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53 SPECIALE CONGRESSO AIDP 2012 BADESI { } Dp d Direzione del Personale NUMERO MARZO 2012 160 dal 1980 STRUMENTI IN ATTESA DI UNA RIFORMA CHE CAMBI GLI SCENARI STORIE UN DIALOGO NEL BUIO PER VINCERE LE PAURE IDEE IL DIRETTORE DEL PERSONALE TRA PASSATO E FUTURO 44 64 72 Adattarsi al contesto in evoluzione. Sfruttare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Ecco alcune delle sfide che dobbiamo affrontare TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE METTIAMO A FUOCO LA SELEZIONE

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Siamo lieti di annunciare che Toffoletto e Soci e lo Studio del Prof. Avv. De Luca Tamajo e Soci si uniscono. 4 sedi, 90 professionisti e una nuova realtà per il diritto del lavoro italiano.

53 SPECIALE CongrESSo AIDP 2012 BADESI{ }

Dpd DirezionedelPersonale

nUMEroMARZO 2012 160

dal 1980

STrUMEnTIIN ATTESA DI UNA RIFORMACHE CAMBI GLI SCENARI

STorIEUN DIALOGO NEL BUIOPER VINCERE LE PAURE

IDEEIL DIRETTORE DEL PERSONALETRA PASSATO E FUTURO

44

64

72

Adattarsi al contesto in evoluzione. Sfruttare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Ecco alcune delle sfide che dobbiamo affrontare

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE

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sommarioeditoriale02. 2012 un anno selettivo di Maria Emanuela Salati

coverstory06. Selezione flessibile di Piergiorgio Argentero 10. La vita segreta delle parole al lavoro di Francesco Varanini 11. Alla ricerca della qualità perduta di Roberto Ferrari14. Le regole per un buon inizio di Rafaella Mazzoli18. Neolaureati cercasi da testare sul campo di Marina Pastorelli21. Cacciatori sì, ma anche consulenti di Paolo Calori 22. Paura di volare di Enrico Cazzulani 24. L'assessment da sfogliare di Andrea Castiello d’Antonio26. Quando la crescita passa dall'ascolto di Paolo Augugliaro27. Signori, in carrozza di Luca Mori

strumenti32. MONDO LEGALE/1 Work in progress di Franco Toffoletto36. MONDO LEGALE/2 Pensioni, si cambia di Pietro Gremigni 41. Un impegno da non sottovalutare di Maurizio Manicastri e David Trotti 42. Una pratica diffusa da gestire con attenzione di Bernardina Calafiori44. In carcere per imparare di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina47. La sfida della bellezza, oggi di Massimiliano Santoro48. Le differenze che ci rendono uguali di Duilio Cau 50. Il gruppo nasce in armonia di Patrizia Farnetti e Ira Orsini 53. SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi

storie62. Non sei felice? È anche colpa tua di Alessio De Santa64. Un dialogo nel buio per vincere le paure di Roberto Monti

idee68. SGUARDI SUL PERSONALE HR: la trappola dorata di Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini71. 2011, odissea nel lavoro di Francesco Caggio72. Tra passato e futuro di Giuseppe Varchetta 75. A ognuno il suo mestiere di Marco Lombardi

lettera del Presidente76. Un contributo concreto di Filippo Abramo

Direttore Responsabile Maria Emanuela Salati - Direttore Scientifico Paolo Iacci - Coordinamento Redazionale Sonia RausaRubrica Mondo Legale a cura di Paola De Gori - Comitato di Redazione Filippo Abramo • Domenico Butera • Andrea Camera • Lara Carrese • Enrico

Cazzulani • Isabella Covili Faggioli • Paola De Gori • Massimo Ferrario • Julio Gonzalez • Marco Lombardi • Ernesto Longo • Ezio Nardini • Marina Pastorelli • Pietro Santi • Massimiliano Santoro • Gilda Serafini • Giancarlo Traini • Dario Tripodo • Claudio Tronconi • Giuseppe Varchetta • Cristina Volpi • Elio Vera • Danilo Villa

Proprietà AIDP Associazione Italiana per la Direzione del PersonaleDirezione Redazione Pubblicità Via Cornalia, 26 - 20124 Milano tel. 02 6709558 - 02 67071293 Fax 02 66716588 - email [email protected]

Registrazione Tribunale di Milano n. 386 del 17 ottobre 1981 - Periodicità trimestraleProgetto grafico e impaginazione Pub - www.pubcreativepublishing.it - Stampa Rubbettino industrie grafiche ed editoriali - Soveria Mannelli (Cz)

ABBOnAMEnTIRinnovo Italia 60 euro - Estero 70 euro - nuova sottoscrizione Italia 70 euro - Estero 80 euro

Arretrati (a copia) Italia 20 Euro - Estero 30 Euro - Gratuita ai soci AIDP

In COPERTInA Along the Wall. Berlin 2009 (particolare) di Alessandro Vicario - www.alessandrovicario.eu

Dpd DirezionedelPersonale

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Direttore selezione, formazione e comunicazione interna di ATM

di Maria Emanuela Salati [email protected]

UN ANNOSELETTIVO

{

2012

editoriale

è appena iniziato un anno che si preannuncia difficile. Ma è il momento giusto per far tornare ai giovani la fiducia nel lavoro. Come? Riscoprendo la valenza educativa della selezione, un momento decisivo ma spesso trascurato02

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SELETTIVOll’inizio di un anno che, se possibile, si annuncia ancor più pesante per l’e-conomia rispetto a quelli che lo hanno preceduto, abbiamo scelto come tema

del giorno uno strumento che sta alla base del mer-cato del lavoro: la selezione.

Selezione è una parola chiave del management, che tuttavia sembrava ormai dimenticata (la nostra stessa rivista non ne parla da anni): quasi un lusso, in una fase di stagnazione del mercato. Ma è proprio ora che questo processo, se svolto al meglio, potrà rivelarsi decisivo per superare la crisi. La qualità del reclutamento sarà un elemento decisivo per guada-gnare vantaggio, per scegliere persone che rimangano nel tempo, senza sprechi e investimenti a perdere. Ma non solo.

Giovani senza sogniIl tema del lavoro e di come trovarlo è il vero pro-blema di oggi e del prossimo futuro, soprattutto per i giovani. Ci troviamo di fronte non solo a una domanda debole e senza garanzie, ma anche a un’offerta di giovani sfiduciati che non credono nel lavoro. Ormai chiedere a un candidato in sede di colloquio quali

«Comprendo e sento molto, in questo momento, le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro, come quelle di chi ha concluso o sta per concludere la sua vita lavorativa»Giorgio Napolitano, discorso di fine anno, 31 dicembre 2011

«Ieri mi sono comportata male nel cosmo.Ho passato tutto il giorno senza fare domande,senza stupirmi di niente. Ho svolto attività quotidiane come se ciò fosse tutto il dovuto»Wislawa Szymborska

sono i suoi progetti per il futuro è una domanda che genera sconforto per l’assenza di risposta. I giovani non sentono di potersi permettere più un progetto e tanto meno un sogno, e non credono più alle pro-messe delle aziende. Il 38% dei giovani trova ancora lavoro attraverso le conoscenze, il che non agevola né il merito né la mobilità sociale.

Selezionatori più attentiPer questo riparlare di selezione oggi può voler dire parlare di un’etica della selezione che ha un fine più alto del mero “reclutamento”. Forse i selezionatori dovrebbero sentirsi responsabilizzati di una nuova e più alta missione, quella di far rinascere la fiducia nei loro candidati, di ricostruire quel filo spezzato tra giovani generazioni, mercato professionale e azienda. La ricerca di un lavoro (e non di un impie-go, come dice Pierluigi Celli) è un momento molto delicato e denso di aspettative per tutti. Un momento di passaggio in cui ci si espone con più fragilità ma che può essere anche un momento importante di apprendimento. La vera sconfitta, se un colloquio “va male”, non è perdere il posto di lavoro, ma per-dere l’occasione di imparare da questo evento. E noi selezionatori possiamo fare qualcosa: possiamo riscoprire una valenza educativa del momento di selezione in cui non vale solo la logica astratta di ciò che è utile all’organizzazione in quel momento, ma il saper “riconoscere” un candidato e mettergli a disposizione ciò che abbiamo potuto vedere di lui (così decisivo per il suo futuro) e ciò che possiamo osservare del mercato. Se servono competenze per misurarsi con la sfida di un mercato “mobile” come l’attuale (come la capacità di leggere i “segnali debo-li” o di interpretare i sistemi relazionali complessi) abbiamo il dovere di informarne i nostri candidati, specie i giovani che non sono certo preparati dalla scuola ad affrontare il contesto lavorativo. E allo stesso modo occorre interrogarci su quali saranno le competenze chiave per il mondo di domani per il quale, ad esempio, i nativi digitali saranno molto meglio preparati di noi.

Insomma: servono più aiuto, più autoconsapevo-lezza, più informazioni per orientarsi nel mercato del lavoro, più “tenuta antropologica” nell’incertez-za. Per noi questo comporta qualche rischio in più, meno business, meno specialismo di facciata e più generosità. n

A

CARILETTORI

La rivista che avete in mano - lo avrete notato - è una rivista nuova. È stata ridisegnata e ricalibrata per renderla più leggibile, più immediata nella consultazione, più semplice nella lettura. Inoltre con questo primo numero del 2012 Direzione del Personale torna ad avere una distribuzione indipendente, dopo anni di sinergia con l’Impresa. Questo cambiamento ci consente di consolidare quell’autonomia che ci ha sempre contraddistinto e che da più di trent’anni fa di Direzione del Personale un riferimento per il mondo delle risorse umane. Tante novità, insomma, ma non fini a se stesse. La nuova veste di Direzione del Personale, che peraltro non intende rinunciare al suo stile sobrio e di sostanza, rispecchia la scelta di una maggiore praticità per i suoi lettori: ad esempio attraverso sezioni chiaramente distinte, o una maggiore attenzione alla titolazione, che consentono di individuare immediatamente i contenuti salienti dell’articolo. Il tutto per accompagnare al meglio il ruolo che la nostra organizzazione vuole continuare a interpretare.

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«coverstoryPartner in law.

La nostra sede è in Via della Moscova 10, a Milano, MM Turati.A Roma siamo a Palazzo Valadier, Piazza del Popolo 18, M Flaminio.

Tel. 02 8725171 | [email protected] | www.lexellent.it

Davvero era necessario un nuovo studio legale? Uno dei tanti specializzati nel diritto del lavoro? Ma noi non siamo uno dei tanti. Siamo Lexellent. Di nome e di fatto. E non siamo nati ieri.In 4 soci sommiamo 216 anni di età, dei quali 116 di esperienza nel settore, iniziata nel 1975. La nostra forza di partner delle aziende, oltre alla competenza, oggi internazionale e completa, è sempre stata quella di aver voglia di ricominciare. Con l’entusiasmo degli esordienti. ‘Esordienti’ tra virgolette, naturalmente.

Lexellent nasce da un’idea e dall’esperienza degli avvocati Benvenuto, Bergamaschi, Barozzi e Scherini.

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{06. Selezione flessibile di Piergiorgio Argentero}

{10. La vita segreta delle parole al lavoro di Francesco Varanini}

{11. Alla ricerca della qualità perduta di Roberto Ferrari}

{14. Le regole per un buon inizio di Rafaella Mazzoli}

{18. Neolaureati cercasi da testare sul campo di Marina Pastorelli}

{21. Cacciatori sì, ma anche consulenti di Paolo Calori}

{22. Paura di volare di Enrico Cazzulani}

{24. L'assessment da sfogliare di Andrea Castiello d’Antonio}

{26. Quando la crescita passa dall'ascolto di Paolo Augugliaro}

{27. Signori in carrozza di Luca Mori}««L’uomo giusto al posto giusto: focus

sul posto. / L’uomo giusto al posto

che gli è giusto: focus sull’uomo.

/ Un pronome: / e cambia tutto»

di Massimo Ferrario

coverstory

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Docente di Psicologia del lavoro e delle organizzazioniUniversità di PaviaLa sua attività di ricerca si è sviluppata principalmente su selezione, orientamento professionale, motivazione e soddisfazione sul lavoro. è inoltre autore di nove monografie e oltre 120 articoli.

lizzazione delle attività economiche e industriali, all’utilizzo di strumenti valutativi online, alle problematiche etiche che ne possono derivare.

1. Mercati globali, strumenti localiLe organizzazioni che si muovono oltre i loro confini nazionali affrontano la necessità di imple-mentare pratiche di gestione delle risorse umane, maturate in un contesto nazionale specifico, su scala mondiale. Alcune procedure e metodologie di selezione del personale sono state progettate e ideate per uno specifico contesto socio-culturale o per un certo gruppo di individui; ma strumenti sviluppati in un determinato Paese non possono essere utilizzati in altri senza essere sottoposti a un processo di verifica e adattamento locale. In generale, si dovrebbe migliorare la compren-sione di cosa comporti l’impiego di metodi di selezione in contesti internazionali diversi da quello originario. È infatti necessario riuscire a sviluppare sistemi HR che possano essere uti-lizzati nei diversi Paesi riuscendo però, al con-tempo, a riconoscere le specificità delle singole realtà locali, valutando la reale trasferibilità delle

attuale momento economico porta con sé anche conseguenze, oggi

molto evidenti e discusse in varie sedi, che si riflettono sulla gestione

del personale. Per limitare le considerazioni sulle attività di selezione e

assessment, e volendo approfondire in particolare alcuni problemi metodologici, è

possibile individuare tre nuclei tematici principali, che si riferiscono alla globa-

procedure adottate. In effetti, molte esperienze indicano che la

validità di una determinata procedura di sele-zione non è generalizzabile a situazioni diverse (per attività lavorative, gruppi professionali, or-ganizzazioni e Paesi). Applicato a un contesto internazionale, questo significa che le procedure di selezione potrebbero essere valide in un certo Paese ma non in un altro, per più di una ragione.

Possono essere innanzitutto presenti differenze nei quadri giuridico-normativi, per cui ciò che è consentito o praticato, in un certo paese, non lo è in altri. Per esempio, in Nord America viene posta grande attenzione nei processi di selezione per evitare discriminazioni su base razziale, di

SELEZIONE

FLES SIBILEdi Piergiorgio Argentero [email protected]

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lA globAlizzAzionE E i cAMbiAMEnticoverstory

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etnia o di genere; una sensibilità, questa, che ha contribuito a sviluppare procedure obietti-ve di assessment come ad esempio, nel campo delle interviste di selezione, quelle strutturate. In altri Paesi, invece, le attività di selezione e assessment risentono di minori vincoli norma-tivi: ad esempio in Giappone o in molti Paesi europei dove, anche se sono presenti degli stan-dard “professionali”, questi non rappresentano obbligo di legge e, dunque, spesso non vengono adeguatamente osservati.

Un secondo aspetto riguarda il grado di fa-miliarità con i diversi metodi di selezione: la conoscenza di determinate procedure può de-terminarne l’utilizzo, a sfavore di strumenti alternativi e magari più rilevanti nel nuovo contesto. Naturalmente l’utilizzo di una meto-

dologia poco familiare in un certo Paese implica una maggiore attenzione nella formazione di chi deve impiegarla.

Inoltre, sono da tenere in considerazione i va-lori culturali caratteristici di uno specifico Paese e come questi possano determinare, nei candi-dati, l’accettazione dell’iter selettivo al quale sono sottoposti. Nei Paesi in cui è presente una mentalità individualistica e orientata al successo personale, è possibile impiegare procedure di selezione altamente competitive e focalizzate sui risultati individuali, che non apparirebbe-ro giustificate in altri Paesi in cui sia presente una cultura collettivistica volta a privilegiare comportamenti più cooperativi e collaborativi.

Infine, l’utilizzo in Paesi diversi di strumenti sviluppati all’interno di un contesto specifico pone il doppio problema del contenuto di ciò che viene valutato e delle modalità di valutazione utilizzate. Mentre è ormai assodato che le secon-de debbano subire un processo di adattamento locale, non è ancora del tutto noto se i costrutti misurati nei candidati di un certo paese possano anche essere ricercati e valutati in soggetti di Paesi culturalmente e socialmente molto diver-si. Quando si fa riferimento in un certo ambito ad aspetti quali, ad esempio, l’”estroversione” o la “coscienziosità”, occorre essere consapevoli del rischio di darne una definizione particolare, “nazionale”, culturalmente determinata, e che per Paesi diversi può rendersi necessaria una sua ridefinizione, quanto meno in riferimento agli indicatori comportamentali che la contrad-distinguono.

FLES SIBILELe aziende multinazionali possono utilizzare le stesse procedure in tutti i Paesi? Gli strumenti di valutazione professionale presenti online sono affidabili? Due domande a cui è importante dare una risposta. Perché un errore può costare caro

“Sono da tenerein considerazione

i valori culturali caratteristici

di uno specifico Paese e come questi possano determinare,

nei candidati, l’accettazione dell’iter selettivo al quale sono

sottoposti”

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2. Strumenti tradizionali, strumenti onlineSecondo recenti stime, sul mercato internazio-nale sono presenti più di 2.500 strumenti per la selezione del personale, la maggior parte dei quali sono disponibili su internet e, spesso, non rispondono ai criteri di qualità (validità e affida-bilità) richiesti a uno strumento professionale di valutazione. La possibilità di somministrare test e questionari via internet conferisce un aspetto di legittimità anche a quelli privi di una reale va-lidità, permettendo a chi non possiede sufficienti competenze specifiche di impiegare strumenti va-lutativi che non garantiscono risultati accettabili; è stato notato che, oggi, l’uso errato o impreciso di strumenti valutativi, più che l’eccezione, è

diventata la norma, con costi elevati (anche se difficili da quantificare) per le aziende in termi-ni di decisioni errate sul personale. Solo la dif-fusione di una cultura valutativa attenta agli aspetti anche tecnici dell’assessment – ad opera di professionisti qualificati, società pro-fessionali, editori con esperienza nel settore – potrebbe assicurare alle aziende un utilizzo di test e metodi di valu-tazione più adeguato al loro specifico contesto lavorativo. Ovviamente

alcune particolari tipologie di strumenti di va-lutazione saranno sempre destinati a professio-nisti con specifica formazione teorico-pratica; tuttavia, alcuni test e questionari sviluppati appositamente per chi è privo di una specifica formazione professionale, ad esempio quelli uti-lizzabili nelle situazioni di selezione su grandi numeri di persone, è importante che garanti-scano un livello accettabile (e documentato) di risultati per le aziende che li utilizzano, magari anche attraverso un minimo di formazione per l’utilizzatore.

3. Facilità d’utilizzo, standard eticiLa facile accessibilità a strumenti disponibili online implica anche alcune questioni etiche che interessano i professionisti qualificati che si av-valgono di internet nella loro pratica. Molte di queste questioni sono state definite in codici di condotta promossi da associazioni professionali presenti in diversi paesi del mondo, che hanno sottolineato alcuni importanti punti comuni e due elementi fondamentali.

Un primo elemento è quello che limita l’utilizzo degli strumenti a chi effettivamente possiede i requisiti formativi necessari. Internet ha reso molto facile per chiunque pubblicare qualsiasi tipo di materiale. Questa possibilità ha portato molti a pensare in maniera errata che qualsiasi tool valutativo divulgato sul web abbia una sua validità, oppure che possa essere copiato e uti-lizzato a proprio piacimento, con il risultato che anche strumenti validi siano utilizzati in maniera erronea. È necessario dunque che gli editori e gli autori di strumenti per l’assessment aziendale

“Una cultura attenta agli aspetti

tecnici dell’assessment potrebbe

assicurare alle aziende un utilizzo

di test e metodi adeguati”

Un processo, tanti strumenti La selezione sta diventando un processo sempre più strutturato e articolato che richiede senza dubbio l’intervento di professionisti esperti. I quali si avvalgono di strumenti in grado di assicurare risultati obiettivi e facilmente monitorabili. Tra questi strumenti figurano, ad esempio, test per valutare le attitudini e le abilità dei candidati; questionari di personalità e motivazione per conoscere il candidato dal punto di vista del suo stile di pensiero, del suo rapporto con gli altri e sotto il profilo emotivo; esercizi di simulazione, individuali e di gruppo, finalizzati a misurare le specifiche competenze lavorative; colloqui e interviste che possono essere, ad esempio, di tipo motivazionale, mirati ad esempio a valutare la coerenza tra la posizione da ricoprire e le motivazioni e le esperienze del candidato, o strutturati sulle competenze, con l’obiettivo cioè di verificare se il candidato possiede le competenze necessarie per ricoprire con successo quel determinato ruolo.

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mantengano i loro prodotti sotto stretto controllo e segnalino eventuali violazioni del copyright.

Un secondo punto importante riguarda la ne-cessità, per chi offre servizi di somministrazione, scoring e interpretazione di strumenti testistici, di descrivere accuratamente le finalità, le norme, la validità e l’affidabilità delle procedure impiegate, anche quando queste sono completamente auto-matizzate. Fornire, e richiedere, informazioni può essere fondamentale per superare la confusione che si osserva nella massa di proposte presente su internet (e non solo). Gli elementi di primaria importanza sono sicuramente quelli riferiti al processo di costruzione dello strumento, ai dati ottenuti, alla corrispondenza tra risultati del test/questionario e risultati sul lavoro, all’equivalenza tra i test automatizzati e gli strumenti originari di tipo tradizionale. Andrebbero anche chiariti i limiti e i problemi relativi a un utilizzo on-line di strumenti valutativi.

Dai punti fin qui richiamati, possono derivare alcune implicazioni per il ruolo degli specialisti che agiscono come consulenti nella selezione e nell’assessment del personale. Innanzitutto pos-sono svolgere una funzione più attiva nel parte-cipare alla progettazione e al miglioramento dei processi di selezione, dando un contributo alle organizzazioni per sviluppare procedure seletti-ve efficaci, attente anche ai vantaggi economici che queste possono comportare nel breve-lungo periodo e non solo immediato. Secondariamen-te lo specialista di selezione, interno o esterno all’organizzazione, può essere un facilitatore dei processi di valutazione in cui intervengono numerosi attori aziendali, che possono essere

assistiti nella loro attività di valutazione sia nel-la fase di concettualizzazione del problema, sia nei momenti di scelta di procedure e strumenti. Sono molti, come si è visto, i problemi da tenere in considerazione che possono influenzare gli esiti della selezione, ed è opportuno presentar-li agli attori coinvolti nel processo di selezione affinché ne siano consapevoli. Anche nella fase conclusiva della valutazione, in cui il processo di decisione finale viene normalmente condotto dal management, lo specialista può offrire un contributo di metodo utile per ridurre i rischi di una decisione errata. n

LA SCHEDA

Una testimonianza di come cambia il processo di selezione da Paese a Paese? Ce la fornisce ATM, l’azienda di trasporto pubblico milanese che già da qualche anno gestisce la metropolitana leggera di Copenhagen e, da marzo 2011, anche il sistema metropolitano automatico del nuovo campus Princess Noura University, prestigioso ateneo femminile della capitale dell’Arabia Saudita, Riyadh. Il primo compito di ATM era selezionare il personale che poi si sarebbe occupato del servizio. Un lavoro tutt’altro che semplice: in Arabia, infatti, maschi e femmine non possono frequentare gli stessi luoghi. E quindi, in un'università femminile il personale di servizio non poteva che essere composto da sole donne. Altra piccola difficoltà: vincere la diffidenza iniziale delle donne e delle famiglie, visto che il mestiere di conducente della metropolitana è svolto perlopiù da personale maschile. «Ai colloqui – racconta Carlo Bianco, Responsabile ATM del progetto Riyadh – si presentavano o donne saudite, ovviamente ricchissime, annoiate dalla routine quotidiana o donne di altre nazionalità, egiziane o indiane ad esempio, più bisognose di lavoro». Niente affatto semplice, però, valutare donne il cui volto era completamente coperto dal velo. «Ci siamo avvalsi – continua Bianco – di una società di consulenza locale per una prima scrematura dei curricula, e poi ci siamo basati sui pochi elementi a disposizione: la conoscenza della lingua inglese e l’attenzione al linguaggio non verbale».

LA SELEzIOnE ChE PARLA ARABO

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La vita segretadelle parole al lavoro Manager e dirigenti parlano in codice. Parole talvolta poco intellegibili ai non addetti, spesso prestiti dall’inglese. Ma non si tratta di semplici convenzioni

iovanotto, posso chiedere infor-mazioni su di lei a chi di dovere?», chiede il libraio. «No, signore»,

risponde il ragazzo in cerca di lavoro, Simon, un trasparente alter ego di Robert Walser, eccentrico narratore svizzero, autore dei Fratelli Tanner (1907).

«Le informazioni di regola non valgono un soldo bucato», continua Simon. «Se lei pensa di impiegarmi, la prego di dimostrare un po’ più di coraggio della maggior parte degli altri padroni coi quali ho avuto a che fare, e di assumermi semplicemente in base all’impressione che le faccio». Il datore di lavoro è sorpreso. Ma riflette. La proposta è strana, ma vantaggiosa. «La sua sincerità mi piace, la farò lavorare otto giorni in prova. Se lei vale qualcosa, se le andrà di rimanere ancora da me, ne riparleremo insieme».

Simon sceglie, non subisce scelte altrui.Dall’idea espressa dall’indeuropeo leg-:

“cose raccolte per uno scopo”, discendono lexis: “discorso”, logos, “parola”. E lignum: “legna da ardere”, in origine “ciò che viene raccolto”. Di qui legere, “raccogliere le pa-role”. E quindi eligere (ex legere), “scegliere tra”. E ancora seligere (sed ligere), “scegliere

allontanandosi da”: da un esempio, da un modello.

Di qui il latino selectio. Che riappare nelle lingue moderne come termine scientifico. è Darwin a coniare nel 1857 l’espressione natural selection, originariamente in italiano selezione naturale. Con il tempo abbiamo capito che Darwin, più che di “scelta”, ci par-lava di “adattamento”. Sopravvive chi trova l’ambiente adatto, chi si adatta all’ambiente, e anche - per i neo-darwinisti del ventesimo secolo - chi meglio adatta l’ambiente a se stesso.

Qualcosa in più ci dice il reclutamento. Poco importa se abbiamo relegato la parola italiana nel vecchio lessico militare, e prefe-riamo recruitment. Inglese e italiano derivano dal francese recrue, “ricrescita”, “ricrescita delle forze armate”, prima in senso collettivo (1550), e poi rivolta alla scelta attenta della singola persona (1824). Il recruitment, in fondo, conferma la selection intesa come adattamento: ci parla di alimentazione di un sistema aperto.

Far continuamente ricrescere il gruppo di persone che lavorano in una organizzazione. Arare e concimare per favorire lo sviluppo. E potare magari, come quando si devono “tagliare” risorse. Crescere, non a caso, discende dalla radice indeuropea kre-, da cui cereale, ma anche creazione.

La “ricrescita” porterà alla fioritura, e darà frutti solo al termine di un ciclo che ha i suoi tempi e le sue intrinseche leggi. Un ciclo che non può essere ignorato o contraddetto. n

Tratto da: Nuove parole del manager. 113 voci per capire l’azienda

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Francesco [email protected], formatore, docente universitario, giornalista e critico letterario esperto di letteratura ispanoamericana

Viaggio intorno all’aziendaLa vita in azienda è fatta di comunicazione. La comunicazione è fatta di parole. Termini oramai codificati, entrati nel gergo e nel clima di ogni organizzazione. Conoscere il significato delle parole che usiamo quotidianamente vuol dire riappropriarsi delle proprie azioni. E scoprire che ogni parola non corrisponde a una semplice convenzione, perché ha una sua storia, spesso sorprendente. «Ogni voce – scrive Francesco Varanini in Nuove parole del manager (Guerini e associati, euro 16,50) – è una narrazione con un suo ritmo, un suo sviluppo».

“Con il tempo abbiamo capito che Darwin, più che di scelta, ci parlava di adattamento. Sopravvive chi trova l’ambiente adatto, chi si adatta all’ambiente’’

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lingUAggio in UFFiciocoverstory

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Responsabile Area Sistemi manageriali e servizio in outsourcing di IsmoPluriennale esperienza prima come professional, poi come HR manager in multinazionali italiane, statunitensi e giapponesi.

ricoprire, la ricerca di fonti e canali appropriati per reclutare candidati “in linea con il profilo” erano comportamenti ricorrenti dei recruiter delle funzioni risorse umane, che a volte si avva-levano di consulenti di selezione o head hunter.

La relazione interfunzionale tra la linea (capo diretto del futuro neoassunto) e la funzione HR (specialisti della selezione) ha da sempre generato conflittualità sui tempi (la linea chiedeva candi-dati “per ieri”, la funzione HR voleva stanziare un tempo adeguato al processo), sui contenuti (la linea voleva il “più esperto”, quasi in valori assoluti, gli specialisti della funzione del per-sonale cercavano un equilibrio tra domanda e offerta di lavoro), sulle retribuzioni (per la linea l’urgenza di inserimento giustificava stipendi più elevati del valore del ruolo ricoperto, per l’HR l’equità era un “vincolo” non superabile). I sele-zionatori della funzione del personale spesso si avvalevano di buoni rapporti di partnership con società specializzate in consulenza di selezione, che supportavano non solo il processo di sele-zione, ma anche l’integrazione interfunzionale della committenza. Gli specialisti aziendali di selezione potevano contare su un’ampia gamma di consulenti, a seconda dei profili di ricerca, del livello gerarchico, del settore merceologico di

era una volta… “l’uomo giusto al posto giusto”, motto della se-

lezione nei manuali di gestione del personale, nei documenti dei

corsi per selezionatori, nel comune dialogo tra HR e manager.

Motto impreciso: il posto “giusto” non c’è, l’uomo “giusto” nemmeno. Ma la

prassi di identificare il profilo ideale del ruolo professionale o manageriale da

di Roberto Ferrari [email protected]

C{

ALLA RICERCADELLA qUALITà PERDUTA

Gli specialisti aziendali della selezione potevano contare sull’aiuto di altri professionisti esterni. Oggi l’arrivo di nuovi strumenti (web) e una maggiore attenzione ai costi hanno cambiato le cose. Ma non sempre in meglio

“I selezionatori della funzione del personale spesso si avvalevano

di buoni rapporti di partnership con

società specializzate in consulenza di selezione, che

supportavano non solo il processo di selezione, ma anche l’integrazione

interfunzionale della committenza”➤

lingUAggio in UFFicio AziEnDE E conSUlEnticoverstory

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coverstory

riferimento, dei costi fissi e variabili della consu-lenza stessa. La funzione HR poteva contare su una molteplicità di consulenti di selezione che garantiva notevole specializzazione ed evitava monopoli di fornitura. Spesso tra committenza e consulenza si consolidava una relazione pro-fessionale di una certa stabilità, basata sulla conoscenza reciproca e sulla fiducia.

La situazione attualeNel recente passato l’attenzione delle funzioni HR e della linea manageriale è stata posta innanzi-tutto sulla sostenibilità di poter avviare ricerche di personale in momenti di crisi. La quantità di ricerche di personale è diminuita negli ultimi anni per le difficoltà economico-finanziarie delle

imprese, ma ciò che ap-pare maggiormente in crisi è la qualità dei pro-cessi, dei sistemi e degli strumenti di selezione. Numerose criticità ca-ratterizzano questa va-lutazione. Innanzitutto le fonti. Molte società di somministrazione di la-voro hanno sostituito i consulenti di selezione, specie per le tipologie di ricerca di profili medio-bassi. A volte vengono fornite candidature che per uno, due, tre mesi lavorano presso il com-

mittente. Se la prestazione è ok, l’azienda as-sume direttamente. Lo screening avviene “sul campo”. Infatti a volte si inseriscono due o tre persone. Chi performa meglio viene “stabilizza-to”. La consulenza è gratuita (o quasi). Numerosi professional aziendali di selezione si rivolgono alle major companies di somministrazione, an-che per risparmiare tempo e prevedere budget molto contenuti per realizzare processi di recru-itment che possono basarsi sull’enorme quantità di candidature. Grandi velocità, qualche volta sbrigatività: «tanto… se non va, è prevista la sostituzione».

La non esclusività dell’incaricoAlcuni committenti hanno convinto certi consu-lenti di selezione che a volte l’incarico non possa essere assegnato in esclusiva. La motivazione risiede nella volontà di percorrere più strade, più conoscenze, più canali con tempestività, contestualmente e con ampia copertura del mercato del lavoro. Nei casi di questa natura si generano potenziali conflitti concorrenziali tra i consulenti e precarietà nella relazione con la committenza. Ma ciò che non appare è il proble-ma più grave. Numerosi manager e professional ci hanno raccontato di recente di essere stati contattati da tre società di consulenza quasi contestualmente e dall’azienda stessa diret-tamente! Le conseguenze generano negatività nella relazione istituzionale, incomprensioni sui punti di riferimento, qualche aggressività in caso di insuccesso e qualche dubbio sull’etica professionale.

In aiuto delle impreseNegli ultimi anni, vista la complessità del processo di selezione e le minori risorse a disposizione delle aziende, sono diventate sempre più protagoniste le agenzie per il lavoro, che affiancano le imprese alla ricerca di nuovo personale, anche per quanto riguarda i profili medio-alti. Fino a pochissimi anni fa il core business delle agenzie per il lavoro era quasi esclusivamente la somministrazione, un contratto che prevede l’assunzione del lavoratore presso l’agenzia, che poi lo “impiegava” presso un’azienda che lo richiedeva e con cui l’agenzia stipulava un contratto di lavoro. Oggi queste agenzie hanno allargato il proprio portfolio di servizi e sono molto attive – oltre alla somministrazione di lavoro – anche nel servizio di ricerca e selezione finalizzato all’assunzione, a tempo determinato o indeterminato, del candidato in azienda.

“La quantità di ricerche di personale è diminuita negli ultimi anni per le difficoltà economico-finanziarie delle imprese, ma ciò che appare maggiormente in crisi è la qualità”

AziEnDA E conSUlEnticoverstory

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Il problema del success feeCon una certa frequenza accade di incontrare ri-chieste di collaborazione consulenziale per il re-cruitment subordinate all’accettazione del “com-penso a risultato”. È noto che in una certa misura quasi tutti i contratti di consulenza di selezione hanno previsto e prevedono step graduali di rico-noscimento dei compensi alla società incaricata di supportare la committenza. Come è noto, di solito gli step sono: 33% all’assegnazione dell’in-carico, 33% alla presentazione della “rosa finale”, 34% all’assunzione del candidato prescelto. Vi è inoltre l’impegno a effettuare, senza altri oneri per il committente, una nuova ricerca nel caso in cui la persona assunta risultasse inadeguata o lasciasse la società durante il periodo di prova. Il success fee cui tendono sovente i committenti oggi intende invece riconoscere il compenso solo se il candidato presentato dalla consulenza verrà assunto, senza acconti intermedi. A volte non viene concessa l’e-sclusiva. È opinione diffusa tra parecchi consulenti di selezione che tale formula “deresponsabilizzi” il committente, che si sente relativamente poco im-pegnato nel favorire le condizioni più appropriate per attuare un processo di selezione organico, ben tempificato, efficace. È tra l’altro possibile che tale formula “deresponsabilizzi” anche il consulente, il quale al momento dell’acquisizione della commessa di selezione accetta l’incarico per ampliare poten-zialmente il volume di affari e successivamente disinveste sui progetti a maggior rischio (quelli a success fee appunto) per concentrare le attenzioni su quelli a “valore”.

L’e-recruitment: croce e deliziaDa molti anni i selezionatori (aziendali e non) possono beneficiare di strumenti di supporto web-based che hanno consentito di velocizzare il processo di comunicazione della domanda di lavoro, di intercettare tempestivamente l’offerta, di ridurre significativamente i costi e gli inve-stimenti per le notorietà della ricerca, per la

raccolta e la gestione delle candidature. Tutto ciò rappresenta un punto forte del recruitment grazie all’uso delle tecnologie informatiche. Non mancano però alcune criticità che influenzano l’efficacia del processo di selezione con l’uso di tale strumento:1. l’acquisizione delle candidature è quantitati-vamente rilevante e lo screening è assai oneroso, in quanto una prima selezione dei cv è fortemente time consuming;2. l’enorme facilità di risposta genera risposte multiple dei candidati che, spesso, in occasio-ne di un primo contatto con la committenza o la consulenza non ricordano di aver risposto all’annuncio;3. l’e-recruitment in virtù di un costo contenuto e di una velocità di contatto rischia di diventare “il canale” del recruitment, cioè la “moda” di ri-ferimento cui non ci si può sottrarre, limitando quindi la ricerca diretta, le relazioni professionali, altre forme di placement.

Possiamo migliorare in futuro?È quasi certo che non ci ritroveremo nelle si-tuazioni espansive del mercato del lavoro che abbiamo vissuto negli anni ‘70 e ‘90 dello scorso millennio. È altrettanto indubitabile che le im-prese avranno sempre bisogno di inserire nuo-ve risorse nel proprio organico per un naturale ricambio e per situazioni in crescita.

Il miglioramento necessario nella definizione e gestione dei processi di selezione rispetto alla situazione attuale sarà possibile, a mio parere, se i vari ruoli coinvolti sapranno ricercare “maggiore parità”. Cioè meno subalternità tra selezionatore e candidato (reciproca, peraltro), tra committenza e consulenza, tra linea manageriale e funzione HR. Saper costruire una nuova relazione di in-terdipendenza e di fiducia potrà restituire alla selezione del personale quel ruolo relazionale, di scambio, di “misurazione reciproca” che recenti eventi hanno fatto un (bel) po’ svanire. n

Al lavoro vince... l’amoreAttitudini. Conoscenze. Professionalità. Sono tanti gli aspetti che un selezionatore deve tenere in considerazione quando si appresta a scegliere un candidato. Ma sapere se una persona è produttiva pare sia molto più semplice: basta chiedere se è innamorata. Così, almeno, sostiene una ricerca condotta da una nota agenzia per il lavoro francese su oltre 1.100 impiegati e candidati italiani e 100 responsabili hR di aziende clienti. L’85% degli impiegati intervistati e l’87% dei responsabili hR, infatti, è certo che l’amore abbia un effetto positivo sulla produttività lavorativa, perché la serenità favorisce la produttività. Però le stesse persone dichiarano che i single hanno più possibilità di fare carriera rispetto agli altri. L’amore fa bene alla produttività e non alla carriera?

AziEnDA E conSUlEnti

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Executive Search Consultant di Egon zendher InternationalEgon Zendher International è una società fondata del 1964 con una chiara visione: mettere al primo posto gli interessi dei propri clienti, consentendo loro di accrescere il proprio valore attraverso il reclutamento di management di alto livello. Oggi può contare su 410 consulenti dislocati in 38 paesi.

forte cambiamento; l’ingresso in un’azienda in evoluzione; l’inserimento in un’azienda familiare per chi ha operato in aziende multinazionali.

In tutte queste situazioni, gli obiettivi cui pun-tano sia l’azienda sia il manager inserito sono la piena efficacia nel ruolo nel minor tempo pos-sibile. Il manager dovrà dimostrare da subito la capacità di focalizzarsi sulle giuste priorità dando prova del suo potenziale e ripagando l’in-vestimento che l’azienda ha fatto su di lui. Ciò vale ancora di più per le posizioni senior.

Ottenere questi benefici in modo rapido è l’obiettivo di tutti, ma nella pratica può rivelarsi difficile.

Abbiamo esperienza diretta del problema: ricerchiamo sul mercato risorse da inserire in azienda, e, in molti casi, assumiamo anche l’inca-rico specifico di supportare l’inserimento. I casi di maggior successo sono quelli in cui riusciamo ad applicare un processo rigoroso che consente di accelerare l’integrazione della persona nella nuova situazione lavorativa.

Ogni integrazione è a suo modo unica, però possono essere individuati alcuni momenti chia-

integrazione di risorse manageriali in azienda dall’esterno è un momento

delicato sia per la persona che entra nella nuova realtà aziendale sia

per la società che la accoglie. I fattori concreti che aumentano la com-

plessità dell’inserimento – e il livello delle aspettative – possono essere diversi:

un nuovo incarico che copre geografie non conosciute; il mandato di portare

ve e, in parallelo, strumenti idonei per gestire efficacemente ogni fase.

Iniziamo dal definire il successo: un’integra-zione ben riuscita si misura attraverso la velocità con cui il manager inserito riesce a impadronirsi di cinque aspetti fondamentali:1. assumere la leadership operativa: mostrare di essere padrone delle leve operative del ruolo, attribuendo, in modo graduale, le giuste priori-tà. Nei casi migliori, il manager si concentra da subito sulle priorità e mostra in questo modo padronanza del ruolo e credibilità;2. prendere la guida del team: conoscere il team e guidarlo. Nei casi migliori, il manager in breve tempo sviluppa una connessione personale con il team, ne padroneggia le dinamiche e interviene quasi da subito per introdurre miglioramenti;3. allinearsi con gli stakeholder: accertarsi che

di Rafaella Mazzoli [email protected]

L‘

{

intEgRAzionE Di RiSoRSE MAnAgERiAli

LE REGOLE PER UN BUON INIZIO

L’inserimento di un nuovo professionista in azienda è un momento delicato. Sia per la persona, sia per l’impresa. Strumenti idonei aiutano tuttavia a gestire efficacemente

coverstory

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i propri obiettivi di business e personali siano allineati con le aspettative dei decisori chiave, costruendo progressivamente l’allineamento. Nei casi migliori, il manager dedica attenzione a que-sto aspetto anche prima di entrare in azienda, ne fa oggetto di indagine esplicita, ed è in grado di posizionarsi correttamente da subito;4. inserirsi nella cultura: capire le regole – scritte e non scritte – di “come ci si comporta” in quella azienda. Nei casi migliori, il manager entra in azienda avendo già sviluppato una sensazione di come comportarsi, quindi è percepito da subito come un elemento costruttivo e integrato con la cultura;5. definire una strategia di lungo termine: capire e comunicare quali saranno le azioni da realizzare per portare risultati nel medio-lungo termine. Nei casi migliori, il manager ha già una visione strategica sul lungo termine fin dai primi giorni in azienda, e la usa esplicitamente per dare forma al proprio comportamento.

Prima del debuttoLa strada per il successo passa da azioni che partono già prima dell’inserimento del manager. Quando interveniamo per accelerare l’integra-zione di un manager che abbiamo selezionato, raggruppiamo le attività in tre fasi distinte:1. la preparazione dell’inserimento: investire ex ante sul successo. In questa fase il manager ha l’unica chance di riflettere, prima di trovarsi travolto dal day-by-day, su aspetti chiave come l’allineamento con gli stakeholder, le specificità della cultura e la strategia di lungo termine;

2. i primi trenta giorni: massimizzare l’impatto iniziale. Le prime azioni che il manager realizza avranno un’influenza sproporzionata su come la persona sarà percepita, quindi sono un elemento cardine per l’integrazione;3. dai 30 ai 90 giorni: dimostrare la capacità di ottenere risultati. Il manager deve mostrare di aver individuato azioni che impattano sui risultati di business. Le fasi precedenti servono a ridurre il tempo per arrivare a questa fase.

Mappare i collaboratoriNella fase di preparazione dell’inserimento, sono consigliati strumenti idonei a rendere esplicite e trasferibili al manager informazioni normal-mente “nascoste” nelle pieghe del funzionamento aziendale.

Ad esempio la “diagnosi” della cultura azien-dale e il confronto con la cultura di provenien-za della persona consentono di evidenziare le possibili trappole comportamentali da evitare e i comportamenti che saranno apprezzati dall’or-ganizzazione. In molti casi, l’organizzazione che riceve il manager vuole utilizzare l’inserimen-to anche per far evolvere la propria cultura: in questi casi, è utile descrivere anche la cultura “obiettivo”, per individuare e condividere gli elementi su cui il nuovo manager può incidere positivamente.

Suggeriamo di utilizzare strumenti di “map-patura” sia degli stakeholder chiave e delle loro attese, sia del gruppo dei collaboratori e delle sue dinamiche. Questi strumenti consentono di espli-citare una serie di elementi “soft” preziosissimi per il manager, permettendogli di posizionarsi in modo rapido e coerente verso gli stakehol-der, di acquisire credibilità con i collaboratori e padronanza delle dinamiche del proprio team.

Inoltre, è opportuna una tempestiva rifles-sione sull’impostazione dell’agenda dei primi giorni, per iniziare velocemente a concentrarsi sugli interlocutori e sulle attività essenziali per conseguire gli obiettivi del ruolo e rassicurare l’organizzazione mediante comportamenti coe-renti e focalizzati.

Nei primi trenta giorni, il manager inserito ini-zia a gestire il business, ma contemporaneamente continua il suo percorso di apprendimento. In questa fase suggeriamo strumenti che consentono al manager di acquisire efficacia sugli aspetti chiave della gestione, in particolare:1. analisi degli early wins, ovvero una riflessione sull’identificazione di azioni che possono essere

intEgRAzionE Di RiSoRSE MAnAgERiAli

Manager in rosa? Quanta strada da fare...Lo chiamano “tetto di vetro”. È il fenomeno per cui, a parità di competenze e potenziale, le donne manager non riescono ancora oggi a raggiungere gli stessi livelli gerarchici dei colleghi uomini. Il motivo? Fondamentalmente culturale. Perché l’integrazione delle risorse manageriali in una nuova azienda passa anche attraverso il riconoscimento del valore specifico che le donne dirigenti possono offrire. Lo scorso novembre il quinto Forum Cultura d’impresa organizzato dal Sole 24 Ore ha fatto luce sul tema della leadership femminile. Ricordando come, a fronte di un tasso di occupazione che distanzia le donne dagli uomini di 13 punti percentuali e di retribuzioni nettamente inferiori per le signore a parità di mansioni dei colleghi di sesso maschile, la redditività delle aziende con un miglior equilibrio tra donne e uomini nel top management sia statisticamente migliore. La leva da azionare? Costruire nuovi paradigmi di gestione delle risorse umane, hanno spiegato i relatori. ➤

“La diagnosi della cultura aziendale e il confronto con

la cultura di provenienza consentono

di evidenziare le possibili trappole comportamentali da

evitare e i comportamenti che saranno apprezzati

dall’organizzazione”

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volte delicati. Peraltro, l’investimento fatto dall’a-zienda in questa fase si ripaga immediatamente in termini di rapido return on investment. In questa fase, il nostro ruolo è quello di facilitatori di questo sensibile dialogo, grazie alla fiducia che ci concedono sia l’azienda, sia il manager che abbiamo selezionato.

Integrazione: serve il facilitatoreIn conclusione: le nostre osservazioni sul campo ci portano a ritenere che adottare un approccio strutturato come quello che abbiamo descritto consente una riduzione drastica nei tempi di in-tegrazione, fino a dimezzarli rispetto alla norma.

Talvolta l’importanza del processo di integra-zione è sottovalutato, sottostimando i benefici derivanti da una rapida integrazione. Spesso in azienda è difficile rendere esplicite le dimensioni soft che tutti danno per scontate; per farle emer-gere è necessario un rapporto di stretta fiducia tra tutti gli interlocutori. Inoltre, nella maggior parte delle aziende – non solo italiane – è difficile trovare una solida “cultura del feedback” che consente di fornire esplicite indicazioni su aree di forza e di sviluppo senza che ciò venga percepito come una “aggressione” all’individuo. A volte, molto semplicemente, c’è difficoltà nel trovare il tempo di allineare tutte le parti coinvolte.

Un ruolo chiave è quello dell’HR manager, che in questi interventi può esercitare un ruolo cri-tico ponendosi come “facilitatore” tra il manager inserito e l’azienda. Affiancando la linea manage-riale in questa fase, l’HR può garantire la riuscita dell’inserimento e contribuire in modo visibile al successo del business. n

messe in campo da subito per ottenere risulta-ti e allo stesso tempo consolidare la credibilità del manager, in quanto chiare e coerenti con le aspettative degli stakeholder;2. analisi e miglioramento delle dinamiche di team, tramite ad esempio interviste ai principali collaboratori e un workshop di discussione tra collaboratori e manager, per rendere esplicito ciò che funziona e ciò che va messo a punto.

A valle dei primi 90 giorni, l’attività che consi-deriamo fondamentale è raccogliere un feedback approfondito sui primi tre mesi di attività del manager per capire quali sono stati i risultati ottenuti, sia per quanto concerne il business, sia per le dimensioni soft, quali la guida del team, l’allineamento con gli stakeholder e l’integrazione con la cultura aziendale.

Tutti questi strumenti si basano sulla stretta collaborazione tra manager inserito, hiring ma-nager e HR manager, che devono essere disposti a discutere apertamente e genuinamente su temi a

INTERVENTO IN TRE FASI PER ACCELERARE L’INTEGRAZIONE NEL NUOVO RUOLO

Leadershipoperativa

FASE 1 PREPARAZIONE

Investire sul successo

AnALISI DELLA SITUAzIOnE

DIAGnOSI CULTURALE

MAPPATURA DEGLI STAkEhOLDER

AnALISI DEL TEAM

PRIORITà E DECISIOnIDEI “PRIMI GIORnI”

ChECk A 30 GIORnI

PRIMI SUCCESSI

wORkShOP COn IL TEAM

REVIEw A 90 GIORnI

FASE 2 30 GIORNI

Massimizzarel’impatto iniziale

FASE 3 90 GIORNI

Dimostrare la capacitàdi ottenere risultati

Guidadel team

Allineamento con gli stakeholders

Integrazionenella cultura

Focus sul lungo termine

Veloci. Ma con metodoCosa si chiede a un manager appena arrivato in azienda? Di integrarsi nel nuovo ruolo il più velocemente possibile, individuando subito le priorità sulle quali focalizzarsi. Una missione davvero difficile. Però è possibile ottenere un buon risultato basando le proprie azioni su un processo rigoroso in grado di individuare e definire i momenti chiave dell’integrazione e fornire gli strumenti idonei per gestire in maniera efficace ogni fase.

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“Spesso in azienda è difficile rendere esplicite le dimensioni soft che tutti danno per scontate; per farle emergere è necessario un rapporto di stretta fiducia tra tutti gli interlocutori”

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Principal Executive Search di kPMG Advisory

Francesco SpadaroPartner Responsabile Risorse Umane di kPMG [email protected]

Abbiamo affrontato il tema con Francesco Spa-daro, Partner Responsabile Risorse Umane di KPMG, network internazionale di servizi pro-fessionali alle imprese, presente in Italia con 28 uffici e oltre 3mila dipendenti.

In un contesto macroeconomico così complesso, KPMG continua a offrire opportunità professio-nali ai giovani?«Vorrei partire sul tema della selezione con un commento positivo. In KPMG abbiamo chiuso il 2011 inserendo circa mille nuove risorse e ci attendiamo di ripetere questo risultato anche nel 2012.

Un ulteriore spunto positivo: il trend di crescita o almeno di mantenimento del flusso di ingressi rispetto al 2011 è presente su tutto il territorio nazionale, visibile quindi in tutti i 28 uffici dove KPMG opera in Italia. Noi facciamo selezione su tutto il territorio, in moltissime università italia-ne, cercando il potenziale non solo negli istituti più blasonati. Questo ci permette di entrare in contatto con la componente più dinamica del Paese qualunque sia l’area di provenienza. Un

n uno scenario generale caratterizzato da dati drammatici sulla disoc-

cupazione giovanile in Italia e in particolare in alcune aree del Paese,

abbiamo voluto approcciare una realtà che, nonostante la crisi, non

ha rallentato il suo processo di assunzione di neolaureati ma, invece, inten-

de proseguire massicciamente la campagna di recruiting anche nel 2012.

grande numero di inserimenti riguarda anche giovani laureati del sud».

Perché, nonostante lo scenario recessivo, KPMG continua ad assumere un numero così significa-tivo di risorse?«Occorre premettere che uno dei caratteri distin-tivi del servizio professionale di KPMG deriva dalla multidisciplinarietà che si esplica nelle quattro maggiori aree disciplinari della revisione, dell’advisory, dell’accounting e della consulen-za fiscale e societaria. Proprio per mantenere e rafforzare tale componente multidisciplinare, gli ingressi del 2012 sono previsti in tutte le di-scipline indicate. Peraltro ci sono alcuni fattori specifici che vanno considerati: la revisione, che rappresenta la nostra principale area disciplinare, è un’attività di tipo contabile, pubblicistica, per

di Marina Pastorelli [email protected]

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NEOLAUREATI CERCASIDA TESTARE SUL CAMPO

La revisione, core business di KPMG, è per sua natura un’attività anticiclica. Ma basta questo a spiegare perché una delle aziende più appetibili per i giovani laureati è alla continua ricerca di candidati?

AziEnDE chE ASSUMonocoverstory

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sua natura anticiclico; la nostra offerta così ampia di servizi riesce inoltre a intercettare fabbisogni emergenti legati a momenti congiunturali, come ristrutturazioni, internazionalizzazione, gestione del rischio per citarne alcuni».

Vi è comunque qualche disciplina che esigerà nel 2012 una maggiore alimentazione di nuove risorse?«Il risk and compliance e l’information risk ma-nagement nell’advisory, il trasfer pricing e il custom duty nella consulenza fiscale certamente rappresenteranno alcune delle priorità di ricerca nel 2012. Teniamo comunque presente che la revisione continuerà a rappresentare il maggiore canale di ingresso e quindi di priorità di ricerca e selezione per il nostro network».

Quali caratteristiche vengono selezionate nei candidati a queste posizioni?«Per quanto concerne la formazione, cerchia-mo prevalentemente laureati in economia e in ingegneria con un ottimo curriculum scolastico e con una buona conoscenza dell’inglese. Rela-tivamente alle soft skills, testiamo le capacità analitiche e di problem solving, le doti relazio-nali, la predisposizione a lavorare in team. Non

ultimo, cerchiamo anche un imprinting etico-valoriale della persona, in grado di recepire in tempi rapidi la nostra cultura».

Vengono messe in atto particolari prassi di selezione?«A questo proposito vorrei citare un’iniziativa particolare, a cui teniamo molto, che ha come target gli studenti del primo e secondo anno del-la laurea specialistica. Si tratta di un concorso internazionale, l’International case competition, che KPMG ha ideato per far competere giovani preparati di tutte le nazionalità su Business Cases. In Italia selezioniamo ogni anno venti studenti che vanno a comporre cinque squadre che si sfidano a livello nazionale. La squadra vincente rappresenterà poi KPMG Italia nella finale inter-nazionale che si svolgerà a Hong Kong. La case competition consente di testare efficacemente le capacità dei candidati di lavorare su situazioni reali, immaginando soluzioni e mettendo alla prova l’agilità di pensiero».

Per garantire obiettivi di selezione così ambiziosi, quali sono i principali fattori di attrazione che vengono messi in campo?«Innanzitutto proponiamo un’immediata of-

Una storia lunga più 50 anniKPMG è uno dei principali network di servizi professionali alle imprese, leader nella revisione e organizzazione contabile, nella consulenza manageriale e nei servizi fiscali, legali e amministrativi. Il network KPMG è attivo in 150 Paesi del mondo con oltre 138mila professionisti. L’obiettivo di KPMG è trasformare la conoscenza in valore per i clienti, per la propria comunità e per i mercati finanziari. Le società aderenti a KPMG forniscono alle aziende clienti una vasta gamma di servizi multidisciplinari secondo standard d’eccellenza omogenei a livello internazionale. Presente in Italia da oltre 50 anni, KPMG conta più di 3mila professionisti, 166 partner e 28 sedi sul territorio nazionale.

I MESTIERI DI KPMG

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FINANCAL SERVICES

BAnkInG

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InVESTMEnT MAnAGEMEnT

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AUTOMOTIVE AEROSPACE/DEFEnCE

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ELECTROnICS

EnGInEERInG

PhARMACEUTICALhEALThCARE

OIL & GAS/MInInG

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PRInTInG/PUBLIShInG

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MEDIA/MARkETInG

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BUILDInG

COnSTRUCTIOn

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OUTSOURCInG

SUPPORT SERVICES

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AziEnDE chE ASSUMono

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candidati. In questa ottica i canali sempre attivi sono molteplici e vanno dagli incontri organizzati da università e altre istituzioni per promuovere la conoscenza tra studenti e mondo del lavoro (job meeting, career days, off campus ecc.) all’at-tuazione di stage curriculari capaci di avvicinare lo studente prossimo al completamento del suo percorso di studi alla sperimentazione di diffe-renti discipline per aiutarlo nel suo orientamen-to. Un’efficace azione di recruiting deriva anche dalla presenza di partner e manager KPMG in seminari e corsi di laurea nelle materie affini alle proprie esperienze professionali, in grado quindi di svolgere un’attività continua di informazione sui nostri mestieri. Siamo poi attivi sui principali social network di natura professionale o privati. Adottiamo quindi una strategia integrata multi-canale, proponendoci comunque sempre al target di ricerca come l’azienda dell’eccellenza tecnico-professionale. Questo impegno peraltro sembra confermato dai risultati del recente sondaggio internazionale condotto dalla società Universum che, su un campione di 83mila studenti di 12 Pa-esi, posiziona KPMG al secondo posto nel mondo, dopo Google, tra le società migliori dove iniziare la propria carriera lavorativa».

Quali sono le eventuali difficoltà che si in-contrano nel processo di recruiting?«Momento congiunturale e di incertezza come l’attuale rappresenta comunque una sfida di ri-lievo per l’azienda che assume. Da un lato infatti la minor competizione presente sul mercato del lavoro rende più facile il compito per effetto di una crescente numerosità di candidature. D’altro canto tuttavia risulta più difficile valutare la vera motivazione del candidato che si rivolge a una determinata professione anche a causa della scarsità di offerte alternative sul mercato del lavoro.

In questo momento si gioca quindi un’ulte-riore sfida di qualità: c’è infatti la possibilità di attrarre risorse di livello e competenze diffe-renziate che in altri momenti congiunturali si sarebbero rivolte ad altre professionalità. Sta quindi all’azienda sostanziare e valorizzare con formazione, esperienza, contenuti professionali, prospettive di carriera e di crescita personale la scelta del candidato. Con la crisi si entra in una nuova fase dove il valore della competenza torna centrale. KPMG in questa prospettiva vuole posizionarsi come una delle realtà di riferimento per il terziario avanzato». n

ferta formativa professionale di grande portata e interesse per i neolaureati, che si sostanzia in tre settimane di formazione in aula nel primo semestre dall’ingresso in KPMG. Nel secondo semestre la formazione si completa con ulte-riori due settimane in aula e alcune sessioni di e-learning focalizzate su competenza linguistica e temi di compliance normativa.

A questo si accompagna una proposta con-trattuale, quella dell’apprendistato professio-nalizzante, solida e motivante, con vincolo di assunzione minima del 95% al termine del periodo di apprendistato.

In termini più generali, una realtà come la nostra viene percepita comunque come una pa-lestra, un’ottima opportunità di acquisire quella strumentazione di base tecnica, organizzativa e relazionale che diventa bagaglio di valore del proprio percorso professionale. Entrando in un network multidisciplinare, il mestiere scelto all’ingresso può essere anche solo una prima esperienza professionale dalla quale partire per ulteriori frontiere di competenza».

Quali sono i canali che vengono privilegiati per avvicinare i candidati?«L’inserimento di 600 neolaureati all’anno presup-pone la messa a punto di una macchina organiz-zativa in grado di valutare circa 10mila potenziali

ASSUNZIONI KPMG

Le Big FourKPMG è a oggi, insieme a Pricewaterhouse Coopers, Deloitte & Touche e Ernst & Young, una delle più importanti società di revisione e consulenza al mondo. I risultati collocano la multinazionale olandese al vertice di queste grandi realtà: secondo una recente analisi del Sole 24 Ore è infatti KPMG a guidare la classifica con un 28,1% di quota di mercato.

FY2008-09

FY2009-10

FY2010-11

584 614 1081

AziEnDE chE ASSUMonocoverstory

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Paolo Calori [email protected] Consultant di People Directions

Cacciatori sìma anche consulentiLe società di selezione, in particolare quelle di head hunting, si stanno evolvendo per offrire alle aziende un servizio più ampio. In una parola: consulenza

STRUMENTI

l processo di ricerca e sele-zione affidato, in particolare, alle società di head hunting è

strutturato in sei fasi principali.

1. Analisi della posizione e del contesto organizzativo in cui è inseritaRaccolta delle informazioni relative all’a-zienda cliente, al contesto organizzativo e alla posizione da ricercare. Definizione del profilo ideale e del “branding” della posizione.

2. Definizione della strategia di ricerca e avvio della ricercaIndividuazione degli strumenti/metodi di ricerca: database e sito internet della so-cietà, annunci, “caccia diretta” e network dei consulenti. Individuazione delle aziende di riferimento e delle posizioni organizzative per la “caccia diretta”.

3. Valutazione dei candidati e presentazione della posizione e dell’azienda cliente Selezione delle candidature: screening dei curricula, interviste telefoniche, colloqui personali, individuali e/o di gruppo, test psicologici. Analisi delle competenze pro-fessionali, delle caratteristiche personali e delle motivazioni per valutare l’alternativa professionale proposta.

4. Presentazione della “rosa” dei candidati e scelta del candidato Scelta dei candidati da presentare al cliente

e predisposizione di schede di presenta-zione per ogni candidatura. Individuazione della candidatura preferita dal cliente.

5. Assistenza per l’illustrazione e l’eventuale negoziazione del pacchetto retributivo con la candidatura prescelta

6. Supporto al cliente e al candidato nei primi sei mesi dall’ingresso nell’organizzazione aziendale

Alcune società di selezione e, in partico-lare, quelle di head hunting, sono evolu-te o stanno evolvendo verso la fornitura alle organizzazioni clienti di un servizio più ampio, che va al di là della ricerca e selezione: un servizio consulenziale. La motivazione principale di questa evoluzio-ne è da ricercare nella volontà di fornire un valore aggiunto maggiore al cliente o di differenziarsi rispetto ai concorrenti. Il servizio di consulenza si articola nelle seguenti tipologie principali:

a) Analisi e valutazioni organizzative. Partendo da una ricerca di personale è possibile approfondire aspetti organizzativi sul ruolo da ricoprire e sulle funzioni orga-nizzative coinvolte. Si possono dare rispo-ste, per esempio, alle seguenti domande: esiste il ruolo da ricercare o è preferibile modificarlo? Quali sono le caratteristiche del ruolo presso le organizzazioni concor-renti? Come sono organizzate le funzioni aziendali coinvolte nell’ambito della struttura organizzativa della concorrenza? Possiamo modificare il ruolo organizzativo per inserire nell’organizzazione un talento?

b) Analisi e valutazione del mercato di riferimento per specifiche posizioni organizzative. Le organizzazioni possono avere l’esigenza di comprendere meglio – per esempio prima di un’eventuale ricerca di personale – qua-le sia la situazione del mercato del lavoro riguardo a una o più posizioni organizzative specifiche. In questo caso la società di sele-zione è chiamata a realizzare una mappatura del “bacino” di riferimento. n

I

“Con i servizi di consulenza la società di selezione vogliono fornire valore aggiunto o differenziarsi dalla concorrenza”

AziEnDE chE ASSUMono ScEnARicoverstory

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di Enrico cazzulani [email protected]{

SitUAzioni E PARADoSSicoverstory

quando le occasioni ci sono? Qui entra in gioco, spesso, una situazione paradossale. Infatti da un lato sempre più persone esprimono la propria insoddisfazione, il desiderio di cambiare aria e ambiente, la voglia di crescere e di affrontare nuove sfide. Ma poi, al dunque, molti si tirano indietro.

Nella mia esperienza professionale mi è ca-pitato e sempre più spesso mi capita di avere a che fare con questo problema: come convincere i candidati ad accettare le sfide implicite nelle nuove opportunità. Il tema non è la posizione, non è la retribuzione, ma è la paura del cambia-mento, la paura di spiccare il volo.

Sembra incomprensibile. Ma è davvero incom-prensibile? Davvero le persone di questa genera-zione hanno meno confidenza in se stessi e più paura del nuovo rispetto al passato?

In realtà, se solo cerchiamo di andare dentro al fenomeno e di comprenderne le ragioni, ve-diamo che tali comportamenti spesso non sono infondati, non derivano da blocchi psicologici o da irrazionali paure, ma sono una risposta difensiva a problemi reali.

isurarsi con la realtà concreta, avere a che fare con i problemi

quotidiani, spesso ti fa toccare con mano l’esistenza di para-

dossi insospettati e insospettabili per chi non li vive da vicino.

Prendiamo il mercato del lavoro di cui tanto si parla in questi giorni. Il problema

all’attenzione generale è la mancanza di occasioni di lavoro, ma che cosa accade

Innanzitutto, la situazione di incertezza ge-nerale che, oramai da diversi anni, pervade la nostra società, non può non generare un atteg-giamento difensivo e conservatore. Crisi eco-nomica, ristrutturazioni aziendali, alto livello di disoccupazione, difficoltà di trovare valide opportunità occupazionali in caso di necessità, insicurezza economica, timori per il futuro, sono tutti elementi che creano un senso di precarietà cui si tende a rispondere tenendosi stretto quan-to già si ha e si conosce bene (il mio lavoro, la mia azienda, i miei capi, i miei colleghi). Meglio stare in un ambiente noto e, pur con tutti i suoi difetti, percepito come sicuro che affrontare il mare aperto.

A questa ragione derivante dalla situazione

MPartner di ArethusaDirigente aziendale dal 1978, ha ricoperto la carica di responsabile del personale in importanti imprese multinazionali. Oggi è segretario nazionale AIDP e partner di Arethusa, società specializzata in ricerca, consulenza e selezione.

PAURADI VOLARE

In molti si dichiarano insoddisfatti della propria situazione lavorativa. Dicono di voler cambiare aria. Ma poi si tirano indietro. I motivi? Il timore di andare incontro a incertezze dovute anche a un comportamento non sempre etico delle aziende

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SitUAzioni E PARADoSSi

l Talent Management sta emergendo anche nel nostro Paese come stru-mento fondamentale per il successo

e per la stessa sopravvivenza delle aziende nei prossimi anni.

Per comprendere l’importanza del fe-nomeno, InfoJobs.it, in collaborazione con la MIB School of Management ha realiz-zato un’indagine conoscitiva (settembre/ottobre 2011) su un campione di azien-de di medio-grandi dimensioni. L’intero report è consultabile al link www.infojobs.it/aziende/indagine-gestione-dei-talenti.

L’indagine rileva che il livello di sviluppo delle pratiche di gestione dei talenti in Italia è ancora molto legato alle competenze e alla creatività delle persone che in azienda hanno la responsabilità su tali processi, mentre non appare ancora incidere in modo significativo sulle pratiche aziendali il lavoro di sistematizzazione e ricerca svolto delle fonti esterne quali le università, i centri di ricerca e le grandi società di consulenza.

Al di là del segnale chiaro emerso riguardo alla correlazione positiva tra l'utilizzo di pratiche esplicite di Talent Management e le performance dell'impresa in termini di tassi di crescita sui mercati, dai dati possono essere estrapolate alcune tendenze, ancor più interessanti se confron-tate con i dati della survey Mercer (http://dld.bz/mercer2010) relativi ai trend europei e mondiali del Talent Management.

L’HRM in Italia pare ancora piuttosto conservativo Solo il 25% delle imprese straniere si dichiara ancora in recessione, contro il 40% di quelle italiane. Questo farebbe pensare che le im-prese italiane abbiano maggiori necessità di far evolvere i loro sistemi di gestione dei talenti verso soluzioni innovative. Eppure, sorprenden-temente, mentre le imprese straniere che giudicano adeguati i loro attuali sistemi sono il 20%, quelle italiane sono tra il 40 e il 60% del nostro campione.

Se comparato a quello delle imprese dei Paesi occidentali più evoluti, l'approccio italiano al Talent Management è ancora un passo indietro. La ricerca però ha evidenziato che il 42% delle imprese intervistate sta pianificando di introdurre a breve questo processo e la previsione è di un ulteriore incremento di priorità nei prossimi 3-5 anni.

Il Talent Management non riguarda solo l’élite ma anche i blue e white collars. Da un lato la pressione della crisi spinge verso la regressione del rapporto impresa-lavoratore che torna in molte realtà a diventare un mero costo da minimizzare, dall'altro lo skill shortage e talent gap mettono le imprese di fronte all’evidente necessità di considerare tutti i lavoratori delle risorse su cui investire per garantirsi operatività e crescita nel futuro. Questo dualismo, che vivono molte direzioni del personale, è destinato sempre più a creare tensioni e spinte innovative i cui risultati vedremo nei prossimi anni.

generale di scenario, se ne aggiunge un‘altra di cui è responsabile il comportamento di alcune aziende, spesso non molto etico. Mi riferisco ai casi di modifica dei contenuti della posizione ri-spetto a quanto prospettato in sede di assunzione, ai cambiamenti organizzativi che intervengono prima del completamento del periodo di prova (merger, acquisizioni, fusioni, ristrutturazio-ni) che impattano direttamente sulle persone neoassunte, fino ai licenziamenti “ad nutum” che intervengono in periodo di prova e che non derivano da un oggettiva analisi delle capacità professionali, ma da tutt’altre considerazioni, comprese le esigenze di contenimento costi.

Anche questi elementi, spesso derivanti non da esperienze dirette ma da racconti di amici e colleghi (e quindi forse un po’ enfatizzati), natu-ralmente contribuiscono a generare e rafforzare la “paura di volare”.

Questa sindrome, oramai abbastanza diffusa, non rappresenta solo un problema per gli head hunter, o un fastidio per i responsabili della se-lezione, spesso alle prese con spiacevoli rinun-ce dell’ultima ora. Viceversa, questo fenomeno pone un problema più ampio ai responsabili del personale in termini di motivazione: come motivare chi è in azienda affinché vi rimanga per scelta e non per timore dell’ignoto e come motivare i candidati a “comprare” la nuova sfida e la propria azienda.

La risposta può essere data, a mio parere, sol-tanto costruendo una forte credibilità aziendale fondata su principi etici solidi e condivisi che siano la base di un nuovo contratto sociale. n

IVittorio [email protected] Director di InfoJobs.it

Talent Management come cultura aziendale

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Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, consulente di gestione & sviluppo delle risorse umane e coach alle questioni della selezione e della valutazione

delle risorse umane e ha diverse caratteristiche di interesse. I quindici capitoli che compongono Assessment, Measurement, and Prediction for Per-sonnel Decisions di Robert M. Guion sono suddivisi in tre sezioni dedicate ai “fondamentali” della presa di decisione nell’ambito degli staff delle risorse umane, agli approcci psicometrici alla valutazione, e ai metodi applicativi. Oltre cinquanta pagine di bibliografia e un utilissimo indice analitico com-pletano quest’opera che probabilmente diverrà uno dei testi di riferimento per i prossimi anni nel campo dell’assessment psicologico del personale. Detto ciò, conviene ricollegarsi a quanto sopra accennato, cioè alle caratteristiche di interesse e di utilità che un testo ampio come questo (630 pagine) può avere agli occhi di coloro che si oc-cupano di selezione e valutazione.

L’importanza di saper decidereInnanzitutto va evidenziato un aspetto inconsueto che lo rende originale rispetto alla gran parte di volumi sull’argomento, e cioè l’enfasi sulla presa di decisione. Tutti sappiamo che “l’ultimo atto”, per così dire, di ogni processo di assessment è

da poco uscita la seconda edizione di un testo che ha visto origina-

riamente la luce nel 1997, mai tradotto in italiano. L’autore, che è

uno dei maggiori esponenti internazionali della psicologia applicata

al lavoro, è professore emerito presso la Bowling Green State University (Dipar-

timento di Psicologia): questo è il suo terzo volume specificatamente dedicato

costituito dalla presa di decisione finale che, il più delle volte, è di carattere binario: il soggetto selezionato entra o non entra nell’organizzazione, e il soggetto valutato – tipicamente in valutazio-ne del potenziale – è inserito in un percorso di mobilità, sviluppo e quant’altro, oppure è indi-rizzato verso altri iter, come il consolidamento o la ricollocazione su ruoli meno impegnativi. Il problema è dunque quello di giungere a tale, ultima fase avendo compiuto una serie di passi affidabili, metodologicamente fondati, che diano – nella sostanza – una ragionevole sicurezza di compiere la scelta giusta. Non si tratta di un pro-blema da poco (anche se è spesso affrontato nella pratica con poca attenzione) e Guion si sofferma a sottolineare la necessità di unire tecnica e teoria, azione concreta e ipotesi verificabili: in una parola, unire lo spirito “scientifico” con l’orientamento “applicativo”. Si tratta di un buon suggerimento, da non trascurare, dato che nel nostro Paese è da sempre presente la dannosa dicotomia che vede

di Andrea castiello d’Antonio [email protected]

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L’ASSESSMENTDA SFOGLIARE

Pilastri della capacità decisionale, approcci psicometrici, valutazione e metodi applicativi. Un libro da nonperdere per chi si occupa di selezione del personale

PSicologiA DEl lAvoRocoverstory

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da un lato lo spirito “accademico”, tutto rivolto a tecnicalità che sono perlopiù percepite come astruse da chi opera nelle Direzioni del Persona-le e, all’estremo opposto, lo spirito “pragmatico” di coloro che nulla sanno, ma fanno, applicando pseudo-teorie e approcci inventati sul momento, funzionali a cogliere lo spirito dei tempi: velocità di attuazione e costi bassi. È consigliabile diffidare delle scoperte e delle grandi innovazioni declama-te e ingigantite come l’ultima novità nel campo dell’assessment. Come afferma Guion, il più delle volte si tratta di pseudo-novità, di rivisitazioni di cose ampiamente conosciute o, peggio, di vere e proprie invenzioni che nulla hanno di scientifico, da tradurre operativamente con: non garantiscono alcuna affidabilità nei risultati.

Aggiornarsi sempreA tutto ciò aggiungerei il doppio aspetto proble-matico delle “mode”, da un lato, e dei “prodotti da vendere”, dall’altro: l’insieme di tali variabili altamente inquinanti ha fatto slittare il campo della psicologia applicata all’assessment delle risorse umane in una sorta di terra di nessuno, ove chiunque può proporre ciò che vuole, con qualche speranza di essere ascoltato e seguito. Da tale punto di vista è da rilevare la necessità di un aggiornamento professionale continuo per tutti coloro che si occupano di personale in ottica valutativa, soprattutto se si tratta di risorse che

non possiedono, di base, una conoscenza e una competenza di stampo psicologico applicato alla vita organizzativa.

Passaggi “frettolosi” Tornando al testo di Guion, in alcuni casi si ha la sensazione che l’autore avrebbe potuto essere più specifico nel formulare le proprie opinioni su particolari aspetti: ad esempio, il Modello delle Competenze è trattato sbrigativamente e con l’unico riferimento al suo fondatore, David McClelland, ignorando tutto ciò che dopo di lui è stato sviluppato, mentre una critica interessante è indirizzata verso la Teoria dei Big Five che, applicata in selezione e valutazione del personale per mezzo dei test e questionari oggi in commer-cio, rivela non pochi problemi (a cui l’autore fa solo alcuni cenni). In ultimo, una nota un poco più tecnica. Ciò che Guion accenna di sfuggita (ed è noto solo ad alcuni specialisti dell’asses-sment) è il suo posizionamento teorico: egli, in-fatti, è esponente dell’approccio “psicometrico” che rappresenta uno degli approcci di base della psicologia e che si concretizza – in pratica, nel mondo del lavoro – nel dare maggiore credibilità ai “sistemi di misura” e quindi alle tecniche di assessment considerate oggettive.

Tanti approcci, tutti legittimiAltri approcci enfatizzano con identica legittimità gli aspetti psicosociali o psicodinamici, rivolgendo-si verso metodologie e tecniche differenti oppure utilizzate in modo molto diverso. Sarebbe davvero utile che i professionisti e i responsabili delle ri-sorse umane nelle organizzazioni avessero chiare nella loro mente le differenze sostanziali dei vari approcci e, soprattutto, le loro ricadute pratiche. Ad esempio, troppo spesso le direzioni del personale accettano di effettuare un behavioral assessment (valutazione del comportamento organizzativo) invece di un personality assessment (valutazione della personalità organizzativa), o viceversa, senza rendersi conto di ciò che significa una simile scelta, sia in fase applicativa e tecnica che nell’ottenimento dei risultati di valutazione. Risultati sui quali, come Guion sempre sottolinea, è basata la decisione del responsabile delle risorse umane. n

Psicologiaa stelle e strisceAssessment, Measurement, and Prediction for Personnel Decisionsdi Robert M. Guion (Routledge, Taylor & Francis Group, 2011).Seconda edizione di un testo scritto nel 1997 e mai tradotto in italiano. si tratta di un libro dedicato alla selezione e alla valutazione delle risorse umane. Il suo autore, Robert M. Guion, è docente alla Bowling Green State University (Usa).

“Sarebbe davvero utile che i professionisti

e i responsabili delle risorse umane nelle

organizzazioni avessero chiare nella loro mente le differenze sostanziali

dei vari approcci e, soprattutto, le loro ricadute pratiche”

PSicologiA DEl lAvoRo

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onostante il Development Center sia oggi una metodologia piutto-sto diffusa in ambito aziendale,

ricca di testimonianze circa la sua applica-zione e il suo utilizzo, non sempre il senso attribuito risulta univoco. Partendo dalla di-samina di alcune delle più rilevanti pubblica-zioni apparse sull’argomento, proveremo a tracciare una classificazione delle forme e dei tipi di Development sperimentati negli ultimi vent’anni, ben consapevoli della difficoltà di annoverare tutte le pratiche che rientrano in questa categoria di strumenti. Le tipologie Una ormai tipica classificazione delle tipo-logie di Development Center è quella di Griffith e Goodge che, adottando un crite-rio cronologico di apparizione sul mercato, propongono la divisione tra Development Center di prima, seconda e terza genera-zione. Considerando la difficoltà di far rien-trare tutte le applicazioni che si trovano in letteratura nella classificazione degli autori, proponiamo nei Development Center di se-conda generazione tre diverse formule, che descriveremo di seguito.

I Development Center di prima generazione o “diagnostici” Rientrano nel primo tipo i Development Center caratterizzati da un assessment di forma classica, composti da una sessione di valutazione della durata variabile di una o due giornate e da una successiva sessione di feedback, immediatamente dopo l’evento. La gestione del processo è totalmente di responsabilità dell’azienda: tanto la valutazio-ne che l’elaborazione del Piano di Sviluppo sono infatti appannaggio dell’azienda che

rimane la detentrice dei dati e l’ultimo arbitro della loro applicazione.

I Development Center di seconda generazione o “di sviluppo”Distingueremo, in questo ambito, tre forme: i Development Center intesi come Labora-torio, come seminario e come work trial.

1. Laboratorio. è forse la forma più vicina al concetto di development, in cui l’evento cessa di essere una prova per divenire esso stesso un momento di training e di svilup-po. Un primo elemento che lo distingue è l’uso delle prove non come test ma come occasioni in cui sperimentare se stessi. La restituzione del feedback subito dopo la prova e la possibilità di risperimentare se stessi in prove similari o parallele è ciò che nel particolare caratterizza tale formula, rendendo l’evento una palestra o laboratorio più che una situazione di esame.

2. Seminari. Sono tipologie di eventi costru-ite sulla formula di un seminario o workshop, finalizzate alla definizione di un piano di svi-luppo. Sono caratterizzati da un momento di assessment classico (prima giornata) seguito da un momento di feedback (seconda gior-nata) e di preparazione/formazione all’impo-stazione di un Personal development plan (Pdp). Quello successivo (terza giornata) è un momento di sintesi in cui i partecipanti vengono invitati a formulare il Pdp e a con-dividerlo con gli osservatori. 3. Work Trial. Tali forme di Development Center, se pur rappresentano una parte residuale delle applicazioni, hanno una notevole rilevanza sul piano dell’efficacia e dell’originalità, in queste situazioni di lavoro vere e proprie utilizzate a fini di sviluppo. In tali formule i partecipanti vengono inseriti in ambienti di lavoro virtuali o reali, con la videoregistrazione delle performance tenute dai soggetti e la successiva discussione con un assessor/trainer.

I Development Center di terza generazione o “di autosviluppo” Sono Development Center in tutto e per tutto simili a quelli di laboratorio già descritti, salvo l’assenza degli assessor e la gestio-ne in autonomia dell’evento da parte dei partecipanti. Rari nella loro diffusione, sono caratterizzati da una durata in genere non inferiore ai cinque giorni e dalla presenza di un assessor nel ruolo di facilitatore. Sono chiamati di autosviluppo poichè la decisione sulle dimensioni da sviluppare e il modo in cui sperimentarsi sono a carico dei parteci-panti. Così l’azienda gioca un ruolo del tutto accessorio quale “sponsor” dell’evento. n

Quando la crescitapassa dall’ascolto

N

“Tanto la valutazione che l’elaborazione

del Piano di Sviluppo sono

appannaggio dell’azienda che

rimane la detentrice dei dati e l’ultimo arbitro della loro applicazione”

Laboratori e seminari sono alla base di una tecnica di gestione delle risorse umane focalizzata sullo sviluppo invece che sulla valutazione

Paolo [email protected] in Psicologia, è partner dello studio a&m che opera nella consulenza alla direzione del personale.

DEvEloPMEnt cEntERcoverstory

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development center costruire un'aziendacoverstory

Senior Consultant di Hdu (Human development unit), divisione di consulenza Hr di Giunti O.S.

clienti interni con un’attività di selezione con-tinua e intensa che a partire dal 2008 fino a oggi ha portato all’inserimento di oltre 500 persone distribuite in tutte le direzioni aziendali.

Abbiamo chiesto a Ilaria Alfonso, Responsa-bile Selezione e Sviluppo di NTV, di raccontare in esclusiva a Direzione del Personale questa esperienza. Ecco la sua testimonianza.

La partenza«La nostra è stata, ed è tutt’ora, una sfida nella sfida. Come è facilmente immaginabile, costru-ire una nuova realtà di così grande rilevanza e impatto è un qualcosa di molto stimolante e complesso. Ci siamo mossi da subito con l’idea di ricercare persone in grado di coniugare com-petenze tecnico-specialistiche con competenze comportamentali, privilegiando tutte quelle ri-sorse che avessero lavorato in contesti differenti e d’eccellenza, per creare un’azienda eterogenea, dove la diversità di esperienze e provenienze diventasse un forte valore aggiunto per la rea-lizzazione di nuovi modelli di servizio.

Grazie anche all’aiuto di alcuni partner fra i quali Studio Staff e Giunti O.S., abbiamo im-plementato, per tutte le figure professionali che stavamo ricercando, un iter di selezione mi-

e siete viaggiatori abituali “ad alta velocità”, non vi sarà sicuramente

sfuggita la novità di questo inizio d'anno: parte Italo, il treno veloce

di NTV. Per far muovere i treni è stato necessario un grande lavoro,

creando da zero tutta la struttura della nuova società. In questa sfida la funzione

risorse umane ha avuto un ruolo fondamentale, rispondendo alle esigenze dei

di luca mori [email protected]

S{

Signoriin carrozza

Sono in partenza i treni di NTV, azienda che in meno di quattro anni ha inserito più di 500 persone nelle diverse direzioni

“ci siamo mossi da subito con l’idea di ricercare persone in grado di coniugare

competenze tecnico-specialistiche

con competenze comportamentali, privilegiando tutte quelle risorse che avessero lavorato

in contesti differenti e d’eccellenza”➤

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costruire un'aziendacoverstory

rato a valutare le caratteristiche individuali in un’ottica sistemica, al fine di comprendere come queste potessero essere compatibili con il con-testo, il gruppo e i valori aziendali. Per ciascun ruolo siamo partiti dalla costruzione del profilo ideale (un vero e proprio identikit del candidato) per poi passare alla pubblicazione della ricerca, allo screening dei curricula, alle convocazioni e alla selezione in sede.

il percorsoColloqui, dinamiche e test sono solo alcune del-le attività che hanno fatto parte del processo, basato su una metodologia che punta sul lavoro congiunto di più valutatori per limitare il più possibile la soggettività a vantaggio dell’orga-nizzazione. Abbiamo infatti creato un team che fosse in grado di valutare le candidature su diversi aspetti, cercando di individuare il potenziale, sof-fermandoci su caratteristiche che potessero farci scegliere le migliori candidature immaginandole in un contesto di lavoro fortemente dinamico, dove la crescita personale sarà il miglior ricono-scimento dei risultati che ciascuno conseguirà.

Il welfare aziendale sarà personalizzabile secondo le esigenze di ciascuno e l’ambiente di lavoro sarà sicuramente coinvolgente e tecno-logicamente all’avanguardia.

Due grandi progetti1. La selezione Allievi macchinisti, condotta dal-le Direzioni Produzione e Personale da aprile a settembre 2010, ha permesso di individuare 100 candidati tra le 13mila candidature. Responsa-bilità e capacità di intervento sono i requisiti fondamentali richiesti a questa figura profes-sionale in cui le caratteristiche personologiche e

comportamentali giocano un ruolo fondamentale accanto a competenze cognitive (problem solving operativo e flessibilità), realizzative (orientamen-to al risultato e iniziativa) e relazionali (capacità comunicative, relazionali e gestione dei conflitti).

Le metodologie utilizzate (test psicoattitudina-li, di personalità e assessment center), unite alle differenti competenze dei selezionatori (tecniche e psicologiche), hanno portato al risultato spera-to: comprendere l’attitudine al ruolo di giovani neodiplomati senza esperienza specifica e indi-viduare le loro potenzialità. In questo caso test attitudinali creati ad hoc e test di valutazione della personalità quali il 16PF e il BFQ (Big Five

L'ultimo trenoItalo rappresenta l'ultima frontiera del treno. Realizzato nelle officine Alstom AGV, ha una motorizzazione distribuita su tutto il convoglio: non ci sono le motrici di testa e di coda e questo consente un aumento della capienza di bordo del 20%. Più spazio, quindi, ma anche più comfort (foto 1 e 3) e sicurezza: ampi corridoi, grande luminosità, una Carrozza cinema (foto 2) e consumi energetici ridotti del 30%. Il comfort non è solo sui treni, ma anche a terra: in ogni stazione infatti ci sarà una Casa Italo in cui acquistare biglietti, lavorare in wi-fi, informarsi sui servizi o semplicemente rilassarsi (foto 4).

“Per ciascun ruolo siamo partiti dalla costruzione del profilo ideale, un vero e proprio

identikit del candidato, per poi passare

alla pubblicazione della ricerca,

allo screening dei curricula, alle

convocazioni e alla selezione in sede”

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costruire un'azienda

Questionnaire) hanno contribuito a rendere il processo più veloce e oggettivo.

2. La selezione del Personale operativo viaggia-tori, in tutto 650 persone da dedicare ai servizi in stazione e bordo treno, è un progetto ancora in corso. Le Direzioni Personale e Viaggiatori hanno definito i profili ideali delle figure ricercate (hostess e steward, train manager, station mana-ger, train specialist) che costituiscono l’elemento guida per l’individuazione dell’equipaggio e del modello di servizio da erogare. In questo caso le competenze ricercate variano in funzione del ruolo e vanno dalle capacità comunicati-ve all’orientamento al cliente, dalla capacità di gestione dei reclami all’orientamento al risul-tato, dall’iniziativa alla capacità di leadership e di negoziazione. Il processo prevede l’invio della propria candidatura esclusivamente onli-ne (compilando un cv form e il test di inglese nell’area Opportunità di lavoro del sito aziendale) e la successiva fase di recruiting e di screening gestita interamente via web con l’ausilio di un applicativo software che effettua un match tra profilo ideale e candidature pervenute. I candi-dati idonei sono poi convocati per effettuare le diverse prove selettive previste: test psicoatti-tudinali e di indagine comportamentale quali il Cst (Customer support test), test di inglese, assessment center, colloqui con psicologi esperti e con i responsabili NTV.

"Non perdere questo treno" è stato il primo slogan utilizzato da NTV nel 2008 per lanciare le selezioni: a distanza di quasi quattri anni pos-siamo dire che siamo pronti a ripetere l’invito, stavolta diretto a tutti coloro che vorranno fare di Italo il loro treno». n

Formazione vincentePer lavorare in NTV non basta essere bravi. Bisogna imparare l'arte dell'ospitalità. Per questo l'azienda ha dato vita alla Scuola di ospitalità per preparare e formare figure professionali come train manager, train specialist, station manager, station specialist, hostess e steward di bordo. Un ingente investimento iniziale per 40 corsi che hanno l'obiettivo di creare una vera e propria cultura di servizio e un solido spirito di squadra.

L'azienda ai raggi XPartito grazie all'iniziativa di quattro soci e a ingenti investimenti, il progetto NTV ha grandi ambizioni. All'insegna della qualità

il primo operatore privato italiano sulla rete ferroviaria ad alta velocità, ed è il primo operatore al mondo a utilizzare

il nuovissimo e super tecnologico treno Alstom AGV, detentore del primato di velocità ferroviaria.

Ai quattro soci fondatori (Luca Cordero di Montezemolo, Gianni Punzo, Diego Della Valle e Giuseppe Sciarrone), che detengono com-plessivamente il 33,5% del capitale, si sono aggiunti successivamente Intesa Sanpaolo (20%), Assicurazioni Generali (15%), Alberto Bombassei (5%), la famiglia Seragnoli (5%) e infine SNCF (20%). Il servizio, che partirà entro qualche mese, collegherà a regime, con la sua flotta di 25 treni chiamati Italo, nove città (Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Salerno, Venezia e Padova) e 12 stazioni, offrendo viaggi di grandissima qualità, massimo comfort, tecnologia innovativa e grande varietà di intrattenimento. In ogni stazione, NTV sarà presente con una Casa Italo, un centro di servizio multifunzionale in cui i viaggiatori, assistiti da personale NTV, potranno acquistare i biglietti, informarsi sui servizi Italo, rilassarsi o lavorare con il wi-fi.

Un miliardo di opportunitàAl centro di questo progetto, che ha richiesto un investimento privato di un miliardo di euro, c'è il sogno di una mobilità ecologica e veloce e la volontà di offrire un servizio di grandissima qualità, in cui siano valorizzati il passeggero e il tempo del suo viaggio. Le tecnologie permet-tono infatti al cliente business di lavorare sul pc portatile, proprio come se fosse in ufficio, grazie alla connessione internet sempre fluida, garantita da tre differenti sistemi: satellite, wi-fi e Umts. Chi invece desidera rilassarsi può sce-gliere la Carrozza cinema e assaporare un film in prima visione sugli schermi HD con impianto sonoro di ultima generazione. L’offerta interatti-va comprende anche un portale di bordo, con oltre 250 ore di contenuti audio e video, e un canale tv live. Insomma, a ciascuno il suo. Che è poi lo spirito con il quale Italo si presenta sul mercato: un treno per tutte le esigenze e per tutti i tipi di viaggiatori.

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strumenti

www.infojobs.it

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{32. MONDO LEGALE/1 Work in progress di Franco Toffoletto}

{36. MONDO LEGALE/2 Pensioni, si cambia di Pietro Gremigni}

{41. Un impegno da non sottovalutare di Maurizio Manicastri e David Trotti}

{42. Una pratica diffusa da gestire con attenzione di Bernardina Calafiori}

{44. In carcere per imparare di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina}

{47. La sfida della bellezza oggi di Massimiliano Santoro}

{48. Le differenze che ci rendono uguali di Duilio Cau}

{50. Il gruppo nasce in armonia di Patrizia Farnetti e Ira Orsini}

{53. SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi}

strumenti

«Aprì la riunione di autopresentazione dicendo ai nuovi collaboratori:

/ l’obbedienza non è più una virtù. / Loro sorrisero: / finalmente un capo

col quale si poteva collaborare. / Poi aggiunse: purtroppo»

di Massimo Ferrario

www.infojobs.it

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Nel nostro Paese, infatti, la percentuale di giovani fra i disoccupati è pari al 30,1% (novembre 2011), di gran lunga superiore alla media europea: in Italia, 2 milioni di giovani sono, infatti, senza lavoro.

Per far fronte a tale situazione, il Governo ha intenzione di approvare al più presto una riforma del diritto del lavoro per rilanciare la crescita e l’occupazione.

Ma prima di procedere alla valutazione del-le proposte di riforma, è opportuno analizzare gli strumenti offerti dall’ordinamento giuridico vigente.

Il contesto normativo attualeAnzitutto, una delle tipologie contrattuali istituite dal legislatore per agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro è costituita dal contratto di apprendistato.

Esso costituisce un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed è finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani. Infatti, al termine del periodo di apprendistato, le parti possono recedere con preavviso dal contratto, ai sensi dell’articolo 2118 del Codice civile Se, invece, nessuna delle parti dà disdetta, il rapporto prosegue automa-

ontratto unico, articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, salario

minimo, apprendistato e riorganizzazione degli ammortizza-

tori sociali. Sono questi i temi intorno a cui gravita il dibatti-

to relativo alla riforma del lavoro al fine di fronteggiare la situazione di crisi

attuale e agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro soprattutto dei giovani.

ticamente come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Tale contratto ha subito nel nostro ordinamento una lunga evoluzione a partire dalla legge n. 25 del 1955 fino ad arrivare al Testo unico dell’ap-prendistato, approvato con il dlgs n. 167 del 2011.

Questo recente intervento legislativo ha ra-zionalizzato tutte le disposizioni normative in materia di apprendistato ed ha introdotto alcuni elementi innovativi.

Il Testo unico conferma la tripartizione dell’ap-prendistato nelle tre tipologie: apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, apprendi-stato professionalizzante o contratto di mestiere e, infine, apprendistato di alta formazione e ricerca.

Il contratto di apprendistato ha da sempre previsto condizioni favorevoli per il datore di lavoro, in cambio di obblighi formativi. Anche in quest’ambito, i recenti interventi legislativi

C

WOrK INPROGRESS

MonDo lEgAlE/1strumenti

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hanno introdotto alcune novità. Anzitutto, è stato previsto l’azzeramento, per

i primi tre anni, della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro che occupi fino a nove dipendenti, per i contratti di apprendistato stipula-ti tra il 2012 e il 2016. Inoltre, gli apprendisti non rientrano nella base di calcolo per l’applicazione di particolari istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Quanto al trattamento economico, l’apprendista può essere retribuito per tutta la durata del rapporto e fino alla tra-sformazione in contratto a tempo indeterminato in base a un inquadramento fino a due livelli al di sotto della categoria spettante. Infine, sotto il profilo degli incentivi fiscali, le spese sostenute per la formazione degli apprendisti sono escluse dalla base di calcolo IRAP.

Accanto all’apprendistato, l’altra tipologia contrattuale idonea a consentire l’ingresso, so-prattutto dei giovani, nel mondo del lavoro è rappresentata dal contratto di inserimento. Un contratto a termine, senza necessità di motiva-zione, diretto a realizzare l’inserimento o il rein-serimento di una serie di categorie di persone considerate particolarmente deboli dal legislatore, tra i quali i giovani tra i 18 e i 29 anni. Inoltre, tale disciplina contrattuale può applicarsi ai di-soccupati di lunga durata dai 29 ai 32 anni, ai lavoratori che desiderino riprendere un’attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni, nonché alle donne, di qualunque età, residenti nelle aree geografiche a elevato tasso di disoccupazione femminile.

È necessaria, oltre alla forma scritta, la defi-nizione di un progetto individuale di inserimen-

to, allo scopo di garantire l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al contesto lavorativo.

La durata può variare da un minimo di nove a un massimo di diciotto mesi (a eccezione dei lavoratori disabili). La formazione non costitui-sce un elemento essenziale, in quanto può anche essere effettuata durante l’esecuzione del lavoro.

Anche per tale contratto, il legislatore ha sta-bilito alcuni incentivi di carattere economico e normativo: anzitutto, i lavoratori così assunti sono esclusi dal computo dei limiti numerici ai fini dell’applicazione delle diverse discipline; inoltre, come per l’apprendistato, è prevista la possibilità di inquadrare il lavoratore sino a due livelli inferiori alla categoria spettante ai lavora-tori addetti alle mansioni corrispondenti a quelle conseguibili con il contratto di inserimento. Sono altresì previsti alcuni incentivi contributivi e fi-scali che si applicano, tuttavia, solo ad alcune categorie specifiche fra i beneficiari del contratto di inserimento.

Apprendistato e contratto di inserimento rap-presentano, dunque, i principali strumenti istituiti dal legislatore per agevolare l’entrata nel mercato del lavoro soprattutto dei giovani. In tale contesto si inseriscono le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro.

Le proposte di riformaIn materia di riforma del lavoro, oggi si parla diffusamente del cosiddetto contratto unico, pro-posto nel 2008 da Tito Boeri e Pietro Garibaldi.

Sulla proposta dei due economisti sono state redatte diverse proposte di legge, tra cui il pro- ➤

Franco [email protected] Toffoletto, De Luca, Tamajo e sociHa ricevuto dal mensile TopLegal il premio come Professionista labour dell’anno 2011.

Proseguono le contrattazioni per la riforma del lavoro. L’obiettivo? Un contratto unico che agevoli l’inserimento dei giovani. Sarà questa la soluzione alla crisi del mercato e dell’occupazione? Perché non puntare sugli strumenti giuridici già esistenti?

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getto di legge Madia (Proposta di legge n. 2630/09) ed il progetto Nerozzi (Disegno di legge n. 2000/10).

Prima di capire in che cosa consista il contratto unico, è opportuno sgombrare il campo da alcuni equivoci. Secondo alcuni, ci sarebbero ben 46 tipi di contratti di lavoro. In realtà i sotto-tipi contrattuali tipici di lavoro subordinato nell’im-presa sono solo cinque: il contratto a termine, che comprende anche il contratto di inserimento e reinserimento, il part-time, l’apprendistato, il lavoro intermittente e condiviso. È, infatti, im-proprio considerare come due diversi contratti il part-time verticale e quello orizzontale, oppure il contratto a chiamata con e senza obbligo di ri-sposta. Neppure il contratto di somministrazione è un sotto-tipo autonomo, trattandosi nei due casi o di un contratto a termine o di un normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Semplicemente i diversi sottotipi contrattuali (che sono sempre esistiti, anche se non regolati dalla legge) presentano una disciplina variabile e articolata, al fine di consentire una maggiore aderenza a quelle che sono le esigenze delle parti: tornando all’esempio sopra citato, un lavoratore part-time può decidere di prestare la propria attività per un tempo ridotto rispetto all’orario normale giornaliero (ad esempio quattro ore tutti i giorni) oppure per periodi predeterminati del-la settimana, del mese o dell’anno (ad esempio contratti stagionali). Si tratta della stessa fatti-specie; quello che cambia è solo la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.

Occorre, inoltre, precisare che il legislatore non ha introdotto dal nulla i differenti sotto-tipi di contratti di lavoro, ma è intervenuto a disciplinare situazioni di fatto già esistenti che si sono sviluppate nella pratica per soddisfare specifiche esigenze. E così è accaduto, per esem-pio, con il part-time, diffuso nelle aziende già dagli anni '60 (seppur con l’opposizione fortissima dei sindacati), ma che è stato regolamentato dal legislatore soltanto nel 1984 con la legge n. 863 e poi, successivamente, nel 2001 e nel 2003. Ma lo stesso vale per le collaborazioni coordinate e continuative (già presenti nella legge nel 1959, nel 1972 e nel 1973), il job sharing, il job on call ecc. In questi ultimi casi, la disciplina legale ha anche consentito l’emersione di lavoro nero. In ogni caso nessuna norma può vietare né il part-time né il contratto a termine né il lavoro intermittente o condiviso. E poi quale sarebbe il vantaggio?

Ciò premesso, il cosiddetto contratto unico dovrebbe essere un contratto a tempo indeter-minato, caratterizzato da due fasi: la prima di inserimento, con durata variabile fino a un mas-simo di tre anni e con una tutela “allentata”; la seconda, caratterizzata da una maggiore stabilità, successiva al termine del terzo anno.

La fase di inserimento prevederebbe la pos-sibilità per l’azienda di licenziare senza che il lavoratore possa chiedere la reintegrazione. Ciò tuttavia avverrebbe solo in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo («ragioni ine-renti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa» ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604 del 1966) per il quale sarebbe prevista la corresponsione da parte del datore di un’indennità economica. La determinazione dell’importo da corrispondere al lavoratore si effettua calcolando cinque giorni di retribuzione per ogni mese lavorato. E così, ad esempio, nel caso di recesso dal contratto unico dopo sei mesi dalla stipulazione, l’indennità sarà pari a un mese di retribuzione; dopo tre anni, l’indennità sarà pari a sei mesi di retribuzione.

Nel caso, invece, di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo (li-cenziamento disciplinare) nulla cambierebbe: in tal caso trova, infatti, applicazione la disciplina vigente. Analoghe garanzie sono assicurate in caso di licenziamento discriminatorio.

Superata la fase di inserimento, il rapporto prosegue secondo la disciplina dei licenziamenti attualmente in vigore: e così per le aziende con più di 15 dipendenti troverà applicazione la tu-tela reale di cui all’articolo 18 dello Statuto dei

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“La soluzione all’attuale crisi del mercato e dell’occupazione

non può certamente essere individuata

nell’introduzione di un contratto che, di fatto, non comporta alcun beneficio

per le aziende”

MonDo lEgAlE/1strumenti

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lavoratori, mentre per le aziende con meno di quindici si applicherà la tutela obbligatoria di cui alla legge n. 604/1966.

Altre ipotesi di riforma che alimentano la di-scussione riguardano il contratto a tempo de-terminato: quest’ultimo potrebbe, infatti, essere stipulato solo per i dipendenti con una retribu-zione annua superiore ai 25mila euro lordi (o proporzionalmente inferiore se il contratto ha una durata inferiore di dodici mesi), fatta salva l’eccezione dei lavori stagionali.

Inoltre è stata proposta la modifica dell’arti-colo 18 dello Statuto dei lavoratori, rendendolo applicabile soltanto ad aziende che occupino più di 50/100 dipendenti o comunque sempre inap-plicabile (Ichino) ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.

ConclusioniIl contesto normativo sopra descritto evidenzia innanzitutto che il nostro ordinamento dispone già di strumenti giuridici idonei ad accompagnare l’ingresso di giovani e non nel mercato del la-voro. La soluzione all’attuale crisi del mercato e dell’occupazione non può certamente essere individuata nell’introduzione di un contratto che, di fatto, non comporta alcun beneficio per le aziende. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, se correttamente eseguito, può essere effettuato già oggi a costo più basso.

Se si vuole veramente intervenire, forse, non resta che modificare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, aumentando la soglia di applicazione a 100 dipendenti e consentendo il recesso, con le sole garanzie economiche dell’articolo 8 della legge n. 604 del 1966 (da 2,5 a 6 mesi di risarci-mento del danno) in ogni caso di licenziamento, durante i primi tre anni, anche senza motivazione. Esclusi sempre i licenziamenti discriminatori. In realtà, quello di cui hanno veramente bisogno le aziende è di poter selezionare i propri dipen-denti su un tempo più lungo rispetto all’attuale periodo di prova, e poter recedere dal contratto nel caso di lavoratori che non svolgono la pre-stazione come richiesto. Ma sarà ben difficile ottenere questo risultato. Certo è che il rimedio della reintegrazione esiste soltanto in pochissimi paesi in Europa. Oltre alla Germania, seppure con qualche differenza, solo Italia, Portogallo, Austria e Lettonia hanno la reintegrazione come unico rimedio a un licenziamento non motivato. Forse bisognerebbe chiedersi perché. n

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Anno Periododi prova

Reintegrazione Risarcimentoalternativo allareintegrazione

AUSTRIABELGIO

BULGARIACIPRODANIMARCAESTONIA

FINLANDIAFRANCIA

GERMANIA

GRECIAIRLANDAITALIA

LETTONIALITUANIA

LUSSEMBURGO

MALTA

OLANDA

POLONIA

PORTOGALLO

REGNO UNITO

REP. CECAREP. SLOVACCA

ROMANIASLOVENIA

SPAGNA

SVEzIA

UNGHERIA

1 mese6-12 mesi perRal>33.677 c-2 anni-4 mesi

4 mesi-

6 mesi

--6 mesi

3 mesi3-6 mesi

-

6 mesi

2 mesi

3 mesi

240 giorni

-

3 mesi3 mesi

30 giorni3 mesi

2-6 mesi

6 mesi

3 mesi

SiNo

Si, su richiesta del lavoratoreNoNoSi, su richiestadel lavoratoreNoNo

Si, ma il giudice su richiesta può non disporlaNoNoSi

SiSi, il giudice può condannare al solo risarcimentoNo

Si, solo su richiesta del dipendente

Si, su richiesta del lavoratore ma raramente dispostaSi, il giudice può condannare al solo risarcimentoSi

Si, ma il datore di lavoro può rifiutare la reintegrazione pagando un compensoSi, su richiesta del lavoratoreSi, ma il giudice può ritenerla non opportunaSu richiesta del lavoratoreSi, ma il giudice può ritenerla non opportunaNo

No, ma sospensionedel licenziamento

Si, il giudice può condannare al solo risarcimento

-6 mesi

-24 mesi1-6 mesi6 mesi

3-24 mesi6 mesi + 1/10 o 2/10 della retribuzione mensile per ogni anno + 1/15 o 2/15 oltre il decimo anno-

-2 anni15 mesi alternativi allareintegrazione a scelta del solo dipendente

--

5-25 mesi, danno non patrimoniale 500-12.500 c34.940 c ma non vi è un limite di legge

Formula Cantonal Court: anzianità x retribuzione mensilelorda x fattore di correzione3 mesi

15-45 giorni di retribuzione per ciascun anno di servizioIndennità per le ipotesi di esubero e un’indennità risarcitoria pari nel massimo a circa 90mila c--

--

1-45 giorni per ciascun annodi anzianità. Massimo 42 mesi16-32 mesi o 24-48 mesi se il lavoratore ha 60 anni o più. In aggiunta danno non patrimoniale di importo da 5.400 e 10.800 c

2-12 mesi

Un occhio Ai licEnziAMEnticoME Si coMPoRtAno i PAESi EURoPEi?

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sionistico in relazione soprattutto ai seguenti aspetti principali:• il calcolo della pensione;• i requisiti per andare in pensione;• la salvaguardia di alcune categorie non coinvolte dalle nuove regole;• i lavori usuranti.

Calcolo della pensioneDal primo gennaio 2012 anche per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza obbligatorie, che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un’anzianità contributiva di almeno di-ciotto anni e per i quali la pensione sarà calcolata fino al 31 dicembre 2011 col sistema retributivo, verrà applicato il sistema di calcolo contributivo in relazione alle anzianità maturate da tale data in avanti.

Il nuovo sistema di calcolo complessivo che risulta dalla Riforma è il seguente:1. sistema contributivo applicabile ai neoassunti dal primo gennaio 1996, privi di contributi riferiti al periodo precedente il primo gennaio 1996;2. sistema misto applicabile alle seguenti due situazioni: a) per quei lavoratori che al 31 dicembre1995 pote-vano far valere un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni; per questa anzianità contributiva si

a riforma del sistema pensionistico prevista dall’articolo 24 della legge

214/2011 ha determinato rilevanti ripercussioni non solo sugli assi-

curati, ma anche sullo stesso rapporto di lavoro, influenzandone la

durata e le modalità di recesso in prossimità del compimento dell’età pensionabile.

La norma in vigore dal 6 dicembre 2012 contiene le modifiche al sistema pen-

avrà la liquidazione della quota di pensione con il sistema retributivo, cioè secondo la normativa in vigore anteriormente al 31 dicembre1995, mentre per i contributi successivi al 31 dicembre1995 il calcolo sarà contributivo;b) per i lavoratori con un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni alla data del 31 dicem-bre 1995 per i quali la pensione sarà calcolata col sistema retributivo per le anzianità maturate fino al 31 dicembre 2011 e col sistema contributivo per le anzianità maturate dal primo gennaio 2012.

La riforma conferma il meccanismo dell’opzione per il sistema di calcolo contributivo limitatamente ai lavoratori interessati al sistema misto per il calcolo, purché abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a quindici anni, di cui almeno cinque nel sistema contributivo. In questo caso, dopo l’opzione l’intera pensione viene calcolata col sistema contributivo.

I nuovi requisiti per andare in pensione Il sistema pensionistico dal 2012 sarà basato su

L

PeNSIONISI CAMBIA

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Pietro [email protected] aziendaleHa pubblicato diversi libri su temi relativi al diritto del lavoro.

Calcolo dell’importo, requisiti, età pensionabile e salvaguardia di alcune categorie. ecco tutto quello che c’è da sapere sulla nuova norma che regola i contributi previdenziali, in vigore dallo scorso 6 dicembre. e i riflessi sul rapporto di lavoro non sono da poco

due tipologie di trattamenti principali:1. le pensioni di vecchiaia basate su una certa età e con un minimo di anzianità contributiva;2. le pensioni anticipate che sostituiscono le pensioni di anzianità nella versione della sola anzianità contributiva massima pari a 40 anni e in quella mista basate cioè su un mix tra età e anzianità contributiva.

Al di là dei requisiti anagrafici e contributivi di partenza dal 2012 che indicheremo poi, il sistema è imperniato sull’innalzamento degli stessi requi-siti in funzione dell’incremento della speranza di vita. Gli incrementi inizieranno nel 2013 con tre mesi in più, per essere poi adeguati ogni trien-nio con un incremento “stimato” di altri quattro mesi, per passare infine a un adeguamento non più triennale, ma biennale dal 2019.

Anche tutti i requisiti contributivi che indiche-remo saranno soggetti, al pari di quelli anagrafici,

alla loro revisione in funzione dell’incremento della speranza di vita.

Pensione di vecchiaiaViene abolito il precedente limite di età anagrafica vigente fino al 31 dicembre 2011 pari a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne del settore privato.

Pertanto nel 2012 l’età anagrafica sarà la se-guente:1. lavoratori uomini dipendenti e autonomi: 66 anni;2. lavoratrici dipendenti del settore privato: 62 anni;3. lavoratrici del pubblico impiego: 66 anni;4. lavoratrici autonome: 63 anni e 6 mesi.

Tali requisiti aumenteranno per le donne in funzione del raggiungimento di quelli previsti per gli uomini e dal 2013 in relazione dell’incremento della speranza di vita (vedi grafico in basso). ➤

Anno lavoratori dipendenti e autonomi

lavoratrici settore privato

lavoratrici settore pubblico

lavoratrici autonome

2012 66 62 66 63 e 6 mesi2013 66 e 3 mesi 62 e 3 mesi 66 e 3 mesi 63 e 9 mesi2014 66 e 3 mesi 63 e 9 mesi 66 e 3 mesi 64 e 9 mesi2015 66 e 3 mesi 63 e 9 mesi 66 e 3 mesi 64 e 9 mesi2016 66 e 7 mesi 65 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e un mese2017 66 e 7 mesi 65 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e un mese2018 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi2019 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi2020 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi2021 67 e 2 mesi 67 e 2 mesi 67 e 2 mesi 67 e 2 mesi

PEnSionE Di vEcchiAiA

MonDo lEgAlE/2

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L’altra condizione per il diritto alla pensione di vecchiaia è avere maturato almeno 20 anni di anzianità contributiva.

Oltre ai due predetti requisiti anagrafici e con-tributivi per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successi-vamente al primo gennaio 1996 (sistema contri-butivo), l’importo della pensione deve risultare non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale rivalutato annualmente.

In deroga ai predetti requisiti di età, le la-voratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia oltre che, se più favorevole, in base ai requisiti indicati prima, con un’età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un’anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano un’età anagrafica di almeno 60 anni.

Età pensionabile e recessoNei confronti dei lavoratori dipendenti il limite di età entro il quale è garantita la tutela del posto di lavoro mediante le garanzie delle leggi sui licenziamenti individuali e in particolare la tutela reale dell’articolo 18 dello Statuto dei la-voratori è fissato a 70 anni, limite fino al quale la legge incentiva il proseguimento dell’attività lavorativa grazie all’erogazione di una pensione contributiva più elevata in virtù dell’azione di nuovi coefficienti di trasformazione dei montanti di calcolo.

Solo dopo il proseguimento oltre i 70 anni di età (più l’incremento per la speranza di vita) il recesso dal rapporto potrà essere effettuato ad nu-tum con il rispetto del solo periodo di preavviso.

Pensione anticipataLa pensione anticipata sostituisce quella di anzia-nità e dal 2012 spetta in presenza delle seguenti condizioni agli iscritti in tutti i regimi previden-ziali obbligatori che abbiano un’età inferiore ai limiti di età indicati sopra per avere diritto alla pensione di vecchiaia: • dal 2012 almeno 42 anni e un mese per gli uomini e 41 e un mese per le donne;• dal 2013 almeno 42 anni e 2 mesi per gli uomini e 41 e 2 mesi per le donne;• dal 2014 almeno 42 anni e 3 mesi per gli uomini e 41 e 3 mesi per le donne.

Tuttavia per coloro che accederanno al pen-sionamento anticipato e il cui trattamento risul-terà liquidato con il sistema misto sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate prima del 10 gennaio 2012 sarà appli-cata una riduzione percentuale dell’1% per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale an-nua è elevata al 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.

Ecco l’evoluzione dell’anzianità contributiva in funzione dell’incremento stimato della speranza di vita (vedi grafico in basso).

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Anno lavoratori uomini dipendenti pubblici, privati e autonomi

lavoratrici donne dipendenti pubbliche, private e autonome

2012 42 anni e un mese 41 anni e un mese2013 42 anni e 5 mesi 41 anni e 5 mesi2014 42 anni e 6 mesi 41 anni e 6 mesi2015 42 anni e 6 mesi 41 anni e 6 mesi2016 42 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi2017 42 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi2018 42 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi2019 43 anni e 2 mesi 42 anni e 2 mesi2020 43 anni e 2 mesi 42 anni e 2 mesi2021 43 anni e 5 mesi 42 anni e 5 mesi

PEnSionE AnticiPAtA

MonDo lEgAlE/2strumenti

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Pensione anticipata col sistema contributivo Per i lavoratori che hanno effettuato il primo accredito contributivo successivamente al primo gennaio 1996, il diritto alla pensione anticipata può essere conseguito non solo ricorrendo ai requisiti indicati in precedenza ma anche al compimento del requisito anagrafico di 63 anni, a condizione che:• risultino versati e accreditati in favore dell’assi- curato almeno 20 anni di contribuzione effettiva;• l’ammontare mensile della prima rata di pen- sione risulti essere non inferiore a un importo- soglia mensile pari, per l’anno 2012, a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale rivalutato.

In relazione alla pensione anticipata è ammes-sa una deroga nei confronti di quei lavoratori e lavoratrici che, senza l’entrata in vigore della Riforma, sarebbero andati in pensione di anzia-nità dal 2012 in poi col sistema (abolito) delle quote. In via eccezionale per tali lavoratori che maturino un’anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 sarà possibile conseguire il trattamento della pensione anti-cipata al compimento di un’età anagrafica non inferiore a 64 anni.

DerogheNei confronti dei lavoratori indicati successiva-mente continuano ad applicarsi le regole previ-genti sia in materia di requisiti di accesso che di decorrenza della pensione:• lavoratori che hanno maturato i requisiti sulla

base delle regole previgenti entro il 31 dicem- bre 2011;

• alle lavoratrici dipendenti con almeno 57 anni e autonome con 58 anni con almeno 35 anni di contributi che vanno in pensione anticipata fino al 31 dicembre 2015 optando però per il sistema di calcolo contributivo.

Nei confronti di una serie di lavoratori in mo-bilità, in esodo con l’aiuto dei Fondi di solidarietà settoriali (ad aesempio banche) e che hanno ot-tenuto l’autorizzazione ai versamenti volontari, sarà possibile andare in pensione con le regole previgenti anche se la pensione verrà maturata dal 2012 in poi, a condizione che gli stessi rien-trino nel numero massimo di beneficiari che il Ministero del lavoro dovrà individuare anno per anno in base alle risorse stanziate e in funzione della data di cessazione del rapporto di lavoro.

Lavori usurantiPer i lavoratori addetti ai lavori usuranti, tra cui coloro che a certe condizioni hanno effet-tuato lavoro notturno, rimane fermo il diritto ad andare in pensione prima della maturazione dei requisiti ordinari. I requisiti continuano a maturarsi applicando il sistema delle quote (mix di anzianità contributiva e età anagrafica).

Pertanto i lavoratori usurati potranno accedere al pensionamento anticipato in base ai seguenti requisiti:1. nel 2012: con quota 96 basata sulla somma dell’età di almeno 60 anni e un’anzianità con-tributiva minima di 35 anni;2. dal 2013 in poi: con quota 97 e un’età anagra-fica minima di 61 anni (fermo restando almeno 35 anni di anzianità contributiva).

TotalizzazioneViene infine confermato il sistema della tota-lizzazione con il quale si permette di sommare gratuitamente i diversi periodi di attività svolti in regimi previdenziali differenti ai fini del pa-gamento di un’unica pensione da parte dell’Inps.

Dal 2012 pertanto i lavoratori con diversi pe-riodi di anzianità contributiva maturati in fondi previdenziali diversi potranno totalizzarli ai fini di percepire un’unica pensione, a prescindere dall’anzianità contributiva minima maturata in ciascuno di essi. Viene eliminato pertanto il requisito di almeno tre anni di anzianità con-tributiva in ciascun Fondo. n

39

“Per i lavoratori addetti ai lavori usuranti,

tra i quali chi, a certe condizioni, ha

effettuato lavoro notturno, rimane fermo il diritto ad

andare in pensione prima della maturazione

dei requisiti ordinari”

MonDo lEgAlE/2

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PTop Employers Italia 2012 Politiche

retributiveCondizioni di

lavoro e benefit Cultura aziendale Formazione e sviluppo

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di questo importante riconoscimento. Ecco quindi una lista di eccellenze, aziende che rappresentano un coraggioso esempio da seguire e uno stimolo per coltivare la fi ducia nel futuro, che ritroverete nella pubblicazione annuale Top Employer Italia 2012 (ed. Franco Angeli) in libreria a partire da marzo 2012. Maggiori informazioni sulla collaborazione, sul progetto e sulla metodologia della ricerca nella sezione progetti del sito www.aidp.it.

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a lettera di impegno all’assun-zione viene utilizzata quando una o entrambe le parti (datore

di lavoro o lavoratore), non potendo o vo-lendo stipulare un contratto di lavoro con efficacia immediata, decidono di vincolarsi con decorrenza futura.

Il caso più frequente è proprio quello sottopostoci in questo quesito in cui il lavoratore, già occupato presso altro da-tore di lavoro, non è disponibile da subito poiché vincolato dal periodo di preavviso che, per alte professionalità, può essere molto lungo.

L’obbligazione alla futura formalizzazio-ne del contratto di lavoro può essere uni-laterale e irrevocabile oppure contrattuale.

Nel caso di inadempimento le conse-guenze possono: a) essere meramente risarcitorie a fronte di una generica lettera di intenti, oppure concretizzare una fattispecie di responsa-bilità precontrattuale laddove le trattative, pur non formalizzate in un’obbligazione, abbiano ingenerato un legittimo affida-mento sulla conclusione del contratto e siano state ingiustificatamente interrotte;b) comportare anche la possibilità di ot-tenere giudizialmente la costituzione di un rapporto di lavoro in forza dell’articolo 2932 del Codice civile qualora l’impe-gno, contenendo gli elementi essenziali

del contratto di lavoro e cioè la tipologia, l’inquadramento, la retribuzione e la data entro la quale è prevista l’assunzione, con-cretizzi un contratto preliminare.

Va evidenziato che il contratto prelimi-nare deve avere la stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo (ai sensi dell’articolo 1351 del Codice

civile) e comunque, anche se per il con-tratto a tempo indeterminato la legge non prevede la forma scritta, questa è sem-pre opportuna e solitamente prevista dai Ccnl. Per tutelarsi poi nel caso in cui sia il lavoratore a non rispettare l’impegno è bene che la lettera contenga la previsione di una penale (anche facendo salvo il maggior danno) perché altrimenti sarà difficile, anche se possibile, ottenere il risarcimento da parte del lavoratore.

Queste conseguenze possono essere diversamente disciplinate o anche impe-dite dalle parti tramite apposite clausole, riserve o condizioni sospensive al cui ve-rificarsi venga subordinata l’efficacia della lettera quali: la consegna di documenti necessari all’assunzione o l’esito positivo della visita medica di preassunzione.

Le parti sono sempre libere in ogni mo-mento di modificare quanto concordato nel momento in cui viene stilato il contratto di assunzione. In questo caso è consigliabile indicare nel contratto definitivo (soprattutto se peggiorativo per il lavoratore) che le parti hanno di comune accordo modificato le condizioni della lettera di impegno.

Ulteriore cautela è quella di indicare in maniera espressa il periodo di prova, in quanto c’è il rischio che l’assenza della sua indicazione ne permetta il rifiuto in sede di firma della lettera di assunzione. n

David TrottiFondatore dello studio di consulenza del lavoro Trotti, è vicepresidente esecutivo AIDP Lazio

Maurizio ManicastriAvvocato e giuslavorista, oggi è consulente nell’ambito HR e vicepresidente AIDP Lazio

Un impegno danon sottovalutareNell’assunzione, se non possono sottoscrivere subito un contratto, le parti hanno la possibilità di vincolarsi. Ma attenzione ai rischi

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Starwood Hotels and Resorts

“Le parti sono sempre libere

in ogni momento di modificare quanto

concordato nel momento in cui è stato

stilato il contratto di assunzione”

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Socio fondatore dello Studio Daverio & Florioè membro della Commissione Lavoro presso l’Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano e propone, all’interno della Commissione, il piano formativo e gli eventi formativi su materie di diritto del lavoro. Nel giugno 2009 ha tenuto il corso su “Cessione del quinto e trattamenti spettanti al coniuge in caso di divorzio” presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano. è socia dell’AGI, Associazione Giuslavoristi Italiani.

Gli istituti di credito e gli intermediari finanziari autorizzati erogano prestiti personali ai lavoratori e, a garanzia della restituzione del capitale e degli interessi, chiedono la cessione di parte della re-tribuzione del lavoratore stesso, ottenendo così che il datore di lavoro paghi la quota ceduta della retribuzione direttamente al finanziatore.

Questa richiesta da parte del lavoratore è asso-lutamente legittima e sancita dalla legge.

Ogni credito infatti può essere ceduto, salvo che esso non abbia “carattere strettamente personale” o “il trasferimento […] sia vietato dalla legge” (arti-colo 1260, primo comma, del Codice civile) e nella fattispecie la retribuzione rientra nella categoria dei crediti “non strettamente personali”.

Il caposaldo normativo che regola la cessione della retribuzione afferma che i lavoratori «possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell’ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni» (articolo 5, primo comma, Dpr n. 180/1950).

Un obbligo dal quale il datore di lavoro non può esimersi, come stabilisce l’articolo 1264 del Codice civile. Una volta che la cessione viene notificata

l fenomeno dei prestiti personali ha dimensioni di massa, tanto più in

momenti di crisi come gli attuali. Questi finanziamenti sono spesso ali-

mentati da uno strumento specifico, noto come “cessione del quinto”,

che per gli uffici del personale e uffici paghe delle aziende implica ricadute

significative dal punto di vista della gestione delle procedure che ne derivano.

all’azienda, la titolarità della retribuzione si tra-sferisce dal lavoratore al finanziatore e il datore di lavoro si libera dall’obbligazione retributiva nei confronti del primo, pagando il debito al finanzia-tore cessionario. Un eventuale pagamento al lavo-ratore cedente, non libererebbe dall’obbligazione il datore di lavoro e lo esporrebbe al rischio, se non alla certezza, di dover pagare due volte. Un pro-blema molto delicato è se il datore di lavoro possa, all’atto della stipulazione del contratto di lavoro o successivamente pattuire con il dipendente la rinuncia di quest’ultimo alla possibilità di cedere la quota del proprio trattamento retributivo. Un simile patto non risulta espressamente vietato, ma si presta a dubbi di legittimità, anche se il tema non risulta oggetto di precedenti giudiziali.

Inoltre, la pratica solleva una serie di questioni particolari, spesso difficili da risolvere.

Ad esempio, capita frequentemente che un la-voratore esposto a tensioni o esigenze finanziarie pressanti stipuli più di una cessione del credito

di bernardina calafiori [email protected]

I{

UNA PRATICA DIFFUSA DAGESTIRE CON ATTENZIONE

Molte eccezioni, casi personali molto diversi tra loro e rischi concreti per le aziende. ecco perché questa situazione va affrontata con particolare cautela

cESSionE DEl qUintostrumenti

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retributivo. Se la seconda cessione non supera il limite del quinto essa risulta valida; nel caso in cui il limite del quinto venga superato ogni successiva cessione risulta incompatibile con la prima stipu-lata, che rimarrà l’unica ad essere pagata tramite cessione della retribuzione.

In caso di pignoramento...Caso altrettanto frequente è quello in cui la retribu-zione del dipendente sia colpita da atti di sequestro o pignoramento. Se la cessione del quinto viene notificata al datore di lavoro dopo un eventuale provvedimento di sequestro o pignoramento, l’arti-colo 68 del Dpr n. 180/1950 prevede al primo comma che: «la cessione […] non può essere fatta se non limitatamente alla differenza tra i due quinti dello stipendio o salario valutati al netto delle ritenute e la quota colpita da sequestri o pignoramenti».

Ovvero, ipotizzando una retribuzione al net-to delle trattenute pari a 100 e il pignoramento nel limite del quinto (20), la quota di retribuzione cedibile sarà pari alla differenza tra i 2/5 di 100 (40) e la quota pignorata (20) e sarà cioè pari a 20.

Viceversa, se la cessione del quinto viene no-tificata al datore di lavoro prima di un eventua-

le provvedimento di sequestro o pignoramento, allora lo stesso articolo decreta che: «non si può sequestrare o pignorare se non la differenza fra la metà dello stipendio o salario valutati al netto di ritenute e la quota ceduta». Ipotizzando, in tal caso, una retribuzione al netto delle trattenute pari a 100 e una cessione nei limiti del quinto (20), il pignoramento successivo non potrà superare 30, pari alla differenza tra 50 (metà dello stipendio netto) e 20 (cessione pari a un quinto).

...e di riduzioneSi può verificare inoltre il caso in cui lo stipen-dio subisca una riduzione in virtù del cambio del rapporto di lavoro in essere come ad esempio il passaggio a un part-time, sanzioni disciplinari, sospensioni del rapporto dovuti alla cassa inte-grazione o malattia. Se la riduzione è in misura inferiore o pari a 1/3 dello stipendio, la quota da trattenere resterà invariata; se invece lo stipendio subisce una riduzione maggiore di 1/3, il datore di lavoro è tenuto a ricalcolare la trattenuta di un 1/5 sul nuovo stipendio netto e, sarebbe opportuno, che comunicasse per iscritto al finanziatore l’evento che ha modificato la retribuzione e l’eventuale nuova quota da trattenere.

Oltre allo stipendio, il Ministero del lavoro ha chiarito che la cessione del quinto può interessare anche il Tfr e non impedisce la relativa devoluzione alla Previdenza complementare (o all’Inps), fermo restando che gli enti previdenziali dovranno tener conto della cessione e pagare il debito al creditore cessionario. Sarà prudente, da parte del datore di lavoro, dare debita notizia della cessione a tali soggetti.

Il tema della cessione del quinto non va mai sottovalutato dall’azienda, soprattutto quando più soggetti (società finanziarie, istituti di credito, mogli separate o divorziate) si presentano al datore di lavoro in veste di creditori insoddisfatti che van-no gestiti caso per caso, richiedendo talora anche l’ausilio di un legale.

Per tutti questi motivi, la cessione del quinto della retribuzione rappresenta per le aziende una situazione da gestire con molta attenzione date le molteplici complessità delle condizioni lavorative e personali dei dipendenti. n

La cessione del quinto perde terrenoFlessione per la cessione del quinto nei primi dieci mesi del 2011. Secondo i dati Assofin, infatti, tra gennaio e ottobre dello scorso anno per questo prodotto si è verificato un calo del 5,4%. I motivi? Da un lato, la stretta sul credito attuata dalle principali compagnie assicurative, che hanno inasprito i criteri per la concessione del credito ai dipendenti delle aziende private. Dall’altro, il divieto di rinnovare le polizze prima della scadenza imposto dalla Banca d’Italia. In controtendenza, invece, i Prestiti personali, che nel corso dei dieci mesi in esame hanno avuto un incremento del 6%.

“Capita frequentemente che un lavoratore esposto

a tensioni o esigenze finanziarie stipuli

più di una cessione del credito retributivo. La seconda cessionerisulta valida se non

supera il limite del quinto; nel caso in cui il limite

del quinto venga superato, ogni successiva cessione

risulta incompatibile con la prima stipulata”

cESSionE DEl qUinto

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SitUAzioni inSolitEstrumenti

Partner e Responsabile Formazione Aziende di SLO

Direzione Settore Formazione Persona e Impresedi Galdus

Intanto è un’idea che ha radici e una storia. Nasce da una collaborazione fra la Casa di reclusione e due società di formazione e consulenza milanesi: SLO e Galdus, che hanno realizzato percorsi di consulenza e formazione accompagnando la Dire-zione alla creazione di nuove prassi organizzative. L’intervento è stato riproposto anche alla squadra degli Ispettori, così da uniformare le prassi a livello intermedio. Gli Ispettori sono le figure professionali che gestiscono i reparti (circa 600 detenuti) e una squadra di agenti di 80 unità, di fatto assimilabili a dirigenti intermedi, snodi organizzativi fonda-mentali. Senza il loro contributo il carcere non funziona. L’idea di aprire il carcere alle aziende ha preso corpo all’interno di questo intervento, come progetto di continuità con ricadute positive sia per il carcere sia per le imprese.

Da una parte infatti la proposta si incastona in una riflessione condotta dai formatori sulle modali-tà offerte più frequentemente dal mercato di settore che privilegiano l’esperienza "diversa" e "forte" attraverso outdoor sempre più lontani, e anche più estremi, con il rischio di allontanarsi troppo dal contesto lavorativo e diventare una vacanza, nel senso latino del termine, una discontinuità, in

n percorso di formazione che porti i manager detenuti, nella Casa di

reclusione di Opera ad ascoltare come se la cavano Direttore e Ispettori

di Polizia penitenziaria nel tenere insieme vincoli ed esigenze anche

drammatiche in un panorama di scarsissime risorse: una nuova follia dell’outdoor

o un progetto unico?

cui si può anche fare esperienza di rapporti diversi e positivi, difficili però da trasferire nel contesto organizzativo al ritorno e quindi da spendere re-almente.

Anche in questo modello, è vero, ci si allontana dal proprio contesto, ma si rimane in un’organizza-zione molto strutturata, in cui gestione del tempo e delle emergenze, vincoli organizzativi, sistema delle regole, gerarchie, autonomia dei singoli si presentano con molta chiarezza, quasi amplificati. Si tratta quindi di una modalità formativa che, pur decontestualizzando, suscitando emozione, mettendo in gioco le persone, conduce a una ri-flessione su tematiche proprie di ogni azienda. Inserita in un percorso di formazione strutturato e costruito su misura, permette al gruppo che vi partecipa di cogliere gli aspetti più interessanti e di farne materiale efficace per il proprio progetto di apprendimento o di cambiamento.

Abbiamo concepito un setting formativo come

di Maurizio bertoli e Stefano bertolina [email protected] - [email protected]

U{

IN CARCERE PER IMPARARE

Le porte della casa di reclusione di Opera si sono aperte alle aziende. L'obiettivo? Capire come si lavora in un ambiente pieno di difficoltà e (solo) all'apparenza poco motivante

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SitUAzioni inSolitE

spazio di narrazione, luogo di diverse storie, dove poter oscillare fra il "qui e ora" e il "là e allora". In gioco è la possibilità di riconnettere le esperienze e le storie lavorative e organizzative dei partecipanti a una prospettiva di costruzione di significati orien-tati a processi di crescita personale e professionale (il concetto di sensemaking elaborato da Weick).

Intervistando tre manager HR che hanno par-tecipato alle diverse edizioni fino a oggi tenute, è emerso il fatto che ognuno ha colto e sviluppato aspetti diversi, sebbene connessi.

Barbara Lorenzin sottolinea la riflessione sulle capacità e professionalità del manager come gestore della complessità: «In questo caso gover-nare una popolazione numerosa, con tutte le sue complessità, e quali complessità, da coniugare con la parte organizzativa (uscite, interrogato-ri, servizi riabilitativi, visite) in una cornice di codici rigidi è una sfida quotidiana che richiede grande flessibilità e capacità creativa, nel senso di individuare soluzioni ogni giorno diverse, a volte anche in situazioni di emergenza. Dietro c’è un vero spessore professionale, legato alla capacità di essere un manager oltre che un pro-fondo conoscitore delle regole».

Mario Perego, Direttore risorse umane Hei-neken Italia, ritiene interessante che in un con-testo poverissimo, «in contrasto con le molte risorse tecnologiche dell’azienda, si incontrino persone che fanno le cose bene semplicemente perché vanno fatte bene, senza le leve moti-vazionali classiche e nemmeno un sistema di

valutazione. È l’occasione per aprire un filone di riflessione interessante: cosa fa sì che in una situazione così faticosa e apparentemente poco motivante le persone reggano e lavorino bene? Non si può certo pensare a una gratificazione classica, in termini di guadagno. E allora cosa le motiva: un fortissimo senso di appartenenza? Una cultura organizzativa che porta ad aderire al proprio mandato?».

Marzia Segato, HR manager di Electrolux Group, confessa di aver avuto un'iniziale pre-occupazione prima di proporre l’esperienza al management team dello stabilimento di Solaro: «Temevo che ci fossero troppe similitudini, come quando ci si lamenta dicendo che si è "imprigio-nati" da eccessivi legami e condizionamenti… In realtà la visita alla Casa di reclusione e il confronto con il Direttore e gli Ispettori hanno avuto un effetto ridimensionante. Abbiamo vi-sto che c’è chi si muove in ambiti più difficili del nostro, più rigidi, eppure riesce a muoversi. Quindi impariamo da loro e andiamo oltre le lamentele».

In molte altre interviste appare come nell’ac-cettare la sfida costituita da un ambiente diffi-cile, nel mettersi in gioco in questa dimensione di innovazione, si possa intravedere anche la possibilità di gestire lo stress in modo positivo. Un altro tema di non poco peso.

Ma per il carcere che ritorno c’è? «La nostra immagine è legata a eventi negativi, questa è un’occasione per vederla da un altro punto di vista: anche le aziende hanno qualcosa da impa-rare da noi. E questa lettura positiva, a ricadu-ta, si riversa su tutta l’organizzazione», spiega il Direttore della Casa di reclusione Giacinto Siciliano.

E cosa può insegnare il carcere alle aziende? «Noi – continua il Direttore – siamo un ottimo esempio di come si possa "fare" anche con po-che risorse: perché noi non possiamo fermarci, dimettere i detenuti nascondendoci dietro una mancanza di risorse. Abbiamo imparato a regge-re anche in situazioni di tensione, adattandoci. Inoltre c’è una sfida da raccogliere: trovare il modo per organizzare e gestire questa attività in un’istituzione molto rigida e molto grande», ag-giunge il Direttore. Uno che di sfide se ne intende.

In conclusione, dunque, tornando alla doman-da iniziale: è follia o unicità? Certamente nel progetto un pizzico di follia c’è, quanto basta per accettare una sfida innovativa e unica, che le aziende potrebbero raccogliere, soprattutto in questo periodo di crisi e di sfiducia. n

non solo detenutiCostruita negli anni '80, la Casa di reclusione di Opera è il carcere più grande d'Europa e ospita 1.400 detenuti. Nonostante la situazione difficile dei penitenziari italiani, sono numerose le attività organizzate: laboratori di pittura, lettura e scrittura creativa. C'è anche un teatro e nel carcere si è formata anche una banda musicale: gli Opera House.

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“Ho sentito dire che…”

Se la tua azienda non comunica, lo farà qualcun altro.All’interno di un’azienda i processi di comunicazione sono sempre in atto, che lo vogliamo o no. Se l’azienda non comunica, il silenzio sarà interpretato come la prova di un problema. Se la comunicazione è reticente, qualcuno inventerà le informazioni mancanti. Se la visione strategica non viene spiegata,si penserà che non esiste. Per questo la comunicazione interna è importante, più che mai nei momenti diffi cili. Per unire e motivare. Per indicare gli obiettivi prioritari. Per attrarre e trattenere i migliori talenti. In Pub realizziamo strategie e strumenti di comunicazione interna per aziende grandi e piccole, italiane e multinazionali. Ci piacerebbe farlo anche per voi.

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Massimiliano Santoro [email protected] e Senior Partnerdi Gruppo Prospecta

La sfida della bellezza, oggiIl libro di Giuseppe Varchetta offre la possibilità di riflettere su una delle virtù più discusse, molto presente nelle nostre vite. Anche in azienda

STRUMENTI

ella difficile sfida della bellezza tratta l’ultimo, affascinante sag-gio di Giuseppe Varchetta, Tra-

me di bellezza (Guerini e Associati, 2011). Un percorso acronico e inusuale che ci conduce, sotto la guida del maestro Gino Pagliarani, alla scoperta di tratti poetici e non solo, di una vicenda umana e mana-geriale di indubbia sensibilità.

Le trame di bellezza sono frammenti, pezzi di magia estrapolate da un manifesto strappato dai muri (come quello in coperti-na), testi distanti nel tempo e nello spazio: un epitaffio artistico di Fabio Mauri, un appunto di Ettore Sotsass, un paragrafo delle lettere a Lucillo e la sua immagine speculare ritrovata, duemila anni dopo, in Camus, per una di quelle coinciden-ze impossibili che tanto affascinavano il vecchio Pagliarani. Una raccolta prezio-sa che si configura come una sorta di «dono, un rimandare a territori misteriosi, inesplorati, necessariamente a [...] radici molto lontane».

Sono pezzi di una storia intellettuale che si confonde continuamente tra quella dell'autore e quella del suo homo faber, che può essere di volta in volta poeta, manager, artista, uomo di mondo, ma che è sempre l'esploratore di una dimensione infantile mai rinnegata. Per questa ragione del tutto diverso dall'uomo mancato, da colui che non ha osato inseguire la propria bellezza nel timore di un fallimento possibile e per questo si è condannato a vivere di continuo l'inevitabile confronto tra quanto realizzato e le potenzialità continuamente percepi-te di quello che avrebbe potuto essere

ma che non ha neppure osato pensare.A chi si rivolge allora questa raccolta di

trame invisibili che ci richiamano costante-mente a questa bellezza agita e mancata, vissuta e temuta? A noi tutti, immagino. Certamente anche alle donne e agli uomini che vivono le organizzazioni e che, troppo spesso, si nascondono, negandosela, que-sta opportunità di bellezza. Una bellezza che stupisce e affascina, testimonianza possibile di un saper essere che continua a sfuggire ai grandi testi manageriali e di cui invece si trovano tracce chiarissime nel linguaggio poetico, dal John Keats delle lettere sulla poesia al Philip Roth di Nemesi che attri-buisce al piccolo Alan la capacità di vivere ogni giorno della sua vita meravigliandosi di ogni cosa e traendo diletto da tutto.

Forse è questo il senso del libro, al tempo stesso una promessa e un mo-nito. Ma anche la speranza sobria di un uomo che assapora ogni giorno la vita e ne conosce il valore. Queste, in fondo, sono le trame di bellezza che Varchetta ha appuntato con puntigliosa precisione per una vita, sapendo restituircele intatte in questo breve e illuminante libro. n

D

“La speranza sobria di un uomo che assapora ogni giorno la vita e ne conosce il valore: questo il senso del libro di Varchetta”

REcEnSionicoverstory

TITOLO Trame di bellezza. Individuo, organizzazione, progettualità AUTORE Giuseppe VarchettaAnnO 2011CASA EDITRICE Guerini e AssociatiCOLLAnA Libri di ArielePAGInE 125PREzzO 16,50 euro

LA SCHEDA

CR

EATIVE

PUBLISHIN

GPREM I U M

Q UAL ITY

“Ho sentito dire che…”

Se la tua azienda non comunica, lo farà qualcun altro.All’interno di un’azienda i processi di comunicazione sono sempre in atto, che lo vogliamo o no. Se l’azienda non comunica, il silenzio sarà interpretato come la prova di un problema. Se la comunicazione è reticente, qualcuno inventerà le informazioni mancanti. Se la visione strategica non viene spiegata,si penserà che non esiste. Per questo la comunicazione interna è importante, più che mai nei momenti diffi cili. Per unire e motivare. Per indicare gli obiettivi prioritari. Per attrarre e trattenere i migliori talenti. In Pub realizziamo strategie e strumenti di comunicazione interna per aziende grandi e piccole, italiane e multinazionali. Ci piacerebbe farlo anche per voi.

Pub Via Domenico Cucchiari 20 - 20155 Milano - 02 36531141 - [email protected] - www.pubcreativepublishing.it

Num

ero2

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coAching intEgRAtivostrumenti

Comunicatore e formatore

L’approccio tattico considererebbe quale è la mia forza rispetto a quella della persona che in-contro. Se sono apparentemente più forte, non accetterò il saluto per essere libero di prevalere sul mio interlocutore. Se sono apparentemente più debole cercherò il saluto per evitare di soccombere.

I Tuareg scommettono sul fatto che una rela-zione nella quale nessuno rischia di essere ucciso può portare benefici a entrambe le parti. E per loro non ha nessuna importanza se chi incontrano è una persona o un gruppo di persone, se è un capo tuareg o meno, se non è un tuareg o un membro della stessa tribù.

Poi litigano, se è il caso, e anche tanto. Per certi aspetti sono più litigiosi perché sanno che, a qualunque livello arrivi, la loro divergenza non avrà mai conseguenze disgregative, sarà pura dia-lettica senza rischi.

Nelle nostre organizzazioni, nelle aziende, il saluto ha ormai perso questa funzione scivolan-do progressivamente verso una ritualità fine a se stessa.

Ma la reciproca conoscenza può ancora fare miracoli.

Franco Basaglia, lo psichiatra che ha riportato

uando un Tuareg nel deserto incontra un altro Tuareg, lo saluta.

I Tuareg partono dal presupposto che è di gran lunga più difficile

uccidere una persona con la quale hai già stretto conoscenza. È

più difficile uccidere e, conseguentemente, è più difficile essere uccisi. In termini

sistemici si tratta di un tipico approccio strategico.

la psichiatria a essere cura e non segregazione, partiva sempre da una sola considerazione: «Vi-sto da vicino, nessuno è normale». Voleva porre in evidenza che ciascuno di noi dimostra la sua anormalità, intesa come non riducibilità a uno standard, la sua specificità e, soprattutto, che questo nostro essere ciascuno specifico rispetto agli altri ci rende tutti uguali.

La forma di conoscenza più autentica è il rico-noscimento di questo nostro essere tutti uguali e tutti specifici.

E il riconoscimento avviene sempre "a priori". È come dirsi tra sé e sé: «Io penso che tu sei come me indipendentemente da quello che pensi, da quello che vuoi, dal ruolo che occupi, dal contesto in cui siamo, da quello che succederà».

Niente di diverso, in fondo, da quello che av-viene tra i tuareg.

Quante volte succede questo nelle nostre or-ganizzazioni?

Quante volte invece, anziché unirsi, ci si di-

di Duilio cau [email protected]

q{

LE DIFFERENZE CHE CI RENDONO UGUALI

I contrasti sono una ricchezza per tutti. Qualcosa che ci unisce c'è sempre: una sorta di alfabeto comune che è alla base di ogni organizzazione

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coAching intEgRAtivo

vide “a priori” prima ancora che siano le vere e concrete divergenze a dividerci?

E quante volte si adottano comportamenti e procedure volti a circoscrivere e limitare i mo-menti dialettici solo perché se ne teme il rischio disgregativo?

Tutti concordano sul fatto che le differenze sono una ricchezza. Ebbene, anche i contrasti e le contrapposizioni sono una ricchezza perché apportano nuova linfa, idee e soluzioni impreve-dibili e, quindi, ad alto valore aggiunto.

Perché spesso succede che, pur di evitare un potenziale conflitto, si tende a evitare di affrontare un reale problema, con risorse che si impegnano per limitare e risorse che non si liberano per creare.

Già, ma cosa ci rende fondamentalmente uguali gli uni agli altri al di là della nostra specificità?

Jung lo chiamava “inconscio collettivo”, l’idea che ognuno di noi contenesse al suo interno degli archetipi, degli schemi di ragionamento e com-portamento come fossero le lettere di un alfabeto uguale per tutti, con le quali ciascuno di noi può scrivere ciò che vuole.

Non è importante definirlo adesso e non è ne-anche il mio compito. È importante sapere che questo qualcosa che ci rende uguali e ci unisce esiste, e si può trovare e mettere in luce in modo tale che non sia a rischio né il legame organiz-zativo né la libertà di ricercare le soluzioni e i comportamenti migliori.

Sappiamo che esiste e vogliamo metterlo in luce. Ma dove si trova?

Per dirla con la similitudine precedente, se ab-biamo lo stesso alfabeto dobbiamo parlare sempre la stessa lingua, anche se diciamo cose diverse. Dove si trova questo “alfabeto umano”?

Si trova dentro ciascuno e si trova in profon-dità, non occorre portarlo dentro, ma è sufficien-te farlo venire alla luce. Come se ogni persona

desse e ricevesse simultaneamente il saluto dei tuareg, così è possibile spolverare ogni indivi-duo e ritrovare le condizioni preliminari perché un’organizzazione acquisisca solide dinamiche integrative.

La tecnica di spolvero esiste e si chiama coa-ching integrativo, una modalità articolata che ho sviluppato cercando di conciliare la peculiarità del coaching individuale con le necessità di sviluppo organizzativo.

Il suo fondamento è che, in termini di coe-sione e integrazione organizzativa, le tattiche sono molte ma la strategia è una sola, e che le tattiche si possono imparare mentre la strategia è già dentro di noi.

Il coaching integrativo sviluppa un percorso di integrazione a vari livelli aziendali, indipendente-mente tanto dai contesti economici che da quelli relazionali, massimizzando il potenziale integrativo in ogni circostanza proprio perché lavora a priori sulle condizioni che generano integrazione. n

Alla testa dell'umanitàSecondo Jung l'inconscio collettivo appartiene a tutti gli uomini. Si tratta di una sorta di “alfabeto comune” che racchiude in sé le forme e i simboli presenti in tutti i popoli di tutte le culture. La sfida, nelle nostre organizzazioni, è far venire alla luce questo linguaggio condiviso in modo da facilitare l'integrazione all'interno di un gruppo. In fondo, basta prendere esempio dai Tuareg che, quando si incontrano nel deserto, si salutano anche se non si conoscono.

“questo qualcosa che ci rende uguali

e ci unisce esiste e si può trovare e mettere

in luce in modo tale che non sia a rischio

il legame organizzativo e la libertà di ricercare

le soluzioni e i comportamenti migliori”

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qUAlità AUtEntichEstrumenti

Executive Consultant & Coach di Reiss Romoli

Progettista e Docente Area Comportamenti Organizzativi Service Unite Formazionedi Telecom Italia

HR-Services di Telecom Italia, per un team com-posto da 16 persone della struttura NWS della stessa azienda, costituisce un esempio di risposta a questo interrogativo.

Il team presenta alcune peculiarità:1. le attività portate avanti dalla funzione sono sostanzialmente riconducibili a due diversi filoni ela tipologia di job non richiede interazioni partico-larmente “spinte” tra le persone. Si tratta di attività contrassegnate da un alto livello di specializzazione e autonomia;2. la composizione della funzione nell’attuale “formazione” è recente, come anche il cambio di leadership intervenuto.

L’esigenza della committenza era quella di cre-are un’identità di team forte e riconoscibile anche all’esterno e di costruire una prospettiva comu-ne attraverso il confronto e l’adozione di modelli condivisi.

L’intento che è stato rappresentato al team di progetto era quello di lavorare su queste finalità partendo dal rafforzamento delle identità personali, attraverso l’emersione e la valorizzazione delle potenzialità individuali.

Il modello delle core qualities sviluppato da Da-

quadra, senso d’appartenenza, identità di gruppo. È possibile rag-

giungere questi obiettivi senza parlare di culture organizzative da

un lato e di consapevolezza individuale dall’altro? La risposta è no,

non è possibile. Il tema semmai è un altro: come coniugare la rappresentazione

del singolo con la mappa della collettività? L’intervento formativo realizzato con

niel Ofman ci è sembrato lo strumento adeguato per rispondere coerentemente alle finalità dichiarate e attivare processi di consapevolezza a diversi livel-li. Il modello, infatti, fornisce una prospettiva di analisi e comprensione delle eccellenze e dei punti di caduta delle persone, dei gruppi e delle culture organizzative e può essere utilizzato con successo in programmi di sviluppo dei comportamenti or-ganizzativi quando l’obiettivo è proprio quello di agire su tre dimensioni: prospettiva individuale, relazioni tra i membri, prospettiva organizzativa.

Equilibrio cercasiOfman parte dal presupposto che persone, gruppi e aziende siano connotati dalle loro "qualità au-tentiche" che, diversamente da capacità apprese, ne caratterizzano il nucleo, l’essenza. Esempi di Qualità autentiche personali sono la flessibilità, la determinazione, il coraggio. Ma ogni qualità autentica è accompagnata dalla sua ombra, dalla

di Patrizia Farnetti e ira orsini

[email protected]@hrs.telecomitalia.it

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IL GRUPPO NASCEIN ARMONIA

I punti di forza di una persona, se portati all'eccesso, rischiano di rivelarsi una trappola. È fondamentale quindi trovare un equilibrio

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qUAlità AUtEntichE

sua distorsione che altro non è che l’eccesso della qualità stessa. La distorsione della qualità autentica di una persona è anche la sua trappola. E così chi è flessibile rischia di diventare incoerente, chi è risoluto rischia di diventare insistente e così via. Cosa fare per evitare la trappola? Il modello offre una soluzione: sviluppare la sfida, la qualità po-sitiva diametralmente opposta alla trappola. Ad esempio, la trappola dell’insistenza potrebbe offrire la pazienza come sfida. Quello che conta è trovare il giusto equilibrio tra risolutezza e pazienza. Non si tratta di diventare meno risoluti per il timore di essere insistenti, ma di sviluppare una risolutezza paziente.

Ma attenzione, le persone sembrano perdere la calma quando entrano in contatto con l’eccesso della propria sfida. Quanto più un’altra persona ci mette a contatto con la nostra allergia, tanto più sarà probabile che cadiamo nella nostra trappola.

Nel progetto Dal perimetro al centro: percorso di sviluppo del team abbiamo utilizzato il modello di Ofman, affiancando al quadrante delle qualità autentiche un'esperienza che consentisse ai par-tecipanti di cogliere – non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche da quello emotivo – il rapporto tra qualità individuali e identità del team: l’espe-rienza proposta consisteva nella realizzazione di una mostra pittorica.

Siamo partiti dalla presentazione e dalla con-divisione del modello, abbiamo lavorato sull’in-dividuazione delle qualità autentiche personali. Sono emerse le qualità autentiche personali dei 16 membri della funzione quali la flessibilità, la determinazione, il coraggio, la pazienza. Questa partenza ha creato un prezioso cambio di para-digma in quanto ha costretto tutti a ragionare sui punti di forza.

Il lavoro sui quadranti individuali si è anche dimostrato uno strumento potente per creare, in

un tempo relativamente breve, un forte senso di intimità e profondità. Ciò ha consentito di passare facilmente a ragionare sulle relazioni tra i membri del gruppo e, attraverso il doppio quadrante, a evi-denziare il ruolo della fiducia e della collaborazione nella costruzione di un clima autentico di squadra.

Il tema dell’equilibrio è stato il fil rouge con cui si è intrapresa l’attività di painting: l’arte è un prezioso gioco di equilibri e armonia. Quali sono le qualità autentiche che caratterizzano i due filoni di attività della funzione? Quali le trappole, le allergie e le sfide? I partecipanti, divisi in due gruppi, hanno realizzato due tele: la propria qualità autentica (l’eccellenza) e la propria sfida (l’attesa degli stakeholder).

Un quadro della situazioneSono stati proprio gli stakeholder più significativi (i responsabili delle altre funzioni) a raggiungerci nel pomeriggio della seconda giornata e ad assistere alla presentazione delle opere e del loro significato da parte dei partecipanti.

È stata un’esperienza intensa, emozionante, densa di significati. Ci siamo aperti all’esterno interrogandoci su come siamo percepiti dai nostri interlocutori, ci siamo chiusi e guardati dentro in un gioco di specchi intimo. Abbiamo effettuato un percorso che è andato dal centro al perimetro e di nuovo dal perimetro al centro nella preziosa scoperta di un potenziale personale e di gruppo.

Le tele infine hanno rappresentato un manufatto concreto, qualcosa che il gruppo ha prodotto e che, appeso alle pareti della Funzione, continuerà a costituire nel tempo un potente simbolo di iden-tificazione e appartenenza. n

Si ringrazia Nunzia Puglisi (Referente HR Natio-nal Wholesales di Telecom Italia) per l’effettivo contributo all’iniziativa.

Anima e arteUna specie di rivoluzionario. Così può essere definito Daniel Ofman, fondatore di Core Quality, agenzia che si occupa di sviluppo organizzativo. In un ambiente dominato da un approccio tecnocratico, Ofman ha concentrato la sua attenzione sull'importanza delle "qualità autentiche" che ciascuno possiede, accompagnate dal loro opposto che rischia di diventare una trappola. In questo progetto, realizzato per Telecom, è stato utilizzato il modello di Ofman per l'allestimento di una mostra pittorica: i partecipanti hanno prodotto alcune tele (nelle foto) a dimostrazione che il gruppo, quando funziona, produce cose concrete.

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P

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congressoAIDP2012Badesi

COMPETITIVITà E PERSONEIn Italia stiamo facendo i conti con un sistema definito poco competitivo. In questo contesto, il capitale umano sarà sempre più determinante e unire produttività e sviluppo delle persone sarà la sfida più ambiziosa. Quindi la competitività rappresenta per la nostra associazione, per le imprese e per il sistema Italia il tema centrale a cui è dedicata questa edizione

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congressoAIDP2012BadesiDEDICATO A: TOp mAnAgEr, DIrETTOrI DEl pErsOnAlE, prOfEssIOnIsTI Hr, prOfEssIOnIsTI D’AzIEnDA, ImprEnDITOrI E sTuDIOsI DEll’ArEA rIsOrsE umAnE DI OrgAnIzzAzIOnI pubblICHE E prIvATE

Mauro Sirani FornasiniAmministratore Delegato Intertaba Philip MorrisFrancesca PasinelliDirettore Generale TelethonCoordina Severino SalveminiSDA Bocconi School of Management, Professore Area Organizzazione e Personale

13.00 QUESTIOn TIME a cura di Andrea Sorgia Presidente AIDP Sardegna

13.30 ChIUSURA LAVORI

13.45

LUnCh

17.00 PRESEnTAzIOnE DEI RISULTATI DEL “GIRO D’ITALIA”

CAPRI COMPETERE VALORIzzAnDO LE PERSOnEFranco cipriano Presidente AIDP CampaniaSeverino nappi Assessore Formazione & Lavoro Regione Campania

ORVIETO LA GESTIOnE DEL PERSOnALE nELLE PMIApprocci e testimonianze tra normativa e fattori competitiviMichele tripaldi Presidente AIDP LazioMarina Scatena Direttore Risorse Umane Braccialini

GEnOVA hR E nUOVE TECnOLOGIEL’impatto delle tecnologie sull’organizzazione del lavoroStefano Ferraro Presidente AIDP Liguriabianca Falcidieno Presidente Area Ricerca CnR Genova

8.00

REGISTRAzIOnE PARTECIPAnTI

8.45

APERTURA LAVORI BEnVEnUTO E InTRODUzIOnE Andrea SorgiaPresidente AIDP SardegnaFilippo AbramoPresidente nazionale AIDP

9.15 COMPETITIVITÁ E PERSOnE nELLE TESI COnGRESSUALIPaolo iacci Comitato Scientifico Sardegna 2012giorgio Sangiorgi Coordinatore Scientifico Sardegna 2012

9.45

MEGA TREnD GLOBALI SFIDE E IMPLICAzIOnI SULLE RISORSE UMAnE gennaro casale Vice President Managing Director, Boston Consulting Group

10.30 COFFEE BREAk

11.00

ORGAnIzzAzIOnI, COMPETEnzE E MOTIVAzIOnIDino Ruta SDA Bocconi School of Management, Professore Area Organizzazione e Personale

11.45

TAVOLA ROTOnDA - IL LAVORO DEL FUTUROFederica DallanoceAmministratore Delegato Ferrari Ventilatori Industriali graziella gavezottiPresidente e Amministratore Delegato Edenred Italia

VENERDÌ 8 GIUGNO 2012

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PArTner AIDP 2012

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DEDICATO A: TOp mAnAgEr, DIrETTOrI DEl pErsOnAlE, prOfEssIOnIsTI Hr, prOfEssIOnIsTI D’AzIEnDA, ImprEnDITOrI E sTuDIOsI DEll’ArEA rIsOrsE umAnE DI OrgAnIzzAzIOnI pubblICHE E prIvATE

CERVIA PERSOnE: VALORE, SPRECO, COMPETITIVITÁisabella covili Faggioli Presidente AIDP Emilia RomagnaEnzo Spaltro Fondatore Università delle PersoneCoordina giorgio Sangiorgi Università di Cagliari, Professore Psicologia delle Organizzazioni

8.30

InCOnTRI In AREA SPOnSOR

9.30

VIDEO PRESEnTATO DA SEVERInO SALVEMInI

10.00

TAVOLA ROTOnDAIL FUTURO DEL LAVORO SECOnDO I RESPOnSABILI DELLE RISORSE UMAnE: LE STRUTTURE E LE REGOLEgustavo bracco Senior Advisor human Resources Pirelli Fernando Ferri Direttore Risorse Umane Saras e Presidente SartecDanilo villa Direttore Risorse Umane Coop ItaliaCoordinaMassimo giuliberti Direttore del Personale e Organizzazione Martini & Rossi

11.00 COFFEE BREAk

11.30 TAVOLA ROTOnDALA COMPETITIVITÁ SECOnDO I RESPOnSABILI DELLE RISORSE UMAnE: LE PERSOnE E I COMPORTAMEnTI

18.45 PRESEnTAzIOnE DELL'InTERnATIOnAL POSITIVE BUSInESS FORUM Marco Masella Presidente Scuola di Palo Alto21.00

CEnA DI GALA PREMIAzIOnE COnCORSI

Patrizia bonometti hR Regional Director Europe Tenaris DalmineAngelo Maria Manzi Capo Risorse Umane Agenzia delle Entrate Direzione RASluca vignagaDirettore Risorse Umane Marzotto Group Alexandra Young Direttore Risorse Umane MediobancaCoordina Paolo iacci Presidente di BCC Credito al Consumo

12.30 SInTESI DEI LAVORI DEL COnGRESSO E DEI GRUPPI REGIOnALI giorgio Sangiorgi Coordinatore Scientifico Sardegna 2012

12.45 ChIUSURA LAVORI Filippo Abramo Presidente nazionale AIDP

13.00 ASSEMBLEA nAzIOnALE AIDP

13.45 LIGhT LUnCh

SABATO 9 GIUGNO 2012

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congressoAIDP2012Badesi

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hi si affaccia al lavoro rischia di non riuscire a esprimere le proprie ca-pacità prima di lunghi anni. Con-

temporaneamente, l’ascensore della mobilità sociale rallenta o si ferma del tutto, finendo per consolidare un sistema nel quale le opportunità di crescita sembrano più legate alle risorse della famiglia che alla professionalità individuale. Tutto questo nuoce sia all’impresa, che si priva di po-tenzialità eccellenti, sia agli individui, soprattutto ai migliori, che nel livellamento vedono compromes-sa la propria possibilità di crescita e di carriera. Occorre adottare strategie che valorizzino le ca-ratteristiche individuali attraverso l’affermazione di criteri gestionali di tipo meritocratico».

Come diventare un paese per giovani? Il 41° Congresso nazionale AIDp nasce con una visione ottimistica del futuro. Perché il nostro Paese dispone delle risorse, delle competenze e della creatività necessarie per costruirlo in maniera attenta alle sfide che abbiamo davanti e alle esigenze di coloro che vivono, con ruoli diversi, la quotidiana realtà del lavoro.

per costruire il lavoro del futuro, tuttavia, occorre incominciare a immaginarlo partendo anche dalle attese, dalle visioni e dai talenti di coloro che saranno impegnati presto ad accompagnare i processi di cambiamento e la sfida della crescente competitività.

Il concorso Nazionale Giovani 2012 pensan-do al futuro è un piccolo tassello per costruire il futuro del lavoro di domani.

PartecipantiLaureati e laureandi dell’ultimo anno in tutte le discipline di età inferiore ai 28 anni al momento della pubblicazione del Bando.

Oggetto del BandoIl lavoro consiste in un elaborato originale compo-sto da un massimo di 10 cartelle (1.800 battute spazi inclusi a cartella) o slide che illustri il tema del Congresso (Pensando al futuro, Compe-

titività e Persone) sotto il profilo scientifico o professionale. Potrà consistere in una riflessione scientifica, in uno studio tematico, in un progetto comunque riferiti alla problematica della gestio-ne e dello sviluppo delle Risorse Umane, con particolare riferimento alla funzione HR.

Modalità di partecipazione Gli elaborati dovranno essere inviati alla segre-teria nazionale AIDp entro e non oltre il 20 aprile 2012.

Registrazione e invio materiale, compilando il form al sito www.aidp.it.

Il form, di semplice compilazione, richiede in-formazioni anagrafiche, titolo del lavoro proposto, sintesi/abstract (massimo una cartella/slide) ed elaborato completo.

PremioLe tesi prescelte dalla Commissione Scientifica saranno premiate con un master in ambito HR a completamento del percorso di studi e/o uno stage in azienda.

Commissione di SelezioneUn’apposita commissione di valutazione com-posta da AIDP, dai partner e dagli enti promotori dell’iniziativa valuterà i lavori proposti e procederà alla designazione dei vincitori.

PremiazioneLa premiazione pubblica avrà luogo a Badesi (Ot) l’8 giugno 2012 durante la Cena di Gala. La tesi vincitrice e i migliori elaborati verranno pubblicati nei Quaderni del Congresso, sul sito nazionale dell’Associazione e verranno segnalati alle aziende del network AIDP.

Tutte le informazioni su modalità di parteci-pazione, commissione di valutazione, partner ed enti promotori sul sito www.aidp.it alla voce pensando al futuro, Concorso giovani 2012. n

La Sardegna fa l'impresaPer agevolare i giovani sardi di non oltre 28 anni con idee e progetti che coniugano visione del futuro e senso pratico, AIDP bandisce il concorso "Progetto di nuova PMI innovativa", che premierà e sosterrà lo spirito imprenditoriale di chi vuole fare ingresso nel mondo del lavoro con una propria idea di impresa. Il concorso, inserito nell’ambito delle attività del congresso AIDP 2012, ha l’obiettivo di sostenere l’avvio di un’idea imprenditoriale connotata da fattori di R&S di forte innovazione e compatibile con le prospettive di nuovo sviluppo della Sardegna. Per partecipare, occorrerà inviare il proprio progetto descritto in sei cartelle entro il 30 aprile 2012 ad [email protected] citando il titolo del concorso nonché i propri riferimenti. Una giuria nominata da AIDP valuterà il miglior progetto. Il premio è una borsa di studio che coprirà i costi di accompagnamento, tutoraggio e consulenza specializzata, per l’avvio dell’attività di impresa.Il premio è subordinato al finanziamento dello stesso da parte del partner individuato.

il lAvoRo DEl FUtURoAIDP, nell'ambito del proprio congresso, lancia due iniziative rivolte ai giovani: un concorso nazionaleper laureati e laureandi sul tema della funzione HR e uno rivolto a potenziali nuovi imprenditori sardi

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DEDICATO A: TOp mAnAgEr, DIrETTOrI DEl pErsOnAlE, prOfEssIOnIsTI Hr, prOfEssIOnIsTI D’AzIEnDA, ImprEnDITOrI E sTuDIOsI DEll’ArEA rIsOrsE umAnE DI OrgAnIzzAzIOnI pubblICHE E prIvATE

è un Paese non raccontato che insegue e raggiunge risultati positivi, composto da tantissime

aziende, anche di piccole e medie dimensio-ni, che esprimono un’instancabile voglia di crescere.

Si tratta di voci di esperienze imprenditoriali e gestionali di grande vitalità che raramente cadono sotto i riflettori dei media. AIDP ha deciso di raccogliere queste storie e di raccon-tare e premiare quelle più rappresentative in occasione del suo 41° Congresso Nazionale.

Con un obiettivo: capire come si può con-solidare un successo in anni difficili e come nonostante la crisi si possa continuare a offrire ai propri collaboratori rinnovati motivi per tenere alto l’impegno e forti i legami all’azienda, all’insegna di una filosofia mana-geriale che decide di puntare sulle persone.

AIDP, da sempre, si pone l’obiettivo di contribuire, anche attraverso lo scambio e la contaminazione di esperienze diverse, al continuo miglioramento di politiche, strumenti, pratiche di gestione delle risorse umane. Il Congresso Nazionale rappresenta un’occa-

sione unica di condivisione e diffusione delle migliori esperienze.

Il premio buone pratiche Hr per com-petere intende riconoscere e portare all’at-tenzione quelle aziende che si sono distinte, nel corso dell’anno, per avere implementato politiche, approcci o strumenti innovativi o di particolare efficacia nell’ambito del personale.

partecipare è semplice: le imprese interes-sate dovranno trasmettere entro il 20 aprile 2012 una sintetica descrizione di un caso o di un'esperienza realizzata nell’ambito della gestione del personale. Inviare il materiale all’in-dirizzo [email protected] specificando nell’oggetto: nome azienda - HR per competere. Un’apposita commissione, composta da AIDP e dai Partner dell’iniziativa, valuterà gli elaborati.

Le buone pratiche selezionate saranno pub-blicate nei Quaderni del Congresso e sul sito nazionale dell’associazione. Negli spazi del Congresso sarà allestita un’area apposita con pannelli descrittivi dell’esperienza.

La premiazione pubblica avrà luogo durante la cena di gala del Congresso, il giorno 8 giugno, a Badesi. n

StoRiE (PoSitivE) Di tUtti i gioRniConcorso nazionale aziende: buone pratiche HR per competere

C'

SoSTenITorI AIDP 2012 MeDIA PArTner

Dpd DirezionedelPersonale

by GIUNTI O.S.

PER SAPERnEDI PIù

Dettagli e informazioni

sul sito www.aidp.it o contattando la Segreteria

nazionale AIDP 02 670955802 67071293

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congressoAIDP2012Badesi

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DEDICATO A: TOp mAnAgEr, DIrETTOrI DEl pErsOnAlE, prOfEssIOnIsTI Hr, prOfEssIOnIsTI D’AzIEnDA, ImprEnDITOrI E sTuDIOsI DEll’ArEA rIsOrsE umAnE DI OrgAnIzzAzIOnI pubblICHE E prIvATE

l Congresso Nazionale AIDP 2012 rappre-senta il momento di sintesi e di confronto di un anno fatto di relazioni, approfondimenti

e convegni preparatori. Segna la tappa conclu-siva di un giro d'Italia che mobilita le principali aree territoriali del Paese su alcuni specifici argomenti che contribuiranno ad arricchire il dibattito generale promosso da AIDP sul tema Competitività e Persone.

1a TAPPA capri 14-15 ottobre 2011Organizzazioni che competono, valorizzando le persone

2a TAPPA Milano 10 novembre 2011 Dialogo tra HR e Linea: idee e azioni per essere (più) strategici

3a TAPPA orvieto 13 marzo 2012 La gestione del personale nelle Pmi

4a TAPPA genova 30 marzo 2012 HR e nuove tecnologie: l’impatto delle tecno-logie sull’organizzazione del lavoro

Intervengono: stefano ferraro Presidente AIDP Liguria; bianca falcidieno Presi-dente dell’area della ricerca del Cnr di Genova; filippo Abramo Presidente Nazionale AIDP; roberto ferrari Senior Partner ISMO; pietro manenti Product Manager Monster Italia; sergio raimondi Presidente F.IRE; massimo solari Ad Network Integration & Solutions.

L’evento, rivolto a tutti i Soci, è orga-nizzato dai Gruppi Regionali AIDP Liguria & AIDP Piemonte.

La partecipazione è gratuita, previa registrazione alla Segreteria AIDP Liguria: [email protected].

Il convegno si terrà presso il Cnr di Genova (Torre di Francia, via De Marini 6, 11° piano), dalle 17 alle 20.

5a TAPPA cervia 21 e 22 aprile 2012 Persona: il valore, lo spreco, la competitività

Intervengono tra gli altri: Enzo spaltro Fonda-tore Università delle Persone; filippo Abramo Presidente Nazionale AIDP; Isabella Covili fag-gioli Vicepresidente Nazionale AIDP e Presiden-te Università delle Persone; nerio bentivogli Presidente Ober; Davide Cervellin Presidente Tiflosystem; federica Dallanoce Ad Ferrari Ven-tilatori Industriali; paolo Dal lago Presidente Liquigas; renzo libenzi Ad Gruppo Loccioni; Andrea pontremoli Ad Dallara; mauro sirani fornasini Ad Intertaba Philip Morris; luisella Traversi guerra pittrice e socia Robur; lauro venturi Ceo Cna Milano; sebastiano zanolli Ad 55DSL gruppo Diesel.

Il convegno si terrà presso il Club Hotel Dante in via Milazzo, 81 a Cervia (Ra).

La quota di partecipazione al Convegno iva inclusa è di 300 euro (200 euro per i soci

AIDP).La quota comprende: partecipazione al

convegno, pranzo, cena, spettacolo serale, coffee break e merende.

Per informazioni e iscrizioni contattare l’Università delle Persone:

[email protected], telefono: 331 3345048. n

il noStRo giRo D'itAliA

I PROGRAMMI

Agenda lavori e informazioni

dettagliate sulle singole tappe del Giro nel

calendario eventi al sito

www.aidp.it

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DEDICATO A: TOp mAnAgEr, DIrETTOrI DEl pErsOnAlE, prOfEssIOnIsTI Hr, prOfEssIOnIsTI D’AzIEnDA, ImprEnDITOrI E sTuDIOsI DEll’ArEA rIsOrsE umAnE DI OrgAnIzzAzIOnI pubblICHE E prIvATE

ormazione finanziata. Una grande opportunità per partecipare al Congresso AIDP, un momento di alta forma-zione e aggiornamento professionale largamente riconosciuto in ambito HR. Per questo motivo può rientrare tra le opportunità di formazione finanziabili dai Fondi interprofessionali. Se la tua azienda è iscritta a un Fondo

interprofessionale (Fondimpresa, Forte, Fondirigenti, Fondo Banche e Assicurazioni, Fondir e altri ancora) puoi utilizzarli facilmente per finanziare la tua partecipazione al Congresso. n

Telefona allo 079 292787, i referenti di Consorzio edugov sono a tua disposizione.

APPUnti PER il congRESSoFormazione finanziata. Convenzioni. Trasferimenti. Ecco altre informazioni importanti rivolte a coloro che hanno intenzione di partecipare all'evento in programma a giugno in Sardegna

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LE QUOTEDI PARTECIPAzIOnE

Socio AiDP 250 euro

200 euro per adesioni entro

il 31 marzo 2012

non Socio350 euro

300 euro per adesioni entro

il 31 marzo 2012

Accompagnatore 50 euro

La quota accompagnatore include la sola cena di gala di venerdì 8 giugno

e non comprende la partecipazione alle attività

CONVENZIONI

Per chi sceglieMeridiana & Air Italy

ondizioni esclusive dai principali aeroporti nazionali e Olbia sui voli Meridiana e Air Italy.

Un ufficio booking dedicato è già attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16.30. Presso l’aeroporto di Olbia, inoltre, sarà previsto un servizio di accoglien-za riservato agli ospiti AIDP.

La convenzione, valida per voli diretti o via Cagliari in transito (escluse tasse aero-portuali), prevede a tratta: • 80 euro per adesioni pervenute entro e non oltre il 31 marzo 2012;• 80, 100, 130 euro per adesioni pervenute successivamente al 31 marzo 2012.

Sul sito www.aidp.it, nella sezione Arrivi e Partenze del Congresso, trovi i riferimenti dell’ufficio booking, tutti i dettagli e le clausole della convenzione, le modalità di prenotazione e pagamento.

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TRANSFER

IDP mette a disposizione un servizio di navette bus – gratuito per i partecipanti e

gli accompagnatori – per i transfer Ol-bia - Resort Badesi Le Dune per arrivi previsti il 7 giugno 2012 e partenze nel pomeriggio del 9 e il 10 giugno 2012.

Per arrivi e partenze non compresi nelle date sopra indicate, l’organizzazione ha previsto convenzioni agevolate per noleggi auto e/o transfer con autista per singoli e gruppi con Gruppo Turmotravel (telefono: 0789 21487, email: [email protected], referente Gill Heywood; informazioni complete su www.aidp.it, sezione Arrivi e Partenze del Congresso).

Per usufruire del servizio transfer offerto da AIDP per le giornate sopra indicate far riferimento all’aeroporto di Olbia.

L’organizzazione valuterà inoltre – su eventuali richieste per gruppi nu-merosi – se mettere a disposizione servizi aggiuntivi da e per l’aeroporto di Alghero.

A

Navette gratuiteper il resort

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{62. Non sei felice? È anche colpa tua di Alessio De Santa}

{64. Un dialogo nel buio per vincere le paure di Roberto Monti}

storieVi aspettiamo a Badesi per il 41° Congresso nazionale AIDP

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{62. Non sei felice? È anche colpa tua di Alessio De Santa}

{64. Un dialogo nel buio per vincere le paure di Roberto Monti}

storie

«Cacciava teste. / Le voleva lucide.

Brillanti. quadrate. / Godeva quando

trovava cervelli intelligenti. / L’anima?

/ Non si può avere tutto»

di Massimo Ferrario

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PSicologiA PoSitivAstorie

Specialista Comunicazione Interna di ATM

studiato per diversi anni questo tema, nell’ambito di quella che viene chiamata psicologia positiva.

In questo campo si è cercato di capire innan-zitutto come mai ci sono luoghi dove i livelli di felicità e soddisfazione della vita sono alti nono-stante l’evidente mancanza di risorse, e da qui si è proceduto ad analizzare come le persone vivono momenti difficili, scoprendo importanti differenze.

Ho avuto occasione di parlare con il professor Shahar durante un incontro svoltosi nell’ambito di un progetto di The European House Ambroset-ti al Campus ATM di Milano, in cui il professore ha incontrato alcuni giovani del gruppo Leader del Futuro, oltre che dipendenti ATM scelti tra le nuove leve.

«Siamo abituati all’idea che per fare andare bene le cose dobbiamo concentrarci su quali siano i problemi, per cercare di risolverli – sostiene Sha-har –. Spesso otteniamo l’opposto, li ingigantiamo e ci lasciamo abbattere. In campo accademico succede lo stesso: per ogni articolo che tratti il tema della felicità se ne trovano ben ventuno su temi opposti come ansia, depressione, problemi sul posto di lavoro». Dobbiamo ricordarci che «le domande creano la realtà, poiché la definiscono»,

e non sei felice è tutta colpa tua”, recitava un famoso detto tibetano

che ci lascia doppiamente sconfortati: oltre a non essere felici, abbia-

mo anche il peso della colpa da portare. Ma come funziona la felicità?

Perché alcuni sembrano sempre placidamente baciati dal buonumore, mentre altri

sempre preoccupati e tesi? Il professor Tal Ben-Shahar dell’università di Harvard ha

e se non vogliamo trovarci a vivere in una realtà fatta di sole preoccupazioni, è bene che comincia-mo col chiedere a noi stessi in cosa siamo bravi e di cosa dobbiamo essere riconoscenti. Non si tratta di ignorare i problemi, semplicemente di lavorare su due versanti: quello dei problemi da risolvere e quello di “ciò che funziona”, che ha il potere di darci energia e forza ottimistica per andare avanti.

Nel corso dell’incontro, Shahar ha esposto di-verse ricerche, tra cui una in particolare, condotta su bambini capaci di risultati sopra la media in diversi campi. «Questi bambini – racconta – non hanno abilità speciali, ma semplicemente riescono a produrre da caratteristiche ordinarie risultati straordinari». La caratteristica fondante per il successo è la resilienza, la capacità di adattarsi. Essa si basa, secondo questi studi, su accorgimenti pratici: la capacità di porsi obiettivi, uno sguardo

di Alessio De Santa [email protected]

S{

NON SEI FELICE? è ANCHE COLPA TUA

Secondo il professor Tal Ben-Shahar la felicità dipende in larga parte dal nostro atteggiamento. Il segreto? Concentrarsi di più su ciò che sappiamo fare bene

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PSicologiA PoSitivA

concretamente ottimistico, la scelta di modelli da imitare facilmente identificabili, la focalizzazione sugli aspetti positivi e, ultimo, l’attività fisica.

È facile comprendere, dunque, come la felicità sia importantissima per la vita lavorativa: alcuni studi recenti hanno dimostrato infatti come le persone più felici siano anche quelle più produtti-ve e più capaci di affrontare e superare momenti difficili. Comunemente tendiamo a pensare che la felicità venga dal successo, mentre Shahar sostie-ne proprio il contrario, cioè che ne sia la causa.

Alla ricerca della semplicitàInteressante anche un altro concetto che Shahar non ha esposto dal vivo, ma presente in alcuni suoi scritti, che in realtà è una rielaborazione della teoria dello studioso americano Peter Sen-ge. Il concetto è semplice: i migliori docenti in momenti di cambiamento sono i manager stessi. È risaputo infatti che, mentre come semplice ascoltatore l’apprendimento è piuttosto basso, quando ci si prepara a tenere una lezione le in-formazioni vengono immagazzinate in maniera più profonda. Ed è anche provato che, secondo la teoria della dissonanza cognitiva, dire una cosa e fare l’opposto ci mette in uno stato d’animo difficile da sopportare. Dunque, far tenere diret-tamente ai manager la formazione, li obbliga a diventare loro stessi il motore del cambiamento aziendale. Nell’ottica di una “learning organi-zation”, l'organizzazione capace di imparare è fondamentale. Ovviamente anche l’approccio del consulente è diverso: si passa dall’essere un insegnante, all'essere un professionista che deve preparare un manager.

Mi rimane solo un dubbio e, per spiegarlo, devo partire da lontano. Un’amica americana, quando

le ho chiesto di spiegarmi la sua tesi in biologia molecolare delle superfici, l’ha fatto velocemente e in modo incisivo. L’ha fatto portando esempi, allestendo piccoli esercizi pratici, rendendoli dei giochi (memorabile lo studio di resistenza del panino imburrato sul piatto). Quando le ho fatto notare che non era da tutti esemplificare una teoria così complessa a un neo-fita quale ero io, mi ha risposto semplicemente: «We keep it simple, man», la facciamo semplice, si potrebbe tradurre. Nel frangente, il “noi” stava per tutti gli americani, ma anche gli uomini di scienza americani. E il “farla semplice” tradiva l’idea che fosse chiaro a tutti, lì, che le discipline hanno il difetto di complicarsi sempre di più con il passare del tempo, di staccarsi dalle evidenze e, mano a mano che si fanno più dettagliate, dimenticarsi che il loro scopo è farsi capire, diventando idiomi di ipertecnici che ormai si capiscono solo tra di loro, e magari neanche troppo spesso.

Occhio a non banalizzareChiaramente quello del “keeping it simple” è un metodo applicato dal professore, e neanche ta-citamente. È anzi una dichiarazione di intenti che Shahar, abituato a lavorare nel ramo della consulenza per le aziende, si è posto come scopo.

È indubitabile che questo sia un ottimo approc-cio. L’unico rischio è un’eccessiva semplificazione soprattutto laddove il tema è particolarmente complesso. Penso, ad esempio, all’abitudine tutta americana di collegare sempre la felicità alla rea-lizzazione dei propri obiettivi, come a dire: felici perché di successo, o di successo perché felici, secondo la teoria appena esposta. Se qualcuno ha mai letto un libro di filosofia orientale o più banalmente ascoltato una canzone dei Nirvana, sa che la correlazione non è necessariamente così diretta. Attento a quello che desideri, dice il saggio, perché potrebbe avverarsi.

Mi pare che, come diceva il sociologo della comunicazione Marshall McLuhan, il mezzo sia il messaggio. E se il mezzo è una lingua forza-tamente semplice e semplificativa, può fare da collo di bottiglia per una teoria che ha invece una necessità di frastagliarsi, di diversificare prima di riassumere.

Insomma, il concetto di fondo della psicologia positiva è intelligente e, ancora più importan-te, ci aiuta a trovare in noi risorse inattese, so-prattutto nei momenti difficili. Poiché qui però di scienza si parla, restiamo in vigile attesa di approfondimenti e precisazioni. n

Professore e consulenteTal Ben Shahar è Professore e consulente aziendale nel campo della psicologia positiva e della leadership. Ha ottenuto il PhD in Organizational Behavior all’università di Harvard. Nello stesso ateneo ha tenuto i corsi sulla psicologia positiva che hanno suscitato una grande attenzione anche da parte dei media in quanto hanno superato, per numero di iscritti, i corsi introduttivi di economia. Ha pubblicato diversi bestseller che sono stati tradotti in 25 lingue. Ad oggi Tal insegna presso l’Interdisciplinary Center di Herzliya, in Israele.www.talbenshahar.com

“è facile comprendere come la felicità sia

importantissima per lavita lavorativa: alcuni

studi hanno dimostrato che le più felici sono

anche quelle più produttive e più capaci di affrontare e superare

momenti difficili ”

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PERcoRSistorie

Sales Manager di VisionMind

potrà vedere di più, dentro di sé, dentro gli altri. Abbiamo chiesto a Franco Lisi, non vedente, di-rettore di Dialogo nel buio all'Istituto dei Ciechi di Milano, di spiegarci in cosa consiste questa esperienza e che cosa lascia in chi la vive.

Ci può raccontare com'è nato Dialogo nel buio e di che cosa si tratta?«Questa mostra nasce dall'idea di Andreas Heinec-ke, un giornalista tedesco al quale nel 1986 venne richiesto di sviluppare un programma formativo per un collega che aveva perso la vista. Al primo incontro, Andreas si sentì turbato, ma rimase affa-scinato dal mondo dei non vedenti. Così nel 1986 ideò Dialogue in the dark, mostra che, dal 1988, fa il giro del mondo presso i più famosi musei ed è diventata addirittura un marchio registrato. Nel 2003 Dialogo nel buio viene allestito a Palazzo Reale a Milano, dove riscuote un gran-dissimo successo grazie a un afflusso di 34mila visitatori in soli quattro mesi.

Nel 2005 l'Istituto dei Ciechi di Milano apre Dialogo nel buio all'interno del proprio comples-so destinando 700 metri quadri all’allestimento della mostra.

è un posto a Milano dove si impara a vedere oltre: si chiama Dia-

logo nel buio. Si tratta di un luogo in cui adolescenti, famiglie e

organizzazioni aziendali vivono un'esperienza che li cambierà per

sempre. Visitare Dialogo nel buio o partecipare ai suoi workshop non significa

giocare a fare il cieco. Chi vive per qualche ora nel buio di Dialogo nel buio,

Dopo ventitre anni di vita, Dialogo nel buio è presente in tutto il mondo con una ventina di location e ha dato vita a un network standard che ne fa un sistema collaudato».

Come avviene la visita a questa mostra e quali sono gli aspetti che emergono?«Siamo nel buio totale, un buio tecnico, dove i visitatori in piccoli gruppi sono invitati a entrare muniti di bastone bianco. I partecipanti, in una situazione di privazione della vista, si affidano alla guida non vedente, primo e unico riferimen-to, e vengono aiutati a riscoprire e apprezzare, con i sensi extra visivi, una realtà comunque conosciuta e familiare.

Il visitatore deve imparare a gestire il proprio stato d’animo e il proprio livello emotivo facendo leva proprio sull'intelligenza emotiva: il timore, l’ansia, l'adrenalina ma anche la curiosità e il coraggio, sono le reazioni più frequenti riscon-trate nei visitatori».

di Roberto Monti [email protected]

C{

UN DIALOGO NEL BUIOPER VINCERE LE PAURE

È nata 23 anni fa come mostra in cui il visitatore si affida alla guida di un non vedente e si muove nella totale oscurità. Oggi questa esperienza ha ispirato workshop formativi per manager

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PERcoRSi

Cosa insegna vivere questa esperienza? «Incredibilmente, il buio si svela come un luogo in cui ci si sente liberi dalla emozioni negative e più propensi al dialogo verbale: il buio, come è nell’immaginario collettivo, non è più considerato come ciò che imprigiona, come ciò che nasconde e circoscrive, ma si rivela, sorprendentemente, una dimensione di assoluta libertà».

In cosa si differenzia Dialogo nel buio dalle più diffuse esperienze formative aziendali?«Da diversi anni abbiamo sviluppato percorsi e workshop per le aziende dal potentissimo valore formativo. I workshop sono progettati apposi-tamente per le aziende. Sono i risultati di anni di studio che hanno portato alla produzione di programmi formativi di altissimo valore.

L'esperienza di Heinecke, la nostra esperienza in Italia e l'esperienza di tutti i Dialoghi nel buio presenti nel mondo, ci incora ggiano a proseguire su questa strada, in considerazione soprattutto del crescente interesse riscontrato dai parteci-panti e dalla domanda del mercato».

Ci racconti brevemente un format tipico di un workshop?«Innanzitutto proponiamo al management delle aziende di affrontare e superare le difficoltà che caratterizzano il buio, facendo vivere l’esperienza come metafora del cambiamento che inevitabil-mente ogni azienda si trova di fronte.

Noi sappiamo che il cambiamento oggi è qual-cosa che può far paura, che può indurre a non decidere, a stare fermi, a fare le cose che si co-noscono, a non assumere iniziative in nome di una sicurezza terribilmente limitante. Tuttavia,

dobbiamo fare i conti con il cambiamento, che nostro malgrado esiste. Durante i workshop i nostri clienti sono chiamati a svolgere attività nell’incertezza, individualmente o in sinergia con i colleghi, imparando a gestire e riconoscere il proprio stato d’animo, ad assumersi responsa-bilità, a condividere informazioni e risultati, in una dimensione in cui il proprio portato emotivo e la fiducia reciproca possono fare la differenza.

Nei nostri workshop, il dialogo costante co-stituisce le fondamenta della costruzione di un gruppo solido per il quale il rispetto reciproco e il senso di appartenenza conducono inesorabil-mente al perseguimento di un obiettivo comune.

I facilitatori che conducono il workshop sono soprattutto responsabili del fatto che le attività esperienziali avvengano nel modo corretto fa-vorendo una loro concettualizzazione, creando in tal modo significative analogie con il proprio contesto aziendale». I workshop e i percorsi per le aziende sono standard?«I workshop che abbiamo a catalogo hanno più livelli di approfondimento, ma possono essere personalizzati consentendo lo sviluppo di una tematica piuttosto che un’altra: dalla gestione e riconoscimento del proprio stato d’animo, at-tività individuali che consentono di esprimere il proprio potenziale nascosto, alla costruzione del gruppo, da workshop tesi a valorizzare il significato di una comunicazione verbale e para-verbale chiara, efficace e inequivocabile, a quelli in cui ciascuno viene chiamato a decidere, ad assumersi responsabilità, a guidarsi, al fine di potersi proporre quale punto di riferimento, ➤

Un tuffonell'incertezzaQuali sono le cose che fanno più paura in azienda? I cambiamenti, senza dubbio. Ci sono molte persone, anche valide, che non assumono iniziative perché hanno paura di quello che può accadere. Così, l'esperienza formativa di Dialogo nel buio può aiutare le persone ad affrontare e a superare difficoltà impreviste, a muoversi nell'incertezza gestendo le proprie senzazioni e i propri stati d'animo, a lavorare in gruppo per un obiettivo comune. Perché una cosa è certa: non bisogna mai smettere di imparare.

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«leader per tutti gli altri. Contrariamente a quanto si possa immaginare, molte realtà aziendali ci chiedono di progettare workshop allo scopo di abituare i propri dipendenti a lavorare in situa-zioni di stress, creando volutamente situazioni impreviste, cambi repentini di task, chiedendo flessibilità, reattività, e capacità di problem-solving in tempi ristretti».

Come vengono gestite queste situazioni?«I workshop di Dialogo nel buio generalmente hanno una durata complessiva di circa mezza giornata. Le attività possono essere individuali o di gruppo, al tavolo o in movimento e vengono individuate di volta in volta a seconda del tema prescelto. I conduttori del workshop lanciano le attività e invitano i partecipanti a svolgere i compiti osservando le regole di svolgimento. Al termine, vengono condotti debriefing per la valutazione dei risultati conseguiti.

Il debriefer che ha osservato lo svolgimento dell’intero workshop coadiuvato dal personale non vedente, identifica quali strategie sono state messe in atto nella conduzione delle attività e stimola uno scambio di riflessioni sulle sensazioni provocate dal buio e su come sono state condotte le attività, fornendo analogie con ciò che accade quotidianamente in azienda».

Possiamo dire che avete aperto un business che non esisteva, trovando un piccolo Oceano blu?«Non l’avevo mai considerato sotto questo pro-filo, ma sì, direi che di fatto è successo questo».

Può raccontarci un suo episodio o una sua re-azione emotiva particolarmente significativa?«È capitato di lavorare con manager che non sono riusciti a partecipare al workshop subendo esageratamente il buio. Ho personalmente ri-scontrato un timore derivato da episodi accaduti nell’infanzia come i castighi al buio, ad esempio.

Una frequente reazione di stupore e sconforto si verifica in mancanza di risultati immaginati ma non raggiunti perché è venuta meno la fase di progettazione e di riflessione. Troppo spesso, oggi, nel mondo del lavoro, si deve fare i conti con la velocità e con i tempi ristretti per il rag-giungimento degli obiettivi, imponendo imme-diatamente l’azione e riducendo notevolmente la fase preliminare di analisi».

C'è un netto recupero della percezione del non dare nulla per scontato in queste esperienze? «In genere dall'esperienza si esce cambiati. La fase di debriefing aiuta i partecipanti a compiere il passaggio da un livello irrazionale a un livello di consapevolezza, ed è qui il valore dell'espe-rienza di formazione. Oggi, è altrettanto impor-tante avere capacità e abilità emotiva all'interno di un'organizzazione aziendale. E allora anche questo tipo di esperienza aiuta a ragionare dal punto di vista umano, aiuta a capire quanto è importante oggi sviluppare competenze sociali. Quando mi presentano il curriculum non è più sufficiente chiedere cosa sai fare ma come lo fai, chi sei, chi c'è dietro questo profilo. Se c’è dialogo non c’è buio». n

“questo tipo di esperienza aiuta a capire quanto è importante oggi sviluppare competenze sociali, quanto conti avere capacità e abilità emotive all'interno di un'organizzazione aziendale”

PERcoRSistorie

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{68. SGUARDI SUL PERSONALE

HR: la trappola dorata di Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini}

{71. 2011, odissea nel lavoro di Francesco Caggio}

{72. Tra passato e futuro di Giuseppe Varchetta}

{75. A ognuno il suo mestiere di Marco Lombardi}

idee

«

PERcoRSi

«Le persone creative non le compri.

Si comprano. Da sé.

Bastano un lavoro e un contesto:

creativi»

di Massimo Ferrario

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SgUARDi SUl PERSonAlEidee

apidità e flessibilità nel supportare il business. Chi entra oggi nell'uffi-cio di una società di head

hunting alla ricerca di un nuovo diret-tore del personale (Dp) sembra avere in mente solo questi due obiettivi.

L'imperativo è muovere l'organizza-zione, renderla più agile, più reattiva, pronta a muoversi in un mondo in cui l'imprevedibilità è la cifra delle attività quotidiane.

Ricercare nuove opportunità: l'o-biettivo di tutto il management non risparmia il Dp; anche a lui viene chie-sto di muoversi con rapidità, di trovare nuovi modi, più flessibili (e spesso più economici) per far fronte ai bisogni di sempre: sostenere il cambiamento or-ganizzativo, trovare le risorse giuste, dare il proprio contributo all'efficien-za, alla produttività, alla riduzione dei costi.

Da "business partner", il Dp si tra-sforma in "business player": esattamen-te come tutti i suoi colleghi si assume rischi, partecipa attivamente ai proces-si di business, si "sporca le mani" nei processi decisionali. La costruzione di sistemi di gestione, la pianificazione del personale a medio termine, l'attenzione agli equilibri formali interni restano sullo sfondo. In primo piano emergono le capacità personali di creazione di network: reti di rapporti utilizzate per trovare risorse, competenze, finanzia-menti, per condividere buone pratiche,

R

hR: lA tRAPPolADoRAtA

DIRETTORI DEL PERSONALE

I nostri interlocutori ci giudicano hi lavora nel personale si pone molte domande relative al suo ruo-lo, al futuro della professione, alle competenze da sviluppare, alle migliori scelte di carriera da compiere.

Abbiamo deciso di rivolgere le stesse domande a una serie di interlocutori tipici dei direttori del personale per verificare se le percezioni che noi viviamo dall'interno del nostro gruppo professionale coincidono con quelle di chi ci guarda dall'esterno.

Una specie di Johari window collettiva (chi non se la ricorda faccia un salto su Wikipedia).

Abbiamo iniziato con gli head hunter, proseguiremo con i capi azienda, gli avvocati del lavoro, i sindacalisti e i consulenti del lavoro e forse qualcun altro.

A tutti rivolgiamo domande volte a definire quattro temi:• come cambia il contesto in cui le direzioni del personale debbono operare;• quali sono le competenze più apprezzate e quali quelle più carenti;• come funzionano i meccanismi di carriera per chi opera nelle direzioni del personale;• cosa si aspettano dal ruolo di direttore del personale e come evolveranno queste aspettative.

Nessuna pretesa scientifica, nessun dato quantitativo: solo opinioni di addetti ai lavori, analizzate e sintetizzate da un piccolo gruppo redazionale (Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini).

La sintesi ha imposto delle generalizzazioni, ma senza dubbio le conside-razioni dei colleghi, che gentilmente si sono prestati alle interviste, ci hanno offerto molti spunti di riflessione che vi riproponiamo.

C

Hanno offerto il loro contributo di idee: luca pacces e pierluigi fattori di spencer stuart, luca Temellini di EXs, Alberto Amaglio di russel reynolds, massimo picca di Eric salmon, giordano Tamagni di K2people, Aldo magnone di Arethusa.

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SgUARDi SUl PERSonAlE

per risolvere problemi in maniera non convenzionale. In una parola, per poter navigare nella complessità.

L'Amministratore delegato che entra nell'ufficio di un head hunter cerca un manager, che sappia giocare a tutto tondo insieme agli altri.

Le competenzeLe competenze tradizionali e tecni-che sono date per scontate e perdono importanza a fronte di una domanda di maggiore capacità di comprensione e di partecipazione al business. Nel "make or buy" prevale decisamente il "buy", e la vera competenza sta proprio nel procurare rapidamente all'azien-da gli strumenti e le competenze che

servono davvero.«Il cliente, anche dell'azienda medio-

piccola – sostiene un head hunter – vuole un Dp che non si spaventa se deve cercare un responsabile per la sede di Taipei, un'agenzia di lavoro temporaneo a Sofia e un sistema di company car a Dublino».

Superando alcune sfumature, le persone intervistate convergono in modo significativo sulle competenze che vengono espresse in sede di ricerca di un nuovo Dp.

Conoscere il business. Una del-le abilità principali è la capacità di leggere il contesto e calarsi nella si-tuazione specifica in cui si dovrà la-vorare, avendo ben chiari i parametri

economici di benchmark.Influenzare la cultura organizza-

tiva. La capacità concreta di "change management" organizzativo è indicata da tutti gli intervistati come un punto chiave. Si cambia Dp spesso proprio per questo: «Abbiamo cambiato strategia ed obiettivi, ma lui (quello di prima) non è riuscito a far cambiare la mentalità».

Muoversi in contesti internazio-nali. Per qualsiasi azienda ormai il riferimento è il mondo, e il Dp non si sottrae a questa regola. Il suo network deve dargli la possibilità di giungere rapidamente dove è necessario che sia, senza remore o timidezze. «Non ha idea di quanti dei Dp che incontriamo hanno ancora seri problemi con l'inglese»,

Così gli head hunter definiscono il ruolo di direttore del personale: oggi, infatti, sono rare le crescite verticali. Il suggerimento è anticipare le richieste degli imprenditori e porsi come operatori intelligenti di un network straordinario: le persone

“Le competenze tradizionali e tecniche sono date per scontate e perdono importanza a fronte di una domanda di maggiore capacità di comprensione e partecipazione al business”

Giancarlo [email protected] dello studio di consulenza industriale Traini

Julio [email protected] Regional Director Asia Pacific di Tenaris

Maria Emanuela [email protected] Formazione, Selezione e Comunicazione Interna di ATM

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SgUARDi SUl PERSonAlEidee

osserva un po' malignamente un in-tervistato.

Risolvere problemi e fornire ser-vizi. Non è il tempo dei grandi siste-mi, conta la capacità di rispondere alle richieste dell'organizzazione in modo efficiente, rapido ed anche con un piz-zico di “creatività”, di pensiero laterale.

Scovare e gestire potenziali. Da questo punto di vista la figura del Dp è insostituibile, ma deve estendersi, sempre attraverso il network, dall'in-terno dell'azienda all'esterno.

Ecco un’osservazione stimolante da parte di uno degli head hunter inter-vistati: la capacità di creare e gestire il proprio network richiede due atti-tudini particolari come la generosità e la gratitudine.

Sono le qualità necessarie al fun-zionamento delle reti professionali: generosità nel dare supporto e con-dividere know-how e gratitudine nel saper riconoscere il valore delle perso-ne e quanto abbiamo ricevuto da loro. I network funzionano sullo scambio vantaggioso per tutti, non sulla nego-ziazione al ribasso.

La carrieraOggi in azienda i Dp non fanno carrie-ra. È scomodo dirlo, ma è la posizione unanime degli head hunter: i casi in cui un Dp viene nominato in posizione

di vertice sono molto rari. Si ruota da un'azienda all'altra. A vol-

te il mandato è a termine: creare sistemi e procedure che permettano di uscire da una situazione difficile, snellire le strutture e ridurre i costi, impostare lo sviluppo e accompagnare la crescita.

Altre volte, quando scatta un alto livello di fiducia con un Dg, un Ad, un Presidente, il Direttore del personale segue il loro destino.

In ogni caso, il raggiungimento del livello di Direttore del personale ras-somiglia un po' a una trappola dora-ta, da cui si esce per pensionamento (ormai raro) o per carriera orizzontale (passaggio a un'altra azienda).

Il forte investimento dei Dp su com-petenze tecniche specifiche (relazioni industriali, pianificazione e sviluppo del personale, compensations) oggi in calo di importanza o sottoposte a processi di outsourcing, mette gli head hunters in una situazione difficile: le caratteristiche dell'offerta professio-nale sono spesso discordanti da quelle della domanda evidenziate sopra e lo sviluppo complessivo della professione rischia di essere rallentato.

Un broker relazionaleLe opinioni dei cacciatori di teste sono piuttosto convergenti: il ruolo del Dp si avvicina sempre più a quello di un

broker che lavora all'interno e all'e-sterno dell'azienda, gestendo un net-work di relazioni, risorse e fonti che lo mettono in grado di:1. prendere parte a un progetto stra-tegico e operare per realizzarlo modi-ficando l'organizzazione; 2. fornire, attraverso il suo network, risorse a questo progetto (competenze, know-how, servizi, strumenti);3. garantire la qualità delle prestazioni e la continuità dei livelli di servizio.

Questa competenza di “trading relazionale” appare determinante e non scontata nella sua declinazione. In particolare nel nuovo contesto eco-nomico e sociale, sarà importante saper individuare tutti gli stakeholder e gli interlocutori necessari e utili all’azien-da, alcuni ancora quasi del tutto sco-nosciuti a livello di interazione, come ad esempio il settore no-profit e tutti i servizi offerti dall’impresa sociale, che risulteranno elemento imprescindibile nel nuovo mercato del lavoro.

Gli head hunter, in conclusione, sembrano darci un consiglio: cambiare l'offerta per cambiare la domanda.

Anticipare le richieste degli impren-ditori proponendosi sempre meno come specialisti di sistemi e strumenti in-terni e sempre più come intelligenti operatori di uno straordinario network: le persone. n

“Nel nuovo contesto economico e sociale sarà importante saper individuare tutti gli stakeholder e gli interlocutori necessari e utili all’azienda”

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SEgnAlibRoidee

veri sadici per non rischiare di vedere ciò che sono stati e ciò che ancora sono), negandosi di essere anch’essa sempre, come tutti noi, appesa a un filo e di star giocando una delle poche reali soddisfa-zioni che le dà il suo lavoro: prendere in giro gli altri, prendendosi in giro, per non vedersi ammalata.

Esito previstoInfatti sottolinea e si complimenta per il 110 di Alice che ringrazia, e che, avendo – come tutti noi, com-presa la caposettore – visto molta televisione, non solo è euforica, ma sorride, sorride, e la bocca e la den-tatura, lo insegnano tutti i manuali per il successo, sono importanti (oh, benedetta etologia). Sorride in attesa di essere inchiodata da una domanda che la riporta alla realtà, alla nuda e cruda realtà della signora che le chie-de perché è lì, proprio lì: Alice presa dal suo film casca sulla domanda che era già prevista dopo tre battute di messa a proprio agio della vittima, che dovrà (ma quale sarà mai l’esito in termini di comprensione di come gira il mondo nella testolina di Ali-ce?) poi assentire a un già predisposto sermoncino pedagogico.

Tempo buttato via, tempo perso, tempo di alienazione e di mistifica-zioni, tempo della disconferma delle reciproche esistenze sia questo e sia l’altro colloquio che segue, perché il mondo è fatto a quinte che bisogna schiudere con la risposta giusta a una domanda che rimanda sempre a un “doppio legame”.

Quindi che l’azienda risparmi e che lavori con il “passaparola” e che Ali-ce impari a fare bene l’orlatrice, che il fashion made in Italy ne ha molto bisogno. Meglio essere crudeli che inautentici. n

e dispiace seguirmi?», con-clude la caposettore casse dell’ipermercato di Torino dopo una breve presentazione,

sorridendo a bocca larga. «Si!», risponde Alice con «un sorriso più largo del suo, senza neanche rendermi conto di aver-le detto, non volendo, che... mi scoccia (grassetto e sottolineatura di chi scrive, ndr) questa cosa di doverla seguire. Lei non ha colto l’incertezza e ha continuato a sorridermi».

Copione già scrittoIn questo passaggio si apre il gioco stere-otipato e consunto della "sceneggiata", di un colloquio che segue un copione già pre-stabilito, a cui le due si attengono come burattine a cui non è permesso essere o muoversi come sarebbe vitale per chi chiede lavoro e per chi lo offre. Ognuna delle due (sarà chiesto dalla caposettore di darsi del "tu"; e come si potrebbe al-trimenti in una società televisivamente friendly?) non potrà essere che scontata-mente una maschera. L’una (Alice: ma in che paese vive?) mistificata e alienata, e pateticamente masochista, nella sua vana ricerca di un lavoro che o non c'è o non troverà, vista la biografia professionale che ha e tenuto conto del mercato del lavoro attuale (ma non si scrivono più luttuosi, ma salvifici romanzi tipo Le illu-sioni perdute e il tempo ritrovato?), l’altra – la caposettore – mistificata e alienata nella sua fede fittizia nel suo lavoro e ruolo (oh, i miserabili che diventano dei

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Francesco [email protected], formatore e consulente, collabora con l’Università degli Studi Milano-Bicocca

Titolo Alice senza nienteAutore Pietro De Viola Anno 2011Casa editrice Terre di Mezzo editorePagine 94Prezzo 10 euro

LA SCHEDA

2011, oDiSSEAnEl lAvoRoSi chiama Alice senza niente ed è un piccolo caso editoriale che ripercorre le vicende di una ragazza come tante,alle prese con improduttivi e improbabili colloqui di lavoro

SgUARDi SUl PERSonAlE

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REcEnSioniidee

analizzare le prospettive probabili di sviluppo nel periodo 2011-2020. Il pro-getto di ricerca è stato realizzato dalla S3.Studium in stretta collaborazione con due istituzioni, Bosch-Tec e Carter & Benson, la prima operante nella for-mazione professionale-manageriale, la seconda nell’Executive Search.

Il futuro nasce dal presenteIl sottotitolo del volume è “storia e prospettive”: la visione delle cose di S3.Studium e del metodo Delphi – me-todologia elettiva nella pratica di ricer-ca psicosociale di S3.Studium – indica il tempo presente come il riferimento fondamentale e indispensabile per po-ter lavorare in termini visionari e di prospettiva. Inoltre, sottolinea l’esi-genza di avere una prospettiva storica, per non dimenticare e per coltivare nel presente i talenti che l’immedia-to passato ci ha donato come eredità dovuta e non sempre correttamente percepita.

In altre parole, chi non sa vivere il presente è falsamente proiettato sul futuro e, come ha insegnato Albert Camus, «la vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente». In altre parole – ammonisce S3.Studium attraverso anche quest’ul-tima ricerca – ancora più spesso le don-ne e gli uomini vivono di memoria e di speranza più che di attenzione e abitano nelle dimensioni immaginarie del passato e del futuro, piuttosto che

uando si dice della ri-levanza e della carenza della ricerca sociale nel nostro Paese… La ricer-

ca sociale nella cultura italiana vive da tempo una endemica, cronica crisi, sia rispetto alle potenzialità evase, sia rispetto alle concrete esigenze, ascrivi-bili a un Paese come il nostro, che dice di aver scelto un modello di sviluppo avanzato.

Di ricerca sociale da noi se ne fa poca: i committenti sono rari, le istitu-zioni di ricerca che si possano dire tali per visione e competenza sono poche e, per assurdo, quando si arriva a fare ricerca, sovente gli agognati rapporti restano nelle mani élitarie di commit-tenti che hanno della diffusione del dato di ricerca una visione a dir poco paranoide.

Veniamo alle eccezioni, parlando di S3Studium, la società di formazione, sviluppo organizzativo e ricerca psi-cosociale, voluta e animata ormai da moltissimi anni da Domenico de Masi.

La ricerca da sfogliareIl volume che presentiamo – che inaugura presso Guerini e Associati la collana “S3.Studium” – è il risul-tato di un ampio studio sul passato, il presente e il futuro della Direzione delle risorse umane in Italia. Lo sce-nario previsionale è stato realizzato avvalendosi di una ricerca condotta secondo il metodo Delphi, capace di

q

tRA PASSAtoE FUtURo

Titolo hR 2020. Storia e prospettiveAutore Domenico De Masi e Stefano Palumbo Anno 2011Casa editrice Guerini e associatiPagine 248Prezzo 19,50 euro

Una ricerca condotta da S3.Studium secondo il metodo Delphi è lo spunto da cui nasce questo volume. L'obiettivo? Tracciare le top skill per le quali dovrà distinguersi il Direttore Risorse umane del futuro. Che dovrà essere sempre più in grado di interpretare le innumerevoli variabili dei sistemi socio-tecnici tipiche del nostro tempo.

LA SCHEDA

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REcEnSioni

in quell’unico vero appuntamento col reale che è il presente.

La ricerca psicosociale, in quanto autentica pratica riflessiva, è la strada elettiva e unica per far sì che il rap-porto tra passato, presente e futuro sia pensato e agito in maniera adulta e consapevolmente collegata, senza peri-colose fughe né in avanti, né indietro. Il metodo Delphi, con la sua “tenace umiltà”, è la via elettiva per conseguire tale risultato e avere tra le mani dati autorevoli capaci di ricongiungerci nel nostro presente col nostro passato e con un futuro che possa essere genu-inamente nostro.

Il volume, fresco di stampa, è arti-colato in quattro densi capitoli.

Un inizio "storico"I primi due, Dalla centralità al declino e Dal declino al disorientamento, attra-verso l’attenta scrittura di Domenico De Masi prendono per mano il lettore per un viaggio di rivisitazione della storia e dell’esperienza delle organizzazioni, dall’avvio della rivoluzione industriale al postindustriale degli anni ’90 e alle prospettive di una riconquista del-la centralità, in questi anni diluita e persa, da parte della Direzione delle risorse umane. Le pagine di De Masi, contemporaneamente spesse e leggere, sono capaci di evocare l’iter teorico ed esperienziale dell’arco storico citato, con un aggancio costante alle esperienze di contesto politico, socio-economico da

una parte e organizzativo dall’altra, che hanno interessato in tutti questi anni l’esperienza industriale e manageriale nel nostro Paese.

Il risultato della lettura di questi pri-mi due capitoli è un ricollocarsi all’in-terno di una cronaca e di una storia vorticosa, che può averci visto talvolta come protagonisti e spettatori disatten-ti: nell’ultima pagina si viene presi da un sentimento duplice di stupore e di attenzione; due categorie e prospettive mentali, queste ultime, indispensabili per una vera riflessione, che miri a fare esperienza di quello che si è vissuto, assistiti in questa operazione di sense-making dall’autorevolezza delle pagine che ci hanno accompagnato.

Partendo da una ricerca di S3.Studium, Domenico De Masi propone un interessante libro dedicato alle risorse umane. Un viaggio nella storia delle organizzazioni, le opinioni di 15 HR Director di tutto il mondo e un profilo del Direttore del personale del futuro

Giuseppe [email protected], consulente di formazione, sviluppo organizzativo, direttore della rivista Educazione sentimentale

“L'autore prende per mano i lettori per un viaggio di rivisitazione della storia e dell'esperienza delle organizzazioni dall'avvio della rivoluzione industriale”

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REcEnSioniidee

La parola agli HR DirectorIl terzo capitolo, Le prospettive delle HR al 2020, curato da Stefano Palumbo, raccoglie i dati dei quindici esperti solle-citati nell’esprimere le loro opinioni pro-spettiche dalla metodologia del Delphi. Gli esperti interpellati sono quindici HR Director di aziende nazionali e multinazionali a cui è stato richiesto di riflettere sulle possibili evoluzioni future della Direzione risorse umane in Italia. La metodologia Delphi prevede che le risposte di ogni esperto siano sottoposte a tutti gli altri e che solo le opinioni che hanno ottenuto il consen-so della maggioranza confluiscano nel rapporto conclusivo.

I risultatiIl materiale raccolto attraverso tale me-todologia è stato riproposto nel quarto capitolo da Stefano Palumbo in sei “ter-ritori di ricerca”, altrettante direttrici di un possibile sviluppo della funzione HR nel nostro Paese nel prossimo decennio. I “territori di ricerca” proposti sono: il contesto esterno, l’evoluzione della for-za lavoro, il ruolo delle HR in azienda, sfide e problemi emergenti per l’HR, funzioni e strumenti dell’HR, profilo e competenze dell’HR Director.

Rimandando le lettrici e i lettori a un’analisi puntale – di grandissima uti-lità anche operativa – dei contenuti di queste sei agili esplorazioni territoriali, richiamiamo un’attenzione particolare sul profilo e competenze dell’HR Di-

rector, che per molti aspetti correg-gono le aggregazioni attualmente più autorevoli in tale area, derivanti dalla “fotocopiatura” passiva di modelli etero- pervenuti e non declinati in relazione alla cultura del nostro Paese e alle sue problematiche più cogenti: le top skill indicate dalla ricerca, che nel prossi-mo decennio dovranno caratterizzare una efficace ed efficiente Direzione del Personale, sono in ordine decrescente quelle di natura empatica, comunicative e relazionali, la gestione del cambia-mento, una capacità interpretativa del contesto socio-economico, l’employer branding strategy, quelle economiche, una capacità risolutiva in tempi velo-cissimi, capacità organizzative, project management, comunicazione interna,

capacità di sintesi, sia di dati che di sensazioni. In altre parole, un Diret-tore del Personale che possa restare nelle alte stanze del potere aziendale deve contemporaneamente riuscire a provare stupore, attenzione e empatia verso l’universo umano nel quale vive e che lo circonda e del cui agio e disa-gio deve rispondere all’alta direzione e alla società civile tutta. Senza parlare di rivoluzione dei modelli di ruolo del direttore del personale più attualmen-te seguiti si è, ci sembra, autorizzati a sottolineare la “raccomandazione” da parte di S3.Studium e dei suoi partner di ricerca a un’attenta rivisitazione del ruolo del Direttore del Personale verso una capacità più ampia nel contenere e interpretare le diverse variabili dei sistemi socio-tecnici, che attraversano la complessità industriale e organizza-tiva del nostro tempo.

L'occhio vuole la sua parteE per finire, il primo volume della collana "S3.Studium" è anche un bell’oggetto: un formato tascabile, un publishing este-ticamente raffinato, con una sovraco-pertina che non casualmente riproduce Vocazione di San Matteo del Caravaggio. Quasi a indicare che il mondo è sì reale, ma che le donne e gli uomini, come ricor-da Robert Musil, sono anche e soprattut-to dei possibili e che una Direzione del Personale che si possa dire tale si trova di fronte ai compiti e alle sfide più alte e più vere. n

“Un direttore del personale per

rimanere nelle alte stanze del potere aziendale deve

riuscire a provare stupore, attenzione

e empatia verso l'universo umano che lo circonda”

AIDP E S3.STUDIUM PRESENTANO HR2020

Road Show sul futuro delle HRadova, Catania, Napoli, Chieti, Torino e poi Firen-ze, Milano e Roma sono le otto tappe del Road Show con cui porteremo in tutta Italia il dibattito

sul futuro delle HR.Come è cambiata la gestione del personale? Come evol-

verà il mercato del lavoro nel prossimo decennio? Come cambieranno i modelli gestionali e il ruolo di HR? Come saranno gestite le persone, i luoghi, i tempi, le culture, le diversità, le motivazioni in azienda? Quali saranno le nuove

funzioni di HR? e i nuovi strumenti operativi? Quali saran-no le competenze richieste al Capo del Personale e quali gratificazioni gli saranno riservate?

Per rispondere a questi interrogativi, S3.Studium e AIDP con le sue articolazioni territoriali, in collaborazione con Carter&Benson e Bosch-TEC, presentano i risultati della ricerca previsionale con i manager interessati a questa problematica.

Informazioni e programma sul sito www.aidp.it

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reincontrata qualche anno fa, dopo che avevo lasciato l’azienda per il giornalismo, il cinema e la scrittura, mi guardò sinceramente preoccupata perché ai tempi, selezionandomi per una grande multinazionale, non capì – nonostante l’accuratezza del processo selettivo – che io volevo fare altro, nella vita professionale.

Tutto questo succede mirabilmente in Benvenuti al nord, secondo capitolo (riuscito) della saga iniziata dal remake (Benvenuti al sud) del film francese Giù al nord. All’interno di un mega product placement di Poste italiane, che è il luogo in cui i due protagoni-sti – Claudio Bisio e Alessandro Siani – lavorano, si scopre in breve tempo che Bisio (il direttore) vorrebbe fare il semplice impiegato, così da avere più tempo per sé, mentre Siani (l’impiegato) avrebbe i numeri e le aspirazioni da mega manager, di quelli che affron-tano le mission(s) impossible. Paolo Rossi, invece, è molto credibile nel ruolo dell’amministratore delegato. Mica avrà scoperto – pure lui – che è quello il mestiere della sua vita, invece di fare l’attore? n

na volta si facevano i test, poi colloqui su colloqui e anche delle prove psico-attitudinali. Poi il mondo è

diventato più veloce e più povero, così a volte ci si accontenta di un cv e di qualche scambio (di pensieri virtuali) in Rete. Il risultato è sempre lo stes-so: l’assunzione (si fa per dire, forse è meglio parlare di “collaborazione”), cioè capire se quella persona specifica possa andare bene per quel determi-nato lavoro. Se si trattasse di un mero discorso esperienziale, basterebbe dav-vero la semplice analisi del curriculum, appena condita da qualche telefonata giusto per verificare se quel candida-to millanti credito oppure no, ma il problema è sapere se quella persona può sposarsi bene con quell’azienda e quella posizione, spesso anche con l’idea di quella gabbia chiamata uffi-cio dove ogni giorno bisogna rispettare orari, gerarchie e scrivanie. In effetti, a prescindere dalla profondità della selezione, ci si illude – e sempre ci si è illusi – di poter “capire”, sicché quasi tutto risulta “semi-inutile”. Ricordo, al proposito, una cara conoscente che,

U

A ognUnoil SUo MEStiERESpesso, anche dopo un iter di selezione complesso, non si riescono a intuire le reali aspirazioni di una persona. E così ci sono manager che vorrebbero fare gli impiegati e viceversa. Proprio come accade in Benvenuti al nord

l’AziEnDA è tUttA Un FilMidee

Marco [email protected] tanti anni di azienda, ha mollato tutto per fare il giornalista cinematografico, trasformando la sua passione in un lavoro.

Titolo originale Benvenuti al nordnazione Italia Anno 2012Genere CommediaDurata 110’ Regia Luca Miniero Cast Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, nando Paone, Giacomo Rizzo, nunzia Schiano, Fulvio Falzarano, Salvatore Misticone, Paolo Rossi, Ippolita Baldini

Nella foto in alto i due protagonisti, da sinistra Alessandro Siani e Claudio Bisio, che nel film interpretano gli impiegati delle Poste Mattia Volpe e Alberto Colombo. In basso Paolo Rossi, nel ruolo dell'amministratore delegato Palmisan, e Valentina Lodovini, che interpreta la compagna di Alessandro Siani, Maria Flagello.

LA SCHEDA

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lettera del Presidente

iamo entrati in una fase cruciale della crisi del nostro Paese: tra le varie tematiche sul tappeto una delle più significative è quella relativa al mercato del lavoro. La nostra competitività sui mercati internazionali passa da una modernizzazione delle regole del lavoro che riesca a contemplare le esigenze di tutela del lavoratore con quelle della competitività della impresa:

altri paesi europei sono riusciti a farlo, dovremmo assolutamente farlo anche noi.

Come AIDP abbiamo dato il nostro contributo al dibattito sulla riforma preparando un documento che è stato presentato in un incontro tenuto a Milano lo scorso 6 febbraio, alla presenza di Pietro Ichino (giuslavorista e senatore) e diffuso a tutti i nostri Soci.

Seguiremo gli sviluppi della trattativa in corso continuando come AIDP a esprimere il nostro punto di vista.Strettamente connesso con la riforma del mercato del lavoro è il tema della competitività.Questa parola rischia di diventare un po’ vuota, a forza di usarla, ma essa indica il vero problema italiano oggi: la scarsa competitività allontana gli investimenti dall’estero e le relative possibili ricadute economiche, occupazionali e di cultura manageriale.

Anche a questa tematica chiara AIDP vuole dare un contributo di idee e di proposte con il suo prossimo Congresso Nazionale 2012 dedicato al futuro del lavoro, alla competitività e alle persone:

lo sviluppo delle competenze e la formazione continua, anche in età matura, sono basilari in un mondo del lavoro in continuo cambiamento e con l’età pensionabile che si allontana sempre di più;

l’impegno e la motivazione delle persone sono indispensabili per il successo: vincono le aziende che riescono a ottenere tutto ciò dai loro collaboratori;

la questione dei talenti rimane uno dei punti chiave di una strategia competitiva: pur in un’epoca di alta disoccupazione giovanile, i talenti sono comunque difficili da trovare e, ancora di più, da trattenere;

l’apertura mentale verso il nuovo e il diverso, sia in termini di mercati che di persone: nell’epoca della globalizzazione sono temi ineludibili e comunque da affrontare;

la nostra sprovincializzazione è un altro obiettivo da porsi a tutti i livelli.

Sono alcuni dei temi che AIDP tratterà nel suo Congresso 2012, che si svolgerà in Sardegna i prossimi 8 e 9 giugno con il contributo di significativi relatori e testimoni aziendali: sarà un'occasione unica di aggiornamento, di riflessione e di networking per gli operatori delle risorse umane e per tutti coloro che gestiscono professionalmente persone e gruppi di lavoro. n

S

Un contRibUtoconcREtoAIDP è in prima linea nel dibattito sui temi relativi al mercato del lavoro. E il Congresso del prossimo giugno sarà una grande occasione per far emergere nuove idee e proposte

Filippo Abramo [email protected]

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Siamo lieti di annunciare che Toffoletto e Soci e lo Studio del Prof. Avv. De Luca Tamajo e Soci si uniscono. 4 sedi, 90 professionisti e una nuova realtà per il diritto del lavoro italiano.

53 SPECIALE CongrESSo AIDP 2012 BADESI{ }

Dpd DirezionedelPersonale

nUMEroMARZO 2012 160

dal 1980

STrUMEnTIIN ATTESA DI UNA RIFORMACHE CAMBI GLI SCENARI

STorIEUN DIALOGO NEL BUIOPER VINCERE LE PAURE

IDEEIL DIRETTORE DEL PERSONALETRA PASSATO E FUTURO

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Adattarsi al contesto in evoluzione. Sfruttare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Ecco alcune delle sfide che dobbiamo affrontare

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE

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