3 - Abbaso la Squolla!

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www.risparmiolandia.it GELLINDO INVESTIGATORE PRIVATO - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER I GIALLINDI di Gellindo Ghiandedoro 3 - Abbaso la Squolla!

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I GIALLINDI di Gellindo Ghiandedoro

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GELLINDO INVESTIGATORE PRIVATO - FIABA DI MAURO NERI- ILLUSTRAZIONI DI FULBER

I GIALLINDI di Gellindo Ghiandedoro

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I GIALLINDI di Gellindo Ghiandedoro

Abbaso la Squolla!– Bisogna proprio dire che in giro ci sono ancora molte persone igno-rantelle, vero? – commentò Maestro Abbecedario grattandosi pensieroso il mento.

– Chi ha scritto questo, però – commentò Gellindo Ghiandedoro, – li batte tutti di gran lunga! Quattro errori in una frase di tre parole è praticamente un record! Raccontami cos’è successo.

Abbecedario si sedette sulla pan-china del parco giochi della Scuola e cominciò a parlare. – Stamattina mi sono svegliato come sempre dopo l’alba, ho fatto colazione, mi sono vestito e sono uscito per andare nell’orto dietro la scuola a togliere un po’ d’erbacce e a dar acqua all’insala-ta. Appena mi sono girato per aprire il rubinetto dell’acqua, ho visto questa frase sul muro, scritta con una bom-boletta spray color rosso fuoco.

– Qualche sospetto?– Non mi pare…– Uno spaventapulcino a cui è an-

dato male il compito di matematica?– A parte che i miei alunni non fa-

rebbero mai questi erroracci di orto-grafia, no… nessun tema di matema-tica, nessuna interrogazione, nessun bisticcio… No no: dev’esser qualcuno di fuori… magari qualche spauracchio del Villaggio…

Gellindo ci pensò sopra alcuni istanti, poi scrollò la testa: – Nooo,

li conosciamo tutti, gli spaventapas-seri, e tutti tutti tutti sono orgogliosi della loro scuola. A nessuno verreb-be mai in testa di scrivere una frase del genere, sporcando poi un’intera parete che ci vorranno due settimane di lavoro per cancellarla!

– Non resta che pensare ad una persona da fuori, qualcuno che non è del Villaggio…

– E in questo caso sarà difficilis-simo scoprire chi sia… – concluse lo scoiattolo “investigatore privato”. – Sai che ti dico?

– Dimmi!– Io una mezza idea ce l’avrei!Abbecedario si girò a guardare

l’amico: – Vuoi dire che solo guardan-do quella scritta, t’è venuto in mente chi può essere il colpevole?

– Ascoltami: prova a pensare a qualcuno che conosci molto bene e che, dopo aver scritto sul muro “Ab-baso la Squolla” è convinto di non aver fatto nemmeno un errore di ortografia. Pensaci bene, su! Chi ti viene in mente?

Il Maestro aggrottò la fronte e si spremette le meningi, socchiudendo gli occhi per lo sforzo. Poi, all’improv-viso, una lampadina si accese sopra la sua testa, le rughe si spianarono e un gran sorriso gli si disegnò sulle lab-bra: – Non dirmi che… che è stato…

– Se stiamo pensando alla stessa persona, amico mio – esclamò Gellin-do Ghiandedoro, – allora andiamo a controllare assieme!

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Ratto Robaccio quella mattina se ne stava sdraiato su una vecchia poltro-na davanti a casa sua, in attesa che si levasse il sole e che cominciasse l’ora-rio di lavoro in discarica. Sboccon-cellava distratto un tòrsolo di mela canterellando sottovoce, quando vide Gellindo e Abbecedario scende-re di corsa dalla stradina che portava al Villaggio.

– Ehilà, amici – esclamò Robaccio balzando in piedi e gettando via quel che restava del tòrsolo, – qual buon vento vi porta fra le immondizie?

– Veniamo subito al dunque, Ratto – esclamò Gellindo stranamente se-rio in volto. – Tu per caso tieni in casa una bomboletta di spray color rosso?

– Uno spray rosso? – chiese la pantegana, digerendo con un ruttino la mela mangiata poco prima. – Non mi sembra… Cioè, così sui due piedi dovrei rispondere che no, non ho nessuna bomboletta spray, men che meno di color rosso. Ma perché lo volete sapere?

– Di questo parleremo dopo – ri-batté lo spauracchio maestro. – Pos-siamo controllare in casa?

– Ma certo, fate come volete, tanto Lilli Spatoccia non c’è… È andata a far visita alle sue amiche pantegane giù in città… Ritorna dopodomani!

Non impiegarono molto tempo, lo scoiattolo e Abbecedario, per trova-re quel che cercavano: in una grossa scatola di cartone piena fino all’orlo di palloni sgonfi, ruote di biciclet-

ta senza raggi, sacchetti di plastica vuoti, lanterne senza vetro, cacciaviti spuntati e cappelli sfasciati, trova-rono una bella bomboletta spray di color… rosso!

– E questa da dove viene? – chie-se Gellindo, guardando diritto negli occhi l’amico Robaccio.

– E cosa vuoi che ne sappia – ri-spose il topo con voce tremante. – Forse è sempre stata lì… oppure l’ha trovata Lilli in discarica e l’ha portata a casa senza dirmelo… Forse è stato il piccolo Liquirizio… gli piace tanto dipingere a quel topolino… ma perché mi guardate in quel modo? Cosa sono quegli sguardi seri? Ho… ho combina-to forse qualcosa di brutto?

– È successo, caro il mio Robac-cio – disse lo scoiattolo scandendo ben bene ogni sillaba, – che qualcuno

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stanotte e di nascosto ha scritto sul muro principale della Scuola di Ab-becedario “Abbasso la Scuola”, cioè, a dire il vero ha scritto “Abbaso la Squolla” con la “esse-qu”, usando una bomboletta spray…

– …di color rosso! – concluse il maestro.

Ratto Robaccio ci pensò sopra un lungo minuto e poi…

– Se pensate che sia stato io, vi sbagliate! – disse con un sorriso e con un sospiro di sollievo.

– E perché ne sei così sicuro?– Perché l’autore di quella frase

non sa scrivere bene: io avrei scritto “Abbaso la Scquola” con la “esse-ci-qu” e non con la “esse-qu”!

Gellindo guardò Abbecedario e scosse la testa; Abbecedario guardò Gellindo e si mise le mani nei capelli. – Adesso noi ce ne andiamo, Robac-cio – esclamò a quel punto lo sco-iattolo. –Rimettiamo la bomboletta nella scatola e ti salutiamo. Ciao!

Quella notte Gellindo Ghiandedoro e Abbecedario si nascosero dietro la porta della Scuola e rimasero in atte-sa. A mezzanotte scoccata da poco, un’ombra si staccò dal buio della strada, aprì il cancelletto della scuo-la, si avvicinò al muro già imbrattato di rosso, prese rapido da tasca una bomboletta e scrisse veloce come un fulmine una seconda frase…

Non volliamo gli maestri!

…pure quella piena zeppa di errori d’ortografia.

Abbecedario e Gellindo uscirono di corsa dal loro nascondiglio, ma or-mai il danno era fatto per la seconda volta. Accesero allora la luce dell’in-gresso, illuminarono il colpevole ed ebbero ahimè la conferma dei loro sospetti.

– ratto robaccio!! – strillarono in coro.

– Allora sei proprio tu il colpevole! – piagnucolò lo scoiattolino con una vena di tristezza nella voce.

– Signor Robaccio – esclamò inve-ce il maestro con la voce che tremava per la rabbia, – lei ha tradito la fiducia del Villaggio, lei ha tradito la nostra amicizia, lei… lei… Ma perché non ri-sponde? – concluse rivolto a Gellindo.

Si fecero più sotto e s’accorsero subito che c’era qualcosa che non andava, nel loro amico. Gli occhi di Ratto, infatti, erano sbarrati, tondi e vuoti… senza alcuna espressione… Guardavano nel buio come se non ve-dessero nulla, solo il nero della notte!

Gellindo Ghiandedoro capì subi-to: – Sembra che Robaccio sia stato ipnotizzato!

– Ipnotizzato? – Abbecedario non credeva alle proprie orecchie. – Ip-notizzato e… perché? da chi? Come facciamo a svegliarlo?

– Di solito si fa così, no?! – esclamò Gellindo, che mollò due schiaffetti sulle guance della pantegana.

– Ehi… Ohi… Ahiaaa! – farfugliò

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Robaccio svegliandosi e massaggian-dosi le guance. – Perché mi prendete a schiaffi? Cosa ci faccio, qui? Perché non sono a casa mia a dormire?

– E io invece ti chiedo perché hai scritto questo… – strillò Abbecedario indicando la scritta “Non volliamo gli maestri!” – …dopo aver scritto la notte scorsa questo! – continuò pun-tando il dito sull’altro scarabocchio “Abbaso la Squolla!”

Ratto Robaccio lesse, si strinse nelle spalle e si girò a guardare gli amici. – Credetemi, io non ne so nulla! D’accordo, mi avete sorpreso mentre scrivevo quelle parole piene di errori… secondo me “volliamo” si scrive con una “elle” e “maestri” con la “di”, “maesdri”…, ma io non me lo ricordo. So solo che il mio amico Silla-bario, questa sera, è venuto a trovar-mi dopo cena e…

– cosa hai detto? – urlò maestro Abbecedario strabuzzando gli occhi.

– Ho detto che il mio amico Sillaba-rio…

– E tu come fai a conoscere Sillaba-rio? – strillò l’anziano spauracchio.

– L’ho conosciuto due giorni fa: s’è presentato a casa mia quando Lilli era appena partita per andare dalle sue amiche in città… Mi ha chiesto un boccone da mangiare, un goccio d’acqua da bere e abbiamo chiacchie-rato del più e del meno. È simpatico, Sillabario: lo sai, Abbecedario, che è più giovane di te, ma ti assomiglia un poco?

– E certo che mi assomiglia: è mio fratello!

Gellindo ebbe un balzo al cuore. Ratto Robaccio ammutolì per la sor-presa. Abbecedario, per parte sua, si mise una mano sulla fronte sudata e respirò a fondo.

– tuo fratello? – Lo scoiattolo e la pantegana urlarono in coro. – Tu hai un fratello che si chiama Sillabario – proseguì Gellindo parlando da solo, – e non lo hai mai detto a nessuno?

Abbecedario abbassò gli occhi a guardarsi la punta delle scarpe e si stropicciò nervoso le mani. – Ecco, Sillabario è il mio fratellino minore, più giovane di dieci anni: da piccolo era un bravo spaventapulcino, dili-gente e studioso proprio come me. Insomma: eravamo la gioia dei nostri genitori… Poi un giorno…

– Poi un giorno mi sono stufato di essere l’ombra del mio fratellone più grande – esclamò uno spaventapas-seri che entrò dal cancelletto aperto. Sembrava uscito da una fotografia di Abbecedario scattata dieci anni prima: stesso volto, stessa bombetta in testa, stessa giacca grigia a righine bianche e stessa cravatta gialla. – Mi sono stufato e sono scappato di casa.

– Mamma ha pianto per tre mesi, giorno e notte – sussurrò Abbeceda-rio con le lacrime agli occhi. – E papà ti ha cercato per mari e per monti…

– Sono scappato per non vederti più – sibilò cattivo Sillabario. – Abbe-cedario è il più bravo… Abbecedario è

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il migliore… Abbecedario sì, che farà strada nella vita… perché non impari da tuo fratello Abbecedario? Per-ché non fai come lui? Perché non sei come lui? È vita, questa, secondo voi? – esclamò Sillabario con le lacrime agli occhi…

– E così hai aspettato fino ad oggi, per vendicarti. – Era stato Gellindo a parlare. – E per farlo, hai messo in mezzo il povero Ratto Robaccio…

– No – disse sottovoce Sillaba-rio, – no, io non voglio vendicarmi. Dopo anni e anni passati a lavorare nei circhi e nelle fiere a ipnotizzare la gente per due soldi, volevo solo che Abbecedario si accorgesse di me! Vo-levo solo che Abbecedario tornasse a volermi bene come si vuol bene a un fratello più piccolo! Solo per questo ho ipnotizzato la pantegana, ordinan-dole poi di scrivere quelle brutte cose sul muro della scuola. Perché poi io sarei intervenuto, avrei ripulito que-gli scarabocchi, mi sarei presentato e Abbecedario mi avrebbe finalmente accettato come fratello!

Il vecchio maestro stava pian-gendo come una vigna ferita: fece due passi, si avvicinò a Sillabario e lo abbracciò. – Ma tu non hai bisogno di queste brutte cose, per farti voler bene! Tu sei mio fratello e basta! Un fratello che pensavo di aver perso per sempre, e che invece adesso è qui con me, a casa mia… E che da qui non se ne andrà tanto facilmente!

Anche quest’avventura, cari miei, finì con una grande festa, alla qua-le venne invitato tutto il Villaggio. Ospiti d’onore furono Sillabario e Ratto Robaccio, che spiegò in lungo e in largo a tutti quelli che incontrava che cosa avrebbe scritto lui, sul muro della scuola, se solo non fosse stato ipnotizzato. – “Scuola” si scrive con la “ci-qu” e “maestri” con la “di”, così si scrive!

Al termine Abbecedario chiese silenzio e volle Sillabario e Gellindo accanto a sé.

– Mio fratello ha sbagliato, adesso lo sa anche lui: ha sbagliato a fuggir di casa e ha sbagliato a imbrattare e a rovinare le cose degli altri, e per questo pagherà. Da domani, aiutato da Ratto Robaccio, ripulirà il muro della scuola e lo ridipingerà come nuovo. Però… però anche Gellindo ha qualcosa da dirvi.

Lo scoiattolo “investigatore priva-to”, che aveva contribuito a risolvere anche quel mistero, si fece avanti e cominciò a parlare.

– Se vogliamo dire tutta la verità, molti e molti anni fa sbagliò un poco anche Abbecedario, quando non pre-se le difese del suo fratellino e non lo aiutò a diventar grande come si deve. Ma a tutto c’è rimedio, perché tutto si può risolvere con la buona volontà e con un pizzico di generosità. Vi co-munico allora che a partire da domani la Scuola del Villaggio ha finalmente un bidello come si deve. Toccherà

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sorriso. – L’avete mai visto un mae-stro che tiene buoni i suoi alunni… ipnotizzandoli? Ah! Ah! Ah!

Un uragano di applausi e una ca-scata di “Bravo”… “Sei un mito, Sil-labario!!”… “Sei grande!!!” concluse quella serata. Intanto all’ombra di un ciliegio Ratto Robaccio stava mugu-gnando tra sé: “Scuola con una “elle” o con due? No no, sono sicuro… con due!”

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a Sillabario tener pulite le aule e in ordine il parco giochi; controllerà che gli spaventapulcini non si facciano male e, magari, quando Abbecedario sarà occupato, farà anche il maestro supplente! Contento, Sillabario?

– Cioè, vuoi dire che qualche vol-ta sarò maestro anch’io? Come mio fratello?

– E magari anche meglio di me! – lo incoraggiò Abbecedario con un gran