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TESI DI LAUREA IN DIRITTO PENALE
IL GIUDIZIO ABBREVIATO
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1
I profili di incostituzionalità del giudizio abbreviato
Il giudizio abbreviato semplice
Il giudizio abbreviato condizionato
I parametri legali di ammissibilità
CAPITOLO 2
L’introduzione e lo svolgimento del giudizio abbreviato
I rapporti con il patteggiamento
La disciplina dell’udienza
La tutela della parte offesa
CAPITOLO 3
Gli elementi probatori utilizzabili per la decisione
La diminuente processuale nel caso di condanna
Impugnazione delle sentenze di condanna
La celebrazione del giudizio d’appello
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
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(……….OMISSIS……….) Con l’espressione “sentenze di proscioglimento” il legislatore ha
voluto fare riferimento alle sentenze di assoluzione, a quelle di non doversi procedere per
mancanza di una causa di procedibilità ai sensi dell’art. 529 del codice di procedura penale ed a
quelle di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell’art. 531 del codice di
procedura penale. L’imputato, inoltre, non poteva proporre appello contro le sentenze di
condanna a pene che non dovevano eseguirsi oppure nei confronti di sentenza di condanna alla
sola pena pecuniaria. Il pubblico ministero non poteva impugnare le sentenze di condanna ad
eccezione di quelle che concernessero una modifica nel titolo del reato. Limitare i poteri di
impugnazione delle parti è rispettoso della funzione deflativa del rito speciale poiché è
finalizzata a non ritardare la rapida definizione del procedimento che rappresentava l’obiettivo
primario attraverso il rito semplificato previsto dall’art. 438 del codice di procedura penale.1
Secondo una parte della dottrina, la previsione dei limiti al potere di appello costituisce uno
degli elementi che il legislatore ha posto sull’altro piatto della bilancia al fine di misurare la
comparazione dei rispettivi interessi tra le parti in modo tale da raggiungere l’accordo sul rito.
Lo scopo della previsione dei limiti generali all’appellabilità delle sentenze rese all’esito del
giudizio abbreviato consiste nell’esigenza di non frustrare, con un ulteriore grado di giudizio, le
esigenze di celerità processuale tipiche del rito alternativo.2 Quindi, la legge nr. 479 del 16
dicembre 1999 ha ampliato gli ambiti di appellabilità delle sentenze emanate alla conclusione
del giudizio abbreviato, grazie ad una revisione dell’art. 443 del codice di procedura penale che
ha determinato importanti novità in quanto c’è stata l’opportunità di adeguare il testo normativo
alle modificazioni legislative. L’abrogazione del co.2 dell’art. 443 del codice di procedura
penale rispetta la dichiarazione di illegittimità costituzionale nella parte in cui stabilisce che
l’imputato non può proporre appello contro la sentenza di condanna ad una pena che non deve
essere eseguita. Le sentenze di condanna relative a reati per i quali viene applicata la sola pena
pecuniaria e le sentenze di proscioglimento sono inappellabili. L’art. 13 della legge nr. 128 del
26 marzo 2001 ha rivisto il co. 3 dell’art. 593 del codice di procedura penale stabilendo
l’inappellabilità delle sentenze di condanna per le quali è stata applicata soltanto la pena
dell’ammenda.3 La legge nr. 479 del 16 dicembre 1999 ha rimosso il limite inerente alla
legittimità ad appellare le sentenze con cui vengono irrogate le sanzioni sostitutive: quindi le
1TODARO G., Note minime in materia di utilizzabilità nel giudizio abbreviato dei risultati di intercettazioni disposte oppure autorizzate con decreti del giudice carenti di motivazione, in Giurisdizione di merito, 2008, pag. 594
2ANGELETTI R., Manuale del giudizio abbreviato, Giappichelli, Torino, 2010, pag. 382
3 FIANDACA G., MUSCO E., Diritto penale, Il Mulino, Bologna, 2001, pp. 674 e ss.
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pronunce applicative della semidetenzione, della libertà controllata e della pena pecuniaria in
luogo di una pena detentiva breve sono appellabili sia dall’imputato sia dal pubblico ministero.4
In relazione al potere di impugnazione del pubblico ministero, la soppressione del limite al
gravame deve essere coordinata con il co. 3 dell’art. 433 del codice di procedura penale in
quanto il pubblico ministero può far valere in secondo grado soltanto gli eventuali errori
compiuti nell’applicazione della sanzione sostitutiva oppure contestarne la legittimità. L’art. 433
del codice di procedura penale prevede che l’imputato ed il pubblico ministero non possano
proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento. Le motivazioni di questa disposizione
sono da rinvenire nella impossibilità di proporre l’atto di appello nei confronti delle sentenze di
proscioglimento che si fondano sulla compatibilità di due principi fondamentali con la tipicità
del giudizio svolto. Il divieto di appellabilità è compatibile con la finalità che il legislatore aveva
prefigurato in relazione all’istituzione di un rito che deflazionasse la fase del dibattimento e
riducesse i tempi della giustizia. Il giusto processo, previsto dall’art. 111 della Costituzione
repubblicana, impone al legislatore di garantire al cittadino una rapida definizione del
procedimento che lo riguarda pur nel rispetto delle garanzie che permettono l’emanazione di un
giudizio equilibrato da parte del giudice terzo ed imparziale. La Corte di Cassazione, Sezione V,
con sentenza nr. 4349 del 28 ottobre 2008 ha stabilito che è manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 443 del codice di procedura penale – modificato
dall’art. 10 della legge nr. 46/2006 e successivamente dichiarato costituzionalmente illegittimo
con sentenza nr. 320/2007 nella parte in cui escludeva l’appello del Pubblico Ministero nei
confronti delle sentenze di proscioglimento – nella parte in cui esclude l’appellabilità da parte
dell’imputato della sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio abbreviato poiché il
secondo grado di merito non gode di garanzia costituzionale. Il codice, in deroga al co. 1
dell’art. 593 del codice di procedura penale, prevede che l’imputato non possa proporre appello
nei confronti delle sentenze di proscioglimento, indipendentemente dalla formula pronunciata.
Questo limite trova il proprio fondamento nel contemperamento degli interessi dell’imputato
con quelli dell’ordinamento giuridico che con il rito alternativo ha consentito un beneficio
premiale in cambio della riduzione dei tempi e dei giudizi dibattimentali. L’imputato nel
momento in cui ha preferito la scelta alterativa era pienamente consapevole che la sentenza
conclusiva del giudizio, in caso di esito di proscioglimento, sarebbe stata inappellabile e perciò
non è possibile ipotizzare alcuna lesione dei propri diritti. (……….OMISSIS……….)
4 ANGELETTI R., Il giudizio abbreviato riformato, Giappichelli, Torino, 2005, pag. 287