Corso di Diritto penale minorile Prof. Giandomenico Dodaro 1 DIRITTO PENALE MINORILE a.a. 2009-2010.

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DIRITTO PENALE MINORILE

a.a. 2009-2010

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I PRINCIPALI ATTORI DELLA

GIUSTIZIA PENALE MINORILE

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TRIBUNALE PER I MINORENNI

• FONTI– r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404– legge 27 dicembre 1956 n. 1441– legge 9 marzo 1971 n. 35

• COMPETENZA: – specializzata ex art. 102, 2° co., Cost. (ragione subiecti)– omnicomprensiva (ratione obiecti)

• amministrativa• civile• penale

– separata (dal quella del giudice ordinario)– esclusiva (anche nei confronti di imputati divenuti maggiorenni nel

corso del processo o dell’esecuzione della pena, e di minore coimputato con maggiorenne per concorso nello stesso reato – Corte cost. n. 222 del 1983)

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GIUSTIFICAZIONE DELLA COMPETENZA SEPARATA DEL TM

• Caratteristiche soggettive dell’imputato:

soggetto minorenne in fase evolutiva

• Funzione della pena:

general-preventiva e special-preventiva. Individualizzazione della risposta istituzionale “sanzionatorio-responsabilizzante”.

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Art. 9 d.p.r. n. 448 del 1988 - Accertamenti sulla personalità del minorenne

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I GIUDICI ONORARI r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404, art. 2. - Istituzione e

composizione dei Tribunali per minorenni

I GO sono scelti fra i cultori di biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia, psicologia, pediatria, sociologia

Requisito fondamentale implicito: comprovata esperienza

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Contributo dei GO nella giustizia minorile

‘Ponte’ tra le agenzie di formazione e ricerca che si occupano di assistenza, educazione e riabilitazione e studio di problematiche psicologiche e sociali

inerenti i minori, la famiglia ed i gruppi di riferimento e le istituzioni della giustizia

minorile

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Funzione dei Giudici onorari

Il compito dei GO non si esaurisce nel mettere a disposizione della componente

togata del TM le proprie competenze specializzate.

I GO partecipano, a pari titolo con i giudici togati, all’esercizio della funzione

giurisdizionale.

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Il G.O. svolge una funzione diversa da quella dello psicologo, psicoterapeuta, assistente

sociale, educatore, ecc.

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La composizione degli Organi giudiziari minorili

DALLE ORIGINI …

• COMPOSIZIONE:

– TM: 2 giudici togati, non specializzati con competenze aggiuntive ordinarie penali o civili, + 1 giudice onorario maschio

… AD OGGI

• COMPOSIZIONE: – Gip: giudice monocratico

togato– Gup: 1 giudice togato + 2

onorari– TM: 2 togati + 2 onorari di

ambo i sessi – Magistrato di sorveglianza– Sezione di Corte d’Appello:

3 togati + 2 onorari

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Assistenza all’imputato minorenne(art. 12 d.p.r. n. 448 del 1988)

• L'assistenza affettiva e psicologica all'imputato minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei

– genitori, anche non esercenti la potestà sul minore o

– di altra persona idonea indicata dal minorenne e ammessa dall'autorità giudiziaria che procede (es. parenti, insegnante).

– ed, in ogni caso, dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia e dei servizi di assistenza degli enti locali

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Il pubblico ministero e il giudice possono procedere al compimento di atti per i quali è richiesta la partecipazione del minorenne senza la presenza delle persone indicate nei commi 1 e 2, nell'interesse del minorenne o quando sussistono inderogabili esigenze processuali

(es. in caso di genitore maltrattante, o di forte ‘attaccamento’ del minore ad uno dei genitori, tale da compromettere o disturbare l’esito del colloquio)

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L’AVVOCATO DEL MINORE

Ruolo dell’avvocato

• tecnicamente qualificato da specifiche competenze interdisciplinari

• deontologicamente ispirato a logiche di collaborazione con tutte parti processuali, anche con quelli aventi una formazione professionale non giuridica (es. giudici onorari e servizi minorili)

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ETICA PROFESSIONALE DELL’AVVOCATO

tra

DIRITTO DI DIFESA

E

INTERESSE EDUCATIVO DEL MINORE

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DIFENSORE DEL MINORE AUTORE DI REATO

• L’imputato ha diritto di essere difeso in tutti i modi consentiti dall’ordinamento, ha diritto al silenzio ed al mendacio (salvo i limiti del delitto di calunnia e di altri delitti contro l’amministrazione della giustizia)

• L’avvocato, sul piano dei principi giuridici, non ha, di conseguenza, doveri di collaborazione veridica, ma di difesa dell’interesse di chi assiste …

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Codice di deontologia professionale forense

• Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia. … Qualora [l’incarico] sia conferito da un terzo, che intenda tutelare l’interesse della parte assistita, … l‘incarico può essere accettato solamente con il consenso della parte assistita (art. 35 – Rapporto di fiducia)

• L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi deontologici (art. 36 – Autonomia del rapporto)

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CRITERIO GENERALE

Sul piano processuale, per l’avvocato del minorenne può venire in rilievo una pluralità di obiettivi, in ragione non solo

della concreta situazione probatoria, ma anche dei possibili esiti che

consente il diritto minorile, penale o civile.

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Casi problematici

• Situazioni processuali compromesse sul piano della prova della responsabilità del minore (es. arresto in flagranza)

• Situazioni processuali non ben definite

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CENTRI PER LA GIUSTIZIA MINORILE

artt. 7 ss. d.l.vo n. 272 del 1989

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Dei CGM regionali fanno parte

• USSM – Ufficio del servizio sociale ministeriale

• IPM – Istituto penale per i minorenni• CPA – Centri di prima accoglienza (art. 9

dpr n. 272/1989)

• ISL – Istituti di semilibertà e semidetenzione (art. 11 dpr n. 272/1989)

• Comunità per minorenni

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Operatori dei CGM

I servizi si avvalgono, nell’attuazione dei loro compiti istituzionali, di un’équipe multidisciplinare composta da esperti in

– pedagogia– psicologia– psicoterapia– sociologia– criminologia

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SERVIZI MINORILI

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Servizi minorili (art. 6 d.p.r. n. 448 del 1988)

« In ogni stato e grado del procedimento l'autorità giudiziaria si avvale dei servizi minorili

dell'amministrazione della giustizia. Si avvale altresì dei servizi di assistenza istituiti dagli enti

locali ».

Intervento necessario in momenti non tipizzati dalla legge, ma in ragione delle esigenze del minore nel caso concreto.

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FUNZIONE DEI SERVIZI MINORILI

• intermediazione necessaria tra i soggetti che partecipano al processo a carico del minorenne, e tra questi e persone/istituzioni estranea alla giustizia minorile (es. con la scuola, chiesa, lavoro, centri sportivi o di ricreazione)

• interpretazione del significato sociale ed evolutivo del comportamento del minore autore di reato.

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AREE DI INTERVENTO

• di tipo diagnostico: monitoraggio della personalità e delle risorse del minorenne

• di tipo prognostico-progettuale finalizzato al trattamento

• di tipo operativo, trattamento e controllo.

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• USSM– Referente istituzionale

del TM

• SERVIZI SOCIALI DEGLI ENTI LOCALI– Istituiti presso i Comuni o le

ASL– Collabora su richiesta del

TM e dell’USSM per lo svolgimento di attività, di volta in volta, richieste

– Attività operativa sul campo, per la creazione di una rete di riferimento a disposizione dell’USSM

– Importante ruolo informativo in caso di “delinquenti primari” e di minori a piede libero

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Coordinamento dei servizi (art. 13 d.l.vo. n. 272 del 1989)

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Momenti e tipologia d’intervento

ATTIVITA’ DI ASSISTENZA E CONOSCIUTIVA

• art. 12 I SM garantiscono assistenza in ogni stato e grado del procedimento,

• art. 9 partecipano all’attività conoscitiva lungo tutto il corso del processo

• art. 18, 18-bis In caso di arresto o fermo del minore devono essere informati (anche per accertamenti sulla personalità del minore ex art. 9 d.p.r. n. 448 del 1988)

• art. 31 e 33 Dell’udienza preliminare e dibattimentale è dato avviso ai SM.

• art. 30 Per la concessione delle sanzioni sostitutive, il giudice deve sentire i SM.

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ATTIVITÀ DI SOSTEGNO, CONTROLLO E TRATTAMENTO

• art. 19 In caso venga applicata una misura cautelare, il minore viene affidato ai SM per attività di sostegno e controllo

• art. 21 Nel caso in cui venga disposta la “permanenza in casa”, i SM svolgono attività di sostegno e controllo

• art. 22 Il responsabile della comunità deve collaborare con i SM

• art. 24 (d.l.vo. n. 272 del 1989) All’interno dell’IPM e nel caso in cui venga disposta una misura alternativa alla detenzione, svolgono attività di sostegno e controllo

• art. 36 Nel caso in cui vengano disposti la libertà vigilata o riformatorio giudiziario, i SM svolgono attività di sostegno e controllo

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IN PARTICOLARE, IN CASO DI MESSA ALLA PROVA (art. 27 d.l.vo n. 272 del 1989 e art. 28 d.p.r. n. 448 del 1988)

• Ai SM (USSM in collaborazione con i servizi socio-assistenziali degli enti locali) compete l’elaborazione del progetto educativo sul quale il minore viene messo alla prova

• Con l’ordinanza di sospensione del processo, il giudice affida il minore ai SM per attività di osservazione, trattamento, sostegno

• I servizi informano periodicamente il giudice dell'attività svolta e dell'evoluzione del caso, proponendo, ove lo ritengano necessario, modifiche al progetto, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, in caso di ripetute e gravi trasgressioni, la revoca del provvedimento di sospensione

• I servizi presentano una relazione sul comportamento del minorenne e sull'evoluzione della sua personalità al presidente del collegio che ha disposto la sospensione del processo nonché al pubblico ministero

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INTERVENTO NEL TRATTAMENTO

L’attività di sostegno non deve essere interpretata come mero appiattimento sulla posizione del minore, né come mero aiuto

o sostituzione della sua famiglia.

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• I servizi assumono il ruolo di referente, sostenendo il minore – nelle scelte di vita rilevanti nel percorso di

recupero in atto– nelle plausibili aspettative– garantendo aiuto psicologico e pedagogico.

… senza obbligare il ragazzo ad assumere atteggiamenti incompatibili con la sua posizione di indagato/imputato garantita dalla presunzione d’innocenza

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L’intervento psicologico dei SM

In carcere, in comunità, durante la messa alla prova,

« l’intervento psicologico è rivolto ad evitare l’allontanamento dell’adolescente dal suo

ambiente di sviluppo e a favorire, nello stesso tempo, la sua capacità di assumersi la

responsabilità del proprio comportamento »

Le citazioni da A.Maggiolini, Un modello di intervento psicologico dei servizi della giustizia minorile con gli adolescenti antisociali, in Min.Giust., 2005, 60 s.

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« La responsabilità è un atto soggettivo, che implica la capacità di assumersi un impegno all’interno di un legame sociale

riconosciuto, di riconoscere le conseguenze del proprio comportamento,

indipendentemente dalle proprie intenzioni, e di essere disponibile a

riparare errori commessi »

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L’intervento psicologico

• è un intervento integrato (psicologico, sociale ed educativo) e multimodale, in quanto tenta di agire sia sul minore che sul suo contesto di sviluppo;

• intende il comportamento antisociale del minore come una difficoltà nella costruzione dell’identità sociale;

• assume un compito di sviluppo in una fase specifica dell’adolescenza che si manifesta in particolare come incapacità di assumersi la responsabilità del proprio comportamento.

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COMUNITA’ PER MINORENNI

(art. 10 d.l.vo. 28 luglio 1989, n. 272)

Altre denominazioni: “case-famiglia”, “comunità di tipo familiare”, “comunità

a dimensione familiare”, “gruppi appartamento”, “comunità-alloggio”,

“gruppi famiglia”, “comunità per minori”, ecc.

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COMUNITÀ APERTE VS ISTITUZIONI CHIUSE

La comunità aperta rappresentano nuove modalità di intervento in ambito sociale.

La comunità aperta è organizzata attorno alle esigenze del minore.

L’istituzione chiusa tende a ridurre le esigenze del minore in ragione del tipo e della quantità di servizio che è in grado di offrire.

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Le comunità sono • strutture di dimensioni ridotte, aventi una

capienza non superiore alle dieci unità• con caratteristiche organizzative di tipo familiare• operanti in stretta collaborazione con tutte le

istituzioni interessate • Le comunità che accolgono minori non autori di

reato, connotate da una forte apertura all’ambiente esterno, con scarsissima funzione restrittivo di stampo istituzionale.

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Sono gestite da enti pubblici o dal volontariato sociale, associazioni o soprattutto cooperative private che operano in campo adolescenziale,

riconosciute o autorizzate dalla regione competente per territorio, che hanno stipulato con i “Centri per la giustizia

minorile” convenzioni per l’assegnazione del servizio.

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I MOTIVI DEL COLLOCAMENTO

MINORI IRREGOLARI• Misura amministrativa di rieducazione

(r.d.l. n. 1404 del 1934)– Affidamento del minore al servizio sociale

minorile (art. 25)– Provvedimenti a tutela di minori che

esercitano la prostituzione (art. 25-bis)

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MINORI AUTORI DI REATO(indagati, imputati)

• Accompagnamento a seguito di flagranza (art. 18 bis, 4° co., d.p.r. n. 448 del 1998)

• Misure cautelari (d.p.r. n. 448 del 1998)– collocamento in comunità (art. 22)– per sostituzione di altra misura cautelare (art. 20, 21, 23)

• Messa alla prova (art. 28 d.p.r. n. 448 del 1998)

• Misura di sicurezza– Riformatorio giudiziario (art. 36, 2° d.p.r. n. 448 del 1998)

• Misure alternative– Affidamento in prova (art. 47 l. n. 354 del 1975)

– Detenzione domiciliare (art. 47-ter l. n. 354 del 1975)

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MINORI DEVIANTI O REGOLARI IN SITUAZIONI FAMILIARI DIFFICILI O A

RISCHIO

• Provvedimenti civili a tutela del minore– Allontanamento del minorenne dalla residenza

familiare in caso di decadenza o limitazioni della potestà genitoriale (artt. 330-333 c.c.)

– Affidamento del minorenne con difficoltà familiari (artt. 2-5 l. n. 184 del 1983)

entrambi i provvedimenti possono essere disposti per la prevenzione ed il recupero di minori coinvolti in

attività criminose (l. n. 216 del 1991)

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L’UTENZA

Può essere distinta per

• Fasce d’età

• Sesso

• Tipologia di minore (autore o vittima di reato)– Le Comunità, che ospitano minori autori di reato,

devono prevedere anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedimento penale

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MOLTI I MODELLI ORGANIZZATIVI

• Villaggio: periodi lunghi o lunghissimi

• COR - Comunità con operatori residenti: gestite da religiosi/e o famiglie/coppie. Periodi per lo più brevi

• Comunità con operatori turnanti: modello adottate da oltre il 90% delle comunità

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STRUTTURE ABITATIVE

• appartamenti in condominio

• villette con giardino

• vecchi istituti

I c.d. villaggi sono ospitati in interi condomini, villette a schiera, villette in un parco.

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ARTICOLAZIONE INTERNA DELLA COMUNITÀ

• Camera da letto (anche singole per lo più per i ragazzi più grandi)

• Cucina (i ragazzi partecipano alla gestione della cucina)

• Bagni• Spazi esterni• Arredo (tale da promuovere effetti di

attaccamento alla casa)• Raggiungibilità (es. dagli amici dei ragazzi

ospitati)

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TIPOLOGIA DEL SETTING EDUCATIVO E OBIETTIVI DELLA COMUNITÀ

• Ambiente quotidiano a dimensione familiare, capace di offrire un clima di cura e protezione, sostentamento materiale, organizzato secondo un modello di convivenza riconoscibile e condiviso

• Orientamento teorico dell’azione educativa• Progettualità educativa, finalizzata a rinforzare le

funzioni intrapsichiche, migliorare le problematiche comportamentali e le competenze sociali, ottimizzare la relazione con la famiglia

• Professionalità dell’educatore

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CARATTERISTICHE DELLA RELAZIONE EDUCATORE/MINORE

• Temporaneità

• Gruppalità

• Progettualità– “Cosa significa rientrare nella famiglia d’origine?”, – “Cosa significa vivere in una famiglia affidataria?”,– Opportunità e responsabilità di una vita autonoma.

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Professionalità

• L’educatore ha un ruolo professionalmente definito da un modello teorico e da una deontologia di riferimento

• Riveste temporaneamente la funzione genitoriale e si affianca alla famiglia

• Al momento dall’ingresso del minore in comunità:• definisce con la famiglia il messaggio di accoglimento: “perché sono

qui”• legge la storia della famiglia e le problematiche del bambino come

ricostruita dall’agenzia inviante, e le interpreta per definire un intervento personalizzato.

• Al momento delle dimissioni:• progetta tappe e tempi• prepara il minore, spiegandone il senso attraverso maggiori spazi di

ascolto e riflessione sull’esperienza

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PROCESSO PENALE MINORILE

Brevi cenni

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Principi Fondamentali

• Principio di sussidiarietà

• Funzione (ri)educativa– indisponibilità del rito e dell’esito del processo

• (Principio di umanità)

• Principio di minima offensività– de-stigmatizzazione

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Regole (art. 1 d.p.r. n. 448 del 1988)

• Nel procedimento a carico di minorenni si osservano – le disposizioni del d.p.r. n. 448 del 1988 – e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice

di procedura penale.

• Le disposizioni sul processo sono interpretate ed applicate, tenendo conto della personalità del minore e delle sue esigenze educative, al fine di – sostenere il minore e– contenere gli effetti traumatizzanti e stigmatizzanti del

processo.

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«Il giudice illustra all'imputato il significato delle attività processuali

che si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni

anche etico-sociali delle decisioni».

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Divieto di costituzione di Parte civile

• Il difensore della persona offesa non partecipa alla discussione, ma ha la possibilità di incidere sulla dialettica processuale presentando memorie ed indicando al giudice elementi di prova

• Corte cost. 23 dicembre 1997, n. 433

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Limitazioni alla pubblicità dell’udienza

• L’udienza preliminare/dibattimentale si svolge in camera di consiglio per evitare gli effetti di stigmatizzazione del processo

• Corte cost. 10 febbraio 1981, n. 16 e 17

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Il modello processuale è il medesimo del processo penale ordinario degli adulti ed è strutturato in

–indagini preliminari

–udienza preliminare

–dibattimento

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L’udienza preliminare è il luogo deputato alla definizione anticipata del procedimento

L’udienza dibattimentale è una fase eventuale

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Riti alternativi

Gli unici procedimenti speciali ammessi sono– il giudizio immediato– il giudizio abbreviato– il giudizio direttissimo

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Non sono ammessi…

• L’applicazione della pena su richiesta delle parti – Corte cost. 27 aprile 1995, n. 135

• Il procedimento per decreto– per la scarsa connotazione pedagogica della

pena pecuniaria– perché non consente gli accertamenti sulla

personalità minore ex art. 9 d.p.r. n. 448 del 1988

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STRUMENTI DI DEFINIZIONE ANTICIPATA DEL GIUDIZIO E POSSIBILI EPILOGHI DEL PROCESSO

PENALE MINORILE

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Il consenso del minore è indispensabile per la chiusura

anticipata del processo nei casi di sentenza di non luogo a

procedere che presuppone un accertamento di responsabilità.

(art. 32 d.p.r. n. 448 del 1988, come sostituito dalla l. n. 63 del 2001 sul c.d. giusto processo, e da Corte cost. 9 maggio 2002, n. 195)

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FASE ISTRUTTORIA

Durante le indagini il p.m. può chiedere

• sentenza di non luogo a procedere per non imputabilità dell’imputato (solo se infra-quattordicenne) (art. 26 d.p.r. n. 448 del 1988)

• sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto (art. 27 d.p.r. n. 448 del 1988)

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Al termine delle indagini, il p.m. può presentare richiesta di

• archiviazione

• sentenza di non luogo a procedere per non imputabilità dell’imputato (solo se infra-quattordicenne)

• sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto

• rinvio a giudizio

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UDIENZA PRELIMINARE

Epiloghi ordinari

• Sentenza di non luogo a procedere perché– il reato è estinto o l’azione penale non doveva essere

iniziata o non doveva essere proseguita

– il fatto non è previsto dalla legge come reato

– il fatto non sussiste

– l’imputato non lo ha commesso

– il fatto non costituisce reato

– si tratta di persona non imputabile

• decreto che dispone il giudizio

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Epiloghi speciali del processo penale minorile

… NON SANZIONATORI

– sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto

– sentenza di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale

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… EVENTUALMENTE SANZIONATORI

– sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità (ex artt. 97 e 98 c.p.) ed eventuale applicazione di una misura di sicurezza in caso di accertata pericolosità sociale del minorenne ex art. 37 d.p.r. n. 448 del 1988

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… SANZIONATORI

– sentenza di condanna a pena pecuniaria oppure a sanzione sostitutiva, con possibilità di ridurre la pena fino alla metà rispetto al minimo edittale

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L’UDIENZA DIBATTIMENTALE

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L’UDIENZA DIBATTIMENTALE

• Epiloghi ordinari

• Epiloghi speciali sostanzialmente identici a quelli dell’udienza preliminare

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PERDONO GIUDIZIALEart. 169 c.p.

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Presupposti applicativi oggettivi

• Responsabilità penale del minore – esistenza di elementi sufficienti a pronunciare il rinvio a giudizio

al termine dell’udienza preliminare, ovvero la condanna al termine del dibattimento o del giudizio abbreviato.

• Limiti di pena– La natura ed il tipo di reato commesso del minorenne sono di

per sé irrilevanti.– Il perdono non è condizionato da “obblighi di fare”.

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Presupposti applicativi soggettivi

1. Minore età– Corte cost. 20 giugno 1977, n. 120

2. Consenso del minore

3. Precedenti condanne definitive – nei termini di cui agli artt. 164, n. 1, c.p.

4. Presunzione di non recidiva– con riferimento al momento del giudizio (non del

fatto)

segue …

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5. Non aver già beneficiato del perdono

(Corte cost. 31 dicembre 1986, n. 295 )

salvo i casi di– reati legati dal vincolo della ‘continuazione’ ex

art. 81 c.p. (Corte cost. n. 108 del 1973)

– reato precedente alla sentenza che concede il perdono (Corte cost. n. 154 del 1976)

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Oggetto dell’accertamento

Il TM deve verificare se il minore dimostra di aver rielaborato (o sia in grado di rielaborare) il significato educativo della risposta data dallo Stato al suo comportamento.

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Base della prognosi

• gli elementi dell’art. 133 c.p.

• i risultati degli accertamenti ex art. 9 d.p.r. n. 448 del 1988

• il comportamento dell’imputato nel corso del processo

• le notizie fornite dai servizi minorile

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Questioni “difficili”

• Nel valutare l’opportunità di concedere il perdono giudiziale, il TM può tener conto di reati commessi dal minore in relazione ai quali non si sia ancora formato un accertamento definitivo di responsabilità?

• La circostanza che il minore abbia già goduto per altri reati del beneficio dell’irrilevanza del fatto, della messa alla prova, o della sospensione condizionale della pena, preclude la possibilità di concedere il perdono giudiziale?

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Il perdono giudiziale è causa di estinzione del

reato

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IRRILEVANZA DEL FATTOart. 27 d.p.r. n. 448 del 1988

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Illegittimità costituzionale dell’art. 27 d.p.r. n. 448 del 1988, per violazione dell’art. 76 Cost. (Corte cost. n. 250 del 1991)

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Presupposti applicativi…

OGGETTIVI• Tenuità del fatto• Occasionalità del

comportamento

SOGGETTIVI• Pregiudizio per le

esigenze educative del minore, derivanti dall’ulteriore svolgimento del procedimento

• Previo accertamento della responsabilità penale del minore

• Consenso del minore

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CHI È IL DESTINATARIO PRIVILEGIATO DELL’IDF?

• Minore autore di reati di esigua rilevanza penale (criterio oggettivo)

• espressivi della variabilità della personalità tipica della minore età (criterio soggettivo)

• privi di uno specifico allarme sociale (criterio sociale).

L’istituto è la risposta più appropriata alle peculiarità tipiche della criminalità minorile.

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Qual è il motivo che giustifica la non punibilità del minorenne

autore di reato?

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FINALITÀEsigenze deflattive del carico di lavoro degli uffici giudiziari, indotte dall’ipertrofia della legislazione penale.

Funzione educativa del sistema penale, nel senso della riduzione al minimo del rischio di effetti traumatizzanti e stigmatizzanti del processo penale (c.d. minima offensività del proc. pen. minorile).

Il processo penale è ritenuto una risposta istituzionale che può rivelarsi nel caso concreto sproporzionata, inutile o addirittura controproducente, in relazione alla gravità oggettiva e soggettiva del reato ed alle esigenze educative del minore.

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IdF può essere concessa

– nel corso delle indagini preliminari – in udienza preliminare– nel giudizio direttissimo e nel giudizio

immediato– Nel giudizio abbreviato e nel dibattimento di

primo grado e d’appello (dopo Corte cost. n. 149 del 2003)

Non può essere concessa nel giudizio davanti alla Corte di Cassazione

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TENUITÀ DEL FATTO

• Tenuità non è– sinonimo di inoffensività o a-tipicità del fatto– parametrata alla gravità edittale del reato

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La valutazione di tenuità del fatto è orientata in base …

• non solo a tipo e gravità delle conseguenze provocate (così la Relazione al

d.p.r. n. 448 del 1988), ma anche a

• gli elementi dell’art. 133, prima parte, c.p.

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Nella prospettiva della valutazione della tenuità del

fatto possono venire in rilievo anche tipo ed intensità delle reazioni sociali suscitate dal

fatto?

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OCCASIONALITÀ DEL COMPORTAMENTO

• Criterio cronologico: occasionale è un comportamento che il minore tiene raramente

• Criterio psicologico: il comportamento si definisce occasionale quando è conseguenza della particolare condizione di variabilità psichica tipica dell’adolescenza, senza esprimere una scelta strutturata in senso trasgressivo.

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L’IdF può essere concessa al minore autore di reato continuato o di reato

premeditato?

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CONSEGUENZE DISEDUCATIVE

La formula « quando l’ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze

educative del minorenne » ha un valore meramente esplicativo degli altri

presupposti o possiede un’autonoma capacità selettiva?