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34 Il Sole 24 Ore DOMENICA - 25 GIUGNO 2017 n. 167 Arte venezia Galleria Cini pezzo per pezzo Il catalogo generale di tutte le opere conservate nel Palazzo di San Vio con saggi dedicati al conte collezionista di Marco Carminati L a Fondazione Giorgio Cini di Ve- nezia (predieduta da Giovanni Bazoli) continua senza sosta a promuovere lo studio del pro- prio patrimonio d’arte attraver- so la pubblicazione di cataloghi ragionati dedicati ai vari nuclei delle raccol- te. Lo scorso anno è uscito il catalogo gene- rale delle miniature collezionate da Vittorio Cini. Ora vede la luce una nuova e oltremodo impegnativa impresa: il catalogo generale dei dipinti, delle sculture e degli oggetti d’ar- te che resero celebri le dimore del conte col- lezionista, dal Palazzo di San Vio a Venezia al Castello di Monselice. Il volume - a cura di Andrea Bacchi e Andrea De Marchi - cataloga una per una tutte le opere oggi conservate nel Palazzo Cini di San Vio, che venne aperto al pubblico nel 1984 grazie al lascito di Yana Cini Alliata di Montereale e al sostegno delle Assicurazioni Generali. Ogni dipinto viene qui dettagliatamente studiato, dalle tavole duecentesche ai maestri del Tre- cento (Taddeo Gaddi, Bernardo Daddi, Gua- riento), dai protagonisti del Quattrocento (Sassetta, Vecchietta, Filippo Lippi, Beato An- gelico, Luca Signorelli, Botticelli e Ghirlanda- io) ai nuclei dei maestri ferraresi (Tura, De Ro- berti, Mazzolino e Dosso) e dei maestri toscani (sui quali spicca lo strepitoso Piero di Cosimo). Federico Zeri (uno dei consulenti di Cini) nel 1984 non esitò ad affermare che quella del conte era «la più importante collezione d’arte fatta in Italia negli ultimi cinquant’anni» e ag- giunse che «la collezione Cini non era solo di quadri, ma era di tutto». Il nuovo catalogo conferma l’assunto zeriano, perché insieme a tanti dipinti nel libro vediamo schedati - con la medesima acribia - le sculture lignee, le ter- racotte, i bassorilievi marmorei, le placchette, le statuette e i cofanetti in avorio. E in questo «tutto» trovano spazio anche gli smalti di Li- moges, i piatti da parata veneziani, gli argenti, le stoffe, le porcellane, le portantine e i mobili d’età rinascimentale e barocca. La rigorosa schedatura di ogni oggetto e la presenza di inediti faranno la gioia degli ad- detti ai lavori. Ma il catalogo della Galleria Cini si rivela anche un libro d’avvicente lettura, so- prattutto grazie ai saggi che introducono e ac- compagnano i vari nuclei di opere, e dai quali emerge, con particolare evidenza, il profilo di Vittorio Cini in veste di superbo collezionista. Il testo introduttivo, redatto da Luca Massi- mo Barbero, traccia la storia della Galleria Cini dopo la morte del conte (1977). La divisione dei tesori d’arte tra gli eredi mise inizialmente a rischio la fruizione pubblica di questi capo- lavori, ma a scongiurare il pericolo soprav- venne la decisione di Yana Cini Alliata di Mon- tereale (1924-1989), figlia del conte, che donò alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia un ri- levante nucleo della collezione paterna, con il vincolo che fosse esposta al pubblico nel Pa- lazzo di San Vio, la residenza veneziana del collezionista affacciata sul Canal Grande. Terminato il suo saggio, Barbero passa il testimone ai singoli esperti di mobili, scultu- re e dipinti. Apre la sequenza un racconto magistrale di Alvar González-Palacios, che tratteggia la figura del conte mettendo in luce le sue predilezioni nel campo delle arti deco- rative. Partendo dal presupposto che nella Galleria di Palazzo Cini a Venezia sia presen- te oggi solo una parte delle vaste collezioni del fondatore, González-Palacios coglie l’oc- casione per tentare una ricostruzione più ampia dell’assetto degli arredi Cini, e in parti- colare di quelli che abbellivano il Castello di Monselice. Lo studioso non ha solo ricompo- ne la consistenza degli arredi originari, ma per alcuni di essi recupera anche le antiche provenienze. Come nel caso dell’acquisto più importante del conte: il tavolo parietale di le- gno intagliato e dorato, «il più bel mobile ve- neziano del Settecento» (oggi in collezione privata). Di questo magniloquente arredo, González-Palacios ha rintracciato l’esatta provenienza attraverso un quadro. Si tratta del Ritratto del doge Paolo Renier, dipinto da Ludovico Gallina nel 1779 e oggi conservato al Castello Sforzesco di Milano. Il quadro mo- stra il doge in piedi accanto a uno sfarzoso ta- volo intagliato e dorato. Aguzzando la vista, ci si rende conto che questo tavolo è lo stesso acquistato da Vittorio Cini. Grazie al dettaglio del quadro, dunque, si può identificare il pri- mo proprietario del sontuosissimo mobile. Analogamente approfondito è il saggio che Marco Campigli ha dedicato al rapporto tra Vittorio Cini e la scultura. E qui, oltre al rac- conto, è possibile godere di belle fotografie d’epoca che immortalano Madonne, angeli e bassorilievi spettacolarmente disseminati nelle stanze del Castello di Monselice, secon- do un gusto e una “messa in scena” giusta- mente paragonati a quelli proposti da Elia Volpi nel Palazzo Davanzati di Firenze. Vittorio Cini collezionista di pittura antica è il titolo dell’ultimo saggio, redatto a quatto mani da Andrea Bacchi e Andrea De Marchi. Da queste pagine, davvero appassionanti, ap- prendiamo il lento formarsi della pinacoteca, che nacque dal fitto dialogo tra Cini e i vari consulenti che si avvicendarono al suo fianco, da Nino Barbantini, a Bernard Berenson, a Fe- derico Zeri. Senza dimenticare il drappello di antiquari che gli garantirono l’afflusso delle opere, da Alessandro Contini Bonacossi a Gualtiero Volterra, da Giovanni Salocchi a Carlo e Marcello Sestieri. Eppure, nonostante l’assistenza continua di questo corteo d’esperti, anche il conte Cini inciampò nelle trappole dei falsi. La scheda 51 del catalogo ne documenta uno: una Croce di- pinta - venduta a Cini come opera della fine del Duecento e come tale considerata da Garri- son, Longhi, Zeri e Natale - è stata “smasche- rata” da un restauro del 2004 e purtroppo non ci sono dubbi che si tratti di un falso del XX se- colo. Un grande amico di Vittorio Cini, il pro- fessor Vittore Branca, raccontava che quando il conte s’imbatteva in un falso artistico mani- festava sempre il suo disappunto verso il fal- sario, sibilando a bassa voce tre semplici pa- role: «fiol d’un can». © RIPRODUZIONE RISERVATA La Galleria di Palazzo Cini. Dipinti, sculture, oggetti d’arte, a cura di Andrea Bacchi e Andrea De Marchi, Marsilio, Venezia, pagg. 492, sip casa museo | Palazzo Cini di San Vio a Venezia, con dipinti, mobili e suppellettili raccolti dal collezionista Vittorio Cini. Palazzo Cini è aperto al pubblico fino al 15 novembre. Info: [email protected] calendart a cura di Marina Mojana _ Aosta Al Museo Archeologico Regionale (P.zza Roncas 12; www.regione.vda.it) fino al 24 settembre Giovanni Segantini e i pittori della montagna. Un percorso nella pittura italiana tra il XIX e il XX secolo che ha per tema il paesaggio alpino, dal simbolismo al divisionismo con oltre 50 opere di artisti contemporanei di Segantini, da Giuseppe Pellizza da Volpedo, a Cesare Maggi, Leonardo Roda, Italo Mus. _ Basilea Presso Ausstellungsraum Klingental (Kasernenstrasse 23; www.ausstellungsraum.ch) da oggi al 9 luglio Making Douala 2007-2017. Mostra itinerante della triennale SUD - Salon Urbain de Douala: ridisegnare lo spazio pubblico nella città di Douala. Illustrati i risultati del Festival SUD di Douala attraverso poster, libri, film e installazioni multimediali. _ Roma Fino al 30 luglio alle Scuderie del Quirinale (Via XXIV Maggio 16; www.scuderiequirinale.it) Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle collezioni reali di Spagna; la selezione di 60 capolavori riflette gli stretti legami politici tra la Corte spagnola e gli Stati italiani e le strategie culturali nel corso del XVII secolo. _ Sabaudia (Roma) Al Museo Emilio Greco (Via Umberto I; tel. 39 0773515791 ) fino al 2 luglio Duilio Cambellotti. La collezione della Galleria del Laocoonte; in mostra sculture, disegni e grafiche di Cambellotti (1876-1960) che fu illustratore, scenografo, costumista, medaglista, ceramista, disegnatore di mobili e frescante. © RIPRODUZIONE RISERVATA incanti&gallerie a cura di Marina Mojana _ Londra Al Royal Hospital Chelsea (www.masterpiecefair.com) dal 29 giugno al 5 luglio VIII edizione di Masterpiece fiera d’arte antica e moderna: 150 galleristi e antiquari da tutto il mondo, tra cui dieci italiani, dalla romana Alessandra di Castro ai milanesi M&L (Luca Gracis & Matteo Lampertico) che propongono il meglio sotto il segno del cross-collecting. _ Milano Da Finarte (Via Brera 8; www.finarte.it) il 29 giugno alle ore 18.30 Asta di beneficenza El ultimo cielo di La Habana Vieja; all’incanto 30 immagini della vecchia città de L’Avana, scattate da Giulio Ceppi, architetto e designer, montate su scatole originali di sigari cubani. Il progetto consentirà a tre giovani designer cubani di partecipare al primo Italia /Cuba Training and Design Exchange tra il Politecnico di Milano e l’Instituto Superior de Diseño di Cuba. _ Parigi Da Sotheby’s in collaborazione con Piasa (76 Rue du Faubourg Saint-Honoré; www.sothebys.com) il 29 giugno va all’asta la Collezione Ginette e Alain Lesieutre, tra i più importanti mercanti d’arte antica del mondo: 250 lotti tra sculture, dipinti e disegni dal 1900 al 1930 stimati circa 3 milioni di euro. _ Venezia Fino al 1 luglio Victoria Miro (San Marco 1994; www.victoria-miro.com) inaugura gli spazi con Poolside magic, personale del nigeriano Chris Ofili, classe 1968, che presenta opere su carta: pastelli, carboncini e acquerelli illustrano il suo immaginario, tra magia e occultismo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Miniature del conte Cini Marco Carminati ha presentato l’11 dicembre 2016 la spettacolare rassegna all’Isola di San Giorgio di Venezia dedicata alla raccolta di Vittorio Cini di libri e frammenti miniati. La mostra è stata realizzata in occasione dell’uscita del Catalogo generale delle miniature Cini www.archiviodomenica.ilsole24ore.com firenze I primi cent’anni del Museo Horne di  Antonio Paolucci I l 17 maggio 1917 un Regio Decreto istituiva in Ente Morale la casa museo che Herbert Percy Horne, con testamento redatto e registra- to l’anno prima, aveva lasciato alla cit- tà di Firenze. Sono passati cento anni da allora, due guerre mondiali, una al- luvione devastante che il 4 novembre 1966 ha provocato gravi danni al patri- monio del museo, trasformazioni ra- dicali hanno interessato la politica e l’amministrazione nella città e nel Pa- ese, eppure il lascito Horne, oggi di- ventato Fondazione, vive ancora in re- lativa buona salute. Abbiamo celebra- to il centenario della sua nascita il 17 maggio scorso e nella occasione abbia- mo ricordato che se oggi il Museo Hor- ne è aperto al pubblico e può offrire, anno dopo anno, iniziative culturali e didattiche di qualità, questo lo dobbia- mo al sostegno dell’Ente Cassa di Ri- sparmio di Firenze e della associazio- ne «Friends of Florence». È bello che la comunità anglofona di Firenze, oggi guidata da Simonetta Brandolini d’Adda, abbia deciso di onorare con generosi finanziamenti la memoria di Horne, un uomo della sua lingua e del- la sua tradizione culturale che ha ama- to Firenze come pochi altri nel secolo. Herbert Percy Horne, nato a Londra nel 1864 e formatosi nel clima estetiz- zante di Morris, di Ruskin, di Dante Ga- briele Rossetti, era architetto, desi- gner, editore, musicologo, storico del- l’arte (la sua monografia su Botticelli del 1908 è ancora oggi un testo fonda- mentale) ma soprattutto era conoscito- re, collezionista e antiquario. C’è stata un’epoca che ha visto ospiti della sua residenza fiorentina di Via de’ Benci Aby Warburg e Bernard Beren- son, Robert Fry e Carlo Gamba, Elia Vol- pi e Stefano Bardini, cioè il meglio della storia dell’arte, della conoisseurship e del mercato di quegli anni. Era un uomo Horne che viveva la conoscenza e il pos- sesso dell’opera d’arte con dedizione assoluta, come una religione dello spi- rito. C’è un dipinto che ce lo fa capire più e meglio di qualsiasi discorso. Non per nulla è stato scelto come emblema del museo. È un dipinto di M. Harris Brown che ritrae Horne all’età di circa cinquant’anni, in abito scuro, di una eleganza negligentemente dandy, che tiene fra le mani come una reliquia una piccola terracotta di Giambologna che oggi è custodita nel museo. Si ha l’im- pressione che le mani dell’uomo inten- dano carpire il segreto dell’artista at- traverso una specie di empatia tattile. Le cose che si amano vanno toccate, ac- carezzate, come sapeva Horne e come sa ogni collezionista di cose antiche. A Firenze, nel 1911, Herbert Horne comprò nel quartiere di Santa Croce, il palazzetto che era stato degli Alberti e che Simone del Pollaiolo detto il Crona- ca, aveva progettato. Horne che era an- che architetto e orgoglioso di questa sua competenza professionale, lavo- randoci ininterrottamente fra il 1912 e il 1914, lo restaurò, lo “reiventò”, lo arre- dò, ne fece la sua residenza immaginata come una esemplare casa signorile fio- rentina del XV secolo. Soprattutto lo riempì di opere d’arte: mobili intarsia- ti, cassoni nuziali dipinti, maioliche di alta epoca, sculture, bronzi e quadri. Horne non aveva moltissimi soldi, era parsimonioso fino a rasentare l’avari- zia ma praticava il mercato e grazie al- l’occhio infallibile del grande conosci- tore, riuscì ad arredare la sua casa con pezzi clamorosi. Basti ricordare, fra gli altri, il Santo Stefano di Giotto, il Masaccio con Sto- ria di San Giuliano, elemento di pre- della del disperso polittico di Santa Maria Maggiore a Firenze, e poi anco- ra opere di Pietro Lorenzetti, di Simo- ne Martini, di Filippo Lippi, di Benoz- zo Gozzoli. I relitti della grande di- spersione del patrimonio artistico italiano avvenuto fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo e finiti nei retro- bottega di antiquari e di raccoglitori, Horne seppe riconoscerli, acquistarli e portarli nella sua casa museo. C’è un aspetto della biografia di Horne che merita di essere sottolinea- to. Mi riferisco alla sua opposizione, di fatto pressoché isolata almeno fra i colleghi storici dell’arte italiani, alla distruzione dell’antico centro storico medioevale di Firenze. Alla fine dell'Ottocento, una malefica congiun- tura di speculazione fondiaria e di po- litica “progessista”, provocò la distru- zione di un bene culturale di altissimo pregio. Fu la cancellazione di identità e di memoria più grave fra quante ha co- nosciuto l’Italia moderna. La città di Brunetto Latini e di Guido Cavalcanti, di Dante e di Cimabue, con le sue case, con i suoi vicoli, con le sue chiese, ven- ne rasa al suolo per costruire al suo po- sto edifici, sedi di banche e di studi professionali, in stile Rinascimento, realizzando nello spazio dell’antico mercato l’attuale piazza della Repub- blica, quella che è stata definita la “più brutta piazza d'Europa”. Solo a residenti anglosassoni e fra gli altri da Herbert Horne, riuniti nella As- sociazione per la Difesa di Firenze Anti- ca (applicazione italiana della moris- siana «Society for the protection of An- cient Buildings») si levarono voci di contrasto al terribile scempio. Anche per questo la casa museo che è stata di Herbert Percy Horne, merita la nostra ammirazione e la nostra gratitudine. © RIPRODUZIONE RISERVATA dimora di un conoscitore | Il Museo di Herbert Horn a Firenze fondato nel maggio del 1917 convegno a roma Mettere l’arte in vetrina «A rte della vetrina. L’innova- zione tecnologica per la conservazione e la comuni- cazione museale» è il titolo del convegno che si terrà domattina alle ore 11 nella sede di Associazione Civita (Sala Gian- franco Imperatori) in Piazza Venezia a Roma. La protezione del patrimonio culturale e museale è un tema drammaticamente bal- zato alle cronache. Da un lato ci sono le di- struzione di siti e beni archeologici e il sac- cheggio dei musei come strategie di alcuni gruppi terroristici per minare memoria e identità del Paese oggetto dell’attacco (e per autofinanziarsi). Dall’altro ci sono gli even- ti sismici che hanno colpito l’Italia, metten- do in evidenza la fragilità del nostro im- menso patrimonio diffuso e le carenze delle nostre strutture museali. Ma, al di là degli eventi improvvisi e trau- matici, le criticità legate a tutela e conserva- zione sono purtroppo molte altre: parliamo di danni causati da variazioni igrometriche e climatiche, da fattori inquinanti presenti nell’aria, da eccessiva o errata illuminazione, da tentativi di effrazione, eccetera. Ebbene, in un museo, l’unico e vero ba- luardo per la salvaguardia degli oggetti rima- ne ancora la vetrina. Ed è per questo che da semplice espositore, la vetrina s’è trasforma- ta nel tempo in una formidabile «macchina tecnologica» in grado di garantire prestazio- ni sempre più efficaci. Di tutte queste problematiche si parlerà diffusamente domani nel convegno roma- no organizzato da CNR, Goppion (azienda italiana leader mondiale nel settore della museum industry) e Associazione Civita. L’iniziativa si avvale del patrocinio del Mi- bac e vede la partecipazione delle maggiori istituzioni italiane attive nel settore della tutela e del restauro. I relatori saranno Gian- ni Letta, Massimo Inguscio, Alessandro Goppion, Giovanni Pinna, Marco Realini, Ferruccio Resta, James Bradburne, Marco Filippi, Oscar Chiantore, Claudio Modena, Angelo Micheli, Stefano Peyretti, Marco Ma- gni, Francesco Delfino e Stefano Trucco. Nel corso della giornata interverrà anche il mi- nistro Dario Franceschini. – M. Car. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Arte

venezia

Galleria Cini pezzo per pezzo

Il catalogo generaledi tutte le opere conservate nelPalazzo di San Vio con saggi dedicati al conte collezionista

di Marco Carminati

L a Fondazione Giorgio Cini di Ve-nezia (predieduta da GiovanniBazoli) continua senza sosta apromuovere lo studio del pro-prio patrimonio d’arte attraver-so la pubblicazione di cataloghi

ragionati dedicati ai vari nuclei delle raccol-te. Lo scorso anno è uscito il catalogo gene-rale delle miniature collezionate da VittorioCini. Ora vede la luce una nuova e oltremodoimpegnativa impresa: il catalogo generaledei dipinti, delle sculture e degli oggetti d’ar-te che resero celebri le dimore del conte col-lezionista, dal Palazzo di San Vio a Venezia alCastello di Monselice.

Il volume - a cura di Andrea Bacchi e AndreaDe Marchi - cataloga una per una tutte le opereoggi conservate nel Palazzo Cini di San Vio, che venne aperto al pubblico nel 1984 grazie allascito di Yana Cini Alliata di Montereale e al sostegno delle Assicurazioni Generali. Ogni dipinto viene qui dettagliatamente studiato,

dalle tavole duecentesche ai maestri del Tre-cento (Taddeo Gaddi, Bernardo Daddi, Gua-riento), dai protagonisti del Quattrocento (Sassetta, Vecchietta, Filippo Lippi, Beato An-gelico, Luca Signorelli, Botticelli e Ghirlanda-io) ai nuclei dei maestri ferraresi (Tura, De Ro-berti, Mazzolino e Dosso) e dei maestri toscani(sui quali spicca lo strepitoso Piero di Cosimo).

Federico Zeri (uno dei consulenti di Cini)nel 1984 non esitò ad affermare che quella delconte era «la più importante collezione d’artefatta in Italia negli ultimi cinquant’anni» e ag-giunse che «la collezione Cini non era solo diquadri, ma era di tutto». Il nuovo catalogo conferma l’assunto zeriano, perché insieme atanti dipinti nel libro vediamo schedati - con la medesima acribia - le sculture lignee, le ter-racotte, i bassorilievi marmorei, le placchette,le statuette e i cofanetti in avorio. E in questo«tutto» trovano spazio anche gli smalti di Li-moges, i piatti da parata veneziani, gli argenti,le stoffe, le porcellane, le portantine e i mobilid’età rinascimentale e barocca.

La rigorosa schedatura di ogni oggetto e lapresenza di inediti faranno la gioia degli ad-detti ai lavori. Ma il catalogo della Galleria Cinisi rivela anche un libro d’avvicente lettura, so-prattutto grazie ai saggi che introducono e ac-compagnano i vari nuclei di opere, e dai qualiemerge, con particolare evidenza, il profilo diVittorio Cini in veste di superbo collezionista.

Il testo introduttivo, redatto da Luca Massi-mo Barbero, traccia la storia della Galleria Cinidopo la morte del conte (1977). La divisione dei tesori d’arte tra gli eredi mise inizialmentea rischio la fruizione pubblica di questi capo-lavori, ma a scongiurare il pericolo soprav-venne la decisione di Yana Cini Alliata di Mon-tereale (1924-1989), figlia del conte, che donòalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia un ri-

levante nucleo della collezione paterna, con ilvincolo che fosse esposta al pubblico nel Pa-lazzo di San Vio, la residenza veneziana delcollezionista affacciata sul Canal Grande.

Terminato il suo saggio, Barbero passa iltestimone ai singoli esperti di mobili, scultu-re e dipinti. Apre la sequenza un raccontomagistrale di Alvar González-Palacios, che tratteggia la figura del conte mettendo in lucele sue predilezioni nel campo delle arti deco-rative. Partendo dal presupposto che nellaGalleria di Palazzo Cini a Venezia sia presen-te oggi solo una parte delle vaste collezionidel fondatore, González-Palacios coglie l’oc-casione per tentare una ricostruzione piùampia dell’assetto degli arredi Cini, e in parti-colare di quelli che abbellivano il Castello diMonselice. Lo studioso non ha solo ricompo-ne la consistenza degli arredi originari, ma per alcuni di essi recupera anche le anticheprovenienze. Come nel caso dell’acquisto piùimportante del conte: il tavolo parietale di le-gno intagliato e dorato, «il più bel mobile ve-neziano del Settecento» (oggi in collezioneprivata). Di questo magniloquente arredo,González-Palacios ha rintracciato l’esattaprovenienza attraverso un quadro. Si trattadel Ritratto del doge Paolo Renier, dipinto daLudovico Gallina nel 1779 e oggi conservato alCastello Sforzesco di Milano. Il quadro mo-stra il doge in piedi accanto a uno sfarzoso ta-volo intagliato e dorato. Aguzzando la vista,ci si rende conto che questo tavolo è lo stessoacquistato da Vittorio Cini. Grazie al dettagliodel quadro, dunque, si può identificare il pri-mo proprietario del sontuosissimo mobile.

Analogamente approfondito è il saggio cheMarco Campigli ha dedicato al rapporto tra Vittorio Cini e la scultura. E qui, oltre al rac-conto, è possibile godere di belle fotografie

d’epoca che immortalano Madonne, angeli ebassorilievi spettacolarmente disseminatinelle stanze del Castello di Monselice, secon-do un gusto e una “messa in scena” giusta-mente paragonati a quelli proposti da EliaVolpi nel Palazzo Davanzati di Firenze.

Vittorio Cini collezionista di pittura antica èil titolo dell’ultimo saggio, redatto a quattomani da Andrea Bacchi e Andrea De Marchi. Da queste pagine, davvero appassionanti, ap-prendiamo il lento formarsi della pinacoteca,che nacque dal fitto dialogo tra Cini e i vari consulenti che si avvicendarono al suo fianco,da Nino Barbantini, a Bernard Berenson, a Fe-derico Zeri. Senza dimenticare il drappello di antiquari che gli garantirono l’afflusso delle opere, da Alessandro Contini Bonacossi a Gualtiero Volterra, da Giovanni Salocchi a Carlo e Marcello Sestieri.

Eppure, nonostante l’assistenza continuadi questo corteo d’esperti, anche il conte Cini inciampò nelle trappole dei falsi. La scheda 51del catalogo ne documenta uno: una Croce di­pinta - venduta a Cini come opera della fine delDuecento e come tale considerata da Garri-son, Longhi, Zeri e Natale - è stata “smasche-rata” da un restauro del 2004 e purtroppo nonci sono dubbi che si tratti di un falso del XX se-colo. Un grande amico di Vittorio Cini, il pro-fessor Vittore Branca, raccontava che quandoil conte s’imbatteva in un falso artistico mani-festava sempre il suo disappunto verso il fal-sario, sibilando a bassa voce tre semplici pa-role: «fiol d’un can».

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La Galleria di Palazzo Cini. Dipinti, sculture, oggetti d’arte, a cura di Andrea Bacchi e Andrea De Marchi, Marsilio, Venezia, pagg. 492, sip

casa museo | Palazzo Cini di San Vio a Venezia, con dipinti, mobili e suppellettili raccolti dal collezionista Vittorio Cini. Palazzo Cini è aperto al pubblico fino al 15 novembre. Info: [email protected]

calendarta cura di Marina Mojana_ AostaAl Museo Archeologico Regionale (P.zza Roncas 12; www.regione.vda.it) fino al 24 settembre Giovanni Segantini e i pittori della montagna. Un percorso nella pittura italiana tra il XIX e il XX secolo che ha per tema il paesaggio alpino, dal simbolismo al divisionismo con oltre 50 opere di artisti contemporanei di Segantini, da Giuseppe Pellizza da Volpedo, a Cesare Maggi, Leonardo Roda, Italo Mus.

_ BasileaPresso Ausstellungsraum Klingental (Kasernenstrasse 23; www.ausstellungsraum.ch) da oggi al 9 luglio Making Douala 2007­2017. Mostra itinerante della triennale SUD - Salon Urbain de Douala: ridisegnare lo spazio pubblico nella città di Douala. Illustrati i risultati del Festival SUD di Douala attraverso poster, libri, film e installazioni multimediali.

_ RomaFino al 30 luglio alle Scuderie del Quirinale (Via XXIV Maggio 16; www.scuderiequirinale.it) Da Caravaggio a 

Bernini. Capolavori del Seicento italiano nellecollezioni reali di Spagna; la selezione di 60 capolavori riflette gli stretti legami politici tra la Corte spagnola e gli Stati italiani e le strategie culturali nel corso del XVII secolo.

_ Sabaudia (Roma)Al Museo Emilio Greco (Via Umberto I; tel. 39 0773515791 ) fino al 2 luglio Duilio Cambellotti. La collezione della Galleria del Laocoonte; in mostra sculture, disegni e grafiche di Cambellotti (1876-1960) che fu illustratore, scenografo, costumista, medaglista, ceramista, disegnatore di mobili e frescante.

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incanti&galleriea cura di Marina Mojana_ LondraAl Royal Hospital Chelsea (www.masterpiecefair.com) dal 29 giugno al 5 luglio VIII edizione di Masterpiece fiera d’arte antica e moderna: 150 galleristi e antiquari da tutto il mondo, tra cui dieci italiani, dalla romana Alessandra di Castro ai milanesi M&L (Luca Gracis & Matteo Lampertico) che propongono il meglio sotto il segno del cross­collecting.

_ Milano

Da Finarte (Via Brera 8; www.finarte.it) il 29 giugno alle ore 18.30 Asta di beneficenza El ultimo cielo di La Habana Vieja; all’incanto 30 immagini della vecchia città de L’Avana, scattate da Giulio Ceppi, architetto e designer, montate su scatole originali di sigari cubani. Il progetto consentirà a tre giovani designer cubani di partecipare al primo Italia /Cuba Training and Design Exchange tra il Politecnico di Milano e l’Instituto Superior de Diseño di Cuba.

_ ParigiDa Sotheby’s in collaborazione con Piasa (76 Rue du Faubourg Saint-Honoré;

www.sothebys.com) il 29 giugno va all’asta la Collezione Ginette e Alain Lesieutre, tra i più importanti mercanti d’arte antica del mondo: 250 lotti tra sculture, dipinti e disegni dal 1900 al 1930 stimati circa 3 milioni di euro.

_ VeneziaFino al 1 luglio Victoria Miro (San Marco 1994; www.victoria-miro.com) inaugura gli spazi con Poolside magic, personale del nigeriano Chris Ofili, classe 1968, che presenta opere su carta: pastelli, carboncini e acquerelli illustrano il suo immaginario, tra magia e occultismo.

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Miniature del conte CiniMarco Carminati ha presentato l’11 dicembre 2016

la spettacolare rassegna all’Isola di San Giorgio di Veneziadedicata alla raccolta di Vittorio Cini di libri e frammenti

miniati. La mostra è stata realizzata in occasione dell’uscita del Catalogo generale delle miniature Cini

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firenze

I primi cent’annidel Museo Hornedi Antonio Paolucci

I l 17 maggio 1917 un Regio Decretoistituiva in Ente Morale la casamuseo che Herbert Percy Horne,con testamento redatto e registra-

to l’anno prima, aveva lasciato alla cit-tà di Firenze. Sono passati cento annida allora, due guerre mondiali, una al-luvione devastante che il 4 novembre1966 ha provocato gravi danni al patri-monio del museo, trasformazioni ra-dicali hanno interessato la politica el’amministrazione nella città e nel Pa-ese, eppure il lascito Horne, oggi di-ventato Fondazione, vive ancora in re-lativa buona salute. Abbiamo celebra-to il centenario della sua nascita il 17maggio scorso e nella occasione abbia-mo ricordato che se oggi il Museo Hor-ne è aperto al pubblico e può offrire,anno dopo anno, iniziative culturali edidattiche di qualità, questo lo dobbia-mo al sostegno dell’Ente Cassa di Ri-sparmio di Firenze e della associazio-ne «Friends of Florence». È bello che lacomunità anglofona di Firenze, oggiguidata da Simonetta Brandolinid’Adda, abbia deciso di onorare congenerosi finanziamenti la memoria diHorne, un uomo della sua lingua e del-la sua tradizione culturale che ha ama-to Firenze come pochi altri nel secolo.

Herbert Percy Horne, nato a Londranel 1864 e formatosi nel clima estetiz-zante di Morris, di Ruskin, di Dante Ga-briele Rossetti, era architetto, desi-gner, editore, musicologo, storico del-l’arte (la sua monografia su Botticellidel 1908 è ancora oggi un testo fonda-mentale) ma soprattutto era conoscito-re, collezionista e antiquario.

C’è stata un’epoca che ha visto ospitidella sua residenza fiorentina di Via de’Benci Aby Warburg e Bernard Beren-son, Robert Fry e Carlo Gamba, Elia Vol-pi e Stefano Bardini, cioè il meglio dellastoria dell’arte, della conoisseurship edel mercato di quegli anni. Era un uomoHorne che viveva la conoscenza e il pos-sesso dell’opera d’arte con dedizioneassoluta, come una religione dello spi-rito. C’è un dipinto che ce lo fa capirepiù e meglio di qualsiasi discorso. Nonper nulla è stato scelto come emblemadel museo. È un dipinto di M. HarrisBrown che ritrae Horne all’età di circacinquant’anni, in abito scuro, di unaeleganza negligentemente dandy, chetiene fra le mani come una reliquia unapiccola terracotta di Giambologna cheoggi è custodita nel museo. Si ha l’im-pressione che le mani dell’uomo inten-dano carpire il segreto dell’artista at-traverso una specie di empatia tattile.Le cose che si amano vanno toccate, ac-carezzate, come sapeva Horne e comesa ogni collezionista di cose antiche.

A Firenze, nel 1911, Herbert Hornecomprò nel quartiere di Santa Croce, ilpalazzetto che era stato degli Alberti eche Simone del Pollaiolo detto il Crona-ca, aveva progettato. Horne che era an-che architetto e orgoglioso di questasua competenza professionale, lavo-randoci ininterrottamente fra il 1912 e il1914, lo restaurò, lo “reiventò”, lo arre-dò, ne fece la sua residenza immaginatacome una esemplare casa signorile fio-rentina del XV secolo. Soprattutto loriempì di opere d’arte: mobili intarsia-ti, cassoni nuziali dipinti, maioliche dialta epoca, sculture, bronzi e quadri.Horne non aveva moltissimi soldi, eraparsimonioso fino a rasentare l’avari-zia ma praticava il mercato e grazie al-l’occhio infallibile del grande conosci-tore, riuscì ad arredare la sua casa conpezzi clamorosi.

Basti ricordare, fra gli altri, il SantoStefano di Giotto, il Masaccio con Sto­ria di San Giuliano, elemento di pre-della del disperso polittico di SantaMaria Maggiore a Firenze, e poi anco-ra opere di Pietro Lorenzetti, di Simo-ne Martini, di Filippo Lippi, di Benoz-zo Gozzoli. I relitti della grande di-spersione del patrimonio artisticoitaliano avvenuto fra la fine del XIX el’inizio del XX secolo e finiti nei retro-bottega di antiquari e di raccoglitori,Horne seppe riconoscerli, acquistarlie portarli nella sua casa museo.

C’è un aspetto della biografia diHorne che merita di essere sottolinea-to. Mi riferisco alla sua opposizione, difatto pressoché isolata almeno fra icolleghi storici dell’arte italiani, alladistruzione dell’antico centro storicomedioevale di Firenze. Alla finedell'Ottocento, una malefica congiun-tura di speculazione fondiaria e di po-litica “progessista”, provocò la distru-zione di un bene culturale di altissimopregio. Fu la cancellazione di identità edi memoria più grave fra quante ha co-nosciuto l’Italia moderna. La città diBrunetto Latini e di Guido Cavalcanti,di Dante e di Cimabue, con le sue case,con i suoi vicoli, con le sue chiese, ven-ne rasa al suolo per costruire al suo po-sto edifici, sedi di banche e di studiprofessionali, in stile Rinascimento,realizzando nello spazio dell’anticomercato l’attuale piazza della Repub-blica, quella che è stata definita la “piùbrutta piazza d'Europa”.

Solo a residenti anglosassoni e fra glialtri da Herbert Horne, riuniti nella As-sociazione per la Difesa di Firenze Anti-ca (applicazione italiana della moris-siana «Society for the protection of An-cient Buildings») si levarono voci dicontrasto al terribile scempio. Ancheper questo la casa museo che è stata diHerbert Percy Horne, merita la nostraammirazione e la nostra gratitudine.

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dimora di un conoscitore | Il Museo di Herbert Horn a Firenze fondato nel maggio del 1917

convegno a roma

Mettere l’arte in vetrina

«Arte della vetrina. L’innova-zione tecnologica per laconservazione e la comuni-cazione museale» è il titolo

del convegno che si terrà domattina alle ore 11nella sede di Associazione Civita (Sala Gian-franco Imperatori) in Piazza Venezia a Roma.

La protezione del patrimonio culturale emuseale è un tema drammaticamente bal-zato alle cronache. Da un lato ci sono le di-struzione di siti e beni archeologici e il sac-cheggio dei musei come strategie di alcunigruppi terroristici per minare memoria eidentità del Paese oggetto dell’attacco (e perautofinanziarsi). Dall’altro ci sono gli even-

ti sismici che hanno colpito l’Italia, metten-do in evidenza la fragilità del nostro im-menso patrimonio diffuso e le carenze dellenostre strutture museali.

Ma, al di là degli eventi improvvisi e trau-matici, le criticità legate a tutela e conserva-zione sono purtroppo molte altre: parliamodi danni causati da variazioni igrometriche eclimatiche, da fattori inquinanti presenti nell’aria, da eccessiva o errata illuminazione,da tentativi di effrazione, eccetera.

Ebbene, in un museo, l’unico e vero ba-luardo per la salvaguardia degli oggetti rima-ne ancora la vetrina. Ed è per questo che dasemplice espositore, la vetrina s’è trasforma-

ta nel tempo in una formidabile «macchinatecnologica» in grado di garantire prestazio-ni sempre più efficaci.

Di tutte queste problematiche si parleràdiffusamente domani nel convegno roma-no organizzato da CNR, Goppion (aziendaitaliana leader mondiale nel settore dellamuseum industry) e Associazione Civita.L’iniziativa si avvale del patrocinio del Mi-bac e vede la partecipazione delle maggioriistituzioni italiane attive nel settore dellatutela e del restauro. I relatori saranno Gian-ni Letta, Massimo Inguscio, AlessandroGoppion, Giovanni Pinna, Marco Realini,Ferruccio Resta, James Bradburne, MarcoFilippi, Oscar Chiantore, Claudio Modena,Angelo Micheli, Stefano Peyretti, Marco Ma-gni, Francesco Delfino e Stefano Trucco. Nelcorso della giornata interverrà anche il mi-nistro Dario Franceschini.

– M. Car.© RIPRODUZIONE RISERVATA