STRUTTURE LIGNEE DI COPERTURA A FERRARA TRA FINE...

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209 STRUTTURE LIGNEE DI COPERTURA A FERRARA TRA FINE ‘400 E FINE ‘600: ANALISI DEI SISTEMI COSTRUTTIVI, IDENTIFICAZIONE DELLE SPECIE LEGNOSE E STUDIO DELLE MARCHE INCISE NEL LEGNO. dott. Nicola Macchioni 1 , arch. Rita Fabbri 2 , arch. Valeria Casali 2 , dott. Alan Crivellaro 1 1 – Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree – CNR, Via Madonna del Piano, 50019 Sesto Fiorentino - Firenze 2 - Università degli Studi di Ferrara - Facoltà di Architettura, via Quartieri 8, 44100 Ferrara [email protected] Abstract Lo studio analizza alcune strutture lignee di copertura a Ferrara, individuando le principali caratteristiche costruttive e le modalità di impiego delle specie legnose nei diversi elementi dell’orditura, osservando anche le marche incise sugli elementi strutturali. Lo studio, avviato in questi anni [1], prende in considerazione le tecniche costruttive con cui venivano realizzate le strutture in legno a sostegno delle coperture nella città di Ferrara, in particolar modo in edifici rinascimentali, nonché le specie legnose utilizzate, per capire da quale zona proveniva il materiale e come le diverse qualità di legname erano impiegate a seconda della funzione dell’elemento ligneo. L’analisi è stata svolta sulle coperture di sette edifici che si trovano all’interno del centro storico della città. Sei di questi edifici sono di epoca rinascimentale (tre palazzi, due chiese ed un convento), una sola chiesa è di epoca barocca. Palazzo di Renata di Francia Palazzo dei Diamanti Abside della Cattedrale Convento di S. Maria delle Grazie S.Cristoforo alla Certosa Palazzo Tassoni Chiesa di S. Girolamo 1487 circa 1496-98 1498 1501 1501 circa Fine XV, inizio XVI secolo 1696 Le coperture degli edifici presi in esame presentano schemi strutturali piuttosto semplici. L’orditura principale che si trova è prevalentemente a capriate di tipo “alla palladiana”, ovvero con controcatena e doppio monaco, mentre i sistemi di copertura sono generalmente realizzati con capriate, arcarecci e travetti in legno, con sottomanto e manto di copertura in laterizio, ma, di volta in volta, si ricorreva anche a sistemi particolari per far fronte alle diverse problematiche che l’edificio presentava. Procedendo in ordine cronologico in base all’epoca di costruzione, la struttura più antica tra quelle analizzate si trova nel Palazzo Renata di Francia, che fu terminato nel 1487 circa, oggi sede dell’Università degli Studi di Ferrara. La copertura fu rimaneggiata a metà del XVIII secolo e dopo la Seconda Guerra Mondiale, per porre riparo ai danni provocati dai bombardamenti. La struttura della copertura al di sopra dell’aula magna, nell’ala sud del palazzo, è costituita da capriate palladiane disposte con interasse di circa 2,50 m, sulle quali appoggiano direttamente i travetti minuti che sostengono il sottomanto di tavelle in laterizio e il manto di

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STRUTTURE LIGNEE DI COPERTURA A FERRARA TRA FINE ‘400 E FINE ‘600: ANALISI DEI SISTEMI COSTRUTTIVI, IDENTIFICAZIONE DELLE SPECIE LEGNOSE E STUDIO DELLE MARCHE INCISE NEL LEGNO.

dott. Nicola Macchioni1, arch. Rita Fabbri2, arch. Valeria Casali2, dott. Alan Crivellaro1

1 – Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree – CNR, Via Madonna del Piano, 50019 Sesto Fiorentino - Firenze

2 - Università degli Studi di Ferrara - Facoltà di Architettura, via Quartieri 8, 44100 Ferrara [email protected]

Abstract Lo studio analizza alcune strutture lignee di copertura a Ferrara, individuando le principali caratteristiche costruttive e le modalità di impiego delle specie legnose nei diversi elementi dell’orditura, osservando anche le marche incise sugli elementi strutturali. Lo studio, avviato in questi anni [1], prende in considerazione le tecniche costruttive con cui venivano realizzate le strutture in legno a sostegno delle coperture nella città di Ferrara, in particolar modo in edifici rinascimentali, nonché le specie legnose utilizzate, per capire da quale zona proveniva il materiale e come le diverse qualità di legname erano impiegate a seconda della funzione dell’elemento ligneo. L’analisi è stata svolta sulle coperture di sette edifici che si trovano all’interno del centro storico della città. Sei di questi edifici sono di epoca rinascimentale (tre palazzi, due chiese ed un convento), una sola chiesa è di epoca barocca.

Palazzo di Renata di Francia

Palazzo dei Diamanti

Abside della

Cattedrale

Convento di S. Maria delle

Grazie

S.Cristoforo alla Certosa

Palazzo Tassoni

Chiesa di S. Girolamo

1487 circa 1496-98 1498 1501 1501 circa Fine XV,

inizio XVI secolo

1696

Le coperture degli edifici presi in esame presentano schemi strutturali piuttosto semplici. L’orditura principale che si trova è prevalentemente a capriate di tipo “alla palladiana”, ovvero con controcatena e doppio monaco, mentre i sistemi di copertura sono generalmente realizzati con capriate, arcarecci e travetti in legno, con sottomanto e manto di copertura in laterizio, ma, di volta in volta, si ricorreva anche a sistemi particolari per far fronte alle diverse problematiche che l’edificio presentava. Procedendo in ordine cronologico in base all’epoca di costruzione, la struttura più antica tra quelle analizzate si trova nel Palazzo Renata di Francia, che fu terminato nel 1487 circa, oggi sede dell’Università degli Studi di Ferrara. La copertura fu rimaneggiata a metà del XVIII secolo e dopo la Seconda Guerra Mondiale, per porre riparo ai danni provocati dai bombardamenti. La struttura della copertura al di sopra dell’aula magna, nell’ala sud del palazzo, è costituita da capriate palladiane disposte con interasse di circa 2,50 m, sulle quali appoggiano direttamente i travetti minuti che sostengono il sottomanto di tavelle in laterizio e il manto di

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copertura in coppi, senza l’interposizione di una orditura secondaria. Tale mancanza dell’orditura secondaria comporta una distribuzione piuttosto serrata delle capriate, che devono costituire l’appoggio dell’orditura minuta che ha luci piuttosto ridotte. Un recente studio [2] ha individuato, con particolare riferimento agli edifici di culto ferraresi, ma qui si ritiene di poter estendere la considerazione anche agli edifici civili, che la distribuzione delle orditure lignee di copertura si trasforma nel tempo, modificandosi il passo delle capriate e la disposizione della piccola orditura. In particolare si può affermare che l’interasse delle capriate si amplia nel corso dei secoli, accompagnandosi al passaggio dal singolo al doppio ordine nella piccola orditura. Le capriate disposte con interasse ravvicinato portano un’orditura singola, di soli travetti paralleli alla linea di gronda, che tuttavia ha il forte svantaggio dello scivolamento delle tavelle in cotto, orientate con il lato corto parallelo alla linea di gronda. Quando aumenta la distanza fra le incavallature, diviene necessario inserire un secondo ordine di travi (arcarecci). Questo fatto implica che i travetti minuti abbiano andamento inclinato secondo la falda e ciò consente di disporre le tavelle con il lato lungo parallelo alla linea di gronda: in caso di scivolamento esse si trovano come su un binario, pertanto si evita la rotazione e la conseguente caduta delle tavelle stesse, con garanzia di una maggiore stabilità del tetto (fig. 1). Nel Palazzo Renata di Francia, la presenza di capriate ravvicinate con una sola orditura confermerebbe l’età della struttura del tetto, sulla scorta dell’ipotesi che tale modalità costruttiva corrisponda a Ferrara alle coperture di epoca più antica.

STRUTTURA A TRE ORDINI PORTANTISTRUTTURA A DUE ORDINI PORTANTI

fig. 1. Schemi strutturali di copertura.

L’indagine per il riconoscimento microscopico della specie legnosa è stata eseguita su due capriate: i campioni hanno individuato elementi in abete bianco e abete rosso. Tuttavia è stato riscontrato anche un monaco di capriata in quercia caducifoglia che, quasi sicuramente, è realizzato con materiale di reimpiego, visto l’uso sempre molto limitato di questa specie legnosa nelle strutture ferraresi. L’impiego della quercia caducifoglia per il monaco va ricondotto sostanzialmente a due motivi: la elevata resistenza alla compressione trasversale, a cui l’elemento si trova sollecitato nel punto di incastro coi puntoni, e la facilità ad ottenere un incastro qualitativamente buono con questo tipo di legname. Sui nodi delle capriate vi sono dipinte lettere che individuano l’appartenenza dei singoli elementi ad una determinata capriata ed indicano la posizione per l’accostamento ed il congiungimento degli elementi in legno, per facilitare il montaggio dell’elemento strutturale intagliato fuori opera (fig. 3).

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fig. 2. Palazzo Renata di Francia: vista generale del sottotetto. fig. 3. Marche dipinte per il montaggio delle capriate.

Nel Palazzo dei Diamanti è stata studiata la copertura sovrastante al salone d’onore, nell’ala est dell’edificio. La costruzione di questa copertura fu terminata nel 1496-98, ma venne in parte modificata nel 1567. La struttura principale è costituita da otto capriate palladiane ed al centro una capriata a forbice, inserita durante i lavori del 1567, disposte ad interassi irregolari, su cui appoggiano gli arcarecci che reggono i travetti e il manto di copertura. Le catene delle capriate sostengono il soffitto del salone sottostante, che è costituito infatti da una struttura portata con disegno a lacunari (ovvero sfondati) di forma ovale, ad ottagono, rombo e stella ad otto punte (fig. 4). Proprio alle forme e dimensioni degli sfondati si adatta il passo delle capriate di copertura, in modo da far posto ai lacunari e consentire lo sviluppo del disegno complessivo del soffitto. In particolare il lacunare centrale, essendo più grande e “profondo”, e cioè con un estradosso più elevato degli altri, impediva il posizionamento di

in cui è stato effettuato ilidentificazione delle capriate

controcatena: ABETE ROSSO

controcatena: ABETE BIANCO

monaco: QUERCIA

prelievo della specie legnosa

LEGENDA

A

A

B

CAPRIATA PALLADIANA

A

SCHEMA STRUTTURALE

B

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una capriata con catena orizzontale nella mezzeria della sala. Il problema è stato risolto ponendo in opera una capriata con due catene inclinate, ovvero a forbice.

fig. 4. Palazzo dei Diamanti: vista del soffitto all’intradosso.

fig. 5. Palazzo dei Diamanti: vista generale del sottotetto e del soffitto all’estradosso.

Le specie legnose utilizzate in questa struttura sono, in sette dei campioni prelevati, di abete rosso, e in un solo caso di abete bianco. L’abete rosso è stato impiegato, oltre che nella struttura principale, ovvero per le capriate, anche per gli arcarecci, fatto che induce ad ipotizzare un’unica fornitura di abete rosso per la costruzione della copertura. Il solo elemento in abete bianco è il puntone di una capriata (la seconda da nord), datato con la dendrocronologia al 1467, ovvero ben 30 anni prima del compimento dell’edificio, quindi realizzato con una diversa partita di legname.

presenza della marca

CAPRIATA PALLADIANA

arcareccio

arcareccio

arcareccio

arcareccio

arcareccio

arcareccio

arcareccio

1

2

3

4

5

6

7

0

LEGENDA

1

arcareccio: ABETE ROSSOarcareccio

puntone

arcareccio

arcareccio

arcareccio

arcareccio

E

F

G

H

11

12

13

14

15

arcareccio10

arcareccio9

puntone: ABETE ROSSO

puntone est: ABETE ROSSO

catena diag. est: ABETE ROSSO

puntone inf.est: ABETE ROSSO

catena: ABETE ROSSO

puntone sup.ovest: ABETE ROSSO

puntone inf.ovest: ABETE BIANCO

A

B

C

D

2 A

8

capriate in cui è statoidentificazione delle

effettuato il prelievo

A

della specie legnosa

arcareccio: ABETE ROSSO

arcareccio: ABETE ROSSO

arcareccio: ABETE ROSSO

54

6

7

8

3B

CAPRIATA A FORBICE

F G

SCHEMA STRUTTURALE

910

11

12

1314

CD

15 E

H

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Della fine del ‘400 è anche la struttura di copertura dell’abside della Cattedrale, realizzata nel 1498 su progetto di Biagio Rossetti. La struttura è composta da dieci capriate palladiane, successivamente rinforzate con saette e raddoppio della controcatena. In corrispondenza delle testate si trovano le mensole che consentono l’appoggio della catena in legno alla muratura. Gli elementi che compongono queste capriate hanno sezione molto esile e numerose catene delle capriate stesse sono composte in due parti, con giunzione in verticale “a dardo di Giove”: nell’insieme l’impressione è di una struttura piuttosto povera, sia nella disponibilità di materiale che nella qualità esecutiva. La presenza di molte specie legnose diverse indurrebbe a pensare ad un parziale recupero degli elementi lignei dell’abside precedente: gli elementi costitutivi delle capriate sono in abete bianco o abete rosso, mentre le due mensole campionate e parte della catena della quinta capriata da ovest sono in pino silvestre. L’unico elemento che è stato possibile datare con la dendrocronologia è la controcatena della quarta capriata da ovest in abete bianco, che è risultata del 1496, corrispondente quindi al periodo di costruzione della nuova abside. La copertura delle navate si può ritenere ragionevolmente che sia stata completamente rifatta nel corso del XVIII secolo, durante i grandi lavori che trasformarono radicalmente la struttura interna della chiesa. Lungo la navata centrale, le campate con copertura a capriate palladiane si alternano a campate a padiglione a quattro falde, in corrispondenza delle cupole interne. Le capriate palladiane si trovano anche nella copertura delle cappelle laterali. La struttura lignea del corpo longitudinale si presenta molto ordinata e composta da elementi di grossa sezione, ben diversa da quella dell’abside. I cinque campioni prelevati da queste capriate indicano che la specie legnosa utilizzata è il larice.

controcatena prelievo della specie legnosa

CAPRIATA PALLADIANA RINFORZATA CON SAETTE E RADDOPPIO DELLA CONTROCATENA

catena

controcatena

controcatena

mensola

catena

mensola

puntone

controcatena: ABETE ROSSO

mensola: PINO SILVESTRE

mensola: PINO SILVESTRE

catena nord: ABETE BIANCO

catena sud: ABETE ROSSO

catena sud: PINO SILVESTRE

controcatena: ABETE BIANCO

CAPRIATA PALLADIANA

mensola: PINO SILVESTRE

monaco nord: LARICE

catena sud: LARICE

catena nord: LARICE

catena nord: LARICE

catena nord: LARICE

SCHEMA STRUTTURALE

presenza della marca

LEGENDA

in cui è stato effettuato ilidentificazione delle capriate

1 2 3 4 5

EDCBALIHGF

A

C

D

B

A

F

L

I

H

G

E

0

5

3

4

2

1

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fig. 6. Abside della Cattedrale: marca incisa sulle mensole agli appoggi della capriata.

fig. 7. Abside dela Cattedrale: marca incisa sulla catena della capriata.

La copertura dell’ex convento di Santa Maria delle Grazie è databile al 1501 e si sviluppa, intorno al quadrilatero del chiostro, con una struttura molto semplice a capriate palladiane ed una sola orditura minuta. Nel lato est, tuttavia, in luogo di alcune capriate palladiane, si trovano capriate semplici con saette, di diversa fattura e forse riferibili ad un altro momento costruttivo, essendo anche impostate ad una quota inferiore alle altre di 16 cm. Particolare in questa copertura è la soluzione d’angolo adottata per creare l’intersezione delle falde. Le ali est e ovest del convento presentano una semplice copertura a capanna su tutta la lunghezza del corpo di fabbrica, anche oltre il raccordo con le due ali nord e sud. La copertura dell’ala nord si innesta, contro la copertura della perpendicolare ala ovest, con appoggio di capriate semplici di dimensioni via via decrescente avvicinandosi al colmo del tetto: tali capriate sono sorrette dai puntoni di quelle di dimensioni costanti delle ali est e ovest.

Molto frequenti in questa copertura sono le marche incise sugli elementi strutturali, una delle quali risulta maggiormente diffusa. I campioni di legno prelevati provengono da un elemento che compone una capriata semplice dell’ala est, e da cinque elementi di capriate palladiane dell’ala ovest. Dai risultati ottenuti emerge che tutte le capriate palladiane sono state realizzate in abete bianco, fatto che induce a pensare ad una grossa fornitura appositamente destinata alla costruzione di questo grande

Orditura minutaControcatena

Trave di compluvio

Trave di compluvio

Zeppe d'appoggio per le capriate minori

ZONA DI COMPLUVIO. SPACCATO ASSONOMETRICO

Testa della catenaentrante nell muratura

Listelli di rinforzo al monaco

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fabbricato, voluto dal Duca Ercole I d’Este per definire l’assetto urbanistico di questa nuova parte della città. L’unico elemento in abete rosso si è trovato in una capriata semplice con saette, che riporta due marche differenti da quella ricorrente sugli elementi in abete bianco delle capriate palladiane. Questo fatto può costituire un ulteriore dato per considerare le capriate semplici come materiale di reimpiego, oppure appartenenti ad un diverso momento costruttivo.

fig. 8. Santa Maria delle Grazie: soluzione del compluvio.

fig. 9. Santa Maria delle Grazie: capriata palladiana.

Quasi contemporanea all’ex convento è la chiesa di San Cristoforo alla Certosa, la cui costruzione fu avviata agli albori del ‘500: la copertura, tuttavia, fu in larga parte restaurata dopo il terremoto del 1570. La struttura principale è composta da capriate palladiane sia sulla navata che sul transetto, mentre nell’abside si trovano capriate semplici con saette. Sulle capriate appoggia l’orditura secondaria costituita dagli arcarecci, che a loro volta sostengono l’orditura minuta. Parte della struttura lignea è stata sostituita con capriate metalliche nel corso dei consolidamenti degli anni ‘80.

S

3

4

5

2

0 in cui è stato effettuato ilidentificazione delle capriate

puntone: ABETE BIANCO

catena: ABETE BIANCO

catena: ABETE BIANCO

catena: ABETE BIANCO

catena: ABETE BIANCO

catena: ABETE ROSSO

prelievo della specie legnosa

capriata con saette

saetta

puntone

saetta

catena

puntone e catena

puntone

presenza della marca1

CAPRIATA PALLADIANA

CAPRIATA CON SAETTE

LEGENDA

S

S

SS

S

S

A

B

C

D

E

D

5 D

E

D 4

C 3

1A

B 2

A

S

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In questo edificio sono stati prelevati tre campioni di materiale: due appartengono alla catena e al monaco delle capriate palladiane della navata e sono in larice, mentre il terzo è di abete rosso ed è stato prelevato dalla saetta di una capriata semplice dell’abside che, molto probabilmente, è stato ricavato da materiale di recupero, visto che vi è incisa una iscrizione tagliata a metà. Inoltre la struttura dell’abside si presenta costruttivamente più povera e disordinata rispetto a quelle della navata e del transetto, forse perchè ricostruita dopo il terremoto con riutilizzo di materiale. Gli unici due campioni prelevati che si è riusciti a datare con la dendrocronologia appartengono alla copertura del corpo longitudinale: l’informazione che se ne ricava è che l’abbattimento delle piante non può essere avvenuto prima dell’anno 1500.

fig. 10. San Cristoforo alla Certosa: marca incisa sulla catena di una capriata.

fig. 11. San Cristoforo alla Certosa: marca incisa sul puntone di una capriata.

CAPRIATA PALLADIANA

CAPRIATA CON SAETTE

A

0

in cui è stato effettuato ilidentificazione delle capriate

saetta: ABETE ROSSO

catena: LARICE

monaco: LARICE

prelievo della specie legnosa

LEGENDA

puntone

puntone inferiore

catena

controcatena

saetta

presenza della marca

1

controcatena

monaco

controcatena

SCHEMA STRUTTURALE

A

B

C

A

2

3

5

6

7

1

controcatena

catena4

7 6 5 4 3 2

BC

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Lo studio condotto sul vasto complesso di Palazzo Tassoni è stato limitato ad una parte di copertura databile tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, parzialmente rimaneggiata alla fine dell’Ottocento. La copertura non è realizzata con impiego di capriate, bensì con travature semplici inclinate secondo la falda, o paradossi. I paradossi delle due falde che percorrono la lunghezza del corpo di fabbrica appoggiano sul muro perimetrale esterno e su un muro di spina centrale all’edificio. L’appoggio sul muro di spina avviene con interposizione di dormiente in legno (o trave “calcamuro”) disteso sulla muratura (fig. 12), in cui sono stati intagliati appositi incassi, per realizzare una superficie adatta ad accogliere la terminazione dei paradossi (fig. 13). Sull’orditura principale si dispone l’orditura minuta parallelamente alle linee di gronda: ciò comporta che le tavelle in laterizio del sottomanto di copertura siano disposte con il lato corto parallelo alla linea di gronda, e quindi facilmente soggette a scivolamento e caduta. La falda est, di chiusura del tetto all’estremità del fabbricato, ha due travi di displuvio che poggiano sul muro perimetrale e su quello di spina. Per migliorare l’appoggio verso il muro di spina, è stata inserita in esso una trave di sezione rilevante (circolare, diametro 28 cm), che funge da rompitratta delle travi di displuvio: essa, poggiando in mezzeria sul muro di spina, costituisce una sorta di doppia mensola, il cui equilibrio è stabilizzato dalle travi stesse di displuvio, costituendo tale sistema quello che possiamo definire “trave a bilanciere” (fig. 14). La trave di displuvio è realizzata in abete bianco, mentre in abete rosso sono una trave della falda nord e la trave a bilanciere. In questa copertura non sono presenti marche incise nel legno.

LEGENDA

in cui è stato effettuato ilidentificazione delle capriate

prelievo della specie legnosa

displuvio: ABETE BIANCO

puntone: ABETE ROSSO

"bilanciere": ABETE ROSSO

SCHEMA STRUTTURALE

A

B

C

A

B

C

A

INCASSI NEL DORMIENTE DI COLMO PER L'APPOGGIO

DELLE TRAVI DI FALDA

PARADOSSI POGGIANTI SUI MURI PERIMETRALI E MURO DI SPINA

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fig. 12. Palazzo Tassoni: dormiente sul muro di spina.

fig. 13. Palazzo Tassoni: appoggio della trave di falda sul dormiente.

fig. 14. Palazzo Tassoni: trave a bilancere. Il più recente tra gli edifici analizzati è la Chiesa di San Girolamo, interamente ricostruita nel 1696 su un precedente oratorio. La pianta a croce latina presenta il braccio più lungo verso l’abside, mentre i tre bracci corti corrispondono all’ingresso e alle cappelle laterali.

fig. 15. San Girolamo: vista del sottotetto. fig. 16. Assonometria della struttura nella zona absidale.

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La copertura della zona del presbiterio ed abside, su cui si sono concentrati gli studi, è sorretta da capriate semplici, arcarecci e orditura minuta. L’estremità del tetto è chiusa con una falda sorretta da travi di displuvio, con sottoposti rompitratta, e da una trave inclinata ovvero un falso puntone: particolare, infatti, è la presenza di una “catena” lignea che collega la testa di questa trave alla mezzeria della catena dell’ultima capriata ad essa ortogonale, creando un irrigidimento del sistema di copertura (fig. 16). Alcuni accorgimenti erano rivolti al mantenimento delle testate delle capriate in condizioni ottimali: talvolta si osserva la realizzazione di un vano più ampio per l’arieggiamento delle testate, in altri casi, come questo, vi è l’interposizione di una tavoletta lignea per evitare il contatto diretto tra la catena della capriata e la muratura (fig. 18). La tavoletta impedisce la formazione di condensa, dovuta alla differenza di temperatura, e costituisce una sorta di “elemento di sacrificio” sostituibile nel tempo. La tavoletta che è stata analizzata è risultata essere di pioppo, materiale di facile reperibilità nel ferrarese. Al di sotto della medesima capriata si trova anche un elemento ligneo per la ripartizione del carico sulla muratura, costituito da una trave di quercia caducifoglia di lunghezza intorno ai 270 cm. inserita nella muro stesso (fig. 17).

fig. 17. San Girolamo: trave di ripartizione del carico inserita nella muratura

fig. 18. San Girolamo: tavoletta al di sotto della testata della capriata .

fig. 19. San Girolamo: marca incisa nella trave rompitratta

fig. 20. San Girolamo: foro passante per il sollevamento dell’elemento ligneo.

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La diffusa presenza di fori passanti sugli elementi lignei strutturali testimonia il sistema di sollevamento utilizzato durante le fasi di costruzione (fig. 20). I fori sono situati verso le estremità degli elementi lignei e attraversano le sezioni con inclinazione a 45°, in prossimità di uno degli spigoli. Tali fori potevano accogliere pioli o caviglie per il sollevamento con funi dal ponteggio di cantiere. Risulta evidente, nelle strutture studiate e più in generale nelle strutture lignee ferraresi, lo scarso utilizzo di ferramenta per i collegamenti degli elementi strutturali: gli incastri sono ottenuti con intagli precisi, generalmente in assenza di cerchiature, grappe, cunei. I campioni per il riconoscimento della specie legnosa prelevati dagli elementi delle capriate e dal rompitratta con marca incisa nel legno sono tutti di abete rosso. Se ne può dedurre che le diverse specie legnose vengano utilizzate con funzioni differenti a seconda della resistenza e della reperibilità del legname: la ripartizione del carico sulla muratura è fatta con impiego di legno con elevata resistenza alla compressione trasversale come la quercia, le orditure del tetto sono in abete rosso, mentre le tavolette di appoggio delle capriate sulla muratura sono di semplice pioppo.

1

presenza della marca

LEGENDA

trave rompitr.: ABETE ROSSO

puntone: ABETE ROSSO

dorminete: PIOPPO

catena.: ABETE ROSSO

trave ripartiz.: QUERCIA

0

CAPRIATA SEMPLICE

TRAVE ROMPITRATTA

TRAVE DI RIPARTIZIONE CARICHI

in cui è stato effettuato ilidentificazione delle capriate

prelievo della specie legnosa

trave rompitratta

A

C

D

A

1

D

B

C

A

B

SCHEMA STRUTTURALE

TAVOLETTAD'APPOGGIO

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Significato dell’identificazione delle specie Nello studio e nell’analisi costruttiva e strutturale delle strutture lignee l’identificazione della specie legnosa dei singoli elementi lignei riveste un’importanza rilevante in relazione alla sua utilità pratica, costituisce infatti il punto di partenza per ottenere informazioni sulla durabilità naturale della specie, sulle sue caratteristiche fisiche e meccaniche e gli impieghi caratteristici. Nel caso degli edifici storici ferraresi, l’identificazione della specie legnosa costituente gli elementi di una struttura, consente di sviluppare ipotesi circa la provenienza del materiale, attraverso la ricostruzione di probabili antiche vie di comunicazione, spesso vie d’acqua. L’identificazione di un elemento ligneo, secondo quanto riportato dalla apposita norma UNI 11118 [3], deve essere eseguita per fasi successive, la prima delle quali si basa sull’osservazione ad occhio nudo di particolari anatomici e strutturali del legno che possono guidare in modo più o meno sicuro l’identificazione della specie legnosa: il tipo di anello di accrescimento, la presenza di durame cromaticamente differenziato, la disposizione dei nodi, le dimensioni dell’elemento, ecc. In molti casi, quando l’osservazione macroscopica non porta a risultati sicuri, per mancanza di caratteri validi o per non visibilità degli stessi a causa di sporcizia, decorazioni o alterazioni, è necessario far seguire l’identificazione per mezzo di osservazioni al microscopio ottico. L’osservazione dei caratteri anatomici rilevabili al microscopio porta ad una sicura identificazione della specie legnosa o del taxon (nella tassonomia botanica categoria di qualsiasi grado) più vicino. I campioni da prelevarsi per l’identificazione microscopica possono essere di dimensioni molto piccole, consentendo di rispettare eventuali esigenze di non-distruttività, limitando l’impatto del prelievo, ad esempio, su strutture decorate. Tale esigenza si scontra spesso però con l’ottenimento di campioni orientabili secondo le tre direzioni anatomiche fondamentali del legno, senza le quali non è possibile eseguire l’identificazione. Una volta identificata la specie legnosa, o il taxon più vicino, si possono ottenere molte informazioni sul legname utilizzato attraverso indagini bibliografiche. Nel caso particolare delle strutture lignee ferraresi, oggetto dello studio, è significativo notare un impiego nettamente prevalente di specie appartenenti alle conifere, come per la maggior parte delle strutture lignee in edifici monumentali del passato; i legnami di latifoglia hanno invece un ruolo accessorio e sono impiegati per elementi di importanza secondaria. Ciò è dovuto principalmente al fatto che in genere il portamento tipico delle conifere, caratterizzate generalmente da un fusto monocormico con ramificazioni laterali di piccole dimensioni, consente di ottenere elementi strutturali rettilinei, di dimensioni relativamente cospicue in lunghezza, con rastremazione poco accentuata. La presenza di difetti, viste le ramificazioni laterali generalmente poco importanti, è spesso modesta, con nodi di piccole dimensioni. Per contro le latifoglie sono caratterizzate da un portamento simpodiale, in cui i fusti presentano ramificazioni principali innestate a livelli relativamente bassi, per cui le lunghezze utilizzabili, prima della ramificazione principale, sono generalmente molto più corte, i nodi sono spesso di dimensioni cospicue e la rastremazione molto accentuata. Tenendo conto del fatto che le latifoglie più utilizzate in strutture edilizie (per lo più querce caducifoglie) hanno legno a densità maggiore, quindi con resistenze meccaniche superiori rispetto ai principali legnami di conifera, la presenza di fusti più difettosi comporta scadimenti nelle resistenze meccaniche degli elementi strutturali ottenuti, tali da rendere più vantaggioso l’impiego di elementi di conifera di miglior forma ed inferiore difettosità.

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Le specie conifere maggiormente rappresentate nelle strutture lignee ispezionate non fanno parte della flora botanica riscontrabile attualmente, o all’epoca della costruzione degli edifici, nei dintorni della città di Ferrara. La provenienza del legname da regioni montane ribadisce l’importanza delle strutture in oggetto, in quando il trasporto del legname ha sicuramente inciso in modo pesante sul costo della materia prima. L’identificazione della specie legnosa consente di indagare sui luoghi di possibile approvvigionamento del materiale ligneo da costruzione, anche in relazione alle vie terrestri, ma soprattutto fluviali, che collegavano Ferrara a zone montuose da cui era possibile attingere legname da costruzione. Pioppi (Populus s.p.): i pioppi sono diffusi in tutta l’Europa centro meridionale, dal livello del mare fino a circa 200 metri di quota. Sono alberi che possono raggiungere notevoli dimensioni dai quali è possibile ottenere notevoli quantità di legname spesso netto da nodi e con fibratura diritta. Il legno, più o meno marcatamente differenziato a seconda della specie, è molto tenero e leggero con medie caratteristiche di resistenza meccanica. Il legno in opera al riparo dall’acqua risulta durabile nei confronti di funghi e insetti. Abete rosso (Picea abies Karst.): è diffuso nelle regioni montuose di tutta Europa fino a 2300 metri di quota; in Italia è spontaneo sulle Alpi, meno diffuso nell’Appennino tosco-emiliano. Il tronco diritto e cilindrico fornisce un legno bianco giallastro, a fibratura diritta e con discrete caratteristiche di resistenza meccanica. Le lavorazioni si eseguono agevolmente, anche se sono frequenti tasche di resina e legno di compressione. La durabilità naturale è modesta, il legname in opera può essere attaccato da funghi, se esposto a contatto con acqua, e da insetti xilofagi, che sono in grado di scavare gallerie sull’intera sezione di una trave. Abete bianco (Abies alba Mill.): diffuso in tutta l’Europa centrale fino a 2000 metri di altitudine, in Italia forma boschi puri o misti, spesso con l’abete rosso o con il faggio. Il legno ha fibratura diritta, con anelli annuali ben distinguibili, ma spesso con spessore non uniforme, determinando anche rilevanti variazioni delle caratteristiche fisico-meccaniche del legno in direzione radiale. Le tasche di resina sono molto rare nel legno e di origine traumatica. È poco resistente alle alterazioni da funghi e insetti. Querce caducifoglie (Quercus s.p.): al genere Quercus appartengono diverse specie che vengono ordinariamente distinte in querce caducifoglie e querce sempreverdi in base alla persistenza invernale del fogliame. All’interno di ognuno dei due gruppi sono comprese diverse specie che possiedono legno con caratteristiche anche molto diverse. Nel raggruppamento delle querce caducifoglie vengono annoverate rovere, farnia, cerro e roverella, ma solo rovere e farnia rivestono interesse per impieghi strutturali in quanto il cerro non offre una adeguata durabilità e la roverella produce tronchi di troppo esigue dimensioni e con fibratura spesso deviata. Rovere e farnia sono diffuse in tutta l’Europa centrale e meridionale, escluso l’estremo nord; in Italia si trovano sulle Alpi e sull’Appennino. Il legno è differenziato e presenta raggi parenchimatici molto evidenti in tutte le sezioni. È un legno duro ma elastico, molto durabile agli attacchi da funghi e insetti. Pino silvestre (Pinus sylvestris L.): tipico in formazioni forestali a varia quota, in Italia cresce sull’arco alpino. Nei tronchi sono frequenti tasche di resina e legno di compressione; la fibratura, condizionata dalla forma dei fusti non è sempre regolare. Il durame differenziato è spesso molto ristretto; la durabilità naturale non è elevata. Larice (Larix decidua Mill.): pianta tipicamente montana, in Italia si trova sulle Alpi fino a 2600 metri di quota. Il legno è ben differenziato, con fibratura regolare e diritta, pesante. L’abbondante presenza di resina può creare problemi nelle lavorazioni e nella finitura del legno, ma ne aumenta la durabilità naturale.

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Durabilità naturale del durame2 Specie legnosa

Massa volumica media a umidità 12% [kg/m3]1

Ritiro1 Resistenza a compressione assiale media [MPa]1

Resistenza a flessione media [MPa]1

Modulo di elasticità a flessione medio [MPa]1

Funghi Coleotteri legno secco

Abete bianco 440 Da basso a medio 37 67 14200 Poco durabile Non

resistente

Abete rosso 450 Da basso a medio 38 73 15000 Poco durabile Non

resistente

Pino silvestre 550 Da

modesto a medio

45 97 13750 Da poco a

moderatamente durabile

Resistente

Larice 650 medio 51 93 14000 Da poco a

moderatamente durabile

Resistente

Pioppo 500 medio 40 73 8350 Non durabile Non resistente

Querce caducifoglie 820 elevato 61 108 12500 Durabile Resistente

Tabella X. Informazioni sulle caratteristiche fisico meccaniche delle specie legnose identificate nelle strutture

lignee oggetto dello studio (1 da G. Giordano, 1988 [4]; 2 da UNI EN 350-2 [5]). Considerazioni sulle provenienze dei legnami e sui periodi di stagionatura Considerando i risultati dell’identificazione della specie legnosa si nota un prevalente uso di legno di abete, in particolare di quello rosso rispetto a quello bianco, per le grosse orditure delle coperture studiate, comprese tra la fine del XV secolo e la metà del XVII. La diffusa presenza di larice nella copertura della navata della Cattedrale si deve forse all’importanza della fabbrica, alla committenza, al diverso momento costruttivo (rifacimento nel XVIII secolo), che hanno portato alla scelta di un materiale con migliori caratteristiche di durabilità naturale. Nei casi studiati, per i quali disponiamo di datazioni dendrocronologiche delle strutture lignee, si può osservare che i legnami da costruzione venivano posti in opera con stagionature molto limitate, dell’ordine di uno o due anni. Nella copertura di Palazzo dei Diamanti, che risulta completata nel 1496 [6], il legname è stato abbattuto nel 1495, mentre la capriata centrale inserita nel 1567 [7] è ricavata da una pianta abbattuta nel 1565; l’abside della Cattedrale, realizzata da Biagio Rossetti nel 1498, ha impiegato piante abbattute nel 1496; nella copertura della chiesa di San Cristoforo alla Certosa, che potrebbe essere stata ultimata intorno ai primissimi anni del XVI secolo, sono stati impiegati legnami abbattuti non prima dell’anno 1500. Tutte le conifere elencate, eccetto l’abete bianco, dovevano arrivare dall’arco alpino. Abete rosso, larice e pino silvestre hanno in Italia infatti un areale limitato alle Alpi, per cui non potevano giungere a Ferrara che lungo corsi d’acqua. Le grosse quantità di legno di conifera, e di abete rosso in particolare, provenivano probabilmente dal nord-est italiano, come sembrano confermare anche le curve dendrocronologiche di riferimento con cui sono stati confrontati i campioni dei legnami utilizzati a Ferrara. Attraverso l’Adige il legname poteva essere trasportato dalle aree alpine fino a valle, dove veniva convogliato alle segherie e poi caricato su zattere. Sempre lungo l’Adige il materiale arrivava fino a Verona poi, tramite l’Adigetto, fino a Rovigo, da dove lungo i canali, a volte anche artificiali, giungeva a Ferrara. Il legname poteva arrivare anche dalla Lombardia, ovvero da Mantova, o dalla parte occidentale del Trentino, sfruttando il lungo corso del Po che con le sue diramazioni entrava fino in città. Attraverso il Po di Ficarolo era possibile raggiungere anche Venezia, mentre a sud di Bondeno si diramavano due canali che portavano a Reggio Emilia e a Modena

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(Burana e Canale di Modena). Seguendo il Reno, invece, Ferrara si collegava con Bologna e le zone appenniniche del bolognese. Ma per le piccole quantità di materiale, Ferrara si serviva anche del legname prodotto in zona, in particolare da Cocomaro e Porotto, dove i duchi d’Este avevano i loro boschi [8]. Ringraziamenti Le datazioni dendrocronologiche degli elementi lignei sono state effettuate dalla dottoressa Olivia Pignatelli, della Dendrodata s.a.s. di Verona. Bibliografia [1] R. FABBRI, V. CASALI, Strutture lignee di copertura a Ferrara: studio e

interpretazione delle marche incise nel legno, in Danneggiamento, conservazione, manutenzione di strutture murarie e lignee: diagnosi e modellazione con riferimento alle tipologie costruttive ed edilizie, atti del workshop (Milano, 16-17 gennaio 2003), Milano 2003, pp. 27-36

[2] Analisi degli schemi distributivi e strutturali degli edifici ferraresi di culto nei sec. XV-XVIII, tesi di laurea di Alessandra Barbagallo, Martina Bonora, Giuseppe Marchi, relatori ing. Giuliano Mezzadri, arch. Carla Di Francesco, correlatori arch. Costanza Cavicchi, arch. Andrea Mantovani, la cui sintesi è edita in Ferrara Architettura 1. Edifici di culto, a cura di Rita Fabbri, Ferrara 2004, pp. 9-32

[3] UNI 11118. 2004. Beni Culturali. Manufatti lignei. Criteri per l’identificazione della specie legnosa. UNI, Milano

[4] G. GIORDANO, Tecnologia del legno. I legnami del mondo, Vol. 3**, Torino [5] UNI EN 350/2. 1996. Durabilità naturale del legno massiccio. Guida alla durabilità

naturale e trattabilità di specie legnose scelte di importanza in Europa [6] J. DE’ BIANCHI, Cronicha Modenese, in “Monumenti di Storia e Patria delle Province

Modenesi”, Serie delle cronache, Tomo 1, Parma 1861 [7] Analisi e proposte per il sistema soffitto-copertura del Salone del Palazzo dei Diamanti,

tesi di laurea di V. Casali, M. Finelli; relatori arch. C. Di Francesco, ing. G. Mezzadri; correlatore arch. R. Fabbri; Università degli Studi di Ferrara, Facoltà di Architettura, A.A. 1999/2000

[8] Adriatico mare d’Europa. L’economia e la storia, a cura di Eugenio Turri, Daniela Zumiani, s.l. 2001 M. BONDESAN, L’evoluzione idrografica e ambientale della Pianura Padana negli ultimi 3000 anni, in Storia di Ferrara, vol. 1, Ferrara 2001 D. CASTALDINI, S. RAIMONDI, Geomorfologia dell’area di Pianura Padana compresa fra Cento, Finale Emilia e Sant’Agostino, Modena 1986 L. GAMBI, A. PINELLI, La Galleria delle carte geografiche in Vaticano, Modena 1997 Insediamenti e viabilità nell’Alto Ferrarese dall’età Romana al Medioevo, atti del convegno (Cento 8-9 maggio 1987), Ferrara 1989 La pianura e le acque tra Bologna e Ferrara: un problema secolare, atti del Convegno (Cento 18-20 marzo 1983), Ferrara 1983 L. MARINELLI, P. SCARPELLINI, L’arte muraria in Bologna nell’età pontificia, Bologna 1992 S. PATITUCCI UGGERI, La navigazione interna del Delta padano nella Chronica parva ferrariensis, in “Atti e Memorie della Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria”, serie 3, vol. 30, 1981 E. ROSA, L’ultimo porto di Bologna, in “Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le province di Romagna”, n. 25-26, 1974-75