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ASSOCIAZIONE CULTURALE “IL CENTRO STORICOBIMESTRALE GRATUITO - ANNO 5 N. 22 - GENNAIO-FEBBRAIO 2007 I I g i o r n o 1 5 n o v e m b r e 1 9 5 0 , l e s u o r e C a l a s a n z i a n e d e l l I s t i t u t o C e l e s t i n o Z i n i i n R o m a ( M o n - t e m a r i o - V i a T r i o n f a l e 1 9 3 ) , c h i a m a - r o n o i b a m b i n i : C a r l o A r l i , M a r i o F e b - b i , E t t o r e P e t t i r o s s i e A m e r i g o P a n - d o l f i , t u t t i d i d o d i c i a n n i , e l i a f f i d a - r o n o a d u n f r a t e . Salutammo i nostri compagni e sa- limmo sul cassone del camion se- dendo sulle panche di legno. Il frate disse che ci avrebbe portato in un nuovo istituto, appena fondato, vici- no al mare. Noi saremmo stati i fon- datori di quest’opera e, un giorno, saremmo usciti con un buon mestie- re in mano. Il camion si lasciò rapi- damente l’Istituto di Roma alle spal- le e, dopo aver attraversato la città, imboccò la via Pon- tina immergendosi nella campagna da poco bonificata. Ci guardavamo in faccia senza parlare. Pensavamo agli anni belli trascorsi al collegio, a ciò che ci attendeva, mentre osservavamo le abitazioni tutte uguali, basse, di colore giallognolo e con grandi scritte sui muri “Vin- cere e vinceremo” oppure: “E’ l’aratro che traccia il sol- co, è la spada che lo difende” e tante altre che oggi so inneggianti al regime fascista. Sulla facciata di ogni casa campeggiava la sigla dell’ente che le aveva costruite: O. N. C., Opera Nazionale Com- battenti. Tante mucche maremmane o di razza olande- se e cavalli pascolavano nei campi sotto il tiepido sole autunnale. Tanti terreni erano arati ed altri tenuti a pa- scolo da coloni provenienti dall’Italia Settentrionale, dal Veneto e dal Friuli. I centri abitati avevano nomi di monti e fiumi del Nord Italia come Borgo Hermada, borgo Montello, borgo Mon- tenero, borgo Piave, borgo Isonzo, borgo Grappa ed al- tri. Erano tutti uguali con al centro la chiesa, una piaz- za e la Casa del Fascio con un balcone da cui i gerar- chi del regime, in visita al paese, tenevano i loro dis- corsi alla popolazione. Dopo circa due ore di viaggio, il camion lasciò la stra- da provinciale per imboccare un brutto viale acciottola- to dal fondo sconnesso, e si fermò in un piazzale. Scendemmo dal mezzo ed il frate, che aveva viaggiato in cabina con l’autista, si avvicinò a noi dicendo di chia- marsi padre Ovidio Serafini, dell’ordine di S. Maria del- la Mercede che S. Pietro Nolasco aveva fondato in Spa- gna per riscattare i cristiani ridotti in schiavitù dai sara- ceni. Noi ce ne stavamo in disparte, uno vicino all’altro co- me pulcini infreddoliti e spaventati con i nostri panta- loncini corti ed un maglioncino che poco riparava dal freddo. Ad un tratto ci venne incontro una signora an- ziana dal portamento signorile e delicato, capelli bian- chissimi ed un sorriso affabile, la contessa Beatrice Tros- si, vedova di un ammiraglio. Si avvicinarono altre due signore: la signorina Fides Mura e la signorina Clotilde che aveva un cagnolino, chiamato Fliry. In uno stanzone, accanto ad una grossa cucina, man- giammo un pasto frugale e dopo, nel locale sovrastan- te il fabbricato centrale, ci indicarono delle brandine di tela di tipo militare con pagliericci di crine e una coperta a testa. Non ci spogliammo neppure per il freddo e ci coricam- mo vestiti. Eravamo terrorizzati. Le suore ci avevano detto che andavamo ad inaugurare come primi ospiti un nuovo collegio, ma questo era l’inferno. II mattino successivo di buon’ora raggiungemmo i ba- gni, molto malridotti, che erano attigui alla camerata. L’acqua era fredda gelata. Uno straccio serviva per asciugarci. Poi, scesi in cortile, girammo tra le varie co- struzioni che costituivano l’agglomerato di quello che una volta era un centro agricolo ed ora doveva diven- tare centro di accoglienza per bambini abbandonati o con problemi familiari. N o i c i c r e d i a m o È giunta l’ora di un totale coraggioso cambiamento e le prossime elezioni amministrative offrono una grande opportunità in tal senso. Noi dell’Associazione Culturale “Il Centro Sto- rico” ci crediamo e intendiamo sostenere chiunque, credendoci come noi, voglia proporsi per una trasformazione radicale della situazione attuale, che, già da molti anni, ha caratterizzato l’andazzo do- minante a San Felice Circeo. Per lo più si è mantenu- to, se non peggiorato, lo “statu quo” a tutti i livelli, urbanistico, paesaggistico, turistico, agricolo, com- merciale, per non turbare gli interessi di categorie e cittadini preoccupati più del proprio tornaconto che del bene comune e dello sviluppo del Paese. Quando si scende in campo per una campagna elet- torale, tutti i candidati, a qualunque area politica ap- partengano, vogliono e promettono interventi e rifor- me con un lunghissimo elenco. L’elenco è sì lunghissimo, ma nessuno mai chiarisce quale tipo di riforma voglia e quale preciso program- ma intenda concretizzare. Tutti vogliono e prometto- no rinnovazione, cambiamento e trasformazione, ma non si vede mai uno che lo faccia poi realmente. Il politico esercita in tal modo l’arte del possibile, usando parole di apertura e disponibilità in ogni di- rezione allo scopo di acquisire consensi numerosi. Il consenso, si sa, si può perdere se si somministra una medicina amara ma necessaria per curare una ma- lattia grave e si spera di riconquistarlo quando ci sa- rà la guarigione. Riteniamo di conoscere e poter proporre ottimi “me- dici” in grado di somministrare la terapia più giusta al malato territorio del Circeo e sappiamo anche che que- sta terapia potrà sembrare una medicina amara, diffi- cile da mandare giù. Siamo però altrettanto sicuri che questi stessi medici sono così bravi da ottenere cer- tamente la guarigione del territorio, facendo dimenti- care o meglio apprezzare la terapia imposta. Tutto questo è possibile solo se l’”ammalato” non si dimostri, attraverso i suoi attuali amministratori, così affezionato alla sua malattia con la quale sembra con- vivere benissimo, tanto da rifiutare medicine e medi- ci. A San Felice Circeo questo rischio c’è. I cittadini hanno spesso dimostrato di non avere al- cuna voglia di guarire i mali della loro terra, non ama- no le medicine, cioè le regole in generale, preferi- scono arrangiarsi da soli, curarsi da soli e, semmai da- re la colpa ai “medici” (Amministratori) se le condi- zioni della malattia peggiorano. Villaggio della Mercede Quattro piccoli “pionieri” Un’esperienza dura, ma educativa La racconta Carlo Arli T e r r i t o r i o L’Agenda 21 per lo sviluppo sostenibile locale di Saverio Zanni a p a g . 5 P o l i t i c a Ce le hanno scramacciate di Maurizio Paolini a p a g . 3 VUOTI DI MEMORIA continua a pag. 6 C ENTR O S T ORICO SAN FELICE CIRCEO T r a d i z i o n i Il Carnevale al Circeo di Tommaso Lanzuisi a p a g . 1 1 I l F a t t o La carta vince, la carta perde... di E. Dantes a p a g . 7 L a s c u o l a Giovani Poeti e Scrittori si cimentano p a g . 8 - 9 Nos numerus sumus Noi (benché pochi) siamo folla Editore: Associazione culturale “Il centro storico” di San Felice Circeo (LT). Corso Vittorio Emanuele, 23. Tel. 333 1904459, fax 06 51985217. E-mail: [email protected] - Reg. Trib. di Latina n. 796 del 12/09/2003 - Direttore responsabile: Gloria Gabrielli - Direttore editoriale: Alessandro Cresti . Redazione Carlo Gallone, Stefano Pagliaroli, Tommaso Di Prospero, Maurizio Paolini, Alessia Bravo - Stampato da CSR, via di Pietralata, Roma continua a pag.2 1951 - I quattro ragazzi con pala e piccone puliscono un campo E d i t o r i a l e di ALESSANDRO CRESTI

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ASSOCIAZIONE CULTURALE “IL CENTRO STORICO” BIMESTRALE GRATUITO - ANNO 5 N. 22 - GENNAIO-FEBBRAIO 2007

II giorno 15 novembre 1950, lesuore Calasanziane dell’Istituto“Celestino Zini” in Roma (Mon-

temario - Via Trionfale 193), chiama-rono i bambini: Carlo Arli, Mario Feb-bi, Ettore Pettirossi e Amerigo Pan-dolfi, tutti di dodici anni, e li affida-rono ad un frate.Salutammo i nostri compagni e sa-limmo sul cassone del camion se-dendo sulle panche di legno. Il fratedisse che ci avrebbe portato in unnuovo istituto, appena fondato, vici-no al mare. Noi saremmo stati i fon-datori di quest’opera e, un giorno,saremmo usciti con un buon mestie-re in mano. Il camion si lasciò rapi-damente l’Istituto di Roma alle spal-le e, dopo aver attraversato la città, imboccò la via Pon-tina immergendosi nella campagna da poco bonificata.Ci guardavamo in faccia senza parlare. Pensavamo aglianni belli trascorsi al collegio, a ciò che ci attendeva,mentre osservavamo le abitazioni tutte uguali, basse,di colore giallognolo e con grandi scritte sui muri “Vin-cere e vinceremo” oppure: “E’ l’aratro che traccia il sol-co, è la spada che lo difende” e tante altre che oggi soinneggianti al regime fascista. Sulla facciata di ogni casa campeggiava la sigla dell’enteche le aveva costruite: O. N. C., Opera Nazionale Com-battenti. Tante mucche maremmane o di razza olande-se e cavalli pascolavano nei campi sotto il tiepido soleautunnale. Tanti terreni erano arati ed altri tenuti a pa-scolo da coloni provenienti dall’Italia Settentrionale, dalVeneto e dal Friuli.I centri abitati avevano nomi di monti e fiumi del NordItalia come Borgo Hermada, borgo Montello, borgo Mon-tenero, borgo Piave, borgo Isonzo, borgo Grappa ed al-tri. Erano tutti uguali con al centro la chiesa, una piaz-za e la Casa del Fascio con un balcone da cui i gerar-chi del regime, in visita al paese, tenevano i loro dis-corsi alla popolazione.Dopo circa due ore di viaggio, il camion lasciò la stra-da provinciale per imboccare un brutto viale acciottola-to dal fondo sconnesso, e si fermò in un piazzale.Scendemmo dal mezzo ed il frate, che aveva viaggiatoin cabina con l’autista, si avvicinò a noi dicendo di chia-marsi padre Ovidio Serafini, dell’ordine di S. Maria del-la Mercede che S. Pietro Nolasco aveva fondato in Spa-

gna per riscattare i cristiani ridotti in schiavitù dai sara-ceni.Noi ce ne stavamo in disparte, uno vicino all’altro co-me pulcini infreddoliti e spaventati con i nostri panta-loncini corti ed un maglioncino che poco riparava dalfreddo. Ad un tratto ci venne incontro una signora an-ziana dal portamento signorile e delicato, capelli bian-chissimi ed un sorriso affabile, la contessa Beatrice Tros-si, vedova di un ammiraglio. Si avvicinarono altre duesignore: la signorina Fides Mura e la signorina Clotildeche aveva un cagnolino, chiamato Fliry.In uno stanzone, accanto ad una grossa cucina, man-giammo un pasto frugale e dopo, nel locale sovrastan-te il fabbricato centrale, ci indicarono delle brandine ditela di tipo militare con pagliericci di crine e una copertaa testa.Non ci spogliammo neppure per il freddo e ci coricam-mo vestiti. Eravamo terrorizzati. Le suore ci avevanodetto che andavamo ad inaugurare come primi ospiti unnuovo collegio, ma questo era l’inferno.II mattino successivo di buon’ora raggiungemmo i ba-gni, molto malridotti, che erano attigui alla camerata.L’acqua era fredda gelata. Uno straccio serviva perasciugarci. Poi, scesi in cortile, girammo tra le varie co-struzioni che costituivano l’agglomerato di quello cheuna volta era un centro agricolo ed ora doveva diven-tare centro di accoglienza per bambini abbandonati ocon problemi familiari.

Noi ci crediamo

Ègiunta l’ora di un totale coraggiosocambiamento e le prossime elezioniamministrative offrono una grande

opportunità in tal senso.Noi dell’Associazione Culturale “Il Centro Sto-rico” ci crediamo e intendiamo sostenere

chiunque, credendoci come noi, voglia proporsi peruna trasformazione radicale della situazione attuale,che, già da molti anni, ha caratterizzato l’andazzo do-minante a San Felice Circeo. Per lo più si è mantenu-to, se non peggiorato, lo “statu quo” a tutti i livelli,urbanistico, paesaggistico, turistico, agricolo, com-merciale, per non turbare gli interessi di categorie ecittadini preoccupati più del proprio tornaconto che delbene comune e dello sviluppo del Paese.Quando si scende in campo per una campagna elet-torale, tutti i candidati, a qualunque area politica ap-partengano, vogliono e promettono interventi e rifor-me con un lunghissimo elenco.L’elenco è sì lunghissimo, ma nessuno mai chiariscequale tipo di riforma voglia e quale preciso program-ma intenda concretizzare. Tutti vogliono e prometto-no rinnovazione, cambiamento e trasformazione, manon si vede mai uno che lo faccia poi realmente.Il politico esercita in tal modo l’arte del possibile,usando parole di apertura e disponibilità in ogni di-rezione allo scopo di acquisire consensi numerosi.Il consenso, si sa, si può perdere se si somministrauna medicina amara ma necessaria per curare una ma-lattia grave e si spera di riconquistarlo quando ci sa-rà la guarigione.Riteniamo di conoscere e poter proporre ottimi “me-dici” in grado di somministrare la terapia più giusta almalato territorio del Circeo e sappiamo anche che que-sta terapia potrà sembrare una medicina amara, diffi-cile da mandare giù. Siamo però altrettanto sicuri chequesti stessi medici sono così bravi da ottenere cer-tamente la guarigione del territorio, facendo dimenti-care o meglio apprezzare la terapia imposta.Tutto questo è possibile solo se l’”ammalato” non sidimostri, attraverso i suoi attuali amministratori, cosìaffezionato alla sua malattia con la quale sembra con-vivere benissimo, tanto da rifiutare medicine e medi-ci.A San Felice Circeo questo rischio c’è.I cittadini hanno spesso dimostrato di non avere al-cuna voglia di guarire i mali della loro terra, non ama-no le medicine, cioè le regole in generale, preferi-scono arrangiarsi da soli, curarsi da soli e, semmai da-re la colpa ai “medici” (Amministratori) se le condi-zioni della malattia peggiorano.

Villaggio della Mercede

Quattro piccoli “pionieri”Un’esperienza dura, ma educativaLa racconta Carlo Arli

TerritorioL’Agenda 21 per losviluppo sostenibile localedi Saverio Zanni

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PoliticaCe le hannoscramacciatedi Maurizio Paolini

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VUOTI DI MEMORIA

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CENTRO STORICOSAN FELICE CIRCEO

TradizioniIl Carnevaleal Circeodi Tommaso Lanzuisi

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Il FattoLa carta vince,la carta perde...di E. Dantes

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La scuola

Giovani Poeti eScrittori si cimentano

pag. 8-9

Nos numerus sumusNoi (benché pochi)siamo folla

Editore: Associazione culturale “Il centro storico” di San Felice Circeo (LT). Corso Vittorio Emanuele, 23. Tel. 333 1904459, fax 06 51985217. E-mail: [email protected] - Reg. Trib. di Latina n. 796del 12/09/2003 - Direttore responsabile: Gloria Gabrielli - Direttore editoriale: Alessandro Cresti . Redazione Carlo Gallone, Stefano Pagliaroli, Tommaso Di Prospero, Maurizio Paolini, Alessia Bravo - Stampato da CSR, via di Pietralata, Roma

continua a pag.2

1951 - I quattro ragazzi con pala e piccone puliscono un campo

Edito

riale

di ALESSANDRO CRESTI

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 2

Vuoti di memoria

Facemmo conoscenza con Eligio Lucci, che con la moglie edue figli abitava in un appartamentino ricavato sotto il porti-cato e che ci disse che ci avrebbe insegnato molti lavori agri-coli.Girammo tra le case e vedemmo che alcune erano in buonecondizioni ed abitate da famiglie di braccianti veneti che la-voravano nella zona.C’erano la famiglia Pirocca, la più benestante e la famiglia Ma-rocco, l’officina del fabbro signor Ruzzenenti, un vecchiettotutto muscoli arzillo, che ci mostrò come si batte il ferro e co-me ferrare i cavalli. Conoscemmo la famiglia dei Pasetto, cheaveva la casa a ridosso del muro di cinta. Il capo famiglia sichiamava Duilio, sua moglie Rita e suo figlio Silvano detto “Ba-netto”. Un’altra famiglia Pasetto abitava poco distante: c’e-rano i fratelli di Duilio, Eleneo e Battista con gli anziani geni-tori, veronesi di Maccacari.Un giorno padre Serafini tornò da Roma con la macchina ca-rica di attrezzi agricoli: picconi, zappe, rastrelli e vanghe e cimise subito al lavoro per fare delle aiuole attorno alla gran-de aia di cemento.Sotto la guida di Eligio cominciammo a picconare un terrenocosì sassoso e secco che ci faceva rompere la schiena e ci fa-ceva venire grosse bolle alle mani. Eravamo dei ragazzini efacevamo un lavoro da adulti, ma padre Serafini ripeteva sem-pre: “Lavorare, lavorare, lavorare”. Per fare un’aiuola impie-gavamo delle settimane. Man mano che il lavoro era termina-to, venivano messe a dimora delle piante di limoni.Un giorno arrivò un falegname che pose sulle colonne ai latidel cancello d’entrata un cartellone con la scritta: “Villaggiodella Mercede per i figli dei carcerati”. L’aveva voluto padreSerafini perché l’Ordine della Madonna della Mercede era sor-to appunto per la redenzione dei carcerati ed il riscatto deglischiavi.

I lavori di ristrutturazione progredivano, noi ragazzi spesso ri-pensavamo al collegio di Roma. Tutto era un lontano ricordo.Affacciati ai finestroni della camerata guardavamo una mon-tagna che si stagliava davanti a noi ed il cui crinale si alzavae si addolciva come una persona distesa che dorme. Ci fu spie-gato che quello era il promontorio del Circeo, la mitica mon-

tagna di Ulisse e della maga Circe, che avevamo studiato ascuola.Imparammo col tempo a conoscerne tutti gli anfratti e le grot-te che si affacciavano sul mare azzurro, come la grotta dellecapre o quella dell’Impiso che prendeva il nome da una sta-lattite pendente al centro della volta come un impiccato.La spesa la facevamo noi ragazzi al negozio gestito dalla fa-miglia Centra. Stavamo molto attenti a non sprecare i soldi:facevamo segnare la spesa su un libretto e saldavamo il de-bito alla fine del mese con i pochi soldi che padre Serafini ri-usciva a racimolare con le offerte.Un giorno arrivarono al villaggio molti operai, iniziarono a dis-boscare il terreno, che poi venne arato.La terra era buona e padre Serafini già vedeva i frutti di chis-sà quali piantagioni. Trascorso il periodo di assestamento, ilterreno fu diviso in appezzamenti rettangolari con ai lati i fos-si per farvi scorrere l’acqua per irrigare.I vari settori furono coltivati a grano, mais e patate america-ne.Questa produzione fu poi sostituita con il cotone che crebbebene, ma richiedeva un grosso lavoro per separare i fiocchidai semi.Spesso dovevamo abbandonare quell’attività per dedicarci al-le viti o ai fiori, di cui nel frattempo era stata avviata la colti-vazione. Erano soprattutto tuberose e gladioli ordinati in granquantità direttamente dall’Olanda, che arrivavano con un car-ro merci alla stazione di Priverno, dove ogni mattina ci reca-vamo con un mezzo militare, prestatoci dall’Aeronautica.La coltivazione dei fiori andò bene per diverso tempo ma an-ch’essa finì per le notevoli spese di trasporto ai mercati ge-

nerali di Roma. La stessa fine fece la coltivazione delle calle.Provammo anche con le arachidi e le patate americane ma conscarso profitto.Poi padre Serafini pensò di allevare bachi da seta perché lazona era ricca di gelsi, delle cui foglie i bachi si nutrono. Fe-ce arrivare un paio di once di minuscoli vermi che stavano nelpalmo di una mano e la cui vita dura circa un paio di mesi.Ammucchiavamo molte fascine di legna dove i bachi andava-no a costruirsi il bozzolo. Allora li raccoglievamo e con rudi-mentali macchinari li pulivamo. Infine li consegnavamo ai la-boratori per un ulteriore trattamento e per ricavarne la seta.Un grande cartello evidenziava questo lavoro: “Industria seri-ca del baco da seta”.L’allevamento dei bachi da seta, però, richiedeva l’utilizzo diambienti molto ampi e poiché nel frattempo erano stati aper-ti altri laboratori, di falegnameria, di ceramica, di sartoria e dicalzoleria, l’allevamento venne chiuso e noi potemmo inizia-re ad apprendere altri lavori.Io fui assegnato al laboratorio di ceramica con il maestro Gaz-

zotti che era giunto da Faenza. Lavoravamo il caolino. Il la-boratorio era stato impiantato dalla ditta Borsari ed i forni dacottura erano della ditta SCEI di Novara. Facevamo statuette,servizi di piatti a forma di pesci, cavalli rampanti e mattonel-le con l’immagine del Monte Circeo con la scritta presa dal-l’Odissea: “Navigammo e giungemmo sull’isola Eea ove Cir-ce, diva dal crespo crine e dal dolce canto, avea soggiorno”.La merce, di buona qualità, veniva in parte venduta ai turistinei negozi di S. Felice, altra veniva spedita. Tutto andò benefino a quando il signor Borsari, che era di Milano, cominciò arimetterci ed il laboratorio fu chiuso.Mario Febbi, invece, fu addetto al laboratorio di falegname-ria, che dopo cinquant’anni è ancora in attività sotto la suadirezione coadiuvato da Francesco Centra, il sordomuto, daBattista Pasetto e da Quirino, anch’egli cresciuto nel Villag-gio.Ad Ettore Pettirossi toccò invece l’allevamento degli animalida cortile ai quali si aggiunsero due vitelli e due maiali.Amerigo Pandolci, che ora non è più con noi, andò al labora-torio di calzoleria, che funzionò per parecchio tempo.C’era, infine, anche il laboratorio degli alabastri.Il nostro numero era cresciuto ed eravamo, ormai, una tren-tina, tutti dediti a qualche attività. Solo Eligio continuava a la-vorare in campagna e noi ogni tanto andavamo a dargli unamano servendoci di un carretto per i trasporti.Poi arrivò Resina, una somarella che ci alleviò un po’ il lavo-ro, ma era un’impunita che scalciava sempre ed era megliolasciarla nella stalla.La domenica il padre celebrava la messa in una chiesetta at-tigua al terreno dove lavoravamo, dedicata a S. Elena. Veni-vano molti abitanti dei dintorni e ciò ci consentiva di cono-scere tante persone. Nel pomeriggio andavamo al cinema par-rocchiale di Borgo Montenero dove era parroco don Augusto.Andavamo a piedi. Io, spesso, usavo una bicicletta perché, al

ritorno, mi dovevo fermare ad attivare le pompe elettriche perl’acqua potabile che si trovavano in un casolare della campa-gna. Un’autoclave, attraverso una condotta, faceva arrivarel’acqua all’Istituto.Avevamo la fortuna di avere la stazione meteo dell’Aeronau-tica poco distante, il cui comandante ci propose di seguire deicorsi per telegrafisti insegnandoci l’alfabeto Morse. Le lezio-ni, che seguimmo tutti con grande profitto, ci vennero tenu-te da un sergente. Tutto serviva per il nostro futuro.Nel frattempo padre Serafini era stato affiancato da un gio-vane frate appena laureato, padre Domenico Acquaro e un

segue dalla pag. 1

Quattro piccoli“pionieri”

Mario Febbi, Padre Acquaro e Carlo Arli

Nei cerchi in alto da sinistra: Carlo Arli, Ettore Pettirossi,Amerigo Pandolfi e Mario Febbi

le suore ci avevano detto che andavamoad inaugurare come primi ospiti un nuo-

vo collegio, ma questo era l’inferno“ “

eravamo dei ragazzini e facevamo dei la-vori da adulti: picconavamo un terreno

sassoso e secco per fare delle aiuole “ “

continua a pag. 7

Lo spazio della memoria

Per la serie “vuoti di memoria” – i grandi perso-naggi legati a San Felice Circeo - in questo nume-ro riportiamo il racconto appassionato e commo-vente di Carlo Arli, maggiore dei carabinieri (uffi-ciale superiore) in pensione, che insieme a tre ami-ci arrivò il 15 novembre 1950 al Villaggio dellaMercede, costituito allora da costruzioni fatiscen-ti e diroccate, che, però, grazie anche al sacrificio,al lavoro e all’entusiasmo di questi ragazzi e di al-tri che a loro si unirono nel tempo, si trasformò inun bel complesso, articolato e ben organizzato. Ilracconto è il naturale completamento della storiariportata nel numero precedente, scritta da padreDomenico Acquaro, che tanto merito ha avuto nel-la riuscita della struttura e dei numerosi giovaniche vi hanno vissuto

affacciati ai finestroni della camerataguardavamo una montagna che si sta-

gliava davanti a noi ed il cui crinale si alza-va e si addolciva come una persona distesache dorme

“ “

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Numerose ricerche mettono in rilievo che mol-ti tra i giovani di oggi hanno poche relazionicon le istituzioni e che gli atteggiamenti pre-

dominanti verso queste organizzazioni sono di indif-ferenza, di diffidenza e talvolta di ostilità. Eppure èdifficile pensare un miglioramento della condizionegiovanile, senza una presa di coscienza, una forma diorganizzazione,un impegno chedetermini delleconquiste. Co-me afferma Ge-rard Lutte, “imovimenti deigiovani sono fattori di cambiamento sociale, possonoaiutare una società a realizzare i valori ai quali pre-tende di credere”. Per cui, quando anche a S. Feliceun gruppo di giovani prende coscienza del caratterecollettivo dei suoi problemi e del fatto che tali pro-blemi derivano dalla struttura stessa della società, citroviamo di fronte a un evento degno di essere sot-tolineato. Ecco allora la ricostruzione di una vicendache aveva prodotto molte aspettative e che invece siè poi rivelata un’illusione. In pochi lo ricorderanno, ma prima delle scorse am-ministrative fu diffuso per il paese un volantino cosìintitolato: “Ce le hanno scramacciate”. Attorno a que-sto slogan, di dubbio gusto, ma di sicura efficacia co-municativa, si riunì un nutrito gruppo di giovani, cheponeva con forza una maggiore attenzione verso lepolitiche giovanili e, in pari tempo, l’esigenza di un ra-dicale rinnovamento nel pano-rama politico locale. Iniziaronoi primi incontri, le prime ri-unioni e si discusse a lungo diprogrammi e di quale compor-tamento fosse opportuno as-sumere in quella tornata elet-torale. Furono contattate tutte le forze politiche schie-rate, insieme ai loro candidati, e si intraprese un ser-rato confronto sui programmi amministrativi. Le ceneelettorali non vennero disdegnate, tantochè in quelperiodo, a forza di girare ristoranti, qualcuno mise adura prova il proprio fegato. Fin qui nulla da dire, so-prattutto se si pensa alla scarsa partecipazione de-mocratica che caratterizza la vita politica e sociale di

S. Felice. Improvvisamente, però, il gruppo di giova-ni neofiti della politica prese una decisione: bisogna-va esprimere un candidato in una lista e possibilmen-te in quella che avesse maggiori probabilità di vince-re le elezioni. Chi di quel gruppo non fu d’accordo,perché animato da spirito critico e da una maggiorecapacità di analisi, fece la fine del pifferaio di monta-

gna, che invece di suonare il piffero fi-nì per essere suonato. Ipso facto: il can-didato fu eletto nella lista di Forza Ita-lia, che, con il sistema maggioritario, siaggiudicò la maggioranza dei seggi delconsiglio comunale. Ora, considerandoche Forza Italia, capitanata sempre da

Schiboni, aveva già governato nella precedente legis-latura, dando ampia prova di disinteresse verso lequestioni che gli venivano poste, resta difficile nonpercepire il contrasto tra una simile scelta, peraltro le-gittima, e l’esigenza di rinnovamento in tante occa-sioni sbandierata. Non poniamo, però, limiti alla “buo-na volontà”. La macchina si è rimessa in moto, tutte le forze poli-tiche sono mobilitate. Tra pochi mesi si tornerà a vo-tare per eleggere un nuovo sindaco e una nuova mag-gioranza ed è ormai giunto il tempo di tirare le som-me. Cosa è stato fatto per i giovani? Quali risposte so-no state date ai bisogni di lavoro, al problema dellacasa, all’assenza di cultura, al reperimento di spazi diaggregazione, alla realizzazione di strutture per losport e all’organizzazione del tempo libero? Quali lerisposte ai tanti disagi che pure ci sono e tutti fingo-

no di non vedere? Fidan-domi della mia memoria -sarei contento di esseresmentito dai fatti- non ri-cordo sia stato fatto nul-la per le giovani genera-zioni del Circeo. Sì, è ve-

ro, è stato ristrutturato il “Tennis”, storico campettodove ciascuno di noi almeno una volta si è sbucciatole ginocchia giocando a pallone. Non appena termi-nati i lavori, il campetto è stato dato in gestione aun’associazione sportiva di Sabaudia e quindi resoinaccessibile e inutilizzato. Sono stati messi i pescio-lini rossi nella fontana “dell’asso di coppe”, grazie alpagamento del primo gettone di presenza, ma al di là

del valore simbolico non si puòriconoscere a quest’atto nul-l’altro. Per il resto tutto comeprima, vengono perpetuati vec-chi modelli, anzi vecchi vizi or-mai incancreniti e così conti-nuano a lavorare solo gli amicidegli amici, si formano e si raf-forzano le clientele e l’immobi-lismo regna sovrano. Non siscorge all’orizzonte un proget-to capace di proiettare i giova-ni verso un futuro dignitoso efondato sulla cultura del dirittoe della legalità. Si vola basso eci si accontenta di gestire conapprossimazione il presente. Ilpaese continua a non offrire al-ternative valide alla birra e,quando va bene, allo spinello. Con uno sguardo rivolto verso il

recente passato ed esaminando

accuratamente quanto avvenuto, resta dif-ficile credere all’ingenuità di chi si avvicinava alla poli-tica per la prima volta. Permane il dubbio se quest’o-perazione, certamente ben riuscita, fosse mirata più al-la conquista di un piccolo spazio di potere anziché al-l’assunzione di responsabilità verso la comunità.Forse per una vera svolta, per un reale cambiamentonon basta salire sul carro dei vincitori e avere una vi-sione strumentale della politica. Le parole non pos-sono essere semplicemente pronunciate, devono es-sere seguite da azioni coerenti e riempite di contenuti.E’ necessaria, insomma, una corrispondenza tra lin-guaggio e realtà delle cose, oltre a un recupero di va-lori autentici, da qualsiasi parte essi provengano, perridare alla politica quel ruolo che le è proprio. Tutto questo spero sia motivo di riflessione non soloper quei giovani che si apprestano a votare per la pri-ma volta, ma anche per quelli che, oggi sono un po’cresciuti, in passato hanno sostenuto chi si era eret-to a paladino dei giovani e del rinnovamento. Non si possono fare previsioni, rimane la speranza inuna nuova generazione che, stanca di averle “scra-macciate”, possa finalmente porre fine al degrado acui quotidianamente assistiamo. ■

IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 3

Pol i t i ca

una vicenda prima della scorsa ammini-strazione aveva fatto sperare in un radi-

cale rinnovamento nel panorama politico lo-cale

“ “

oggi, alla vigilia delle nuove amministra-tive, visto che l’immobilismo regna sovra-

no, auspichiamo una vera svolta, un reale cam-biamento

“ “

Anni ‘50 - Ingresso al Paese

Editoriale Nos numerus sumusVuoti di memoria Quattro piccoli “pionieri” 1Politica “Ce le hanno scramacciate” 3Archeologiafantastica Invito a Ponza 4Territorio Agenda 21 5Lettere Lettere al Direttore 6Il fatto La carta vince,

la carta perde... 7Scuola Giovani Poeti e Scrittori

si cimentano 8-9Cultura Dizionario del

dialetto circeiense 10Tradizioni Il Carnevale al Circeo 11Musica Gli “Art Café Novecento”

Delibere 12Intrattenimento Personaggi – Oroscopo 13Sport Calcio 14Tempo libero Cucina – Film

Ora legale – Poesia 15

SSOOMMMMAARRIIOO

di Maurizio Paolini

Un volantino diffuso prima delle ultime amministrative

“Ce le hanno scramacciate”Il giovane che sostenne lo slogan è stato eletto nelle liste di Forza Italia

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Un sabato della metà di ottobre di quell’anno1

trovai nella cassetta della posta una letteracon un sigillo di ceralacca gialla. Si trattava

di un invito a Ponza, a nome del «Capitano della Co-munità del Circeo», per il giorno successivo. Un «Aral-do» sarebbe passato a «prelevare» gli interessati e, do-po una breve sosta sulla cima del promontorio «per ipreparativi», c’era l’imbarco per l’isola. Rimasi piacevolmente sorpreso da tanta ospitalità ecortesia: «Questa sì che è brava gente» pensai. Quan-to all’«Araldo», sulle prime mi domandai se non fosseuna maschera e se il viaggio in barca non rappresen-tasse una cerimonia molto anticipata del Carnevale. Mivenne quasi da sorridere al pensiero di vederlo gira-re porta per porta suonando la tromba, come avevovisto fare in alcuni villaggi durante la mia ultima mis-sione in Asia Minore. Io, che di sogni non ne faccio mai uno, la notte di quelsabato fui spettatore del seguente. Mi parve di apri-re gli occhi e di vedere in alto il Castello del Circeoemergere dal buio con le sue mura merlate tinte di lu-ce rossastra. Incominciai a correre e, prima di rag-giungere l’ingresso, mi arrestai sul ciglio di un enor-me cratere, che racchiudeva un lago di lava. «Figlio diputtana:»2 pensai «trova anche la forza di remare!». Unvecchio con i capelli bianchi, lunghi e sfilacciati comemuffa, si allontanava lentamente su una gondola, ur-lando agli operai disseminati a perdita d’occhio sullerive di rimestare di più e di ricordarsi che quello erail «crogiolo delle lingue». Quelli rispondevano adope-rando ognuno una favella diversa. I più vicini al miopunto di osservazione assentivano con un «naí»: era-

no dunque Greci. Lì mi svegliai di soprassalto al suo-no dell’orologio del Castello, che riecheggiò lunga-mente lungo i versanti selvosi del promontorio.Alle sei udii un colpo di clacson. Un bus a tre piani,stracolmo di gente, mi attendeva. Mi sentii in colpa,come per un privilegio o un dono immeritato, quandomi fu indicato il mio posto, libero in primissima posi-zione, nello scompartimento più alto. In tutto saremostati trecento. Intanto quella canaglia faceva chiassoattorno al guidatore, complimentandosi per l’organiz-zazione: «Grazie infinite, signor Araldo». «Non doveteringraziare me,» rispondeva ridendo «ma il Capitano»,e la sua voce era percorsa come da una vecchia com-plicità. «Adesso ho capito, questo viaggio deve esse-re un rito annuale:» mi dissi «di qui il concorso di tan-ta gente».Quando arrivammo su – saranno state le sette –, men-tre la folla muoveva ormai come un formicaio, mi do-mandai perché l’appuntamento, se la gita era in bar-ca, doveva avvenire sulla cima del monte. Mi diedi que-sta risposta, mentre ci spostavamo verso le mura ci-clopiche a strapiombo sul mare, già a quell’ora pun-teggiato di vele bianche: il Capitano, da quella vedu-ta incantata, intendeva mostrarci la via, prima di scen-dere a riva e mollare gli ormeggi. Ma poi pensai chedi certo ci avrebbe guidato, attraverso un sentiero trai boschi noto a lui soltanto, fino al porto immobile lag-giù. Questa mia ultima ipotesi colse nel segno: in mar-cia gaia e festosa gli invitati avevano già incomincia-to ad incolonnarsi, anzi procedevano in modo cosìspedito e solenne, che mi fu facile dedurre che i ca-pofila dovessero essere giunti ormai in prossimità del

luogo dell’imbarco. Mi sporsi su una roc-cia e diedi una voce, per dire che biso-gnava che si dessero una smossa laggiù,ma poi ritenni più opportuno tacere, pernon provocare l’ira del Capitano.A poco meno di duecento metri, si sco-perse tutto il lato destro del porto, rima-sto occulto tra i lecci fino a quel momen-to. Mi defilai e mi arrampicai sulla piantapiù alta. Prima ne intravidi l’ombra nellospecchio dell’acqua, poi ebbi confermache la nave era «enòrme» – così pronun-ciavano l’aggettivo i miei compagni diviaggio, che defluivano rapidi lungo ilpendio –, lunga almeno centocinquantametri, tutta di legno dorato a grandi stri-sce come quello di una botte o dell’arcadi Noè. Il ponte era altissimo. Gli alberi,vestiti di vele nere, svettavano fin quasia toccare le nebbie della notte prece-dente che si andavano disperdendo. Fu lì che riconobbi il Capitano, sospeso,in una minuscola piattaforma, sulla follache entrava nella nave da una porticinaminuscola a poppa. «Figlio di puttana,»3

– mormorai – «sta già facendo sollevareil portello», mentre gli ultimi si buttavanoa bordo. Guardai giù e mi accorsi che erorimasto da solo. Scesi dal leccio, graf-fiandomi anche un gomito, e corsi lungoil sentiero che conduceva al porto.«Aspettate» gridai il più forte che potei.Ma nulla. Quando fui a riva, la gigantesca

imbarcazione scivolava via ed era già distante forsesessanta metri. Strinsi una manciata di sabbia e glie-la scagliai contro, maledicendola. Tutti i passeggeri in-tonavano un coro, ma non mi fu possibile compren-derne le parole.■

1 1971: vd. Sly Foureyes al Circeo, «Il Centro Storico», 21(2006), p. 4.

2 Non ho potuto rendere alla lettera l’imprecazione – in-traducibile – del prof. Foureyes, e ho fatto ricorso al piùprossimo eufemismo.

3 Vd. nota 2.

IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 4

Archeologia fantastica

di Stefano Pagliaroli

La nave era «enòrme», lunga almeno centocinquanta metri

Invito a PonzaDalle “Memorie” di Sly Foureyes

Le novitàSono in vendita i nuovi libri

Il Circeonella leggenda e nella storia

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Sentiero per il porto

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Territorio

di Carlo Saverio Zanni

Un valido strumento di gestione del territorio di San Felice Circeo

L’Agenda 21 per lo sviluppo sostenibile localeUn processo di sviluppo ambientale sostenibile e socio-economicamente compatibile

Il cittadino vota e chi viene eletto ha il compito edil dovere di amministrare la cosa pubblica per il be-ne di tutta la comunità. Niente di più semplice. I

problemi sorgono quando si comincia a parlare di co-me si possa ben governare un paese, considerandosempre che il fine ultimo della politica è quello di mi-gliorare la qualità della vita dei propri cittadini, resi-denti e turisti. Perché la cittadinanza sia soddisfatta deipropri amministratori è necessario che ci sia una rea-le crescita sociale, culturale ed economica che non pre-scinda però dalla tutela dell’ambiente e dei valori del-la propria comunità, che sono le risorse fondamentaliper qualsiasi tipo di sviluppo. Un concetto, quest’ulti-mo, che prende il nome di sviluppo sostenibile.Varie definizioni permettono di apprezzare la portatainnovativa e la rilevanza culturale, politica, sociale edeconomica dello sviluppo sostenibile. Tra queste, for-se la più completa e puntuale è quella formulata nel1994 dal Local Governments for Sustainability che con-sidera sostenibile uno sviluppo che “offra servizi am-bientali, sociali ed economici di base a tutti i membridi una comunità, senza minacciare l’operatività dei si-stemi naturale, edificato e sociale da cui dipende la for-nitura di tali servizi”. Una definizione che migliora quel-la formulata in precedenza dalla Commissione Mondialeper l’Ambiente e lo Sviluppo secondo la quale uno svi-luppo sostenibile è quello che “soddisfa i bisogni del-l’attuale generazione senza compromettere quelli del-le generazioni future”.Lo sviluppo sostenibile interessa tutti i settori di atti-vità (economici, ambientali, sociali, culturali ed istitu-zionali), tutti i comportamenti e tutte le scale dell’a-zione umana (individuale, locale, regionale, naziona-le, internazionale, globale) ed impone soluzioni com-plesse la cui attuazione presuppone l’attivo coinvolgi-mento nel processo decisionale di tutti i soggetti in-teressati.In occasione della “Conferenza su Ambiente e Svilup-po” delle Nazioni Unite (Rio de Janeiro, 1992) sonostati approvati alcuni documenti di grande importanzatra cui l’Agenda 21 che affronta i temi rilevanti dellosviluppo sostenibile cercando di formulare criteri chepossano essere validi per l’intero pianeta tramite la de-finizione di principi, obiettivi, azioni e strumenti. È sud-diviso in quattro sezioni: dimensione economica e so-ciale, conservazione e gestione delle risorse per lo svi-luppo, rafforzamento del ruolo degli attori sociali, stru-menti di attuazione. Il testo, essendo una “dichiara-

zione di principi”, non è vincolante sulpiano giuridico ma costituisce un docu-mento di elevato valore politico poiché

rappresenta la più alta espressione glo-bale di consenso sui temi dello svi-

luppo e dell’ambiente.L’Agenda 21, inoltre,

riconosce agliEnti lo-cali unr u o l ofonda-menta-le nel

consegu i -mento dell’o-

biettivo dello sviluppo sostenibile, rivolgendo loro unpreciso invito affinché realizzino una propria Agenda21 Locale che traduca gli obiettivi generali in pro-grammi e interventi concreti, specifici per ogni realtàterritoriale. L’impegno degli Enti locali deve consenti-re un sincero e attivo coinvolgimento di tutti gli attorisociali, secondo forme innovative di informazione, dicomunicazione, di partecipazione e di azione, direttea conseguire una reale partnership sociale.Ogni Ente locale, anche in associazione ad altri, puòpartecipare alla Campagna delle Città europee soste-nibili sottoscrivendo la Carta di Aalborg e impegnan-dosi ad avviare un processo di Agenda 21 Locale; ta-le processo è finalizzato alla definizione e all’attua-zione di un Piano d’Azione Locale che ha come obiet-tivo la sostenibilità ambientale, sociale, economica, eche deve compiersi attraverso l’elaborazione, l’attua-zione, la valutazione e la revisione continua di un pro-gramma di iniziative concrete e condivise dalla comu-nità locale. La Carta di Aalborg e la Campagna europeasono i risultati principali della “Conferenza europea sul-le Città sostenibili” svoltasi ad Aalborg (Danimarca) nel1994.In occasione della “2a Conferenza europea sulle Cittàsostenibili” (Lisbona 1996), è stato messo a punto eadottato il Piano d’Azione di Lisbona che promuove ilricorso a strumenti operativi quali indicatori di soste-nibilità, procedure di gestione e certificazione am-bientale, e suggerisce il ricorso sistematico alla co-struzione del consenso mediante la partecipazione, lacooperazione e il dialogo.Insieme, la Carta di Aalborg e il Piano d’Azione di Li-sbona individuano principi e modalità operative persupportare gli Enti locali impegnati nei processi d’a-zione per lo sviluppo sostenibile.Nel 2004, decennale della Carta di Aalborg, è stata or-ganizzata, sempre ad Aalborg, la “Conferenza Aal-borgplus10” finalizzata a definire gli impegni futuri chegli Enti locali si impegnano a sottoscrivere e attuare nelprossimo decennio, che sono:

Governance: rafforzare i processi decisionali tramiteuna migliore democrazia partecipatoria.Gestione locale per la sostenibilità: mettere in atto ci-cli di gestione efficienti, dalla loro formulazione alla lo-ro implementazione e valutazione.Risorse naturali comuni: assumere la piena responsa-bilità per la protezione, la conservazione e la disponi-bilità per tutti delle risorse naturali comuni.Consumo responsabile e stili di vita: adottare e incen-tivare un uso prudente ed efficiente delle risorse, in-coraggiando un consumo e una produzione sostenibi-li.Pianificazione e progettazione urbana: svolgere un ruo-lo strategico nella pianificazione e progettazione ur-bana, affrontando problematiche ambientali, sociali,economiche, sanitarie e culturali per il beneficio di tut-ti.Migliore mobilità, meno traffico: riconoscere l’interdi-pendenza di trasporti, salute e ambiente promuoven-do scelte di mobilità sostenibili.Azione locale per la salute: proteggere e promuoverela salute e il benessere dei nostri cittadini.Economia locale sostenibile: creare ed assicurare unavivace economia locale che promuova l’occupazionesenza danneggiare l’ambiente.Equità e giustizia sociale: costruire comunità solidali eaperte a tutti.Da locale a globale: farsi carico delle nostre respon-sabilità per conseguire pace, giustizia, equità, svilup-po sostenibile e protezione del clima per tutto il pia-neta.L’Agenda 21 Locale è, di fatto, un valido strumento digestione del territorio capace di coniugare, nel lungoperiodo, lo sviluppo economico alla tutela delle risor-se culturali e ambientali, al fine di generare benesse-re e di migliorare la qualità della vita dei cittadini. Mol-te località turistiche affermate, in tutto il mondo, han-no implementato ormai da anni l’Agenda 21 Locale conrisultati più che positivi. San Felice Circeo non è traqueste.■

Anni ‘50 - San Felice Circeo - Panorama dall’aereo

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 6

Per fortuna non tutti la pensano così, e tra questi noi,che ancora speriamo e crediamo in una “medicina” chepossa risollevare il Circeo.Questi pochi, che fortemente ci credono, e che guar-dano con tristezza chi considera sacro solo il propriocomodo e disprezza ciò che appartiene a tutti, si stan-no impegnando nella stesura di un programma fatti-bile, articolato e approfondito, che intende sosteneree presentare alle prossime elezioni amministrative.Questo programma avrà due cardini fondamentali: unosviluppo sostenibile ed una politica partecipata.Intendiamo come sviluppo sostenibile quello sviluppoche consente alla generazione presente di soddisfarei propri bisogni senza compromettere la possibilità del-le generazioni future di soddisfare i loro. E in tal sen-so lo sviluppo deve essere il risultato di azioni e discelte che il corpo sociale esprime nei modi storica-mente ammissibili, oggi esercitando il potere demo-cratico.Tali azioni e tali scelte devono essere sostenibili, de-vono cioè stare entro certi limiti in modo da rispetta-re e non distruggere il contesto in cui si svolgono. Ognicittadino ha la responsabilità della crescita e dello svi-luppo del proprio Paese oppure del suo degrado edogni cittadino si deve far carico di costruire con le suesole forze il territorio dove vivranno le generazioni fu-ture, più o meno bene, più o meno felici a seconda diciò che si fa oggi. Non dimentichiamo mai che la co-struzione di uno sviluppo valido e sostenibile si può

ottenere solo attraverso un corretto uso dei beni co-muni, secondo etica equità e responsabilità, altrimen-ti non ci sarà mai futuro prospero e tranquillo.Per quanto concerne l’altro cardine, la politica parte-cipata, ci tornano in mente le parole del Capo dello Sta-

to, Giorgio Napolitano, nel suo discorso di fine anno,sulla distanza tra la politica e la società con conse-guente duplice invito: agli italiani a colmare quella di-stanza guardando alla politica non più come altro dasé; alla politica a dare di sé una immagine tale da giu-stificare una ritrovata fiducia da parte dei cittadini, oraindifferenti. In questa ottica noi siamo fautori di unapolitica partecipata, che dia corpo e visibilità a tanti, atutti. Desideriamo fortemente cambiamento e giustiziae pensiamo che solo la partecipazione sia l’antidotogiusto affinché il bene comune prevalga sull’interes-

se personale o sul tornaconto individuale. Con la par-tecipazione si costruisce uguaglianza, si dilatano le op-portunità decisionali di ciascuno, si dà una spinta pro-pulsiva ad una vera trasformazione.Orgogliosi di essere cittadini o anche solo assidui fre-quentatori di San Felice Circeo, pensiamo che se la Co-munità locale vive un modo nuovo di essere presen-te, partecipe e protagonista del bene comune, ripro-va il piacere di giustizia e verifica che i bisogni e le ne-cessità dei cittadini vengono erogati come diritti e noncome favori, che obbligano chi è privato di qualcosaad elemosinarla o a supplicarla all’”amico in Comune”,in cambio di perenne riconoscenza.Certamente la strada che proponiamo, che non è di fan-tasia ma molto concreta, è fatta di grande fatica e diricerca continua delle migliori soluzioni. Questo peròè il solo vero cammino, un percorso che offre oppor-tunità a tutti, con la garanzia del sostegno di un’”Co-mune per amico”.Vogliamo perciò un rinnovamento della gestione poli-tica e amministrativa di San Felice Circeo, per cui cre-diamo si debbano dare subito segnali molto forti. Pen-siamo, quindi, di affidare la formalizzazione e la ge-stione del nostro progetto ad una squadra, i cui com-ponenti siano esperti qualificati, abbiano passione po-litica, siano profondamente onesti e credibili e voglia-no condividere insieme il progetto che andremo a co-struire, consapevoli di assumersi una grande respon-sabilità, di esporsi al pericolo di perdere, perché solocosì si vince, e di non volere trasformare il progettostesso in un meschino espediente tattico.Per concludere voglio riportare un’affermazione del-l’economista Nicola Rossi, affermazione che condivi-do e che penso rispecchi bene la posizione della no-stra squadra: “Si può fare politica per una vita interasenza mai farla veramente e farla per un giorno solomettendoci la passione di una intera vita”. ■

Editoriale - Lettere

segue dalla primaEditoriale

Nos numerus sumusNoi (benché pochi) siamo folla

di ALESSANDRO CRESTI

Le elezioni sono vicine

✉ Mezzomonte

Egregio Direttore,volevo parlarle di una questione che probabilmen-te le sarà stata sottoposta decine di volte, magariin ambiti diversi.Sono nata e cresciuta a Mezzomonte e ho un bel-lissimo ricordo della mia infanzia e della mia ado-lescenza. C’erano molte meno case e più strade pol-verose ma c’era anche tanta tanta voglia di passa-re i pomeriggi insieme ai coetanei facendo qualco-sa di costruttivo. Non avevamo una chiesa, ma il si-stema “oratorio” c’era e funzionava bene. Ora iocredo che l’oratorio per molti aspetti sia obsoletoe non rispecchi esattamente le esigenze del perio-do. Andrebbe modernizzato e non necessariamen-te accostato alla religione. Sono fermamente con-vinta però che in un paese sia fondamentale l’e-sistenza di un luogo di aggregazione, che non siacome lo è ora l’unica sala giochi in piazza. Un po-sto organizzato da personale competente o ancheautogestito ma che consenta ai giovani di cono-scersi, confrontarsi e tirar fuori le proprie poten-zialità. Si dovrebbe puntare di più sui nostri ragaz-zi, pretendere il meglio per la loro crescita e for-mazione. Le strutture ci sono manca solo qualcunoche ci creda con un po’ più di convinzione.

Roberta Cestra

✉ Borgo Montenero

Egregio Direttore,sono un agricoltore con dei figli che frequentano lascuola di Borgo Montenero. Anche se il lavoro nonmi permette di accompagnarli sempre, ci tengo adessere informato su come svolgono la loro giorna-ta. Ho sentito da mia moglie che il terreno dove ilComune voleva fare la palestra, è risultato dalla sen-tenza del Tribunale di Latina, proprietà della fami-glia Angellotto.Allora, Sig. Direttore, mi chiedo, le chiedo e chie-do a tutti: sono parecchi anni che va avanti questacausa tra il Comune e la famiglia Angellotto, mi ri-sulta che è stato approvato un progetto per la pa-lestra e sono arrivati i primi soldi per realizzarla, manon hanno il terreno e nemmeno un’alternativa sudove realizzarla … è incapacità o deficienza dei no-stri Amministratori? E’ come se io presentassi unprogetto di serre senza avere il terreno….Ci devo provare!

(lettera firmata)

✉ Via Cristoforo Colombo

Caro Direttore,passando giorni fa per via Cristoforo Colombo, im-mediatamente a ridosso del centro storico, ho no-tato un insolito via vai di camion. Addirittura dellepiccole ruspe accumulavano grandi quantità di sas-si e terreno, preparandole per essere caricate e por-tate via. Sul cancello di una villa era esposto un car-

tello di lavori in corso. Incuriosito, ho chiesto in gi-ro e mi hanno spiegato che in quell’immobile era-no in corso grossi lavori: sparizione dei tetti, copertida muri rialzati perimetrali, piscina, modifica dei pro-spetti, spostamento del piano del terreno. Mi è sta-to anche riferito che tutto sarebbe stato autorizza-to e che un abuso non avrebbe ricevuto la regola-re ordinanza, né sarebbe stato sequestrato. Comeè possibile che, a pochi metri dal centro storico ein pieno Parco Nazionale si possa realizzare un im-mobile in così radicale contrasto col contesto edili-zio circostante e con modifiche così profonde al-l’assetto del suolo?

(lettera firmata)

n.d.r.Le diverse questioni sollevate in queste lettere, mioffrono l’opportunità di ribadire da queste righe cheall’Associazione Culturale “Il Centro Storico” sta pre-disponendo un Programma per le prossime vota-zioni amministrative che prevede un nostro forte im-pegno per risolvere questi ed altri problemi.

Ines Colandrea

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 7

giorno ci annunciò che avrebbe lasciato la direzione del Vil-laggio a lui.Poco dopo fu, infatti, trasferito, mi pare, a Napoli. Con lui sene andarono anche la contessa Trossi e le signorine Fides eClotilde, Eligio e la sua famiglia, mentre arrivò Marianna consuo figlio Alessio per fare la cuoca.Il nuovo direttore venne assistito da altri confratelli come pa-dre Polo, padre Belfiori e tanti altri che periodicamente veni-vano a soggiornare al Villaggio. Fu completata la chiesina al-la quale il pittore Ricci donò due suoi quadri.Benché la cuoca fosse brava, scarseggiavano le cibarie per cuispesso eravamo costretti ad andare a cicoria per i campi o acrescione nei ristagni d’acqua o ad acquistare, a poco prezzo,il pesce azzurro.Si tirava la cinghia, ma nessuno è mai stato male e la salute erabuona. Poi padre Acquaro riuscì ad ottenere adeguati contri-buti statali anche con l’aiuto di alcune personalità. Uno di que-sti benefattori era il dottor Martino, un romano che è stato peranni stretto collaboratore e disinteressato animatore. Ancora og-gi è presente quando c’è qualche ricorrenza importante.Il primo ragazzo a partire per il servizio militare fu Carlo Bel-leri che al compimento del diciottesimo anno di età fu man-dato in Fanteria ad Arezzo. Quando tornava in licenza ci rac-contava la sua esperienza. Di diciottenni ce n’erano diversi: Sa-batino Bonini, i fratelli Graziani, Angelo Amicucci, che, dopoaver imparato a fare il pastaio ed il pasticcere, si è trasferito

in Svizzera, e Marcello che ha imparato a fare il vetraio a S.Felice.Il Villaggio, nel frattempo, era diventato un punto di riferimentoanche per la gente del paese e soprattutto per i ragazzi chepotevano frequentare la scuola elementare interna.Intanto si conclusero i lavori di ristrutturazione. Quel lugubrecomplesso semi abbandonato che avevo trovato, aveva lasciatoil posto ad ambienti accoglienti e confortevoli. Vestivamo dis-cretamente; io indossavo i pantaloni alla zuava e gli stivali emi sentivo un grande.Padre Serafini nel corso delle sue visite a Roma era riuscito asollecitare alcuni politici perché fosse emanata la legge cheaboliva l’umiliante obbligo di dichiarare la propria condizionedi figlio di ignoti.Più il tempo passava e più sentivamo l’impulso a conoscerel’altro sesso. Erano gli anni dell’adolescenza che si facevanosentire come la primavera è sentita dai fiori e dalle piante. Ac-canto al Villaggio c’era la casa di Duilio Pasetto la cui moglie,Rita, faceva la magliaia ed aveva un laboratorio dove lavora-vano alcune ragazzine di quattordici o quindici anni. Noi le ve-devamo quando arrivavano al mattino in bicicletta e ripartiva-no la sera. Qualche volta attiravamo la loro attenzione riflet-tendo il sole con qualche pezzo di specchio e loro facevanoaltrettanto. Poi pian piano, senza che padre Acquaro e gli al-tri assistenti se ne accorgessero, riuscimmo ad avvicinarle masolo per parlare con loro.Si chiamavano Luciana, Gabriella e Olimpia. La signora Rita sene era accorta, ma non diceva nulla, anzi, ci assecondava.In seguito nel Villaggio giunsero delle insegnanti molto gio-vani da Cerreto Sannita, Caserta e Gaeta. Avevamo un bel daf-fare, ma tutto si fermava lì. Eravamo molto giovani e loro era-no più grandi di noi. Una ragazza che ci faceva girare la testaabitava in una casa proprio a fianco delle nostre camerate.

Quando d’estate si sedeva sulla porta di casa a prendere il so-le con un vestito rosa che il vento sollevava mettendo in mo-stra le belle gambe, noi ci affollavamo dietro alla persiane. Leise ne rendeva conto, ma faceva un po’ la civetta.Quando avevo quasi 18 anni, padre Acquaro, che era anchemio tutore, mi propose di entrare nell’Arma dei Carabinieri an-ziché fare il servizio di leva. La cosa mi entusiasmò ed egli miaccompagnò presso la Stazione dei Carabinieri di S. Felice Cir-ceo, dove il Maresciallo Ioti mi fece fare la domanda di arruo-lamento, che venne accolta.Mentre aspettavo la chiamata lavoravo di buona lena con i mu-ratori per realizzare la mensa e i bagni portando a spalla le“caldarelle” di calce.Una mattina il padre mi chiamò dicendomi che era arrivata lacartolina e mi dovevo presentare a Roma presso la Legione Ca-rabinieri Lazio per la visita di arruolamento. Ebbi un attimo dismarrimento e di tristezza. Non avevo mai pensato che un gior-no avrei lasciato il Villaggio e gli amici. Andai a lavarmi e a cam-biarmi, riposi alcuni indumenti in una valigia di cartone e do-po aver salutato tutti, salii in macchina con padre Acquaro.La vettura partì ed io ero silenzioso e guardavo avanti. Il pa-dre non diceva nulla e mi lasciava ai miei pensieri. Ripensavoa tanti anni prima, a quel 14 novembre 1950, quando ero ar-rivato al Villaggio in rovina, alle suore che avevo lasciato alTrionfale, alle tante fatiche per contribuire assieme ad altri ra-gazzi a dare un volto accogliente a quel Villaggio che ci ave-va visto tra i fondatori, al Monte Circeo, al mare e a tutto quel-lo che dal 15 novembre 1950 al 13 marzo 1957 avevo vissu-to. Tirando le somme avevo imparato a lavorare, ad essereeducato, a non indietreggiare davanti ai sacrifici, ad essere di-sciplinato, a rispettare il prossimo, a mantenere una vita cri-stiana.Potevo essere soddisfatto. ■

Ipiù giovani tra i nostri lettori, nonostante la loro abili-tà nel pilotare caccia spaziali virtuali e la loro sicurezzanell’affrontare terrificanti mostri altrettanto virtuali, sa-

rebbero rimasti di stucco se avessero potuto ammirare unodi quegli straordinari personaggi che si esibivano nel “gio-co delle tre carte”. Certamente qualche fiera di paese o i din-torni di qualche stazione ferroviaria vedono ancora questisignori come nostalgici protagonisti, ma la loro epoca è or-mai tramontata ed è un peccato: perché almeno una voltanella vita bisognerebbe avere la fortuna di vedere le capa-cità quasi magiche di quelle mani che meriterebbero di svol-gere attività più consone alle loro attitudini. Ma, in pratica, che cosa succedeva? Un signore, di solito dal-l’apparenza innocua e dagli abiti molto modesti, con gestorapido materializzava dal nulla un tavolino pieghevole, loapriva ad un angolo di strada, e su di esso (che a volte eragià corredato di un panno verde) cominciava a far piroetta-re tre carte da gioco. A seconda delle latitudini le carte era-no napoletane, piacentine, siciliane, francesi, e tutte eranoappena piegate a metà nel senso della lunghezza in mododa essere più semplici da prendere; pure l’inflessione dia-lettale mutava anche se il richiamo era, più o meno, sem-pre lo stesso: “La carta vince, la carta perde. Puntate signori.La carta perde, la carta vince…”. E il nostro croupier, do-po aver indicato quale delle tre carte si dovesse indovinareper vincere, dava inizio alle danze: dapprima muoveva le car-te lentamente, per invogliare gli spettatori a partecipare algioco, poi sempre più velocemente per confondere le idee;alcuni di quelli che seguivano le sue evoluzioni, ad un cer-to punto erano talmente sicuri di quello che avevano visto,che decidevano di puntare, anche perché qualcun altro, trai presenti, aveva scommesso e vinto. Ma, naturalmente, lacarta non si trovava dove loro pensavano e, ovviamente,quelli che avevano vinto facevano da spalla al compare che

maneggiava le carte. E se – ma questo accadeva molto ra-ramente – qualcuno azzeccava la carta giusta, ne seguivauna scusa, un rifiuto al pagamento ed una lite sicura ma sen-za storia. Era un gioco sporco ed anche proibito, ma biso-gnava davvero togliersi il cappello davanti a tanta abilità.Leggendo i giornali di qualche giorno fa, sembra, però, chel’occasione per rivedere il gioco delle tre carte si sia ripre-sentata negli uffici del Comune laddove, evidentemente,un’amministrazione attenta e laboriosa sembra non volereprivare proprio di nulla i suoi concittadini. Diciamo sembrae rinviamo agli articoli apparsi sulla stampa locale perchénon vorremmo che qualche personaggio permaloso se laprendesse ingiustamente con il nostro Direttore. Dunque, la scena rappresenta una seduta di Giunta Comu-nale; sul tavolino (pieghevole?) è presente, tra le altre, unaproposta di deliberazione con tanto di pareri favorevoli, unoa firma del Responsabile degli Affari Generali e l’altro a fir-ma del Responsabile della Ragioneria; attorno al tavolino cisono il Sindaco, quattro assessori, ed il Segretario verba-lizzante che è, poi, il già citato Responsabile degli Affari Ge-nerali. La deliberazione in questione è un po’ scottante dalmomento che dovrebbe decidere del pagamento di alcunespettanze avanzate dai dipendenti comunali, già scesi insciopero per il fatto di non averle ricevute. Tutto sembra an-dare per il verso giusto e l’atto viene approvato; ma, sicco-me è stato aggiunto un rigo alla stesura originale, la deli-bera viene inviata nuovamente al Responsabile della Ragio-neria affinché vi apponga un’altra volta il parere tecnico pre-visto. Ed è a questo punto che nei corridoi del Comune qual-cuno giura di aver sentito riecheggiare il vecchio richiamo:“La carta vince, la carta perde, signori…”. E già, perchéquando l’atto è ritornato indietro per essere pubblicato, nonera più quello su cui avevano puntato…pardon…che ave-vano firmato gli assessori; infatti portava correzioni a pen-

na nel suo contenuto mentre il parere del Responsabile del-la Ragioneria si era miracolosamente allungato. Il Respon-sabile degli Affari Generali ha, però, ritenuto opportuno pub-blicare all’Albo Pretorio la delibera così come, secondo lui,l’aveva originariamente approvata la Giunta. Apriti cielo! Il Responsabile della Ragioneria ha alzato la voce ed ha as-serito, mettendolo per iscritto, che la carta sulla quale ave-va puntato…ehm, scusate…la delibera sulla quale avevaposto il suo parere non era quella che stava all’Albo; il Se-gretario ha ribadito, con lettera protocollata, che invece eraproprio quella e quello era un tavolino su cui non si bara-va; un assessore, notoriamente paladino della Ragioneria edella Ragioniera, non sapendo che pesci pigliare, ha di-chiarato che la delibera sarebbe stata riscritta; un altro as-sessore ha chiamato in ballo, a mezzo stampa, gli errori ma-teriali ed i vizi formali; il Sindaco (probabilmente troppo oc-cupato ad organizzare il capodanno ai Tropici per se stes-so e per mezza giunta) ha fatto finta che i fatti non fosse-ro i suoi; i dipendenti si sono imbestialiti ancora di più per-ché, comunque, i soldi non li hanno visti… Insomma una di-mostrazione accademica, genuina e ruspante, del gioco del-le tre carte con tanto di prestigiatori, compari, pubblico, pol-li da spennare, carte truccate, liti e vincitori non pagati.Va detto, però, che quando nelle fiere si esibivano i veri pro-tagonisti di questa truffa paesana, ad un certo punto, unadelle “spalle”, avendo adocchiato un paio di Carabinieri inavvicinamento, dava un segnale che consentiva la sparizio-ne immediata del tavolino ed il dileguarsi di tutti i protago-nisti del gioco. Ecco, dopo un episodio dequalificante come quello descrit-to, vorremmo mandare anche noi un segnale ai nostri go-vernanti e chiedere loro: ma perché non prendete il vostrotavolino e ve ne andate? Magari a quel paese, qui vicino,hanno bisogno di voi. ■

Il Fatto

segue dalla pag. 2

Quattro piccoli“pionieri”

di E. Dantes

Un gioco che non muore mai

La carta vince, la carta perde…Nel Comune di San Felice Circeo ritorna il gioco delle tre carte.

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 8

ISTITUTO COMPRENSIVO “LEONARDO DA VINCI” Spazio autogestito

di Giammarco Marzella

Lavori di alcuni alunni delle

Giovani Poeti eTre ragazzi della classe II B scrivono poesie sul Natale, mentre altri, della IV classe elementare,

di Emiliano Di Prospero

Dolce di neve

Oggi fuori il mondo è biancotutto è cambiato ed è così strambo,gli alberi e i rami, spogliati dal gelosono ricoperti di zucchero al velo.Il mondo è una torta di soffice pannadove, col mio papà e la mia mammavorrei andare a passeggiare.Tutto mi sembra un dolce assaggiare.

di Valeria Matteini

Natale per sempre

Tutti abbiamo un compito specialericordare al mondo che è Natale,se metti le ali al tuo cuoresarai un Angelo che porta amore.

Se metti le ali ai tuoi piediti accorgi che tutto quel che chiedisubito diventerà realtàe sarà Natale per un’eternità.

Non più un solo giorno Natale veroma per un anno interoe vedere, ogni volta giù dal caminetto,scendere quel simpatico vecchietto.

Quanti regali sotto l’albero tutte le notti:bambole, trenini e orsacchiotti!E per ringraziare Babbo Natale,latte e biscotti sino a saziare. mi sembra

un dolce assaggiare.

di Stefania Vitali

È Natale

E’ Natale per mePerché non lo è anche per te?Per te che sei natoin un luogo sfortunato,

un luogo dove insegnano a sparare,mentre io vado a scuola per imparare.La mia tavola è imbandita di torroni e

dolci di marzapane,invece sulla tua non c’è neanche un

tozzo di pane.

Sta nascendo Gesù Bambinoe penso a te, povero fanciullino.Odo la melodia delle zampogne e delle

trombementre tu senti solo i boati delle

bombe.

Se siamo tutti figli di Dio,perché il tuo Natale non è come il mio?Il mio desiderio è un Natale di pace e

d’amoreche ti auguro con tutto il cuore.

Oggi a scuola è stata una giornata particolare perché è venuto a farci visita il Vescovo accom-pagnato da Don Carlo, il nostro sacerdote, e dalla Preside. Sua Eccellenza non veniva a visita-re la nostra scuola dal lontano 1967. Noi l’abbiamo accolto sventolando dei fazzoletti gialli e

dandogli il benvenuto. Un bambino di V ha spiegato cosa stavamo per fare. Il Vescovo si è seduto e noigli abbiamo cantato la tarantella del Circeo mentre quattro bambini ballavano indossando costumi tradi-zionali. Finita la canzone ha incominciato a farci delle domande sullo studio e su come ci comportiamoin famiglia. Alcuni bambini gli hanno letto delle riflessioni sulla pace, subito dopo abbiamo cantato unacanzone sullo stesso tema e lui è rimasto molto contento. Ci ha fatto altre domande e ci ha ringraziatoper la nostra partecipazione. Infine gli abbiamo consegnato dei doni: un quadro realizzato con il decou-page dalle nostre insegnanti e un cesto natalizio offerto dai genitori. Alla fine il Vescovo, Don Carlo e laPreside ci hanno ringraziato per la nostra accoglienza e salutandoci sono andati via a far visita agli altriplessi. Per me questa giornata è stata molto importante perché il Vescovo ha lasciato serenità e gioia nelmio cuore.

di Filippo Federici

Oggi è stata una giornata un po’ particolare, perché il Vescovo è venuto a farci visita. Quandoè arrivato abbiamo sventolato dei fazzoletti gialli e lo abbiamo acclamato dicendogli: “Benve-nuto!”. Il Vescovo ha incominciato a parlare e a farci domande sulle maestre e sul nostro ples-

so. Poi noi ragazzi abbiamo cantato la canzone del Circeo, intitolata “La tarantella”, e dei nostri compa-gni l’hanno ballata indossando dei vestiti particolari. Con alcuni ragazzi ho letto delle riflessioni sulla pa-ce e sull’amicizia e Sua Eccellenza è stato molto contento. La Preside ha avuto una bella idea: farsi re-galare le nostre frasi, così le avrebbe inserite sul sito web della scuola. Abbiamo concluso con una can-zone sulla pace. Come sempre le cose belle hanno una fine! Abbiamo donato qualche regalo al Vescovoe al sacerdote che l’ha accompagnato, che si chiama Don Carlo, e così il nostro incontro con Sua Eccel-lenza si è concluso.

di Gaia Leo

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 9

ISTITUTO COMPRENSIVO “LEONARDO DA VINCI” Spazio autogestito

di Giammarco Marzella

elementari e delle medie

Scrittori si cimentanodescrivono l’incontro con il Vescovo di Latina mostrando tutti capacità “giornalistiche”

Goletta verde aSan Felice Circeo

Il Mar Mediterraneo è uno tra i 25 luoghi del pia-neta a maggiore concentrazione di forme di vitasulla Terra. E’ l’unico dove gli ambienti naturali

convivono da tempo a stretto contatto con l’uomo cheli ha profondamente condizionati, modificati, plasma-ti. Per conoscere e difendere questo Mare Nostrum co-

si prezioso ma spesso trascurato, Goletta Verde or-ganizza una campagna regionale di informazione eanalisi sul litorale e nel mare della regione Lazio. Dal 1986 ad oggi, ogni estate, il battello ambientali-sta compie il periplo delle coste italiane prelevando eanalizzando circa 500 campioni d’acqua, proponendoin ogni sua tappa incontri e manifestazioni per stimo-lare i cittadini e le istituzioni a rispettare l’ambientemarino, una delle risorse più importanti per la vita delpianeta Terra. Lunedì 9 ottobre Goletta verde è stata a San Felice Cir-ceo dove sono stati realizzati, per la scuola, labora-tori con attività divulgative legate all’ambiente mari-no e costiero. I laboratori sono un modo per avvici-nare i ragazzi alle bellezze degli ambienti più pecu-liari della regione e contribuire alla valorizzazione ealla diffusione di comportamenti responsabili e con-sapevoli. Le attività hanno coinvolto gli alunni della Scuola Se-condaria di 1° grado per circa due ore dalle 9,00 al-le 11,00 e gli alunni della Scuola Primaria dalle 11.00alle 13.00 e sono state così articolate: – analisi delle acque direttamente dal mare; – attività legate al ciclo dell’acqua, al vento e alle on-

de, alle maree e alle correnti; – osservazioni di flora e fauna marino-costiera. Gli alunni della scuola primaria e media del plessocentrale hanno ascoltato attentamente gli uomini diGoletta verde che proponevano alcune attività labora-toriali sulla spiaggia di San Felice. Purtroppo la Go-letta non è riuscita a raggiungere il porto a causa delfondale sabbioso, ma la disponibilità dell’equipaggioè stata grande: hanno portato a riva tutto l’occorren-te per coinvolgere i ragazzi in una bella lezione dieducazione ambientale.Sarà anche possibile partecipare alla ricerca/concorsosu scala regionale “La più bella sei tu”: i ragazzi po-tranno scegliere qualsiasi forma espressiva (disegni,immagini, fotografie, racconti) per scoprire e raccon-tare i “paradisi” sparsi lungo le coste del Lazio, veree proprie perle della regione per la loro bellezza.La premiazione degli elaborati più significativi, sceltida un’apposita commissione, avverrà a conclusionedel viaggio di Goletta verde lungo le coste laziali. ■

di Serena Di Cosimo

Pagina di diarioSan Felice Circeo,25 novembre 2006

Cara Minù,sono svuotata, non ho più emozioni. Aspetta che ti racconto..Questa mattina a scuola è venuto a farci visita il Vescovo di Latina Mons. Giuseppe Petrocchi, era accom-pagnato dalla Preside dell’Istituto Comprensivo “L. da Vinci” la Prof.ssa Loredana Mosillo, da Don Carloe dal Vice-Preside Prof. Fausto Lanzuisi. Appena sono arrivati, noi ragazzi ci siamo alzati e abbiamo can-tato la canzone “Un senso” di Vasco Rossi. In quel momento si è creata un’atmosfera magica perché tut-ti noi ci stavamo impegnando a cantare con il cuore. Ma ecco che è arrivato il mio momento!!Mi viene da urlare solo a ripensarci.. Io e Patrick, un ragazzo che frequenta la IIA, abbiamo illustrato a tut-ti i presenti il lavoro svolto l’anno scorso, nell’ambito del progetto “Adotta un monumento”. L’argomen-to trattato riguardava i fari, in particolare il nostro faro, quello di San felice Circeo. Il bello è, cara Minù,che nonostante abbia studiato per una settimana intera questi argomenti, durante la presentazione, acausa dell’emozione, ho sbagliato alcune date. Per fortuna mi sono corretta e ho superato l’imbarazzo!Poi la parola è andata a Monsignor Petrocchi, il quale ha parlato di molte cose che riguardano la scuolae la nostra istruzione. Ti confido che un po’ ci sono rimasta male, quando ha generalizzato dicendo chei giovani sono tutti poco studiosi. Bah! Chi li capisce i grandi!! Dopo è stata la volta della Preside, la qua-le si è congratulata con me e Patrick per la nostra esposizione, che ha considerato al pari di una vera epropria lezione! Si è complimentata anche con i nostri compagni perchè hanno saputo ascoltare con at-tenzione. A quel punto alcuni ragazzi hanno offerto al nostro illustre ospite dei doni realizzati nell’ambi-to del laboratorio di Decoupage. L’incontro è terminato con i ringraziamenti del Vescovo. A quel punto siè alzato un applauso talmente forte che devono averlo sentito anche nel plesso vicino e gli ultimi flashdelle macchine digitali hanno accompagnato i nostri ospiti fino all’uscita dalla scuola. Cara Minù, per oggi è tutto. Ti posso assicurare che è stata una giornata veramente emozionante e perme una un’esperienza indimenticabile. Ma devo concludere, da “Diva”, che l’esibizione in pubblico mi hastancato e che il mio lettino sicuro e confortevole mi sta aspettando. ‘Notte, ‘notte.

Tua Serena

Oggi 16 novembre 2006 è venuto a farci visita il Vescovo. È stato puntualissimo: alle ore 10,30come stabilito era già a scuola. Appena è entrato lo abbiamo salutato sventolando in aria faz-zoletti di stoffa gialla. Io pensavo a cosa ci avrebbe detto ed ero eccitatissima.

Dopo un po’ abbiamo iniziato a cantare la Tarantella mentre alcuni compagni la ballavano. Appena finitole maestre ci hanno applaudito e noi ci applaudivamo da soli, devo dire che per questo mi sentivo un po’strana! Poi ci ha iniziato a fare domande e domande ed io non ce la facevo più a stare seduta senza can-tare. Poi finalmente è toccato a me e ad alcuni compagni leggere i nostri pensieri sulla pace e sull’ami-cizia: ci siamo alzati ed uno alla volta, passandoci il microfono, abbiamo letto. Quando è venuto il mioturno ero spaventata e cercavo di leggere bene; poi ci siamo seduti per cantare una canzone sulla paceed anche al termine di questa ci siamo applauditi da soli. Alla fine alcuni compagni hanno consegnato alVescovo e a Don Carlo dei quadretti realizzati con il decoupage ed un cesto con panettoni e frutta. Io eromolto felice della sua visita. Lo abbiamo salutato allo stesso modo dell’arrivo e la Preside ci ha chiestodi regalarle le nostre frasette perché le avrebbe messe sul sito della nostra scuola. Quando se ne sonoandati io ho pensato che non mi dimenticherò mai questa visita

di Linda Ceccato

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 10

Cultura

La lingua italiana ha origine dal dialetto fio-rentino, parlato a Firenze, che prevalse su-gli altri dialetti soprattutto per il prestigio

culturale di cui era portatore e in effetti era la linguadi Dante Alighieri, Francesco Petracca e GiovanniBoccaccio. Comunque ogni Regione aveva il suo dia-letto, ricco di espressioni particolari, e tutti ancoraoggi raffigurano bene il passato e la nostra storia an-che se è sempre più raro trovare persone che parli-no il dialetto d’origine.Eppure non mancano estimatori e nostalgici della tra-dizione dialettale, persone che amano raccoglierequanto rimane del proprio passato e celebrarlo, re-cuperare le proprie radici attraverso lo studio degliantichi dialetti così da mostrare con orgoglio qualifossero le parole e le espressioni in uso e il loro si-gnificato.In quest’ottica ben si colloca il lavoro dell’avvocatoAndrea De Sisti, nato a San Felice Circeo il 1° mar-zo 1927, che da quando è andato in pensione si èdedicato allo studio sistematico del dialetto sanfeli-ciano fino ad arrivare alla pubblicazione, nel lugliodel 2005, del “Dizionario del dialetto circeiense”.Parliamo con lui di questa fatica e gli chiediamo su-bito spiegazioni sul titolo del libro Dizionario del dia-letto Circeiense.“Come è noto dizionario equivale a vocabolario, cioèraccolta di vocaboli, nella fattispecie di vocaboli san-feliciani. Circeiense, perché nella ricerca storica del-le origini del nostro dialetto, prendiamo le mosse

dalla fondazione della colonia romana Circei, avve-nuta intorno al 508-510 a. c., ad opera di Arunte, fi-glio di Tarquinio il Superbo, l’ultimo re di Roma. Cir-ceienses furono denominati gli abitanti, circeiensisè l’aggettivo equivalente a di Circei, appartenente aCircei”.Perché questo libro? “Esso scaturisce dall’attacca-mento al mio Paese natio e dal desiderio di cono-scere come si è formato il nostro vernacolo. Ora cheil dialetto sanfeliciano sta scomparendo, ora che illatino, la nostra lingua madre, non è più oggetto distudio, con eccezione del Liceo Classico, ora che ilvocabolario italiano si sta arricchendo, ma direi im-bastardendo di vocaboli di lingua inglese, lingua chemolto probabilmente, nel giro di qualche secolo, di-verrà la lingua ufficiale dell’Europa e l’italiano rimarràun dialetto, in questa situazione di trasformazione,di cambiamento, parlare di dizionario Circeiense po-trebbe sembrare un non senso, un navigare controcorrente, ma non per il sottoscritto, che ha voluto fo-tografare un pezzo di storia del Circeo per conser-varne le radici”. Quando ha iniziato a lavorarci? “Appena andato inpensione, fine dicembre 1990, ho dato inizio alla ri-cerca ed allo studio sistematico del nostro dialetto,scoprendo così che il sanfeliciano è un insieme o me-glio un amalgama di dialetti. Prevale il ciociaro, poiil napoletano, quindi il romanesco. Come tutti i dia-letti italiani, il sanfeliciano affonda le sue radici nellatino, non mancano vocaboli greci e di lingua neo-

latina, come il francese e lo spa-gnolo”Ci potrebbe sintetizzare i tre in-flussi sul dialetto sanfeliciano,cominciando con l’influsso cio-ciaro? “Più che ciociaro, dovrem-mo parlare di influsso romano-volsco-ciociaro. Il popolo volsco derivò da quelloosco-umbro. Occupò e dominò,per alcuni secoli, una vasta por-zione del Lazio: Ciociaria, MontiLepini, Agro Pontino e la zonamarittima da Anzio a Formia. Nelnostro dialetto sono rimasti di-versi vocaboli volsci originali, checioè non hanno subito la roma-nizzazione o latinizzazione. Es.maddumane, masséra, iterza,isterza, trécënë, rolla, ecc. (que-sta mattina, stasera, l’altro ieri,tre giorni or sono, bagnato fradi-cio, casetta del maiale). Sempredal volsco abbiamo ereditato al-cune caratteristiche, come la emuta o indistinta. La carenza delverbo avere, che viene sostituitodal verbo tenere. Es: me tè fama,me tè seta, oppure tènghe fama,tènghe seta. Le facce quande mene tè. L’inesistenza del verbo do-vere, che viene supplito dal ver-bo tenere più la particella ta. Es:tènghe-ta magna, tènghe-ta bé-ve. Anche il romano ha lasciato

tracce profonde. Es: camore (quam ob rem) = per-ché, per quale ragione - is = egli, esso, colui - re-querra. dal verbo requaero = andare alla ricerca diqualcuno o di qualcosa e tanti altri.”E l’influsso napoletano? “Per poter spiegare l’in-flusso napoletano dobbiamo fare riferimento alla dit-tongazione uè, che abbonda nel nostro dialetto, co-me fuésse, puérche, uérte, puéche, stuérte, ecc. Esaminando il dialetto napoletano, ho selezionato di-versi vocaboli con il dittongo uó, che somigliano qua-si perfettamente a quelli sanfeliciani e seguono lestesse regole, cioè si trovano solo nei vocaboli ma-schili, siano essi singolari o plurali, mai nei femmi-nili, con la sola differenza da uó nap. a uè sanf. Cuór-pe (cuérpe) - suónne (suénne) - uórte (uérte) - pu-paruóle (peparuéle) - capecuóglie - (capecuéglie) -mustacciuóle (mastacciuéle) e tanti altri.”Ma come spiegare l’influsso della lingua campana alCirceo e come giustificare il passaggio del dittongoda uó a uè?“Per rispondere a detti quesiti dobbiamo ritornare in-dietro al 1501, quando S. Felice fu distrutto una se-conda volta dagli aragonesi e precisamente da Fer-dinando I. In tale frangente perirono diversi sanfeli-ciani ed altri furono fatti prigionieri. Quella parte del-la popolazione che riuscì a sfuggire all’eccidio, si ri-fugiò sui paesi dei monti Lepini ed in particolare aSermoneta, roccaforte dei Caetani. Il dominio dellafamiglia Caetani sul feudo del Circeo, durò, quasiininterrottamente, per quattrocento anni, dal 1301 al1713. Guglielmo Caetani, autorizzato da Papa GiulioII a ricostruire S. Felice, per ripopolarlo incominciòa convocare una deputazione degli ex abitanti, rifu-giati sui monti Lepini, intorno al 1508. Non sappia-mo quanti degli antichi abitanti siano rientrati neipaesello, ma riteniamo che dovettero essere tutti oquasi, attratti dalle promesse del Caetani e dalla no-stalgia della loro terra.La vita a S. Felice incominciò a riprendersi.Successivamente una prima ondata diciamo di stra-nieri, pervenne a S.Felice dal napoletano precisa-mente dall’isola d’Ischia. Undici famiglie (circa ses-santa persone), con contratto stipulato dal DucaFrancesco Caetani, nel 1625.Discendenti di dette famiglie rimangono oggi al Cir-ceo i Calisi, alquanto numerosi ed i Capponi nume-rosissimi. Sempre in quel periodo, attratti dalle pro-messe prospettate dai Caetani, giunsero a S. Felicediverse altre famiglie dal Regno di Napoli: da Sper-longa, da Giugliano, Melito, Itri, S. Giovanni Incaricoed altri paesi. Cosicché nel 1659 abbiamo a S. Feli-ce una componente di oltre cento napoletani, com-presi i regnicoli. Sempre in quell’epoca, anteceden-te il 1659, arrivarono a S. Felice, alla spicciolata, unaltro centinaio di persone (venti-venticinque fami-glie), provenienti da diversi paesi d’Italia: Terelle,Pratica, Pastena, Arpino, Roccagorga, Firenze, Val-montone, Livorno, ecc.. Nel 1659 a S. Felice abbia-mo in totale una popolazione di 325 unità, di cui uncentinaio di napoletani, un centinaio di quelli pro-venienti da diversi paesi d’Italia e centoventi circasanfeliciani.I napoletani, costituenti una componente unita e

di Alessandro Cresti

Il dialetto sanfeliciano sta scomparendo

Dizionario del dialetto circeienseUn prezioso lavoro per la sua specificità e il valore di ricerca documentale

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Tradizioni

IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 11

Anche il Circeo ha, o meglio aveva il suo Carnevale. Non era ilcarnevale di Rio, né quello di Viareggio, né quello di Venezia.Era un carnevale minuscolo, il carnevale dei ragazzi. Ma era

pur sempre un carnevale, atteso e festeggiato con entusiasmo, anchese, come ho detto, quasi solo dai ragazzi. E il clou di questo avveni-mento era il rogo del Fantoccio, costruito dai ragazzi stessi, a cui ve-niva imposto il nome di Carnevale.Non so se si festeggiasse già prima della mia nascita, ma so che, alrientro dallo sfollamento, già prima degli anni cinquanta, si è cessatodi festeggiarlo: da quando, mi dicono, non si è sentito più il rintoccodel campanone suonare a morto. Ma il ricordo del piccolo carnevaledel Circeo è vivo in me in tutte le sue fasi e rappresenta una pausalieta della mia infanzia, incancellabile.Ignoro chi abbia inventato questo tipo di carnevale, se un adulto o unragazzo, ma, chiunque sia stato, mi sembra che abbia pienamente ri-spettato il duplice significato della parola composta latina “carne-va-le”: di addio alla carne come alimento e come divertimento, all’ab-buffata e alla vita licenziosa, prima di dare inizio alla Quaresima, alperiodo di austerità, di pentimento, di astinenza, di preparazione al-la Pasqua, alla Resurrezione, alla rigenerazione, alla vita nuova.Il carnevale circeiano non era una entità astratta: si materializzava inuna realtà vivente. Si impersonava in un ragazzo che, dopo essersi in-gozzato di carne e di ogni genere di golosità, riceveva la meritata pu-nizione.Quindi non mancava neppure l’insegnamento morale; si concludeva in-fine con una punizione, sia pure esagerata, ossia con la morte.Però nella mente di noi ragazzi non si trattava di morte vera, ma, percosì dire, di una morte indolore, o meglio di una morte gioiosa, di unamorte per finta, che non comportava sofferenza, ma solo esplosionedi lamenti misti a risate.Assumeva la caratteristica di uno scherzo collettivo, di una morte per vivere, perdivertirsi, compreso il rogo finale del Fantoccio.Era tutto una recita all’aperto, a cui partecipava l’intera popolazione dei ragazzi,maschi e femmine, ma rispettava, come già detto, il vero significato del terminecarnevale, di addio alla carne, alla vita licenziosa, per aderire allo spirito della Qua-resima.Il carnevale del Circeo, atteso con ansia, si celebrava soprattutto l’ultimo giorno, ilmartedì grasso. Fin dal mattino, tutti o quasi tutti i ragazzi del Paese, come ob-bedendo ad un segnale prestabilito, si riversavano nel luogo dell’appuntamento,a Ciaquea, una stradicciola subito a destra del limite delle “Scalelle”, la scalinatadagli ampi gradoni, che da via XX settembre scendeva e scende tuttora ad incon-

trare la via Cristoforo Colombo, dritta e ripida, proveniente dal mare; la stessa stra-da che, allargata e asfaltata, conduce oggi agli edifici scolastici e alla Bibliotecacomunale.A “Ciaquea” si dava inizio alla costruzione elaborata del Carnevale, cioè del Fan-toccio dalle sembianze di un ragazzo: la maglietta, la giacchetta e calzoncini veni-vano imbottiti di “sellaroni e pappatana”, termini dialettali indicanti erbe selvati-che, che crescevano e crescono rigogliose ai lati delle strade. Sulla testa, cioè sul-l’involucro di stracci che voleva rappresentare un volto umano, veniva posto un cap-pello speciale, un “Pisciaturo”, ossia un orinale raccattato nel sentiero maleodo-rante sotto le mura dell’abitato.Terminata la costruzione del fantoccio, quattro ragazzi, tra i più robusti, lo solle-vavano, lo adagiavano su una rozza barella di legno già preparata e posta sul ter-reno. Sollevavano la barella impugnando le quattro stanghe, se la caricavano sul-

le spalle, due davanti e due di dietro, e davano inizio al trasporto funebre, co-me si faceva una volta con i morti che venivano portati a spalla al cimitero den-tro una cassa di legno adagiata su una barella.Dopo la salita delle Scalelle, iniziava il vero trasporto funebre, seguito da uncodazzo di ragazzi, maschi e femmine, che schiamazzavano ed emettevano al-ti lamenti, fingendo di piangere, e cantavano in coro:

“Carnevale girunte girunte,a Pasqua facìme iu cunte.Carnevale mie buene,te sì magnate la ciaccia miae mò sì muerte,povero Carnevale mie …”

Ciaccia è uguale a ciccia, carne. Mi sfugge il significato del termine “girunte”,ma forse equivaleva a “girandolone”, vagabondo, a meno che non sia stato in-ventato per far rima con “cunte”.Questo corteo schiamazzante e piangente faceva il giro del Paese e andava afermarsi nella piazza principale, ai piedi della Torre dei Templari.Qui si attendeva il rintocco del campanone del campanile della chiesa, che suo-nava a morto per dire addio al Carnevale e dare inizio alla Quaresima. Poi siaccendeva un gran fuoco e si condannava al rogo il Fantoccio di Carnevale coni vestiti e la barella, fino alla consumazione di tutto, con grida e schiamazzi eapplausi di una gran folla assiepata all’intorno.In tal modo avevano termine i festeggiamenti del piccolo Carnevale del Circeo ■

di Tommaso Lanzuisi

Al tempo della mia infanzia

Il Carnevale al Circeo Nel ricordo di un sanfeliciano

Il grande rogo

Così la pittrice sanfeliciana, Buttari del Circeo, ha sapientemente disegnato il Carnevaledel Circeo, come si festeggiava una volta. Il Fantoccio è quasi ultimato, due ragazzi inpiedi attendono alle rifiniture, un terzo, con le braccia colme di “sellaroni”, è seduto ac-canto alla barella di legno, il “pisciaturo” è pronto per essere posto sulla testa del Fan-toccio.

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 12

Delibere di Giunta ComunaleN Data Oggetto228 15/11/06 Prelievo dal fondo di riserva per automezzi di servizio229 “ Progetto di massima per installazione di n. 12 pensiline alle fermate

bus trasporto urbano e scolastico. Approvazione.230 “ Differimento termini per conclusione iter concorso pubblico n. 2 istrut-

tori contabili L. 68/99231 “ Avvio corsi di formazione professionale finalizzati alle progressioni ver-

ticali per personale dipendente232 “ Servizi di vigilanza presso le scuole svolto da cittadini anziani. Ap-

provazione disciplinare233 “ Nomina commissione esperti in lingua straniera commissioni L.R. 29/96234 24/11/06 Concessione utilizzo locale comunale all’associazione culturale “Isola

Eea”235l “ Nomina commissione esaminatrice per formazione graduatoria per in-

quadramento personale nei nuovi profili professionali236 “ Intervento sociale a favore di P. M.237 “ Presa d’atto presentazione progetto preliminare prot. 20099 del

11/08/06 ai sensi della L.R. 26/06/97 n. 22238 29/11/06 Piano provinciale di interventi a favore degli immigrati extracomunita-

ri239 07/12/06 Iniziativa associazione “Tendi la mano”. Concessione patrocinio mo-

rale240 “ Iniziativa “Mercato di Natale”. Concessione patrocinio morale241 “ Incarico consulenza con consorzio Invenio finalizzato all’ottenimento

di finanziamenti comunitari nazionali e provinciali242 “ Costituzione in giudizio innanzi al TAR Lazio ricorso promosso da An-

na e Vera Blanc contro comune di San Felice Circeo e Regione Lazio .Nomina legale (avv. Maria Panetta 3.422,77 ¤)

243 “ Modifica atto di Giunta Comunale n. 214/06244 “ Concessione Teatro comunale e patrocinio morale all’associazione Pro

Loco di San Felice Circeo per esposizione presepi245 “ Piano di riqualificazione urbana di La Cona. Validazione versione de-

finitiva dello studio preliminare246 12/12/06 Prelievo dal fondo di riserva spese straordinarie manutenzione auto-

mezzi raccolta R.S.U247 13/12/06 Rappresentazione Presepe Vivente di Borgo Montenero. Concessione

patrocinio ed energia elettrica

248l “ Adeguamento compenso anno 2006 ditta Europa Viaggi per serviziogratuito per gli anziani

249 “ Presa d’atto della graduatoria del progetto di inserimento e reinseri-mento categoria ad alta fragilità sociale.

250 “ Prelievo fondo di riserva spese funzionamento SUAP251 “ Patrocinio gruppo musicale “Apeiron sax quartet” per concerto di Natale252 “ Approvazione inquadramento dei dipendenti nei nuovi profili profes-

sionali253 “ Modifica art. 4 c. 2 del Regolamento per il funzionamento del nucleo

di valutazione254 “ Servizio di controllo interno – Conferma esperti esterni per un bien-

nio dal 01/01/2007255 “ Patrocinio Ass. Italiana per la ricerca sul cancro. Distribuzione arance

della salute256 “ Mostra mercato in piazza Ivo Ceccarelli. Concessione patrocinio257 “ Partecipazione al bando pubblico di cui alla L.R. 1/2001258 15/12/06 Aggiornamento Piano Esecutivo di Esercizio 2006. Risorse finanziarie259 20/12/06 Conferma componenti esterni Nucleoo di Valutazione biennio 2007/08260 “ Implementazione cap. 56/4. Indennità rimborso missioni. Prelievo dal

fondo di riserva261 “ Servizio Pubblico locale. Nuovo programma di esercizio 2006/2007262 “ Interventi di disinfestazione. Prelievo dal fondo di riserva263 “ Automezzo di rappresentanza. Prelievo dal fondo di riserva264 “ Spese di rappresentanza. Prelievo dal fondo di riserva265 “ Lavori di messa in sicurezza di via Terracina. Approvazione progetto

definitivo266 “ Implementazione cap. 325/1. Autorizzazione prelievo dal fondo di ri-

serva267 29/12/06 Esigenze dei vari uffici. Prelievo dal fondo di riserva

Delibere del Consiglio Comunale86 30/11/06 Designazione rappresentante del comune in seno al consiglio di am-

ministrazione del Consorzio di Bonifica. Punto ritirato87 “ Comunicazione prelievi dal fondo di riserva88 “ Assestamento generale di bilancio per l’esercizio finanziario anno 200689 “ Esame ed approvazione del regolamento per le entrate comunali. SUAP90 “ Approvazione protocollo d’intesa operativo per attività risocializzanti91“ Adozione P. P. E. sottozona D 5 del PRG. Seduta deserta.92 04/12/06 Adozione P. P. E. sottozona D 5 del PRG. Punto ritirato

Ècon una malcelata punta di orgoglio che mi accin-go a raccontare della nostra positiva trasferta mu-sicale in Belgio, dove siamo stati accolti, dal 13 al

17 dicembre scorso, con un calore ed un affetto emozio-nanti, riservatoci da pubblico e critica ogni sera, ed in par-ticolare dalla numerosa comunità di Sanfeliciani presentinel territorio di Liegi.Nel ringraziare per l’attenzione e per i giudizi lusinghieririvolti al nostro gruppo, sia dal Console Italiano a Liegi, siadagli organizzatori che ci hanno cortesemente invitato, nonposso non sottolineare che il nostro lavoro, spesso fati-coso (e non di rado anche ostacolato al Circeo da qualche“bravo assessore”), che portiamo avanti ormai da più diun anno, ha avuto qui un giusto riconoscimento, ed ha ma-turato i suoi frutti proprio con queste esibizioni in Belgio,dopo che i primi affermativi esiti si erano manifestati coni Concerti Estivi del Circeo al nuovo Belvedere, e culmina-ti poi nel bellissimo concerto del 25 Agosto in Piazza delComune, dove si è registrato, con mia somma soddisfa-zione, un pienone storico di spettatori.Sono tutti successi che gratificano, insieme al nostro, il la-voro dell’Associazione Culturale “L’isola EEA” che da sem-pre ci sostiene con la Scuola di Musica e con l’organizza-zione tecnica.La trasferta degli “Art Café Novecento” in Belgio e’ servi-ta da una parte a rinvigorire il legame, mai interrotto, trale numerose famiglie di Sanfeliciani che lavorano all’este-ro con la propria terra d’origine, il Circeo, che noi abbia-mo fieramente rappresentato, ma e’ stata una trasferta im-

portante anche per noi musicisti, per verificare la tenutadel nostro gruppo di fronte a situazioni più impegnative,come l’avere addosso gli occhi puntati di personalità, di-rigenti e critici avvezzi a spettacoli di alto livello o una pla-tea meno “casalinga”, e più disincantata di quella che ab-biamo quando suoniamo dalle nostre parti.Sono proprio queste le situazioni che io personalmente cer-cavo e speravo di trovare, perchè ti spingono a raggiun-gere un’altissima tensione interpretativa, mentre suoni, eti stimolano a dare sempre il meglio di te, come nella pri-ma serata, poche ore dopo essere sbarcati dall’aereo e ca-tapultati in un bellissimo Auditorium gremito di invitati (sisvolgeva un importante convegno medico), ai quali avrem-mo dovuto “alleggerire” l’atmosfera seriosa del tema chestavano dibattendo. Ebbene, grazie all’ottimo impianto acu-stico della Sala, che ha consentito alla platea di cogliereappieno tutto il fitto tessuto di sfumature e toni delle no-stre due voci soliste, Paola Fabrizi e Carmine Monaco, sia-mo riusciti ad accendere il pubblico con un concerto cheha attraversato il Musical, lo Swing ed il repertorio della Tra-dizione Italiana, che praticamente tutti hanno dimostratodi conoscere ed apprezzare.

Non meno bella ed emozionante e’ stata un’altra sera, l’ul-tima, davanti a numerose famiglie di Sanfeliciani emigrati,che ci hanno persino fatto commuovere per la loro fortepartecipazione emotiva.Quando si accendono le luci sul palcoscenico, inizia sem-pre un momento magico tra chi suona e chi ascolta. Ma lasera di sabato 16 Dicembre, forse perchè vicina al Natale,e’ stata speciale, ancor più suggestiva.E siamo orgogliosi, come sanfeliciani, di aver fatto vivereal pubblico momenti intensi, risvegliando in loro la no-stalgia per l’Italia, e regalando loro, specie con musiche delrepertorio napoletano, lunghi momenti di emozione.Come musicisti siamo consapevoli di aver vissuto un’e-sperienza preziosa, che sappiamo si ripeterà con piaceredi nuovo nella prossima primavera, con un’altra serie diconcerti all’Estero.Per concludere questo breve diario di viaggio, desidero for-temente ringraziare l’eccezionale vitalità di una nostra ca-ra amica, ormai quasi nostra manager, Anna Calisi Bellomi,sanfeliciana D.O.C. che vive e lavora a Liegi, che si e’ pro-digata con ogni mezzo per rendere la nostra trasferta inBelgio meravigliosa, comoda e senza alcun tipo di proble-mi.Grazie a persone come lei, come suo marito Freddy, checredono tenacemente nel nostro lavoro, noi ci sentiamo for-ti, pieni di energia per tutti i progetti a venire. E sarannotanti.Con buona pace di qualche bravo “assessore” sanfelicia-no… ■

Musica

di Romolo Alessandrelli

Un successo costruito e che parte da lontano

Gli “Art Cafè Novecento” in BelgioGrande e sentita è stata la partecipazione degli emigrati Sanfeliciani

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di Andrea De Sisti

Sacrestano e postino nello stesso tempo

Valleriane (Valeriane)1° parte

IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 13

Personaggi Tipici - Oroscopo

Piccolo di statura, gibboso, canuto, occhiali conlenti spesse, con erre arrotata. Nonostante isuoi difetti, svolgeva una duplice attività: quel-

la di sacrestano e quella di postino.I nostri ricordi si riferiscono agli anni 1936-40.Valeriano sacrestano.Come sacrestano suonava i rintocchi del campanoneall’alba, a mezzogiorno e all’Ave Maria. Nei giorni fe-stivi, quando doveva azionare tutte e tre le campane,cioè il campanone, la mezzana e la campanella, veni-va coadiuvato da qualche chierichetto.II suono dell’alba e dell’Ave Maria generalmente eraregolato dal suo orologio: un grosso “cipollone” le-gato ad una catenella ancorata ad un’asola della giac-ca e infilato nel taschino sinistro (jù burzacchine). Det-to orologio, spesso anticipava o ritardava di diversi mi-nuti e Valeriano, nel dubbio circa l’esattezza dell’ora,consultava l’orologio della Torre dei Templari. Ma an-che questo, ogni tanto, ritardava di alcuni minuti, fi-no a quando non veniva regolato dall’addetto al con-trollo.Per poter più agevolmente afferrare le corde dellecampane, Valeriano si serviva di un supporto, com-posto da una robusta cassetta di legno, alta una quin-

dicina di centimetri. Orbe-ne, una volta, dei ragazzigliela nascosero, cosic-ché, per suonare i rintoc-chi di mezzogiorno, il po-vero Valeriano dovettesaltellare per poter ac-chiappare la corda delcampanone.Il sacrestano, quando en-trava nel campanile, la-sciava sempre la chiave

nella toppa della porta. Una volta i soliti birbanti lo rin-chiusero dentro e fecero sparire la chiave. Valeriano,prigioniero, incominciò prima a bussare con i pugni,poi con i calci contro la porta, quindi a urlare, a invo-care e a singhiozzare. A quell’ora però, mezzogiorno,in chiesa non c’era anima viva e Valeriano, quasi di-sperato, stava per procurare l’allarme, azionando ilsuono del campanone, quando un passante percepì lesue urla e con l’aiuto del parroco, che possedeva unaseconda chiave in sacrestia, riuscì a liberarlo.Da allora il campanaro non lasciò mai più la chiave nel-la toppa. Nondimeno, i soliti “noti” continuarono a far-

gli dispettucci. Come quando gli piazzarono dietro laporta, che si apriva dall’esterno, due banchi di chie-sa. Il poveruomo tentò di rimuovere gli ostacoli, spin-gendo la porta con tutte le sue forze, ma inutilmen-te. Alle sue urla accorse un’anima pia, che provvide aspostare i banchi, consentendo l’apertura della por-ta. Prima di qualsiasi funzione religiosa, il sacrestanoaccendeva le candele dell’altare con uno stoppino le-gato alla punta di un’asta. Terminato il rito, le spe-gneva con una cupoletta collegata ad un’altra asta.Dette operazioni non erano semplici, data la sua ac-centuata miopia. Ricordo che, specialmente quando lespegneva, si sentiva un odore sgradevole di cera. Ciòcreava il pretesto a quelli che non entravano in chie-sa “perché gli puzzava la cera”.Alla fonte battesimale reggeva un cesto rotondo con-tenente gli ingredienti del rito: olio, sale, ovatta e ac-qua. Rispondeva, assieme agli altri presenti alle do-mande del sacerdote, con la sua erre arrotata - “Cre-di in Dio Padre Onnipotente...?” “Crrredo” “Abronun-ci a satana, alle sue pompe...!” “Abbrrrununzio”.(continua)

da O’KEA’MUSdi Andrea De Sisti

Oroscopo di Febbraio 2007 di AldebaranAriete

dal 21/3 al 20/4

Tutto ciò che è nuovo vi porta vantag-gi. L’appoggio benefico di Saturno e diGiove vi ricordano di saper aspettare.C’è una grande energia nell’aria cherende calda anche la stagione inver-nale.

Torodal 21/4 al 22/5

Dopo tanti problemi, finalmente, un pe-riodo in cui ricominciate a guardare lavita piacevolmente. Il lavoro e l’amorevi arriveranno da ogni parte. Sarete piùottimisti e sicuri di voi stessi. Sono fa-vorite le attività associative.

Gemellidal 23/5 al 21/6

Nonostante Saturno e Nettuno favore-voli, non sarà un mese facile soprat-tutto nel lavoro. Sarete esposti a criti-che e commenti vari. Sarà utile cam-biare atteggiamento ed essere diplo-matici. In fondo anche le critiche aiuta-no a crescere se sono costruttive.

Cancrodal 22/6 al 22/7

L’energia di Marte in opposizione virende nervosi e molto ipersensibili. E’preferibile mantenere una condottamoderata. Mercurio intanto vi aiuterà inamore e nel lavoro con un pizzico diumorismo, perché fa sempre benesdrammatizzare.

Leonedal 23/7 al 23/8

Tante opportunità bussano alla porta:amore, lavoro, concretezza di progetti.Giove favorevole ed espansivo aspettasolo una vostra risposta. Fate atten-zione ad un inatteso problema di vec-chia data, però poi tutto troverà la suagiusta soluzione.

Verginedal 24/8 al 22/9

In questo mese Marte suggerisce: in-vestite sulla razionalità tutte le deci-sioni da prendere. Allontanate da voiinsofferenza e ribellione. Possibili cam-biamenti in casa e nel lavoro. Usate lavostra preziosa ironia e guardatevisenza prendervi troppo sul serio.

Bilanciadal 23/9 al 22/10

Più fantasiosi e creativi di sempre, tro-verete la soluzione, senza sforzo, a di-versi problemi che vi assillano. Un in-contro malizioso potrebbe farvi perde-re la testa.

Scorpionedal 23/10 al 22/11

Mercurio e Venere vi stimolano ad es-sere più ottimisti e sicuri di voi stessi.La carica di energia potrà favorire i rap-porti con amici e parenti. Ottimo perio-do in cui brillerete nelle attività di grup-po. L’amore sarà vissuto con più desi-derio e genuinità.

Sagittariodal 23/11 al 21/12

Forse state scoprendo in voi una venadi dolcezza che non sapevate di pos-sedere? Grandi e piccole novità in arri-vo. Apritevi con fiducia verso il futuroe camminate su un tappeto di iniziati-ve favorevoli.ù

Capricornodal 22/12 al 20/1

Marte è nel vostro segno e vi colmeràdi giusta energia per affrontare cam-biamenti incisivi e fortunati. Giornisplendidi per l’amore. Riprendete i con-tatti con una persona che non vedeteda tempo.

Acquariodal 21/1 al 19/2

I rapporti di lavoro o di affari sarannofavoriti, anche i guadagni, ma attentiagli investimenti di denaro. Evitate con-flitti con colleghi e mantenete un certodistacco. Usate il vostro buon senso ela generosità del cuore.

Pescidal 20/2 al 20/3

Dovete concentrare la vostra attenzio-ne sul lavoro, la carriera e la realizza-zione personale, quindi organizzatevi.Non assumete posizioni che potrebbe-ro danneggiarvi. Venere raggiante so-stiene i vostri sentimenti d’amore.

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Il periodo compreso tra la fine di novembre e l’i-nizio del mese di dicembre, è coinciso con il mo-mento più buio della squadra sanfeliciana. Dopo

la sconfitta, non senza rimpianti, rimediata sul campodella Nuova Itri, la Circe è andata incontro ad una se-rie di partite nelle quali, anche a causa delle troppe de-fezioni dovute agli infortuni, ha ottenuto soltanto unpunto in casa contro il Sermoneta. E’ opportuno faredelle considerazioni, perché se nelle due partite in-terne contro il Sermoneta e l’Hermada, la squadra dimister Ceccarelli deve fare il “mea culpa” per aver gio-cato due brutte partite, nelle quali si è notato moltonervosismo; invece, sulle due trasferte contro il Pod-gora ed il Sabotino, c’è qualche recriminazione da fa-re. In effetti, sul campo del Podgora, la Circe ha sfio-rato in almeno tre occasioni la rete del vantaggio perpoi subire a metà ripresa il goal dei padroni di casa,che raddoppiavano a pochi minuti dal termine. Sul cam-po del Sabotino, l’inizio della squadra era disarmante,con la prima mezz’ora alla mercé dei padroni di casache mantenevano un ritmo asfissiante mettendo allecorde i ragazzi di mister Ceccarelli che andavano sot-to di due reti dopo circa venti minuti. Nella ripresa eraun’altra partita, la Circe assediava con orgoglio la me-tà campo del Sabotino, sorpreso dalla veemente rea-zione dei sanfeliciani che a metà del secondo tempo,venivano premiati dal gran goal siglato da Egidi (Gi-gio) che s’avventava su una corta respinta della dife-sa e faceva partire un bel tiro che s’infilava all’incro-cio. Rinfrancati dalla rete con la quale veniva riapertala partita, i ragazzi della Circe continuavano a spinge-re e proprio al novantesimo, Capponi R. segnava di te-sta il goal del pareggio che l’arbitro annullava inspie-gabilmente. La serie di partite senza punti, veniva in-terrotta nell’incontro giocato al Ballarin contro il Peni-tro, con la Circe che dominava la formazione ospite perlunghi tratti e veniva gratificata dal 4-1 finale. Il van-

taggio arrivava dopo pochi minuti di gioco con un grantiro da fuori area di Palmerio, il raddoppio era operadi Scardellato che da pochi metri ribadiva in rete un as-sist di capitan Benetti, mentre nella ripresa il conto ve-niva chiuso da un redivivo Mancini con un gran tiro indiagonale e da Sacchetti con un’azione di rimessa. Nel-la trasferta di Latina Scalo, la Circe accarezzava il so-gno della prima vittoria esterna grazie al repentino van-taggio su punizione di Sacchetti ma dopo pochi minu-ti della ripresa, i ragazzi di Ceccarelli nonostante il van-taggio numerico maturato nel primo tempo, venivanoraggiunti su calcio di rigore. All’Aldo Ballarin contro il24Mila Baci, la Circe otteneva il terzo risultato utile con-secutivo, ma gettava al vento la vittoria per una leg-gerezza difensiva dopo aver capovolto lo svantaggioiniziale. Prima il capitan Benetti su punizione e poi

Mancini ad inizio ripresa con un bel goal su un tiro dallimite dell’area, portavano in vantaggio la Circe che, pe-rò veniva raggiunta dopo qualche minuto ed era co-stretta ad accontentarsi di un pareggio per 2-2. La for-mazione di mister Ceccarelli che ha dovuto fare i con-ti con tanti infortuni, non può prescindere da giocato-ri dello spessore tecnico di capitan Benetti, Sacchettie Recchia, i quali, in tutte le occasioni in cui sono sta-ti presenti ci hanno fatto vedere una Circe più compe-titiva. Nonostante quello che pensano alcuni (l’arte de-nigratoria e disfattista di certi sanfeliciani potrebbe es-sere materia di studio…), i ragazzi di mister Ceccarellihanno le potenzialità umane e tecniche per fare un gi-rone di ritorno da protagonisti. La mia è semplicementel’analisi oggettiva dei contenuti che ci sono in seno al-la Circe e la constatazione che ci sono molte squadremediocri alla portata della formazione sanfeliciana. Dasegnalare l’arrivo dell’attaccante Marigliani nel merca-to di Dicembre. ■

Il Montenero, fatica a risalire la china dopo un ini-zio di campionato piuttosto difficile. Il momentodifficile del Montenero ha raggiunto il suo culmi-

ne dopo la partita di Sermoneta, nella quale la squa-dra del borgo ha rimediato un 3-0 a tavolino, a causadi cinque espulsioni che hanno costretto l’arbitro a so-spendere la partita. Un po’ per volta il Monte-nero ha provato a riordinare le idee e dopola partita di Sermoneta, che ha lasciato de-gli strascichi con il pesante fardello deglisqualificati, la formazione del PresidenteBenetti è riuscita ad ottenere quattro risul-tati utili consecutivi. In effetti, nonostante lesqualifiche cui il Montenero ha dovuto farefronte dopo Sermoneta, la squadra è riuscita a ri-organizzarsi e dopo la sconfitta interna per 1-0 con-tro il quotato Podgora, sono arrivati in successione, trepareggi ed una vittoria. Nel derby contro l’Hermada enella successiva partita interna contro il forte Saboti-no, la squadra del borgo, che nel frattempo aveva so-stituito Vinciguerra con mister Polidori, otteneva duepareggi a reti bianche. Nell’insidiosa trasferta controil Penitro, il Montenero tornava a casa con un buon 1-

1, nella successiva partita, tra le mura amiche, arriva-va la prima agognata vittoria “strappata con i denti”quasi al termine grazie al solito Capponi. La vittoriacontro il Latina Scalo, vedeva l’iniziale vantaggio delMontenero grazie al difensore Equino. Nella ripresa ar-rivava il pareggio della squadra ospite, quando man-

cavano appena dieci minuti al termine, ma ci pen-sava il bomber Capponi a regalare la prima sto-rica vittoria in campionato. La piccola strisciapositiva veniva interrotta nella trasferta di La-tina contro il 24Mila Baci, con il Monteneroche rimediava una sconfitta per 1-0, anchese il risultato più difficile da digerire era quel-

lo successivo con la squadra del borgo che ri-mediava un pesante passivo interno per 4-0 con-

tro il Monte San Biagio. La squadra del borgo, sembraessersi calata con maggior umiltà nel campionato diPrima Categoria ed anche se da qui alla fine della sta-gione ci sarà un campionato di passione, la squadraha acquisito maggior coscienza dei propri mezzi e pen-siamo che possa diventare una mina vagante in gra-do di fare lo sgambetto a qualsiasi formazione del gi-rone. ■

IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 14

Sport

di Tommaso Di Prospero

Soltanto un punto in casa

La Circe d’inverno

Dal Montenero, flebili segnaliLa squadra ha acquisito maggiore coscienza dei propri mezzi

Il portiere Carbone e il difensore Scardellato

La scuola di calcioUn modello da imitare

Dopo appena due stagioni di vita, la scuo-la calcio della Nuova Circe si sta rita-gliando uno spazio importante nell’ambi-

to della nostra provincia. Sono circa cinquanta i ra-gazzini che stanno acquisendo i primi rudimentidella tecnica calcistica, sotto la guida qualificatadegli Istruttori. In effetti, oltre ai nuovi arrivati,bambini di appena sei anni, ce ne sono alcuni conqualche anno in più, che si stanno cimentando conpassione nelle prime partite con altre realtà calci-stiche del nostro comprensorio. In ogni caso, an-drà valutata attentamente la crescita d’ogni sin-golo bambino, tenendo in considerazione che ab-biamo a che fare con fanciulli in forte crescita evo-lutiva sia sul piano fisico che mentale. In quest’e-tà, come ha sottolineato il responsabile della scuo-la calcio, Franco Farinella, supportato dai suoi tec-nici, sarà insegnata la tecnica di base, che a di-spetto della giovanissima età, è acquisita veloce-mente. In quest’età, il sistema nervoso centrale deibimbi è molto sviluppato, e quindi gli esercizi pro-posti, sono assimilati senza grosse difficoltà. Fi-no ai 10-12 anni sono stimolate le capacità coor-dinative, attraverso le cosiddette fasi sensibili, imomenti nei quali in funzione dell’età si può an-dare ad incidere ottenendo dei risultati importan-ti. Il tutto è presentato in modo ludico e disimpe-gnato perché il fine principale è quello della pro-posta tecnica attraverso il gioco. L’iniziativa di cuisi è fatto carico Farinella, con l’aiuto di Filippo Se-nesi il Presidente della Nuova Circe, di LucianoMagnanti, Giuseppe Mignardi, Gianpaolo Cicconi edei tre Istruttori, Alberto Calisi, Luigi Di Prosperoe Raimondo Petrucci, ha una finalità moralmenteencomiabile, perché offre la possibilità di un’al-ternativa al poco che, sul piano meramente spor-tivo, viene offerto per i più piccoli nel nostro pae-se. La cultura dello sport, come scuola di vita, l’i-dea del gruppo come contrapposizione all’indivi-dualismo e lo spirito di sacrificio, costituirà un ba-gaglio solido dal quale attingere nei momenti didifficoltà nell’età adulta. A quest’età, si lavora performare i sanfeliciani del domani, che attraversola scuola calcio, si confrontano con dei modelli sa-ni e costruttivi.

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Lo spazio della città

IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 15

Con un incasso didiciotto milioni dieuro, Natale a

New York è stato il film più visto du-rante il periodo natalizio. Dopo laseparazione da Massimo Boldi, econtemporaneamente l’uscita di“Olè”, Christian De Sica torna cometutti i Natali a far sorridere con la suaverve comica e le sue battute, af-fiancato da un cast d’eccezione.Massimo Ghini, Sabrina Ferilli, Elisa-betta Canalis, Fabio De Luigi e Clau-dio Bisio sono solo alcuni dei nomipiù conosciuti.Due storie parallele ambientate entrambe nella Grande Mela, quella di Fa-bio De Luigi e di Christian De Sica.Chirurgo in carriera il primo e bugiardo patentato il secondo.Relazioni amorose e tradimenti che si intrecciano, sospetti e bugie checreano esilaranti gag comiche.Un’eccezionale Sabrina Ferilli nel ruolo della moglie /amante “burina”, unfresco e sorprendente Fabio De Luigi, sono gli ingredienti fondamentalidella riuscita del film.

ORA LEGALE

di Antonio Di Salvo

Usi Civici: un po’ di chiarezza

Ènoto che il territorio di San Felice Circeo presenta numerose zone “ad uso civico”. Ma cosa sono esat-tamente gli usi civici? Proviamo, in poche righe, a capire qualcosa di più in materia.

Gli usi civici sono diritti di godimento, d’uso e anche di proprietà spettanti alla collettività su terreni di pro-prietà di comuni o di terzi e che hanno ad oggetto, di volta in volta, il pascolo, la pesca, la caccia, la raccol-ta della legna e dei funghi ecc. Essi spettano ai membri della collettività che nei fruiscono uti cives e non all’ente rappresentativo della col-lettività (comune); la collettività si identifica nella frazione, nella collettività comunale. Gli Usi Civici gravanosu beni immobili, privati e demaniali e sono inalienabili. La legislazione che disciplina la materia risale al 1927(L. 1766/1927) che ne prevede la trasformazione in diritti dominicali su porzioni ridotte dei beni su cui es-si gravano. La normativa richiamata disciplina la liquidazione degli usi che gravano su beni privati medianteil distacco di una quota da cedere in proprietà alla collettività, nonché l’eliminazione delle promiscuità esi-stenti allorché degli stessi immobili beneficino più collettività. Le attribuzioni degli organi istituiti a tale sco-po – il Commissariato per la liquidazione degli usi civici (nel ns. caso quello del Lazio, Umbria e Toscana) –sono stati, oggi, trasferiti alle Regioni; al Commissariato sono rimaste, tuttavia, le funzioni giurisdizionali at-tinenti alle controversie che nascono in ordine all’esistenza, natura ed estensione di tali usi.La presenza dell’uso civico su un territorio comporta, per il proprietario del medesimo, l’obbligo di soppor-tare il godimento del terreno anche da parte dei membri della collettività.Si è detto che il Commissario per la liquidazione degli usi civici è competente a decidere sulle controversiecirca l’esistenza, la natura e l’estensione dei diritti di godimento spettanti alla collettività su beni demanialie privati. Contro le decisioni del commissario è ammesso il reclamo ad una sezione specializzata della Cortedi Appello di Roma, avverso la cui sentenza è ammesso il ricorso in Cassazione entro quarantacinque giornidalla notificazione della sentenza stessa.Naturalmente il presente scritto non ha la presunzione di esaurire l’intera problematica relativa gli usi civici,ma tenta di essere un primo approccio alla stessa rinviando ad altre sedi i necessari approfondimenti.

ANGOLO DELLA POESIA

Coppietteaffumicate

Ingredienti:

1 chilo di carne di maialesalepeperoncinosemi di “petartera” (coriandolo) maci-natisemi di finocchietto selvatico

Tagliate la carne a listarelle larghe cir-ca 6 cm e lunghe circa 15 cm. Tagliatedi nuovo tutte le listarelle al centro, peril lungo, fino a una altezza di 10 cm,formando, in pratica, una y. In una ter-rina mescolate il sale, il peperoncino, lapetartera e il finocchietto. Cospargete

questo com-posto sullacarne e la-sciate insaporire nel frigorifero per 24ore.La mattina successiva preliminarmenteaccendete il camino, perché dovretemettere ad affumicare le coppiette, ap-pese ad un lungo bastoncino, con il fuo-co già spento (anche la brace non de-ve più “occhieggiare”).Ripetete l’operazione di affumicatura finquando saranno ben secche. ■

da “LA VISCOTTARicette di San Felice Circeo”

di Angela Bassani

L’incantesimodi Maga Circedi Grigor GrigorovQuando i miei occhiparlano con il tuo corpoil mio cuore trabocca di gioia!

Quando il vento giocacon i tuoi capellisono geloso e lo sonoanche con il mare cheti accarezza ed abbracciacon le sue onde!

Quando sorridisostituisci il sole, nascosto dietrouna nuvola e sento piacere e calore!

Quando ti vedo ogni giornoio aspetto che le parolediventano realtà ed il ventoe il mare ti lasceranno soloper me!

San Felice Circeo,Ferragosto 2006

NATALE A NEW YORK

Il fil

m p

iù v

isto

di ALESSIA BRAVO

di Neri Parenti

R I S T O R A N T EAl Convento

di Lolita Capponi

Piazza Mazzini, 4 (Centro Storico) - 04017 San Felice Circeo (LT) - Tel. 0773/546167 - 348.9185443

GioielleriaLuigina Bartelloni

Piazza Vittorio Veneto S. FELICE CIRCEO

Centro Storicotel. 0773.548292

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IL CENTRO STORICO DI SAN FELICE CIRCEO PAG. 16

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compatta per cultura e dialetto, anche se col tempofurono sanfelicianizzati, hanno lasciato nell’origina-le dialetto sanfeliciano, tracce profonde. Mentre icento forestieri, di varia provenienza, non costi-tuendo una unità compatta,influirono solo parzial-mente sul nostro dialetto.Dal napoletano il dialetto sanfeliciano ha ereditatooltre al dittongo uó, trasformato in uè, l’altro dit-tongo ié (viécchie, viénte, diente, cunfiétte) e ladoppia TT nel passato remoto (iétte, venétte, iétte-ne, venéttene).”Infine l’influsso romanesco: “Dopo la distruzione diCircei avvenuta verso la fine del secolo nono, ad ope-ra dei pirati saraceni, il feudo del Circeo ha fatto sem-pre parte dello Stato Pontificio, anche se si sono av-vicendati diversi padroni. L’influsso romanesco de-rivò dal contatto dei prelati pontifici con le autoritàcivili e militari di S. Felice. In particolare con il Vice-governatore, che alloggiava nel palazzo baronale econ il Capitano delle milizie, che risiedeva nella Tor-re dei Templari. Tali contatti si accentuarono allor-ché la Rev. Camera Apostolica gestì direttamente ilfeudo del Circeo dal 1720 al 1870. E poi non di-mentichiamo che dopo la caduta dello Stato Pontifì-cio, S. Felice ha continuato a far parte della Provin-cia di Roma fino al 1934, quando fu costituita la Pro-vincia di Littoria.II sanfeliciano con il romano ha, ad esempio, in co-mune i verbi, i quali sono sempre tronchi, come pen-zà, crede, sentì, invece di pensare, credere, senti-re”.Ringraziamo l’avvocato Andrea De Sisti per questasua fatica, che negli anni a venire sarà sempre piùpreziosa come testimonianza della storia di San Fe-lice così ben rappresentata nel suo dialetto. ■

segue dalla pag. 10

Dizionariodel dialetto

PAOLAParrucchiera

Via XXIV Maggio, 18 - S. Felice Circeotel. 0773.549010

riceve per appuntamento

Compleanni– 4 gennaio. Buon compleanno a Pino Lo Pinto dalla moglie, la figlia e dai parenti tutti.– 26 gennaio. Tantissimi auguri alla piccola Federica Lo Pinto per il suo primo complean-

no dalla mamma, dal papà, dalle commari, dai nonni, dagli zii e dai cugini.– 31 gennaio. Finalmente siamo a 40! Tantissimi auguri a Chiara Di Prospero dal marito,

dalla figlia e da tutti i parenti – 1 febbraio. Tanti auguri di compleanno a Federica Donà amore dei nonni e della mamma.– Buon compleanno ad Anna D’Orso il 2 febbraio da Annamaria.– 2 febbraio. Buon compleanno a Fabrizio Di Prospero da mamma e papà.– A Savina Menghini tanti auguri di buon compleanno il 3 febbraio dalla mamma.– Il 4 febbraio è il compleanno di Gargiullo Alessandro. Tanti auguri da zia Annamaria.– 6 febbraio. Buon compleanno a Lorella Reggio dalla famiglia.– 6 febbraio. Tanti auguri a Cristina dalla sua dolce metà, Antonio.– Alla nostra sorellina Fiorella Barbisan tanti auguri di compleanno il 7 febbraio.– 10 febbraio. A Martina Lamberti tanti tanti auguri per i tuoi 18 anni, da Gabriella.– Andrea Cinquegranelli, l’11 febbraio compie gli anni. Tanti auguri da mamma, papà e Clau-

dia– 12 febbraio buon compleanno a Rosanna Pedrollo “dagli amici di bicchiere”– 12 febbraio. Infiniti auguri di buon compleanno a nonna Rita dai nipoti. – 13 febbraio. Auguri a Monica di buon compleanno da Amelia e famiglia Marin.– San Valentino 14 febbraio. Il mio cuore batte ancora per te … Danilo Menegatti, ma so-

lo perché è il giorno del tuo compleanno. Tanti auguri dalla tua mogliettina e figlie.– 15 febbraio. Festa grande in casa Mancini per la prima candelina di Milena. Buon com-

pleanno da nonna Monica, papà, mamma e il fratello Valerio.– Auguri di buon compleanno il 15 febbraio a Fabio Mancini da Natascia e tutta la fami-

glia.– 18 febbraio. Affettuosi auguri per un felicissimo compleanno alla signorina Vincenza da

amici e famiglia.– Buon compleanno a Fabio Di Cosimo il 19 febbraio, dalla famiglia.– 19 febbraio. Buon compleanno a Maria Menghini dalla mamma.– Cara Primula il tuo compleanno è il 20 febbraio come vedi non lo dimentichiamo perciò

ti facciamo tanti auguri e speriamo di vedere presto il nostro Lollo. Le tue zie.– 20 febbraio. Buon compleanno a Giorgia Di Prospero da mamma e papà.– 22 febbraio. Ad Alessandra Cerasoli, buon compleanno dalla nonna.– Tanti auguri di buon compleanno a Rosalia Di Cesare il 24 febbraio da Virginia.– 24 febbraio. Buon compleanno a Barbara Di Palma da Aurora, mamma e papà.– 25 febbraio. Buon compleanno a Giulia Aiello da mamma e papà.– 1 marzo. Alla bella tra le belle, Fiorella Cormons, tanti auguri di compleanno da Paola e

Samanta.– Buon compleanno a Federico Calisi il 2 marzo dalla nonna.– 2 marzo. Tanti auguri di compleanno a Giuliana Marin dalla mamma e l’intera famiglia.– Tanti auguri il 3 marzo a Giuseppe D’Isanto dalla famiglia.– Buon compleanno il 4 marzo a Valentino Menghini dalla mamma.– 9 marzo. Valerio Mancini soffia sei candeline. Tanti auguri di buon compleanno dalla fa-

miglia.– 9 marzo. Tanti auguri di compleanno a Gian Battista Di Prospero dalla famiglia.– Buon compleanno ad Angelo Zambellan il 10 marzo da mamma e papà.– 10 marzo. Buon compleanno a Gianni Fagaraz dalla suocera Bianca.– 10 marzo. Buon compleanno ad Alessandro Valenti dalla famiglia.– Tanti auguri di compleanno l’11 marzo a Giovanna Casarcia da mamma e papà.– Buon compleanno il 13 marzo a Cesira Giustini. Un consiglio dal marito…non esagerare

con la mia pazienza … ti voglio bene.– Al nostro gioiello più prezioso, Giordana Marin, Buon compleanno il 14 marzo da mam-

ma e papà.– Alle cugine Serena e Giordana Tanti auguri il 14 marzo da Flò, Giù e Ross.– 14 marzo. Tanti auguri di compleanno a Noemi Ceccarelli da Alessandro e Cristina.– 15 marzo. Buon compleanno a Marco Coppi dalla mamma e dalla nonna.– Buon compleanno a Paola Velocci il 15 marzo, dalla famiglia.– Felice compleanno il 16 marzo a Cristina Maria Galeotto, dalle sorelle. – Tanti auguri di compleanno il 17 marzo ad Antonietta Di Fraia dalla famiglia.– Luciano Apicella 17 marzo compie gli anni. Tanti auguri da Flavia.– 18 marzo … 18 anni. Tanti auguri a Maria Malandrin dalla zia Giovanna e famiglia.– Il 21 marzo compie gli anni la mia dolce metà, Lorenza Bergami, un bacio Antonio.– Tanti auguri di compleanno a Flavia D’Isanto il 23 marzo da mamma e papà.– Buon compleanno alla nostra sorellina Marilena Barbisan il 23 marzo.– 26 marzo. Buon compleanno a Giovanni Di Tommaso dalla famiglia.– 28 marzo. A Lidio Mancini tanti auguri da chi ti ama tanto. Valentina.– Un bacione di buon compleanno a Viviana Zambellan il 28 marzo da mamma e papà.

Gioielleria OreficeriaMaria Grazia Colambrosi

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