2004-03-06 Intervista a Giuliano Amato

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LA REPUBBLICA 33 SABATO 6 MARZO 2004 to sia quello di lavorare ai margini, perché solo su questi si può incide- re. Non sono d’accordo con chi di- ce che la differenza fra noi e la de- stra è solo di una migliore o peg- giore gestione dell’esistente». Le grandi questioni sono il futu- ro, ma la gente è più interessata al presente. «Siamo un paese in perico- lo proprio per- ché non riuscia- mo a dare la per- cezione di un fu- turo comune agli italiani. L’Europa invec- chia, quale sarà il destino di chi ci vivrà fra venti o trent’anni? Io sono convinto che queste do- mande hanno una risposta riformista». L’impressio- ne è che il rifor- mismo è stato spesso minori- tario e non ha mai avuto vita facile in Italia. È d’accordo? «È vero sono rari i momenti in cui si è avuta la sensazione che il riformismo potesse prevalere. Per- fino la famosa scissione di Livorno del 1921 è sembrata più una lite fra due massimalismi che un vero confronto fra due visioni opposte del mondo». Il riformismo una identità ha provato a darsela con la svolta di Bad Godesberg. È possibile imma- ginare qualcosa di analogo oggi? «Non penso che ci sia bisogno di una nuova “Bad Godesberg”, che fu peraltro una illusione statalista dei socialisti del XX secolo». Immaginarono che lo Stato po- tesse svolgere una funzione socia- le. «Ma in questo i socialdemocra- tici tedeschi erano stati preceduti da Bismarck. Se posso dirlo con franchezza, dovremmo liberarci del complesso di non essere abba- stanza di sinistra. Liberarci dalla guida di certi sacerdoti di religioni dismesse e cominciare a renderci conto che l’orizzonte entro il quale agiamo e pensiamo non è più lo stesso». Che cosa è cambia- to? «Fino a quando l’o- rizzonte statale era re- lativamente finito, e saldo, non c’erano problemi, il riformista ha vissuto con una specie di rendita di po- sizione». Prodotta da cosa? «Dall’età del fordismo, durante il quale abbiamo costruito sistemi pensionistici accettabili, ridistri- buito ricchezza e servizi attraverso il Welfare . Non dico che tutto que- sto era perfetto, ma quell’orizzon- te oggi è più precario e minaccioso. Un riformista deve saper affronta- re con chiarezza le nuove doman- de che provengono dai diversi stra- ti della società. E deve sapere che su questo piano risposte massima- liste o populiste non risolvono il problema, lo congelano». La distinzione tra un massima- lista e un riformista è chiara. E fra quest’ultimo e un liberale? «Potrei richiamarmi ad Amartya Sen, ma preferisco citare Bobbio: la differenza tra un liberale e un so- cialista è che un socialista vede la li- bertà in un senso molto più eguali- tario. Il che comporta in termini di visione politica un insieme di azio- ni notevolmente differenti sia sul piano dell’uso delle risorse che delle priorità. La libertà eguale è di- versa dalla libertà senza eguale». Lei ha usato la parola socialista invece di riformista, perché? «So bene che esistono altri rifor- mismi. Ma per me, per la storia del- la mia vita, le due cose coincido- no». Roma «C’ è una questione riformista che oggi si pone con una certa urgenza a sinistra. La sinistra è di- visa, frammentata, piena di dubbi e di distinguo, ma in fondo i suoi stati d’animo sono riconducibili a una lunga eterna diatriba fra mas- simalismo e riformismo. È una situazione che conosco be- nissimo», dice Giuliano Amato, «e non credo che sia facile far cambiare idea a un massimali- sta. Quello che si può fare è non aver paura di di- re in maniera chiara che esi- stono modi di- versi di essere di sinistra». È un fatto che esistano più si- nistre. Dirlo non è super- fluo? «Dirlo in mo- do chiaro signi- fica farla finita con certe convivenze e con certi linguaggi. La sinistra deve rivolger- si al Paese in modo chiaro e non coltivare la sagra dell’ossimoro». Ossimoro? «Sì ossimoro, cioè violazione reiterata e continua del principio di non contraddizione. E visto che ci siamo, occorre anche smetterla con quella specie di sublimazione del non essere che è il “né, né”, con cui spesso e volentieri ci si sottrae alla critica». Qual è il rischio? «Che quella parte dell’opinione pubblica che prima guardava favo- revolmente al centro destra e ora sente il bisogno di qualcos’altro, non riesca a capire che cosa la sini- stra le offra. Quello che sente è so- lo una sommatoria cacofonica di voci dominate dall’ossimoro». Qualche esempio? «Il più antico fra gli ossimori è “siamo una forza di lotta e di go- verno”, ma anche parlare dell’uso pacifico della risorsa militare, può destare in molti un’analoga sensa- zione di sconcerto». Chiarezza nel linguaggio è un punto qualificante del riformismo. E poi? «Assumersi la re- sponsabilità di gover- nare allo scopo di ri- solvere i problemi». Ogni politico con- dividerebbe un simile proposito. «Non ne sarei così certo. Anzi ho l’impressione che al- l’interno della sinistra c’è una par- te di militanti e dirigenti - dai neo- comunisti ai post-comunisti per fi- nire ai pacifisti assoluti - per i qua- li il ruolo della politica è rappre- sentare il problema, non necessa- riamente risolverlo». È il vizio del massimalista? «Sì, un vizio antico che si può far risalire ad alcuni tratti dell’intelli- ghenzia italiana. La quale fin dalla formazione dello Stato nazionale ha avuto un atteggiamento antigo- vernativo». In fondo il compito di un intel- lettuale è criticare il potere, più che condividerlo. O no? «A un’affermazione del genere non so che cosa opporre. È una po- sizione sempre vincente: tutti in piazza e la sera in trattoria. Biso- gnerebbe assumersi la responsa- bilità di spiegare che si può qual- che volta essere d’accordo con chi ha preso una decisione di gover- no». Lei insiste sulla chiarezza, quando sa che il linguaggio della politica tende a coprire certe cose più che a svelarle. «È vero, ma non si tratta sempre di opportunismo. Semplicemente i discorsi che si fanno, i messaggi che si mandano, sono interpreta- DIFFICILE combattere contro la potenza simbolica dei nomi. E bene la sanno sfrutta- re i nostri “grandi comunicatori”. Un’unica, solida, stabile radice forma il termine “destra” pressochè in tutte le lingue indo-europee. Una radice che in- dica “destrezza”, forza, nobiltà. “Sinistra”, invece, chissà da dove viene. Geni- tori sconosciuti; figlia di nessuno. E quanti nomi per dirla! Ma tutti contenenti un senso di debolezza, di precarietà, se non di sventura. Rimontare una simile chi- na simbolica è arduo da sempre. Eroica pretesa voler dimostrare che la “sini- stra” (left) è dalla parte della ragione e del diritto (right), oppure che è “da sinistra” che traiamo gli auspici favorevoli per il nostro domani (ma così facevano gli etru- schi, a differenza dei greci). Si tratta di una asimmetria fatale? Vi sono aspetti della storia delle sinistre europee che sembrano fatti apposta per testimoniarlo: lacerazioni, settarismi, inerzia ideologica hanno spianato e continuano a spia- nare la strada alle destre peggiori. Tuttavia, non è vietato sperare che si possa finalmente giungere a dire : “siamo destri di mano perché mancini di cervello”. Sì – il nostro cervello è mancino; non ama le vie “diritte”, non ama ripetere il già detto; ricerca, inventa, innova. Per questo siamo “malfermi”, perché ci piace an- dare e scoprire; per questo siamo “deboli”, perché ascoltiamo e dubitia- mo. E potremmo così anche, forse, pensare – pensare che dopo tanti tra- monti di dèi e crolli di muri sia tempo e ora di finirla con queste metafore del tempo perduto: “destra”, “sinistra” e, perché no?, “centro”. MASSIMO CACCIARI SINISTRE. bili e vanno in più direzioni. Detto questo, aggiungo che il riformista non deve aver paura di affrontare in modo chiaro quelle che sono le differenze dalle altre sinistre. E so- prattutto smetterla di subire veti, ricatti, condizionamenti. La chia- rezza può aiutare». Lei Amato a quale riformismo si richiama? «Non appartengo alla razza dei bartaliani, i quali dicono che è tut- to sbagliato e tutto da rifare. Ma ri- fiuto altresì l’accezione riduttiva del riformismo come una cultura politica che sceglie i problemi mi- nori, perché i maggiori sono al di là della nostra portata». Questo a dire il vero è condiviso anche da una parte del riformi- smo. «Lo so bene. Ma non sono d’ac- cordo con chi sostiene che in una economia globale il nostro compi- Un grande arcipelago dove regnano separazioni e dubbi, pieno di veti e afflitto da miopie Ecco che cosa serve perché la lunga diatriba tra massimalisti e riformisti trovi infine una soluzione D IA R IO di INTERVISTA A GIULIANO AMATO ANTONIO GNOLI L’eternoscontrofraledueanime S INISTRE S INISTRE

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Page 1: 2004-03-06 Intervista a Giuliano Amato

LA REPUBBLICA 33SABATO 6 MARZO 2004

to sia quello di lavorare ai margini,perché solo su questi si può incide-re. Non sono d’accordo con chi di-ce che la differenza fra noi e la de-stra è solo di una migliore o peg-giore gestione dell’esistente».

Le grandi questioni sono il futu-ro, ma la gente è più interessata alpresente.

«Siamo unpaese in perico-lo proprio per-ché non riuscia-mo a dare la per-cezione di un fu-turo comuneagli i tal iani.L’Europa invec-chia, quale saràil destino di chici vivrà fra ventio trent’anni? Iosono convintoche queste do-mande hannouna rispostariformista».

L’impressio-ne è che il rifor-mismo è statospesso minori-tario e non hamai avuto vitafacile in Italia. Èd’accordo?

«È vero sono rari i momenti incui si è avuta la sensazione che ilriformismo potesse prevalere. Per-fino la famosa scissione di Livornodel 1921 è sembrata più una lite fradue massimalismi che un veroconfronto fra due visioni oppostedel mondo».

Il riformismo una identità haprovato a darsela con la svolta diBad Godesberg. È possibile imma-ginare qualcosa di analogo oggi?

«Non penso che ci sia bisogno diuna nuova “Bad Godesberg”, chefu peraltro una illusione statalistadei socialisti del XX secolo».

Immaginarono che lo Stato po-tesse svolgere una funzione socia-le.

«Ma in questo i socialdemocra-tici tedeschi erano stati precedutida Bismarck. Se posso dirlo confranchezza, dovremmo liberarcidel complesso di non essere abba-stanza di sinistra. Liberarci dallaguida di certi sacerdoti di religionidismesse e cominciare a renderciconto che l’orizzonte entro il qualeagiamo e pensiamo non è più lostesso».

Che cosa è cambia-to?

«Fino a quando l’o-rizzonte statale era re-lativamente finito, esaldo, non c’eranoproblemi, il riformistaha vissuto con unaspecie di rendita di po-sizione».

Prodotta da cosa?«Dall’età del fordismo, durante

il quale abbiamo costruito sistemipensionistici accettabili, ridistri-buito ricchezza e servizi attraversoil Welfare . Non dico che tutto que-sto era perfetto, ma quell’orizzon-te oggi è più precario e minaccioso.Un riformista deve saper affronta-re con chiarezza le nuove doman-de che provengono dai diversi stra-ti della società. E deve sapere chesu questo piano risposte massima-liste o populiste non risolvono ilproblema, lo congelano».

La distinzione tra un massima-lista e un riformista è chiara. E fraquest’ultimo e un liberale?

«Potrei richiamarmi ad AmartyaSen, ma preferisco citare Bobbio:la differenza tra un liberale e un so-cialista è che un socialista vede la li-bertà in un senso molto più eguali-tario. Il che comporta in termini divisione politica un insieme di azio-ni notevolmente differenti sia sulpiano dell’uso delle risorse chedelle priorità. La libertà eguale è di-versa dalla libertà senza eguale».

Lei ha usato la parola socialistainvece di riformista, perché?

«So bene che esistono altri rifor-mismi. Ma per me, per la storia del-la mia vita, le due cose coincido-no».

Roma

«C’è una questioneriformista che oggi sipone con una certa

urgenza a sinistra. La sinistra è di-visa, frammentata, piena di dubbie di distinguo, ma in fondo i suoistati d’animo sono riconducibili auna lunga eterna diatriba fra mas-simalismo eriformismo. Èuna situazioneche conosco be-nissimo», diceGiuliano Amato,«e non credo chesia facile farcambiare idea aun massimali-sta. Quello che sipuò fare è nonaver paura di di-re in manierachiara che esi-stono modi di-versi di essere disinistra».

È un fatto cheesistano più si-nistre. Dirlonon è super-fluo?

«Dirlo in mo-do chiaro signi-fica farla finitacon certe convivenze e con certilinguaggi. La sinistra deve rivolger-si al Paese in modo chiaro e noncoltivare la sagra dell’ossimoro».

Ossimoro?«Sì ossimoro, cioè violazione

reiterata e continua del principiodi non contraddizione. E visto checi siamo, occorre anche smetterlacon quella specie di sublimazionedel non essere che è il “né, né”, concui spesso e volentieri ci si sottraealla critica».

Qual è il rischio?«Che quella parte dell’opinione

pubblica che prima guardava favo-revolmente al centro destra e orasente il bisogno di qualcos’altro,non riesca a capire che cosa la sini-stra le offra. Quello che sente è so-lo una sommatoria cacofonica divoci dominate dall’ossimoro».

Qualche esempio?«Il più antico fra gli ossimori è

“siamo una forza di lotta e di go-verno”, ma anche parlare dell’usopacifico della risorsa militare, puòdestare in molti un’analoga sensa-zione di sconcerto».

Chiarezza nel linguaggio è unpunto qualificante delriformismo. E poi?

«Assumersi la re-sponsabilità di gover-nare allo scopo di ri-solvere i problemi».

Ogni politico con-dividerebbe un simileproposito.

«Non ne sarei cosìcerto. Anzi ho l’impressione che al-l’interno della sinistra c’è una par-te di militanti e dirigenti - dai neo-comunisti ai post-comunisti per fi-nire ai pacifisti assoluti - per i qua-li il ruolo della politica è rappre-sentare il problema, non necessa-riamente risolverlo».

È il vizio del massimalista?«Sì, un vizio antico che si può far

risalire ad alcuni tratti dell’intelli-ghenzia italiana. La quale fin dallaformazione dello Stato nazionaleha avuto un atteggiamento antigo-vernativo».

In fondo il compito di un intel-lettuale è criticare il potere, piùche condividerlo. O no?

«A un’affermazione del generenon so che cosa opporre. È una po-sizione sempre vincente: tutti inpiazza e la sera in trattoria. Biso-gnerebbe assumersi la responsa-bilità di spiegare che si può qual-che volta essere d’accordo con chiha preso una decisione di gover-no».

Lei insiste sulla chiarezza,quando sa che il linguaggio dellapolitica tende a coprire certe cosepiù che a svelarle.

«È vero, ma non si tratta sempredi opportunismo. Semplicementei discorsi che si fanno, i messaggiche si mandano, sono interpreta-

DIFFICILE combattere contro la potenzasimbolica dei nomi. E bene la sanno sfrutta-

re i nostri “grandi comunicatori”. Un’unica, solida, stabile radice formail termine “destra” pressochè in tutte le lingue indo-europee. Una radice che in-dica “destrezza”, forza, nobiltà. “Sinistra”, invece, chissà da dove viene. Geni-tori sconosciuti; figlia di nessuno. E quanti nomi per dirla! Ma tutti contenenti unsenso di debolezza, di precarietà, se non di sventura. Rimontare una simile chi-na simbolica è arduo da sempre. Eroica pretesa voler dimostrare che la “sini-stra” (left) è dalla parte della ragione e del diritto (right), oppure che è “da sinistra”che traiamo gli auspici favorevoli per il nostro domani (ma così facevano gli etru-schi, a differenza dei greci). Si tratta di una asimmetria fatale? Vi sono aspettidella storia delle sinistre europee che sembrano fatti apposta per testimoniarlo:lacerazioni, settarismi, inerzia ideologica hanno spianato e continuano a spia-nare la strada alle destre peggiori. Tuttavia, non è vietato sperare che si possafinalmente giungere a dire : “siamo destri di mano perché mancini di cervello”.Sì – il nostro cervello è mancino; non ama le vie “diritte”, non ama ripetere il giàdetto; ricerca, inventa, innova. Per questo siamo “malfermi”, perché ci piace an-dare e scoprire; per questo siamo “deboli”, perché ascoltiamo e dubitia-mo. E potremmo così anche, forse, pensare – pensare che dopo tanti tra-monti di dèi e crolli di muri sia tempo e ora di finirla con queste metaforedel tempo perduto: “destra”, “sinistra” e, perché no?, “centro”.

MASSIMO CACCIARI

SINISTRE.

bili e vanno in più direzioni. Dettoquesto, aggiungo che il riformistanon deve aver paura di affrontarein modo chiaro quelle che sono ledifferenze dalle altre sinistre. E so-prattutto smetterla di subire veti,

ricatti, condizionamenti. La chia-rezza può aiutare».

Lei Amato a quale riformismo sirichiama?

«Non appartengo alla razza deibartaliani, i quali dicono che è tut-

to sbagliato e tutto da rifare. Ma ri-fiuto altresì l’accezione riduttivadel riformismo come una culturapolitica che sceglie i problemi mi-nori, perché i maggiori sono al di làdella nostra portata».

Questo a dire il vero è condivisoanche da una parte del riformi-smo.

«Lo so bene. Ma non sono d’ac-cordo con chi sostiene che in unaeconomia globale il nostro compi-

Un grandearcipelago

doveregnano

separazionie dubbi,

pieno di vetie afflitto

da miopie

Ecco checosa serveperché lalungadiatriba tramassimalistie riformistitrovi infineuna soluzione

DIARIOdi

INTERVISTA A GIULIANO AMATO

ANTONIO GNOLI

L’eterno scontro fra le due animeSINISTRESINISTRE

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derno né libertà né parlamentari-smo. E da quel paese il bolscevicoLenin, preso il potere nel 1917 conla rivoluzione di Ottobre, diresse ilsuo attacco al riformismo.

La prima guerra mondiale, la ri-voluzione russa, la devastante crisisociale ed economica in Europa, ilconsolidamento del potere sovie-tico fecero dilagare da Mosca unduplice messaggio: che la guerraimperialistica aveva dato inizio al-l’era del crollo del capitalismo e chela via del riformismo era fallimen-tare, mentre la via rivoluzionariaaveva portato al sorgere del primoStato socialista. Il leninismo dila-

trimonio di Marx, egli teorizzò cheoccorreva unire le forze dei sociali-sti e dei liberali progressisti perstrappare i miglioramenti possibi-li, che la democrazia liberale anda-va preservata, che il Parlamentoera la palestra positiva della lottapolitica e sociale. Il confronto tra ri-voluzionari e riformisti dominò lascena per un ventennio prima del1914. Ma lo spirito rivoluzionarioaveva ad Oriente una grande riser-va vergine. Bernstein esortava alriformismo nei paesi economica-mente sviluppati dove esistevanole libertà politiche e civili. In Russianon vi erano né un capitalismo mo-

34 LA REPUBBLICA SABATO 6 MARZO 2004

I LIBRI

NORBERTO

BOBBIO

Destra esinistra.Ragioni esignificatidi unadistinzionepolitica,Donzelli 1994

AA.VV

Il concettodi sinistra,Bompiani1982 (consaggi diCacciari,FloresD’Arcais,Vattimo,Giorello)

V. FOA, A.

GIOLITTI (A

CURA DI)

La questione socialista.Per unapossibilereinvenzionedella sinistra,Einaudi 1987

MASSIMO L.

SALVADORI

Tenere lasinistra. Lacrisi italianae i nodi delriformismo,Marsilio 1992

G. BOSETTI

(A CURA DI)

Sinistra puntozero, Donzelli1993 (conscritti diBobbio, Rorty,Dahrendorf,Walzer,Sartori,Zincone,Veca…)

ADRIANO

SOFRI

Il nodo e ilchiodo. Libroper la manosinistra, Sellerio1995

ALBERTO

ASOR ROSA

La sinistra allaprova.Considerazionidel ventennio1976-1996,Einaudi 1996

ANTHONY

GIDDENS

La terza via.Manifesto perla rifondazionedella social-democrazia,Il Saggiatore2001

QUELLA SINISTRA ITALIANA

PRIMA E DOPO IL CROLLO

STORIA DI UN CONCETTO E DELLE SUE DIVISIONI INTERNE

Il destino della “sinistra” – il cuinome deriva dalla disposizionetopografica assunta

nel 1790 dai rivoluzio-nari rispetto ai difenso-ri della monarchia col-locatisi a destra nell’As-semblea nazionalefrancese – è stato da unlato di aver costituitouna delle forze che han-no dominato la storiacontemporanea, dal-l’altro di avere cambia-to i propri connotati inrelazione sia ai propriscopi sia ai mezzi perraggiungerli e di essersidivisa in diverse com-ponenti giunte all’e-stremo a combattersi inmaniera anche distrut-tiva. In vero, ogni for-mazione politica haavuto la sua “sinistra”;ma a caratterizzarequest’ultima, dopo l’e-mergere in tutta la suaportata della “questio-ne sociale”, sono statein primo luogo le strate-gie di lotta nei confron-ti del capitalismo e del-la proprietà privata e laprogettazione di unanuova società, con il se-guito di divisioni tra i ri-voluzionari di diversacorrente, uniti contro ilcapitalismo di cui siaspettava il crollo, e iriformisti fautori di unatrasformazione gra-duale. Per circa due se-coli la sinistra – sociali-sti, anarchici, comuni-sti - ha avuto la sua piùforte identificazionecon il movimento ope-raio e le sue organizza-zioni e i suoi partiti.

Ma una cosa era lavolontà di combattere ilcapitalismo e le sue isti-tuzioni; un’altra trovarei mezzi appropriati; eun’altra ancora indivi-duare il modello dellasocietà post-capitalisti-ca. La sinistra era mossanel suo insieme dall’i-deale di una societàegualitaria; sennonchéanche i modi di inten-dere l’uguaglianza era-no tutt’altro che scon-tati. Questi i grandi nodida sciogliere: bisognavaattendere il crollo delcapitalismo oppurecercare di trasformar-lo? Seguire la via dellarivoluzione o quelladelle riforme? Passareattraverso la dittaturadei rivoluzionari e ab-battere le istituzioniparlamentari oppuremantenere l’ereditàdel liberalismo? Dareall’economia pianificata strutturecentralizzate dominate dallo Statooppure puntare su un sistema de-centrato, cooperativistico, autoge-stito?

Il progetto pianificatore, centra-listico, statalistico, elaborato daMarx ed Engels (che rinviarono al-la realizzazione del comunismo lafine di ogni forma di costrizionepolitica e sociale) prevalse nella se-conda metà dell’Ottocento. Ma,verso la fine del secolo, l’attesocrollo del capitalismo non arriva-va; e Bernstein, il padre di tutti iriformisti socialisti, lanciò la suasfida. Attaccato dai marxisti comeun revisionista che svendeva il pa-

niò come mai prima il movimentooperaio internazionale. I socialde-

mocratici guarda-rono con avversio-ne alla dittatura so-vietica consideratauna forma di di-spotismo intolle-rabile; i comunistie i loro sostenitoriconsiderarono isocialdemocraticialla stregua dei piùpericolosi nemici.La contrapposizio-ne tra comunisti esocialdemocratici- con vicende chevidero momenti direlativa intesa al-ternarsi al riaccen-dersi dei contrasti -è continuata perun’intera epocastorica: gli uniaventi come obiet-tivo principale l’e-spansione del“campo sociali-sta”, gli altri essen-do impegnati nelleriforme e nello svi-luppo della loroprincipale creatu-ra: lo “Stato del be-nessere” (nato dal-la convergenza conla sinistra liberale ecristiano-sociale eappoggiato “in viaprovvisoria” daicomunisti occi-dentali).

In questo gene-rale contesto si ècollocata la vicen-da della sinistra ita-

liana, segnata nel Nove-cento: prima del 1915 dalfallito tentativo della cor-rente riformista di assu-merne la guida; tra il 1919e il 1925 dal gonfiarsi esgonfiarsi del massimali-smo, dalle lotte intestinetra socialisti e comunisti,dalla comune sconfitta adopera della fascismo; do-po il 1945, trascorsa la fa-se dell’unità “socialco-munista” conclusasi nel1956, da un socialismominoritario divenuto“governativo” ma inca-pace di elaborare unacoerente e adeguata cul-tura riformistica di gover-no e da un comunismo ri-masto sino al 1989 adoscillare tra “riformismo

pratico” e una tradizio-ne rivoluzionaria sem-pre più stanca e incon-cludente.

Ora la sinistra euro-pea, crollato il sistemasovietico ed entrato inuna crisi via via piùprofonda il Welfare,deve trovare le sue ri-

sposte di fronte a un’economiaqualitativamente diversa da quellafondata sul capitalismo delle gran-di fabbriche e sugli eserciti operai,che avevano costituito il fonda-mento della sua azione per due se-coli; deve misurarsi con l’emergeredi nuovi strati sociali, di nuove for-me di produzione e di scambio e diuna “questione sociale” dal voltonon assimilabile a quello di untempo. E dunque: quale sinistra?Quali i suoi compiti? Quali i suoiscopi? Quali le sue forme organiz-zative? Il riformismo ha vinto infi-ne la sua battaglia. Ma anche qui:che cosa distingue il riformismodegli uni da quello degli altri?

LE TAPPE

PRINCIPALI

LA PRIMA INTERNAZIONALE 1864

La riunione inaugurale si tiene a Londra nel1864. Un emissario di Mazzinirappresenta le società operaie italiane,mentre a Marx è dato il compito diredigere lo statuto provvisorio

LA SECONDA INTERNAZIONALE

Nel 1889 i rappresentanti di numerosipartiti europei si riuniscono a Parigi efissano come principale obiettivo delmovimento operaio la giornata lavorativadi otto ore

RIVOLUZIONE D’OTTOBRE 1917

Con la conquista del potere deiBolscevichi in Russia si innesca unaserie di divisioni nel movimentosocialista che darà luogo alla nascitadei partiti comunisti

MASSIMO L. SALVADORI

Per circa due secoli, socialisti,

anarchici e comunisti, si sono

identificati con il movimento

operaio e i relativi partiti

Le lotte, le scissioni, gli anatemi

e poi la grande disillusione per un

capitalismo che non crollava

Oggi tutto questo sembra preistoriaL’ATLANTEdi EDMONDO BERSELLI

Edmondo Berselli, direttore dellarivista il Mulino, restituisce la

complessa galassia della sinistra,le sue divisioni, i suoi collegamenti.Idealmente la storia, che in parte

coincide con le vicende delmovimento operaio, prende le

mosse da Marx, dai socialisti allaProudhon e Blanqui e dagli

anarchici come Bakunin e Cafiero.Fin dall’origine dunque la sinistra èstata un movimento di separati, di

massimalisti e riformisti, divelleitari rivoluzionari e di

pragmatici. E oggi? Ecco quelloche la mappa ci consente di capire

Page 3: 2004-03-06 Intervista a Giuliano Amato

LA REPUBBLICA 35SABATO 6 MARZO 2004

Socialismo e comunismo

sono defunti eppure

rimangono a ossessionarci.

Non possiamo sbarazzarci

dei valori e degli ideali che

ne erano l’impulso

La terza via1999

ANTHONY GIDDENS

Per quel che riguarda

il futuro della sinistra

l’umanità non è giunta

affatto alla “fine della

storia”, ma è forse

soltanto al principio

Destra e sinistra1994

NORBERTO BOBBIO

La sinistra è Euridice: non

appena il potere si volta

per afferrarla, essa ritorna

agli inferi, vergine e

martire che l’ombra dei

tiranni si divide

I paradisi artificiali delpolitico 1978

JEAN BAUDRILLARD

Uno dei grandi fallimenti

del marxismo è che né

Marx né nessun altro

abbia mai sviluppato una

teoria morale e politica

del socialismo

Politica e profezia1987

MICHAEL WALZER

OTTOBRELa storia dellaRivoluzionedel 1917,protagonistiLenin e lemasse diPietroburgo,eroe negativoKerenskij,capo delgovernorovesciatodalla presa delPalazzod’Inverno.Girato nel 1927da Sergej M.Eisenstejn

I COMPAGNIStoria di unoscioperonella Torinodi fine ’800.Successi efallimenti,divisioni in unmovimentooperaio checomincia aorganizzarsi.Con MarcelloMastrioianni,regia di MarioMonicelli, del1963

IL SOSPETTOLa missionein Italiadurante ilfascismodi un militantecomunistache dovrebbescoprireuna spiainfiltratanell’apparatoclandestinodel partito.Divisioniideologichee debolezzeumaneporterannoall’arrestodi tutta la rete.Con Gian MariaVolontè, diFrancescoMaselli. 1975

TERRA ELIBERTÀUn giovaneinglesevolontarionelle BrigateInternazionalidutrante laGuerra diSpagna,testimonedelle divisioni(e le violenze)tra comunistie anarchici.Di Ken Loach,del 1995

I FILM

(segue dalla prima pagina)

Sono partiti che, nati il piùdelle volte dalla socialde-mocrazia, o anche, come

in Svezia, da un ex partito co-munista completamente tra-sformato, si mostrano sensibi-li alle tematiche ecologiche,diffidenti verso l’Europa, stre-nui difensori del Welfare.

I Verdi costituiscono un’ul-teriore variante di una sinistraradicale con preoccupazionipost-materialiste; se in un pri-mo tempo hanno rifiutato discegliere tra sinistra e destra,ora optano generalmente perla prima, come nel caso degliecologisti tedeschi, francesi eitaliani. Restano infine i partiticomunisti, dovunque indebo-liti, che esitano tra due strate-gie: allearsi con i partiti sociali-sti, come nel caso del Pdci o delPc francese, e a seconda deimomenti anche in quelli deicomunisti spagnoli o di Rifon-dazione comunista; o preser-vare la propria autonomia sul-la base dell’asserzione che de-stra e sinistraseguano lestesse politi-che, contri-buendo maga-ri a far crollarel’intera sini-stra, comeRifondazionec o m u n i s t ache nel 1998ha provocatola caduta diProdi. O comei trotzkistifrancesi, chealle prossimeelezioni han-no annuncia-to l’intenzionedi partecipareovunque pos-sibile al secon-do turno (ameno di unaminaccia delFronte Nazio-nale) e di rifiutare comunquela desistenza in favore dei can-didati di sinistra.

Accanto a queste diverse si-nistre radicali, il cui peso elet-torale – a parte il caso dellaFrancia – rimane esiguo, emer-ge nella società civile una sini-stra della sinistra. E’ un movi-mento eterogeneo, frammen-tato, senza una strategia coe-rente, profondamente divisosu un eventuale sbocco politi-co, sospettoso nei riguardi disupposti tentativi di strumen-talizzazione da parte dei parti-ti socialisti o della sinistra radi-cale politica. E’ composto es-senzialmente dagli “altermon-disti”, a loro volta estrema-mente diversificati, dai “movi-menti” italiani, da moltepliciassociazioni, reti di intellet-tuali ecc. Ma al di là delle diver-genze e diffidenze reciprochetra i partiti della sinistra radi-cale e le componenti di questa«sinistra della sinistra» natadalla società civile, l’elementounificante è fatto di sensibilità

vertà, rischio di tagli ai servizipubblici ecc.) Un fenomenoche esprime l’esigenza di soli-darietà a fronte delle ingiusti-zie e disuguaglianze del mon-do, ma al tempo stesso anche ladifesa intransigente di corpo-rativismi spesso molto ristret-ti. E attesta l’insoddisfazioneper la democrazia, formulata avolte nei termini della tradizio-nale ostilità verso la democra-zia «borghese», con la rivendi-cazione di una chimerica de-mocrazia diretta, ma spessoanche come espressione diuna reale volontà di allargare lebasi democratiche con unamaggiore trasparenza, un con-trollo e un potere decisionalepiù estesi. Un fenomeno infinealimentato da una critica alriformismo, che talora ripetenei termini più triti la condan-na comunista dei «social-tra-ditori», ma nelle sue espressio-ni più stimolanti denuncia leincontestabili difficoltà incon-trate dal riformismo al tempodella globalizzazione e delletrasformazioni profonde dei

gruppi sociali.Tutto que-

sto può auto-rizzare a direche esistono inEuropa due si-nistre chiara-mente identi-ficabili – la pri-ma radicale(non osandopiù definirsi ri-voluzionaria)e l’altra rifor-mista? Nulla dimeno certo.Dal punto divista dell’i-deologia, tuttorimane aper-to: sta ai rifor-misti separareil grano dal lo-glio; accettarele critiche fon-date e respin-gere talune

proposte con la massima fer-mezza, ma soprattutto pro-porre e ridefinire progetti mo-bilitanti e innovatori. Perché difatto, molti di coloro che sonoattratti dai partiti della sinistraradicale o dalla galassia movi-mentista, benché delusi, si di-chiarano tuttora vicini alla si-nistra e largamente favorevolia soluzioni riformiste. Se du-rante il XX secolo socialisti ecomunisti si erano scontrati inlotte fratricide spietate, in que-sto XXI secolo non si può direche la guerra tra le due sinistresia veramente ricominciata.Ma certo, se i riformisti conti-nueranno a non saper rispon-dere o a restare sulla difensiva,allora sì che una seconda sini-stra finirà per cristallizzare econsolidare il proprio bloccoelettorale e per erigere un edi-ficio culturale e politico più so-lido. Ai danni della sinistrariformista. E a tutto vantaggiodella destra.

(Traduzionedi Elisabetta Horvat)

comuni, con aspetti a un tem-po inediti e antichi: l’ostilità al-la globalizzazione nella suaforma presente, la condannadel capitalismo, l’antiameri-canismo, la diffidenza versol’attuale funzionamento dellademocrazia rappresentativa ela critica al riformismo. Questetematiche, non sempre impo-state negli stessi termini mapiù o meno presenti in ciascu-no di questi movimenti, costi-tuiscono una vulgata, assai più

che un’ideologia ben ordinata.Una vulgata che riattivandol’eredità del comunismo e delsocialismo massimalista se-duce, intellettualmente e poli-ticamente, gran parte della si-nistra, all’interno stesso deipartiti socialisti. Una vulgatache può contare su una basesociale formata da giovani, dalaureati e da una parte del cetomedio urbano e dei funziona-ri; ed è veicolata da cantanti ditalento – ad esempio Manu

Chao – capaci di raggiungereun vasto pubblico.

Come dimostra il suo inne-gabile successo nelle manife-stazioni di piazza, nelle mobi-litazioni collettive o forum del-le idee, si tratta di un fenome-no sociale e politico comples-so, che ripropone idee di vec-chia data ma esplora anchepercorsi inediti. Un fenomenoche rivela tutta la profonditàdel disagio sociale delle societàeuropee (disoccupazione, po-

LOTTESotto, duemezzi diversidi proselitismo:a sinistra, unacartolina checelebra il 1°maggio del1902. Adestra, lacopertina diun opuscolocontro icrumiri

LA SFIDA RIFORMISTA

LANCIATA DALL’EUROPA

DECISIONI POLITICHE ALL’INSEGNA DELLA CHIAREZZA, ANCHE SE TORMENTATE

MARC LAZAR

IL RAPPORTO KRUSCËV 1956Al XX congresso del Pcus (febbraio 1956)il nuovo leader sovietico Nikita Kruscëvdenuncia i crimini di Stalin. Nello stessoanno l’Armata rossa reprime nel sangue larivolta antisovietica in Ungheria

BAD GODESBERG 1959Con la dichiarazione di Bad Godesberg lasocialdemocrazia tedesca (Spd) siimpegna a rispettare la “disciplina delmercato” e a praticare un distaccodall’interventismo dello Stato

LA REVISIONE LABURISTA 1987Il primo tentativo di staccarsi dai principitradizionali si ha nel 1987 con la costituzione di un“Comitato di revisione delle politiche”. Tra leprincipali innovazioni la decisione di ridurre ladipendenza del partito dai sindacati

I PADRIUn manifestodi propagandasovietica con i“padri” delcomunismo:da destra, KarlMarx,FriedrichEngels eVladimir Lenin

LE IMMAGINI

Le immagini che illustrano questo diario sono tratte daraccolte di manifesti, almanacchi, opuscoli di propa-ganda del movimento socialista, operaio e comunista,in particolare da “Le immagini del socialismo, Alma-nacco socialista del 1983”.

Quella della propaganda è sempre stata un’esigenzaprimaria per il movimento operaio europeo e mondia-le in modo particolare a cavallo tra Ottocento e Nove-cento quando si trattava di mettere in piedi un’opera di“alfabetizzazione” delle masse dei lavoratori alle tema-tiche delle lotte per i diritti sociali, come l’orario di la-voro, le condizioni sanitarie, il diritto di sciopero.

GLI AUTORI

Giuliano Amato, ordinario di Diritto costituzionale, oggiinsegna Istituzioni europee all’Istituto Universitario Eu-ropeo di Firenze. Militante e dirigente socialista, è statodue volte Presidente del Consiglio e ministro del Tesoro.

Marc Lazar insegna all'Institut d'Études Politiques diParigi è studioso della sinistra francese ed europea, conparticolare attenzione alle vicende italiane.

Massimo L. Salvadori è professore di Storia delle dot-trine politiche all’Università di Torino. Studioso del No-vecento e del movimento comunista. La sua ultima ope-ra è “La solitudine dell’uomo onnipotente” pubblicata daLaterza

Page 4: 2004-03-06 Intervista a Giuliano Amato

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CIDEDRDEDU SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b,legge 662/96 - Roma.

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€ 1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna€ 1,20 (Canarie € 1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr.2,5 (con il Venerdì Fr. 2,80); Ungheria Ft. 350; U.S.A $ 1. Concessionaria di pubblicità: A. MANZONI & C. Milano - via Nervesa 21, tel. 02/574941

Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

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Anno 29 - Numero 56 sabato 6 marzo 2004€ 1,20 in Italia

Le due sinistre

eterno scontro

tra riformisti

e radicali

LA MAGGIORANZA deipartiti di sinistra europeiha finito per scegliere il

riformismo – benché in certicasi, come in Francia o in Italia,la scelta non sia avvenuta sen-za tormenti. Così ricentrati,questi partiti evolvono in unpanorama sempre più com-plesso. Di fatto, la sinistra rifor-mista si trova a confronto contre grandi sfide. Quella di unadestra a sua volta in piena mu-tazione, con la forza crescentedi partiti di tipo nuovo. Quelladei populisti xenofobi, antieu-ropei, autoritari e difensori divalori tradizionalisti, che spes-so attirano un pubblico moltopopolare e si collocano taloraall’estrema destra, come ilFronte nazionale di Jean MarieLe Pen in Francia, mentre altrevolte sono più difficili da classi-ficare, come la Lega Nord. E in-fine, la sfida della sinistra radi-cale, che sta risorgendo in di-versi paesi europei.

Questa sinistra si presentanell’arena politica sotto quat-tro forme. Esiste, com’è sem-pre esistita, all’interno dei par-titi socialdemocratici e sociali-sti (ad esempio in seno all’Spd,al Labour, al PS francese e ai Ds)in quanto sensibilità o tenden-ze espresse da correnti più omeno forti, che cercano di in-fluenzare l’orientamento ge-nerale del proprio partito; epossono rivelarsi utili per la sualeadership – quando la dialetti-ca interna funziona bene – inquanto attirano una quota dielettori. Ma la sinistra radicalepuò affermarsi anche attraver-so partiti minoritari che occu-pano l’area a sinistra dei partitisocialisti, come spesso avvienenell’Europa del Nord.

SEGUE A PAGINA 35CACCIARI, GNOLI

e SALVADORI ALLE PAGINE 33, 34 e 35

DIARIO

QUEL DIRITTO

A NON PERDONARE

Ciampi: “No alla grazia per Priebke”Il capo dello Stato: “Niente clemenza per i crimini contro l’umanità”. A Roma il prefetto vieta le manifestazioni in programma per oggi

Erich Priebke BATTISTINI, LA ROCCA e SANSA ALLE PAGINE 6 e 7

MIRIAM MAFAI

SIAMO tutti un legno secco della storta pian-ta umana: Priebke che passa gli ultimi annidella sua vita nella casa romana del suo av-

vocato, Adriano Sofri che passa gli anni della suamaturità in una cella del carcere di Pisa, l’ignotoextracomunitario condannato per traffico didroga, la ragazza di Novi Ligure che ha ucciso lamadre e il fratellino e che è stata condannata anon so quanti anni di carcere. Legni secchi dellastorta pianta umana. Ma nessuno, salvo Priebke,ha condotto al macello e macellato, con un colpoalla nuca, non so quanti giovani e meno giovaniromani un giorno di marzo del lontano 1944.

SEGUE A PAGINA 15

La decisione di Cgil, Cisl e Uil. L’astensione dal lavoro forse il 26 marzo. Il ministro del Tesoro: la mia proposta è a tempo

Pensioni, sciopero generaleFassino: “Tremonti apre perché la sua politica è fallita”

Come sarà l’Asia di domani

Shangai

da Mao

al lusso

dal nostro inviato

FEDERICO RAMPINI

SHANGAI

«HO vissuto a LosAngeles e a Parigi,oggi non ho dub-

bi: il centro del mondo si èspostato qui a Shanghai» di-ce Liu Tao, che per gli occi-dentali si americanizza il no-me in Teddy Liu. 28 anni,giornalista del Jiefang Daily,Liu ha tutti i tratti della nuovamiddle class urbana che stacambiando la storia della Ci-na. La moglie che lavora peruna investment bank. LaChevrolet spider. La spesa al-l’ipermercato francese Car-refour. E l’orgoglio tipico del-lo “shanghainese”, cittadinodi una metropoli di 20 milio-ni di abitanti che secondo Ti-me avrà nel XXI il ruolo che fudi New York nel secolo scorso

SEGUE A PAGINA 13

La svolta del governo

Cina, stop

alla supercrescita

RENATA PISU A PAGINA 12

Una manifestazione antiproibizionista MOLA A PAGINA 9

Il Consiglio dei ministri approva il ddl Fini: cade la differenza tra leggera e pesante

Droga, il governo dice sì

alla legge dei divieti

Nella gara degli ascolti il Grande Fratello supera il Festival. È la prima volta che accade

Sanremo, il primato perdutodal nostro inviato

SEBASTIANO MESSINA

SANREMO

PER uno scherzo del destino,che deve avere un pallottolie-re sadico, giusto nell’anno in

cui festeggia il suo mezzo secolo laRai subisce l’onta suprema dellacaduta della sua ultima roccaforte– il festival di Sanremo – espugnatanientemeno che dal Grande Fratel-lo. L’Evento che una volta facevafermare il paese, e davanti al qualefino all’altro ieri anche la concor-renza abbassava le armi in segno dirispetto, giovedì sera ha perso in-gloriosamente la sua imbattibilità.

SEGUE A PAGINA 40SERVIZI ALLE PAGINE 40, 41e 42

Secondo i dati dell’Oms

“A 15 diventa già un vizio”

Indagine choc

la prima

sigaretta

a undici anniELENA DUSI

A PAGINA 22

L’INCHIESTA

CON REPUBBLICA

I Classici del fumetto

è in edicola “Tarzan”

A richiesta con Repubblica a soli 4,90 euro in più

MARC LAZAR

Polemiche sulla tregiorni

nel Duomo di Milano

Tettamanzi

adesso frena

“L’invito

a Sofri

porta divisioni”COLAPRICO

A PAGINA 21

ROMA – Sciopero generale di quattro ore venerdì26 marzo contro la politica economica del gover-no e la riforma delle pensioni. La decisione di Cgil,Cisl e Uil sarà formalizzata dall’assemblea unita-ria dei delegati in programma mercoledì prossi-mo a Roma. Il ministro del Welfare, Roberto Ma-roni, intanto, assicura che, dopo la presentazionein aula al Senato, prevista per martedì prossimo,la delega previdenziale potrà tornare all’esamedella commissione Lavoro. La parziale retromar-cia del governo non frena tuttavia la protesta del-l’opposizione, che parla di «un ridicolo gioco del-l’oca».

CASADIO, DE GENNARO, LUZI e PAGNIALLE PAGINE 2, 3 e 4

IL METODO DEL DIALOGO

E IL DOPO-BERLUSCONIMASSIMO GIANNINI

DOPO tre anni di scontri con le confedera-zioni, di liti con le opposizioni e di attriti conle istituzioni, Giulio Tremonti cambia pas-

so. Finora aveva guardato al modello francese,tentato soprattutto da una rivisitazione muscola-re del “colbertismo”. Adesso riscopre il fascinotentacolare dell’esprit républicain. La svolta delministro dell’Economia va salutata con favore. Il“metodo repubblicano” lanciato da Tremontinell’intervista di ieri a Repubblica segnala unapossibile inversione di tendenza nelle strategiedel centrodestra. Va incoraggiata con realismo, enon criminalizzata per pregiudizio.

SEGUE A PAGINA 15