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ALCUNI RISULTATI DELLA RICERCA ARCHEOLOGICA AD ARMAVIR

di BABKEN N. ARAKEL]AN

Le vestigia di Armavir Antica si trovano nella vallata dell' Ararat, domina­ta a sud dalla vetta coperta di neve perenne del monte biblico e a nord dalle quattro cime dell' Aragats. Nella parte occidentale della vallata, sulla riva sinistra dell'Arasse e presso gli odierni villaggi di Armavir e Hajkavan, si erge a un'altezza di 76 metri sulla pianura circostante il cono vulcanico che costi­tuisce il colle di Armavir. In antico l'Arasse scorreva quasi ai piedi della col­lina, ma in epoca più recente ha cambiato corso spostandosi di ca. 6 o 7 km. più a sud. Il vecchio letto del fiume, coperto di sabbie e ghiaia, si distingue ancora chiaramente e viene chiamato dalla popolazione locale l'Arasse secco.

La piana dell'Ararat e in particolare la collina di Armavir sono state popolate fin da epoca molto antica. Mosè di Corene, narrando nella sua «Storia dell' Armenia» la migrazione dei discendenti del mitico progenitore armeno Hajk, scrive che il figlio di questi, Armenak, « con i suoi familiari e la sua gente» venne ad abitare la valle dell' Ararat. « Armenak, presa tutta la mol­titudine (dei suoi), si dirige a nord-est, si stabilisce in una fonda val­le pianeggiante circondata da alte montagne per le quali da occidente scorro­no fiumi gorgoglianti... Armenak, stabilitosi in fondo a questa vallata, ne oc­cupò la parte settentrionale ... » I. Più oltre lo storico scrive: «Questo Arme­nak dopo alcuni anni procreò Aramais e si spense dopo una lunga vita. Suo figlio Aramais si costrul una dimora in cima ad un'altura (che si ergeva) sul­la riva di un fiume, e a somiglianza del proprio nome la chiamò Armavir,

l Istori;a Armenii Moise;a Chorenskogo, nuova traduzione russa di N. O. Emin, Mo­sca 1893, libro I, cap. 12 [V. la vecchia traduzione italiana di G. Cappelletti, stampata a Venezia nel 1841. Le note fra parentisi quadre sono del redattore].

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mentre al fiume diede il nome di Erash 2 dal nome del proprio nipote Arast »3.

Queste e le altre notizie di Mosè di Corene su Armavir, pur nel loro carattere leggendario e mitico, riflettono l'episodio remoto della fondazione di Armavir. Dalla stessa fonte attingiamo anche notizie sull'epoca in cui la città divenne la capitale del regno della dinastia degli Orontidi (Ervanduni in arm.) e nello stesso tempo un grosso centro religioso. Ai piedi della colli­na si trovava fin dai tempi più antichi un sacro boschetto di platani, al qua­le era stato consacrato Anusavan, il figlio di Ara il Bello, che era a sua volta uno dei più lontani pronipoti di Hajk, e i sacerdoti vi facevano profezie ascol­tando lo stormire delle foglie degli alberi 4.

In seguito, scrive sempre Mosè di Corene, il re VaharSak eresse sul colle « templi ad Aregak e Lusin » - cioè al Sole e alla Luna -, nei quali furono collocate le statue di queste divinità e degli antenati del re 5. Du~ rante il regno di Artaxia gli idoli locali del Sole e della Luna, cioè del dio Tir e della dea Anait, furono sostituiti dalle sculture di Apollo e di Artemide, importatevi dall'Asia Minore 6.

Degli autori classici Tolomeo è l'unico che menzioni Armavir, chia­mandola ' Ap(.l.cxoupicx 7.

Oronte, l'ultimo rappresentante della dinastia degli Orontidi, alla fine del III sec. a.C. fu costretto ad abbandonare la propria residenza per tra­sferirsi nella città di Ervandasat, fondata da poco. Nemmeno Artaxia I (Ar­tases) (189-160), fondatore della nuova dinastia degli Artaxiadi rimase a lungo ad Armavir. Egli fondò una nuova capitale, Artasat, sulla riva sinistra dell'Arasse presso le pendici settentrionali dell'Ararat. Cosi Armavir per­deva l'antica importanza e, malgrado il suo passato illustre, cominciava a decadere; di modo ché alla metà del IV sec. d.C. veniva ormai menzio­nata come una capitale abbandonata, nella quale erano situati solo i si­loi reali 8. Cento anni più tardi, verso la metà del V sec., la fortezza di Ar­mavir viene menzionata a proposito della sua definitiva distruzione 9. La col­lina di Armavir rimaneva da allora muta testimone della trascorsa grandezza dell'antica capitale armena. Tracce insignificanti di vita sulla collina di Arma­vir sono testimoniate anche per il periodo medioevale; ma si tratta di abitato­ri occasionali che trovavano riparo fra le antiche rovine, utilizzandone le

2 Erash è l'antica denominazione dell'Arasse. 3 Mosè di Carene Storia dell'Armenia, libro I, cap. 12. 4 Ibid., libro I, cap. 20. 5 Ibid., libro II, cap. 8. 6 Ibid., libro II, cap. 12. 7 Ptol., Geographia, V, 13. 8 Mosè di Carene, libro III, capp. 31-32. 9 Egise, O Vardane i armjanskoj vojne, Erevan 1957, p. 79.

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pietre per le loro abitazioni. Fino agli anni quaranta del secolo scorso sulla collina erano visibili le tracce di una cappella tardo-medioevale, costruita ap­punto con reimpiego di materiale antico.

I resti dell'antica città attirarono presto l'attenzione di viaggiatori e studiosi di cose antiche. Gli inglesi William Ouseley e Robert Ker Porter 9a, che visitarono l'Armenia negli anni 1812 e 1817-19, confusero la posizione di Armavir con quella di Kara-kala che si trova non molto lontano da Armavir, ma sulla riva destra dell'Arasse. Dubois de Montpéreux lO, che visitò il sito una ventina di anni più tardi, notò in cima alla collina i resti delle mura della cittadella. La mancanza di qualsiasi traccia dei quartieri cittadini nella pianura sottostante lui la spiegava con l'ipotesi che gli edifici della città fos­sero stati costruiti prevalentemente con argilla. Già nel 1831 l'orientalista francese Saint-Martin, che nutriva un vivo interesse per le cose armene, au­spicava come un fatto indispensabile lo scavo archeologico di Armavir.

Il vescovo di Ecmiadzin, Johan Sahatunjants, scriveva nel 1842 che la antica capitale armena, Armavir, era disabitata da molto tempo e che le trac­ce dei palazzi menzionati da Mosè di Corene erano scomparse. Si vedevano solo le fondamenta di singoli edifici ai piedi della collina, mentre sulla som­mità di essa si trovava una costruzione dall'aspetto di torre, alta otto brac­cia e costruita in blocchi di basalto murati a calce 11.

Nel 1869 ad Armavir fu trovata una iscrizione cuneiforme del re urarteo Argisti, figlio di Menua, e venne pubblicata da Mesrop 5mbatjants, infati­cabile raccoglitore di iscrizioni urartee. Divenne cos1 chiaro che il periodo più antico della storia della città era legato al regno di Urartu e che a quell'epo­ca Armavir si chiamava Argistibinili (città di Argisti).

Nel 1880 in occasione dei preparativi per il 5° Congresso Archeolo­gico Panrusso, che ebbe luogo l'anno seguente a Tbilisi, A.D. Ericov e A.S. Uvarov effettuarono dei saggi di scavo sulla collina. Però sia il materiale archeologico che, ne emerse, sia i resti delle mura della cittadella non furono rettamente interpretati, e l'Uvarov avanzò l'ipotesi che , quelle fossero le ro­vine non già dell'antica Armavir, ma di una qualche fortezza del IV sec. d.C. 12.

'Nel 1888 il sito fu visitato dall'armenologo inglese Conebear, il quale co-

9a [W. Ouseley, Travels in various countries 01 tbe East, London 1819-23; Robert Ker Porter, Travels in Georgia, Persia, Armenia, London 1821-23].

IO F. Dubois de Montpéreux, Voyage autour du Caucase . .. en Géorgie, Arménie etc., Paris 1939-43, III, pp. 418-419.

11 Johan Sahatunjants. Descrizione della cattedrale di Ecmiadzin e dei cinque distretti dell'Ararat, ECmiadzin 1842, p. 31 (in armeno).

12 A.S. Uvarov, Issledovanie mestnosti, na kotoro; predpolagalis' razvaliny Armavira, « Protokoly podgotovlitel'nogo komiteta i archeologiceskogo s"ezda v Tiflise », 1882, pp. 439-449.

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municò che i contadini locali scavavano le mura di questa antica cittadella ar­mena, costruite con grosse pietre ben squadrate e murate a secco, e ne utiliz­zavano i blocchi per le proprie necessità, nonostante che già si fosse provve­duto a probirlo. Conebear poté comunque vedere in cima alla collina i resti non ancora distrutti delle mura della cittadella per uno sviluppo di cento braccia (yarde).

Armavir era divenuta del resto già molto tempo prima una sorta di cava per il recupero di pietre ben squadrate e pronte per la riutilizzazione. Il già citato vescovo Sahatunjants scriveva che il governatore persiano del Khanato di E~evan, Husejn Kuli Khan, si era dato a smantellare gli edifici di Armavir e ad asportarne i blocchi di basalto levigati per erigere la porta del­la fortezza di Sardarabad, che egli faceva costruire nel 1819. E proprio da Sar­darabad proviene l'epigrafe di fondazione di .ArgiStibinili, che dice: «Per la grandezza del dio Jjaldi, ArgiSti, figlio di Menua, parla: Questa grandiosa fortezza io ho costruito; (le) ho dato il nome di Argistibinili. La terra era deserta; qui non c'era costruito niente; io ho fatto derivare dal fiume quat­tro canali; ho piantato vigne e frutteti; qui ho compiuto gesta eroiche. Ar­gisti, figlio di Menua, re potente, re grande, re del paese di Biainili, signore della città di Tuspa » 13.

Dagli annali dello stesso ArgiSti \3a è noto che ArgiStibinili fu fondata nell'undicesimo anno del suo governo, cioè nel 776, mentre dalle circa quin­dici iscrizioni trovate complessivamente ad Armavir risulta che la città urar­tea continuò ad esistere fino all'epoca di Rusa, figlio di Erimena, vale a dire fino all'inizio del VI sec. a.c. Le iscrizioni testimoniano una intensa at­tività edilizia degli Urartei in questo centro dei loro possedimenti setten­trionali. Il re Argisti dedusse cinque canali dal fiume Arasse e, grazie alla rete di irrigazione realizzata in tal modo, la piana dell'Ararat si trasformò in un vero e proprio granaio: oltre ai cereali vi erano piantati vigneti frut­teti e culture oleacee.

Modesti scavi di carattere esplorativo furono effettuati ad Armavir nel 1892 da Nikolaj Ja. Marr 14. Più tardi vennero alla luce anche monumenti che si riferiscono all'epoca delle dinastie degli Orontidi e degli Artaxiadi. Fra que­sti reperti rivestono una particolare importanza le iscrizioni greche, rinve­nute a due riprese, nel 1911 e nel 1927: tali iscrizioni, sette in tutto, sono incise su due blocchi di pietra isolati, che si trovano ai piedi della collina. È questo il risultato principale della spedizione archeologica dell'Istituto cau­casico di storia e archeologia (Tbilisi) e del Comitato per la conservazione

\3 G.A. Melikisvili, Urartskie klinoobraznye nadpisi, Moskva 1960 [sigla UKN], p. 263 [iscriz. n. 138].

Ba [UKN 128 B2, 41]. 14 «Otcety Archeologiceskoj Komissii za 1892 g. », p. 84.

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delle antichità dell'Armenia. Purtroppo non si trattò di scavi veri e propri: la spedizione, che era diretta da S.V. Ter-Avetisjan, si limitò all'esplorazio­ne della collina - in questa occasione fu trovata la seconda pietra con quat­tro epigrafi - e alla compilazione di una pianta topografica generale IS.

Quelle iscrizioni, anche se in maniera frammentaria e a volte enigma­tica, rendono testimonianza su alcuni aspetti della vita politica e sociale, re­ligiosa e ideologica del paese 16.

Dal territorio di Armavir provengono anche alcuni oggetti di epoca classica, fra cui un sigillo con l'effigie di un cavaliere, e quattro medaglioni con la rappresentazione di maschere tragiche (secondo l'opinione del prof. G. Gojan) 17.

All' atto di intraprendere gli scavi regolari di Armavir, nel 1962, la spedizione dell'Istituto di Archeologia dell'Accademia delle Scienze d'Arme­nia aveva una idea abbastanza chiara sia dell'oggetto della ricerca, sia dei compiti e fini che si era proposti.

Bisogna rilevare a questo proposito che nello studio dell'archeologia armena sussisteva ancora una enorme lacuna, che abbracciava ben nove se­coli, dalla caduta del regno di Urartu fino al IV secolo d.C., cioè fino agli albori della società feudale e alla nascita della civiltà paleocristiana in Ar­menia. Se gli scavi dell'antica fortezza armena di Garni 17a hanno contribuito a colmare egregiamente questa lacuna per quanto riguarda il periodo dal I al III sec. d.C., la successione delle culture fra il VI e il I sec. a.C. con­tinuava a rimanere oscura. Gli scavi di Armavir avevano appunto il com­pito di chiarificare quel periodo, e di dare risposta ad alcune ipotesi e inter­rogativi. Era probabile che Armavir, come centro urbano, avesse continuato ad esistere anche dopo la caduta dell'Urartu, nel periodo più importante per la storia del paese, quando si formava lo stato armeno (VI sec. a.c.) e si compiva il processo di formazione etnica del popolo armeno (VI-IV sec.

15 «Bjulleten' Kavkazskogo istoriko-archeologiceskogo instituta », 1928, n. 1-3, pp. 19-20 e n. 4, p. 15; S. Ter-Akopjan, La seconda iscrizione recentemente rinvenuta ad Armavir (in arm.), «Trudy instituta istorii kul'tury Arm. SSR », tomo I, Erevan 1935, pp. 145-150; S. Ter-Avetisjan, Archeologiceskoe obsledovanie gorodisca i kreposti «drevnij Armavir », «Naucnyj sbornik, posvjascennyj 20-letiju ustanovlenija Sove­tskoj vlasti v Armenii », Erevan 1941, pp. 51-64.

16 Vedi A. I. Boltunova, Greceskie nadpisi Armavira, «Izvestija Arm. filiala AN SSSR» 1942, 1-2, pp. 35-61; ]a.A. Manandjan, Armavirskie greeeskie nadpisi v novom osvjascenii, Erevan 1946; K.V. Trever, Ocerki po istorii kul'tury drevnej Armenii, Moskva­Leningrad 1953, pp. 105-156.

17 Cfr. S. Ter-Akopjan, articolo cito 17a [Vedi i rapporti di Scavo dello stesso Arakeljan: Garni I, Erevan 1952 (sulle

campagne 1949 e 1950) e Garni II, Erevan 1957 (campagne 1951-1955)].

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a.c.). Altro problema aperto era quello dell'eredità culturale urartea du­rante il processo di formazione della civiltà armena.

Ci si domandava anche quali relazioni economiche e culturali avesse l'Armenia quando faceva parte politicamente dello stato degli Achemenidi. Ancora: ci si domandava se gli scavi di Armavir potessero essere di aiuto per risolvere il problema del trapasso culturale dall'epoca protoarmena e achemenide al periodo ellenistico, e se avrebbero gettato una luce sul livello di sviluppo della civiltà materiale dell'Armenia ellenistica.

Dare a tutti questi interrogativi una risposta più o meno convincente sulla base dell'indagine archeologica della sola Armavir è naturalmente im­possibile, tanto più che la città, proprio nel periodo in esame, si era andata gradatamente spengendo per venire poi del tutto abbandonata, rimanendo in tal modo anche spogliata di ogni testimonianza di valore.

Ciò nonostante quello che hanno fornito finora gli scavi della città ispirano la certezza che le nostre speranze di veder colmate con successo le lacune della nostra conoscenza della civiltà armena dal VI al I sec. a.c. non saranno deluse, e che sarà possibile completare il quadro storico-cultu­rale di quell'epoca.

Le campagne di scavo del 1962 e degli anni seguenti furono dedicate prevalentemente alla rocca della città, situata in cima alla collina, su una superficie di due ettari. L'area archeologica complessiva, collina e terreno circostante tagliato da ogni parte da canali di irrigazione (arlk), occupa una superficie di 60 ettari, e su tutta l'estensione sono presenti numerosi fram­menti di ceramica. I saggi effettuati sul versante occidentale della collina, fuori dei limiti della cittadella, e sulle pendici nord, nord-ovest, ovest e sud­est, hanno restituito ceramica urartea e, in modo particolare, dei secoli VI-I a.c. Sui fianchi sud e nord-est della collina e alla sua base occidentale sono stati trovati resti di culture più antiche e tombe del bronzo tardo e del primo ferro, cioè della fine del II e inizio del I millennio a.c., con oggetti di bronzo e ceramica.

. Tutt'intorno alla collina, specie in direzione sud, sud-ovest e ovest, i campi hanno restituito ceramica ellenistica. In direzione sud-est si trovano frammenti di ceramica fino al vecchio letto dell'Arasse, a sud fino a un pic­colo rialzo, che dista dalla collina 6-700 metri: ivi fu rinvenuta ceramica di­pinta dei secoli III-I e la pietra superiore di una macina di età ellenistica. Dalle parti ovest e sud-ovest i cocci degli ultimi tre secoli a.c. si sono tro­vati, ad una profondità di 0,80-1,40 mt., un po' dappertutto nei campi e nei vigneti che si stendono ad una distanza di più di 1 km. dalla collina. '

Queste osservazioni permettono l'ipotesi che in epoca ellenistica la città di Armavir si fosse ingrandita fino ad occupare una superficie di più di 150 ettari.

Frammenti di ceramica dipinta provengono anche dal limite orientale

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della catena di colline di Nor-Armavir, nei pressi dell'ansa formata da un canale tuttora in uso che scorre vicino al villaggio di Dzarsat. Nei campi, invece, che sono compresi fra la località menzionata presso il canale e la zona occidentale dove si trovano le tracce dei quartieri di Armavir, fino ad oggi non sono stati rinvenuti frammenti di ceramica o altre tracce culturali. Questa circostanza suggerisce l'ipotesi che all'estremità orientale della catena di colline di Nor-Armavir si trovasse anticamente uno degli « agarak» che circondavano la sontuosa città.

Gli scavi della cittadella hanno messo alla luce le fondamenta delle mura di cinta per uno sviluppo di più di 500 mt. e con 39 contrafforti (tavv. I-II). Nella parte orientale si sono trovate le fondazioni di due edi­fici: uno, di 25 mt. di lunghezza, è composto di tre vani e probabilmente era una abitazione; l'altro, 41 mt. di lunghezza per 19 di larghezza, ha cinque vani e, a giudicare dai 13 pithoi urartei che vi sono stati rinvenuti, era destinato ad uso economico. Sul bordo di uno dei pithoi è indicata in cuneiforme e con segni geroglifici la sua capacità: 5 akarki, cioè 1200 litri circa. Più tardi la parte superiore dei pithoi, che erano interrati per metà nel pavimento, venne tagliata e il pavimento livellato: l'edificio veniva nuo­vamente utilizzato nell' epoca protoarmena (VI-IV sec. a.C.) e in periodo ellenistico (III-I sec. a.c.), e lo testimonia la ceramica ivi rinvenuta. In un altro locale dello stesso edificio, sul pavimento ellenistico erano disposte delle palle di pietra per catapulte.

Anche nella parte occidentale della cittadella è stato scoperto un com­plesso di grandi edifici di epoca urartea, riutilizzati anche in seguito, sulla cui natura è ancora prematuro esprimere un giudizio.

Sul punto più alto della collina si notano le rovine di un edificio monu­mentale, la cui funzione non è stata ancora chiarita, ma risulta evidente che esso è stato utilizzato in varie epoche, fino al medioevo.

È cosi dimostrato che le mura della cittadella e gli edifici di epoca urar­tea, che abbiamo menzionato, vennero utilizzati anche più tardi subendo le trasformazioni del caso. Il sistema difensivo della fortezza venne rafforzato nella sua parte occidentale con un muro supplementare e una rotonda torre angolare, eretta a breve distanza sul pendio della collina. Nel contempo ven­ne adottata una tecnica di mura tura completamente diversa. I blocchi di pietra assunsero dimensioni più ridotte e vennero legati insieme con incastri di legno o metallo a forma di coda di rondine (tav. III a) .

Le ricerche archeologiche effettuate ad Armavir hanno stabilito che questo sistema di muratura, che si nota anche negli edifici in cima alla col­lina, compare in Armenia soltanto in epoca ellenistica, e non vi è alcun fondamento per supporre che esistesse già in periodo urarteo.

Per quanto riguarda invece la lavorazione della pietra a bugnato (le­vigatura di una sottile striscia ai lati della pietra con l'aggetto della parte centrale), l'Uvarov ne traeva argomento per una datazione bassa delle mura

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della cittadella 18, mentre N.V. Nikol'skij rilevava ,che quel tipo di leviga­tura è proprio la caratteristica delle pietre di Armavir che recano iscrizioni urartee 19.

In epoca ellenistica viene perfezionata la forma della base delle colonne. La spedizione ha potuto prendere in esame più di venti basi di colonna delle due diverse epoche, urartea ed ellenistica, recuperate anche dai vicini vil­laggi di Armavir e Hajkavan (tav. III b, c), che attestano per ambedue i pe­riodi la presenza di edifici con colonne. Fra il materiale da costruzione rin­venuto spiccano delle lastre di basalto quadrate, eccezionalmente ben levi­gate e dalla superficie lucida. Vi si notano i buchi per l'attacco di grappe me­talliche, ma sono eseguiti in modo piuttosto approssimativo, sicché è diffi­cile attribuire queste pietre all'epoca urartea o a quella ellenistica.

Il materiale dei secoli VI-IV riflette da una parte le tradizioni cultu­rali dell'Urartu e delle locali tribù armene, e dall'altra mostra le relazioni in­tercorse con i paesi che facevano parte dell'impero achemenide, dall'Iran nord-occidentale fino alle rive del Mediterraneo e all'Egitto.

fig. 1

Fra il primo e il secondo contrafforte d'angolo della cittadella in epoca urartea fu costruita una cantina per la conservazione del vino. In epoca ellenistica il locale fu trasformato in una fucina. Sotto il pavimento elleni­stico sono stati rinvenuti diversi oggetti urartei: soffermiamoci brevemente su un osso intagliato con il motivo araldico di un albero della vita con, ai lati, due capre stilizzate (fig. 1), Soggetti analoghi .sono noti da Hasanlu 20,

18 Cfr. luogo citato a nota 12, pp. 443-444. 19 M. V. Nikol'skij, Klinoobraznye nadpisi Zakavkaz'ja, «Materialy po archeologii

Kavkaza », tomo V, 1896, p. 57. 20 Cfr. E. Porada, Alt-Iran. Die Kunst in voris/amischer Zeit, Baden-Baden, 1962, pp.

113-114.

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da Marlik 21, da Ziwiye 22 e da altri centri dell'Iran nord-occidentale 23 e sono caratteristici dell'arte mannea-meda 24. Da notare la presenza di questo moti­vo anche nell'Anatolia Orientale 25. L'Urartu ci si presenta dunque in qual­che modo come un anello di congiunzione fra le aree culturali dell'Iran nord­occidentale e dell'Anatolia orientale.

Tratti caratteristici dell'arte dell'Asia Anteriore si osservano anche su un pettorale d'oro, rinvenuto ad Armavir (tav. IV a). Le linee generali del disegno lo riferiscono all'esemplare inciso sul petto della statuetta di bronzo da Toprak-kale 25a, presso Van, e al pettorale bronzeo proveniente dal colom­bario urarteo fuori Erebuni, che presenta una decorazione puntiforme 26. Esso ricorda anche il magnifico pettorale d'oro da Ziwiye, sul quale si incontra la scena sopra menzionata delle capre ai lati di un albero della vita.

Il pettorale di Armavir si distingue comunque dagli altri sia per la de­corazione sia per i particolari del disegno. Gli conferisce una particolare raffinatezza la suddivisione in riquadri accompagnata da intarsi di pietruzze nere con una pasta grigia. Le parti laterali mostrano figure di uccelli; la zona figurativa centrale, limitata in alto e in basso da strisce di triangolini, contiene tre stilizzati alberi della vita, mentre la fascia più bassa è adornata da fiorellini alternati a boccioli di loto, proprio come sul rhyton d'argento del V sec. proveniente da Erzincan e conservato nel British Museum. Il pet­torale di Armavir è più recente degli analoghi esemplari urartei, come anche i pettorali da Ziwiye, e può essere datato intorno al VI-V sec. Se per la tecni­ca di rifinitura e i particolari della decorazione si avvicina di più agli ori achemenidi 27, la soluzione figurativa a settori separati e la presenza dell'intar­sio lo collegano alla produzione locale dell'età del bronzo e del primo ferro. Non è quindi senza fondamento l'ipotesi di una sua derivazione locale, e lo conferma l'analisi spettrografica secondo la quale l'oro del pettorale proviene dalle miniere di Zod, sulla riva orientale del lago Sevan.

Negli stessi limiti cronologici si situano alcune bulle, sempre di Arma­vir, con raffigurazioni di fiere, anche questo un motivo caratteristico dell'arte dell' Asia Anteriore in quell'epoca (vedine un esemplare alla fig. 2).

21 Vedi «Trésors de l'ancien Iran », Genève 1966, tav. 19. 22 A. Godard, Le trésor de Ziwye, Haarlem 1950; R. Ghirshman, Iran, 1954. 23 E. Porada, op. cit., p. 124. 24 I.M. D'jakonov, Istori;a Midii, Moskva-Leningrad 1956, pp. 404-406. 2S Kurt Bittel «Archiiologischer Anzeiger» 1939, p. 136 fig. 22. 25a [G. R. Meyer, Zur Bronzestatuette VA 774 aus Toprak-kale, « Staatliche Museen

zu Berlin. Forschungen und Berichte, Bd. 8, Archiiologische Beitriige », pp. 7-11 con tavv. I-IV].

26 A.A. Martirosjan, Armeni;a v epochu bronzy i rannego zeleza, Erevan 1964, p. 244, tav. XXIV.

27 G.A. Tiracjan, Zolota;a pektoral' iz Armavira (Armeni;a), « Sovetskaja archeolo­gija» 1968, 4, pp. 190-197.

4

50 Babken N. Arakeljan

fig. 2

Il materiale plU ricco degli scavi di Armavir è comunque costItUIto dalla ceramica, che si presenta assai varia sia per la forma e destinazione dei vasi che per la loro decorazione.

Iniziando dalla ceramica urartea, abbiamo una serie di patere, lucerne (fig. 3), brocche dalla caratteristica forma e rifinitura, pithoi e altri , tipi di vasi tutti ben noti dagli scavi di Teisebaini, Erebuni e, in particolar modo, dagli scavi di Armavir Nuova (Nor-Armavir), sita a 4-5 km. a occi­dente della collina di Armavir.

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fig. 3

Gli scavi di Armavir e di Nor-Armavir dimostrano che la ceramica urar­tea alla fine del VII e all'inizio del VI sec. divenne molto più varia e raf­finata: si osservano ingubbiature e resine di diversi colori, applicate in strati fini, a volte leggermente lucidi. L'ingubbiatura a strato grosso e di colore rosso vivo, tipica della ceramica urartea più antica, è quasi completamente scomparsa. Questa evoluzione della ceramica tardo-urartea è molto impor­tante perché si riflette anche sulla produzione post-urartea di Armavir, che nei secoli VI-IV a.c. riproduce sovente le forme dei prototipi urartei. Si

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notano tuttavia anche innovazioni nelle forme, nella decorazione e nell~ tecnica di lavorazione: lo spessore delle patere ad es. è considerevolmente più sottile e compaiono tipi nuovi. Si nota ad esempio l'apparire di croci e strisce dipinte (tav. Va, f; tav. VI b) su patere di tipo ancora urarteo, e la produzione di ahibastra di tipo locale (tav. VI c) con disegni bianchi, provenienti dalla costa mediterranea e, attraverso questa, dall'Egeo; e, in generale, l'adozione di una pittura policroma.

, Nella produzione ceramica sia dell'età protoarmena o achemenide sia del periodo ellenistico occupa un posto considerevole appunto la ceramica di­pinta, che non solo ripristina e sviluppa le antiche tradizioni locali, ma si arricchisce di nuovi metodi e motivi ornamentali, mutuati dalla costa ionica, dall'Asia Minore, dalla Frigia e dalla Lidia. Non mancano anche paralle­lismi in Iran e in Transcaucasia. La ceramica comunque si arricchisce per qua­lità e varietà, e per l'adozione di motivi di decorazione geometrica.

La ceramica dipinta dei secoli VI-I, e in particolare degli ultimi tre secoli, per i quali si possiede una maggiore documentazione, per forme e di­segni nel complesso autoctoni costituisce un fenomeno importante nella ci­viltà materiale dell' Armenia antica. Gli scavi hanno fornito patere, calici, grossi recipienti con versatoio corto e largo (tav. VI d; tav Vb), brocchette, un grande piatto con pittura policroma (tav. VII a), borracce con decora­zione a cerchi concentrici da ambo i lati (tav. VII b), oinoch6ai, un cratere dipinto biansato con base svasata a imbuto e una quantità di frammenti ( tav. VI a). Fra i pezzi più antichi si incontra anche una decorazione poli­croma su fondo chiaro o rosa (tav. V c, d, e). In epoca ellenistica tale tipo di decorazione è più raro, mentre sono comuni il fondo rosso o rosa con de­corazioni in rosso-scuro e marrone.

Passando in rassegna la ceramica resta da parlare dei rhyta che erano largamente diffusi fra il II e il I millennio in tutta l'Asia anteriore, in modo particolare in Persia e in Anatolia. Un rhyton di epoca urartea proviene dagli scavi di Erebuni. Nei territorii dell'impero achemenide questo tipo di recipiente veniva fabbricato prevalentemente con metalli pregiati, ma se ne trovano anche non pochi di argilla. Ad Armavir sono state trovate soltanto delle protomi di rhyton: uno a forma di testa di montone risale all'epoca achemenide e può essere datato al V-IV sec. (tav. IV b). Sulla sua superfi­cie nera lucida spicca un ornamento grafico a elementi triangolari. Una se­conda protome di rhyton (o di askòs) di impasto scuro leggermente levigato, rappresenta una testa di orsacchiotto (tav. IV c). Un terzo rhyton, di cera­mica rosso-lucida, ha la forma di una testa di toro (tav. IV d). Si può citare qui il rhyton di argilla rossiccia rinvenuto a Demavend in una tomba partica e datato da una moneta di Mitridate II fra il 123 e 1'88 a.c. 28. Per quanto

28 Mehdi Bahrami, « Artibus Asiae» XI 1948, p. 22, fig. 6.

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riguarda il secondo e il terzo rhyton di Armavir, questi si possono datare per ragioni stilistiche al III-II sec. a.c.

Da Armavir provengono anche oggetti in pietra, quali un mortaio, ma­cine, tazze, vasi etc. I tini e le grandi coppe di basalto sono frequenti in epoca urartea, e si incontrano anche più tardi. Le macine di basalto comin­ciano in Armenia già nel IV millennio e, subendo varie trasformazioni, continuano a essere presenti fino in epoca ellenistica. Proprio in questo pe­riodo ebbe luogo un cambiamento essenziale: nella pietra superiore venne praticato un incavo longitudinale per il fissaggio di una leva, che doveva assicurare alle macine il movimento nelle due direzioni, a sinistra e a destra. Per aumentarne la produttività di lavoro si era accresciuta la dimensione delle macine, che assunsero una forma quadrangolare con gli spigoli smussati: nel mezzo era praticato un orifizio per il passaggio del grano. Più tardi la leva venne sostituita da un manico obliquo che permetteva di far ruotare la pietra superiore fino a due terzi di giro: questa venne inoltre imperniata nella pietra inferiore mediante un asse metallico sporgente dal centro di quest'ultima. Infine col manico posto in posizione verticale la macina su­periore fu messa in grado di girare completamente intorno al proprio asse.

È grazie agli scavi di Armavir e Garni, che hanno restituito macine di tutte le fasi successive, che è stato possibile seguire il processo di evo­luzione dalla macina più rudimentale fino al tipo più evoluto, ruotante in­torno al proprio asse. Abbiamo ritenuto necessario soffermarci in modo par­ticolare sul problema delle macine, perché con esse è collegata, in quanto de­riva dalla mola, l'apparizione del mulino ad acqua. I livelli urartei non han­no restituito né mole (o' palmenti) né pietre superiori di macina con l'in­cavo per la leva. Ne consegue che la mola: è apparsa più tardi e, d'altra parte, l'ipotesi che in epoca urartea esistessero già mulini ad acqua è priva di qual­siasi fondamento.

I vasi in pietra (porfido, serpentino, conglomerato) su alta base, che riproducevano modelli in ceramica già noti in Assiria, presso gli Ittiti e altri popoli dell'Asia Anteriore, e che sono testimoniati a Persepoli 29 in una quan­tità di esemplari altamente artistici, trovano riscontro anche ad Armavir. Di lì provengono delle basi e frammenti di bordi, mentre un esemplare intero, datato al V sec. è stato rinvenuto a Gehadir 30, presso Garni, e un altro a Karabah.

Lo studio di questi vasi e dei frammenti permette di affermare che essi furono in uso dal periodo protoarmeno (o achemenide) fino al termine dell'epoca ellenistica. Durante questo lungo periodo subirono naturalmente una considerevole evoluzione nelle loro sagome: i vasi dai fianchi alti, pres-

29 E. F. Schmidt, Persepolis II, Chicago 1957, tavv. 50-52, 57-59 e a. 30 2. D. Chacatrjan, Archeologiceskie nachodki iz Gechadira, « Vestnik obsc. nauk»

1966, 1, pp. 84-86 (in armeno).

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soché verticali, cedettero il posto a vasi poco profondi, i cui bordi assun­sero varie forme e svasature, mentre l'intera superficie veniva accuratamente levigata.

Tra i reperti litici abbiamo anche un piccolo mortaio con pestello di diorite granulare levigata (tav. VIII a).

Limitata è la quantità di oggetti metallici rinvenuti ad Armavir: si trat­ta di utensili, oggetti di ornamento e armi, anch'essi di datazione oscillante fra il VI e il I sec. a.c. Fra gli strumenti di lavoro abbiamo scuri, accette, un arnese da viticoltura e un vomero ellenistico di ferro dalla forma inusitata: misura 26 cm. di altezza e la sua parte inferiore ricorda la forma di una vanga, mentre la parte superiore presenta un incavo profondo per l'incastro della parte di legno dell'aratro (tav. VIII b, in alto a sinistra). Le armi sono rappresentate da punte di frecce: due esemplari sono in bronzo e di « tipo scitico» (tav. VIII b, la prima a sinistra in basso), le altre sono di ferro e sono di tipo locale a due tre quattro alette o a sezione circolare. Sono state rinvenute anche punte di lance e giavellotti (tav. VIII b, le due di destra), pugnali di tipo diverso dagli akinak urartei, coltelli con manico di legno o di osso etc.

Dalla cittadella proviene una ruota di ferro di un carro da guerra (v. i frammenti nella tav. VIII c). Proviene da uno strato ricco di ceramica dipinta di epoca ellenistica, che ne fornisce la datazione. La ruota aveva probabilmente otto raggi e un doppio cerchione massiccio che fasciava la parte di legno. I raggi erano composti di ferro e legno e nel punto di col­legamento con il cerchione formavano un segmento massiccio che fasciava la parte in legno e si saldava al cerchione di ferro mediante grossi bulloni di ferro, le cui estremità sporgevano dalla parte esterna del cerchione.

Fra gli altri oggetti rinvenuti citiamo delle borchie, frammenti di calici d'argento, fuseruole di argilla e di pietra, collane di pietra e di impasto etc.

Bisogna rilevare che tutti i reperti, salvo rare eccezioni, sono di origine locale. Di importazione esterna abbiamo di notevole soltanto unframmen­to di ceramica greca a vernice nera e una coppa di probabile origine mi­crasiatica.

Gli scavi dell'antica Armavir hanno avuto un notevole successo, nono­stante che la città sia stata abbandonata ancora in epoca molto antica. Si sono potuti riportare alla luce i resti del sistema difensivo della cittadella della epoca urartea e ellenistica, con le relative caratteristiche di costruzione; sono state liberate le fondazioni e alcuni locali di edifici monumentali, abbelliti un tempo da colonne di legno; e si è recuperato un ricco materiale archeo­logico che rispecchia coerentemente tutti i periodi succedutisi ad Armavir, a partire dall'epoca di fioritura della civiltà urartea per giungere fino al I secolo a.c.

Lo studio approfondito dei risultati finora ottenuti dagli scavi di Armavir getterà probabilmente nuova luce su varii problemi, finora trascurati, della

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storia e della civiltà dell'antica Armenia; ma alcune conclusioni preliminari sono possibili anche adesso.

La civiltà materiale dell'Armenia antica si trovava già nei secoli VI-IV a.c., ad un livello di sviluppo abbastanza alto. I suoi antecedenti sono molto antichi e essa rappresenta una tappa nella evoluzione della civiltà dell'Alto­piano Armeno, situata alla confluenza di culture diverse: proprio in quel pe­riodo avviene l'incontro fra le popolazioni armene e popolazioni alloglotte che, fondendosi, formavano il popolo armeno.

Gli scavi di Armavir dimostrano altresl che nella formazione della ci­viltà protoarmena (etnicamente panarmena) dei secoli VI-IV l'eredità cul­turale urartea ebbe un ruolo molto più importante di quello che comune­mente le si attribuisce. Sul suolo di Armavir questo si spiega forse in parte per la circostanza che, dopo la caduta dello stato urarteo, la vita della città non si interruppe.

Lo stato urarteo ebbe una funzione di anello di collegamento fr~ l'area culturale dell'Altopiano armeno, cioè la nazione armena in via di for­mazione, e le civiltà dell'antico Oriente. Più tardi, fra il VI e il IV secolo, nel periodo di formazione della civiltà protoarmena (etnicamente panarmena), l'Armenia faceva parte dello stato achemenide e subiva l'influenza della sua cultura che in una certa misura livellava le culture di tutti i popoli dell'im­pero; ciò vale almeno per i gruppi dirigenti. Alcuni tratti achemenidi nella civiltà materiale dell' Armenia si possono osservare ad Armavir e, in modo particolare, a Erebuni.

Il successivo approfondimento del conflitto fra le classi e l'acuirsi delle contraddizioni sociali nella società armena accelerano il processo di sdoppia­mento della cultura armena in una cultura delle masse popolari e una cultura della classe dirigente. Contemporaneamente si ampliano i contatti economici, politici e culturali con le popolazioni dei paesi vicini, in modo particolare con l'Iran e l'Asia Minore. In seguito a questo processo la cultura armena da una parte assume tratti etnici comuni, e dall'altra diviene poliedrica e più ricca. Pertanto il passaggio all'ellenismo, a questo nuovo e più alto periodo della ci­viltà armena, era stato in una certa misura preparato già nei secoli VI-IV.

Nell'epoca ellenistica la nazione armena raggiunge alcune conquiste tecniche nell'edilizia, nell'urbanistica e nella produzione artigianale. La città divenne un grosso centro economico e culturale che assorbiva le nuove cor­renti culturali, provenienti dai vicini paesi ellenizzati: vennero adottate le scritture greca e aramaica e comincia la penetrazione generale dell'ellenismo nella cultura e nell'arte, nelle manifestazioni ideologiche e di culto del popolo armeno, nel pantheon delle divinità locali.

E proprio la città era quel crogiuolo dove si fondevano la cultura, locale con quella esterna, e dove la civiltà armena antica si apriva all'elleni­smo, che corrispondeva ormai alle necessità culturali, alla ideologia e al gu­sto della popolazione cittadina e della classe dominante. In questo nuovo pe-

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dodo, che va dal III al I sec. a.C., i tratti orientali della civiltà armena ce­dono il posto all'ellenismo e la stessa cultura armena assurge ad un più alto grado di sviluppo.

Gli scavi di Armavir forniranno certamente anche per l'avvenire nuovj monumenti e l'accurato studio del materiale scavato permetterà di precisare le nostre idee in merito al carattere e all'evoluzione della civiltà dell'Arme­nia antica nel periodo fra il VI e il I s~c. a.c.; permetterà altresl di precisare in maniera più concreta i suoi rapporti con le civiltà circostanti illuminando una serie di problemi importanti relativi alla storia dell' Armenia antica e del Vicino Oriente .