A cura di Marco Romanelli - LESIONI CUTANEE CRONICHE

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A cura di Marco Romanelli

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Editore:

Stampa: aprile 2003

Marco Romanelli,•Ricercatore Clinica Dermatologica

Università degli Studi di Pisa,•Presidente dell'European Pressure

Ulcer Advisory Panel (EPUAP);•Presidente eletto dell'Associazione

Italiana per le Ulcere Cutanee (AIUC)

In collaborazione con

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Introduzione: la wound bed preparation 3

Inquadramento diagnostico 9Valutazione del paziente 10Trattamento delle cause 11Diagnosi della lesione 12• Storia clinica 12• Sede e dimensioni 13• Situazione del letto e caratteristiche

dell’essudato 13• I margini e la cute circostante 14• Valutazione del dolore 14Rassicurazione del paziente 14

Preparazione del letto della ferita 17Razionale per la Wound Bed Preparation 18Valutazione della carica batterica 18• Analisi microbiologica di un’ulcera cronica19• Variabili che condizionano la carica

batterica dell’ulcera 22Terapia antimicrobica 23• Antisettici a lento rilascio 23Gestione della necrosi e detersione 25• Debridement chirurgico 25• Debridement enzimatico 26• Debridement autolitico 27• Debridement meccanico 27• Debridement di mantenimento 27Gestione dell’essudato 28• Trattamento diretto ed indiretto dell’essudato28• Medicazioni assorbenti 28Correzione della disfunzione cellulare 30Correzione dello squilibrio biochimico 31

Conclusioni 33

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N el corso dell’ultimadecade diverse edinnovative tecnologie,quali i fattori di crescita

per uso locale e i sostituticutanei prodotti dallabioingegneria (Tabella 1),hanno aperto nuovepossibilità nel trattamentodelle ulcere croniche nontendenti alla guarigione.Sfortunatamente, nonostantel’introduzione di questeterapie tecnologicamenteavanzate, le conoscenze sulcorretto trattamento delleulcere, in particolare perquello che riguarda lapreparazione del lettodell’ulcera, non sono cosìdiffuse come ci si potrebbeaspettare. Inoltre, nonostantel’affermazione di standard ditrattamento e la redazione dilinee guida sul trattamentodelle ulcere rivolte sia amedici che infermieri, questespesso non vengono seguite one vengono enfatizzati alcunisingoli aspetti, quali ladetersione o il controllo delleinfezioni. Appare invece

fondamentale che iltrattamento dell’ulcera siaaffrontato su un piano globale,assicurando così unapreparazione ottimale del lettodelle ferite, finalizzata adottenere il massimo beneficiodai prodotti avanzatiattualmente disponibili(Falanga 2000).

L e lesioni croniche hannofino ad oggi vissutoall'ombra di quelle acute.Le conquiste sperimentali e

le innovazioni terapeutichesono state sviluppate infunzione di ferite traumatiche,chirurgiche o comunque dinatura acuta. Era inevitabileche tutto ciò che siapprendeva dalla gestionedelle lesioni acute fossetraslato alle lesioni croniche,spesso considerate in modoriduttivo una degenerazionedel normale processo diriparazione cutanea. Questoapproccio un po' semplicisticopresenta alcuni limiti e la"preparazione del letto" di una

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ferita è uno strumento perdare finalmente alle feritecroniche una dignitàscientifica propria.

Il concetto di wound bedpreparation (WBP) ovvero di"preparazione del letto dellaferita" ha fatto la sua

comparsa in tempi recenti ed inmodo del tutto inatteso. Nelbreve periodo ha comunqueinfluenzato significativamente ilmodo di inquadrare e di gestirele lesioni cutanee croniche. Per"preparazione del letto" di unaferita si deve infatti intendere la"gestione globale e coordinatadella lesione, volta ad accelerarei processi endogeni diguarigione, ma anche a

promuovere l'adozione di misureterapeutiche efficaci. Éopportuno pensare alla woundbed preparation in terministrategici. Ciò consente discomporre quello che di per sé èun processo terapeuticocomplesso nei singolicomponenti e di analizzarli,senza mai perdere di vista lagestione globale del problema ele finalità terapeutiche.

Recentemente, per aiutare ilmedico e il personaleparasanitario a inquadraremeglio i principi della WBP, si faricorso all’acronimo ingleseTIME (Tissue, Infection orinflammation, Moistureimbalance, Epidermal margin) aindicare quali elementi occorre

Prodotti a base di fattori di crescita/citochine

Regranex®- PDGF ricombinante umanoLeucomax®- GM-CSF ricombinante umanoProcurren®- soluzione di origine piastrinica (PDWHF)Gel piastrinico autologo - concentrato piastrinico, ottenuto mediante attivazione di un prelievo di sangue venoso, ricco di fattori di crescita (IGF-1, TGF-beta, FGF, PDGF)

Sostituti cutanei bioingegnerizzati

Dermagraft®- sostituto dermale criopreservato, costituito da colture di fibro-blasti umani in una matrice tridimensionale riassorbibile di polyglactin

Transcyte®- sostituto cutaneo temporaneo, costituito da uno strato di silico-ne associato a colture di fibroblasti umani devitalizzati in una matrice tridi-mensionale di nylon ricoperto da collagene

Biobrane®- sostituto cutaneo costituito da uno strato di silicone, tessuto dinylon e collagene

Epicel®- colture di cheratinociti autologhi, veicolati su garza grassaAlloderm®- sostituto cutaneo costituito da una matrice dermale allogenica

acellularizzata Integra®- sostituto cutaneo costituito da uno strato di silicone associato ad

una matrice tridimensionale di collagene bovino e condroitin-6-solfatoComposite Culture Skin®- sostituto cutaneo, costituito da colture di fibrobla-

sti e cheratinociti allogenici su una spugna di collagene bovinoApligraf®- sostituto cutaneo, costituito da colture di fibroblasti e cheratinociti

allogenici su un supporto di collagene bovinoHyalograft 3D®- sostituto dermale costituito da colture di fibroblasti autologhi

su matrice tridimensionale di HYAFF Laserskin® autograft- colture di cheratinociti autologhi, veicolati su membra-

na di HYAFF Hyalomatrix®- sostituto cutaneo temporaneo costituito da uno strato di sili-

cone associato ad una matrice tridimensionale di HYAFF

mod. da Falanga 2000

Tabella 1

Sostituti cutanei presenti in commercio e trattamenti a base di fattori di crescita/citochine attualmente

utilizzati nel trattamento delle ulcere

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correggere nella preparazionedel letto della ferita (Tabella 2).In particolare gli obiettivi daraggiungere sono:•Tissue (Tessuto): Le cellule non

vitali impediscono laguarigione. Occorre ripristinareil fondo della ferita e le funzionidella matrice extracellulareattraverso il debridement(episodico o continuo);

• Infection or Inflammation(Infezione o infiammazione): Lapresenza di elevata caricabatterica o di prolungatainfiammazione provoca unincremento delle citochineinfiammatorie e della attivitàproteasica, con riduzione,dell’attività fattori di crescita.Occorre agire contro il contagiobatterico e ridurrel’infiammazione attraverso l’sotopico/sistemico diantimicrobici, antinfiammatori,inibitori delle proteasi;

•Moisture imbalance (squilibrioidrico): La disidratazionecutanea rallenta la migrazionedelle cellule epiteliali e uneccesso di liquidi causa lamacerazione dei margini della

Figura 1

Algoritmo per la preparazionedel letto di una ferita

mod da Falanga (2000) e daFalanga e Harding (2002)

Preparazione

del letto

della ferita

Ferita preparata

Trattamento delle cause

Medicazioniassorbenti

Terapia antimicrobica

Debridement

Diagnosi della lesione

Rassicurazione del paziente

Fattori di crescita

Innesti cutanei

Prodotti di bioingegneria

Guarigione in ambiente

umido

Correzione disfunzione

cellulare

Correzione squilibrio

biochimico

Gestione della necrosi

Gestione dell’essudato

Valutazione carica

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Valutazione

del paziente

Ferita guarita

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ferita. In questi casi vannoapplicate medicazioni chemantegono il corretto grado diumidificazione tissutale evanno rimossi i liquidiutilizzando la compressione, lapressione negativa o altremetodiche;

•Epidermal margin (marginidell’epidermide): i cheratinocitiche non migrano e le celluledella ferita che non rispondonoagli stimoli impediscono larimarginazione dei tessuti.Occorre pertanto assicurare lamigrazione dei cheratinociti ela risposta delle cellule dellaferita prendendo inconsiderazione terapiecorrettive come debridement,trapianti cutanei, prodottibiologici o terapie aggiuntive.

Èutile ribadire che lapreparazione del letto di unaferita non coincide con la solarimozione del tessuto

necrotico (debridement), ma devetenere altrettanto inconsiderazione la presenza

dell'essudato, dell'infezione e laloro eliminazione. Lacomposizione dell'essudato delleferite croniche, a differenza diquello delle lesioni acute, è taleda rallentare e bloccare laproliferazione di cellule chiavequali i cheratinociti, i fibroblasti ele cellule endoteliali. Inparticolare, l'iperproduzione dimetalloproteinasi determinal'alterazione della matriceessenziale, con degenerazionedei componenti, quali proteine efattori di crescita, indispensabilisia per la migrazione delle celluleinfiammatorie che per lariepitelizzazione. Inoltre, lemacromolecole di provenienzavasale (fibrina, fibrinogeno)presenti nell'essudato bloccanoanch'esse i fattori di crescita,rendendoli inutilizzabili ai finidell'angiogenesi e quindi dellacicatrizzazione.

Le conoscenze sulmicroambiente biologico dellelesioni croniche sono ancoramolto scarse e ciò rende

difficile l'approccio terapeutico.

Tra i numerosi ostacoli allariparazione - necrosi, quantità equalità dell'essudato, caricabatterica - vanno inoltrericordate le alterazionifenotipiche delle cellule. È statoinfatti dimostrato che i fibroblastipresenti nelle lesioni croniche"invecchiano" e non rispondonoai fattori di crescita. La presenzadi tali cellule alterate in sede dilesione può essere definita con iltermine di "carica cellulare".Un'efficace azione didebridement determina larimozione delle "caricacellulare" e il ripristino deifisiologici stimoli allariparazione. Tra i mezzi chepossono essere utilizzati perl'eliminazione dei principaliostacoli alla riparazione, equindi per la correzione delmicroambiente, si possonocitare i prodotti a lento rilasciodi iodio. Questi, oltre adesercitare una efficace azioneantibatterica, rimuovonol'essudato e con esso lemacromolecole e gli elementicellulari di disturbo ai fisiologiciprocessi riparativi.

S i può realisticamente pensareche le conoscenze sullapreparazione del letto di unaferita avranno nei prossimi

anni una continua evoluzione, chefavorirà lo sviluppo di nuoviapprocci diagnostici e terapeutici.Il concetto di wound bedpreparation ci permette dirazionalizzare l'approccioterapeutico alle ferite croniche atutto vantaggio del paziente e ilsuo approfondimento ciconsentirà di sviluppare unastrategia a lungo termine peraffrontare con successo le barriereche rallentano o impediscono iprocessi riparativi. In questapubblicazione ci si propone diillustrare la preparazione del lettodella ferita (vedi algoritmo dellaFigura 1), descrivendone le varietappe ed enfatizzando gli elementichiave della terapia locale -bilancio batterico, trattamentodella necrosi, equilibriobiochimico, gestionedell’essudato e delle disfunzionicellulari - al fine di ottenere lecondizioni ottimali perché possasvolgersi il fisiologico processo dicicatrizzazione

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Preparazione

del letto

della ferita

Ferita preparata

Trattamento delle cause

Medicazioniassorbenti

Terapia antimicrobica

Debridement

Diagnosi della lesione

Rassicurazione del paziente

Fattori di crescita

Innesti cutanei

Prodotti di bioingegneria

Guarigione in ambiente

umido

Correzione disfunzione

cellulare

Correzione squilibrio

biochimico

Gestione della necrosi

Gestione dell’essudato

Valutazione carica

batterica

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Valutazione

del paziente

Ferita guarita

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VALUTAZIONE DEL PAZIENTE

U na delle fasi critiche neltrattamento delle ulcere èrappresentata dalla raccoltadi un’attenta anamnesi e

dalla verifica dei farmaciassunti dal paziente. Lo stato di salute del pazienteinfluenza in modopreponderante i processi dicicatrizzazione. Numerosifattori locali e sistemici,patologie e farmaci possonointerferire con il processo dicicatrizzazione (Cohen et al.1992) [Tabella 2]. Malattie metaboliche fra cui ildiabete mellito portano ad unaaumentata incidenza di infezionipost-chirurgiche e possonoaumentare i tempi di guarigione(Mekke e Westerhof 1995; Levin1993; DCCTRg 1993). Alterazionidella coagulazione (dovute sia apatologie ereditarie che all’uso dianticoagulanti come eparina ewarfarin) hanno un effettonegativo sulle fasi precoci dellacicatrizzazione (Kerstein 1997). La malnutrizione puòrappresentare un fattore chiave

della cicatrizzazione. In particolare la carenza proteicae vitaminica privano l’organismodi nutrienti essenziali per ilprocesso di guarigione (Kerstein1997; Jung e Winter 1998;Sibbald et al. 2000). Anche lasola carenza vitaminica, inparticolare di vitamine A e C,influenza negativamente lacicatrizzazione. La vitamina Ainterviene in tutte le fasi dellacicatrizzazione e la sua assenzaporta alla riduzione dellafibronectina extracellulare,determinando una diminuzionedella chemiotassi cellulare,dell’adesione cellulare e dellariepitelizzazione. Anche lavitamina C riveste un ruoloimportante, tanto è vero che unritardo di cicatrizzazione ècaratteristico dello scorbuto; lacarenza di vitamina C può,inoltre, portare alla recidiva diulcere già guarite (Mazzotta1994).I minerali, quali lo zinco ed ilferro, intervengono anch’essi nelmeccanismo di guarigione. Unacarenza di zinco, oltre aprovocare un ritardo di

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guarigione delle ferite, comportauna riduzione del numero dilinfociti e una maggioresuscettibilità alle infezioni. Il ferrointerviene come cofattore deglienzimi coinvolti nella sintesi delDNA, fondamentale per ladivisione cellulare. Diconseguenza, una carenzamarziale inibisce la proliferazionecellulare, in particolar modo dellecellule interessate nel processodi detersione e di cicatrizzazione(Mazzotta 1994).La presenza di patologieimportanti o sistemiche puòportare a una inibizione dellacicatrizzazione. Le malattieautoimmuni, quali l’artritereumatoide e il lupus sistemico,come anche la terapiasteroidea edimmunosoppressiva utilizzatanel controllo di tali patologie,possono interferire con lacicatrizzazione (Kerstein 1997;Sibbald et al. 2000). L’influenzanegativa delle alterazioni delsistema immunitario sulprocesso di cicatrizzazione èdiventato un problema semprepiù comune in relazione al

diffondersi dell’infezione da HIV(Kerstein 1997). È statoosservato come il trattamentocon glucocorticoidi porti ad unaridotta sintesi di collagene e a unritardo di riepitelizzazione nellelesioni dermiche (Jung e Winter1998).

TRATTAMENTO DELLE CAUSENell’ambito del trattamentoolistico delle ferite, apparecruciale agire sulle causesottostanti (Kerstein 1997;Sibbald et al. 2000; Falanga2000). È importante assicurarsiche sia presente un adeguatoapporto ematico, che garantirà ilpiù rapido svolgimento delprocesso di cicatrizzazione(Kerstein 1997; Sibbald et al.2000). Risulta quindi essenzialediagnosticare una eventualepatologia vascolare all’inizio deltrattamento - in particolare neipazienti affetti da ulcere degli artiinferiori o che presentinodisordini metabolici quali ildiabete (Kerstein 1997; Sibbaldet al. 2000). In assenza diun’adeguata perfusione, si avràuna carenza di apporto di

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Tabella 2

Fattori sistemici e locali che possono interferire con il processo dicicatrizzazioneFattori sistemici Fattori locali

Diabete NecrosiAnemia InfezioneAlterazioni della coagulazioneMalnutrizione Essudato

carenza proteica Alterazioni biochimiche localicarenza vitaminica (A,C ed E) Disfunzione cellularecarenza in minerali (zinco e ferro)

Compromissione del circolo vascolareTerapia immunosoppressiva

Kerstein 1997

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elementi nutrienti e di ossigeno,ambedue necessari persupportare l’ampia richiestametabolica associata con ilprocesso di cicatrizzazione.Inoltre, anche l’afflusso dellecomponenti cellulari del sistemaimmunitario (leucociti emacrofagi), fondamentali per ilprocesso di cicatrizzazione,risulta ridotto. Anche la presenzadi un’insufficienza venosainfluenza negativamente ilprocesso di cicatrizzazione,impedendo la rimozionespontanea dei detriti dal lettodell’ulcera (Kerstein 1997).Le proteine risultanofondamentali per la formazione dinuovo tessuto di granulazione eun’importante carenza proteica,come si è detto, comporta unritardo di guarigione delle ferite,per ridotta immunocompetenza emaggiore suscettibilità alleinfezioni (Mazzotta 1994). NegliStati Uniti è stato raccomandatoche, nei pazienti affetti da ulcere,la dose proteica giornalieravenga aumentata da 2,0 a 4,0g/Kg, contro gli 0,8 g/Kg/dieraccomandati ai soggetti in

buona salute (Mazzotta 1994). Lapresenza di una carenza proteicaviene abitualmente diagnosticataattraverso la concentrazionedell’albumina sierica e, pur concerte variazioni, è statoevidenziato come unaconcentrazione di albuminainferiore a 3.0 g/L comporti unritardo di cicatrizzazione(Mazzotta 1994; Sibbald et al.2000).

DIAGNOSI DELLA LESIONELa documentazione dell’ulcerainclude la raccolta della storiaclinica, l’osservazione della sede,della profondità e delledimensioni, la descrizionedell’aspetto del letto della ferita edella cute circostante, un’analisidell’essudato e la segnalazionedella presenza di dolore (Kerstein1997; Sibbald et al. 2000). [VediFigura 2] per un esempio dimodello di valutazione di unaferita.

Storia clinicaÈ importante per il medicoraccogliere informazionisull’epoca di comparsa

Figura 2

(Kerstein 1997)

Dimensione e profondità

Misurare o riprodurre la superficie dell’ulcera; misurare

la profondità

Fattori da prenderein considerazionenella valutazionediagnostica di unaferita

Cute circostanteValutarne il colore

e la presenza di macerazione

BordiValutare la presenza

di aree sottominate e la situazione dei margini

Letto dell’ulcera

Valutare la presenza di

tessuto necrotico odi granulazione,

fibrina, essudato, equilibrio

biochimico, disfunzioni cellulari,

carica batterica

Modello di valutazione delle ferite

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dell’ulcera, sulle precedentiterapie utilizzate e valutare anchela tendenza alla recidiva. Leinformazioni così raccoltepossono indirizzare verso unaterapia profilattica antimicrobica,o verso una più attenta analisidella presenza di fattori locali ogenerali che possano interferirecon la cicatrizzazione. Questeinformazioni risultano importantial fine di evitare la ripetizione diprecedenti trattamenti risultatiinefficaci e per verificare se unaprecedente diagnosi è stataimprecisa.

Sede e dimensioniLa sede precisa dell’ulcera e lesue dimensioni (Kerstein 1997;Sibbald et al. 2000) possonoaiutare il clinico a ipotizzare iltempo necessario per laguarigione. Un’ulcera in una sedecaratterizzata da un buonapporto vascolare cicatrizzerà piùrapidamente di un’ulceralocalizzata in un’area perifericadel corpo, che più facilmente puòpresentare un’insufficientevascolarizzazione. Bisogna inoltrericordare che il processo di

cicatrizzazione può essereinfluenzato dalla presenza diun’aderenza cutanea; peresempio, una ferita localizzatasopra la cresta tibiale guarirà piùlentamente a causa dell’aderenzacutanea alla prominenza ossea(Kerstein 1997).

La profondità e la superficiedell’ulcera influenzano in modoimportante la guarigione e,pertanto, questi aspetti devonoessere attentamente valutatiprima di procedere ad ognitrattamento. La lesione deveessere attentamente ispezionataper escludere la presenza diesposizione ossea, fistole etessuto sottominato (Kerstein1997; Sibbald et al. 2000).

Situazione del letto ecaratteristiche dell’essudatoLa situazione del lettodell’ulcera può fornireindicazioni sulla progressionedella cicatrizzazione e sullaefficacia del trattamento(Sibbald et al. 2000). Lapresenza di escara nerastra èindicativa di tessuto necrotico o

devitalizzato e può essere molleo secca. Per ottenere unaguarigione è essenziale che iltessuto necrotico vengarimosso.Il letto dell’ulcera puòpresentare tessuto fibrinosogiallastro, di aspetto compattoo molle. Un fondo giallastrocompatto e consistente indicala presenza di strutture qualifascia, grasso sottocutaneo oanche di una base di fibrina,utile per il futuro sviluppo ditessuto di granulazione, e nonnecessita di rimozione. Lapresenza di tessuto giallastromolle, disvitale, indica invece lapresenza di un processoinfettivo o di fibrina degradata,imponendo la necessità dellasua rimozione perché siafavorito il progredire delprocesso di cicatrizzazione(Sibbald et al. 2000).La comparsa di tessuto digranulazione compatto e umido,di colore rosa salmone,rappresenta un chiaro segnoche la terapia in atto risultaefficace e che la cicatrizzazionesta progredendo normalmente.

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Tabella 3

Caratteristiche dell’essudatonelle ulcere croniche Descrizione dell’essudato

•Quantità dell’essudato(descritto come scarso, moderato o abbondante)

•Caratteristiche dell’essudato(descritto come sieroso, ematico, purulento, o una combinazione di esse).

•Odore dell’essudato (presenza o assenza).

(Sibbald et al. 2000)

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Questa fase viene generalmenteseguita dalla comparsa, ai bordidell’ulcera, di tessutoriepitelizzato di colore roseo(Sibbald et al. 2000).Tradizionalmente l’essudato vienedescritto in base alla quantità,alle caratteristiche e all’odore(Tabella 3). Anche in presenza diessudato chiaro, una suaparticolare abbondanza è unindice della presenza di edema odi un’aumentata carica battericao ancora della comparsa diun’infezione (Sibbald et al. 2000).

I margini e la cute circostanteUn aspetto importante èrappresentato dallaosservazione regolare dei bordidell’ulcera, al fine di monitorarela possibile comparsa dieritema, edema, dolore, omacerazione della cutecircostante. La loro presenzapuò indicare l’insorgenza di unostato infiammatorio o diun’infezione, come anche quelladi effetti collaterali altrattamento in atto (Van Rijswjk1993; Sibbald et al. 2000). In

particolare la comparsa dimacerazione può rappresentarela conseguenza della prolungataesposizione della cuteall’essudato dell’ulcera,indicando che la medicazioneutilizzata non è appropriata, onon viene cambiata abbastanzafrequentemente, portandoquindi alla creazione di unambiente eccessivamenteumido.

Risulta anche importante evitarel’esposizione della ferita a

sostanze allergeniche, dalmomento che le ulcere cronichene permettono una penetrazioneottimale con conseguenteinterazione sistemica con ilprocesso immunitario (Sibbald etal. 2000).

Classificazione delle feriteÈ importante per il clinico averedei sistemi di classificazionedelle ferite che possanoindirizzarlo nell’approccioterapeutico, sia nelle fasiiniziali, sia nella valutazione initinere dell’efficacia deltrattamento. Falanga (2000) hasviluppato una classificazionein cui vengono combinati dueindici riferiti all’aspetto dellaferita e alla quantità diessudato presente (Tabella 4).Secondo lo schema proposto,la presenza di tessuto digranulazione viene suddivisa in3 fasce, a seconda che taletessuto si estenda per il 100%(A), fra il 50 e il 100% (B), permeno del 50% (C) dellasuperficie della ferita. Se si èformata un’escara,indipendentemente dalla sua

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Tabella 4

Sistema di classificazione per la diagnosi e valutazione in itinere della ferita e delle capacità di rimarginazioneAspetto della ferita Stato dell’essudato nella ferita

(Falanga, 2000)

Punteggio TessutoGranulazione Fibrinoso Escara

A 100% - -

B 50-100% + -

C <50% + -

D qualsiasi quantità + +

1. Sotto pieno controllo. Quantità scarsa o assente.Nessuna richiesta di medicazione assorbente; se clini-camente ammesso la medicazione viene cambiata subase settimanale

2. Sotto parziale controllo. Quantità moderata. È neces-sario cambiare la medicazione 2-3 volte la settimana

3. Assenza di controllo. Ferita che produce molto essu-dato. È necessario applicare medicazioni assorbentiuna o più volte al giorno

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estensione e da quanto tessutodi granulazione è presente, laferita viene contraddistintacome D. L’essudato vienecontrassegnato con il valore 1,se la risposta al trattamento èadeguata e non è necessariocambiare la medicazione più diuna volta alla settimana. Si usail valore 2 per indicare quellecondizioni in cui la presenza diessudato è tale da richiedere2-3 cambi di medicazione lasettimana, e 3 quando lapresenza di essudato è tale darichiedere il rinnovo dellamedicazione una volta algiorno. Lo staging della feritaderiva dalla combinazionedella lettera con il numero.Alcuni dati preliminariindicherebbero che il sistemaha una sua validità predittivadella potenzialità dirimarginazione della ferita,anche se alcune domandecliniche (es.: se un punteggioA2 rispetto al B1 è da ritenersimigliore sul piano prognosticoo viceversa) richiedonoapprofondimenti e ricercheulteriori.

Valutazione del doloreLa dolorabilità della ferita puòrappresentare un importantesegnale di un inadeguatotrattamento. Il dolore quindideve essere valutatoquantitativamente edocumentato con regolarità. Ildolore cronico dell’ulcera puòessere distinto in doloreepisodico, dolore episodicoricorrente, e dolore continuo(Krasner 1997). Il doloreepisodico può essereconseguente all’atto delladetersione o ad un traumanella sede dell’ulcera, e puòessere controllato mediantel’uso di analgesici. Il doloreepisodico ricorrente vienefrequentemente sperimentatodai pazienti in concomitanzacon il cambio dellamedicazione. In alcuni casi,una adeguata terapiaantidolorifica può essere quindiimpostata in corrispondenzadelle medicazioni. Il dolore continuo può indicareche la causa sottostantedell’ulcera non è stata trattataadeguatamente, ma essere

anche indice della comparsa diun processo infettivo. Apparequindi essenziale che il medicoidentifichi se il dolore continuoha origine dall’ulcera o daitessuti circostanti (Sibbald etal. 2000).

RASSICURAZIONE DELPAZIENTEUna lesione che non guariscerappresenta una fonte dipreoccupazione nonindifferente per un paziente, egioca un ruolo fondamentalenel valutare negativamente lapropria qualità di vita. Occorre,pertanto, che questo aspettonon sia trascurato,rassicurando il paziente sullepossibilità di guarigione che laterapia, ben condotta, è ingrado di garantire. Senzadimenticare che un pazienteadeguatamente motivatoaderisce meglio alle richiesteterapeutiche ed è piùosservante delle normecomportamentali prescritte,contribuendo a migliorare cosìe possibilmente abbreviare itempi di guarigione.

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Preparazione

del letto

della ferita

Ferita preparata

Trattamento delle cause

Medicazioniassorbenti

Terapia antimicrobica

Debridement

Diagnosi della lesione

Rassicurazione del paziente

Fattori di crescita

Innesti cutanei

Prodotti di bioingegneria

Guarigione in ambiente

umido

Correzione disfunzione

cellulare

Correzione squilibrio

biochimico

Gestione della necrosi

Gestione dell’essudato

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Valutazione

del paziente

Ferita guarita

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RAZIONALE PER LA WOUNDBED PREPARATION

La formazione di un lettodella ferita “sano”rappresenta un prerequisitoessenziale per l’impiego di

ogni prodotto attualmentedisponibile per il trattamentodelle ulcere. Se questa regolanon viene rispettata, anche ilprodotto più sofisticato ecostoso per la riparazionecutanea non sarà in grado disvolgere la prevista azioneterapeutica. La Tabella 5riassume le caratteristiche delleulcere croniche e le relativestrategie terapeutiche. Sonorappresentati aspetti di base(fattori emodinamici, edema,infezione, tessuto necrotico) easpetti complessi. Gli aspetti dibase sono condivisi anche dallelesioni acute, ma quando cimuoviamo nelle caratteristichepiù complesse delle ulcerecroniche, emergono altriparametri. Per esempio, leulcere croniche presentanoproblemi connessi con l’elevatacarica batterica, la presenza di

tessuto necrotico ed essudato(la cosiddetta carica necrotica),ritardo di guarigione, presenzadi fibrina ed intrappolamentodei fattori di crescita. Piùrecentemente, è statariconosciuta l’importanza deibiofilm, rappresentati damatrice degradata, e dellemodificazioni fenotipiche(carica cellulare) delle cellulepresenti nell’ulcera.

VALUTAZIONE DELLA CARICABATTERICAIl trattamento delle ulcere èsempre stato influenzato inmodo preponderante dallapreoccupazione del medicoriguardo la possibile comparsadi un’infezione. Tutte le ulcerecroniche contengono comunquebatteri e la loro presenza nonindica necessariamentel’esistenza di un’infezione ocomporta obbligatoriamente unritardo di guarigione. (Kerstein1997; Dow et al., 1999). Questoconcetto ha trovato un grandesostenitore fin dagli albori dellamicrobiologia nello stesso LouisPasteur, che oltre 100 anni fa

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affermava: “non è il germe checonta, quanto la sede doveviene riscontrato” (Pasteur1880).La presenza di batteri incorrispondenza di un’ulcera puòessere divisa in tre categorie:contaminazione, colonizzazioneed infezione (Dow et al. 1999;Sibbald et al. 2000).• Contaminazione dell’ulcera -

viene definita come lapresenza di microrganisminon-replicanti nell’ulcera, eriguarda la maggior parte deimicrorganismi presenti nelletto dell’ulcera.

• Colonizzazione dell’ulcera -viene definita come lapresenza di microrganismi inattiva replicazione aderentiall’ulcera, in assenzacomunque di dannoall’organismo ospite.

• Infezione dell’ulcera - vienedefinita dalla presenza dimicrorganismi in attivareplicazione all’interno diun’ulcera, con conseguentedanno all’organismo ospite.Un microrganismo patogenopuò inizialmente colonizzare

un’ulcera senza creare danni,ma una volta che si è verificatoun aumento della caricabatterica, la colonizzazionetrasforma lentamente esubdolamente la ferita al puntoche essa (Thompson e Smith1994), inizialmente, anchesenza comportare una estesainvasione dei tessuti, ècomunque sufficiente ad inibirela guarigione dell’ulcera. Infine,con l’aumento della carica

batterica, si manifesta unainfezione conclamatadell’ulcera o una eventualedisseminazione sistemica(sepsi) [Dow et al. 1999].

ANALISI MICROBIOLOGICA DIUN’ULCERA CRONICASono diversi gli approcci checonsentono di effettuare l’analisimicrobiologica di un’ulceracronica (Tabella 6). Nellavalutazione di routine della carica

batterica, la batteriologiasemiquantitativa rimaneattualmente la metodica piùpratica. I risultati di questoesame risultano ad ogni modocorrelati con il gold standarddella biopsia quantitativadescritta per la prima volta daLevine et al. nel 1976 (vedianche Dow et al. 1999), anche sei suoi risultati possono esserepoco specifici (Sapico et al.1980). Occorre tenere presente

Anomalie

Tessuto necrotico Biofilms Matrice degradata Carica cellulareEdema Tessuto necrotico Fibrina, intrappolamento Modificazioni del fenotipo Infezione ed essudato di fattori di crescita delle cellule dell’ulceraFattori emodinamici (carica necrotica) Metalloproteinasi

Correzioni

Detersione Antisettici a lento rilascio Materiali di matrice Chemioterapia cellulareAntibiotici Medicazioni Fibrinolisina Terapia cellulare, Chirurgia Enzimi Fattori di crescita cute coltivata

Detersione Inibitori MMP Cellule staminalidi mantenimento Terapia genica

CO

MP

LES

SE

SE

MP

LIC

I

▲ ▲ ▲ ▲

Tabella 5

Anomalie e misure correttive, per condizioni da semplici a complesse, nella preparazione del letto della ferita

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Tabella 6

Tecniche di valutazione di un processo infettivo nelle ulcere croniche

Biopsia quantitativa

Il tessuto viene biopsiato,posto in una centrifuga pertessuti insieme ad un volu-me conosciuto di diluente eomogenato per liberare imicrorganismi dalla matricetissutale. L’omogenato vienesottoposto a progressivediluizioni e posto in coltura.Dopo l’incubazione, vieneeffettuata la conta dellecolonie

Valutazione dei microrgani-smi all’interno del tessuto adifferenza dei metodi chevalutano la colonizzazione disuperficie

Procedura invasiva. Alcunesedi di prelievo possonoavere difficoltà a guarire.Lunga da effettuare.Costosa. Può essere pocosensibile

Riservata soprattutto ai trial,clinici ed agli studi scientifici

Tampone quantitativo

Il tampone viene ruotato suun’area dell’ulcera di 1 cm2

e agitato in 1 ml di terrenodi trasporto. Quindi subisceprogressive diluizioni e vienemesso su piastra

Quasi equivalente alla biop-sia quantitativa. Non richie-de biopsia

Lunga da effettuare, costo-sa. Alternativa alla biopsiaquantitativa ma meno stu-diata. Può sovrastimare laconta delle colonie, rispettoalla biopsia quantitativa, di 1log

Richiede ulteriori studi perdefinirne esattamente il ruolo

Tecnica Descrizione Vantaggi Svantaggi Indicazioni e raccomandazioni

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Tampone semiquantitativo

Il tampone viene fatto ruota-re attraverso il letto dell’ulce-ra e messo in coltura incapsule di Petri, quindi stri-sciato in quattro quadranti

Rapido, poco costoso,riproducibile. I risultatiappaiono correlati con quellidella biopsia quantitativa

Scarsamente specifico. Lainadeguata preparazione delletto dell’ulcera può risultarein una eccessiva presenzadi colonie di superficie

Procedura di scelta nellacorrente della pratica clinica

Tecnica del vetrino rapido La biopsia del letto dell’ulce-ra viene pesata, diluita diecivolte e omogenata. Unaquantità di 0,02 ml vieneposizionata su un vetrino,fissata al calore e colorata.Un singolo batterio percampo corrisponde a più di105 CFU (unità formanticolonie)/g di tessuto

Estrema rapidità di risultati(10-15 minuti). Possonoessere evidenziati la morfo-logia dei microrganismi e dicolorazione

Gli organismi possono nonessere identificati. La tec-nica è legata alla sensibilitàdell’operatore

Tecnica rapida per determi-nare se può essere effettua-ta una rimarginazione insicurezza per prima o perseconda intenzione

Irrigazione-aspirazione Il fluido dell’ulcera vieneaspirato e messo in coltura

Tecnica di coltura atraumaticae non invasiva che può rap-presentare una alternativa allabiopsia

Non valuta quantitativamen-te la carica batterica

Tecnica sperimentale cherichiede ulteriori approfondi-menti

(Dow et al. 1999)

Tecnica Descrizione Vantaggi Svantaggi Indicazioni e raccomandazioni

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che se il letto dell’ulcera nonviene preparato adeguatamente,i risultati possono risultarediscordanti e non significativi(Sibbald et al. 2000).

VARIABILI CHECONDIZIONANO LA CARICABATTERICA DELL’ULCERAAlcuni fattori devononecessariamente essere presi inconsiderazione dal medico, inquanto condizionanonotoriamente la carica batterica diun’ulcera e aumentano il rischiodi infezione conclamata. Fraquesti la quantità di tessutonecrotico e di essudato, il numerodei microrganismi, la patogenicitàdei batteri e le caratteristichedell’organismo ospite. Possiamotenere conto dei fattori criticidescrivendoli all’interno dellaseguente equazione:

Essa sta a indicare che,nonostante la carica batterica e lavirulenza rappresentino fattoriimportanti nell’evoluzione di unprocesso infettivo, la resistenzadell’organismo ospite rimane unfattore di importanza critica (Dowet al. 1999; Sibbald et al. 2000). Laresistenza dell’organismo ospiterappresenta quindi la variabile piùimportante nella patogenesi diun’infezione dell’ulcera, e deveessere accuratamente valutataogni qualvolta un’ulcera cronicanon presenti tendenza allaguarigione (Dow et al. 1999). Laresistenza dell’ospite può esseredeterminata andando a valutare ifattori locali e sistemici chepossono condizionare un ritardo diguarigione nel paziente.I fattori locali che possonoaumentare le probabilità diinfezione sono alcunecaratteristiche dell’ulcera come ladimensione, la profondità e iltempo di comparsa. Per esempio,le lesioni di maggiori dimensionisono associate con un maggiordanno dell’organismo ospite e diconseguenza comportano unrischio maggiore di infezione. La

localizzazione dell’ulcera soprauna prominenza ossea, come insede pretibiale, con associatadistruzione dei tessuti molli, puòportare ad un processoosteomielitico (Dow et al. 1999).Altrettanto importante è lasituazione vascolare dell’ulcera; incondizioni di ridotto apportovascolare si assiste generalmentead un’assenza di guarigione(EWGCLI 1991; Carter 1993).Un’ulcera perfusa in modoinadeguato difficilmentepresenterà i tipici aspetti dellareazione infiammatoria. Laresistenza dell’ospite può esserecompromessa anche da fattorisistemici (Tabella 7), come idisordini metabolici (diabetemellito - livelli aumentati dellaglicemia possono inoltre indicarela presenza di un’infezione locale osistemica), le vasculopatie, lapresenza di edema, lamalnutrizione. Inoltre, abitudini divita quali il fumo, l’assunzione didroghe o l’abuso di alcoolpossono avere un effetto dannososulla resistenza dell’ospite (Dow etal. 1999).L’uso di farmaci immunosoppres-

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Tabella 7

Fattori sistemici che aumentanoil rischio di infezione

• Patologie vascolari• Edema• Diabete mellito• Abuso di alcool• Fumo• Trattamento con corticosteroidi

infezione = carica batterica x virulenza resistenza dell’organismo ospite

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sivi rappresenta un fattore impor-tante da tenere in considerazionenella valutazione di un’ulcera infet-ta, in quanto tali farmaci possonomascherare segni di infezionelocale o di sepsi generalizzata(Dow et al. 1999).

Dati sperimentali indicano come,indipendentemente dal tipo diorganismo, un effetto negativosulla cicatrizzazione si verifichiquando sia presente nel lettodell’ulcera un numero di battericompreso fra 105 e 106 organismiper grammo (Dow et al. 1999),anche se altri studi hannoevidenziato come molte ulcerecroniche con una carica battericasuperiore a 105 guariscanospontaneamente senza problemi(Robson et al. 1973). Si ritienequindi che il numero dimicrorganismi all’interno diun’ulcera non rivesta la stessaimportanza che hanno invece iltipo e la patogenicità: peresempio, anche un basso numerodi streptococchi può comportareproblemi importanti. Al di là dellavirulenza del patogeno, lapresenza stessa di una elevata

carica batterica, associata omeno ad infezione conclamata,ha spesso come conseguenza unaumento dell’essudato; ciò neindurrà la rimozione, riducendo laquantità di tessuto favorevole allaprogressione dell’infezione.Falanga nel 2000 ha suggeritocome la presenza di strati dimateriale aderente al lettodell’ulcera, definiti “biofilm”,rappresenti un altro fattoreimportante nella patogenesidell’infezione, e che quindigrande attenzione dovrebbeessere data alla loro presenza.Questi biofilms rappresentanocolonie batteriche altamenteorganizzate che permettono aimicrorganismi di interagirevicendevolmente scambiandosinutrienti e metaboliti. I biofilmsono foci protetti di infezione e diresistenza batterica all’internodell’ulcera, che proteggono ibatteri dall’effetto degli agentiantimicrobici, antibiotici edantisettici (Davey e O’Toole 2000).

TERAPIA ANTIMICROBICAL’antibiotico-resistenza si èsviluppata come una

conseguenza dell’elasticitàgenetica dei batteri, alcuni deiquali producono enzimi che sonoin grado di distruggere gliantibiotici sia prima sia dopo illoro ingresso nel corpo batterico,o hanno acquisito la capacità diestromettere gli antibiotici dallacellula o ancora sono in grado dialterare la forma di molecolebersaglio degli antibiotici.Pertanto è diventato oggiessenziale riservare l’impiegodegli antibiotici alle situazioni diassoluta necessità, utilizzandoinoltre la minor varietà possibiledi prodotti (Sibbald et al. 2000).Gli agenti antisettici per usolocale possono validamenteessere impiegati nel trattamentodelle ulcere. Benché alcuni diquesti prodotti siano dotati diattività citotossica, se utilizzaticorrettamente si dimostranoagenti antimicrobiciestremamente efficaci (Sibbald etal. 2000). Inoltre, a differenzadegli antibiotici, che presentanouno specifico meccanismod’azione e risultano quindiefficaci nei confronti di unristretto spettro di microrganismi,

gli agenti antibatterici, quali peresempio lo iodio (sotto forma dicadexomero iodico), presentanoun’attività antibatterica rivolta atre aree bersaglio - la membranacellulare, gli organulicitoplasmatici e l’acido nucleicobatterico. Questo effettoantibatterico su più bersagli,suggerisce che la resistenzabatterica si possa svilupparemeno facilmente.

Antisettici a lento rilascio Gli antisettici, utilizzati in passatoin modo improprio, sono adessotornati alla ribalta grazie alleformulazioni a lento rilascio, alpunto da avere rivoluzionato ilmodo di affrontare lacolonizzazione batterica,entrando a fare parte integrantedella WBP. Numerosepreparazioni, a base di iodio oargento, sono adesso disponibiliper ridurre in modo efficace lacarica batterica. L’uso dello iodio nel trattamentodelle ulcere è stato per lungotempo oggetto di controversieper la possibilità di effetti tossici.La introduzione di formulazioni a

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lento rilascio, come il cadexomeroiodico, contenenti quantità diiodio inferiori all’1%, haevidenziato l’assenza di tossicitàper il tessuto neoformato eaddirittura una stimolazione dellacicatrizzazione (Zhou et al. 2001).Il cadexomero iodico è compostoda microsfere di amido, legatecon ponti di etere e iodio. Lo

iodio appare legato fisicamentealla matrice di gel di amido; soloquando viene a contatto conacqua o essudato, il gel si rigonfiaed una frazione dello iodioimmobilizzato viene rilasciatacome “iodio libero” nel mezzocircostante, in quantità tali daassicurare l’azione antibattericasenza produrre citotossicità. Il

cadexomero iodico presenta unacapacità di assorbimento dei fluidimolto elevata: quando vieneapplicato su un’ulcera, 1 g dicadexomero può infatti assorbirefino a 6 ml di acqua o fluidi. Lacapacità di scambi ionici è inoltretale da promuovere l’acidità delpH, favorendo le proprietàantimicrobiche dello iodio.L’azione antibatterica è diretta sutre aree target: la membranacellulare, gli organulicitoplasmatici e l’acido nucleicobatterico. Lo iodio aggredisceinoltre i batteri danneggiando leproteine ed i lipidi di membranaed attraverso un meccanismoindiretto, esplicando l’effettobattericida a livello intracellularedopo fagocitosi. Presenta unampio spettro d’azione, estesoanche ai Gram negativi, tanto daessere stato indicato come iltrattamento di scelta nelle ulceredegli arti inferiori colonizzate daPseudomonas aeruginosa(Danielson L. et al., 1997).Benché lo iodio venga utilizzato inclinica da diversi anni, il suo ruolonella cicatrizzazione non è statoancora completamente chiarito,

anche se appare evidente che lasua azione biologica non siesaurisce nell’attività antibatterica.Sono stati in effetti evidenziati,dopo trattamento con cadexomeroiodico, una maggior proliferazionedelle cellule basali dell’epidermideed un aumento della produzione diTNF-α. Quest’ultimo effetto nonviene osservato in presenza delsolo cadexomero, indicandoquindi come il meccanismod’azione sia mediato dallo iodiostesso (Falanga 2002).Da secoli sono note anche leproprietà antimicrobiche ad ampiospettro dell’argento e negli annisono stati sviluppati diversi sistemimedicali per il trasportodell’argento (Argento Colloidale,AgNO3, SSD).Il limite maggiore diquesti sistemi è di portare in sededi lesione grandi quantitativi di Agin brevi periodi.Lo sviluppo di nuovi sistemi dirilascio di una particolareformulazione dell’argento innanocristalli permette oggi diottenere un lento rilascio di ioni diargento sul letto della lesione, conMIC e MBC più basse di altreformulazioni dell’Ag, tali da

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Tabella 8

Conseguenze della mancata detersione dell’ulcera

•Presenza di un substrato ottimale per la crescita batterica, con aumentatorischio di infezione, amputazione, sepsi e morte.

•Creazione e mantenimento di un carico metabolico a livello dell’ulcera.

• Infiammazione ingravescente ed invasione linfocitaria con arresto della pro-gressione delle fasi proliferativa e di rimodellamento della cicatrizzazione.

•Compromesso ripristino delle strutture e della funzionalità cutanea.

• Impossibilità di valutare la reale profondità dell’ulcera.

•Perdita di proteine.

•Gestione dell’odore.

• Impedimento della regolare progressione dell’ulcera, a causa dell’azionedeformante del tessuto necrotico.

•Aumentato rischio, nelle ustioni, di cicatrizzazione ipertrofica con ritardo dicicatrizzazione e danno estetico residuo

(Baharestani 1999)

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garantire una efficace barrierabatterica per almeno 3 o 7 giornisia contro Gram+, Gram-, siacontro i patogeni resistenti agliantibiotici quali Pseudomonas,MRSA e VRE (Yin 1999). checontro i Miceti (Wright et al. 1999).È stato inoltre rilevato chel’argento nanocristallinodiminuisce la componenteinfiammatoria nella superficie dellelesioni croniche, agendo attraversoil controllo delle MMP che in talilesioni esplicano un’eccessivaattività di degrado dei fattoricrescita, ma non inibendolacompletamente dal momento cheuna certa attività di questo tipo ènecessaria alla rimozione deltessuto devitalizzato (Kirsner et al.2001). Oltre all’azione degli ioni Ag sullafunzione cellulare e sul processorespiratorio della cellula batterica,l’azione di altri tipi di radicali di Ag,gioca un importante ruolo, ancoranon pienamente conosciuto,nell’attività antibatterica dell’argentonanocristallino (Demling et al. 2001).Infatti, da studi preclinici risulta chei rivestimenti in argentonanostrutturato devono liberare

frazioni attive di Ag che non sianoAg+. L’evidenza comprende (Demlinget al. 2002).:1 un maggior grado di distruzionedei batteri e funghi che puòrichiedere un quantitativo 30 volteinferiore ai tradizionali sali di Agcome AgNO3 e la SSD; 2 la modulazione delle MMP;3 la modulazione di TNF-α; 4 una migliorata rigenerazionecutanea;5 la diminuzione della produzionedi essudato;6 l’induzione della apoptosi.

GESTIONE DELLA NECROSI EDETERSIONELa gestione del tessuto devitalizzatorappresenta un passo essenziale e

obbligatorio nell’ambito di unefficace trattamento dell’ulcera(Bergstrom et al. 1994). “Ricettacolodi infezione, il tessuto necroticoprolunga la risposta infiammatoria,impedisce meccanicamente lacontrazione dell’ulcera ed ostacolail processo di riepitelizzazione”(Baharestani 1999) - senzadetersione, quindi, il processo dicicatrizzazione non può avereinizio. La Tabella 8 elenca leconseguenze della mancataeliminazione del tessuto necrotico. Benché un processo di detersioneavvenga spontaneamente nelcontesto dell’ulcera, vari studiindicano come, accelerando questoprocesso, anche la cicatrizzazionerisulterebbe più rapida (Steed et al.1996) [Tabella 9].

Esistono quattro diversi metodi didetersione di una ferita, e la loroscelta da parte del medicodipende da vari fattori (Falanga2000; Sibbald et al. 2000,Romanelli e Mastronicola 2002).

Debridement chirurgicoLa detersione chirurgicarappresenta il metodo più veloceed efficace di rimuovere il tessuto

Tabella 9

Fattori chiave nella scelta del metodo di detersione

• Velocità• Selettiva nei confronti dei tessuti• Dolorabilità dell’ulcera• Presenza di essudato• Presenza di infezione• Costo economico

(Sibbald et al. 2000)

Tabella 10

Vantaggi della detersione chirurgica

•Rappresenta la tecnica più rapi-da ed efficace nel rimuovere iltessuto necrotico, i detriti tossicied i batteri

• La perfusione locale viene imme-diatamente incrementata

• Il rischio di infezione viene ridottoin modo significativo

• Il sanguinamento conseguentealla detersione permette la libera-zione di numerose citochine cheinfluenzano positivamente le fasiiniziali della cicatrizzazione

(Baharestani 1999)

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ed in tutte le situazioni (Tabella11). Questa metodica deve inoltreessere attuata da un chirurgoesperto.

Debridement enzimaticoLa detersione enzimatica vieneattuata tramite l’applicazionelocale, sulla superficie dell’ulcera,di enzimi di origine esogena.Questi prodotti agiscono in modosinergico con gli enzimi endogeni,prodotti dall’organismo. Sinclair eRyan (1994) hanno stabilito come“il ruolo degli enzimi proteoliticinel processo di cicatrizzazionedelle ulcere non può essereconsiderato come una sempliceazione di detersione. Devepiuttosto essere consideratocome uno strumento solista diprimaria importanza nella grandeorchestra della cicatrizzazione”.L’enzima di origine esogena piùstudiato e utilizzato è lacollagenasi batterica estratta dalClostridium histolyticum, chepresenta una elevata specificitàper i tipi di collagenemaggiormente rappresentati alivello cutaneo (collagene tipo I etipo III) (Drager e Winter 1999;

devitalizzato e necrotico. Inpratica, l’azione del bisturidetermina anche un effettoantimicrobico, riducendo la caricabatterica e rimuovendo “la caricacellulare” (cioè le cellule diventatesenescenti e che quindiinterferiscono con il processo diguarigione). La detersionechirurgica viene utilizzataabitualmente quando la necrosisia particolarmente estesa: ilgrado di sottominazione e ditunnelizzazione non può esseredeterminato, è presente unainfezione diffusa, devono essererimossi tessuto osseo e infettoe/o il paziente presenta una sepsi(Sieggreen e Makelbust 1997).Nonostante questa metodicapresenti numerosi vantaggi[Tabella 10], il metodo puòcomportare notevole dolore,sanguinamento (anche se questopermette il rilascio di fattori dicrescita dalle piastrine), unabatteriemia transitoria e possibiledanno di strutture tendinee enervose (Baharestani 1999)

La detersione chirurgica non puòessere adottata in tutti i pazienti

Tabella 11

Controindicazioni alla detersione chirurgica

Controindicazioni assolute•Mancanza di esperienza•Ulcera con scarse possibilità di guarigione (insufficiente vascolarizzazione)•Setticemia in assenza di copertura antibiotica sistemica•Paziente non idoneo sotto il profilo medico

Controindicazioni relative•Paziente in terapia anticoagulante•Paziente in assistenza domiciliare

Tabella 12

Vantaggi della detersione enzimatica con collagenasi

•Rimozione selettiva del tessuto necrotico

•Non provoca dolore o sanguinamento

•Facile da usare nelle lungo-degenze e al domicilio del paziente

•Può essere utilizzata in associazione con la detersione meccanica e chirur-gica

•Stimola la formazione del tessuto di granulazione

•Richiama cellule infiammatorie e fibroblasti a livello dell’ulcera

•Potenzia i meccanismi della cicatrizzazione fisiologici

(Drager e Winter 1999)

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Jung e Winter 1998). La collagenasi viene utilizzata consuccesso per la detersioneenzimatica da oltre venticinqueanni e presenta molti vantaggiben definiti (Drager e Winter 1999)[Tabella 12]. Altri prodotti adattività enzimatica, quali lafibrinolisina/desossiribonucleasi ela papaina/urea hanno incontratoun successo limitato rispetto allacollagenasi batterica. Inoltre, in aggiunta alla suapeculiare attività detergente, lacollagenasi batterica ha mostratodi favorire la chemiotassi el’attivazione dei macrofagiall’interno dell’ulcera stessa(Radice et al. 1996; Herman eShujath 1999) [Tabella 13].

Debridement autoliticoAvviene fisiologicamente, per uncerto grado, in tutte le ulcere,dove si verifica un processoaltamente selettivo che coinvolgei macrofagi e gli enzimi proteoliticiendogeni che colliquano eseparano spontaneamente iltessuto necrotico e l’escara daltessuto sano. Le medicazioniumide interattive quali gli idrogel,

gli idrocolloidi ecc. possonocreare un ambiente ideale per ladetersione spontanea, ad operadelle cellule fagocitarie, estimolare le condizioni ottimaliperché avvengano lacolliquazione del tessuto disvitalee la promozione del tessuto digranulazione. (Kennedy et al.1997; Levenson 1996).

Debridement meccanicoLa detersione meccanicarappresenta un metodo nonselettivo in grado di rimuoverefisicamente il materiale disvitaledall’ulcera. Esempi di detersionemeccanica non selettivaincludono: medicazioni wet-to-dry, irrigazione dell’ulcera eterapia a getto d’acqua.Medicazioni wet-to-dryRappresentano la forma piùsemplice di detersione meccanicae vengono utilizzate per indurre lamacerazione dell’escara e la suaseparazione meccanica una voltache la medicazione viene rimossadal letto dell’ulcera. (Jeffrey 1995).La metodica presenta comunquealcuni aspetti negativi, fra i qualiun marcato disagio del paziente

ed il danneggiamento del tessutoneoformato [Tabella 14].Irrigazione sotto pressioneComporta l’uso di getti d’acquasia ad alta che a bassa pressione.L’irrigazione ad alta pressione si èdimostrata efficace nel rimuoverei batteri, il materiale corpuscolatoe i detriti necrotici dalle ulcere.Esistono comunque delle riserveriguardo la possibilità che ilmetodo causi l’infiltrazione deibatteri all’interno dei tessuti molli.

Tabella 14

Effetti negativi della detersionemeccanica wet-to-dry

•Aumento del disagio del pazienteal cambio della medicazione

•Danno del tessuto di granulazioneneoformato e delle fragili celluleepiteliali

•Possibile essiccamento dell’ulcerae macerazione perilesionale

Tabella 13

Modalità di azione degli enzimi utilizzati nel debridement

Fibrinolisina DNAsi Papaina Collagenasi batterica

Scinde la fibrinadei coaguliematici el’essudatofibrinoso

Agisce sul DNAdell’essudatopurulento

Relativamenteinefficace da sola,non è selettiva erichiede lapresenza di urea

Degrada ilcollagene nativoI prodotti didegradazione delcollagene hannoazionechemiotattica sumacrofagi,fibroblasti echeratinociti.

(Baharestani 1999)

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Terapia a getto d’acquaÈ un’altra forma di irrigazione cheviene utilizzata per ammorbidire erimuovere dalla superficiedell’ulcera i tessuti disvitali, ibatteri, il tessuto necrotico el’essudato. Benché questo metodosia adatto nelle ulcere necrotichedurante la fase infiammatoria,risulta inappropriato nelle ulceregranuleggianti che presentanofragilità dell’endotelio e delle celluleepiteliali.

Debridement di mantenimentoLa preparazione del letto di unaferita, come è stato più volteribadito, deve comportare anche lacorrezione del microambientebiologico, ovvero l'eliminazione dicellule alterate e di elementi corrottidella matrice. Emerge, neltrattamento delle ferite croniche,l'opportunità di prolungare la fasedi sbrigliamento, attuando quelloche potremmo chiamare"debridement di mantenimento".Nel caso di ferite croniche, lapresenza di una patologiasottostante determina il persistere el'alimentarsi della "caricanecrotica"; in altre parole la

formazione e l'accumulo di materianecrotica e di essudato. Inconseguenza di ciò, va considerataseriamente la possibilità diprolungare nel tempo ildebridement fino al raggiungimentodi un fondo della lesioneadeguatamente preparato.L'importanza del "debridement dimantenimento" è stata fino ad orasottovalutata. Non è infrequente, adesempio, dopo attuazione di unaprima procedura di sbrigliamento,l'osservazione di una temporanearisoluzione della lesione cronica,seguita da un arresto del processodi riparazione con nettopeggioramento del fondo dellalesione. Una delle possibilispiegazioni di tale arresto è ilcontinuo accumularsi di necrosi edessudato, sostenuto dalla patologiadi base. Per questo motivo èfondamentale operare unarimozione costante della caricanecrotica, da continuarsi nel tempofino a completa guarigione.

GESTIONE DELL’ESSUDATOL’eliminazione dell’essudatorappresenta un’altra tappaimportante nel trattamento e nella

preparazione del letto della ferita,anche se il suo ruolo rimaneancora sottovalutato (Falanga2000). Anche un’ulcera dibell’aspetto non guarirà seassociata ad abbondanti quantitàdi essudato. Inoltre, la secrezionedelle ulcere croniche risultadifferente, sotto il profilobiochimico, da quello delle feriteacute (Park et al. 1998) e la suacomposizione risulta deleteria per ilprocesso di cicatrizzazione. Lapresenza di una essudazionecronica porta alla distruzione delleproteine della matrice extracellularee dei fattori di crescita ed allainibizione della proliferazionecellulare (Falanga et al. 1994; Ennise Meneses 2000).Di conseguenza, una appropriatapreparazione del letto dell’ulcerarichiede necessariamente che laproduzione di essudato vengacontrollata e trattata, al fine diprevenire le conseguentiimplicazioni biochimiche negative(Ennis e Meneses 2000).

Trattamento diretto ed indirettodell’essudatoIl controllo dell’essudato può

essere effettuato con metodidiretti o indiretti. Il trattamentodiretto comporta l’utilizzo dibendaggi compressivi edaltamente assorbenti (Sibbald etal. 1999), o l’applicazione disistemi meccanici sotto vuoto(Ballard e Baxter 2000), benchéuno dei metodi più semplici per ilcontrollo dell’essudato sia attuatomediante la pulizia e l’irrigazionedell’ulcera cronica con soluzionesalina o acqua sterile. Questo nonsolo facilita la cicatrizzazionedell’ulcera mediante la rimozionedell’essudato e dei detriti cellulari,ma riduce anche la caricabatterica che rappresenta unacausa frequente dell’essudatostesso.

Il trattamento indiretto dell’essudatoè focalizzato al trattamento dellecause sottostanti, come peresempio la presenza di unaestrema colonizzazione batterica. Èimportante ricordare che iltrattamento diretto dell’essudatomediante gli appropriati materiali dimedicazione risulterà vano se vienetrascurato il trattamento delle causesottostanti (Falanga 2000).

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MEDICAZIONI ASSORBENTIÈ chiaro come risulti importante,nella medicazione delle ulcere, laprotezione dai traumi e dalle re-infezioni. Inoltre, l’uso di unamedicazione appropriata nondovrà solo rimuovere grandiquantità di essudato, ma anchealleviare il dolore del paziente eridurre i costi associati con lacura del paziente. Risulta ormaiuniversalmente accettato come,mantenendo un ambiente umidoa livello dell’ulcera, il processo dicicatrizzazione si svolga con unavelocità superiore del 50%rispetto ad un’ulcera secca,spesso con una aumentatapercentuale di riepitelizzazione(Geronemus e Robins 1982).Inoltre, facendo riferimento alprocesso di cicatrizzazione comead una serie di fasi successive, lascelta di un tipo di medicazione inun determinato stadio delprocesso di guarigione dell’ulcerainfluenza con grande probabilitàanche le fasi più avanzate delprocesso di cicatrizzazione(Kerstein 1997). Le recentiraccomandazioni proposte daBergstrom et al. nel 1994,

finalizzate a indirizzare i cliniciverso le procedure corrette dimedicazione delle ulcere, sonostate pubblicate da Ovington(1999). Queste raccomandazioniconsistono in sette punti chiaveriassunti in Tabella 15 (Ovington,1999; Sibbald et al. 2000).

Nessuno dei numerosi tipi dimedicazione presenti attualmentein commercio risponde a tutti irequisiti di questeraccomandazioni. La Tabella 16riassume una guida alla sceltadella medicazione appropriata,basata sull’aspetto dell’ulcera(Sibbald et al. 2000). Delle variecategorie di medicazioni per leulcere, quelle utilizzateprimariamente nelle ulcerealtamente essudanti sonorappresentate dalle schiume,dalle idrofibre e dalle garze incristalli di cloruro di sodio(Sibbald et al. 2000).

Altri tipi di medicazione sono ingrado di mantenere un ambienteumido e vengono utilizzati in fasisuccessive della preparazione delletto dell’ulcera. Gli alginati

Tabella 15

Criteri di scelta per una medicazione atta a mantenere un adeguato livello di umidità della ferita

1 Utilizzare una medicazione che mantenga un ambiente locale umido

2 Valutare clinicamente il tipo di medicazione umida in base al particolaretipo di ulcera in trattamento

3 La medicazione scelta dal medico dovrebbe essere in grado di mante-nere asciutta la cute circostante all’ulcera ma di mantenere il giustogrado di umidità a livello dell’ulcera stessa

4 La medicazione prescelta dovrebbe essere in grado di controllare l’essu-dato senza portare all’essiccamento del letto dell’ulcera: il mancato con-trollo dell’essudato può portare alla macerazione della cute perilesionalee comportare un peggioramento dell’ulcera

5 È preferibile utilizzare medicazioni di facile applicazione e che non richie-dano cambi frequenti, riducendo i tempi dedicati alla cura del paziente

6 Applicando la medicazione, è importante riempire eventuali cavità pre-senti nell’ulcera per evitare un ritardo di guarigione ed un incrementodella contaminazione batterica (Stotts 1997): un eccessivo riempimentodelle cavità deve essere evitato per prevenire il danno al tessuto di gra-nulazione neoformato, con conseguente ritardo di guarigione; un ecces-sivo riempimento può inoltre ridurre le proprietà adsorbenti della medica-zione

7 Tutte le medicazioni devono essere controllate regolarmente, special-mente quelle nella zona perianale per la difficoltà di mantenerle intatte.

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risultano indicati nelle ulcere infette,formando al contatto con l’ulceraun gel che garantisce un ambienteumido interattivo (Blair et al. 1990;Barnett e Varley 1987). Sono inoltrein grado di controllare un eventualesanguinamento. Gli idrogel risultanopiù indicati nel trattamento di ulcereasciutte e fibrinose con scarsoessudato, ma presentano deboli

proprietà antibatteriche erichiedono conseguentemente uncambio della medicazione ogni 24-72 ore. Le medicazioni occlusive, quali gliidrocolloidi, modificano le loroproprietà fisiche a contatto conl’essudato dell’ulcera, formando ungel. Risultano ben indicati nelladetersione autolitica, per ulcere con

presenza di essudato scarso omoderato (Friedman e Su 1998), esono in grado di promuovere laformazione del tessuto digranulazione. Le medicazioni sottoforma di film risultano ideali nellefasi avanzate della cicatrizzazione,cioè della formazione di tessuto digranulazione e dellariepitelizzazione, quando l’essudato

si è ridotto. Nonostante sianopermeabili ai vapori d’acqua edall’ossigeno, rimangono infattiimpermeabili all’acqua ed ai batteri.Non bisogna infine dimenticarecome le ulcere croniche possanocambiare il loro aspetto e vadanoquindi rivalutate frequentemente.

CORREZIONE DELLADISFUNZIONE CELLULAREDurante il normale processo dicicatrizzazione, una serie di rapidiincrementi di specifiche popolazionicellulari si rende responsabile dellapreparazione dell’ulcera per laguarigione, di deposizione di nuovamatrice extracellulare edeventualmente della completacicatrizzazione. Questo ordinatoprocesso di controllo cellulareappare compromesso nelle ulcerecroniche, esitando nell’incapacità diportare a termine il processo dicicatrizzazione. Per esempio, leulcere post-flebitiche degli artiinferiori sono caratterizzate da undeficit nel rimodellamento dellamatrice extracellulare, da un ritardodi riepitelizzazione e da unprolungato processo infiammatorio(Hasan et al. 1997; Agren et al.

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Tabella 16

Scelta della medicazione appropriata

Categoria della medicazione Aspetto del letto dell’ulcera Aspetto del tessuto di granulazioneNero Giallo Colliquazione Rosso Rosso Rosso Rosa/Porpora

(necrotico) (secco) (umido) (infetto) (umido) (sanguinante) (granulazione vitale/

riepitelizzazione)1. Schiume ++ ++ ++2. Idrofibre +++ ++ +++ +3. NaCl cristallino in garze +++ +++ ++4. Alginato di calcio + +++ +++ +++5. Idrocolloidi + ++ ++ ++ ++6. Idrogel ++ +++ + + +++7. Film adesivi +++8. Film non adesivi ++9. Enzimi +++ +++ ++

+ = non sempre appropriata (Sibbald et al. 2000)++ = appropriata+++ = altamente appropriata

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1999; Cook et al. 2000).Falanga (2000) ha recentementedimostrato che nelle ulcerecroniche (quali le ulcere post-flebitiche) l’epidermide hadifficoltà a migrare attraverso iltessuto dell’ulcera, mentre èpresente una iperproliferazione incorrispondenza dei bordidell’ulcera stessa. Si ritiene chesia questa iperproliferazione ainterferire con la normalemigrazione cellulare sul lettodell’ulcera, e che sia unaconseguenza della inibizione dellaapoptosi, cioè della mortecellulare normalmenteprogrammata, all’interno dellepopolazioni di fibroblasti echeratinociti. Altri ricercatorihanno descritto, nelle ulcerecroniche, la comparsa di severeanomalie fenotipiche a carico deifibroblasti, rappresentate daalterazioni morfologiche e ridottapercentuale di proliferazione(Stanley et al. 1997; Cook et al.2000). Fibroblasti ottenuti daulcere croniche e coltivati in vitrohanno mostrato una ridottarisposta all’applicazione esogenadi fattori di crescita, quali il

PDGF-β e TGF-β (Hasan et al.1997; Agren et al. 1999). Questaridotta risposta sarebbe dovutaalla senescenza dei fibroblastiestratti dalle ulcere croniche erappresenterebbe un indice diinvecchiamento in vivo (Mendez etal. 1998; Vande Berg et al. 1998).Questa osservazione potrebbespiegare perché i fattori di crescitaapplicati localmente nelle ulcerecroniche non risultino sempreefficaci nell’indurre la guarigione(Falanga 2000).

CORREZIONE DELLOSQUILIBRIO BIOCHIMICOLe ulcere croniche risultano“bloccate” in una particolare fasedel processo riparativo - peresempio le ulcere venose ediabetiche sarebbero bloccate,rispettivamente, nella faseinfiammatoria e proliferativa.(Falanga 2000). Per il medicoappare essenziale comprendereadeguatamente i processi fisiologicicoinvolti nel processo dicicatrizzazione, ma risultaugualmente importante essereconsapevole dei processimolecolari intrinseci, con

particolare riguardo a quellicoinvolti nel processo di guarigionedelle ulcere croniche. Nelle perditeacute di sostanza l’espressione dimolecole quali la fibronectina e latrombospondina (come anche altremolecole della matriceextracellulare) secondo un bendefinito corso temporale. Nelleulcere croniche si verificherebbeuna abnorme sovra-espressione diqueste molecole, dando luogo aduna disfunzione cellulare ed a unadisregolazione all’internodell’ulcera, fenomeni checomportano importantiimplicazioni biologiche (Falanga2000). Inoltre, anche se il lettodell’ulcera può mostrare unaspetto ottimale, all’esamebioptico appare evidente lapresenza di numerose molecoleproteiche di origine ematica.Sotto il profilo istochimico,fibrinogeno e fibrina sono le duemolecole osservate con maggiorefrequenza nelle ulcere croniche, inparticolar modo in quelle adeziologia venosa. Falanga (2000)ha recentemente ipotizzato chequeste ed altre molecole di origineematica (come la α2

macroglobulina) agiscano comeinibitori dei fattori di crescita e dideterminate molecole chiave nelprocesso di cicatrizzazione. Diconseguenza, dal momento cheall’interno di un’ulcera cronicasono presenti abbondanti quantitàdi fattori di crescita, questiverrebbero intrappolati e bloccati,e resi quindi non più disponibiliper il processo di guarigione,come conseguenza di unainadeguata preparazione del lettodell’ulcera. A questo riguardo,l’uso di una medicazionecompressiva aiuta a rimuoverel’essudato contenente fibrina efibrinogeno, rilasciando quindifattori di crescita che risultano ingrado di promuovere una rispostaangiogenica, favorendo lacompleta guarigione dell’ulcera(Falanga 2000).

Appare sempre più chiaro comeper una cicatrizzazione ottimalerisulti fondamentale ilmantenimento di un correttoequilibrio biochimico all’internodell’ulcera, ottenibile soloattraverso una adeguatapreparazione del letto dell’ulcera.

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Preparazione

del letto

della ferita

Ferita preparata

Trattamento delle cause

Medicazioniassorbenti

Terapia antimicrobica

Debridement

Diagnosi della lesione

Rassicurazione del paziente

Fattori di crescita

Innesti cutanei

Prodotti di bioingegneria

Guarigione in ambiente

umido

Correzione disfunzione

cellulare

Correzione squilibrio

biochimico

Gestione della necrosi

Gestione dell’essudato

Valutazione carica

batterica

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no

sti

co

Valutazione

del paziente

Ferita guarita

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Lo scopo della preparazionedel letto della ferita è ottenerela rapida guarigione mediantela formazione di tessuto di

granulazione vitale, chepermetterà la chiusura dell’ulceraspontaneamente o mediantel’uso di prodottitecnologicamente avanzati o diinnesti cutanei. Occorrericordare, infatti, che soloun’adeguata preparazione delletto dell’ulcera permetterà almedico di ottenere il successoprevisto utilizzando le terapieavanzate per il trattamento delleulcere. La wound bed preparationè un prerequisito a qualsiasitecnica o approccio terapeutico.Inoltre la WBP è anche unmetodo che ci consente dianalizzare e concettualizzare ifattori che concorrono alprocesso di guarigione delleferite, con ripercussioni anche sulfuturo della ricerca e della clinica.

Il trattamento delle ulcere hasubito rapidi progressi negli ultimiventi anni, ed è destinato ad unaulteriore evoluzione, grazie alprogresso tecnologico ed allamigliore conoscenza degli aspettibiologici delle ulcere cronichenon tendenti alla guarigione.Comunque, affinché i medici ed iloro pazienti siano in grado ditrarre i maggiori benefici dallenuove terapie e tecnologie, risultaessenziale una maggioreconoscenza delle basi dellacorretta terapia locale delleulcere. Nel tentativo di utilizzare imetodi di trattamento piùinnovativi, il medico dimenticatalvolta gli elementi basilari deltrattamento delle ulcere.Semplicemente, se il lettodell’ulcera non vieneadeguatamente preparato,nessuna terapia futuristica, qualel’epidermide coltivata in vitro, ifattori di crescita ricombinanti e

le tecniche di terapia genica, avràsuccesso.Di conseguenza, nell’ambito diun trattamento corretto edefficace delle ulcere, appareevidente come siano necessariedelle linee guida focalizzate adefinire l’appropriatapreparazione del letto dell’ulcera.Queste linee guida dovrebberofornire un approccio sistematicoalla preparazione del lettodell’ulcera e prendere inconsiderazione globalmente, enon singolarmente, gli aspetticritici della preparazione del lettodell’ulcera, comprendenti ladetersione, il bilancio batterico, iltrattamento appropriatodell’essudato. Esse dovrebberoanche sottolineare l’importanza dicomprendere gli aspettibiochimici della cicatrizzazioneed il ruolo delle varie popolazionicellulari nel processo diguarigione.

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