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Anno CX S SETTEMBRE - DICEMBRE 2017 L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA 5/6 R I V I S T A B I M E S T R A L E Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1 DCB Ferrara copertina antza 5-6/17_34918-cope antza 2-06 v5 08/02/18 10:12 Pagina 1

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Anno CXSSETTEMBRE - DICEMBRE 2017

L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA5/6

R I V I S T A B I M E S T R A L E

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1 DCB Ferrara

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TANTO TUONÒ CHE PIOVVE (S. Bertuzzi) ............................

LA SICUREZZA ALIMENTARE: QUALE FUTURO PER ILNOSTRO APPROVVIGIONAMENTO? (L. Fiano)............................

ANDAMENTO CAMPAGNA BIETICOLA 2017(M. Cenacchi, G. Campagna)..............................................................

ZUCCHERIFICIO DI FOSSALTA DI PORTOGRUARO(A. Lazzari) ................................................................................

DA INEO DE VECCHIS A GAETANO MARZOTTO:L’EFFIMERA STAGIONE DEGLI ZUCCHERIFICI AGRARI(L. Aldini) ...................................................................................

SALVAGUARDIA E GESTIONE DEGLI APPARATI VEGETATIVI DELLA BIETOLA DURANTE IL PERIODO ESTIVO (G. Campagna, M. Zavanella, A. Vacchi, A. Fabbri) ............

ANTZA.................................................................................................

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COPROB S.c.A. - Minerbio (BO) ......................................................

N.C.R. BIOCHEMICAL S.p.A. - Castello d’Argile (BO) ....................

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Italia ...........................................................................................................

Europa .......................................................................................................

USA, America Latina ...............................................................................

Africa ........................................................................................................

Asia e Australia .........................................................................................

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S O M M A R I O

INDICE DEGLI INSERZIONISTI

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Autorizzazione del Tribunale di Ferraran. 70 del 6.11.57.

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SERGIO BERTUZZI

Direttore responsabile

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In copertina:

Cooperativa Produttori Bieticoli

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61«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

F e r r a r a - V i a T i t o S p e r i , 5 - T e l . e F a x 0 5 3 2 . 2 0 6 0 0 9 E - M a i l : i n f o @ a n t z a . n e t

L'INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANAR i v i s t a b i m e s t r a l e d e l l 'A s s o c i a z i o n e N a z i o n a l ef r a i T e c n i c i d e l l o Z u c c h e r o e d e l l ' A l c o l e

TANTO TUONÒ CHE PIOVVESergio Bertuzzi

I segnali erano molti e scritti con tutte le virgole alposto giusto per non generare equivoci di interpre-tazione come capitava leggendo i responsi dellasibilla cumana. Nell’era post-quota, la redditivitàdell’intera filiera dello zucchero sembra mostrarela corda, essere insomma sfilacciata e logora. Ilpreventivato periodo di grande volatilità dei prez-zi è aperto; e, ahinoi, si comincia dal basso. L’offerta mondiale di zucchero è enorme vistal’ottima produttività del periodo. Dobbiamo regi-strare, inoltre, una domanda in calo, a seguito diun mercato che sempre più segue l’emotività piùche la razionalità, dove il messaggio pubblicitarioaccattivante conquista entusiastici adepti. I fran-cesi, grandi conoscitori del mercato, dicono chealla democrazia è subentrata la emocrazia.Si deve aggiungere una stagione complicatissimadal punto di vista meteorologico. In Italia la sic-cità ha raggiunte punte da record, il 2017 è statol’anno meno piovoso dal 1800, e la temperatura èstata di 1,3 gradi superiore al periodo di riferimen-to 1971-2000. La campagna saccarifera ha avuto, da noi, grandiproblemi dal punto di vista tecnologico, grandiproblemi che si sono aggiunti ai grandi problemidal punto di vista commerciale. La produttivitàdella coltura è stata, essa pure, estremamentevolatile. A zone di discreta, se non buona produ-zione, e di buona qualità, si sono avvicendate zonedi scarsa produzione e di preoccupante qualità. Inquesto numero di ISI sono riportate le risultanzedella campagna saccarifera 2017 nei tre stabili-menti rimasti attivi. In condizioni meteo sicura-mente poco favorevoli, in Italia, almeno il 50%delle aziende bieticole ha prodotto almeno 10 ton-nellate di saccarosio per ettaro. Un dato che sareb-be confortante se non avessimo dati assolutamen-te diversi da molti vicini Paesi europei. In Belgio,ad esempio, nella Società ISCAL (Fontenoy) si èprodotto 14 ton. di zucchero bianco per ettaro. Qui si tratta di zucchero bianco e non di saccaro-sio e per aver dati confrontabili bisogna scendereper l’Italia a non più di 8,5 ton.

Per potere guardare al futuro (abbiamo ancoratempo per guardare al futuro come produttori dibarbabietole?) con maggiore fiducia bisognainventarsi qualcosa. In CoproB già si è prodotto Nostrano, il primozucchero greggio da barbabietole italiane, che staavendo buona accoglienza dal mercato. Sonoancora provvedimenti marginali e le maggiorisperanze vengono dalla produzione di zuccherobiologico. Il mercato ricerca sempre più questo zucchero elo premia con un prezzo molto interessante cosìda poter assicurare un buon reddito agli agricolto-ri che convertendosi al biologico debbono affron-tare difficoltà notevoli. Tra queste difficoltà si deve dare grande impor-tanza alla necessaria rotazione delle colture ed iterreni, per rimanere in regime biologico, debbo-no trovare colture possibili, in biologico, anchenegli anni che non producono bietole. In CoproBstanno impegnando molte risorse in campo agri-colo e tecnologico per poter produrre a livelloindustriale, già a partire dal 2019 zucchero biolo-gico. È un bella sfida, ma alternative possibili èdifficile trovare. La bieticoltura in Italia, nei suoi due secoliabbondanti di vita, non ha mai potuto fare a menodi qualche protezione. Gli orientamenti attuali dei regolamentiComunitari escludono livelli di protezione. Per ilvasto mondo non è ovunque così; il caso degliUSA che ha dichiarato strategica ed irrinunciabi-le la coltivazione della barbabietola per gli inte-ressi nazionali è un buon esempio. La possibilità di lasciar perdere e di dedicarsiesclusivamente al commercio di zucchero prodot-to da altri non può essere nemmeno presa in con-siderazione dai tecnici italiani dello zucchero chesono stati formati per fare altro e che nell’artedella coltivazione e trasformazione della barba-bietola hanno raggiunto livelli di valore assolutocosì da venir guardati con grande rispetto dai col-leghi del mondo intero.

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63«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

LA SICUREZZA ALIMENTARE: QUALE FUTURO PER IL NOSTRO APPROVVIGIONAMENTO?

Lodovico Fiano

Il tema della “fame nel mondo” è oggetto diuna intensa attenzione soprattutto nei piùimportanti consessi internazionali.La visuale viene, però, essenzialmente foca-lizzata con riferimento alle aree più penaliz-zate sul piano climatico o politico, soprattuttosotto la spinta degli effetti destabilizzanti deiflussi migratori.Di converso, le aree più strutturate sul pianoeconomico e sociale sembrano isolare ogniproiezione nell’ambito di catastrofiche visionineomalthusiane o distopiche, riferite ad unfuturo virtuale sufficientemente lontano edincerto: “nel 2050, in un pianeta ad altissimotasso di inquinamento o addirittura post-nucleare, 9 miliardi di abitanti si metterannoin movimento alla ricerca del cibo”.In realtà, il processo pressoché irreversibile diinternazionalizzazione dei mercati, in forte edesponenziale accelerazione per le continueaperture commerciali anche tra aree incompa-tibili sul piano sociale ed economico, rendecomunque incombente la prospettiva diaccentuati e generalizzati squilibri sul pianodella sicurezza alimentare, intesa come dispo-nibilità di cibo salubre ed a prezzi equi. I prezzi internazionali, costituiscono, infatti,un riferimento pressoché vincolante per laformazione dei prezzi sul Mercato Interno.Il mercato mondiale, pur soggetto al rischio diuna volatilità spesso speculativa, tende a sta-bilizzarsi ad un livello di prezzi bassi, la cuipersistenza, secondo i più autorevoli analistiperdurerà almeno per un decennio.Ne deriva per il nostro Paese una estensionesempre più ampia dello status di trasformato-re di prodotti agricoli importati, poiché gliacquisti a prezzi ridotti fanno aggio sulla qua-lità e addirittura sulla salubrità.Si impone, pertanto, un organico percorso diconsolidamento di una struttura produttivatroppo spesso marginale nel confronto com-petitivo all’interno dell’Unione Europea ed inquello internazionale.Il nostro bilancio agricolo presenta un deficitcostante ad un livello superiore al 50% e ten-derà ulteriormente ad appesantirsi una voltadefiniti i numerosi accordi commerciali, in

corso di negoziazione da parte dell’UE.Ne consegue l’esigenza che ogni adesioneinternazionale, implementata con gradualità egrande cautela, debba assolutamente esserepreceduta da studi di impatto che, congrui erispondenti ad ogni possibile congiuntura,tengano non solo conto degli effetti sul pianocommerciale ma siano soprattutto intonatialla difesa della salubrità alimentare e dellanostra identità culturale.La valenza strategica delle nostre produzioniagricole non può certamente essere barattatasacrificando la sicurezza alimentare in cambiodi contropartite commerciali, ancorché questepossano contribuire al riequilibro economicodel nostro Paese: con il cibo non si può certoscherzare!.Inoltre, molteplici fattori rischiano in futurodi comportare una limitazione se non un ridi-mensionamento delle produzioni agricole conconseguente rialzo dei prezzi internazionalianche in tempi più ravvicinati rispetto alleprevisioni, innestando seri problemi per inostri consumatori. D’altronde, il recuperodel suolo ad alta specializzazione produttivaappare arduo se non improbabile, soprattuttoin caso di un abbandono prolungato neltempo. Trattasi di condizionamenti di estrema rile-vanza, correlati non solo ad importanti eventigeopolitici ma anche ad altre molteplici causequali l’incontenibile riscaldamento globale, ildegrado ambientale, la riduzione delle risorseidriche, il dissesto idrogeologico, il continuoincremento della urbanizzazione.Con particolare ma non esclusivo riferimentoalle importazioni assume, inoltre, uno specifi-co risalto una crescente contaminazione chi-mica delle produzioni agricole, ancorché essasia troppo spesso percepita, anche per le dif-fusione sempre più frequente di fake news, aldi là delle correnti certificazioni sanitarie. D’altro canto, non si può non rilevare come aiseveri richiami nei continui aggiornamentiscientifici non corrisponda sempre un imme-diato adeguamento dei protocolli di monito-raggio e controllo, sul piano del pieno rispet-to del principio di precauzione.

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64 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

ANDAMENTO CAMPAGNA BIETICOLA 2017Cenacchi M., Campagna G. - COPROB

Andamento climatico

L’andamento climatico nel corso dell’anno 2017 è statocaratterizzato da scarsa piovosità (definita la peggioredal XIX° secolo) e temperature molto elevate, parago-nabili alle annate 2003 e 2012, che hanno segnato neg-ativamente la storia della bieticoltura italiana.Nonostante ciò le bietole ben coltivate hanno permesso

di resistere a condizioni pedoclimatiche estreme, rag-giungendo ottime produzioni, simili a quelle dellemigliori annate 2011 e 2014, in cui si registrarono con-dizioni climatiche più favorevoli.La corretta applicazione delle pratiche colturali ha per-messo di fare la differenza e per un numero crescente diaziende l’obiettivo delle 10 t/ha di zucchero è ormaidiventata una realtà.

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65«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

Alcune sfide di COPROB• Migliorare la produttività• Razionalizzare i costi• Focalizzare gli interventi di difesa• Migliorare le scelte varietali• Migliorare la qualità del prodotto• Migliorare la comunicazione tecnica• Sviluppare la coltivazione BiologicaAl fine di testare la fattibilità della coltivazione “Bietolain Biologico”, si converrà con alcune aziende, già inindirizzo Biologico, la creazione di un progetto:“PROGETTO BIETOLE-BIO”.Le aziende che aderiscono al PROGETTO si impegnanoad applicare le LINEE TECNICHE di Beta/FederBio.

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66 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

ZUCCHERIFICIO DI FOSSALTA DI PORTOGRUAROAlessandro Lazzari

Nell’assemblea straordinaria del 25 gennaio 1971, lasocietà “Eridania” Zuccherifici Nazionali delibera lafusione mediante incorporazione della SocietàFondiaria Agricola Industriale (S.F.A.I.), insegna lacui proprietà era riconducibile alla famigliaMarzotto.Con l’operazione di fusione la Società ligure acqui-sisce la proprietà dello zuccherificio di Fossalta diPortogruaro, fabbrica la cui costruzione, nel 1947, fufortemente voluta dall’imprenditore laniero GaetanoMarzotto jr (1894-1972), a completamento di quelprogetto visionario che nel dopoguerra fece dellatenuta di Villanova di Portogruaro un importantedistretto agroindustriale (con ramificazioni nel setto-re tessile, caseario, saccarifero, vetrario solo percitarne alcuni).L’acquisizione da parte di Eridania dello stabilimen-to fossaltese si inseriva, all’indomani della primaOCM zucchero, in quel processo di razionalizzazio-ne del proprio apparato industriale che nella zonapoteva già contare sugli stabilimenti di San Micheleal Tagliamento e quello di Ceggia.Proprio su quest’ultimo la società genovese ridise-gnerà quindi le nuove coordinate geografiche delcomprensorio bieticolo del Veneto orientale, pren-dendo la decisione di chiudere sia lo stabilimento diSan Michele che quello di Fossalta recentementeacquisito.Con la dismissione dello zuccherificio di Fossalta diPortogruaro non si chiude solo la parentesi saccari-fera di questo paese ma scompare anche l’ultimatestimonianza industriale di quel processo di estra-zione dello zucchero che già dal 1922, nello zucche-rificio di Viterbo, aveva creato uno scisma all’inter-no della tecnologia saccarifera del nostro paese: il“Metodo De Vecchis”. Da allora infatti, sia lo zuccherificio di Loreo chequello di Sanguinetto, in momenti successivi, aveva-no utilizzato questo processo (se escludiamo lo sta-bilimento di Cento e di Argenta, che per motividiversi non andarono oltre la fase di progetto) crean-do le premesse di nuove iniziative industriali ribat-tezzate dalla stampa con il termine allusivo di “zuc-cherifici agrari” e che anche nell’immediato dopo-guerra avrebbero trovato degli epigoni.Già nel 1947, in una pubblicazione di una casa edi-trice milanese, la cui direzione editoriale è ricondu-cibile ad Alberto Bertuzzi, dal titolo “ZuccherificiAgrari”, si fa accenno ad uno stabilimento in costru-zione in Veneto (seppur non dichiarato il riferimentoè a quello di Fossalta) e a uno già sorto in Toscana(in questo caso l’allusione è riferita allo stabilimen-to di S.Agata Mugello).La nascita di quest’ultimo infatti, era maturata graziealle revoca, nell’aprile del 1947, del decreto ministe-

riale del 6 dicembre 1946 che aveva in un primomomento impedito alla società “ Industria sperimen-tale saccarosio e affini” con sede a Milano, di alle-stire uno stabilimento in S.Agata Mugello, per laproduzione di saccarosio e alcole dalla barbabietola.Nel 1946, Silvio Agostoni, fondatore dell’aziendadolciaria ICAM (insegna lecchese attiva fino ai gior-ni nostri nella produzione di cioccolato) costruisceun piccolo impianto per l’estrazione dello zuccherodalle barbabietole essiccate a Morbegno in provinciadi Sondrio, un operazione il cui sfruttamento com-merciale gli permetterà di avviare la propria attività.Qualche anno prima, la S.A.L.B. (Società Anonimaper la Lavorazione delle Barbabietole) aveva inter-rotto la lavorazione nel proprio zuccherificio diSanguinetto, in attività dal 1926, per poi utilizzarlodal 1942 al 1947 per la produzione di fettucce desti-nate alla fabbricazione di surrogato di caffè per leForze Armate.In seguito, l’impianto sarà utilizzato esclusivamentecome piarda per le fabbriche di Ostiglia, Legnago eMantova.In precedenza, nel 1935, Gaetano Marzotto jr avevaacquistato dallo svizzero Johan Stucky (l’imprendi-tore svizzero che aveva fatto costruire a Venezia quelmaestoso mulino dall’architettura neogotica, ancoraoggi ben visibile dal canale della Giudecca) unatenuta di 1.500 ettari nella zona di Fossalta diPortogruaro, già oggetto di processo di bonifica, mamai emancipatasi dalla mezzadria.Dal 1947 Marzotto decise di dargli una diversa desti-nazione d’uso, rimuovendo progressivamente i vin-coli “feudali” della mezzadria e creando un’aziendaagricola integrata.La Riforma agraria di Gaetano Marzotto è un proget-to ambizioso, come quello di ridurre la manovalanzarurale introducendo la meccanizzazione nelle prati-che colturali del territorio e offrendo l’alternativa diun’occupazione stabile altrove, la cui continuità ègarantita dall’impiego nelle varie attività agroali-mentari di cui si dota il centro industriale costruitodall’imprenditore valdagnese.E’ quindi l’amicizia tra Gaetano Marzotto e AlbertoBertuzzi (1913-1988), questo ultimo imprenditore,giornalista e politico, a convincere Marzotto a muo-versi anche lungo le coordinate dello zuccherificio“agrario”.Bertuzzi, veneziano d’origine, dopo la laurea inScienze agrarie e specializzazione in enologia avevafatto una forte esperienza formativa negli stati Uniti(finanziata dallo stesso Marzotto per valutare la fat-tibilità della creazione di un quotidiano in Italia),acquisendo anche un’ importante know how sullaprogettazione di macchine e impianti per l’industriaalimentare che lo portarono a costruire già dal 1945

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67«L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

un proprio stabilimento industriale a Brugherio,vicino Milano.Con questo ulteriore background culturale, ilBertuzzi aveva guidato quell’ondata “revanscista”milanese che poco prima della fine del secondo con-flitto mondiale, aveva riportato sotto i riflettori ilprogetto degli zuccherifici agrari, nell’ambito diun’auspicata riforma agraria improntata alla giusti-zia sociale e tesa ad assicurare la diffusione del pro-gresso scientifico nell’agricoltura sia dal punto divista quantitativo che qualitativo.A lui, l’imprenditore valdagnese affidò quindi la pro-gettazione di molti degli impianti industriali alimen-tari della Tenuta di Portogruaro, come quelli legatialla produzione dei succhi di frutta e alla fabbrica-zione dello zucchero, quest’ultimo già sperimentatodal Bertuzzi in Toscana nell’immediato dopoguerra,in uno stabilimento di conserve di pomodoro poi uti-lizzato come zuccherificio e dotato di raffineria: lozuccherificio di S.Agata del Mugello di cui si èaccennato nella prima parte dell’articolo.L’esercizio di una fabbrica con il metodo De Vecchissi prestava infatti all’utilizzo di una manodopera nonnecessariamente specializzata e che poteva passaredai lavori agricoli a quelli di fabbrica, impegnata noncome nel ciclo tradizionale per i pochi mesi in cui sisviluppava solitamente la campagna saccarifera, maper gran parte dell’anno; il tutto nel quadro rassicu-rante garantito dalla presenza di istituzioni sociali(asili per i figli, case di riposo per gli anziani, scuo-le, mense agricole, centri di infermeria anche in luo-ghi dove manca un ospedale), di cui l’imprenditore

valdagnese aveva dotato il centro industriale diVillanova.Per Marzotto inoltre, il processo De Vecchis non erasolo un modo di far lavorare la fabbrica in manieracoerente all’assorbimento di risorse che lui si aspet-tava da questa attività, ma anche una questione poli-tica e sociale, come del resto la sua posizione controil monopolio saccarifero che, sotto questo profilo, lovedeva molto vicino al pensiero di Einaudi .Ed è proprio per questo che, malgrado dalle eviden-ze degli anni ‘50 e ‘60, l’esercizio dello zuccherifi-cio non si rivelerà particolarmente remunerativo,assorbendo parte degli utili dei lanifici Marzotto, lafabbrica continuerà a lavorare per diversi anni utiliz-zando questo processo, mantenendo una funzione”regolatrice” nell’impiego della maestranze all’in-terno del complesso agricolo-industriale diPortogruaro.Quest’ultimo infatti, oltre lo zuccherificio, il linifi-cio e uno stabilimento per la pettinatura e filaturadel cotone (produzione quest’ultima assorbita daglistabilimento tessili Marzotto), che da soli impiega-no 350 operai d’estate e 800 d’inverno, progressiva-mente si arricchirà anche di una Cantina, una vetre-ria, un caseificio per la produzione del latte e unoper i concentrati e succhi di frutta, un saponificio eun oleificio.Lo stabilimento di Fossalta raccoglierà non solo l’e-redità “spirituale” di quello di Sanguinetto, maanche parte delle maestranze e dei macchinari che nepermetteranno lo start up.Nel 1948 infatti, per la prima campagna saccarifera

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dello stabilimento fossaltese, viene assunto dallaS.F.A.I., come vicedirettore, Duilio Guareschi, finoal 1947 capo fabbrica dello zuccherificio diSanguinetto che dopo un breve parentesi in quello diMantova, era approdato alla fabbrica di Marzotto; adistanza di un paio d’anni diventerà direttore dellostabilimento di Portogruaro in sostituzione del colle-ga Lessi.Peraltro, al pari dello stabilimento veronese, anchequello di Fossalta si esporrà alla critiche di quellaparte dell’industria saccarifera che già negli anni delregime aveva manifestato il proprio pensiero sul pro-cesso De Vecchis.Pertanto, malgrado nel primo dopoguerra gli equili-bri dell’industria saccarifera nazionale siano minatidalla mancanza di un ‘organizzazione di cartellocomune e dall’ unicità di intenti, il comparto zucche-riero troverà invece uniformità di vedute nelle vibra-te proteste che vengono mosse al processo DeVecchis e a chi se ne fa promotore o, in alternativa,contro i prezzi troppo bassi dello zucchero che escedalla fabbrica di Fossalta.Nel luglio del 1949, il senatore Ugo Ciancarelli,uomo ben noto alle cronache saccarifere del nostropaese anche per il suo incarico di ProcuratoreGenerale della Societa Italiana per l’Industria degliZuccheri (S.I.I.Z.), tuonava dalle colonne della rivi-sta Il Globo con queste parole: “se poi si dovesserosostituire tutti gli attuali 57 zuccherifici ( il che dalpunto di vista patrimoniale vorrebbe dire distrugge-re 100 miliardi di beni per spendere altri 100 miliar-di) con 165 piccoli zuccherifici agricoli ...” lascian-do ben intendere il suo pensiero in proposito.Peraltro la pronta replica del Conte Marzotto sullamedesima rivista affermava come con il Sistema DeVecchis “... la mano d’opera non veniva sottrattaall’agricoltura proprio al tempo dell’aratura e deiraccolti della frutta e dell’uva o dei prodotti delleseconde culture per essere poi buttata sulla stradaproprio all’inizio della stagione morta”.Nel suo confino, ai margini di un comparto industria-le i cui equilibri sono ora mantenuti rispettivamenteda due cartelli (dal 1952 al C.N.P.Z. subentranorispettivamente il Consorzio Saccarifero Nazionale,riconducibile come sfera di influenza alla societàEridania e l’Unione Zuccheri legata alla S.I.I.Z. e algruppo Montesi), la fabbrica consumerà la sua para-bola industriale sotto la direzione tecnica del Dott.Guareschi, lo stesso che sul finire degli anni ‘60 sifarà anche promotore dell’ammodernamento dellostabilimento, upgrade che una volta consumatosi nonimpedirà comunque la chiusura dello stabilimento ela cessione a Eridania.L’impossibilità di accedere all’archivio di fabbrica(forse disperso) non ha permesso un esame dei datiproduttivi dello stabilimento; rimane il dato del 1961fornito dal Ministero delle Finanze – DirezioneGenerale delle Dogane e Imposte Indirette, checomunica per l’anno in oggetto un quantitativo di

bietole lavorate da parte della fabbrica fossaltese di750.000 Q.li per una produzione di zucchero di91.072,93 Q.li .Nel marzo del 1962, l’Assozucchero riferiva che lafabbrica di Fossalta di Portogruaro aveva una poten-zialità teorica giornaliera di 21.000 Q.li. Nel 1968 la Famiglia Marzotto decide di ammoder-nare lo zuccherificio, un’operazione che costeràquasi due miliardi; peraltro l’upgrade impiantisticonon impedirà la cessione della fabbrica e la sua suc-cessiva chiusura.Un passaggio dell’assemblea di Bilancio delleIndustrie Zignago S.Margherita ripreso dal quotidia-no Il Sole 24 ore del 4 agosto 1970 riporta la situa-zione economica dello zuccherificio poco primadella cessione: “Il fatturato di tutti i reparti esclusolo zuccherificio, è aumentato del 10,29% rispettoall’anno precedente: lo zucchero è da considerarsiseparatamente perché si è adottata una politica divendita graduale per quantità costanti nei vari mesie si è quindi conservata in magazzino una giacenzapiù elevata. Di conseguenza il fatturato globale èmigliorato solo dell’11,55%.”.La fabbrica nelle ultime campagne impiegava 60lavoratori fissi e 260 stagionali, lavorava oltre unmilione di quintali di bietole all’anno, coltivate su unbacino bieticolo di circa 2.500 ettari.Dopo la chiusura, intorno al 1972, l’Eridania trasfe-risce parte dei macchinari e delle maestranze allostabilimento di Ceggia (come ad esempio l’impiantodi trattamento a resine del melasso) per poi utilizzar-

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ne il restante nel costruendo stabilimento diContarina; quasi contestualmente un altro lutto col-pirà il paese di Fossalta; nella sua Valdagno, l’11agosto 1972, muore l’imprenditore GaetanoMarzotto JR.Qualche anno prima, era stato chiuso anche loZuccherificio di Sant’Agata Mugello, la cui nascita,quasi contestuale a quello di Fossalta, ne aveva sug-gerito le premesse e la cui chiusura si consumerà inmaniera analoga a quello dello stabilimento veneto(verrà acquistato dalla società Mizzana per esserechiuso, con il trasferimento della rispettiva quota diproduzione al nuovo zuccherificio di San Giovanniin Persiceto).Con la scomparsa di questi stabilimenti e di questiimprenditori, cala definitivamente il sipario sulProcesso De Vecchis e sulle sue contraddizioni, undibattito che per diversi lustri ha infiammato lacomunità saccarifera italiana.A più di cinquant’anni dalla morte di Ineo de Vecchis(1963) rimangono peraltro diversi dubbi sul valoredella sua scoperta, ma soprattutto desta perplessità ilfatto che un metodo così poco remunerativo sia statocomunque utilizzato a fasi alterne, in luoghi diversie da molteplici imprenditori per diversi decenni.La vita di Ineo De Vecchis invece, si è consumata trail sogno utopico e l’esilio forzato; da un lato comegenio visionario in un’industria italiana purtroppoall’epoca ancora chiusa nel guscio feudale del prote-zionismo, dall’altro come quella di uno scienziatovittima anche di scelte di partner imprenditorialisbagliati, le cui disgrazie finanziarie ne hanno com-promesso l’emancipazione scientifica nel nostropaese (vedi con Max Bondi nello zuccherificio diLoreo).Questi ultimi due numeri di ISI, hanno riportato allaluce le premesse di questo Metodo e alcune delleconclusioni che ancora oggi, se lasciano perplessisulla ridotta convenienza economica di questo pro-cesso (se non altro rispetto alle aspettative di margi-ne che si potevano realizzare già allora utilizzando ilprocesso tradizionale e le sue economie di scala)consacrano invece l’ indubbia genialità del suoinventore e lo spirito con cui portò avanti le sue teo-rie, che in Italia con Bertuzzi ma soprattutto all’este-ro trovarono diversi estimatori ed epigoni.Del resto si sa, a volte solo il tempo è galantuomo.

Fonti: Alberto Bertuzzi, voce Wikipedia

Alberto Bertuzzi, Agricoltura dell’avvenire

www.icamcioccolato.com, sito internet dell’aziendadolciaria Icam

Camera dei Deputati, Atti Parlamentari,II°Legislatura, seduta pomeridiana del 27/10/1953,Interrogazione dell’On.Castellarin al Ministrodell’Industria e del Commercio sulla riattivazionedello zuccherificio di Sanguinetto.

Camera dei Deputati, Atti Parlamentari,V°Legislatura, seduta del 16/6/1969, Interrogazionedell’On.Niccolai Cesarino, Marmugi e Giovanninial Ministro dell’Industria, Commercio e Artigianato,sulla chiusura dello zuccherificio in Scarperia.

Camera dei Deputati, Atti Parlamentari,V°Legislatura, seduta di venerdì 3/12/1971,Interrogazione dell’On. Moro Dino e dell’ On.Vianello al Ministro dell’Industria, Commercio eArtigianato e dell’Agricoltura e Foreste e delBilancio e Programmazione Economica, sulla chiu-sura dello zuccherificio di Fossalta di Portogruaroda parte di Eridania.

Gaetano Marzotto, Realizzazione delle teorie e deicriteri enunciati nel panorama della Ricostruzione.Abbozzo di contratto agricolo

Giorgio Roverato, Marzotto Gaetano JR nelDizionario Biografico della Valle dell’Agno, secoliXII-XXGiorgio Roverato, Marzotto e quella tenuta agricoladivenuta manifattura

Piero Bairati, Sul filo di lana. Cinque generazioni diimprenditori: i Marzotto

Costanza Costantino, Il settore dello zucchero

La foto di Ineo De Vecchis è conservata nell’Archivio Storico della Federazione Nazionale deiCavalieri del Lavoro - Data di nomina 2 luglio 1914n.631 - Settore: Industria chimica - Busta LXVII,Posizione 4

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Un sentimento di profonda gratitudine va a LucianoGuareschi, figlio dell’ultimo direttore dello zucche-rificio di Fossalta e a Giannino Moretto che lavorònella stessa fabbrica come avventizio; i loro sugge-rimenti mi hanno permesso di colmare alcune lacu-ne bibliografiche sulla storia di questo stabilimento.

Malgrado le poche righe dedicate a questo zuccheri-ficio, un ringraziamento particolare va anche aRolando Castelli, di S.Agata del Mugello, che con lesue informazioni mi ha permesso di fare luce sullepremesse comuni che hanno portato alla nascita ledue fabbriche.

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DA INEO DE VECCHIS A GAETANO MARZOTTO:L’EFFIMERA STAGIONE DEGLI ZUCCHERIFICI AGRARI

Lorenzo Aldini

Chi volesse ripercorrere criticamente la storia del meto-do De Vecchis, col quale si sarebbe dovuto produrresugo greggio di diffusione già concentrato, senza itradizionali impianti di depurazione e di evaporazione,deve affrontare due ordini di problemi. Il primo riguar-da la scarsità di documenti: gli archivi aziendali sonostati dispersi a seguito della chiusura degli impianti pro-duttivi e non sono più a disposizione dei ricercatori. Aquesta mancanza non può ovviare la memoria deglianziani, perché il tempo che ci separa dagli anni crucialidi questa vicenda è già troppo lungo per poter fare affi-damento sui ricordi di chi l’ha vissuto. Il secondo ordinedi difficoltà riguarda l’interpretazione dei dossier e deifascicoli diffusi a sostegno del metodo De Vecchis,prima e dopo la seconda guerra mondiale, dove il dis-corso assume un taglio propagandistico - a favore dellecooperative agricole da un lato, a sostegno dei grandigruppi industriali dall’altro - e non si sofferma a dis-cutere le controindicazioni del brevetto, che a lungoandare ne determinarono l’oblio. Informazioni preziosesul metodo De Vecchis sono comunque rintracciabilisulla rivista L’industria saccarifera italiana, a comin-ciare dagli esordi degli anni Venti del Novecento aLoreo e a Sanguinetto, seguiti dalla filiazione del meto-do Oxford e da un intenso dibattito internazionale, di cuiho già scritto nello scorso numero di questa rivista (DeVecchis a Loreo: storia di un’innovazione mancata inI.S.I., n.3-4, 2017).Al termine della seconda guerra mondiale la fervidastagione di esperimenti è ormai conclusa, Ineo DeVecchis è uscito di scena, ma il suo metodo fa ancoradiscutere. Gli zuccherifici agrari e il decentramentoindustriale è un articolo redazionale con cui nell’apri-le del 1947 la nostra rivista replica all’agronomo

Alberto Bertuzzi, che vorrebbe far leva sul metodo DeVecchis per trasferire la produzione di zucchero inunità industriali di piccolissime dimensioni, in vista diuna riforma agraria che, nelle idee del Bertuzzi, sisarebbe dovuta orientare verso collettivi agricoli orga-nizzati come cooperative. Dati alla mano, l’autorevolerisposta redazionale della rivista saccarifera dimostragli svantaggi economici del metodo De Vecchis edinvita tecnici e imprenditori ad indirizzare gli sforzi diricostruzione post bellica verso gli zuccherificitradizionali, evitando altri esperimenti come quelli giàtentati in passato, che avevano dato risultati di scarsosuccesso se non addirittura fallimentari. Questo giudizio negativo è motivato dalla vicenda dellozuccherificio di Sanguinetto, in provincia di Verona, checomincia a produrre zucchero raffinato nel 1926. Leidee di Ineo De Vecchis giungono a maturazione proprioa Sanguinetto, in una fabbrica già piuttosto piccola perquell’epoca, della potenzialità massima di 350 tonnel-late di barbabietole al giorno. L’essiccazione delle fet-tucce avviene qui contestualmente alla produzione dizucchero: è scomparsa l’idea di essiccare le barbabi-etole in appositi impianti sparsi nelle campagne e dirilavorarle altrove. Lo zuccherificio di Sanguinetto con-solida durante gli anni Trenta del Novecento l’aspettosostanziale del metodo De Vecchis, che è l’innovazionedi processo in casa bietole, e lancia la sfida agli zuc-cherifici tradizionali. Dal confronto ne esce tuttaviasconfitto, con gravi perdite per gli investitori. All’iniziodella seconda guerra mondiale Sanguinetto smette diprodurre zucchero. Il sofisticato impianto di essicca-mento di questa fabbrica viente riconvertito per la pro-duzione di surrogato di caffé, che si è reso necessario acausa dell’autarchia e della guerra. Ma prima del triste

Zuccherificio di Sanguinetto dati statistici (1935-1945) Fonte: Società Approvvigionamento Bietole e Vendita Zucchero, Note sulla coltivazione delle barbabietole e dati statistici, Campagne 1926-1945.

Esercizio

1935 -- -- -- 300.000 15,06 16,80

1936 -- -- -- 183.030 14,89 16,67

1937 -- -- -- 257.218 12,69 14,08

1938 03/08/1938 09/10/1938 67 224.356 14,98 15,97

1939 30/07/1939 17/10/1939 79 262.283 15,88 16,57

1940 07/08/1940 30/09/1940 54 188.582 16,16 16,15

1941 02/08/1941 09/10/1941 68 207.240 15,63 16,38

1942 08/08/1942 16/10/1942 69 181.696 16,43 16,97

1943 10/08/1943 10/10/1943 61 152.638 16,55 17,04

1944 29/08/1944 29/10/1944 61 107.581 14,70 12,79

1945 Non Effettuata -- -- -- -- --

Data inizio campagna

Data fine campagna

Giorni di campagna

Barbabietole lavorate (Q.li)

Polarizzazione media fabbrica

Sanguinetto (%)

Polarizzazione media fabbriche

in attività (%)

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epilogo, questo zuccherificio è per qualche anno unfiore all’occhiello della tecnologia saccarifera italiana.A Sanguinetto vanno in visita personaggi di spicco del-l’industria europea, che si lasciano convincere dal meto-do De Vecchis e ne enfatizzano gli aspetti positivi. Fra iprimi compaiono l’ing. A.Kuhner, che pubblica i dati diproduzione dello zuccherificio di Sanguinetto nella riv-ista cecoslovacca dei tecnici dello zucchero. Nel 1928troviamo a Sanguinetto il direttore dell’industria dellozucchero di Mosca, dott.Tschischenko, che eseguealcune prove nella batteria di diffusione. Nel 1937 arri-va in visita il dott Jörgen Meyer, proveniente da Stöbnitzin Germania, il cui viaggio di studio negli zuccherificiitaliani, pubblicato a più riprese nella “DeutscheZuckerindustrie”, si conclude con un commento almetodo De Vecchis di Sanguinetto, presentato al pubbli-co tedesco come un punto di forza dello sviluppo tecno-logico dell’Italia, paese alleato, da osservare con atten-zione e, possibilmente, da condividere.A Sanguinetto Meyer riferisce che le bietole vengonolavate e poi tagliate in una tagliatrice che produce fet-tucce di 6 mm di spessore. Una coclea porta le fettuccea tre essiccatoi, che lavorano in parallelo, composti dadue camere sovrapposte; le fettucce fresche vengonodistribuite in alto per mezzo di un sistema di alimen-tazione sopra un nastro trasportatore di tela metallicae, percorrendo in 15 minuti la camera di essiccamento,cadono poi sopra un altro nastro trasportatore che insenso inverso ripercorre lentamente la camera superi-ore. Al di sotto di questo sta un terzo e poi un quartonastro trasportatore. Dopo un’ora le fettuccetrasportate da questi quattro nastri hanno ancora il15%-18% di acqua. Esse allora per mezzo di un alimen-tatore uguale al precedente, cadono nella camera diessiccamento inferiore, nella quale sono disposti solodue nastri trasportatori, i quali però, hanno un movi-mento più lento, cosicché le fettucce rimangono per dueore nella camera e ne escono col 3%-5% d’acqua. I gas

caldi occorrenti per l’essiccamento vengono prodotti daun bruciatore a nafta; ai gas caldi si aggiunge aria fred-da fino a che la temperatura media della camera supe-riore di essiccamento sia di 110° e quella della camerainferiore sia 90°-100°. Per risparmio di combustibile lecamere sono suddivise in diversi reparti ed i gas, quan-do hanno percorso un reparto e si sono raffreddati, ven-gono rimessi in circolo, passando nel reparto adiacente,dopo essere stati riportati alla temperatura iniziale permezzo di iniezioni di gas caldi: l’attivo movimento deigas con la conseguente energica evaporazione dell’ac-qua delle fettucce è assicurata da 6 ventilatori perognuno degli essiccatoi...Secondo le notizie del Meyer, il processo di essicca-mento delle fettucce fresche a Sanguinetto richiede treore di tempo, com’era nel precedente impianto di Loreo,ma le temperature iniziali sono più basse (110°C), inlinea con quelle aggiornate da Owen nel metodoOxford. Per essiccare un quintale di bietole aSanguinetto occorrono circa 6 Kg di gasolio da 10,5Kcal/Kg. L’invertito durante l’essiccamento passa dallo0,05% a quasi l’1%. Il sugo greggio ha una purezzadell’85% ed un brix di 40, ben più basso del 50 prospet-tato inizialmente dal De Vecchis, mentre le fettucceesaurite hanno un contenuto zuccherino dello 0,23%. Ilsugo greggio viene quindi depurato con l’aggiunta dicalce (pari allo 0,3% del peso delle fettucce fresche) edi perfosfato (0,5%). Non c’è saturazione ed il sugogreggio viene inviato subito al reparto cristallizzazioneper la produzione di zucchero raffinato. La percentualedi melasso dichiarata dalla fabbrica di Sanguinetto è il5% del peso delle barbabietole, un po’ più alta di quelladi altre fabbriche italiane con annessa raffineria.Terminata la guerra, l’obiezione dei tecnici saccariferial rilancio del metodo De Vecchis sembra solo a primavista una difesa d’ufficio dei grandi gruppi industriale, iquali hanno consolidato il proprio potere intorno all’or-ganizzazione tradizionale del lavoro saccarifero. E’ evi-

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dente che il nuovo sistema brevettato da Ineo DeVecchis è facilmente attaccabile da molti fronti: innanz-itutto perché il costo del combustibile necessario all’es-siccamento delle fettucce non è adeguatamente compen-sato dall’alleggerimento degli altri reparti di fabbrica, epoi perché gli additivi chimici di depurazione hanno unprezzo proibitivo negli anni del dopoguerra, soprattuttoil perfosfato, un fertilizzante che nel metodo De Vecchisentra in gioco al posto della calce. Il nuovo brevetto èpiù snello solo dopo il reparto diffusione, ma nella parteiniziale è ben più laborioso del sistema tradizionale.Il vantaggio della destagionalizzazione del lavoro sac-carifero, resa possibile dall’essiccamento delle fettuccefresche, non è affatto a buon mercato. Nonostante ciò,l’idea di svincolare la produzione degli zuccherificidalla deperibilità della barbabietola è ancora contagiosa.Gli imprenditori che interpretano con maggior slancio lasfida della ricostruzione vorrebbero emancipare dallastagionalità il lavoro agricolo col contributo delle indus-trie di trasformazione agroalimentari. Negli anniQuaranta del Novecento, quando è accesa la discussionesulla riforma agraria, un impulso particolare lo dàGaetano Marzotto jr, esponente di primo piano dell’im-prenditoria tessile italiana che dopo la guerra intendediversificare gli investimenti in attività industriali alservizio dell’agricoltura. Fra gli impianti di trasfor-mazione agroindustriale di proprietà Marzotto aVillanova di Fossalta, nei pressi di Portogruaro, com-pare subito uno zuccherificio. Non è una fabbricatradizionale, ma un impianto che appare innovativo siaper la tecnologia sia per l’organizzazione del lavoro.Conosciamo la descrizione sommaria di questo proget-to tramite un opuscolo pubblicitario di Alberto Bertuzzi,datato 1947. Con il sostegno di Gaetano Marzotto,Bertuzzi rimette in gioco il metodo De Vecchis asso-ciandolo ad una lavorazione a due getti in casa zuc-chero, senza raffineria, per fornire un semplice model-lo di produzione a chi non avesse avuto esperienza delsettore saccarifero. Il disegno dello zuccherificio da350 tonnellate al giorno di barbabietole, riportato nel-l’opuscolo, corrisponde alla fabbrica effettivamentecostruita dai Marzotto a Fossalta, così come appare inuna cartolina che ritrae le industrie S.F.A.I a volo d’uc-cello all’inizio degli anni Cinquanta. In questa immag-ine è difficile riconoscere le forme di uno zuccherifi-cio, calato fra altri impianti -vetrerie e cantine- chenon hanno nulla a che fare con la produzione dellozucchero. Ma è difficile orientarsi soprattutto perchémancano i tratti distintivi dell’industria saccarifera:forni da calce, camini, cisterne. Lo spazio al centro èoccupato dal lungo magazzino delle fettucce essiccate,una centralità pratica e simbolica nella logica deglizuccherifici agrari, che pongono l’accento sulla mate-ria prima, la barbabietola, dalla quale si dovrebberoestrarre mangimi pregiati ed altri prodotti alimentari,non solo zucchero. Ad una estremità del magazzinotroviamo l’impianto di essiccamento delle fettucce,con le tagliatrici ed il condizionamento delle barbabi-etole. All’estremità opposta c’è la fabbrica dove si pro-duce zucchero, dal reparto diffusione fino all’insacco.Infine, decentrata ma in linea con gli altri impianti, sinota la caldaia con la centrale elettrica. Nel disegno diAlberto Bertuzzi l’essiccatoio e lo zuccherificioappaiono lontani, separati dall’enorme magazzino cen-

trale. Di fatto sono due impianti autonomi da attivareindipendentemente l’uno dall’altro: l’essiccatoiodurante la campagna estiva, lo zuccherificio nei lunghimesi invernali. In queste due fabbriche dovrebberotrovare occupazione in tempi diversi le stesse maes-tranze. Gli operai che alla fine dell’estate sono impeg-nati a ciclo continuo negli essiccatoi, d’inverno met-tono in marcia lo zuccherificio, per lavorare la quota difettucce essiccate che non è stata nel frattempo desti-nata ad altri impieghi alimentari. E’ difficile intravve-dere un vantaggio economico in questa diversifi-cazione, ma è ormai chiaro che l’obiettivo degli zuc-cherifici agrari non è la massimizzazione del profittoindustriale connesso alla sola produzione di zucchero.Nella visione utopistica di Bertuzzi e di Marzotto,l’impianto saccarifero ha innanzitutto il compito diriqualificare il lavoro agricolo nella filiera delletrasformazioni agroindustriali. Alla fine della seconda guerra mondiale, AlbertoBertuzzi propone (e quindi considera sostenibili) nonsolo piccoli zuccherifici della potenzialità di 350 tonnel-late di barbabietole al giorno, ma anche fabbricheminuscole da 100 tonnellate al giorno, le quali, grazie alridotto investimento iniziale, sarebbero dovute esserealla portata delle cooperative agricole. E’ un’illusioneche impianti così piccoli, i quali presentano comunqueun livello di complessità confrontabile con quello deigrandi zuccherifici, possano reggere la concorrenzadelle fabbriche tradizionali che stanno andando nelladirezione opposta ed aumentano la potenzialità perridurre i costi unitari di produzione. Ed in effetti i prog-etti di Alberto Bertuzzi non hanno séguito negli anniCinquanta, tanto meno nel quadro di una riforma agrariache, anziché valorizzare le cooperative agricole, imboc-ca la strada della piccola proprietà terriera, in un quadrodi estrema frammentazione dove l’organizzazione col-lettiva passa in secondo piano. In questo contesto, lo zuccherificio De Vecchis diFossalta resta un caso isolato, tendenzialmente emar-ginato dalla cultura saccarifera dominante cuicomunque riuscirà a tener testa, tramite successiviampliamenti, fin verso la fine degli anni Sessanta, quan-do il gigantismo delle nuove fabbriche con diffusionecontinua renderà obsoleti tutti gli impianti saccariferi dipiccole dimensioni, non solo il De Vecchis dei Marzotto.

RIFERIMENTI- Sul Processo De Vecchis a Sanguinetto, in “L’IndustriaSaccarifera Italiana”, dicembre 1928, pp. 607-610 (rias-sunto del viaggio di studio di A. Kuhner).

- Relazione sull’industria italiana dello zucchero, in“L’Industria Saccarifera Italiana”, febbraio 1938, p.67-77 ( riassunto del viaggio di studio di J. Meyer).

- Gli Zuccherifici Agricoli e il decentramento industria-le, in “L’Industria Saccarifera Italiana”, Studi eCommenti, marzo-aprile 1947, p. 21-23.

- Zuccherifici Agrari, documentario tecnico per le indu-strie agrarie n.135, estratto dal Notiziario Bertuzzi n.6del 15 giugno e n.7 del 15 luglio 1947. Casa editriceBertuzzi - Milano.

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SALVAGUARDIA E GESTIONE DEGLI APPARATI VEGETATIVIDELLA BIETOLA DURANTE IL PERIODO ESTIVO

G. Campagna, M. Zavanella, A. Vacchi, A. Fabbri – COPROB-Beta

L’aumento medio della produttività della bietola inEuropa negli ultimi 30 anni, è stato di circa il 2 %annuo, superiore a quello di altre colture. In PianuraPadana tale andamento è simile e si continuano adinseguire le produzioni europee, purtroppo con inco-stanza dei risultati di anno in anno. In Fig. 1 è riporta-to l’andamento delle produzioni di saccarosio nei com-prensori bieticoli di Coprob degli ultimi 23 anni.Nonostante l’allungamento delle rotazioni (a seguitodel recepimento dell’OCM nel 2005) e l’attenuazionedelle problematiche derivanti dai nematodi (introdu-zione delle varietà tolleranti), risulta difficile ridurre il“gap” produttivo con gli altri Paesi.Il peggioramento delle condizioni meteorologiche inparticolare durante il periodo estivo, non permette diallungare il ciclo vegetativo della bietola, causandouna forte retrogradazione durante la seconda partedella campagna. La distribuzione delle precipitazioni èpeggiorata, con lunghi periodi di deficit alternati apiogge intense e mal distribuite (Fig. 2). In particolareil 2017 è risultata l’annata meno piovosa dal XIX°secolo e i comprensori meridionali della pianura sonostati i più penalizzati, con una pioggia inferiore addi-rittura al 2012. Se poi gli effetti degli stress idrici ven-gono sommati a quelli termici, la situazione risultaparticolarmente negativa. Le giornate con temperaturemaggiori a 30°C sono lievemente aumentate (Fig. 3),ma soprattutto il trend peggiora qualora si consideri lasommatoria delle ore accumulate (Fig. 4) e soprattuttoquella dei gradi orari (Fig. 5), che rappresentanomeglio l’andamento negativo in cui le bietole entranoin forte stress consumando riserve a discapito dell’at-tività fotosintetizzante (Fig. 6).Nell’anno 2014 per esempio le produzioni medie disaccarosio superarono le 10,5 t per ettaro, nonostanteun’epoca di semina non anticipata, ma con precipita-zioni che furono ben distribuite e con indici di stresstermici accumulati simili a quelli del periodo 1985-95.Le produzioni medie di saccarosio in tale peirodo furo-no inferiori a 8 t per ettaro nonostante il contestoambientale più favorevole. Questo dimostra quantosiano migliorate nel contempo le innovazioni geneti-che e la tecnica colturale. D’altro canto l’attenuazionedelle temperature durante il periodo invernale non èancora sufficiente per poter affrontare le semine autun-nali allo scopo di anticipare l’inizio della campagna,salvo lo sviluppo di varietà resistenti la prefiorituraoltre che le seppur limitate gelate invernali.L’applicazione non sempre ottimale della tecnica col-turale può comportare costipazione dei terreni e conse-guenti problematiche che penalizzano maggiormentele produzioni nelle condizioni pedoclimatiche più dif-ficili, con forte altalenanza da annata ad annata e

conseguenti ripercussioni a livello economico(Ciuffreda e Rosini, 2014). Se da un lato la dannositàdei nematodi è stata risolta, in particolare con l’ado-zione delle varietà tolleranti, le problematiche derivan-ti dalla “sindrome da stress” estivo (elevate temperatu-re e scarsa piovosità) e il conseguente fenomeno della“retrogradazione” (Figg. 7 A + B), costituisconoattualmente i principali fattori limitanti per l’areapadana. Seguono le problematiche relative al conteni-mento della cercospora, in particolare con la diffusio-ne di ceppi meno sensibili ai prodotti sistemici, checontribuiscono a rendere più difficile la salvaguardiadegli apparati fogliari per l’accumulo di saccarosionelle radici durante il periodo estivo-autunnale.La fertilità dei terreni ha raggiunto, in numerose azien-de, livelli minimi di guardia non solo per il fosforo, maanche per la sostanza organica. Il fosforo assimilabilenegli strati superficiali del terreno spesso risulta infe-riore a 10 ppm, con conseguenti carenze che causanouno sviluppo stentato dei bietolai durante le prime fasidi sviluppo. La sostanza organica talvolta risulta infe-riore a 1,5 % e potrebbe contribuire ad attenuare leproblematiche della siccità grazie al miglioramentodella struttura ed alla maggior ritenzione idrica.D’altro canto si tende invece ad abbondare nella conci-mazione azotata della bietola causando forte squilibriovegetativo e impossibilità da parte della coltura dimantenere integro l’apparato fogliare durante il perio-do di stress. Un abbondante contenuto di azoto com-porta inoltre una caduta di fitoalessine e dei meccanis-mi di autodifesa della pianta dagli attacchi parassitari.E’ necessario valorizzare la capacità di approfondi-mento dell’apparato radicale (Brown and Biscoe,1985) e il recupero dell’azoto lisciviato lungo il profi-lo del terreno, con notevole valenza oltre che economi-ca e sostenibile, anche sotto il punto di vista ambienta-le (riduzione del potenziale inquinamento delle faldeacquifere).Il miglioramento genetico ha permesso di risolveregravi problematiche (rizomania, nematodi, ecc.), maanche la minor capacità di assorbire azoto dal terreno,con conseguente aumento della qualità tecnologica.Un primo effetto fu quello di ridurre le problematichedella retrogradazione, ma anche di sottostimare glieccessi azotati. La riduzione del prezzo della bietola inquest’ultimo ventennio ha comportato al contrario unaumento della concimazione azotata, quale rispostaalla necessità di compensare il reddito con l’incremen-to delle produzioni. Tutto ciò però non ha fatto altroche contribuire allo squilibrio dell’apparato fogliare,con un aumento dello stato di stress estivo e dellaretrogradazione. Tutt’ora più che mai sarebbe necessario un maggior

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74 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

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76 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

impegno derivante dalla genetica per la messa a puntodi varietà più rustiche e tolleranti lo stress derivantedall’aumento delle temperature, nonchè la resistenzaalla prefioritura per poter affrontare la semina autunna-le. Non in ultimo anche l’aumento combinato della tol-leranza alla cercospora (Figg. 8-9) potrebbe contribui-re a preservare gli apparati fogliari durante il periodoestivo.In attesa di poter disporre di queste nuove opportunità,risulta determinante riequilibrare e salvaguardare il piùa lungo possibile gli apparati vegetativi della bietola.Per rendere più efficienti gli apparati fogliari della bie-tola e compensare il peggiorato andamento climatico èpertanto necessario:- ottimizzare i principi di aridocoltura;- ottimizzare la pratica irrigua ove possibile;- migliorare la nutrizione, tra cui in particolare quella

azotata;- integrare le strategie di difesa alla cercospora

mediante l’impiego di fungicidi con l’ausilio dinutrienti fogliari e biostimolanti.

Le principali tecniche di coltivazione perpreservare gli apparati fogliari e attenuare laretrogradazioneL’elevata produzione di radici delle bietole raccolte inseconda epoca di estirpo e il mantenimento della pola-rizzazione garantiscono redditi elevati. Inoltre è possi-bile allungare la campagna di lavorazione con unaumento della competitività nei costi di trasformazio-ne.La retrogradazione però, ovvero il calo diretto o indi-retto della polarizzazione che avviene nel periodo esti-vo in particolare dopo le prime piogge, è un fenomenoparticolarmente rilevante in Italia, con una progressivaerosione dei margini utili, in particolare per le bietolefortemente stressate (Fig. 10). La ragione per cui siverifica è complessa, ma è riconducibile principalmen-te a stress termici e idrici che comportano alterazionefisiologica dei tessuti, emissione di nuove foglie econsumo di saccarosio accumulato nella radice. Difatto i consumi per respirazione e catabolismo supera-no la produzione di fotosintetati. In casi estremi, dovela bietola perde l’apparato fogliare in concomitanzadelle elevate temperature, inizia un processo di lessa-tura dei tessuti che comporta un innesco di marcescen-ze e relative conseguenze nei confronti sia delle produ-zioni che della qualità delle bietole. L’ottimizzazionedell’equilibrio fogliare con quello radicale permette diridurre gli effetti negativi derivanti dalle condizioni distress climatico, che purtroppo sono peggiorate nelcorso degli ultimi 15-20 anni.La vita media di una foglia è condizionata principal-mente da: 1. scelta varietale2. quantità di azoto disponibile nel terreno 3. difesa dell’apparato fogliare e integrazione nutrizio-

nale-biostimolante4. riduzione degli stress idrici e termici

1 - Scelta varietaleLa scelta varietale deve considerare la disponibilità deilivelli di tolleranza a rizomania, nematodi e rizoctonia,in funzione delle condizioni fitosanitarie del terreno.Vanno valutate le tipologie varietali a peso e titolo infunzione della tipologia dei terreni e del periodo diestirpo (Zavanella e Campagna). La tolleranza alla cer-cospora è più importante per gli estirpi effettuati nellaseconda parte della campagna, anche se con le attualidisponibilità dei materiali, a parità di applicazioni fun-gine si traduce con un lieve ritardo (Fig. 11) della per-dita di efficienza fogliare (circa 2-3 settimane). Se poisi considera la risposta produttiva delle differentivarietà ai trattamenti, non sempre sono le migliori tol-leranti a contribuire ad aumentare la PLV (Fig. 12).Questo significa che entrano in gioco altri fattori, tracui anche la tolleranza agli stress estivi. Risulta pertan-to necessario valutare il materiale varietale sotto ilpunto di vista della tolleranza agli stress estivi (Fig.13), a partire dalla selezione dei materiali più adattiper i comprensori più difficili sotto il punto di vista cli-matico.

2 - Piano di concimazione azotataUn’elevata disponibilità di azoto, in particolare con undecorso stagionale piovoso durante il periodo di mag-gior sviluppo fogliare da fine aprile alla prima parte digiugno, favorisce un eccessivo sviluppo fogliare a sfa-vore dell’apparato radicale. Durante il periodo estivola bietola perde le foglie basali a seguito del fortestress ed è indotta a sostituire foglie senescenti dopo lepiogge di fine estate. Pertanto è necessario pianificarela dose di azoto da apportare al terreno in funzionedella dotazione dello stesso, considerando in particola-re la precessione colturale ed eventuali concimazioniorganiche pregresse. Le analisi del suolo effettuate nelperiodo autunnale sulle forme azotate (nitriche,ammoniacali e organiche solubili) disponibili per ilciclo colturale, permettono di stabilire con buonaapprossimazione la dose complessiva che deve esseredistribuita entro le 6-8 foglie della bietola.

3 - Nutrizione e biostimolazione integrate alla difesafungicida dell’apparato fogliareI parassiti fogliari sono in grado di innescare il feno-meno del ricaccio vegetativo con ovvie conseguenzenegative. In Pianura Padana è necessario tenere sottocontrollo gli attacchi delle mamestre defogliatrici, mapiù in particolare della cercospora, che insieme aglistress termici ed idrici può causare repentini crollidell’efficienza fotosintetica. Per quanto riguarda i lepidotteri è necessario monito-rare frequentemente i bietolai tra la fine di maggio e iprimi di settembre per gli ultimi estirpi, valutando lapresenza e il grado delle rosure che non deve superareil 10% dell’apparato fogliare.Per il contenimento della cercospora (Fig. 14) invece,la lotta attualmente più efficace è quella di adottare lamigliore strategia di difesa in funzione dell’epoca di

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estirpo e delle condizioni climatiche, in abbinamentoad una nutrizione equilibrata, eventualmente integratacon biostimolanti (Fig. 15), per migliorare crescita,equilibrio fogliare, stato di sanità e resistenza aglistress climatici.Al fine di adottare una difesa integrata, alla luce delleresistenze che in Italia si sono presentate di recentecausando la revisione delle strategie mediante la valo-rizzazione dei prodotti multisito di copertura, è deter-minante iniziare i trattamenti al momento opportuno.Il modello previsionale messo a punto da Beta permet-te di prevedere la gravità e la pressione della malattia,rendendo possibile lo stato di allerta per il comprenso-rio con un anticipo di circa 10 giorni. Le analisi preliminari del suolo, nonchè quelle foglia-ri e dell’acqua irrigua, insieme all’installazione diapposite sonde nel terreno, hanno permesso di metterea punto la salvaguardia integrata degli apparati foglia-ri (Bresolin et al., 2017).

4 - Stress climatici e interventi irriguiIn assenza di malattie la vita media della foglia puòvariare nelle situazioni più favorevoli da 45 a 70 gior-ni. Gli stress climatici possono compromettere irrime-diabilmente lo stato fisiologico della bietola, determi-nando un’anticipata senescenza dell’apparato fogliare,con notevoli aggravi a carico delle radici e della qua-lità tecnologica. Gli interventi irrigui effettuati secon-do le buone pratiche agricole consentono oltre che diripristinare il tenore idrico, anche quello di sortire uneffetto climatizzante per ridurre gli stress termici(Campagna et al., 2016).E’ possibile pianificare gli interventi irrigui sulla basedi un sistema elaborato da Irrinet, in funzione dellazona di coltivazione, del sistema irriguo e del momen-to di applicazione. Il Sistema di Supporto Decisionale(DSS) è in grado di fornire valide indicazioni in temporeale per tutti gli utenti. Gli interventi effettuati inmomenti sbagliati possono risultare inutili o addirittu-ra controproducenti, favorendo il fenomeno dellaretrogradazione. Di fatto l’irrigazione è la pratica che sta assumendocrescente importanza, non solo come intervento di soc-corso, ma anche come parte integrante della tecnicacolturale. Da un lato occorre adottare a livello azienda-le i sistemi irrigui più vantaggiosi, magari orientando-si alla fertirrigazione, facilitata con i grandi impianti(es. pivot o ranger) qualora dimensione e organizzazio-ne aziendale lo permettano, ma anche rotoloni conlinee di adduzione interrate, oppure i più innovativisistemi a manichetta, ecc. La flessibilità della tipologiadi impianto permette di irrigare tempestivamente e suaree più ampie riducendo i danni da siccità, nonostan-te l’indefinito periodo critico della bietola a differenzadi altre colture. Nonostante ciò le elevate temperatureche si verificano in condizioni di siccità con bietoleche presentano un apparato radicale non ancora appro-fondito, possono determinare la necessità di interveni-re più anticipatamente per non causare un rallentamen-

to vegetativo. Durante il periodo estivo più caldo e sic-citoso invece, che in questi ultimi anni si è anticipatoprima del termine della primavera, si può ridurre lacapacità di assimilazione. Determinante per ridurre icosti irrigui è l’uso efficiente della risorsa idrica, chedeve considerare in primo luogo il volume di adacqua-mento e l’intervallo di intervento in funzione del tipodi impianto e delle condizioni pedologiche, ma soprat-tutto il momento più idoneo di intervento. Tuttavia per ridurre i costi e gli input energetici occor-re creare i presupposti per ottimizzare le risorseidriche dei terreni mediante i criteri dell’aridocoltura(lavorazioni adeguate e con terreni in tempera, aumen-to del contenuto di sostanza organica, ecc.) che per-mettono di ridurre gli interventi irrigui.

Quali sfide ci attendono? Alla luce dei nuovi scenari che si sono delineati con icambiamenti climatici e la sensibilizzazione dell’in-tera comunità verso l’ambiente, sorge l’esigenza diottimizzare l’impiego degli input energetici. Gli stress da estivazione potrebbero essere attenuatioltre che mediante la gestione degli apparati fogliari,anche con le nuove frontiere del miglioramento gene-tico. L’aumento del livello di tolleranza alla prefioritu-ra per le semine autunnali in Pianura Padana, consen-tirebbe di anticipare notevolmente il ciclo vegetativo el’inizio della campagna di raccolta. Inoltre la selezio-ne di materiali più rustici e caratterizzati da un piùesteso apparato radicale, accompagnato da un bouquetfogliare più ridotto e meno traspirante, è un obiettivomolto importante da raggiungere.

Bibliografia

Bresolin A., Campagna G., Cenacchi M., 2017.Monitoraggio nutrizionale & NDVI. L’Industria sac-carifera italiana, vol. 109, 2017, n. 3/4.

Brown K.F., Biscoe P., 1985. Fibrous root growth andwater use of sugar beet. The Journal of AgriculturalScience, 105, 679-691.

Campagna G., Rosini D., Zaghi M., 2016. Irrigationfor optimizing sugar beet production in Po’ river val-ley. Proceedings 75th IIRB Congress – 16-17February, Brussels (B).

Ciuffreda G., Rosini D., 2014. Redditività della barba-bietola da zucchero. L’Industria saccarifera italiana,vol. 107, 2014, n. 1.

Zavanella M., Campagna G., 2017. Le varietà di bar-babietola da zucchero in Italia: passato, presente efuture. L’Industria Saccarifera Italiana, 109, 5-8.

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Associazione Nazionalefra i Tecnici dello Zucchero e dell'AlcoleFerrara - Via Tito Speri, 5 - Tel. e Fax 0532 - 206009 e-mail: www.antza.net - [email protected]

ZUCCHERO BIOLOGICO?A. Guidorzi

La possibile produzione di zucchero biologico apre un interessante dibattito nella nostra Associazione

In premessa diciamo che un imprenditore agricolo inquanto tale se constata che esista una domanda di unbene che può produrre deve cercare di “intraprende-re” per contrapporvi un’offerta. Inoltre lo zuccherobiologico investe principalmente il produttore agri-colo in quanto la certificazione, che deve essere sia alivello agricolo che a livello trasformativo è moltopiù impattante per il primo. Inoltre è bene sapere chelabel biologico non certifica la qualità del prodottofinale, contrariamente a quello che invece credono iconsumatori e per di più siamo in presenza di un evi-dente conflitto d’interessi: il controllore, cioè il cer-tificatore, è pagato dal controllato. Comunque peruna molecola di saccarosio pura al 99,5%, qual èquella contenuta in un normale pacchetto di zucche-ro, la qualità non ha senso. Al limite non ha neppuresenso a livello di zucchero integrale, intendendo pertale quello normalmente commercializzato, in quan-to è falso assegnarvi un contenuto vitaminico ed ètotalmente ininfluente dare valore economico ai saliminerali contenuti. La conferma la troviamo nel fattoche il consumatore antico ha sempre agognato man-giare lo zucchero bianco e definito lo zucchero inte-grale “sporco”; l’inversione di valenza a cui oggiassistiamo non è supportato da dati scientifici nuovi,ma è solo una moda che fa presa perchè molti sonototalmente digiuni di scienza.Altro aspetto sono i due pilastri su cui si basa lo zuc-chero biologico: - cioè il non uso di fitofarmaci disintesi, fondato però su un malinteso concetto dellebasi della chimica in quanto il rame, che è permessoin biologico, deriva da solfato e questa molecola èprodotta per sintesi, lo zolfo, poi, non proviene piùda giacimenti naturali ma dalla desolforazione delpetrolio, anch’esso un processo chimico; - oppure ilnon uso di fertilizzanti di sintesi ed anche qui vi è dadire che l’N,P,K e i microelementi che provenganodalla sintesi in molecole inorganiche o che si trovino

organicati in parti vegetali o in deiezioni animalihanno sempre la stessa origine: l’azoto proviene dal-l’aria, il fosforo ed il potassio da racce naturali chehanno originato il terreno agrario, così dicasi per imicroelementi concimanti. La sintesi dei concimi siavvale delle stesse fonti. Per giunta nessuna differen-za esiste dal punti di vista dell’assimimilazione dellepiante in quanto avviene solo ed unicamente a livel-lo di ioni. L’unica differenza consiste che nel primocaso l’assimilazione da parte della pianta è più rap-portata alla durata del ciclo vitale di una specie agra-ria, mentre nel secondo caso occorre un’opera tra-sformativa complessa da parte della flora-fauna delterreno e la messa a disposizione non coincide sem-pre con i bisogni. Quindi nel periodo di conversionedi tre anni (in cui si è obbligati a coltivare bio, manon si può certificare e vendere bio la produzione)imposto dal protocollo si prefigura, nella propagandadel biologico, una “purificazione” del terreno chenon ha nessun senso, anche perché molto del letameusato in biologico non è prodotto in azienda ma com-prato da produttori convenzionali che quindi conci-mano con prodotti di sintesi e gli ioni anche nel bio-logico hanno questa caratteristica. Insomma chicrede che una conduzione biologica dell’agricolturasia migliore per l’ambiente non si rende conto chel’agricoltura veramente professionale risponde siaalla vocazione di salvaguardia ambientale che allavocazione del produrre cibo in quantità e qualità ade-guate. Basti pensare che ormai le dosi di azoto som-ministrate alla bietola convenzionale in 30 anni sisono ridotte della metà pur avendo aumentato moltola produzione.

Detto ciò vediamo di analizzare le esperienze che sisono tentate nella produzione di bietola da zuccherobiologica. I paesi dei quali ho notizie dell’avvenutacoltivazione biologica della chenopodiacea sono due,

Presidente: Sergio Bertuzzi.Consiglieri: Lorenzo Aldini, Carmine Aurilio, Maurizio Botteri, Giovanni Campagna, Luca Caniato, Riccardo Casoni, Massimiliano Cenacchi,Enio Ciarrocchi, Dario Emiliani, Fabio Filippini, Antonino Lentini, Ulisse Mascia, Giorgio Pezzi, Giampiero Ridolfi, Elena Tamburini, Sandro Urbinati,Veronica Vallini, Roberto Veri.Presidente onorario: Giorgio MantovaniVice Presidente: Giorgio PezziSegretario: Roberto Danilo BafaroSindaci: Alessandro Cocchi, Santino Gazzotti, Ennio Ottaviani.

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE in carica

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Austria e Danimarca ed ora anche l’Italia vorrebbeintraprendere questa strada.

Austria: a detta di Markus Schöbel rappresentantedell’associazione dei bieticoltori (VOR) gli agricol-tori che hanno intrapreso la strada del bio l’hannofatto più per ragioni economiche che per convinzioneed inoltre hanno incontrato notevoli difficoltà. In par-ticolare all’inizio (2001) gli agricoltori che volevanointraprendere la strada del biologico non hanno tro-vato riscontro nelle industrie per motivi logistici,solo nel 2007 poterono seminare perché le bietolefurono lavorate da un piccolo stabilimento in Cekia.Nella primavera 2008 ne furono seminati 291 ha e le15.000 t furono lavorate in tre giorni. L’Austria ha il22% di superficie in coltivazione biologica certifica-ta, ma non bisogna farsi ingannare dai numeri e leg-gere bene all’interno delle statistiche in quanto lagran parte delle superfici biologiche sono pratipascoli e colture foraggere che quindi nella coltiva-zione non differiscono per nulla con la conduzioneconvenzionale, solo che percepiscono un contributoeconomico supplementare agli aiuti PAC (si tratta di“cacciatori di contributi” ed in Italia le cose non sonodissimili). Insomma i tanto decantati aumenti disuperficie si traducono minimamente in aumenti diproduzione di derrate biologiche. Le problematichemaggiori restano i parassiti animali e le erbe infe-stanti e per queste ultime si è ricorso al diserbomanale o meccanico, innovando le zappatrici rotativecon guida elettronica, per i concimi hanno usato con-cimi organici e avvicendamenti con leguminose.Tuttavia tutto ciò comporta aumenti di tempi di lavo-ro notevoli, il solo diserbo implica dalle 150 alle 300ore di lavoro/ha ad un costo di 13 €/ora, ma è diffici-le trovare operai. I parassiti animali sono un grossoproblema e possono far perdere come norma il 10%degli investimenti. I risultati produttivi su una mediadi 10 anni è di 55 t/ha, ma nel 2017 sono scese a solo46 e allo zuccherificio queste bietole permettono diricavare 8000 t di zucchero in 15 giorni di lavorazio-ne. La società saccarifera Agrana vorrebbe oradisporre di 2000 ettari nel 2018, far lavorare le bieto-le prodotte in uno zuccherificio con molta più capa-cità e impiegare solo 8 giorni per la lavorazione. Sipensa anche di poter valorizzare molto di più i sotto-prodotti come la polpa e la melassa come substratoper produrre lievito biologico. La bietola biologicain Austria è pagata 86 €/t cioè il prezzo base di 36 €/tpiù 50 €/t come contributo pubblico supplementareper il biologico. Anche a questi livelli di prezzo,però, la redditività non sempre c’è e ciò a causa deicosti, il cui ammontare non è sempre prevedibile.Anche sulla tenuta della domanda non si può contarein assoluto in quanto i prezzi di questo zucchero sonoelevati e quindi molti consumatori recedono dall’ac-quisto. Tuttavia le cifre delle produzioni in biologicoindicate e se prefigurate in Italia devono essere ulte-riormente diminuite

Danimarca: questo paese vorrebbe rilanciare la pro-duzione di bietole bio, specialmente da parte dellasocietà Nordie Sugar, in quanto tra il 1999 ed il 2005ha prodotto solo tra le 500 e le 1000 t, ma ora lo zuc-chero bio sembra avere il vento in poppa secondoKlaus Sorensen dell’associazione bieticoltori. Labietola convenzionale è pagata in Danimarca 22 €/t a16°, mentre la bietola bio è pagata 70 €/t per la con-trattazione di un anno e 72 €/t per contrattazione di3 anni. Inoltre le bietole biologiche per contrattodevono essere estirpate ad inizio campagna. Per oraci sono 250 ha in bio e 200 in conversione.Accetterebbero i bieticoltori italiani di consegnare lebietole biologico subito o in alternativa a fine cam-pagna?

Conclusione: visti i prezzi pagati per le bietole biolo-giche ci si dovrebbe attendere una corsa a coltivare,mentre la cosa è di la da venire, evidentemente il prez-zi benché di 2,5/3 volte più elevati non debbono anco-ra essere allettanti. In definitiva la domanda di biolo-gico esiste anzi cresce in generale a due cifre, ma l’of-ferta di materia prima latita in quanto si opta più sulfar certificare delle superfici pressoché incolte. Iltrend sembra trasferirsi o meglio si auspica che si tra-sferisca anche sullo zucchero e quindi la filiera nevorrebbe approfittare. Anche perché la domanda dicibi a label biologico è soddisfatta in gran parte damerce importata (in Francia si parla di un 75% di cibobiologico importato, in Italia credo che non ci sidiscosti da questi dati, ed infatti, ci si rifiuta di pubbli-care, oltre alle superfici, anche le relative produzionie quindi non si può fare il paragone del grado di auto-sufficienza nazionale). Nel caso dello zucchero poi viè una situazione particolare; la canna da zucchero ècoltivata da molti paesi in via di sviluppo che, seppu-re “obtorto collo”, coltivano senza concimare e pro-teggere dalle malattie e qui vi è una grandissima riser-va di coltivazioni che possono essere certificate biolo-giche e quindi all’eventuale crescere della domanda lagrande distribuzione e i negozi specializzati preferi-ranno rifornirsi di questo zucchero che si può venderea molto ma costerebbe molto meno di quello italianoo europeo. Insomma a mio avviso la bietola biologicain Europa occidentale è destinata a rimanere una nic-chia per le difficoltà implicite di coltivazione e per lozucchero di altra provenienza.

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80 «L’Industria Saccarifera Italiana», vol. 109, 2017, n. 5/6

Il 7 agosto 2017 è deceduto nella sua casa di Finale Emilia

Valter Bellei

Era nato il 2 ottobre del 1934 e, laureato in ingegneria chimica, aveva svolto tutta la suacarriera nell’industria saccarifera. Capofabbrica a Finale Emilia, aveva partecipato allacostruzione dello zuccherificio di Argelato come direzione tecnica. Era poi passato allaDirezione Tecnica Centrale della SIIZ a Genova. È stato poi direttore degli zuccherificidi Lendinara, Porto Tolle, Finale Emilia.Socio esperto ed apprezzato di ANTZA era da tutti stimato per il carattere aperto e cor-diale. Alla famiglia Bellei le sincere condoglianze di ANTZA.

Il 28 agosto 2017 nella sua casa di Minerbio (BO) è deceduto

Roberto Bertuzzi

Nato il 27 febbraio 1934 a Baricella (BO), diplomato geometra, dopo aver per alcunianni frequentato la facoltà di economia e commercio presso l’università di Bologna,aveva seguito il padre e gli zii paterni titolari di una grande azienda agricola. Innamoratodella coltivazione dei campi, aveva portato in agricoltura anche sapienti innovazioni siacolturali sia organizzative che lo avevano posto al centro dello sviluppo agricolo dellaprovincia di Bologna. Quando nel dicembre del 1962 fu fondata a Minerbio la primacooperativa bieticola italiana, la COPROB, fu il promotore della fruttuosa iniziativa di

portare in questa cooperativa, oltre alle cooperative agricole del bolognese anche la Coldiretti e L’Unione Agricoltori.Con la carica di vice Presidente, affiancò validamente il Presidente Carlo Forlani ed il collega Vice PresidenteRuggero Marani nella grande impresa di far crescere questa Società fino a poter acquisire, nel 1992, lo zuccherificiodi Ostellato. Fu da quella fruttuosa acquisizione che lo zucchero cooperativo ebbe un grande impulso fino ad affer-marsi ai giorni nostri come l’unica Società operativa nella coltivazione e trasformazione della bietola. Fu un grandeamico di ANTZA a cui sempre assicurò energico sostegno ed accompagnò sempre il prof. Giorgio Mantovani nellesue memorabili visite agli zuccherifici di tutto il mondo. Alla famiglia di Roberto, le più sincere condoglianze diANTZA.

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