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CATTEDRALE DI PALERMO – SANTA VERGINE MARIA ASSUNTA IN CIELO Attorno al 1170, durante il regno di Guglielmo II, l’arcivescovo di Palermo l’inglese Walter Off the Mill, dalla tradizione ricordato col nome di Gualtiero Offamilio , iniziò la costruzione di un nuovo Duomo. Si trattò in realtà della ricostruzione di una preesistente antica cattedrale gravemente danneggiata dal terremoto del 1169. La Cattedrale gualteriana cronologicamente costituiva la terza delle chiese succedutesi nel sito; - in questo luogo infatti sorgeva, già in età paleocristiana (IV secolo), una basilica distrutta intorno alla metà del V secolo durante le invasioni vandaliche, - sulle cui rovine fu costruita dal vescovo Vittore e per volontà di San Gregorio Magno nel 590, la “Sanctae Mariae Basilica”, consacrata nell’anno 604. - Durante l’occupazione saracena nel IX secolo , la chiesa venne ristrutturata ed ampliata per essere trasformata in una grande moschea. - Con l’avvento dei normanni , l'edificio sacro fu restituito al culto cristiano ed ingrandito durante il regno di Ruggero II che vi aggiunse la cappella dell'Incoronata e quella di S. Maria Maddalena (poi distrutta). la chiesa fu restituita all’originale culto cristiano (1072) e reintegrato il vescovo Nicodemo che, in clandestinità, durante la dominazione araba aveva continuato ad esercitare il culto cristiano. - 1169 4 febbraio, Il terremoto di Sant'Agata arreca danni al monumento. L'evento sismico danneggia gravemente la sommità della torre campanaria e la parte superiore della facciata che crollano devastandosi vicendevolmente. 1

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CATTEDRALE DI PALERMO – SANTA VERGINE MARIA ASSUNTA IN CIELO

Attorno al 1170, durante il regno di Guglielmo II, l’arcivescovo di Palermo l’inglese Walter Off the Mill, dalla tradizione ricordato col nome di Gualtiero Offamilio, iniziò la costruzione di un nuovo Duomo. Si trattò in realtà della ricostruzione di una preesistente antica cattedrale gravemente danneggiata dal terremoto del 1169.La Cattedrale gualteriana cronologicamente costituiva la terza delle chiese succedutesi nel sito;

- in questo luogo infatti sorgeva, già in età paleocristiana (IV secolo), una basilica distrutta intorno alla metà del V secolo durante le invasioni vandaliche,

- sulle cui rovine fu costruita dal vescovo Vittore e per volontà di San Gregorio Magno nel 590, la “Sanctae Mariae Basilica”, consacrata nell’anno 604.

- Durante l’occupazione saracena nel IX secolo , la chiesa venne ristrutturata ed ampliata per essere trasformata in una grande moschea.

- Con l’avvento dei normanni , l'edificio sacro fu restituito al culto cristiano ed ingrandito durante il regno di Ruggero II che vi aggiunse la cappella dell'Incoronata e quella di S. Maria Maddalena (poi distrutta). la chiesa fu restituita all’originale culto cristiano (1072) e reintegrato il vescovo Nicodemo che, in clandestinità, durante la dominazione araba aveva continuato ad esercitare il culto cristiano.

- 1169 4 febbraio, Il terremoto di Sant'Agata arreca danni al monumento. L'evento sismico danneggia gravemente la sommità della torre campanaria e la parte superiore della facciata che crollano devastandosi vicendevolmente.

- Durante il regno di Guglielmo II di Sicilia l'arcivescovo di Palermo Gualtiero Offamilio promuove contestualmente( alla costruzione della cattedrale di Monreale, voluta da Guglielmo II per mausoleo di famiglia) la costruzione della nuova cattedrale di Palermo, completata nel 1184 - 1185, che dedico’alla “Santa Vergine Maria Assunta in Cielo”. Del primitivo impianto gregoriano perviene solo la parte inglobata nell'odierna Cappella dell'Incoronazione.

- 1185 6 aprile, Solenne consacrazione presieduta da Gualtiero Offamilio- Della Cattedrale normanna dedicata a Maria Assunta (originariamente a pianta basilicale),

rimangono i muri della navata principale, le quote basse delle torri e del torrione occidentale, al quale è collegata da arconi, la parte superiore dell'antititulo, tra le absidi e il coro, il prospetto absidale.

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- Il più poderoso e invasivo dei restauri è effettuato alla fine del Settecento, quando in occasione del

consolidamento strutturale si rimodella radicalmente l'interno su progetto di Ferdinando Fuga.

I lavori hanno inizio nel 1781, eseguiti non dal Fuga ma dal palermitano Carlo Chenchi con l'assistenza di Giuseppe Venanzio Marvuglia e durano fino ai primi anni del XIX secolo. Il restauro complessivo comporta un allargamento sui fianchi con la trasformazione delle cappelle laterali sulle navate laterali e le nuove cappelle costruite di sana pianta, il Portico meridionale avanzato di parecchi metri e interamente riassemblato per anastilosi a cura del capomastro Francesco Patricolo.[15] Rimodulazione della facciata nord.

I rifacimenti sono in realtà molto più radicali dei progetti dell'architetto fiorentino, che secondo alcuni studiosi, pensa invece di conservare, almeno in parte, il complesso longitudinale delle navate e l'originario soffitto ligneo del XII secolo. Il restauro interviene a cambiare l'aspetto originario del complesso, dotando la chiesa della caratteristica ma discordante cupola , eseguita secondo i disegni del Fuga

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L’Architettura

Opera grandiosa, l’originaria costruzione gualteriana si sviluppava su un impianto basilicale suddiviso in tre navate, innestato ad un “santuario” costituito dall’assemblaggio del transetto con un corpo a tre absidi, di cui quella centrale di dimensioni maggiori.L’impianto era a croce latina e presentava una teoria di dieci archi a sesto acuto rette da gruppi di quattro colonne di granito egizio, provenienti da costruzioni di età classica (probabilmente ricavati dal materiale di spoglio dell’antico tempio nicodemiano) per ognuno dei lati della navata maggiore, più un gruppo di colonne binate dello stesso ordine, alle due estremità.

Venti finestre bifore per lato illuminavano la navata maggiore e altrettante le navate laterali. Il coro riceveva luce attraverso le arcate del “Cleristorio”, loggiato architettonico di origine nordico, che si apriva in alto nelle volte del presbiterio. Il tetto della navata maggiore era ligneo e strutturato a capriate, “riccamente decorato e sorretto da diciannove travi dipinte” (Mongitore).

In asse alla navata centrale era la porta maggiore ed in asse alle navate minori erano le due porte laterali, aperte come la prima nel muro di prospetto occidentale, sull’antica “discesa della Madre Chiesa”, l’odierna via Matteo Bonello. Altre due porte di accesso alla chiesa erano aperte nei muri d’ambito, una a mezzogiorno e l’altra a settentrione.

Il sacro edificio, consacrato nel 1185, in onore di Maria Santissima Assunta, era ancora incompiuto alla morte del suo committente (e probabile architetto), avvenuta nel 1190, appena un anno dopo di quella del grande re Guglielmo II. La morte impedì all’arcivescovo la completa realizzazione del suo grandioso progetto, ma è probabile che anche i mezzi finanziari di cui disponeva non furono sufficienti

La Cattedrale palermitana, la cui storia riflette e sintetizza quella della città, ha subito, attraverso i secoli, continui rimaneggiamenti, restauri, aggiunte e modifiche, di cui talune a volte discutibili. Alla prima metà del XV secolo, risale il prezioso portico della facciata meridionale, mirabile manufatto architettonico-scultoreo del maestro della fabbriceria del Duomo, il “Magister Marammae” Antonio Gambara.Il portico, ritenuto un grande capolavoro dell’arte siciliana, rimarca fortemente i caratteri stilistici

dell’architettura catalana in gotico fiorito. Le tre arcate ogivali, di forma arabeggiante, fiancheggiate da due torri laterali, sono sovrastate da un grande timpano, inquadrato da una fascia decorativa di elementi scultorei che raffigurano animali in movimento, figure vegetali e antropomorfe “l’albero della vita”. Sotto il portico, si trovano bassorilievi di grande interesse storico, che celebrano l’uno l’incoronazione di Vittorio

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Amedeo II di Savoia, l’altro quella di Carlo III di Borbone, avvenute entrambi nel Duomo palermitano. Nel 1466 l’arcivescovo Nicola Puxades arricchì il duomo di un pregiatissimo coro ligneo intagliato fatto di 78 fastosi stalli corali, in stile gotico catalano.

Nel XVI secolo si volle ornare l’abside maggiore della chiesa con una grande tribuna marmorea, della cui esecuzione fu incaricato il più grande scultore siciliano del Cinquecento, Antonello Gagini. La famosa tribuna, che richiese più di mezzo secolo di lavoro (la terminarono i figli di Antonello), conteneva in due ordini di nicchie 47 statue di santi ed era sovrastata dalla figura del Padre Eterno tra una gloria di angeli. Opera grandiosa e di grande ricchezza artistica, la tribuna del Gagini pur col suo carattere discordante con quello dell’antica cattedrale gualteriana, era per essa altamente decorativa, anche se mancava di un criterio unificatore. La sua sciagurata distruzione rientra nell’opera di rinnovamento della Cattedrale avvenuta nella seconda metà del XVIII secolo (la maggior parte delle sue statue furono sistemate fuori dal tempio a coronamento delle mura esterne). La decorazione esterna della chiesa fu compiuta in tempi diversi, compresa la costruzione degli ordini superiori delle quattro torri angolari scalari, del prospetto occidentale e ancora della torre campanaria attuale (costruita in stile neogotico nel 1805 su progetto di Emanuele Palazzotto).

Nei continui tentativi di adeguare l’antico edificio allo stile architettonico dei tempi, nel 1767 don Ferdinando Fuga, regio ingegnere alla corte dei Borboni, su commissione dell’arcivescovo Filangeri, elaborò un grandioso progetto di totale trasformazione e ammodernamento della chiesa. Accantonato per molti anni, il progetto fu ripreso e affidato alla direzione degli architetti Giuseppe Venanzio Marvuglia e Salvatore Attinelli, che vi lavorarono dal 1781 al 1801. Questi lavori comportarono la cancellazione di almeno tre quarti della primitiva architettura: gli interni dell’antica fabbrica furono totalmente riconfigurati, vennero smembrati i gruppi di colonne tetrastili, per fare posto ad una severa sequenza di grandi pilastroni intercalati da archeggiature a tutto sesto della più severa concezione neoclassica. Profonde alterazioni subirono le navate, sia quella centrale che quelle laterali. La trasformazione più evidente riguardò l’area presbiteriale, modificando nelle proporzioni l’originale “titulo” (coro) ed “antititulo” dell’antica basilica gualteriana. Il coro modificato fu prolungato fino all’abside maggiore, si ricostruì il transetto e nel contempo fu innalzata una solenne cupola neoclassica, la cui altezza doveva sovrastare tutte le altre della città. La Basilica normanna venne pesantemente deturpata e si trasformò in un’austera chiesa della controriforma, abolendo così ogni ricordo di quella che fu la più grande delle Cattedrali normanne di Sicilia. Anche l’esterno subì delle trasformazioni, in analogia alla riconfigurazione dei volumi originari dell’interno, mantenendo comunque sempre una impronta non priva di raffinatezze architettoniche. La decorazione esterna originaria, caratterizzata da una ricca decorazione a tarsie bicrome (in cui la pietra chiara è alternata con pietra lavica) venne in parte occultata: la parte absidale del prospetto orientale, è quella più originale (XII secolo), presenta una decorazione ad intreccio di archi ciechi, a tarsia lavica, con motivi geometrici che si intersecano dando vita al tipico disegno a doppia archeggiatura, analoghi motivi ornamentali si ritrovano parzialmente anche nelle absidi del Duomo di Monreale. Del suo attuale aspetto, assieme al portico del fronte meridionale, questa è la parte della Cattedrale più suggestiva, di più elevato fascino architettonico e che colpisce più il visitatore.

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1. Tombe reali : all’ingresso nella cattedrale , nella navata destra, in 2 cappelle comunicanti vennero trasferite le tombe reali, in origine collocate nel coro. In primo piano il sarcofago in porfido di Federico II (m. 1250), forse in origine destinato a Ruggero per il Duomo-mausoleo di Cefalù e trasportato a Palermo nel 1213. Dentro l'urna si trova anche il corpo di Pietro d'Aragona (m. 1342). Dietro vi è il sarcofago di Ruggero (m. 1154) sorretto da uomini accosciati sotto un baldacchino con decorazioni musive. A sinistra i sarcofagi simili di Arrigo VI e di Costanza d'Altavilla, in porfido rosso sotto un baldacchino con decorazioni plastiche il primo, musive il secondo. Sulle pareti laterali le tombe di Costanza d1Aragona, prima moglie di Federico II entro un sarcofago romano con scene di caccia, e il sarcofago di Guglielmo Duca di Atene (1338) effigiato con l'abito domenicano.

2. Nei pilastri della navata principale in corrispondenza con l'ingresso vi sono due acquasantiere: la prima di Giuseppe Spadafora e Antonio Ferrara (1553) di scuola Gaginesca; la seconda dalle finissime decorazioni attribuita a Domenico Gagini.

Nella navata sinistra si possono notare:

3. Il fonte battesimale ottagonale di Filippo e Gaetano Pennino (1801 );

4. cappella di S. Maria degli Angeli con rilievi dei Gagini;

5. cappella di S. Cristina, successiva a quella di S. Antonio, conserva un dipinto di Giuseppe Velasco;

6. cappella di S. Agata con una tela raffigurante il Martirio della Santa di Pietro Martorana (XVIII secolo);

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7. cappella con la Madonna Libera Inferni di F.Laurana (1469).

8. Crocifisso trecentesco su una croce in agata del '700, ai piedi la Madonna e la Maddalena di Gaspare Serpotta ( 1664);

9. cappella del SS. Sacramento costruita, come la simmetrica dedicata a S, Rosalia, tra il 1626 e il '35, ha un ciborio in lapislazzuli eseguito su disegno di Cosimo Fanzago ( 1663).

10. Nel profondo presbiterio si conservano alcuni brani dei pavimenti normanni intarsiati. Del gran-dioso retablo di Antonello Gagini rimane solo un Cristo risorto e qualche altra statua alle pareti e nei pilastri delia navata centrale. Ai due lati, gli stalli lignei in stile gotico-catalano di pregiata fattura (1466). D'età normanna rimangono il candelabro per il cero pasquale e il trono episcopale sulla sinistra con preziose decorazioni musive. Affreschi sull'abside di Mariano Rossi (1802).

Navata destra:

11. cappella di S. Rosalia, conserva l'urna in argento con le reliquie della "Santuzza". Nelle pareti laterali bassorilievi di V. Viliareale (1801). Prima della trasformazione neoclassica, la cappella era intera-mente rivestita di marmi mischi, eseguiti su disegno di Mariano Smiriglio, primo esempio di tale decorazio-ne a Palermo.

cappella di S. Ignazio, protagonista di un quadro di Pietro Novelli sull'altare (Apparizione del

la Vergine ai SS. Ignazio e Francesco Saverio, 1633-34);

13. cappella del beato Geremia con un quadro del titolare, opera di A. Manno (1785);

14. cappella delle Reliquie con le urne dei Santi palermitani; per l'altare è stata utilizzata la lastra della tomba di S. Cosmo (XII secolo).

Dopo la cappella di S. Francesco di Paola con decorazioni in marmi mischi, vi è la

15. cappella dell'Assunta, con i bassorilievi di Antonello e Fazio Gagini (1535) e sull'altare un quadro di Giuseppe Velasco (1801). Sul pavimento vi è una meridiana solare, costruita dall'astronomo G. Piazzi nel 1798, su commissione dell'Arcivescovo Filippo Lopez y Rovo. A mezzogiorno viene illuminato il segno zodiacale del mese posto lungo un asse di rame. Segue l'accesso all'Antisacrestia, nelle cui pareti vi sono piastrelle maiolicate siciliane del '700; sulla destra vi è la sala del

16. Tesoro che conserva la corona di Costanza d'Aragona, capolavoro dell'oreficeria medievale, eseguito nell'opificio di Palazzo Reale. Di notevole interesse anche un breviario miniato del XV secolo, una teca d'avorio del XIII secolo, ostensori, reliquiari, paramenti sacri e vari oggetti trovati nei sepolcri reali. A sinistra dell'Antesacrestia si trova la

17. Sacrestia dei Canonici, un vano allungato coperto da volte a crociera costolonate forse costruito sui resti della ruggeriana cappella della Maddalena. Sulle pareti i ritratti dei canonici del Capitolo della Cattedrale. I due ricchi portali sono attribuiti a Vincenzo Gagini (1568), con le imposte lignee ad intarsio di Vincenzo Pernaci (1569).

18. Sacrestia Nuova del XVI secolo, prima sede del Tesoro con la Madonna della Scala di Antonello Gagini (1503). Da un portale a sinistra della Sacrestia dei Canonici si perviene alla Cripta e ad un

19, vano quadrangolare absidato, che è ciò che rimane dell'antico antititulo della chiesa normanna, insieme ad un altro vano simmetrico dalla parte opposta. Nel restauro è stata recuperata l'originaria elevazione, le tracce di una loggefta che lo coronava, due monofore sotto il grande oculo, una piccola muqarnas. Bello il portale tre-quattrocentesco, forse in origine posto all'esterno, che separa il vano dalla

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sacrestia. Da qui si accede alla Cripta. Essa è coeva o di poco posteriore alla cattedrale gualteriana, quando si riorganizzarono gli spazi racchiudendo in un'unica area le torri nord-est e sud-est e le tre absidi della cattedrale normanna. E un vano rettangolare diviso in due navate da colonne di riporto, utilizzate da edifici preesistenti. In un lato della Cripta vi sono sette absidi che avevano annicchiate agli angoli colonnine in granito. Nel XIX secolo Valenti la restaurò rialzandone la pavimentazione. Per i sarcofagi degli arcivescovi palermitani, tra cui quello di Gualtiero e di Simone da Bologna, sono state utilizzate urne di età classica e paleocristiana; il sarcofago dell'arcivescovo Giovanni Paterno (m. 1511) è della bottega dei Gagini.

Due cunicoli d'incerta funzione forse collegavano la Cripta con l'interno della chiesa o più probabilmente con il Vecchio Arcivescovato e, tramite la via Coperta, con il Palazzo Reale.

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