2009 Trends Matrix: L'isola che non c'è

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macro trends ESCAPISM / L’ISOLA CHE NON C’È © Valentina Durante / District Vision Lab

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Ricerca multiclient realizzata nel 2009. In piena recessione economica (si parlava di soli due anni, all’epoca), con la zona euro inchiodata a crescita zero e i consumi delle famiglie al palo, ecco una ricerca tendenze affiancata ad una crisis trends map. Quali sono i comportamenti adottati dai consumatori per stare a galla in piena burrasca (a parte quello, ovvio, di spendere meno)? Quali sono i prodotti e i servizi che riescono ad essere appetitosi in un mercato sempre più anoressico? 9 parole-chiave, 14 macro-trend e oltre 70 micro-trend: c’è tutta la carne al fuoco che serve per impostare un’efficace strategia di design, marketing e posizionamento in un momento particolarmente delicato.

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ESCAPISM

È la fuga da un realtà che non piace, la ricerca di un’isola di riposo psicologico in un mondo sempre più incerto. Si carica di innumerevoli derive regressive. È l’anelare a un porto sicuro in una tempesta che oscura qualsiasi faro all’orizzonte. È il desiderio e il lusso di poter dire “sta andando tutto a rotoli ma faccio come se nulla fosse”. L’escapism identifica diverse mete ideali di obnubilamento.

La fuga può essere nella cura di sé.

Il corpo diventa l’estremo santuario incorrotto. Non posso controllare la realtà che mi sfugge di mano, ma almeno posso controllare il mio peso, la mia pelle, i miei muscoli, il mio intestino…

L’isola che non c’è (4 sub-trend) è dedicata ad alcuni importanti trend che interessano il mondo del food: dal cibo iperpotenziato in laboratorio alla ricerca dell’alimento naturalmente perfetto. Chi ha trovato la fontana della giovinezza?

L’ISOLA CHE NON C’È

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SUPER FOOD / PHARMA

SUPER FOOD / REAL

INTOLERANCE FOOD

EVIL FOOD

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SUPER FOOD

Già da tempo il cibo non è più considerato solo in virtù del suo

apporto calorico/nutrizionale e per il suo valore edonistico.

Ma negli ultimi anni si è scatenata la caccia ai super-

cibi, alimenti – naturali o creati in laboratorio – che rivestono

una funzione specifica legata alla bellezza, alla giovinezza, alla salute, al dimagrimento…

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SUPER FOOD

La convergenza tra alimentazione e segmenti come

la farmacologia, la dermatologia e la cosmesi è

in forte crescita.

Mai come oggi il detto di Ippocrate - fa che il cibo sia la

tua medicina e la medicina sia il tuo cibo – è stato preso

alla lettera.

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SUPER FOOD

I CIBI DELLA GIOVINEZZA

Una società che rincorre senza sosta il mito dell’eterna

giovinezza non può che lasciarsi conquistare dai regimi

alimentari che promettono di rallentare le lancette

dell’orologio:

Antiossidanti (vitamine A, E e C, selenio, zinco, rame,

flavoniodi, carotenoidi…)

Collagene

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SUPER FOOD

I CIBI DELLA SALUTE

In funzione sia preventiva che curativa:

Antitumorali

Ricchi di acidi grassi essenziali

Poveri di colesterolo

Poveri di sodio (contro l’ipertensione)

Ricchi di calcio (contro l’osteoporosi)

Ricchi di ferro (contro l’anemia)

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SUPER FOOD

I CIBI DEL DIMAGRIMENTO

Probabilmente una delle categorie di più antica storia

commerciale:

Poveri di grassi

Ricchi di fibre solubili e insolubili

A basso indice glicemico (influenza della dieta a Zona)

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SUPER FOOD

I CIBI DELLA BELLEZZA

Una categoria in espansione, si vedano i nutraceutici come

Essensis della Danone e i cosmo-supplements,

specialità cosmetiche da bere e/o assumere sotto forma di

pillole, capsule, compresse o bustine, vendute in profumeria

(es. Cellustretch di Innéov).

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SUPER FOOD

I CIBI AMICI DELL’INTESTINO

Una categoria in sicura crescita grazie all’aumento di persone che soffrono di IBS (Sindrome

dell’Intestino Irritabile).

Fibre solubili e insolubili

Prebiotici

Probiotici

Erbe dalle proprietà calmanti/antispastiche

(menta, cammomilla…) e assorbenti (cumino,

finocchio…)

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SUPER FOOD

I CIBI DELLA PERFORMANCE

Energy drinks e prodotti additivati con caffeina hanno

conosciuto un boom negli Stati Uniti, una conseguenza

dell’affermarsi di una società sempre più iperattiva.

Con la crisi economica, e la necessità per molte persone di

intraprendere un doppio o anche un triplo lavoro, la

crescita potrebbe continuare…

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SUPER FOOD

Possiamo suddividere i super food in due categorie:

REAL FOOD, cibi così come li ha fatti Madre Natura nei quali

sono state identificate, più o meno recentemente, qualità

degne di rilievo.

PHARMA FOOD, cibi a cui sono stati aggiunti vitamine,

minerali, antiossidanti, fibre… un trend non certo nuovo ma

dall’evoluzione continua.

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Il trend “real” è sicuramente da tenere d’occhio in un contesto in

cui i consumatori sono sempre più scettici di fronte a ciò che è

sintetico e processato.

Meno ingredienti, dunque, meno additivi è un ritorno al cibo

originariamente “buono”.

Il focus si sposta su cibi come il tè verde, cavoli e broccoli, frutti di bosco, pomodoro, agrumi…

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… ma anche su insospettabili come il cacao (ricco di flavanoli,

che dovrebbero aiutare a controllare il diabete e contribuire

alla salute cardiovascolare).

Mars cerca un’alternativa al suo consueto junk food con

CocoaVia, cioccolato che si picca di diminuire il rischio di

cancro.

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Chocopirin-A, pastiglie al cioccolato fondente arricchito con Vitamine A e C, proposte

con un packaging da integratore alimentare.

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Svariati i brand con un’immagine un po’ “sintetica” che cercano di sottolineare la

concretezza e la naturalità dei propri prodotti.

McDonald’s ha sottoposto a revisione la grafica del

packaging inserendo le immagini dei cibi “reali” con

cui sono preparati i prodotti (ad esempio una patata sbucciata sulla confezione delle patatine

fritte).

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Pepsi ha lanciato in Inghilterra Pepsi Raw, una sorta di

alternativa salutare alla cola tradizionale perchè contiene

solo ingredienti naturali come estratto di mela, frizzante

acqua, uva, foglie di caffè, zucchero di canna ed è priva di coloranti, conservanti artificiali,

dolcificanti.

La comunicazione, firmata BBDO, è più che eloquente.

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La ricerca di nuovi super cibi non ha fine: oltre ad analizzare e ri-

analizzare gli alimenti tipici della dieta occidentale ci si insinua in

tradizioni culinarie esotiche, oppure autoctone ma

dimenticate, con la speranza di individuare il nuovo it-food.

Alcuni esempi…

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L’aronia, una bacca originaria del Nordamerica orientale e

introdotta nell'agricoltura europea agli inizi del '900.

Ricca di vitamina C e antiossidanti ha fatto la sua comparsa negli scaffali degli

health food store americani sotto forma di succo e marmellata.

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Redespresso è una bevanda ottenuta dal Rooibos, una

qualità di tè rosso prodotta in Sudafrica.

Contiene cinque volte la quantità di antiossidanti presenti nel tè

verde ed è senza caffeina.

Si prepara come un espresso e si sposa bene anche con il latte

per creare macchiati e cappuccini.

Sta riscuotendo un discreto successo negli USA.

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TerrAmazon ha addirittura esplorato i luoghi più remoti della

foresta amazzonica alla ricerca di nuovi snack sani.

Gli Organic Yakon Slices sono fette essiccate di yakon, un tubero di origine andina con

un’elevata concentrazione di oligofruttosio (uno zucchero con proprietà probiotiche e un

basso indice glicemico).

Tutti i prodotti sono certificati bio e kosher.

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Le uchuva sono un frutto originario dei Paesi

Sudamericani come il Perù, il Cile e la Colombia.

Si tratta di una bacca ricca di antiossidanti, proteine,

bioflavonodi, vitamine A, C e B12.

Viene proposta fresca o essiccata.

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Particolarmente vitale – quanto a novità di prodotto – il settore

delle acque additivate e quello di tè e infusi.

Herbal Water di Ayala mixa acqua e infusi di erbe aromatiche

e spezie (rigorosamente bio), senza dolcificanti e aromatizzanti

artificiali né conservanti.

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Il tè, soprattutto quello verde, è al centro dell’attenzione da

qualche anno per il suo elevato contenuto di catechine, un

gruppo di sostanze antiossidanti appartenenti alla

categoria dei flavonoidi.

Il mercato sfrutta il claim salutista con prodotti come Sencha Shot

della giapponese Ito En.

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L’emergere di una visione-panacea associata a un singolo

alimento può generare fads improvvise con spostamento (temporaneo) degli equilibri di

mercato.

In Giappone il passaparola ha scatenato il boom della “dieta

della banana mattutina”: Dole, il principale importatore, ha

registrato un aumento delle vendite del 25% e i supermercati

hanno faticato a soddisfare la crescente domanda.

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Il successo mediatico di alcune diete ha il potere di influenzare, almeno per un certo periodo di

tempo, il comportamento dei consumatori.

Questo fenomeno, non nuovo, viene oggi potenziato dalle reti

sociali che si creano grazie al web 2.0 (la stessa dieta della

banana si è diffusa viralmente grazie ai social network).

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Dopo la Zona di Barry Sears (che ha comunque introdotto

permanentemente una maggiore attenzione per l’indice glicemico

degli alimenti), quella del gruppo sanguigno di Peter D’Adamo e quella lifting di Perricone, ora è il momento della dieta ormonale

di Thierry Hertoghe…

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… e del NuVal Nutritional Score del Dr. Katz, una sorta di

indice di qualità nutrizionale (secondo molti discutibile) che

stila una classifica degli alimenti più e meno sani.

Il punteggio NuVal verrà introdotto nel 2009 in alcuni

supermercati americani: sarà stampato a fianco dell’etichetta

del prezzo con lo scopo di entrare a far parte della routine

di acquisto dei consumatori.

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Il mercato si divide tra i sostenitori del “tutto naturale” e

coloro che abbracciano con entusiasmo le nuove scoperte

scientifiche e processi produttivi che consentono di

sviluppare cibi “potenziati”.

Ad esempio oggi solo un Inglese su cinque mostra

perplessità nei confronti degli OGM, una percentuale

dimezzata rispetto a 9 anni fa.

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Poiché per molti consumatori il profilo funzionale/salutista è

una discriminante essenziale nella scelta di un cibo, molte

aziende tradizionalmente associate allo junk food stanno

cercando di crearsi una nuova immagine con l’inserimento di

prodotti ad hoc.

Coca Cola ha già lanciato Enviga, bevanda a base di

estratti di tè verde, caffeina e micronutrienti vegetali che

dovrebbe bruciare calorie e far perdere peso.

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Ora ci riprova con JÍANCHÍ, una bevanda a base di frutta, tè

ed estratti vegetali miscelati secondo i principi dell’antica

saggezza cinese per riportare armonia a corpo, mente e

spirito.

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Le bavande con probiotici sono uno dei trend

maggiormente consolidati nel mercato dei functional food. In ascesa anche il segmento dei

prodotti ricchi di antiossidanti così come quello dei cibi

(magari di base tutto fuorché sani) arricchiti di Omega 3.

Negli USA il compromesso fra healthy e junk si ha con prodotti come Spaghetti Plus di Heinz, spaghetti in scatola con Omega

3, calcio, ferro e fibre.

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Se il benessere cardiovascolare è stato il main target dei functional food della

fine degli anni ’90, oggi il settore più promettente sembra

essere quello della salute gastrointestinale.

Su questo topic sta ad esempio puntando Sunsweet con il suo

PlumSmart: il mercato è vitale, tenendo conto che 60-70

milioni di Americani soffrono di problemi digestivi.

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I “cibi per la bellezza” sono un altro settore in crescita.

La statunitense Borba Nutraceuticals utilizza nei suoi

prodotti frutti come l’açai, la meolograna e i goji (quello delle

bacche è un trend molto forte nell’area beauty/salutistica).

Fra i prodotti più popolari ci sono le Borba Gummi Bear,

caramelle gommose che rinnovano e rigenerano la pelle

dall’interno.

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L’idea che si possa curare la pelle dall’interno ha fatto

molta presa sulle consumatrici, che non si fermano neppure di

fronte a prezzi non proprio popolari (un sacchetto di Borba Gummi Bears costa 25 dollari).

Altro esempio è Glowelle di Nestlè, integratore alimentare

liquido e in polvere che rallenta il processo di invecchiamento

cutaneo.

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I Laboratoires Noreva propongono invece Noreva

Norélift, una marmellata antirughe ad alta

concentrazione di acidi grassi, antiossidanti, licopene, norelina e vitamine E e C che promette di ridurre i segni del tempo del

74% in un mese.

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Fra le giapponesi, notoriamente ossessionate dal desiderio di mantenere una pelle perfetta,

sono molto popolari cibi e bevande che contengono

collagene.

Esempi sono le caramelle Eiwa Collagen Marshmallow e la polvere solubile Meiji Amino

Collagen.

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Hanno riscosso molto successo, grazie al carisma del personaggio, i cosmeceutici del

dottor Perricone (Perricone Nutraceuticals).

I consumatori si sentono rassicurati quando le

prestazione vengono garantite da un ipse dixit proveniente

dall’ambito medico.

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I super-cibi possono anche aiutare l’umore e migliorare

le prestazioni mentali.

Nel primo caso ci troviamo di fronte a mood food come il cioccolato Mental Balance

della giapponese Glico: contiene GABA, un

neurotrasmettitore coinvolto nella riduzione dello stress.

Le vendite annue di questo prodotto hanno toccato i 40

milioni di dollari.

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Oppure c’è Drank, un anti-energy drink al gusto di uva

con melatonina, bacche di rosa e radice di valeriana.

È diventato popolare soprattutto nel sud degli Stati

Uniti.

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Nel secondo caso abbiamo prodotti come l’energy drink

Nerd, che migliora la concentrazione e la

memorizzazione.

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CAFFEINE CRAZIES

Gli energy drinks sono un settore in forte crescita negli

USA. 200 nuovi prodotti di questo tipo hanno debuttato sul

mercato con un aumento del 50% nelle vendite.

E cresce anche il contenuto di caffeina: se una lattina di Coca

Cola ne contiene 34 mg, una Red Bull ne totalizza 80. 120 mg

per la Rockstar Zero Carb e 280 mg per la Censored (ex

Cocaine).

E arrivano anche prodotti per la prima colazione addittivati:

Buzz Donuts e Buzzed Bagels.

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Il settore delle acque addittivate sperimenta innovazioni non

solo di prodotto, ma anche di packaging.

Un esempio è il brevetto VIZcap sviluppato da VIZ:

vitamine e supplementi sono contenuti nel tappo; è

sufficiente premerlo e agitare per ottenere il prodotto finale

che, in questo modo, non sperimenta alcun decadimento prestazionale dovuto al tempo

e alle condizioni di conservazione.

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Guarda il video di VIZcap.

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La stessa tecnologia viene utilizzata nel packaging del

functional drink Activate: vitamine ed erbe sono

conservati – sotto forma di polvere – in una capsula

inserita nel tappo.

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Sono moltissime le aziende che decidono di vantare questa o

quell’altra proprietà curativa o preventiva nel loro prodotto.

Ma attenzione alle false promesse: possono rivelarsi

un boomerang. Un paio di anni fa la GlaxoSmithKline è stata

costretta a pagare una multa di 115mila euro dopo che due studentesse neozelandesi

hanno scoperto che il succo di ribes Ribena non conteneva

affatto la quantità di vitamina C dichiarata nella pubblicità.

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Ma il cibo può diventare anche un nemico: non ci riferiamo a

patologie alimentari come anoressia e bulimia né alle

problematiche di natura allergica (che affronteremo in un sub-trend separato), ma ai

fads che si diffondono tra i consumatori colpevolizzando,

in modo più o meno legittimo, un particolare alimento.

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EVIL FOOD

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Dopo la demonizzazione dei lipidi (che ha generato prodotti come il grasso non assorbibile

olestra) e dei carboidrati (decine di diete a tema dalla

vecchia Scarsdale alla più recente Zona) negli Stati Uniti è

la volta dell’onnipresente sciroppo di mais ad alto

contenuto di fruttosio, implicato (pare) nell’epidemia di

obesità che affligge il Paese.

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EVIL FOOD

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Il trend è così forte che la Corn Refiners Association ha

lanciato una imponente campagna di marketing e un

sito internet (sweetsurprise.com) per

difendere il dolcificante.

Nel frattempo le vendite di Coca Cola contenente lo

HFCS sono calate lo scorso anno del 5,5% negli USA. La

contrazione è stata ancora più forte per Sprite (-9,2%) e

Pepsi (-8,9%).

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EVIL FOOD

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Si diffondono così i dolcificanti alternativi: oltre ai tradizionali

zucchero di canna e miele ci sono novità-non-nuove come la

stevia, una pianta usata da secoli in America latina con un

potere dolcificante 300 volte più potente dello zucchero.

Con la stevia è prodotto PureVia, risultato di una joint venture fra PepsiCo e Whole Earth Sweetener Company.

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EVIL FOOD

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Un altro dolcificante naturale sulla cresta dell’onda è lo

sciroppo d’agave.

Flavored Agave Dessert Syrup e Raw Agave Gelato

sono inoltre senza lattosio, soya e glutine.

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EVIL FOOD

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Un altra manifestazione del trend degli “alimenti senza

qualcosa” è il crescente interesse riscontrato negli Stati

Uniti per una dieta senza glutine anche fra coloro che

non sono affetti da morbo celiaco.

Lo scorso anno sono stati venduti prodotti gluten free per

almeno 2 mld di dollari. Il mercato oscilla fra i 15 e i 30

milioni di Americani, un numero assai più alto di quello

dei malati di celiachia.

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EVIL FOOD

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A sposare la dieta gluten free sono i genitori di bambini

diagnosticati con ADHD o autistici, donne incinte, persone allergiche e altri che dichiarano

di sentirsi meglio escludendo dall’alimentazione questa

proteina.

E poi ci sono celebrity endorser come Oprah Winfrey

(per un periodo) e Jenny McCarthy.

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EVIL FOOD

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Ci sono però casi – sempre più frequenti – in cui il cibo non è

un nemico per partito preso ma perché l’organismo lo rifiuta o

ha problemi a digerirlo e assimilarlo.

Quella dei prodotti per consumatori allergici e/o

intolleranti si sta rivelando una nicchia di mercato sempre più

profittevole.

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INTOLERANCE FOOD

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Il caso più noto è quello degli alimenti per celiaci. In Italia,

ad esempio, la patologia interessa 400/600mila

individui anche se i diagnosticati sono poco più di

85mila. Il trend di crescita è del 10% annuo.

Il mercato vale 150 milioni di euro con un centinaio di

aziende coinvolte: 2/3 del giro d’affari è nelle mani del circuito farmaceutico, la restante parte

alle aziende della grande distribuzione.

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INTOLERANCE FOOD

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Un’altra intolleranza diffusa è quella per il lattosio.

Sul mercato si stanno moltiplicando le opzioni rivolte a chi non riesce a consumare

latte vaccino: dal latte delattosato (inefficace però in

caso di intolleranze gravi) ad alternative provenienti da soya, riso, mandorle, avena, farro e anche cocco, come nel caso di questa linea di gelati e yogurth

prodotti da Turtle Mountain.

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INTOLERANCE FOOD

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Sul banco degli imputati anche il fruttosio, uno zucchero utilizzato diffusamente in

sostituzione del saccarosio negli ultimi anni e che, in

eccesso, genera problemi di malassorbimento in molti

individui.

Si stima che in Europa il 30-40% delle persone soffra di

questo disturbo (metà i sintomatici), spesso mal

interpretato come sindrome dell’intestino irritabile.

ESCAPISM / L’ISOLA CHE NON C’È

INTOLERANCE FOOD

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macro trends

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Ci sono poi situazioni in cui le sindromi allergiche diventano

multifattoriali: e il caso dei disturbi respiratori che

peggiorano con l’ingestione di alcuni alimenti e soprattutto del

nichel, un minerale che provoca dermatite da contatto

ma anche disturbi cutanei e intestinali se ingerito in eccesso (anche si ci sono controversie a

riguardo).

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Sloane Miller, psicologa newyorkese e poliallergica buongustaia, ha creato un

network – Allergic Girl Resources Inc. – che si

occupa dei problemi di chi, come lei, è allergico a uno o più

alimenti.

Il suo blog si intitola “Please don’t pass the nuts” e

contiene numerosi consigli per tutti coloro che vogliono

mangiare fuori casa senza correre rischi.

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“I ristoratori cominciano a capire che siamo buoni clienti (perchè estremamente loyal)

e stanno nascendo I primi locali specializzati in menù

per allergici.

La nicchia di mercato è infatti promettente: solo negli Stati

Uniti soffrono di allergie alimentari 12 milioni di

persone con un aumento vertiginoso del 18% nell’ultimo

decennio.

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L’ultima idea della Miller sono I Worry Free Dinners,

appuntamenti gastronomici mensili per allergici adulti dove nessuno si sente in imbarazzo

per il fatto di dover rifiutare qualche portata.

Per ora i Worry Free Dinners si tengono solo a New York.

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Per facilitare la vita agli allergici viaggiatori ci sono le Allergy

Translation Card: card personalizzate con traduzione

delle allergie alimentari in 20 lingue.

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