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Il 2013 consegna al 2014 un mandato rinnovato per l’Aido operare affinché la solidarietà trasformi la sofferenza e la morte in un inno alla vita

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Sul senso del donoConversazione con Carmelo Vigna

A proposito di...Cardiopalmo extrasistolico

Tornare in formadopo le feste13

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Sincerità e verità nella relazione con il pazienteCome comunicare con bambinie adolescenti malati

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Notizie dalle Sezioni26pagina

Un cuore ebreo batte nel petto di una bimba arabaLa donazione degli organi stempera le tensioni tra Palestina e Israele

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAido Lombardia - ONLUS

Anno XXII n. 214 - dicembre 2013

Editore: Consiglio Regionale Aido Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Dott.ssa Cristina Grande

Regione Lombardia - SanitàProf. Sergio VesconiCoordinatore regionale prelievo/trapianto

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera A. Manzoni di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Giuseppe Piccolo - Direttore Cir

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Prof. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura Sposito; Clelia Epis; Fernanda Snaiderbaur

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

SottoscrizioniSocio Aido Simpatizzante Sostenitore Benemerito € 35,00 € 50,00 € 70,00 € 90,00

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Si contribuisce alle spese di stampa come amici.

Il socio sostenitore ha diritto ad omaggiare un’altra per-sona previa segnalazione all’atto della sottoscrizione.

StampaCPZ - Costa di Mezzate BG

Finito di stampare seconda decade di gennaio 2014

Reg. Trib. di Milano n. 139 del 3/3/90

Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

Spazio ai lettoriPer gli interventi dei lettori:

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È attivo il sito dell’Aido Regionale:

www.aidolombardia.it

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Quante volte, nel corso della mia lunga vita associativa, ho parlato deldono di sé e della cultura del dono? Non sono ovviamente in grado difarne una valutazione numerica, ma senza dubbio si tratta di un con-cetto ripetuto moltissime volte, in tutti i contesti in cui si sia parlato didonazione di organi. Ebbene, la lettura dell’interessantissima intervi-

sta di Fernanda Sniderbaur a Carmelo Vigna, presidente della Società Italiana diFilosofia morale e per lunghi anni docente ordinario di Filosofia morale all’Uni-versità degli Studi Ca’ Foscari di Venezia, mi ha offerto nuovi orizzonti di que-sto immenso valore che è il “dono di sé”. Mentre leggevo queste belle pagine miaccorgevo di come tante riflessioni sul dono “vero” - quel dono che nulla chiede incambio - rimangano sovente come in una sorta di limbo intellettuale, come una re-altà di cose intuite ma non espresse chiaramente. Eppure ci sono tanti modi di do-nare: alcuni davvero poco etici, altri sicuramente sublimi. Grazie all’impietososcandaglio delle ragioni del nostro umano modo di procedere offerto dagli appro-

fondimenti della filosofia morale riusciamo a scolpire nelmarmo, in maniera netta e inviolabile, la vera identitàdel dono a cui tende la nostra Associazione. Saranno,anche queste, forse, pagine non facili, ma vale la pena dileggerle facendosi prendere per mano dalla brava gior-nalista che ci accompagna sul percorso così chiaramentetracciato dal filosofo morale Carmelo Vigna.

Rimaniamo in un campo non facile eppure affasci-nante al punto da coinvolgerci fino all’ultima riga, conle belle pagine curate da Clelia Epis e dedicate ai bam-bini: quale verità è necessaria o addirittura “utile albambino” nel rapporto con la medicina? Cosa e comepossono reggere i pazienti più piccoli, più fragili e piùindifesi? Come, quindi, comunicare con bambini e ado-lescenti malati?

Domande che aprono scenari ricchi di spunti di ri-flessione, di intuizioni diventate risposta medica e mo-dalità di applicazione scientifica dopo la dovuta e seria

sperimentazione. Il tutto per rendere sostenibile la cura anche in un’età che chiedee si aspetta la bellezza del vivere nella sua enorme potenzialità. Domande di chivorrebbe potersi esprimere attraverso la gioia esplosiva di una vita vissuta nella suapienezza ed invece si trova a dovere drammaticamente lottare con la malattia, conla sofferenza, a volte con la morte. Con la consueta chiarezza, a sua volta, il dott.Gaetano Bianchi ci guida nella tematica delle aritmie soffermandosi sul tema dellaextrasistolia. Sono argomenti questi che, ne sono certo, appassionano i nostri let-tori e che a volte attirano l’attenzione della cronaca a causa di avvenimenti dram-matici. Diversamente dalla ribalta mediatica che finisce per confondere le idee, gliarticoli del dott. Bianchi hanno il pregio di offrire indicazioni chiare che permet-tono di orientarsi e fare le scelte giuste. Da non sottovalutare la chiusura del suoarticolo: “È comunque sempre utile anche nel caso di una banale extrasistolia iso-lata astenersi da sostanze, abitudini e comportamenti che possano favorirne l’in-sorgenza”. Come a dire: lo stile di vita è alla base di tutto (o quasi).

Ed ecco l’aggancio con l’articolo tradizionale di Cristina Grande che ci spiega“come tornare in forma” dopo le festività. Anche in questo caso, entra prepotentein classifica il concetto di “stile di vita”. Un concetto che merita saldamente il primoposto del podio. La conclusione vuole essere un grande messaggio di speranza; untestimone ideale che passa dal 2013 al 2014. La pace, la fratellanza fra i popoli,la solidarietà: “Un cuore ebreo batte nel petto di una bimba araba”. Buon letturae, di cuore, buon 2014.

Leonida Pozzi

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Editoriale

In copertina:foto di MMarco Milani - Airuno (Lc)

Sorprendente indagine con il prof. Carmelo Vigna sulle molteplici applicazioni del concetto di «dono»

nella dimensione antropologica

Rifugio Brioschi - monte Grignone (Lc)

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Ètradizione dare l’addio al-l’anno concluso caricandolodel bagaglio più pesante,così come è tradizione acco-gliere l’anno nuovo aperti

alla speranza.Il 2013 passerà alla storia come unanno molto duro, difficile, problema-tico, piegato sotto il peso di una crisieconomica mondiale che ha devastatoanche la struttura socioeconomica ita-liana. Ma subito voglio sottolineareche per chi ha ruoli nel volontariato equindi attinge ai sentimenti della soli-darietà e della condivisione, il 2013passerà alla storia anche come l’annodella svolta. Non c’è più opulenza masobrietà, non si vive nella continua ri-cerca del “qualcosa in più” ma si valo-

rizza quanto si è avuto. In sintesi:siamo bruscamente tornati indie-

tro ma siamo stati messi nella con-dizione di scoprire quanto sia belloessere uniti in un unico ideale, quantosia bello essere famiglia, quanto siabello sentirsi fratelli e condividere unframmento di storia umana. Un anno

che ci ha donato questi valorinon può essere ricor-

dato come unanno solo

negativo. Detto questo, non possiamobendarci gli occhi e dobbiamo, con se-rena consapevolezza ma partecipi deldramma di molte famiglie, considerarequanta fatica hanno fatto e stanno fa-cendo tante persone fragili. Il drammapiù doloroso è sicuramente la perditadella serenità a causa di una malattiadevastante che destabilizza e a volteimpoverisce intere famiglie. Ma altret-tanto pesante è risultata la perdita delposto di lavoro per moltissime donne euomini, alla quale va sommata l’im-possibilità di trovare un lavoro almenoprecario di moltissimi giovani. Senzalavoro non c’è dignità, non c’è futuro,non c’è fiducia in sé stessi, non si sor-regge una famiglia, senza lavoro si rin-via sine die il giorno dell’autonomia, diuna famiglia propria, di una casa pro-pria. In questo, purtroppo, il 2013 halasciato veri e propri lutti e devasta-zioni. È stato quasi come una guerra. Sonoconsapevole di evocare un concettofortunatamente sconosciuto ai nostrigiovani (e ormai anche agli adulti) mache per secoli è stato il segno caratte-rizzante di intere generazioni cresciutefra stenti, fame e malattie proprio acausa delle guerre. Dobbiamo rendere grazie a Dio chequesto pericolo – almeno questo! – nonlo abbiamo corso. La nostra Associazione in questo fran-gente socioeconomico drammatico hapartecipato alle sofferenze della comu-nità, pur senza scossoni particolari.L’Aido, per sua fortuna, vive con poco.

IL 2013 CONSEGNA AL 2014 UN MANDATO RINNOVATO PER L’AIDOOPERARE AFFINCHÉ LA SOLIDARIETÀ

TRASFORMI LA SOFFERENZA E LA MORTE IN UN INNO ALLA VITA

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E’ retta da volontari che si donano af-finché si faccia strada il concetto delladonazione degli organi dopo la morte.Ma seppur senza bisogno di grandi ca-pitali siamo diventati grandi e impor-tanti per la sorti della comunità civile.Questa importanza sta nella gran-dezza dell’ideale che ci accomuna, equindi più siamo consapevoli delle no-stre responsabilità e più siamo umili,attenti, rispettosi delle diverse culturee delle diverse proposte sociosanitarie,più siamo efficaci. La politica, comeluogo delle trattative e “del possibile” ciguarda consapevole della nostra forzache è la forza della gente. Basta leggerele interviste che ancora quest’annosono state fatte in tante realtà lom-barde tramite “Prevenzione Oggi”, perrendersi conto che siamo, come Aido,rispettati e, soprattutto, apprezzaticome compagni di viaggio in un cam-mino di solidarietà vera. Sottolineospesso questo “vera” perché di solida-rietà espressa solo a parole ne è pienal’aria. E noi non stiamo per aria masiamo nelle strade, sulle piazze, negliuffici, nelle scuole, nelle famiglie, nellecorsie d’ospedale. Ogni mattina, al ri-sveglio, ai nostri occhi si concretizzanole immagini delle persone sofferenti, di

quelle in lista d’attesa, dei loro fami-gliari che idealmente tendono la manoe, sgomenti, smarriti, impauriti, chie-dono aiuto. Questo è il testimone che il 2013 passaal 2014 targato Aido: la solidarietàconcreta che trasforma la sofferenzaestrema, la morte, in un inno alla vita,in una nuova speranza che si fa cer-tezza grazie alle abili mani di chirur-ghi sorretti da un sistema sanitariostupendo, che ha fatto della medicinadel prelievo e del trapianto un punto diriferimento per salvare tantissime viteumane ridando dignità alle persone.Auguro alle lettrici e ai lettori un 2014che veda l’inizio di un nuovo Risorgi-mento morale e civile italiano. Auguroa tutte le Sezioni lombarde e ai moltis-simi Gruppi attivi su questo meravi-glioso territorio ricco di umanità enobili ideali di continuare ad essere ilpunto di riferimento della speranza ditante persone bisognose del bene piùgrande: la salute.Auguro all’Aido tutta che questonome, quando evocato, continui a farsussultare i cuori delle persone di unagioia intima e discreta. La gioia dellasperanza e della solidarietà.

Leonida Pozzi

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“In un rapporto personale incui si vuole veramente co-noscere l’altro, per amiciziao per amore, se si dona qual-cosa, si dona, in ultima

istanza, la propria libertà, intesa cometempo, pensiero e cura. È attraversol’atto di donazione, cioè, che si com-prende fino in fondo di essere uominiveramente liberi: uomini che possono

disporre di sé a tal punto da poterdecidere di donare sé”. Così si espri-meva un anno fa sul senso del donoCarmelo Vigna, docente di FilosofiaMorale presso l’Università di Vene-zia. Secondo lui, il dono rappresentaanche il momento in cui l’uomo com-prende fino in fondo la propria uma-nità.A ridosso delle festività natalizie lo

Conversazione con Carmelo Vigna

Sul senso del dono

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abbiamo incontrato per approfondirel’argomento, in un clima che sicura-mente favorisce l’indugiare su que-sto tema.

Sulla natura del dono la filosofia ele scienze umane dell’ultimo se-colo hanno detto moltissimo, arri-vando a sostenere posizioni oppo-ste. Alcuni hanno interpretato ildono come manifestazione di al-truismo, moto disinteressato e uni-laterale che richiede amore, fede ein forma estrema anche il sacrifi-cio. Altri, in aperta opposizione aP

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CARMELO VIGNANato nel 1940 è stato dal 1981 e fino al 2011professore ordinario di Filosofia morale pressol’Università degli Studi Ca’ Foscari di Venezia. Èpresidente della Società italiana di Filosofiamorale (SIFM) e del Centro di Etica Generale eApplicata (CEGA) dell’Almo Collegio Borromeodi Pavia. Dirige la collana di ETHICA pressol’editrice Orthotes (Napoli). Nell’ultimoventennio in particolare si segnalano le sueindagini di antropologia trascendentale e dietica generale e applicata (bioetica, etica delladifferenza sessuale, etica dell’ambiente, eticapolitica ecc.).

Il suo libro più noto è Il frammento e l’Intero(Vita e Pensiero, Milano 2000). Si segnalanoanche le sue curatele, edite presso Vita ePensiero – Milano, nella collana di Filosofiamorale diretta da F. Botturi, curatele cheriflettono le ricerche condotte dal gruppo dilavoro del CISE, da lui coordinato: Eticatrascendentale e intersoggettività (2002);Multiculturalismo e identità (con S. Zamagni -2002); Libertà, giustizia e bene in una societàplurale (2003); Etiche e politiche della post-modernità (2003), Etica del plurale (con E.Bonan - 2004), La Regola d’oro come eticauniversale (con S. Zanardo - 2005); Etica difrontiera (con S. Zanardo - 2008);Multiculturalismo e interculturalità (con E.Bonan 2011). Recentemente ha curato epubblicato (con R. Fanciullacci) pressoOrthotes (Napoli 2013) il vol.: La vitaspettacolare.

LinkPer una bibliografia completa dellepubblicazioni, vedi il link presente in:http://blog.centrodietica.it

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questa convinzione, hanno sottoli-neato invece il lato meramentestrumentale ed utilitaristico deldono, presentandolo come un attomimetizzato sotto le spoglie dellapurezza senza secondi fini, mavolto all’acquisizione di potere.Studiosi come Marcel Mausshanno parlato del dono in terminidi “obbligo sociale che vincola chilo riceve”. Lei che convinzione si èfatta in proposito?In effetti, questa seconda prospettivasembra confermata dalla prassi cor-rente delle politiche di marketingaziendali, per esempio. A tutti vienesubito in mente la pubblicità che pro-mette gadget, premi, incentivi, offertespeciali e promozioni. Le cose più mo-

deste, presentate con le vesti del re-galo, divengono così molto attraenti.Insomma, il dono qui viene usatocome un’esca; serve solo per spingereall’acquisto e al consumo. Ma in re-altà, in questo caso, non possiamoproprio parlare di dono. Si tratta piut-tosto di una semplice apparenza didono o di un falso dono. Il dono, diper se stesso, non può mai essere stru-mento di seduzione (e perciò anche dicostrizione). La natura del dono è,piuttosto, legata alla relazione di gra-tuità.

Facciamo un passo indietro. Cosasi deve intendere per dono?Il dono - detto molto semplicemente- consiste nel dare qualcosa a qual-cuno; ossia è una sorta di passaggio diqualcosa (il dono) da qualcuno (il do-natore) a qualcun altro (il donatario).La vera natura di questo passaggio èpoi determinata dal motivo per cui ilpassaggio avviene.

Dopo questa piccola premessa pos-siamo riprendere da capo il tema deldono e del falso dono, cui ho prima ac-cennato. Quest’ultimo, il falso dono, èun tipo di passaggio (dono) che ob-bliga, che vincola chi lo ha ricevuto achi lo ha fatto. In questo caso, il donoviene ad essere una specie di veleno.Una pozione che uccide. “Ti copro didoni, così poi sei nelle mie mani”,sembra dire il donatore al donatario.Chi dona, cioè, qui dona per affer-mare la propria signoria sul donatario(“Io sono il tuo signore; con il miodono ti faccio sentire tutto il pesodella mia potenza e della mia ric-chezza”). Questo tipo di dono è, inultima istanza, come subito si capisce,uno strumento di dominio.Esiste per nostra fortuna anche un al-tro tipo di dono, il dono vero, il donoche mette in campo una relazione op-posta, ovvero la relazione di disponi-bilità del sé. Stavolta è come se il do-natore affermasse: “Io, mediante ildono, mi dono a te; io sono disponibilea diventare in qualche modo il tuoservo”. Qui il legame non è più di se-duzione e dunque di costrizione, per-ché al donatario non si chiede in cam-bio nulla. A lui solo si dà. Se poi ildonatario si lega al donatore, egli lo fasempre a partire dalla propria libertà(mediante la gratitudine). Questo tipodi dono rappresenta così una libera-zione della relazione, piuttosto cheun incastro costrittivo. Detto in altritermini: non si è mai “legati” dal verodono; piuttosto, a partir da quello, “cisi lega”. Che è tutt’altra cosa; anziesattamente la cosa opposta. Comesono opposte, appunto, costrizione elibertà.

Dalle sue parole sembra che ildono non si dia in una relazionealla pari o tra pari.È cosi infatti. Nella relazione di donola parità di ruoli è impossibile, per ilsemplice fatto che, quando la rela-zione di dono accade, il donatoregioca il ruolo del signore che elargi-sce un bene e il donatario il ruolo del-l’indigente che lo riceve. Perché ci sia

Esiste anche un altro tipo di dono, il donovero, il dono che mette in campo la relazionedi disponibilità del sé. È come se il donatore

affermasse: «Io, mediante il dono, mi dono a te; io sono disponibile

a diventare in qualche modo il tuo servo»

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parità, occorre un’altra relazione didono a ruoli invertiti. Ciò che spessoaccade nella comune esperienza. Nellacomune esperienza, infatti, ci scam-biamo dei doni. Così il donatario di-venta a sua volta donatore e il dona-tore, donatario.E tuttavia lo scambio di doni differi-sce per essenza dalle relazioni di sem-plice scambio di beni equivalenti (dal“commercio”). Nello scambio di donisi realizzano infatti due relazioni in-crociate asimmetriche (due relazioniservo-signore), per cui ognuno deidue attori è, per un verso, signorequando dà e, per altro verso, servoquando riceve. La parità è insommaun effetto chiasmatico. Nello scambiodi equivalenti, invece, ci sono solo duesignori, ognuno dei quali controllal’avvenuta equivalenza e non dichiaradebito alcuno con l’altro, avendo datoe ricevuto il dovuto o il pattuito. La differenza tra scambio di doni esemplice scambio di equivalenti è an-che segnata dal bisogno che abbiamo,di non scambiare subito il dono, comeinvece accade nella relazione com-merciale. In effetti, quando riceviamoun dono, specie se inatteso, mettiamoin mezzo del tempo nel ricambiare,altrimenti rischiamo di dar la sensa-zione di abbassare il dono al livello diuna transazione economica. In realtà,il lasso di tempo tra il dono ricevutoe il dono contraccambiato simbolizzanella comune esperienza la presenzadella gratuità tra noi, perché rendepossibile concepire e vivere (per uncerto tempo) l’unilateralità del do-nare, che è invece assente, come ab-biamo detto, nello scambio di equiva-lenti, sempre e necessariamentebilaterale e sempre preoccupato dellasso di tempo eventualmente richie-sto per l’operazione.

Perché allora si dona?Si dona perché donare piace. Il piaceredel donare è, d’altra parte, profonda-mente umano, perché fa vivere inognuno l’esperienza della nostra na-tura signorile. Mi spiego. Ognuno dinoi si sente spontaneamente (se una

dura vita di povertà e di umiliazionenon ha cancellato questa innata per-cezione interiore) un signore delmondo che lo circonda (come l’anticoAdamo, chiamato a dar nome agli ani-mali e a dominare la terra) e vuole es-sere riconosciuto come tale dagli altriesseri umani. Ora, il signore è coluiche, avendo potere sulle cose, le puòalienare a chiunque egli desideri be-neficare. Si tratta di un impulso ori-ginario, anche se contrastato da altriimpulsi, come ad es. l’avidità dell’ac-cumulare. Spesso però si dona, pur-troppo, solo per poter essere ricono-sciuto come signore (onnipotente).Per non giocare il ruolo del servo.In effetti, accedere alla condizione op-posta, ossia alla condizione del servo,

ripugna alquanto alla nostra natura.E questo pare molto vero se si pensa,per esempio, al fatto che, quando ri-ceviamo un dono, siamo a volte soloparzialmente felici, perché in quel mo-mento percepiamo pure che manca-vamo di quel qualcosa che ci è statodonato. Nell’esser destinatari di undono (donatari) sperimentiamo, in-somma, anche il nostro limite. Ed è daquesta esperienza del limite che nascetalvolta il desiderio impellente di su-bito ricambiare, e di ricambiare so-vrabbondando. Una sorta di “ridareda onnipotente”, insito in tutti comemanifestazione reattiva rispetto allapropria condizione di bisogno, ma an-che una sorta di atto impossibile, per-ché un essere umano non può solodare. Anzi, ha soprattutto bisogno diricevere.L’essere umano per stare bene ha bi-sogno di tutto, dai beni materiali aibeni relazionali. Agli inizi della vita,questa condizione è fin troppo evi-

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L’essere umano per stare bene ha bisogno di tutto, dai beni materiali ai beni relazionali.

Agli inizi della vita, questa condizione è fin troppo evidente.

Ma lo è ancor di più alla fine della vita.

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dente. Ma lo è ancor di più alla finedella vita. Costituiti essenzialmentecome esseri che ricevono, una voltacresciuti, diventa invece in alcuni do-minante la pretesa di essere quelli chesono sempre capaci di dare. Una ter-ribile illusione, purtroppo.Certo, in sé e per sé, il signore è coluiche può dare le sue cose senza limiti;ma noi non siamo signori in sensoassoluto; lo siamo solo in senso rela-tivo, e molto relativo. Noi abbiamoun limite, e anche vistoso, nel corpo eanche nell’anima, oltrepassato il qualeci avviamo a una sorta di autodistru-zione. In altri termini, il donare, vis-suto senza il rispetto del limite, chepure ci appartiene come esseri umani,diventa una forma di spreco inutile e

pure di masochismo.Una persona normale non può chevivere sempre e contemporanea-mente un doppio ruolo: come di unoche riceve e come di uno che dona,perché ogni essere umano per tutta lavita è animato sia dal desiderio di do-nare, per il senso della signoria cheporta dentro di sé, sia dal bisogno diricevere, per il limite che pure lo abitain molti modi.

Può spiegare meglio il rapportoche esiste quindi tra dono, utilità egratuità?Il senso dell’utile, in generale, ori-gina lo scambio, come il senso dellagratuità, in generale, origina il dono.Ebbene, una dimensione dell’agire staall’altra un po’ come il corpo sta al-l’anima. Cioè: non ci può essere nellanostra vita alcun atto di gratuità senon c’è almeno una parte di vita giàintessuta di utilità. Viviamo quoti-dianamente di cose utili (questo è il

“corpo” della nostra vita), ma sa-remmo perduti come esseri umani senon sperimentassimo la gratuità diun gesto d’amore, il rapporto disin-teressato con la bellezza, il fascinodella verità che non è mai solo mezzoper altro (cioè: solo un che di utilea…), ma sempre un fine in sé.In altre parole. Come esseri umaniviviamo all’interno della sfera domi-nata degli scambi di equivalenti (l’eco-nomia), scambi che nascono dai biso-gni. Ma questo è in fondo il regno delreciproco ricevere cose utili a col-mare, appunto, i bisogni. Certo, c’èun dare anche qui, come nell’atto deldonare, ma in questo caso il dare è undare per ricevere, cioè è un dare senzagratuità. Quasi un dare senz’anima. Ilregno della gratuità è un regno pro-fondamente diverso. È il regno degliesseri umani come “signori” chedanno “a perdere”, ossia che atten-dono solo un eventuale “ritorno” fon-dato sulla libertà dell’altro. Il qualepuò ricambiare, ma può anche nonfarlo. Cioè non deve ricambiare, comeaccade invece nello scambio econo-mico.Possiamo dire, allora, che il dono èsempre uno scambio relazionale se-condo libertà, un modo di essere liberinel dare e nel ricevere, anche se, allafin fine, il dono è davvero completoquando donatario e donatore fannochiasma in un rapporto di reciprocoscambio di doni. Il dono poi, quandocrea legami secondo libertà, ci nutrein profondità. Un essere umano infattisi nutre di cibo per il corpo, ma è nu-trito soprattutto dai buoni legami cheinstaura con altri esseri umani, cioèdai legami di donazione in reciprocità.

Quando il dono si snatura?Il dono si snatura quando finiscecome forma di gratuità e si muta inlegame costrittivo, cioè in relazione didominio. Lo abbiamo detto prima. Ladifferenza tra le due forme di rela-zione però non è quasi mai chiara-mente manifesta. Diciamo che la verao la falsa intenzione del donare si co-glie solo per indizi. Quindi ci si può

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Possiamo dire che il dono è sempre unoscambio relazionale secondo libertà, un mododi essere liberi nel dare e nel ricevere, anche se,

alla fin fine, il dono è davvero completoquando donatario e donatore fanno chiasma in un rapporto di reciproco scambio di doni.

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facilmente sbagliare nel coglierla. Ilfatto è che l’intenzione del dono, che nefa poi la qualità, è sempre un che di in-teriore nella soggettività. Così il falsodono spesso si può mascherare me-diante l’apparenza del vero dono,come nel mitico caso del cavallo diTroia.

Con che tipo di dono abbiamo ache fare noi oggi, secondo lei? Per lo più nella nostra quotidianità la-vora in modo sotterraneo il falsodono. La gran parte delle relazioniche intratteniamo è infatti di questotipo: sono relazioni di semplice scam-bio, mascherate spesso da relazionidi gratuità. Le vere relazioni di donorestano quasi sempre privilegio deirapporti familiari, dei rapporti amicaliprofondi o dei rapporti di coppia riu-sciti.

Il dono è stato sempre pensatocosì?Possiamo dire che la nostra conce-zione del dono deriva fondamental-mente dal cristianesimo, ma come unaevoluzione del concetto di dono chegli antichi avevano in certo modo giàintravisto.La spinta è venuta dalla concezionecristiana del divino profondamentesegnata dalla dedizione. Il Dio cri-stiano è un Dio che dona (nella crea-zione) e che si dona (nella redenzionemediante il Figlio).E aggiungo. Dono come, in ultimaistanza, dono di sé ha un altro sensose il “perdersi” non è un assoluto pe-rire, ma un perire per riavere la vitapiena. Ora, il Dio cristiano prometteproprio questo: se doni la vita per al-tri, la riavrai. La Resurrezione delCristo è questa promessa per tutti.Per gli antichi “pagani”, le cose nonstavano in questo modo. Le cultureprecristiane avevano sostanzialmenteuna visione storica o immanente del-l’esistenza umana. Se io dono, è sem-pre in vita che devo ottenere (o al-meno sperare) il contraccambio. Seno, la partita della vita è perduta. Cosìl’uomo antico coltivava il dono pro-

priamente nel segno della magnani-mità. Il dono di sé, che certo non èmai mancato nelle faccende umane,non aveva allora una rappresenta-zione teorica adeguata. Mancava, ap-punto, il nesso tra morte e resurre-zione. Greci e Romani coltivavano ilconcetto della “bella morte”, losprezzo del pericolo ecc. Ma in cam-bio si attendevano solo una memoriagloriosa, non certo la “vita eterna”.Ma se il dono, come dono di sé e dellapropria vita, non vuole essere unastrategia assurda, deve inevitabil-mente implicare la fede nella pro-messa di riavere in dono la vita.

Cosa ne pensa dei doni fatti da chidecide di restare anonimo?

Il dono anonimo, in sé e per sé, sem-bra realizzare, e può effettivamenterealizzare, l’essenza del dono: è gra-tuito ed è segnato profondamente dalnon ritorno di alcun tipo di contrac-cambio. L’anonimato del donatorerende infatti impossibile qualsiasiscambio di doni in reciprocità. In que-sto senso, donare in particolare il pro-prio corpo può essere la forma su-prema della gratuità signorile.Quando si parla di dono anonimoperò si deve tener conto che si puòtrattare anche di un modo distorto divivere il dono. Chi dona infatti, poichéè pur sempre un essere umano, nonpuò non immaginare (quantomeno)un potenziale donatario grato. Ne-gare questa implicazione, significhe-rebbe trasformare in qualche modol’atto del dono in una gratificazionenarcisistica, laddove il dono chiedesempre (ma non impone mai) un le-game.

Fernanda Snaiderbaur

L’anonimato del donatore rende impossibile qualsiasi

scambio di doni in reciprocità. In questo senso, donare in particolare

il proprio corpo può essere la forma suprema della gratuità signorile.

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Il cuore, organo mo-tore di ogni organi-smo animale, ha fon-damentalmente lafunzione di pompare

sangue arterioso, ricco di ossigeno,nelle arterie della circolazione ge-nerale e sangue venoso, a minor con-tenuto di ossigeno ma ricco di CO2nel circolo polmonare, ove verrà de-purato dal CO2 e di nuovo arricchitodi ossigeno. La circolazione sangui-gna assicura anche l’approvvigiona-mento delle sostanze nutritive ne-cessarie ad organi, tessuti e celluleper il loro corretto funzionamento.Se l’attività cardiaca cessa, in pochiminuti le cellule cerebrali subirannoun danno grave, talora irreversibile,ed in un tempo maggiore le celluledel muscolo cardiaco e dell’apparatorenale. L’attività cardiaca è spontanea, cioèavviene senza intervento della vo-lontà individuale. Esiste un centrocardiaco (nodo del seno) che auto-maticamente “si carica” elettrica-mente ed invia al tessuto cardiacocontrattile (miocardio) degli impulsiche stimolano l’eccitazione e quindila contrazione del cuore. Lo stimoloelettrico parte dagli arti, che quindivengono per primi eccitati e perprimi si contraggono, successiva-

mente con un lieve ritardo rag-giunge i ventricoli, la cui muscola-tura contraendosi agisce come unapompa, spingendo così il sanguenelle grosse arterie (aorta a sinistrae polmonare a destra) e attraverso leloro diramazioni agli organi loro di-pendenti. L’attività cardiaca è carat-terizzata da una marcata ritmicità:cioè la distanza tra un battito e ilsuccessivo è fondamentalmenteeguale a parità di frequenza. Il bat-tito cardiaco è controllato dal si-stema nervoso autonomo: simpaticoche fa aumentare la frequenza car-diaca in relazione alla attività svoltadall’individuo, vagale che invece ral-lenta tale attività in condizioni di ri-poso. Tutto questo per ottenere una effi-cienza ottimale dell’azione di pompadel cuore. È possibile registrare estudiare questa attività elettrica delcuore mediante l’Elettrocardio-gramma (ECG). Noi non ci ren-diamo conto del battito cardiaco senon in due condizioni, quando per unlavoro di intensità elevata la fre-quenza cardiaca raggiunge valorimassimali (220 battiti al m’-età) oquando il battito non ha più caratteredi ritmicità, ma diventa irregolare.In questo secondo caso si parla diaritmia cardiaca. Non tutte le aritmie

CARDIOPALMOEXTRASISTOLICO

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hanno lo stesso significato. Alcunesono del tutto innocue come le ex-trasistoli isolate, altre possono es-sere estremamente pericolose, comela tachicardia e la fibrillazione ven-tricolare. La gravità di una aritmia,di regola, è determinata dalla ma-lattia cardiaca sottostante (infartomiocardico, miocardiopatia ecc) op-pure per l’azione perversa di alcunesostanze chimiche quali la cocaina.In questo breve scritto ci si soffer-merà soprattutto su alcune aritmieche pur suscitando allarmismo nelsoggetto, di per sé stesse sono deltutto benigne: le extrasistoli. Si parladi extrasistolia quando il ritmo delbattito cardiaco appare irregolare inquanto un primo battito è anticipatorispetto a quanto atteso, seguito daun battito ritardato per la presenzadi una pausa, chiamata compensato-ria (Fig. 1). Possono originarsi siadagli atri, in questo caso si parla diextrasistoli sopraventricolari, o daiventricoli, chiamate quindi extrasi-stoli ventricolari. Possono essere iso-late, pochi battiti ectopici nel giro diun’ora o di un giorno; possono es-sere frequenti e assumere un certoritmo, ad esempio nel bigeminismoextrasistolico ove ad un battito re-golare segue un battito extrasisto-lico. Talora le extrasistoli si presen-

tano in successione di due battiti, siparla allora di coppia, di tre battiti insuccessione allora si parla di tri-pletta. Se il numero di battiti extra-sistolici in successione sono supe-riori a 10 si parla di tachicardiasopraventricolare o ventricolare inrelazione alla loro origine atriale oventricolare. Extrasistoli atriali iso-late o poco numerose sono di fre-quente riscontro nei soggetti sani eraramente causano disturbi avverti-bili. Sono per lo più stimolate dal-l’abuso di alcune bevande quali il the,caffè, coca cola ricca di caffeina, fumodi sigarette, ma anche di alcuni far-maci per la cura del raffreddore oantiasmatici. Solo in presenza di unacardiopatia sottostante (valvulopa-tia, miocardiopatia senile ecc) pos-sono essere preludio di aritmie mag-giori quali il flutter e la fibrillazioneatriale. Anche le extrasistoli di origine ven-tricolare sono relativamente fre-quenti nel soggetto del tutto sano, intal caso non causano altri disturbi diun qualche rilievo e sono del tuttoinnocue. In pazienti particolarmenteansiosi possono creare uno stato diallarmismo ingiustificato, tale dasuggerire una qualche terapia rivoltapiù a correggere la situazione psico-logica di base che non l’aritmia

FIGURA 1 Si parla diextrasistolia quandoil ritmo del battitocardiaco appareirregolare in quantoun primo battito èanticipato rispetto aquanto atteso,seguito da unbattito ritardato perla presenza di unapausa, chiamatacompensatoria

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stessa. Possono presentarsi anche inquesto caso a seguito di abuso di so-stanze stimolanti ricche di caffeina, aseguito di assunzione di alcuni far-maci, come nel caso delle sopraven-tricolari. L’extrasistole nella maggioranza deicasi è avvertita come un battito man-cante seguito da una pulsazione piùintensa, avvertita soprattutto allabase del collo anteriormente. L’ex-trasistolia ventricolare se frequentecome cadenza oraria, se complessacome morfologia, come nel caso dibattiti ectopici che nascono da puntidiversi del miocardio, se ripetitiva(coppie, triplette, ecc.), se comparesoprattutto sotto sforzo, può essereespressione di una patologia sotto-stante a carico del miocardio, chenon sempre è nota o immediata-mente evidente. Non sempre lo stabilire la severità diuna extrasistolia è compito facile,soprattutto se osservata in un gio-vane, magari sportivo, senza prece-denti per una patologia cardiaca, edapparentemente sano. In questi casiè d’obbligo un approfondimento dia-gnostico mediante un Elettrocardio-gramma (ECG) a riposo e da sforzo,che potrebbe già indirizzare versouna eventuale patologia miocardica.Indispensabile è la registrazione di

un ECG dinamico (Holter) dialmeno di 24 ore.

Con questoesame

si potrà meglio valutare nel corsodella giornata lavorativa di un sog-getto sia l’incidenza dell’aritmia (nu-mero delle extrasistoli nelle 24 ore),la comparsa o riduzione in relazioneall’attività lavorativa o ludica svolta.Molto utile analizzare l’aspetto mor-fologico: se l’extrasistole nasce dalventricolo sinistro o dal ventricolodestro, se tutte hanno la medesimamorfologia (monotopiche) oppuremorfologie diverse (politopiche); sesono singole o in breve successione(coppie-triplette-salve di tachicardiaventricolare non sostenuta). Giàquesta analisi permette una valuta-zione della pericolosità dell’aritmia.Indispensabile l’esame Ecocardio-grafico (ECOCG) che potrebbe met-tere in luce alterazioni del miocardiodi cui altrimenti non si avrebbe co-noscenza. Molte miocardiopatiequali l’ischemica, l’ipertrofia, la dila-tata, il ventricolo destro aritmogenoed altre, nella fase iniziale potreb-bero passare inosservate senza unaanalisi approfondita della strutturaanatomica e funzionale del cuore emediante ECOCG. La presenza di extrasistoli di parti-colare morfologia e complessità po-trebbe essere un primo segnale dellapossibile presenza di tali cardiopatie.In casi selezionati saranno necessariesami più sofisticati quali la riso-nanza magnetica nucleare. Comedetto la prognosi dell’aritmia extra-sistolica sia sopraventricolare cheventricolare in soggetti apparente-mente sani è del tutto benigna. Qua-lora il sintomo sia mal sopportato

soggettivamente o è associato adaltri disturbi è indispensabilecontattare il proprio medico cu-rante che valuterà la necessitàdi un approfondimento cardio-logico. È comunque sempreutile anche nel caso di unabanale extrasistolia isolataastenersi da sostanze, abi-tudini e comportamentiche possono favorirne l’in-sorgenza.Dott. Gaetano Bianchi

Non sempre lo stabilire la severità di una

extrasistolia è compitofacile, soprattutto se

osservata in un giovane,magari sportivo, senza

precedenti per unapatologia cardiaca, ed

apparentemente sano. Inquesti casi è d’obbligo un

approfondimentodiagnostico mediante un

Elettrocardiogramma(ECG) a riposo e da

sforzo, che potrebbe giàindirizzare verso

una eventuale patologia miocardica

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Le vacanze Natalizie sonoun’ottima occasione perprendersi una pausa dal la-voro e dallo stress quoti-diano e riattivare le energie

fisiche e mentali. Purtroppo, quasisempre, durante le feste, oltre a ri-posarsi e a trascorrere momenti pia-cevoli con amici e parenti, ci si lasciaandare a banchetti pantagruelici enon si perde nessuna opportunitàper bere e per mangiare. Il risultatoè quello di tornare al lavoro intossi-cati dal troppo cibo e dai troppi brin-disi, in pessima forma fisica.

Ritrovare il ritmo giusto Le cattive abitudini alimentari pos-sono influire sull’efficienza fisica ementale e al ritorno dalle feste puo’essere davvero faticoso riprenderel’attività lavorativa. Mangiare malepuò influire negativamente sulla con-

centrazione, la prontezza di riflessi ela memoria, indispensabili per dare ilmeglio di se professionalmente.È necessario fare uno sforzo per ri-trovare il giusto ritmo, grazie allagiusta dieta.

GLI ERRORI DA EVITARELa giornata tipo di un lavoratore co-mincia, in genere, con un caffè o uncappuccino consumati in piedi e difretta, accompagnati da una briocheso da qualche biscotto. Qualcuno, perla fretta, salta addirittura la cola-zione o la riduce al solo caffè. Du-rante la mattinata, il lavoratore ri-pete il rito del caffè almeno unavolta, tanto per tirare su le energiementali che già iniziano ad essere incalo. Per il pranzo c’è sempre pocotempo, c’è addirittura chi lo salta earriva quasi digiuno fino a cena. An-che chi mangia in mensa, alla tavola

Tornare in forma

dopo le feste

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calda o fredda o al bar, è guidatodalla fretta che porta a scegliere ali-menti molto conditi, panini con salsegrasse e dessert, che soddisfano inpoco tempo la fame con il loro con-centrato di calorie. Pochi riescono aconsumare frutta e verdura a pranzo.Subito dopo pranzo, ancora un caffè,magari uno spuntino nel pomeriggioo qualche cioccolatino o qualche bi-scotto offerto da una collega d’ufficioe poi un altro caffè per arrivare allafine della giornata. Sembra che senza caffè non si possaaffrontare la giornata lavorativa. Lemacchinette per il caffè abbondanonei luoghi di lavoro ma troppa caf-feina rende irritabili, frettolosi e ner-vosi. Imparare a prendere il caffè almomento giusto serve a sfruttarne lecapacità stimolanti senza dovernesopportare le conseguenze negative.Sono proprio le abitudini alimentarisbagliate che rendono meno efficientie diminuiscono le performance pro-fessionali. Saltare i pasti fa abbassare il livellodi zucchero nel sangue e conse-guentemente, l’attenzione e la capa-cità di elaborare le informazioni.Spesso i lavoratori non hanno tempodi mangiare e spesso i distributoriautomatici presenti nelle aziende of-frono malsani spuntini. Bassi livellidi ferro nel sangue possono portare,debolezza, lentezza e mancanza dicoordinamento e l’ipoglicemia chepuò verificarsi quando si salta un pa-sto diminuisce l’ attenzione e ral-lenta la velocità dei processi mentali.

PER RIMETTERSI IN FORMAE LAVORARE MEGLIOPer rimettersi in forma e riprendereal meglio l’attività lavorativa, bisognaessere al meglio delle proprie possi-bilità fisiche. Al mattino bisogna sve-gliarsi riposati e, per questo, bisognaevitare di assumere alla sera bevandealcoliche o alimenti troppo grassi otroppo elaborati che potrebbero di-sturbare il sonno. Per dormire benevanno bene gli alimenti ricchi di car-

boidrati complessi come pane, pastae riso integrali, oppure orzo e altricereali con verdure, legumi oppureformaggi poco grassi. Non bisognacenare troppo tardi e non bisognamangiare troppo. Se si riesce a dor-mire bene, al mattino sarà più facilealzarsi 15 minuti prima, per dedicarepiù tempo alla prima colazione e,mangiando leggero e non troppotardi la sera, al mattino ci si sveglieràcon il giusto appetito.

NON SALTARE LA PRIMA COLAZIONEÈ importante mangiare, dopo il pe-riodo di digiuno notturno, perchél’organismo si trova a corto di ener-gia. La colazione deve essere ricca.Latte e yogurt magri forniscono so-prattutto proteine e calcio. Muesli,fiocchi d’avena, fette biscottate inte-grali o pane integrale o di segale,sono ottimi alimenti, ricchi di fibre ezuccheri complessi che rilascianoenergia poco alla volta, permettendodi rimanere efficienti per tutta lamattina. Frutta, miele o marmellata,forniscono zuccheri semplici chesono, invece, subito utilizzati dal-l’organismo, e aiutano a sentirsi piùsvegli.Se proprio non si riesce a fare laprima colazione, appena possibile,nella prima parte della mattina, sidovrà consumare uno spuntino confrutta e alimenti a lento rilascio dicarboidrati, come una barretta di ce-reali oppure fette biscottate o crac-kers integrali.Per chi ha già fatto colazione basta,invece, poco prima del pranzo, unsemplice spuntino, spezza-fame, abase di frutta, per evitare di averetroppo appetito.

IL PRANZOA pranzo è giusto concedersi unapausa, per far riposare il cervello eper rifornirsi di nuove energie. Spo-starsi dalla postazione di lavoro èimportante per diminuire lo stress erilassarsi.Un pasto a base di proteine e verdurepoco condite, come un piatto di bre-

Se si riesce adormire bene, al mattino saràpiù facile alzarsi15 minuti prima,per dedicare piùtempo alla primacolazione e,mangiandoleggero e nontroppo tardi lasera, al mattinoci si sveglieràcon il giustoappetito.

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saola con la rucola oppure una bi-stecca o un petto di pollo con ver-dura crude o cotte , aiuta ad evitarela tendenza alla sonnolenza del postpranzo e aiuta ad evitare le carenzedi ferro.L’attenzione e la memoria possonoessere stimolate dalla colina di cuisono molto ricche le uova, in parti-colare il tuorlo, e la soia. Anche il pesce è un ottimo alimentoda consumare a pranzo perché, oltread essere ricco di proteine è moltodigeribile e contiene acidi grassidella serie omega 3, costituentidella membrana esterna delle cel-

lule cerebrali.Piccole quantità di frutta

secca, ricca di magnesioche influenza positiva-mente la concentrazione eil tono dell’umore, possonoaggiungersi alle insalate,per un pasto veloce.L’uso di sale iodato, invecedel sale normale, aiuta acombattere la carenza di io-dio, un minerale importanteper il buon funzionamento

della tiroide. Una di-minuzione del-

l’attività dellat i r o i d e

porta a un rallentamento dell’atti-vità fisica e mentale con difficoltà diconcentrazione e depressione

IL POMERIGGIOIl pomeriggio è il momento peggioreper la stanchezza e le crisi di sonno.È questo il momento più adatto alcaffè o al tè che contengono sostanzeche agiscono sul sistema nervosocentrale, stimolando la vigilanza el’attenzione, migliorando l’efficienzafisica e mentale. Per spezzare la famee non arrivare troppo affamati a cenaè utile fare uno spuntino leggero abase di frutta o yogurt, evitando idolci che fanno aumentare la sonno-lenza.

PER CHI HA TEMPOSOLO PER UN PANINOChi riesce solo a mangiare un pa-nino a pranzo, deve evitare con curale farciture e le salse grasse. Vannoevitati anche i panini con formaggigrassi e salumi. Meglio scegliere ilpane integrale o di soia con insalatao verdure grigliate e alimenti pro-teici poco grassi come: roast-beef,bresaola, prosciutto crudo magro,gamberetti o tonno al naturale.In alternativa al panino, chi ha pro-prio fretta, piuttosto che saltare ilpasto, può scegliere un pasto sosti-tutivo tipo barrette. L’industria offrealternative dolci e salate in diversisapori con un valore calorico com-preso tra circa 200 e poco più di 300kcalorie per porzione in cui sonopresenti i principali nutrienti (pro-teine, grassi e zuccheri), più le fibreche aiutano a sentirsi sazi.

RICORDARSI DI BEREA volte, presi dalle attività lavora-tive, capita di non bere per quasitutta la giornata. L’acqua è impor-tantissima per l’organismo e nor-malmente bisognerebbe consumarnecirca due litri al giorno. La disidra-tazione, anche leggera, può avere uneffetto negativo per le prestazionimentali.

Cristina Grande

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Il rapporto tra i bambini e la sa-lute è una questione delicata, malo è anche la sfera di disturbi del-l’apprendimento della quale sioccupa.

I BAMBINI HANNO DIFFICOLTÀ

A COMPRENDERE

LA NATURA DEI LORO DISTURBI?

Alcuni dei pazienti che seguo sonomandati dai reparti di pediatria, altridalla scuola e altri hanno disturbineurologici associati a DSA come ibambini neurofibromatosi: una ma-lattia che genera nel corpo una seriedi tumori benigni, ma che all’inizio simanifesta con macchie sull’epider-mide e con disturbi dell’attenzione e

SINCERITÀ E VERITÀNELLA RELAZIONE

CON IL PAZIENTE

Come comunicare con bambini e adolescenti malati

Affrontiamo l’argomento con la dottoressa Simona Masneri Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentalepresso la Neuropsichiatria Infantile degli Spedali CiviliDi Brescia

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iperattività e disturbi dell’apprendi-mento.Ricordo un bambino che sapeva pocodella malattia che lo aveva colpito,aveva le macchie caffelatte, non an-cora patologia tumorale ma era statosegnalato per i disturbi dell’appren-dimento e l’iperattività fisica. Questedifficoltà influenzavano molto la re-lazione con i compagni e con i coeta-nei, con cui aveva rapporti conflit-tuali che sfociavano in emarginazionee isolamento.Abbiamo scritto insieme una fiaba ilcui protagonista era Buddy: un coni-glietto. Ogni volta il bimbo cambiavail finale e così pian piano riuscivamoa far emergere il suo disagio e le rea-zioni che l’ambiente circostante avevasu di lui. All’inizio Buddy era arrab-biato e uccideva tutti, alla fine salvavaaddirittura la sua migliore amica, fi-glia del cattivo che lo aveva sempreisolato. Dopo questo gesto Buddy eraamato da tutti e perdonava tutti.Scrivere è stato importate, la riela-borazione della malattia passava at-traverso l’ascolto del suo vissuto.

COME È STATO POSSIBILE GUIDARLO?Ho fatto finta di essere una co-scrit-trice e gradatamente, proponendo al-cune soluzioni, inserivo temi comel’accettazione dell’altro, la conside-razione del punto di vista dell’altro,l’importanza di comportamenti pro-attivi (farsi conoscere e non aspettareche gli altri vengano a conoscere te).

COME SI POSSONO MOTIVARE I RAGAZZI

A SEGUIRE UNA TERAPIA?Questo è un altro dei nostri compitied è particolarmente necessario sianei casi in cui la malattia, (degenera-tiva che può portare a conseguenzemolto importanti e debilitanti), non èevidente e non provoca dolore (ad es.il Lupus), sia quando si lega a pato-logie diverse come la fibromialgiaper la quale esiste il rischio che i ra-gazzi decidano di “spegnersi”, di nonvivere più e come prima cosa non vo-gliono più andare a scuola o relazio-narsi con gli altri.P

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SIMONA MASNERIPsicologa e Psicoterapeuta CognitivoComportamentale Neuro-PsichiatriaInfantile - Spedali Civili Di Brescia.

Quale il panorama entro il quale hamaturato la sua esperienza? «Nasco come psicologa clinica e sonosempre stata interessata alle tangenzetra psicologia e medicina. Ho semprecoltivato la psicologia medica e per lamia tesi ho studiato gli effetti psicologicinel pre-trampianto per i malati di cuorecercando di capire quali fossero glielementi traumatici. Dalla ricercaemerse che non erano quelli legati allefasi chirurigiche, bensì quelle dell’attesadella “telefonata”.In seguito ho svolto un tirocino in cui mioccupavo di seguire donne concarcinoma al seno in attesa diintervento. Al termine del mio percorsoformativo ho seguito privatamenteragazzi e bambini malati. Con i bambinilavoravo anche come consulentescolastica, mentre frequentavo la scuoladi specializzazione.In seguito sono arrivate le esperienzesvolte per una Fondazione che sioccupava di assistenza domiciliareintegrata. Mi occupavo di seguire imalati terminali a casa. Il mio compitoera quello di ascoltarli e spesso di fareda “Caronte” traghettando ai famigliarimessaggi che altrimenti non sarebberoriusciti a portare. Esiste infatti unfenomeno che si verifica negli adulti,spesso appunto tra famigliari,denominato collisione del silenzio: tuttisanno e nessuno affronta l’argomento.È un fenomeno diffuso che è stato alcentro della bioetica medica e che ci haportato a riflettere sul consensoinformato, anche da parte dei bambini.Dopo queste esperienze oggi sonoPsicologa e Psicoterapeuta CognitivoComportamentale agli Spedali Civili diBrescia per il reparto di neuropsichiatriainfantile. Mi occupo di patologiepsichiatriche negli adolescenti inparticolare nel polo territoriale diGardone Val Trompia (dato significativocirca 100 pazienti in 4 anni) e mi occupoanche di disturbi dell’apprendimento».

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In altri casi, ad esempio con i ragazziaffetti da spina bifida che devono ge-stire problemi funzionali alla vescicain età adolescenziale, è importanteaccompagnare i malati perché rie-scano a vivere la loro vita e andareavanti, incontrando amici e strin-gendo comunque relazioni. È possi-bile motivarli ascoltando le loro emo-zioni, che sono il motore delle nostreazioni (se provo rabbia e il farmaco èun ostacolo alla visione di me comepersona “sana” non assumerò il far-maco ), analizzando insieme il lorostile di attribuzione dell’evento (nonho sintomi, sto bene, i medici esage-rano) e quindi capire se e quanto ilmodo di affrontare la malattia è fun-zionale. Valutare i pro e i contro delledecisioni prese autonomamente edelle strategie alternative su cui la-vorare insieme. L’obiettivo è il mi-glioramento della situazione anchese richiederà sforzo.

QUALE IL SUO COMPITO?Per bambini con disturbi dell’ap-prendimento o disturbi psichiatrici,ma anche per quelli ammalati dalpunto di vista fisico, è importante co-minciare la relazione spiegando loroquanto sta accadendo e farlo par-tendo dalla loro esperienza. Dialogoe relazione sono le parole chiave, maper molto tempo non è stato così. Labioetica che riguarda i bambini è natain tempi recenti. I primi studi si re-gistrano negli anni ‘70 negli USA adopera di Andrè Hellegers presso ilKennedy Institute. Oggi in Italia for-tunatamente esiste davvero una cul-tura della bioetica anche in campopediatrico.

COSA INTENDIAMO PER BIOETICA

ORIENTATA AI BAMBINI?Per capirlo dobbiamo ricordare untriste episodio. Proprio negli ani ‘70negli USA una famiglia rifiutò un in-tervento chirurgico ad un figlio soloperché era down. Naturalmente nonera stato chiesto al piccolo se si sen-tisse di affrontare l’operazione. Ilbimbo morì e ci si pose il problema di

come invece avesse avuto diritto allasalute, anche se era piccolo e con unritardo fisico e mentaleDa quel momento molti studi furonoeffettuati e vi fu l’intervento di moltiesperti: finalmente prese forma l’ideache anche per i bambini si potesseparlare di consenso informato.

COME COMUNICARE UNA DIAGNOSI

AI BAMBINI?Il bambino ha modalità di relazionediversa dall’adulto e ha anche abilitàcognitive differenti, ma è comunquepossibile comunicargli, e fargli com-prendere, il percorso medico e psico-logico che dovrà affrontare. Davveroanche per i più piccoli si può parlaredi consenso informato. La comunica-zione può essere efficace puntandosulla relazione, un canale moltoaperto nei bambini e negli adole-scenti. Avere una buona relazione conil bambino o con l’adolescente è fon-damentale. In questa fascia d’età i ra-gazzi sanno cogliere delle informa-zioni attraverso la comunicazioneverbale e nella lettura degli atteg-giamenti degli adulti. LA RELA-ZIONE conta nel bene e nel male:una piccola bugia o una incertezza oimbarazzo o reticenza possono incri-nare la relazione di fiducia tra cu-rante e bambino.Altro focus importante è l’ascolto, sucui poi costruire la comunicazionepartendo dall’esperienza quotidiana,da quanto un bambino sa o intuisce,inserendosi per spiegare la diagnosi ela prognosi.

È UN ATTEGGIAMENTO DIFFUSO?Per buona parte sì, ma talvolta sentoancora tra i colleghi un atteggia-mento protettivo e garantista perchéè difficile essere chiari e sinceri.Quando capita, però, chiedo lorocome si sentirebbero se ad un certopunto fossero trasferiti in un luogosconosciuto e tutti, seppur moltogentili e sorridenti, cominciassero afargli delle analisi mediche o dei test.Il sorriso e la gentilezza non bastano,i bambini e gli adolescenti hanno bi-

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sogno di capire e il nostro compito èconsentire loro di poterlo fare.Sin-cerità e verità sono parole chiave.

COME DIRE LORO LA VERITÀ? SI DICE TUTTO?Un bellissimo testo sulla gestionedella malattia terminale nei bambini“Il tempo fra le braccia della dotto-ressa Soukes” (il titolo è preso da unafrase scritta da una bimba) viene spie-gato bene l’errore che facciamoquando non diciamo ai bambini laverità sulla malattia pensando di di-fenderli. Comportandoci così com-piamo un errore perché se nessunone parla, i bambini non possono par-lare delle loro paure e del loro disa-gio. Quindi è utile dire quello che unbambino può comprendere attra-verso canali più semplici per lui,(ildisegno, la metafora magari utiliz-zando i personaggi dei cartoni ani-mati che lui conosce, sfruttando ilpensiero magico) che esiste una causa(malattia) che giustifica gli esamistrumentali e le cure che seguiranno.

QUALI LE CRITICITÀ NELLA COMUNICAZIONE?In ospedale lavoro con alcune tiroci-nanti che mi chiedono come sia sot-toporre i bambini a prove d’intelli-genza, di lettura, di scrittura. Aqueste giovani colleghe rispondo cheè utile cominciare a chiedere qual-cosa relativo alla scuola e poi spiegareai bimbi che questi giochi (test) sifanno per capire se hanno un cer-vello dispettoso che rallenta la let-tura, confonde le parole, i segni,rende impossibile capire le tabelline,fa dimenticare la grammatica ec. Èsempre necessario partire da un con-testo in cui si possano riconoscere eaccettare.

ACCOGLIENZA, ASCOLTO, ACCOMPAGNAMENTO

SONO PAROLE CHIAVE?Certamente, inoltre per comunicarebene al bambino quello che si sta fa-cendo, sia dal punto di vista clinicoche psicologico, è fondamentale la re-lazione. Immaginiamo il contesto diun consulto medio: il bambino arriva

BAMBINO E SALUTEUNA QUESTIONEDELICATAI consigli della psicologa: «Mai mentire e non minimizzare la paura».

Inostri figli spesso sono intimoritidall’idea, anche semplice per noiadulti, di trovarsi faccia a faccia con

un medico pediatra, dentista o altrospecialista; spesso scatta in loro il rifiuto.I suggerimenti degli esperti, emersianche da un recente sondaggio a curadella dottoressa Stefania Andreolidell’Associazione Alice Onlus psicologa epsicoterapeuta consulente di FattoreFamiglia, denunciano come la primapaura dei più piccoli sia ancora legata altimore per le punture 38,69%, mentresolo il 9,49% ha paura di andare daldottore e l’8,4% dal dentista,sorprendente che il 16,79% abbiaqualche timore ad assumere medicine.I consigli utili per aiutare i bambini:

1.Capire quali sono le nostre paure edevitare di trasmetterle ai piccoli;

2. Non minimizzare perché si rischia difarli sentire inadeguati. Bisogna invecedare il giusto peso alle loro richieste dirassicurazioni.

3. Non mentire, trovare le parole giustea seconda dell’età affrontando insieme aloro la paura.

4. Spiegare al bambino cosa farà ilmedico che lo sta per visitare.

5. Parlare in modo semplice, senzaconfonderlo.

6. A volte è utile, dicono ancora gliesperti, fare le prove a casa magari conun peluche

7. È fondamentale che si instauri unrapporto di fiducia tra pediatra ebambino, che vi sia un coinvolgimentoanche da parte del medico di quanto staaccadendo durante la visita.

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e sa che andrà dal dottore, anche unadulto sarebbe preoccupato. È im-portante spiegargli che però non cisaranno analisi invasive o dolori. Aquesto punto si rompe il ghiaccio conuna chiacchierata generica, ponendodomande alle quali saprà rispondere(abbassando quindi il livello distress), magari parlando di calcio, poisarà possibile cominciare a fare iprimi passi. Dobbiamo instaurareuna relazione con i piccoli e anchecon i grandi, ascoltare quello chehanno da dirci, cercare di capire cosamanca loro per capire la situazione eguidarli verso una condizione mi-gliore.

COME CAMBIANO LE RELAZIONI IN FAMIGLIA

DOPO UNA DIAGNOSI?Spesso uno dei due genitori si sentein colpa (non dimentichiamo che ipiccoli dsa spesso hanno un genitorecon queste caratteristiche), si rico-nosce nel bambino e cerca di norma-lizzare, di sminuire, ma così facendopuò rischiare di non partecipare alpercorso. È dunque opportuno lavo-rare anche su di loro e renderli otti-misti nelle fasi di miglioramento.Altri genitori sono più protettivi, secon loro si lavora molto sul coinvol-gimento scatta la fiducia e si possonoottenere buoni risultati.

COME REAGISCONO I FRATELLI?Nella malattia psichiatrica o nell’han-dicapp spesso i fratelli sono messi daparte, alcuni di loro sviluppano rabbiaaltri sensi di colpa perché si sentonopiù fortunati.Talvolta accompagnano il fratellomalato e si fermano per una chiac-chierata: è un momento importanteperché mi danno l’idea dell’impattoche la diagnosi ha avuto su di loro esi può agire di conseguenza.In generale dopo una diagnosi all’in-terno di una famiglia ci si fa do-mande, a volte accuse, è necessarioabbassare i toni e procedere in questanuova realtà, cercare di non allonta-narsi, di non spaventarsi.

Clelia Epis

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Uffa che rabbia edizioniErickson live. SimonaMasneri ha scritto que-sto libro in un’occasioneparticolare: “Quando la-

voravo presso la Nostra Famiglia diBosisio Parini seguivo un bambino di8 anni che aveva messo a ferro efuoco la scuola, aveva distrutto unavetrata con delle sedie e ferito unamaestra. Era stato ricoverato e poimi era stato affidato. Nei primi dueincontri si mise in un angolo e non siavvicinò mai a me. Non capiva chifossi e neanche perché dovesse starecon me. In quelle occasioni parlai io,raccontai chi fossi, e al terzo incon-tro dopo avermi “inquadrata” accettòdi cominciare e discutere faccia a fac-cia.A quel punto mi disse che si era com-portato in quel modo perché eramolto arrabbiato, ma non sapeva dadove venisse questa rabbia. Pocodopo arrivò l’estate, sentivo di doverfare qualcosa per lui, e scrissi unastoria da proporgli al rientro. Così

nacque questo testo“.

QUALI LE REGOLE PER SCRIVERE RACCONTI

DI QUESTO TIPO?Per i bambini sono necessari dei mo-delli, la scrittura deve essere perso-nalizzata in base al modello piùadatto a loro. Nella comunicazionecon i piccoli interviene il loro stile, laloro capacità di affrontare una situa-zione, dalla loro personalità.I Master model sono i modelli allaTopolino: buoni, perfetti, ma dicia-mocelo anche molto antipatici!I coping model sono quei perso-naggi, che troviamo spesso nei car-toni animati, che prima erano comeil bimbo problematico e poi sono di-ventati migliori grazie ad un per-corso.In Uffa che rabbia Furio è un bimbofurioso e con il piccolo paziente ab-biamo cominciato a leggere la suastoria. Ad un certo punto mi ha dettoche non voleva più leggerlo con me,perché ero buona e lui era buono conme, e che voleva proseguire con i ge-

Scrivere per e con i bambini

La scrittura rendegestibile le cose ed èmolto utile anche per ipazienti. A volte dopoaver scritto, odisegnato, un bambinodice che se è riuscito arapppresentare ciò chegli faceva paura alloraquesto non dovevaessere tanto terribile.

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nitori che spesso si arrabbiavano conlui. A quel punto ha cominciato araccontare anche eventi famigliariche nessuno conosceva. La famigliasi impegnò molto e grazie alla storiainiziò un percorso molto intenso epian piano positivo.

QUALI GLI STILI DEI BAMBINI?Ci sono i bambini con strategie di co-ping (capacità di corteggiamentodelle situazioni) blunter e i monito-ring. I blunter vogliono sapere ilmeno possibile. Preferiscono il pen-siero magico rispetto a quello chesuccede. Una cosa arriva e allo stessomodo può passare. I monitoring de-vono avere il controllo su tutto, de-vono sapere, essere certi che unadulto non dica bugie. Ricordiamociche per i bimbi un’esitazione corri-sponde ad una bugia. È necessariosempre essere chiari e limpidi conloro. Sono bimbi propensi a cercareil perché delle cose dentro di loro,possono sembrare dei piccoli adultima è importante ricordarsi che sonobimbi.Quando si hanno bambini monito-ring ed è prevista una terapia, non sipossono attuare strategie di distra-zione, per loro sarebbe fonte di ansia,è necessario dare loro dei suggeri-menti e strumenti per essere attivisul dolore, per gestirsi al meglio, adesempio nella respirazione.Per i blunter vanno bene il rilassa-mento, l’immaginazione, le fonti didistrazione. Molto dipende dalla personalità: c’èchi è più portato ad internalizzare (acercare cause interne), chi ad ester-nalizzare.

COSA FARE?Per i bambini sono importanti lachiarezza, i punti di vista concreti, lasincerità.Per gli adolescenti invece è oppor-tuno adottare uno stile di comunica-zione schietto, onesto, non pomposo.A volte si usa un linguaggio duro,quasi crudele, perché è lo stesso cheloro utilizzano. Usare una maschera

con l’adolescente è controproducenteperché il ragazzo capisce che non siè interessati a lui e dunque non si in-teressa a te. L’importante, sia per bambini cheper adolescenti, è proprio riuscire atrasmettere il nostro interesse au-tentico per quello che sono.

SCRIVONO SOLO I MEDICI O

ANCHE I PAZIENTI E I GENITORI?La scrittura rende gestibile le coseed è molto utile anche per i pazienti.A volte dopo aver scritto, o dise-gnato, un bambino dice che se è riu-scito a rapppresentare ciò che gli fa-ceva paura allora questo non dovevaessere tanto terribile.Gli adulti cercano le parole giustenei libri, difficilmente scrivono inprima persona.Gli adolescenti invece organizzano leloro parole in quelle degli altri: i can-tanti. Ricordo di un ragazzo moltodifficile con il quale ho sviluppatouna terapia basata sulle canzoni.Ogni settimana me ne portava unadiversa e attraverso questa scelta ri-verberava quello che aveva dentro.Dai testi delle canzoni siamo poi pas-sati ad un film: Will Hunting perchécome il protagonista si era innamo-rato e non sapeva come dirlo alla suaamata. La sua storia poi si risolsepositivamene e per salutarlo gli pre-parai un cd con tutte le canzoni,come ultima a sorpresa scelsi Sognaragazzo sogna di Vecchioni. Mi salutòcon una parolaccia commossa viasms. Dopo due anni mi chiamò per-ché la sua nonna stava male. Quandosi entra nel canale educativo di unadolescente gli si dà lo strumentoper capirsi. Se lo si è rispettato gli siè insegnato a rispettarsi.Il terapeuta deve mettersi in una po-sizione di accettazione non giudi-cante, meno facile è per il genitore,ma fondamentale è cercare sempre diessere un modello adulto positivo,un modello sociale positivo, la guidaper poter crescere padroni della pro-pria vita.

C. E.

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COME GESTIRSI NELLA RELAZIONE

CON IL MALATO?Ricordo la storia di una ragazza concordoma celebrale. Tendeva adesternalizzare tutto. A 15 anni de-scriveva ancora il suo male con si-militudini che avevamo usato con leiquando ne aveva 7, non aveva maivoluto andare oltre, non ho mai sa-puto se avesse compreso che il suoera un tumore. Si limitava all’espe-rienza. Il mio compito era quello diaccompagnarla perché riuscisse aterminare gli ultimi due anni discuola superiore. Da troppo tempo ildolore la inchiodava al divano. Èstato un percorso duro ed era diffi-cile riportarla esausta a casa dopo lascuola, molte volte mi sono chiestase fosse giusto. Ogni volta in cui in-serivamo una tecnica per gestire me-glio il dolore era una lotta, poi ac-cettava, almeno un po’. Prima dimorire a 19 anni, quasi cieca e sorda,mi ringraziò perché il diploma erastato per lei il traguardo più impor-tante.

COME SI RIELABORA IL DISTACCO DOPO LA

MORTE DI UN BAMBINO?Quando scompare un bambino emo-tivamente si sente il dolore a più li-velli: prima quello dei genitori e poi ilproprio. È stato importante rifletterea lungo su cosa voglia dire la vita o lamorte per me. Per svolgere questolavoro devo sempre averlo moltochiaro. All’inizio mi chiedevo sequello che facevo avesse avuto unsenso, poi mi sono detta che tutto haun senso, che non si può cambiare ilnaturale corso della malattia e deglieventi. Piuttosto possiamo fare il piùpossibile, e il meglio, nel tempo a di-sposizione. Nella nostra vita pos-siamo controllare come viviamo, manon possiamo fare altrettanto sultempo. Ogni volta che muore un bam-bino non bisogna pensare a cosa cimancherà, ma piuttosto a cosa ab-biamo fatto di giusto per lui. È diffi-cile, ma è importante che anche i ge-nitori e coloro che gli hanno volutobene capiscano che la morte non puòcancellare il ricordo, non cambia

Storie, dolori, emozioni...

«È stato importanteriflettere a lungo sucosa voglia dire la vitao la morte per me. Persvolgere questo lavorodevo sempre averlomolto chiaro»

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quello che è stato e a volte è impor-tante ricominciare partendo da quelloche è rimasto uguale invece che re-stare nell’impotenza di quello che lamancanza ha lasciato. È l’unica solu-zione per riuscire ad andare avanti.

COME ACCOMPAGNARE I BIMBI NELLA

RIELABORAZIONE DEL LUTTO?Ricordo quando lavoravo a scuola: inuna classe in poco tempo erano mortela mamma e la zia di due bimbe. Laclasse sentiva il lutto, ma non se neparlava. Con le maestre è stato decisodi intervenire. Ho scritto una storia“Non siamo tutti opossum” (l’opos-sum finge di essere morto per sfuggireai predatori e apparentemente risorgeogni volta) cercando di raccontare aibambini come e perché le personemuoiono e come si rielabora la man-canza di qualcuno (rabbia, paura, ecc.).Nel corso della fiaba i protagonisti de-cidevano di osservare le candele, me-tafora delle persone e della loro vita,c’era quella che si consumava tutta epoi si spegneva (morte durante la vec-chiaia), quella che si spegneva con uncolpo di vento (morte in giovinezza

per malattia o incidente), quella che sisporgeva dal candelabro per toccare lepersone e talvolta prendendosi que-sto rischio si spegneva (morte per unavita rischiosa), oltre i limiti. Attra-verso il racconto siamo riusciti a spie-gare loro che la morte non aveva cam-biato la bellezza di quelle donne e diquello che avevano fatto.

COME ACCOMPAGNARE LE FAMIGLIE NELLA

RIELABORAZIONE DEL LUTTO?Dopo una prima fase in cui scatta ilmeccanismo della riprotezione, in cuitutti cercano di starti vicino nel primomese, si passa ad una fase in cui lepersone intorno riprendono la lorovita ed è quello il momento in cuiesce il bisogno, per chi ha vissuto illutto, di parlare ma più il tempo passae non sanno come ricontattarti e si ri-schia di restare soli. Quella è la fase più delicata. Quandosiamo chiamati ad intervenire dob-biamo cercare di capire a che punto ifamigliari si trovano.

QUALI REAZIONI POSSONO SCATTARE?La gestione del lutto è un processo

BIBLIOGRAFIA UTILEOSCAR E LA DAMA ROSAEric Emmauell Schmitt, Bur.Oscar è un bambino di dieci anni. È ma-lato, e i medici non riusciranno a salvarlo.In ospedale riceve le visite di un’anzianasignora, Nonna Rosa, che stringe con luiun formidabile legame d’affetto e lo invitaa fare un gioco: fingere che ogni giornoduri dieci anni, e scrivere ogni giorno unalettera a Dio in cui raccontare le avventuree le esperienze di dieci anni, così come lefantasie e le paure, i rapporti con i genitorie i medici, l’amore per Peggy Blue, unabambina ricoverata nello stesso ospedale.Questo piccolo libro è composto da dodicilettere, dodici giorni in cui si concentra lavita di Oscar, giorni scapestrati e poetici,pieni di personaggi buffi e commoventi.

attraverso una storia, tratta di come ibambini soffrano la mancanza di comuni-cazione da parte dei curanti e dei genitoririspetto alla loro malattia.Un bel libro, per nulla patetico.

UFFA CHE RABBIASimona Masneri, Erickson liveFurio è un bambino altamente infiamma-bile, un candelotto di dinamite pronto aesplodere a ogni minima scintilla. La suarabbia è tale da fargli perdere il controlloe questo gli procura solo guai. Un giornoda una piccola lampada prende vita unoscienziato un po’ strano, che lo accom-pagnerà alla scoperta di che cos’è la rab-bia, dove viene prodotta e comearrabbiarsi in modo sano senza perderepiù il controllo.Un libro sulla rabbia, scritto per bambini,ma da leggere insieme agli adulti: con

mamma e papà, se anche loro hanno dif-ficoltà di gestione della rabbia, con inse-gnanti o con terapeuti.Attraverso le avventure di Furio, clinici,insegnanti, educatori, ma soprattutto ibambini possono comprendere in ma-niera molto semplice cosa accadequando ci si arrabbia o si perde il con-trollo. Furio e i lettori impareranno a indi-viduare quali situazioni innescano larabbia e ad utilizzare delle tecniche, co-gnitive e comportamentali, per arrabbiarsiin modo sano senza perdere il controllo.

ARTICOLIMASNERI, BOLIS - Late neurocognitive effects in childrenand adolescents who have undergone on-cological treatment: a rehabilitation modelJournal of Solid Tumors, Feb. 2013 n°1 vol 3- Late neurocognitive effects in children

Dopo una prima fasein cui scatta

il meccanismo dellariprotezione, in cui

tutti cercano di startivicino nel primo mese,si passa ad una fase incui le persone intorno

riprendono la loro vitaed è quello il momento

in cui esce il bisogno,per chi ha vissuto il

lutto, di parlare...

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complesso che passa attraverso di-versi gradini descritti da E. KublerRoss: la negazione, la rabbia, contrat-tazione o patteggiamento, dispera-zione o depressione, l’accettazione.Passaggi dolorosi, ma necessari. Unlutto diventa problematico quandodopo 6/8 mesi si è ancora in fase dinegazione.Talvolta invece possono scattare deimeccanismi di sintomatologia fisica.Ricordo una ragazza che aveva assi-stito il padre malato per un tumoreallo stomaco. Appena scomparso ilpapà anche lei cominciò ad accusaredisturbi simili. Il mio compito è statoquello di riuscire a farle trasformareil dolore fisico in psicologico e inter-venire. Quando cambiò la denomina-zione del suo malessere passando damal di stomaco a peso sullo stomaco,ammise che si sentiva in colpa pernon aver seguito abbastanza bene ilpadre, aveva subìto uno stress altis-simo da care-giver. Anche a lei comea molti altri serviva una legittima-zione del dolore, una normalizzazionerispetto alla situazione.

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and adolescents who have undergone on-cological treatment: a rehabilitation modelGiornale Italiano di Medicina del Lavoroed Ergonomia. Supplemento di PsicologiaApplicata alla Medicina del Lavoro e dellaRiabilitazione, Supplemento A, PsicologiaVol. 33, N. 1: A37-A40 http://gimle.fsm.it

T. BOLIS, S. MASNERI, S. PUNZI Il caregiver in oncologia: tra ruolo e bisogniGiornale Italiano di Medicina del Lavoroed Ergonomia. Supplemento di PsicologiaApplicata alla Medicina del Lavoro e dellaRiabilitazione, vol XXX, N°3., Supple-mento B lug-set 2008. http://gimle.fsm.it

IL TEMPO TRA LE BRACCIA.L’ESPERIENZA PSICOLOGICADEL BAMBINO AFFETTO DA TUMOREBarbara M. Sourkes, ed. Cortina

“Spero solo di avere ancora tanto tempotra le mie braccia”. Con queste sempliciparole un bambino di quattro anni ci ri-manda alla consapevolezza della fragilitàdella vita umana e nello stesso tempoesprime tutta la saggezza e il coraggiodei piccoli pazienti affetti da una malattiapotenzialmente mortale. Il volume intro-duce all’ascolto dei racconti di questibambini, alle loro conversazioni e all’os-servazione dei loro disegni: l’analisi el’interpretazione del materiale clinicoguida il lettore in un mondo di sfide stra-ordinarie e di eccezionali capacità di re-cupero. Prefazione di Umberto Veronesi.

CARTONI ANIMATIUNA DOTTORESSA DI SUCCESSODottie è una bambina di sei anni. Carina,affettuosa e simpatica. Fin qui tutto nor-

male. Ma ogni volta che gioca con il suostetoscopio si trasforma. Avviene comeuna magia. Diventa una vera e propriadottoressa. I suoi giocattoli prendono vita.Lei riesce a comunicare con orsetti ebambole e può prendersi cura di loro.Così la sua cameretta si trasforma in unapiccola clinica, in cui i suoi piccoli amicipossono essere visitati e curati.La serie americana della Dottoressa Pe-luche ha conquistato i bambini italiani.Grazie alle simpatiche avventure di Dottiee dei suoi pupazzi impariamo a prendercicura di noi stessi e delle persone a cuivogliamo bene.La Dottoressa Peluche va in onda tutti igiorni su Disney Junior alle 17.10. Dottieci ricorda che i dottori non sono dei ne-mici ma dei preziosi alleati per la nostrasalute.

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In occasione del quarantesimo anno di attività del no-stro gruppo, abbiamo programmato una serie di ini-ziative che potessero richiamare l’attenzione dellacomunità, a cui rivolgiamo il nostro impegno sui temidella Donazione. Fra le altre iniziative abbiamo volutosollecitare le Amministrazioni Comunali a riflettere sulloro ruolo e sui loro obblighi morali/legislativi, in ma-teria appunto di Donazione, in particolare nel campodell’informazione. Nel mese di Aprile 2013 abbiamopresentato ai Consigli Comunali di Olginate e Valgre-ghentino, la mozione “Una scelta in Comune”, in cui sichiedeva agli stessi di favorire le iscrizioni all’Aido, o alregistro dei Donatori presso l’Asl, al momento del rin-novo della carta d’identità. Le due Amministrazioni,ben pungolate, hanno prima approvato la mozione e

poi collaborato con la nostra associazione attivando unpercorso di conoscenza e preparazione del personaledell’anagrafe, in modo di organizzare al meglio la rac-

«Una scelta in comune»Il progetto con le amministrazioni

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Il giorno 6 ottobre 2013 presso la sala civica “C. Togni” diGussago alla presenza delle autorità comunali nella per-sona del Sindaco Sig. Bruno Marchina e dell’assessorePaola Ricci, della Sig.ra Gianna Bazzana (Consigliere Provinciale Aido) e della Sig.na Antonella Montini asses-sore alla Provincia di Brescia, si sono svolti i festeggiamentiper il 40° di fondazione della sez. Aido di Gussago. Il Presi-dente Piovani Alberto, coadiuvato dai suoi collaborati, hafatto in modo che questa giornata restasse nel cuore di chiha partecipato. Lo speaker Mario Raggi ha sapientementeintrattenuto i presenti portandoli mano mano nel vivodella manifestazione, dando la parola alle autorità presentiche tutte si sono trovate concordi nel rimarcare l’impor-tanza del gesto della donazione. Ma il cuore di questa ma-nifestazione è stata il momento del ricordo dei nostri 10donatori che con il loro Impegno e Dono hanno fatto siche altre persone potessero vivere una vita migliore. Ai fa-migliari presenti è stata data loro una targa in ricordo re-cante la scritta ” Ringraziando per il gesto d’amore”. Ilpresidente Piovani ha ribadito l’impegno suo e del consi-glio di far in modo che altre persone si avvicinino senza ti-more alcuno all’associazione e che gli 800 iscritti crescano.Obiettivo per l’Aido di Gussago è avvicinare più possibile igiovani, attraverso la scuola e eventi mirati per loro. Sono

state anche consegnate delle pergamene ai consiglieri: DePeri Iosemilly, Rinchetti Carla, Bortolo Colosio, Cav. PalermoSalvatore e Sisti Bruno (Fondatore a suo tempo delgruppo). Alla fine della cerimonia in sala civica il corteo coni labari delle associazioni presenti sul territorio di Gussago,il Gonfalone del Comune e i labari dei gruppi Aido dellaprovincia di Brescia si sono recati a rendere omaggio almonumento dedicato ai caduti della Guerra, e poi in chiesaper la celebrazione della Santa Messa, con la consegnadella rosa ad ogni famigliare dei donatori. Per mantenerefede al discorso di avvicinare i giovani al tema della dona-zione organi il 26 Ottobre in collaborazione con la scuolaMedia A Venturelli abbiamo tenuto un dibattito con glialunni sul tema della donazione, molto toccante è stata latestimonianza di un trapiantato che ha parlato della suaesperienza, anche alla scuola media è stata data una targaricordo della commemorazione dei 40° di fondazione.

Notizie dalle Sezioni

Il Gruppo Aido di Gussagoha compiuto 40 anni

GUSSAGO (BS)

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non sostituisce la nostra attività di sensibilizzazione,permette di utilizzare una spazio in più dove far arri-vare il nostro messaggio, inoltre ricorda alle istituzionii propri obblighi e indica ai cittadini che il nostro ope-rato è previsto dalla Legge.

colta delle adesioni. (a Olginate abbiamo avuto giocofacile: tutti e tre gli impiegati dell’anagrafe sono iscrittiall’Aido e la Responsabile è anche Consigliera).Con la consegna il 21 ottore 2013 nelle mani del Sin-daco di Olginate Rocco Briganti del materiale infor-mativo e del manifesto da affiggere al muro, èufficialmente aperta la possibilità di iscriversi all’Aidoattraverso lo sportello dell’anagrafe.Le attività previste sono , l’affissione di un quadro,presso l’anagrafe, che segnala a tutti la possibilità diiscriversi al registro dei Donatori o all’ Aido. L’invio atutti i cittadini, unitamente alla lettera che li avvertedella scadenza della Carta di Identità, di un volantinoche l’ informa della possibilità di segnalare la propriavolontà di donare, al momento del rinnovo del docu-mento appunto. L’iscrizione presso gli uffici comunali

Notizie dalle Sezioni

L’inizio è stato scoppiettante! Niente fuochi d’artificio, nonc’era la banda e non c’era neanche la musica con il dj, ma c’èstato il botto con lo spumante! Tanta, tanta allegria ed en-tusiasmo per l’inaugurazione del nuovo “Punto info e iscri-zioni AIDO&ADMO” a Trezzano sul Naviglio, caparbiamentevoluto da un gruppo di giovani, 16 in tutto, capitanati daLaura, supervisor del gruppo e referente AIDO e Vincenzoreferente ADMO. Avevano cominciato qualche mese fa ma, come capitaanche alle missioni spaziali preparate nei minimi particolari,non hanno avuto la possibilità di sviluppare al meglio la lorocreatività e la loro volontà di fare. Nessuno di loro però si èscoraggiato anzi, rimboccate le maniche, risolti i problemi,hanno ribaltato mezzo mondo per ottenere una sedepresso la Casa delle Associazioni, gentilmente concessa dallaProloco, per poter dare una sera fissa alla settimana di aper-tura al pubblico interessato alle iscrizioni o ad avere info sulledonazioni. Il varo è avvenuto, la nave, magari piccola, è par-tita per navigare il mare del Volontariato che alcune voltesarà mosso a forza dieci, ma l’equipaggio e capitano sonodeterminati e preparati. Tutti donatori di sangue e derivati,di organi e di midollo, tutti esperti volontari da anni. Da parte dei presenti, che rappresentavano le Associazionidel dono, è sgorgato dal cuore l’augurio sincero per un fu-turo sereno. Anche da Valerio di AIDO e Veronica di ADMO sono arrivatii complimenti per la lodevole iniziativa nata per pensare eimpegnarsi per la salute delle persone che sono in attesa diun trapianto di organo o midollo. Il Gruppo AIDO di Melzo, che ha portato i saluti di Felice Riva

assente per impegni, e il gruppo AIDO di Magenta, hannosottolineato l’entusiasmo che si respirava e che non dovràmai venire meno. Così come tutti i presenti, amici simpatiz-zanti, donatori, esponenti di altre Associazioni (Proloco, AVIS,il giornale milanese “il Rile” etc) accorsi per portare il loro per-sonale sostegno. Per chi volesse conoscere il neonato gruppo giovaniAIDO&ADMO Trezzano S/N e per chi volesse dare una manopuò scrivere a [email protected] o visitare l’ag-giornatissimo sito www.puntoinfoadmoaido.weebly.com. Laura nella sua presentazione ha confermato che il gruppoè giovane e forte ma che si aspetterà sempre il supporto e iconsigli delle Associazioni, che certamente non manche-ranno. È un gruppo ben amalgamato e determinato, con qualitàessenziali per ottenere i risultati e come se ne vedono dav-vero pochi. Lasciamo quindi che lavorino sereni, senza farmancare loro il supporto ogni volta che lo chiederanno.Prossimo appuntamento la partecipazione il 18 maggio allagiornata delle Associazioni a Trezzano s/N dove saranno pre-senti con il nuovo gazebo colorato con i simboli AIDO eADMO, con il materiale informativo e i gadget. Ma per sa-pere tutti gli eventi basterà seguirli sul loro sito.

Una stupenda serataper un futuro sereno

TREZZANO SUL NAVIGLIO (MI)

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Dopo la morte di unabimba israeliana di 11anni, i genitori hannodeciso di donare gli or-gani. Il suo cuore ha sal-

vato una bimba palestinese e ora nonsono in pochi a leggere il gesto comeun piccolo passo verso la pace. Aveva11 anni e si chiamava Yuval la bam-bina morta la scorsa settimana a se-guito di un incidente stradale. Igenitori non hanno avuto dubbi nelconsentire il prelievo e la donazionedei suoi organi, e grazie a questogesto ben cinque persone potrannocontinuare a vivere. Si tratta di unadonna e quattro bambini tra cui Mi-riam, ragazzina di dieci anni, pale-stinese, in vita grazie al cuore ed aipolmoni donati da una israeliana.Un gesto forse impensabile fino aqualche tempo fa, che apre nuovesperanze e fa sognare.A dare notizia dell’accaduto è il sitoisraeliano Ynet, che sottolinea comeanche questi gesti, apparentementeinsignificanti, contribuiscano nellariappacificazione tra i due popoli,gettando le basi per una pace che, sispera, possa avvenire in tempi celeri,dopo anni e anni di conflitto e ten-sioni. “Un cuore ebreo batte in unabimba araba”, ha dichiarato il padredi Miriam, dopo il trapianto. “Que-sta è la prova che i due popoli pos-sono vivere insieme. E che la pace è

possibile”. “Vorrei ricambiare questodono e riportare in vita Yuval sesolo fosse possibile - ha proseguitol’uomo -. Siamo tristi e siamo inlutto. Porgiamo le nostre condo-glianze alla famiglia di Yuval. Pertutta la vita saremo grati ai suoi ge-nitori che hanno salvato nostra fi-glia”.I genitori di Yuval hanno voluto ri-cordare la loro bambina: “Le parolenon possono descrivere quantoYuval fosse speciale e coraggiosa.Era la figlia che ognuno avrebbe vo-luto. Lei aveva così tanti progetti peril futuro. Ma in un istante sono an-dati in frantumi per sempre”.“I pazienti che hanno ricevuto i suoiorgani aspettavano da tempo un tra-pianto - hanno concluso - .Yuval nonha avuto la possibilità di avere un fu-turo e di realizzare dei sogni. Speroche questa possibilità sia garantita aipazienti che ha aiutato”.Di fronte a fatti di questo tipo nonsi può che essere colpiti e grati versocoloro che hanno la forza di com-piere questi grandi gesti di solida-rietà umana. È da notizie così che sigenera nuova speranza e si raccogliela forza per proseguire gli sforzinella diffusione della cultura delladonazione.(Notizia pubblicata su Articolotre, ri-presa dal sito www.aido.it e rivistadalla redazione di Prevenzione Oggi)

DONAZIONE SENZA CONFINI

Un cuore ebreo batte nel petto

di una bimba arabaLa donazione degli organi

stempera le tensioni tra Palestina e Israele

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