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NEIAEQl:: E NHAEYl:: di MARCELLO DURANTE Il nome del personaggio che la tradizione presenta come ecista di Mileto e talvolta di altre città della Ionia o, ancora, come capo della migrazione io- nica, si trova scritto in tre forme diverse: NetÀeCùç l, NYJÀeUç 2, più raramente NeLÀeuç 3. Il problema che questa varietà di scritture solleva non è soltanto d'ordine formale, in quanto la seconda delle forme citate indica anche, a cominciare da Omero, il re pilio padre di Nestore: se si debba istituire un rap- ·1 porto tra le due figure, è materia tuttora controversa. Il primo tentativo di conciliare le forme più frequentemente attestate, di cui NeLÀeuç sarebbe un incrocio, si deve a J. Wackernagel 4 , il quale osservò che il differente voca- lismo della sillaba iniziale si giustificava perfettamente, se ricondotto a tra- dizioni dialettali diverse: ionica per Ne:LÀe:Wç, eolica per NYJÀe:uç, cfr. ad esem- pio ion. xdvoç eo!. x1jvoç; ma non riuscì al Wackernagel di superare lo scoglio più arduo, configurato dalle uscite tematiche. Ci si provò più tardi F. Bech- tel 5 , ponendo il rapporto NYJÀe:uç: Ne:LÀe:Wç sullo stesso piano morfologico di ion. lepe:uç: lÉpe:wç; la distinzione si sarebbe operata attraverso il passaggio l Così Hdt., IX, 97, ma N1)Àd8a:L V, 65 i Neleidi ateniesi di origine pilia; Euphor., fr. 26 Powell (NELÀEL8&v); Callim., fr. 191, 76 Pf. ; Alex. Aet., fr. 3, l Powell 8a:o; NELÀEt8a:o 26); Plut., De mulo virt., p. 253 f, De glor. Ath., p. 349 e. In Theocr., XXVIII, 3 le edd. Gallavotti e Gow accettano la congettura del Hartung NdÀEOç per il tràdito NdÀEO, invece Wackemagel (cit. alla no. 4) e Pisani scrivono NdÀEW col cod. D. a Hellan., fr. 125 J.; Aristot., fr. 556 Rose; Marmor Parium, 27 (Jacoby, II B, p. 996) ; Callim., Hymn. in Artem., 226; Apoll. Rh., I, 959; Polyaen., XVI, 12; Aelian., V. H ., VIII, 5; Collitz-Bechtel, Syll. 5501 : N1)ÀEL8&v 7ta:'t'flLciç (Tichiussa, non lontano da Mileto; età imperiale). 3 Pausan., VII, 2,6; Eustath., ad Il., XI, 253; NELÀéa. 't'òv x't'tcr't"I)V in una iscrizione d'età non specificata, ma certamente tarda, Th. Wiegand, Milet, Ergebnisse der Augra- bungen, I, fasc. 7, Berlin 1924, p. 340. Si vedano anche i patronimici cito alla no. 1. 4 « Ber!. Phil. Woch .• ), 1891, col. 6. 5 Die gr. Dialekte, III, Berlin 1924, p. 115.

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NEIAEQl:: E NHAEYl::

di MARCELLO DURANTE

Il nome del personaggio che la tradizione presenta come ecista di Mileto e talvolta di altre città della Ionia o, ancora, come capo della migrazione io­nica, si trova scritto in tre forme diverse: NetÀeCùç l, NYJÀeUç 2, più raramente NeLÀeuç 3. Il problema che questa varietà di scritture solleva non è soltanto d'ordine formale, in quanto la seconda delle forme citate indica anche, a cominciare da Omero, il re pilio padre di Nestore: se si debba istituire un rap-

·1 porto tra le due figure, è materia tuttora controversa. Il primo tentativo di conciliare le forme più frequentemente attestate, di cui NeLÀeuç sarebbe un incrocio, si deve a J. Wackernagel 4, il quale osservò che il differente voca­lismo della sillaba iniziale si giustificava perfettamente, se ricondotto a tra­dizioni dialettali diverse: ionica per Ne:LÀe:Wç, eolica per NYJÀe:uç, cfr. ad esem­pio ion. xdvoç eo!. x1jvoç; ma non riuscì al Wackernagel di superare lo scoglio più arduo, configurato dalle uscite tematiche. Ci si provò più tardi F. Bech­tel 5, ponendo il rapporto NYJÀe:uç: Ne:LÀe:Wç sullo stesso piano morfologico di ion. lepe:uç: lÉpe:wç; la distinzione si sarebbe operata attraverso il passaggio

l Così Hdt., IX, 97, ma N1)Àd8a:L V, 65 i Neleidi ateniesi di origine pilia; Euphor., fr. 26 Powell (NELÀEL8&v); Callim., fr. 191, 76 Pf. ; Alex. Aet., fr. 3, l Powell (NELÀ1)~iX-

8a:o; NELÀEt8a:o 26); Plut., De mulo virt., p. 253 f, De glor. Ath., p. 349 e. In Theocr., XXVIII, 3 le edd. Gallavotti e Gow accettano la congettura del Hartung NdÀEOç per il tràdito NdÀEO, invece Wackemagel (cit. alla no. 4) e Pisani scrivono NdÀEW col cod. D.

a Hellan., fr. 125 J.; Aristot., fr. 556 Rose; Marmor Parium, 27 (Jacoby, II B, p. 996) ; Callim., Hymn. in Artem., 226; Apoll. Rh., I, 959; Polyaen., XVI, 12; Aelian., V. H ., VIII, 5; Collitz-Bechtel, Syll. 5501 : N1)ÀEL8&v 7ta:'t'flLciç (Tichiussa, non lontano da Mileto; età imperiale).

3 Pausan., VII, 2,6; Eustath., ad Il., XI, 253; NELÀéa. 't'òv x't'tcr't"I)V in una iscrizione d'età non specificata, ma certamente tarda, Th. Wiegand, Milet, Ergebnisse der Augra­bungen, I, fasc. 7, Berlin 1924, p. 340. Si vedano anche i patronimici cito alla no. 1.

4 « Ber!. Phil. Woch .• ), 1891, col. 6. 5 Die gr. Dialekte, III, Berlin 1924, p. 115.

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ai temi in -o, onde le forme a declinazione 'attica'. Senonché un'analisi te:p'1)fo- di tépe:<ùc:; risulta affatto inverosimile, in quanto un tale amplia­mento non si osserva mai nella categoria dei nomi in -e:uc:; 6. Che, in ogni modo, Ne:L),e:<ùc:; non continui Ne:e:À'1)fo-, è emerso dalla documentazione micenea, la quale fornisce al riguardo un dato di notevole importanza.

La parola neerawo del testo pilio Fn 79 + 1192, 5, è sicuramente un nome di persona: si trova entro una sequenza di nomi che hanno la stessa funzione, tutti da intendere al dativo (cfr. akirewe 'Ax.LÌ'.(À)~fe:L 2, ecc.) ; e contiene l'ele­mento -rawo che, come secondo membro di composto, è documentato soltanto in antroponimi: akerawo 'AyÉÀrJfoc:; o 'ApXÉÀa.foc:;, aPirawo 'A!lljlLÀa.foc:;, etirawo, perirawo IIe:pLÀa.foc:;, ]keserawo. E poiché -rawo non può non ricollegarsi al­l'appellativo ÀiX6c:; ion. Àe:wc:;, il rapporto neerawo: Ne:LÀe:<ùc:;, già intuito dal Ventris e poi perfezionato, sul piano formale, dal Palmer 7, si presenta evi­dente e, mancando alternative diverse, va catalogato entro le acquisizioni certe dell'ermeneutica micenea. È questo un nome etimologicamente per­spicuo : il primo membro termina in -e, quindi ha natura verbale e il composto appartiene al tipo 'EXé8'1)!Loc:;. Il tema verbale che entra in questione è evidente­mente quello di VéO!La.L; ma la struttura del composto presuppone un verbo a diatesi attiva e valore transitivo, che sta a VéO!La.L come (jlÉp<ù a (jlÉpO!La.L: e poiché il senso primario di VéO!La.L è ' mi salvo, scampo da' (cfr. l'antico par­ticipio a vocalismo radicale ridotto ~a!Le:voc:;, in omer. lta!Le:voc:; Èx '&a.VChOLO, e anche omer. voa't'1Jaé!Le:v Èx 7tOÀé!LOLO, !LocX'1)C:; Èx voaTIjaa.v't"e:), questo nome Ne:~ÀiXfoc:; 8 equivarrà, per il significato, a ion. ~<ùaLÀe:<ùc:; (Paros). Per quanto riguarda l'aspetto storico della questione, è ovvio che il Nehelawos del testo pilio non ha nulla a che fare con l'ecista di Mileto: si tratta di un personaggio di condizione modesta, che viene citato a proposito di una assegnazione di frumento e di olive. Del resto, la colonizzazione di Mileto, si attribuisca o no

a O. Szemerényi, «Gl. » 35 (1957), p. 206, no. 2, spiega !épeCilC; dalla confusione di EU ed eCil nella pronuncia ionica tarda, ma il fenomeno ha testimonianze estremamente scarse e non ha lasciato ripercussioni nella morfologia. Pensiamo invece che sia da rico­struire una formula senza digamma !~P1JOC; < !epY)Loc;; per il suffisso cfr. &pvewc;. Che !epY)Lov • vittima' abbia mai avuto un digamma, è discutibile, perché il significato deriva direttamente da !e:p6c;, non da !epeoc;. Quanto al micen. ijereja • sacerdotessa " rimane incerto se -e- del suffisso sia breve o lunga, ma comunque non può trattarsi di una forma mozionale di !e:peoc;, e allora non sarà da trascrivere, come si fa di solito, !épeLoc, bensì !epe:lii, e la voce andrà collegata con ion. !pe:l1J !ep'ìj, atto !epdoc, !e:péoc (le testimonianze in W. Schulze, Quaest. epicae, Giitersloh 1892, p. 488; A. Scherer, Zur Laut- und For­menlehre der milesischen Inschr., Miinchen 1934, p. 18, no. l; da respingere la spiegazione di ion. !ep'ìj in Thumb-Scherer, Handb. der gr. Dial., II, Heidelberg 1959, p. 268).

7 « Eranos» 54 (1956), p. 7 s., ove viene formulata l'etimologia che riporteremo appresso.

8 Non riteniamo opportuno scrivere l'aspirazione tra parentesi, come si fa di solito, perché, almeno nella posizione intervocalica, il fonema era pronunciato, come dimostra, tra l'altro, il segno a2 = <i.

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ai Pilii, non può cadere negli ultimissimi anni antecedenti alla dissoluzione dei regni achei. Tanto meno si può identificarlo col wanax padre di Nestore. Tuttavia, sarà difficilmente da addebitare a combinazione fortuita il fatto che il nome sia documentato proprio a Pilo, sede del secondo personaggio e, secondo una tradizione, lontana terra d'origine del primo. Non è senza signi­ficato che anche i nomi del padre e del nonno del N(e)ileo ionico, rispettiva­mente K6òpoc; e MéÀcxv-l)·oc;, si ritrovino ancora soltanto a Pilo: kodoro, Jn 706, 17; merato, Jn 832, 11 (ambedue fabbri) 9.

Se N&tÀ&Cùc; è una evoluzione, in senso ionico, di N&~Àcxfoc;, come spiegare N'l'lÀ&uc;? Presentemente gode favore l'opinione che le due forme non sono conciliabili, e che pertanto vanno attribuite a due personaggi distinti l0.

Questa tesi trova un lontano precedente nell'opinione del Wilamowitz 11 che il fondatore di Mileto non avesse a che fare col padre di Nestore, ma portasse un nome cario; senonché, come si è visto ora, quel nome risulta essere greco al cento per cento. Effettivamente, Ellanico e Pausania 12 distinguono i due personaggi, che peraltro vengono inseriti nello stesso albero genealogico, secondo la progressione: Neleo (il padre di Nestore, oltreché di Periclimeno), Periclimeno, Boro, Pentilo (Pentilo, Boro in Paus.), Andropompo, Melanto, Codro, Neleo. La spiegazione tradizionale vuole che questa genealogia sia creazione ateniese, derivata dall'esigenza di ricondurre a origine ateniese la più antica fondazione ionica, onde !'inserimento della figura di Codro, e. nel contempo, imposta dalla necessità di conciliare la cronologia della migra­zione ionica, che si poneva in età posteriore alla guerra di Troia, con quella di Neleo padre di Nestore, di molto anteriore: Nestore è di due generazioni più anziano degli altri partecipanti al conflitto (A 252, r 245). Da ciò lo sdop­piamento della figura di Neleo 13. Oggi, invece, si torna a dar credito alla tradizione riferita da Ellanico e da autori posteriori: la dinastia dei Neleidi sarebbe stata cacciata da Pilo dagli « Eraclidi », cioè dall'invasione dorica. al tempo del re Melanto, e quindi costui sarebbe passato in Atene, e i suoi discendenti in Asia 14; e poiché, secondo un famoso passo di Tucidide, l'occu-

8 H . MUHLESTEIN, Namen von Neleiden auf den Pylostiifelchen, « Mus. Helv. ~ 22 (1965), p . 155 SS. Non meno importante è il fatto che ricompaia a Pilo anche il nome Kp'l)&e:uç. attribuito dal mito a un personaggio che è in rapporto con la dinastia pilia, ma documentato anche a Mileto nell'iscrizione dei molpoi, Dittenberger, Syll. nr. 57.

10 Così A. HEUBECK, « Beitr. Namenf. » 8 (1957), pp. 30 no. 13; 271 no. 15; THUMB-SCHERER, Handb. der gr. Dialekte, II, Heidelberg 1959, p. 271; Miihlestein, art. cito

11 Kl~ine Schr., V, Berlin 1937, p. 161. 12 Citati rispettivamente alle no. 2, 3. 13 F . CASSOLA, La Ionia nel mondo miceneo, Napoli 1957, p . 91. 14 Che profughi di Pilo si fossero rifugiati in Atene dopo la caduta del regno, afferma

anche un noto passo di Erodoto, V, 65, Non è notizia che possa nascere dal nulla; e la presenza dei nomi Codro e Melanto nell'onomastica pilia suona come conferma. Che, altresì, vi fossero stretti rapporti tra Atene e Mileto in età protogeometrica, viene reso probabile dalla documentazione archeologica, R. D'A. DESBOROUGH, The Last Mycen.

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pazione dorica del Peloponneso sarebbe avvenuta 80 anni dopo la caduta di Troia (da porre questa attorno al 1250 o poco dopo, come si ritiene ormai concordemente in base all'identificazione dell'evento con !'incendio dello strato VII b), la migrazione ionica sarebbe da porre nella prima metà dell'XI secolo, se non verso la fine del secolo precedente 15. In verità, la questione lin­guistica da cui è mossa la presente ricerca, non è in rapporto pregiudiziale con questa ardua e complessa problematica storica, sulla quale, peraltro, ci riserviamo di esprimere il nostro pensiero in sede di conclusione. Ammessa e non concessa, infatti, l'effettiva esistenza di due Nelei, come si può provare che questi personaggi portassero nomi distinti, quando i testi che citano l'uno e l'altro danno loro il medesimo nome, vale a dire NYjÀeuc; Ellanico e NeLÀeuc; Pausania? Si obietterà che la distinzione formale, se pur non trova diretta conferma nella tradizione, viene confermata implicitamente dal fatto che la forma NdÀeCùC; viene impiegata soltanto a indicare l'ecista di Mileto, e mai il wanax pilio. Ciò, come vedremo, troverà altra e soddisfacente spiegazione. Viceversa, v'ha fondato motivo di ritenere che il padre di Nestore portasse proprio il nome Ne~ÀlXfoc;, onde poi N dÀeCùC;. Si è già detto che il primo ele­mento di Ne~ÀlXfoc; appartiene alla famiglia di véOfLlXL vocr't'oc;, e quindi è anche in rapporto con Nécr't'Cùp 16, lo stesso rapporto che si trova in MevéÀlXoc;: Mév't'Cùp, 'EXéÀlXoc;: "Ex't'Cùp, 'AyéÀlXoc;: "Ax't'Cùp. Ecco un bell'esempio della con­suetudine, greca e indoeuropea, di dare al figlio un nome che ripetesse in parte quello paterno 17. Cadono quindi le altre etimologie di NYjÀeuc;: la tra­dizionale derivazione da vYjÀe~c;, formalmente insostenibile, perché questo aggettivo va analizzato v-YjÀe~c; 18, con vocale lunga in secondo membro di composto, e non con contrazione (cfr. micen. noperea vCù<:peÀéoc) ; come anche il rapporto istituito dal Miihlestein con la località N~ÀÀov o N~ÀÀoc; della isola di Zacinto.

and their Successors, Oxford 1964, p. 21. Ma che i due fatti vadano posti in diretto rapporto. nel senso che vuole la tradizione, questo, riteniamo, è più difficile da dimostrare. Pro­babilmente la teoria dell'origine ateniese di Mileto trovò motivazione nel fatto che am­bedue le città veneravano un eroe Neleo (sul Neleo ateniese v. no. 36) e fu poi pro­pagandata dalla speculazione politica. In ogni modo si tratta di problemi che non hanno un peso decisivo in questo lavoro, come spiegheremo nel testo.

15 T. B. L. WEBSTER, From Mycenae to Homer, London 1958, p. 149; Miihlestein, art. cit., p. 161; G. L. HUXLEY, The Early Ionians, London 1966, p. 26.

18 L. R. PALMER, « Eranos.) 54 (1956), p.8. Se NÉcr-rwp non è documentato a Pilo, può farne le veci a buon diritto il personale netijano Ne:cr-rdvwp, allo stesso modo che metijano M1Jcr-rL&'vwp richiama M~cr-rwp, e K<xcr-rL&.Ve:Lp<X K&.cr-rwp.

11 Per esempio Socrate figlio di Sofronisco, Licurgo oratore figlio di Licofrone. Cfr. SOLMSEN-FRAENKEL, Indogerm. Eigennamen, Heidelberg 1922, p. 118; E. FRAENKEL, in R.E. s. v. Namenwesen, col. 1625.

18 In quanto si riconduce ad ~Àe:oc;; ma in omer. V1JÀe:~C; 1j(J.<Xp, v1JM·, X<XÀxcji v'ha certo <xÀÉOWICL Frisk, W ort., II, p. 314.

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Secondo L. R. Palmer 19, N7JÀEUC;; sarebbe « Kurzfonn» di NE~Àrxfoc;;, allo stesso modo che' AXLÀÀEUC;; deriverebbe da un * AXL-ÀJOC;; e II 7JÀEUC;; da una cor­rispondenza eolica di T7JÀéyovoc;;. Piuttosto che questi esempi, assai poco credibili, si sarebbero potuti citare EÙpUG.&EUC;;, MEÀrxV.&EUC;;, MEVEG.&EUC;;, e ancora micen. arekeseu 'AÀE~EUC;;, riduzione di *' AÀE~&.VCùp o simili, awekeseu 'AfE~EUC;;,

cfr. AÙ~L.&Ef.LLC;;. Però, di solito, il suffisso -EUC;; esprime derivazione da un nome primario: per esempio micen. okomeneu 'OPXOf.LEVEUC;;; e non ci risulta che esi­stano Kurznamen così fonnati da antroponimi in -Àiif'oc;;. E poi, perché la contrazione 7J < EE si troverebbe soltanto nel nome abbreviato, eccettuati i rari e tardi esempi di NELÀEUç? L'ipotesi del Palmer si potrebbe prendere in considerazione se non fosse disponibile una diversa e più semplice spiega­zione di N7JÀEUC;;. Ovviamente la tradizione ha desunto questa fonna, che è riservata, in prevalenza, al padre di Nestore, dai poemi omerici. Ora, consi­deriamo la documentazione omerica di N"1)ÀEUC;; e dei suoi derivati:

N7JÀEUC;; A 683, 717; y 409 ; À 281, 288. N"1)À1joc;; A 692; y 4; o 233. N7JÀ1joc À 254; o 237; N"1)Àérx o 229.

NÉG't"Cùp N7JÀ~'coç 'Y 349; 'AV't"LÀOXOC;; N7JÀ~i:oc;; 'Y 514. N7JÀ7JL<P ULL ... NÉG­'t"OpL B 20. NÉG't"op' ~1tL N7JÀ~i:ov K 18; IIuÀov N"1)À~i:ov A 681, ~ 639. N"1)À~LrxL

t7t1tOL A 597. N1jÀ"1)i:&.~oco yÉpov't"oc;; 0 100, 0378; ('AV't"LÀ6xou) 'Y 303; (NÉG't"opoc;;) y 465.

N"1)À7JL&.aECù (NÉG'ropoc;;) A 618. NÉG't"op N"1)À"1)·c&.a"1) K 87, 555; A 511, 3 42, y 79, 202, 247

N7JÀdarxo (NÉG't"opoc;;) 'Y 652.

Come si vede, il nome primario è documentato, nell'Iliade, soltanto nel racconto di Nestore del canto XI; nell'Odissea, nella Telemachia, nella Nekyia, e nel passo o 225 e sgg., che riprende il tema di À 287-96. Invece, l'aggettivo d'appartenenza e patronimico N"1)À~'coc;; e la sua derivazione N7JÀ7J'c&'­a7JC;;, 20 hanno più vasta diffusione. Osserveremo anzitutto che la distribu­zione metrica del nome non è quella delle due fonne di aggettivo. N"1)ÀYJ'coc;;, N7JÀ7J·c&.~"1)C;; hanno sempre la prima sillaba in tesi, e non potrebbe essere diver­samente, seguendo lunga più breve. Invece N7JÀEUC;;, N7JÀ1jrx, N7JÀ1joc;; hanno, otto volte su dieci, la prima sillaba in arsi (le eccezioni in A 692, o 237), e ciò non si può addebitare a necessità metrica: eppure -"1)- è il risultato di una contrazione! Ecco il primo indizio della seriorità del nome rispetto all'ag­gettivo. Tutti i passi in cui compare il nome apparentemente primario appar­tengono a sezioni o a episodi dei due poemi, che non hanno stretto rapporto

11 Art. cit., p. 7 e Intel'pretation oj Myc. Greek Texts, Oxford 1963, p. 80. 20 L' hapax NlJÀd30CQ nel libro dei Giochi, è creazione analogica secondo' A'tpe:t3OCQ :

nel verso precedente c'è appunto questa voce.

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con la trama narrativa, e che la critica analitica dichiara recenti 21, taluni recentissimi e addirittura posteriori ad Esiodo 22. Per l'episodio dell'Iliade occorre aggiungere qualche precisazione. Il nocciolo del racconto di Nestore, la guerra tra Pilii (Achei) ed Elei (Epei), ha certamente radici antiche, come risulta dalla tipologia arcaica delle scene e dalla conoscenza di località (Thryo­essa e Arene, oltre Pilo) di cui si era perso il ricordo in età storica 23; anche i problematici duali MOÀLove 709, , Ax:t'CùpLCùve MOÀLove 750 sono una rarità. Secondo il Balte, il racconto originario risaliva all'età micenea, ma proba­bilmente la notizia dell'incursione di Eracle a Pilo (690), se Eracle simboleggia gli Eraclidi, cioè i Dori, e la citazione dell'Elide e degli Elei, nomi altrimenti sconosciuti all'Iliade (tranne un accenno del Catalogo) e alle tavolette pilie, presuppongono condizioni submicenee. Comunque è certo, ed è ciò che im­porta in questo contesto, che il racconto originario è stato profondamente rielaborato in età recente. Ne dà prova incontrovertibile l'analisi linguistica 24.

In almeno undici versi del discorso di N estore (656-803) si hanno esempi patenti di inefficacia del digamma, rivelati da abbreviamenti di lunghe finali, elisione, sinizesi e contrazioni 25: wç émo't" 'HÀeLoLO'L XCXL ~[l'i:v ve'i:xoç è't'uX.&'t) (671) ; 7tevTI)xov't'cx ~owv &:yÉÀcxç, 't'oO'cx 7twecx OLWV (678); èx ~' o yÉpCùv &.yÉÀ't)v 't'e

~owv XCXL 7tWU [lÉy' OLWV (696); 't'ÉO'O'cxpeç &..&ÀOcpOpOL ~7t7tOL CXÙ't'O'i:O'LV oxeO'cpLv (699); - " " ~"~"" (703) ~ l , 'A' 't'CÙV o yepCùv e7teCùV xexol\Cù[levoç 't)oe XCXL epyCùv ; oCXL't'peueLV [l't) 't'Lç cx't'e[lt'0-

[levoç XLOL tO"t)ç (705); ~À.&ov o[lWç CXÙ't'OL 't'e 7toÀe'i:ç XCXL [lwvuXeç ~7t7tOL (708); &.[l­cpLO''t'CXV't'O ~~ &O''t'u ~LCXppCX'i:O'CXL [le[lcxw't'eç (733); OLOç 't"'~ç &.pe't"'~ç &.7tov~O'e't'cxL . ~ 't'É [lLV otCù (763); 't'cxi:i't" e'C7tOLç 'AXLÀ~L ~cxtcppOVL, cx'C xe 7tL.&'t)'t'CXL (791); 't'Lç ~' OL~' eL xÉv OL O'ÙV ~CXL[lOVL .&u[lòv ÒpLVCXLç (792). Si notino anche gli ionismi èxe'i:voç 653, vewv 803. Non riteniamo necessario estendere l'indagine ai passi dell'Odissea

21 Così il racconto di Nestore nell'XI dell'Iliade: P. von der Miihll, Krit. Hypo­mnema zur Ilias, Basel 1952, p. 200, con la bibliografia precedente. Che la Telemachia non rientri tra le strutture odissiache più antiche, è ben noto.

22 Così À 281-97 e o 225-55, che dipenderebbero dal Catalogo delle donne, R. MER­KELBACH, Unters. zur Odyssee, Miinchen 1951, p. 188; D. L. PAGE, The Homer-ic Odyssey, Oxford 1955, p. 36. Ma che alcune parti dell'Odissea siano posteriori a Esiodo non è an­cora dimostrato, cfr. F. KRAFFT, Vergleich. Unters. zu Homer und Hesiod, Gottingen 1964, passim. Per quanto riguarda i passi concernenti la famiglia di Neleo, che ha rapporti con lolco, si potrebbe pensare, come fonte comune, alle Argonautiche preodissiache.

23 F. BOLTE, Ein Pylisches Epos, « Rh.M. ~ 83 (1934), p. 1 ss. ; G. L. Ruxley, « Bull. Inst. Cl. St. ~ 3 (1956), p. 21 accetta le conclusioni del Bolte.

'4 Gran parte del materiale che ora addurremo si trova in F. Bechtel, Die Vocalcon­traction bei Homer, Ralle 1908, p. 98; varie aggiunte sono nostre. Discute il passo, ma senza apportare argomenti significativi, R. M. LORIMER, Homer and tlle Monuments, London 1950, p. 329 s.

25 Non considereremo casi come OLOW ~)(<XCTt'Oç 731, dove v efelcistico può essere aggiunta seriore, e nemmeno come &fl-'PLç ~)(<XCTt'OV 748 (cfr. 673, 686, 698, 793) perché non escludiamo tautosillabismo di consonante più digamma, fenomeno probabilmente già miceneo: di ciò altrove.

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in cui compare il nome N'Y)Àeu,:;, in quanto appartengono a sezioni del poema indubbiamente recenti.

Sarà legittimo concludere che, entro quel processo di graduale espansione e aggregazione della materia epica, di cui l'Iliade e l'Odissea nostre sono il punto d'arrivo, la figura di Neleo appartiene alle acquisizioni più tarde. Per qual motivo avrebbe dovuto essere ricordato, nelle aristie preiliadiche o nei racconti di varia natura su cui sarà struttùrata l'Odissea, un personaggio che non è presentato come protagonista di imprese, guerresche o d'altro genere? Anche quando viene citato, Neleo rimane sempre una figura di con­torno: nel racconto dell'XI dell'Iliade è presente solo in quanto è padre di Nestore, nell'Odissea in quanto è marito di Chloris e padre di Pero. Per quanto riguarda, invece, le attestazioni di N'Y)À~'LO':;, N'Y)À'Y)LOCa'Y)':;, non ha alcuna im­portanza stabilire se si tratta di passi antichi o recenti: perché l'aggettivo in luogo del più moderno genitivo adnominale è certamente, in Omero, ere­dità di tradizione vetusta. Si tratta di un procedimento raro 28 e, almeno nella funzione patronimica, non più vitale. Si hanno infatti soltanto altri quattro esempi di patronimici in -LO':;, oltre a N'Y)À~LO':;: Aiace TeÀlXfLwvLO':;, figura che è stata inserita nel ciclo troiano da una tradizione molto più antica, come ha ben mostrato D. L. Page 27; Stenelo KIX7tIXV~'LO':;, eroe che proviene da una leggenda tebana nota già all'Iliade, cfr. tl. 406; Filottete TIOLOCV·t"LO':; (y 190), eroe tessalico che certamente deriva da leggende preiliadiche la sua fama di arciere, il rapporto con Eracle e con l'idra; infine Tizio rIXL~LO':;, 'Y) 324. Lasciando da parte quest'ultimo esempio, che compare in un passo assai recente, e va considerato 'creazione analogica (secondo TIO(na~'LO<; ?), è più che verosimile che gli altri patronimici risalgano a tradizioni micenee 28.

Dunque, N'Y)À~LO':; è forma antica. Non v'ha nessuna difficoltà a trarla

.. « Usuel », probabilmente per un lapsus, P . CHANTRAINE, Gramm. homtr., II, Paris 1953, p. 14; in realtà, la resa della stessa funzione col genitivo è incomparabilmente più frequente.

27 History and Hom. Iliad, Berkeley 1959, p . 233 s. Errata, a nostro avviso,. è l'ana­lisi di Te:À<XfLwVLO'; che dà J. M. Aitchison, «Gl.» 42 (1964), p . 132.

28 La tesi, difesa ultimamente da A. SACCONI, « Rend. Linc. I), 16 (1961), p . 286, che interpreta i patronimici omerici in -LO'; come soluzione dialettale, eolica, anziché come semplici arcaismi, solleva varie perplessità. Anzitutto, l'agg. patronimico non è altro che una specializzazione dell'agg. di appartenenza, il quale, tipologicamente e sul piano della documentazione, è piil antico del genitivo concorrente. Ora, se lesbio beotico e tessalico hanno conservato soltanto la funzione patronimica, ciò non può in­terpretarsi che come arcaismo culturale. In Omero, la formazione normale di patronimico esce in -3lic; -31)';, quella in -\0'; è eccezionale: non è questa la normale proporzione degli elementi eolici nell'epos. Tanto l'agg. di appartenenza quanto il patronimico proverranno dalla fase micenea del greco, è impossibile stabilire se da un protoeolico o da un altro • dialetto' miceneo ; ma il secondo impiego è stato ridotto ai minimi termini dalla con­correnza della nuova formazione, che non è micenea, O. MASSON, «Gb> 43 (1965), p . 222, no. 4. Il problema grave, e tuttora non risolto, sta nello stabilire da quale area questa si sia irradiata.

40 Marcello Durante

da Ne:e:Mf~oc;, regolare aggettivo di Ne:éÀ«foc;, documentato, come si è visto, a Pilo 29. A questo punto, la spiegazione di N'1)Àe:uc; diventa ovvia. Gli aedi omerici hanno appreso la lingua epica alla scuola della tradizione; e quando la necessità espressiva li spinge al di là delle cognizioni acquisite, essi, come del resto avviene a chiunque parli una lingua di cui non abbia pieno possesso, o adottano modi a loro più familiari, ovvero creano per analogia: da ciò traggono motivazione tante forme' artificiali " come cX1t'1JUpCòv creato su cX1t'1JUPIX, inteso come imperfetto contratto; il congiuntivo È-&éÀCòIl~, creato su è.&éÀ'1)CH, poi normalizzato in è.&éÀ1lcn; il dativo plurale Xe;(pe:CH, esemplato sull'alter­nanza ~7te:acn / ~7te:a~; e così via. Analogamente, N'1)Àe:uc; è stato creato su N'1)À1j'LOC;; un procedimento affatto naturale, perché gli aggettivi in -~·LOC;

derivano normalmente da nomi in -e:uc;: '08ucrae:uc;: '08ua~;:oc;, II'1)Àe:uc;: II'1)À~­;:oc;, KIX7tlXve:uc;: KIX7tIXV~'LOC;, cfr. ancora ~lXa~À~;:oc;, te:p~;:oc;, XIXÀX1j·LOC;. I derivati come çe:LV~;:OC;, 7tOÀe:Il~·LOC;, che non si riconducono a nomi in -e:uc;, non costi­tuiscono una categoria compatta ma, in genere, sono stati coniati in base a rapporti analogici 30. È importante rilevare che l'aedo non aveva alcuna possibilità di ricostruire l'originario tema in -o attraverso l'aggettivo N'1)À~i:oc;. Anzitutto, la lingua della tradizione più recente conosceva già la metatesi quantitativa, che alterava il tema dei nomi in -ÀiXoC; : cfr. ' AyÉÀe:Còc;, II'1)vÉÀe:Còc;. E poi, in Omero, si trovano derivati in -LOC; da nomi in -o soltanto nel campo dei nomi geografici (per esempio 'OMIl7tLOC;, IIuÀLO~, 'P68~o~) e dei derivati da appellativi (8~Il~oc;, 8ouÀ~oc;, èVIXUaLOC;, è7tL8Lcpp~OC;, ÀOLyLOC;, çév~oc;, ÒM.&pLOC;, 7tlXp.&é­V LOC;, ax6,t"Loc;). Ma entro la schiera relativamente esigua degli aggettivi deri­vati da antroponimi non ve ne ha uno che si riconduca a un nome della II declinazione 31; eppure tale formazione è antica, come risulta da micen.

20 Della scrittura -"lJ- per -EL- si può dare più di una spiegazione; l'incertezza, comun­que, non si riverbera sul collegamento Ne:é:Àa;foc;-NljÀEOC;, che è convalidato, nel senso che già si disse, dal rapporto formale Ne:É!Àa;foc; : NÉcnc.>p. Si possono confrontare le grafie 'HplXXÀ'ìjoc;, 'H~KÀ'ìjL, cm'ìjL, a1t"ljEacn che probabilmente trovano ragione nella scrittura paleoattica E per EL falso dittongo come per 1), o anche per EE, pur rimanendo da spiegare la limitazione alla posizione antevocalica. Ovvero può aver influito sul risultato della contrazione o sulla realizzazione grafica, l'accostamento di N1)ÀEOC; a VljÀe:lJC;, già antico, Se/wl. Ven. A ad K 334, e probabilmente già presente in o 230, 236 (trattamento iniquo di Neleo nei riguardi di Melampo). Ma noi propendiamo decisamente per l'opinione del Wackernagel (cfr. no. 4), che 1) sia contrazione eolica: dimostreremo prossimamente in altro contesto che non è affatto inverosimile attribuire forme già contratte allo strato preionico della lingua omerica.

30 Si veda E. RISCH, Wortbildung der homo Spr., Berlin 1937, p. 117. 31 In realtà, malgrado RISCH, op. cit., p. 104, la derivazione in -LOC; da temi in -o

ha estensione relativamente modesta in Omero; ciò va attribuito alla concorrenza e dell'impiego del genitivo, e di altre formazioni aggettivali, in particolare -E(L)OC;. Parti­colarmente significativo il contrasto tra r1t"1t"e:LOC; e *r1t"1t"LOC; nel formulare l1t"1t"LoX&p!l-1)C;

(micen. iqija • carro " cfr. ant. ind. asviya-) , e tra 800ÀLOC;, parimenti formulare, e 800-

ÀELOC; di un passo recente. La concorrenza -LOC;: -e:LOC; è già micenea, cfr. pilio erapija, erapeja. nella serie Vb: M.Lang, (I Am.].Arch. I) 69 (1965), p. 99.

41

adaratijo 'A~ptia'noc;, kusamenijo -!LéVLOC;, pereqonijo TYlÀEcpOVLOC;, zowijo Zwf LOC; 32.

Quindi, dall'aggettivo NljÀ1j-coc; non si poteva ricostruire che un primario NljÀEV<;. Anche la forma ionica tarda NELÀEUC; (cfr. no. 3) non va considerata necessariamente una soluzione di compromesso tra NljÀEUC;, NdÀEWC;: può muovere dal patronimico NELÀd~ljc; (cfr. no. 1), dove i nomi in -EUC; e in -afoc; venivano a confondersi, cfr. 'Arpd~ljC;, ~'t"YJaLÀE~~ljC;.

lln altro nome omerico in -EUC; potrebbe avere genesi analoga. La fles­sione di Tu8EUC; presenta questa particolarità, che non vi si trova mai il grado allungato della vocale del suffisso, quale è di regola negli appellattivi che partecipano della stessa formazione: ~<X.aLÀEuc;, -ljoc;, -ljL, -lj<X. ecc., e ancora in llljÀEV<; llljÀljoc; (ma anche ll'YJÀéoc;), -ljL, lj<X.. A prescindere da due esempi di 't'oxéwv, questa particolarità si ritrova soltanto in nomi propri: quello più frequentemente attestato è Tu8EUC;, soprattutto nel genitivo Tu~éoc; (utoc; e simili) 33. La tesi di un abbreviamento metrico non convince, perché non poggia su situazioni di necessità, e non spiega perché un nome come bmEuc;, prosodicamente equivalente a TU~EUC;, llljÀEUC;, abbia una flessione diversa. La flessione con vocalismo predesinenziale pieno potrebbe spiegarsi bene movendo da un tema in -u con apofonia, cfr. ad esempio omer. 1toMc;, 1toÀéoc;, micen. iju, ijewe utuc;, utéfEL. Se consideriamo che il genitivo Tu~éoc; è atte­stato assai più frequentemente del nominativo, e in vari impieghi formulari, che inoltre Tideo viene sempre citato in rapporto al più illustre figlio, non risulterà inverosimile che la forma di nominativo sia stata ricostruita su Tu~éoc; e sul patronimico TU~Et~'YJC;: l'aggancio ai nomi in -EUC; veniva fornito dai patronimici 'ArpEt~'YJC;, ll'YJÀEt8'YJc;, questi si da considerare abbreviamenti degli ametrici *, A't'p'1jfL~<Xc;, ll'1jÀljfL~<Xc;. Effettivamente, in un vaso attico arcaico si legge un nominato Tu~uc;, in altri N'1jpuc;, Otvuc;, 0'1jauc; 31. È vero che l'antichità della forma 0'1jaEuc; viene convalidata dal micen. teseu (cfr. anche oneu ~OtVEUC; ?), ma questa categoria di nominativi attici in -uc; deve pur muovere da prototipi: uno di questi può essere stato TuMc; Tu~éoc; 35.

* * * Dalla spiegazione di N'1jÀEUç che abbiamo proposto non discendono come

necessaria conseguenza deduzioni d'ordine storico. Il fatto che NdÀEWC; e

3Z Cfr. O. LANDAU, Myk.-gr. Personennamen, Goteborg 1958, pp. 172, 175. Sul problema se i derivati da antroponimi abbiano funzione patroni mica, cfr. 1\1. DORIA, Avviam. allo studio del miceneo, Roma 1965, p. 75; peraltro, negli ultimi due esempi che abbiamo citato, sembra trattarsi di semplici antroponimi.

33 Cfr. CHANTRAINE, Gramm. homér., cit., I, p. 223 s., con la bibliografia. 3' P. KRETSCHMER, Die gr. Vaseninschriften, Giitersloh 1894, p. 193. '5 Un altro tema in -e:uc; secondario, ma risultante da una diversa situazione analo­

gica, è illesbio "Ape:uc;: si veda C. GALLAVOTTI (, Riv. Fil. CI. Il N. S. 35 (1957), p. 231.

42 Marcello Durante

Nl)Àe:u<; si riconducono a una più antica forma comune, non è ancora prova che sia esistito un sol personaggio di tal nome. Tuttavia, a nostro parere, !'ipotesi che l'eroe ionico e il wanax pilio si identifichino in una medesima per­sona, merita di essere ripresa in considerazione, ma su nuove basi, prescindendo dalla teoria tradizionale, che muove, del tutto arbitrariamente, da un ente divino 36, e ricercando invece il comune denominatore delle due figure entro gli eventi che conosciamo della protostoria greca. È vero che la tradizione antica pone la migrazione ionica, e quindi la fondazione di Mileto, assai più tardi della caduta di Troia, mentre qualunque riferimento a P.ilo va inquadrato necessariamente entro l'età micenea, la cui fine -segna anche la distruzione della città. Ma oggi sappiamo che il concetto di 'migrazione ionica " inteso come dislocazione in Asia di un nucleo compatto di coloni, partiti da un unico centro, è ben lontano da quella che fu la realtà dei fatti: la colonizzazione ebbe il carattere di un afflusso prodotto da ondate successive, a cui parteci­parono genti di varia origine, cominciò nel periodo miceneo, riprese con maggiore intensità nell'età protogeometrica e si concluse nell'VIII secolo 37.

In conseguenza, le 'datazioni antiche vengono a perdere valore. Si sa parimenti che gli scavi di Mileto hanno rivelato l'esistenza di vari strati di una città micenea 38. Se, come risulta dagli scavi più recenti, « i frammenti protogeo­metrici e geometrici sono stati trovati immediatamente al di sopra degli oggetti micenei o, in alcuni punti, nello strato miceneo, e non si ha mai il minimo indizio che faccia pensare a un abbandono temporaneo del luogo o a un mutamento di popolazione »39, viene a cadere allora la congettura, tal­volta presentata come realtà, di una « rioccupazione» di Mileto in età proto­geometrica 40. Il primo stanziamento miceneo viene attribuito ai primi decenni del XIV secolo. Non è certo impossibile che il wanax pilio sia vissuto proprio in questo periodo. Senza dubbio, la cronologia che si deduce da Omero (Ne­store più anziano di due generazioni degli altri Greci; quindi Neleo sarebbe da porre tre generazioni prima della caduta di Troia, cioè attorno al 1350) non va presa alla lettera 41. La figura di Nestore, e più generalmente la tematica

.. Si noti a tal proposito che la figura etimologica Ne:~À(Xfoç padre: Nécrrwp figlio (vedi sopra) non trova riscontro nelle teogonie, ma nella realtà. Lo !e:p6v ateniese di Neleo, Codro e Basile, I.G. 1", 94, concerne evidentemente eroi divinizzati. La presenza di un eroe pilio in Atene si spiega conformemente a quanto detto nella no. 14.

37 Cfr. il libro già cito di F. CASSOLA e A. M. SAKELLARIOU, La migration gr. /In

lonie, Athènes 1958, passim. 38 DESBOROUGH, The Last Mycenaeans, cit., pp. 128,278; STELLA, op. cit., p. 34,

no. 82. 39 SAKELLARIOU, p . 334, no. 4, in base ad informazioni di C. Weickert . • 0 Cfr. gli autori citati alla no. 15; inoltre DESBOROUGH, op. cit., p. 163. U Secondo C. W. Br.EGEN, in Companion to Homer, London 1961, p. 428, Neleo sa­

rebbe da porre circa due generazioni prima della guerra di Troia, perché il palazzo di Ano Englian6s è stato fondato quando era in uso vasellame del Miceneo III B, quindi attorno al 1300; ma si potrebbe risalire di qualche decennio. Peraltro, la città posta alle

Ne:(Àe:<ilt; e N"rJÀe:ut; 43 ---------------------------

d'argomento pilio, sono state inserite nel ciclo troiano da un altro epos. Ancora nell'iscrizione di Pithecusa 42, la famosa coppa dell'eroe (7tOTI)pLOV, e non ~é7t(xç come in Omero!) non sta in rapporto con tematica troiana. E la fama dello scudo dell'eroe, che giunge fino al cielo, 0 192, non trova giustificazione nell'Iliade, ma evidentemente in racconti più antichi: qui xÀéoç è la notorietà conferita dalla poesia, cfr. .& 74, L 20, 't' 108. Tuttavia, se gli aedi hanno sentito la necessità di far Nestore assai più anziano (e di più non si sarebbe potuto) degli altri partecipanti al conflitto, perlomeno ciò vorrà dire che le fonti poetiche a cui attingevano presentavano aspetti considerevolmente arcaici.

Può sembrare inverosimile che figuri a capo della prima colonizzazione in Asia un wanax della lontana Pilo. Ma sta il fatto che anche Colofone richia­ma le sue origini a IIuÀov N"fjÀ~'cov, secondo la preziosa testimonianza di Mim­nermo, fr. 12 D3, che non può derivare da speculazioni logografiche o da ragioni politiche. Dell'importanza e dell'estensione del regno pilio negli ultimi de­cenni del secolo XIII danno testimonianza i toponimi contenuti nei testi in lineare B, i quali raggiungono ad est l'Arcadia occidentale, a nord la Tri­filia e l'Elide, e si spingono fino in Acaia 43. Ancora nel Catalogo, il contin­gente delle navi pilie è secondo soltanto alla flotta di Micene. Ma da altre notizie si potrebbe inferire che al tempo di Neleo, cioè varie generazioni prima, l'egemonia di Pilo si estendeva anche a nord del Peloponneso. Secondo Ferecide, fr. 117 ]., Neleo avrebbe regnato tanto a Pilo che a Orcomeno; secondo Eumelo, fr. 5 Kink. (VIII secolo), sarebbe morto a Corinto e avrebbe trovato sepoltura presso l'Istmo. Più incerti, perché fondati soltanto su asso­nanze onomastiche, i legami di Neleo con la Tessaglia 44.

falde del colle in cui sorge il palazzo è stata abitata perlomeno dal XV secolo, STELLA, op. cito alla nota 43, p. 43 S.

,~ «Rend. Linc. ,) lO (1955), p. 215 55.

'3 Si vedano in particolare G. PUGLIESE CARRATELLI, «St. Class. Or. $ 7 (1958), p. 53 sS. ; L. A. STELLA, La civ. micenea nei doc. contemporanei, Roma 1965, p. 41 sS.

" Letteratura sulla pretesa origine tessalica di Neleo in CASSOLA, op. cit., p. 93 S. Il materiale che si adduce al riguardo proviene da fonti tarde. In una iscrizione tessalica del II secolo avo Cr., probabilmente da Demetrias (Magnesia), si ha la dedica 'Arppo-81T'{J N"rJÀe:(q:, I.G. IX, 1125; l'epiteto ricompare su monete di Magnesia sul Meandro in età imperiale, Head, Hist. num.· p. 583, e ricorda l'epiteto milesio N"rJÀ"rJtt; di Artemide, Plut., De mulo virt., p. 254 a. Finché non si addurranno analogie precise, il rapporto tra questi epiteti cultuali e il nome di Neleo, che non è un nome divino (cfr. no. 36), non può esser presentato come una certezza. Senza dubbio l'epiteto di Afrodite tessalica nella dedica di Demetria.s (vedi sopra) va connesso col nome di località che si scrive soli­tamente N1jÀe:I.Ot, xWIl"rJ vicino alla stessa Demetria.s o addirittura da identificare con questa (cfr. F. STAHLIN, in R. E., S. v.). Ma, anzitutto, la lettura del toponimo in Strab., IX, 436, unica testimonianza in proposito, è incerta: le edd. Meineke e Jones hanno N"rJ­)..(CXII, N"rJÀ(cxt;, Kramer N1jÀe:~CXII, N"rJÀe:Lcxç. Data per buona la forma N1jÀe:~cx, non consegue che il toponimo sia una derivazione da N"rJÀe:uç (Sakellariou, p. 51, no. l), e ancor meno che questa sia la forma più antica, risalente al dialetto tessalico (da Ne:lÀcxfot; ci aspet-

44 Marcello Durante

Le notizie a cui abbiamo accennato non forniscono la prova di una pre­senza pilia in Mileto micenea. Ma, secondo ogni verosimiglianza, testimoniano in tal senso alcune iscrizioni in lineare B. È noto che vari contingenti di , donne di Milatos' (miratija MULIER) vengono nominati in tavolette che registrano l'assegnazione di generi alimentari, PY Aa 798, 1180, Ab 382, 573; inoltre miratijao . . . kowo M~Àcx't"~oc(ùv x6pfo~, Ad 380, 689. Rimane da vedere se l'etnico alluda a Mileto caria o all'omonima città cretese. Orienta già verso la prima soluzione l'altro etnico kinidija MULIER KVL8~CXL, Aa 792, An 292 45; ma anche raminija Ab 186 A6.!LVLCX~ ci conduce verso le coste del-1'Asia. A località più vicina, all'isola prossima alla Laconia, par richiamare kuteras Ku&~p~cx~ Aa 506, Ab 562. Delle altre qualificazioni, attribuite ad analoghi aggregati femminili nelle serie Aa, Ab, Ad, nessuna ha valore certo di etnico: ewiriPija Aa 60 non vale necessariamente 'donne di Ewiripo ' (cfr. An 610, 6), perché la voce sta ad inizio di tavoletta, e quindi può indi­care, come spesso, un toponimo 46; altri attributi come tinwasija, korokija, kapara2de, rimangono oscuri. Quale fosse lo status di queste donne, è que­stione controversa 47; ma, qualunque soluzione si adotti, la presenza in Mes­senia di Milesie, Cnidie, Lemnie, p'resuppone insediamenti pilii nei paesi di origine. È stata avanzata l'ipotesi·t he si trattasse di profughe di condizione libera, che si sarebbero rifugiate in Messenia in tempo di guerra (le tavolette

teremmo un derivato N7JÀci"Loç o simili). Infatti, la consuetudine di chiamare una città dal nome di un personaggio storico non è frequente in Grecia e, se non erriamo, non è più antica di Alessandro: Demetria's (dal nome di Demetrio Poliorcete), Antiochia, Seleucia ecc., seguono la moda instaurata da costui. Ma, in realtà, la prima fondazione di Ales­sandro (340) si chiamava 'AÀE;-x'lSpou IT6ÀL;: 'AÀ€1;&'1Spe:L(x' viene fondata dopoché Ales­sandro è stato riconosciuto come figlio di Zeus-Ammone, vale a dire deriva il nome non dall'uomo, ma dal semidio, E. RISCH, « Mus. Helv. » 14 (1957), p. 67, no. 12. Che, infine, il nome Ne:LÀli:Uç portato da un uomo di Crannon in un'iscrizione di Larisa del 214 avo Cr. (I. G., IX, 517, 53) risalga direttamente all'età micenea, sembra non poco inverosimile. Probabilmente non sarà altro che l'etnico di N~Àe:L(x, cfr. beot. X(x'LpW'Ie:L(x': X(x'LpW'Ie:Uç, l\'[(x''I'rL'Ie:L(X.: l\'[(x'V'rL'IZUç (altri esempi in RISCH, art. cit., p. 66, del quale non condividiamo l'idea che il nome in -e:uç sia sempre il primario) . Ma quel nome potrebbe anche esser mutuato dall'epos: nello stesso testo è citato un IIouÀuM!.I-(X.ç! Naturalmente e:L per 7) rimanda a fonetica tessalica. Omero non dice che Neleo proviene dalla Tessaglia: Neleo visse in Pilo, il fratello Pelias in IoIco, À 256-7; l'affermazione si trova in Hellan., fr. 48 J., Apollod., I, 9, 8. Perché poi IIe:ÀL7Jç venga ricollegato a IoIco, è un altro pro­blema. Potrebbe esserci di mezzo, pensiamo, una semplice paretimologia. Il famoso II~ÀLO'l, derivato II''lÀL&ç in Omero, sta proprio sopra 10Ico. Tutto sommato, una connes­sione tra questo materiale tessalico e il nome di Neleo, e soprattutto la forma N7JÀe:uç, rimane affatto indimostrabile. A maggior ragione ciò varrà per l'idronimo euboico N7)Àe:Uç .

• 5 Come osserva STELLA, op. cit., p. 35, no. 83. 4G La terminazione -ija si ritrova in altri toponimi pilii: asijatija, esarewija,

pakijanija (accanto a pakijan-) , rauratija rawaratija, temitija timitija, ecc. '7 Cfr. E. BENNETT, Ét. Mycén., Paris 1957, p. 135; VENTRIS-CHADWICK, Documents,

p. 156; F. J. TRITSCH, Mi'noica, Berlin 1958, p. 406 ss. ; PALMER, op. cit., p. 113. Non abbia­mo potuto leggere C. J. RUIJGH, «Forum der Letteren » 4 (1963), p. 22855.

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delle serie citate sono state scritte alcuni mesi prima della distruzione del palazzo di Ano Englianos). Ma il fatto che nella serie Ad siano registrati dei bambini o ragazzi, specificati come kowo x6pfoL di donne Cnidie, Milesie, ecc., mostra chiaramente che costoro e le loro madri non erano di condizione libera. In ogni modo, per tornare all'aspetto della questione che interessa in questa sede, perché genti di Milatos cretese si sarebbero dovute rifugiare in Messenia, quando risulta palesemente dai testi che nessuna parte di Creta era sotto la giurisdizione dello stato pilio? La situazione di emergenza, che si sarebbe conclusa, di lì a poco, con la distruzione della capitale, non deri­vava da eventi prodottisi in Creta: indizi molteplici inducono a ritenere che il pericolo incombesse dal nord, o dalla costa vicina. Che poi le donne di Mila­tos provenissero da Creta, cioè da un altro regno acheo, diventa vieppiù inverosimile, se i raggruppamenti registrati nelle tavolette erano costituiti da donne razziate in guerra, come par indicare la qualificazione rawijaja (MU­LIER) Aa 807, Ab 506, di cui non s'intravvede altra spiegazione che Àll"L&.~e.; 48.

È interessante notare che le donne che stanno al séguito dei vari eroi greci a Troia non provengono da operazioni militari intraprese nel continente, ma sono state razziate in Asia o nelle isole antistanti: a Lirnesso (Y 193), a Tebe nella Troade (A 370, B 227), a Lesbo (I 129), a Tenedo (A 625), a Sciro (I 667, forse città della Frigia, e non l'isola che sta davanti all'Eubea, cfr. schol. AD. ad loc.). Nei poemi omerici si parla di donne razziate, non di uomini, tantoché alcuni ritengono spurio il passo (X 398: ~!lw(Ùv o()ç !l0L À"Yjto"-

0"(X"0 ~LOç 'O~uO"O"e:uç. E ciò può spiegare perché nelle tavolette pilie del gruppo A non siano registrati uomini, tranne i XOUpOL di cui si è detto. Nelle occu­pazioni di paesi stranieri era l'elemento femminile che sopravviveva alle stragi. CosÌ era successo anche a Mileto, a quanto riferisce Erodoto, I, 146, 2: i primi coloni oò yuvlXLXcxç 1]y&.yov"o èç T~V CX7tOLXblv &'ÀÀò: KlXeLpcxç errx.ov "ù:,V

Èrp6\1e:uO"lXv "oòç yovÉcxç, o più pre.cisamente, come aggiunge oltre, "oòç 7t1X"Épcxç

XlXt &\I~pcxç XlXt 7tIXL~cxç.

Se la tradizione ci presenta la figura di Nehelawos in due aspetti diversi, eppure, come si è visto, non contraditton, ciò va addebitato alla diversa natura delle fonti. Da un lato, le vaghe reminiscenze dei coloni ionici, nelle quali la presenza di Nehelawos testimonia la parte che ebbero nelle più anti­che migrazioni in Asia o il personaggio stesso, o il regno di cui egli era l'espo­nente più noto. Dall'altro, la poesia omerica, che non elegge Nehelawos a

48 Propriamente è un derivato di *ÀafLii, ion. À1')t-I). Per l'interpretazione come etnico (Palmer) mancano agganci toponomastici. In tal caso, comunque, non si dovrà più partire da un primario in -[a, cfr. Bmc.ùT[ot: BOLc;moc;, mic. temitijo etnico di temitija, rauratijo rawaratijo etnici di rauratija rawaratija; bensì da altro tema, per esempio da un neutro in -wv. Ciò conferma che il pilio uruPijajo non a nulla a che fare col nome di Olimpia; anche il collegamento con 'PÙlt~ in Acaia non .va considerato una certezza, ché mal si adatta al frammento uruPija[ KN X 392.

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protagonista di imprese, ma si richiama al suo nome per indicare una fase del regno pilio più antica della guerra di Troia. Che l'epos non conosca imprese di Neleo o dei Pilii in Asia, è perfettamente naturale: perché la tradizione, di cui l'Iliade e l'Odissea sono il punto d'arrivo, non è nata a Pilo e nemmeno nella Ionia 49, bensì in un paese eolico del continente greco, ed è stata portata sull'altra sponda dell'Egeo dalla colonizzazione eolica 50.

U Si è già detto che la tematica d'argomento pilio proviene da un'altra tradizione epica. Quanto agli Ioni d'Asia, si sa che essi non sono citati in Omero, anche se l'ultima fase della tradizione epica ha avuto per teatro le coste ioniche settentrionali. Gli 'IOCOVE<;

di N 685 sono una tribù del continente, come già pensavano gli antichi, probabilmente gli Ateniesi, cfr. 689. Il passo contiene altra materia singolare : gli <NHot. i Aoxpol arcieri e frombolieri; riflette certo condizioni antiche, come rivela già il vocalismo di 'IOCOVE<;,

ma è stato rielaborato in epoca recente, cfr. il patente ionismo VEWV 687. 50 Di ciò tratteremo prossimamente in altra sede.