2004 03 03 La Punteggiatura

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LA REPUBBLICA 35 MERCOLEDÌ 3 MARZO 2004 Londra L ynne Truss aveva fatto un po’ di tutto nel mondo della carta stampata: correttore di bozze, redattore letterario, giornalista sportivo, critico televisivo, co- lumnist, scrittrice. I suoi tre romanzi ave- vano venduto, me- diamente, 3 mila co- pie ciascuno. Non si aspettava più di di- ventare un’autrice di best-seller. Ancora meno avrebbe imma- ginato di dovere il suc- cesso alle virgole. Quelle che, piazzate nei punti sbagliati, danno un senso as- surdo al titolo del vo- lume che le ha dato la fama: Eats, shoots & leaves (alla lettera, Mangia, spara e se ne va – per il significato esatto, con le virgole al posto giusto, conti- nuare a leggere). E più in generale, le virgole che, insieme ai punti e virgola, ai due punti, agli apostrofi, ai punti esclama- tivi e interrogativi, costituiscono l’ar- gomento della sua opera: un manua- le, per l’appunto, di punteggiatura. Pubblicato da una piccola casa editrice londinese, la Profile Books, il libro della Truss è il caso dell’anno in Inghilterra. Ha venduto 700 mila copie e continuano le ristampe. Sta per uscire in Australia, Nuova Ze- landa e Stati Uniti. Ha provocato re- censioni entusiastiche, decine di interviste, una scia di dibattiti. Un fenomeno editoriale, forse non solo editoriale: la scoperta che la gente, nell’era di Internet, ha una smoda- ta passione per la punteggiatura, potrebbe significare qualcosa. Cosa, signora Truss? «Confesso che all’inizio non trova- vo una risposta. Il successo è stato del tutto inaspettato. Avevo tenuto un programma sulla punteggiatura alla radio. Il mio editore mi ha suggerito di trarne una specie di guida. Sulle prime ho risposto di no. Poi l’idea mi ha sug- gestionato e siamo partiti. Ma certo senza pensare di fare un best-seller». Aveva qualche esperienza in materia? «Non ho mai insegnato, ma è una vita che mi occupo di come si scrive. Ho avuto qualche buon maestro e un’ottima scuola nei manuali di sti- le che il Times distribuiva un tempo ai suoi redattori. Ammetto però che la punteggiatura non è era la mia os- sessione». E allora? «Pensando al libro, mi è parso che la gente stesse disimparando a scri- vere. Scrivere senza le virgole al po- sto giusto, o trascurando accenti e UNO virgola tre periodico è un numero che ti fa impazzire per- ché è infinito, ma è più piccolo di due. Colui che «prende, parte e non si sente mai solo» diven- ta, perdendo la virgola, il suo contrario: «prende parte e non si sente mai solo». Sono virgole il vibrione del colera che uccide e lo spermatozoo che feconda. La virgola, che etimologica- mente è una verga, ma piccola e graziosa, determina il senso delle parole, trasforma la realtà in significati, è il codice della strada lessicale. Capita spesso che il codice venga maltratta- to, sino all’eversione carnascialesca di Totò che sparge virgo- le come coriandoli, o sino al complotto chirurgico di Joyce che le estirpa ad una ad una, svirgola le virgole cercando di sosti- tuire l’universo delle distinzioni e delle identità con il flusso del- la coscienza, con l’utopia dell’uguaglianza. Il risultato è piat- tezza e inarticolazione o comico disordine. Tramare contro la virgola non paga mai. Bisogna invece amare la virgola sino al- la virgolalatria, la virgola è pausa di ironia, scalo del mari- naio, è il cielo in terra, la virgola ha umanizzato il mondo. P.s: La virgolalatria non vi convince? E va bene: disin- fettatela pure con le virgolette. FRANCESCO MERLO VIRGOLA. Il punto e virgola? «Un’interruzione molto elegan- te, che sta purtroppo andando in di- suso. L’avvertimento che un discor- so sta prendendo una nuova direzione». E i due punti? «Ormai, almeno qui in Inghilterra, ven- gono usati quasi esclusivamente nella titolazione. Invece so- no un mezzo insosti- tuible per fare una pausa teatrale, dram- matica, ed aggiungere qualcosa al discorso». Cosa pensa delle e-mail e dei messag- gi sms trasmessi con i telefonini cellulari, due modi di scrivere praticamente senza punteggiatura? «Non mi reputo la sacerdotessa delle virgole, anche se qualcuno ora mi fa passare per tale. Ca- pisco benissimo che il linguaggio si evolve, ed è giusto che sia così. E’ paradossa- le, tuttavia, che la gente smetta di scrivere correttamente proprio nel momento in cui sorgono due mezzi, e-mail ed sms, che incoraggiano di nuovo a usare la parola scritta. Il te- lefono sembrava avere ucciso la cor- rispondenza scritta. Ora e-mail e sms l’hanno rilanciata, al punto che molti, per comunicare a un amico, a un collega, al proprio amore, prefe- riscono scrivere un sms che parlare al telefono. Eppure mi domando se questo modo sgrammaticato di scri- vere non avrà un’influenza negativa, a lungo andare, sulla comunicazio- ne umana in senso assai più ampio». Cosa vuol dire? «Vede, la punteggiatura nacque praticamente in Italia, all’epoca del- l’invenzione dei caratteri a stampa. Era necessario separare tutti quei ca- ratteri, dare un ritmo alle parole. Così si svilupparono la virgola e poi via via tutti gli altri segni di interpunzione. Nel corso dei secoli, quei segni sono diventati la nostra grammatica inte- riore: indirizzano e stabiliscono il mo- do in cui parliamo, in cui ragioniamo, in cui pensiamo. Ecco, mi chiedo se riusciremmo lo stesso a pensare, nel- la stessa maniera di prima, se un po’ al- la volta scomparissero le virgole dal nostro discorso scritto». Da qualche parte sono già scom- parse, senza danneggiare il pensie- ro umano. Non le piace il capitolo fi- nale dell’Ulisse di Joyce, quel “flus- so di coscienza” di settanta pagine di seguito senza un punto o una vir- gola? «Il monologo di Molly Bloom è un capolavoro. Ma datemi retta: non scri- vete così, se non siete James Joyce». Un libro inglese sulla interpunzione vende 700 mila copie e diventa un caso. Parla l’autrice In che modo quei simboli inventati in Italia ci possono aiutare a pensare e a scrivere meglio VIRGOLA ENRICO FRANCESCHINI apostrofi, significa scrivere senza ritmo, senza tono, senza voce. Signi- fica non sapersi esprimere corretta- mente. Non saper comunicare». Qualcuno dirà che lei esagera. «Prendiamo il titolo del libro. E’ ri- cavato da una storiella. Un panda entra in un bar, ordina da mangiare, spara una pistolettata in aria e torna da dove è venuto. Il barista gli corre dietro per avere spiegazioni e l’ani- male gli mostra un dizionario dalla punteggiatura sbagliata, dove alla voce ‘panda’ si legge: ‘Simile all’orso, nativo della Cina. Mangia, spara e se ne va’. Ma basta togliere quella vir- gola, e la frase assume il significato autentico: ‘Mangia ger- mogli e foglie’. E’ solo un esempio. Basta guardarsi intorno per cogliere le innumere- voli distorsioni, gli erro- ri, le storpiature della punteggiatura e della grammatica, causate dalla pubblicità, dalla televisione, dai giornali». Non è antiquato scrivere con un eccesso di virgole? «Troppe, non piacciono neanche a me. Ma non va bene nemmeno troppo poche. C’è un anneddoto meraviglio- so sulle discussioni tra il direttore del settima- nale New Yorker e un suo redattore. Ad esempio, il redattore insiste per scrivere ‘i colori della bandiera americana sono rosso bianco e blu’: altrimenti, sostiene, quella bandiera, appesantita dalle virgola dopo ‘rosso’, non riuscireb- be a sventolare come si deve. Il di- rettore, a sua volta, si impunta per scrivere ‘dopo cena, gli uomini si trasferirono in salotto’, sostenendo che quella virgola dopo la parola ‘ce- na’ serve a dare loro il tempo di al- zarsi in piedi e scostare la sedia, pri- ma di andare nell’altra stanza. In so- stanza: una virgola in più o in meno ha un peso considerevole». Come definirebbe la virgola? «Il cane da guardia delle parole. Il pastore che ne prende un gruppo, le fa stare insieme, separandole da un altro gruppo». DÜRER Un particolare del dipinto di Albrecht Dürer “Madonna del Magnificat” DA MANUZIO A INTERNET COME CAMBIA LA SCRITTURA VIRGOLA Quelpiccolosegnoha500anni D IA R IO di PERCHÉ LA PUNTEGGIATURA TORNA DI MODA

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LA REPUBBLICA 35MERCOLEDÌ 3 MARZO 2004

Londra

Lynne Truss aveva fatto un po’ ditutto nel mondo della cartastampata: correttore di bozze,

redattore letterario,giornalista sportivo,critico televisivo, co-lumnist, scrittrice. Isuoi tre romanzi ave-vano venduto, me-diamente, 3 mila co-pie ciascuno. Non siaspettava più di di-ventare un’autrice dibest-seller. Ancorameno avrebbe imma-ginato di dovere il suc-cesso alle virgole.Quelle che, piazzatenei punti sbagliati,danno un senso as-surdo al titolo del vo-lume che le ha dato lafama: Eats, shoots &leaves (alla lettera,Mangia, spara e se neva – per il significatoesatto, con le virgole alposto giusto, conti-nuare a leggere). E piùin generale, le virgoleche, insieme ai punti e virgola, ai duepunti, agli apostrofi, ai punti esclama-tivi e interrogativi, costituiscono l’ar-gomento della sua opera: un manua-le, per l’appunto, di punteggiatura.

Pubblicato da una piccola casaeditrice londinese, la Profile Books,il libro della Truss è il caso dell’annoin Inghilterra. Ha venduto 700 milacopie e continuano le ristampe. Staper uscire in Australia, Nuova Ze-landa e Stati Uniti. Ha provocato re-censioni entusiastiche, decine diinterviste, una scia di dibattiti. Unfenomeno editoriale, forse non soloeditoriale: la scoperta che la gente,nell’era di Internet, ha una smoda-ta passione per la punteggiatura,potrebbe significare qualcosa.

Cosa, signora Truss?«Confesso che all’inizio non trova-

vo una risposta. Il successo è stato deltutto inaspettato. Avevo tenuto unprogramma sulla punteggiatura allaradio. Il mio editore mi ha suggerito ditrarne una specie di guida. Sulle primeho risposto di no. Poi l’idea mi ha sug-gestionato e siamo partiti. Ma certosenza pensare di fare un best-seller».

Aveva qualche esperienza inmateria?

«Non ho mai insegnato, ma è unavita che mi occupo di come si scrive.Ho avuto qualche buon maestro eun’ottima scuola nei manuali di sti-le che il Times distribuiva un tempoai suoi redattori. Ammetto però chela punteggiatura non è era la mia os-sessione».

E allora?«Pensando al libro, mi è parso che

la gente stesse disimparando a scri-vere. Scrivere senza le virgole al po-sto giusto, o trascurando accenti e

UNO virgola tre periodico è unnumero che ti fa impazzire per-ché è infinito, ma è più piccolo di

due. Colui che «prende, parte e non si sente mai solo» diven-ta, perdendo la virgola, il suo contrario: «prende parte e non sisente mai solo». Sono virgole il vibrione del colera che uccidee lo spermatozoo che feconda. La virgola, che etimologica-mente è una verga, ma piccola e graziosa, determina il sensodelle parole, trasforma la realtà in significati, è il codice dellastrada lessicale. Capita spesso che il codice venga maltratta-to, sino all’eversione carnascialesca di Totò che sparge virgo-le come coriandoli, o sino al complotto chirurgico di Joyce chele estirpa ad una ad una, svirgola le virgole cercando di sosti-tuire l’universo delle distinzioni e delle identità con il flusso del-la coscienza, con l’utopia dell’uguaglianza. Il risultato è piat-tezza e inarticolazione o comico disordine. Tramare contro lavirgola non paga mai. Bisogna invece amare la virgola sino al-la virgolalatria, la virgola è pausa di ironia, scalo del mari-naio, è il cielo in terra, la virgola ha umanizzato il mondo.

P.s: La virgolalatria non vi convince? E va bene: disin-fettatela pure con le virgolette.

FRANCESCO MERLO

VIRGOLA.

Il punto e virgola?«Un’interruzione molto elegan-

te, che sta purtroppo andando in di-suso. L’avvertimento che un discor-

so sta prendendo unanuova direzione».

E i due punti?«Ormai, almeno

qui in Inghilterra, ven-gono usati quasiesclusivamente nellatitolazione. Invece so-no un mezzo insosti-tuible per fare unapausa teatrale, dram-matica, ed aggiungerequalcosa al discorso».

Cosa pensa dellee-mail e dei messag-gi sms trasmessi coni telefonini cellulari,due modi di scriverepraticamente senzapunteggiatura?

«Non mi reputo lasacerdotessa dellevirgole, anche sequalcuno ora mi fapassare per tale. Ca-pisco benissimo cheil linguaggio si evolve,

ed è giusto che sia così. E’ paradossa-le, tuttavia, che la gente smetta discrivere correttamente proprio nelmomento in cui sorgono due mezzi,e-mail ed sms, che incoraggiano dinuovo a usare la parola scritta. Il te-lefono sembrava avere ucciso la cor-rispondenza scritta. Ora e-mail esms l’hanno rilanciata, al punto chemolti, per comunicare a un amico, aun collega, al proprio amore, prefe-riscono scrivere un sms che parlareal telefono. Eppure mi domando sequesto modo sgrammaticato di scri-vere non avrà un’influenza negativa,a lungo andare, sulla comunicazio-ne umana in senso assai più ampio».

Cosa vuol dire?«Vede, la punteggiatura nacque

praticamente in Italia, all’epoca del-l’invenzione dei caratteri a stampa.Era necessario separare tutti quei ca-ratteri, dare un ritmo alle parole. Cosìsi svilupparono la virgola e poi via viatutti gli altri segni di interpunzione.Nel corso dei secoli, quei segni sonodiventati la nostra grammatica inte-riore: indirizzano e stabiliscono il mo-do in cui parliamo, in cui ragioniamo,in cui pensiamo. Ecco, mi chiedo seriusciremmo lo stesso a pensare, nel-la stessa maniera di prima, se un po’ al-la volta scomparissero le virgole dalnostro discorso scritto».

Da qualche parte sono già scom-parse, senza danneggiare il pensie-ro umano. Non le piace il capitolo fi-nale dell’Ulisse di Joyce, quel “flus-so di coscienza” di settanta paginedi seguito senza un punto o una vir-gola?

«Il monologo di Molly Bloom è uncapolavoro. Ma datemi retta: non scri-vete così, se non siete James Joyce».

Un libroinglese sulla

interpunzionevende

700 milacopie e

diventa uncaso. Parla

l’autrice

In che modoquei simboliinventatiin Italiaci possonoaiutarea pensaree a scriveremeglio

VIRGOLAENRICO FRANCESCHINI

apostrofi, significa scrivere senzaritmo, senza tono, senza voce. Signi-fica non sapersi esprimere corretta-mente. Non saper comunicare».

Qualcuno dirà che lei esagera.«Prendiamo il titolo del libro. E’ ri-

cavato da una storiella. Un pandaentra in un bar, ordina da mangiare,spara una pistolettata in aria e tornada dove è venuto. Il barista gli corredietro per avere spiegazioni e l’ani-male gli mostra un dizionario dallapunteggiatura sbagliata, dove allavoce ‘panda’ si legge: ‘Simile all’orso,nativo della Cina. Mangia, spara e se

ne va’. Ma basta togliere quella vir-gola, e la frase assume il significatoautentico: ‘Mangia ger-mogli e foglie’. E’ soloun esempio. Bastaguardarsi intorno percogliere le innumere-voli distorsioni, gli erro-ri, le storpiature dellapunteggiatura e dellagrammatica, causatedalla pubblicità, dallatelevisione, dai giornali».

Non è antiquato scrivere con uneccesso di virgole?

«Troppe, non piacciono neanchea me. Ma non va bene nemmeno

troppo poche. C’è unanneddoto meraviglio-so sulle discussioni trail direttore del settima-nale New Yorker e unsuo redattore. Adesempio, il redattoreinsiste per scrivere ‘icolori della bandieraamericana sono rosso

bianco e blu’: altrimenti, sostiene,quella bandiera, appesantita dallevirgola dopo ‘rosso’, non riuscireb-

be a sventolare come si deve. Il di-rettore, a sua volta, si impunta perscrivere ‘dopo cena, gli uomini sitrasferirono in salotto’, sostenendoche quella virgola dopo la parola ‘ce-na’ serve a dare loro il tempo di al-zarsi in piedi e scostare la sedia, pri-ma di andare nell’altra stanza. In so-stanza: una virgola in più o in menoha un peso considerevole».

Come definirebbe la virgola?«Il cane da guardia delle parole. Il

pastore che ne prende un gruppo, lefa stare insieme, separandole da unaltro gruppo».

DÜRERUn particolare del dipinto di Albrecht Dürer “Madonna del Magnificat”

DA MANUZIOA INTERNETCOME CAMBIALA SCRITTURA

VIRGOLAQuel piccolo segno ha 500 anni

DIARIOdi

PERCHÉ LA PUNTEGGIATURA TORNA DI MODA

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36 LA REPUBBLICA MERCOLEDÌ 3 MARZO 2004D I A R I O

LE TAPPE

PRINCIPALI

L’INVENZIONE TIPOGRAFICA -1501Nel ‘500 cambia la lingua usata intipografia. A inaugurare il nuovo sistema disegni è il veneziano Aldo Manunzio chestampa le “Cose volgari di messerFrancesco Petrarca” di Pietro Bembo

LA GRAFIA MODERNA - 1670Il salto si ha con Daniello Bartoli, autore“Dell’ortografia italiana” (1670). L‘uso dellavirgola, sostiene Bartoli, dipende “più cheda regole e precetti” dalla pratica dellascrittura e della lettura

LO STILE SPEZZATO - 1700Nel secolo dell’Encyclopedie did’Alembert e Diderot si afferma uno stileche privilegia frasi brevi. E’ lo “stilespezzato” (style coupé), in cui la virgolacade in prescrizione

I LIBRI

BICEMORTARAGARAVELLIProntuario dipunteggiatura,Laterza 2003

LYNNETRUSSEats, Shoots& Leaves,Profile Books2004

TULLIO DEMAUROLinguisticaelementare,Laterza 1999

GUIDOLEPSCHYNuovi saggidi linguisticaitaliana, ilMulino 1989

DIEGOMARCONILacompetenzalessicale,Laterza 1999

RAFFAELESIMONELa mente alpunto.Dialogo sultempo e ilpensiero,Laterza 2002

BARICCO,TAROCCO,VASTA,VOLTOLINI(A CURA DI)Punteggiatura,Scuola HoldenRizzoli 2001

A. FERRARILe ragioni deltesto. Aspettimorfosintattici einterpuntivinell’italianocontemporaneo,Accademia dellaCrusca (instampa)

M.A.K.HALLIDAYLinguaparlata elingua scritta,La NuovaItalia 1992

LUCASERIANNIItaliani scritti,il Mulino 2003

In matematica, come inletteratura, la virgola ha lafunzione di separare una

parte subordinata del discor-so da quella principale: nellospecifico, la parte decimaleda quella intera. A volte, co-me in letteratura, anche inmatematica si possono eli-minare le virgole medianteopportune perifrasi: adesempio, dicendo «un deci-mo» invece di 0,1. Ma in gene-rale la virgola non è elimina-bile: venticinque secoli fa Pi-tagora scoprí infatti, con suogrande scandalo, che esisto-no numeri «irrazionali», co-me la radice quadrata di due,che non si possono descrive-re con perifrasi finite. E questinumeri, o almeno le loro par-ti decimali e irriducibili, co-stituiscono la prima appari-

zione dell’infinito nel pensie-ro filosofico e matematico, e iveri virgulti del suo giardino.

Naturalmente, virgulto hala stessa radice latina di virgo-la, ed entrambi significanopiccola verga o ramoscello. Ininglese la virgola si chiama in-vece comma, una parola gre-ca che significa «ritaglio», eche in letteratura italiana staa indicare la parte di un perio-do compresa fra due virgole.

Ma non c’è nessun legame,in matematica, fra le virgoleitaliane e quelle inglesi: men-tre le prime separano le parteintere da quelle decimali, leseconde separano le mi-gliaia, i milioni, e cosí via: ininglese si scrive infatti 1,000 o1,000,000 per ciò che in italia-no si scrive 1.000 o 1.000.000.E viceversa, in inglese si scri-

ve 0.1 per ciò che in italiano siscrive 0,1: ovvero, in inglese levirgole sono punti, e i puntivirgole!

Le virgole inglesi, cosí co-me i punti italiani, sono dun-que gli analoghi degli spazigrafici o delle pause musicali,che si inseriscono per separa-re in parole o frasi il flussocontinuo delle lettere in untesto, o delle note in uno spar-tito. Ed è grazie al sistema po-sizionale della matematicaintrodotto dai babilonesi,che si può usare un unicocomma in inglese, o un unicopunto in italiano, per indica-re un numero infinito di se-parazioni tra migliaia, mi-gliaia di migliaia, e cosí via.Nel sistema additivo musica-le, analogo a quello matema-tico romano, si richiedono

COSÌ LE SCIENZE ESATTESCOPRIRONO LA VOGLIA DI PAUSA

IN MATEMATICA C’È UNA DIFFERENZA FRA VIRGOLE ITALIANE E INGLESI

Che è questo ingombrodi lineette, di puntini,di spazietti, di puntiammirativi doppi etripli? Sto a vedere chetorna alla moda lascrittura geroglifica

Zibaldone1821

GIACOMO LEOPARDI

Che cos’è una virgola?Una virgola è unsuono, il galoppoinvece del trotto, unafanciulla che dividel’aria dalla nebbia. Oh,una virgola, voi dite…

Lettera ai correttori di bozze(da Opere 1931-1986)

CESARE ZAVATTINI

BREVIARIOUn foglio

miniato del“BreviarioErculeo”,

conservatoalla

Bibliotecaestense di

Modena

UN ESERCITO DI FORMICHEDÀ IL RITMO ALLE PAROLE

IL POSTO DELLA VIRGOLA NELLA MACCHINA DA GUERRA DEL DISCORSO

Qualche tempo fa una pun-tata di Porta a Porta fu an-nunciata con le seguenti

parole: «La tratta delle ragazzedell’Est costrette a prostituirsinel talk show di Bruno Vespa. Instudio don Oreste Benzi, Ramo-na Badescu, Elisabetta Gardini,Stefano Zecchi...». Trattandosianche per quella puntata del so-lito talk show e non di un innova-tivo peep show quello che andòin onda fu la nota minestra di pa-role. Proprio per questo nonavrebbe certo nuociutouna diversaf o r m u l a -zione del-l’annuncio,o perlomenouna piccolavirgola a se-parare il pre-dicato verbale«prostituirsi»dal comple-mento «nel talkshow di BrunoVespa». Scansa-re gli equivoci èsempre unabuona norma.

Una virgola;cos’è, una virgo-la? La mano scen-de sul pavimentodella riga e accen-na a una minimatorsione: il segnoche ne esce rappre-senta, nella partitu-ra della lingua scrit-ta, quello che nell’e-secuzione orale sa-rebbe un fiato, una pausa. Manon è questione di riposarsi dal-le fatiche del parlato, tutt’altro:la virgola è uno strumento perl’organizzazione di quella mac-china da guerra che è il discorso.

Esagerava il Tommaseo:«Buona parte di logica potrebberidursi a un trattato delle virgo-le», e infatti a volte basta abolirela lingua per sospendere il sensodel discorso. Esempio massimo,l’antico oracolo «Ibis redibis nonmorieris in bello». Il suo sensonon si può decidere se non po-nendo una virgola dopo «redi-bis» (Andrai e ritornerai, nonmorirai in guerra»), oppure do-po «non» (Andrai e non ritorne-rai, morirai in guerra). Chissà ilsoldato, ma l’oracolo se l’è certa-mente cavata benissimo.

Un esempio di ambiguità delgenere è poi passato in prover-bio: «Per un punto Martin persela cappa». Secondo l’aneddoto,il monaco Martino non divennepriore perché, trascrivendo l’i-scrizione posta sulla porta delconvento: «Porta patens estonulli claudatur honesto», che si-gnifica «Stia aperta la porta, nonsi chiuda a nessun uomo one-sto», mise un punto dopo la pa-rola «nulli», dando alla frase unsignificato del tutto differente.L’iscrizione infatti divenne: «Laporta non si apra per nessuno e sichiuda per l’uomo onesto».

Ecco allora che questo eserci-to di formiche inchiostrate, vir-gole, punti, punti e virgole, trat-tini, pare animarsi, sciamareovunque e pretendere che sianoriconosciuti i suoi diritti. Il sur-realista Max Aub afferma «Punti,virgole, lineette, parentesi, aste-rischi: quanti crimini si com-mettono in vostro nome!» e coe-rentemente considera i segni diinterpunzione come oggetti vi-stosi del trovarobato necessarioper la messa in scena del discor-

disfattista e di derisorio: e il piùdelle volte costringe a rileggere lafrase daccapo, per capirla.

Anche i sobbalzi e i rivolgi-menti della stilistica sono visibi-li dalla punteggiatura. Un secololetterario separa l’incipit di Ga-briele d’Annunzio «L’anno mo-riva, assai dolcemente», da quel-lo, di diversa soavità, di Aldo No-ve: «L’amore, ha lo stesso mecca-nismo del Gratta e vinci», anchese la virgola deviante fra sogget-to e predicato verbale ha una suaonorata storia (Carlo Dossi: «Il

gallo, canta»).Lap r o f e s s o -ressa BiceMortara Ga-ravelli, autri-ce del recentee impeccabileProntuario dipunteggiatu-ra (Laterza),potrebbe forsep r e p a r a r equalche test peri suoi studenti, estabilire la rico-noscibilità di unautore a partiredalla sua distri-

buzione: senzaarrivare alle ol-tranze di Giu-seppe Garibal-di, che nel suoromanzo Cleliaovvero il Gover-no dei Preti so-stituisce lamaggior parte

delle virgole e dei punti fermicon trattini che deliziarono Al-berto Arbasino («E’ questo poiamore? — E’ questo quel passa-tempo — che i mortali succhia-no come l’arancia — scaraventa-no poi nel letamajo?»), è eviden-te il passaggio della prosa lette-raria e saggistica dalle fioriturebarocche a quella sorta di poin-tillisme interpuntivo più recenteche spezza le frasi in segmenti,una corrente capeggiata dal so-

ciologo Ilvo Diamanti («Veneziadopo Genova. Città di mare. Conuna storia lunga. E importante.Di autonomia.», eccetera).

Bisogna però stare attenti auna questione. E’ molto facile,sul piano del costume linguisti-co, tirare le conclusioni a cui si ri-faceva l’eccentrico critico lin-guistico Leo Pestelli già decennifa: «Sta bene che i retori poseroche il periodo lungo si affà all’a-nimo tranquillo e il breve all’agi-

sono i sintomi di una funzioneaccessoria rispetto alla magnilo-quenza della parola piena. Il di-scorso non è una catena, è un ar-co, e la punteggiatura ne regolala tensione. Anche leggendosenza pronunciare, se nient’al-tro fa sospettare che la frase è in-terrogativa (saggezza della nobi-le lingua spagnola, che lo segna-la fin da subito) incontrare pro-prio sul finire un inaspettatopunto di domanda ha un che di

STEFANO BARTEZZAGHI

PIERGIORGIO ODIFREDDI

LE IMMAGINIL’immagine di copertina di questo“Diario”, quella centrale di queste pagi-ne e quella nel tondo a destra, sono trat-te dal libro “Gutenberg” di Sergio Ruffo-lo, una storia illustrata dell’arte tipogra-fica. Sotto, due incisioni sui primi passidella stampa: il torchio e i caratteri mo-bili inventati da Gutenberg

Il discorso non èuna catena, è semmai più similea un arco e la punteggiaturane regola la tensione

so («¡Empalarle en un signo deadmiración! Impalarlo in unpunto esclamativo!»).

Non sono le muffe che cresco-no negli interstizi del discorso, ipiccoli elementi di polistiroloche attutiscono i colpi in un im-ballaggio, elementi intermedi adistribuzione stocastica («dovevanno vanno, come capperi nel-la salsa tartara», disse Gadda). Illoro nanismo grafico e la loro(apparente) afasia acustica non

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LA REPUBBLICA 37MERCOLEDÌ 3 MARZO 2004 D I A R I O

LO ZIBALDONE - 1821Leopardi nello Zibaldone critica lo stilepieno di segni grafici. La punteggiatura,spiega il poeta, va usata con attenzione:«spesse volte una virgola ben messa dàluce a tutto il periodo»

LA RIVOLTA FUTURISTA -1912Marinetti proclama di voler distruggere lasintassi e nei Manifesti si scaglia control’inutile uso della punteggiatura, a favoredi uno “stile vivo che si crea da sé, senza lesoste assurde delle virgole e dei punti”

NELLA RETE - 2000Con Internet la punteggiatura acquistanuove funzioni: la virgola e il punto evirgola servono a dividere gli indirizzi deidestinatari in un messaggio elettronicoinviato a più persone

Prendiamo un testo antico,manoscritto o a stampa.La punteggiatura, se c’è,

risponde a criteri in tutto o inparte differenti da quelli cheadotteremmo oggi per lo stessotesto: diversa dunque la fun-zione, e anche la forma tipicadei segni, se si tratta di un ma-noscritto. Perfino la separazio-ne delle parole può non corri-spondere a quella che è in usooggi. Ne abbiamo esempi dal-l’antichità classica alla fine delCinquecento, in Italia. Per dar-ne un solo campione: Miche-langelo usava solo due segni,una sbarra obliqua semplice euna doppia, ignorava accenti eapostrofi e separava le parolemescolando criteri morfo-logici e fonetici. Come sivede in questo verso diuno dei suoi sonetti: «Dinanzi misallunga lachor-teccia» (Dinanzi mi s’al-lunga la corteccia). Ci so-no scritture dove le pa-role non sono mai di-staccate l’una dall’altrada spazi bianchi o da altrielementi divisori: in que-sto caso siamo di frontealla scriptio continua, lar-gamente praticata nell’an-tichità, greca e latina, e an-cora prevalente, secondo gliantropologi della comunica-zione, in molte tradizioni grafi-che attuali. Ma rimaniamo nel-l’ambito delle lingue europee.In principio ci furono «segnicritici», alcuni dei quali funzio-narono poi come interpunzio-ni. Segni critici sono, ad esem-pio, i tratti verticali uniti a pun-tini che distinguevano unitàbrevi del discorso in iscrizionigreche anteriori al V secolo a.C., o la lineetta orizzontale det-ta paragraphé “scritta a lato”,che in papiri del sec. IV a. C. in-dicava l’inizio o la fine di un ar-gomento. I primi segni di pun-teggiatura furono accorgimen-ti per la lettura ad alta voce; po-chi di numero: i maggiori filo-logi ellenistici (III-II sec. a. C.)ne usarono solo due, mentremolti erano i segni critici da lo-ro introdotti nelle edizioni ditesti classici. A Roma, Ciceronediffidava delle interpunzionisegnate dai copisti: sosteneva,e quest’idea fece scuola, cheper modulare nel modo giustole cadenze del discorso si dove-va fare assegnamento non susegnali esterni al testo, ma sul-la comprensione della suastruttura, sintattica e ritmica.

Tre erano le «posizioni» clas-siche (in latino positurae o di-stinctiones) per le rispettive se-zioni del discorso: per la mino-re (comma), la subdistinctio,indicata da un punto in basso;per la mediana (colon), la me-dia distinctio, con un punto ametà altezza; per la maggiore(periodus), la distinctio, segna-ta da un punto a varie altezze.Grosso modo, le tre funzionicorrispondevano a quelle chesarebbero poi state attribuite,rispettivamente, alla virgola, alpunto e virgola, e al punto. L’a-nalogia è trasparente nella no-menclatura inglese, dove i tresegni conservano il nome dellepartizioni antiche: comma (,)colon (:) e semicolon (;) period(.) detto anche full stop. Nei pe-riodi tardo antico e medioeva-le variarono le denominazionie soprattutto i segni grafici. An-cora più instabili furono per se-

che o differiscono l’una dall’al-tra secondo le abitudini degliscrittori o dei copisti: la diffor-mità è la regola, non l’omoge-neità delle forme e delle relati-ve funzioni. Nel manoscrittidel Canzoniere di Petrarca leinterpunzioni sono ridotte atre o quattro: il punto, unasbarra obliqua (detta virgulasuspensiva) per la virgola, unpunto intersecato da una vir-gula o posto sotto a questa pergli incisi. Oltre a questi, nell’au-tografo del Decameron trovia-mo il punto e virgola e i duepunti come segno di pausa lun-ga, il semipunto per indicareinterruzione di parola, il puntodi domanda e qualche altro ac-

corgimento grafico. L’unifor-mità nelle convenzioni inter-puntive entrerà in gioco so-lo con l’avvento della stam-pa. È il grande stampatoreveneziano Aldo Manuzio adare origine a un sistemapressoché moderno nelleedizioni di opere di PietroBembo (a cominciare dal1496): virgola nella stessaforma odierna, punto e vir-

gola per una pausa minoredi quella segnata dai due

punti, punto fermo in chiu-sura di periodo e «punto mobi-

le» alla fine di frasi interne al pe-riodo, apostrofo e accento. Nelcorso dei secoli il punto e virgo-la, o puntocoma, ha avuto attri-buzioni problematiche: dal-l’introdurre il discorso direttoall’essere anteposto al prono-me relativo, al racchiudere in-cisi. Con quest’ultimo valore èancora usato da Leopardi.

Dal Cinquecento in poi fiori-scono i trattati sul «modo dipuntare» gli scritti; si complicala nomenclatura e si moltipli-cano proposte che hanno scar-so riscontro nella pratica degliscrittori, anche dei più grandi,come Machiavelli e Guicciar-dini. Ariosto, pur conoscendo iprincipali segni, li adopera po-chissimo nello scrivere abitua-le. Nel Seicento di fa strada l’i-dea di una «punteggiatura perl’occhio», adatta a segnare nonsolo la durata delle pause nellalettura e le cadenze che dannocolore al senso, ma anche achiarire i nessi tra gli elementidel discorso: ciò che si intendeper «punteggiatura logica». Ledue funzioni, ritmica e logica,coesistono ancora, e spesso siscontrano, fonte di incoerenzetra gli usi indotti dalla prima e lenorme suggerite dalla secon-da. Nel Settecento la moda del-lo stile spezzettato in frasi bre-vi favorisce l’interpungere rit-mico. Più che i contributi dellatrattatistica dal Sette al Nove-cento interessano le prese diposizione degli scrittori: Leo-pardi teorizza e applica unagrande parsimonia interpunti-va, Manzoni, ugualmente ac-curato, abbonda specialmentenell’uso della virgola: la metteanche tra soggetto e verbo,quando dà informazioni del ti-po «in quanto a...» («di tantebelle parole Renzo, non ne cre-dette una») oppure mette afuoco il soggetto: «Voi, mi fatedel bene...» (= siete voi che...).Nemico delle (troppe) virgolefu D’Annunzio; radicali nelsovvertire ogni tradizione in-terpuntoria i futuristi. Assenzao ridondanza di punteggiaturacaratterizzano i movimenti let-terari nel Novecento e oltre.

invece tipi diverse di pauseper ogni durata canonica: einfatti ce ne sono otto, chevanno dalla breve alla semi-biscroma.

In logica, più che le virgolesono importanti le virgolet-te. Usandole ad arte è possi-bile distinguere fra uso emenzione, cioè fra aspettiletterali e metaforici: adesempio, notando che unmononosillabo consiste diun’unica sillaba, ma “un

monosillabo” disei. Ed evitarlenon è possibile,se si vuole andaroltre i discorsiconfusi.

Evitare le vir-gole invece è

possibile, adottando i codicisenza virgole introdotti perla prima volta da Huffmannnel 1952, e oggi comune-mente usati in informaticanella compressione dei dati.Per qualche tempo si pensòche lo stesso Dna fosse unodi questi codici, ma poi siscoprí che non era cosí: evi-dentemente, la Natura amala virgole, come dimostraanche il fatto che abbia in-ventato un bacillus comma,o bacillo virgola. E allora pos-siamo amarle anche noi.

Costrutto moltovirgolato è costruttomolto bacato. Alletroppe virgole siriconosce che lalocuzione èmarcescente

Faville del maglio1924

GABRIELE D’ANNUNZIO

Abolire anche lapunteggiatura. Essendosoppressi gli aggettivi,gli avverbi e lecongiunzioni, lapunteggiatura ènaturalmente annullata

Manifesto tecnico dellaletteratura futurista 1912

FILIPPO T. MARINETTI

coli le pratiche interpuntorie;fra i primi a introdurre unapunteggiatura nella Bibbia fuSan Gerolamo (tra il IV e il Vsec.). Alla fine del sec. XIII l’in-ventario dei segni si è allunga-to: ha fatto la sua prima appari-zione il punto interrogativo,qualche decennio dopo com-pare anche il punto ammirati-vo o esclamativo o enfatico. Manella pratica le interpunzioninormalmente usate o sono po-

MESSALEUna paginadel Messaledi Costanza,stampatoda JohannesGutenbergattorno al1450

tato; ma non siamo poi tutti esempre in convulsioni noi mo-derni». Andatelo a dire a Proust,cosa si «affà all’animo tranquil-lo»! Provate a vedere quanto èconvulso e ritmato un periodo diAldo Busi rispetto a una ordina-ria raffica di punti fermi post-he-mingwayani...

Pensare che la scrittura con-temporanea faccia a meno dellevirgole per esprimere tensione eritmo sarebbe come affermare

che per rappresentare pittorica-mente la malinconia sia neces-sario usare solo colori scuri. Laconvulsione postmoderna incli-na alla costruzione di labirinti te-stuali a cui lo scrittore Garibaldie il suo apparato di trattini pote-vano ambire solo in via involon-taria. La tendenza a semplificarela punteggiatura è indubbia: manel prenderla in considerazionenon dobbiamo semplificare per-sino la tendenza medesima.

LA STORIA MODERNAFRA VIRGOLE E PUNTI

NEL CORSO DEI SECOLI È CAMBIATO IL MODO DI USARE LA PUNTEGGIATURA

BICE MORTARA GARAVELLI

E.L.EISENSTEIN Le rivoluzionidel libro:l’invenzionedella stampa ela nascitadell’eramoderna, ilMulino 1995

BRUNOMIGLIORINIStoria dellalingua italiana,Sansoni 1960

ARMANDOPETRUCCI Scrivere e no,Editori Riuniti1987

SERENAFORNASIEROScriverel’italiano, ilMulino 1994

ITALOCALVINOLezioniamericaneGarzanti 1988

VINCENZOCERAMIConsigli a ungiovanescrittore,Einaudi 1996

RAFFAELELA CAPRIAL’apprendistascrittore,Minimum Fax1996

ERNESTHEMINGWAYIl principiodell’iceberg.Intervistasull’arte discrivere enarrare, ilmelangolo 1996

MILANKUNDERAL’arte delromanzo,Adelphi 1988

FLANNERYO’ CONNOR,Nel territorio deldiavolo. Sulmistero discrivere,Teoria, 1993

PIERVITTORIOTONDELLI Il mestiere discrittore,Theoria 1998

I LIBRIGLI AUTORIBice Mortara Garavelli insegna lin-guistica italiana all’Università di Tori-no. E’ autrice di “Prontuario di pun-teggiatura” (Laterza) e “Manuale di re-torica” (Bompiani). Lynne Truss è au-trice del best- seller internazionale suvirgole e punteggiatura “Eats, shoots& leaves”

Alcuni appuntiautografidi AlbertEinsteinvenduti aun’asta diSotheby’s