Post on 06-Mar-2016
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U T O P I A“Il grido possente del popolo in piedi in unico abbraccio, disarma la mano dei folli, che in cenere vorrebbero il mondo.”Maggio 2011 Università di Catania
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Pietro Figuera
(continua con lo Speciale Referendum alle pagine 3, 4, 5 e 6)
Si è molto parlato del fallimento dell'Unione Europeanella soluzione della crisi migratoria che hainteressato il nostro paese negli ultimi mesi.Sicuramente all'Europa sono imputabili moltemancanze e incoerenze dovute soprattutto allo scarsocoordinamento politico dei 27 su un argomento cosìsensibile come le politiche migratorie. Pesa in questosenso la composizione di molti governi europei,formati da un numero sempre maggiore di forzexenofobe (vedi articolo a pag.7). Nonostante ciò, nondobbiamo dimenticare (come invece hanno fatto moltimedia nostrani) alcuni elementi che possono farcicapire i motivi di tanta "freddezza" europea. L'Italiaha sbagliato praticamente tutto nella gestionedell'emergenza, e in modo così teatrale da far temereche dietro le apparenti incompetenze ci sia unaprecisa volontà politica di ingigantire il caso per finielettorali. Quella iniziata quest'anno non è certamentela prima ondata migratoria a cui siamo soggetti,abbiamo alle spalle un'esperienza decennale digestione più o meno ordinata dei flussi di stranieri:non dimentichiamo che poco più di 10 anni faabbiamo controllato con successo passaggi diimmigrati molto più imponenti, provenienti dalleregioni balcaniche martoriate dalla guerra. Eppureoggi, in piena rivoluzione tunisina, ci siamo fattitrovare col centro profughi di Lampedusa chiuso, eabbiamo perso tempo a inviare a Bruxelles larichiesta ufficiale di attivare l'intervento di Frontex.Abbiamo preteso una redistribuzione dei rifugiati.Forse però abbiamo dimenticato che l'anno scorso,quando Malta si era trovata in una situazione similealla nostra, Francia, Germania, Gran Bretagna,Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia, Slovenia,Portogallo e persino il Lussemburgo si sono fatticarico di una parte dei richiedenti asilo, ma noi nonabbiamo mosso un dito. E mentre denunciamo ilricatto di Gheddafi che promette flussi biblici inpartenza dalle coste libiche, non ci rendiamo contoche Bossi minaccia più o meno la stessa cosa neiconfronti di Francia e Germania. Paesi che magari avolte chiudono le frontiere, ma rispetto a noiaccolgono un numero molto superiore di stranieri, esenza esibirsi in melodrammatici vittimismi. Seimparassimo ad essere più responsabili, forserecupereremmo un po' di considerazione europea.
REFERENDUM, UN VOTO FONDAMENTALEIl referendum è uno strumento di democrazia semplice e diretto, che
proprio per la sua natura consente a tutti i cittadini di partecipare alla
vita politica in maniere attiva e decisiva. Il nostro ordinamento
prevede che per essere valido, un referendum, deve essere supportato
dal voto di almeno il 50% +1 degli aventi diritto. Quest’anno si
propongono quattro referendum di alta attrattiva sociale e politica:
due sulla privatizzazione dell’acqua, uno sul nucleare ed uno sul
legittimo impedimento. I temi sono attuali e concreti e quindi si ha la
netta sensazione che il cittadino abbia tutta la voglia e l’ interesse a
recarsi alle urne. Il governo Berlusconi, che sa fiutare l'aria contraria,
questa volta si è trovato in difficoltà.
Federica Giadone
IMMIGRAZIONE E RESPONSABILITA'
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Elena RivaderoI COSTI DELLA GIUSTIZIA PER GLI STRANIERILa giustizia è spesso costosa per quanto riguarda le
traduzioni, e l'UE ha deciso di intervenire. L'immigrazione
fa crescere il budget delle spese per la giustizia, per i costi
delle traduzioni nei processi in tutta Europa e l'aumento
della libera circolazione. E' quanto risulta dal documento di
lavoro presentato dalla Commissione europea due anni fa, in
vista di una decisione quadro sul diritto a interpretare e alla
traduzione nei procedimenti penali. In pratica Bruxelles
prova a dettare regole comuni nel settore, partendo
dall'analisi dei costi. Negli anni precedenti la spesa di
traduzione dei documenti processuali, per i procedimenti
penali degli stranieri è stata, in Italia, di circa 20 milioni di
euro; la spesa riguarda i documenti utili all'imputato,
tenendo conto di una media di provvedimenti di circa
quaranta pagine e di una stima di costo approssimato a 1500
euro. L'Italia è stata preceduta solo da Regno Unito,
Germania e Spagna. Occorre aggiungere il costo per gli
interpreti sia nelle stazioni di polizia sia nei tribunali: spese
destinate a crescere, osserva la Commissione europea, con
un forte impatto economico sugli Stati membri. Aumentano
poi i detenuti stranieri. In Italia, secondo i dati del Consiglio
d'Europa e riportati dalla Commissione, nel 2009 il 40%
della popolazione carceraria era costituito da stranieri che
scontavano la pena e il 60% erano detenuti in custodia
cautelare. Da qui la necessità di norme comuni agli stati UE
per fissare garanzie minime nei procedimenti penali,
partendo dagli interpreti nei processi. Diritti già previsti per
gli imputati dalla Convenzione europea per la salvaguardia
dei Diritti dell'Uomo, secondo la quale ogni persona
arrestata deve essere informata al più presto e in una lingua
comprensibile dei motivi dell'arresto e di ogni accusa
formulata a suo carico. Un diritto, però, poco applicato,
tanto da costringere la Corte europea a intervenire in diverse
occasioni. Un intervento in ambito UE potrebbe far
risparmiare agli Stati i costi causati dalle condanne ricevute
da Strasburgo. Bruxelles vorrebbe arrivare a non tradurre
ogni singolo documento, ma solo gli atti che servono
all'imputato per avere una conoscenza sufficiente della causa
intentata contro di lui affinché possa difendersi. Per questo i
funzionari europei intendono puntare anche sulla qualità
proponendosi di fissare i requisiti fondamentali per
un'adeguata traduzione. Arriverà a concretizzarsi questo
diritto? Oppure finirà nel cassetto come tante altre leggi
dimenticate?
REFERENDUM, UN VOTO FONDAMENTALEFederica Giadone
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(continua dalla prima pagina)Per prima cosa ha separato le
elezioni amministrative dai
referendum spostando quest’ultimo
alla data del 12 e 1 3 giugno con una
spesa aggiuntiva per l’erario di 300
milioni. Poi è arrivato l’ imprevisto:
la tragedia Giapponese ha provocato
una grave crisi nucleare che ha
messo ulteriormente in dubbio la
sicurezza delle centrali. Il disastro
nucleare ha fatto aprire gli occhi
anche degli italiani sul vero
significato dell’utilizzo di tale
energia. L’opinione pubblica è
scossa e comprende quale enorme
rischio si pone di fronte al suo
futuro. Il governo resiste (anzi
rilancia) sul tema nucleare ribadendo
la scelta nucleare con toni duri, ma
qualche giorno dopo, alla vista dei
sondaggi, fa dietro-front assicurando
che nulla è ancora deciso e che anzi,
ripensandoci, forse, quasi quasi, il
nucleare potrebbe essere pericoloso
e bisogna studiare delle centrali più
sicure. Quindi rinvia di un anno
l’ inizio dell’applicazione della legge
tentando in questo modo di far
saltare il referendum sul nucleare.
Come è possibile che in solo 24 ore
ci si accorga che il nucleare è
pericoloso? Come è possibile che
nessun tecnico o tecnocrate
ministeriale si sia mai reso conto che
il nucleare è una bomba ad
orologeria? La risposta l’abbiamo
avuto dopo pochi giorni. Il candido
sig. Berlusconi afferma che il
nucleare si farà, ma non ora perché
la gente è “scossa” dall’evento
giapponese e potrebbe votare al
referendum in balia di sentimenti ed
emozioni momentanee. Come può
un Presidente del Consiglio
giudicare un semplice evento la
immane catastrofe giapponese senza
porsi dei dubbi sull’effettivo valore
economico e sociale del nucleare.
Vale veramente la pena iniziare un
percorso nucleare in Italia senza
invece incentivare le energie
alternative? Il governo a questa
domanda ha già dato una risposta:
taglio del 30% agli incentivi sul
fotovoltaico, nuova leggina di
sospensione sul nucleare,
annullamento del referendum e fra
un anno faremo quello che ci pare.
Ormai le date del voto si avvicinano
e nessun tipo di pubblicizzazione e
di diffusione di informazione si è
attivato. Da qualche giorno la Rai
trasmette lo spot che dovrebbe
informare gli italiani sul
referendum, ma non è facile vederlo:
gli orari della messa in onda sono
alquanto improbabili. Regna un
silenzio imbarazzante da parte dei
mezzi di comunicazione, se non
fosse per i numerosi comitati che si
sono attivati e che continuano a
sensibilizzare gli animi non si
parlerebbe affatto di questo
importantissimo appuntamento.
Berlusconi ha paura che il
referendum possa avere un impatto
devastante sulla politica del
governo, anche più forte dei risultati
delle elezioni amministrative.
Ma in fondo, il terrore più grande di
Berlusconi non è tanto il nucleare,
quanto che i cittadini raggiungano il
quorum nell’altro referendum sul
Legittimo impedimento.
Sicuramente quello che più interessa
al "capo", uomo di 75 anni, non è
tanto di non vedere il pianeta
inquinato, radioattivo e con l'acqua a
pagamento, quanto di non passare i
prossimi anni in galera.
NUCLEARE: IL FUTURO NEL V(U)OTO
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Correva l’anno 1987. Tramite referendum abrogativo, l’ Italia
sanciva l’abbandono di fatto del ricorso al nucleare come
forma di approvvigionamento energetico. Era trascorso un
anno dal disastro nucleare di Cernobyl, il mondo era ancora
scosso dalle risonanze che questo drammatico evento aveva
portato con sé. La posizione assunta dagli italiani non può
dunque stupire.
Ventun anni dopo (maggio 2008), l’ex(allora) ministro dello
Sviluppo Economico Claudio Scajola ha felicemente
riproposto il ritorno all’atomo dell’ Italia come fonte
“alternativa” per l’ indipendenza energetica del nostro paese.
La proposta ha nettamente diviso le forze politiche e gli
apparati statali e ha provocato la mobilitazione di numerosi
gruppi ambientalisti a favore delle energie pulite.
L’11 marzo 2011 il mondo ha conosciuto una nuova tragedia
nucleare, conseguenza del disastroso terremoto che ha colpito
il Giappone. L’esplosione di tre reattori attivi della centrale
nucleare di Fukushima ha risollevato su scala mondiale il
problema dell’energia atomica e dei suoi costi umani ed
economici: in Germania il Cancelliere Angela Merkel ha
bloccato due reattori e ha deciso di far slittare di tre mesi
l’ inizio dei lavori per l’estensione della vita operativa di
diciassette reattori. Il Cancelliere ha dichiarato che "i fatti in
Giappone ci insegnano che i rischi considerati
completamente impensabili non sono totalmente
improbabili". La Svizzera ha, dal canto suo, detto stop a
nuove centrali, mentre sono stati attuati piani di emergenza in
Belgio e in Finlandia dove, tra l’altro, è stata inserita tra le
priorità di governo l’ incentivazione alle energie rinnovabili.
E l’ Italia come ha gestito lo sgomento per i fatti del
Giappone? “La linea italiana rispetto al programma nucleare
chiaramente non cambia”, parola del Ministro dell’Ambiente
Stefania Prestigiacomo. Ma il governo nelle settimane
successive è tornato sui propri passi, sull'onda degli eventi e
della mobilitazione antinucleare che ha subito preso piede tra
la maggioranza degli italiani.
Era già stato indetto un referendum sulla questione che, salvo
annullamenti, dovrebbe aver luogo nei giorni 12 e 1 3 giugno.
Ma perché i cittadini possano esprimersi consapevolmente in
merito alla questione è necessario anzitutto che l’opinione
pubblica sia adeguatamente informata in merito agli aspetti
economici, ambientali e di sicurezza che ruotano attorno al
tema “nucleare”. In primo luogo: a chi conviene veramente
un eventuale ritorno all’energia atomica? E ancora, l’energia
nucleare renderebbe DAVVERO l’Italia indipendente dal
punto di vista energetico? Il nostro paese, è vero, dipende per
il 90% dalle importazioni di corrente elettrica dalla Francia e
dalla Svizzera, senza contare la dipendenza da altri fornitori
stranieri per le materie prime utilizzate nelle nostre centrali
elettriche, soprattutto petrolio e gas naturale (combustibili
molto costosi).
Con l’attuazione del piano nucleare, l’ Italia dovrebbe in ogni
caso fare ricorso ai mercati stranieri per il reperimento di
un’altra materia prima, l’uranio, elemento esauribile nel
tempo. Non solo: i costi per l’ impianto delle centrali, per la
loro manutenzione e per la gestione delle scorie graverebbero
tanto al pubblico quanto al privato non meno di quelli
sostenibili in caso di attuazione di impianti per l’energia
rinnovabile. Inoltre, secondo la fonte Greenpeace, il rilancio
del nucleare farà mancare al nostro paese gli obiettivi europei
al 2020 per lo sviluppo delle rinnovabili, con ulteriori
sanzioni per la collettività. Dal punto di vista ambientale, i
costi dell’atomo ruotano principalmente attorno al problema
“scorie”. Basti pensare al fatto che una scoria di terzo livello
impiega circa 10.000 anni per dimezzare la sua radioattività e
resta pericolosa per almeno un milione di anni. Ad oggi,
nonostante le ricerche, non esistono processi di bonifica per i
rifiuti radioattivi che possono solo essere stoccati (quindi
depositati). Gli effetti dell’ inquinamento radioattivo sulle
persone e sugli animali sono altamente preoccupanti:
secondo uno studio tedesco, nel raggio di 5 km di distanza da
una centrale nucleare c’è un aumento del 60% dei casi di
cancro e del 117% dei casi di leucemia rispetto alla media
(soprattutto nei primi cinque anni di vita).
Valutando, dunque, costi e rischi la domanda che un’Italia
“democraticamente informata” dovrebbe porsi è la seguente:
vale davvero la pena investire risorse ed energie per un
sistema energetico che produce più costi che benefici? E
ancora: perché non attuare piani di energia pulita,
rinnovabile, dai costi relativamente alti ma ammortizzabili in
modo da creare un habitat sostenibile per noi e per le
generazioni future?
Claudia Cammarata
L'ACQUA, QUESTIONE DI "TRASPARENZA"Melania Cultraro
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L’acqua, un bene essenziale per la nostra umanità, fonte di
vita per l’essere vivente, oggi nel nostro Paese rischia di
essere messa in vendita. Avete capito bene. Il nostro amato
Governo (che si occupa di tutto, tranne delle cose di cui
realmente si dovrebbe occupare) ha deciso, sine ira et odio,
di realizzare attraverso il decreto Ronchi la nuova riforma
sul servizio idrico.
Per capire nel dettaglio le modifiche apportate con il nuovo
decreto facciamo un piccolo passo indietro.
In primo luogo delle innovazioni furono apportate dalla
legge 36/94. La legge, che prese il nome del suo autore
“Galli”, stabilì che tutte le acque sotterranee e superficiali
venissero affidate al servizio pubblico. Pertanto il consumo
umano con tale decreto divenne prioritario rispetto agli
altri usi, che furono ammessi solo quando la risorsa idrica
diventava sufficiente per poterli soddisfare. Tuttavia la
norma ribadiva che gli usi non dovessero pregiudicare la
qualità dell'acqua per il consumo umano. Tale legge oggi è
stata superata dall’articolo 15 del Decreto Legge 135/09.
L’articolo da un lato ribadisce come la proprietà dell'acqua
sia pubblica; dall'altra però manda in soffitta tutte le
gestioni in house entro il 31 dicembre 2011 a meno che
entro questa data la società che gestisce il servizio non sia
per il 40% affidata a privati. Ma scendiamo nel dettaglio.
La legge stabilisce che la gestione del servizio idrico
debba essere affidata ad un soggetto privato scelto tramite
gara ad evidenza pubblica oppure ad una società mista
(pubblico-privato) nella quale il privato sia stato scelto con
gara. In via straordinaria, però, la gestione del servizio
idrico può essere affidata in via diretta, vale a dire senza
gara, ad una società privata o pubblica. Il nostro governo
della trasparenza e della legalità tiene a precisare però che
nei casi eccezionali previsti dalla legge, la società a cui
venga affidata la gestione diretta debba essere innanzitutto
in house, ossia una società su cui l'ente locale esercita un
controllo molto stretto; in secondo luogo, l'ente locale deve
presentare una relazione all'Antitrust in cui motiva la
ragione dell'affidamento senza gara. In terzo luogo,
l'Antitrust deve dare il proprio parere. Nel primo quesito i
cittadini dovranno decidere se abrogare questa norma per
contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta
dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi
idrici in questo Paese. Dal 2011 vedremo spegnere le
nostre tante amate società pubbliche a meno che queste
non cedano a privati ameno il 40% delle loro quote. Nel
secondo quesito si chiederà l'abrogazione del comma 1
dell'art.1 54 del Decreto Legislativo n.1 52/2006, che
consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla
tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a
remunerazione del capitale investito, senza alcun
collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il
miglioramento qualitativo del servizio. Si avvierà così un
meccanismo di gestione basato sul profitto. Ovviamente il
primo effetto collaterale sarà l’aumento incontrollabile
delle tariffe. Con questo nuovo sistema le imprese
potranno modificare unilateralmente le tariffe per
realizzare sempre più alti utili di gestione. Inoltre si scarica
sui cittadini il costo degli investimenti. Ma dov'è finita la
tutela del diritto fondamentale della persona alla piena e
paritaria fruizione dei beni comuni, sancito dalla
Costituzione?
Pertanto il 1 2 e il 1 3 giugno abbiamo un grande impegno.
Questo impegno non lo abbiamo preso né con i partiti, né
con le coalizioni, né con le bandiere, né con i colori, ma
con la nostra democrazia. Uniti tutti dobbiamo andare a
votare al referendum. Non è possibile che nel nostro Paese
si avvii un processo di mercificazione dell’acqua. L’acqua
è un bene comune e come tale deve essere di tutti!
Concludo invitandovi alla riflessione con dei versi del
poeta siciliano Stefano Bissi: "Il grido possente del popoloin piedi in unico abbraccio, disarma la mano dei folli, chein cenere vorrebbero il mondo." (da "Il grido di dolore").
L'(IL)LEGITTIMO IMPEDIMENTOFederica MeliCon un referendum ormai alle porte e con un Berlusconi sempre più “legittimamente impedito”, incombe l’onere di fare il punto
della situazione e capire per quale motivo bisogna rispondere con un sonoro SI (per dire NO) il 1 2 e 1 3 giugno prossimi.
Innanzitutto, cos’è il legittimo impedimento tanto propugnato dal nostro premier? La legge sul legittimo impedimento è
ascrivibile alle cosiddette leggi ad personam che, dal 1994 ad oggi, tanta gola fanno al nostro Presidente. Nello specifico, il
legittimo impedimento, è una legge incostituzionale perché si scontra con l’Art.3 e l’Art.1 38 della nostra (amata?), purtroppo
vilipesa e a volte ignorata, Costituzione. Il 1 2 e 1 3 giugno rappresentano la grande occasione per tutti gli italiani indignati di
gridare a gran voce il dissenso per un Presidente del Consiglio difeso dai processi ma mai nei processi.
Votare SI significherebbe dare un’altra speranza all’ Italia di poter essere veramente e finalmente un Paese democratico, votare SI
significherebbe aprire una seria prospettiva di cambiamento a discapito di uno stagnante Governo che tiene immobilizzato
l’ intero Paese con il solo scopo di risolvere questioni private del Papi (tra una Ruby rubacuori e un bunga-bunga), mostrando un
assoluto disinteresse per i problemi dell’ Italia e degli italiani.
Per onestà intellettuale inserisco di seguito il testo della legge, affinché ognuno con la propria testa ma sapendo di avere una reale
responsabilità verso il proprio Paese, possa recarsi alle urne avendo ben impresso nella mente il dogma che si trova a caratteri
cubitali in ogni aula di tribunale: “LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI”.
Art.11 . Per i l Presidente del Consigl io dei Ministri costituisce
legittimo impedimento, ai sensi del l 'articolo 420-ter del
codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei
procedimenti penali , quale imputato, i l concomitante
esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o
dai regolamenti e in particolare dagli articol i 5, 6 e 1 2 della
legge 23 agosto 1 988, n. 400, e successive modificazioni,
dagl i articol i 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 lugl io 1 999, n.
303, e successive modificazioni, e dal regolamento interno
del Consigl io dei Ministri , di cui al decreto del Presidente del
Consigl io dei ministri 1 0 novembre 1 993, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 268 del 1 5 novembre 1 993, e
successive modificazioni, del le relative attività preparatorie e
consequenzial i , nonché di ogni attività comunque
coessenziale al le funzioni di Governo.
2. Per i Ministri l 'esercizio del le attività previste dalle leggi e
dai regolamenti che ne discipl inano le attribuzioni, nonché di
ogni attività comunque coessenziale al le funzioni di
Governo, costituisce legittimo impedimento, ai sensi
del l 'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a
comparire nelle udienze dei procedimenti penali qual i
imputati .
3. I l giudice, su richiesta di parte, quando ricorrono le ipotesi
di cui ai commi precedenti rinvia i l processo ad altra udienza.
4. Ove la Presidenza del Consigl io dei Ministri attesti che
l 'impedimento è continuativo e correlato al lo svolgimento
delle funzioni di cui al la presente legge, i l giudice rinvia i l
processo a udienza successiva al periodo indicato, che non
può essere superiore a sei mesi.
5. I l corso della prescrizione rimane sospeso per l 'intera
durata del rinvio, secondo quanto previsto dell 'articolo 1 59,
primo comma, numero 3), del codice penale, e si applica i l
terzo comma del medesimo articolo 1 59 del codice penale.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai
processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, al la data
di entrata in vigore della presente legge.
Art.21 . Le disposizioni di cui al l 'articolo 1 si applicano fino alla
data di entrata in vigore della legge costituzionale recante la
discipl ina organica delle prerogative del Presidente del
Consigl io dei Ministri e dei Ministri , nonché della discipl ina
attuativa delle modalità di partecipazione degli stessi ai
processi penali e, comunque, non oltre diciotto mesi dal la
data di entrata in vigore della presente legge, salvi i casi
previsti dal l 'articolo 96 della Costituzione, al fine di
consentire al Presidente del Consigl io dei Ministri e ai
Ministri i l sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite
dal la Costituzione e dalla legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a
quello del la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Non mi resta che invitare, tutti, ad andare a votare nei giorni 12 e 1 3 giugno, considerando ciò come un gesto di tutela personale.
È di questi ultimi giorni, infatti, la notizia del tentato ritiro, da parte del Governo, di ben due dei quattro quesiti sottoposti a
referendum (nucleare e acqua): un modo semplice ma turpe e machiavellico per indurre la gente, poiché ne vengono meno i
presupposti, a non andare a votare; con questa scaltra mossa non verrebbe raggiunto il quorum e Berlusconi con il suo
(il)legittimo impedimento sarebbe salvo.
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LA RINASCITA DELL'ESTREMA DESTRA IN EUROPAEdoardo SavocaUno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro dell’estrema
destra. La crisi dell’economia, delle finanze pubbliche e
dell’occupazione richiama il clima degli anni ’30 che vide
trionfare il fascismo e le destre nazionali in Europa e nel
mondo. Senza dubbio, non siamo sull’orlo di una guerra
mondiale fra stati occidentali, ma questa rinascita
dell’estrema destra, grazie alle vittorie elettorali di diversi
partiti della destra nazionale, si iscrive in una tradizione che
riconduce agli anni della Contro-Rivoluzione. I liberali
democratici sono intrappolati nelle loro istituzioni e nelle loro
convinzioni. Disoccupazione e immigrazione sono diventati i
grandi temi di una mobilitazione estremista che cerca dei
colpevoli; accusato di lassismo e d’incompetenza, il regime
parlamentare diventa il capro espiatorio ideale. Il
nazionalismo dell’estrema destra europea è stato a lungo
nutrito dall’antisemitismo; nonostante le non trascurabili tesi
pseudo-scientifiche e negazioniste portate avanti fino ad oggi,
il nemico numero uno sembra tuttavia rivendicato dalla destra
islamofobica associata alla destra xenofoba e nazionalista. Le
principali soluzioni proposte? La chiusura delle frontiere, la
preferenza nazionale nell’ambito lavorativo, il divieto di
costruzione di minareti, la riaffermazione dello stato
nazionale a sfavore degli ordini politici internazionali, in
primis dell’Unione Europea. Da un paese all’altro, i discorsi e
le azioni variano, il folklore si mescola. Ma questi partiti
rivelano lo stato di crisi di un intero continente. In sei paesi
europei, infatti, l’estrema destra ha ottenuto importanti e
considerevoli risultati elettorali sia a livello amministrativo-
locale sia a livello legislativo-nazionale. La spinta nazional-
populista designa un arco dall’Olanda alla Serbia, senza
tuttavia tralasciare Francia e Italia in cui hanno maggiore peso
politico, rispetto agli anni '70-'80, partiti come il Front
National di Jean Marie Le Pen, la Lega Nord di Umberto
Bossi, il nuovo MSI – Destra Nazionale e altri partiti radicali.
Tuttavia sembrano cadute in questa spirale destrorsa anche
Norvegia e Svezia, di antica e forte tradizione
socialdemocratica. I partiti di estrema destra rivendicano tutti
la lotta (ormai, e per ora, “democratizzata”) all’europeismo e
ai flussi migratori, provenienti soprattutto dai paesi di cultura
islamica e da realtà povere in cui non si ha più nulla da
perdere. Allo stesso tempo incombono i grandi movimenti
regionalistici che cercano di darsi maggiore autonomia
all’ interno dei governi nazionali promuovendo federalismo e
maggiore autonomia nei confronti del potere centrale, è il
caso dell’ Italia e della Lega Nord. Nei Balcani, invece, la
protesta delle destre si concentra maggiormente sul problema
del decentramento, provocato dalla continua e non del tutto
finita secessione dell’ex Jugoslavia titina: è il caso della
Serbia, paese in bilico e ancora gravemente ferito dalle
recenti guerre che, abbandonato il socialismo stato-centrico,
abbraccia con sempre più entusiasmo l’ idea di un grande
nazionalismo serbo rivendicatore del possedimento di territori
persi a causa della nascita di nuovi Stati come la Croazia, la
Bosnia-Erzegovina, il Kosovo, il Montenegro e la
Macedonia. In Francia e in altri paesi del Nord Europa e
dell’Europa Centrale, invece, i movimenti della destra
nazionale si concentrano soprattutto contro quel processo, da
essi chiamato “islamizzazione dell’Europa”, considerato
come il responsabile della contaminazione della cultura
europea di matrice cristiana e come l’usurpatore del lavoro di
manodopera che sottrae possibilità ad una grande fetta di
popolazione europea autoctona.
Filip Dewinter (7,8%, 12 seggi in Belgio)Volen Siderov (8%, 21 seggi in Bulgaria)Pia Kjaesgaard (13,9%, 25 seggi in Danimarca)Jean Marie Le Pen (11,7% alle regionali in Francia)George Karatzaferis (5,63%, 5 seggi in Grecia)Krisztina Morvai (16,7%, 26 seggi in Ungheria)Umberto Bossi (8,3%, 60 seggi in Italia)Robert Zile (6,9%, 8 seggi in Lituania)Siv Jensen (22,9%, 41 seggi in Norvegia)Geert Wilders (15,5%, 24 seggi in Olanda)Vojislav Seselj (29,5%, 78 seggi in Serbia)Christoph Blocher (28,9%, 62 seggi in Svizzera)
Deputati di estrema destra nei parlamenti nazionali
Nomi dei principali leaders e percentualiottenute alle ultime elezioni
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Utopia - Stampato non periodico. Editore: UDU Catania. Direttore: Pietro Figuera. Redazione: Via Crociferi 40, Catania
Alla faccia di chi dice che i “terroni” sono fannulloni e che
vota Lega Nord, i giovani del Sud sono famosi per le loro
specializzazioni. Sarà che dalle nostre parti tutto è più
difficile, e siamo quindi abituati alle sfide. Quella dello
sciopero generale di giorno 6 Maggio rappresenta
l’ennesima, anche per le giovani generazioni: protestare non
ci basta più. Se ci rendiamo conto che chi governa non è in
grado di farlo, beh, le proposte le facciamo noi. Se nel
mezzogiorno il 42% dei giovani è disoccupato; se i giovani di
oggi hanno già ben in mente quello che sarà e quello che
vorrebbero che fosse il loro domani, il lavoro è l’unico modo
per dare loro i mezzi e la dignità per costruirselo. Perché noi
non aspettiamo nessuno. Soprattutto non aspettiamo che, a
seguito della crisi, sia il mercato dei beni di consumo a
ripartire: un modello già in crisi di suo nel mezzogiorno
d’Italia, che dovrebbe imparare a valorizzare i propri beni,
piuttosto che a imitare i modelli di sviluppo altrui.
Inversione di tendenza può avvenire solo grazie alla cultura,
che se secondo qualcuno non si mangia, di certo potrebbe
dare da mangiare a molti. E non si parla qui dei termini
forbiti per mezzo dei quali si identificano le varie “categorie”
di disoccupati (Neet, poorly integrated, etc…). La mancanza
di lavoro è uguale per tutti. Si parla delle domus che cadono
a pezzi, della Valle dei Templi che è una discarica, e di
un’Italia che “ha regalato al mondo il 50% dei beni artistici
tutelati dall’Unesco”. E se c’è anche chi non sa che sono solo
il 5% (“lo sapevi?”), di certo gli stessi non sanno che, anche
il 5% è già molto. E’ molto per far ripartire la locomotiva del
Sud tramite il settore dei servizi, che attrae soldi da fuori,
visto che al momento qui non ne abbiamo poi molti. Per non
parlare di un sole e di un mare come il nostro, che ci
invidiano tutti, ma non solo per la bellezza, quanto per la
funzionalità: fonti rinnovabili. Una possibilità che viene
spesso nominata, ma mai messa in pratica. Parliamo di quasi
3 milioni di posti di lavoro entro il 2020 in tutta Europa.
Parliamo di risparmio nelle tasche delle famiglie, dei
cassaintegrati, dei giovani che si distaccano dal nucleo
familiare, che stentano ad arrivare alla terza settimana. E poi
la Pubblica Amministrazione, la maggior impresa del Sud:
assunzioni bloccate, sperpero di denaro e molte donne che
rimangono a casa, arrecando un danno doppio
all’occupazione forse. Ebbene sì, perché l’occupazione
femminile ha un valore aggiunto: porta con sé, innata, un
aumento di sviluppo dovuto a tutta la serie di servizi che
sono necessari per mantenere famiglia, casa e bambini,
quando entrambi i coniugi lavorano. Servizi, Pubblica
Amministrazione, fonti rinnovabili, ma soprattutto, la
consapevolezza che le bellezze della natura, l’arte, così come
l’acqua, il sole ed il vento, sono bene comune ed
inalienabile, così come comune dovrebbe essere la
solidarietà reciproca che ci guida verso un futuro stabile e
sereno. Per tutti. Ma soprattutto per noi.
In un mezzogiorno maglia nera per l’occupazione in Italia, un raggio di sole illumina lo sciopero del 6 maggioL'ITALIA: REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO?Gianluca Scerri