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FRAMMENTI DI AFFRESCHI PARIETALI DA EREBUNI (ARIN-BERD) di KONSTANTIN L. HOVHANNISJAN Alla periferia sud-orientale di Erevan, su di un'area di circa 100 ettari e sotto uno spesso strato di terra brulla, risultato di una stratificazione plurisecolare, si trovano le rovine della città urartea di Erebuni. La reggia fortificata è sita sulla sommità della collina di Arin-berd, dalla forma grosso modo triangolare. I lavori archeologici \ tuttora in corso, ebbero inizio nel 1950 sotto la mia direzione, e furono eseguiti in partecipazione fra l'Accademia delle Scienze della RSS Armena, il Comitato per la salvaguardia dei monumenti, l'Istituto di Etnografia, e il Museo di Arti Figurative Puskin di Mosca. Dalle aree soggette agli scavi sono venuti alla luce, fra le più importanti testimonianze archeologiche, resti imponenti di mura, larghe superfici affre- scate e 23 iscrizioni cuneiformi che costituiscono una fonte storica essenziale per la datazione della città e per le altre notizie che ci offrono su aspetti della civiltà urartea. È del 1950 il rinvenimento di una iscrizione che si riferisce appunto alla fondazione della città, avvenuta nel 782 a. C. Il testo dell'iscrizione, della quale possediamo oggi due duplicati 2, ha il seguente tenore: «Per la grandezza del dio Ijaldi, ArgiSti, figlio di Menua, ha costruito questa po- I K.L. Oganesjan [= HovhannisjanJ, Architektttra Erebuni (Arin-berd I), Erevan 1961; id., Erebuni. K 2750-1eti;u Erevana [= Erebuni. Per il 2750° anniversario di Erevan], Erevan 1968. Per una ampia bibliografia vedi la nota 1 dell'articolo della ChodZas, qui pubblicato. 2 [L'altra fu rinvenuta nel 1968 ed è pubblicata in « SMEA » 9 1969 p. 21 e tav. III b: v.a. «Vestnik drevnej istorii» (= VDI) 1970, 3, p. 108, n. 3 e fig. 3. Non sono duplicati esatti, anche se il testo è analogo; più sommaria la formulazione della seconda. A queste si aggiunge anche la n. 4 = fig. 4, ibid.]. 5

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FRAMMENTI DI AFFRESCHI PARIETALI DA EREBUNI (ARIN-BERD)

di KONSTANTIN L. HOVHANNISJAN

Alla periferia sud-orientale di Erevan, su di un'area di circa 100 ettari e sotto uno spesso strato di terra brulla, risultato di una stratificazione plurisecolare, si trovano le rovine della città urartea di Erebuni. La reggia fortificata è sita sulla sommità della collina di Arin-berd, dalla forma grosso modo triangolare.

I lavori archeologici \ tuttora in corso, ebbero inizio nel 1950 sotto la mia direzione, e furono eseguiti in partecipazione fra l'Accademia delle Scienze della RSS Armena, il Comitato per la salvaguardia dei monumenti, l'Istituto di Etnografia, e il Museo di Arti Figurative Puskin di Mosca. Dalle aree soggette agli scavi sono venuti alla luce, fra le più importanti testimonianze archeologiche, resti imponenti di mura, larghe superfici affre­scate e 23 iscrizioni cuneiformi che costituiscono una fonte storica essenziale per la datazione della città e per le altre notizie che ci offrono su aspetti della civiltà urartea.

È del 1950 il rinvenimento di una iscrizione che si riferisce appunto alla fondazione della città, avvenuta nel 782 a. C. Il testo dell'iscrizione, della quale possediamo oggi due duplicati 2, ha il seguente tenore: «Per la grandezza del dio Ijaldi, ArgiSti, figlio di Menua, ha costruito questa po-

I K.L. Oganesjan [= HovhannisjanJ, Architektttra Erebuni (Arin-berd I), Erevan 1961; id., Erebuni. K 2750-1eti;u Erevana [= Erebuni. Per il 2750° anniversario di Erevan], Erevan 1968. Per una ampia bibliografia vedi la nota 1 dell'articolo della ChodZas, qui pubblicato.

2 [L'altra fu rinvenuta nel 1968 ed è pubblicata in « SMEA » 9 1969 p. 21 e tav. III b: v.a. «Vestnik drevnej istorii» (= VDI) 1970, 3, p. 108, n. 3 e fig. 3. Non sono duplicati esatti, anche se il testo è analogo; più sommaria la formulazione della seconda. A queste si aggiunge anche la n. 4 = fig. 4, ibid.].

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tente fortezza: le impose il nome di Erebuni, per la potenza del paese di Biaina e ad intimidazione del paese nemico. Argisti parla: la terra era desertica, possenti opere io feci. Per la grandezza di traldi (io sono) Argisti, il figlio di Menua, re potente, re del paese di Biaina, re della città di ruspa ». È evidente l'importanza di questa iscrizione: essa pecisa il nome del re fondatore 3 e indica il carattere e lo scopo della città.

Osservando il tracciato delle rovine di Arin-berd risulta in modo chiaro l'impostazione urbanistica voluta da ArgiSti. La costruzione di un centro bellico-amministrativo, quale è Erebuni, non lontano dalla frontiera settentrionale del regno di Urartu, aveva una enorme importanza per tutto il paese.

Dagli scavi di Karmir-blur proviene una statuetta lignea che raffigura un guerriero e poggia su una base in pietra di forma cilindrica di 8 cm. di diamo e 3 cm. di alt. Sul fianco del cilindro si legge la seguente iscrizione cuneiforme: «Per il dio traldi, suo signore, questo oggetto in legno sae ArgiSti, il figlio di Menua, ha preparato quando costrulla città di Erebuni » 4.

A giudicare da una iscrizione, recentemente venuta alla luce ad Arin-berd 5,

dell'ultimo re urarteo, Rusa, figlio di Erimena [ca. 605-590 a.c.], Erebuni ebbe in epoca urartea una vicenda storica piuttosto lunga. In seguito la città cadde sotto il dominio achemenide e lo attestano i nuovi edifici che vi ven­nero eretti in quel periodo 6.

La rocca, fortificata con un sistema di mura grandiose, comprendeva i locali del palazzo, gli ambienti adibiti al culto, i magazzini. I resti conservati delle mura raggiungono un'altezza che varia dai 2 ai 5 metri, ma è probabile che originariamente si ergessero fino a 12 metri. Grazie a questa solida forti­ficazione la rocca di Erebuni è rimasta ben conservata attraverso i secoli, sicché oggi risulta facile una lettura planimetrica e volumetrica dei vari locali 7.

3 [La fondazione di ErebunijIrpuni era già menzionata negli annali dello stesso Argisti L Si veda P.W. Konig, Handbuch der chaldischen Inschriften, Graz 1955-57, n. 81 Rs. 15-22. Secondo questo documento la fondazione della città cade molto proba­bilmente nel <jO anno di Argisti e oscilla pertanto fra il 782 e il 776 secondo diverse cronologie sostenute da G.A. Melikisvili, Nairi-Urartu, TbiIisi 1954, p. 210 e LM.D'jako­nov, « VDI » 1956, 2, p. 68 ss.]

4 [Pubblicata da B.B. Piotrovskij in « Epigrafika vostoka» 17 (1966) pp. 3-5. V.a. « Orientalia» 36 (1967) p. 445.]

5 [L'iscrizione a cui si allude è 'stata pubblicata dallo stesso Hovhannisjan con N.V. Harutjunjan « VDI» 1970, 3, p. 111 n. lO = fig. lO.]

6 [Oganesjan, Architektura Erebuni, pp. 75-102.] 7 [Per una pianta generale degli scavi V. « Soobscenija Gos. Muzeja Izobrazitel'nych

iskusstv imo A.S. Puskina » (= «Bollettino del museo statale di arti figurative Puskin» di Mosca), val. II, Leningrad 1964, fig. 3 p. 19; una pianta particolare del palazzo in Architektura Erebuni fig. 4 p. 25. Alcune belle visioni a colori dei locali della fortezza presso B.B. Piotrovskij, The ancient civilization 01 Urartu, Nagel, Ginevra 1969, tavv. 1-7.]

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Affreschi da Erebuni (Arin-Berd) 67

I muri interni del palazzo e di altri locali, come il tempio di Baldi e la vasta sala ubicata presso le mura esterne, erano ricoperti di sfarzosi affreschi ricchi di colore 8. Se ne sono trovati frammentariamente anche in situ, come ad es. nella nicchia della parete di fondo della piccola sala di Argisti I.

Secondo un nostro calcolo si può valutare intorno ai 1500 m2 la super­ficie totàle delle pareti affrescate. La concezione compositiva generale di questi affreschi è impostata su motivi geometrici; i soggetti particolari sono tratti dal mondo vegetale e animale, e sono stilizzati con estremo vigore. Le figure umane 'sono disposte in successioni ritmiche lungo fasce orizzontali. La superficie da affrescare veniva preventivamente spartita mediante il trac­ciamento di un reticolo e alcuni elementi decorativi finemente disegnati veni­vano disposti in cerchi perfettamente eseguiti con l'aiuto del compasso 9.

Dallo studio minuzioso da noi condotto risulta come i pittori urartei usas­sero un loro proprio canone compositivo.

Appena riportati alla luce, gli affreschi mostrano ancora l'originaria vivacità dei colori, ma rimanendo esposti alla luce si deteriorano velocemente e perdono la loro freschezza coprendosi di un leggero strato che li appanna alla vista.

L'affresco veniva eseguito su un fondo bianco, formato da un grosso strato di argilla refrattaria al calore (caolino), steso sulla superficie del muro di mattoni crudi. Erano usate di preferenza tinte minerali naturali delle seguenti tonalità: un'ocra, un verde turchino, un rosso vivo e un rosso chiaro, un azzurro vivace e infine una tonalità di nero.

Come è stato constatato da Tahsin Ozgiiç l0, negli affreschi di Arin-berd e in quelli di Altmtepe esiste uno stesso principio compositivo. Le fasce con raffigurazioni di teorie di tori inginocchiati, leoni e altri animali, denotano ap­punto l'esistenza di una iconografia dominata da princìpi compositivi generali che obbligavano a trovare delle soluzioni molto simili.

Non si può trascurare di rilevare l'analogia che esiste fra gli affreschi urartei e quelli assiri del palazzo di Sargon a Dur-Sarrukin per l'uso di profi­lature e elementi decorativi analoghi e per comunanza di motivi iconografici, il che induce a supporre una comune origine 11.

8 [Una esposizione più ampia e approfondita sulla pittura parietale lo stesso Hovhan­nisjan la fornisce nel già citato libro Architektura Erebuni pp. 58-74 con le figg. 28-3-8. Si veda anche l'articolo di Truchtanova, ChoclZas, Hovhannisjan sugli affreschi di Erebuni nel IV voI. (1968) pp. 164-175 del « Bollettino» del museo Puskin. Le migliori riprodu­zioni finora comparse (a colori) sugli affreschi si trovano ancora presso Piotrovskij, The ancient civilization 01 Urartu, tavv. 8-13.]

9 [V. Architektura Erebuni, figg. 28 e 29.] lO Alttntepe, Ankara 1966. 11 [Una esposizione più esauriente sui rapporti con la pittura assira in Architektura

Erebuni, pp. 73-74.]

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68 Konstantin L. Hovhannisjan

I frammenti meglio conservati degli affreschi di Arin-berd sono stati rinvenuti nella grande sala colonnata (mt. 12,5 x 49) del palazzo di ArgiSti. Cinque basi di colonna, costituite da una pietra di forma cilindrica, recano una iscrizione di questo tenore: « Per la grandezza di lJaldi, Argisti, figlio di Menua, questo edificio ha costruito» 12. Su una vasta superficie della parete maggiore erano stati eseguiti affreschi con scene che si riferiscono prevalente­mente alla vita quotidiana. È interessante notare le circostanze del rinveni­mento e della conservazione di questi affreschi che originariamente copri­vano tutte le pareti e soprattutto un'ampia superficie della parete lunga. In periodo di dominazione achemenide la sala fu convertita in un magazzino, come dimostra la conservazione di dolii interrati nel pavimento. Gli affreschi, che per l'incuria si erano staccati dalle pareti ed erano caduti a terra, vennero accumulati in frammenti nell'angolo nord-ovest della sala e furono ricoperti con una colmata di cocci che doveva servire da piano d'appoggio. Riportati alla luce, questi frammenti mostrano scene agricole, di vita pastorale - un gregge di pecore, capre, un cane pastore etc. Tra le parti rinvenute è di parti­colare interesse una scena di caccia reale. Lo stato frammentario non per­mette purtroppo una ricostruzione completa dell'intero quadro della scena di caccia e dobbiamo accontentarci di una visione solo parziale.

La caccia veniva eseguita in vari modi, a seconda della natura del ter­reno. Nell'affresco da noi esaminato è probabile che il motivo principale della scena fosse costituito dalla raffigurazione di un carro (tav. I) . Ci sono giunti i particolari di una ruota, il petto decorato e le zampe anteriori di cavalli in corsa (tav. II); mentre quasi completamente illeggibile è la figura del cac­ciatore in piedi sul carro (tav. I). La parte inferiore della figura mostra un abbigliamento ricco e sfarzoso, e questo fa ritenere che si tratti di un perso­naggio importante. Inoltre le sue proporzioni sono quattro volte più grandi rispetto alla figura di un cacciatore a piedi del quale resta la parte dalla cintola in giù.

Un altro frammento riporta in un fine disegno dei raggi di sole con le estremità arricciate. È noto come nel vicino Oriente e, in particolare, in Egitto, un motivo simile sovrasti la testa del re, che è raffigurato in pied~ sul carro da guerra. Sulla base di esempi già noti non è quindi difficile asserire che la figura sopra descritta rappresenta la persona del re, e cioè lo stesso ArgiSti, che ha costruito la sala, come dicono le iscrizioni sulle basi di colonna.

Da altri frammenti dello stesso affresco si possono ricomporre i parti­colari dell'ambiente naturale della scena di caccia: fondo boschivo, prato co­perto in parte da cespugli, canne e alberi intercalati nella composizione

12 [Un esemplare è pubblicato in « SMEA » 9 1969, p. 24 con tav. IV, un altro in « VDI» 1970, 3, p. 107 n. 1 = fig . 1.]

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Affreschi da Erebuni (Arin-Berd) 69

(tavv. III, V). L'andamento generale della composizione con le figure disposte in zone suddivise da striscie ornamentali, denota la concezione spa­ziale del pittore urarteo.

Il pannello parietale di questo gruppo conteneva fregi con raffigurazioni di animali: si distinguono dei tori e un leopardo in corsa, posti in primo piano rispetto al carro. Uno dei tori ha l'aspetto di un animale selvaggio. Proba­bilmente il pittore avrà inteso raffigurare un tipo di toro, la cui razza è estinta da tempo, il Bos primigenius. La figura del leopardo in corsa da destra a sinistra, con la coda in aria, ha un senso dinamico nuovo per l'arte urartea quale noi la conosciamo finora. Si può quindi affermare che quest'arte del­l'affresco non rivela unicamente un carattere statico e ieratico, connesso con l'interpretazione di concetti sacrali, ma nelle rappresentazioni di scene più libere, come appunto la caccia, denota un senso di realismo e dinamismo espresso con il contrasto nella direzione dei movimenti.

Osserviamo la scena del vitello (tav. IV): rifugiato tra le canne, ha un'espressione di spavento, come per un pericolo appena scampato. Una cura precisa dei parti~olari anatomici e una resa sapiente della naturalezza dei movimenti denota il pittore raffigurando l'atto del vitello che alza la zampa.

Il gruppo con la scena del leopardo (tav. VI) era incorniciato da un fre­gio e comprendeva nella parte superiore la figura di un toro che si abbatte a terra colpito a morte.

Nella scena di caccia si intravedono appena tracce di altre figure quasi completamente svanite.

L'insieme dei frammenti che raffigurano particolari relativi al quadro generale della caccia danno l'impressione che la tematica d'insieme dovesse essere molto più ricca di quanto non appaia oggi. Lo conferma la presenza di altri due fregi, uno dei quali rappresenta dei cani da caccia nell'atto di pascere; nell'altro si distingue un cavallo in corsa lungo una distesa. Si tratta evidentemente di scene di riposo dopo la caccia.

Nella Scena dei cani (tav. VII) un uomo tiene a guinzaglio le bestie. Una tale raffigurazione esprime l'essenziale del tema ed è sufficiente per creare nell'osservatore l'impressione dell'azion~ avvenuta. Nel secondo fre­gio (tav. VIII) il cavallo, inebriato nell'atto della corsa, è reso senza un dise­gno preciso dei contorni, ma con trapassi di colori che si staccano sul fondo di un azzurro intenso. È da rilevare che nell'arte urartea di solito, come ad esempio in quella egiziana, il cavallo viene raffigurato con le ginocchia unite. Nel nostro caso invece sono staccate, e questo indica ancora una volta una tendenza al naturalismo nella resa dei particolari. Nell'arte urartea il cavallo è uno dei motivi iconografici più diffusi. Lo si ritrova su oggetti di bronzo, quali elmi, guaine, cinture. A Karmir-blur si è trovato un bell'esemplare di

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testa equina a tutto tondo lavorata con maestria e resa in modo molto espressivo 13.

Il tema della caccia, oltre che negli affreschi, ricorre anche su tre cinture di bronzo emerse dallo scavo della necropoli di Arin-berd. Vi si notano, ac­canto a figure di divinità stanti su leoni e tori, dei carri e scorta di cacciatori a piedi e a cavallo. La composizione di queste scene di caccia 14 è semplice e non ha il carattere di monumentalità dell'affresco di Arin-berd.

Concludendo, i rinvenimenti di Arin-berd, dove l'affresco parietale venne effettuato su larga scala, dimostrano che questa tecnica artistica aveva una larga applicazione negli edifici monumentali urartei. Dai frammenti a noi per­venuti si deduce che la tematica degli artisti urartei era molto ricca, e si ha ragione di sperare che ulteriori scavi estesi a tutto il vasto territorio del regno permetteranno una visione più completa dell'arte dell'affresco parietale nel­l'Urartu.

13 [Vedi Piotrovskij, Urartu. The Kingdom 01 Van and its Art, London 1967, tavv. 24-25, e The ancient civilization 01 Urartu, fig. 107.]

14 [Una vera e propria scena di caccia di stile mesopotamico su fascia bronzea hanno restituito gli scavi inglesi a Kayahdere: v. « Anatolian Studies» XVI 1966, tav. IX b + XI b e fig. lO p. 78 con disegno di ricomposizione dei due frammentL]

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Arin-berd. Affreschi del palazzo di Argisti I (ca. 780-760 a.C.). Frammento col particolare di un carro sormontato da una figura umana. Fa parte di una scena di caccia reale.

TAV . I

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TAV. II

Arin-berd. Frammento di affresco raffigurante le zampe anteriori e il pettorale decorato di un ca­vallo in corsa.

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Arin-berd. Frammento di affresco con raffigurazio­ne di cespugli.

TAV. III

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TAV. IV

Arin-berd. Particolare di un vitello negli Affreschi del palazzo.

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TAV. VI

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Arin-berd. Frammento di- affresco che taglia verti­calmente due zone figurative sovrapposte. Una te­sta di toro brucante in quella superiore; un leo-

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Arin-berd. Frammento di affresco con la raffigura­zione di un cinegeta.

TAV. VII

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TAV. VIII

Arin-berd. Affreschi del palazzo. Frammento di un fregio con cavallo in corsa.

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