre scorso,sono stati presi in considerazione una se-rie di interventi di manutenzione da realiz-zarsi in collaborazione tra gli operatori bal-neari e le Istituzioni.Si tratta di un programma di misure con-crete e operative, coerente con gli obiettividi conservazione del Piano del Parco e delPiano di Gestione del Sito di Interesse Co-munitario Dune del Circeo (Piani entrambiin procedura di verifica e approvazionepresso la Regione Lazio). L’Ente Parco ri-tiene che l’applicazione di queste azionipuntuali nella loro sommatoria possano ga-rantire un innalzamento dell’attuale livello ditutela senza compromettere le attività pro-duttive autorizzate. Cinque gli ambiti d’in-tervento individuati: la pulizia ecologica del-le spiagge, la gestione delle sabbie deri-vanti da manutenzione della costa, il con-trollo delle specie vegetali alloctone invasi-ve, la diminuzione del calpestio delle dune,le opere sperimentali a terra per arginare fe-nomeni erosivi. Ciascuno di questi ambiti èdeclinato e prevede obiettivi concreti e mi-surabili quali, ad esempio, l’istituzione diuna fascia di rispetto del “piede dunale”(cioè la parte inferiore della duna che di-venta spiaggia), un diverso protocollo ope-rativo per i mezzi meccanici che operano lapulizia e la raccolta dei rifiuti, l’attuazione dipulizia manuale e selettiva all’interno di al-cune aree, il riutilizzo delle sabbie dragateper la manutenzione del sistema spiaggia-duna, la promozione dell’implementazionedel vivaio forestale nella coltivazione dipiante/essenze dunali, una nuova cartello-nistica per la sensibilizzazione dei visitato-ri e turisti.In questo quadro di operatività il Comunedi Sabaudia ha dato sin da subito la dispo-nibilità a valutare suggerimenti per la reda-zione del capitolato relativo alla pulizia del-le spiagge e in tal senso sia l’Ente Parco

che gli operatori daranno il loro contributodi riflessione e di proposta. Tutto verrà inol-trato anche ai Comuni di Latina e San Feli-ce e l’obiettivo è quello di procedere concriteri e interventi omogenei per tutto il ter-ritorio del Parco.Ovviamente a iniziare dall’Ente Parco tuttisono convinti che questi interventi da un la-to sono certamente significativi, ma da unaltro non sono sufficienti. È dunque fonda-mentale rispristinare un confronto con laRegione Lazio e in particolare con l’ARDIS,cioè l’Ente competente per l’erosione co-stiera. L’ARDIS aveva sviluppato con il Par-co del Circeo e con il Comune di Sabaudiaun importante progetto per un interventostrutturale a difesa delle dune, intervento dicirca 3 milioni di euro che però sono stati“inghiottiti” da quelle politiche di risparmioe di taglio che la Regione Lazio ha dovutoattuare per il contenimento dei propri debi-ti. L’ARDIS, pur invitata a tutti i lavori e iworkshop realizzati, non ha ancora parteci-pato ai confronti, ma la sua presenza è datutti ritenuta ineludibile per inserire tutte leazioni puntuali che si possono attuare nel-la prospettiva di un’azione ben più di siste-ma e strutturale caratterizzata dalle tecni-che dell’ingegneria naturalistica; si è con-vinti che questa azione, in relazione alla re-cente dichiarazione di Area MAB UNESCOche riguarda anche le dune e la spiaggia delCirceo, possa essere sottoposta a richiestadi finanziamenti comunitari.Vale la pena sottolineare che sino a oggi, aparte qualche polemica esterna che lasciail tempo che trova, il confronto sulla salva-guardia del litorale del Circeo si è svolto nel-la reciproca soddisfazione dei partecipan-ti. E’ stata dunque ipotizzata la formalizza-zione del tavolo che ha sino a oggi lavora-to. Sarà la Comunità del Parco, apposita-mente convocata, a procedere in tal senso;il presupposto di questa decisione sarà unapposito accordo volontario che stabilirà gliinterventi e i tempi delle azioni che saran-no poste in essere. Questo è, infatti, il se-gno tangibile di disponibilità al confronto eall’azione comune che tutti hanno ipotizza-to e concordato. La scrittura dell’accordovolontario avverrà in forma condivisa e par-tecipata e l’istituzione del “tavolo” da par-te della Comunità del Parco sarà la ratificae la saldatura del tutto. ■

* Presidente del Parco Nazionale del Circeo

L’importanza delle spiagge e delle dune

Cinque ambiti di intervento

Sinergia tra pubblico e privato per la difesa del litorale

di Gaetano Benedetto*

Editoriale Propaganda elettorale 1Personaggio Aldo Ziarelli 2Politica Inutile dissesto 3Politica L’antico gioco delle tre carte 4Economia Dal muro di Berlino

al muro di Bruxelles 5Lettere Lettere al Direttore 6Territorio Intervista all’on.le E. Patanè 7Territorio Cosa vuol dire “restaurare”? 8Sociale Contro la violenza alle donne 9Territorio Borsa nera – Nomi,

cognomi, soprannomi 10Il fatto Una stampa amica 11Territorio Il Parco Nazionale

d’Abruzzo 12Territorio Sinergia tra pubblico e

privato … 13Territorio Non è un Paese

per giovani 14Territorio Le opportunità delle

reti ciclabili … 15Cultura Frammenti di cielo 16Cultura Circe e le altre 17Territorio Le fortune e le sfortune

del Circeo… 18Sociale L’esclusione sociale 19Territorio Una straordinaria

ricorrenza 20Territorio Tre anni di attività 21Libri Caffè Letterario 22Territorio Una partita di calcio

a p.zza V. Veneto 23Sport A tutta vela … - Taekwon-Do24Sport Il calcio al Circeo 25Varie Oroscopo 26Tempo libero Cucina – Cinema

Ora legale – Citazioni 27Annunci 28

SSOOMMMMAARRIIOO

Dune di Sabaudia

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Territorio

L a domanda che mi pongo spesso,ultimamente, è se sia ancora possi-bile fare impresa e creare sviluppo in

quel che resta del nostro Paese. Dico “an-cora”, perché – di certo – un tempo erapossibile. Non provengo culturalmente daltessuto imprenditoriale, bensì da quello del-la libera professione; mi sono ritrovato –quasi per caso - a dover risanare un’im-presa familiare dopo la scomparsa di miononno. Così, un evento imprevedibile mi haportato a fare i conti con un contesto eco-nomico che non conoscevo, se non indi-rettamente tramite la mia attività di consu-lente legale. Dopo appena cinque anni, posso dire diaver già affrontato le più diverse vicende.Ho dovuto trattare con le banche per rice-vere un prestito. Ho dovuto licenziare unoperaio. Ho cercato di creare un nuovo bu-siness. Ho dovuto confrontarmi con ammi-nistrazioni locali, regionali e nazionali. Hocercato di rispettare le migliaia di norme ap-plicabili al territorio nel quale opera la no-stra azienda familiare. Un’idea, quindi, mela sono fatta. E non è una bella impressio-ne.Un sistema senza regole è un sistema chenon funziona. Le regole sono necessarieper tutelare gli interessi preminenti che unacomunità ritiene importanti per la propriaconvivenza civile. Nella nostra comunità lo-cale, gli interessi prevalenti sono, chiara-mente, quelli legati alle bellezze naturalisti-che, paesaggistiche e ambientali. Viviamoall’interno di un Parco Nazionale ed è giu-sto che tali valori vengano tutelati con tuttii mezzi necessari. Quando le regole, però,diventano troppe, spesso non è agevole co-ordinarle e renderle comprensibili; e quan-do il sistema non mette i cittadini nella con-dizione di poter capire le regole, passaggiopropedeutico per poterle rispettare, è un si-stema nel quale non c’è giustizia. Nel terri-torio che si estende tra la città di Sabaudiae la città di San Felice Circeo, ci sono vin-coli comunitari (Zona SIC e Zona ZPS) e cisono vincoli nazionali di ogni tipo: paesag-gistici, idrogeologici, ambientali e urbani-stici. Una lettura combinata dei Piani Re-

golatori, delle Direttive e deiRegolamenti Comunitari,delle Leggi dello Stato (adesempio, la L. 394/91 sullearee protette) e delle normeregionali, fa apparire un’im-presa miracolosa anche larealizzazione di un sempli-ce steccato di legno. Chivive il territorio conoscebene queste problemati-che. Chi vive il territorio co-nosce bene la discreziona-lità con la quale è possibi-le interpretare le normative;questo spesso avviene perla distanza che c’è tra larealtà e l’interesse tutelatodalla norma stessa. Un territorio con troppe regole, peraltroemanate da autorità così diverse tra loro, èun territorio senza regole. Per tale ragione,la normativa nazionale ha previsto che nel-le aree protette – zone nelle quali, di solito,sono presenti molte regolamentazioni stra-tificate – ci sia un solo Piano di Assetto, os-sia un unico strumento urbanistico in gra-do di chiarire quello che si può fare e quel-lo che non si può fare, dove si può fare edove non si può fare. Questo importantedocumento, fondamentale per immaginarequalsiasi sviluppo del nostro territorio, è in-sabbiato alla Regione Lazio da oltre due an-ni, in attesa di un’adozione definitiva chesancirebbe la fine di questa giungla di re-gole che soffoca ogni respiro di economiae progresso. Nessuno sembra, tuttavia, averlo capito. Leamministrazioni locali continuano a farsiscudo dietro a questo muro informe di leg-gi, celando la volontà di mantenere sog-giogato il cittadino. Schiavo, servo e sud-dito, privato anche del diritto di poter sa-pere cosa sia lecito fare dentro casa sua orealizzare con la propria iniziativa imprendi-toriale.A causa di questa sterilizzazione economi-ca, di questa coltre grigia che soffoca ognigermoglio di sviluppo, il territorio si sta spo-polando. Rimangono solo gli anziani e po-

chi giovani legati indissolubilmente alle at-tività di famiglia. Non c’è futuro senza unnuovo progetto di rilancio del territorio, enon ci possono essere progetti se il quadronormativo nel quale operare non diventaunivoco, con l’adozione definitiva del Pia-no di Assetto del Parco Nazionale. Nell’at-tesa che ciò un giorno avvenga, le ammini-strazioni locali dovrebbero ascoltare di piùi cittadini, perché i progetti per rilanciare ilterritorio ci sono e, spesso, sono a costozero per il soggetto pubblico, perché ci so-no privati disposti a investire risorse propriesulla terra che calpestano ogni giorno eche, un giorno, faranno calpestare ai propridiscendenti. I privati hanno solo necessitàdi non trovarsi da soli, ma di essere sup-portati, consigliati e guidati nella loro intra-presa dal soggetto pubblico, che – a suavolta – dovrebbe essere interessato a crea-re sviluppo e posti di lavoro nel territorioche amministra. Concentrarsi sul turismo e sulla creazionedi ogni forma di servizio che possa girare in-torno al turismo. 12 mesi l’anno, 24 ore ilgiorno. Questa è l’unica ricetta per dare os-sigeno a un corpo morente che si chiamaCirceo. Le proposte sul tavolo ci sono, leamministrazioni locali si devono svegliare,altrimenti, in pochi anni, si troveranno adamministrare solo l’ultima mandria di cin-ghiali. ■

Un solo Piano di Assetto nelle Aree Protette

I progetti per rilanciare il territorio ci sono

Non è un Paese per giovani

di Andrea Bazuro

Mare e lago di Sabaudia

gnificare la pratica di un mercato paralleloa quello ufficiale: quel mercato si approvvi-gionava dove poteva, pagando prezzi “fuo-ri mercato” e vendendo a chi poteva paga-re quel di più.La “borsa nera” si praticava per ogni gene-re contingentato, non solo per gli alimenti,ma anche per il vestiario, le sigarette, equalsiasi altra cosa venisse richiesta. Anchea San Felice Circeo si affermò la professio-ne di borsanerista, e ce lo rivela proprio il

quotidiano La Stampa del 30 giugno 1943,che annunciò che una signora del luogo erastata colta con le mani nel sacco (nero) equindi arrestata. Non diamo il nome di quel-la donna, che a tanti decenni di distanzamerita il silenzio più che il ricordo di queifatti di cui si rese protagonista. Basti solosapere che tra le merci che trovarono in ca-sa di quella che fu definita “la trafficante ingeneri vari” furono trovati e sequestrati “nu-merosi capi di biancheria, coperte di lana edi seta, calze, gomitoli di cotone, genericontingentati e due piccole macine per lamolitura privata del grano”. Il giornale com-mentava che il “Prefetto dispose per la de-nunzia della donna all’autorità giudiziaria”.

Ma, per la verità, oltre alla pubblica ese-crazione, che era anche più grave della pe-na materiale che le fu inflitta, e di cui il gior-nale non parla, si accompagnò anche unqualche dispiacere da parte della gente co-mune, perché i borsaneristi svolsero, a mo-do loro, un ruolo di compensazione che -senza che possa essere definito “sociale” -valse almeno a consentire a chi se lo pote-va permettere di procurarsi un ruolo di com-pensazione che - senza che possa esseredefinito “sociale” - valse almeno a consen-tire a chi se lo poteva permettere di procu-rarsi di che mangiare e di che vestirsi. Per-ché le carte annonarie non vi riuscivano dicerto. ■

segue dalla pagina 10

Territorio di PIER GIACOMO SOTTORIVA

La borsa nera a San Felice Circeo

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Territorio

I l 14,15 e 16 Novembre la Fiab (Fede-razione Italiana Amici della bicicletta)ha organizzato, all’interno della fiera

Agritour di Arezzo, tre giornate di confron-to sul programma Bicitalia. Al convegnohanno partecipato quasi tutte le regioni ita-liane, con rappresentanti istituzionali e mol-te associazioni federate. Si è parlato di re-ti, ambiente, beni culturali e paesaggi, dieconomia del turismo e territori agricoli. Bi-citalia è un programma sostenuto dalla Fiabma ora oggetto di un tavolo tecnico per ilcoordinamento di tutte le regioni italiane,che prevede la realizzazione di una rete dipercorsi protetti per il cicloturismo: 18.000km di percorsi ciclabili che coprono l’inte-ro territorio nazionale. Un network di gran-de respiro, di dimensione sovraregionale,sul modello delle reti ormai realizzate consuccesso in diversi paesi dell’Europa.Un’ottima base di lavoro per la realizzazio-ne della “rete nazionale di percorribilità ci-clistica” prevista da delibera CIPE.Fra essi sono compresi tre grandi itineraridella rete europea Eurovelo. Questa rete,progettata dalla European Cyclists’ Fede-ration, prevede ben 14 macroitinerari, percirca 70.000 km (più di 40.000 già realizza-ti, non parliamo quindi di una utopia), natidalla fusione di tratti nazionali di vie cicla-bili esistenti opportunamente raccordati edestesi a nazioni sprovviste di reti locali. Condue obiettivi strategici: favorire il transito dituristi in tutta l’Europa e valorizzare local-mente la via ciclabile come soluzione alter-nativa al traffico motorizzato. Più in parti-colare EuroVelo punta a: garantire a tutte lenazioni europee almeno un itinerario cicla-bile di qualità, con caratteristiche di conti-nuità territoriale; favorire la cooperazione in-ternazionale e l’armonizzazione degli stan-dard nelle infrastrutture ciclistiche; portarela bicicletta e le sue esigenze in luoghi do-ve é poco conosciuta o penalizzata da scel-te trasportistiche tutte a favore delle auto;favorire l’uso della bicicletta in ambienti si-curi e di qualità. Come migliore pratica diturismo sostenibile, anche con l’intermo-

dalità; e portare benefici alle economie lo-cali.Dei 14 macroitinerari tre coinvolgono il nostroterritorio nazionale: la ciclopista del Mediter-raneo, che attraversa tutto il nord Italia lungoil Po, la Romea Francigena, che da Londraraggiunge Brindisi passando per Roma e laciclopista del Sole che da capo nord, pas-sando anch’essa per Roma, raggiunge Mal-ta. Quest’ultima dovrebbe attraversare tutto ilterritorio Pontino. In questo modo ricono-scendo a questo territorio una posizione im-portante all’interno dei grandi percorsi turisti-ci europei. Certo, dal punto di vista partico-lare dei ciclisti. Ma considerando quanto èforte e in crescita continua l’uso della bici-cletta in tutti i paesi europei, e anche in Italia,essere fra i territori attraversati da questi per-corsi può dare un contributo significativo, senon altro di immagine, alla loro economia. L’itinerario europeo potrebbe influenzare be-neficamente la realizzazione di cicloitinerarilocali, perché sarebbe naturale, per tutte lecomunità locali, cercare di diffondere l’in-cremento di turismo che produrrebbe. La ci-clopista del Sole potrebbe attraversare il ter-ritorio pontino in diversi modi: lungo le pen-dici dei monti Lepini, utilizzando percorsiparalleli alla Via Appia; spostandosi, dopoaver superato i Castelli Romani, verso il ma-re a partire da Anzio; o magari ancora primaraggiungendo il mare a Ostia e poi percor-rendolo tutto fino a Terracina. Dove passeràeffettivamente dipenderà molto da quanto sidaranno da fare le comunità locali. La stes-sa European Cycling Federation ha adotta-to criteri rigorosi per certificare quali percor-si specifici entrano a far parte di una diret-trice Eurovelo e fra questi anche le capacitàpropositive, di pianificazione e di investi-mento, delle istituzioni e delle associazioniche operano nei territori da attraversare. Il convegno che il comune di S. Felice Cir-ceo ha ospitato a fine Giugno scorso, ave-va soprattutto questo scopo. Invitare le isti-tuzioni locali e le associazioni ad attivarsisubito, a ragionare in modo serio sulla reteciclabile locale e dell’area pontina, pianifi-candola e cominciando a elaborare proget-

ti concreti e benfatti per realiz-zarla, consape-voli dei beneficiche può portarein termini di frui-zione dell’am-biente e di svi-luppo di un turi-smo più diffusoe più sostenibile. La realizzazionedi ciclovie di media e lunga percorrenza a fi-ni prevalentemente ricreativi e turistici sta di-ventando una esigenza sempre più sentita. Labicicletta necessita di livelli di sicurezza tali daconsentire la pratica del cicloturismo a chiun-que possieda una bicicletta, magari con fa-miglia e non solo a chi già coltiva una spic-cata passione per l’attività ciclistica. Anche lecaratteristiche tecniche dell’infrastruttura (am-piezza, pavimentazione, pendenza, …) e l’at-trattività turistica del percorso sono decisiveper il successo di un itinerario cicloturistico.Per questo Bicitalia è importante e la Fiab stafacendo un grande lavoro per aggiornare imanuali e fornire soluzioni.Il momento che stiamo attraversando è quin-di molto favorevole per questa forma di mo-bilità. La regione Lazio sta redigendo ora ilnuovo Piano regionale della mobilità, trasportie logistica, che comprende anche la rete ci-clabile regionale, e ha intenzione di investiresu questa rete. La partita di Eurovelo e bici-talia è ancora aperta, i grandi percorsi nazio-nali ed europei sono in via di progettazione echi si muove prima e meglio ha più possibili-tà di entrare nei grandi circuiti. La rete localeè lo strumento per dimostrare di avere un ter-ritorio attrezzato a far circolare le biciclette insicurezza e quindi attrarre e diffondere que-sti nuovi flussi. È veramente il momento mi-gliore per agire e cogliere queste opportuni-tà. Ma bisogna farlo in fretta. ■

Mappa degli itinerari Eurovelo. Fonte: http://www.ecf.com/projects/euro-velo-2/

Ad Arezzo tre giornate sul programma Bicitalia

Una base di lavoro per la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica

di Roberto Pallottini

Pista ciclabile

Le opportunità delle reti ciclabili nazionali ed europee per l’economia locale

rammarico che, per colpa di pochi oppor-tunisti autodefiniti rappresentanti locali delmio stesso indirizzo, il nostro paese con-tinuerà ad essere governato dalle destreancora per moltissimo tempo: compli-menti ai “compagni”! (lettera firmata)

San Felice Circeo – Recupero e risanamento delCentro StoricoGentile Direttore,credo che ormai solo sul vostro giornale

possano trovare eco alcune osservazionicritiche, che in ambito istituzionale ven-gono snobbate con sufficienza.Abbiamo salutato con piacere l’avvio dei“lavori di recupero e risanamento delle fac-ciate delle abitazioni del Centro Storico”,anche se il diseconomico utilizzo di più im-palcature separate tra loro, ci è parso dasubito discutibile, ma abbiamo continuatoa guardare ai lavori con fiducia. Oggi, pe-rò, mentre si procede a smontare la primaimpalcatura all’ingresso di piazza VittorioVeneto, si manifesta in modo molto preoc-cupante il tipo d’intervento posto in esse-re, che tutto sembra, tranne che un atten-

dibile “re-cupero sto-rico”. Queipolitici chein passatogridaronoallo scan-dalo per iltipo di pavi-mentazionescelta per la piazza, oggi come ammini-stratori di maggioranza stanno trasforman-do, con il loro superficiale operato, il pae-se in un moderno e assurdo “Outlet Villa-ge”. (lettera firmata)

segue da pag. 6

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CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 16

Cultura

P resentare, o come in questo casodescrivere, un libro è sempre un’im-presa complicata e impegnativa,

soprattutto quando l’autore è un caro ami-co ed è una persona che stimo moltissimo.Si rischia inevitabilmente di esagerare nel-la retorica e nell’obiettività e, di solito, nonsi fa un servizio utile al libro stesso. Corre-rò comunque il rischio cercando di non ec-cedere nell’empatia naturale che ho neiconfronti dell’autore: Massimo Capitani.Innanzi tutto ho letto il libro! Questa affer-mazione può sembrare assurda! Ma, vi as-sicuro che molte volte mi è capitato diascoltare presentazioni di libri dove appa-riva chiaramente che il “recensore” nonaveva letto il libro e si limitava a generichecritiche adatte a chiunque. Quindi la primaesperienza da fare nei confronti di questolibro è quella di leggerlo. Io dopo aver fat-to questa esperienza, cerco di presentarloin tre possibili tracce interpretative tra loropropedeutiche: a) una premessa indispen-sabile; b) tre pregiudizi da superare; c) quat-tro possibili “chiavi”o“approcci” di lettura.Come premessa, è indispensabile afferma-re che un’opera, qualunque sia il suo tim-bro espositivo, quando viene consegnatadall’autore al pubblico, finisce di essere del-l’autore stesso per diventare patrimoniocondiviso fra tutti coloro che la fanno pro-pria. E’ il pegno che ogni artista deve pa-gare per il proprio “parto” creativo. Quindi,il rischio, meraviglioso, che corre ogni ope-ra d’arte, che diventa patrimonio pubblico,è quella che ognuno può interpretarla a suopiacere, stravolgendo, a volte, le stesse in-tenzioni redazionali dell’autore. Liberati daltimore di travisare o distorcere l’opera diMassimo Capitani possiamo tranquilla-mente e serenamente leggere il libro.A questo punto dobbiamo, però, superarealcuni pre-giudizi, di fronte al libro che ab-biamo tra le mani.a) Il “primo” pregiudizio da evitare o da cuiliberarci è quello della sua dimensione: il li-bro è piccolo. Un “libretto” appunto! Que-sto può generare sul libro un pre-giudizio discarso valore, di un’opera poco rilevante sulpiano culturale e quindi non interessante daleggere. Come se le opere letterarie si va-lutassero a chili. Niente di più sbagliato! Ab-biamo nella letteratura esempi di capola-vori, fondamentali per la cultura e la vitadell’uomo che sono di “piccole” dimensio-ni. Solo alcuni esempi, senza la presunzio-ne di voler paragonare il libro di MassimoCapitani a questi capolavori, ma solo la ne-cessità di superare il pregiudizio della di-mensione ridotta: “La morte di Ivan Il’i” diTolstoj; l’”Imitazione di Cristo” di autoresconosciuto; “Il Profeta” di Jibran; “Il pic-colo principe” di Saint-Exupéry; “L’uomoche piantava alberi” di Giono; il libro di“Giobbe” nella Bibbia e potrei continuare alungo questo elenco di piccoli libri ma distraordinaria grandezza culturale. Quindi ledimensioni di “Frammenti di cielo” non so-

no un motivo sufficiente per dubitare chesia prezioso e non meriti di essere letto.b) Il “secondo” pre-giudizio, in verità un po’snob, è quello di pensare che da un auto-re prete (Massimo Capitani è l’attuale par-roco di Borgo Montenero) possano veniresolo opere cheinteressino lacerchia ristrettadei suoi “fedeli”.Insomma un’o-pera che odora di“sacrestia”. Nien-te di più sbaglia-to! Don Massimoè in ottima com-pagnia: DavideMaria Turoldo;Jan Twardwski;Clemente Rebo-ra solo per citarealcuni contem-poranei autori-poeti straordinariche sono preti.Anche qui l’elen-co è lunghissimo.Il fatto che Mas-simo Capitani siaun prete non si-gnifica che nonpossa proporre lasua opere a tutti.Il “terzo” pregiudizio è quello più radicato:il libro è un’opera di poesie. E di fronte allapoesia molti si sentono inappropriati, im-pacciati, disorientati e finiscono per non af-frontarla. Invece la poesia è un fenomenoumano, appartiene alla vita stessa dell’uo-mo che ha sempre, pur in modi diversi, fre-quentato. Non è un’invenzione capitata percaso a un certo punto della nostra storia,dove c’è l’uomo c’è sempre stata e ci saràl’arte e l’arte delle parole è, appunto, la poe-sia. Quindi abbandoniamo il timore (o il pre-giudizio) nei confronti della poesia e affi-diamoci alla nostra abitudine, consapevoleo inconsapevole, di frequentare da semprel’arte delle parole.c) Le quattro “chiavi” di lettura, sono statepensate in funzione della struttura internadel libro. Infatti, nel libro le quattordici se-zioni (in verità sono quindici, ma quella ini-ziale è a parte) che corrispondono a quat-tordici poesie sono divise in quatto parti: 1)immagini; 2) testo della poesia; 3) branodella Scrittura; 4) una preghiera. La prima “chiave” di lettura sono le imma-gini. Partire dalle immagini e dalle emozio-ni che esse producono può esser un’ottimaopportunità per entrare in sintonia con lapoesia posta a fianco. Un esempio per tut-te: l’immagine di pagina quattro. E’ un’o-pera di Tarsila do Amaral, precisamente“Operários” del 1933 (a differenza di tutte lealtre immagini questa non è un particolarema è l’intero quadro), guardandola si hal’impressione di osservare dei volti anonimi,

tristi, affaticati, enigmatici, delusi, stretti l’u-no all’atro. Volti di persone poco vive, chehanno come sfondo una foresta di ciminie-re. Sostenuto ed emozionato da questaesperienza visiva, leggo il testo della poe-sia posta a fianco e le parole che incontro,

m a g i c a m e n t eprendono corpo,spessore, sonocariche di signifi-cato “…dove viteanonime e sbiadi-te respirano ariadi morte”. Questastraordinaria sin-tonia tra immagi-ne e testo, si puòprovarla con tuttele immagini del li-bro, pensate ap-punto, come cor-redo e commentoiconografico dellepoesie poste ac-canto. La seconda “chia-ve” è ispirata di-rettamente dalsottotitolo del li-bro: “La Parola…le parole”. Infatti,la Parola con la“P” maiuscola,

quella divina della Sacra Scrittura, trova unacorrispondenza e un’assonanza immediatacon le parole, quelle con la “p” minuscola,profondamente umane di don Massimoespresse nelle poesie.La “terza” chiave di lettura è quella espressadalle “preghiere”. Qui l’autore, don MassimoCapitani, ricorre all’immenso e incredibile pa-trimonio della tradizione liturgica. Utilizza es-senzialmente la forma liturgica della “colletta”,che è la preghiera con cui il celebrante rac-coglie le intenzioni dell’intera assemblea, maè anche la preghiera che riassume mirabil-mente la liturgia che si appresta a vivere.Ascoltando o leggendo la “colletta” il fedelecapisce, fin dall’inizio, dove il Signore lo con-durrà nella liturgia. E’ appunto questo lo sco-po, non troppo celato, delle quattordici pre-ghiere inserite strumentalmente a fianco del-le poesie: capire, attraverso la preghiera, do-ve ci condurrà la poesia di don Massimo.La quarta e ultima “chiave” siamo noi stes-si. Cercando di trovare uno spazio tutto no-stro, possibilmente silenzioso, dove ab-bandonare per un attimo tutte le preoccu-pazioni e le ansie quotidiane, ci dedichiamoalla lettura del libro. Utilizzando le nostre ri-sorse e ricchezze interiori, grandi o picco-le che siano, affrontiamo con serenità esemplicità la lettura delle parole, sia con la“P” maiuscola che quelle con la “p” minu-scola, del libro e da esse ci facciamo fe-condare affinché la nostra vita sia un po’ piùricca di significato. ■

di Fausto L. Lanzuisi

La Parola… le parole

Frammenti di cieloUn libro di don Massimo Capitani

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Circe nel ruolo di progenitrice

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Cultura

L’ incontro tra Odisseo e Circe, resocelebre da Omero, risulta localiz-zato sulle rive del Tirreno già alla fi-

ne dell’VIII secolo, con Esiodo. Il trasferimento nel nostro mare di alcuni mi-tici approdi dell’eroe avviene per l’interes-se dei mercanti e artigiani Greci che dall’i-sola di Eubea giungono a Ischia e vi si in-sediano. Dopo avere percorso antiche rotte essi, gra-zie a Omero, sono in grado di dare nomi aspazi altrimenti ignoti, trasformandoli nei“noti luoghi” della loro antica storia. Così il Circeo, il monte che visto dal mareha forma circolare e sembra un falco kirkosè adatto a prendere nome da Circe e a ri-empirsi di erbe e radici di cui la Maga va incerca.La stessa gente di Eubea fonda sul conti-nente Cuma nel 740 a.C. La conoscenza delmito si diffonde, veicolata dall’iconografia suvasi e contribuisce a sostenere la penetra-zione di quella prima città greca nel Lazio.Avviene così che il mito di Circe entra nel-la vita religiosa delle popolazioni italiche

conquistate dalla cultura greca, poi dal do-minio di Roma.Circe diviene la madre di fondatori di città edi personaggi che danno il loro nome a po-poli e regioni: ai Latini, ai Marsi, agli Ausoni. In questo ruolo Circe entra in rapporto conalcune dee italiche e ne condivide le prero-gative. Sembra che la diffusione dei culti trale varie popolazioni avvenisse lungo le lineedi transumanza.Circe è madre di Latino e lo è anche la deaMarica, anzi Circe dopo la morte divieneMarica. Il santuario di Marica è alla foce delGarigliano, presso Minturno. Lì gode di unculto locale, nato tra le paludi, in una zonaaperta alla penetrazione verso l’entroterra,al commercio e alla transumanza. E’ in re-lazione con Diana e accanto al suo santua-rio c’era quello di Venere anzi della greca“Afrodite marina”. Circe è madre di Marsos e lo è anche An-gitia, sua sorella. Questa si diceva che dal-la Colchide fosse giunta in Italia presso lapalude del Fucino. Angitia è in grado di ti-rare la luna giù dal cielo, di frenare con gri-da il corso dei fiumi, di spogliare i monti

chiamando a sé le selve. Conosce le for-mule e le erbe che rendono innocui i morsidelle vipere. Ai giovani della Marsica ha tra-smesso la conoscenza delle piante perico-lose e l’arte di rendere innocui gli animalivelenosi.Circe è madre di Auson dal quale prendo-no origine quanti popolano la zona a suddel Circeo, la pianura pontina e in parte laCampania.Circe nei ruoli di progenitrice è maga e con-divide prerogative di Venere e Diana. Il Cir-ceo è il luogo privilegiato del suo culto.Cicerone, in un dialogo sulla natura degli dei,immagina che il romano Pontefice Massimocosì obietti alle teorie stoiche ed epicuree:“come si spiega quest’altro controsenso?Ino benché figlia di Cadmo, sarà considera-ta una divinità prendendo il nome di Leuco-tea in Grecia, di Mater Matuta da noi e nonsi annovera invece tra gli dèi Circe benchénata da Perseide figlia dell’Oceano e dal So-le? Anche Circe è vero i nostri coloni Cir-ceiensi venerao con devozione”.Interessa qui la notizia che gli abitanti di Cir-

cei (colonia di diritto latinodal 393 a.C.) sono devoti aCirce divinità “pari” allaIno/Leucotea dei Greci ov-vero alla Mater Matuta ro-mana, venerata tra l’altro aSatrico (Borgo le Ferriere),un centro che il fiumeAstura collegava al mare eapriva agli approdi greci. Strabone presenta così ilCirceo. È un monte-isolacircondato da mare e pa-ludi, lo dicono ricco di ra-dici medicinali o velenose.Vi è una piccola città, untempio di Kirke, un altare

per Atena. Gli abitanti mostrano una coppache dicono sia quella di Odisseo.Strabone offre un quadro locale d’epoca ro-mana, ma in lingua greca: Atena sta per Mi-nerva, Odisseo per Ulisse. Kirke è Circe,non muta nome come altri, non è sopraf-fatta dall’esistenza di una locale dea più omeno equivalente. Per i suoi ruoli è inseri-ta nel pantheon di greci e romani.Una religione politeistica prevede un’orga-nizzazione gerarchica, gli dèi ereditanoprerogative, le esercitano interagendo conaltri nei limiti loro concessi dalle divinità cheda ultime hanno conquistato il potere e so-no in grado di assicurare l’ordine nel co-smo. Circe per nascita è dea di antica ge-nerazione, quella dei Titani, ha prerogativeche se non fossero imbrigliate da altre di-vinità potrebbero reintrodurre il chaos. Un indizio dei suoi limiti è dato dalla cop-pa, citata da Strabone, fonte locale di or-goglio. La tazza è lì ancora perché un dio siè imposto su Circe. Apollodoro spiega quelche Omero non dice: Odisseo riceve da Er-mes l’erba moly, si reca da Circe, getta laradice benefica nella bevanda (cioè nella

coppa) e lui solo ne beve senza subire l’in-cantesimo.Al Circeo, sul Picco c’è il tempio “cosid-detto di Circe”. Le rovine presentano muridel secolo II a.C., di età augustea, di etàmedievale. Era un santuario all’aperto, conun’ara e un’edicola per l’immagine del cul-to. Ancora nel 213 d.C. risulta un restaurodell’ara per la dea “santissima”.La denominazione del tempio non è certa.Abbiamo: l’affermazione entusiasta di uncommentatore di Omero “il sole illumina an-che di notte la testa della statua di Circe” eil rinvenimento nei pressi del santuario del-la testa “cd di Circe” precipitata dal diruponord. L’identificazione della testa dipendeda tracce di perni a sostegno di un diade-ma metallico a sette raggi, che Circe reca-va a significare che era figlia di Helios per iGreci, di Sol per i Romani.Le fattezze del viso, rinviando a un abusa-to modello iconografico quale è l’Afrodite diCnido, suggeriscono la partecipazione diCirce alla sfera di competenza di Venere,dea alla quale è sacro tutto il promontorioo parte di esso.Posto com’è sulla cima del promontorio ilsantuario, ancora più della tomba di Elpe-nore, è un richiamo per i naviganti semprein cerca di ausilio. A dare loro un segnale,sotto la vigilanza di Venere, può essere Cir-ce, già mostratasi presso quel monte, si-gnora dei venti e favorevole alla navigazio-ne di Odisseo. ■

Al Circeo un Tempio di Kirke

Circe e le altre

di Maria Rocchi

L a Signora Gina Di Bucci, dasempre impegnata nella vitasociale del paese, sta racco-

gliendo testimonianze dirette sul perio-do dello sfollamento nell’ultima guerra.Tanti sono i ricordi di questa dramma-tica pagina di storia che coinvolse tut-ta la nostra comunità; chiunque fosseinteressato a condividere tali memorieper impedirne l’oblio, può contattareGina al numero: 0773 547356.Grazie

Afrodite

Kirke

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di Lorenzo Fiamma

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Territorio

S iamo ormai nel terzo millennio masembra che gli abitanti di questo belpaese, disteso mollemente fra un

promontorio verde di boschi e l’azzurro ma-re del golfo di Gaeta, non se ne siano accorti.Sono rimasti fermi alle fortune che sono ca-dute dal cielo nel momento in cui personag-gi della cultura e dello spettacolo, abbaglia-ti dall’indubbia bellezza paesaggistica, nehanno decretato le fulminee fortune ma an-che senza volerlo la sua profonda sfortuna.Dopo i fasti degli anni 70 S. Felice si è av-

viato verso l’oblio, chi ha vissuto gli anni d’o-ro non ha capito che la vertiginosa ascesanon aveva basi solide, che la buona bor-ghesia romana veniva per sentirsi parte del-la dolce vita e che la dolce vita come era cre-sciuta velocemente, così, sarebbe finita.I borghesi di buona cultura e di ottime so-stanze ormai proprietari della bella villetta,avrebbero continuato in gran numero a pas-sare le loro vacanze al Circeo ma ad alcunecondizioni indiscutibili.Finito il richiamo della dolce vita, avrebberodovuto trovare un ambiente cordiale, servizie strutture per tutte le età. Le arene funzio-nanti e rese più comode, i locali per i giova-ni costruiti nei dintorni dell’agglomerato ur-bano, i locali per gli adulti, per la mezza etàe perché no, per i diversamente giovani, re-si accoglienti e funzionali, un piano spiaggecoerente e rispettoso della natura, un ac-quedotto non ridotto in un colabrodo, un si-stema fognario e di depurazione all’altezzadella comunità in crescita e capace di as-sorbire il notevole impatto estivo. Il mare cri-stallino e trasparente, in realtà inquinato dacolibatteri e da agenti chimici sempre più ag-gressivi, tutto questo e altro avrebbe deter-minato una costante ed equilibrata crescitae ancora non ho parlato di una cosa vitale.Un paese cresce se si mostra ospitale se isuoi abitanti non sono ospitali e cortesi, senon capiscono che non devono considera-re gli ospiti ossa da spolpare velocemente

per liberarsene il prima possibile, la bat-taglia è persa ancora prima di comincia-re.Se la cordialità si esprime dando l’im-pressione ai villeggianti di essere di trop-po, di non vedere l’ora che se ne vada-no, allora è meglio dedicarsi alla pesca eall’agricoltura, così ognuno se la canta ese la suona come meglio gli aggrada.Non volevo accennare alla classe diri-gente ma alla luce di recenti accadi-menti, consiglierei al Sindaco di nomi-nare un delegato o meglio un triunvirato al-l’accoglienza. Un trio che sappia scegliere glieventi, che sappia organizzare serate a pa-gamento, con un biglietto che si consideri unconcorso alla spesa. Visto che ho chiamatoin causa il Sindaco, diciamo pure che tuttal’amministrazione dovrebbe partecipare allosforzo per il rilancio del paese.Parlavo di servizi, qui se si fa un danno a unabarca, se si prende una scaldata a un moto-re, l’unica cosa da fare è raccomandarsi aldiavolo, quello che porta fortuna, qui la sfiganon serve, di sfigati che si spacciano per mo-toristi ce ne sono fin troppi, eppure la nauti-ca porta tanti soldi a chi ci dedica tempo masoprattutto cervello.Ci sto girando intorno, non trovo le parolegiuste per parlarne, le sfortune noi ce le por-teremo dietro fino a che non cambieremomentalità, accetteremo i consigli di chi ne sapiù di noi di turismo per esempio, di sport,quelli che piacciono tanto ai giovani. Deglisport del mare che non si fanno solo d’e-state, ma tutto l’anno, lo hanno capito puregli abitanti di Ventotene che ospitano unascuola vela operante tutto l’anno. Noi ab-biamo un premio letterario intitolato al mare,(lo abbiamo ancora) ma non abbiamo con labaia così invitante una scuola vela che fun-zioni sempre. Abbiamo una sezione dellaL.N.I. nascosta dentro uno dei lidi di via diBadino, non abbiamo un numero di barchedella stessa classe per aspirare a creare una

flotta. Flotta vuol dire regate, provinciali, re-gionali, nazionali, perché no, finalmente unabella tappa di uno dei grandi trofei interna-zionali.Non scherziamo, lo sport cui ci dedichiamopiù assiduamente è quello di spolpare le os-sa dei polli che ancora cadono nella trappo-la della maga figlia del sole. Ebbene ce l’hofatta, “cambiare mentalità” dimenticare chenel breve periodo delle vacanze sanfeliciane,i polli lasciano a grandi spanne 60 e più mi-lioni di euro che certamente non sono equa-mente divisi, ma rappresentano da un meropunto di vista statistico un’entrata di circa€7.000,00 per ogni sanfeliciano, compresi ineonati. Questa è un’altra componente im-portante della sfortuna che perseguita que-sto paese. I soldi per sopravvivere, non-ostante la crisi e la mancanza di strutturecontinuano a entrare e a essere sufficienti al-la maggior parte dei sanfeliciani.Gli exit -polli fatti da me alla casareccia noncredo siano tanto lontani dalla realtà e ciòfrena le iniziative e fa serpeggiare fra i più, laconvinzione che questo rivolo di soldi non sifermerà mai.I polli che si lasceranno spennare continue-ranno a venire forse per periodi più brevi macomunque sufficienti e così anno dopo an-no il paese s’impoverisce e nessuno se neaccorge o peggio, pur di non cambiare, fafinta che tutto vada bene.

I fatti degli anni ‘70

Il Paese cresce se è ospitale

Le fortune e le sfortune di San Felice Circeo nascono insieme, ma …

no, una maestra di scuola, qualcuno – in-somma – a qualunque titolo “personaggio”nella piccola comunità di San Felice.Per la risposta sul senso dell’iniziativa infor-ma una specifica pagina Facebook, di se-guito trascritta: “Muro delle Nommera” ov-vero dei soprannomi... Si tratta di una inizia-tiva dell’Associazione Odissea, da un’ideadella nostra socia Florinda Calisi, che preve-de la posa di mattonelle, raffiguranti perso-naggi vari della storia Sanfeliciana. Il luogoprescelto è la scalinata G. Malandrucco nelcentro storico di San Felice Circeo. Cercan-do su Facebook il gruppo del muro dellenommera potete iscrivervi e votare 6 nomistorici Sanfeliciani ai quali saranno donate le

mattonelle dall’Odissea stessa. In più, oltrea esprimere il vostro voto, avete anche lapossibilità di acquistarne una per un familia-re o per un amico. Di fatto l’associazione siè proposta per la posa di alcune mattonelleper la promozione del progetto, tuttavia peril muro delle “nommera” abbiamo pensato aqualcosa di duraturo nel tempo che vengasempre più incrementato da quella che è unadelle più belle tradizioni Sanfeliciane. Tuttipossono richiedere una mattonella, anche incasi in cui il personaggio non sia molto “fa-moso” o ai più sconosciuto. Tutte le perso-ne che vogliono partecipare a questa inizia-tiva e posare una mattonella in ricordo di fa-miliari oppure amici possono contattare Ni-co al 3316985644 oppure Tommaso al3290703275. Il prezzo è di € 30,00 comespecificato dal preventivo pubblicato sulgruppo. Oltre a questo potrete anche trova-re la scheda tecnica e alcuni esempi di co-

me saranno le mattonelle. Ci teniamo a direche l’associazione Odissea farà semplice-mente da tramite con l’azienda che producela mattonella e comunque chi vuole può re-carsi direttamente presso la ditta “CeramicheVietrese Buono” (vicino la Plasmon).A parere di chi scrive, alla fine, il valore del-le testimonianze offerto dalle piastrelle es-senzialmente è di tipo storico-sociologicogenerale (oltre la testimonianza di qualcheespressione dialettale): fra qualche decen-nio la memoria delle singole persone saràquasi completamente sfumata, ma quelpannello sul muro, senza date e senza altrespecifiche, e dunque avulso da un contestoqualunque se non quello territoriale, in ognicaso ricorderà quale sia stata nei secolil’importanza dei soprannomi nella forma-zione e crescita di piccole e grandi comu-nità. E quindi parte fondante del lento pro-cesso di formazione delle identità locali. ■

segue dalla pagina 10

Territorio di FRANCESCO MORABITO

Nomi, cognomi, soprannomi

continua a pag. 19

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Sociale

C on la locuzione “esclusione sociale”secondo la tesi più aggiornata (Chia-ra Saraceno) si intende il venir meno

delle forme di appartenenza e di legami so-ciali significativi dovuti da un lato al proble-ma della uguaglianza sociale nell’accesso aidiritti (in una società in cui sono fortementepresenti le diseguaglianze) e dall’altro al fe-nomeno della disgregazione, dovuto alla per-dita dei tradizionali meccanismi di integra-zione sociale. Il problema è molto presentein questo periodo a causa delle difficoltà del-l’economia di tutti i Paesi, ma specialmentedel nostro, i cui Governi hanno tagliato pe-santemente i finanziamenti, costringendo glienti locali: Regioni, Province e Comuni aoperare di conseguenza riducendo interven-ti e sovvenzioni con il risultato che il feno-meno dell’esclusione sociale ha superato ilristretto ambito di quelli che tradizionalmen-te erano considerati emarginati, estenden-dosi a macchia d’olio ed aggredendo sem-pre maggiori fasce di popolazione.Un problema che, pur essendo ben presen-te a tutti i livelli, non vede poi iniziative ade-guate per contrastarlo. In effetti le sommestanziate dagli enti locali per il sociale pur es-sendo apparentemente elevate (anche se sipotrebbe fare di più), sono talora distribuitein maniera discutibile e spesso senza pro-durre i benefici attesi, sono cioè purtroppoin molti casi inefficaci. Il servizio sociale dei nostri Comuni subisceda anni l’inadeguatezza di un modello che,nonostante i tentativi (L. 328/2000) non ri-esce a raggiungere gli obiettivi prefissati uti-lizzando le poche risorse a disposizione insovvenzioni invece di offrire prestazioni rea-li. La tanto attesa legge regionale che avreb-be dovuto definire il sistema regionale inte-grato di interventi e servizi sociali, in tuttiquesti anni e nonostante gli sforzi profusi daalcuni (ad esempio la proposta n.400 pre-sentata nel corso della scorsa legislatura dal-l’allora consigliere regionale Augusto Batta-glia poi ripresa in parte dalla n. 23 presenta-ta nel corso di questa legislatura il 6 maggio2013 dai consiglieri Agostini, Vincenzi, Lenaed altri) non è riuscita ancora a essere ap-provata dal Consiglio regionale.La gravità del problema si tocca special-mente nelle grandi città dove sono più evi-denti le diseguaglianze redistributive, i con-flitti sociali e le situazioni di disagio. Il pro-

blema è molto complesso in relazione allevarie tipologie di esclusi (immigrati, poveri, exdetenuti, tossici, minoranze, ecc.) e alle dif-ficoltà legate alla convivenza che sonoemerse di recente e che potrebbero esseresuperate con il coinvolgimento dei cittadinia prendersi cura della loro città creando retidi solidarietà, cooperazione civica e recipro-cità.Da tempo sono state formulate proposte perripensare e riorientare le politiche sociali, maa livello di Governo ancora non è stato fattonulla, anzi, le iniziative assunte ricorrendo al-la leva fiscale per incrementare le entrate, al-meno in qualche caso hanno prodotto effet-ti inversi a quelli annunciati, creando ulterio-re appesantimento nelle condizioni di vita dimoltissime persone e allargando la fasciadella povertà a categorie che finora ne era-no state esenti. Ma, come accennato, è a li-vello locale che viene toccata direttamentee in misura maggiore la realtà della situazio-ne in cui versano moltissime persone. LaGiunta e il Consiglio comunale potrebberoutilizzare con più accortezza lo strumentodelle imposte locali per agevolare le famigliebisognose, intervenendo con più coraggioanche sull’accesso ai servizi a domanda in-dividuale o sulla concessione gratuita dei li-bri per la scuola. Anche il terzo settore, che per molti anni harappresentato uno degli strumenti fonda-mentali di intervento comincia a subire pe-santemente gli effetti della recessione e del-la scarsità delle risorse (finanziarie e umane)facendo venir meno la sussidiarietà orizzon-tale che nell’ente locale è indispensabile an-che per una crescita democratica dei citta-dini. I Comuni che sono chiamati direttamente incausa dai cittadini in quanto enti di prossi-mità, sono carenti proprio là dove non oc-corrono soldi ma solo aperture per favorire,anziché ostacolare le persone che voglionocollaborare e assumersi la responsabilità dicontribuire a proteggere e conservare i benicomuni. Manca quasi totalmente da partedelle amministrazioni comunali l’aperturaverso quella che è stata definita la sussidia-rietà quotidiana (Cfr. C. Iaione, in www.lab-sus.org), consistente in una strategia basa-ta non sull’autoritarismo, ma su azioni diret-te a far condividere da parte dei cittadini le

scelte dell’amministrazione e a collaborarecon le proprie risorse al raggiungimento de-gli obiettivi di interesse generale e comune.Molti Comuni omettono anche di dare ap-plicazione a una legge dello Stato (comma461 dell’art.2 della L. 244/2007) che preve-de la partecipazione dei cittadini alla valuta-zione dei servizi e quindi anche delle pre-stazioni del servizio sociale. In questo caso il Bilancio partecipato con-sentirebbe di coinvolgere i cittadini in una piùappropriata allocazione delle risorse il cheavrebbe potuto evitare di destinare61.805,67 euro (ripartiti in più provvedimen-ti) per un raduno di motociclette (come av-venuto quest’anno a Sabaudia), quando alsettore dei servizi sociali sarebbe bastatomolto di meno per dare un aiuto concreto amolte famiglie bisognose. In molte parti d’Italia esponenti del terzo set-tore e organizzazioni di vari tipo operano daanni per dare una possibilità a quelli che nonl’hanno, in alcuni casi sono state prodotteesperienze stimolanti, delle best practices,che possono essere utilizzate anche in altrerealtà, basterebbe guardarsi intorno e co-piarle (ma anche per fare questo ci vuole at-tenzione). La politica deve comprendere che il Paese èmaturo e che deve essere utilizzata la levadella social innovation integrando le espe-rienze e le conoscenze che queste organiz-zazioni hanno acquisito, anche grazie alla lo-ro vicinanza con i destinatari dei servizi e coni territori in generale.Anche molti cittadini possono mettere la lo-ro esperienza e le loro conoscenze a dispo-sizione della comunità. È necessario pertanto superare il meccani-smo di mercato, di separazione “contrattua-le” fin qui di fatto mantenuto per orientarsiverso una co-produzione, coinvolgendo lacittadinanza non solo nell’erogazione ma an-che nella programmazione e nella gestionedelle policies. Si tratta di una scelta che noncosta nulla, perché non viene fatta? ■

Ripensare e riorientare le politiche sociali

Non sovvenzioni ma prestazioni reali

L’esclusione sociale

di Franco Brugnola

Siamo talmente convinti di avere l’esclusivadel bello irripetibile che non facciamo nes-suno sforzo per far conoscere le eccellenzedel territorio che ci circonda.Per concludere, se i polli son polli, vengonocomunque e allora perché sprecare tempoed energie per trattenerli? Gli si svuotino le

tasche più presto possibile e più presto sene andranno e noi si potrà tornare al nostroletargo.A proposito di letargo, mi ha colpito un arti-colo nel quale lo sportello unico si è chiuso infaccia ai consumatori, ma i rappresentantidell’Amministrazione hanno promesso incen-tivi ai commercianti e in particolare a quei po-chi che restano aperti tutto l’anno. A questopunto una riorganizzazione ci vuole sul serio,ad esempio per stabilire con un minimo di ra-zionalità il legittimo giorno di riposo. Qui seesci la mattina per prendere un caffè, devi pri-

ma consultare il calendario, per esempio il lu-nedì bisogna prenotare un volo per Parigi do-ve fanno un ottimo caffè all’italiana, il pane telo puoi giocare al lotto, ognuno apre e chiu-de quando gli pare cioè tutti insiemi appas-sionatamente così non si fa concorrenza slea-le. Signori l’ho detto e lo ripeto, le sfortune diquesto paese ce le tiriamo appresso da soli.Se ho scritto qualcosa che non vi aggrada, seho cercato di dipingere una realtà diversa dal-la vera, ditemi le parolacce, io ho scelto que-sto paese per la mia vecchiaia e cerco la se-renità che auguro a tutti voi. ■

segue dalla pagina 18

Territorio di LORENZO FIAMMA

Le fortune e le sfortune di San Felice Circeonascono insieme, ma …

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di Nello Ialongo

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Territorio

L a biblioteca comunale di Sabaudiaopera da cinquant’anni. Fu istituitanel 1964 grazie alle appassionate

sollecitazioni di Feliciano Iannella, un mae-stro delle locali scuole elementari, che sen-tiva come sua irrinunciabile missione la dif-fusione della cultura in ogni strato socialedella popolazione, e alla sensibilità diun’amministrazione comunale, guidata dalSindaco Luigi Tavanti Tommasi, che condi-vise i fondamentali obiettivi di crescita cul-turale della città. Iannella accettò di dirige-re la Biblioteca senza ricevere alcuna re-munerazione o rimborsi spesa. Concepivala Biblioteca come un centro di cultura at-tiva, organizzando mostre di arti figurative,in cui esponevano le proprie opere non so-lo artisti affermati ma anche giovani talentie semplici amatori, e proiezioni di film diparticolare qualità. Predispose locali per l’a-scolto di dischi di musica classica, leggerae per lo studio di lingue straniere. Dava ilproprio sostegno a chiunque mostrasse in-teresse nei più diversi settori culturali. La-vorava fino al limite della resistenza fisica,sostando in Biblioteca a volte fino a nottetarda. Fino al 1970 non ebbe un solo col-laboratore e si avvaleva di volontari, per lopiù giovani ed entusiaste maestre. Succes-sivamente da parte dell’Amministrazionecomunale gli fu affiancata una valida colla-boratrice e un modesto compenso. La biblioteca di Sabaudia fu considerata un

modello da imitare da parte della Sovrin-tendente bibliografica della Regione Laziodr.ssa Maria Sciascia, la quale in una con-ferenza espresse le sue congratulazioni alDirettore Iannella: “…Le siamo tutti grati perquanto Lei ha saputo operare nella sua cit-tadina, per l’esempio offertoci di un’effi-cienza e funzionalità così raramente rag-giunti nel settore Biblioteche nel Lazio”.In occasione del Congresso della “Interna-tional of Metropolitan City Libraries” la Bi-blioteca fu onorata dalla visita (23 maggio

1972), e dalla sincera ammirazione, dei Bi-bliotecari convenuti a Roma dai cinquecontinenti del mondo. Nel settembre del1972 fu visitata dai Bibliotecari degli EntiLocali del Lazio che partecipavano a uncorso di aggiornamento professionale; nel1977 giunsero a Sabaudia i Soci delle se-zioni del Lazio e della Campania dell’Asso-ciazione Italiana Bibliotecari; nel 1980 ci fula visita dei trenta vincitori del concorso in-detto dalla Provincia di Roma per il perso-nale da destinare alle biblioteche comuna-li.Iannella, in occasione dell’Anno Internazio-nale del Libro (1972), partecipò a un Con-corso: ”Una biblioteca al servizio della Co-munità”, bandito dall’Ente Nazionale per leBiblioteche Popolari e Scolastiche, per i co-muni fino a 10.000. abitanti, presentandouna dettagliata relazione sulla strutturazio-ne funzionale della Biblioteca, sulle nume-rose sezioni di attività e sulle molteplici ma-nifestazioni culturali svolte. La Biblioteca diSabaudia risultò prima nel Lazio e secondaa livello nazionale, superata soltanto dallaBiblioteca di Ala nel Trentino. La cerimoniadella premiazione si svolse a Roma, allapresenza dell’allora Ministro della PubblicaIstruzione Oscar Luigi Scalfaro.Molto apprezzata da parte dei cittadini del-le aree decentrate è stata l’istituzione di Po-sti di Lettura di Borgo Vodice e di BorgoSan Donato. Attraverso il catalogo genera-

le, per autore e siste-matico, l’utenza dei bor-ghi aveva la possibilitàdi scegliere, e ottenerein prestito, qualsiasiopera esistente nella Bi-blioteca centrale. Le ri-chieste venivano soddi-sfatte con molta solleci-tudine. Il coinvolgimento di cit-tadini avvenne ancheattraverso la creazionedi Associazioni cultura-li, quali il Collegium Mu-sicum di Sabaudia e lasezione locale dell’Ar-cheoclub d’Italia, con ilsostegno dell’Ammini-strazione comunale e lacollaborazione di perso-ne sensibili e appassio-nate, disponibili a porta-

re avanti, in modo autonomo, le attività deinuovi sodalizi. Iannella, senza trascurare la benché minimaoccasione, coltivava e consolidava i rap-porti con tutti gli uomini di cultura che ave-vano mostrato la piena disponibilità ad ac-cogliere le sue sollecitazioni. Riuscì a gua-dagnarsi la stima e l’amicizia da parte di ar-tisti illustri e cultori di discipline scientifiche,come avvenne con Emilio Greco, LorenzoIndrimi, Pasquale Basile, Marcello Zei, Ma-rio Magistrelli. I primi passi per la realizza-

zione del Museo Emilio Greco sono staticompiuti da Iannella, che sottopose il mae-stro a una garbata ma pressante azione diconvincimento. Operò con grande dedizione alla valorizza-zione del Centro Storico di Sabaudia. Lamostra in cui furono esposti il piano di fon-dazione di Sabaudia, un’ampia documen-tazione fotografica degli edifici di elevatovalore architettonico, dei disegni originali, lestampe, gli articoli di giornali …, organizzatanell’agosto 1980 presso la biblioteca co-munale a cura di due valenti giovani archi-tetti, G. Pasquali e P. Pinna, fu un presti-gioso evento culturale, molto apprezzato,tant’è che due anni dopo tutta la docu-mentazione prodotta fu esposta con moltosuccesso a Londra presso l’ArchitecturalAssociation.E’ stato autore di libri (e pubblicazioni) distoria locale tra cui i più importanti: “Il ter-ritorio pontino e la fondazione di Sabaudia”(1975), “Sabaudia nella storia” (1984), “LaBiblioteca Comunale di Sabaudia” (1985),“Da Castrum Sancti Donati a Borgo SanDonato” (1985), “L’ambiente pontino e l’o-pera dei forestali” (1988), “Giovanni Cena eil suo discepolo Marcucci” (1994), e un’o-pera teatrale “Far campagna in palude” conlo pseudonimo di Federico Monforte (1985).In una città, sorta da pochi decenni, privadi tradizioni culturali, Feliciano Iannella congrande senso civico, un impegno senza ri-sparmio di energie fisiche e intellettuali, euna straordinaria passione, ha concorsocome pochi allo sviluppo dello spirito co-munitario della popolazione, attraverso laformazione della coscienza storica dei cit-tadini e la creazione di un autentico fulcrodi diffusione della cultura. ■

L’impegno di un maestro elementare

I 50 anni della biblioteca comunale di Sabaudia

Una straordinaria ricorrenza

Feliciano Iannella

Nuova sede della biblioteca comunale di Sabaudia

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Territorio

I n questo periodo si tende sempre a ti-rare le somme di ciò che è stato e deirisultati ottenuti. Pensando all’operato

dell’Associazione Odissea occorre fare unbilancio non solo relativo a quest’anno maa tutti i tre anni di attività sul territorio san-feliciano. Il 25 ottobre 2012 l’AssociazioneOdissea spense la sua prima candelina etutti i suoi soci apparvero quasi ignari o me-glio increduli del fatto che fosse già passa-to un anno. In quel lasso di tempo si eranorealizzati alcuni dei progetti ideati e si co-minciava a concepire il significato del ter-mine “ associazionismo”. Infatti, personequasi sconosciute le une alle altre ben pre-sto divennero un qualcosa: un’associazio-ne. Grazie ad alcune esperienze non solo ri-creative ma anche sociali come il “fai gio-care anche me”, il “fai leg-gere anche me”, la raccol-ta alimentare per le perso-ne meno fortunate, la colla-borazione con Emergency el’ultima con telethon in unacampagna contro la “SLA”,ci si è resi conto di essereun sostegno valido per lacomunità. Certo, organizza-re ciascun evento e portar-lo a termine non è stato,non è e non sarà mai unacosa semplicissima, se siconsidera che occorresempre trovare il tempo perdedicarsi all’associazione edividersi tra famiglia, studio,lavoro e impegni vari, ma sipuò fare. Oggi a distanza di due annida quel “compleanno” sipuò dire che l’AssociazioneOdissea è una realtà cheagisce nel e per il territoriodi San Felice Circeo.Questo è determinato dalfatto che molti sono gli am-biti in cui opera e per cia-scuno impegno si cerca di trovare personeche collaborino insieme. Così c’è stato unsusseguirsi di giovani che hanno parteci-pato con entusiasmo alle progettazioni, eanche se alcuni di loro per motivi persona-li hanno dovuto lasciare questo impegno,molti altri si sono associati e spiccano perle proprie idee; dopotutto la vita dell’Asso-ciazione è connessa al lavoro di ciascun so-cio da cui dipende ogni importante risulta-to.Quest’anno abbiamo rinnovato appunta-menti già consolidati in precedenza comele diverse passeggiate-escursioni nel Par-co Nazionale del Circeo e il raduno Ferrari.Le prime hanno sempre riscontrato un dis-creto successo, considerando che molticompaesani e turisti non sono del tutto aconoscenza delle nostre bellezze naturali edi ciò che cela il nostro promontorio. Infat-ti, l’escursione sul picco di Circe del 25

Aprile è sempre ben gradita, nonostante lafatica dei sentieri da percorrere. Essendoperò questo percorso adatto ai più volen-terosi, è stato deciso di visitarne altri. Fratutti la scelta è ricaduta sul sentiero nume-ro 3 Peretto-Torre Paola, facilmente per-corribile, anche per i più piccoli. Così lamattina del 19 ottobre 2014 c’è stata pertrenta persone la partenza dal Piazzale SanFrancesco e per l’ora di pranzo l’arrivo aTorre Paola. La giornata era calda e piace-vole e a detta dei protagonisti “perfetta” perimmergersi nell’atmosfera bucolica e perscattare anche qualche fotografia degliscorci più affascinanti.Dalla natura al divertimento. Anche que-st’anno il 14 e 15 giugno l’Odissea era pro-tagonista del secondo raduno Ferrari.

Appuntamento sempre apprezzato, cheapre le porte del paese alle Rosse fiam-manti della scuderia del cavallino. Meravi-glioso lo spettacolo del centro storico po-polato da questi “esemplari” che stuzzica-no sempre la curiosità degli abitanti e so-prattutto dei primi turisti del Circeo.Tutte queste attività, che sono momenti disvago, hanno lo scopo di esortare le per-sone a uscire dalla routine quotidiana rav-vivando la vita del paese con piccole ini-ziative. Quest’anno c’è stata l’esperienza del mu-sical “Mamma mia” che ha visto impegna-ti circa quaranta ragazzi sanfeliciani nellamessa in scena dello spettacolo. La soddi-sfazione più grande è che dall’Associazio-ne Odissea il progetto si è esteso, coinvol-gendo tante altre associazioni che hannocollaborato attivamente alla sua realizza-zione. Il fatto di avere avuto poi, un pubbli-

co di oltre mille persone è stata un’immen-sa gratificazione, come lo è stato vedere sulpalco la “voglia di fare” di questi ragazzi. Ilprogetto ora si sta estendendo e verrà pre-sentato in alcuni teatri e istituti superiori del-la zona, senza contare che si pensa già aun nuovo musical.Un nuovo appuntamento firmato Odissea èstato il torneo di scacchi con location piaz-za Vittorio Veneto, nel centro storico, dovegiocatori amatoriali hanno gareggiato pertutta una piacevole domenica pomeriggio,tra una mossa e uno scacco matto. Inte-ressante la partita “dell’uno contro tutti” delmaestro, che ha sfidato contemporanea-mente dieci giocatori, vincendo ovviamen-te tutti gli scontri.Di particolare rilievo è l’attività del caffè let-

terario che ha riscontratoun gran successo nellascorsa stagione invernale eche ha visto prolungare ipropri incontri anche du-rante il periodo estivo. Na-turalmente nuove letturesaranno le protagoniste diquesto lungo inverno, etutti quelli che sono inte-ressati possono partecipa-re.Infine, come non menzio-nare il “muro delle nom-mera”. La curiosa scoper-ta di tutti i soprannomi indialetto di personaggi tipi-ci di San Felice Circeo, at-traverso delle mattonellerappresentanti caratteristi-che tipiche di quella o quel-l’altra famiglia. Il progetto èancora in “work in pro-gress”, ma ha ottenuto ilfavore del tutto positivo frai compaesani.Un altro anno è alle porte,e sicuramente sarà pieno diavvenimenti e ricco di tan-

te iniziative dell’Odissea, auspicando che ilconsenso mostratoci finora da tutti quelliche ritengono valida questa realtà, sia con-fermato ulteriormente, mentre l’associazio-ne si impegnerà a non deludere le tanteaspettative.Sperimentare senza paura, è la frase cheben rappresenta l’Odissea. Non a caso ilnome dell’associazione fa riferimento alpoema omerico, in cui il protagonista, Ulis-se, conosciuto come Odisseo, naviga anni,prima di raggiungere la sua Terra, appro-dando e avventurandosi in terre scono-sciute e cimentandosi in nuove esperienze.Ma alla fine riesce nel suo intento. Questo insegna che nonostante le difficol-tà che potrebbero presentarsi la speranzaè sempre l’ultima a morire, o come megliodirebbe un saggio sanfeliciano “decéttechiglie ché se je purtéva la piéna: Signorenen pègge!”. ■

L’Associazione “Odissea”

I più importanti eventi organizzati

Tre anni di attività

di Federica Capponi

Gruppo “Odissea”

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di Angela Palombi

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Libri

C hi mi conosce sa quanto poco ami ilfreddo e quindi quali difficoltà micreino le basse temperature della

stagione invernale; nonché della mia corsaai ripari con maglioni, sciarpe, cappelli ecappotti che sfocia a volte in look impro-babili e comici per cui vengo poi canzona-ta. Io guardo però il lato positivo di questastagione, che mi consola, dal freddo e dal-le prese in giro, e che collima molto piace-volmente con la mia passione per la lettu-ra. Infatti, finalmente, il camino torna ad ani-mare il mio salotto. Accendo il fuoco, mi si-stemo comodamente lì davanti, una tazzadi thè, il libro e mentre la sera scende, migodo il silenzio, il tepore e una buona let-tura. Una vecchia pubblicità direbbe: “Co-sa vuoi di più dalla vita?” Poco altro in ef-fetti!Ho letto proprio così anche il libro scelto dalCaffè Letterario per l’incontro di ottobre.“Acciaio” di Silvia Avallone. Questo libro miha sorpresa. Non miaspettavo quello che hoprovato leggendolo: il pe-so di questa storia, il co-involgimento, la difficoltàa distaccarmi dagli even-ti raccontati. Un’autricedavvero valida e corag-giosa che con un linguag-gio forte, a volte volgare,dipinge un ritratto moltofedele della società attua-le e dell’adolescenza.Piombino, 2001. Anna eFrancesca sono amicheda sempre e da sempreabitano nello stesso pa-lazzo di un quartiere ope-raio a poca distanza dal-la Lucchini, l’acciaieriadove ogni famiglia ha al-meno un padre, un fratel-lo, un marito o un figlio a lavorare.Hanno il mare di fronte e l’Elba in lonta-nanza a rappresentare un mondo diverso,migliore, che sembra lontanissimo e inac-cessibile. Perché lì, in Via Stalingrado, ilmondo, il loro mondo è fatto di uomini de-boli e meschini, di donne sconfitte, di de-linquenza di bassa lega, di droghe, di ses-so sporco, di grettezza e di squallore. Que-ste due tredicenni, alle prese con le primeesperienze, con un corpo che cambia, conle prime pulsioni sessuali, usciranno dal-l’infanzia e saranno travolte da questa real-tà, tanto da perdersi perché salvarsi da unmondo così sembra impossibile; il belmondo dell’Elba sembra lontano milioni dichilometri. Solo una tragedia, che è per lavita come un cataclisma per la natura,sconvolge tutto e rimescola le cose; anchese a caro prezzo, forse, l’Elba non è poi co-sì irraggiungibile. Una storia forte, cruda, in-tensa, cui resti a pensare, percependonetutta l’amarezza, grata che almeno qualco-sa, se si vuole, si può salvare.

Sono passata poi a qualco-sa di più leggero per iniziarele letture di novembre, mesein cui prediligo il gotico, ilfantasy o il thriller. E sebbe-ne “La ragazza che legge-va nei cuori” di Teri Brown,dal titolo farebbe pensarepiù a un romanzo d’amore,in realtà contiene anche untocco di fantasy e di mistery.Infatti, protagonista è unasedicenne romantica e mol-to responsabile appena tra-sferitasi nella New York de-gli anni ’20, con la madremedium. In realtà la madre èsolo un’ottima attrice e un’esperta del me-stiere, mentre ad avere poteri extrasenso-riali e medianici è proprio lei, la giovaneAnna. Cresciuta girovaga per gli spettaco-li itineranti e per i circhi di cui hanno fatto

parte, Anna impara i trucchidi magia, con i quali affiancala madre negli show, ma so-prattutto a cavarsela da solain ogni situazione. Arrivate aNew York per un contratto fis-so in un teatro, finalmente inuna casa rispettabile, spera diriuscire a lasciarsi alle spallela vita vagabonda, l’instabili-tà economica e soprattutto lesedute spiritiche che più diogni altra loro specialità lecausano preoccupazione eapprensione.Invece dopo l’incontro conCole, l’affascinante ragazzoinglese del piano di sotto, hala sensazione che i suoi po-teri si stiano acuendo e chesempre più faccia fatica a

controllarli. Ha ragione. E le domande cheaffollano la testa di Anna sono le stesseche si pone il lettore senza riuscire a ca-pire cosa davvero stia succedendo. Annadovrà capire se può fidarsi di Cole o se in-vece non le stia nascondendo qualcosa; ecosì anche gli altri personaggi ambigui chele girano intorno: il loro impresario Jac-ques, mai veramente limpido; il facilo-ne Owen; l’inquietante Dottor Bennet;nonché il grande Houdini che potreb-be essere addirittura… Tra visioni pre-monitrici, rapimenti lampo e disvela-menti di trucchi di magia, le paginescorrono velocemente, catturando illettore in questo mix di suspense e av-ventura, con momenti di soprannatu-rale e di romanticismo, fino al lieto fi-nale. Una lettura frivola ma gradevole,che ogni tanto è davvero il caso di fa-re.Sbirciando poi nella mia personale li-breria, piena di libri ancora da leggere,ho scelto questo giallo, che si è rivela-to molto piacevole fin dall’inizio. “Miss

S.” di Cathleen Schine. Un giallo dalla co-struzione solita: su un’isola al largo delMaine, in una residenza per artisti, si ritro-vano sette ospiti tra scrittori, pittori, musi-cisti e ricercatori, giunti per lavorare alle lo-ro opere. Il loro anfitrione, proprietario del-la residenza e scrittore a sua volta, atten-de ancora un altro ospite, il critico televi-sivo Gene “G.G.” Gill, arrogante e male-ducato, noto e temuto per aver stroncatomolte carriere. Quando infine G.G. fa lasua comparsa, è morto da ore. Spetteràall’agente Oakwood scoprire chi è l’as-sassino e non gli sarà facile, visto che in-dagando scopre che tutti i presenti hannoavuto a che fare, e non in positivo, con ilcritico. Ma gli sarà di aiuto, in maniera de-terminante, la scrittrice di gialli, Miss Skat-tergoods, Miss S. Ottantunenne, magris-sima, con capelli che sembrano un gattospelacchiato, enormi pantaloncini da ba-sket addosso, lesbica, fumatrice incallita ebevitrice appassionata. Eccentrica, ironi-ca, irriverente, determinata questa formi-dabile vecchina sarà uno spasso per tut-to il libro. Le sue battutine taglienti, il suohumour sarcastico e le intuizioni sottili,conquistano subito e sono il punto forte diquesto giallo, insieme anche alla mirabilecapacità dell’autrice di delineare così be-ne le personalità di tutti i personaggi. Lecaratteristiche, e gli scheletri, di tutti gliospiti, infatti, non ci vengono dette peresteso dal narratore, ma vengono rese evi-denti dalle azioni e dalle parole stesse dei

personaggi, comefossero degli amiciche cercano di na-scondere i loro di-fetti sebbene sianoevidenti, a noi e aloro stessi. Fino alfinale, originale esimpatico, si restacatturati da questiartisti, vezzosi e de-boli ognuno a suomodo, dispiaciuti dinon poter leggereancora qualche altrafrecciatina di MissS. ■

Attualità fantasia giallo

La stagione invernale da impegnare nella lettura

Tre libri diversi e coinvolgenti

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Territorio

D opo il primo bombardamento subi-to da Terracina, il pomeriggio delquattro settembre 1943, una buo-

na parte della popolazione sanfeliciana la-sciò il paese, rifugiandosi nelle capanne inpianura. Si temeva che la stessa sorte diTerracina potesse toccare a San Felice einoltre tutti erano atterriti perché le notti,spesso, erano illuminate a giorno dai ben-gala lanciati dagli aerei anglo-americani.Dopo l’armistizio, annunciato l’otto settem-bre, i nostri soldati, rimasti sbandati, senzacomando o con comandi contrastanti, ab-bandonarono le postazioni militari, che fu-rono subito occupate dai tedeschi. Questidichiararono il Circeo “zona di guerra” e ilpaese fu completamente evacuato. I san-feliciani trovarono ospitalità dai coloni, inparticolare da quelli di Via Molella, di Mi-gliara 58 e Migliara 56. Ma il punto di rife-rimento era Borgo Montenero, dove c’era laparrocchia, il podestà, il medico condotto,ecc..Dopo tanti sacrifici, paura e fame, final-mente, il 24 maggio 1944, arrivarono gliamericani. La notizia si sparse rapidamen-te. Io inforcai la bicicletta e mi recai a Bor-go Montenero. Vi eranogià dei carri armati e di-verse camionette, dallequali i soldati americanidistribuivano sigarette ecioccolate. A me le siga-rette non interessavano,in quanto ancora non fu-mavo, mentre la ciocco-lata la desideravo. Ma miastenni dal parteciparealla ressa, un po’ per ti-midezza e un po’ per or-goglio.A proposito di sigaretteamericane, voglio rac-contarvi un aneddoto,che mi fu riferito dallostesso protagonista:‘Ncéck ‘Mbrucitte. Fran-cesco Di Prospero, all’e-poca poteva avere tredi-ci-quattordici anni. Piuttosto piccolo di sta-tura, ma già accanito fumatore. Da unajeep, un soldato americano stava distri-buendo sigarette. Quando ‘Ncéck allungò lamano, lo fissò e disse: Jù piccolo, no smo-king! E ‘Ncèck rispose: Io razza piccola,molto smoking.Dal Borgo proseguii verso San Felice, an-che per vedere la situazione della nostraabitazione, visto che già circolavano voci disciacallaggio. Giunto nei pressi della villadella signora Batacchi, moglie dell’eroicoAmmiraglio Bergamini, sentii degli spari dimoschetto. Salii sopra e nel piazzale anti-stante all’abitazione, trovai una ventina diragazzi che sparavano all’impazzata. Ri-cordo tra gli altri, Alessio, Alvaro e NataleNon mi fu difficile rimediare un moschettocon delle cartucce; così mi associai alla

sparatoria. Poi nell’internodella villa trovai un ogget-to di legno, a forma di pe-stello (pista sale). Tentai disvitarlo, ma non ci riuscii.Uscito fuori della verandache si affacciava su Via delPignolo, gettai di sottoquel pestello. Seguì unaforte esplosione e unafiammata. Quando mi resiconto del pericolo scam-pato, abbandonai anche ilmoschetto e proseguii ver-so casa. Trovai la portaspalancata e tutto a soq-quadro. Anche gli ingressidelle altre abitazioni eranotutti aperti. Rimasi colpitodalle erbacce cresciutesulla P.zza G. Carducci (LaMazzatora).Dopo qualche giorno, rien-trammo tutti in paese. Pian piano la vita co-minciò a riprendere. Grazie agli americani,ci furono distribuite un po’ di cibarie. Ai pri-mi del mese di giugno, incominciammo a

raccogliere il grano. Aquell’epoca i sanfelicianipiantavano prevalente-mente la “Mentana”, cheè una varietà di grano,che matura rapidamente.Ritornò anche la correnteelettrica, ma per alcunimesi, con tante e talvoltalunghe interruzioni. Tantoche, di notte, si doveva ri-correre spesso alle can-dele, al vecchio lume e al-la lanterna. Sor RomeoCarusi, che aveva semprela battuta pronta per ognievento, sentenziò: lo sa-pete perché manca spes-so la corrente? Perché i fi-li elettrici poggiano sopra“glie staie de tutere”. Lostaio, secondo il dialetto

sanfeliciano e anche quello ciociaro, è il fu-sto che sorregge le pannocchie del grano-turco. L’allusione era relativa alla palifica-zione elettrica alquanto fatiscente.Comunque, per Natale, la corrente si erastabilizzata e durante la notte la piazza prin-cipale rimase illumina a giorno e così ancheil Corso Vittorio Emanuele. Mentre tutta lapopolazione affollava la chiesa parrocchia-le, per il mattutino (jù matutine), cioè la fun-zione religiosa che precede la nascita delBambino Gesù, noi ragazzi, dai quindici aiventi anni, organizzammo una partita di cal-cio in mezzo alla piazza. Ricordo Benito,Terzilio, Peppe, Ennio, Giacomo e altri. Era-vamo una quindicina, compreso Guido, chefungeva da arbitro e i due portieri, AndreaVaglioni e Gino Di Maggio. La porta di An-drea si trovava tra la farmacia e la macelle-

ria Palombi. L’area era delimitata da duemucchietti di cappotti, che fungevano dapali. La porta di Gino era costituita dall’ar-co del Ponte e la sua larghezza era ritenu-ta “area regolamentare”. Le squadre eranocomposte ciascuna dal portiere, due terzi-ni, un mediano e tre attaccanti. La piazzaera tutta nostra. Il solo ostacolo era costi-tuito dalla corriera parcheggiata sul lato de-stro. Era l’unica allora, che partiva la matti-na presto (sei-sei e trenta), per Roma e tor-nava la sera verso le ore sette. Quando ilpallone finiva sotto la corriera, si rimuove-va e ricuperava, con una scopa rinvenutadietro l’uscio di un ingresso. I goal segnatiad Andrea, non creavano problemi, nel sen-so che il pallone era facilmente reperibile,in quanto il Corso Vittorio era illuminato. Iproblemi invece nascevano, quando il pal-lone non era parato da Gino. Gino, tra l’al-tro era in porta con il cappotto abbottona-to e per evitare la pungente corrente d’ariaproveniente dall’arco del Ponte, si appog-giava con la schiena alla parete esterna la-terale sinistra. Però correva al centro del-l’area, quando si avvicinavano gli attaccan-ti avversari. Il pallone non parato, finiva perurtare contro il parapetto della ringhiera,fuori del Ponte e tempestivamente i gioca-tori che si trovavano più vicini all’area, ter-zini e attaccanti avversari, si precipitavanoper recuperarlo, prima che prendesse l’ab-brivio nella discesa. È da evidenziare chefuori del Ponte non c’era l’illuminazione.Cosicché appena dopo l’inizio del secondotempo, accadde l’inevitabile. Al quarto goalil pallone non fu più ricuperato e la partitanecessariamente fu sospesa. Allora non eracosa facile procurarsi un pallone di ricam-bio. ■

* Autore dei libri “O’KEA’MUS”, Dizionariodel dialetto circeiense e “Quando SanFelice era dei Sanfeliciani”

1944

La notte di Natale

Una partita di calcio in piazza Vittorio Veneto

di Andrea De Sisti*

P.zza Vittorio Veneto

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di Elisa Alessandrini

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Sport

P rendiamo una sezione della Lega Na-vale Italiana, anzi, specificatamente lasezione di San Felice Circeo, due

istruttori da sempre in barca e profondi co-noscitori di ogni angolo delle acque antistantial paese arroccato sul monte, uno staff dispiaggia animato da tanta passione per ilproprio lavoro e un presidente di sezione, co-adiuvato da un eccezionale consiglio diretti-vo e si può solo ottenere una scuola vela diprimo ordine. Non è solo un riferimentoquantitativo ma anche qualitativo, perché lacapacità di attrarre così tanti allievi è il frut-to di quel mix speciale che da sempre ca-ratterizza la sezione. Gente di mare che peril mare farebbe qualsiasi cosa, a maggior ra-gione nei confronti di chi dimostra di volerseguire il loro esempio immergendosi com-pletamente nel fantastico mare della vela, unmondo quello velico che è molto eterogeneo,poliedrico, capace di dare sensazioni diver-se. Tre parole non possono mancare per de-scriverlo: tecnica, tattica ed esperienza.Ogni velista ne conosce il significato più ve-ro perché le ha sperimentate sulla propriapelle. Infatti, l’affinamento della tecnica per-mette di sviluppare una tattica di regata sem-pre più vincente e l’esperienza, ovvero il sa-le di chi va per mare, è quel pizzico di abili-tà in più che poi farà la differenza. L’inse-gnamento della vela presso la sezione dellaLNI del Circeo parte da questa visione d’in-sieme: si deve istruire facendo capire però,che la parte più dura dell’apprendimento de-ve essere svolta dai singoli allievi. Ovvia-mente il tutto in un modo giocoso e scher-zoso adatto all’età dei giovani discenti chesono coinvolti al 100% nelle attività pratichee teoriche, come è successo in occasionedei giochi di ferragosto in cui l’attività ludica

l’ha fatta da padrone sempre con un fine di-dattico. Questo è il modo migliore per svi-luppare quella curiosità che spinge poi il ra-gazzo o la ragazza a non abbandonare maipiù il timone di un’imbarcazione perché daltimonare una piccola barca-scuola, i giova-ni d’oggi saranno un domani destinati a ti-monare la loro vita e perché no anche que-sta grande nave al centro del Mediterraneoche troppi vedono affondare. La scuola vela, retta dai due istruttori Vale-rio Lanzuisi ed Elisa Alessandrini, è convin-ta che questo sport costituisca una fantasti-ca e unica palestra per la vita. Inoltre, l’im-pegno profuso nell’insegnare la vela va an-che oltre il semplice consiglio tecnico, per-ché prima di essere istruttori sono educato-ri e vogliono vedere crescere bene, in ognicontesto, i loro allievi. Si viene a creare cosìuna sorta di grande famiglia dove, propriocome in mezzo al mare, l’aiuto vicendevoleè d’obbligo. Un ambiente in cui si respira ariadi casa e che proprio per questo mette a lo-ro agio anche i più titubanti, magari perchépiù piccoli, ma tutti comunque vengono co-involti da subito anche dagli allievi veterani.Questo clima sereno permette all’interastruttura istituzionale di lavorare bene e congioia. Ne è convinto il presidente della se-zione LNI Sergio Iucci che si dice onorato diessere stato eletto presidente di una sezio-ne che rappresenta un unicum nel panora-ma delle scuole vela a livello nazionale. Anche per questo l’impegno organizzativo aimassimi livelli rende semplicemente indi-menticabile un weekend di regate, comequelle svolte nei giorni di sabato 9 e dome-nica 10 agosto. La “due giorni” di regate faparte del Campionato estivo del Golfo. Inquesta tappa, neanche a dirlo, record di par-

tecipazioni in termini di equipaggi iscritti. Altermine delle prove di domenica c’è stata lapremiazione dei velisti, partendo dai più gio-vani sull’optimist ai più grandi sulle derive.Cerimonia molto suggestiva con fuochi d’ar-tificio e rinfresco grazie alla consolidata par-tecipazione dei commercianti di San FeliceCirceo che testimoniano ogni anno la loro vi-cinanza a quella che è diventata ormai un’i-stituzione per il paese rivierasco. Se la co-munità sanfeliciana fa qualcosa per la se-zione della LNI così quest’ultima farà moltoper la comunità. In che modo? Semplice, fa-cendo ciò che meglio le riesce e cioè istrui-re i giovani delle scuole medie del Circeo adandare in barca. È un impegno che va avan-ti nei mesi invernali grazie al progetto” Ve-leggiare” e attraverso il quale si cerca di ot-tenere un duplice scopo. Da un lato quellodi diffondere la cultura del mare e della velaa ragazzi che hanno il mare a portata di ma-no tutto l’anno e dall’altro quello di scom-mettere sul futuro dei giovani, facendo fareloro attività sportiva, formandoli sia come ve-listi sia come persone. Una sezione quindiche è inserita a pieno nel contesto locale eche contribuisce, attraverso i corsi di vela, al-lo sviluppo del turismo e alla diffusione del-le usanze locali. Un patrimonio prezioso perl’intera provincia pontina che dà lustro a unosport meraviglioso che permette di stare al-l’aria aperta, di vivere la natura marina e car-pirne i segreti. È questa, in conclusione, l’attività dellascuola vela: attiva in estate come in inverno,con ragazzi di tutte le fasce di età, futuri ve-listi che porteranno sempre nel loro cuore ilricordo del primo corso di vela, quel corsoche li ha resi indissolubilmente legati a que-sto sport. ■

L’insegnamento della vela presso la sezione della LNI del Circeo

La scuola vela come palestra di vita

A tutta vela sotto lo splendido promontorio del Circeo

L a disciplina del Taekwon-Do trovaorigine nell’opera di un Maestro co-reano, il Generale Choi Hong Hi, il

“padre del Taekwon-Do moderno”, colui cheha codificato e creato quest’arte marziale.Nel 1946, dopo anni avventurosi, Choi di-venne secondo tenente del nuovo esercitosud coreano e questo gli permise di mette-re il Taekwon-Do in una nuova orbita. Choiiniziò a insegnare la sua arte marziale nonsoltanto ai soldati coreani ma anche agliamericani. Questa fu la prima esperienza chepermise di diffondere quello che tutti avreb-bero conosciuto ,poi, come Taekwon-Do. In-teressante ed affascinante per quanto av-venturosa la vita del Generale Choi Hong Hiche sarà narrata nei prossimi appuntamentisu queste pagine. Da qui il Taekwon-Do pre-se piede in tutto il mondo diventando una di-

sciplina sportiva e agonistica.La Scuola Taekwon-Do ITF di San FeliceCirceo ne è un esempio ed è una tra le mi-gliori palestre nella zona dell’agro pontino.Il merito va al lavoro di uno staff compe-tente e qualificato capitanato dal MaestroMauro Bersani e guidato dal Master FabioCaiazzo. Proprio Caiazzo ha fatto cono-scere questa disciplina a San Felice Circeo,diventata un’ importante attività sportivaper molti giovani sanfeliciani. Infatti i Ra-gazzi di Bersani hanno partecipato allaCoppa del Mondo Taekwon-do ITF che si èsvolta a Roma il 27 luglio scorso, eventoquesto, organizzato dal Master FabioCaiazzo, Cintura Nera 7° Dan – Campionedel mondo Taekwon-do ITF nel 1994 inMalesya. Questi i nomi degli atleti del Cir-

ceo: Ludovica Nogarotto, Marco Bonaldo ePace Filippo con un medagliere di tutto ri-spetto:Ludovica Nogarotto: Medaglia Oro com-

battimentiPace Filippo: Medaglia Argento combatti-

mentiPace Filippo: Medaglia Oro Forme Marco Bonaldo: Medaglia Argento FormeLudovica Nogarotto: Medaglia Bronzo FormeUn “in bocca al lupo” ai nostri ragazzi peri prossimi appuntamenti agonistici che do-vranno preparare con un costante e rigo-roso allenamento. La Scuola Taekwon-do ITF si trova a SanFelice Circeo in Via 4 novembre c/o il Cen-tro Danza Gyselle, per provare una nuovadisciplina agonistico-sportiva. ■

Importanti risultati per la Scuola Taekwon-Do Itf di San Felice Circeo di Rossella Demin

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CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 25

Sport

I l campionato di terza categoria é ini-ziato nel migliore dei modi. Contro ilCCP Formia, sul campo di Castellono-

rato, la squadra si impone con un sonoro 2-5, dimostrando da subito un ottimo stato fi-sico. Infatti dopo un primo tempo intenso,ma finito in parità (1-1), i secondi 45’ sonostati un vero e proprio Circeo show davan-ti alla oramai sfinita squadra locale. Si arri-va cosi titolata da tutti i giornali sportivi lo-cali come la favorita del torneo, alla secon-da giornata di campionato, ma forse dis-tratti da tutto ciò, le prestazioni da qui in poisembrano risentirne. Infatti contro il Ca-stellone, alla prima uscita stagionale al Bal-larin, solo un gol al 93’ di Severini salva unaprestazione buona ma non pienamenteconvincente. La terza giornata si presentada subito complicata, per l’inagibilità dellostadio del Cajeta, la partita si disputa su unrettangolo misto tra spiaggia ed asfalto(Campo sportivo “Anellino F.” di Gaeta), ela squadra porta a casa solamente un pun-to, grazie al gol al 90’ di Stefano Calisi (2-2). Pareggio ripreso nel secondo tempo do-po due tutt’altro che irresistibili punizioni

che hanno momentaneamentevanificato il vantaggio ottenutoda un bel colpo di testa di Tom-bolillo al 20’. Si arriva cosi allaquarta giornata di nuovo sottoil sole del Circeo. Un buon pri-mo tempo chiuso sul risultato di1-1 e il rammarico di molte al-tre chiare occasioni da gol falli-te, che non sono bastate perottenere la seconda vittoria ca-salinga. Negli ultimi 20 minuti sitorna sotto di un gol grazie aldiagonale vincente dell’attac-cante del Real Formia.Solo la forza di volontà chesempre contraddistingue que-sta squadra si riesce nuova-mente nei minuti finali ad ag-guantare il solito punto, che ci consente fi-no ad ora di vantare di non aver subitosconfitte. Ciò non basta ad essere primi, ecome accaduto negli ultimi due campiona-ti si é di nuovo a rincorrere qualcuno da-vanti.É solo questione di testa, perché il buon

calcio dimostrato finora sul campo parlachiaro. Bisogna convincersi che serve sem-pre la massima concentrazione, con l’ulti-ma in classifica così come con le squadrepiù forti per ottenere la soddisfazione dellavittoria finale alla quale questa società pun-ta già da due anni. ■

Calcio

È solo questione di testa

A.S.D. A. Circeo Calcio

di Andrea Fortunato

L a compagine dei Giovanissimi, inse-rita nel girone B del CampionatoProvinciale di Latina ha iniziato il suo

percorso con la vittoria in casa contro la Vir-tus Lenola e la sconfitta esterna contro lapiù blasonata Terracina 1925. Siamo moltosoddisfatti di questo inizio anche perché lasquadra rosso-blu è all’esordio nel Cam-pionato Provinciale.Mentre il numero di questo giornale è inuscita, sono sui blocchi di partenza anchei Campionati Esordienti Misti e Pulcini Mi-sti. Dunque un “in bocca al lupo” ai ragaz-zi, con la speranza che possano prendersidelle belle soddisfazioni, visto l’impegnoche stanno mettendo negli allenamenti set-timanali. Questa è la rosa delle squadre: - GIOVANISSIMI PROVINCIALI- portieri: Im-perato F., Danese M. difensori: Akriche H.,Anastasia P., Cesarano L., Cestra D., Lan-zuisi R., Mancini V., Tassini F. centrocampi-sti: Amadio P., De Bellis M., Di Cosimo E.,Federico R., Simonelli M., Vlad G., Zando-nà D. attaccanti: Guadagno F., NedeljkovicF., Singh H., Usini F., Nilo G.- ESORDIENTI MISTI- Singh J., Danese M.,Alla S., Capponi P., D’Antrassi R., Narduc-ci M., Pace F., Rossato C., Russo Y., CestraL., Canichella G., Noce F., Tassini G., Cali-

si E., Petrucci G., Valenti C., Tommasino P.,Kazouz M.- PULCINI MISTI- Coppola T., Lamberti L.,Cavalieri A., Di Prospero L., Agnello F., No-wicki P., Capponi F., Lanzuisi G., Cicconi A.,Marzella K., Mercaldi A., Carvallho M., Ma-stracci V., Onofrio D., Astorino F., LanzuisiP., Valesi G.Ottimo è stato l’inizio dell’avventura in Ter-za Categoria della Nuova Circe, infatti, do-po tre giornate di campionato la squadra al-lenata da Mister Felice Capponi ha pareg-giato la prima per 3-3 (con le reti di Lucci edoppietta di Aufiero) in casa dell’Enea Po-mezia, ancora più significativo è stato que-

sto risultato visto che dopo il primo tempoi padroni di casa erano in vantaggio per 3-0 e avevano un uomo in più.Nella seconda partita giocata al Ballarin, lacompagine rosso-blu batteva per 3-1 unacoriacea Sama Latina, ottima è stata laprova dei ragazzi Sanfeliciani che realizza-vano i gol della vittoria con Liberti e unadoppietta di Danila Sergiu. Anche nella ter-za partita,giocata in casa della S. Nettuno il risultatoè stato 2-1 per la Nuova Circe che, con igol di Casabona e Di Prospero A., sale alprimo posto della classifica insieme alMaenza.Questa è la rosa della Nuova Circe TerzaCategoria portieri: Matano, Catalin.difensori: Mignardi, Di Prospero A., Di Pro-spero S., Colantuono, Guarnieri, Leo, Ce-rasoli. centocampisti: Casabona, Pompili,Della Mura, Danila, Mastracci, Fabbri, Mar-tufi. attaccanti: Aufiero, Di Palma, Lucci, Li-berti, Tosi.Allenatore: Capponi Felice. Dirigenti: Cristi-ni Costantino, Petrucci Pietro.Nel frattempo continuano gli allenamentisettimanali per tutte le diverse categorie,per preparare i prossimi incontri e per por-tare a casa i migliori risultati. ■

Calcio

Tutto è pronto per i campionati Giovanili 2014/2015

ASD Nuova Circe “Simone Rizzato”

di Mario Capponi

Gondos, Capponi, Guarnieri, Mereu, Pizzuti, Severini, Bianchi,Carocci, Pancione, Mancini, Baratta, Rossato (Pres.), D’An-trassi (Dir. gen.), D’Aniello (All.), Deperon, Catania, Noce, Egi-di, E. Calisi, Carnello, S. Calisi, Smith, Sortino, Fortunato

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CENTRO STORICO SAN FELICE CIRCEO - SABAUDIA PAG. 26

Varie - Oroscopo

Oroscopo di Dicembre 2014 Tel. 338 9760253 di AldebaranAriete

dal 21/3 al 20/4

Giove è favorevole per darvimodo di riflettere. Sentite ungrande slancio per esplorare,per viaggiare per motivi di stu-dio o lavoro. Avete una bella li-bertà: sappiate usarla bene.Auguri! (dal 21/3 al 20/4)

Torodal 21/4 al 20/5

Le stelle benefiche vi suggeri-scono di guardare lontano versonuovi orizzonti alla ricerca di pro-getti e programmi di vita nuova elavoro giusto. Mettete in atto quelbisogno di rinnovamento chesentite dentro. Abbiate fiducia eauguri luminosi! (dal 21/4 al 20/5)

Gemellidal 21/5 al 21/6

Mantenete la calma per affron-tare intoppi burocratici. Gioverappresenta anche la legge epotreste rendervi conto deglierrori che avete fatto. Marte vitrasmette energia vitale, mausatela con equilibrio. Risolve-rete tutto: siete intelligenti …Auguri! (dal 21/5 al 21/6)

Cancrodal 22/6 al 22/7

Si avvicinano le feste e voi ama-te la famiglia in modo speciale,quindi datevi da fare per tempoa risolvere impegni di lavoro. Sa-turno richiede risultati dalla vitaprofessionale. L’amore è dolce eleggero e vi scalderà il cuore. Au-guri! (dal 22/6 al 22/7)

Leonedal 23/7 al 22/8

Portate avanti quanti possibili im-pegni di lavoro per godervi le fe-ste con calma e senza stress.Muovetevi liberamente e pensa-te in grande: per voi è molto im-portante. Sono previste emozio-ni e passione in amore. Al restopenserete dopo. (dal 23/7 al 22/8)

Verginedal 23/8 al 22/9

Alcune stelle, poco favorevoli,possono procurarvi tensioni enervosismi e anche malesserifisici di stagione. Venere vi aiu-ta a essere loquaci e poetici ecosì potrete vivere con gioiaquesto periodo di festività. Au-guri! (dal 23/8 al 22/9)

Bilanciadal 23/9 al 22/10

Marte, passionale, favoriscenuovi incontri; espanderà almassimo la vostra energia ve-nusiana e potrebbe nascere unamore intenso. Il settore lavoroanche sarà movimentato:scambi, viaggi e contatti. Au-guri! (dal 23/9 al 22/10)

Scorpionedal 23/10 al 21/11

Saturno e Giove vi hanno aiuta-to nel processo di maturazionee spinto al cambiamento. Ca-podanno sarà illuminato da stel-le che vi invitano all’amore e al-la passionalità. Gli affari vannobene e i sentimenti vi appaga-no. Auguri! (dal 23/10 al 21/11)

Sagittariodal 22/11 al 20/12

Questo periodo sarà animato eveloce. Marte vi rende decisi econvincenti. Se sarete saggi,ascoltate anche gli altri e i loropareri. A Natale Saturno entranel vostro segno: inizierà un ci-clo nuovo che vi preparerà a unrinnovamento. Auguri! (dal22/11 al 20/12)

Capricornodal 21/12 al 19/1

Il lavoro vi prenderà molto tem-po, ma sarà un buon investi-mento. Altre stelle benefiche edenergetiche vi parleranno d’a-more, di famiglia e di armonianegli affetti. Auguri! (dal 21/12al 19/1)

Acquariodal 20/1 al 18/2

Le influenze poco gentili di Gio-ve riguardano le vostre finanze.Ma Saturno vi suggerisce di cer-care un’altra strada: non miratesolo al vostro interesse. Sietepersone dai grandi ideali e il cie-lo vuole che vi battiate per quel-li. Auguri! (dal 20/1 al 18/2)

Pescidal 19/2 al 20/3

La vostra vita ricca di emozionie di sensibilità, ora deve affron-tare il mondo reale, fatto di lot-te, di concretezza e sudore perraggiungere uno spazio nuovo.Non partite con fretta. Dosatel’energia e le idee non manche-ranno. Auguri! (dal 19/2 al 20/3)

C aro Lorenzo,Mentre condivido con lei quanto ha scrit-to su alcuni siti di San Felice Circeo che,

se pur importanti, spesso vengono lasciati nel-l’abbandono, dissento quando, riferendosi aVilla Lepido dice: (cito) “... per oltre ventunosecoli si sono alternate le mire e la cupidigiadi centinaia di generazioni ... “ ecc...

Mi spiego: mio nonno Simone D’Antrassi acquistònegli anni ‘20 dal Barone James Aguet la proprietà “La Vil-

letta”, così è chiamata, dove insisteva anche la Villa Lepido: lo-calità invasa da rovi, finocchiella ed erbacce varie. Il confine arri-vava ai limiti di San Rocco. Dopo la bonifica con fatica vi realiz-zò una grande e stupenda vigna di moscato, rispettando le ve-stigia e le mura della villa. Quindi dette molto lavoro per tanti an-ni a uomini e donne del paese. C’è dell’altro. Per facilitare il ritorno dei contadini dalla campagnaal paese, donò nel 1923 una strada che, dalla località San Roc-co, lungo Via Antica Porta (di oggi) arrivasse più agevolmente alpaese, anche se oggi buona parte di essa non è più come primaperché “massacrata”.In tempo di guerra, poi, mio nonno sfruttò le “grotte” di Villa Le-pido, soprattutto la più grande, come rifugio dei paesani che nonavevano voluto sfollare nei borghi.Anche l’aranceto che si vede, in basso, affacciandosi dal belve-dere di “Vigna la Corte” è stato realizzato da lui. Oggi, non è piùquello di allora.Mio nonno Simone D’Antrassi fu eletto all’unanimità Podestà diSan Felice Circeo, carica che mantenne dagli anni ‘20 al 1945.Non mi pare una cosa da poco.

Come vede un uomo retto, onesto, leale, generoso, integerrimoin tutto. Un grande esempio!Eppure nessuna Amministrazione ha mai sentito il dovere di de-dicargli una strada, cosa che mi renderebbe particolarmente feli-ce.È vero, peraltro che oggi le cose e le persone sono cambiate, ègiusto comunque riconoscere la verità ossia la storia dei luoghicitati nel suo articolo e di chi li ha ben conservati fino ad oggi, conl’auspicio che altri custodiscano in seguito tale patrimonio.Cordialità.

Teresa Palombi D’Antrassi

G entile signoraLa ringrazio per l’attenzione che Lei ri-serva agli articoli del nostro giornale e

per aver raccontato un lembo di storia del no-stro territorio che non tutti conoscono.

Colgo l’occasione per assicurarle che il so-stantivo “cupidigia” non è rivolto a nessuno in

particolare ma, come ho scritto, a centinaia di generazioni e quin-di, tanto meno a Suo nonno del quale non conoscevo la storia chemi piacerebbe approfondire con Lei di fronte ad un buon caffè.Le garantisco che avrei potuto usare tanti sinonimi che certamentenon avrebbero colpito la sua sensibilità, ma avrebbero avuto mi-nor impatto giornalistico.Con cordialità

Lorenzo Fiamma

L’amore di mio nonno per Villa LepidoPubblichiamo una lettera che fa riferimento all’articolo di Lorenzo Fiamma apparso nell’ultimo numero

del Centro Storico (n. 68, p. 14) sulla Villa dei Quattro Venti

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Tempo libero

M arcello (Claudio Bisio) è unopsicanalista che esercitasenza vocazione in uno stu-

dio di Roma. Cinico e svogliato, assiste unamesse di pazienti sull’orlo di una crisi di nervi.Nazareno è un pusher di borgata che soffre diattacchi di panico e ha un figlio in arrivo, Pas-quale ha quarant’anni e una dipendenza dallamadre e dai carboidrati, Vitaliana è una ninfo-mane che vorrebbe realizzare i suoi sogni ero-tici, Betta ed Enrico sono una coppia in debitodi sesso e di passione, Michelangelo ha un problema a gestire la sua rab-bia e il tradimento della moglie con un tedesco. Congedati improvvisa-mente da Marcello, che ha scoperto di soffrire di una rara malattia agliocchi, i suoi pazienti decidono di aprirgli gli occhi sul mondo. A guidarliappassionata c’è Silvia, fedele segretaria di Marcello che lo accompa-gnerà nel suo percorso di rinascita.Da qualche tempo è lui, Massimiliano Bruno, il signore indiscusso dellamonocommedia all’italiana. Attore, autore, commediografo, sceneggia-tore, Bruno è il frontman di un cinema medio che alla maniera della suaattività teatrale ha ambientazione e spirito romanesco. Dopo il successo di “Nessuno mi può giudicare” e “Viva l’Italia” Massi-miliano Bruno realizza una nuova commedia corale con vecchi ingredientie un ensemble di attori condotti neanche a dirlo da Claudio Bisio. Abilea tracciare figure minori e secondarie, anche questa volta Bruno si avva-le di un cast efficace che finisce per disorientare davvero lo psicanalistaBisio. Protagonista della nuova commedia italiana, Claudio Bisio è oscu-rato dai pazienti di Marco Giallini e Rocco Papaleo e dalla segretaria ‘in-tonata’ di Anna Foglietta, volti e corpi codificati nei ruoli e che si vorreb-be invece smarcati da identità attoriali troppo segnate. Confusi e felici,storia di un uomo che impara a vedere diventando cieco, plasma in mo-do diverso l’ovvio e sposta molto poco, risolvendo con soluzioni preve-dibili. La condizione psicologica, richiamata dal titolo e incarnata dagli in-terpreti, rientra molto presto tra gag e sentimentalismi borgatari, ‘imbar-cati’ su autobus e assediati da un product placement sfacciato. Privo dirabbia, se non quella incontrollata del telecronista di Papaleo, e di con-sapevolezza della realtà, Confusi e felici è l’ennesima commedia confor-tante e confortata da momenti svenevoli e musica italiana, qui addirittu-ra incarnata da Daniele Silvestri, Max Gazzè e Niccolò Fabi, in modalitàserenata ed edulcorata sotto il balcone di una periferia fiabesca.

CONFUSI E FELICIdi MASSIMILIANO BRUNO

Il fil

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iù v

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di ALESSIA BRAVO

Il capitone di Natale

– 1 capitone– 3 spicchi d’aglio– 5 foglie di alloro– 1 limone– olio– sale– pepe

Preparazione

Chiedete al negoziante di prepararvi il capitone oppure seguitequeste istruzioni. Spellate il capitone: fate un’incisione intorno alcollo quindi con l’aiuto di un telo da cucina tirate la pelle fino al-la coda, evisceratelo, lavatelo e tagliatelo a pezzi di sei centime-tri, disponeteli in una teglia rotonda da forno. In una ciotola sbat-tete bene il succo di limone con tre cucchiai di olio. Aggiungetegli spicchi d’aglio e le foglie d’alloro sminuzzate, sale e pepe, ver-sate l’emulsione sui pezzi di capitone.Cuocete in forno caldo a 180° per 40 minuti circa. Ritirate, tra-sferite sul piatto da portata e servite.

Avv. Michele Stasi

Nuova legge sul divorzio

C on la pubblicazione della legge 162 sulla gazzetta ufficialedel 10 novembre 2014 è, da oggi, possibile separarsi e di-vorziarsi con modalità differenti rispetto a prima. Il decreto

legge 132\2014 approvato dal Parlamento prevede nuove procedureper le separazioni e i divorzi, spostando le vertenze fuori dalle au-le dei tribunali. In tal modo si alleggerisce il lavoro dei magistrati chetrattano la materia, i quali dovranno e potranno occuparsi dell’ar-retrato civile. La nuova legge sul divorzio offre alle coppie in crisil’opportunità di rivolgersi direttamente a un avvocato oppure a unufficiale di stato civile, per ottenere la separazione o il divorzio, sen-za cioè andare in Tribunale. E’ certamente una procedura più faci-le e molto più semplice: i coniugi possono raggiungere un accordosulle condizioni di separazione, anche in presenza di figli minoren-ni, maggiorenni, con handicap e non economicamente autosuffi-cienti. La separazione consensuale, che è la strada più battuta, inquesto modo riduce i conflitti e può essere addirittura più econo-mica, per esempio i coniugi possono scegliere lo stesso avvocato,il quale, una volta stilata la separazione, prima di inviarla all’ufficia-le di stato civile per la trascrizione nei registri, deve trasmetterla alPubblico Ministero per ottenere il nullaosta. Unico piccolo neo del-la legge è non aver previsto un termine entro cui il Pm deve espri-mersi.

e-mail: [email protected]

ORA LEGALE CITAZIONI UTILI

Ignoranza

Nulla è più terribile di unaignoranza attiva.(Johann Wolfgang Goethe)

Indifferenza

Pe chi vò vive l’anni de Noèciò un segreto sicuro, e te lo do:lo sciroppetto der dottor Me ne …(Giuseppe Gioachino Belli)

Potere

Il potere non si prende, si raccatta.(Charles de Gaulle)

Presunzione

Non ho mai pietà dei presuntuosi,perché penso che portano con séil loro conforto.(George Eliot)

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25 novembre. Anche se in ritardo dovuto a un disguido sul-l’uscita del “Centro Storico”, tutta la famiglia Coppi ha fe-steggiato insieme alla piccola Lara i suoi 11 anni. Affettuo-si doppi auguri.

5 dicembre. Auguri di buon compleanno alla piccolina dellafamiglia Sofia Tassini.

6 dicembre. Tantissimi auguri di buon compleanno ad AnnaSarallo dai suoi uomini.

8 dicembre. Giovanni Cresti compie un anno lontano dai cu-ginetti di Roma che mandano tanti bacetti a lui e al fratelli-no più grande, Alessandro.

8 dicembre. Tanti auguri di buon compleanno al nostro so-cio Manuel Casocavallo da tutta l’Associazione Odissea.

9 dicembre. Un felice compleanno a Jadwiga Szablij! Tantiauguri da Fede e Nico.

12 dicembre. In questo giorno speciale auguriamo alla nostrabella, sorprendente ed affettuosa mamma e moglie, Ales-sia Bravo, di ricevere tutto l’amore che ogni giorno dona anoi. Buon compleanno! Andrea, Flavio e Filippo.

12 dicembre. Buon compleanno ad Alessia Bravo dalla suaamica di sempre … Fede.

13 dicembre. Buon compleanno a Fabrizio Avagliano il piùsexy, sensuale e appagante insegnante di balli di gruppo.Un bacio affettuoso per ringraziarlo di condividere un po’di tempo in allegria sufficiente a mettere in standby i pen-sieri.

13 dicembre. Auguri per il suo compleanno a Francesca Tar-taglia da Elisabetta e Federica!

14 dicembre. Buon compleanno cara Imma da tutto lo staffdi ripa kid!

18 dicembre. Buon compleanno a Maria Tassini, ”la più bel-la che ci sia”. Dalla sorella.

20 dicembre. Tanti auguri di buon compleanno ad AndreaPalumbo da mamma, papà e fratelli.

21 dicembre. Un augurio speciale a Valeria Cestra dai “cu-gini” Mignardi di Fontana Copella.

31 dicembre. Al palato raffinato della famiglia Avagliano,

Gianluca. Tanti auguri di buon compleanno dalla famiglia. 2 gennaio. Tanti auguri di buon compleanno al socio Thomas

De Bellis da tutta l’Associazione Odissea.3 gennaio. Auguri di buon compleanno a Valeria Zito dalla

suocera Adua.8 gennaio. Buon compleanno a zio Raimondo Petrucci da

tutti i suoi nipoti.10 gennaio. Infiniti auguri di buon compleanno a Martina Ti-

modei per i suoi 18 anni dalla famiglia.11 gennaio. Tanti auguri di buon compleanno a Giovanni

Cuomo da nonni, zii e cugini.12 gennaio. A Silvia Gaioppa tantissimi auguri di buon com-

pleanno da nonna Adua.12 gennaio. A Rosalba Rizzardi un augurio danzante da tut-

te le tue amiche salsere!14 gennaio. Auguri per i suoi 16 anni … per la scuola e per

il futuro a Lorenzo Ballerini dalla famiglia.16 gennaio. Buon compleanno a Bakly. Auguri vagliò!16 gennaio. Alla tennista-nuotatrice più’ simpatica e pazza

che mai Michela Bonaldo, un augurio special da Fede e Ni-co.

18 gennaio. Affettuosissimi auguri di buon compleanno aJessica D’Isanto dalla famiglia.

20 gennaio. Il giorno del compleanno è sempre un giornospeciale, anche se sono passati parecchi anni. I ricordi sifanno più lontani e con loro la nostalgia ma poi ci sono lepersone vicine che ci vogliono bene e ci sembra tutto piùcolorato. Oggi queste persone con grande affetto augura-no ad Adua Sorbara un felice compleanno.

21 gennaio. Augurissimi al nostro salsero Bruno Volpato, datutto il gruppo.

28 gennaio. Alla mia speciale zia, commare, amica salsera esoprattutto confidente Anna Rita Capponi tantissimi auguriper un compleanno super. Ti voglio un mondo di bene. Fe-derica

28 gennaio. Affettuosissimi auguri di buon compleanno a Fe-derica D’Isanto dalla famiglia.

Editore: Associazione culturale “Il centro storico” di San Felice Circeo (LT). Corso Vittorio Emanuele, 23. Tel. 328 6110379, fax 06 51985217. E-mail: [email protected] -www.sanfelicecirceo.info - Reg. Trib. di Latina n. 796 del 12/09/2003 - Direttore responsabile: Gloria Gabrielli - Direttore editoriale: Alessandro Cresti. Redazione Alessia Bravo, Salvatore Coccoluto,Francesca Faccini, Valeria Di Marco, Domenico Mignardi, Maurizio Paolini, Sabrina Scapini, Veronica Tecchio - Stampato da CSR, via di Pietralata, 157 - Roma

Compleanni

LaureaA Cassino, il 31 ottobre scorso, presso il Distretto Universitario de “La Sapienza”, si èlaureata in Fisioterapia Sara Pica, con la discussione della Tesi su: “L’astenia nel pa-ziente oncologico anziano - Trattamento con micro vibrazione ripetitiva”. Ha conseguitoil titolo Accademico con il massimo riconoscimento: 110 con Lode. La famiglia, orgo-gliosa, Le augura grandi affermazioni professionali nella strada appena intrapresa, au-gurio al quale si unisce con grande affetto nonno Nino!

Il 21 ottobre scorso è deceduto all’età di 72 anni Pietro Cerasoli.Padre, nonno e marito adorato Pietro nasce al Circeo il 3/12/1941, persona riservata, eclettico, artista e amante del-la vita in ogni sua sfaccettatura, non ha mai smesso di lottare per essa in ogni avversità incontrata.Lascia un enorme vuoto nei cuori dei propri familiari, ma sarà sempre presente, insieme a sua moglie Marisa, per isuoi parenti, per il figlio, la nuora i suoi cari nipoti.“C’è un territorio sconosciuto che solo i poeti sanno esplorare: solo loro hanno la chiave per svelare l’enigma... Pie-tro Cerasoli è certamente un poeta.”

Il 30 agosto scorso, all’età di 101 anni, è morto Silvio Ziarelli, personaggio noto oltre per la sua età anche per la ve-na artistica espressa in una serie di poesie. In queste spesso veniva rappresentato il suo legame con San Felice Cir-ceo attraverso immagini ed espressioni di fantasia, non sempre fluide e di facile lettura, un canto alla natura e alla leg-genda. Tutto comunque pervaso da velata malinconia per la grave vicenda umana sofferta. Un uomo d’altri tempi, cor-retto e leale, che non dimenticava mai di iscriversi puntualmente all’Associazione “Centro Storico”.A me piace ricordarlo elegante cordiale e generoso così come è apparso alla cena offerta per i suoi 100 anni pressoil Ristorante “La Stiva”, attorniato da parenti e amici, seduti a una tavola elegantemente apparecchiata e abbondan-temente imbandita.

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Don Giuseppe Capitanio(1889-1950)

di don Carlo Rinaldi

San Zenone degli EzzeliniL’impronta di Papa SartoLa grande guerra in casaDa cappellano a parroco a MussolenteA Borgo Montenero in terra pontina

Sono trascorsi cento anni dall’inizio della grandeguerra (1914-1918; per l’Italia dal 1915) e la lineadi fondo che caratterizza la vita di don GiuseppeCapitanio è legata indissolubilmente a quella stra-ziante esperienza, a quel gigantesco mattatoio,che fu il conflitto mondiale anche per l’Italia.Don Capitanio visse in prima persona quellaguerra, lui veneto-trevigiano, nato e vissuto sulquel fronte bellico, protagonista in divisa comemilitare e in tonaca come sacerdote, i primi annidi sacerdozio nella diocesi di Treviso.Non è superfluo notare che il ruolo di parroco didon Capitanio, rivestito a Borgo Montenero interra pontina (1938-1950), costituisce l’epilogo fe-condo e coerente di un prete “veneto”, forgiato inuna educazione familiare e sacerdotale, che ainostri giorni può sembrare eroica: una disciplinamorale e sociale, che allora era considerata diesemplare e scontata normalità.La correttezza storico-scientifica, nel tracciare unpur breve profilo biografico di don Giuseppe Ca-pitanio si basa su precisi dati ambientali (la terranatale), documentaristici (gli archivi) e le testimonianze orali, opportunamente vagliateda riscontri oggettivi. Tutto questo allo scopo di non indulgere alle scontate e trite rie-vocazioni agiografico-celebrative postume, che non di rado, anche involontariamente,“sfruttano” l’evento e il personaggio del passato, per una sorta di gratificazioni e ritornipoliticamente appetibili, evitando di fatto - con accenti elogiativi generici di facciata-l’occasione unica per ricostruire e offrire all’opinione pubblica la vita di un protagonistail più possibile esaustiva. E si sa che la ricerca seria esige pazienza, dati certi e circo-stanziati, che permettano di offrire interpretazioni, solo dopo la conoscenza dei fatti.

Allegato al n. 69 del Centro Storico

Don Giuseppe Capitanio

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San Zenone degli Ezzelini nella marca trevigiana

La “piccola patria” di don Giuseppe Capitanio è quella che in tutto il mondo anche oggiè conosciuta, per la sua intelligente imprenditorialità, la marca trevigiana e il paese, chegli diede i natali, il 6 gennaio 1889, è San Zenone degli Ezzelini. È un piccolo centro del-l’alta pianura veneta, che ha di fronte il massiccio del Grappa, fra i solchi vallivi del fiumeBrenta a ovest e del Piave a est: un paese coinvolto direttamente sul fronte che oppo-neva italiani e austriaci nel corso della grande guerra, un paese, ricco di una storia guer-reggiata e feroce, che opponeva nel medioevo guelfi e ghibellini, fra sostenitori delle li-bertà comunali e pretese imperiali.Il 24 agosto del 1260, infatti, (festa di San Bartolomeo Apostolo), la famiglia degli Ezzelinifu sconfitta e annientata fisicamente nell’assedio del loro castello di San Zenone da unalega di città guelfe.Non è superfluo ricordare che il paese natale di don Capitanio, ebbe l’onore di esserecitato espressamente nel “Paradiso” della “Divina Commedia” (c. IX, v.25), proprio inrelazione a quell’assedio del 1260.Dante fa parlare Canizza da Romano col fratello Ezzelino III:“In quella parte della terra prava -/soggetta a ferocia/- Italica, che siede intra Rialto -/Venezia/- e le fontane di Brenta e di Piava si leva un Colle -/San Zenone/- e non surgemolt’alto là onde scese già una facella -/lampo di luce/- che fece alla contrada un grandeassalto”.Fu un fatto cruento, che interessò la grande storia medioevale al tempo dell’imperatore

II

Parrocchia di San Zenone degli Ezzelini

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Federico II, ma che in loco fu vissuta come liberazione dal dispotismo tirannico degliEzzelini. Fiorì così anche la devozione a quel san Bartolomeo apostolo, perché nella fe-sta a lui dedicata (24 agosto di quel 1260), ci fu l’assedio vincente al castello di San Ze-none e la eliminazione degli Ezzelini. E come ringraziamento, sorsero, qua e là nella dio-cesi di Treviso, cappelle devozionali del santo, per ricordare la “libertà riacquistata” (siveda p.138-139 di Papa Pio X…, Einsiedeln 1905, di Angelo MARCHESAN).A San Zenone degli Ezzelini, Francesco e Panazzolo Rosa, i genitori del piccolo Giu-seppe Capitanio (primogenito di due altri fratelli), vivono all’insegna di una sobrietà,frutto del lavoro e delle poche risorse a disposizione: gestivano una piccola osteria conannessi alimentari di prima necessità.Ma in questa famiglia, che cresce in una fede semplice e partecipata nei frequenti ap-puntamenti religiosi, viene a mancare all’inizio del novecento il marito e padre France-sco. Mamma Rosa rimane vedova e deve sobbarcarsi il tutto, a cominciare dai suoi trepiccoli figlioli.Economicamente e socialmente i tempi sono duri, anche se non manca una incipienteindustrializzazione (la catena: foglia del gelso, bachi da seta, filanda).Da tempo, anche in zona, come in tutta l’area trevigiana - a prescindere dai grossiproprietari terrieri, eredi e fruitori delle meravigliose ville venete - si è spezzato l’equi-librio tra una popolazione in forte incremento demografico e le limitate risorse agricole,non più sufficienti a sfamare le famiglie dei cinquantamila piccoli proprietari risultantinei registri catastali del 1878. Sotto nutrizione, pellagra, la crisi agricola degli anni ot-tanta del sec. XIX, creano le condizioniper un flusso migratorio di grandi pro-porzioni: Francia, Brasile, Argentina e inparte le colonie italiane sono, tra il 1890e il 1950, le destinazioni principali diquegli emigranti, spesso dotati di cogni-zioni tecniche e di vivacità imprendito-riali, che porteranno frutti fecondi anchein loco. Lo stesso nipote di don Capita-nio, Liberale (da noi consultato il 1° ot-tobre 2014), ospite dello zio prete aBorgo Montenero dal 1943, poi militare,dopo il 1948, partirà emigrante in Argen-tina.La scheda biografica di Giuseppe Capi-tanio fino al sacerdozio in quel di Treviso(Archivio personale ecclesiastico delladiocesi di Treviso) registra la data del suobattesimo a San Zenone degli Ezzelini il9 gennaio 1889, tre giorni dopo la na-scita; il conferimento della cresima l’11novembre 1898, la vestizione clericale l’8dicembre 1907 e la consacrazione sacer-dotale il 19 luglio 1914 nelle mani del ve-scovo diocesano G.Longhin a Carpendodi Mestre, una località della pianura vi-cino a Castelfranco Veneto. Presumibil-

III

Liberale Capitanio nipote di don Giuseppe

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mente i tre anni delle elementari fatti a San Zenone, ebbero il supporto dei sacerdoti lo-cali (all’inizio del novecento era parroco Gallina), che permisero all’adolescente Giu-seppe di frequentare il ginnasio, il liceo e i corsi teologici nel seminario di Treviso (finoalla IV ginnasiale era spesso utilizzato il collegio di Castelfranco Veneto).

L’impronta di Papa Sarto

Gli anni trascorsi in seminario dal chierico Giuseppe Capitanio, negli anni del primo no-vecento fino al 1914, non possono prescindere dalla eredità morale, ecclesiale e for-mativa del trevigiano Giuseppe Melchiorre Sarto, nato a Riese nel 1835, a pochi chilo-metri a sud di San Zenone, eletto papa col nome di Pio X il 4 agosto 1903.Il Sarto, prima di essere destinato al soglio pontificio, era stato vescovo di Mantovadal 1884 e cardinale patriarca di Venezia dal 1893. Nella sua diocesi di Treviso erastato parroco di campagna e aveva anche ricoperto la carica di vicario generale ca-pitolare e padre spirituale del seminario di Treviso (1879-1884), palesando quegli in-dirizzi di squisita valenza pastorale e di sicura dottrina cattolica, espressi poi nel suopontificato.È una costante culturale, che ebbe a plasmare gli aspiranti al sacerdozio del tempo, im-pegnati soprattutto nella educazione e pratica religiosa dei fedeli, con iniziative di squi-sita valenza sociale nell’assistere il proletariato contadino.La presenza del futuro papa ebbe a influire capillarmente anche nel tessuto pastorale del

clero trevigiano, orgoglioso diaver dato i natali a un figlio dellapropria terra.Come noto, papa Sarto, è inter-pretato da una certa storiografia,come pontefice severo, preve-nuto verso le nuove idee (anti-modernismo) e gli si concedequasi esclusivamente solo il me-rito di un rinnovamento della for-mazione religiosa del clero e deifedeli all’insegna della dottrinasicura e della precettistica, perevitare il contagio delle novitàpericolose.Don Capitanio e i preti della suagenerazione sono gli zelanti ese-cutori di questo clima di condu-zione pastorale con la quasi to-talità dei fedeli assorbiti nei riti enelle pratiche religiose in sinto-nia con il loro sacerdote. Ma nonsi trattava di forzature - come sidirebbe oggi, all’insegna di unaacritica ignoranza.L’attività del prete con i suoi fe-

IV

Papa Sarto - Pio X

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deli era suffragata da iniziative sociali, che lo Stato liberale d’allora non era stato capacedi realizzare.Nelle parrocchie del trevigiano, fra otto e novecento, è un brulicare di “istituzioni catto-liche di ordine sociale ed economico. La banca cattolica di S. Liberale…le numerosecasse rurali, le assicurazioni dei bovini, le società per gli acquisti collettivi, quelle di mu-tuo soccorso per gli operai e per gli agricoltori, le federazioni delle casse rurali e di tuttele associazioni di ordine economico, la sede per gli interessi cattolici, il circolo di studisociali e le unioni rurali, le varie adunanze diocesane e la regionale del 1893; il congressodi musica sacra, tenuto nel 1895 a Cornuda, sono le istituzioni e i fatti, che i cattolicitrevisani suscitarono e compirono…” (si veda il cit. Papa Pio X…, p.225).

La grande guerra in casa

Quando papa Sarto muore il 20 agosto 1914, don Capitanio è già prete dal 19 luglio eil primo conflitto mondiale è già iniziato il 28 luglio dello stesso anno con l’Austria, chedichiara guerra alla Serbia, dopo l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, eredeal trono, il 28 giugno 1914.L’Italia è ancora neutrale e il giovane sacerdote è collocato, come era abitudine allora,nel ruolo di cappellano, in aiuto al parroco di Maserada sul Piave (agosto 1914) e a Mon-tebelluna (ottobre 1914): la figura del cappellano in cura d’anime nelle parrocchie, era,nel Veneto-Friuli di quei tempi fino a pochi decenni fa, il giovane sacerdote (oggi chia-mato vice-parroco), che prestava la sua opera sotto la guida vigile del parroco, il re-sponsabile giurisdizionale di una parrocchia, riconosciuto anche dallo Stato.Ma per il giovane cappellano Capitanio, come per altri giovani sacerdoti, incombe l’in-cubo dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria, dopo lo scontro lacerante fra in-terventisti e neutralisti, protratto fino quasi alla soglia di quel 24 maggio 1915, quandol’Italia entra in guerra contro l’Austria-Ungheria con le truppe italiane che varcano il con-fine orientale in direzionedel fiume Isonzo.E chi conosce un po’ lageografia delle fasi dellagrande guerra, sa chedopo la tragica disfatta diCaporetto (fine ottobre1917), il fronte orientale sispostò sul Piave e nellaprovincia di Treviso (bastipensare al monte Grappae al Montello), siti sacri emartoriati, che don Capi-tanio conosceva moltobene, perché culla deisuoi natali.Il giovane sacerdote, purescluso dal servizio mili-tare, ai primi di maggio del1915, inoltra domanda

V

Il Grappa e il Piave

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come volontario e il 24 maggio “telegraficamente, fu chiamato dal Distretto Militare diTreviso, e assegnato alla Nona Compagnia di Sanità Militare, per circa un mese, ma perpratiche inoltrate dalle Autorità Ecclesiastiche, venne dispensato dal servizio militare emandato mansionario a Castelfranco Veneto…Ebbe l’incarico dall’Intendenza Generaledell’Esercito di Bologna, di fornire di vino da messa a tutti i cappellani -/militari/- delfronte, dagli Altopiani di Asiago a Cava Zuccherina… A Castelfranco Veneto, nel periododella grande guerra, svolse opera particolare di incoraggiamento alla resistenza, pro-spettando ai cittadini la certezza della vittoria e quasi costringendo i coloni a continuareimperterriti le colture agricole dei campi, che essi e non altri (il nemico) ne avrebberocolto i frutti…” (Archivio di Stato di Latina, Prefettura di Latina, Fondo per il Culto, 1913-1982, busta 251: relazione dei carabinieri di Sabaudia del 5 febbraio 1929).

È una evidente testimonianza dell’amor di patria di don Giuseppe

Capitanio e tanti come lui avevano optato per la causa nazionale, malgrado una certae persistente cultura-liberal-massonica, che descriveva il clero italiano come antipa-triottico e disfattista.E il nostro giovane prete percorreva quel settore del fronte, di cui conosceva a menaditoil territorio, sperimentando di persona la dura vita dei soldati e dei cappellani militari.Questa faticosa esperienza era vissuta con gli impegni pastorali di cappellano e dopoil breve intermezzo militare (giugno 1915) lo vediamo alla Pieve di Castelfranco Veneto,a San Liberale (luglio 1915) e come sacerdote mansionario (dicembre 1915), sempre aCastelfranco Veneto.Nel dicembre 1917, sempre in loco, figura come vicario di San Liberale.A Castelfranco Veneto, don Capitanio vive, nelle immediate retrovie del fronte, il dram-matico epilogo, fortunatamente vittorioso ma tragico della grande guerra: il 24 ottobredel 1918 ha inizio la controffensiva italiana sul Grappa e sul Montello. La sera di quelgiorno le truppe italiane riescono a passare il Piave; il 29 le avanguardie della VIII Armata,raggiunta Vittorio Veneto, avanzano nella pianura veneto-friulana.La vittoria ha stremato anche la popolazione civile e i suoi frutti sono l’ecatombe di sol-dati morti, il sacrificio degli affetti familiari e la esplosiva desolazione socio-economicadel dopo guerra.Le sequenze e le conseguenze di quella guerra sono tragicamente presenti nell’apo-stolato del nostro giovane sacerdote. Ed è giusto rimarcare a cent’anni da quel conflittoil ruolo della povera gente, militari o meno.Oggi nessuno ricorda, tranne gli storici, Cadorna o Hindenburg. Gli eroi o meglio i pro-tagonisti della grande guerra sono i nostri nonni.È la grande massa dei corpi sacrificati dalle atrocità della guerra industriale. Sono i feriti,i mutilati, gli esseri rimasti senza volto, talora in senso non metaforico: le gueles cassées,le facce deformate dalle schegge o dalle esplosioni. Raccontare la guerra con gli occhidi chi l’ha vissuta - come don Capitanio - è una discesa agli inferi, una sofferenza cheoggi non riusciamo nemmeno a immaginare: le decimazioni, i fanti diventati folli, le lorocartelle cliniche da incubo. E gli stupri: migliaia di donne nel Friuli e nel Veneto, al di làdel Piave, furono violentate, nell’anno in cui un milione di italiani rimase in balia del-l’esercito asburgico. Nove mesi dopo Caporetto cominciarono a nascere i primi bambini;e non si sapeva dove metterli. Gli orfanotrofi si rifiutavano, perché non erano orfani. Mai maschi di casa non volevano tenere “il piccolo tedesco”. Si dovette aprire un istituto,

VI

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a Portogruaro, per i figlidella guerra. Cinquan-tanove donne convin-sero i mariti a ripren-dere il piccolo: ”Lo alle-veremo come nostro fi-glio”. Centinaia di ma-dri andavano di nasco-sto dagli uomini all’isti-tuto, per nutrire o rive-dere i loro figli, fino aquando il direttore nonscrisse una lettera stra-ziante: ”Non venite più,perché i bambini vo-gliono venire via con lemamme, e noi cosa glidiciamo?” (si veda AldoCazzullo, La guerra di nostri nonni, Mondadori ed., 2014).Il recupero della memoria della grande guerra, cent’anni dopo, è un dovere di gratitudineper la quasi totalità di quei sacerdoti, che erano rimasti in zona di guerra e sotto l’inva-sione nemica con i loro fedeli, unici difensori e angeli tutelari per proteggere la loro gentedalle prevedibili vessazioni. Non è superfluo ricordare che molti amministratori e politicisi erano precipitosamente rifugiati al di qua del Piave. È un dovere anche verso donGiuseppe Capitanio, che palesò coraggio e abnegazione in terra pontina pochi decennidopo nel tentativo di salvare innocenti dalle barbarie della guerra.

Da cappellano a parroco a Mussolente

Tutto stava cambiando in un quadro socio-politico completamente rimescolato. L’irru-zione, sul panorama politico anche locale, dei cattolici di don Sturzo (il partito popolare)imprime consapevolezza civica alle popolazioni delle campagne, ma il malcontento perla “vittoria mutilata” decreta l’eclissi dei governi liberali e l’ascesa di un personaggio, Mus-solini. Nessuno immaginava quanto veloce e irresistibile sarebbe stata questa ascesa.La quasi totalità del clero trevigiano, specie quello giovane, si era appassionatamenteattivata per organizzare i fedeli nel nuovo partito popolare di don Sturzo, di obbedienzacattolica e di marcata sensibilità sociale.Anche don Capitanio operò in questa direzione nei suoi successivi incarichi pastorali,che lo vedono nel maggio 1919 sacrista-tesoriere del duomo di Treviso, nell’ottobre-novembre 1919 cappellano interinale a Mirano, nel novembre 1919 ancora cappel-lano-tesoriere del duomo di Treviso e nel giugno del 1920 cappellano di Zero Biancoa nord di Mestre.In quest’ultima località, don Capitanio aveva sicuramente conosciuto i protagonisti e inparticolare quelle minorenni di quel maggio 1917, quando ci fu una clamorosa protestacontro la guerra: ”…un migliaio di donne, ragazze e ragazzi in uscita da una chiesa cer-carono di penetrare in un locale, dove si stava svolgendo una manifestazione patriottica,per dire la loro. Essendo stato impedito l’accesso, scatenarono una violenta manifesta-

VII

Difesa italiana sul Piave - giugno 1918

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zione contro la guerra protrattasi fino a sera. Delle 24 denunziate per l’episodio, 7 eranominorenni che nel corso degli interrogatori rilasciarono dichiarazioni molto precise econsapevoli come questa: ’Avendo inteso che gli oratori dicevano necessaria la guerra,ho gridato che ciò non era vero’. Oppure: ’Io non ho fatto di gridare senza conoscernela ragione: ho il papà in guerra e la mamma ammalata’ “(dalle carte processuali, raccolteda B. Bianchi, Crescere in tempo di guerra e la protesta dei ragazzi in Italia, 1915-1918,Cafoscarina, Venezia 1995, p.93).Nell’agosto 1921 è cappellano di Galliera Veneta, località che si vantava di aver ospitatopochi decenni prima un predicatore improvvisato e brillante, il futuro papa Sarto e diaver ospitato la munifica imperatrice asburgica Maria Anna Pia (si veda p.116 e 181 delcit. Pio X…).A testimoniare l’adesione convinta e operosa di don Capitanio nell’ambito del partitopopolare è il nipote stesso del sacerdote, quando fu ospite dello zio a Borgo Montenerodal 30 marzo del 1943.Don Giuseppe gli mostrò furtivo e orgoglioso una serie di distintivi, pergamene, attestatie programmi del partito popolare di don Sturzo del periodo che precedette il fascismonella sua attività di sacerdote della diocesi di Treviso: lui conservava quella documen-tazione con la gelosia e il ricordo di un periodo fecondo e irripetibile per la sua gente(testimonianza orale di Liberale Capitanio).Ma l’evoluzione storico-politica italiana del tempo registra i colpi inferti da un fascismosempre più abile a giocare il doppio ruolo di partito di governo, difensore dell’autoritàdello Stato e di movimento insurrezionale, capace con le proprie squadre di imposses-sarsi di intere città e paesi e quindi del potere sul Paese.E in quel 1922 di disorientamento e di paura, vediamo a maggio la nomina di don Ca-pitanio ad arciprete di Mussolente, poco a est di Bassano del Grappa. Il citato rap-porto dei carabinieri afferma che don Capitanio “svolse opera saggia e illuminata diministro sacerdotale, fiancheggiante entusiasticamente le iniziative e le opere del Re-gime”.

VIII

Mussolente

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L’opera di normalizzazione della dittatura ottiene i suoi scopi e coinvolge la quasi totalitàdel clero, specie dopo la regolarizzazione dei rapporti Chiesa-Stato in Italia, conosciutacome la Conciliazione (11 febbraio 1929).Don Capitanio si adegua e ai partiti democratici viene preclusa l’esistenza e la libertà.La responsabilità parrocchiale di Mussolente dura più di 16 anni, in una comunità di-stribuita nella parte più antica sulla collina e in quella del piano (frazione di Casoni), chegià all’inizio del novecento si era segnalata per il suo fervore di iniziative in ogni campodell’artigianato. La bufera del primo conflitto mondiale aveva sfiorato il suo territorio,causando miseria ed emigrazione e in loco erano rimaste le piste di un aeroporto militareitaliano.L’attività pastorale è tipica di quel periodo, col parroco vero e unico propulsore di ap-puntamenti religiosi e formativi, calati nelle variegate associazioni e circoli cattolici; lapolitica era lontana e ignorata e si diffondeva tra la la gente semplice, con la sapienteregia di un roboante patriottismo. A metà degli anni trenta, don Capitanio si era dato dafare per costruire la chiesa del piano.

A Borgo Montenero in terra pontina

Il 1938 è un anno decisivo per don Giuseppe Capitanio alla soglia dei cinquant’anni dietà.Si fa strada la richiesta in Curia a Treviso di un sacerdote veneto, che venga in terrapontina a fare il parroco in un centro appena sorto dalla bonifica e brulicante di coloni,lì immigrati dal Veneto: nella nuovissima parrocchia di San Francesco d’Assisi a BorgoMontenero, frazione del comune di San Felice Circeo, nella neonata provincia di Littoriadove le prime sei famiglie, provenienti “direttamente dai loro paesi di origine, pionieridella nuova generazione”, si insediarono a Borgo Montenero il 27 ottobre 1934 (si vedaa p. 18 di Borgo Montenero 50°…, Cori 1985).Il primo novembre 1935, Pio Leonardo Navarra, vescovo di Terracina, firma due fon-damentali documenti per la storia religiosa di Borgo Montenero. Col primo si erigevacanonicamente la parrocchia dedicata a San Francesco d’Assisi, nominando par-roco don Stefano Ricci. Il secondo è rivolto all’on. Guido Buffarini, ministro sottose-gretario di Stato per gli Interni, per la richiesta del riconoscimento civile della par-rocchia. Qui il vescovo Navarra abilmente inneggia alla bonifica, per esprimere poil’esigenza reale, che gli stava a cuore: ”La grandiosa opera di bonifica, compiutadal Regime, ha richiamato nell’agro pontino una moltitudine di lavoratori, i quali si-stemati nelle case coloniche sparse in tutta quella terra, che fu un giorno la paludepontina, e in varie borgate dai gloriosi nomi delle località di guerra, attendono ai la-vori agricoli.“Ma questi buoni coloni che, per recarsi nell’agro hanno lasciato il proprio paese e la propriachiesa parrocchiale, si trovano in grandi angustie per non poter adempiere ai doveri religiosie provvedere alla cristiana educazione dei bambini. Chiedono perciò con insistenza… -/un/…sacerdote. L’Opera Nazionale Combattenti…in alcuni centri più popolosi ha erettedelle chiese con annessa casa canonica. Una di queste borgate va sotto il nome diMontenero. E noi per adempiere un nostro dovere pastorale abbiamo eretta, in dettoborgo, canonicamente la parrocchia…nominandovi nello stesso tempo il primo parroco(che come s’è visto non è ancora don Giuseppe Capitanio).

IX

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“Mi premuro di accludere la relativa Bolla di erezione e mi pregio fare istanza alla E.V.perché si compiaccia dare alla medesima il necessario riconoscimento…” (si veda: Ar-chivio di Stato di Latina…, citata busta 251).Si mobilitano anche i neo-parrocchiani, provenienti dal nord-est con una petizione del28 agosto 1936, al Ministero dell’Interno:“I sottoscritti, in rappresentanza della popolazione di Borgo Montenero nell’Agro Pon-tino, si permettono di pregare umilmente S.E.V. di voler riconoscere la Parrocchia di SanFrancesco in detto Borgo, già eretta con Bolla del Vescovo di Terracina. Si tratta di unapopolazione di circa 2.500 anime, che non può più rimanere senza una continua assi-stenza spirituale…” (seguono 199 firme – ci veda cit. busta 251).Il riconoscimento agli effetti civili si ha col decreto del 16 settembre 1937 da San Ros-sore, firmato da re Vittorio Emanuele III e certificato da Mussolini.E finalmente entra in scena, con nomina del vescovo di Terracina, Pio Leonardo Navarra,don Giuseppe Capitanio: ” Con la presente nominiamo il Rev.mo Don Giuseppe Capi-tanio fu Francesco e fu Panazzolo Rosa, di 49 anni, nativo di San Zenone degli Ezzelini(Treviso), parroco della Parrocchia nuovamente eretta in Borgo Monte Nero sotto il titolodi San Francesco d’Assisi, conferendogli tutte le facoltà necessarie per il Santo Mini-stero Parrocchiale con tutti i doveri e diritti che tale nomina comporta.“Dato a Terracina dalla Nostra residenza episcopale il giorno primo del mese di ottobre1938…” (cit. busta 251). Giuridicamente e di fatto don Giuseppe Capitanio sarà il primo parroco di Borgo Mon-tenero, anche se formalmente e nominalmente don Stefano Ricci figura come il primo(vedi decreto vescovile del 1° novembre 1935).

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Parrocchia di Borgo Montenero

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Decreto di erezione canonica della Parrocchia di S. Francesco di Assisi in Borgo Montenero da partedel Vescovo di Terracina Mons. Pio Leonardo Navarra - 1 novembre 1935

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XII

Petizione di coloni di Borgo Montenero al Ministro dell’Interno per il riconoscimento civile della Parrocchiadi Borgo Montenero – 28 agosto 1936

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XIII

Copia conforme del Regio Decreto per il riconoscimento agli effetti civili della Parrocchia di S. France-sco di Assisi in Borgo Montenero – 16 settembre 1937

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XIV

Il vescovo di Terracina nomina don Giuseppe Capitanio Parroco di S. Francesco di Assisi in Borgo Mon-tenero – 1 settembre 1938

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Don Capitanio è a Borgo Montenero il 7 novembre 1938; il 27 dello stesso mese rientraa San Zenone degli Ezzelini per la malattia di un fratello e si avverte a Borgo Montenerouna certa preoccupazione per questa assenza (si veda rapporto dei carabinieri di Sa-baudia al prefetto di Littoria del 29 gennaio 1939 nella cit. busta 251). Ma tutto si risolveper il meglio, quando don Capitanio ritorna definitivamente al borgo il 4 febbraio 1939.Nuova terra, nuova gente, nuovo parroco: stava iniziando anche per Borgo Montenerol’epopea dei pionieri nel dare vita e impulso al proprio futuro. E non si trattava certo diretorica millantata, quando è sufficiente inchinarsi alla muta, serena, diuturna fatica deicampi di quei coloni.Don Capitanio imposta organicamente in loco una conduzione pastorale, sperimentatain Veneto in una sorta di continuità naturale, data la presenza lì immigrata del ceppoprevalentemente veneto e friulano.Il veneto-friulano proveniva da una cultura di partecipazione, sentiva l’humus religiosocome qualcosa da coltivare, da esprimere col suo sacerdote. E giunto in terra pontinabonificata, senza la presenza stabile di un pastore, si sentiva isolato e disorientato.Nell’anno che precede la seconda guerra mondiale, don Capitanio si presta a proteggerela gente indifesa, come di quel colono, privato ingiustamente della sua casa e terra. Ilsacerdote prende carta e penna e rivolgendosi direttamente al re ottiene giustizia. Inquella petizione al sovrano (24 gennaio 1940), don Capitanio con un certo orgoglio sifirmerà come “primo parroco dei Borghi dell’Agro Pontino” (si veda p.30 del citato BorgoMontenero 50°…).L’azione pastorale di don Capitanio non è scevra da critiche, come si addice a ogni parroco,che ha il coraggio di seguire una sua linea e che non si accontenta solo di piacere a unaopinione pubblica generica e petulante, che parla di tutto e non sa niente e il parroco diBorgo Montenero d’allora ebbe a soffrire per iniziative mistico-religiose, di cui, lui personasemplice e trasparente, non poteva avallare l’ope-rato. La solitudine del prete, che sceglie in toto lasua missione, non è quella sentimentale, ma èquella spesso della incomprensione, di chi gli staattorno e che si vanta all’insegna del “se io avessi,se io fossi”, ben sapendo che il prete, che si ri-spetti, sa soffrire in silenzio e che la storia non è ilprurito del momento o l’arroganza dei saputelli.Ma la guerra è di nuovo alle porte col suo fardellodi sacrifici e di vittime e la vita operosa del borgoviene traumaticamente stravolta, con i suoi figlipiù giovani requisiti sui vari fronti del conflitto.La disastrosa evoluzione della guerra sanciscela caduta del fascismo; c’è l’equivoco dell’armi-stizio dell’8 settembre 1943, che illude sulla finedelle ostilità. Don Capitanio farà suonare a festale campane (testimonianza cit. del nipote Libe-rale). Inizia invece un’altra guerra, con gli Alleatiche salgono la penisola e i tedeschi, che cercanodi arginare l’avanzata.È un periodo tragico anche per l’agro pontino, cheva dall’autunno del 1943 a fine maggio del 1944e che registra il fatto tristemente noto e doloroso

XV

Don Capitanio con la madre Rosa Panazzolo

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della fucilazione a Borgo Montenero di cinque persone innocenti, fucilate in una rappre-saglia tedesca (4 maggio 1944): coraggioso mediatore di pietà e di salvezza è proprio donCapitanio, che non esita a mettere a repentaglio la propria vita (su questo fatto c’è il rap-porto redatto da don Capitanio, conservato nell’archivio vescovile di Terracina).L’occupazione tedesca in loco con le sue intimidazioni e restrizioni sulla povera gente, hail riscontro dell’incubo dei mitragliamenti degli aerei alleati: ”Un giorno…-racconta il nipoteLiberale -, in uno di questi mitragliamenti fu colpita la signora Maria, moglie del signor GinoFavero (successe nel loro podere, che era sulla via Mediana Vecchia, quasi di fronte alla fa-miglia Pelizzo). Mio zio, avvisato del fatto, corse subito a soccorrerla, ma purtroppo il giornodopo morì. Borgo Montenero era ancora privo del cimitero (fino allora i defunti dovevanoessere trasportati nel cimitero esistente, su, a San Felice Circeo). Lo zio disse alla famiglia,prevedendo il domani: ’Io so come si faceva in casi simili nella grande guerra: avremo anchenoi il cimitero!’. Ottenuto il consenso dei familiari, corse dal signor Tomiato, prospettandoglidi concedere un pezzo di terreno per la sepoltura, che acconsentì. Così si continuò a sep-pellire quelli che seguirono in detto terreno. L’allora podestà (mi pare si chiamasse D’An-trassi), saputo del fatto, minacciò e prospettò sanzioni, verso mio zio, che, a dire il vero, sene rideva di ciò…” (testimonianza scritta di Liberale Capitanio, settembre 2014).Poi nulla di non conosciuto su un sacerdote, in continua attività su quella bicicletta, chelo vedeva pedalare in lungo e in largo la sua vasta parrocchia, accompagnato talvoltadal giovane nipote Liberale, sulle spalle del quale don Giuseppe si aggrappava per es-sere trainato e prendere un po’ di fiato.Tutti sono a conoscenza della sua cura pastorale, delle associazioni a cominciare dall’AzioneCattolica, dell’istituzione della Scuola Materna, della filodrammatica e di quella Cooperativadi Consumo, per la cui istituzione si era consultato personalmente a Monterotondo sul Gar-gano, con Padre Pio. Il futuro santo non si pronunciò né per il sì, né per il no.Don Capitanio era un gran risparmiatore, non sopportava che i suoi parrocchiani be-stemmiassero il buon Dio, cosa abusata nel turpiloquio di matrice veneto-friulana e,

nell’ambito delle sue prerogative, cercava di preservarela sua parrocchia dalla “contaminazione” da ideologiematerialiste, che negavano Dio.Era un prete zelante e sincero, integralmente dedito allacrescita socio-religiosa della sua gente.È rimasto emblematico il suo salutare la gente perstrada, tipico di una “soavità” tutta veneta: quando in-contrava qualcuno prima lo chiamava col suo nome, cuiseguiva immediatamente l’aggettivo benedicente di “be-nedetto”.Don Giuseppe era una persona semplice, spesso inge-nua, che per questo non di rado era preda dei cosiddetti“furbi”. Ma a lui interessavano fino a un certo punto lemalizie umane. Non gli importava neppure l’integritàdella sua salute fisica, sempre più compromessa e, coe-rente con il suo stile di vita, aspettava “sorella morte”,predisponendo sotto il suo letto, quella bara, che lo ac-colse, quando morì il 21 marzo 1950.Era impensabile in quei tempi, “vaticinare” che la cosid-detta globalizzazione potesse fagocitare e snaturare lasobria, laboriosa, serena civiltà contadina anche locale.

XVI

Cimitero di Borgo Montenero.Tomba di don Giuseppe Capitanio