20121003 lo sviluppo delle competenze degli ingegneri per l'industria

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Raffaele Perrotta Ingegnere dell’informazione

P.IVA 01182640308 – iscritto all’Albo degli Ingegneri dell’Ordine della Provincia di Udine al n. 1250 Via Marinoni, 10 - 33100 Udine tel. +39 335 368960 e-mail: [email protected] PEC: [email protected]

1/6 autore: ing. R. Perrotta

Lo sviluppo delle competenze degli ingegneri per l’industria

Uno studio sull’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Udine La recente riforma degli Ordini professionali ha reso obbligatoria anche per gli ingegneri la formazione continua1 “al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell’utente e della collettività, e per conseguire l’obiettivo dello sviluppo professionale”. Contemporaneamente, ha disposto che la funzione disciplinare non fosse più svolta dal Consiglio dell’Ordine, eletto dagli iscritti, ma fosse delegata ad un diverso Consiglio di disciplina territoriale, nominato direttamente dal Presidente del Tribunale su proposta del Consiglio dell’Ordine. Tale riforma, che ai non addetti ai lavori può apparire di difficile comprensione e di scarsa rilevanza, comporta invece una sorta di rivoluzione copernicana. Essa, infatti, implica che il Consiglio dell’Ordine non dovrà più porre al centro della sua azione la funzione disciplinare, agendo come una magistratura, ma dovrà dare ampio spazio alla funzione rappresentativa ed a quella formativa, agendo come un organo di governo impegnato principalmente a tutelare e sviluppare le competenze professionali della categoria a beneficio degli iscritti e della collettività in regime di libera concorrenza.

L’impatto della riforma delle professioni L’Ordine degli Ingegneri dovrà, quindi, impostare un’attività del tutto nuova, tenendo conto delle esperienze di altri ordini e collegi tecnici, che hanno attivato la formazione continua già negli anni passati, delle direttive europee in tema di formazione e aggiornamento professionale2, delle esigenze del tessuto economico e produttivo del territorio, dell’offerta formativa delle Università e delle Scuole di alta formazione professionale, ed, infine, delle esigenze specifiche degli iscritti in relazione agli scenari economici e sociali futuri ed agli sbocchi occupazionali. Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha già iniziato ad operare in questo senso attivando una Scuola di alta formazione professionale ed impostando le linee guida per l’attività degli ordini provinciali. Il compito di interpretare correttamente le esigenze degli iscritti e quelle del territorio di competenza spetta, tuttavia, agli ordini provinciali che dovranno sviluppare i piani formativi. Da questo punto di vista l’Ordine degli Ingegneri di Udine ha avviato lo studio del fabbisogno formativo dei propri iscritti, partendo dalla rilevazione dello stato attuale delle loro competenze e delle esigenze del tessuto economico friulano, con particolare riferimento al settore dell’indutria e dell’informazione.

Conoscenze e capacità attuali degli ingegneri industriali iscritti all’Ordine di Udine Gli iscritti all’Ordine di Udine alla data del 22 maggio 2012, in cui è stata realizzata l’indagine, erano 2005, ripartiti tra i settori civile (56%), industriale (36%) e dell’informazione (8%). Le conoscenze scientifico-culturali di base degli iscritti dell’ambito industriale e dell’informazione, rappresentate dai titoli di studio, appartengono per la grande maggioranza (circa l’89,5%) alle lauree in Figura 1. Si noti che la laurea in Tecnologie industriali ad indirizzo economico-organizzativo, istituita nel 1979, è stata soppressa nel 1989 e fatta confluire in Ingegneria gestionale. Si può rilevare, dunque, che al momento attuale questo indirizzo di studi è il più

1 D.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, artt. 7 e 8

2 http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-policy/vet_en.htm

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attrattivo (35%) dal momento che per gli ingegneri dell’industria è sempre più importante affiancare alle conoscenze tecniche quelle economiche ed organizzative.

Figura 1 - Conoscenze di base

Per quanto riguarda le capacità professionali, intese come le abilità acquisite dagli ingegneri dopo la laurea nell’esercizio della professione, risulta interessante analizzare la Figura 2, che fotografa la distribuzione delle capacità tra gli iscritti.

Figura 2 - Capacità professionali

Nella figura sono elencate tutte le principali capacità professionali degli ingegneri, inclusi gli ingegneri del settore civile. Il sistema di rilevazione dell’Ordine consente di indicare nei campi intestati come “Altro”, oltre alle capacità elencate, anche altre non classificate. Tali campi di note permettono sia di specificare in dettaglio il possesso di una capacità generale, quale ad esempio la capacità di “management aziendale”, che di aggiungere altre capacità non elencate nella lista strutturata. Le capacità più diffuse sono management aziendale (34%), qualità ed organizzazione aziendale (32%), costruzioni meccaniche (24%), tecnologie (24%), sistemi informativi e software (22%), macchine (22%). Il 44% degli iscritti, peraltro, precisa o segnala ulteriori specializzazioni in campo economico-gestionale, normativo, delle misure e prove di laboratorio, elettrotecnico‐elettronico, informatico, meccanico-impiantistico e matematico‐chimico‐fisico.

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Esistono, tuttavia, ingegneri che hanno sviluppato capacità anche nel settore della finanza. Si nota, infine, che l’esercizio della professione e le opportunità di mercato portano molti laureati in materie industriali ad occuparsi anche di materie civili, quali, ad esempio, l’edilizia e le strutture (7%). Questo fenomeno, in realtà, è diffuso anche tra gli ingegneri di formazione civile, che a volte operano prevalentemente nel settore industriale e qualche volta anche in quello dell’informazione. Nell’ultimo Congresso Nazionale degli Ingegneri3, in cui si è discusso a lungo se sia preferibile ricevere dall’Università una formazione generalista, aperta a tutte le discipline di base, o specialistica, indirizzata a priori ad uno solo dei settori dell’ingegneria, è stata ribadita la preferenza per la formazione generalista, dal momento che la rapida evoluzione delle tecnologie e la mutevolezza dei mercati, oltre alla scarsità delle opportunità, consiglia una formazione di base molto aperta per essere in grado di specializzarsi successivamente nei settori di sbocco con la prospettiva di cambiarli anche più volte nell’arco della vita professionale. L’esame delle competenze censite dall’Ordine mostra, tuttavia, due carenze fondamentali. La prima è quella di rilevare l’occorrenza delle capacità ma non il livello di esperienza e adeguatezza di tale capacità rispetto alle esigenze del mercato. La seconda è che il concetto di competenza è molto più esteso di quanto non sia rilevato dall’Ordine. È cognizione comune, infatti, che tale concetto non sia limitato solo alle conoscenze ed alle capacità tecniche dell’individuo, ma è esteso anche al complesso delle attitudini e dei comportamenti di tipo trasversale, che si riferiscono al patrimonio della cultura e dei valori distintivi della persona e dell’organizzazione a cui appartiene, che gli consentono di operare nei gruppi di lavoro in modo efficace, coerente con la missione e la visione dell’organizzazione. Da questo punto di vista è interessante esaminare i risultati dell’indagine svolta dalla Commissione Ingegneri dell’Industria dell’Ordine in collaborazione con Confindustria Udine sui gap formativi dei neolaureati che vengono assunti nell’industria.

I gap formativi percepiti dall’industria4 L’indagine ha classificato le competenze in tre macroclassi: competenze tecniche, competenze gestionali ed organizzative e competenze culturali. Le competenze tecniche sono state suddivise, come già detto, nelle classi economiche - gestionali, normative, delle misure e prove di laboratorio, elettrotecniche ‐ elettroniche, informatiche, meccaniche - impiantistiche e matematiche ‐ chimiche ‐ fisiche. Le competenze gestionali ed organizzative sono state suddivise in competenze decisionali e di controllo, per la gestione delle informazioni, per la gestione delle relazioni e per l’innovazione. Le competenze di area culturale comprendono essenzialmente le capacità linguistiche. È interessante notare che l’indagine ha preso in considerazione, oltre alle competenze tecniche, anche le competenze trasversali attualmente non rilevate dall’Ordine. Per quanto riguarda la valutazione dell’adeguatezza del livello formativo percepito si è fatto riferimento ad una scala articolata nei cinque livelli: 1 insufficiente, 2 sufficiente, 3 discreto, 4 buono, 5 ottimo; mentre per valutare il livello atteso si è fatto riferimento ad una scala articolata nei cinque livelli: 1 nullo, 2 poco, 3 medio, 4 molto, 5 moltissimo. Lo scostamento tra il livello atteso ed il livello formativo consente di valutare il “gap” formativo da compensare per rispondere pienamente alle esigenze dell’industria. Tale “gap” può essere interpretato in vario modo. Da parte di alcuni si considera che lo scostamento riveli semplicemente una carenza nella formazione universitaria di base, che dovrebbe essere integrata e migliorata in questa fase; da

3 57° Congresso Nazionale Ordini Ingegneri d’Italia, svolto a Rimini dal 12 al 14 settembre 2012

4 Commissione Ingegneri dell’Industria dell’Ordine di Udine, Le competenze dei laureati in ingegneria nell’evoluzione

del mondo economico, Rassegna tecnica del Friuli Venezia Giulia, n° 5, settembre/ottobre 2011

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parte di altri, il cui modo di vedere, a mio parere, è ampiamente condivisibile, rivela che ogni neo-laureato deve necessariamente affrontare un ulteriore periodo di formazione specializzante per adeguarsi alle esigenze (mutevoli nel tempo) sia della particolare industria in cui va ad operare, con riferimento specifico ai suoi prodotti, processi, tecnologie, valori, missione e visione, che della categoria professionale a cui appartiene e del mercato in generale. Sarà, quindi, compito specifico dell’industria e dell’Ordine professionale provvedere alla formazione post-laurea che consenta ai neo-

laureati di acquisire e maturare nel tempo, con continuità, la propria professionalità. La Figura 3 mostra il gap formativo nelle competenze tecniche. Si rileva che la percezione complessiva del livello formativo è tra “sufficiente” e “discreto”, mentre l’attesa è che tali competenze siano possedute ad un livello superiore alla media.

La Figura 4 mostra, invece, il gap formativo nelle competenze tecniche per classi. Le classi sono disposte sull’asse orizzontale in ordine crescente di livello formativo percepito. Si rileva che l’industria considera appena sufficiente la formazione nelle materie economiche e gestionali, mentre considera adeguate solo quelle scientifiche di base. L’attesa nelle varie classi è, invece, generalmente attestata tra il livello “medio” e “molto”, con un picco nel caso delle competenze informatiche, riferite in modo specifico agli strumenti software a supporto delle tecnologie adottate nel campo sia della progettazione che dell’automazione di fabbrica. È evidente, quindi, che lo scostamento è massimo per le competenze economiche e gestionali, normative e prove di laboratorio e si annulla per quelle scientifiche. Se si nota che la classe economico-gestionale include le competenze di project management, risk management e supply chain management, è comprensibile che molte industrie propongano “master” in queste materie in

collaborazione con l’Università o altre Scuole di alta formazione. La Figura 5 mostra il gap formativo nelle competenze gestionali e organizzative. Anche in questo caso si rileva che la percezione complessiva del livello formativo è tra “sufficiente” e “discreto”, mentre l’attesa è che tali competenze siano possedute ad un livello elevato (“molto”). Questa esigenza è strettamente correlata a quella tecnica economico-gestionale e rende conto della motivazione per cui l’indirizzo di studi in ingegneria gestionale stia attirando sempre più studenti, che sono ormai chiaramente coscienti di questa richiesta di mercato sia attraverso i mezzi di comunicazione che le iniziative di orientamento delle scuole superiori, delle università e delle organizzazioni industriali.

Figura 3 - Gap formativo nelle competenze tecniche

Figura 4 - Gap formativo per classi tecniche

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La Figura 6 mostra, invece, il gap formativo per classi. In questo caso si rileva che le competenze considerate più carenti a livello formativo sono quelle decisionali e quelle relazionali, mentre sono considerate quasi discrete quelle di gestione delle informazioni e discrete quelle orientate all’innovazione. L’attesa è, invece, molto alta (livello “molto”) con un picco per le competenze relazionali. Questo aspetto sembra confermare l’importanza del ruolo che l’industria e gli Ordini professionali possono e devono svolgere nell’ambito della formazione professionale, in quanto non è sufficiente trasferire conoscenze nell’ambito di iniziative di formazione “formale”, scolastica, ma è necessario e opportuno

sviluppare il “saper fare” ed il “saper essere” sul campo, con i mezzi della formazione “informale”, basata sulla partecipazione ai gruppi di lavoro e l’affiancamento a professionisti esperti, oltre che alla partecipazione a seminari e convegni specialistici.

Infine la Figura 7 mostra il gap formativo in campo culturale rispetto alla padronanza della lingua italiana ed inglese. Si rileva che la formazione di base è considerata discreta, ma l’aspettativa è che queste competenze siano possedute a livello molto elevato. È un segnale evidente della forte propensione all’internazionalizzazione dell’industria, che ormai considera come un requisito fondamentale la capacità di comunicare in lingua inglese, che è notoriamente la lingua veicolare più diffusa a livello globale. Si noti, tuttavia, che l’attesa di un’elevata padronanza della lingua italiana è persino superiore a quella della lingua inglese. Questo aspetto deve far riflettere molto, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione che docenti e discenti debbono porre a questo insegnamento nei gradi di istruzione primari e secondari, prima dell’accesso all’Università ed al mondo del lavoro. La Figura 8, infine, consente uno sguardo d’insieme sui gap formativi percepiti dall’industria. Si conferma che la formazione in uscita dall’Università viene percepita di livello tra sufficiente e discreto, mentre le attese sono mediamente di un ordine di grandezza più alte. Il “gap” più ampio viene percepito rispetto

alle competenze gestionali ed organizzative. È interessante notare, inoltre, che le attese sulle

competenze tecniche sono di livello relativamente più basso rispetto alle altre e quelle sulle competenze culturali sono addirittura di livello molto alto (tra “molto” e “moltissimo”).

Figura 5 - Gap formativo nelle competenze gestionali

Figura 6 - Gap formativo nelle classi gestionali

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Istruzione e competenze degli ingegneri nella prospettiva del 20205 Un importante riscontro alle considerazioni svolte sui “gap” formativi e le attese dell’industria si ritrova nella ricerca che il CNI – Consiglio Nazionale Ingegneri ha commissionato alla S3.Studium

come base di discussione per il 57° Congresso Nazionale del 2012. La ricerca ha affrontato diversi temi: le macrotendenze evolutive nel campo tecnologico, economico, sociale ed ordinistico; la tutela dell’ambiente e la sicurezza; il lavoro degli ingegneri, l’istruzione e le competenze. Sul tema dell’istruzione la ricerca afferma che “nel futuro la preparazione professionale, l’esperienza acquisita sul campo avrà maggiore importanza rispetto all’istruzione formale. Le imprese preferiranno avere un giovane professionista con forte flessibilità mentale e strumenti metodologici solidi, che poi faranno specializzare al proprio interno” e prosegue: ”nel prossimo futuro si formeranno i cosiddetti “dual

thinker”, ossia professionisti in grado di coniugare i contenuti di tipo tecnologico con quelli di tipo gestional-manageriale”. I curriculum universitari considereranno sempre di più l’ingegneria gestionale come un’area di competenza indispensabile in maniera trasversale a tutte le figure professionali ingegneristiche. Per quanto riguarda le competenze la ricerca prevede che “l’abilità individuale di soluzione del singolo problema resterà importante, ma lascerà più spazio alla capacità di formulare i problemi. L’ingegnere, oltre che specialista delle tecnologie, dovrà essere anche project manager, capace di fare rete, in grado di leggere le nuove strategie di business, capace di comprendere processi e fenomeni di natura diversa (sociologici, economici, ambientali) e preparato a dialogare con l’interno e l’esterno e di creare consenso”. D’altra parte lo scenario dell’evoluzione tecnologica del prossimo futuro sarà legata principalmente alla cosiddetta “rivoluzione materiale”, per cui la progettazione sarà basata su materiali nuovi, che comporteranno profonde innovazioni di prodotto, all’automazione dei servizi alla persona, che porterà gli ingegneri elettronici a progettare e realizzare sistemi complessi di rilevazione e infrastrutture di rete, ed all’IoT-Internet of Things, che avrà ampia applicazione nel campo dell’ambiente, della domotica, della sanità. Queste applicazioni potranno essere affrontate solo da ingegneri con elevate capacità di lavorare in squadra, in grado di dialogare con linguaggi interdisciplinari in ambiti diversi, collaborando con tecnici multietnici che potranno risiedere anche in località remote.

5 S3.Studium, Ingegneri 2020 – Tutela, sviluppo e occupazione, ricerca Delphi commissionata dal CNI per il 57°

Congresso Nazionale Ordini Ingegneri d’Italia

Figura 7 - Gap formativo nelle competenze culturali

Figura 8 - Gap formativo nelle competenze generali