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LE TAVOLETTE CRETESI IN LINEARE A DEL MUSEO PIGORINI DI ROMA di GRAZIA ATTILI Erano i primi anni del nostro secolo, quando le sensazionali scoperte di Arthur Evans a Cnosso avevano destato ovunque un enorme interesse, ed anche una missione archeologica italiana era partita alla volta di Festòs, gui- data da Federico Halbherr. Si iniziarono scavi anche in una località vicina a Festòs, Haghia Triada, e ben presto sia dalla villa - considerata in un primo momento solo «la residenza campestre dei principi di Festòs », «il palazzo suburbano di Festòs, o villa micenea di Haghia Triada »1 - sia dal villaggio venne alla luce una nuova documentazione straordinaria sulla scrit- tura nel mondo egeo: le tavolette di argilla iscritte che sono depositate al Museo di Heraklion. Ma tre di queste tavolette si conservano, come è noto, nel Museo Prei- storico di Roma, il Museo Pigorini 2. Furono pubblicate, insieme a tutte le altre provenienti da Haghia Triada, nell'editio princeps del prof. Pugliese Carratelli 3, nel 1945; ripetute nella recente edizione del Brice 4 e ancora dal Pugliese Carratelli in «Minos» 5. 1 Come risulta dalle relazioni delle campagne di scavo, pubblicate da F. Halbherr in «Monumenti antichi», voI. XIII, 1903; «Memorie dell'Istituto Lombardo», voI. XXI, XII serie III; « Rendiconti dell'Accademia dei Lincei », serie V, voI. XI, 1902. 2 Le tre tavolette, per gentile concessione del Direttore del Museo Pigorini, prof. C.P. Sestieri, furono mostrate in una conferenza che il prof. Carlo Callavotti tenne alla Telivisione Italiana nel 1968. 3 G. Pugliese Carratelli, Le iscrizioni preelleniche di Haghia Triada in Creta e nella Grecia peninsulare, « Monumenti antichi », voI. XL, 1945. 4 W.C. Brice, Inscriptions in the minoan Linear Script 01 class A, Oxford 1961. 5 G. Pugliese Carratelli, Le epigrafi di Haghia Triada in Lineare A, « Minos », SuppI. n. 3.

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LE TAVOLETTE CRETESI IN LINEARE A DEL MUSEO PIGORINI DI ROMA

di GRAZIA ATTILI

Erano i primi anni del nostro secolo, quando le sensazionali scoperte di Arthur Evans a Cnosso avevano destato ovunque un enorme interesse, ed anche una missione archeologica italiana era partita alla volta di Festòs, gui­data da Federico Halbherr. Si iniziarono scavi anche in una località vicina a Festòs, Haghia Triada, e ben presto sia dalla villa - considerata in un primo momento solo «la residenza campestre dei principi di Festòs », «il palazzo suburbano di Festòs, o villa micenea di Haghia Triada »1 - sia dal villaggio venne alla luce una nuova documentazione straordinaria sulla scrit­tura nel mondo egeo: le tavolette di argilla iscritte che sono depositate al Museo di Heraklion.

Ma tre di queste tavolette si conservano, come è noto, nel Museo Prei­storico di Roma, il Museo Pigorini 2.

Furono pubblicate, insieme a tutte le altre provenienti da Haghia Triada, nell'editio princeps del prof. Pugliese Carratelli 3, nel 1945; ripetute nella recente edizione del Brice 4 e ancora dal Pugliese Carratelli in «Minos» 5.

1 Come risulta dalle relazioni delle campagne di scavo, pubblicate da F. Halbherr in «Monumenti antichi», voI. XIII, 1903; «Memorie dell'Istituto Lombardo», voI. XXI, XII serie III; « Rendiconti dell'Accademia dei Lincei », serie V, voI. XI, 1902.

2 Le tre tavolette, per gentile concessione del Direttore del Museo Pigorini, prof. C.P. Sestieri, furono mostrate in una conferenza che il prof. Carlo Callavotti tenne alla Telivisione Italiana nel 1968.

3 G. Pugliese Carratelli, Le iscrizioni preelleniche di Haghia Triada in Creta e nella Grecia peninsulare, « Monumenti antichi », voI. XL, 1945.

4 W.C. Brice, Inscriptions in the minoan Linear Script 01 class A, Oxford 1961. 5 G. Pugliese Carratelli, Le epigrafi di Haghia Triada in Lineare A, « Minos »,

SuppI. n. 3.

Le tavolette cretesi del Museo Pigorini di Roma 167

fig. 1 . HT 29

168 _ Grazia Attili __

HT 114b

Le tavolette cretesi del Museo Pigorini di Roma 169

La cronaca di queste tavolette cretesi giunte a Roma tra il 1910 e il 1912 presenta forse qualche interesse che supera i limiti della pura curiosità.

Le tre tavolette sono quelle designate come HT 29, HT 114, HT 118 nella numerazione adottata dal Pugliese Carratelli e ripetuta dal Brice 6; e dovrebbero essere state trovate la prima nella villa e le altre due nel villaggio 7.

Premetto una breve descrizione delle tre tavolette con i disegni tracciati da me 8, affinché si possano facilmente identificare. I numeri di inventario corrispondenti, nel Museo Pigorini, sono i seguenti: 81951 (HT 29), 83735 (HT 114), 83734 (HT 118), dal che si desume che la HT 29 fu registrata al Museo molto tempo prima della HT 114 e della HT 118.

La prima tavoletta (HT .29: cm. 9,3 X 5,7) è di terracotta marrone, rettangolare, piatta, priva dell'angolo destro superiore; la faccia anteriore presenta sei linee orizzontali di scrittura incise a stecco. Tra il quarto e il quinto rigo si trovano tre segni non alli­neati, ed è da pensare che si tratti di una continuazione fuori linea del quarto rigo, non dovuta alla poca abilità dello scriba ma alla necessità di far rientrare tutti e tre i segni nello stesso rigo (V ed. fig. 1).

Bibl.: J. Sundwall, Weitere Bemerkungen zu den Haghia Triada Tafelchen III, « Acta Academiae Aboensis », Humaniora XV 4, 1945, fig. 42.

La seconda (HT 114: cm. 5,1 X 3,8) anch'essa di terracotta color marrone, piatta e rettangolare, è opistografa. I segni sono incisi sulla faccia anteriore su quattro linee e sul rovescio su una sola linea. È evidente che la faccia B presenta una registrazione staccata dalla faccia A e non un proseguimento; altrimenti non si spiegherebbe tanto spazio libero lasciato sulla faccia A. Inoltre il tracciato dei segni della faccia B mostra una identica profondità di incisione, dal che risulta chiaro che il verso è stato scritto poco dopo il recto, quando l'argilla aveva ancora lo stesso grado di freschezza (fig . 2).

Bibl.: G. Pugliese Carratelli, La decifrazione dei testi micenei e il problema della Lineare A, ASAA, XXX-XXXII (1952-54), Roma 1955, p. 13.

E. Peruzzi, Le iscrizioni minoiche, «Atti dell'Accademia Toscana di Scienze e Let­tere "La Colombaria" », XXIV, 1959-60, pp. 94-95.

V. Georgiev, Les deux Langues des inscriptions crètoises en Linéaire A, « Linguistique Balkanique », VII 1, Sofia 1963, pp. 58-59 e 60.

6 Cosl pure nell'opera di J. Raison-M. Pope, Index du linéaire A, ora in corso di stampa (I G voI. XLI).

7 G. Pugliese Carratelli, op. cit., p. 544 nota. Il Pugliese Carratelli dice di essere riuscito a determinare il luogo esatto di ritrovamento delle tavolette sulla base dei disegni fatti dallo Halbherr in due taccuini; questi taccuini però non sono al momento repe­ribili presso l'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte di Roma, e non sono riuscita a rintracciarli altrove. Invano ho cercato riferimento preciso delle tavolette nei «diari di scavo» dello Halbherr, conservati con cura dalla prof. L. Banti, che ringrazio per la sua gentilezza.

3 I disegni sono fatti con scala 2/1; le fotografie con scala l/l.

170 Grazia AttiIi

fig. 3 - HT 118

'.

Le tavolette cretesi del Museo Pigorini di Roma 171

La terza tavoletta (HT 118: cm. 7,1 X 5,4l è di terracotta marrone, piatta, con gli angoli smussati. Sulla faccia anteriore i segni sono incisi su cinque linee. La lettura non presenta difficoltà, giacché la grafia è molto regolare e precisa e i segni sono alli­neati con accuratezza (fig. 3l.

Bibl.: E. Peruzzi, Note minoiehe, « Minos », VII, 1958, pp. 9-10. V. Georgiev, Les dex langues des inseriptions erétoises en Linéaire A, « Linguistique

Balkanique », VII 1, Sofia 1963, p. 58. W.C. Brice, The Strueture 01 Linear A with some Proto-Elamitie and Proto-Indie

Comparisons, «Europa », 1967, pp. 41-42.

Le tre tavolette sono state redatte da tre scribi diversi. Infatti il tracciato dei segni differisce molto dall'una all'altra.

La prima presenta un tracciato molto particolare; lo scriba ha usato uno stilo molto sottile ed affilato, ed ha inciso poco profondamente i segni; inoltre la mancanza di impronte digitali fa pensare che abbia levigato l'argilla con una spatolina.

Anche la seconda tavoletta non presenta tracce di impronte digitali, ma i segni hanno una maggiore profondità di incisione e risultano molto più accurati che quelli della tavoletta precedente.

L'ultima tavoletta, poi, è scritta con uno stilo certamente diverso da quello usato per le due precedenti tavolette; si tratta di uno stecco meno affilato di quello adope­rato dallo scriba della prima tavoletta e più affilato di quello della seconda tavoletta. Sono inoltre molto visibili sia le impronte digitali sia quelle del palmo che provano chia­ramente come lo scriba abbia levigato l'argilla con la mano.

Tra l'altro se si analizza l'unico segno comune alle tre tavolette, cioè 'il (L 103 l, risulta chiaramente dal suo tracciato che si tratta di tre scl'ibi differenti:

HT 29 HT 114 HT 118

L'arrivo di queste tavolette a Roma suscitò grandissimo interesse, e non !Ialo dei dotti, ma attrasse l'attenzione del largo pubblico, tanto che ne parlò la stampa: in un giornale dell'epoca, « Il Popolo Romano» 9, in data 28 ot­tobre 1910 si dava notizia di questo dono che era stato fatto al Museo Prei­storico, di « alcune tavolette di terracotta con scrittura minoica del 2° mil­lennio avo Cr. »; si faceva notare l'importanza che l'avvenimento costituiva per Roma col ricordare che, a parte le tavolette depositate nel Museo di

9 Anno XXXVIII, N. 294.

172 Grazia A ttili

Candia, in tutto il resto d'Europa solo al Museo di Oxford e in quello di Atene si trovavano documenti di questo genere.

In quello stesso periodo veniva pubblicato anche il libro intitolato « Escursioni nel Mediterraneo» lO, opera abbastanza nota dell'allora senatore Angelo Mosso, il quale aveva trascorso nel 1906 alcuni mesi con la missione archeologica italiana a Creta 11, ed aveva assistito con grande entusiasmo alle importanti scoperte che si facevano a Festòs e Haghia Triada, senza trala­sciare, nello stesso tempo, i suoi studi antropologici ed etnografici.

La prima edizione del libro, che è del 1907, non parla delle tavolette in questione; ma nella seconda edizione, che è del 1910, il Mosso aggiunse un ca­pitolo: «Le scritture lineari sistema A e B »; e alla p. 304 ricorda anche le tavolette del Museo Pigorini con queste precise parole: «Dobbiamo alla Missione Italiana se due esemplari di queste tavolette si trovano ora al Museo Preistorico di Roma »; le considerava però «tavolette con scrittura lineare della classe B » di Festòs 12, come le aveva appunto designate in pre­cedenza. Che le designi « della classe B », non ha alcuna importanza. Si riferi­sce senz'altro alle tavolette di cui stiamo parlando, la cui scrittura chiamiamo Lineare A al fine di distinguere nettamente le iscrizioni in Lineare A di Haghia Triada dalle altre iscrizioni in Lineare B di Cnosso o del continente greco. Non si faceva allora una distinzione precisa tra «minoico» e «mi­ceneo », non era ancora chiaro il profondo divario che si è ravvisato tra Li­neare Ae Lineare B dopo la decifrazione della scrittura micenea, o Lineare B, ad opera del Ventris. La discriminazione che allora si faceva tra A e B si riferiva solo ad una distinzione ravvisabile sotto il rispetto grafico, per cui le tavolette di Haghia Triada e quelle di Cnosso erano divise in due classi e categorie, per l'appunto A e B, ma come due tipi affini di scrittura, che avrebbero anche potuto coprire una medesima lingua.

Nessuno poteva allora pensare che le tavolette in Lineare B si sareb­bero, entro pochi decenni, rivelate come iscrizioni greche, e che invece la Lineare A sarebbe rimasta ancora indecifrata, come è oggi, e restia anche ad ogni tentativo di definire la lingua, o soltanto il tipo di lingua, che essa ricopre.

Lo stesso Pigorini, in una lettera del 29 maggio del 1910 diretta al Ministro della Pubblica Istruzione 13, fa cenno di tavolette micenee. Infatti,

IO A. Mosso, Escursioni nel Mediterraneo, e gli scavi a Creta, voI. I (Milano 1907), 19102• Il secondo volume è intitolato Le origini della Civiltà Mediterranea, Milano 1910.

11 Come si legge nella relazione della campagna di scavo del 1906, pubblicata da L. Pernier in « Rendiconti dell'Accademia dei Lincei », serie V, voI. XVI, 1907, p. 258 .

. 12 A. Mosso, op. cit., p. 305, fig. 160. 13 La lettera è conservata nell'Archivio del Museo Pigorini, fascicolo Grecia (Prei­

storia), G II 71.

HT 118

HT 29

HT 114a HT 114b

Le tavolette cretesi del Museo Pigorini di Roma 173

sollecitando una parola ufficiale di ringraziamento per il Console «alla Canea», Marchese Bartolucci Godolini, alle cui insistenze si doveva se il governo cre­tese aveva ceduto all'Italia le preziose tavolette, il Pigorini parla di «due tavolette fittili scritte micenee» che il governo cretese donava al Museo Preistorico da lui diretto allora. Ma è evidente che usa il termine « miceneo » nella sua accezione più generica e più vasta, come un riferimento cronolo­gico per indicare nel suo complesso la civiltà del mondo egeo nell'età del Bronzo.

La cosa, che invece è da notare, è che anche in questa lettera ufficiale del Pigorini al Ministro della Pubblica Istruzione, come nell'opera del Mosso dello stesso anno 1910, si parla di due tavolette e non di tre. A questo punto mi ero proposta di indagare quale fosse la tavoletta in più e per quale via fosse giunta al Museo Pigorini; e invece, nel seguito della ricerca, ho dovuto constatare che la questione era un'altra e del tutto opposta, ossia che nel Museo Pigorini c'è una tavoletta in meno. Non dovrebbero essere né due, né tre, bensi quattro.

Anche nella corrispondenza intercorsa tra lo Halbherr e il Pigorini nel 1910 14 si fa sempre menzione di due tavolette e non di tre.

Nella lettera del 7 aprile 1910 15 indirizzata al Direttore del Museo, lo Halbherr informa di essere stato invitato dalla Commissione del Museo di Candia a scegliere due tavolette per il Museo Preistorico di Roma, e di avere scelto « le due migliori e più perfettamente conservate, dicendo che, trattan­dosi di mandare una rappresentanza di questi testi minoici al Museo della Capitale d'Italia, conveniva . mandare due pezzi perfetti ». L'entusiasmo di Halbherr fu però smorzato dalla Commissione: questa riteneva più opportuno consegnare una tavoletta perfetta e cambiare l'altra con un esemplare fram· mentario, visto che « le tavolette di Haghia Triada appartengono alla classe . più antica (la classe A dell'Evans), classe pochissimo rappresentata nel Mu­seo stesso di Candia » 16, e della quale i due soli esemplari perfetti erano quelli scelti per il Museo romano. Halbherr cosi continua: «Ella avrà due tavo­lette, di cui una perfetta e intera e l'altra frammentaria. L'epoca di esse è Late Minoan I di Evans, ossia il 1600-1550 a.c., secondo la nuova crono­logia delle dinastie egiziane ».

Il 16 maggio 1910 17 lo Halbherr fa sapere al Pigorini che le due tavo­lette sono pronte, ma che preferisce portarle a Roma lui stesso oppure affi­darle allo Stefani o al De Sanctis.

Un accurato esame dell'inventario del Museo Pigorini mi ha infine por-

14 Conservata nell'Archivio cit., fase. cit., G II 72-75. IS loe. eit., G II 73. 16 ibid. 17 loe. cit., G II 75.

174 Grazia Attili

tata a scoprire che nel 1910, nel mese di ottobre, giunsero effettivamente a Roma le due tavolette menzionate nella citata corrispondenza. Però nel 1912, sempre nel mese di ottobre, ne furono inventariate altre due. A queste ultime due doveva riferirsi una lettera dello Halbherr del 21 luglio 1912, che è citata nel registro di inventario suddetto; ma tale lettera, purtroppo, pare che sia perduta 18.

In conclusione, le tavolette dovrebbero essere quattro. Le prime due sono inventari ate con il n. 81950 e con il n. 81951 come dono della mis­sione archeologica italiana e provenienti dal palazzo di Festòs (sic, e questo potrebbe spiegare perché anche il Mosso parli di tavolette di Festòs e non precisi di Haghia Triada). Però la prima, e precisamente quella che avrebbe dovuto essere intera, è scomparsa. La seconda, mutila in alto a destra, è conservata. Le altre due sono inventari ate due anni dopo, cioè nel 1912, con il n. 83734 e con il n. 83735, sempre come dono della missione archeologica italiana e provenienti da Haghia Triada. Ora il problema è di appurare se dal complesso delle tavolette dell'archivio di Haghia Triada, che noi oggi cono­sciamo, manchi realmente un pezzo, cioè il testo della tavoletta che è andata smarrita nel Museo Pigorini.

Un terminus ante quem per la perdita di questa tavoletta (inv. n. 81950) è costituito senz'altro dal periodo 1935-40, gli anni in cui il Pugliese Carra­telli attendeva allo studio delle iscrizioni di Haghia Triada che venivano pub­blicate per la prima volta nel 1945 19

• Inoltre anche il Borda, nel Catalogo del materiale cretese depositato al Pigorini 20, pubblicato nel 1946, cita sol­tanto tre tavolette e non quattro.

Tuttavia non è difficile stabilire che, se . l'originale è andato smarrito nel Museo Pigorini, il testo non è andato perduto, e deve essere identificato con l'iscrizione HT 12.

Difatti il Pugliese Carratelli annota 21 di avere riprodotto la HT 12 in base al calco che si trova nel Museo di Heraklion, e che l'originale non si trova né a Roma né ad Heraklion; invece per la HT 29 cita il calco 22 che si trova nel Museo di Heraklion e dice che l'originale si trova nel Museo Pigo­rini con il numero d'inventario 8195l.

Per la HT 114 e la HT 118, invece, il Pugliese Carratelli dà i testi in base agli originali di Roma e non fa menzione di calchi 23.

13 Non se ne trova traccia presso l'Archivio del Museo, né presso l'archivio depo-sito del Ministero della Pubblica Istruzione, né presso l'Archivio centrale dello Stato.

19 G. Pugliese Carratelli, op. cito 20 M. Borda, L'arte cretese micenea nel Museo Pigorini di Roma, Roma 1946. 21 G. Pugliese Carratelli, Le iscrizioni preelleniche ... , p. 548; Le epigrafi di Haghia

Triada ... , p. 8. 22 ibid., Le iscrizioni preelleniche ... , p. 552; Le epigrafi di Haghia Triada ... , p. 17. 23 ibid., Le iscrizioni preelleniche ... , p. 578 e 579; Le epigrafi di Haghia Triada ... ,

p. 49 e 52.

Le tavolette cretesi del Museo Pigorini di Roma

HT 12 (scala 1/1)

175

Bibl.: J. Sundwall, Weitere Be­merkungen zu den Haghia Tria­da Tiifelcben II, «Acta Acade­miae Aboensis », Humaniora XV 2, 1944, fig. 9. G. Pugliese Carratelli, La deci­frazione dei testi micenei e il problema della Lineare A, ASAA, XXX-XXXII (1952-54), Roma 1955, p. 12. V. Georgiev, Les deux langues des inscriptions crétoises en Li­néaire A, « Linguistique Balka­nique », VII, 1, Sofia 1963, pp. 24-25. G. Nagy, Observa­tions on tbe Sign-Grouping and Vocabulary of Linear A, AIA, 69, 4, 1965, p. 302.

È chiaro dunque che ad Heraklion, al momento di spedire le due tavo­lette in Italia nel 1910, furono fatti i calchi da conservare in Iaea, mentre delle altre due tavolette che giunsero a Roma nel 1912 tali calchi non furono fatti o sono andati smarriti.

Per quel che riguarda la HT 12, confermo che ad essa corrisponde esat­tamente la descrizione che si legge nell'inventario del Museo Pigorini per la registrazione n. 81950. Viene descritta una « tavoletta rettangolare in terra­cotta (spezzata e raggiustata in alto) recante su una faccia caratteri di scrittura minoica incIsI a stecco e disposti su sei linee orizzontali. Dim. 0,094 X 0057 ». Effettivamente il calco HT 12 ha sei linee di scrittura, e presenta una frattura dell'argilla, verso l'alto, secondo una linea orizzon­tale. Pare quindi evidente che tale calco corrisponda alla tavoletta mancante: questa avrebbe dovuto essere intera (o per lo meno completa) secondo quanto scriveva Federico Halbherr nella corrispondenza citata; ma si può pensare che la spezzatura dell'argilla si sia prodotta durante il trasporto o più tardi.

È invece piuttosto strano che nell'inventario del Museo Pigorini, alle due tavolette registrate nel 1910 vengano assegnate identiche dimensioni; inoltre la descrizione dell'una sembra integrare quella dell'altra: anche al pezzo n. 81951 vengono date le misure 0,094 X 0057 ed esso viene descritto

176 Grazia Attili

con le stesse parole della tavoletta precedente ma è detto « mancante dell'an­golo sinistro in alto» 24. Invece l'unica delle due che abbiamo è spezzata e raggiustata in alto, ed è mancante dell'angolo destro in alto.

Ma la HT 12 è solo leggermente più grande della HT 29, e quindi chi fece l'inventario probabilmente ritenne più sbrigativo assegnare le stesse mi­sure ad entrambe; dimenticò poi di annotare che anche la HT 29 era spezzata e raggiustata nella sua parte superiore.

Non credo che provochi dubbio la provenienza dal palazzo di Festòs attribuita a queste due tavolette dall'inventario del Pigorini; perché, a parte la testimonianza dello Halbherr che nella lettera del 7 aprile 1910 25 parla di « tavolette di Haghia Triada », è da ricordare che la villa di Haghia Triada, come ho già detto in principio, era considerata solo la residenza campestre dei principi di Festòs, e che lo stesso Halbherr, nelle relazioni delle campagne di scavo, parla genericamente di «iscrizioni trovate nei palazzi festii» 26,

alludendo sia alle iscrizioni di Festòs sia a quelle di Haghia Triada.

24 La tavoletta, evidentemente, è stata descritta guardandola dal verso e non dal recto. 25 Lettera ci ta ta. 26 Monumenti antichi, voI. cit., § 4: «Le iscrizioni ».