Diritto Penale Ragionato Completo

167
Diritto penale ragionato Diciannove lezioni dell'Avv. Luigi Maria Sanguineti Collana il Diritto ragionato A cura della Enciclopedia per il pratico e il praticante ( www.praticadiritto.it )

description

Un'esposizione ragionata e dialogata dei principali istituti del diritto penale.

Transcript of Diritto Penale Ragionato Completo

Page 1: Diritto Penale Ragionato Completo

Diritto penale ragionatoDiciannove lezioni dell'Avv. Luigi Maria Sanguineti

Collana il Diritto ragionatoA cura della Enciclopedia per il pratico e il praticante

( www.praticadiritto.it )

Page 2: Diritto Penale Ragionato Completo

Prefazione

Con rammarico debbo confessare che il libro, che licenzio, ha due grossi difetti : non tratta alcuni istituti pur importanti come le cause di giustificazione, non contiene praticamente note che inquadrino nella Dottrina e nella Giurisprudenza le affermazioni fatte nel testo.La mia speranza é che qualche Studioso ( qualche Ricercatore, qualche Professore dell'Università.....), che apprezzi l'idea di dare agli studenti un'esposizione ragionata del diritto penale, si gravi della fatica di integrare il libro ( senza più ricorrere alla forma dialogata ). Naturalmente allora il libro risulterebbe scritto a....quattro mani : io avrei fatto la parte dialogata del testo, chi accetta di collaborare, avrebbe fatto la parte non dialogata del testo e le note ( in cui naturalmente potrebbe dissentire dalle opinioni da me espresse). Ciò si farebbe risultare nella prefazione. Gli utili si dividerebbero. Io diventerei non più l'autore ma il co-autore del libro ( però riservandomi di utilizzare quanto da me scritto in altre opere ).Chi fosse interessato può contattarmi scrivendo a: lmsanguineti @gmail . Com

Page 3: Diritto Penale Ragionato Completo

Indice

- Lezione I: La sanzione penale: suo scopo

− Lezione II: I principi di : lesività, materialità, sussidiarietà, proporzionalità, personalità della responsabilità

− Lezione III : I principi di: irretroattività, di precisione, di tassatività, di legalità, di riserva di legge.

− Lezione IV: La successione delle leggi penali nel tempo.− Lezione V : L'obbligatorietà della legge penale – Le cc.dd. “immunità – Locus

comissi delicti− Lezione VI : Concorso apparente di norme− Lezione VII : Reati di pericolo− Lezione VIII : Il delitto tentato− Lezione IX : Reato putativo – Delitto impossibile – Tentativo inidoneo –

Desistenza− Lezione X- Coscienza e volontà dell'atto. I c.d. Atti automatici. Colpa per

ignoranza e negligenza.− Lezione XI : Error iuris . Error facti.− Lezione XII : Colpa. Nesso di causalità. Dolo.− Lezione XIII : La reiterazione nel reato. - Il reato continuato.− Lezione XIV : Incapacità di intendere e di volere.− Lezione XV: Pena-base. Circostanze del reato : calcolo degli aumenti e

diminuzioni.− Lezione XVI : Elemento soggettivo e circostanze del reato.− Lezione XVII : Il reato aberrante.− Lezione XVIII : Il concorso nel reato− Lezione XIX : Stato di necessità – Cenni su “legittima difesa”.

Page 4: Diritto Penale Ragionato Completo

Il diritto penale ragionato

Lezione I: La sanzione penale : suo scopo.

Disc.- In che consiste la sanzione penale ?

Doc.- In teoria può consistere in qualsiasi sofferenza che l'uomo può arrecare al suo simile ( privazione della vita, mutilazione, fustigazione, perdita della libertà, sottrrazione di un bene materiale, in particolare di una somma di denaro...).

Dics.- Questo in teoria, ma per la nostra Costiuzione ?

Doc.- La nostra Costituzione non indica i tipi di sanzione penali applicabili, si limita a prescrivere , nel comma 3 dell'art. 27 , che “non é ammessa la pena di morte”; nel comma 2 sempre dell'art.27 che: 1) “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”;2) le pene “devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Disc.- E il nostro Legislatore ordinario che dice al proposito, indica quali sono le sanzioni penali?

Doc.- Naturalmente, e lo fa negli articoli 17 e segg. del Codice Penale e negli artt. 52 e segg. D. Lgs 28 agosto 2000 n. 274 ( Decreto questo che definisce le competenze penali del Giudice di Pace ) . E non può non farlo, dato che proprio con riferimento alla natura della sanzione applicabile , se cioé si tratti di sanzione penale o no, vanno risolte tutta una serie di questioni molto importanti.

Disc.- Questioni di che tipo, indicamene alcune.

Doc.- Prima di tutto la questione se un fatto é reato o no: un fatto é reato se é punito con sanzione penale, non é reato , se é punito con altro tipo di sanzione ( metti una sanzione amministrativa) ; poi, la questione se una norma é penale o no: norma penale é quella che rileva ai fini di decidere sull'applicabilità di una sanzione penale .

Disc.- E perché rileva stabilire se un fatto é reato o no ?

Doc.- A sua volta per risolvere tutta una serie di questioni: ad esempio , la questione se alla sua punizione si applichino quei principi di livello costituzionale che presto passeremo a studiare; ancora ad esempio, la questione se il suo accertamento deve farsi seguendo le norme del codice di procedura penale o di quelle di procedura civile.

Page 5: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Ed ora dimmi : perché é importante stabilire se una norma é penale o no ?

Doc.- Ad esempio, perché se é penale non può essere retroattiva, mentre se non lo é , può esserlo ( almeno può esserlo senza diventare per questo incostituzionale); ancora, perché se é penale non può essere interpretata analogicamente, se non lo é, invece può esserlo.

Disc.- Va bene, ora so perché é importante stabilire se una sanzione è penale, o no; però non so ancora quali sono le sanzioni penali.

Doc.- Lo saprai a suo tempo. Per comprendere i discorsi che veniamo a fare ti basterà conoscere quali sono le pene che il legislatore chiama “principali”– in opposizione a quelle “accessorie” ( come, l'interdizione dai pubblici uffici, la decadenza dalla potestà genitoriale, l'interdizione legale...).

Disc.- Ebbene quali sono queste pene principali?

Doc.- Esse sono , per quel che riguarda i reati di competenza del Giudice di Pace ( artt.52 e segg. D. L.vo 28 agosto 2000 n. 274 ): la multa, la ammenda, l'obbligo di permanenza domiciliare, il lavoro di pubblica utilità ; per quel che riguarda tutti gli altri reati: 1) l'ergastolo ; 2) la reclusione; 3 ) la multa; 4) l'arresto; 5) l'ammenda.Ergastolo, reclusione e multa si applicano ai delitti ; arresto e ammenda, alle contravvenzioni. O per meglio dire: i fatti puniti con l'ergastolo, la reclusione, la multa vanno considerati come “delitti” e i fatti puniti con l'arresto e l'ammenda, come “contravvenzioni”. Infatti la distinzione tra “delitti” e “contravvenzioni” - che in mente legislatoris si basa evidentemente sull'importanza del bene leso dal reato - va operata dall'inteprete col solo criterio della sanzione applicata a questo ; giusta il dettato dell'articolo 39, che recita : “I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice”.

Disc.- Ma é importante questa distinzione?

Doc.- Sì, é importante a vari effetti ( elemento soggettivo del reato, aumento per la recidiva, applicabilità della c.d. “sospensione condizionale della pena”....) che a tempo debito studieremo.

Disc.- Tutte le sanzioni penali da te citate hanno una caratterisca che le accumuna ?

Doc.- Sì, quella di consistere nella privazione della libertà; almeno in potenza , nel senso cioé che, se una sanzione non privativa in se stessa della libertà, come l'ammenda o la multa, non viene soddisfatta per insolvibilità del condannato, essa si converte in una sanzione privativa della libertà ( più precisamente, in prima battuta si converte nella misura della libertà provvisoria, e, se le perscrizioni relative a tale

Page 6: Diritto Penale Ragionato Completo

misura non sono osservate, in reclusione o arresto – vedi meglio, gli artt. 136 C.P., 660 C.P.P., 102 e 108 L. n.689 del 1981 ).

Disc.- Ma perché, a quale scopo il Legislatore applica una sanzione così grave come quella che priva una persona di uno dei beni considerati più preziosi nella nostra società , la libertà ?

Doc.- Cercherò di rispondere a questa tua domanda. Ma prima di cercare di individuare lo scopo per cui il nostro Legislatore commina la sanzione penale, é opportuno vedere quali possono essere gli scopi, che un Legislatore può proporsi comminando la sanzione.

Disc.- Ebbene quali possono essere questi scopi ?

Doc.- Essi , secondo gli Studiosi della funzione della pena, sono essenzialmente due : uno scopo puramente retributivo, cioé di pura e semplice riaffermazione della giustizia offesa (in tal caso, si dice, la pena é comminata quia peccatum est ) e uno scopo preventivo, di impedire cioè la commissione di altri reati ( la pena viene comminata ne peccetur ).Ovviamente nulla impedisce che uno stesso legislatore, alcune volte, commini la sanzione solo a scopo retributivo , altre volte, solo a scopo preventivo e, altre volte ancora, lasciandosi condizionare dai due scopi contemporaneamente.

Disc.-Parliamo dei casi in cui la pena viene comminata a solo scopo retributivo : quali sono i meccanismi psicologici che possono indurre chi detiene il potere a comminare una sanzione senz'altro scopo che quello di ristabilire la giustizia ?

Doc.- Sono quegli stessi meccanismi che portano ciascuno di noi, quando subisce un'offesa ingiusta, a “vendicarsi”: Fulano mi ha offeso ( metti, mi ha ingiuriato ) e io sto “soffrendo” ( lo dimostra il pallore del mio viso, il tremolio delle mie mani , tutte quelle modificazioni che , più o meno evidenti, si producono in chi “soffre” un'offesa) ; io potrei rinunciare a vendicarmi, ma quel sentimento di vendetta, che io non scarico sull'offensore, si ritorcerebbe su di me, rimarrebbe in me come un tarlo a rodere il mio animo ; quindi reagisco all'offesa, mi vendico : come? compiendo qualche azione ( metti, dare uno schiaffo , replicare l'ingiuria...) che determini una mutatio animi nel mio offensore ( ecco là Fulano, prima aveva il sorriso soddisfatto sulle labbra, ora gli ho trasformato questo sorriso in una smorfia di dolore) : questa mia azione, la sanzione che io applico al mio offensore, ha per me un effetto liberatorio, catartico, che esprimo dicendo “ho fatto giustizia”.Lo spirito che sottende all'applicazione di una pena a solo scopo retributivo é bene espresso da Kant; il grande Filosofo dice: “ anche se una società civile, con tutti i suoi membri, decidesse di sciogliersi ( ad es. , il popolo che vive in un'isola decidesse di separarsi e di disperdersi per tutto il mondo ), bisognerebbe prima giustiziare l'ultimo assassino che si trovasse in un carcere, perché ciascuno soffra ciò che meritano i suoi comportamenti, e perché non pesi la colpa del sangue sopra il popolo

Page 7: Diritto Penale Ragionato Completo

che ha rinunciato a punirlo” ( naturalmente la sottolineatura é mia).Merita di essere evidenziato che le teorie che valorizzano la funzione puramente retributiva della pena, vengono dette – in contrapposizione alle “teorie relative” rappresentate da chi attribuisce alla pena uno scopo preventivo - “teorie assolute”. E questo in quanto si ritengono “svincolate - stiamo riportando le parole di due illustri penalisti , il Marinucci e il Dolcini – dalla considerazione di un qualsivoglia fine da raggiungere”. E invero la comminazione della sanzione per uno scopo meramente retributivo non può non apparire un vero “non-senso”, una cosa senza scopo per chi ha una mentalità “laica” - e ciò dovremo tenere ben presente quando cercheremo di individuare lo scopo che le nostre leggi attribuiscono alla sanzione , dato che senza dubbio i nostri conditores legum , una mentalità laica, posseggono.Prima di chiudere sulle “teorie assolute” e parlare di quelle “relative” va chiarito che a rigore non possono farsi rientrare nelle prime, le teorie di coloro che attribuiscono alla pena la funzione di pungolo sul reo a che modifichi quelle sue idee e condotte di vita che possono portarlo a delinquere ( tali , se abbiamo ben compreso, erano le idee che ispiravano giuristi nazionalsocialisti, come il Welzel e il Mezger, che sostenevano una Taterschuld , una “colpa d'autore” , una “colpa per il modo di essere dell'agente” che lo Stato poteva e doveva sanzionare penalmente): infatti anche tali teorie in definitiva attribuiscono pur sempre alla pena uno scopo di prevenzione ( sia pure di prevenzione tramite la modifica del carattere del potenziale reo e non tramite la creazione di una controspinta al compimento di una specifica azione delittuosa – che, invece, come vedremo subito, é il sistema con cui va operata la prevenzione secondo il nostro Legislatore costituzionale ).

Disc.- Hai detto dello scopo retributivo, dì ora del secondo scopo che si può assegnare alla pena, lo scopo preventivo.

Doc.- Sì, un legislatore può utilizzare la sanzione anche allo scopo di prevenire la lesione di certi beni ( da lui ritenuti meritevoli di tutela ). In un tal caso la utilizzazione della sanzione assume forme diverse a seconda che si tratti di “prevenzione generale” cioé volta ad agire sulla generalità dei sudditi ( al fine di impedire che offendano i beni ecc.ecc. ) o di “prevenzione speciale”, cioé volta ad agire su chi ha già violata la legge penale ( al fine di impedire che torni a violarla ).

Disc.- Quali forme assume la utilizzazione della sanzione nella “prevenzione generale”?

Doc. Essenzialmente una sola, la minaccia della sanzione stessa; che però, almeno in teoria, può tendere a realizzare due diversi scopi ( propedeutici rispetto a quello della salvaguardia di certi beni , che rimane lo scopo finale ):A- La intimidazione, cioé la creazione di una controspinta psicologica alla commissione dell'azione lesiva ( Fulano spinto dall'ira vorrebbe percuotere Caio , ma la minaccia della pena agisce su di lui come una controspinta ).B- L'orientamento culturale : la minaccia di una sanzione penale all'azione lesiva di un dato bene, implicitamente esalta il valore di questo ( “Se l'azione che lede il bene

Page 8: Diritto Penale Ragionato Completo

A é punita così severamente, significa che A é un bene di grande valore”). Tale ( implicita ) dignificazione del bene (tutelato ) orienta la generalità dei sudditi a portargli rispetto ( e con ciò stesso diminuisce le spinte psicologiche alla sua lesione).In teoria la minaccia della pena potrebbe perseguire isolatamente i due scopi , ma é ben difficile immaginare che un legislatore si proponga con la minaccia della pena di realizzare lo scopo B senza proporsi anche di realizzare lo scopo A ; di conseguenza noi nel prosieguo della trattazione – considerando lo scopo di orientamento culturale come inevitabilmente connesso e secondario rispetto allo scopo dell'intimidazione- non lo prenderemo più in considerazione.

Disc.- Devi dire ora delle forme che può assumere la utilizzazione della sanzione nella prevenzione speciale.

Doc.- Esse sono essenzialmente due:I- L'esecuzione della pena in sé e per sè, che a sua volta può mirare a due diversi scopi :IA – il rafforzamento dell'efficacia intimidatrice della pena conseguente, sia alla stessa applicazione della minaccia legislativa, ciò che ne dimostra la serietà e la temibilità ( “Il legislatore non solo minaccia ma é in grado di attuare le sue minacce : quindi queste non sono per nulla il classico telum imbelle sine ictu che io,reo, pensavo”) sia alla sofferenza che l'applicazione della pena provoca nel reo ( “ La vita in carcere non é per nulla bella, la prossima volta mi guarderò bene dal violare la legge penale”);IB- la neutralizzazione del reo : questi fin che é sotto chiave ben difficilmente violerà la legge penale.II- l'esecuzione della pena come occasione per svolgere un'opera di rieducazione sociale del reo: questi infatti durante lo stato di detenzione, non solo é più facilmente avvicinabile dagli educatori sociali , ma ( dato il tempo che gli avanza!) anche più disponibile al colloquio con loro.

Disc.- Abbiamo visto quali sono i diversi scopi, che un legislatore può assegnare alla pena, ora dobbiamo vedere quale scopo le assegna il nostro Legislatore costituzionale.

Doc- Lo scopo che il nostro Legislatore costituzionale assegna alla pena é quello di prevenire la lesione di certi beni.

Disc.-Perché escludi che il nostro legislatore costituzionale assegni alla pena uno scopo meramente retributivo ( l'azione é punita solo quia peccatum est ) ?

Doc.- Perché ciò contrasterebbe con il “principio di lesività” e con il “principio di materialità” che approfondiremo nella prossima lezione.

Page 9: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Prima abbiamo visto che lo scopo di prevenzione può essere realizzato in varie forme: minacciando la pena, eseguendola al fine di un rafforzamento dell'efficacia intimidatrice della minaccia legislativa , eseguendola al fine di una neutralizzazione del reo, eseguendola al fine di creare un'occasione per una sua rieducazione: tutte queste forme (di realizzazione dello scopo di prevenzione) possono essere, secondo il nostro Legislatore costituzionale, adottate?

Doc.- Certamente, sì. Però con un distinguo per quel che riguarda le ultime due da te menzionate. Certamente il tempo in cui il reo é detenuto in espiazione della pena ( idest, ai fini di ribadire e rafforzare in lui l'efficacia intimidatrice della minaccia della pena ) può essere anche utilmente impiegato per una sua rieducazione sociale ( mediante colloqui con educatori ad hoc ecc.) e per neutralizzare eventuali sue iniziative criminali ( mediante la censura della corrispondenza, forme di isolamento...) ; però esauritosi il tempo dell'espiazione , il reo non può essere mantenuto in detenzione al fine di continuare l'opera di rieducazione o di neutralizzazione. Ciò contrasterebbe col principio di “materialità” di cui nella prossima lezione parleremo.

Disc.- Per concludere, che possiamo dire?

Doc.- Possiamo dire che secondo la nostra Costituzione la pena può essere utilizzata come minaccia per prevenire la lesione di determinati beni e può essere applicata solo al fine di rafforzare tale minaccia ( anche se la sua appliaczione può essere occasione per una neutralizzazione e rieducazione del reo ).

Disc.- E' utile l'individuazione dello scopo che il Legislatore assegna alla pena?

Doc.- Sì perché , come vedremo, proprio lo scopo assegnato alla pena é la chiave necessaria per la comprensione di non pochi istituti del diritto penale,

iore rispetto al tempo ritenuto nella sentenza di condanna necessario per l'espiazione )Esse possono essere adottate fino a quando la esecuzione della pena é giustificata dallo scopo di un rafforzamento della minaccia legislativa della pena. Mi spiego meglio, é certamente ammissibile che si approfitti della detenzione del reo per tentare di rieducarlo alla vita sociale . Però sarebbe inammissibile protrarre la detrenzione del reo, una volta che si é raggiunta una ragionevole certezza, che l'efficacia intimidatrice della minaccia della sanzione basti a trattenerlo da ulteriori violazioni di legge ( “ Poco importa che Fulano traendo poco profitto dall'opera di rieducazione non abbia aderito ai valori a cui si ispira l'Ordinamento giuridico : quel che importa é che dal ledere tali valori egli comunque si asterrà per paura della

Page 10: Diritto Penale Ragionato Completo

sanzione”). Similmente é ammissibile che durante lo stato di detenzione si adottino misure ( come la censura della corrispondenza, l'isolamento...) intese a neutralizzare le tendenze criminali del reo, però sarebbe inammissibile un protrarsi della detenzione fino al venir meno delle tendenze antisociali del reo, cioé a tempo indefinito : ultimato il tempo ritenuto necessario nella sentenza di condanna ai fini della “prevenzione speciale” ( idest, per ripristinare l'efficacia intimidatrice della sanzione) ,anche se il permanere delle tendenze antisociali rende fondato il timore che il reo torni a violare la legge, il rischio va corso : il reo va “messo fuori”, perché solo una volta messo fuori” si potrà verificare se a perscindere dal permanere delle tendenze antisociali , il timnore della sanzione penale tratterrà o no il reo di recidivare nel reato.che una volta che fosse maturato il tempo ritenuto bastante alla realizzazione della “prevenzione speciale” ( idest, necessario per la prevenzione speciale - idest, per ribadire e rafforzare nel reo la efficacia intimidatrice della minaccia della sanzione – questo fosse trattenuto in carcere

L'inammissibilità di ciò si deduce sempre da quel principio di “materialità”, a cui prima ho accennato.Ancora da questo principio si deduce la inammissibilità della detenzione, o del protrarsi della detenzione, di una persona, che ha sì tendenze antisociali, ma di cui non é testata l'insensibilità alla minaccia legislativa. Come ci riserviamo di dire meglio nella prossima lezione.

Disc.- In definitiva, secondo te, la pena per la nostra costituzione può essere utilizzata come minaccia, intesa prevenire la lesione di beni determinati, e può essere applicata solo al fine di rafforzare tale minaccia (anche se può servire a neutralizzare il reo e può essere occasione di una sua rieducazione). Dico bene?

Doc.- Dici benissimo: hai capito alla perfezione il mio pensiero.

Page 11: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione II: I principi di : lesività, materialità, sussidiarietà, proporzionalità, personalità della responsabilità.

Disc.- Cominciamo a parlare del principio di lesività.

Doc.- Il principio di lesività vuole che siano punite solo le azioni ( naturalmente in tale concettto essendo ricomprese le omissioni) che ledono o pongono in pericolo un bene.Abbiamo già detto che questo principio si ricava dal terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione, il quale vieta le pene che consistono “in trattamenti contrari al senso di umanità”. Siccome “contrarie al senso di umanità” vanno considerate anche le pene date senza scopo e siccome per una mentalità laica una pena comminata a solo fine retributivo va ritenuta senza scopo, dalla citata disposizione della Costituzione deve dedursi che una pena non può avere scopo retributivo, ma deve prevenire la lesione di un bene – il che é solo un modo diverso di dire che vanno punite solo le azioni che ledono o pongono in pericolo un bene.

Disc.- E così sia; ma se così é, io che conduco un'auto avendo una perfetta conoscenza del codice stradale e una perfetta padronanza della guida, non dovrei essere punito, solo perché ho omesso come un'inutile formalità di sottopormi all'esame di guida e di conseguire la relativa patente: che pericolo infatti faccio correre all'incolumità delle persone?

Doc.- No, invece andresti punito , ma non perché ponendoti alla guida hai creato un pericolo per l'incolumità delle persone, ma perché sottraendoti all'esame di guida hai fatto sorgere il pericolo che una persona deficiente delle necessarie cognizioni e perizie si mettesse alla guida di un'auto creando pericolo per le persone ( c.d. ipotesi di pericolo presunto ).

Disc.-Poniamo un altro caso : metti che io faccia un falso, ma tanto grossolano da escludere che possa trarre in inganno qualcuno , in un tal caso, in cui io evidentemente non ledo e neanche pongo in pericolo il bene tutelato dal legislatore, la fede pubblica, non dovrei essere assolto in applicazione del principio di lesività ?

Doc. No, - forse dovresti essere assolto in applicazione della norma ( non di livello costituzionale) che esclude la punibilità di un'azione, allorché sia inidonea a ledere il bene tutelato dalla legge penale ( come vedremo meglio studiando l'articolo 49 e la figura del “delitto impossibile” ), ma la tua condanna non potrebbe certamente dirsi contrastante col principio ( di livello costituzionale ) di cui stiamo parlando, col principio di lesività. Se vogliamo porre ancora con più chiarezza il problema da te proposto, mettiamoci nel caso di una norma, che così disponga : “Ogni azione prevista come reato va punita, anche se nel caso concreto risulti inidonea a ledere il bene tutelato dalla legge penale”. Ebbene, anche una tale norma non potrebbe dirsi confliggente col principio di lesività.

Page 12: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Eppure, chiaramente tale norma non punisce un'azione che lede un bene, ma solo la tendenza criminale a ledere il bene.

Doc.- Certo, ma ciò non toglie che la punisca al fine di tutelare un bene; e tanto basta per escludere che contrasti col principio di lesività. Questione diversa é se possa dirsi contrastante col principio di materialità, ma questo lo vedremo quando studieremo questo principio.

Disc.- La Corte Costituzionale ha mai affrontato il problema che io ti ho proposto.

Doc.- Sì lo ha afrrontato in due sue Sentenze – la Sent. 24.7.1995 n.360 e la Sent. 11.7.2000 n. 263.

Disc.- E come lo ha risolto?

Doc.- Distinguendo tra offensività in concreto e offensività in astratto. Per la Corte, in buona sostanza, il decidere se vi é un'offensività in concreto dell'azione ( commessa dall'imputato ), e quindi se va, o no, applicato quell'articolo 49 di cui ti ho già parlato, spetta solo al giudice ordinario; alla competenza della Corte spetta solo il decidere se vi é un'offensività in astratto, se cioé una norma contrasta col principio di lesività. Principio di cui peraltro la Corte dà un'interpretazione molto diversa da quella che sostengo io; infatti un vulnus a tale principio verrebbe fatto, secondo la Corte, se ben ne ho afferrato il pensiero – non tanto e non solo da una norma che punisse un'azione non lesiva di nessun bene, ma - anche da una norma che sanzionasse penalmente un'azione, sì, lesiva di un bene, ma di un bene non tutelato dalla Costituzione.

Disc.- E come giustifica la Corte questa che mi sembra un'estensione del principio di lesività ?

Doc.- La giustifica richiamandosi al “principio di ragionevolezza” - principio che secondo la Corte é immanente in tutta la Costituzione. A noi sembra invece che la soluzione della Corte, se mai fosse giustificabile, dovrebbe giustificarsi col “principio di proporzionalità “o col “principio di sussidiarietà” ( di cui verremo subito a parlare).

Disc.- Tu ovviamente dissenti dall'estensione del principio di lesività operata dalla Corte.

Doc.- Ne dissento se non altro perché - una volta ammesso, come non si può non ammettere, che tra i beni tutelati dalla Costituzione vanno fatti rientrare, non solo quelli che ne godono una tutela diretta ed esplicita ( come la libertà, la proprietà...) ma anche quelli ( come la fede pubblica...) che ne hanno una tutela implicita e indiretta – ,aderendo alla soluzione della Corte, si verrebbe a gravare l'interprete del

Page 13: Diritto Penale Ragionato Completo

problema non facile e che soprattutto invoglia ogni forzatura, di quando un bene va considerato indirettamente tutelato dalla Costituzione, e quando, no. Debbo riconoscere però che tale inconveniente potrebbe essere superato dalla saggezza della Corte.Debbo anche riconoscere che aderendo alla concezione, diciamo così, ristretta, del principio di lesività, in ben pochi casi la Corte Costituzionale avrebbe modo di rilevare, di tale principio, la violazione , dato che è ben difficile immaginare una norma, che punisca solo a scopo retributivo - ( per cui se la Corte vuole avere...qualcosa da mordere, deve per forza ravvisare una violazione del principio di lesività , non solo quando una norma, rarissima avis, punisce una qualità o un modo di essere, ma anche quando punisce un'azione che lede un bene, che non merita tutela penale).

Disc. Ed ora finalmente parliamo del “principio di materialità”.

Doc.- Per il principio di materialità una persona non può essere punita per le sue tendenze antisociali ( come vorrebbero i seguaci di quella teoria della “colpa di autore”, a cui abbiamo già accennato nella precedente lezione ) - il che è come dire per la sua non-adesione ai valori affermati nelle norme dell'Ordinamento giuridico -, ma solo quando tali tendenze materializzandosi, per così dire, in un'azione, rivelano la insensibilità dell'agente all'efficacia intimidatrice della minaccia della sanzione.

Disc.-Da che si deduce che una persona non può essere punita solo per le sue tendenze antisociali ?

Doc.- Da varie norme contenute nella nostra Costituzione – norme da cui si evince che la modificazione delle tendenze e delle idee di una persona non può essere ottenuta con mezzi coattivi .

Disc.- Citami alcune di tali norme.

Doc.- Ti posso citare ex multis: il comma 2 art. 3 , là dove vede ogni limite alla libertà , come un “impedimento” al “pieno sviluppo della persona umana”; l'articolo 19, che tutela la libertà nella professione di fede; l'articolo 21 co.1, che tutela la libera manifestazione del pensiero.

Disc.- Però, da quel che ho capito, non contrasterebbe, secondo te, con la Costituzione la punizione di chi disattende, sì, il divieto posto dalla norma penale, ma con un comportamento del tutto inidoneo a ledere il bene , dalla norma tutelato ( ad esempio, fa, sì, un falso, in spregio all'articolo 476, ma un falso talmente grosolano da non ingannare nessuno ).

Doc.- Sì, infatti io ritengo che il messaggio che parte dalla nostra Costituzione si possa così esprimere: “Tu, che detieni il potere, non puoi aggredire con la sanzione penale chi, pur non aderendo ai valori espressi nelle norme da te emanate, dimostra

Page 14: Diritto Penale Ragionato Completo

di rispettarli, sia pure per solo timore della sanzione penale; però quando egli, tenendo un comportamento in spregio alla norma, dimostra di essere insensibile alla intimidazione insita nella minaccia della pena, allora, sì , tu puoi intervenire per rinforzare ed elevare il livello ( dimostratosi insufficiente ) di tale intimidazione, mediante la esecuzione della pena ( così come abbiamo cercato di spiegare parlando, nella prima delle nostre lezioni, della “prevenzione speciale” ).

Disc.- La cosa a dir il vero mi sembra piuttosto logica : non si può pensare che il legislatore neghi a quello ordinario il potere di attuare la “prevenzione speciale”, una volta che é fallita la “prevenzione generale”: una volta che tu, legislatore costituzionale, permetti a me, legislatore ordinario, di intimidire con la minaccia di una pena Fulano per impedirgli di attentare ai valori tutelati dalle mie norme , non puoi non permettermi di alzare il livello di tale intimidazione, qualora esso si sia dimostrato insufficiente a trattenere Fulano di attentare a quei valori.Parlando della “prevenzione speciale”, tu, però, avevi detto che violerebbe il principio di materialità, trattenere in carcere Fulano, una volta che avesse espiata la pena per cui fosse stato condannato, solo perché risultassero ancora presenti in lui tendenze antisociali.

Doc.- E ciò é logico: una volta che é stata eseguita contro Fulano la pena, la cui espiazione é stata ritenuta ( dal giudice che l'ha comminata ) sufficiente a ristabilire l'efficacia intimidatoria della minaccia legislativa, si deve ritenere che Fulano, lasciato libero, rispetterà i valori contenuti nelle norme, anche se non li condivide, appunto per timore della sanzione; e tanto deve bastare: trattenerlo in carcere – cioé continuare a sottoporlo a una coazione - al fine di rieducarlo contrasterebbe, per quanto prima detto, col “principio di materialità”.

Disc.- Tutto ciò é giustissimo. Però chi ha comminato la pena può avere calcolato male, e questa può risultare insufficiente a elevare il livello di quella minaccia ( che aveva prima fallito nella sua funzione intimidatrice), con la conseguenza che Fulano, lasciato libero, ritornerà a delinquere.

Doc.- Questo é un rischio che si deve correre: il detenuto a un certo momento va, diciamo così, messo alla prova della libertà : se tornerà a delinquere si aumenterà la dose.

Disc. Può anche succedere, che il giudice, che ha comminata la pena, si sia sbagliato in eccesso: ha dato quattro anni, mentre, dopo già due anni di espiazione, il reo dà segni sicuri di “ravvedimento”: non sarebbe contro il principio di materialità trattenere in carcere una persona che, lasciata libera , così si può pronosticare, non attenterebbe a nessuno dei beni nelle norme tutelati ?

Doc.- Certamente lo sarebbe ; e il nostro Legislatore ne é consapevole, tanto é vero che con vari istituti ( in primis, con quello della liberazione condizionale ) prevede la liberazione di chi ha dimostrato di non essere più pericoloso socialmente, anche se

Page 15: Diritto Penale Ragionato Completo

non ha espiata interamente la pena comminatagli. Di ciò ci riserviamo di dire più diffusamente a tempo debito.

Disc.-Parliamo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

Doc.- La nostra Costituzione considera, com'é noto, quello della libertà, come uno dei più importanti beni della persona umana: l'articolo 13 , nel suo primo comma, enfatizza: “La libertà personale é inviolabile”. La sanzione penale, invece, implica, almeno in potenza, il sacrificio di tale bene.

Disc.- Quindi – lascia che completi il tuo pensiero - siccome la logica vuole che un bene superiore non venga sacrificato per salvare un bene inferiore, la sanzione penale, in quanto implicante il sacrificio della libertà in chi ne é colpito, non dovrebbe prevedersi a tutela di beni che, come la proprietà, l'economia, la fede pubblica, a quello della libertà sono inferiori.

Doc.- No, non é propriamente così. Certo, così sembrerebbe volere la logica ; tuttavia, vi é da considerare che, da una parte, vi sono beni, la cui mancata tutela determinerebbe il crollo di tutta la impalcatura sociale - e quindi anche il crollo di ogni tutela al bene della libertà !- ancorché di questo bene siano senza dubbio inferiori ( e certe volte tanto inferiori da non essere neanche menzionati nella nostra Carta fondamentale) , e, dall'altra parte, l'unica tutela efficace di tali beni (inferiori ) si rivela in molti casi proprio la sanzione penale.Questa considerazione porta ad ammettere l'uso della sanzione penale a tutela anche di tali beni , però la innaturalezza del fatto, che un bene inferiore venga tutelato col sacrificio di un bene superiore, porta ad ammettere ciò solo in via sussidiaria, solo quando cioè ogni altro mezzo di tutela ( diverso dalla sanzione penale) rivelerebbe la sua inefficacia. E con questo ti ho detto il contenuto del principio di sussidiarietà.Il “prinicpio di proporzionalità” ha un contenuto più generale di quello di sussidiarietà e precisamente vuole ,come suggerisce la sua stessa denominazione , che vi sia una giusta proporzione tra il quantum di danno che ha arrecato il reato e il quantum di sofferenza che l'applicazione della pena al reo arreca.

Disc.- I principi di sussidiarietà e proporzionalità pongono il problema di se e fino a che punto il legislatore può tutelare penalmente un bene; però esiste anche il problema contrario : il problema, cioè, se il legislatore possa esimersi dal tutelare penalmente un bene , e in particolare un bene costituzionalmente protetto.

Doc.- Se tu mi domandi se può esistere un obbligo politico del legislatore ad attivarsi per la tutela di un bene, io ti rispondo che, sì, ci può essere, ma che.......non riguarda noi giuristi ; se invece tu mi domandi, se noi giuristi possiamo provocare un intervento della Corte Costituzionale, che supplisca all'inerzia del legislatore, io ti rispondo (negativamente) con le stesse parole usate dalla Corte in una Sua senetnza , ( la Sent.27 ottobre 1998 n. 447 ):“Discende da ciò – ecco le parole della Corte - secondo quanto costasntemente

Page 16: Diritto Penale Ragionato Completo

affermato nella giurisprudenza di questa Corte ( cfr., tra le molte, sentenze n. 226 del 1983, n. 49 del 1985, n. 411 del 1995; ordinanze n. 228 del 1996, n. 355 del 1997 ) che l'eventuale addebito al legislatore di avere omesso di sanzionare penalmente determinate condotte, in ipotesi socialmente riprovevoli o dannose, o anche illecite sotto altro profilo, ovvero di avere troppo restrittivamente definito le fattispecie incriminatrici, lasciandone fuori condotte siffatte, non può, in linea di principio, tradursi inn una censura di legittimità costituzionale della legge, e tanto meno in una richiesta di “addizione” alla medesima mediante una pronuncia di questa Corte”.

Disc.- Parliamo ora del “principio di personalità della responsabilità ”.

Doc. Tale principio si deduce dal primo comma dell'articolo 27 della Costituzione, che recita. “ La responsabilità penale é personale”.Il legislatore costituzionale non é certo indotto, a escludere una responsabilità penale per fatto altrui, dalla considerazione dell'inefficacia intimidatrice di una sanzione, che colpisca persona diversa da quella che si vuole vincolare ad un dato comportamento – al contrario egli ben sa, che una persona può risentire, della minaccia di un male fatto a un terzo, più della minaccia di un male fatta a lui stesso ( quante volte persone, che ostinatamente si erano rifiutate di fare una qualche cosa, nonostante le gravi minacce ad esse rivolte, hanno ceduto e hanno accondisceso a fare quel che da loro si voleva, di fronte alla minaccia di una male rivolto verso una persona a cui da affetto erano legate, la moglie, i figli, l'amante...). Se il legislatore costituzionale quindi accetta il vulnus alla difesa sociale, insito nel rifiuto di una responsabilità penale per fatto altrui, é solo perché ritiene inammissibile ( per rispettabilissime ragioni morali ) che una persona subisca le conseguenze penali di un comportamento che non dipendeva dalla sua volontà porre in essere.Stando così le cose, si comprende come sia stato facile e quasi naturale dedurre dal principio di “personalità” un “principio di colpevolezza”- un principio cioé che venga ad escludere che una persona possa essere chiamata a rispondere per un comportamento proprio, sì, ma che non dipendeva dalla sua volontà;o anche ( ma qui vien fatta forse una forzatura nell''estensione analogica del principio di personalità ) dipendeva ,sì, dalla sua volontà, ma che essa ha posto in essere senza colpa o dolo ( non é forse equiparabile la situazione di chi non fa perchè ha il corpo legato in stretti lacci e di chi non fa perché ignora quelle circostanze che, se conosciute, farebbero scattare i suoi muscoli nell'azione?).

Disc. Il principio di personalità non dovrebbe portare ad escludere una responsabilità penale delle persone giuridiche e delle società ?

Doc.- La responsabilità penale delle persone giuridiche e delle società, non occorre che sia esclusa da un principio di diritto, é esclusa dalla natura stessa della sanzione penale : la perdita della libertà può essere sofferta solo da una persona fisica e non da un'astrazione concettuale come la persona giuridica o la società : sempre valido rimane quindi il prinicpio che societas delinquere non potest. Con tutto ciò può anche essere che il legislatore nello sforzo di esprimere sinteticamente il suo pensiero

Page 17: Diritto Penale Ragionato Completo

chiami a rispondere della sanzione ( pecuniaria ) una persona giuridica e una società , ma é chiaro che anche in tal caso la pena ricadrà , sia pure indirettamente, sui componenti la persona giuridica e la società ( i soci, gli amministratori...) ed essi saranno i veri responsabili penali dell'azione sanzionata.

Page 18: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione III : I principi di: irretroattività, di pr ecisione , di tassatività, di legalità, di riserva di legge.

Disc.- Parliamo del principio di irreotrattività delle norme incriminatrici.

Doc.- Questo principio, pur essendo previsto da varie norme ordinarie, é di livello costituzionale in quanto previsto dall'art. 25 co.2 della Costituzione che recita: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

Disc. E quali sono le norme non costituzionali che prevedono il principio di irretroattività in questione?

Doc.- Sono:L'art. 2 co. 1 Cod. Pen. : “ Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”.L'art. 7 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali ( del 4 novembre 1950): “ Nessuno può essere condannato per un'azione o un'omissione che al momento in cui fu commessa non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non può, del pari, essere inflitta alcuna pena superiore a quella che era applicabile al momento in cui il reato é stato commesso (...)”.

Disc.- Che giustificazioni ha il principio di irretroattività delle norme incriminatrici?

Doc.- Essenzialmente tre. Te le espongo di seguito, cominciando da quella che mi sembra più valida e finendo con quella che mi sembra meno valida.Prima giustificazione: si basa su un ragionamento molto simile a quello che conduce al principio di sussidiarietà : considerata la sua gravità, non é giusto applicare la sanzione penale, se non si é dato modo, a chi può esserne colpito, di evitarla, mettendolo , per così dire, sull'avviso, che, se commetterà una data azione, sarà colpito da una data sanzione. Seconda giustificazione : si basa sul “principio di lesività” ( di cui parleremo postea ): la applicazione retroattiva di una norma incriminatrice non é ammessibile perché essa – che logicamente non può avere uno scopo preventivo ( ne peccetur ) - viene inevitabilmente ad averne solo uno retributivo ( quia peccatum est ).Terza giustificazione: stabilire l'irretroattività é necessario per impedire che vengano emesse norme ad personam cioé per favorire o sfavorire determinate persone ( io, che detengo il potere, so che Tizio, Caio, Sempronio hanno compiuta l'azione A e, in odio a loro, punisco l'azione A ). Nella prossima lezione, commentando l'articolo 2 del Codice, avremo modo di tornare sull'argomento della irretroattività (però con riguardo, non solo alle norme incriminatrici, ma alle norme penali in genere ). Qui possiamo limitarci a chiarire che quando si parla di irretroattività delle norme

Page 19: Diritto Penale Ragionato Completo

incriminatrici si intende anche riferirsi alle norme civili e amministrativi che le integrano ; é ovvio ,ad esempio, che se la norma A punisce, chi usa negli alimenti le sostanze indicate nell'elenco contenuto nella norma regolamentare B, e questa, mettti il 15 gennaio, cambia, aggiungendo nell'elenco altre sostanze, questo mutamento ( della norma regolamentare) non rileva , é tamquam non esset per chi ha usato le sostanze aggiunte prima del 15 gennaio.

Disc. Parliamo allora del c.d. “principio di precisione”.

Doc.-Questo principio vorrebbe che il precetto penale venisse espresso in maniera tanto chiara da essere compreso da ogni suo potenziale destinatario.

Disc.- La cosa mi sembra piuttosto logica : é chiaro che verrebbe in pieno frustrata la volontà del legislatore costituzionale ( espressa statuendo l'irretroattività delle norme incriminatrici ) - volontà che, i potenziali destinatari della sanzione connessa alla violazione del precetto, di questo abbiano informazione ( preventiva ), se questa informazione fosse, sì, data, ma in termini così criptici che ….é come se non fosse data.

Doc.- Effettivamente il “ prinicpio di precisione” ( meglio sarebbe chiamarlo “ di chiarezza nella formulazione del precetto”) é un postulato logico del principio di irretroattività ; ma, ahimè, é un postulato che si scontra con due dati di fatto, uno che lo svalorizza, l'altro che lo rende praticamente inapplicabile : il dato che lo svalorizza e ne rende meno pressante la osservanza, é la notorietà del fatto che la pubblicità dei precetti penali si attua, non attraverso le parole della legge, ma tramite le parole delle sentenze, che sanzionano l'inosservanza dei precetti stessi ( e ciò ...in barba al principio di irretroattività ! ) ; il dato, poi, che lo rende praticamente inapplicabile, é la difficoltà, in cui si trova il Legislatore, di esprimere, nelle poche righe in cui va racchiuso un articolo di legge, concetti complessi, difficoltà superabile solo usando termini tecnici ( come, ad esempio, “lottizzazione” ) od “elementi normativi” ( cioé concetti, come “pubblico ufficiale” , “prossimo congiunto”, che trovano spiegazione in una norma diversa da quella che pone il precetto – negli esempi, rispettivamente , nell'articolo 357 e nell'art. 307 ) - cosa che naturalmente rende accessibile il contenuto del precetto solo al tecnico del diritto e non a quisque de populo.Quindi in definitiva il principio di “precisione” ha ben poca importanza; ne ha invece e di molto maggiore il principio di “determinatezza” di cui in seguito parleremo.

Disc.- Ma ora dobbiamo parlare del “principio di tassatività”.

Doc. Il principio di “tassatività” fa divieto di interpretare analogicamente le norme penali. Esso trova espressione ( non nella Costituzione o nel Codice penale, ma ) nell'articolo art.14 delle Preleggi, che recita : “ Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”.

Page 20: Diritto Penale Ragionato Completo

Esso si presenta come un corollario di due altri principi, il “principio di irretroattività” , di cui abbiamo sopra parlato, e il “principio di legalità”, di cui verremo presto a parlare.

Disc.- Per quali ragioni il divieto di analogia costituisce un corollario del principio di irretroattività ?

Doc.- Per le stesse ragioni per cui ne è, come abbiamo visto, un corollario, il “principio di precisione”: l'informazione ( preventiva ) ai potenziali destinatari del precetto, per essere sicuri che venga recepita da quivis de populo, deve essere chiaramente espressa, e tale non può considerarsi quella che, non risulta dalle parole usate ( per esprimerla), ma può venire colta solo con un ragionamento per analogia – cioé con un ragionamento fuori dalla portata dell'uomo qualunque, perché impone, prima, di individuare la ratio della norma e, poi, di verificare se tale ratio sussista anche per il caso, dalla lettera della norma, non contemplato ( per applicare, in tal caso, il brocardo “ubi eadem ratio ibi eadem dispositio” ).

Disc.- Il divieto di analogia ha vigore anche per norme,sì, penali, ma in bonam partem ?

Doc.Questo é un problema che affronteremo quando torneremo a parlare del divieto di analogia, nel suo aspetto di corollario del principio di determinatezza.Qui dobbiamo invece notare come, il divieto di interpretazione analogica, non si estenda alla interpretazione estensiva . Anche in questa, come in quella, si applica, la disposizione contenuta nella norma, a un caso, dalla lettera della norma, non contemplato ( partendo dalla considerazione che il legislatore minus scripsit quam voluit ), ma tramite un passaggio logico talmente semplice da poter essere fatto anche dal iuris imperitus : prendi, ad esempio,l'articolo 575, che , configurando il reato di omicidio, recita “ Chiunque cagiona la morte di un uomo é punito” : quasiasi uomo di media intelligenza comprende che tale norma si applica anche a “chiunque cagiona la morte di una donna”.

Disc. Insomma l'interpretazione estensiva si differenzia da quella analogica, non per la qualità , ma per il suo diverso grado di complessità : dico bene?

Doc.- Sì, la interpretazione estensiva non é altro un escamotage per attenuare la severità del principio di tassatività.

Disc. Parliamo ora del principio di legalità.

Doc.- Il prinicpio di legalità trova espressione, sia nell'articolo 25 della Costituzione sia negli articoli 1 e 199 del Codice Penale.Articolo 25 nel suo secondo e terzo comma : “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso – Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.

Page 21: Diritto Penale Ragionato Completo

Art. 1 C.P. : : “ Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”Art. 199 C..P. : “ Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti”.

Disc.- Quindi il prinicpio di legalità si ridurrebbe a questo : che una persona non può essere punita se non in forza di una legge : garanzia, questa, certamente importante per i baroni inglesi, oppressi nel tredicesimo secolo dalle prepotenze di Giovanni Senza Terra, ma per noi moderni decisamente ovvia e banale: troppo poca cosa per giustificare l'importanza data a tale principio sia dal Codice Penale che dalla Costituzione.

Doc.- Non devi dare giudizi affrettati. Il “principio di legalità” é un (vetusto) principio, che ha avuto in sorte di generare per scissione, in seguito al continuo approfondimento della Dottrina, tutta una serie di altri principi - il “principio di determinatezza”, il “principio di riserva di legge” , il principio di tassatività” , il “principio di irretroattività”, il “principio di eguaglianza” - che lo hanno in un certo senso impoverito. Ciò non deve però condurti a ridurre l'importanza delle disposizioni sopra riportate; dato che da esse gli Studiosi ricavano ( con procedimenti esegetici più o meno forzati ), non solo il “principio di lesività”, ma anche il “principio di determinatezza” e il “principio di riserva di legge”.Detto questo ritorniamo al principio di lesività : che contenuto possiamo riconoscergli, dopo che sono venuti ad affiancarlo i numerosi principi, di cui sopra ho detto? Quello e solo quello di escludere che sia rimesso al mero arbitrio di un organo del potere governativo “ ( artt. 92 segg. Cost. ) o della Magistratura ( artt. 101 e segg. Cost.) lo stabilire se un comportamento debba essere, o no, sanzionato penalmente.Peraltro tale modesto contenuto , che rischia di sminuire il principio in discorso a una sorta di reperto di archeologia giuridica, viene indirettamente valorizzato dal “principio di determinatezza”, che da esso fa discendere conseguenze decisamente interessanti anche per noi moderni.

Disc.- Parliamo allora di questo principio di “determinatezza”.

Doc.- Come già detto esso é un corollario di quello di legalità e vuole che, la formulazione della norma penale, avvenga il più possibile in modo da escludere che l'individuazione del fatto-reato e della pena sia rimessa al potere discrezionale del giudice.

Disc.- Quindi si parte dal presupposto che una certa discrezionalità del giudice nell'applicazione della norma penale sia ineliminabile.

Doc.- E' così : non solo, ma a meno di voler rinunciare alla tutela di certi valori, é necessario rassegnarsi a norme, che lasciano anche una notevolissima discrezionalità al giudice: pensa all'articolo 529, che definisce “osceni gli atti e gli oggetti che,

Page 22: Diritto Penale Ragionato Completo

secondo il comune sentimento, offendono il pudore” : forse che l'applicazione di tale articolo non lascia al giudice una amplissima discrezionalità ? Eppure se tu, legislatore , vuoi tutelare il pubblico pudore, devi accettare ciò. Quel che il principio di determinatezza, in definitiva, può richiedere al legislatore ordinario, é solo un continuo sforzo per formulare le norme in modo da restringere al massimo il potere del giudice – e come esempio di un ottimo risultato in tale direzione, si possono portare le norme sul reato di usura e sul reato di “guida in stato di ebbrezza”, che ancorano la valutazione dell'usura e dell'ebbrezza a precisi parametri ( c'é ebbrezza quando la presenza di alcool nel sangue supera tot, c'è usura quando gli interessi richiesti superano tot ).Se lasciare al giudice un margine di discrezionalità, é inevitabile nell'individuazione del fatto-reato, ancor più inevitabile é nell'individuazione della quantità della pena da comminare per il reato.

Disc.- A dir il vero mi pare che si potrebbe invece evitare ogni discrezionalità stabilendo la pena, non tra un minimo e un massimo , ma in misura fissa.

Doc.- Cadresti allora però dalla padella alla brace, perché, in spregio al principio di uguaglianza, finiresti per punire con la stessa pena fatti di gravità diversa. No, una discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, non solo é inevitabile, ma é addirittura benefica. Certo, se la forbice tra il massimo e il minimo é “irragionevolmente” ampia, la norma – giusta l'insegnamento della Corte Costituzionale ( cfr. Sent. 299/19992 ) - deve considerarsi incostituzionale ( per violazione del principio di determinatezza ).

Disc.- L'interpretazione analogica é compatibile col principio di indeterminatezza ?

Doc.- Certamente, no : sia l'analogia in base a una norma ( analogia legis ) sia, e ancor più , l'analogia in base ai principi ( analogia juris ) sono incompatibili con tale principio .

Disc.- Quindi l'interpretazione analogica delle norme incriminatrici é vietata; e questo é un risultato a cui reavamo giunti anche ragionando sul “principio di “precisione”. Ma é vietata anche l'interpretazione analogica delle norme penali in bonam partem , ad esempio, di una norma, che prevede una causa di giustificazione, di non-imputabilità, di estinzione del reato ?

Doc. Le opinioni sul punto sono contrastanti. Alcuni Autori ( Pannain, Ramacci...) escludono l'ammissibilità dell'interpretazione analogica anche per le norme in bonam partem, o richiamandosi al principio di legalità o al divieto ( sancito dall'art. 14 delle Preleggi ) di interpretazione delle norme eccezionali. Altri Autori ( Antolisei, Fiandaca, Musco, Bettiol...) l'ammettono, ma per la maggior parte limitatamente alle norme in bonam partem , che ( come quelle che prevedono cause di giustificazione o

Page 23: Diritto Penale Ragionato Completo

di non-imputabilità) sono espressione di principi di diritto.

Disc. E tu come la pensi ?

Doc. Io penso che, mentre il principio di “precisione” non osta all'interpretazione analogica delle norme penali in bonam partem ( infatti, tale principio si propone solo di impedire, che una persona venga punita per aver violato un precetto, che non le era stato dato modo di conoscere) ; a tale applicazione, invece, sia di ostacolo ( a prescindere dal divieto di analogia per le leggi eccezionali ) il principio di determinatezza: questo infatti si propone di impedire, che una persona sia punita o assolta a discrezione del giudice; ora, il pericolo che ciò si verifichi, si ha, sia che si ammetta la interpretazione analogica di una norma incriminatrice sia che si ammetta l'intepretazione analogica di una norma in bonam partem ( perché, metti, esprimente una causa di giustificazione). Infatti, alla conclusione che una situazione sia analoga ad un'altra, si arriva in base a ragionamenti che hanno, quando più quando meno, una certa opinabilità o, in altre parole, discrezionalità. E questo sia che l'interpretazione riguardi una norma incriminatrice o una norma in bonam partem. Quindi, dal punto di vista del principio dell'indeterminatezza, non rileva se l'interpretazione analogica abbia ad oggetto una norma incriminatrice o no : in entrambi i casi si avrebbe infatti un aumento della discrezionalità del giudice .

Disc.- Parliamo ora del “principio di riserva di legge”.

Doc.-Dal secondo comma dell'articolo 25, si ricava, l'abbiamo visto, che una persona non può essere punita se non in base ad una norma proveniente dall'organo legislativo.

Disc.- A dir il vero tale disposizione si limita a dire che “ Nessuno può essere punito se non in forza di una legge” - non dice l'autorità da cui deve provenire la legge.

Doc.- Sì, ma tale norma essendo inserita in un testo, la nostra Costituzione, che si sofferma a indicare con estrema precisione gli organi a cui compete la formazione delle leggi, cioé la “funzione legislativa”, non può essere interpretata che nel senso che “uno non può essere punito se non in forza di una legge emanata da un organo a cui la Costituzione attribuisce una funzione legislativa”. Del resto tale soluzione é dettata, non solo da un'interpretazione sistematica, ma anche dalla logica: é infatti logico che il Legislatore costituzionale riconosca il potere di comprimere e sacrificare un bene, come quello della libertà, da Lui ritenuto tanto importante da definirlo “inviolabile”, solo a quell'organo, che, per le persone che lo compongono ( persone elette dai cittadini, quindi presumibilmente le migliori menti della popolazione ) e per le procedure che adotta nell'elaborazione delle norme ( procedure lascianti ampio spazio allla dialettica tra i fautori di diverse tesi ) , dà le migliori garanzie di giungere a sacrificare tale sommo bene solo nei casi in cui ciò é reso necessario dalla tutela degli interessi essenziali della Comunità.

Page 24: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- E va bene; però la funzione legislativa la Costituzione l'attribuisce sia al Parlamento ( art. 70 ) sia anche alle Regioni ( art. 117 co.1 ): tu ritieni che anche le Regioni possano emanare norme penali ?

Doc. No, lo escludo. E lo escludo – non già perché ritengo, come pur da Alcuno autorevolmente si sostiene, che l'attribuire il potere di emanare norme penali alle Regioni violerebbe il principio di uguaglianza ( potendo, per uno stesso fatto , il lombardo essere punito, e il ligure e il veneto, no) e , invero, chi mai vede leso tale principio di uguaglianza dalla norma che punisce un italiano per un fatto che il francese può impunemente compiere? - ma, per riprendere il discorso, escludo nelle regioni il potere di legiferare in materia penale, perché mi pare logico che norme, tanto gravide di conseguenze per la libertà delle persone, portino la firma, se mi é permesso il termine, dell'organo che, per le persone che lo compongono ( persone scelte non in una sola regione ma in tutta la nazione, quindi le migliori, non della Regione veneta, lombarda, ligure, ma le migliori di tutta la Nazione Italiana), dà le migliori garanzie di emanare giuste e sagge norme: il Parlamento.E con ciò esprimo non tanto la mia opinione quanto quella della generalità degli Studiosi.

Disc.- Ma il Parlamento può delegare a un organo del potere esecutivo l'esercizio delle sue funzioni: ciò accade nel caso dei Decreti Legislativi ( come previsto dalla Costituzione nell'articolo 76 ) e ciò, in buona sostanza, accade anche ( lo dico, pur se so che qualche Professore a sentirmi inorridirà ) nel caso delle così dette “norme in bianco” - ora tu ritieni ammissibile che il Parlamento deleghi al Governo e all'Autorità amministrativa anche la formazione di norme penali ?

Doc.- Sì, purché il potere ( normativo ) delegato non implichi una scelta politica, cioé una scelta relativa a questioni ( metti, “E' giusto punire A e B o solo B ?” “ E' giusto punire A con centomila o solo con novantamila euro?” ) per cui forze politiche diverse hanno proposto o potrebbero proporre soluzioni diverse: ad esempio, non c'é da dubitare che il Parlamento possa rimettere a quel certo Ministero la soluzione della questione, se aggiungere alle indicazioni, che il commerciante deve apporre sulla confezione degli alimenti che vende , oltre alla data di scadenza, quella di confezionamento : e infatti questa é una questione tecnica alla cui soluzione le forze politiche sono disinteressate; mentre é, invece, ben da dubitare che il Parlamento possa rimettere a quel certo Ministero la decisione del quantum di pena con cui va sanzionata la violazione del precetto di indicare, oltre alla data di scadenza, quella di confezionmento : infatti a interloquire sulla severità della pena tutte le forze politiche sono interessate.

Disc.- Ma chi stabilirà se vi sono forze politiche interessate alla soluzione in un modo, anziché in un altro, di una data questione?

Doc.- L'organo che per la sua composizione - per il cordone ombelicale che l'unisce al mondo politico - é più in grado di rilevare l'importanza , che ha in questo mondo,

Page 25: Diritto Penale Ragionato Completo

una questione: la Corte Costituzionale.

Disc.- Ma ogni norma penale non può non imporre la soluzione di “questioni politiche” .

Doc.- Vuol dire che il Parlamento risolverà le questioni politiche e rimetterà al Goveno le questioni, alla cui soluzione in un modo anziché nell'altro, nessuna forza politica é interessata. Ciò é espressamente previsto dalla Costituzione per quel che riguarda i Decreti legislativi : “i principi e criteri direttivi” che per l'articolo 76 debbono accompagnare la delega al Governo, rappresentano appunto la soluzione delle questioni politiche che la materia delegata presenta.

Disc.- E per quel che riguarda le “norme in bianco” ?

Doc.- Nella norma in bianco il Parlamento di solito non dà e non deve dare “principi e criteri direttivi”, però deve formulare la sua volontà in modo che lo spazio residuante ( e che dovrà essere riempito dall'autorità amministrativa) chiaramente riguardi solo questione tecniche ; esempio tipico di norma in bianco é il seguente: “Chiunque non indicherà sulle confezioni gli ingredienti che il Ministero dell'industria stabilirà con suo decreto sarà punito eccetera eccetera”.

Disc.- Quali sono le opnioni della Dottrina e della Giurisprudenza sul punto, cioé sulla possibilità del Parlamento di delegare norme penali ?

Doc. Per quel che riguarda la delega al Governo tramite un Decreto legislativo , l'orientamento di gran lunga prevalente é per la sua ammissibilità ( purché naturalmenet siano rispettati i limiti posti dall'articolo 76 ).Vi é invece contrasto sulla possibilità che fonti normative secondarie ( come i regolamenti ) possano concorrere alla formazione delle norme penali. Alcuni la ammettono ( teorici della “riserva relativa di legge”), altri la negano assolutamente ( teorici della “riserva assoluta di legge”), altri ancora ammettono un concorso delle fonti normative secondarie, ma solo per specificare, in base a considerazioni puramente tecniche, la figura di reato già delineata dal Parlamento ( teorici “ della riserva assoluta temperata”). La Corte Costituzionale aderisce al terzo orientamento ( Sent. 10.06.1982 n. 108; 9.6.1986 n. 132 ); e più precisamente : - mentre, per quel che riguarda la sanzione, esclude che essa possa essere stabilita da altri che il Parlamento – per quel che riguarda il precetto, ammette che esso possa essere integrato da atti del potere esecutivo, a patto che sia il Parlamento a fissare i limiti e i criteri di tale opera integrtrice.

Disc.- La Costituzione prevede oltre casi in cui la funzione legislativa é delegata al Governo, casi in cui questo, di propria iniziativa, può adottare “provvedimenti provvisori con forza di legge” : i decreti-legge ( art. 77 c.2 ). Questi decreti possono contenere norme penali ?

Page 26: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- La cosa é controversa. A me sembra che il problema vero, non sia se i decreti-legge possano, o no, contenere norme penali: certamente li possono contenere. Il problema vero é se tali norme siano applicabili prima della loro conversione in legge. Problema che, se risolto nel senso positivo, potrebbe portare a situazioni gravissime, in caso di mancata conversione del decreto : Fulano viene, in base al reato previsto dal decreto, processato e privato della libertà, poi, il decreto non viene convertito: certo una legge può prevedere degli indennizzi per tali casi, ma non ci sono soldi che possano ripagare la perdita della libertà. Tenuto conto di ciò io escluderei, che, eventuali norme penali contenute in un decreto, possano essere applicate prima della loro “conversione”, perché, la deroga al principio di legalità che ciò verrebbe a rappresentare, é talmente drastica, che, per essere ammessa, occorrerebbe una chiara volontà espressa in tal senso dal Legislatore ( costituzionale ).

Disc.- Che dire delle norme comunitarie, possono esse incidere sul diritto penale nazionale?

Doc. Certamente, sì. Infatti con i vari Trattati di adesione alla Comunità Europea lo Stato italiano ha rinunciato al monopolio delle fonti legislative. Pertanto ora, alle fonti normative previste dagli artt. 70 e segg. della Costituzione, si affiancano le fonti legislative comunitarie : i trattati, i regolamenti, le direttive - e questo in perfetta osservanza della Costituzione stessa, che, nel suo articolo 11, autorizza il Legislatore ordinario a “consentire....alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.Alcune delle norme comunitarie si limitano a imporre allo Stato italiano l'obbligo di provvedere alla tutela penale di interessi rientranti nella competenza comunitaria - (e in tal caso non hanno nessuna influenza diretta sul cittadino italiano) .Invece altre ( tutte le norme contenute nei regolamenti, alcune delle norme contenute nei trattati e delle direttive, in specie le c.d. “direttive analitiche” ) sono self executing ( cioé immediatamenet applicabili dai giudici dello Stato ). In tal caso ben può essere – ed é già accaduto – che si rivelino incompatibili con l'applicazione di una norma incriminatrice.

Disc. Fai un esempio.

Doc..- Eccolo : esisteva una norma che puniva chi nelle zone urbane vendeva direttamente il latte, invece di consegnarlo a istituzioni ( le Centrali del latte ) che avevano il monopolio della sua vendita ; ora un regolamento comunitario soppresse tale monopolio : la Corte di Cassazione ne trasse la conseguenza che non si potesse più configurare come reato la omessa consegna del latte alle Centrali.

Disc.- Dunque le norme comunitarie prevalgono su quelle nazionali.

Doc.- Sì; e questo per il principio del “primato del diritto comunitario sul diritto interno, sia anteriore o posteriore ad esso” - principio affermato dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con una Sentenza risalente al 1978.

Page 27: Diritto Penale Ragionato Completo

Peraltro, a prescindere dalla sua diretta applicazione, il Diritto comunitario influisce su quello nazionale per l'obbligo, che ne deriva per il giudice, di interpretare le norme nazionali in senso conforme alla lettera e alla ratio di tale Diritto ; cioé il giudice tra più possibili significati della norma anzionale deve scegliere quello conforme o più conforme allla norma comunitaria.

Disc.- Ma il diritto comunitario può sanzionare penalmente la condotta del cittadino – voglio dire sanzionarla con norme self-executing , subito vincolanti per i giudici italiani ?

Doc. Questo, no assolutamente : non lo consente l'articolo 25 la cui riserva di legge opera chiaramente solo a favore del legislatore nazionale , e neppure lo consente l'articolo 11. Infatti vi é una gerarchia tra le norme della nostra Costituzione e, se si può riconoscere che l'articolo 11 possa prevalere sulle norme, che concedono al Parlamento l'esclusività di certi poteri legislativi, non si può ammettere che esso prevalga su norme, come l'articolo 13, che tutelano beni di valore primario, come la libertà. E se l'art.11 non può prevalere sull'articolo 13, per il valore che esso esprime, neanche può prevalere sull'articolo 25 che é funzionale alla tutela di tale valore.E con ciò ti esprimo non solo la mia opinione ma l'opinione condivisa dalla generalità degli Studiosi.

Page 28: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione IV: La successione delle leggi penali nel tempo.

Doc.- Il fenomeno della successione delle leggi penali viene disciplinato dal nostro Codice nell'art.2, che recita:“Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e se vi é stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.Se vi é stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatammente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135.Se la legge del tempo in vui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposiizoni dei capoversi precedenti.Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti”.

Disc.- Cominciamo a parlare del primo comma dell'articolo che hai letto. La punizione di una persona dipende , non solo dalla norma che configura come reato il fatto da lei commesso ( norma incriminatrice ), ma anche da altre norme; ad esempio, dalle norme che stabiliscono il tempo utile per la prescrizione del reato, da quelle che stabiliscono la sua procedibilità d'ufficio o a querela, da quelle che prevedono una causa di giustificazione , e l'elencazione potrebbe continuare. Ed ecco la domanda: anche tali norme debbono considerarsi irretroattive? Faccio qualche esempio, per spiegarmi meglio. Primo esempio : Fulano commette il reato A, ma siccome tale reato é procedibile a querela e questa non é stata presenta, scampa la pena: se in un domani una norma stabilisse la procedibilità d'ufficio del reato A, questa norma gli si potrebbe applicare retroattivamente ( con conseguente sua condanna) ? Secondo esempio: Fulano commette il reato B, per la cui prescrizione le norme allora vigenti prevedono il tempo di cinque anni ; questi cinque anni passano senza che nessuno muova un dito per processare Fulano e questi....tira un sospiro di sollievo: pena scampata : se dopo che sono trascorsi i cinque anni interviene una legge che raddoppia il tempo della prescrizione, questa norma può essere applicata retroattivamente ? Terzo esempio: Fulano commette il fatto C e nessuno vi ravvede un reato, perché la norma C illo tempore vigente prevede una causa di (sua) giustificazione : se in un domani interviene la norma D che abroga quella C , essa ( idest, la norma abrogatrice D ) può essere applicata retroattivamente?

Doc.- Io risponderei senz'altro positivamente a tutte queste tue domande. Discutibile, lo riconosco, potrebbe essere , se la irretroattività nei casi da te fatti possa basarsi sull'articolo 25 della Costituzione o debba trovare il suo fondamento solo nella legge

Page 29: Diritto Penale Ragionato Completo

ordinaria, nell'articolo 2 . Io riterrei ch'essa possa basarsi sia sull'articolo 25 sia sull'articolo 2 ( e il punto interrogativo – a cui peraltro non cercherò di dare qui risposta, per non complicare troppo il discorso - io lo porrei solo sull'applicabilità del primo o del quarto comma dell'articolo 2 ). Con tutto ciò io mi rendo conto che, non in tutti i casi da te portati come esempio, la irretroattività potrebbe giustificarsi con tutte e tre le “ragioni” che abbiamo visto giustificare la irretroattività delle norme incriminatrici : queste ragioni potrebbero valere tutte e tre probabilemnte solo nel caso del terzo esempio da te portato ( fatto “giustificato” da una norma poi abrogata ), ma nei casi di cui al primo e secondo esempio, certamente le prime due non potrebbero valere ( Fulano se era un buon cittadino, rispettoso della legge, avrebbe dovuto astenersi dal commettere il fatto solo in considerazione della norma che tale fatto incriminava, a perscindere che il reato fosse procedibile a querela o d'ufficio, a prescindere che si precrivesse in cinque o dieci anni!).

Disc.- Quindi solo la terza delle ragioni che giustificano l'irretroattività delle norme incriminatrici ( la ragione di impedire a chi detiene il potere di fare norme ad personam ) potrebbe aver valore nei casi del primo e secondo esempio.

Doc.- Sì, ma accorrerebbe a rinforzare, per così dire, questa ragione - che di per sé, già lo vedemmo, é piuttosto debole - e quindi a giustificare con più forza la irretroattività ( della norma penale non incriminatrice: negli esempi, la norma che prolunga i tempi della prescrizione o che rende il reato procedibile d'ufficio ) l'esigenza di tutelare l'affidamento del cittadino a non essere perseguito dalla legge, una volta che si siano maturate certe condizioni ( negli esempi, sia trascorso il tempo utile per proporre querela o evitare la prescrizione).

Disc. Ma dopo la commissione del fatto posono intervenire, non solo norme che lo rendono punibile ( mentre prima non lo era ), ma anche norme che rendono più grave il suo trattamento sanzionatorio, penso a una norma che preveda un'aggravante, penso ancora a una norma che escluda un “beneficio” come la sospensione condizionale della pena: domanda : anche queste norme sono irretroattive ?

Doc.- Sì, ma non in forza dell'art. 25 già citato ( quindi la loro irretroattività non ha una garanzia costituzionale ) e neanche per il primo comma dell'art.2, bensì, per il suo quarto comma.

Disc.- Ma questo comma prevede l'applicazione della norma più favorevole tra quella vigente al tempo del commesso reato e quella posteriore.

Doc.- E ciò significa, per rifarci a uno dei tuoi esempi, che se la prima non prevedeva l'aggravante e la seconda , sì, questa seconda non si applicherà ( in quanto meno favorevole) , il che é come dire che sarà irretroattiva : mi sono spiegato?

Disc.- Ti sei spiegato ; passiamo al secondo comma: mi pare chiaro che esso

Page 30: Diritto Penale Ragionato Completo

stabilisce la non punibilità di Fulano che ha commesso il fatto A ( metti ha procurato un aborto ) che al momento era previsto come reato, ma che una legge posteriore , come reato, più non prevede: vero ?

Doc.- Verissimo; ma esso – e questo molto importante - non solo stabilisce la non punibilità di Fulano, ma pure che, se vi é stata sentenza irrevocabile di condanna , non si devono eseguire né la pena nè, bada, neanche gli altri effetti penali della condanna ; ciò che significa, che questa non potrà essere calcolata ad esempio per ritenere la “recidiva”( artt. 99 e segg. ) o per escludere il beneficio della sospensione condizionale ( att. 163 e segg. ).

Disc. Ma la sentenza penale ha anche effetti civili ; io penso a una eventuale condanna dell'imputato al risarcimento a favore della parte civile.

Doc.- Quelli no, non verrebbero travolti dalla norma che esclude il reato ; per le stesse ragioni per cui la norma che esclude l'obbligo risarcitorio, per un fatto in base a cui il giudice civile ha invece già emesso condanna al risarcimento, non porta all'annullamento di questa.

Disc. Ma per quale ragione il legislatore non punisce Fulano, che ha pur violato la legge , anche se il fatto da lui commesso non é più previsto come reato?

Doc. Perché il nostro legislatore punisce chi ha violato la legge , non perché ha disubbidito a questa, ma perché ha leso il bene da questa tutelato ; se quindi egli si convince che questo bene in realtà non esiste oppure che non merita la tutela penale, non può che ricavarne le logiche conseguenze : escludere la punizione del fatto ( prima punito nel presupposto che ledesse tale bene o preteso bene )..

Disc.- Ma Fulano , violando la legge, ha dimostrato di non subire l'efficacia intimidatrice della minaccia di una pena, é quindi una persona che ben potrebbe commettere altri reati.

Doc.- Ma di ciò il legislatore sembra tenere conto: né l'articolo 25 nel suo terzo comma ( nota com'é diversa la sua formulazione da quella del secondo comma !) né l'articolo 190 e segg. escludono che una misura di sicurezza possa essere applicata al tuo Fulano. E il capoverso dell'articolo 200 – mostrando di disattendere completamente il principio dell'applicazione della norma più favorole al reo - dà buoni argomenti per sostenere che una misura di sicurezza, al tuo Fulano, possa essere applicata ( anche se egli non deve più rispondere del fatto A come reato ). Del resto ci riserviamo di approfondire la questione parlando appunto delle misure di sicurezza.

Disc.- Ma sempre l'abrogazione di una norma penale – o, per essere più precisi, di una norma dalla cui esistenza dipendeva la configurabilità di un fatto come reato - comporta l'esclusione della punibilità ( di questo fatto ) ? Metti, Fulano ha falsamente

Page 31: Diritto Penale Ragionato Completo

denunciato il signor Innocenti di aver commesso un fatto A costituente ( illo tempore) reato: si avviano delle indagini,, il sig. Innocenti ricorre ad un avvocato, forse addirittura si fa del carcere preventivo o espia in tutto o in parte la pena ( comminatagli per il reato per cui é stato calunniato) ; poi, interviene una norma che esclude che il fatto A costiuisca reato ( e con ciò stesso esclude che commetta il reato previsto dall'art. 368, il reato di calunnia, chi denuncia falsamente una persona del fatto A ) : grazie a tale norma, Fulano, nonostante le tribolazioni da lui causate al povero sig. Innocenti, andrebbe esente da ogni pena ( in applicazione del capoverso dell'art. 2 ) ?

Doc.- Convengo con te che sarebbe assurdo; e che quindi bisogna concludere che non sempre l'abrogazione di una norma pur determinante al momento della commissione del fatto per ritenere la punibilità di questo, comporta la non punibilità del reo : bisogna vedere.

Disc.- Che cosa ?

Doc.- Bisogna vedere, prima di tutto, se, nonostante l'abrogazione della norma, si é verificata la lesione del bene che ( per il legislatore ) giustificava la punizione del reo (per riferirci all'esempio da te fatto : l'esposizione al rischio di condanna o addirittura la condanna del sig. Innocenti, c'é stata? ) e , in caso di risposta positiva, bisogna ancora vedere, se questa lesione continua a giustificare per il legislatore la punizione del fatto lesivo ( nell'esempio da te fatto: il legislatore continua a ritenere meritevole di tutela l'interesse di una persona a non essere esposta al rischio di una condanna ingiusta?) : se si risponde di sì, l'abbrogazione della norma ( nell'esempio, l'abrogazione della norma che prevede come reato il fatto A ) non esclude la punibilità dell'agente ( di Fulano ) per il reato ( nell'esempio, per il reato di calunnia ). Del resto proprio con considerazioni analoghe si giustifica la deroga che il legislatore fa al secondo comma in questione ( e anche al quarto comma di cui parleremo ) stabilendo ( nel quinto comma ) che “ se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti”.

Disc.- Cosa si intende per “ leggi eccezionali e temporanee” ?

Doc. Si intende quelle leggi che il legislatore emana in considerazioni di situazioni eccezionali ( un terremoto, una guerra...) o per cui stabilisce già al momento della loro emanazione un termine di scadenza ( evidentemente perchè anche tali leggi sono emanate per far fronte a una situazione limitata nel tempo, quindi eccezionale ).

Disc.- Fai un esempio.

Docc.- Esempio di una legge eccezionale potrebbe essere questo: “ Dato lo stato di guerra e il pericolo di bombardamenti nemici , tutte le finestre debbono essere oscurate in modo che da esse non trapeli luce alcuna : i contravventori saranno puniti con tot”. E' chiaro che la cessazione dello stato di guerra e l'abrogazione di una tale

Page 32: Diritto Penale Ragionato Completo

legge,non escluderà per nulla che Fulano, che ha lasciato filtrare la luce dalle finestre ( segnalando così agli aerei nemici la persenza di un centro urbano ), ha posto a rischio l'incolumità pubblica ( più precisamernte, la incolumità degli abitanti del centro urbano ) e non escluderà nemmeno che l'interesse alla tutela dell'incolumità pubblica continui ad essere ritenuto dal Legislatore degno di tutela.

Disc.- Parliamo ora del quarto comma ( dell'art. 2 ).

Doc.- Questo comma si riferisce a casi in cui nessuna delle due norme, per così dire in contesa, esclude la punibilità del fatto ( mentre se la norma “anteriore” o quella “posteriore” escludessero totalmente la punibilità del fatto si ricadrebbe o nell'applicazione del primo comma o del secondo ). Quel che succede quando la norma “posteriore” é meno favorevole di quella anteriore lo abbiamo già visto ( succede che la norma posteriore si considera irretroattiva e si applica quella anteriore ).

Disc.- E quindi ora ci resta di vedere quel che succede se la norma posteriore é più favorevole di quella anteriore : dunque, che succede ?

Doc.- Succede che si applica la norma posteriore; questo, quindi, in perfetta armonia col disposto del comma 2. Però il quarto comma , quando riguarda il caso che la norma posteriore sia “più favorevole”, contiene un'eccezione non presente invece nel secondo comma : infatti mentre la norma posteriore che esclude il reato ( quindi stiamo parlando del secondo comma ) si applica nonostante sia già inetrvenuta una sentenza irrevocabile di condanna ( e ne travolge gli effetti penali ) ; la norma più favorevole ( ma che non esclude il reato) non si applica, se una sentenza irrevocabile é già intervenuta.

Doc. Quali le ragioni di tale severa disposizione ?

Doc.- Esse probaiblmente vanno viste nella necessità di economizzare l'attività processuale ( evitando il defatigante ripetersi di un processo che già ebbe a portare a una sentenza irrevocabile ) ; e conforta tale conclusione il fatto che quando queste argioni vengono a mancare, in quanto la “correzione della sentenza può farsi senza rinnovare il processo, la norma posteriore più favorevole si applica .

Disc.- Da che risulta questo ?

Doc.- Dal terzo comma che così recita: “ Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135”.

Disc. Tu però, parlando del caso in cui la norma posteriore é ( non più, ma ) meno favorevole della “anteriore”, non hai previsto il caso che sia già intervenuta sentenza

Page 33: Diritto Penale Ragionato Completo

irrevocabile , nulla hai detto in proposito.

Doc.- Non ho detto nulla in proposito per la semplicissima ragione che, in tal caso, nessun problema di “correzione” della sentenza sorge : in tal caso infatti la sentenza avrà applicata la norma “anteriore” più favorevole e.....avrà fatto benissimo. Non muovermi critiche che non merito!

Disc.- Una cosa di certo però ti sei dimenticato di dire; e percisamente con che criteri va operata la valutazione di quando una norma é più favorevole di un'altra..

Doc. Te lo dico subito : con due criteri:Primo criterio: la valutazione va fatta in concreto. Ciò significa che il giudice deve, prima, applicare idealmante al caso concreto la norma “anteriore” , poi, sempre idealmente e sempre al caso concreto, deve applicare la norma “posteriore”: fatto questo deve confrontare i risultati a cui é giunto nei due casi e, se il risultato più favorevole al reo l'ha ottenuto nel primo caso, applicherà la norma anteriore , se l'ha ottenuto nel secondo caso, applicherà la norma “posteriore”. Faccio un esempio : metti che la norma posteriore abbia innalzato il massimo della pena e diminuito il suo minimo: nell'ipotesi, il giudice l'applicherà, se riterrà che nel caso concreto la pena vada applicata nel minimo, e non la applicherà, se riterrà che vada applicata nel massimo.

Disc.- Ma la legge posteriore potrebbe contenere varie disposizioni ; ad esempio, disposizioni : sulla misura , sulla specie della pena principale, sulle pene accessorie, sui presupposti di concedibilità di un beneficio, sulle cause di etinzione (…); e, quel che più conta, alcune di tali disposizioni potrebbero essere interdipendenti tra di loro ( nel senso che una disposizione potrebbe essere giustificata dall'esistenza di un'altra: penso al caso di una disposizione, che diminisce la pena, e la diminuisce in considerazione del fatto, che altra disposizione ne ha cambiata la specie, da una meno afflittiva, come l'arresto, ad una più afflittiva, come la reclusione). In tal caso il giudice come deve regolarsi?

Doc.- Adottando il criterio del c.d. “divieto della terza legge” - criterio che così può essere esplicitato: tu, giudice, non puoi individuare la legge più favorevole tenendo conto solo di una delle“disposizioni interdipendenti” senza tenere conto dell'altra; per rifarci all'esempio da te fatto: tu, giudice, non puoi, da una parte, applicare la disposizione (della legge posteriore) che diminuisce il minimo della pena e, dall'altra, disapplicare la disposizione che qualifica la pena come reclusione ( applicando al suo posto la disposizione della legge anteriore che qualifica la pena come arresto ) : in tal caso, infatti, tu verresti a creare una terza legge, che non corrisponderebbe né alla volontà del legislatore della legge “posteriore” né alla volontà del legislatore della legge “anteriore”, ma solo alla...tua volontà.

Disc.- Guardiamo al fenomeno della “successione delle leggi” da un altro punto di vista. Tu hai fatto finora l'ipotesi che siano intervenute solo due leggi, ma in realtà ne

Page 34: Diritto Penale Ragionato Completo

potrebbero essere intervenute tre ( e anche più): fa questo caso: Fulano commette il fatto A ; un primo legislatore, il legislatore del tempo in cui il fatto fu posto in essere, lo considera come reato; un secondo legisaltore invece, dice “No, il fatto A non lede nessun bene, perché punirlo?” e non lo considera più come reato ; un terzo legislatore, infine, ritiene che “ No, era ben fatto come si faceva una volta, torniamo all'antico, puniamo il fatto A”. Ebbene, in tal caso , la volontà di quale dei tre legislatori va applicata ?

Doc.- Quella del terzo, dato che senza dubbio é nel potere del legislatore ordinario emanare una nuova norma, che ne abroghi una anteriore; a meno, ben s'intende, che ciò venga a ledere il diritto ( costituzionalmente garantito ) del cittadino di conoscere anticipatamente il rischio di sanzione, che corre compiendo il fatto considerato come reato dalla ( nuova) norma. Il che però, nel caso da te prospettato, non si verifica: infatti si deve ritenere che Fulano sapesse, al momento in cui compiva il fatto A, che si esponeva al rischio di sanzione, perché , anche se ovviamente non poteva conoscere ancora la norma emanata dal terzo legislatore, non poteva non conoscere quella emanata dal primo legislatore ( che una sanzione per la commissione del fatto A comminava ). Diverso il caso che Fulano avesse commesso il fatto durante la vigenza della norma emanata dal secondo legislatore: in tal caso effettivamente egli a buon diritto, agendo, avrebbe potuto pensare di non correre nessun rischio di sanzione.

Disc.- Chiarito questo veniamo a parlare del sesto e ultimo comma dell'articolo 2.

Doc.- Che però é stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale (Sent. 19.02..1985, n. 51) nella parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste, le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma. dell'art.2.

Disc.- Quindi, se Fulano, putacaso, il 15 gennaio 2010 comette il fatto A, ritenuto dal legislatore del tempo reato; poi, interviene nel 2012 un decreto-legge, che esclude la punibilità del fatto A ( “ No, il fatto A non costituisce più reato” ), ma che non viene convertito, Fulano continua a rispondere penalmente del fatto A. Mi pare giustissimo! Si tratta, infatti, di un caso del tutto analogo a quello da noi prima esaminato ( il caso, di una prima norma che ritiene A punibile, di una seconda, che ne esclude la punibilità, e di una terza che, la punibilità di A, invece, ripristina ) : in buona sostanza, la Corte ritiene che vada rispettata la volontà del Parlamento ( che, non convertendo il decreto, dimostra di volere mantenere la punibilità di A, dal decereto, invece, esclusa) per le stesse ragioni, mutatis mutandis, per cui noi abbiamo prima ritenuto, che vada rispettata la volontà del terzo legislatore ( che abrogando la seconda norma, in buona sostanza ripristina la punibilità del fatto ).Però noi avevamo anche concluso che, se Fulano commetteva il reato durante la vigenza della seconda norma, doveva andare esente da pena ; e le ragioni, che ci avevano portato a tale conclusione, mi pare che dovrebbero essere valide anche per concludere per la non punibilità di chi commette il fatto-reato durante la vigenza del

Page 35: Diritto Penale Ragionato Completo

decreto, che ne esclude la punibilità

Doc. E in realtà é così : tali ragioni sono perfettamente valide anche per escludere la punibilità del fatto commesso durante la vigenza del decreto.- nonostante che sul punto la Corte Costituzionale non si sia espressa chiaramente.

Disc.- Altro argomento, altro problema. E' chiaramente importante, ai fini di stabilire se una norma é posteriore al fatto A ( e quindi se la sua applicazione al fatto A deve, o no, farsi rientrare nella ipotesi della retroattività di una norma ) stabilire il momento in cui il reato va ritenuto commesso. Non mi pare questo, però, un problema di facile soluzione.

Doc.- E infatti non lo é ; tanto che , di tale problema, sono state proposte tre diverse soluzioni dalle tre diverse teorie , che ora passo a sintetizzarti. La teoria dell'evento : il reato va considerato commesso nel momento in cui si verifica l'evento ( dalla cui esistenza dipende la punibilità dell'azione): il terrorista ha il 15 gennaio predisposta la bomba, che però scoppia il 17 gennaio : il reato si condidera commesso il 17 gennaio.Teoria dell'attività : il reato si considera commesso nel momento in cui é commessa l'azione; nel caso di reati frazionati ( reati permanenti, reati abituali...) il reato si considera commesso nel momento che finisce l'ultima sua frazione ( Fulano ha sequestrato Fulana il 15 gennaio e l'ha tenuta in sequestro fino al 17 gennaio? ebbene, il reato si considera commesso fino al 17 gennaio).Teoria mista : si adotta l'uno o l'altra delle soluzioni, prospettate dalle due precedenti teorie, secondo i casi.

Disc.- E tu che ne pensi ?

Doc.- Io penso che, in sede di interpertazione dell'articolo 2, si debba aderire alla teoria dell'attività ( senza escludere, quindi, che la teoria dell'evento sia preferibile in sede di interpretazione di altro articolo).Questa soluzione mi sembra preferibile perché, per stabilire se é giusto, oppure no, applicare la norma B al fatto A commesso da Fulano, deve farsi riferimento, lo abbiamo visto, alla possibilità, o meno, che Fulano , di tale norma, potesse subire l'efficacia intimidatrice, e ciò implica che si debba far riferimento al momento dell'azione ( dato che solo al momento dell'azione, e non a quello dell'evento, Fulano poteva subire l'intimidazione della norma ) . Certo questa regola va applicata cum grano salis, e nei casi in cui si deve configurare una responsaiblità dell'agente, non solo per l'azione positiva compiuta, ma anche per la omissione di quanto necessario per impedire a tale azione di produrre l'evento ( caso del terrorista che venga punito , non solo per aver posizionato la bomba il 15 gennaio ma altresì per non averla rimossa prima che, il 17 gennaio, scoppiasse ), il reato dovrà ritenersi commesso, alla scadenza del tempo utile per compiere l'azione ( invece omessa).

Disc. Un ultima domanda, che non riguarda propriamente la problematica della

Page 36: Diritto Penale Ragionato Completo

successione delle norme del tempo , ma un argomento affine : in quale momento si verificano gli effetti di una sentenza dichiarativa della incosittuzionalità di una norma ?

Doc.- La risposta te la danno l'articolo 136 della Costituzione e l'articolo 30 della legge 11 marzo 1953 n. 87. L'articolo 136 nel suo primo comma così recita : “Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.Per il citato art. 30, poi “ quando in applicazione della norma dichiarata incosittuzionale é stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano l'esecuzione e tutti gli effetti penali”.

Disc.- Quindi in buona sostanza, nel caso che la Sentenza dichiari l'illegittimità di una “norma incriminatrice”, la soluzione adottata , dagli artt. 136 e 30, é speculare a quella adottata dal secondo comma dell'articolo 2 : la sentenza della Corte ha effetto, non solo retroattivo, ma iperetroattivo , dato che travolge eventuali sentenze precedenti di condanna. E la cosa mi sembra piuttosto logica.Ma nel caso che la Sentenza della Corte dichiari l'illegittimità, non di una norma “incriminatrice”, non di una norma che disponeva sul an puniendum, ma sul quantum o sul quomodo puniendum sit ( ad esempio, una norma che stabiliva una circostanza aggravante ) ? in tal caso la Sentenza avrà ancora effetto retroattivo, travolgerà ancora la eventuale sentenza di condanna che abbia tenuto conto della norma abrogata ( ad esempio, aumentando la pena in applicazione della norma dichiarata illegittima ) ?

Doc. Io anche qui adotterei una soluzione in armonia con l'articoo 2 , in particolare col suo quarto comma, e risponderei sì alla tua prima domanda e no alla seconda.

Disc. Questa potrebbe essere una soluzione valida nel caso che la norma dichiarata incostituzionale fosse una norma sfavorevole al reo ; ma sarebbe ancora valida nel caso che la norma fosse, non sfavorevole, ma favorevole al reo ( ad esempio prevedendo una causa di giustificazione )? anche in tal caso la sentenza della Corte avrebbe efficacia retroattiva, il che in pratica significherebbe che verrebbe punito o più gravemnete punito un fatto commesso quando ancora la Sentenza della Corte non era pubblicata.?

Doc.- Io adotterei questa soluzione : escluderei che la Sentenza della Corte agisca retroattivamente nel caso in cui ciò comporterebbe la punibilità di un fatto anteriormente non punito , dato che in tale caso la retroattività contrasterebbe con una norma di livello costituzionale, l'articolo 25 della Costituzione; ammetterei la retroattività negli altri casi, in cui la retroattività viene a contraddire solo norme ordinarie ( anche se , debbo riconoscerlo, tale seconda soluzione é disarmonica con quanto dispone il quarto comma dell'articolo 2 ).

Page 37: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione V : L'obbligatorietà della legge penale – Le.c.d. “immunità” – Locus comissi delicti.

Doc.- I limiti all'obbligatorietà della legge penale sono posti dall'articolo 3, che recita: “ La legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite del diritto pubblico interno o dal diritto internazionale”.

Disc.- Sì, ma che significa dire che una data norma - ad esempio l'articolo 581, che punisce “ chiunque percuote taluno con la reclusione fino a sei mesi”- obbliga tutti , cittadini o stranieri che siano ?

Doc.- Significa due cose : prima, che, il comportamento vietato dalla norma, si considera lesivo di un bene e di un bene meritevole di tutela, chiunque sia chi tiene tale comportamento e chiunque sia chi lo subisce; seconda, che tale comportamento va punito, qualunque sia chi l'ha tenuto , chiunque sia chi l'ha subito. Per rifarci all'esempio da te fatto, percuotere una persona va considerato una violazione dell'articolo 1, qualunque sia la nazionalità di chi percuote e di chi é percosso.

Disc.- Questo vale anche se le percosse sono date da Mohamed, la cui mentalità ha radici in una cultura, che ritiene addirittura doverose le correzioni fisiche inflitte dal marito alla moglie e sono subite da Miriam che, alla stessa cultura appartenendo, poco stimerebbe il marito che non la percuotesse ?

Doc.- Tale é chiaramente la volontà del nostro Legislatore, come risulta dall'articolo 3 sopra riportato.

Disc.- Ma il nostro Legislatore considererà il povero Mohamed meritevole di una pena più lieve, anzi molto più lieve di quella prevista dall'articolo 581 .

Doc.- Per nulla, infatti l'articolo 3 viene nel Codice integrato dalla disposizione del primo comma dell'articolo 6, che recita : Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato é punito secondo la legge italiana”. Ciò significa che pure il quantum di pena andrà misurato secondo i valori espressi dalla legge nazionale.

Disc.- Fortunatamente nel nostro Codice c'é anche un articolo 132, che dà al giudice un potere discrezionale nello stabilire la pena ( per cui nel caso di Mohamed la potrà tenere nel minimo ) e fortunatamente l'articolo 581 prevede la procedibilità del reato di percosse solo su querela della parte offesa ( querela che, certamente , Miriam, da brava moglie, si asterrà dal proporre )

Doc.- Ma non per tutti i reati la pena é stabilita tra un minimo e un massimo e non tutti i reati sono procedibili a querela. Quindi può effettivamente dirsi che le disposizioni , dell'articolo 3 e dell'articolo 6, sopra riportate, accolgono integralmente

Page 38: Diritto Penale Ragionato Completo

il c.d. “principio di universalità della legge penale” - il principio, cioé, che vuole che i valori espressi dalla legge penale sian ritenuti validi per tutti, qualunque sia la loro razza, il loro sesso, la loro religione, le loro idee politiche. Ciò a sua volta in piena linea con il co. 1 art 3 della Costituzione, che recita : “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Disc. Ma l'articolo 3 si applica solo al cittadino.

Doc.- Ciò non sarebbe molto logico : se infatti, tu, legislatore costituzionale, vuoi riservare lo stesso trattamento a Mohamed, cittadino italiano ma di religione Musulmana e a Bianchi, cittadino italiano, ma di cultura laica, non puoi non volere anche riservare lo stesso trattamento a Mohamed, cittadino dell'Arabia Saudita e di religione musulmana e a Bianchi cittadino italiano ma di cultura laica .

Disc.- Comunque sia, quel che importa é che, del principio di universalità, il Legislatore fa applicazione solo per coloro che “ si trovano nel territorio dello Stato” e che anche per tal caso prevede delle eccezioni : parliamo di queste.

Doc.- Diciamo prima tutto che queste eccezioni, che portano a configurare delle “immunità” nei confronti di certe persone, in quanto rappresentano deroghe a un principio costituzionale ( quello di eguaglianza di tutte le persone di fronte alla legge ), per essere ritenute legittime, debbono potersi ricavare da una legge costituzionale.

Disc. E le immunità dal nostro Ordinamento previste, si possono ?

Doc. Direi di sì. Infatti le c.d. “immunità di diritto interno”- e mi riferisco alle immunità di cui godono, sia pure con diversa ampiezza, il Presidente della Repubblica, i Parlamentari, i Consiglieri delle Regioni, i Membri della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura - sono tutte stabilite da leggi costituzionali ( ad esempio, l'immunità del Presidente della Repubblica é data dall'art. 90, quella dei Parlamentari, dall'art. 68, quella dei Consiglieri regionali, dall'art. 122).

Disc. E come si giustificano le deroghe ( al principio di eguaglianza ) apportate da queste immunità di diritto interno ?

Doc.- Generalmente si giustificano con il difetto di lesività dell'azione, compiuta in violazione della norma penale. Ad esempio, il Parlamentare che, esprimendo la sua opinione in un dibattito parlamentare, critica aspramente la condotta del Presidente della Repubblica, può con ciò anche offendere il prestigio di questo, ma per impedirglielo non può essere invocato l'art. 278 ( che punisce le offese al prestigio del Presidente) perché la sua condotta, non solo non é dannosa, ma é utile alla Società

Page 39: Diritto Penale Ragionato Completo

( dato che é utile al buon governo della cosa pubblica che eventuali manchevolezze del Presidente vengano denunciate).

Disc.- E da questa mancanza di lesività dovrà trarsi la conseguenza che ( non solo l'azione del parlamentare non può venire punita, ma ) : nessuno può intervenire per impedire che sia compiuta, che chi collabora al suo compimento non risponde per “concorso nel reato”, che infine nessun obbligo di risarcimento ne deriva : é così ?

Doc. E' così. Però é così solo se tale azione di critica viene compiuta dal Parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni; se, ad esempio, egli offendesse il Presidente della Repubblica durante un dibattito televisivo, tale azione, invece, il Codice penale, verrebbe a violare.

Disc.- Quindi, il Parlamentare, potrebbe essere per tale azione processato.

Doc.- Sì, ma nei limiti permessi dalla particolare immunità di cui gode, per il secondo e terzo comma dell'articolo 68 della Costituzione. Immunità che, però, non costituisce un'eccezione al principio della obbligatorietà della legge penale; tanto é vero che l'azione, compiuta ( in violazione della legge penale ) dal parlamentare fuori dell'esercizio delle sue funzioni ( vedi meglio , il co.1 art.68 ), non solo va punita, ma dalla Forza Pubblica può essere impedita ( senza che a ciò occorra l'autorizzazione della Camera, mentre questa autorizzazione invece occorrerà : per procedere alla privazione della libertà del parlamentare ai fini cautelari, per procedere a delle “intercettazioni” - vedi meglio l'articolo 68 ).

Disc.- Ma anche se non riguarda l'argomento della presente lezione, puoi dirmi la giustificazione di questa immunità.

Doc.- Questa immunità – che rientra nella categoria delle c.d. “immunità processuali”, cioè delle immunità che non costituiscono deroga al principio della obbligatorietà erga omnes della legge penale, ma rappresentano semplicemente un'autolimitazione, che lo Stato fa, del suo potere giurisdizionale – si giustifica con la necessità di proteggere il parlamentare da vere e proprie persecuzioni giudiziarie : in buona sostanza, chi viene a ricoprire certe cariche, rischia con ciò stesso di essere preso di mira dai suoi avversari politici ( che potrebbero annidarsi anche negli uffici del Pubblico Ministero) con azioni giudiziarie – azioni giudiziarie, bada, non necessariamente infondate ( ahimè, la vita di ben pochi, se posta sotto i riflettori della Giustizia, si rivelerebbe senza macchie! chi mai, anche se è stato rispettoso delle leggi tributarie, non aspetta con trepidazione una ispezione della Finanza ?! ), ma che non sarebbero mai state promosse, se lui non fosse sceso nell'arengo politico Quindi l'immunità processuale concessa al Parlamentare serve, sì, da una parte, a proteggerlo, ma anche ad evitare, che persone anche valenti si astengano dal partecipare alla vita politica, per non esporsi al pericolo di una condanna penale.

Page 40: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc. Tutto questo per quel che riguarda le immunità che hai chiamate di diritto interno; ma da quel che ho capito vi sono anche altri tipi di immunità.

Doc. Sì, ci sono le “immunità di diritto internazionale” . Esse, come quelle “ di diritto interno”, possono essere processuali ( nel senso che escludono che, chi ne gode, possa essere sottoposto a un processo – ne sono esempi le immunità di cui godono gli agenti consolari e le forze militari NATO di stanza in Italia) o sostanziali ( nel senso che escludono, che, chi ne gode, possa essere sottoposto al potere coercitivo dello Stato ai fini dell'esecuzione di una pena – ne sono esempi, le immunità di cui godono i Capi di Stato, in primis il Pontefice, e gli agenti diplomatici) .

Disc.- L'eccezione, al principio dell'eguaglianza di tutti davanti alla legge, come si giustifica nel caso delle immunità sostanziali, di cui ora hai fatto cenno?

Doc.- Con il disposto dell'ultima parte dell'art.11 della Costituzione, là dove dice che l'Italia può “consentire, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. E infatti l'autolimitazione dei suoi poteri, che lo Stato compie concedendo tali immunità, é necessaria per permettergli relazioni internazionali utili e serene ( quale mai Capo di Stato verrebbe in Italia, se avesse a temere che, giuntovi, gli potrebbero scattare le manette ai polsi?!).

Disc.- Ma se un Carabiniere vedesse il Capo di uno Stato estero puntare la pistola verso una persona per ucciderla, potrebbe impedirglielo ?

Doc.- Certo che sì : l'immunità in parola significa solo che, chi ne gode, non può essere punito, ma non esclude che non gli possa essere impedita la violazione della legge né che da questa gli possa derivare un obbligo risarcitorio e neanche che, chi concorre con lui in tale violazione, venga punito.

Disc. - L'articolo 3, che stiamo commentando, fa riferimento ai “cittadini” e al territorio dello Stato”, ma non ne definisce il concetto.

Doc.- Lo definisce l'art.4, che recita : “Agli effetti della legge penale, sono considerati cittadini (….) gli appartenenti per origine o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranità dello Stato e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato.Agli effetti della legge penale, é territorio dello Stato il territorio della Repubblica (…) e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge straniera”.

Disc.- Ti confesso che non tutto mi é chiaro nelle definizioni che dà l'articolo 4 : quando una persona “appartiene per origine o per elezione a un luogo soggetto alla

Page 41: Diritto Penale Ragionato Completo

sovranità dello Stato” ?

Doc.- Per una risposta esauriente ti debbo rinviare alla legge sulla cittadinanza; qui sbrigativamente ti posso dire che, per un caso di appartenenza a titolo originario, devi pensare alla nascita da un genitore italiano e, per un caso di appartenenza a titolo elettivo, devi pensare al matrimonio di uno straniero con un cittadino italiano o alla “naturalizzazione” dello straniero su sua richiesta .

Disc. Ora, per quel che riguarda chi deve essere considerato cittadino, ho almeno le idee più chiare. Chiaro, poi, e non necessitante di spiegazioni, mi pare il concetto di “territorio dello Stato” : territorio dello Stato é quello spazio in cui lo Stato si riserva di esercitare il suo potere coercitivo in situazione, diciamo così, di monopolio , cioé con esclusione di ogni altro potere coercitivo ( “in questo spazio, comando io, e solo io, Stato Italiano, e a voi, Stato Argentino, Stato Francese eccetera, non vi permetto di esercitarvi un qualsiasi potere coercitivo, senza la mia autorizzazione). Ho detto bene?

Dosc.- Come al solito, hai detto benissimo. Però avresti detto ancora meglio, se avessi posto nel dovuto risalto che, se lo Stato accetta di autolimitare i suoi poteri coercitivi nell'ambito dei confini che racchiudono un dato territorio, egli lo fa allo scopo di creare , come vuole l'articolo 11 della Costituzione, un “ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni”. Questo é importante, perché ( sia pure in modo indiretto ) giustifica costituzionalmente, sia la deroga agli articoli 3 e 24 co.1 Cost. ( nella parte in cui rispettivamente esprimono il principio di eguaglianza davanti alla legge e il diritto di ogni persona, cittadino o straniero, ad essere tutelata dallo Stato nei suoi diritti ), che opera quella sorta di “immunità” che, come vedremo, la legge riserva a certi reati commessi “fuori del territorio dello Stato”, sia la deroga all'articolo 25 Cost. ( nella parte in cui esclude che la punibilità di una persona sia rimessa alla discrezionalità di un organo del potere esecutivo) che, sempre come vedremo, la Legge opera facendo dipendere dalla discrezionalità del Ministro della Giustizia la punibilità di certi reati commessi “fuori del territorio dello stato”.

Disc. Dunque lo Stato Italiano riserva, un diverso trattamento alle violazioni della sua legge penale, a seconda che esse siano, o no, compiute nel territorio dello Stato .

Doc.- Sì, e questo risulta già, sia pure indirettamente, dal secondo comma dell'articolo 3, il quale recita : “La legge penale italiana obbliga altresì tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano all'estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale”.

Disc. Quindi alcune violazioni della legge penale commesse all'estero non vengono dallo Stato punite : come si spiega ciò ?

Page 42: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Soprattutto con le ragioni che ora passo ad elencarti:I- Il deficit di potere coercitivo, conseguente alla autolimitazione dello Stato di cui sopra si é detto : é inutile minacciare una pena, che non si é in grado di eseguire.II.- La difficoltà, per chi si trova all'estero, di conoscere la legge italiana. Difficoltà senza dubbio molto maggiore per lo straniero ( si pensi a un orientale, nella cui cultura probabilmente non rientrano quei valori, che per noi occidentali giustificano la illiceità di certi fatti ) , ma che potrebbe avere anche il cittadino da molto tempo lontano dall'Italia. Proprio in considerazione di tale difficoltà, da molti studiosi, pur nel silenzio della legge, si subordina la punibilità del reato commesso all'estero alla c.d. “doppia incriminazione” : il fatto commesso deve risultare punito, oltre che dalla legge italiana, anche dalla legge del luogo in cui l'azione fu commessa ( peraltro erroneamente, da tali Studiosi, si giustifica, la necessità della doppia incriminazione , col fatto che questa é voluta dall'art.13 per l'estradizione in uno Stato estero : infatti, nell'ambito dell'istituto dell'estradizione, la regola della “doppia incriminazione” svolge la funzione di impedire, che sia condannata all'estero una persona, ritenuta non meritevole di pena in Italia ; quando, invece, si subordina la punibilità alla doppia incriminazione, si vuole impedire tutt'altra cosa: cioè che una persona venga punita per un fatto di cui, per non essere esso considerato meritevole di pena nel Paese estero, non era in grado di avvertire quella antisocialità ritenuta al contrario dalla legge penale italiana ).III.- La difficoltà di raccogliere le prove su fatti avvenuti in un territorio in cui lo Stato non può esercitare liberamente i suoi poteri di coercizione e di investigazione.

Disc.- Tu hai spiegato perché, come prevede il secondo comma dell'art.3, non tutti i fatti commessi all'estero siano puniti in base alla legge penale italiana, ; ora devi spiegare perché, come prevede il primo comma dello stesso articolo, tutti i fatti commessi nel territorio italiano debbano essere puniti dalla legge italiana. Perché, io lo capisco, é senz'altro giusto che lo Stato tuteli penalmente i cittadini italiani e gli stranieri ospiti dell'Italia, ma perché tutelare il signor Mohamed, che in Italia vive ( non come ospite, ma) come abusivo, dall'azione violenta, metti, del signor Alì ? Che può importare allo Stato Italiano dei danni che possono capitare in Italia al signor Mohamed ?

Doc.- Può importare invece, perché ogni reato – oltre al c.d. “danno criminale” (consistente nella lesione dell'interesse ritenuto meritevole di tutela dalla norma penale ) – provoca quello che il grande Carrara chiamava il “danno mediato”- il danno cioé consistente, sia nel fatto che il pubblico é portato all'imitazione, quindi anche all'imitazione di un fatto criminoso, specie se vede la Forza pubblica assistervi inerte ( in altre parole, ogni fatto in spregio alla norma penale, che rimane impunito, diminuisce l'efficacia della intimidazione), sia negli altri fatti illeciti, che l'impunità del fatto lesivo può scatenare ( per ritorsione, per rappresaglia....).Inoltre devi tenere presente, che lo Stato italiano ha interesse alla tutela, non solo dello straniero che si trova nel territorio italiano ( anche abusivamente ), ma addirittura di chi ( straniero o no ) si trova nel territorio di un altro Stato, per l'aspettativa di reciprocità, che gliene deriva : io, Stato italiano, impedisco ( con la

Page 43: Diritto Penale Ragionato Completo

minaccia di una pena) a Bacciccia di prendere a pugni, in quel di Genova, il cittadino spagnolo Francisco, oppure impedisco a Orsini di spedire dall'Italia la bomba che scoppierà a Madrid, contando che Tu, Stato Spagnolo, renda il favore impedendo a Francisco di prendere a pugni Bacciccia, se mai questo si recherà in Spagna, o a Guevara di spedire dalla Spagna una bomba a Roma.

Disc.- Dagli esempi da te fatti, sembrerebbe che un fatto si considera commesso nel territorio dello Stato, anche se i suoi effetti dannosi li produce in territorio straniero.

Doc. Ed é così; ma a questo punto mi accorgo di averti anticipato delle nozioni, che ti possono riuscire chiare solo dopo aver fatto la conoscenza del secondo comma dell'articolo 6, che recita: “Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione che lo costituisce é ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si é verificato l'evento che é la conseguenza dell'azione od omissione”.

Disc.- Quindi un reato si considera commesso in Italia sia che in Italia sia stata compiuta la sola azione sia che in Italia si sia verificato il solo evento ?

Doc. Sì, il nostro legislatore - dopo aver disatteso, sia la teoria dell'evento, secondo la quale uno Stato ha motivo di punire solo i fatti che producono nel suo territorio l'evento lesivo ( del bene da lui tutelato con la norma penale), sia la teoria dell'attività, secondo cui uno Stato ha motivo di punire solo le azioni che si compiono nel suo territorio – ha aderito alla teoria della ubiquità, secondo la quale uno Stato ha motivo di punire, sia chi ha compiuto nel suo territorio solo l'azione ( l'evento lesivo essendosi verificato in territorio di altro Stato ) sia chi ha compiuto nel territorio di altro Stato un'azione che ha prodotto l'evento lesivo nel suo territorio.

Disc.- La soluzione adottata dal nostro Legislatore mi sembra giustissima: se una persona ha commesso nel territorio dello Stato la sola azione, merita di essere punita, per le ragioni che tu prima hai esposte; se ha commesso in territorio estero l'azione, ma questa ha prodotto i suoi danni nel territorio dello Stato, di nuovo merita di essere punita.... per intuitivi motivi : é giusto , o no, che io punisca chi tira pietre alle mie finestre anche se le tira dal fondo vicino?! La risposta positiva mi sembra chiara, semplice, intuitiva.

Doc.- Ahimè, le cose non sono così semplici, come tu le fai : sarebbe senz'altro giusto che il nostro Legislatore punisse chi, ancorché con un'azione commessa tutta in territorio estero, producesse danni che vengono risentiti nel territorio dello Stato italiano ; ma se così disponesse, il nostro Legislatore verrebbe ad ampliare troppo il ventaglio dei reati da lui direttamente punibili : forse che Francisco, che ruba centomila euro a Bacciccia in gita turistica a Madrid, non compie un'azione che produce danni in Italia? Certo che sì : Bacciccia, partendo per la Spagna, aveva un patrimonio di un milione, invece, al suo ritorno, si troverà ad avere solo un patrimonio di novecentomila euro: il furto di Francisco danneggia Bacciccia, e quindi la Comunità ( italiana ) a cui Bacciccia appartiene, né più né meno che fosse

Page 44: Diritto Penale Ragionato Completo

avvenuto, non in Spagna, ma in Italia. E se Bacciccia a Madrid, non fosse stato derubato, ma leso? Anche qui il discorso mutatis mutandis giungerebbe alla conclusione di prima: Bacciccia era partito con due braccia, al suo ritorno si ritrova con un braccio solo : ciò peserà, sia su di lui sia su tutta la Comunità nazionale ( che dovrà provvedere alle sue cure e alla sua assistenza) né più né meno che la lesione fosse avvenuta in Italia. Tutto questo é vero e ben giustificherebbe la punizione di ogni reato, che, pur commesso all'estero, ledesse l'interesse dello Stato o di un cittadino italiano; ma a tale soluzione si oppone come un macigno il fatto, che il Legislatore ( per le ragioni sopra indicate ) non può ampliare troppo il ventaglio dei reati, da lui direttamente perseguibili.Pertanto l'art. 5 , quando parla di “evento”, va interpretato - non nel senso, che vi é “evento” quando semplicemente vi é lesione dell'interesse tutelato dalla norma penale ( evento = danno criminale, secondo la concezione “giuridica” che, dell'evento, hannc non pochi Studiosi ) - ma nel senso, che vi é evento solo quando si verifica una modificazione del mondo esterno ( concezione naturalistica dell'evento ) - modificazione, ben s'intende, che appaia come un cambiamento in peius ( quindi, come un danno ) a chi la percepisce ( pensa alla morte di una persona, alla distruzione di una cosa...), e che pertanto ( rivelando un qualche cosa di anomalo nella vita sociale ) crei tra la gente quell'allarme , a cui lo Stato non può esimersi dal dare una risposta con la punizione del reo, anche se la azione di questi é avvenuta all'estero .

Disc. Dunque gli altri reati, che non producono nel territorio dello Stato un evento nel senso da te ora chiarito ( un evento naturalistico) , non vengono puniti, anche se ledono un interesse dello Stato o di un cittadino, se l'azione o l'omissione del reo é compiuta all'estero.

Doc. No, vengono puniti, ma, salvo alcuni, solo a certe condizioni. Disc.-A quali condizioni?

Doc.- Te lo dirò ; distinguendo, allo scopo, quattro categorie di reati.

Disc.- Comincia a dire della prima categoria.

Doc. Essa é data da quei reati che il legislatore ritiene punibili a prescindere da quella richiesta del Ministro della Giustizia o da quella presenza del reo nel territorio dello Stato, che, invece, come vedremo, condizionano la punibilità degli altri reati .

Disc.- Come si spiega questo ?

Doc.- Si spiega evidentemente col fatto che si tratta di reati, che non solo il legislatore ritiene di rilevante gravità , ma la cui gravità ritiene di poter valutare direttamente ( senza necessità di delegare ad hoc un suo organo, come il Ministro della giustizia ) in base al bene da essi leso - e infatti tali reati sono individuati, ( non genericamente con riferimento alla pena , come,vedremo, avviene per la stragrande

Page 45: Diritto Penale Ragionato Completo

maggioranza degli altri reati, ma ) specificatamente, appunto con riferimento al bene da essi offeso.Come ti risulta dall'articolo 7, che così li elenca: :“E' punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati:

− delitti contro la personalità dello Stato italiano;− delitti di contraffazione del sigillo dello stato e di uso di tale sigillo

contraffatto;− delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in

valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano;− delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri

o violando i doveri inerenti alle loro funzioni;− ogni altro reato per il quale speciale disposizioni di legge, o convenzioni

internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana”.

Disc.- Puoi fare un esempio di reato previsto da una norma speciale, come detto al numero 5 dell'articolo ?

Doc. Pensa al reato previsto dall'art. 501 ( la diffusione di notizie false eccetera al fine di deprimere i mercati delle merci e dei valori eccetera eccetera ).

Disc.- E in effetti questo reato ben merita di essere punito, anche se commesso all'estero, dato che esso, ciò nonostante, finisce per produrre gravi danni anche all'interno del territorio italiano . Vediamo ora i reati della seconda categoria .

Doc.-Essi sono rappresentati dai “delitti politici”; quindi si tratta, in buona sostanza, di reati individuati, come quelli dell'articolo 7, specificatamente, in base al bene da essi offeso; diversamente, però, da quelli previsti dall'articolo 7, sono punibili solo a richiesta del Ministro della Giustizia. Ciò risulta dall'articolo 8, che così recita:“Il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel numero 1 dell'articolo precedente, é punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia.Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela.Agli effetti della legge penale, é delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. E' altresì considerato politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici”.

Disc.- Dunque, nel suo terzo comma, l'articolo 8 dà una definizione di “delitto politico” , a valere, non solo ai fini di stabilire la punibilità di un reato commesso all'estero, ma, più in generale, ai fini dell'interpretazione di ogni altra norma penale: quando, pertanto, una norma penale parla di “reato politico” io devo intendere che usi

Page 46: Diritto Penale Ragionato Completo

tali parole nel significato loro attribuito dall'articolo 8. Ho capito bene?

Doc.- Hai capito benissimo.

Disc.- Ma quanto ora detto, vale anche per l'interpretazione delle norme costituzionali, in particolare degli articoli 10 e 26 della Costituzione ( che negano l'estradizione per “reati politici”, rispettivamente, dello straniero e del cittadino ) ?

Doc.- Non manca chi lo sostiene; ma, io ritengo, infondatamente, dato che, far dipendere il significato di una norma costituzionale dal significato dato alle parole in essa usate da una norma ordinaria, vorrebbe dire sostituire, almeno in parte, alla volontà del legislatore costituzionale, quella del legislatore ordinario.Chiarito questo, va subito rilevato che il terzo comma dell'art.8 distingue tra delitto oggettivamente politico e delitto soggettivamente politico.

Disc.- Che si intende per delitto oggettivamente politico?

Doc.- .Si intende quel delitto che offende, o un “diritto politico del cittadino” ( cioé il diritto del cittadino a concorrere alla formazione della volontà politica dello Stato con i mezzi che a tale scopo gli offre la legge) o un “interesse politico dello Stato” ( cioè l'interesse dello Stato, alla indipendenza, all'integrità del proprio territorio , alla libera formazione e attuazione della sua volontà politica tramite i suoi organi ; in sintesi, l'interesse, che ha lo Stato e che la legge tutela, a perseguire i suoi scopi politici nella pienezza delle sue forze).

Disc.- Puoi darmi un esempio di reato che lede un interesse politico dello Stato.?

Doc. Oltre a tutti i reati di cui al titolo II del Codice ( reati contro la personalità dello Stato ) puoi pensare, a un reato di minacce fatto per indurre un Ministro ( dello Stato italiano ) a stipulare un trattato contrario agli interessi nazionali. Oppure a un danneggiamento dei microfoni fatto per sabotare il discorso di un Ministro (dello Stato italiano ) a una conferenza internazionale.

Disc.- Anche un atto inteso a limitare la libertà di un organo giudiziario , può costituire , un delitto politico?

Doc.- La maggioranza degli studiosi risponde di no. Io invece non mi sento di escludere una risposta positiva ( perchè non dovrebbero essere considerate un delitto politico le minacce rivolte a un giudice perché revochi una misura cautelare presa contro una personalità politica accusata di un delitto politico ? ).

Doc.- Fai ora un esempio di reato che lede un “diritto politico del cittadino”.

Doc.- Facile , le minacce fatte a un cittadino a che ritiri la sua candidatura a una carica elettiva o perché si astenga dal voto.

Page 47: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc. Abbiamo visto cosa si intende per delitto oggettivamente politico, vediamo ora cosa si intende per delitto soggettivamente politico.

Doc.- Si intende il delitto “determinato , in tutto o in parte da motivi politici”; cioé posto in essere allo scopo di conquistare o conservare il potere politico : ad esempio l'uccisione di un leader politico al fine di indebolire un partito avversario.

Disc.- A me sembra che, la categoria del delitto soggettivamente politico, renda perfettamente inutile quella del diritto oggettivamente politico : infatti ogni delitto commesso per offendere un interesse politico dello Stato o un diritto politico non può non essere mosso da un movente politico.

Doc. Non é detto : io potrei impedire l'esercizio del voto di una persona, non per motivi politici, ma semplicemente per estorcere del denaro ( “se vuoi votare mi devi dare tot”).

Disc.- Torniamo a...bomba; fino ad adesso abbiamo parlato del delitto politico in via generale: parliamone ora con preciso riferimento al disposto del primo comma dell'art.8 : perché il legislatore ha ritenuto opportuno rimettere alla discrezione del Ministro della Giustizia la punibilità del delitto politico ?

Doc.- Perché la punizione di tale delitto può avvenire anche in deroga ai criteri adottati per i reati comuni ( che invece la escluderebbero: riandiamo ad un esempio prima introdotto: Bianchi sequestra Rossi per impedirgli di votare a meno che non gli dia del denaro; orbene Bianchi, che, per l'articolo 9, come vedremo, non potrebbe essere sottoposto a processo se non presente in Italia , lo potrebbe comunque essere per l'articolo 8 ); ora, questa deroga, é giustificata da due elementi ( il carattere politico dell'interesse leso e il movente politico), la cui valutazione, dando ampio spazio alla discrezionalità di chi la compie e dovendo essere fatta tenendo presenti idee e interessi del universo politico , é opportuno sia fatta da chi, come il Ministro, può essere chiamato a risponderne davanti a un organo dalla spiccata sensibilità politica qual'é il Parlamento.

Disc.-Non può essere che il Legislatore rimetta al Ministro, non delle valutazioni di natura politica, o, almeno, non solo delle valutazioni di natura politica, ma delle valutazioni, o anche delle valutazioni sulla fondatezza delle denunce presentate ( contro chi si assume aver compiuto un delitto politico ) ?

Doc.- Lo negherei, sia perchè, il più indicato a compiere tale tipo di valutazioni, dovrebbe ritenersi un appartenete all'Ordine giudiziario ( il Pubblico Ministero, oppure, così come avviene nelle procedure di estradizione, la Corte di Appello), sia perchè, se così fosse, ci si dovrebbe aspettare che anche per tutti i reati comuni il Ministro fosse chiamato a compiere tali valutazioni – il che , come vedremo, non é , la richiesta del Ministro non essendo necessaria per una importantissima categoria di

Page 48: Diritto Penale Ragionato Completo

reati, quelli commessi da un cittadino in danno di altri cittadini ) .

Disc.- Mettiamoci in questo caso : il Ministro, valutato bene il fatto, giunge alla conclusione che esso é di scarsissimo peso politico e quindi non fa la richiesta necessaria per la sua punizione; tale fatto però in base agli articoli 9 e 10 sarebbe punibile: che si fa, lo si punisce , o no ?

Doc. Lo si punisce: non c'é ragione che un fatto, metti un omicidio, non sia punito perchè …......dettato da movente politico : l'incipit degli artt. 9 e 10 va interpretato ( restrittivamente ) cioè solo nel senso che, i fatti previsti come punibili da tali articoli solo a certe condizioni , se configurano uno dei reati previsti dagli artt. 7 e 8, sono punibili anche in difetto di tali condizioni.

Disc. Veniamo alla terza categoria di reati ( in danno dello stato o del cittadino ) punibili ancorchè commessi all'estero.

Doc.- Con tale categoria di reati io mi voglio riferire a quei reati previsti, dal primo e secondo comma dell'articolo 9, così recitando : “ Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, é punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato..Se si tratta di delitto per cui é prevista una pena restrittiva della libertà personale di minore durata, il colpevole é punito a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa.”Quindi per l punibilità del reato comune, commesso dal cittadino in danno dello Stato italiano o di altro cittadino, occorre che :

− si tratti di delitto (punito con l'ergastolo o con la reclusione , non con la sola multa);

− il reo “si trovi nel territorio dello Stato”;− se si tratta di reato procedibile a querela , questa sia stata proposta ( non

bastando la richiesta del Ministro – argomento dal co.2 art.8 );− se si tratta di reato procedibile d'ufficio e punibile con la reclusione inferiore

nel minimo a tre anni, vi sia la richiesta del Ministro oppure un'istanza ad hoc della parte offesa.

Disc.- Non mi é chiaro che cosa voglia il Legislatore, subordinando, la procedibilità contro il reato, al fatto che il reo “si trovi nel territorio dello Stato. Mi pare infatti che al proposito si possano fare ben quattro ipotesi ; e, più precisamente, che si possa ritenere che basti, per la procedibilità, che il reo si trovi nel territorio dello Stato : prima ipotesi, al momento della conclusione del giudizio ; seconda ipotesi, al momento dell'inizio del processo e per tutta la sua durata ; terza ipotesi, al momento dell'inizio del processo , nulla rilevando che la sua presenza venga a mancare nel suo corso ; quarta ipotesi, in un qualsiasi momento anche anteriore all'inizio del processo, nulla rilevando che, al momento dell'inizio di questo , nel suo corso o nella sua

Page 49: Diritto Penale Ragionato Completo

conclusione, venga a mancare. Ovvia la domanda: quale delle quattro ipotesi corrisponde alla volontà legislativa ?

Doc.- Secondo me nessuna delle tre prime ipotesi da te fatte può ritenersi corrispondente alla volontà legislativaNon la prima : infatti sarebbe assurdo che un giudice fosse costretto a spendere tempo e fatica per fare un processo per poi accorgersi, giunto alla sua conclusione, che.... il reo ( subdorando l'esito per sé infausto? ) ha fatto mancare la sua presenza e quindi la possibilità di una sua condanna : chiaramente la presenza del reo é una condizione di procedibilità e le condizioni di procedibilità debbono esistere all'inizio del processo ( altra questione, che però qui non rileva, é se la mancanza di una “condizione” all'inizio del processo determini la nullità degli atti ciò nonostante compiuti, anche qualora essa sopravvenga nel corso del processo ).Come la prima neanche la seconda ipotesi può ritenersi corrispondente alla volontà legislativa: infatti, una volta che il giudice ha legittimamente cominciato a spendere la sua attività, non si può rimettere alla discrezione del reo di renderla inutile, semplicemente facendo mancare la sua presenza nell'ulteriore corso del processo.Veniamo alla terza ipotesi. Essa é certamente meno assurda delle due precedenti, ma, a guardar bene, neanche essa è accettabile, dato che, accettandola, si costringerebbe il giudice a verificare, nel momento ( preciso!) in cui compie il primo atto del processo, se esiste, quella presenza del reo nello Stato, che lo legittima – cosa tutt'altro che facile : sì, la Polizia ha riferito, a me, giudice, che il reo ieri era presente nel territorio dello stato, ma vi sarà ancora oggi, giorno in cui dovrei compiere l'atto processuale ?!.Non resta dunque che ritenere come corrispondente alla volontà legislativa, solo la quarta ipotesi : é sufficiente per la punibilità del reo che in un qualsiasi momento, anche anteriore all'inizio del processo, si sia trovato nel territorio dello Stato ( poco rilevando che vi si sia trovato al suo inizio, nel suo corso o nella sua conclusione ).

Disc.- A questo punto resta da dire perchè mai il legislatore subordina la procedibilità contro il reo a questa condizione?

Doc. Evidentemente perché così ottiene di minacciare il reo : “Guarda, se torni in Italia ti aspetta il processo e la galera”; in altre parole il legislatore vuol porre al reo l'alternativa o l'esilio o la galera

Disc. Forse questa sarebbe una soluzione non contraria alla logica, ma molte volte risulterebbe contraria alla giustizia : Fulano ha ucciso ( all'estero ), non é molto giusto concedergli l'impunità solo perché si guarda bene dal venire in Italia!

Doc.- Sì, lo riconosco la soluzione la soluzione adottata non è per nulla giusta; ma non lo sarebbero neanche le altre soluzioni ( prima passate in rivista e scartate ).

Disc.- Altra domanda: della necessità della presenza del reo si parla solo nel primo comma: ciò significa che qualora si tratti di reati puniti con pena inferiore ai tre anni ,

Page 50: Diritto Penale Ragionato Completo

per la procedibilità, non occorre la presenza del reo ?

Doc. A questa tua domanda autorevolmente si dà risposta negativa ; ritenendosi assurdo che sia subordinata alla presenza del reo la procedibilità per i reati più gravi e non quella per i reati meno gravi. A me, a dir il vero, la cosa tanto assurda non pare.

Disc. Parliamo ora della quarta categoria di reati, che pur commessi all'estero, hanno arrecato danno allo Stato Italiano o a dei cittadini.

Doc. La particolarità dei reati di questa categoria, rispetto a quelli della categoria precedente, é che ne é autore, non il cittadino, ma lo straniero. La disposizione da prendere in esame é il primo comma dell'art. 10, che recita: “Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, é punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa”.Quindi lo straniero che commette un reato contro lo Stato italiano o un cittadino é punito, sempre che:

1) si trovi nel territorio dello Stato ( nel senso già spiegato commentando l'articolo 9 );

2) si tratti di delitto punibile con l'ergastolo o la reclusione non inferiore a un anno;

3) se si tratta di reato perseguibile a querela, questa sia proposta ( e ,si badi, nonostante la lettera della legge, la querela non potrebbe essere surrogata dalla richiesta del Ministro – arg. ex co.2 art.8);

4) se si tratta di resto procedibile d'ufficio, vi sia una richiesta del Ministro ovvero un'istanza della parte offesa.

Disc. - Con ciò abbiamo visto quando sono punibili i reati che, pur commessi all'estero, offendono lo Stato o un cittadino italiano; ma lo Stato italiano punisce anche i reati commessi in terra straniera e in danno di uno straniero ? Mi sembrerebbe strano : in fondo che danno ha procurato allo Stato italiano il fatto che un italiano, il sig. Baccicia, abbia ritenuto bene di ingiuriare e prendere a schiaffi in Spagna uno spagnolo, il sig, Francisco, o il fatto che al sig Mobutu sia piaciuto di rapinare in Uganda un suo connazionale ?

Doc.- E invece anche in tali casi un danno per lo Stato italiano si verifica; perché: - il reato del cittadino all'estero crea rancore e risentimento verso tutti i cittadini ( che vengono equiparati in un giudizio negativo al connazionale che all'estero si é comportato scorrettamente o peggio ) e verso lo Stato ( che non intervenga per punire il malfattore ); - perché comunque , nel caso di reati di una certa gravità ( come la rapina del precedente esempio ), il fatto che il reo possa circolare impunito nel territorio dello stato italiano, deprime il rispetto e il timore anche verso la legge

Page 51: Diritto Penale Ragionato Completo

penale italiana (“ ecco là Mobutu che ha commesso un sacco di rapine: si é messo i soldi in tasca e ora se li gode in Italia : in fondo fare il delinquente può rendere!”).

Disc.- Ma lo Stato italiano, facendosi carico anche della punizione dei reati commessi all'estero, non rischia di intasare i tribunali e le carceri italiane?

Doc.- Contro tale pericolo lo Stato prende le sue precauzioni ; la principale delle quali é data dalla preferenza da lui accordata all'estradizione : quando può, lo Stato italiano scarica, se mi é permesso il termine, il processo e la punizione del reo su lo Stato estero. Solo se l'estradizione non può realizzarsi, il Ministro della Giustizia, può - se, valutati i fatti ( in specie la loro gravità), lo ritiene opportuno - richiedere che l'autorità proceda al giudizio contro il reo. E solo in tal caso il processo contro il reo si può fare.

Disc.- Ma nel caso di reati procedibili a querela , la presentazione di questa non può surrogare la mancanza della richiesta del Ministro ?

Doc.- Direi di no, direi che la volontà del Ministro di non procedere alla punizione abbia la prevalenza su quella della persona offesa; dato il silenzio della legge sul punto e non parendomi ammissibile, nel caso in cui offeso dal reato sia (non un cittadino,ma ) uno straniero, quella interpretazione analogica sulla base del secondo comma dell'art.8 , che invece abbiamo fatto commentando i primi due commi dell'articolo 9 .

Disc. Chiarito questo, vediamoci le norme che puniscono i reati commessi all'estero contro lo straniero.

Doc.- Contro lo straniero, ma, attenzione, anche contro lo Stato straniero e le Comunità europee. Chiarito anche questo, é davvero il tempo di leggersi i testi di legge. Cominciamo dal terzo comma dell'articolo 9 ( che, come risulta dalla sua rubrica, riguarda i “delitti commessi dal cittadino all'estero” ), il quale recita.“Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole é punito a richiesta del Ministro di giustizia, sempre che l'estradizione di lui non sia stata conceduta ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto”.Quindi il cittadino che con un reato ha danneggiato uno straniero o uno Stato estero o le Comunità europee é punito sempre che:

− si tratti di delitto punibile con l'ergastolo o con la reclusione ( non con la multa)

− si trovi nel “territorio dello Stato” ( requisito questo di procedibilità che si argomenta dal primo comma, stesso articolo 9 )

− lo Stato italiano non abbia ritenuto di concedere l'estradizione o lo Stato estero non abbia ritenuto di accettare la offerta di estradizione fatta da quello italiano

Page 52: Diritto Penale Ragionato Completo

− vi sia la richiesta del Ministro.

Disc. Abbiamo visto il caso in cui il reato sia commesso da un cittadino, vediamo ora quello in cui venga commesso da uno straniero .

Doc.- Questo caso é previsto dal comma 2 dell'art.10 ( che, come risulta dalla sua rubrica, riguarda i “delitti comuni dello straniero all'estero”), il quale recita:“ Se il delitto é commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole é punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che:

1) si trovi nel territorio dello Stato;2) si tratti di delitto per il quale é stabilita la pena dell'ergastolo, ovvero della

reclusione non inferiore nel minimo a tre anni;3) l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal

Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto o da quello dello Stato a cui appartiene”.

Lezione VI – Concorso apparente di norme-

Doc.-Può capitare, anzi capita piuttosto frequentemente, che un identico fatto risulti previsto ( come reato ) da due ( o più ) norme, metti la norma GN. e la norma SP.Si tratta allora di vedere se queste si debbano simultaneamente applicare ( dando luogo a quello che, vedremo, si dice “concorso formale di reati” ) o se ne vada applicata una sola ( così che sia giocoforza concludere che, solo apparentemente, le norme concorrono).

Disc. Fai un esempio.

Doc.- Metti, Fulano ha ingiuriato il Presidente della Repubblica e vi sono due norme: la norma A, che punisce “chi ingiuria una persona” e la norma B, che punisce “chi ingiuria il Presidente della Repubblica” ( pensa, mutando mutandis, al disposto degli articoli, 278 e 594 C.P. ). Il fatto compiuto da Fulano senza dubbio rientra sia nella norma A che nella norma B : si applica solo una delle due norme o si applicano entrambe ? ecco il dilemma.

Disc.- E come si risolve questo dilemma?

Doc.- E' quel che cercheremo di vedere nel prosieguo della lezione.Prima però debbo avvertirti che, per complicare la vita a noi giuristi, può verificarsi un caso assai simile a quello ora ipotizzato , anzi tanto simile da essere, dagli Studiosi, etichettato anch'esso come “concorso apparente di norme”.

Disc. In che cosa, questo secondo caso, sarebbe simile al primo ?

Doc.- Nel fatto che, come nel primo, la sua soluzione porterebbe a disapplicare per

Page 53: Diritto Penale Ragionato Completo

una data fattispecie una norma, che pur sembrerebbe ricomprenderla. Mi spiego meglio con un esempio. Metti che Fulano, dopo aver rubata un'auto, prenda della benzina e...la incendi. L'incendio dell'auto sembrerebbe ricadere nella previsione ( e nella punizione!) della norma ( art.635 C.P. ) che prevede e punisce il fatto di chi danneggia la cosa altrui. E invece, no : la norma sul danneggiamento nel caso non va applicata ( così almeno si sostiene autorevolmente ) : va applicata solo la norma sul furto – cosa per cui il concorso tra questa e quella norma va considerato solo “apparente”.

Disc.- E perché mai non si dovrebbe applicare la norma sul danneggiamento?

Doc.- Perché la punizione che riceve Fulano ( con l'applicazione degli articoli 624 e segg.) per il furto dell'auto , già ricomprenderebbe la punizione per il danneggiamento.

Disc.- Non capisco il perché.

Doc.- Lo capirai quando parleremo della questione sulla punibilità o meno dei cc.dd. “post-fatti” o “ante-fatti” o “fatti progressivamente criminosi”. Ora ti basti notare le differenze tra il caso ora fatto e quello esemplificato all'inizio: in entrambi i casi, si perviene alla disapplicazione di una norma ( che astrattamente prevede e punisce il fatto imputato a Fulano : la norma sull'ingiuria, nel primo caso; la norma sul danneggiamento, nel secondo caso ), però, nel primo caso, per, poi, fare applicazione di una norma ( quella che prevede l'offesa all'onore del Presidente) che astrattamente prevede il fatto commesso da Fulano, nel secondo caso, per far applicazione di una norma, che di per sè non prevede per nulla il ( secondo) fatto addebitato a Fulano ( gli artt. 624 e segg. non prevedono per nulla il fatto di chi danneggia bensì solo il fatto di chi sottrae ).

Disc.- Ho capito : alcune volte capita che a un fatto non si applichi la pena prevista in una data norma ( ancorchè questa norma preveda come reato proprio tale fatto ) in considerazione che esso é punito come reato da un'altra norma.; ora però devi dirmi in che ipotesi ciò capita e come ciò si giustifica.

Doc.- Le ipotesi che ti posso prospettare sono le seguenti cinque ( ma non é escluso che altre ipotesi si possano fare, dato che in fondo tu puoi giungere alla disapplicazione di una norma in base a vari ragionamenti, difficilmente ipotizzabili ex ante ).

Disc.- Comincia, dimmi qual'é la prima di queste cinque ipotesi.

Prima ipotesi

Doc.- La prima , e senza dubbio più importante, ipotesi che ti posso prospettare é la seguente : la norma SP prevede e quantifica una pena in modo da assicurare

Page 54: Diritto Penale Ragionato Completo

un'adeguata tutela sia al bene X sia al bene Y; la norma GN prevede e quantifica una pena in modo da assicurare un'adeguata tutela solo al bene X . Un esempio ( di fantasia) di questa situazione ce lo può dare il caso già fatto all'inizio: la norma GN punisce chi “offende l'onore di una persona, con tre anni” , la norma SP punisce chi “offende l'onore del Capo dello Stato, con cinque anni”. Ora poniamo che Fulano dia del “farabutto” al Capo dello Stato : naturalmente si viene a porre il problema se punire Fulano : solo con la sanzione prevista dalla norma GN, solo con la sanzione prevista dalla norma SP o con entrambe le sanzioni : tu come risolveresti questo problema?

Disc.- Di certo non lo risolverei applicando le due sanzioni, infatti, dato che entrambe in definitiva tutelano lo stesso bene , l'onore di una persona, applicando entrambe farei come il medico che dà una doppia dose di medicina in un caso in cui ne basterebbe una ; e di certo neanche mi limiterei ad applicare la norma GN, perché, se così facessi lascerei senza tutela quel bene, costituito dal prestigio dello Stato, che offeso dall'ingiuria di Fulano, non viene tutelato dalla sanzione prevista dalla norma GN, ma solo dalla sanzione prevista dalla norma SP. : in conclusione, applicherei solo la sanzione prevista da quest'ultima norma.

Doc.- Ovvia la seconda parte del tuo ragionamento in cui escludi l'applicazione della sola norma GN; un po' meno ovvia la prima parte in cui escludi l'applicazione di entrambe le sanzioni; o meglio, “ovvia” solo a condizione di partire dal presupposto che il Legislatore quantifichi la sanzione ( nella norma SP ) in base alla considerazione che la norma GN ( con relativa sanzione ) non verrà ( dal giudice ) applicata.

Disc.- Certo, in teoria si potrebbe anche pensare che il Legislatore abbia ritenuta congrua la pena di 8 anni per chi offende i beni X e Y e si sia limitato a indicare nella norma SP la pena 5, facendo il ragionamento “gli altri 3 anni li aggiungerà il giudice applicando la norma GN”. E mi rendo conto che, partendo da tale presupposto, si dovrebbe giungere ad applicare entrambe le norme ( la SP e la GN ) ed entrambe le sanzioni. Senonché, che il legislatore abbia quantificato la pena nella norma SP facendo conto che essa sarebbe integrata dalla pena quantificata nella norma GN, é cosa assolutamente da escludere, perché contraria ad ogni buona tecnica legislativa.

Doc.- Sono d'accordo con te; ma era bene porre il ragionamento su basi cristalline. E sempre per evitare equivoci e impostare con esattezza i nostri ragionamenti in una materia senza dubbio molto complicata, a questo punto, prima di andare avanti, io debbo chiarire una cosa.Si tratta di questo : noi abbiamo parlato di una norma SP che tutela due beni X e Y e di una norma GN che anch'essa tutela il bene X ; ma così facendo abbiamo operata una semplificazione , forse utile per la chiarezza del discorso ma che, per evitare equivoci, é bene segnalare.

Disc.- In che consiste tale semplificazione?

Page 55: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Consiste nel fatto che nella realtà ci può essere, sì, il caso di due norme , l'una, che tutela i beni X e Y e, l'altra, che tutela il ( solo ) bene X , ma.... la realtà é varia! possono farsi almeno altre due ipotesi. Prima ipotesi, delle due norme, l'una, la GN-I, tutela il bene X e, l'altra, la SP-I, tutela sempre lo stesso bene X, ma, tenendo conto di una modalità della possibile azione lesiva di esso, che richiede una risposta punitiva maggiore, di quella contenuta nella precedente norma GN-I. Un esempio (di fantasia) può essere questo: la norma GN-I punisce “ chi cagiona la morte di un uomo” , la norma SP-I punisce ( più severamente) “ chi cagiona la morte di un uomo usando una sostanza venefica” ( un altro esempio, assai simile a quello ora fatto, lo studioso lo può trarre dagli articoli 624 e 624bis – l'art.624, che punisce il furto, l'articolo 624bis, che punisce il furto con strappo).Seconda ipotesi, delle due norme , l'una, la GN-II, tutela il bene X e, l'altra, la SP-II tutela sempre il bene X però tenendo conto di una circostanza, che consiglia una attenuazione della risposta punitiva. Un esempio ( di fantasia) potrebbe essere questo : la norma GN-II punisce “ chi cagiona la morte di un uomo” , la norma SP-II punisce ( in maniera più attenuata) “la donna che cagiona la morte del neonato nello stato di depressione che spesso segue al parto” ( un altro esempio, simile a quello ora fatto, lo studioso lo può trarre dagli articoli 624 e 626 – l'articolo 624 che punisce il furto, l'articolo 626 che punisce con pena più attenuata il furto commesso per far uso momentaneo della cosa ).

Disc.- E nelle ipotesi da te fatte andrà ancora ritenuto il concorso solo apparente o si applicheranno tutte due le norme ?

Doc.- Ovviamente andrà ritenuto il concorso apparente : forse che il legislatore nelle norme SP-I e SP-II ( 624bis, 626 ) già non tiene conto, nel calibrare la pena, della quantità di essa necessaria per contrastare l'offesa al bene X, tutelato dalle norme GN-I e GN-II ( 624 ) ?Chiarito questo proseguiamo nel nostro discorso. Dunque, abbiamo visto che, se vi sono due norme, l'una, che tutela i beni X e Y, e , l'altra, che tutela solo il bene X, si applica solo la prima, la norma SP ; e similmente, se vi sono due norme SP-I e GN-I che tutelano lo stesso bene X , ma, la prima, la SP-I con più rigore o con meno rigore rispetto alla seconda, la norma GN-I, ancora si applica solo la norma SP-I; ma a questo punto per noi “pratici” si pone il problema, come fare ad essere sicuri che le due norme, nella cui previsione di per sé rientrerebbe la fattispecie, tutelino lo stesso bene ( per cui entrambe non vanno applicate : vi é concorso “apparente” tra di loro )? come fare a stabilire quale delle due norme va applicata?Tu, come faresti?

Disc.- Semplice, cercherei di vedere se un fatto punito dalla norma GN viene punito anche dalla norma SP , e, se ciò si verificasse, ne dedurrei che entrambe le norme tutelano lo stesso bene.

Page 56: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Non hai capito nulla : noi già partiamo dal presupposto che un dato fatto sia punito dalle due norme, ma partiamo anche dalla considerazione che , non perché due norme prevedono, per punirlo, lo stesso fatto, si può dire che esse tutelino lo stesso bene ( ed é questa la cosa importante ! ). Ti faccio un esempio per chiarirti le idee: metti che la norma GN punisca “chiunque sottragga un bene custodito in un pubblico ufficio” e la norma SP punisca “ chi con minaccia si impossessa della cosa mobile altrui” ( tu puoi, mutatis mutandis, pensare al disposto degli artt. 351 e 628) ; metti ancora che Fulano entri nella cancelleria di un tribunale e rivoltella alla mano si faccia consegnare il coltello tempestato di diamanti con cui l'assassino ha ucciso: certamente questo fatto rientra nella previsione ( e quindi viene punito ) sia dalla norma GN ( mutatis mutandis, la norma di cui all'art. 351 ) sia dalla norma SP ( mutatis mutandis, la norma di cui all'art. 628 ), questo, però, non significa per nulla che la norma GN ( art. 351) e la norma SP ( art. 628 ) tutelino lo stesso bene , chè, tutto al contrario, la prima norma, la GN ( art. 351 ), tutela l'interesse dello Stato alla sicura conservazione di certe cose ( questo per gli scopi più vari : di giustizia, di difesa ecc.ecc.), la seconda norma tutela l'interesse ( che ciascuna persona ha )

all'incolumità e alla conservazione dei propri beni.

Disc. Ho capito; ma se mi domandi come fare per individuare se due norme tutelano lo stesso bene e, se sì, quale delle due va applicata, lo stesso non ti so rispondere.

Doc.- Rispondo allora io per te. Prima di tutto, individui quella che dovrebbe essere la norma “speciale” ( cioé la norma che , secondo la tua intuizione, tutela oltre al bene Y anche il bene X già tutelato dalla norma GN oppure tutela il bene X, già tutelato dalla norma GN, ma con più o con meno severità ).

Disc.- E come la individuo tale norma speciale ?

Doc.- La individui perché, la descrizione della fattispecie da lei fatta, contiene un quid pluris, il così detto “elemento specializzante”, rispetto alla descrizione della fattispecie fatta dall'altra norma.

Disc. Fa qualche esempio di “elemento specializzante”.

Doc.- Nel caso della norma di cui all'art.278, l'elemento specializzante, rispetto alla norma di cui all'art. 594 , é dato dalla qualità della persona offesa, che deve essere il Presidente della Repubblica, nel caso della norma di cui all'art. 624bis rispetto alla norma dell'art. 624, é dato dalla modalità con cui si attua la sottrazione della cosa, lo “strappo”.

Disc.- Ma questo elemento specializzante non potrebbe mancare?

Doc.- Se effettivamente le due norme tutelano uno stesso bene, no, non potrebbe mancare. E invero, il fatto lesivo dei beni X e Y, non può non essere diverso da un

Page 57: Diritto Penale Ragionato Completo

fatto lesivo del solo bene X, e, quindi, la norma SP per descriverlo deve per forza indicare un quid pluris, rispetto alla descrizione, che la norma GN fa del fatto lesivo del solo bene X. E mutatis mutandis il discorso va ripetuto per quel che riguarda la norma SP-I (se essa effettivamente tutela, sì, lo stesso bene della norma GN, ma più gravemente o lievemente, non può, nel descriverlo, non indicare un quid pluris ecc.ecc.).

Dics.- Orbene, una volta individuata la norma speciale?

Doc.- Il più é fatto, si tratta di vedere se tutti, ma dico tutti, nessuno escluso, i fatti incriminati dalla norma speciale, se essa non esistesse, sarebbero lo stesso puniti in forza dell'altra norma , la norma generale. Se la risposta é “sì” , sta sicuro : le due norme tutelano lo stesso bene.

Disc.- Ma basta che due norme tutelino lo stesso bene, perché si possa parlare di concorso apparente di norme e di conseguenza applicare solo una delle due norme?

Doc.- Sì, se la norma Gn ( la norma generale ) tutela solo il bene X , che trova anche tutela nella norma SP ( la norma speciale); no se la norma NG tutela , oltre al bene X, un bene Z, non tutelato dalla norma SP. Infatti, se così fosse, non si potrebbe più dire che il legislatore, quando ha determinato la sanzione nella norma SP, l'ha determinata tenendo conto anche della tutela dovuta per i beni tutelati dalla norma GN, appunto perchè questa norma mira anche alla tutela del bene Z, a cui invece la norma SP non mira.

Disc.- Fai un esempio di un concorso di norme non apparente per i motivi da te ora detti.

Doc.- Pensa al concorso di queste due norme: la norma SP punisce “ chi offende l'onore del Presidente della Repubblica” , la norma GN punisce “ chi offende l'onore di una persona dandole uno schiaffo”. Evidentemente la norma SP tutela il bene X ( bene dell'onore) e il bene Y ( bene del prestigio dello Stato ) e la norma GN tutela il bene X ( l'onore) e il bene Z ( il benessere fisico turbato dalla sensazione dolorosa provocata dallo schiaffo). Ora mettiamo che Fulano dia uno schiaffo al Presidente della Repubblica, egli verrebbe a ledere tre dei beni che il legislatore dimostra di voler tutelare ( i beni, X , Y, Z ), ma. se venisse punito solo con la sanzione prevista dalla norma SP, verrebbe punito con una sanzione costruita, diciamo così, solo per reprimere la lesione a due beni e quindi insufficiente a svolgere quella funzione di prevenzione generale e speciale, che invece una sanzione dovrebbe avere.

Disc.- Però, se venissero applicate tutte due le sanzioni, quella prevista dalla norma SP e quella prevista dalla norma GN , si determinerebbe l'ingiustizia che Fulano verrebbe punito due volte per la lesione da lui provocata a uno stesso bene , il bene X.

Doc.- Ciò é perfettamente vero. Ma in questi casi, che gli Studiosi definiscono di

Page 58: Diritto Penale Ragionato Completo

“specialità reciproca”, comunque si rivolti....la frittata, si determina inevitabilmente una irrazionalità : se applichi una sola norma, si verifica l'irrazionalità che viene comminata una pena inferiore, a quella necessaria per la funzione di prevenzione, che essa deve svolgere; se applichi tutte due le norme, si determina, come tu bene hai notato, una ingiustizia. Purtroppo non c'é nulla da fare. V'é da dire che nella pratica, a evitare troppo stridenti ingiustizie, sovvengono vari istituti ( il potere ampiamente discrezionale del giudice nell'applicazione della pena, le attenuanti generiche di cui all'art. 62bis, il reato continuato....), che saggiamente utilizzati dal giudice, possono portare a correggere gli inconvenienti sopra denunciati.

Disc. Però, per concludere, per stabilire se esiste o no un concorso tra le norme SP e GN, basta che io verifichi se tutti i fatti previsti nella norma SP ( la norma che ritengo “speciale” ) , in assenza di questa, sarebbero puniti dalla norma GN (in quanto questa tutela anche e solo uno o più dei beni tutelati dalla norma SP ). Se la risposta é, sì, ritengo il concorso apparente di norme; se la risposta é no, in quanto alcuni dei fatti previsti nella norma SP non sono puniti dalla norma GN, escludo l'apparenza del

concorso e applico tutte due le norme, la SP e la GN. E' così?

Doc.- Di solito é così; non sempre é così. Metti che vi sia : una norma GN che punisce “chi percuote una persona”, una norma Gnbis che punisce “ chi minaccia una persona” e la norma SP che punisce “ chi percuote o minaccia un pubblico ufficiale che compie un atto del suo ufficio” ( mutatis mutandis, tu puoi tenere presenti le norme di cui agli artt. 581, 612, 337 ) : tu, trovandoti a difendere Fulano, che ha percosso un pubblico ufficiale mentre compiva ecc.ecc. , sosterresti il concorso apparente tra la norma SP e la norma GN ( tra la norma dell'art. 581 e quella dell'art 337) ?

Disc.- Certamente, no : infatti non tutti i fatti puniti dalla norma SP sono puniti dalla norma GN; in particolare non sono puniti i fatti di minacce.

Doc. E invece sbaglieresti ; e per convincerti del tuo errore , io ti ripropongo il caso di prima, ma formulato un po' diversamente: metti dunque, che vi sia: una norma GN che punisce “chi percuote una persona ” , una norma Gnbis che punisce “chi minaccia una persona ”; una norma SP-I che punisce “chi percuote un pubblico ufficiale che compie un atto del suo ufficio” ; una norma SP-II che punisce “ chi minaccia un pubblico ufficiale che compie un atto del suo ufficio”. Ora, se io ti domandassi se vi é concorso tra la norme GN ( che punisce “ chi percuote ecc”) e la norma SP-I ( che punisce “chi percuote un pubblico ufficiale ecc.” ), tu cosa risponderesti?

Disc. Risponderei che certamente il concorso apparente c'é, perché tutti i fatti previsti dalla norma SP, se essa non esistesse, ricadrebbero sotto la punizione prevista dalla norma GN.

Page 59: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Ottima risposta. E penso che eguale risposta tu mi daresti se ti chiedessi se la norma Gnbis concorre o no con la norma SP-II. Ma se é così, non ti pare illogico e assurdo di adottare una differente soluzione ( cioé di negare il concorso apparente ), solo perché il Legislatore, per esprimere la sua volontà, invece di quattro norme ha preferito formularne ( encomiabilmente) solo tre, riunendo le fattispecie di cui alle norme SP-I e SP-II in un solo articolo ?

Disc.- D'accordo sarebbe illogico : nel caso si deve ritenere il concorso apparente delle norme e applicare solo la norma SP . Però, proprio dal caso ora fatto, mi pare risulti che il criterio, che tu avevi dato per stabilire quando c'è e quando non c'é il concorso apparente, non porta sempre a risultati sicuri.

Doc Diciamo piuttosto che porta a risultati sicuri se...usato cum grano salis. E per dimostrati quanto di sale occorra in zucca per fare il giurista, ora farò ancora un passo avanti nella strada ( perigliosa ) ormai intrapresa.Mettiti in questo caso: una norma SP punisce “chiunque usa violenza a un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio con due anni”; una norma GN , punisce “chi percuote con un anno”, una norma Gnbis punisce “chi provoca lesioni con tre anni”; una norma GNter punisce “ chi provoca la morte con 10 anni”. Se ti domando : Fulano che ha causata la morte del pubblico ufficiale ecc. va punito solo con la norma SP oppure va punito sia con la norma SP sia con la norma Gnter, ebbene, tu, cosa rispondi?

Disc.- Rispondo che va applicata solo la norma SP ; dato che, come tu mi hai insegnato, si deve intendere che questa norma SP sia dovuta alla formulazione in forma sintetica delle tre norme seguenti : SP-III , che punisce “chi causa la morte di un pubblico ufficiale mentre compie un atto di ufficio”, SP-II, che punisce “chi causa una lesione a un pubblico ufficiale mentre compie ecc.”; SP-I che punisce “ chi percuote un pubblico ufficiale ecc.ecc.”; e dato che tutti i fatti rientranti nella norma SP-III, se questa non esistesse, sarebbero puniti dalla norma GNter.

Doc.- Ma come ! Tu daresti 10 anni di galera a chi causa la morte di un uomo, e gliene daresti solo due se causa la morte di un pubblico ufficiale?! Valuti ben poco la vita dei pubblici ufficiali! Chiaro che hai sbagliato in qualche cosa. E' vero che la norma SP idealmente si può dividere in tre ( e a dir il vero, in ben più di tre, ma fingiamo per chiarezza espositiva, solo in tre ) norme autonome; ma é anche vero che ciascuna di queste tre norme va interpretata autonomamente, quindi con possibilità di risultati diversi. Pertanto, mentre si può ben ritenere ( e si deve ritenere!) che l'applicazione delle norme SP-III e SP-II non escluda per nulla la applicazione delle norme Gnter e Gnbis, si può ben ritenere ( anzi, si deve ritenere) che la norma SP-I ( percosse a un pubblico ufficiale mentre ecc.) escluda la applicazione della norma Gen ( che punisce, chi percuote con un anno di galera : infatti tale disapplicazione non dà luogo alla assurdità che, chi compie un reato verso un pubblico ufficiale, viene punito meno gravemente di chi commette lo stesso reato verso quivis de populo).

Page 60: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- D'accordo, ma così l'interprete viene a perdere quella guida sicura data dal criterio da te all'inizio datomi.

Doc.- Diciamo che nella maggior parte dei casi, non la perde: potrà applicare tale criterio con sicurezza e tranquillità. In alcuni casi, effettivamente , la perde; con conseguente pericolo di finire per disapplicare una norma ( ritenendo il “concorso apparente”) anche quando invece andrebbe applicata. Contro questo pericolo il legislatore cercherebbe di creare un argine ( secondo l'opinione di alcuni Studiosi ) con il disposto dell'articolo 15 - articolo ( assai confuso ) che andrebbe interpretato nel senso che, la norma speciale deroga alla norma generale, come noi prima si é detto, solo se entrambe sono relative alla stessa materia.

Disc.- Non capisco il perché di questo limite.

Doc.- Neanch'io. Comunque di seguito ti riporto, a che tu stesso possa meglio giudicare, sia il testo dell'art.15, sia quello degli articoli 84 e 68, che in definitiva rappresentano, del principio contenuto nell'art.15, delle applicazioni

Art.15: “Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”.Art.84: “ Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato. (….)”-Art. 68: “Salvo quanto disposto dall'articolo 15, quando una circostanza aggravante comprende in sé un'altra circostanza aggravante, ovvero una circostanza attenuante comprende in sé un'altra circostanza attenuante,é valutata a carico o a favore del colpevole soltanto la circostanza aggravante o la circostanza attenuante, la quale importa, rispettivamente, il maggior aumento o la maggior diminuzione di pena.Se le circostanze aggravanti o attenuanti importano lo stesso aumento o la stessa diminuzione di pena, si applica un solo aumento o una sola diminuzione di pena.”

Disc.- Disc.- Ma l'unico criterio per stabilire, se vi é un concorso apparente tra due norme , e, quindi, se solo una di esse va applicata, é quello della “specialità”?

Doc.- No a tal fine servono anche altri strumenti argomentativi ; così come constateremo esaminando le altre ipotesi di concorso apparente.

Disc.- Cominciamo dunque a vedere una seconda ipotesi ( di concorso apparente) .

Seconda ipotesi di concorso apparente

Doc.- La seconda ipotesi di concorso apparente la possiamo così schematizzare: la norma A punisce il fatto X e la norma B punisce il fatto Y in quanto questo fa sospettare la commissione del fatto X.

Page 61: Diritto Penale Ragionato Completo

Un esempio di tale tipo di concorso potrebbe essere questo : la norma A punisce “chi commette un furto”( pensa agli artt. 624 e segg.); la norma B punisce chi “ essendo pregiudicato per furto viene trovato con arnesi da scasso” ( pensa all'art. 707 ). Domanda che ti faccio : se Fulano viene sorpreso mentre sta commettendo un furto con l'uso di arnesi da scasso , va punito con entrambe le pene, quella prevista dalla norma A e quella prevista dalla norma B, oppure va punito con la sola pena prevista dalla norma A ( quella che punisce il furto) ?

Disc.- Ovviamente, va punito solo con la pena prevista dalla norma A .

Doc.- E infatti la norma B é evidentemente una “norma di sospetto” ( si punisce chi viene trovato con arnesi atti allo scasso perché si sospetta che abbia commesso o stia per commettere un furto ) e la pena da essa comminata si giustifica col ragionamento “ Io, Stato Italiano, non posso punire te, Fulano, per furto, perché non ne ho le chiare prove, però, per il solo sospetto che tu stessi per commettere un furto, ti punisco con tot”. Ora é chiaro che tale ragionamento però più non regge quando lo Stato può punire Fulano per il reato sospettato ( cioé, per il furto ).

Disc.- Ed é anche chiaro che vi é un concorso apparente tra le norme A e B ( per cui si applica una sola di tali norme ), ancorchè tale “apparenza” ( nel concorso) non sia rivelata da un qualche rapporto di genere a specie tra le due norme ( e in effetti tra le norme A e B non vi é nessun rapporto di specialità ).Passiamo alla terza ipotesi di concorso apparente ( che viene rivelato da un strumento argomentativo che non utilizza il concetto di specialità ).

Terza ipotesi di concorso apparente.

Doc.- La terza ipotesi di concorso apparente la possiamo così schematizzare: la norma A punisce il fatto AA perché ha causato l'evento X ; la norma B punisce il fatto BB perché ha fatto sorgere il pericolo dell'evento X.Possono servire ad illustrare i seguenti due esempi.Primo esempio : la norma B punisce con tre anni chi crea il pericolo di un disastro ferroviario ( mutatis mutandis, puoi pensare alla fattispecie di cui all'art. 450 ); la norma A punisce con nove anni chi per colpa causa un disastro ferroviario ( puoi pensare alla fattispecie prevista dall'art. 449 ).Secondo esempio: la norma B punisce con tre anni chi provoca la caduta di una valanga ( così creando pericolo per l'incolumità altrui – mutatis mutandis , pensa alla fattispecie prevista dall'art.426 ) ; la norma A punisce con un mese chi cagiona ad altri per colpa una lesione ( pensa alla fattispecie di cui all'art. 590 ).

Disc.- Ebbene nei casi da te esemplificati c'é o non c'è il concorso apparente?

Doc.- Bisogna distinguere. Nel primo caso in cui la condotta BB viene punita per il timore che scateni il verificarsi dell'evento X e solo dell'evento X, il concorso apparente va ritenuto e quindi va disapplicata la norma B e va applicata solo la

Page 62: Diritto Penale Ragionato Completo

norma A : Fulano , il casellante che non facendo abbassare le sbarre del passaggio a livello, causa un disastro ferroviario, viene punito solo per il disastro ferroviario causato E infatti il legislatore, nel prevedere la pena di anni 3 per chi crea un pericolo di disastro ferroviario, ha fatto evidentemente questo ragionamento “Io, legislatore, non posso punire Fulano con la pena severa di 9 anni, perché il disastro non si é verificato, però per insegnargli a essere più diligente lo punisco con tre anni”. Ora chiaramente questo ragionamento perde di validità quando il legislatore può invece punire con 9 anni ( perché il disastro ferroviario c'é stato ).Nel secondo caso, in cui la condotta BB viene punita per il timore, non solo che ne derivi l'evento X ( nell'esempio, la lesione di una persona, punita dalla norma A ) , ma una molteplicità di altri eventi ( la morte di una persona, la morte di più persone....), il concorso apparente invece va escluso ed entrambe le norme vanno applicate.

Disc.- Perché ?

Doc.- Ma per le incongruenze e le vere proprie assurdità che potrebbero conseguire derivare dalla sola applicazione della norma A – incongruenze e assurdità con tutta evidenza risultanti nell'esempio fatto : dalla caduta della valanga per fortuna sono conseguite solo lesioni lievissime a una persona, ma ne sarebbe potuta seguire una strage: il mese di galera affibbiato a Fulano appare del tutto incongruo rispetto all'allarme sociale, che il pericolo di una strage ha determinato e, a prescindere da questo, punendo Fulano solo con le sanzioni previste dalla norma A ( nell'esempio la norma che punisce le lesioni ) si avrebbe l'assurdo che, mentre Fulano, che ha pur sempre causato un evento dannoso, sarebbe punto con solo un mese di galera, un qualsiasi altro Tizio, che avesse provocato la valanga senza però provocare nessunissimo danno, sarebbe punito.... con tre anni.

Disc. Passiamo a esaminare un'altra ipotesi di concorso apparentemente

Quarta ipotesi di concorso apparente

Doc.- La quarta ipotesi di concorso apparente si può così schematizzare : la norma A punisce il comportamento AA; la norma B punisce il comportamento BB perché propedeutico alla commissione di AA.Un esempio potrebbe essere questo : la norma A punisce chi spende banconote false ( puoi pensare, mutatis mutandis, al reato previsto dall'articolo 455 ), la norma B punisce chi stampa banconote false ( pensa all'art.453 ).I motivi, per cui va riconosciuto il concorso apparente e va applicata solo la norma A, sono di tutta evidenza ( e sono gli stessi che portano il legislatore ad escludere l'applicazione delle pene previste per il reato tentato nel caso questo venga effettivamente consumato – vedi l'ultima parte, primo comma, art. 56 ) : il ragionamento che giustifica la punizione di chi compie il comportamento BB ( l'attività propedeutica al reato A ) é “ Io, legislatore, non posso punire Fulano con le

Page 63: Diritto Penale Ragionato Completo

gravi pene previste per il reato A, perché l'omessa consumazione di questo reato non ha determinato quel grave allarme sociale, che solo le giustificherebbe, ma non voglio lasciare Fulano totalmente impunito e allora lo punisco con le più lievi pene ecc.”. Ora però tale ragionamento viene a mancare di giustificazione nel caso in cui il legislatore può punire Fulano per il reato A.

Disc.- Passiamo ad esaminare la quinta ipotesi di concorso apparente.

Quinta ipotesi di concorso apparente .

Doc.- La quinta ipotesi di concorso apparente, che intendo proporti, riguarda i così detti ( dagli Studiosi ) “antefatti” “post-fatti” e “fatti in progressione criminosa” - riguarda cioé fatti, che di per sé sarebbero previsti come reato autonomo, ma che appaiono così strettamente connessi al reato che loro segue o che li precede o in cui tendono a svilupparsi, da far ritenere ( ad alcuni Studiosi ) che in tale reato debbano ritenersi assorbiti. Noi di seguito faremo un esempio per ciascuna di tali categorie di fatti e ci ragioneremo sopra.

Disc.- Comincia a portare un esempio di “ante-fatto”

Doc.- Mi fai iniziare male, perché io non conosco alcun caso di “antefatto”, che non possa rientrare negli schemi che sopra abbiamo esposti ( dando la relativa soluzione). Ti porterò quindi un esempio da me tratto dal bel libro di Giorgio Marinucci e Emilio Dolcini “ Manuale di diritto penale” ( edito da Giuffrè – p.393 ) - eccolo : secondo gli illustri Autori , la contraffazione di carta filigranata ( punita dall'art. 460 ) costituisce “antefatto” non punibile della contraffazione di monete ( punita dall'art. 453 ). Voglio ricordare che anche noi avevamo fatto un esempio simile ( trattando della quarta ipotesi di concorso ) e anche noi lo avevamo risolto nel senso della non punibilità dell'antefatto.

Disc.- Fai ora un esempio di post-fatto.

Doc.- Come esempio di post-fatto ti posso portare il caso ( a cui prima avevamo già accennato – ma che non si può risolvere con nessuno degli strumenti argomentativi che prima avevamo esposti ) di Fulano che, dopo aver rubato un'auto ( artt. 624 e segg ), la distrugge ( art. 635 ).

Disc.- E come risolveresti tu questo caso ?

Doc. Lo risolverei applicando solo la norma sul furto ( e disapplicando quella sul danneggiamento ).

Disc.- Perché ritieni di giungere a tale conclusione ?

Doc.- Non già perché non ci possa essere un interesse della parte offesa (in vista di

Page 64: Diritto Penale Ragionato Completo

una possibile individuazione del reo e di un possibile recupero della refurtiva) ad evitare la distruzione dell'auto e quindi all'intimidazione che sul ladro può effettuare la sanzione prevista dall'art.635.

Disc. E allora, perché ?

Doc.- Perché , dal momento che il legislatore non punisce il ladro che vende la refurtiva ( cosa che comporta in pratica la futura irrecuperabilità di questa, non meno di quanto la comporti la sua distruzione) diventa ingiusto punire chi la danneggia.

Disc.- Mi pare che la tua sia la classica spiegazione che....va spiegata : perché il legislatore non punisce il ladro che vende la refurtiva ?

Doc.- Perché l'utilizzazione della refurtiva da parte dal ladro é un fatto “scontato”, cioé già messo dal legislatore “in conto” nel calcolare la pena per il furto ( e perché mai il ladro ruberebbe se non per usare della cosa rubata?! ).

Disc.- Allora diciamo che questa é la vera spiegazione della non punibilità nel caso di post-fatto da te portato.

Doc. Diciamolo pure.

Disc,. Fai ora un esempio di “fatto in progressione criminosa”.

Doc.- Pensa a Fulano che, subito dopo aver dato a Caio un pugno ( art. 581 ), gli dà una coltellata ( art. 582 ). In un caso simile io riterrei che a Fulano, delle due norme in discussione, quella dell'art. 581 e quella dell'articolo 582, vada applicata solo la seconda : quella prevista dall'art. 582, che punisce le lesioni.

Disc.- Perché giungi a tale conclusione?

Doc.- Non già, perché – come qualche Studioso sostiene – la lesione sia un'inevitabile e quindi prevedibile ( dal legislatore ) escalation dell'iniziale percossa : grazie al Cielo la maggior parte delle dispute, che cominciano con delle percosse, finiscono....con delle percosse.Ritengo però che - dal momento che, se Fulano subito, invece di dare un pugno, avesse dato una coltellata ( per poi reiterare con una seconda coltellata), sarebbe punito come se avesse commesso uno solo ( e non due ) reati di lesioni ( il perché di questa soluzione, che é pacifica, ci riserviamo di darlo in altra lezione ) - sarebbe assurdo punire Fulano come se avesse commesso due reati, solo perché, invece di dare due coltellate,si é limitato a dare una percossa e una coltellata.

Disc. Con l'esame ora fatto della sesta ipotesi di concorso, io penso che noi ci si possa fermare, rinunciando a fare altre ipotesi ; dato che, mi pare, ormai dovrebbe risultare,

Page 65: Diritto Penale Ragionato Completo

a chi ci segue, la tecnica argomentativa con cui, secondo te, va affrontato il problema dell'esistenza o meno di un concorso apparente di norme.Ma anche gli altri Studiosi adottano, per la soluzione di tale problema, i criteri da te proposti?

Doc.- No. La maggior parte degli altri Studiosi risolve tale problema in base a tre altri criteri : quello della specialità, quello della sussidiarietà e quello della consumazione.

Disc.- Del criterio della specialità, che a dir il vero viene anche da te accettato, abbiamo già abbondantemente parlato, puoi fare un cenno, anche se telegrafico, agli altri due criteri ?

Doc. Lo farò attingendo all'opera, già indicata, del Marinucci e Dolcini. Secondo gli illustri Autori ( Op. cit. , p. 387 ) quando una norma “sussidiaria” concorre con una norma “principale” la norma “ di minor rango, come norma sussidiaria, cede il passo alla norma principale” . E quando una norma é sussidiaria di un'altra ? Quando “ rispetto ad un'altra ( norma principale ) tutela, accanto al bene giuridico ( da

questa ) protetto , uno o più beni ulteriori ovvero reprime un grado di offesa più grave dello stesso bene”. Secondo gli illustri Autori ( Op.cit. p. 389 ) “ in un rapporto di sussidiarietà tacita si pongono ad es. la norma che configura il reato di strage ( art. 422 c.p. ) e una serie di norme che configurano altri delitti contro la pubblica incolumità, come l'incendio ( art. 423 c.p. ), l'inondazione, frana o valanga ( art. 426 c.p. ), il naufragio, sommersione o disastro aviatorio ( art. 428 c.p. ), etc.”.

Disc. Vediamo ora in che consiste il criterio della consunzione.

Doc. Il criterio della consunzione permette di individuare “ i casi in cui la commissione di un reato é strettamente funzionale ad un altro e più grave reato, la cui previsione “consuma” e assorbe in sé l'intero disvalore del fatto concreto “ ( sempre ex Marinucci e Dolcini, Opera cit. p.390 ). L'esempio di “consunzione” che gli illustri Autori danno é il seguente: Fulano si introduce nell'altrui abitazione al fine di commettere un furto: in tal caso il reato di violazione di domicilio ( art. 614 ) é consumato dal più grave reato previsto dall'art. 624bis ( furto in abitazione)..

Disc.- Ma tu non ritieni utili i criteri di sussidiarietà e consunzione ?

Doc. Possono servire per rivestire di belle parole paludate le conclusioni a cui l'interprete giunge seguendo i percorsi argomentativi da noi suggeriti. Insomma limitarsi a dire la norma A é consumata dalla norma B, perché prevede “un reato strettamente funzionale ad un altro e più grave reato”, significa solo fare una affermazione apodittica ( un'affermazione che invece si dovrebbe spiegare come abbiamo tentato di fare noi ).

Disc.- Ma il legislatore non interviene, nel caso di norme in concorso, per dire se

Page 66: Diritto Penale Ragionato Completo

entrambe vanno applicate oppure no?

Doc. Certo che interviene, e lo fa con clausole del tipo (la norma A va applicata): “qualora il fatto non costituisce più grave reato” “ se il fatto non é preveduto come più grave reato da altra disposizione di legge “ “ fuori del caso indicato nell'art. X”.

Disc. Ma il legislatore si baserà bene su dei criteri per le soluzioni, che egli di volta in volta dà del concorso di norme: l'interprete non si può basare su tali criteri per distinguere quando c'é e quando non c'é un concorso apparente di norme ?

Doc.- No, perché i criteri adottati da chi, come il legislatore, ha il potere di modificare la legge, non possono essere adottati da chi ha solo il dovere di osservare la legge.Ti faccio un esempio, prendi l'articolo 351 – quest'articolo recita : “ Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato, atti, documenti, ovvero una cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio, é punito, qualora il fatto non

costituisca un più grave delitto con la reclusione da uno a cinque anni”. La “clausola di raccordo” inserita in tale articolo comporta che, se Fulano, rivoltella alla mano, entra in una cancelleria e sottrae il preziosissimo coltello usato dall'assassino che ivi é custodito, é punito solo per il reato di rapina, comporta cioé che tra le due norme in ballo , quella dell'art. 351 e quella dell'art. 628, va applicata solo la seconda : soluzione giustissima, ma che può prendere il legislatore e solo il legislatore ( e non l'interprete ), in quanto ad essa non si può arrivare per via di ragionamento e in particolare di deduzione da altre norme: é una scelta di politica criminale e basta.

Page 67: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione VII : Reati di pericolo(N.B. : le note sono in calce alla lezione ).

Doc.- Metti che il legislatore, con la norma A ( pensa alla norma di cui all'art. 589 ), punisca con una pena di afflittività cento, “ l'automobilista che, tenendo il comportamento X ( pensa a una marcia contromano ),causi non intenzionalmente l'evento ( dannoso ) D ( morte di un uomo ). Domanda : secondo te, avrebbe senso, sussistendo tale norma A, una norma B, che punisse, con pena di afflittività dieci “ l'automobilista che, tenendo il comportamento X ( marcia contromano ), qualora fosse esistita la circostanza Y ( arrivo in senso contrario di un altro automobilista ), avrebbe potuto determinare l'evento D” ?

Disc.- Io lo escluderei : perché mai punire Fulano che, sì, ha tenuto il comportamento X ( sì, é andato contromano ), ma, sia pure grazie al fatto che nessun veicolo sopraggiunse in senso contrario, nessun danno ha causato? perché, insomma, punire Fulano per un comportamento innocuo ? (1)

Doc.- Tu non tieni conto, che la condanna di Fulano avrebbe l'utile funzione di prevenire (ti ricordi della c.d. funzione di prevenzione generale della pena ? ) che il suo scorretto comportamento ( marcia contromano ) sia in un domani ripetuto , con esito questa volta infausto, da altro automobilista .

Disc.- Capisco quel che vuoi dire : la norma B punirebbe Fulano a...memoria futura : per dissuadere altri utenti della strada dall'andare contromano. Ma tale funzione forse che non la svolge già la norma A ?

Doc.- Certamente, sì, la minaccia di pena contenuta nella norma A, già svolge una funzione dissuasiva dal comportamento X ( marcia contromano ); però é anche vero che tale funzione dissuasiva viene corroborata dalla minaccia di pena contenuta nella norma B.

Disc.- Perché ?

Doc.- Per capirne il perché , parti dal presupposto che, tenendo il comportamento X ci siano 20 probabilità su cento di causare l'evento D ( e quindi di violare la norma A ) e una probabilità su due di essere scoperti e condannati ( per cui vi sarebbero dieci probabilità su cento di essere puniti in forza della norma A ) e che, sempre tenendo il comportamento X, ma senza causare l'evento D ( ciò che pur sempre comporta, ovviamente, cento probabilità su cento di violare la legge e cioé la norma B ) vi sia sempre una probabilità su due di essere scoperti e puniti ( ovviamente per la violazione della norma B ) ; orbene, se esistesse solo la norma A, Fulano potrebbe far conto, tenendo il comportamento X, di avere solo dieci probabilità su cento di essere punito, invece, esistendo anche la norma B, egli dovrebbe far conto di avere comunque , sia che causi sia che non causi l'evento X, cinquanta probabilità su cento

Page 68: Diritto Penale Ragionato Completo

di essere punito.

Disc. Sì, ma con le pene previste dalla norma B, che sono minori di quelle previste dalla norma A .

Doc.- Però, se tieni conto che, l'efficacia intimidatrice della minaccia legislativa, dipende, non solo dal quantum di pena minacciato, ma anche dalle probabilità che questa venga effettivamente inflitta, devi convenire con me che la norma B opera in modo molto significativo ai fini di evitare l'evento D.

Disc.- Ma, se questo é vero, vi é da domandarsi perché il legislatore non rimetta la tutela del bene D ( nell'esempio, l'incolumità degli utenti della strada ) solo a norme del tipo B, di norme cioé che puniscono il comportamento pericoloso a prescindere che il danno temuto ( nell'esempio, il danno D ) si sia verificato; escludendo le norme di tipo A, che fanno dipendere la punizione dal verificarsi di tale danno.

Doc.- A dir il vero non manca chi sostiene ciò ( 2 ); ma per la conservazione delle norme di tipo A, depone la necessità di dare una forte risposta all'istanza di vendetta delle vittime del comportamento pericoloso ( i figli dell'incidentato hanno visto il loro padre sanguinante sulla strada, se punisci solo con dieci l'autista imprudente, ci pensano loro con coltelli e bastoni a insegnare a questi il rispetto per la vita altrui ! )..

Disc.- Ma il fatto che la norma B punisca Fulano, per un comportamento in definitiva innocuo, non contrasta con i principi ( sulla funzione della pena ) da noi studiati nelle prime lezioni ?

Doc.- Per nulla : la norma B, non contrasta col “principio di lesività”, dato che essa ha pur sempre la funzione di impedire la lesione del bene D; non contrasta, poi, col “principio di materialità” , perché essa, subordinando la punizione di Fulano, al compimento di un preciso atto ( la marcia contromano, nell'esempio ) , mette effettivamente alla prova la sua “sensibilità” ( il modo in cui reagisce ) alla minaccia legislativa : Fulano ha guidato contromano? Ciò significa che la minaccia di essere punito con dieci non ha per lui effetto ( per cui va messo in carcere per fargliela assaggiare ).

Disc.- Autorevolmente si sostiene l'incostituzionalità, per contrasto col “principio di lesività”, dei c.d. reati di “pericolo presunto” , come la guida senza patente ( 3 ) : tu, che ne pensi ?

Doc.- Certamente sarebbe incostituzionale una norma che punisse il comportamento X , ancorché ritenuto per nulla pericoloso ( ma bada, ritenuto tale, non dal giurista Pinco Pallino, ancorché autorevolissimo, ma dal legislatore stesso ); ma certamente non contrasterebbe con nessuna norma costituzionale quella che punisse il comportamento X in quanto, in base all'id quod plerumque accidit, é ritenuto ( dal

Page 69: Diritto Penale Ragionato Completo

legislatore, non dal giurista Pinco Pallino ) probabile fonte di danno.Peraltro negli esempi di pericolo presunto che si portano, tale pericolo é ben fondatamente presunto. Chi non lo vede é perché non guarda nel punto giusto. Volendo riferirci all'esempio della guida senza patente da te proposto : certo, si può negare che un campione del volante come Nuvolari, anche se non si é sottoposto all'esame di guida, non creerà nessun pericolo marciando sulla pubblica via. Però non é il guidare un'auto che va visto come fonte di pericolo, ma il guidare un auto senza essersi sottoposto ad un esame di guida : é, o no pericoloso che una persona si metta alla guida senza essersi sottoposto ad un esame che ne valuti la perizia? Certamente sì, dato che questa persona potrebbe essere il signor Nuvolari, ma anche il signor Fulano, che non saprebbe neanche all'occorrenza ingranare la retromarcia. Et de hoc satis!

(1) Mantovani ( in, Scritti Mortati,vol IV, p. 447 ) : “ Nel mondo degli accadimenti naturali retto dalle legge di causalità, naturalisticamente il pericolo non esiste ed il fatto che l'evento non si sia verificato sta, appunto, a dimostrare che non esistevano tutte le condizioni causali del suo verificarsi”.

(2) Dai seguaci della Scuola positiva, che criticano il sistema dei reati colposi, come quello che introduce inammissibili forme di responsabilità obiettiva.“ Che la colpa raffiguri una responsabilità obiettiva, non vi é dubbio, responsabilità che l'ordinamento giuridico fa conseguire a determinati stati della persona ( negligenza ecc. ) in quanto questi stati determinano un evento dannoso volontario” - così, Grammatica ( Sulla irrazionalità della colpa, in La scuola positiva,1930, X, 304 )

(3) “ Non vi é dubbio – si sostiene da M. Gallo, in I reati di pericolo , in ,Foro penale,1969, 8 ) - che, nell'assenza di ogni e qualsiasi pericolosità concreta della condotta, la pena avrebbe qui una funzione puramente e semplicemente preventiva e nei confronti dei terzi e nei confronti dell'agente. Rispetto a quest'ultimo, infatti, la ragione determinante la pena non sarebbe il comportamento realizzato, bensì un atteggiamento personale che, violando una regola di obbedienza, lascerebbe desumere un certo grado di pericolosità sociale. In altre parole non si punirebbe il fatto ma l'autore”.

Page 70: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione VIII : Il delitto tentatoN.B. : le note sono in calce alla lezione )

Doc.- Il delitto tentato é previsto dall'art. 56, che recita: “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica.Il colpevole di delitto tentato é punito: con la reclusione da ventiquattro a trenta anni, se dalla legge é stabilita per il delitto la pena di morte; con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita é l'ergastolo e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi”.

Disc. Fai qualche esempio di delitto tentato.

Doc.- Poniamo che Fulano, avendo deciso di uccidere Caio : A) si rechi a comprare un fucile; B) si introduca nel giardino di Caio; C) si apposti all'angolo del portone, da cui questi deve uscire, ma prima di D) premere il grilletto e uccidere, venga sorpreso e bloccato.Mutatis mutandis, ci riproponiamo il quesito della precedente lezione: dal momento che il legislatore già con la norma AA stabilisce un pena per il caso che Fulano perpetri il reato di omicidio ( art.575 ), c'é ragione a che – pur non essendo tale reato consumato, pur non essendosi realizzato l'omicidio – egli, con una norma BB, punisca Fulano per le azioni ( le azioni, A,B,C) a questo propedeutiche ?Tu quale risposta daresti a tale domanda ?

Disc.- Darei la stessa risposta che, nella lezione precedente, si é data per il reato di pericolo : sì, la norma BB avrebbe una ragion d'essere, poiché, punendo le azioni A,B,C , ancorché abbiano abortito nel nulla, si crea una difesa “avanzata” contro la lesione del bene tutelato ( nell'esempio, la vita ), in quanto, chi ha in animo di uccidere, alle probabilità di essere individuato e punito una volta consumato il reato ( realizzato l'omicidio ) , deve aggiungere le probabilità di essere sorpreso e punito, ancorchè, dell'iter criminis, non sia giunto al capolinea e non abbia realizzato il suo scopo criminoso. In buona sostanza, se non esistesse la norma BB ( che punisce le azioni propedeutiche, A,B,C) , Fulano potrebbe fare il ragionamento: compro il fucile, me ne vado sul luogo dove di solito passa Caio, mi apposto e....se qualcuno mi scopre, pazienza, me ne torno a casa e.....ritento un'altra volta. Esistendo la norma BB, tale ragionamento non può da lui più essere fatto.

Doc.- La tua risposta é ineccepibile e ci permette di concludere che la punizione del reato tentato é un'ottima soluzione dal punto di vista della difesa sociale.Però presenta almeno due rischi.

Disc.- Quali ?

Doc.- Il primo rischio é quello che dia luogo a persecuzioni giudiziarie immotivate.

Page 71: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Non comprendo il perché.

Doc. Per comprenderlo devi far partire il tuo ragionamento un po' da lontano ( ma, ahimé! é necessario , la verità non sempre é a portata di mano ); precisamente devi partire dal dato di comune esperienza che, se tu esamini una serie di atti diretti a uno scopo, ti accorgi che i singoli atti , che la costituiscono, tanto più sono a monte, tanto meno chiaro ti rivelano lo scopo per cui sono stati compiuti.

Disc.- Porta un esempio.

Doc.- Posso portare l'esempio fatto all'inizio della lezione : l'essersi Fulano appostato col fucile proprio lì dove deve passare Caio, il suo nemico, parla chiaro sull'intenzione omicida di Fulano; ma riferiamoci, non all'ultimo, ma al primo atto della serie : l'acquisto del fucile : che ti dice esso sull'intenzione omicida di Fulano ? Nulla : questi avrebbe potuto comprare il fucile, sia per uccidere Caio, sia per cacciare quaglie e fagiani. Fatta la premessa, veniamo al dunque : se , tu, legislatore, stabilisci “ E' reato un qualsiasi atto che sia diretto a commettere un delitto”, quindi, nell'esempio fatto, vieni a configurare come reato anche l'acquisto del fucile da parte di Fulano, il risultato sarà che quei membri della Polizia e della Magistratura, che sono animati da sacro zelo e si ritengono quasi beffati se lasciano impunito un reato, saranno portati a ritenere sufficiente prova, che un atto é diretto al crimine, anche quella che tale non é : Fulano rischierà di essere condannato per tentato omicidio in base al solo acquisto di un fucile ( “ Tu, Fulano, hai esternato il proposito di vendicarti di Caio, hai comprato il fucile...che cosa si deve volere di più per condannarti?! ). ( 1 )

Disc.- Per ovviare a tale rischio, basterebbe che il legislatore, con una norma ad hoc del codice di procedura, imponesse ai giudici di non ritenere diretto alla commissione di un reato un atto, se di ciò non vi é la evidente prova.

Doc.- Ed é appunto quel che il legislatore fa, anche se non nelle codice di procedura, che sarebbe, ne convengo la sua sede appropriata, nel codice penale ( 2 ) e precisamente nell'articolo 56, che abbiamo letto : rileggilo con attenzione e vedrai che tale articolo, non punisce tutti gli atti diretti a commettere un delitto, ma solo quelli “diretti in modo non equivoco” a commetterlo.( 3 ).

Disc. Passa a dire del secondo rischio, che la punizione del “tentativo” comporta.

Doc.- Il secondo rischio é che si venga a punire anche chi - non avendo maturato ancora una salda volontà criminosa, al momento di compiere l'atto lesivo ( nell'esempio introdotto, al momento di premere il grilletto ) - avrebbe spontaneamente desistito dal reato.

Page 72: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- E ciò avrebbe rilievo ?

Doc.- E certo che sì, dal momento che , come vedremo nella prossima lezione, non viene punito chi desiste spontaneamente dalla consumazione di un reato, anche se é giunto quasi alla fine dell'iter criminis : Fulano ha comprato il fucile, si é appostato, ma al momento di premere il grilletto, ci ripensa : non viene punito.

Disc.- In buona sostanza, punendo Fulano, che é stato bloccato al momento di compiere l'atto propedeutico ( al crimine ) A, lo si punisce quando ancora non si può escludere che,giunto al momento decisivo, non avrebbe avuto un ripensamento : in definitiva é come se lo si privasse di una chance , quella della desistenza e di assicurarsi con essa la piena impunità.Però, mi pare che già il requisito della univocità ( nel senso dell'intenzione criminosa, che deve presentare l'atto propedeutico per essere punito ) già dovrebbe garantire che tale atto sia espressione di una matura e salda volontà criminosa.

Doc.- Per nulla : pensa a certo Bresci che : compra una rivoltella, compra il biglietto della nave, scrive alla sorella che l'indomani si imbarcherà per far la festa al Re d'Italia e in effetti l'indomani si imbarca : é, o no, l'imbarco del Bresci univoco nel dimostrare la sua volontà criminosa?! Certamente, sì ; e tuttavia tra il dire e il fare ...c'è di mezzo il mare : quante cose possono accadere durante il viaggio in grado di smuovere il potenziale assassino dal suo proposito criminoso!

Disc.- E allora ? vuoi dire che non é giusto punire il tentativo ?

Doc.- Rinunciare a punire il tentativo di certo non si può. Però, al fine di evitare patenti ingiustizie, occorre adottare due misure.Prima di tutto, occorre limitare la punizione a quegli atti che, per il fatto stesso di essere stati compiuti nonostante che espongano il loro autore a una sanzione giuridica o sociale, fanno pensare a una volontà criminosa, che ha raggiunto un notevole grado di saldezza.

Disc. Fai qualche esempio.

Doc.- Pensa a questo caso : Fulano, che si propone di scassinare la cassaforte di Caio : A) compra degli arnesi da scasso, B) si reca dove abita Caio; C) entra nell'abitazione di Caio e....qui é bloccato. Chiaro che Fulano, compiendo l'atto C) si espone alle sanzioni per chi viola il domicilio altrui ( art. 615 ) : ora se Fulano ha deciso di esporsi a tale sanzioni, chiaramente lo ha fatto perché ha maturata una salda risoluzione di commettere il furto.Pensa ancora a quest'altro caso : Bresci, che si propone il regicidio : A) compra la pistola, B) traversa l'Atlantico; C) arriva a Monza; D) si apposta col fucile alla porta da cui deve uscire il Re e.... qui viene bloccato Chiaro che l'atto D ( l'appostarsi con

Page 73: Diritto Penale Ragionato Completo

un fucile nella pubblica via ), anche se di per sé, al contrario della violazione di domicilio, non é previsto da nessuna norma come reato, e quindi non espone a nessuna sanzione giuridica, espone, però, al rischio di una sanzione sociale ( la riprovazione del pubblico, e, ancor più, la reazione del pubblico ): l'accettazione di tale rischio non depone forse per la saldezza della risoluzione criminosa del Bresci? Chiaramente, sì.(4)

Disc.- Però il legislatore non fa nessuna menzione del requisito di cui tu parli. Di più, mentre il Codice Zanardelli, distingueva, tra gli atti propedeutici alla consumazione di un reato, quelli “preparatori” e quelli “esecutivi” , per escludere la punibilità dei primi, tale distinzione, nel Codice Rocco, non é stata ripetuta.

Doc.- E' così, é vero : non fu ripetuta perché si ritenne che tra le due categorie di atti non vi fosse una chiara linea di demarcazione. Con tutto ciò, a mio parere, una distinzione si impone. ( 5 )

Disc.- Passa ora a dire dell'altra misura che é necessario adottare per limitare l'ingiustizia insita nella punizione del mero tentativo.

Doc.- Per compensare l'incertezza su un possibile ripensamento ( anche in extremis ) del reo ( e per compensarlo della perdita della chance di effettuare tale ripensamento ) bisogna ridurre la pena.

Disc.- Cosa che il nostro legislatore nel secondo comma dell'articolo 56 mi pare che faccia.

Doc.- Non dico di no : anche il nostro legislatore certe volte si comporta saggiamente.

(1) Proprio per ovviare a tale rischio il codice Zanardelli distingueva tra “ atti preparatori” esclusi dalla punizione e “ atti esecutivi” invece punibili. Più precisamente il codice Zanardelli ( art. 61 ) puniva “ colui che, al fine di commettere un delitto, ne comincia con mezzi idonei la esecuzione” .

( 2 ) Con ciò veniamo a concordare col Vassalli ( Il problema del tentativo, in Convegno nazionale di studi su alcune tra le più urgenti riforme del diritto penale, 1958, p. 26 ) quando afferma che “ inteso nel senso di mera prova dell'intenzione, il requisito della univoca direzione degli atti andrebbe eliminato da un codice rispondente alle moderne esigenze sistematiche, che mal sopportano l'inclusione di criteri probatori nelle norme di diritto penale sostanziale”.

( 3 )Va ricordato che quando il legislatore volle escludere dal codice la distinzione tra “atti preparatori” e “atti esecutivi”, le Corti e le Università si opposero vedendo

Page 74: Diritto Penale Ragionato Completo

in ciò un pericolo per la libertà individuale. E proprio al fine di tacitare tale opposizione il legislatore introdusse il requisito della “univocità” degli atti. Sul punto cfr. , Petrocelli, Il delitto tentato, Padova, 1955, p. 53 ss.Su quando deve essere ritenuta la “univocità” degli atti, sono state proposte due teorie. Secondo una prima teoria ( teoria soggettiva ), la prova che l'atto era diretto al delitto, può essere desunta, non solo dall'atto stesso, ma anche aliunde. Secondo una seconda teoria ( teoria oggettiva ) tale prova, invece, può essere desunta solo dall'atto stesso.Alla prima teoria si obietta, che essa giunge a una “interpretatio abrogans” ( così , Fiandaca, Diritto penale – Parte generale, Zanichelli, 2004, p. 428), in quanto già in base ai principi l'elemento soggettivo si può ritenere sussistente solo in quanto non dubbio, quindi “univoco”. Tale obiezione si può, però, a nostro parere, superare ritenendo che il legislatore, parlando di “univocità” minus dixit quam voluit : in realtà egli volendo, non semplicemente che risulti dalle prove dedotte dalla P.A. la volontà delittuosa, ma che risulti in modo evidente.

(4) Naturalmente il reo si esporrà alla riprovazione e alla reazione del pubblico solo quando l'atto da lui compiuto indicherà in modo “oggettivo”, cioé di per sé, il suo intento criminoso. E forse é questo che trae in inganno i fautori della teoria oggettiva ( di cui alla precedente nota) ; ma un conto é il dire che l'atto, perché riveli al pubblico la sua intenzione criminosa, deve rivelarla di per sé ( cioé oggettivamente ) e un conto il dire che l'atto, per essere apprezzato dal giudice come intenzionato a compiere un crimine, deve rivelare tale sua intenzionalità oggettivamente : la prima affermazione é vera, la seconda é falsa.

(5) E' un fatto che la maggior parte degli ordinamenti stranieri ( cfr. Petrocelli, Il delitto tentato, Padova, 1955, p. 59 ) distingue tra “ atti esecutivi” e “atti preparatori”. E ancor oggi , nonostante la proclamata intenzione del nostro legislatore di abolire tale distinzione, ne riconoscono la rilevanza, autorevoli Studiosi -. ad esempio, il Battaglini G. ( Diritto penale , p. 4278 ) e il Ranieri ( Diritto penale, I, 755, 357 ). Del resto, alla necessità di aggiungere al requisito della univocità e della idoneità ( di cui parleremo nella prossima lezione ), un terzo requisito, porta l'interpretazione sistematica della legge. E, precisamente, la considerazione dell'art. 115 C.P. che – comportando la non punibilità di tutta una serie di atti, ancorchè di per sé “idonei” ed “univoci” ( l'accordo di due persone per commettere claris verbis un dato reato, la visitazione delle armi e dei luoghi compiuta da una parte per decidere se concludere tale accordo – vedi descritti , tali atti, da Petrocelli, Op. cit., p. 77 ) - fa dedurre che atti simili ( idest, atti ancorché“idonei” ed “univoci”) non siano puniti, pur non essendo compiuti nel contesto di un accordo o di una istigazione criminosa; e quindi obbliga a cercare un terzo requisito per la punibilità di un atto propedeutico ( alla consumazione del reato). Requisito che la logica non potrebbe ravvisare che nella “serietà” dell'intenzione criminosa.

Page 75: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione IX : Reato putativo – Delitto impossibile – Tentativo inidoneo – Desistenza( N.B. : le note sono in calce alla lezione )

Doc.- Il reato putativo é previsto dal primo comma dell'art. 49, che recita: “ Non é punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato”E' il caso di chi va con la moglie altrui ritenendo che l'adulterio costituisca reato.( reato putativo per errore di diritto ) o di chi spaccia come droga un quid, che crede cocaina, mentre é solo innocua polvere bianca ( reato putativo per errore di fatto ).(1)

Disc.- Strano che il legislatore lasci impunito chi compie un reato putativo, dato che, chi lo compie, non lede, sì , nessun bene ( dal legislatore tutelato ), però, dimostrandosi insensibile alla minaccia legislativa ( di una sanzione ), con ciò stesso si dimostra anche capace di compiere in un domani, non un reato esistente solo nella sua fantasia, ma un reato punito dal codice.

Doc.- Effettivamente, sia il reato p. per errore di diritto, sia il reato putativo per errore di fatto, sono rivelatori di una pericolosità sociale.( Anche se, bisogna rilevarlo, sono indici di una pericolosità di intensità diversa : infatti, mentre il reato p. per errore di diritto é, di per sé, unicamente sintomo di una generica inclinazione a non conformarsi ai precetti legislativi ritenuti inopportuni o ingiustificati (2), il reato p. per errore di fatto, rivela altresì che il suo autore non condivide i valori accettati dal legislatore: io, legislatore, ritengo che l'uso della droga sia male e tu, Fulano, spacciando quella che tu credi cocaina, dimostri di ritenere il contrario ).(3)

Disc.- Ma se é così, se il reato putativo é rivelatore di una pericolosità sociale, perché il legislatore non lo punisce ?

Doc.- Probabilmente per la difficoltà di individuare una pena congrua per ciascun reato putativo : difficoltà certamente più forte nel caso di reato putativo per errore di diritto ( che pena infliggere per chi crede di versare in re illicita commettendo adulterio e che pena infliggere per chi crede di commettere reato gridando”Viva il re”? evidentemente una pena diversa nei due casi, ma quale? insomma il legislatore dovrebbe accanto al codice penale per i reati reali scrivere un codice penale per i reati putativi ), ma difficoltà certamente non indifferente anche in caso di reato p. per errore di fatto ( dato che la pena per il reato putativo certamente dovrebbe essere inferiore a quella del reato reale, ma di quanto?! ).

Disc.- Ma, comunque sia, la impunità concessa al reato putativo non contrasta con quel “principio di materialità” , che abbiamo studiato parlando della funzione della pena ?

Page 76: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- No, perché tale principio vuole, che non sia punito chi non ha commesso un fatto che dimostra la sua insensibilità alla minaccia della pena, ma non pretende che sia punito ogni e qualsiasi persona che dimostri insensibilità alla minaccia legislativa. Insomma la insensibilità ( alla minaccia legislativa ) é condizione necessaria, ma non sufficiente per la punibilità: perché questa possa esserci occorre un quid pluris.

Disc.- Evidentemente questo quid pluris é dato dalla lesione o dalla messa in pericolo del bene tutelato dal legislatore.

Doc.- Così sembrerebbe dalla lettura, sia del secondo comma dell'articolo 49, che recita “La punibilità é altresì esclusa quando, per la inidoneità dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto di essa, é impossibile l'evento dannoso o pericoloso”, sia del primo comma dell'articolo 56 che, come già sappiamo, recita “ Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica”.

Disc.- Due parole di commento allora sull'articolo 49 ( e non mi riferisco anche all'articolo 56, dato che questo, in definitiva, non fa che ripetere il concetto già espersso dall'articolo 49 ).

Doc. Effettivamente é così , il riferimento all'idoneità degli atti contenuta nell'articolo 56 é resa superflua dal disposto dell'articolo 49 – e sul punto mi pare ci sia unanimità tra gli Studiosi. Ma veniamo all'articolo 49. La prima cosa da dire é che non può essere interpretato alla lettera.

Disc. Perché ?

Doc.- Perché in tal caso condurrebbe ad assoluzioni chiaramente e pacificamente inammissibili. E per convincertene pensa solo a questo caso : l'agente provocatore finge di voler comprare della droga, Fulano gliela “vende” : chiaramente l'azione di Fulano é del tutto inidonea a ledere il bene tutelato dal legislatore, ma chi mai potrebbe sostenere la sua non punibilità?

Disc. Dunque vi sono atti “non idonei” che vanno puniti e “atti non idonei” che invece non vanno puniti” : con che criterio distinguere gli uni dagli altri ?

Doc. Il criterio é questo : tu, giudice, devi dichiarare non punibile l'atto inidoneo solo quando la tua sentenza ( di assoluzione ) non diminuisce la tutela del bene difeso dalla norma incriminatrice e, in primis, quindi, non diminuisce l'efficacia deterrente della minaccia contenuta nella norma incriminatrice. Se diminuisce questa tutela, se diminuisce questa efficacia deterrente ( di poco o di tanto, non importa ) devi condannare. Infatti, ogni interpretazione della norma che diminuisse la tutela di un bene tutelato dalla costituzione ( e tutti i beni la cui lesione comporta una sanzione penale, lo sono ), inevitabilmente si porrebbe, é quasi lapalissiano, in contrasto con

Page 77: Diritto Penale Ragionato Completo

la Costituzione.

Disc. Fai qualche applicazione pratica di tale criterio.

Doc.- Partiamo dai casi facili e pacifici: i casi in cui la idoneità a ledere dell'azione va esclusa in base alle leggi naturali : il caso di Fulano I che per uccidere fa una fattura o che spaccia credendola droga la polvere di borotalco. Sono casi in cui chiaramente l'assoluzione dell'imputato si impone. Infatti il messaggio che la sentenza di assoluzione manda al pubblico é “Non sarà punito chi fa una fattura per uccidere o chi spaccia borotalco”; e può anche darsi che, recependo tale messaggio, qualche testa fuori posto si senta incoraggiata fare delle fatture, come non é escluso che qualcuno si senta incoraggiato a spacciare del borotalco, ma forse che tali atti porrebbero in pericolo o lederebbero quel bene della vita o della salute che la norma incriminatrice tutela? No, di certo.

Disc.- Per cui può ben dirsi che la tutela dei beni della vita e della salute non risulta per nulla menomata, anche se si lascia via libera a tali atti . Ma questi sono casi facili ( di esclusione della punibilità ), veniamo a casi un po' più difficili : Fulano I spara e sbaglia la mira : il fatto stesso che la pallottola non abbia raggiunto il suo bersaglio significa che l'azione dello sparatore era inidonea a farglielo colpire ( 4 ) : di conseguenza Fulano I va prosciolto? Ancora : Fulano I fa scoppiare una bomba sotto un letto credendo che vi dorma il suo nemico Beppe, il quale, invece, per sua fortuna, si é recato a bere un caffè nel bar sotto casa: chiaramente anche in questo caso l'azione diretta a uccidere era inidonea, significa ciò che Fulano I va assolto ?

Doc.- No, non va assolto perché la sua assoluzione manderebbe a Fulano II, un potenziale omicida, il messaggio : “ Se tu spari e sbagli il bersaglio ( oppure, se tu metti una bomba dove credi che stia il tuo nemico e questo non c'é), non sarai punito”. Ora questo messaggio effettivamente diminuisce il potere deterrente della minaccia legislativa. Infatti ogni mente criminale, al momento di decidere se compiere, o no, la progettata impresa delittuosa, fa il calcolo dei pro e dei contro ; e in questi mette anche il rischio di non raggiungere lo scopo criminoso ( nell'esempio, di non riuscire ad uccidere ) e le conseguenze negative che gliene deriverebbero anche in tale caso di insuccesso ( “Mi conviene sparare se vi sono solo dieci probabilità su cento di colpire ? No, di certo se, anche qualora fallissi, verrei messo in galera”). Quindi non punire gli atti diretti a ledere , nei casi in cui l'azione criminale non ha raggiunto lo scopo - o per le modalità dell'azione ( imperizia del reo....) o per l'assenza di una circostanza ritenuta dal reo presente ( Beppe non dormiva nel suo letto ) o per la presenza di una circostanza ritenuta dal reo assente ( Fulano si reca nella casa di Beppe per rubare e lì ha la sgradita sorpresa.... di trovarvi la polizia) - significa ridurre l'efficacia intimidatrice della minaccia legislativa.

Disc.- Fino ad adesso abbiamo fatto casi di lieve o media difficoltà, facciamone uno di rilevante difficoltà : il caso di Fulano I che falsifica, metti, la sua patente, ma in

Page 78: Diritto Penale Ragionato Completo

modo talmente grossolano da non poter trarre in inganno nessuno : va punito ?

Doc.- Secondo me, va punito. Certo, la grossolanità del falso fatto da Fulano I non ha posto di per sé in pericolo il bene della fede pubblica; ma non é questo che conta : quel che conta é che l'assoluzione di Fulano I manda il seguente messaggio a qualsiasi Fulano II, falsificatore in pectore : “ Il falso, se tale da non ingannare nessuno, non é punito” ; al che Fulano II é autorizzato a fare il ragionamento “ Io faccio il falso, se riesce bene e quindi riesco ad ingannare chi mi legge la patente, ottimo, il mio scopo l'ho raggiunto, se riesce male...pazienza, ritenterò fino a che, imparata l'arte, saprò falsificare a dovere”. Quel che può indurre a ritenere ( erroneamente ) l'impunità del falso grossolano é la considerazione della inettitudine criminale del reo, di Fulano I ; ma non questo conta : Fulano I può essere inetto, ma Fulano II ( il destinatario del “messaggio” che scaturisce dalla sentenza) può ben non esserlo.

Disc.- Generalmente si sostiene che, per determinare l'idoneità dell'atto, bisogna fare una sorta di diagnosi postuma, cioé domandarsi, non col senno del poi, ma col senno e le conoscenze che poteva avere una persona avveduta al momento e nel luogo in cui Fulano I ha agito, se l'azione ( di Fulano I ) poteva avere esito positivo ( 5 ) : tu ritieni che tale criterio abbia pregio ?

Doc.- Io lo negherei : il fatto che Fulano II ( l'uomo avveduto di cui fa parola tale teoria ) si sarebbe accorto di quell'inidoneità dell'azione che é sfuggita a Fulano I, che cosa dimostra ? Al massimo che Fulano I é un inetto criminale; e questo non rileva. Quel che solo rileva infatti é il tipo di messaggio che l'assoluzione di Fulano I manda a un qualsiasi Fulano II, potenziale violatore della legge. E questo messaggio - nel caso che l'uomo avveduto si sarebbe accorto della inidoneità dell'atto ecc.ecc. - potrebbe così formularsi : “ Non é punito chi compie un tentativo di omicidio in condizioni in cui qualsiasi uomo avveduto si sarebbe accorto che il tentativo doveva fallire”. Al che Fulano II ( il destinatario del messaggio che scaturisce dalla sentenza ) potrebbe ragionare “ Io il tentativo lo faccio, se sono così stupido di farlo quando qualcuno di me più intelligente avrebbe capito che era destinato al fallimento, pazienza , tornerò impunito a casa e studierò meglio la cosa la prossima volta”. E poco male se Fulano II facendo il tentativo si dimostra imperito e questo fallisce; ma se riesce ?!

Disc. Del tentativo inidoneo e del delitto impossibile abbiamo parlato abbastanza: voltiamo pagina : parliamo della desistenza e del c.d. “pentimento operoso”. A te la parola.

Doc.- La desistenza é prevista dal terzo comma dell'articolo 56, che recita: “Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso”.Un esempio di desistenza ? Pensa all'anarchico che, dopo aver progettato di far

Page 79: Diritto Penale Ragionato Completo

saltare il palco delle autorità con una bomba, dopo aver comprata la bomba, dopo averla collocata sotto il palco, ha un ripensamento e non aziona il congegno che a tempo debito avrebbe dovuto far scoppiare la bomba.

Disc.- Sì, ma perché il legislatore non punisce l'attentatore che desiste ?

Doc.- Si é soliti spiegare ciò con l'opportunità di allettare l'attentatore con la promessa dell'impunità come premio della desistenza ( 6 ). Io penso, però, che l'impunità riconosciuta all'attentatore che desiste, non debba essere considerata un premio, ma che molto semplicemente derivi dalla constatazione che nel reo hanno finito per prevalere, sull'impulso a delinquere, i controimpulsi a questo .

Disc.- Ma tali controimpulsi possono essere di varia natura : alcuni, “nobili”( compassione per la vittima, ritrovato senso dell'onore....), altri, invece, di natura prettamente utilitaristica ( timore della sanzione, constatazione della difficoltà dell'impresa criminale e della possibilità di essere facilmente scoperti...). Anche se il reo desiste, mosso da questo secondo tipo d'impulsi,viene a godere dell'impunità?

Doc.- Certo : mettiamo pure che l'attentatore abbia desistito solo per paura della sanzione : ciò significherebbe che la minaccia della sanzione ha svolta la sua funzione, senza bisogno di essere applicata : l'optimum per il legislatore!Insomma non c'é bisogno di premiare Fulano I, che desiste a metà dell'iter criminis, più che ci sia bisogno di premiare Fulano II che , non meno criminale di Fulano I , ma più di lui calcolatore, neanche ha iniziato a percorrere l'iter criminis.Del resto di “premio” ci sarebbe ragione di parlare solo se, avendo l'attentatore commesso dei reati al fine di progredire nell'iter criminis ( il ladro che rompe i vetri della finestra per entrare nell'abitazione altrui ), il legislatore , per tali reati, concedesse l'impunità; il che però non é ( rileggiti la citata disposizione di legge ).

Disc.- Il legislatore subordina l'impunità alla volontarietà della desistenza : quando, però, può dirsi che la desistenza sia volontaria ?

Doc.- Quando il reo rinuncia a proseguire nell'iter criminis pur avendo ancora delle chances , poco importa se ridotte al lumicino, di giungere con successo al suo capolinea ( 7 ): il ladro che, giunto nei pressi dell'abitazione in cui deve operare, si accorge che vi é la polizia appostata e solo allora desiste, desiste utilmente, se esistevano delle probabilità anche minime, che, nonostante la sorveglianza della polizia, potesse commettere il furto. Questo vuole la logica : se il legislatore non punisce chi, pur intenzionato a commettere un crimine, non inizia l'iter criminis, solo per le altissime probabilità di essere scoperto, neanche può punire chi non prosegue nell'iter criminis, in considerazione delle altissime probabilità di un insuccesso .

Disc. Vuoi fare un esempio di desistenza invece improduttiva dell'impunità ?

Page 80: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Pensa al borseggiatore che, infilata la mano nella tasca della vittima designata, lesto la ritira, perché questa si é accorta del suo gesto e si é messa in guardia : che possibilità avrebbe in questo caso il ladro di commettere il furto ? nessuna : la sua desistenza non può dirsi volontaria.

Disc.- Abbiamo parlato della desistenza, parliamo ora del “pentimento operoso”.

Doc. Esso é contemplato dal quarto comma dell'articolo 56, che recita : “ Se ( il colpevole ) volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà”.Fulano II ha percorso tutto l'iter criminis ( per riferirci all'esempio prima intriodotto : ha posto la bomba sotto il palco delle autorità, ha azionato il meccanismo ad orologeria...) : tutto quello che egli doveva fare, l'ha fatto : ora...le cose dovrebbero marciare da sole. Però a questo punto ha un ripensamento : torna indietro e blocca il meccanismo ad orologeria : la bomba non scoppierà più. Questo é un esempio di pentimento operoso.

Disc.- Ci sarebbe da aspettarsi che il legislatore, come esenta da pena Fulano I ( che prima di collocare la bomba é ritornato sui suoi passi ), così, da pena, esenti Fulano II che ritorna su i suoi passi per disinnescare la bomba ; anzi, ci sarebbe da aspettarsi che, non solo lo esenti da pena ( come Fulano I ), ma lo premi con un quid pluris : in fondo Fulano I, per impedire l'evento, ha solo dovuto cessare dall'agire ( il che é come dire, ha dovuto cessare di esporsi al pericolo ), mentre Fulano II, per impedire l'evento, deve ulteriormente attivarsi, esponendosi così al pericolo di essere preso o addirittura ucciso da un poliziotto. E invece ? Invece, il legislatore si limita a diminuirgli la pena prevista per il delitto tentato. A me ciò pare ingiusto.

Doc.- E forse lo é (8). Anche se non si può negare che almeno due buone ragioni depongano per la soluzione adottata dal legislatore. Prima : una volta che Fulano II, ha messo in moto il meccanismo, che deve provocare l'evento dannoso, egli ha anche creato una situazione di pericolo: sì, tale situazione di pericolo da lui é stata eliminata, ma poteva anche non esserlo ( anche indipendentemente dalla sua volontà : pensa al caso ch'egli fosse morto, metti per un colpo al cuore, dopo aver innescata la bomba ). E chi fa sorgere una situazione di pericolo può ben essere ritenuto meritevole di pena. Seconda ( ragione per non esentare completamente da pena Fulano II, il pentito ) : al contrario di Fulano I ( il desistente ), Fulano II ha dimostrato, portando a termine il tentativo, di non essere sensibile alla minaccia della pena.

Note(1) E' discusso se l'articolo 49 si riferisca, per sancirne l'impunità, sia all'una che all'altra figura di reato putativo. Sul punto v., Neppi Modona , Il reato impossibile, p. 33.Certo é che la non punibilità del reato putativo per errore di diritto, a prescindere

Page 81: Diritto Penale Ragionato Completo

dal disposto dell'articolo 49, risulterebbe dal semplice fatto che, volendo punirlo, non si saprebbe....con quale pena punirlo.

2) Ma fu proprio di un orientamento giuridico, affermatosi durante il Nazional-socialismo e di cui il Welzel fu il massimo esponente, il vedere, la ragione profonda che giustifica la punizione del reo, nella sua disubbidienza al precetto legislativo ( nella ribellione al “potere spirituale che informa la vita del popolo”, dice il Welzel, in Das Deutsche Strafrecht, 7° ediz. 1960, p.171 – riferendosi proprio al reato tentato).Proprio per reazione ( eccessiva ) a tale orientamento, si é venuto in questo dopoguerra affermando l'orientamento, che vuole esclusa la punibilità di un'azione, se non é lesiva di un concreto bene.

3) E' significativo che, nella Relazione del Guardasigilli Rocco sul Progetto definitivo ( in, Lavori preparatori, vol. V, parte I, 1929, pp. 92-93 ), si giunga ad escludere, in relazione al reato putativo per errore di diritto, ogni valore sintomatico di quella pericolosità che, invece, si riconosce al reato putativo per errore di fatto ( e che giustificava, nel pensiero del Guardasigilli, la sua assimilazione al reato impossibile e, quindi, la previsione nei suoi confronti di una misura di sicurezza ).

4) “ Specie in passato – ma questo orientamento si riscontra ancora oggi nell'ambito della giurisprudenza – si era soliti risolvere il concetto di idoneità in quello di efficienza causale : in tale senso, gli atti realizzati dovrebbero essere capaci di cagionare l'evento preso di mira. (…..... Ma) se fosse veramente adottabile un'ottica di tipo causale, il giudizio relativo all'idoneità dovrebbe compiersi ex post : ma, secondo una valutazione ex post, non vi sarebbe mai tentativo punibile proprio perché il mancato verificarsi dell'evento costituirebbe irrefutabile riprova della “inidoneità” degli atti compiuti a cagionarlo !” -così, Fiandaca – Musco , in Diritto penale – Parte generale, Zanichelli, quarta edizione, p.423 ).

5) “( Il concetto di idoneità) richiama l'idea di capacità potenziale, attitudine, congruità dell'atto compiuto rispetto alla realizzazione del delitto preso di mira. L'effettiva portata del requisito si chiarisce, puntualizzando sotto quale angolazione ci si deve porre per stabilire se un determinato atto sia o no idoneo rispetto al risultato. Si concorda, oggi, nel ritenere che il parametro di accertamento dell'idoneità consiste in un giudizio ex ante e in concreto ( criterio della c.d. prognosi postuma ) : il giudice cioé, collocandosi idealmente nella stessa posizione dell'agente all'inizio dell'attività criminosa, deve accertare – alla stregua di una valutazione operata in base alle conoscenze dell'uomo medio, eventualmente arricchite delle maggiori conoscenze dell'agente concreto – se gli atti erano in grado, tenuto conto delle concrete circostanze del caso, di sfociare nella commissione del reato. Tale criterio va sotto il nome di “prognosi postuma” perché il giudizio prognostico viene effettuato sì dopo la commissione degli atti di tentativo, ma ponendosi con la mente nel momento iniziale dell'attività delittuosa: soltanto

Page 82: Diritto Penale Ragionato Completo

questa prognosi a posteriori consente, d'altra parte, di accertare se l'agente concreto sia in possesso di conoscenze “ulteriori” rispetto a quelle proprie dell'uomo medio. Così ad es. la somministrazione di zucchero ad una persona, considerata ex ante in base a valutazioni medie, non può certo essere ritenuta idonea a cagionare la morte; il giudizio tuttavia muta, se si accerta che il reo era a conoscenza del grave stato diabetico della vittima designata. Rimane, a questo punto, da precisare se il criterio della prognosi postuma debba essere applicato effettuando il giudizio di idoneità su una base parziale ovvero su una base totale . Invero, é attestato nel primo senso l'orientamento dominante , accolto anche dalla manualistica di gran lunga prevalente: il giudizio di idoneità é a base parziale in quanto tiene conto soltanto delle circostanze conosciute o conoscibili, al momento dell'azione, da un uomo avveduto pensato al posto dell'agente concreto; mentre esso non tiene conto di circostanze eccezionali oggettivamente presenti sin dall'inizio, ma conosciute dopo”. - così, Fiandaca-Musco , Opera citata, p.424.

6) La teoria premiale ( a spiegazione della non punibilità della desistenza ), si fa risalire al Feuerbach .

7)Identica é l'interpretazione del Manzini ( esposta in, Trattato di diritto penale, Torino, 1933, cap. XIII, pagr. 443, p. 393 ), il quale afferma : “L'impossibilità di un utile prosecuzione del tentativo deve essere assoluta e definitiva per escludere la desistenza giuridicamente efficace. Allorchè sussista tuttora sia pure la mera possibilità ( quantunque, non la probabilità ) di proseguire utilmente, può benissimo verificarsi la desistenza volontaria esimente la pena”.

8) Vannini ( Il problema giuridico del tentativo, p. 119 ) : “ Non vedo come possa spiegarsi l'effetto soltanto diminuente dell'attuoso ravvedimento in confronto al pieno effetto esimente assegnato alla desistenza volontaria, quando si pensi che la distinzione fra delitto tentato e delitto mancato é stata giustamente abolita per la ragione che non sempre l'esaurimento dell'azione esecutiva implica una più intensa violazione dell'interesse protetto, né sempre esprime una maggiore pericolosità soggettiva in confronto all'azione non ancora esaurita.”E' il Messina, poi, che ricorda (in La desistenza volontaria, Giuffrè, 1954,p.31 nota, 58 ) come nel Codice tedesco ( paragrafo 46 ) “ non soltanto la nostra desistenza volontaria ( nel tentativo incompiuto ) sia causa di non punibilità, ma anche il pentimento operoso, qualora il volontario impedimento dell'evento si abbia in un momento in cui l'azione non era stata ancora scoperta”.

Page 83: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione X : Coscienza e volontà dell'atto. I c.d. atti automatici. Colpa per ignoranza e negligenza. ( N.B. Le note sono in calce alla lezione )

Doc.- Abbiamo visto, in una delle primissime lezioni , che il nostro Legislatore non punisce una persona solo perché ha delle pulsioni antisociali, ma in quanto il timore della sanzione non é per lei sufficiente freno allo sfogo di tali pulsioni; insomma, perché si dimostra insensibile alla minaccia della sanzione penale. Poco importa che Fulano, come un novello Landrù, sia tentato di squartare le sue amanti , se egli....da ciò si astiene per timore della pena.Quindi, si pone il problema di quali siano le condizioni necessarie a che si possa dire, che il destinatario della minaccia legislativa sia insensibile a questa : breviter, quali siano le condizioni di efficacia della minaccia legislativa.

Disc.- Quindi, condizioni, sussistendo le quali, una persona, che compie il fatto-reato, sarà punita e, non sussistendo le quali, non sarà punita.

Doc.- Non confondiamo argomenti del tutto diversi: ora vedremo le condizioni di efficacia della minaccia legislativa, in altre lezioni vedremo le condizioni a cui é subordinata l'esistenza del reato.

Disc.- Va bene, avevo frainteso: può capitare. Dimmi allora quali sono queste condizioni di efficacia della minaccia legislativa.

Doc: Le condizioni, a che abbia senso e possa ( almeno in teoria ) sortire effetto, la minaccia fatta da una norma a Fulano, perché si astenga da un comportamento (A), lesivo di un bene da essa tutelato, sono : I- che il comportamento (A) (1) possa, con un atto di volontà, essere evitato da Fulano; II- che Fulano abbia conoscenza della minaccia legislativa; III- che Fulano sappia di stare ponendo in essere proprio il comportamento da cui la minaccia legislativa lo vuol dissuadere .

Disc.- Bene, comincia allora a dire quando viene a mancare la condizione sub I.

Doc.- Prima di tutto, la condizione sub I viene a mancare quando ci si trova di fronte a una norma che minaccia a Fulano I una pena per un comportamento, non suo, ma di Fulano II.

Disc.- Come può accadere una cosa simile? E' evidentemente assurdo punire una persona per il comportamento di un altro.

Doc.- Sarebbe assurdo se la minaccia fosse rivolta a Fulano I : é infatti assurdo minacciare una persona per indurla a tenere un comportamento, che non é in suo potere ( ma in potere di un'altra persona, nell'esempio, di Fulano II ) tenere o no. Ma non é nient'affato assurdo, se la minaccia é in realtà rivolta a Fulano II : “Tu, Fulano II, mi indichi, chi ha compiuto l'atto terroristico, oppure noi uccidiamo tuo figlio, Fulano I”.

Dic.- Ma se é così, non si può parlare di una vera e propria pena applicata a Fulano I e tanto meno di una sua responsabilità penale : Fulano I é semplicemente una persona a cui si farà del male per costringere Fulano II a un dato comportamento

Doc.- Tu hai ragione, ed effettivamente il comma primo dell'articolo 27 - che, per escludere la liceità di situazioni come quella ora esposta, recita” La responsabilità penale é personale” - imposta assai male la questione a cui vuol dar risposta. Tuttavia, ancorché male impostata, tale disposizione é importante perché permette di argomentare la incostituzionalità di una norma, che punisse una

Page 84: Diritto Penale Ragionato Completo

persona per un comportamento, che non era in suo potere di tenere o no ( il comportamento solo apparentemente appartiene all'agente , in realtà non é “suo”: manca il requisito della suitas ).

Disc. Cioè permette di argomentare la incostituzionalità di una “responsabilità obiettiva”.

Doc.- Qui bisogna intenderci. Sì, l'articolo 27, esclude la liceità di una responsabilità obiettiva, se per questa si intende : responsabilità di Fulano I per un comportamento che non é in suo potere di compiere o non compiere.; no ( cioé non esclude una responsabilità obiettiva ), se per questa si intende una responsabilità di Fulano per un comportamento mancante di colpa e di dolo. Ed é proprio questa seconda argomentazione che fanno molti studiosi, per escludere ad esempio la costituzionalità dell'articolo 584, che recita : “Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, é punito con la reclusione da dieci a diciotto anni “.

Disc. E infatti pare anche a me molto ingiusto che una persona rischi diciotto anni di carcere solo perché, avendo dato uno schiaffo a uno, questo malamente cade, batte il capo su una pietra e muore.

Doc.- Tu non puoi negare che sussiste davvero la probabilità che, chi riceve uno schiaffo, cada malamente e ...vada anzitempo al Creatore.

Disc.- Certo che sussiste, ma é piccolissima : metti , c'é una probabilità su mille che si realizzi ; e una persona non può essere condannata a dieci anni solo perché ha tenuto un comportamento, che v'era solo una probabilità su mille,che conducesse alla morte di chi lo subiva.

Doc.- Ma tu non consideri, che, la gravità di una minaccia, va misurata anche tenendo conto delle probabilità, che venga applicata : minacciare una pena, sì, di 18 anni, ma che vi é una probabilità su mille che si applichi, é una minaccia perfettamente adeguata, per dissuadere da un comportamento, che v'é una probabilità su mille, che porti alla morte di chi lo subisce.

Disc. Sia come sia; andiamo oltre . C'é qualche altro caso , in cui manca la condizione sub I, necessaria per l'efficacia della minaccia legislativa ?

Doc.- Certamente, sì : altro caso in cui la minaccia legislativa non ha senso é quello dei cc.dd. atti automatici : pensa a chi, in preda a una crisi epilettica , muove scompostamente un braccio e colpisce una persona; pensa a chi , preso da un violento conto di vomito, sporca gli abiti di un vicino o a chi, a cagione di uno starnuto irrefrenabile, perde il controllo dell'auto e provoca un incidente. In tutti questi casi, chi ha compiuto l'atto ( lesivo ), non era in grado di dare ai suoi centri nervosi l'ordine di inibire il movimento muscolare relativo. Bisogna però stare attenti a distinguere gli “atti automatici “ da quelli “abituali”, che, appunto in quanto tali, spesso vengono compiuti senza riflettere , per così dire “automaticamente” ; così come il gettare via il mozzicone di una sigaretta dopo aver fumato. Infatti, mentre non avrebbe senso una minaccia legislativa per inibire gli atti automatici, essa, invece, può manifestarsi utile per inibire gli atti abituali.

Disc. Sì, però, come distinguere gli atti automatici da quelli abituali ?

Doc.- Per distinguere gli atti automatici da quelli abituali c'é un semplice criterio : immaginati che, come per magia, il legislatore si fosse materializzato accanto al reo, al momento in cui stava per compiere l'atto, per minacciarlo di una pena certa e gravissima, metti l'ergastolo, se lo compiva : se devi concludere, che, nonostante ciò, nonostante la fisica vicinanza del legislatore minacciante, il reo avrebbe compiuto l'atto ( non essendo, come l'epilettico, come la persona in un acuto stato

Page 85: Diritto Penale Ragionato Completo

febbrile, in grado di recepire la minaccia ), ti trovi di fronte a un atto automatico, se invece devi concludere che il reo , avrebbe desistito dall'atto ( lesivo ), ti trovi di fronte a un reato abituale.

Disc.- Sì, però tu mi devi spiegare qual'é la funzione della minaccia della pena nei casi di atti abituali ; e non solo in questi casi , ma in tutti i casi in cui l'atto ( lesivo ) viene compiuto per disattenzione, come nel caso del chirurgo, che dimentica le pinze nell'addome del paziente, del casellante, che dimentica di azionare le sbarre del passaggio a livello, e così via. Infatti, é chiaro che il casellante, il chirurgo, non pensando, al momento di omettere l'atto dovuto, di stare violando la legge, neanche subiscono l'effetto della minaccia legislativa.

Doc.- Io direi che la funzione della pena in questi casi é...quella di ricordare se stessa. Mi spiego : é un dato di esperienza che, mentre una persona può dimenticare una cosa di poco valore, difficilmente dimentica una cosa di grande valore : ad esempio, il viaggiatore può dimenticare sul treno il suo giornale, ma é molto difficile che vi dimentichi una valigetta carica di banconote. Ora la minaccia della pena, rendendo gravido di conseguenze dolorose l'omissione di un atto, rende questo anche importante e quindi molto più difficile a dimenticarsi.(2)

Disc.- I casi a cui tu fai riferimento sono casi in cui l'agente, omette, sì, un atto ignorando di ometterlo, però, solo perché del dovere di compiere tale atto si é dimenticato ; insomma il dovere di compiere quell'atto rientra nel suo bagaglio culturale, occorre solo richiamarlo alla sua mente. Vi sono casi invece in cui l'agente omette un atto ( o compie un atto ), non perché ha dimenticato di doverlo compiere ( o di doverlo omettere ), ma perché tout court egli ha sempre ignorato di avere un obbligo di compiere ( od omettere) quell'atto. Io penso al caso della collaboratrice domestica analfabeta , che versa della stricnina credendola un dolcificante.; o del medico, che omette di rilevare come sintomo di una grave malattia un certa chiazza apparsa sulla cute del paziente, semplicemente perché non sa che quella chiazza é sintomo di quella malattia. In questo secondo tipo di casi, sembra inutile la minaccia di una pena : tu legislatore puoi minacciare quanto vuoi, anche con pene severissime ( l'ergastolo!), chi propina del veleno a una persona , ma di tale minaccia, la collaboratrice domestica dell'esempio, non si sentirà per nulla dissuasa dal versare la stricnina, per la semplice ragione che essa non sa che questa é un potente veleno ; e similmente la minaccia di una pena, anche di una fortissima pena, al medico, che faccia una diagnosi errata , non eviterà che il medico del precedente esempio licenzi il paziente tranquillizzandolo sul suo perfetto....stato di salute, semplicemente perché ignora il significato di sintomo della chiazza sulla cute.

Doc. Effettivamente in questi casi la minaccia della sanzione, non ha la funzione di far riemergere nozioni dimenticate; essa però ha pur sempre un'utile funzione: quella di costringere una persona ad acquisire tali nozioni: l'aspirante alla professione di Eusculapio, sapendo che il medico, che fa una errata diagnosi, é punito severamente, sarà portato a curvare la schiena sui libri per apprendere i sintomi delle varie malattie, e l'aspirante collaboratrice domestica, sapendo che se mai lei desse per errore un veleno, sarebbe severamente punita, si sentirà costretta a istruirsi, se non su tutti i veleni, almeno su quelli più noti.(3)

Disc.- Permettimi un'altra obiezione: tu hai detto , che la minaccia legislativa é vana, inutile, quando é volta a costringere a un atto che non é nel potere del reo di compiere – e hai portato l'esempio dell'epilettico. Ora, un caso molto simile a questo, mi pare quello dell'autista che , inesperto nella guida, trovandosi in una situazione di emergenza, “perde la testa”, come si suol dire, e sbaglia manovra ( metti, invece di pigiare il freno, pigia il pedale dell'acceleratore). Eppure l'autista imperito viene punito, se non sbaglio.

Page 86: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. No, non sbagli : se l'autista inesperto provoca la lesione o peggio la morte di una persona viene punito, ai sensi degli articoli 589,590, 43 Cod. pen: i primi due, prevedendo e punendo il

caso, che una persona causi una lesione o la morte di un'altra per colpa, il terzo, stabilendo che un delitto “ é colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se é preveduto, non é voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.

Disc. Quindi uno viene punito anche per imperizia. Ma perché ? Uno fa quel che può ; non si può pretendere di più da lui.

Doc. Ma l'autista imperito e in genere chi esercita un'attività con imperizia, non viene punito per l'imperizia in sé, ma per l'imprudenza dimostrata mettendosi a svolgere un'attività per cui non era perito.

Disc.- Ma se egli si é messo a svolgerla perché ignorava di essere imperito ?

Doc.- Vuol dire che sarà punito per la sua ignoranza, o meglio, come poco fa abbiamo spiegato, per non aver fatto nulla per eliminare la sua ignoranza.

Disc.- Un'ultima domanda prima di chiudere questa lezione : la minaccia legislativa deve considerarsi efficace nei riguardi di chi é “incapace di intendere e di volere” ( artt. 85 segg. )?

Doc.- Bisognerebbe vedere caso per caso ; ma di massima si può dire che la minaccia legislativa é in grado di svolgere un effetto intimidatorio anche nei riguardi dell'incapace. Anche un ubriaco fradicio si sente intimidito se gli spiani in faccia una rivoltella; e ciò dimostra che egli può essere intimidito da una minaccia. Certo, la risposta di una persona ubriaca a una minaccia é verosimilmente diversa, da quella che essa darebbe, se sobria ; per cui non si può dire se Fulano, che siede sul banco degli imputati accusato di un omicidio, commesso mentre era ubriaco fradicio , dimostrerebbe, da sobrio, quella stessa insensibilità alla minaccia della pena, che ha dimostrato da ubriaco ( e che giustificherebbe l'applicazione della pena nei suoi confronti ). E lo stesso deve ripetersi in quei casi di infermità mentale in cui in un individuo vi é un'alternanza di personalità diverse : in lui alcune volte parla il dottor Jekill, altre volte, mister Hyde. Per cui può sembrare ingiusto condannare il dottor Jekill per quel che ha fatto un certo mister Hyde. Ciò non toglie però che mister Hyde, mentre agiva era influenzato dalla minaccia legislativa. Chiaramente poi é sensibile alla minaccia legislativa chi , colpito da una infermità mentale settoriale, agisce in un settore di attività non intaccato dalla infermità : Fulano, affetto da mania di persecuzione, mentre guida l'auto é perfettamente in grado di rispondere appropriatamente alle minacce di pena per le infrazioni al codice stradale.(4)

Disc. Ma, in buona sostanza, l'imputato, che ha ucciso da ubriaco ma ora é sobrio, il dottor Jekill, Fulano, che ha infranto il codice stradale, vanno puniti oppure no ?.

Doc.- Questo é un'altro discorso, che affronteremo parlando della c.d. imputabilità. Ti posso anticipare che, di massima, chi ha agito in stato di incapacità di intendere e di volere, non viene punito, ma viene sottoposto a misure , le c.d. “misure di sicurezza” , idonee a impedire che compia altri atti antisociali.

Disc. E perché mai non viene punito , almeno nei casi in cui era in grado di recepire la minaccia legislativa ?

Doc.- Non certo per motivi logici; dato che la logica comporterebbe la sua punizione . Giocano per

Page 87: Diritto Penale Ragionato Completo

indurre il legislatore all'astensione della pena motivi del tutto irrazionali ; quei motivi irrazionali che sempre conducono all'applicazione della pena, ma che pudicamente sono mascherati da

esigenze di difesa sociale. La verità ( che emerge in istituti come l'imputabilità, il dolo ) é che il legislatore punisce il reo perché mosso da una pulsione di odio verso di lui.

Disc. Odio, perché?

Doc. Perché il reo é una persona che non condivide la sua scala di valori : caso classico, il reo ha gridato “viva l'ismo A” ( dove ismoA = ideologia che rende lecito il libero amore, l'uso degli stupefacenti ecc. ), mentre il legislatore é un convinto anti-ismoA ( ritiene nefasto il libero amore, l'uso degli stupefacenti ecc. ). Ora questa mancanza di condivisione dei valori, rende meno sicura nella psiche del legislatore ( idest, nella psiche della massa di persone che si sente rappresentata dal legislatore ), la scala di valori da esso accettata ; e la punizione del reo é in buona sostanza la riaffermazione, sopratutto nel suo sé profondo, che il legislatore fa di questi valori : il legislatore punisce il reo per soffocare, punire quella parte di se stesso che sarebbe portata a identificarsi con i valori del reo.( 5 ) Ma se così é, si comprende come, l'esigenza di questa riaffermazione dei propri valori , sia tanto meno sentita dal legislatore quanto meno il reo é credibile : insomma, io ( o meglio il mio subconscio ) posso ( può ) essere tentato di prestare orecchio a chi dice “ viva il valore A”. se questi é persona apprezzata per la sua intelligenza, la sua profondità di pensiero, é insomma una persona degna di stima, ma se é un “matto” a dire ciò , questo non mi smuove un pollice dalle mie convinzioni.

Disc.- Come dire che gli psichiatri, incaricati di diagnosticare l'infermità mentale del reo, dovrebbero prima di tutto puntare i loro riflettori sulla mente malata del legislatore. E con ciò chiudiamo l'esame della prima delle condizioni necessarie per l'efficacia della minaccia penale.

Note(1) Naturalmente qui il termine “comportamento” va inteso ia in senso positivo che negativo <. sia come “azione” che come “omissione”.

( 2) L'Exner ( “Das Wesen” , p- 208 ) si pone il problema : com'é possibile comandare di prevedere? E ne trova questa soluzione : “In realtà il diritto chiede un determinato interesse di evitare delle conseguenze antilegali, cioé uno stato psichico dato il quale lo sguardo nel futuro si verifica automaticamente. Più esattamente si rimprovera all'attore, nella colpa incosciente, non la mancanza di previdenza, ma la mancanza di quell'interesse che ha avuto come conseguenza il non riconoscere il pericolo.” La differnza tra la nostra concezione e quella dell'Exner é evidente : per noi, il diritto non punisce una persona perché manca di un dato interesse ; ma minaccia una punizione a quella persona per far sorgere in lei un dato interesse.

( 3 ) Ma che dire se l'agente é stato impossibilitato ad acquisire quella cultura ( necessaria per evitare il comportamento dannoso ) dalle condizioni ambientali in cui é costretto a vivere o dai suoi limiti intellettuali ? E' chiaro che nemo ad impossibilia tenetur : egli andrà liberato da ogni responsabilità, a meno che, ben s'intende, consapevole ( o dovendo essere consapevole ) dei suoi limiti si sia messo a compiere un'attività in cui questi limiti avrebbero rivelato la loro pericolosità.Nel clima del Nazionalsocialismo fu elaborata da alcuni Autori tedeschi (Mezger, Welzel...)la teoria della Taterschuld ( colpa d'autore ) : il reo non merita la pena per quel “fragmento” della sua vita, che é l'azione prevista dalla norma incriminatrice, ma per la sua personalità, o meglio per non aver emendato la sua personalità dalle pulsioni e dai difetti che l'avrebbero portata a compiere l'azione antisociale. Ma - precisa un Autore italiano, che sostanzialmente aderisce a tale teoria, il Bettiol - “ va da sé che (…) se nell'agente non sussisteva, la capacità di superare se stesso e di vincere l'inclinazione al reato (…) di nessuna colpa di autore si potrà parlare”. ( Bettiol, “Manuale

Page 88: Diritto Penale Ragionato Completo

di diritto penale” p. 330 ).La principale critica mossa alla teoria della Taterschuld é quella di venire a caricare il giudice di un compito “ quasi sovrumano” imponendogli di accertare se l'imputato era in grado “ di superare gli aspetti innati del suo carattere (.....) le sue anomalie bio-psichiche” oppure no ( così, Antolisei, Manuale, p.gen. cit, p.238 ). Ma chi non vede quanto stonate risultino tali critiche, almeno in una materia, come quella del reato colposo, in cui “sappiamo benissimo – sono parole del Marinucci, in “La colpa per inosservanza di leggi” . Giuffrè, 1965, p. 233 – quanto disperanti ( per il giudice ) siano le difficoltà suscitate dalla ricerca di un “criterio” capace di individuare le regole di prudenza e di diligenza da osservare nel caso concreto; e quanto incerte e malsicure siano poi le applicazioni di quel criterio” ?Chiaro che mentre é giusto tenere conto di una “impossibilità” dovuta a condizioni sociali o a limiti intellettuali, sarebbe inammissibile tenere conto di una “impossibilità” dovuta a una mancanza di “forza di carattere” ; e infatti in quest'ultimo caso il legislatore può sempre sperare di sbloccare, con la minaccia della sanzione, l'inerzia della volontà.Semplicistica pertanto appare la tesi di coloro che, come il Binding ( in “ Die Normen und ihre Ubertretung, IV, 1919 , p.344 ) sostiene che la legge va interpretata come se suonasse “ Tu devi evitare un agire illecito, in quanto tu (….) lo possa “. A tale tesi é pertinente la obiezione che fa il Kelsen ( in “Hauptprobleme der Staatsrechtslehre”, 1923, p. 136 ) : “ Il fatto che una qualche cosa non é stata prevista ed evitata, dimostra a sufficienza che non si poteva evitare e prevedere perché tutto ciò che accade, deve accadere così come accade” . Per cui, se, per metterci in un caso limite, un asso del volante ( riflessi prontissimi, ecc. ), non volendo sottoporsi allo sforzo attentivo che la guida comporta, investisse un pedone, non si potrebbe a rigore dire che “ egli poteva evitare l'incidente” : infatti con la forza di carattere che egli aveva avuto da madre natura, gli era “impossibile” fare lo sforzo di concentrazione necessario ( in tal senso, anche, Marinucci Op. cit., p.186 ).

(4) Daniela Dawan ( “ I nuovi confini dell'imputabilità nel processo penale “, Giuffrè,2006, p.27 ) : “Alla luce del sapere psichiatrico attuale, che le persone inferme di mente siano insuscettibili di essere motivate mediante minacce di pena appare concetto obsoleto nella sua aprioristicità : non vi é, invero, prova empirica da cui desumere che l'incapace non possa mai essere trattenuto dalla minaccia di sanzioni. Si danno, al contrario, prove empiriche secondo le quali molti incapaci possono essere condizionati dalla minaccia della pena”.

(5) Secondo un interessante punto di vista di Alexander e Staub ( “ Il delinquente e i suoi giudici – Uno sguardo psicoanalitico nel campo del diritto penale” , pubblicato nel 1929 e trad. nel 1948, ed. Giuffrè ) ogni delitto, specialmente quando si caratterizza per una particolare crudeltà, fa sorgere nella società un intenso bisogno di espiazione ( che si scarica nella punizione dell'autore del crimine ). Questo desiderio nasce dall'esistenza, in ognuno di noi, dell'inconscio desiderio di compiere l'illecito e dalla necessità di riaffermare, soprattutto di fronte a noi stessi, l'inammissibilità di una sua soddisfazione ( di operarne la “rimozione”, per usare un linguaggio psicoanalitico ) : “Il bisogno di punire il colpevole é parimenti una dimostrazione diretta al foro interno allo scopo di intimidire gli impulsi : A ciò che proibiamo al delinquente, dovete rinunciare anche voi” ( Op. cit. , p. 111 ).

Lezione XI : Error iuris . Error facti . (N.B. Le note sono in calce alla lezione )

Page 89: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Abbiamo parlato nella precedente lezione della prima delle condizioni di efficacia della minaccia legislativa, parliamo ora della seconda e della terza : siccome non é giusto punire Fulano, se non ha compiuto un atto che dimostra la sua insensibilità alla minaccia legislativa, non é neanche giusto punire Fulano che compie l'atto A, punito dalla norma AA, o perché di questa norma ignora l'esistenza ( ruba perché non conosce l'esistenza dell'art. 624 C.P. ) o perché, compiendo A ignora di stare compiendo proprio quel comportamento che la norma vieta. ( Fulano conosce l'esistenza dell'articolo 624, ma non sa che la valigia che si sta portando via, non é sua, ma di un altro passeggero ).

Disc. Certamente l'inefficacia della minaccia legislativa nei due casi da te prospettati é di tutta evidenza. Però ciò non esclude che il Legislatore possa punire Fulano, non per il comportamento A in se stesso, ma per non aver preso conoscenza della norma AA o per non aver prestato quella attenzione, che l'avrebbe reso consapevole di stare ponendo in essere proprio quel comportamento che la norma AA vietava.

Doc.- Giustissimo ; ed é proprio in questo senso che dispongono, nel nostro Codice penale, l'articolo 47 e l'articolo 5.

Disc.- Procediamo allora all'esame di questi articoli; cominciamo dall'articolo 47.

Doc.- L'articolo 47, nel suo primo comma, recita: “ L'errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell'agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non é esclusa, quando il fatto é preveduto come delitto”.

Disc. Un esempio di applicazione della prima parte della disposizione riportata, é senz'altro dato da quello, già fatto, del passeggero che, alla stazione, scambia per propria la valigia altrui . Ed é chiaro che, in questo caso, il passeggero non viene punito, perché il furto é reato punito solo a titolo di dolo. Fai ora un esempio di errore di fatto punito perché cade su un reato colposo.

Doc.- Pensa al cacciatore che, vedendo qualcosa muoversi dietro un cespuglio, spara e uccide un uomo : egli verrà punito con le stesse pene previste per il reato di omicidio colposo.

Disc.-Viene punito con tali pene perché in effetti commette un omicidio colposo. Voglio dire, anche a prescindere dalla seconda parte del comma primo art. 47, nessuno avrebbe mai dubitato che l'azione del cacciatore rientrasse nella previsione dell'articolo 589 ( dell'articolo cioé che punisce appunto l'omicidio colposo ).

Doc.- Quod abundat non vitiat . L'importante é rilevare che il legislatore punisce l'error facti dovuto a colpa, per stimolare, l'attenzione di chi agisce, a evitare il comportamento punito dalla norma, che prevede il reato colposo.

Disc.- E' vero, ma non capisco perché il legislatore , così come adotta questa tecnica, diciamo così, per stimolare l'agente a evitare i delitti colposi, anche non l'adotta per stimolare ad evitare i delitti dolosi e le contravvenzioni.

Doc.- Per quel che riguarda le contravvenzioni, ti sbagli : anche se la lettera dell'articolo 47 si riferisce solo ai delitti, tale articolo va interpretato come se suonasse “ la punibilità non é esclusa

quando il fatto é preveduto dalla legge come delitto colposo oppure contravvenzione” : e in effetti é giusta la tua osservazione : non c'é ragione perché il legislatore pungoli, con la minaccia di una

Page 90: Diritto Penale Ragionato Completo

sanzione, ad evitare un delitto e non una contravvenzione.Per quel che riguarda i delitti puniti a titolo di dolo , effettivamente il legislatore non punisce l'error facti che cada su di essi a titolo di colpa; questo fa per vari motivi, di cui il più evidente é che, punire nel caso l'error facti a titolo di colpa, finirebbe per trasformare, in delitto punibile anche a titolo di colpa, quel delitto che il legislatore vuole punito solo a titolo di dolo.

Disc.- Ma il legislatore avrebbe potuto punire l'error facti, che cade su un delitto doloso, con le stesse pene previste per tale delitto (doloso ).

Doc. Non l'ha fatto perché evidentemente ha ritenuto assurdo punire il comportamento colposo che dà luogo all'error facti con le pene previste per un reato doloso. Ciò va sottolineato perché, invece, tale assurdità, evitata dal legislatore nell'error facti, si verifica, come vedremo, nell'error iuris.

Disc.- Parliamo allora dell'errore di diritto.

Doc. Esso trova la sua disciplina, sia nell'articolo 5, sia nel terzo comma dell'articolo 47.L'articolo 5 recita : “ Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale”.Ed ecco quel che ci dice l'articolo 47 : “ L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato”.

Disc.- Parliamo prima dell'articolo 5.

Doc.- Allora per prima cosa va detto che tale articolo ha subito un'importante “correzione” da parte della Corte Costituzionale. Questa infatti, con la Sentenza 24.03.1988 n. 364, lo ha dichiarato costituzionalmente illegittimo “ nella parte in cui non esclude dalla inescusabilità della ignoranza penale l'ignoranza inevitabile”.

Disc.- Quindi non porterebbe all'esclusione della pena l'ignoranza evitabile – evitabile ovviamente con la diligenza ( ovviamente la diligenza nel tenersi informati sui precetti penali dati dal legislatore) . Sì, ma evitabile con quale grado di diligenza ? la diligenza del “buon padre di famiglia” , la diligenza del “buon professionista” (….) ?

Doc. A dir il vero la Corte di Cassazione non manca di dare chiarimenti in materia. (1). Però non é questo il punto . Il punto é che Fulano, il quale, non informandosi dovutamente sull'esistenza di una norma ( comportamento A ), tale norma viola ( tenendo la condotta B ), non viene e non può venire punito per la condotta B ( dato che egli, appunto perché ha agito ignorando la norma, non può neanche dirsi insensibile alla minaccia in questa contenuta ), ma per il comportamento A ( suo mancato attivarsi per la conoscenza della norma).

Disc. Va bene, ma dove sta il problema? Causa causae est causa causati : non vedo nessuna anomalia nel fatto che Fulano sia punito.

Doc. E invece l'anomalia c'é ; e sta nel fatto che Fulano viene punito per un fatto colposo ( il comportamento A : il suo non attivarsi per avere informazioni ecc) con le stesse pene previste per la condotta B ( punita a titolo di dolo quindi con pene più severe di quelle riservate a una condotta colposa ).

Disc.- Ma questa anomalia é causa di gravi ingiustizie nell'applicazione pratica del diritto ?

Doc.- Questo non mi sentirei di affermarlo. Infatti il problema della scusabilità dell'errore di diritto

Page 91: Diritto Penale Ragionato Completo

si pone per quei fatti, la cui illiceità non può essere ravvisata dal cittadino, se non in base alla conoscenza del dictum del legislatore ( c.d. “reati di mera creazione legislativa” ), fatti che configurano di solito delle contravvenzioni, come tali punibili sia a titolo di colpa che di dolo, mentre non si pone per quei fatti, la cui illiceità viene avvertita dal cittadino , indipendentemente dalla conoscenza del testo normativo che li contempla, in base semplicemente a un sano sentire morale e sociale ( c.d. “delitti naturali” : omicidio, danneggiamento, ingiurie....) - fatti che configurano, questi sì, spesso dei delitti punibili solo a titolo di dolo. Per questo secondo tipo di reati ( delitti naturali ) il problema di una scusabilità dell'ignoranza della legge non si pone mai, perché , sia pure per una fictio iuris, la conoscenza della legge si presume sempre.

Disc. Sì, ma una rigorosa applicazione del principio di materialità, vorrebbe che, alla punizione di chi ha commesso un illecito, si procedesse solo quando chi ha agito, ha agito, non solo sapendo che il fatto era illecito, ma anche conoscendo il quantum di pena minacciata.

Doc.- Non ti posso dar torto : diciamo allora che l'inescusabilità dell'ignoranza delle norme che prevedono i c.d. delitti naturali, si basa sulla presunzione che il cittadino conosca la norma e in particolare la minaccia legislativa in essa contenuta : tale conoscenza ( della minaccia legislativa ) é chiaramente una fictio iuris , ma una fictio iuris che l'Ordinamento non può non accettare, se non vuole rinunciare a imporre le sue norme di condotta ai cittadini. ( 2 )

Disc. Ma se é così non perdiamo altro tempo nell'impossibile tentativo di armonizzare l'articolo 5 con il c.d principio di materialità e passiamo a parlare del terzo comma dell'articolo 47, che, ricordo, recita: “ L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato”.Prima domanda, che ti voglio fare a proposito di questa disposizione : essa si riferisce – come sembrerebbe suggerire la sua lettera – solo al caso in cui l'illecito sia commesso per un'errata interpretazione della “ legge diversa” ( da quella penale ) o si riferisce anche al caso in cui l'illecito sia commesso tout court per ignoranza dell'esistenza della “legge diversa” ?

Doc.- E' pacifico che si riferisce anche a questo secondo caso ( idest, caso dell'ignoranza dell'esistenza della legge ).

Disc. E veniamo alla domanda cruciale : quando non può dirsi che l'errore, l'ignoranza della “legge diversa” ( da quella penale ), abbia “cagionato un errore sul fatto che costituisce reato” ?

Doc.- Quando tale errore si risolve si risolve in un errore sull'antisocialità dell'azione o, meglio, sulla valutazione che il legislatore dà sull'antisocialità dell'azione : il legislatore ritiene antisociale l'azione A e Fulano , invece, pensa che come tale non la ritenga.

Disc. E' meglio che tu ti spieghi con qualche esempio.

Doc.- Primo esempio (di errore che esclude la punibilità) : Fulano I sottrae l'oggetto A ( un brillante ) a Sempronio perché, interpretando male 932 C.C. , ritiene che il tesoro appartenga totalmente al ritrovatore ( e non per metà anche al proprietario del fondo ). In tal caso Fulano I non sottrae il brillante perché fa il ragionamento ( errato ) “ Io posso sottrarre il brillante perché il legislatore non ritiene antisociale che una persona sottragga al comproprietario la cosa comune”. Fulano I ben sa che, tutto al contrario, il legislatore valuta come antisociale tale azione e, per Bacco, egli, tale valutazione del legislatore in pieno condivide : egli sottrae il brillante solo perchè, errando sull'interpretazione della legge, lo ritiene di sua proprietà esclusiva.

Secondo esempio ( questa volta di errore che non esclude la punibilità ) : Fulano II, un pasticciere,

Page 92: Diritto Penale Ragionato Completo

mette nella pasta, che sta lavorando per far dei dolciumi, la polvere A, di cui la norma B vieta l'utilizzo, in quanto dal legisaltore ritenuta dannosa alla salute. Fulano II fa ciò in buona fede, sicuro di non violare la legge, ma dando di questa un'interpretazione ( errata) in quanto attribuisce ad essa una valutazione, dell'antisocialità dell'azione, diversa da quella che essa fa effettivamente. Tutto questo in base a un ragionamento, che potrebbe essere così immaginato : “ Il legislatore non vieta l'utilizzo della polvere A, perché, posto su un piatto della bilancia, il poco danno che essa provoca, e, sull'altro, il grave danno che subirebbe l'industria pasticciera se non la si potesse usare, ha ritenuto di privilegiare l'interesse dell'industria pasticciera”. Quindi, mentre il legislatore ritiene antisociale che l'interesse dell'industria passi prima dell'interesse della salute dei cittadini , Fulano, gli attribuisce una valutazione ( dell'antisocialità ) del tutto diversa e, questo é il punto, presumibilmente rispecchiante la propria valutazione dell'antisocialità – cosa per cui, l'errata interpretazione della legge, che fa Fulano, diventa anche indice di una divergenza, tra la valutazione dell'antisocialità dell'azione che fa lui, e quella che fa il legislatore.

Disc. Si, capisco, ma, distinguere tra un caso e l'altro ( tra il caso in cui l'errore di diritto implica, una valutazione dell'antisocialità, diversa da quella effettivamente data dal legislatore, e il caso contrario) mi sembra che non sia sempre facile.

Doc. Questo é vero, ma può facilitarti tale distinzione , il seguente criterio, che ti propongo: quando sei in dubbio se l'errore sulla legge scagioni, o no, chi l'ha violata, poniti il quesito : “ Con la sua azione , chi ha commesso l'illecito, ha dimostrato, o no, di dare dell'antisocialità del fatto, una valutazione diversa da quella data dal legislatore?”. Se la risposta é, sì, l'errore non esclude la punibilità del fatto, se la risposta é invece, no ( “no, l'agente non ha per nulla dimostrato di non condividere la valutazione dell'antisocialità operata dal legislatore” ) la punibilità del fatto va esclusa. ( 3 )

Disc. Mi pare di aver capito: voltiamo pagina.

Note

( 1 ) E così la Corte ha insegnato:- che scusa l'ignoranza della legge di chi si é uniformato a un pacifico orientamento giurisprudenziale, poi dichiarato erroneo oppure ad assicurazioni erronee di persone istituzionalmente delegate a giudicare sulla liceità del fatto posto in essere; mentre non scusa l'ignoranza di chi si é uniformato , sì, a precedenti giurispudenziali, però contrastati ( Cass. 24 – 06 – 2004 n. 28397 );- che l'aver attinto agli ordinari mezzi di informazione può scusare il cittadino comune, ma non chi esercita professionalmente in un dato campo, il quale ha il dovere di informarsi sulla legislazione che lo disciplina con una superiore diligenza ( Cass. 14 – 5 – 2004 n. 22813 ; Cass. 09.06.2004 n. 25912 ).

( 2 ) Le teorie sulla artio dell'art. 5 si possono sostanzialmenet classificare in tre gruppi.Primo gruppo :L'articolo 5 si giustifica con il timore di addossare, altrimenti, alla P.A. la probatio (diabolica) di provare la conoscenza della legge che l'imputato aveva. In tale ordine di idee il Petrocelli ( “La colpevolezza”, Padova,1962,120 ss ) attribuisce all'art. 5 la funzione “ di non soffocare il giudizio penale con la neecssità di provare uno stato della conoscenza che si può, in genere, intuire e sentire come peresnte, ma che sarebbe estremamente difficile portare in ogni caso alla luce di una stretta ed es'plicita dimostrazione”.Secondo gruppo : L'articolo 5 si giustifica con il fatto che non occorre conoscere al legge, per

astenersi dal commettere il fatto- reato, a ciò bastando una sana sensibilità morale. Tale etsi é fatta propria da molti seguaci della c.d. “etica della responsabilità”. Ecco come si esprime uno di loro,

Page 93: Diritto Penale Ragionato Completo

l'Engish ( Der Unrechtstatbestand im Strafrecht. Undert jahre deutsches Rechtleben, 1960, p. 422 ss) : “ Chi coscientemente e volontariamente uccide un uomo, ferisce, ingiuria, sottrae cose altrui (…) costui sa di fare cosa riprovevole (...) Anche se l'agente non ha sempre davanti agli occhi il divieto legale, si rende almeno conto del contenuto biasimevole, socialmente dannoso, del suo comportamento (...)Il che vale non solo per le azioni (…) la cui dannosità e pericolosità si tocca con mano (….) ma anche per quelle che in sé sono moralmente neutrali (….) che però appartengono ad un ambito di vita, per il quale l'uomo medio sa che vigono prescrizioni giuridiche delle quali ci si deve informare”.Terzo gruppo : E' opportuno che l'ignoranza non scusi, in quanto, se il cittadino sa che non potrà farsi scudo della sua ignoranza della legge per sfuggire alla pena, dalla paura di questa sarà mosso ad informarsi sulla esistenza delle leggi e sul loro esatto contenuto. In tale ordine di idee il Frosali ( “Sistema penale italiano”, UTET, 1958, vol. I, p. 139 ) asserisce che “ tale dovere ( di conoscere la legge ) é un mezzo predisposto dallo Stato per raggiungere un fine : spronare i singoli a far quanto occorre per conoscere le leggi penali”.

(3) Lo studioso comprenderà meglio il discorso che stiamo facendo a proposito della imputabilità leggendo quanto diciamo nella lezione seguente a proposito del dolo.

Page 94: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione XII : Colpa. Nesso di causalità. Dolo (N.B. Le note sono in calce alla lezione )

Doc.- Abbiamo visto le condizioni a cui é subordinata l'efficacia della minaccia legislativa. Però non é che il legislatore...si diverte a minacciare : egli minaccia per ottenere dei risultati, per evitare ( o per costringere a ) dati comportamenti .

Disc. Comportamenti che egli ritiene lesivi o potenzialmente lesivi di interessi da lui ritenuti meritevoli di tutela.

Doc. Certo. Però, ecco il punto, non vale il contrario : cioé il legislatore non minaccia per vietare tutti ( nessuno escluso de ) i comportamenti che potenzialmente sarebbero lesivi di un interesse ( da lui ritenuto meritevole di tutela ). E proprio da qui nasce il problema della punibilità dei fatti colposi.

Disc. Incomincia a spiegarmi quali sono questi “fatti colposi”

Doc.- Te lo spiegherò con le parole usate dal legislatore ( nell'articolo 43 ) per definire il delitto colposo ( anche se, come ti risulterà da quanto da me detto nella precedente lezione parlando della negligenza , dell'imprudenza e dell'imperizia , non le condivido totalmente ). Ecco dunque come il legislatore definisce il delitto colposo: “(il delitto ) é colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento , anche se preveduto, non é voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.

Disc.- Ora so cosa debbo intendere per fatto colposo. Devi però spiegarmi meglio in che consiste il “problema della punibilità dei fatti colposi”.

Doc.- Consiste in questo : mentre, lo abbiamo visto in una delle primissime lezioni, il legislatore é tenuto a indicare con la massima precisione il comportamento da lui vietato, dato che il cittadino ha diritto di sapere con la massima precisione quel che può fare e quello che non può fare, nei reati colposi il legislatore da ciò ( forzatamente ) é costretto ad esimersi : egli punisce Fulano perché tenendo il comportamento A ha leso o ucciso una persona, ma Fulano in nessuna norma di nessuna legge poteva trovare scritto che “il comportamento A é vietato”. L'unica indicazione data dalla legge a Fulano ( prima che avvenisse il fattaccio ) era : “ Se tu, Fulano, terrai un comportamento che é prevedibile causi la morte o la lesione di un uomo, sarai punito”. E tutto bene, se non fosse che, da una parte, prevedibilità in fondo significa calcolo della probabilità che da un comportamento segua una dato evento, e, dall'altra, che tale probabilità ( del verificarsi di un evento ) ha diverse gradazioni a seconda dei diversi comportamenti : il comportamento A rende probabile al 10 per cento la morte di un uomo, il comportamento B, la rende probabile al 20 per cento, il comportamento C, al 30 per cento ; cosa per cui il povero Fulano, ( ammesso e non concesso che abbia avuto in dono dal buon Dio tanta intelligenza da sapere che,

Page 95: Diritto Penale Ragionato Completo

il comportamento A ha 10 probabilità, il comportamento B ha 20 probabilità ecc.ecc.) non può sapere, prima di agire, se egli può tenere il comportamento C ( che ha trenta probabilità di causare l'evento ) o solo il comportamento A ( che ha 10 probabilità di causare l'evento ).

Disc.- E per i giudici allora sarà la stessa cosa : essi non sapranno se debbono punire il comportamento C o solo il comportamento A. Quindi, per un imputato di reato colposo, fare un processo sarà...come giocare al lotto : non ha che da augurarsi che dal cappello della Giustizia gli venga estratta la sentenza giusta. Quello che tu mi segnali é davvero un grosso inconveniente, meglio, una grossa ingiustizia.

Doc.- Ingiustizia che, almeno in parte, si attenuerebbe se si ricollegasse la pena al semplice verificarsi dell'evento : tu, Fulano, hai tenuto il comportamento D da cui é derivata la morte di una persona ? Solo per questo vai punito : poco importa che il tenere tale comportamento comportasse 10 o centomila probabilità della morte di quella persona.

Disc.- Però mi sembrerebbe eccessivo punire Fulano per un comportamento che aveva solo una probabilità su centomila di causare l'evento.

Doc. Ti ripeto un discorso, che nella lezione precedente già ti ho fatto : ciò ti ti sembra eccessivo perché tu poni mente all'applicazione della pena e non alla minaccia della pena : minacciare Fulano di applicargli con una probabilità su centomila la pena se terrà il comportamento A, é perfettamente congruo al fatto che vi é una probabilità su centomila, che dal comportamento A derivi la morte di un uomo . Tu non devi dimenticare che la severità della minaccia legislativa dipende, sì, dal quantum di pena minacciato, ma anche dalle probabilità che la pena minacciata sia effettivamente applicata.

Disc. Capisco ; però tale soluzione legislativa é adottabile ?

Doc. E' adottabile, e dovrebbe secondo me essere adottata, in relazione a quelle attività che non rivestono un'utilità sociale; pensa ad esempio ai fuochi artificiali, che si fanno nell'occasione di certe festività. Non é invece applicabile nelle attività socialmente utili ; pensa, all'attività edilizia, all'attività medico-chirurgica, all'attività dei trasporti (….). In relazione a tali attività é necessario ammettere un margine di “rischio consentito”; altrimenti si correrebbe il pericolo che nessuno voglia più esercitarle : nessuno farebbe più il chirurgo se sapesse che, solo che il paziente morisse sotto i ferri, egli....verrebbe condannato.

Disc. Quindi per le attività in cui il legislatore accetta il rischio dell'evento dannoso, cioé accetta di non punire ogni e qualsiasi comportamento, che abbia leso l'interesse da lui protetto, si pone l'inconveniente da te prima segnalato.

Doc. Inconveniente che il legislatore però cerca di attenuare, indicando in leggi ad

Page 96: Diritto Penale Ragionato Completo

hoc quei comportamenti che vanno evitati in quanto fonte inaccettabile di rischio di un evento dannoso. Pensa a certe norme del codice della strada ( a quella ad esempio che impone una distanza di sicurezza nella marcia di un veicolo dietro l'altro), pensa a certe norme contenute nella legge per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ( a quella ad esempio che impone all'imprenditore di fornire un casco protettivo ai suoi operai ).

Disc.- Ma chi ottempera a tali norme é sicuro di non essere punito se, nonostante l'adozione delle cautele imposte dal legislatore, l'evento si verifica ?

Doc.- Questo lo escluderei. Però io riterrei che, nei casi almeno in cui la legge é molto dettagliata nell'esposizione e imposizione delle cautele necessarie per evitare l'evento dannoso, la pubblica accusa abbia l'onere di indicare la cautela che l'imputato avrebbe dovuto adottare ai fini di evitare l'incidente - la cautela ben s'intende che un homo eiusdem professionis et condicionis avrebbe adottato.

Disc. L'indeterminatezza del comportamento vietato, certamente può essere fonte di gravi ingiustizie nella materia che stiamo trattando, la materia dei delitti colposi; però vi é un'altra ingiustizia, che mi sembra debba essere segnalata ed é questa: Fulano fa un sorpasso in curva, avviene l'incidente, ci scappa il morto : egli viene punito con le gravi pene previste per l'omicidio colposo; Fulano II fa anche lui un sorpasso in curva, gli va liscia, nessun incidente cioè si verifica : viene punito solo per un reato contravvenzionale : non é ingiusto ciò ?

Doc. Certamente é ingiusto, ma é questa un'ingiustizia che, se mi permetti il gioco di parole, ha la sua giustificazione.

Disc.- Qual'é mai tale giustificazione?

Doc.- La giustificazione é che lo Stato non potrebbe punire, tutti quelli che fanno un sorpasso in curva, col carcere senza aumentare in maniera abnorme le spese destinate agli istituti di pena ( al fine di renderli in grado di ospitare....tanti condannati ) e, soprattutto, senza mettere in crisi l'apparato produttivo : in sintesi : un uomo in carcere costa e non produce. Di conseguenza lo Stato é costretto a operare una selezione , che però non vulneri l'efficacia intimidatoria della minaccia legislativa. Ed egli ottiene ciò punendo col carcere solo coloro, la cui condotta colposa é legata da un nesso causale alla lesione dell'interesse tutelato ; e punendo, quelli che invece hanno posto solo in pericolo tale interesse, con pene più lievi.

Disc.- Ma se lo scopo é quello di operare una “selezione dei colpevoli”, perché operarla col criterio del nesso di causalità tra comportamento colposo e lesione dell'interesse; e non con il criterio, metti, dell'estrazione a sorte : saranno puniti tra i colpevoli solo quelli la cui lettera iniziale del cognome sarà stata estratta a sorte ?

Doc.- Per vari motivi, il più importante e risolutivo dei quali é che il criterio del nesso

Page 97: Diritto Penale Ragionato Completo

di causalità permette di dare soddisfazione alle istanze punitive delle parti lese : se per individuare tra gli autori di un comportamento colposo ( da punire gravemente ed esemplarmente con le pene più gravi – per intenderci, le pene previste attualmente per l'omicidio colposo e le lesioni colpose ), si adottasse il criterio dell'estrazione a sorte, nulla escluderebbe che restasse impunito proprio quel comportamento , contro cui si indirizzano le ire dei danneggiati ; che invece resterebbero placate, adottando il criterio di punire proprio chi ha causato il danno.( 1)

Disc. Tu parli di “ comportamento legato da nesso di causalità all'evento”, ma non chiarisci quando un comportamento può considerarsi causa di un evento..

Doc.- Lo chiarisco subito : un comportamento può considerarsi causa dell'evento quando, se fosse mancato, neanche l'evento si sarebbe verificato .Debbo però avvertirti che le mie parole rispecchiano solo quella che é la concezione prevalente del nesso di causalità ( concezione detta della conditio sine qua non ) ( 2 ); non mancano però altre concezioni.

Disc. Dimmi le due, secondo te, più seguite.

Doc.- Esse sono quella c.d. “della causalità adeguata”, che si deve al Von Kries e quella della “causalità umana”, che si deve all'Antolisei.Secondo la concezione del Von Kries ( “causalità adeguata” ) , a che “ per il diritto esista un rapporto di causalità occorre che l'uomo abbia determinato l'evento con un'azione proporzionata, adeguata”, vale a dire con “un'azione che é in generale idonea a determinare l'effetto” ( le parole tra virgolette sono dell'Antolisei) (3). Secondo la concezione dell'Antolisei ( “causalità umana” ), per l'esistenza del rapporto di causalità nel senso del diritto, occorrono due elementi: uno positivo e uno negativo. Il positivo. é che l'uomo con la sua azione abbia posto in essere una condizione dell'evento (….). Il negativo é che il risultato non sia dovuto al concorso di fattori eccezionali” .( 4)

Disc.- Perchè tu non ritieni di aderire a queste concezioni ?

Doc.- Perché esse si traducono, con tutto il rispetto per gli illustri Studiosi che le hanno elaborate, in una vera e propria “truffa delle etichette”. Questi Studiosi ritengono che, il subordinare la punizione di una persona solo all'esistenza del nesso di causalità ( nella concezione da noi accolta ), porti a conseguenze inique : che, insomma, occorra per la punizione, oltre al nesso di causalità ( nella concezione da noi accolta ), un quid pluris. Nel che nulla di male : ognuno ha diritto alle sue opinioni e nulla vieta di sostenere che “requisiti a che il reato sussista sono : I) il dolo o la colpa ; 2) il rapporto di causalità; 3)il rapporto di adeguatezza ( oppure, il rapporto di causalità umana”) . Quel che invece é inammissibile, perché finisce per creare solo confusione, é introdurre surrettiziamente quel quid pluris, che secondo tali Studiosi dovrebbe esistere per la punibilità di un fatto, mettendogli l'etichetta (falsa)

Page 98: Diritto Penale Ragionato Completo

di nesso di causalità.(5)

Disc. Ma lasciamo perdere la faccenda delle etichette: veniamo alla sostanza : vi sono casi in cui l'esistenza di un nesso di causalità ( inteso nella accezione da te accolta- teoria della conditio sine qua non ) si rivela, sì, condizione necessaria, ma non sufficiente per la punibilità dell'agente ?

Doc. Ti rispondo : ci potrebbero essere dei casi in cui una disposizione legislativa, che subordina la punizione all'esistenza del solo rapporto di causalità , dovrebbe interpretarsi restrittivamente, nel senso cioè che, per la punizione, non basti il nesso di causalità, ma occorra la prevedibilità dell'evento da parte dell'agente.

Disc.- Fai un esempio.

Doc.- Fulano dà uno schiaffo a Sempronio; uno schiaffo leggero, ma che provoca la morte dello schiaffeggiato perché emofiliaco. Chiaramente la fattispecie rientra nella previsione dell'articolo 584 ( omicidio preterintenzionale ) , che prevede nel minimo una pena di dieci anni ; ma chiaramente una tale pena, ai fini dell'emenda di una persona che si é limitata a dare uno schiaffo, potrebbe sembrare eccessiva. Ripeto, potrebbe e non potrebbe : é una questione di politica legislativa per il legislatore e di interpretazione della legge per il giurista. Quel che occorre avere chiaro é che, se la si ritiene eccessiva , tale la si ritiene in considerazione della personalità dell'agente : questi non poteva prevedere, ergo é eccessivo ecc.ecc. Ciò é tanto vero che, se l'agente avesse saputo della malattia dello schiaffeggiato e addirittura avesse fatto conto su tale malattia per determinarne la morte con un semplice schiaffo, nessuno troverebbe iniquo punirlo con dieci anni di galera ( e più ! ). Dico questo perché, invece, i sostenitori della concezione della “causalità adeguata” e della “causalità umana”, sostengono che il criterio da loro offerto per stabilire la punibilità o no, prescinde dall'elemento soggettivo del reato, prescinde dalla personalità del reo : ha carattere “oggettivo”.

Disc. Bada che queste diatribe tra studiosi o pseudo studiosi del diritto non interessano minimamente i tuoi lettori : sii pratico, dì piuttosto se vi sono altri casi, oltre a quello da te fatto, in cui potrebbe rivelarsi l'insufficienza ( per la punibilità ) del nesso di causalità.

Doc. Io non ne conosco ; ma non li escludo. Escludo invece che, negli altri casi portati dai teorici della causalità adeguata e della “causalità umana”, la presenza del nesso di causalità ( oltre a quella dell'elemento soggettivo) non sia sufficiente a giustificare la punibilità.

Disc.- Porta degli esempi.

Doc. Te ne porto due: primo, un automobilista ( disattento) investe un pedone, che

Page 99: Diritto Penale Ragionato Completo

viene portato all'ospedale ; questo viene bombardato e il pedone muore. Si dice : “Ingiusto punire l'automobilista per omicidio colposo : sì, egli ha tenuto un comportamento colposo , sì andava a 60 Km all'ora, ma il pedone dall'investimento aveva riportate solo lievi ferite : che ne può egli, l'automobilista, se un aereo ha sganciato una bomba proprio sull'ospedale ?”.Tale modo di ragionare ha una forte carica suggestiva, però dimentica di considerare che il nesso di causalità é un mero strumento di selezione dei colpevoli : uno strumento ottuso, che di per sé, come prima accennato, potrebbe benissimo essere sostituito da un sorteggio. Tanto é ingiusto punire l'automobilista per la bomba caduta sull'ospedale, quanto é ingiusto punire l'automobilista che, andando a solo 60 Km all'ora ha investito un pedone, mentre non viene punto altro automobilista, che pur andando a 100 Km all'ora, ha avuta la fortuna di non vedersi attraversare la strada da un pedone. Secondo caso : sempre un automobilista che mette sotto un pedone; questo però muore , non per una bomba caduta sull'ospedale ma perchè un chirurgo macellaio lo manda al creatore. (6)

Disc. A questo punto é inutile che tu ripeta la tiritera sul nesso di causalità come strumento ottuso di selezione dei colpevoli : l'abbiamo capita. E' ora di passare ad un altro argomento : parliamo del dolo.Concetto che mi pare davvero importante, dato che, per il secondo comma dell'art.43, “ nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge”.

Doc. Già che ci sei , leggi anche il primo comma dell'articolo 43, che dovrebbe dare, nell'intenzione del legislatore, la definizione del dolo.

Disc.- Primo comma dell'articolo 43 : “Il delitto é doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che é il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto é dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.Ho letto, come tu hai detto; ma a me la definizione data dal legislatore sembra chiarissima, al contrario di quanto sembri credere tu.

Doc.- In realtà tanto chiara non lo é . Del resto dal legislatore non ci si potrebbe aspettare una chiarezza maggiore di quella raggiunta dalla Dottrina, dato che il legislatore si basa per definire i concetti fondamentali del diritto sui risultati, dalla Dottrina, raggiunti. ; e questa ha sull'argomento le idee tutt'altro che chiare. Tutto questo per dirti che, la definizione data dal legislatore del dolo, abbiamo fatto bene a leggerla, ma in realtà non ci sarà di molto aiuto per capire quando ci si trova davanti ad un'azione dolosa.Tanto premesso, comincerò il mio discorso sul dolo , riservandomi di finirlo, data l'ora tarda, nella prossima lezione. Orbene un punto di partenza abbastanza chiaro l'abbiamo ed é questo : l'azione dolosa viene punita più gravemente di quella colposa

Page 100: Diritto Penale Ragionato Completo

ed addirittura in certi casi essa viene punita mentre non lo viene quella colposa.

Disc. Perché mai questo ?.

Doc. A dire o a tentare di dire questo “perchè” ci arriveremo ; ma per giungere a tanto dobbiamo partire da lontano. E più precisamente dobbiamo partire da un legislatore che, come é logico che sia, vuole assicurarsi al massimo che tutti i suoi precetti vengano osservati. Che cosa dovrebbe fare secondo te questo legislatore ?

Disc.- Dovrebbe stabilire nel massimo il quantum di pena minacciato a chi non osservasse tali precetti.

Doc.- Cosa che invece non fa ; evidentemente, dato che basta sfogliare il codice per accorgersi che i reati sono puniti con pene di severità diversa.

Disc.- E perché non la fa ?

Doc.- Per due buoni motivi.Primo motivo : perché se parificasse tutte le pene ( idest, tutti i reati soffrissero tutti la stessa pena ) finirebbe per spingere il potenziale reo a commettere, per raggiungere i suoi fini, il reato che gli assicura maggiori vantaggi e maggiori possibilità di impunità, anche se questo reato é, per la società, il più dannoso : Fulano, se furto e omicidio fossero puniti con eguale pena ( l'ergastolo! ), ucciderebbe il derubato perché ciò in definitiva gli assicurerebbe maggiori possibilità di farla franca.Secondo motivo ( il più importante per il discorso che stiamo conducendo ): comminare pene troppo elevate per un fatto, finisce per generare nel pubblico un sentimento di compassione per il punito, che contrasta e annulla l'odio nato verso di lui per la azione ( antisociale ) da lui compiuta.

Disc. Spiegati meglio.

Doc. Cercherò di farlo. Devi partire dalla considerazione che ogni reato crea allarme sociale : sei d'accordo?

Disc. Certo, é così.

Doc.- Ora da che cosa nasce l'allarme sociale ?

Disc.- Dalla paura : dalla paura che ha la gente che il fatto dannoso si ripeta : che Fulano, o altra persona antisociale come lui, ci ritenti : Fulano ha commesso un furto, e la gente ha paura che in un domani Fulano ( o un altro come lui ) ripeta un furto o, comunque, commetta un'altra violazione di legge ( forse che egli commettendo il furto non ha dimostrato di non tenere in cale i valori da questa tutelati ? chi commette un furto oggi, può, domani, compiere una rapina, un falso, un'estorsione ! ).

Page 101: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. Ottimo, proprio così : l'allarme é paura di un ripetersi di nuove violazioni di legge. E, quando si ha paura, anche si odia : si odia chi ci fa paura. Quindi il reato genera odio. E la pena, la sofferenza che si procura ad un essere umano, che cosa genera ?

Dic.- Ovvio, genera compassione. Noi ci mettiamo nei panni della persona punita e per simpatia sentiamo come nostra la sua sofferenza.

Doc. E con ciò possiamo giungere a una prima conclusione : nella quantificazione della pena si combattono due sentimenti : l'odio verso il reo per l'azione antisociale da lui commessa e la compassione per la pena che, in conseguenza di tale azione, dovrà subire. Ed é evidente che, il quantum di pena inflitta, sarà direttamente proporzionale all'odio e inversamente proporzionale alla compassione.

Disc.- Non posso non convenire con te. Ma ora devi meglio spiegarmi che cosa genera l'odio : ciò che lo fa aumentare rendendo più severa la pena, ciò che lo fa diminuire rendendo , la pena, meno severa.

Doc. Ciò che genera l'odio é il disprezzo, dimostrato dal reo, nei valori tutelati dalla legge : il reo é odiato perché con la sua azione dimostra di non condividere tali valori e quindi dimostra di essere capace di offenderli. Questo spiega perché venga punito anche chi con la sua azione non si può dire propriamente che leda precisi interessi dei consociati : Fulano che si limita a gridare nella pubblica piazza “Viva l'ismo A” viene punito in quanto e solo in quanto l'ismo A si basa su dei valori diversi dall'ismo B, a cui aderisce il legislatore. (7)

Disc. Con ciò mi hai spiegato perché l'articolo 624 punisce il furto semplice col massimo di soli tre anni e l'articolo 609bis punisce la violenza sessuale col massimo di dieci anni; però non mi hai spiegato perché un'azione, che offende uno stesso valore, metti la vita umana, viene punita, nell'articolo 575 ( articolo la cui rubrica é “Omicidio”), con il massimo di ventuno anni e, nell'articolo 589 ( articolo la cui rubrica é “Omicidio colposo” ), col massimo di cinque anni.

Doc.- Perché l'azione , nel caso previsto dall'articolo 575, rivela un più intenso disprezzo del valore tutelato, cioé della vita umana, che nel caso previsto dall'articolo 589.

Disc. Quindi il disprezzo verso il bene tutelato da una norma può avere varie gradazioni. Spiegati meglio sul punto.

Doc. Mi spiegherò meglio facendo un esempio proprio in relazione a un delitto di omicidio.Metti che Fulano con la sua azione determini la morte di una persona . Per stabilire, il maggiore o minore disprezzo che albergava in Fulano al momento di compiere la sua

Page 102: Diritto Penale Ragionato Completo

azione omicida, bisogna naturalmente investigare sui sentimenti che in lui albergavano in tale momento. Ora sul punto si possono fare queste ( principali ) ipotesi – ipotesi che io passo ad elencarti in senso inversamente proporzionale al disprezzo che rivelano per il bene tutelato.Ipotesi A : Fulano prevede che dal suo comportamento potrebbe derivare la morte di una persona; ma se fosse sicuro che questa si verificherebbe, si asterrebbe dall'azione : Fulano fa un sorpasso in curva, ma non lo farebbe se sapesse che ciò determinerebbe la morte di Sempronio. Naturalmente l'ipotesi in esame tollera delle sotto-ipotesi ; ad esempio, sottoipotesi IA : Fulano compie l'azione prevedendo ,sì, l'incidente, ma ritenendolo poco probabile; sottoipotesi IIA : Fulano compie l'azione pur ritenendo l'incidente molto probabile.Ipotesi B : Fulano prevede che dal suo comportamento potrebbe derivare la morte di Sempronio, ma, da tale comportamento, non si asterrebbe anche se fosse sicuro che da esso la morte di questi deriverebbe. E' il caso del terrorista che mette l'esplosivo sotto la sede del partito avversario, ben deciso a metterlo anche se, essendovi delle persone dentro, ciò ne determinerebbe la morte. Anche questa ipotesi tollera delle sottoipotesi. Ad esempio : sottoipotesi IB : il terrorista mette l'esplosivo, sperando che nella sede non vi sia nessuno. Sottoipotesi IIB : il terrorista mette l'esplosivo, indifferente al fatto che ciò possa determinare la morte di qualcuno.Ipotesi C : Fulano agisce proprio al fine che la morte della persona si verifichi. Pure qui si possono fare delle sottoipotesi : sottoipotesi IC : Fulano vuole la morte di Sempronio, non di per sé , ma solo in quanto questa é necessaria per raggiungere un'ulteriore scopo ( che potrebbe anche essere lecito : Fulano uccide il guardiano della cassaforte, al fine di riprendersi l'anello di diamanti che precedentemente gli é stato fraudolentemente carpito); sottoipotesi IIIC : Fulano vuole la morte di Sempronio in sé e per sé : egli ucccide Sempronio perché la sua morte soddisfa l'odio che egli cova contro di lui.

Disc.- Va bene. Ho capito il discorso. Ma quali delle ipotesi rientrerebbero nella previsione dell'articolo 575 e ,quali, nella previsione dell'articolo 589?

Doc. Questo non me lo chiedere : é un problema di interpretazione della volontà legislativa che io a quest'ora non mi sento di affrontare.

Disc. Un problema di interpretazione della volontà legislativa ?

Doc.- Certo che sì. Un legislatore, il nostro legislatore potrebbe, ad esempio, decidere di punire nell'ipotesi B Fulano con le pene dell'articolo 575 così come potrebbe decidere di punirlo con le pene dell'articolo 589. Nel primo caso noi tradurremmo la volontà legislativa dicendo che, il comportamento descritto sub B, é doloso e, nel secondo caso, dicendo che é colposo. (8)

Page 103: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc. Ma diremmo ciò in base all'interpretazione degli articoli 575 e 589 o in base

all'interpretazione dell'articolo 43?

Doc. In teoria quello che dovrebbe essere interpretato sarebbe l'articolo 43, ma come si fa a parlare di interpretazione di una volontà legislativa espressa nell'articolo 43 quando tale volontà legislativa, come quella espressa nell'articolo 43, già in poartenza si sa che non é chiara perché necessariamente deve basarsi sui risultati della Dotrrina che non sono per nulla chiari ?! Io potrei dire che il disprezzo per il valore della vita, che si manifesta nella ipotesi B, é più vicino al disprezzo della vita, che si manifesta nell'ipotesi C che in quello che si manifesta nell'ipotesi A ( 9 ) ; ma oltre non potrei andare .

Disc. Ho capito, sei stanco e vuoi andare a mangiare.

Note(1) Il Trimarchi ( “Causalità.....p.199 ) ritiene che “In un Ordinamento giuridico nel quale il reato consumato viene punito più rigorosamente del semplice tentativo, l'evento viene posto a carico dell'agente per il maggior allarme che esso suscita”Noi riteniamo questa spiegazione insoddisfacente. Infatti, se l'allarme sociale nasce dal timore di un verificarsi in futuro dell'evento dannoso ( e da che altro potrebbe nascere ?! ), non vi é ragione che esso si determini solo in seguito ad un'azione causativa dell'evento e non, semplicemente, in seguito ad un'azione pericolosa ( abbia, o non abbia, questa causato l'evento): é più facile che determini un futuro incidente il conducente che, pur guidando a 100 KM h., non ha investito nessuno, che quello che, andando solo a 50 KM, ha avuta la sfortuna di mettere sotto un pedone.

( 2 ) Per tale teoria, infatti,”deve considerarsi causa ogni singola condizione dell'evento, vale a dire ogni antecedente senza il quale non si sarebbe avverato” ( ci esprimiamo con le parole dell'Antolisei, “Manuale....” p. gen. , p. 170 ).Fu il Glaser ( “Abhaunlungen aus dem osterreichischen Strafrecht”, 1958, p.298 ) a indicare nel “procedimento di eliminazione mentale” il criterio da usare per stabilire l'esistenza del nesso di condizionamento : esiste un modo sicuro, osservava, per assodare se l'azione é condizione sine qua non : “ se dalla somma degli antecedenti si elimina col pensiero la condotta dell'agente, e risulta che l'evento si sarebbe verificato egualmente, allora é chiaro che la condotta non é condizione necessaria; se invece eliminata mentalmente l'azione ci si rende conto che l'evento non si sarebbe potuto verificare, o che si sarebbe verificato con modalità diverse, in tal caso si é legittimati a pensare che fra azione ed evento sussiste un nesso di causalità”.

(3) Tratte dal suo “Manuale”, pt.gen.,cit. p. 172

(4) Antolisei, “Manuale” cit. p. 175.

Page 104: Diritto Penale Ragionato Completo

(5) Leggendo le Opere in subiecta materia vien spesso da domandarsi, se il loro Autore pervenga a certe conclusioni ( “va escluso, non va escluso il nesso di causalità”) perché le ritiene “giuste” lui o perché ritiene che tali il legislatore le consideri.Questa seconda sembrerebbe ( trattandosi di Opere che propongono tesi de iure condito ) l'alternativa da accogliere; ma se così ( ecco la domanda che, allora, sorge spontanea ) perché mai l'Autore vuol giungere alla conclusione, che il colpevole di una data azione non é punibile, attraverso la via tortuosa di negare, nella volontà legislativa, il nesso di causalità ( “Tizio non va punito perché secondo il pensiero legislativo mancherebbe nel caso il nesso di causalità” ) e non, più linearmente, in base all'esegesi della norma violata ( “Tizio che con una sassata ha ucciso Caio non é soggetto alle severe pene dell'art. 584 perché questo va interpretato così e colà” - cfr. per l'esempio, e per la relativa soluzione, Antolisei, “Manuale” cit. , p.175 ) ? Appunto questa seconda sarebbe la via da battere per il Green ( di tale Autore, v. “Rationale of proximate cause”, Kansas City, Mo.,1927, e, per un'analisi del Suo pensiero nel quadro del c.d. “realismo giuridico”, v. Tarello, “Il realismo giuridico americano”, Milano, 1962). Invero secondo il Green ( il cui pensiero espongo con le parole del Trimarchi, “Causalità” cit., p.46 ) “ sotto l'etichetta della causalità si sono discussi problemi e situazioni che poco hanno a che fare gli uni con gli altri. In realtà, una volta accertato il nesso di causalità naturale fra azione illecita ed evento dannoso, il problema se affermare o escludere la responsabilità non può essere risolto applicando una formula generale, bensì solo rifacendosi alla funzione della norma violata, per accertare se l'evento ricada o no nel suo ambito di protezione”.

(6) Le teorie qui criticate riscuotono , peraltro, un grande successo, non solo presso la Dottrina, ma anche presso la Giurisprudenza; e questo é dovuto proprio a quella loro indeterminatezza ( qual'é mai il grado di probabilità che l'evento deve avere perché possa ritenersi adeguata l'azione? ), che, difetto criticabile dal punto di vista scientifico, si risolve in pregio nella pratica giudiziaria, permettendo una certa elasticità nelle decisioni dei giudici.

(7) Alcune citazioni, che rispecchiano una concezione del dolo, se non identica, assai vicina alla nostra.Secondo il Jacobs ( “Strafrecht........”, pp. 4 ss e 210 ss ) chi agisce con dolo non fa altro che negare la vigenza della norma, sostituendo una sua visione della realtà sociale a quella affermata nella norma: punendo il reo doloso l'Ordinamento riafferma la vigenza della norma di fronte a tutti i cittadini e contribuisce così alla stabilizzazione sociale ( cfr...................................p.130 ).Secondo il Canestrari (“Dolo eventuale e colpa cosciente” , pp.70 ss e 295 ) il reo che agisce con dolo, non offende soltanto l'interesse protetto ma nega al contempo la norma posta allo scopo di tutelarlo.Secondo il Roxin ( Strafrecht. Allgemeiner Teil, pp. 446-447 ) “ chi si decide, anche se solo per un caso eventuale, contro il bene giuridico tutelato, dimostra una disposizione maggiormente ostile al diritto rispetto a chi confida, anche se

Page 105: Diritto Penale Ragionato Completo

negligentemente,nella non produzione del risultato” ed é questa disposizione ostile al diritto, che determina la maggior gravità dal punto di vista della retribuzione della figura meno intensa di dolo ( quello eventuale ) rispetto alla forma più intensa di colpa.Per le più recenti teorie tese a oggettivizzare e normativizzare il concetto di dolo, lo scopo della punizione per dolo, e la sua differenza in ciò dalla colpa, é duplice : da una parte “stigmatizzare” una “Gesinnung” particolarmente pericolosa per i beni giuridici tutelati; e dall'altra e conseguentemente, attraverso sanzioni più dure rispetto ( rispetto alla colpa ), simbolicamente “tabuizzare” le condotte espressive di un simile atteggiamento interiore. ( cfr. pp.132-133 )

( 8 ) Ritiene la relatività dei confini del dolo, il Prosdocimi ( “Dolus eventualis” , pp. 19 ss ); secondo questo Autore, il punto nel quale far cadere l'estremo confine del dolo dipende infatti, entro certi limiti, da una scelta di politica criminale.

( 9 ) E infatti, secondo la prevalente Dottrina, in questa ipotesi si verifica quella specie di dolo che é il “dolo eventuale”.Più precisamente, secondo la c.d. “formula di Frank” comunemente accettata, “ il dolo eventuale sussiste quando é presumibile che il soggetto avrebbe egualmente agito anche se si fosse rappresentato l'evento lesivo come certamente connesso alla sua azione” ( cfr......... p. 94 ).

Lezione XIII : La reiterazione nel reato – Il reato continuato.

Doc.- Ti pongo questo caso : Fulano I, dopo aver compiuto un furto, torna di nuovo a compiere un furto, e poi un'altro furto e così per ben quattro volte ; poi....viene arrestato e portato davanti al giudice Severi; invece Fulano II, dopo aver compiuto un primo furto, viene subito arrestato e portato davanti sempre al giudice Severi. Ora, fingi di essere Tu questo giudice Severi : la pena prevista per il furto , metti, é di tre anni : quale pena infliggeresti a Fulano I e quale a Fulano II ?

Disc.- Io infliggerei a Fulano I e a Fulano II la stessa pena, cioé tre anni di carcere.

Doc.-. Non ti pare questa una soluzione ingiusta, dato che il primo ha commesso quattro volte un furto e il secondo, solo una ?

Disc.- Per nulla . Infatti : se per l'articolo 27 della nostra Costituzione, le pene debbono “ tendere alla rieducazione del condannato”; se la pena di tre anni é per il legislatore la “cura rieducativa”, la “medicina”, sufficiente per emendare una persona dalla sua prava inclinazione al furto; se questo é vero, il giudice deve ritenere pena adeguata sia per Fulano I sia per Fulano II tre anni di carcere.

Doc.- Ma Fulano I ha commesso quattro furti e Fulano II solo uno !

Page 106: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Poco importa : forse che se io fossi un medico e mi fossero portati da curare due epilettici, Fulano I e Fulano II, al primo ordinerei quattro volte la dose di medicina prevista dal prontuario medico per la epilessia e al secondo un'unica dose, solo perché i parenti del primo hanno aspettato che egli avesse quattro manifestazioni del suo male prima di portarmelo e i parenti del secondo subito me lo hanno portato ?

Doc.- Prescindiamo dal fatto che anche il medico se deve curare due persone colpite dalla stessa malattia ma in maniera diversamente intensa , somministra a ciascuno di loro dosi diverse della stessa medicina .....

Disc. E , va bene, il medico aumenterà per il malato più grave la dose , ma non necessariamente, anzi raramente, del doppio.

Doc.- D'accordo , non voglio negare che il tuo ragionamento manchi di validità : ce l'ha ; ma dal punto di vista di un legislatore che si proponga unicamente la emenda, la rieducazione del reo. Se non chè il legislatore quando commina una pena non si propone solo scopi emendativi, ma si propone anche, anzi soprattutto, scopi preventivi. Ora un legislatore che si proponga la realizzazione di tali scopi preventivi non può non tenere conto che tutte le persone, le quali hanno la stessa prava inclinazione a rubare di Fulano I, sapendo che, dopo aver commesso un primo furto A, se ne commetteranno un'altro , per quest'altro reato saranno punite con una pena ridotta, facilmente una volta commesso un primo reato ( superando la paura della sanzione per esso prevista ) saranno portate a commettere un secondo reato ( punito con sanzione meno grave del primo : se Fulano I non fu trattenuto dal primo furto dalla minaccia di tre anni di reclusione tanto meno sarà trattenuto dal secondo furto dalla minaccia di una pena inferiore !) (1).

Disc.-. E allora ? Dovrei punire un ladro che , profittando dei dolci sonni della polizia, (2) si é fatto cento furti prima di essere arrestato, con 300 anni di carcere ? Peggio che fosse un omicida !!! A me sembra assurdo !

Doc.- Forse assurdo non lo sarebbe; certo, però, sarebbe cosa che l'opinione pubblica ben difficilmente accetterebbe. E proprio in considerazione di ciò, o, se si vuole, per “ragioni umanitarie”, il legislatore adotta nei casi di reiterazione nel reato – e poco importa che si tratti di reiterazione “omogenea” ( il reo ha violato sempre la stessa norma penale, ad esempio, ha commessi più furti ) o di reiterazione eterogenea ( il reo ha violato norme penali diverse, ad esempio ha commesso un furto e un omicidio ) - il criterio del c.d. “cumulo materiale temperato : egli cioé punisce di massima il reiteratore con la somma ( il cumulo ) delle pene previste per ogni infrazione; però anche stabilendo che comunque la pena non può essere superiore a un tot ( il quintuplo della pena più grave, trattandosi di pene omogenee, i trent'anni, trattandosi di pene eterogenee, vedi melius l'art.78 ).

Disc.- Quindi il legislatore, in caso di reiterata violazione della legge penale, nello

Page 107: Diritto Penale Ragionato Completo

stabilire la pena non si lascia evidentemente solo guidare da considerazioni attinenti alla più valida ed efficace prevenzione di nuovi reati ( evidentemente, ripeto, perché tali considerazioni porterebbero ad un'applicazione severa e rigida del principio tot paenae quot delicta, il che, ora abbiamo visto, non é ), ma anche da altre considerazioni – considerazioni che attengono , e non possono che attenere, alla maggiore o minore pericolosità del reo, alla maggiore o minore sua inclinazione a delinquere. (3) E con ciò torniamo ai discorsi fatti all'inizio.

Doc. - Non ti contraddico : effettivamente in un certo momento chi giudica deve spogliarsi della toga del magistrato e indossare il camice bianco del medico. Ma ciò non significa, lo abbiamo visto, ch'egli debba rinunciare ad aumentare la pena ( medicinale ) di fronte ad una reiterata violazione della legge. Significa solo che nel decidere se aumentare e di quanto aumentare la “medicina” si baserà su criteri e considerazioni diverse da quelle che dovrebbero guidarlo se applicasse la pena perseguendo uno scopo meramente preventivo.Di ciò si ha eclatante dimostrazione nel trattamento del c.d. “reato continuato”.

Disc.- Comincia allora a dire quando si ha un reato continuato.

Doc. Ti posso cominciare a dire il concetto e la disciplina del reato continuato che si ricava dal secondo comma dell'articolo 81; il quale così recita: “Alla stessa pena ( idest, alla pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo) soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge”.Quindi anche nel reato continuato si ha una reiterazione della violazione di legge, però essa viene punita in modo molto più benevolo di quanto comporterebbe la normativa di carattere generale prevista per la reiterazione dei reati. Per convincertene pensa a questo: Fulano I ha commesso sei furti e la pena che si ritiene giusto irrogare per il più grave di tali furti é tre anni : ebbene in tal caso Fulano per l'articolo 78 ( a cui già si é accennato ) sarà punito con la pena di 15 anni ( il quintuplo della pena che il giudice ritiene giusto irrogare per il reato più grave ). Se però la reiterazione dei reati fosse considerata un reato continuato, Fulano I potrebbe essere condannato al massimo a nove anni.

Disc. Quindi é come se il legislatore, nel caso di reiterazione di reati costituente “reato continuato”, spostasse all'indietro l'asticella che segna lo stop : questo non si ha più al quinto reato ma al terzo reato.

Doc. Ma non solo : non é detto che Fulano, se ritenuto autore di un reato continuato venga punito col triplo della pena più grave, potrebbe benissimo essere punito con una pena nettamente inferiore : al limite , la pena più grave essendo di tre anni, potrebbe essere punito solo con tre anni e un giorno ( mentre se il reato continuato non fosse configurabile, Fulano non potrebbe essere comunque punito per una pena inferiore a quella data dal cumulo delle pene dei primi cinque reati )

Page 108: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Come può avvenire ciò ?

Doc.- Può avvenire appunto perché la logica di chi deve stabilire la pena ispirandosi al criterio dell'emenda e quindi tenendo conto solo dell'inclinazione a delinquere del reo, é diversa dalla logica che deve seguire chi deve stabilire la pena ispirandosi solo al criterio della prevenzione di nuovi reati.

Disc.- Spiegati meglio.

Doc. Mettiti nel caso di Fulano I e di Fulano II che entrambi hanno commesso quattro reati di furto : dal punto di vista di un legislatore che punisce il furto con tre anni e si lascia ispirare solo da esigenze di prevenzione di ulteriori reati, ci sarebbe ragione per minacciare Fulano I di punirlo con altri tre anni di carcere se commettesse un ulteriore reato ( il quinto reato!) e per astenersi invece dal formulare tale minaccia nei riguardi di Fulano II ?

Disc.- Io non saprei proprio trovare una ragione perché nel caso il legislatore attui un trattamento differenziato per Fulano I e Fulano II, dato che sia questo che quello si deve pensare sia animato da un impulso di medesima intensità a commettere il quinto reato ( cosa per cui per creare una controspinta al delinquere sia in questo che in quello si deve minacciare eguale pena sia a questo che a quello ).

Doc.- E in effetti tale ragione non c'é. Mettiti però ora sempre nel caso di Fulano I e di Fulano II che abbiano commesso un egual numero di reati , ma mettiti anche nei panni di un giudice che debba stabilire la pena questa volta, non più col criterio della prevenzione, ma con quello dell'emenda (4) : ci potrebbe in questo caso essere una ragione per differenziare la pena di Fulano I da quella di Fulano II ?

Disc. Ci potrebbe essere se la pericolosità, l'inclinazione a delinquere di Fulano II, nonostante il numero di furti sia eguale, risultasse minore di quella di Fulano I; il che potrebbe dipendere dalla diversa gravità dei reati da questo commessi.

Doc.- Ma, no : astrai dalla gravità dei reati, mettiti nel caso che i reati dell'uno siano tanto gravi come quelli dell'altro ( forse che non vogliamo renderci conto del perché il legislatore attua un trattamento differenziato nel caso del reato continuato previsto dall'art.81 e nel caso del reato semplicemente reiterato previsto dall'art.73 ? e forse che tale trattamento differenziato non si verifica a prescindere che i reati siano nell'un caso e nell'altro di diversa gravità ?! ).

Disc.- Ebbene se parto dal presupposto che Fulano I e Fulano II abbiano commesso un eguale numero di reati e di identica gravità io potrei trovare l'unica ragione per differenziare il loro trattamento sanzionatorio ( ai fini dell'emenda ) nella considerazione che due o addirittura tre o più reati commessi da Fulano II vengono a pesare nella bilancia della giustizia ( ben s'intende come indice di minore inclinazione

Page 109: Diritto Penale Ragionato Completo

a delinquere) meno di due reati di Fulano I(5) ; per cui é come se a due o più reati commessi da Fulano I corrispondesse nella filiera di Fulano II solo un unico reato. Ma come può avvenire questo, partendo dal presupposto che tutti i reati, sia quelli commessi da Fulano I sia quelli commessi da Fulano II, abbiano la stessa gravità ? A me sembra cosa impossibile che accada!

Doc.- E invece ci sono casi in cui ciò può accadere.

Disc. Dimmeli.

Doc.- Un primo caso é quando i reati commessi da Fulano II sono stati propiziati da una circostanza transeunte e come tale venuta a cessare.Esempio : un professore integerrimo “ nel mezzo del cammin della sua vita” si innamora perdutamente di una bella bionda ( ti ricordi il professore del film “L'angelo azzurro” ? il professore che perde la testa per le belle gambe di Marlene Dietrich ) ; e per continuare a godere delle grazie della sua amante, commette dei furti. Poi, un bel giono tutto finisce : la bionda va di là e il professore, liberatosi dalla sua schiavitù sessuale, va di quà : chiaro che, eliminata la causa del traviamento del professore, si ha da ritenere che egli in futuro non commetterà più furti : egli ha avuta una “sbandata”, ora ha “ritrovato se stesso” : perché applicargli il severo calcolo “cinque furti commessi, pena totale uguale alla somma di tutti i cinque furti” ?

Disc. Debbo ammettere che, dal punto di vista di chi applicando la pena si propone solo scopi emendativi, sarebbe assurdo applicare al professore del tuo esempio la stessa pena che a Fulano I, che ha commesso i furti, non in seguito a una “sbandata”, ma come normale manifestazione della sua personalità. Fai un altro caso in cui due o tre reati di Fulano II dovrebbero pesare di meno ( nella bilancia della giustizia ) di un solo reato di Fulano I.

Doc.- Pensa al caso di Fulano II che, promossa una causa contro Fulano III,avendo questi dedotto il teste Primus, lo induce a fare falsa testimonianza corrompendolo, e, avendo di poi il suo avversario ancora dedotti un teste Secundus e un teste Tertius, pure questi corrompe. Anche in questo caso la corruzione di Secundus e di Tertius dovrebbe pesare di meno ( come indice di inclinazione a delinquere ) sulla bilancia della giustizia, di due atti corruttivi commessi in due altri autonomi processi.

Disc. Perché ?

Doc.- Perché la inclinazione a delinquere deve ritenersi di tanto minore quanto maggiore é stata la possanza del motivo che ha indotto a commettere un reato ( e nella fattispecie questa maggiore possanza é data dal fatto che impulsavano Fulano II a corrompere Secundus e Tertius, sia il desiderio di vincere la causa sia la considerazione che non corrompendoli, avrebbe reso inutile il rischio e la spesa da lui prima affrontati corrompendo Primus ).

Page 110: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Io nel caso da te ora delineato vedrei ragioni per un aumento e non per una diminuzione di pena riguardo ai reati di corruzione di Secundus e Tertius.

Doc. E io non potrei darti torto, se ci dovessimo porre dal punto di vista di un legislatore che si propone solo uno scopo preventivo : senza dubbio infatti la maggiore pulsione a delinquere da tale punto di vista andrebbe controbattuta con la minaccia di una maggiore pena(6). Se non chè noi ora ci poniamo dal punto di vista di un legislatore che stabilisce la pena con fini emendativi e da tale punto di vista vale senza dubbio ciò che io ho prima detto.

Disc.- Sia come sia, fai un terzo caso in cui, secondo te, due o più reati vengono a dimostrare una minore ( dell'usuale ) inclinazione a delinquere.

Doc. Il terzo caso si verifica quando due o più reati dipendono da un'unica risoluzione criminosa. Per un esempio di ciò possiamo ricollegarci all'esempio prima fatto : Fulano II, però ( ecco la differenza dal precedente esempio) già nel decidere di promuovere una causa contro Fulano III, decide di corrompere i testi da questi dedotti.

Disc. Perché la corruzione di Secundus e Tertius nel caso non rivelerebbe la stessa inclinazione a delinquere della corruzione di Primus ?

Doc.- Per due motivi. Primo motivo, perché la decisione di commettere un reato tanto più rivela riflette la personalità di chi la prende ( e quindi la sua eventuale inclinazione a delinquere ) quanto più é approfondita (7) – ora per un fenomeno psicologico a tutti noto, noi , quando con una unica risoluzione decidiamo di compiere due azioni, prima l'azione A e, quindi, l'azione B, poi quando, compiuta l'azione A, dobbiamo decidere di compiere la B, per prendere tale ( ulteriore ) decisione ci basiamo di solito semplicemente sul fatto che tale azione B a un precedente esame e a una precedente riflessione ci era parsa utile.(8) Secondo motivo ( sostanzialmente identico a quello preso già in esame trattando di un precedente caso), perché la inclinazione a delinquere é inversamente proporzionale alla forza del motivo che spinge a commettere il reato. Ora, per un fenomeno psicologico a tutti noto, noi siamo portati ad osservare come un principio, che rende forte e sana la nostra personalità, quello che una decisione una volta presa va eseguita : ora proprio questa tendenza ad osservare “per principio” le decisioni una volta prese, viene a costituire , nel caso di una precedente decisione criminosa un ulteriore impulso a delinquere : “ io, Fulano II avevo deciso di corrompere anche i testi Secundus e Tertius? e allora tanto ho deciso e tanto faccio : forse che sono una banderuola?!”.

Disc.- Questo vale anche quando la precedente decisione é stata generica? Cioè, non del tipo “Corromperò i testi Primus, Secundus, Tertius” , ma del tipo “Corromperò tutti i testi dedotti dall'avversario” o addirittura “Non esiterò a commettere dei reati pur di vincere la causa” - ? (9)

Page 111: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Certo in ipotesi di decisione generica, ci sarà una maggiore tendenza ad approfondire la nuova decisione ( quella, per intenderci, che, una volta compiuto il reato A, deve essere presa per compiere il reato B) . Però anche in tal caso se pur meno pregnanti saranno pur sempre valide le considerazioni or ora fatte.

Doc.- Orbene tu mi hai portato dei casi in cui la reiterazione della violazione di legge indica una inclinazione a delinquere inferiore alla norma : normalmente la reiterazione della violazione di legge per sei volte indica un'inclinazione a delinquere di grado X , però vi sono dei casi in cui indica un'inclinazione a delinquere minore di X. E mi sta bene. Mi sta anche bene che l'articolo 81 sia interpretato nel senso che quando la inclinazione a delinquere va sotto la norma di un certo grado il legislatore deroga alla disciplina della reiterazione del reato, che attua negli artt. 73 e seguenti: egli non punisce più il reo in base al principio tot paenae quot delicta, ma prevede per la reiterazione solo un aumento sulla pena prevista per il reato più grave ( aumento che può limitarsi anche a un giorno ! ). Ma é pur vero che il grado di inclinazione a delinquere può essere , come risulta dagli esempi da te stesso portati, inferiore.sì, alla norma, ma in diversa gradazione ( di molto, di poco, di pochissimo... ); cosa per cui si pone il problema : di quanto deve essere inferiore alla norma la inclinazione a delinquere a che scatti la deroga ( agli artt. 73 segg. ) prevista dall'articolo 81 ?

Doc. Chiaro che questo lo può dire solo il legislatore.

Disc.- E lo dice?

Doc.- No, non lo dice. E sarebbe stato assurdo sperare che lo dicesse, dal momento che in subiecta materia egli non ha le idee più chiare della Dottrina; la quale le ha.....confusissime.

Disc.- E allora ?

Doc.- E allora, solo se non si teme il ridicolo, si possono trarre elementi, per stabilire quando nella reiterazione si deroga agli artt. 73 segg. , dalle parole usate dal legislatore nel capoverso dell'articolo 81 da noi già letto.

Disc. Ma che si potrebbe dedurre in base alle parole usate dal legislatore?

Doc- In base al fatto che il legislatore si riferisca a “ azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso”, in base al fatto che tali parole suggeriscono l'idea di una persona ( il reo ) che programma ab initio più azioni al fine di raggiungere un dato scopo, si potrebbe escludere , non nego con una certa logica, che rientrino nel reato continuato - non solo i casi di chi commetta più azioni senza averle mai programmate ….......

Disc.- Quindi anche i casi da te all'inizio indicati del reo che commette più azioni

Page 112: Diritto Penale Ragionato Completo

criminose perché condizionato da una circostanza transeunte ( il professore che commette più furti perché succube del fascino della bella ballerina).

Doc.- Esattamente. Ma lasciami proseguire il discorso, dicevo che in base alle parole usate dal legislatore, si potrebbero escludere dal delitto continuato, non solo questi casi, non solo i casi di chi commette più infrazioni avendole , si, programmate, non però per il raggiungimento di un particolare scopo ( vincere quella data causa, acquisire quella data eredità...) (10) , bensì per uno scopo generico ( “d'ora in poi mi procurerò da vivere compiendo dei borseggi sui mezzi pubblici”) - ma anche i casi in cui l'azione si inserisce,sì, nell'esecuzione di un programma criminoso diretto a uno scopo, ma non può dirsi che sia esecuzione di tale programma, in quanto ab initio tale programma non la prevedeva ( come sarebbe nel caso, da noi invece esemplificato prima come esempio di un'evidente minore sintomaticità di pericolosità sociale, di Fulano II che decide di corrompere il teste Secundus in corso di causa ).Ma proprio l'assurdità di escludere, dalla deroga alla disciplina prevista per la reiterazione dei reati, casi che denotano un livello di pericolosità sociale non superiore, anzi spesso inferiore a quello presente nei casi di più azioni compiute in base ad un'unica risoluzione criminosa (11) ( pensa al caso del professore che chiaramente ha commesso dei reati in seguito a una “sbandata” e che raddrizzata la guida certamente tornerà a comportarsi da probo cittadino ), mi convince a rifuggire da un'interpretazione troppo legata alla lettera dell'articolo 81 e a configurare come casi di applicazione di tale articolo tutti quelli da noi esemplificati come casi di ridotta sintomaticità di tale pericolosità.

Disc.- Voltiamo pagina, affrontiamo l'argomento della reiterazione del reato da un'altra angolazione. Mettiamoci, nel caso di Fulano I che, incontrato un suo nemico , gli dà una coltellata, e poi un'altra ancora e un'altra ancora, fino a lasciarlo morto; e nel caso di Fulano II, che, aperta la cassaforte altrui , essendo mingherlino, é costretto a compiere due viaggi da questa alla sua auto per trafugarne il contenuto. A me sembra che sia Fulano I sia Fulano II reiterando la loro azione siano venuti a commettere più infrazioni della legge penale, più reati insomma ; sia pure più reati la cui pena non é data dal cumulo materiale delle pene, ma da quella prevista per il più grave dei reati aumentata fino al triplo – così, come prima abbiamo visto, vuole l'articolo 81. Se non chè tale soluzione, debbo dire, non mi convince : perché mai punire Fulano I più gravemente di Fortebraccio che, essendo più forte o semplicemente più abile nell'uccidere, con una sola coltellata ha mandato all'altro mondo il suo nemico; perché mai punire Fulano II più gravemente di Spallagrossa che, di lui più robusto, in un solo viaggio é riuscito a svuotare una cassaforte ?! Ciò mi pare assurdo.

Doc.- Tu hai ragione a dire che ogni nuova coltellata di Fulano I, ogni nuovo impossessamento dei beni , nella cassaforte custoditi, di Fulano II, rappresenta un nuovo vulnus alla vita e ai beni altrui, e quindi una nuova violazione della volontà legislativa ( dato che senza dubbio il legislatore ben vorrebbe che alla prima coltellata non ne seguissero altre, al primo impossessamento altri non ne seguissero ). E hai

Page 113: Diritto Penale Ragionato Completo

anche ragione nel ritenere che, addebitare a Fulano I e Fulano II ogni reiterazione dell'azione lesiva come reato, sarebbe assurdo.

Disc,.- Allora quale norma ci permette di evitare tale assurdo.

Doc.- Non c'é nessuna norma che esplicitamente ti permetta di evitarlo : a questo puoi giungere solo in base ai principi che reggono il nostro diritto penale. Infatti, in base a tali principi, il reo non va punito se egli non era in grado di recepire la minaccia legislativa ( della sanzione ). Orbene proprio questo accadeva - per il minimo intervallo tra le varie azioni, per lo stato emotivo presente nel reo – nei casi da te esemplificati. Data la prima coltellata, Fulano I non aveva né lo spazio né la lucidità ( preso com'era dalla furia omicida ) per riflettere su un eventuale aumento di pena che una seconda coltellata avrebbe potuto comportargli ; e lo stesso, mutatis mutandis, va ripetuto per Fulano II : quindi, a che prò il legislatore avrebbe dovuto profferire la minaccia di un pena aggiuntiva ( per la nuova azione lesiva ) se tale minaccia...il reo non era in grado di recepire ( così come il malato nel delirio febbrile non sarebbe in grado di recepire la minaccia di una sanzione per il caso che, scompostamente agitandosi, danneggiasse una cosa – ti ricordi gli esempi che avemmo occasione di portare in una precedente lezione, parlando della “coscienza e volontà” necessaria a che un'azione sia punita ?).

Disc.- Però é anche vero che Fulano I e Fulano II prima di decidersi , l'uno, all'omicidio, l'altro, al furto, erano ben in grado di recepire una minaccia del tipo : “Se voi, dopo non aver raggiunto o raggiunto in pieno il vostro scopo criminoso con una prima azione , reitererete questa, sarete più gravemente puniti”.

Doc.- Questo é vero ed ha certamente la sua rilevanza per il caso che il reo ab initio, a mente fredda, già programmi la reiterazione dell'azione. Però allora ( per escludere un aumento della sanzione nel caso che lo scopo criminoso sia raggiunto, non con un solo atto, ma reiterando più volte l'atto ) entrano in campo quelle ragioni di equità, a cui tu stesso prima hai accennato: sarebbe iniquo punire Fulano I con un aumento di pena rispetto a Fortebraccio che, più esperto nel crimine di lui, riesce ad uccidere con un colpo solo.

Disc.- Voltiamo ancora pagina : abbiamo visto il secondo comma dell'articolo 81, non dobbiamo dimenticare di esaminare il suo primo comma.

Doc.- Certo che no : comincia a darne lettura.

Disc. Ecco quel che recita il primo comma dell'articolo 81 : “E' punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge”.Più violazioni di legge con una sola azione? La cosa non mi é chiara : fai qualche esempio.

Page 114: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Te ne faccio due, uno riguardante il c.d. “concorso formale eterogeneo”, l'altro riguardante il c.d “concorso formale omogeneo”.Esempio di concorso formale eterogeneo : Fulano I stupra in pubblico la figlia ( con ciò violando sia la norma che punisce l'incesto sia la norma che punisce la violenza sessuale).Esempio di concorso formale omogeneo :Fulano II versa del veleno in una bevanda per provocare la morte di più persone.

Disc. A questo punto devi però spiegare perché Fulano, che con un'azione od omissione ha violato la norma A e la norma B, e quindi il bene AA , tutelato dalla norma A con la pena di un anno, e il bene BB, tutelato dalla norma B con la pena di due anni, viene punito, non con una pena corrispondente al cumulo delle pene previste dalla norma A e dalla norma B ( tre anni ), ma con una pena data da quella più grave ( i due anni previsti dalla norma B ) aumentata fino al triplo ( il che può comportare anche che sia punito con due anni e...un giorno ).

Doc.- Dare questo “perché”, ponendoci dal punto di vista di un legislatore che si proponga solo l'emenda del reo, é molto facile : la cura, che “medica” Fulano dalla sua prava inclinazione a ledere il bene AA, può venire effettuata nello stesso tempo in cui viene effettuata la cura, che vuol guarire Fulano dalla sua inclinazione a ledere il bene BB ; allo stesso modo che, una persona che si é rotta un braccio e una gamba, nel tempo in cui viene curata della gamba può essere curata del braccio .

Disc. Tutto questo va bene dal punto di vista di un legislatore che con la pena si proponga solo l'emenda del reo ; ma in realtà il legislatore deve anche preoccuparsi di prevenire i reati e pertanto deve quantificare la pena in modo da controbilanciare la pulsione a violare la norma. E ciò comporta che, nel caso in cui il potenziale reo sia tentato di violare due norme, la norma A e la norma B, egli ( idest, il legislatore ) deve ben tenere conto che la pulsione a delinquere é data dalla somma delle pulsioni a violare la norma A e la norma B.

Doc. Tu non imposti bene il tuo ragionamento. Non é che, chi medita di uccidere tre persone, ha un impulso a delinquere triplo rispetto a chi medita di uccidere solo un suo simile; e non é che, chi é tentato di stuprare la figlia, abbia un impulso a commettere la violenza doppio o comunque maggiore , di chi é tentato di violentare una estranea.Quel che é vero e quel che conta e deve contare per un legislatore, che si propone di prevenire la violazione delle norme A e B, é che la violazione di entrambe le norme provoca una doppia lesione : la lesione al bene AA e la lesione al bene BB. Ed é naturale che il legislatore reagisca con più forza nel caso che siano minacciati di lesione due beni anziché uno solo. Ciò però non significa che egli, per tutelare efficacemente i beni AA e BB, debba minacciare al potenziale reo la somma delle pene previste dalla norma A e dalla norma B ;e non significa questo perché la

Page 115: Diritto Penale Ragionato Completo

adeguatezza della pena minacciata deve essere riferita soprattutto alla pulsione a delinquere del potenziale reo e, ripeto, la pulsione a violare con una sola azione le norme A e B, non é data dalla somma delle pulsioni che potrebbero portare una persona a violare la norma A o la norma B.

Disc. Quindi, volendo ora, per concludere il nostro discorso, fare un confronto tra la norma del primo comma e quella del secondo comma dell'articolo 81, mi pare di poter dire che esse, pur rappresentando entrambe una deroga alla regola tot paenae quot delicta, a tale deroga giungono per ragioni profondamente diverse : la norma di cui al secondo comma vi giunge in base alle considerazioni che possono ispirare un legislatore preoccupato solo dell'emenda del reo ; invece la norma di cui al primo comma vi giunge in base a considerazioni valide sia per un legislatore che si proponga solo l'emenda del reo sia per un legislatore che si proponga anche la prevenzione dei reati.(12)

Doc. Bravo, é così, quel che hai detto é giusto.

Note1- C. Castori ( Concorso di reati e di pene, in Trattato di diritto penale, a cura di P. Cogliolo, vol. I, pt.III, Milano, 1889,1314 ) faceva rilevare il “grave pericolo sociale” derivante dal sistema dell'assorbimento ( che vuole che di più reati ne venga punito uno solo, la pena degli altri essendo assorbita nella pena prevista per questo ) “perché chi ha commesso un delitto, sapendo che la sua condanna non si aggraverà commettendo ( altri ) misfatti, non trova più nella legge alcun ritegno a delinquere”.

2- M. Ortolan ( Elementi di diritto penale,t.II, Napoli, 1857, p.4) sostiene che “il cumulo delle pene a ragione del cumulo dei delitti” non é giusto “perché la società ha una parte dei rimproveri da prendere a suo carico in questa accumulazione di delitti, per aver con la sua inazione o con i ritardi della sua azione, lasciato il colpevole impegnarsi in una via verso cui l'impunità lo rese proclive”.

3- Nella Relazione della Commissione delle Camere sul progetto Zanardelli ( 1887, p.213, n.XCIV ) si giustificava il rifiuto, in caso di reiterazione di reati, di una punizione pari al cumulo delle pene previste per i singoli reati, con la considerazione che l'allarme sociale non aumenta proporzionalmente al numero dei delitti commessi dal reo ( ma che dipende l'allarme sociale se non dalla percezione, da parte del pubblico, della pericolosità del reo?!). Val la pena di leggere le parole della Relazione sul punto: “ ( Il rifiuto del cumulo materiale delle pene) ha il fondamento rigorosamente giuridico in ciò che i reati non si accumulano, come non si assorbiscono fra loro, ma operano un danno sociale progressivo, il quale, poiché dipende da un fatto puramente morale, dalla opinione, cioé, della scemata sicurezza, non può crescere in ragione aritmetica delle delinquenze. Questo pubblico danno, che é la sola ragione per cui un'azione é considerata quale un reato, non si moltiplicherà mai per il numero dei reati commessi; poiché non può mai avvenire che i cittadini sentano, a mo' di esempio, per due o più lievi delitti quello stesso spavento

Page 116: Diritto Penale Ragionato Completo

che proverebbero per un grave delitto. E se questo non può avvenire, e se la responsabilità di un delinquente deve essere proporzionata al danno sociale da lui cagionato, il cumulo assoluto delle pene é privo di un fondamento di giustizia giacchè per esso può avvenire appunto che il reo di più lievi delitti sia tenuto a subire una somma di penalità, quale sarebbe dovuta per un grave misfatto, quale potrebbe anche eccedere la durata ordinaria della vita umana, assumendo in tal modo le proporzioni di una pena perpetua”.

4- Che la disciplina del concorso dei reati debba essere diversa, a seconda che ci si proponga l'emenda o l'intimidazione del reo, fu intuito, sia pure confusamente, dal John ( Lehre vom fortgesetzen Verbrechen, p.163 ss., Berlin, 1866); il quale sosteneva che “al danno giuridico dovrebbe rispondere il cumulo materiale delle pene e al dolo giuridico ( cioé, facciamo rilevare noi, all'elemento per eccellenza rivelatore della personalità e quindi dell'inclinazione a delinquere) dovrebbe rispondere l'assorbimento”. Il pensiero del John é da noi riportato utilizzando le parole usate dal Pessina ( in, Diritto penale, vol. I, Milano, 1904, p.559 ).

5- Mentre noi ,come ancor meglio risulterà dal prosieguo del discorso, sosteniamo che , nel caso di reiterazione dei reati, la pena complessiva da irrogare non va calcolata sommando le pene previste per i vari reati essendo minore la pena occorrente per la rieducazione del reo, da altri autorevolmente si sostiene che la pena complessiva deve essere minore di quella risultante dal cumulo delle pene previste per i singoli reati,in quanto l'afflittività di una seconda pena é maggiore di quella di una prima pena e così via.In particolare il Mittermayer ebbe a sostenere ( ne riporto il pensiero usando le parole del Pessina, in Diritto penale, cit., p.559 ) che “ il cumulo materiale delle pene, e, quindi, la non interrotta esecuzione di esse fa sì che il dolore sentito da colui che vi é soggetto sia maggiore della somma dei dolori delle singole pene; onde mentre i reati e le pene inflitte si addizionano, le sofferenze prodotte dalle pene si moltiplicano”. Il Pessina ( Op. cit., p. 561 ) nega che la seconda pena comporti una maggiore afflittività, con le seguenti osservazioni: “ Non solo non é dimostrato che le sofferenze prodotte dalla privazione della libertà, protraendosi diventano più intense, ma forse, può sospettarsi tutto l'opposto per l'opera benefica dell'abitudine (…). Tutti gli studiosi della vita carceraria sono concordi nel riconoscere che lo scoraggiamento assale i condannati nei primi giorni, e, appunto nei primi giorni, avviene il maggior numero di suicidi”.

6- Qui val la pena di rilevare che nel progetto di codice penale del 1921 ( progetto di larga ispirazione positivista) la continuazione delittuosa era considerata come un motivo di aggravamento della pena. E certamente tale soluzione ha una sua validità se ci si pone dal punto di vista di una pena pensata solo a fini preventivi ( e non emendativi ).Si é posto da Alcuni il problema di come conciliare le aggravanti di cui all'art. 61n2 ( aggravante teleologica ) e di cui all'articolo 577 n.3 ( aggravante della premeditazione ).

Page 117: Diritto Penale Ragionato Completo

Noi non vediamo dove stia il problema. Se in un reato , metti nel reato B, della filiera di reati a cui ha dato luogo la “continuazione”, si ravviserà una delle aggravanti in questione...la si applicherà e dopo averla applicata i casi saranno due: o tale reato sarà da considerarsi di conseguenza la “violazione più grave” o non lo sarà : nel primo caso l'aumento fino al triplo della pena si calcolerà su tale reato, se no, no : dove sta il problema ?Peraltro é da dirsi che la presenza delle aggravanti de quibus nel corpo di un reato continuato é una possibilità, non una necessità logica ( anche qualora voglia ravvisarsi il reato continuato solo nei casi in cui i vari reati, che lo compongono, sono decisi con un'unica deliberazione presa ab initio ). E giustamente il Maggiore ( nel suo Diritto penale, vol.I, t.2°, 5 ediz., 1951, p. 623 ) osservava che il disegno criminale “ non va confuso con la premeditazione in quanto lungi dal richiedere una persistenza del proposito può avere una formazione ed espressione subitanee”.

7- E insegna l'Altavilla ( Teoria soggettiva del reato, Napoli, 1933, p. 92 ) che “ Vi é una legge psicologica nella quale si riassume tutto il movimento di riforma delle moderne legislazioni : quanto più di un reato si appartiene alla struttura psico-etica del suo autore, tanto maggiore pericolosità rivela”.

8- Il Pagliaro ( I reati connessi, 1956,p.166 ) osserva che “ viene facilitata la deliberazione rispetto alle violazioni singole quando, entro un congruo lasso di tempo, si ripresentino alla coscienza gli stessi elementi di motivazione che già una volta, prevalendo sui motivi avversi, avevano indotto alla realizzazione delittuosa (….) In tal caso, poiché la strada già percorsa é più facile da percorrere, la lotta dei motivi viene facilmente appianata, così che la deliberazione é più agevole”.Da una tale maggiore “facilità” a deliberare il crimine, il Pagliaro trae la conclusione di una minor pena per il reato così commesso.

9- Qui val la pena di ricordare che da Alcuni si escluse la configurabilità della “continuazione” tra due reati A e B, quando il soggetto passivo del secondo fosse diverso da quello del primo ( il reo prima ha derubato Caio e poi Sempronio ) o fosse diversa la norma violata e quindi il bene giuridico leso ( il reo prima ha rubato, poi ha violentato sessualmente ). E non si può negare che la commissione del secondo reato, quando diversa é la persona o il bene giuridico che con esso si viene a ledere, viene a sollecitare nel reo una nuova e forse approfondita riflessione sui motivi e contro-motivi a delinquere, che mal si concilia con la giustificazione di una riduzione di pena per tale secondo reato in considerazione della superficialità della sua deliberazione.Sull'argomento e sulle discussioni a cui diede luogo specie in Germania , vedi David Brunelli, Azione unica e concorso di reati nell'esperienza italiana, Giappichelli editore, 2004, pp.54 ss.

10- Scopo che appunto per la sua particolarità finisce col delimitare nel tempo l'attività criminosa. Val la pena qui di rilevare che nelle Sentenze dei nostri giudici, si dà di solito rilevanza al poco intervallo di tempo intercorso tra un reato e l'altro

Page 118: Diritto Penale Ragionato Completo

per ammettere tra loro la continuazione. Evidentemente la base razionale di tali Sentenze ( ammesso e non concesso che chi le scrive abbia avuta in testa una qualche chiara idea sul reato continuato ) andrebbe vista nella considerazione che, i reati miranti alla realizzazione di un particolare scopo, di solito vengono tutti a situarsi in un ristretto lasso di tempo.

11- Qui va notato che, nel caso che il reo abbia deciso con un'unica deliberazione di commettere i reati A e B, la commissione di B avverrà normalmente dopo un consistente intervallo di tempo. Ora se si riflette che, proprio dalla lunghezza dell'intervallo di tempo passante tra la delibera di un reato e la sua commissione, il legislatore deduce una particolare pericolosità del reo ( cosa per cui aggrava la pena – vedi il n. 3 dell'art. 577 che configura la premeditazione come aggravante ), non potrà non sembrare strano e illogico che si voglia ritenere come unico caso di reato continuato proprio quello in cui i reati sono stati decisi con un'unica deliberazione, cioé proprio il caso , tra quelli da noi segnalati, per cui più debole appare la tesi di una ridotta pericolosità sociale del reo.

12- Ma rivela una maggiore pericolosità sociale il concorso formale o il concorso materiale di reati? Ecco la risposta che dà a tale quesito l'Antolisei ( Manuale di diritto penale. Parte generale., Milano, 1963,p.386 ): “A prescindere dal rilievo che i casi di concorso formale sono spesso conseguenza di imperfetta formulazione o di imperfetto coordinamento delle norme incriminatrici, non c'è chi non veda che nel concorso anzidetto l'agente si pone in contrasto col diritto in un solo momento, mentre nel concorso materiale si ribella alla legge più volte, in tempi diversi, dimostrando senza dubbio una maggiore persistenza nel suo atteggiamento antisociale”Se non ché su ogni argomento si può dire.... il dritto e il rovescio; per cui val la pena di sentire l'opinione opposta ( a quella dell'Antolisei ) che é espressa da S. Prosdocimi (Contributo alla teoria del concorso formale di reati, Padova, 1984, p.15 );il quale fa osservare che “se i plurimi risultati sono tutti intenzionalmente perseguiti dal reo, l'unicità della condotta esterna ( viene a rappresentare ) per il reo medesimo un fortunato “risparmio” di energie, “l'utilizzazione di una felice occasione, tale da giustificare per un certo verso l'opinione che vede in ogni più mite trattamento del concorso formale rispetto al concorso materiale l'espressione di un favore assai poco meritato”.E tra il concorso formale omogeneo e quello eterogeneo qual'é quello che rivela una maggiore pericolosità del reo ? Qui risponde La Relazione al disegno di legge governativo presentato il 6 febbraio 1968 ( come la vedo riportata in Brunelli, Opera citata, p. 166 ). Relazione in cui si legge: “ si é creduto necessario differenziare il trattamento penale del concorso formale omogeneo dal trattamento previsto per il concorso formale eterogeneo : nel senso cioè di rendere possibile al giudice una pena più adeguata per il concorso formale omogeneo, che molte volte appare più grave del concorso formale eterogeneo ( si pensi al fatto di chi con una bomba uccide più persone ), nel quale si ha, in ultima analisi, soltanto una lesione di più interessi protetti”.

Page 119: Diritto Penale Ragionato Completo
Page 120: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione XIV : Incapacità di intendere e di volere.

Doc.- Cominciamo a leggerci l'articolo 85 : “ Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. - E' imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”.

Disc.- Ma che cos'é che non si deve essere in grado di intendere ( per non essere imputabili e quindi puniti ) (1)? In altre parole : basta, per ritenere Fulano I imputabile, ch'egli abbia la consapevolezza di tenere un comportamento che, per le circostanze in cui si compie o per le conseguenze a cui dà luogo, il legislatore ritiene antisociale e pertanto punisce ( “ Se io , Beppino, tocco così il bel corpo di Concetta, faccio cosa che questa non vuole, ch'essa sentirà come una violenza” ); oppure per ritenere Fulano imputabile occorrerà anche ch'egli sia consapevole che col suo comportamento lederà l'interesse altrui, recherà ad altri un danno (“ Se io violento Concetta, questa subirà un trauma, il suo fidanzato forse la lascerà, forse avrà un figlio che ne condizionerà prematuramente la vita....” ); oppure ancora, sempre per ritenere Fulano imputabile, occorrerà ch'egli capisca il disvalore morale del suo comportamento, cioé le conseguenze negative che questo può provocare nella società ( “Se le ragazze avessero da temere violenza uscendo da sole per la strada, la loro vita di relazione subirebbe un intralcio, avrebbero difficoltà a recarsi al lavoro, a recarsi alla scuola e così via e da ciò tutta la società ne soffrirebbe”) - ?

Doc.- Se noi partiamo, così come dobbiamo, dal presupposto che la pena abbia soprattutto una funzione preventiva dei reati, la risposta alla tua domanda non può essere dubbia : quel che solo rileva per ritenere la imputabilità é che l'agente sia in grado di comprendere che con la sua azione si espone alla pena minacciata dal legislatore.(2)Ma io direi che, anche partendo dal punto di vista di un legislatore che, con l'applicazione della pena, si proponga solo l'emenda ( la rieducazione ) del reo, la soluzione non dovrebbe cambiare ; infatti anche dal punto di vista di un tale legislatore, nulla potrebbe rilevare, per ritenerne la imputabilità, che l'agente non fosse consapevole di arrecare un danno al soggetto passivo della sua azione o alla società. Anzi l'inconsapevolezza, nel reo, del danno che arreca, é proprio il presupposto e la giustificazione dell'azione rieducatrice ( della pena) : forse che rieducare non significa instillare nel reo un senso sociale e la consapevolezza degli interessi altrui, che con le proprie azioni può venire a ledere ?! (3)

Disc.- Tutto ciò per quel che riguarda la incapacità di intendere, ma per quel che riguarda la incapacità di volere ? Quando insomma una persona può essere considerata incapace di volere ?

Doc.- Quando la minaccia della pena, anche nel suo massimo previsto dalla norma, non é in grado di creare in quella persona, per le condizioni abnormi della sua psiche, per il modo abnorme con cui reagisce agli stimoli, un valido contromotivo alla

Page 121: Diritto Penale Ragionato Completo

violazione della norma stessa. Cosa per cui per il legislatore é inutile effettuare tale minaccia.

Disc.- Ma il legislatore , proprio in considerazione dell'abnormità della psiche del potenziale reo, non potrebbe prevedere per lui una pena maggiore ?.

Doc.- No, e questo é il punto , non lo potrebbe : il legislatore infatti non può, a sua discrezione, aumentare la sanzione ad infinitum : deve sempre far sì che vi sia una giusta proporzione tra il valore del bene leso dal reo e la pena a questi comminata. Certo, anche il cleptomane più gravemente leso dalla sua mania, se gli si minaccia per un furto l'ergastolo, smette di rubare (4) ; ma la società non accetterà mai che chi ha rubato un pezzo di formaggio al supermercato passi tutta la vita in galera !

Disc. Quindi, é esclusa la punizione per chi é incapace di intendere o di volere (5). E va bene. Però nell'uomo non esiste solo l'intelletto e la volontà : esiste anche il sentimento, l'affettività – sentimento e affettività che possono assumere aspetti abnormi , e, quindi, disturbatori della personalità del reo.....

Doc.- ….Se tu vuoi dire che in ogni persona esistono degli abiti mentali, che vengono a costituire delle “linee di minor resistenza” in cui si incanala il suo agire, io sono d'accordo con te. E se tu ritieni che il legislatore di questo debba tenere conto, io ti rispondo che in effetti il legislatore ne tiene conto, ma con un distinguo.

Disc.- Quale?

Doc.- Il legislatore distingue tra gli abiti mentali, quelli che l'individuo ha creato con il suo lassismo verso certi impulsi e quelli dovuti a patologie. Nella prima ipotesi , il legislatore parte dalla considerazione che, ciò che é stato costruito dall'individuo ( con il suo lassismo : Sandruccio che dall'infanzia non ha mai tentato di bloccare gli scoppi della sua collera ed é diventato un iracondo ), può e deve essere distrutto dall'individuo ( con l'autoeducazione ); e pertanto, come vedremo in seguito, in tal caso ritiene l'imputabilità dell'agente . Nella seconda ipotesi, invece, il legislatore, tiene ben conto dell'abito mentale ( patologico) : quando io parlavo di incapacità di volere, per un'abnorme risposta agli stimoli del destinatario della minaccia legislativa, pensavo anche ai casi in cui, per cause patologiche, nell'agente si sono formate delle linee di minor resistenza per l'azione delittuosa.

Disc.- Quindi per te non avrebbe senso che il legislatore, accanto a una incapacità di intendere e di volere, contemplasse una incapacità a controllare la propria affettività

Doc.- Sì, non avrebbe senso perché nella incapacità di volere rientra anche la incapacità a controllare la propria affettività. (6)

Disc. Mettiamoci in questo caso : Fulano , affetto da una grave mania di persecuzione, guidando l'auto per sua imperizia investe e uccide una persona : non

Page 122: Diritto Penale Ragionato Completo

viene punito in quanto non imputabile ?

Doc.- No, viene punito, in quanto egli é perfettamente in grado di recepire la minaccia legislativa prevista dal legislatore in relazione all'omicidio colposo. E similmente sarebbe imputabile se commettesse una truffa e un furto (7). Insomma l'incapacità acquista rilievo quando é legata da un nesso eziologico con il reato.(8)

Disc.- Cosa per cui deve esistere al momento in cui il reato é commesso.

Doc. Certamente. E ciò ha rilievo nel caso di reati commessi nei cc.dd. “lucidi intervalli” che può lasciare un'infermità mentale : il caso classico é quello dell'epilettico che compie il reato nell'intervallo tra un accesso e l'altro : é pacifico che debba essere condannato.

Disc. Voltiamo pagina. Abbiamo detto di quando l'incapacità di intendere e di volere determina la non punibilità del reo ; ma a questo punto diventa ovvia la domanda: esclusa l'applicazione della pena, non si adotta verso gli incapaci nessuna misura per impedire che tornino a commettere un reato ?

Doc.- Naturalmente, sì : il legislatore , come ti risulta dagli articoli 219,, 222, e ss. , adotta nei loro confronti delle cc.dd. “misure di sicurezza”. Misure che, però, in definitiva, concretandosi in una privazione o limitazione della libertà, finiscono per costituire, per chi le subisce, delle vere e proprie pene ( ancorché di afflittività minore della reclusione e dell'arresto ).

Disc. Ma se così é, se anche le misure di sicurezza finiscono per essere afflittive, esse si applicheranno, penso, solo se l'incapace avrà commesso un reato.(9)

Doc.- Naturalmente.

Disc.- Però l'esistenza di un reato dipende non solo da un elemento oggettivo, ma anche da un elemento soggettivo : il dolo, la colpa . Ora può parlarsi di dolo e di colpa con riferimento a un incapace ?

Doc. Certamente, sì. E per ottenerne degli esempi non occorre pensare a reati commessi da un sordomuto, da un ubriaco ( per causa fortuita ), da un minorenne : anche un infermo di mente può compiere un reato sia per intenzionalità sia per colpa : Fulano affetto da mania di persecuzione credendosi inseguito da un'auto lancia la sua a folle velocità e uccide un passante : ecco un esempio di omicidio colposo commesso da un infermo di mente (10)

Disc. E per avere un esempio di omicidio doloso basterà pensare al caso classico del malato di mania di persecuzione che, credendosi aggredito, uccide il presunto aggressore.

Page 123: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. No, questo tuo secondo esempio é sbagliato : infatti al malato, che credendosi aggredito uccide, si applica l'ultimo comma dell'art. 59 ( che prevede la c.d. “erronea supposizione di scriminante”) e pertanto lo si ritiene responsabile solo di omicidio colposo ( con la importante conseguenza che contro di lui non potrà applicarsi la misura del ricovero in un istituto psichiatrico – v. co.1 art.222 ). Per avere un esempio dii omicidio doloso commesso da persona affetta da mania di persecuzione, devi pensare al malato che uccide il presunto persecutore come vendetta ( dei presunti atti persecutori ) o per por fine ad essi.

Disc. Certamente però sarà ritenuto responsabile di un delitto colposo Fulano che , ritenendo di adempiere a un ordine dell'Arcangelo Gabriele, prende il fucile e uccide il povero Sempronio.Ma sul punto mi pare che si sia detto abbastanza: voltiamo pagina. Si può dire che tutte volte che vi é una incapacità di intendere e di volere manca la imputabilità ?

Doc. Così risulterebbe dall'articolo 85; però l'enunciazione di carattere generale di tale articolo subisce varie eccezioni negli articoli seguenti.La più importante di esse é data dall'articolo 88, che recita: “Non é imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità id intendere e id volere”.Come vedi l'articolo 88 si riferisce a casi in cui la incapacità é dovuta ( non a malattia, ma ) a infermità – infermità che potrebbe essere anche fisica(11) , ma che comunque deve influire sulla mente ( non il fisico ).

Disc.- Quindi , se l'infermità deve colpire solo la mente, dovrebbe essere considerato imputabile il casellante che, in seguito a uno svenimento o a una paralisi, omette di azionare i congegni che azionano la chiusura del passaggio a livello.

Doc.- Sì, egli dovrebbe essere considerato imputabile, però non dovrebbe lo stesso essere punito avendo egli agito senza quella coscienza e volontà, che il primo comma dell'articolo 39 pretende per la punibilità di chi ha commesso un fatto previsto come reato.

Disc. Ma che differenza fa tra l'essere prosciolto per incapacità di intendere e di volere e l'essere prosciolto per difetto di coscienza e volontà ?

Doc. Una differenza non da poco , potendo, nel primo caso, al reo essere applicata una misura di sicurezza , nel secondo caso, no.Però non perdiamoci in queste sottigliezze: veniamo alla cosa veramente importante che si ricava dall'articolo 88.

Disc.- Qual'é mai ?

Doc- E' che da tale articolo si argomenta facilmente che é imputabile, e quindi punibile, chi, al momento in cui ha commesso il reato, era, sì, in tale stato di mente

Page 124: Diritto Penale Ragionato Completo

da escludere la capacità di intendere e di volere, ma non per infermità: quindi l'articolo 88 , ne devi convenire, fa un'eccezione assai vistosa all'articolo 85.(12)

Disc. Ne convengo. Confesso che ora io, però, ho le idee piuttosto confuse : credevo che la incapacità di intendere e di volere fosse un'infermità e invece...

Doc.- Ma, sì : la incapacità di intendere e di volere é realmente un'infermità, ma non é l'infermità che , come causa dello stato di mente ( e quindi dell'incapacità), giustifica nel pensiero legislativo la non imputabilità.

Disc.- Ma allora a quali infermità si riferisce il legislatore ?

Doc.- Si riferisce a quelle infermità che, come tali, sono considerate dalla scienza medica. Questo, evidentemente, perché il legislatore - partendo dalla considerazione ( giustissima!) che il concetto di “incapacità di intendere e di volere”, essendo estremamente indeterminato, può essere interpretato in vario modo ( tot capita tot sententiae !) - ha voluto porre un freno a facili proscioglimenti e comunque a sentenze contraddittorie, ancorando il riconoscimento della non-imputabilità a un concetto, che, per essere elaborato dalla “scienza”, dovrebbe dare garanzia di inalterabilità nel tempo e di chiarezza.

Disc.- Col risultato, però, che a stabilire quando l'incapacità é causata da un'infermità e quando no, sarà, non il giudice ma il medico legale.

Doc.- Più precisamente : il medico legale dirà : se l'imputato era affetto da una infermità mentale ( al momento di commettere il reato ) ; se questa infermità influenzava, in quel momento, il suo stato mentale ; se lo influenzava nel senso di portare a una diminuzione della capacità di intendere o di volere. Il giudice, poi, dovrà valutare se la diminuzione di capacità riscontrata ( dal medico ) é tale da rendere non-imputabile l'imputato.(13)

Disc. E in tale maniera si sono evitate quei facili e contraddittori proscioglimenti di cui tu prima parlavi.

Doc.- Per nulla : si é caduti dalla padella alla brace : i criteri con cui la scienza medica individua le infermità mentali variano a seconda delle varie scuole , che sono numerosissime : é facilissimo pertanto che due medici legali, periziando lo stesso imputato, giungano, in perfetta buona fede, a soluzione opposte : l'uno, lo dichiari infermo e, l'altro, no.

Disc.- Vi é però un'infermità che, ritengo, non si presta, o almeno non si presta molto, a diagnosi differenti; e con ciò io mi riferisco al sordomutismo, previsto, dall'articolo 96, come causa di non-imputabilità.

Doc.- A dir il vero ti dovrei, almeno in parte disilludere, in quanto ha dato e dà luogo

Page 125: Diritto Penale Ragionato Completo

a soluzioni differenti, se non la diagnosi di sordomutismo, l'incidenza di questo sulla capacità di intendere e di volere ( anche perché tale incidenza é diversa a seconda che si tratti di “sordomutismo congenito” e di “sordomutismo tardivamente acquisito” ).

Disc. Andiamo oltre. Tu dicevi che l'articolo 88 fa eccezione all'articolo 85, ma a me pare che ci sia un articolo che a sua volta fa eccezione ...alla eccezione : mi riferisco all'articolo 91, che recita : “ Non é imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità di intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore”.

Doc.- E' vero, tuttavia vi é una differenza tra il caso della infermità e quello della ubriachezza : l'infermità acquista rilievo anche quando non esclude, ma “scema grandemente”, la “capacità” - questo per il disposto dell'articolo 89, che recita : “ Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso, ma la pena é diminuita”. L'ubriachezza invece acquista rilievo solo quando esclude - non quando scema, sia pure “grandemente” - la capacità di intendere.

Disc.- A me questa sembra un incongruenza, un'irrazionalità del sistema.

Doc.- Tale sembra anche a me.

Disc.- Un'irrazionalità anche mi sembra stabilire una diminuzione di pena in caso di capacità di intendere o di volere scemata. Logica e buonsenso infatti vogliono che tu, legislatore, o ritenga inutile minacciare di pena il potenziale reo ( in quanto, incapace di intendere, é anche incapace di recepire la tua minaccia ), o, se lo ritieni utile, tu, proprio in considerazione della sua scemata capacità di intendere , faccia minaccia di applicare la pena, non nel minimo, ma nel massimo : se ci si trova a trattare con un sordo o si rinuncia a parlargli ( tanto non sentirebbe) oppure se si decide di parlargli , quel che gli si deve dire, gli va gridato, non detto sottovoce.

Doc. Anche qui non posso non concordare con te.

Disc. E già che ho perso l'aire, ti dico quella che, secondo me, é un'altra grossa incongruenza e irrazionalità della normativa in subiecta materia ; e con ciò voglio riferirmi all'articolo 90, secondo cui “ gli stati emotivi o passionali non escludono o diminuiscono la imputabilità” : perché mai ?!

Doc.- Qui non ti seguo. Anzi ti dirò che a me sembra che il pensiero legislativo segua con l'articolo 88, con l'articolo 90, con gli articoli 92, 93 una linea perfettamente logica : é giusto che il reo non debba rispondere del reato quando questo é stato da lui commesso, non liberamente, ma coattivamente ( e un reato commesso in stato di incapacità di intendere o di volere può ben considerarsi coattivamente commesso ) ; però se la causa cogente avrebbe potuto essere da lui eliminata e non lo é stata, allora,

Page 126: Diritto Penale Ragionato Completo

no : allora egli deve rispondere del reato come se da lui liberamente compiuto : causa causae est causa causati.

Disc. C'é una logica in quel che dici, ma una logica che può spiegare il disposto degli articoli 92,93 : può essere giusto punire , salve le obiezioni che mi riservo di farti, Fulano che ha commessa una violenza sessuale , in uno stato di “incapacità” dovuto a ubriachezza o a ingestione di farmaci “non derivata da caso fortuito o da forza maggiore” : egli infatti ubriacandosi ( prendendo gli stupefacenti ) é venuto a dare liberamente causa a quella incapacità, che a sua volta ha causato il reato ; ma il principio causa causae est causa causati che cosa c'entra con gli articoli 88 e 90 ?

Doc. C'entra, invece. Infatti, la non imputabilità dell'incapace per infermità si giustifica col fatto che l'incapace , neanche sotto la minaccia della sanzione e da essa pungolato, avrebbe potuto eliminare la causa causae del reato, cioé l'infermità; mentre chi é reso incapace da uno stato emotivo o passionale, avrebbe potuto con un'adeguata e ferma autoeducazione eliminare l'habitus mentale, la tendenza del suo carattere, che lo ha reso vittima dello stato emotivo o passionale (14) .

Disc. E con ciò tu spieghi perché viene punito : punendolo non si fa che applicargli la minaccia della sanzione – ma , se ho capito bene il tuo pensiero , non la minaccia ( della sanzione ) volta a dissuaderlo dal compiere il reato ( tale minaccia una volta che egli era divenuto succube dello stato emotivo o passionale, sarebbe stata inutile ), ma la minaccia volta a pungolarlo all'eliminazione dello abito mentale negativo. Ho capito bene ?

Disc.- Hai capito benissimo : trenta e lode. Ma tu hai prima detto, riferendoti al principio causa causae est causa causati, che avevi qualche obiezione da fare sulla sua giustizia.

Disc. Certo : a me non pare giusto punire alla stessa maniera Fulano I, che, pienamente capace di intendere e di volere, ha commesso uno stupro, e Fulano II, che lo ha commesso in stato di ubriachezza. Mi si dirà che che, quando si é ubriacato Fulano II doveva prevedere, che l'ubriachezza avrebbe potuto portarlo a commettere una sciocchezza. L'osservazione sarebbe fondata, e io potrei trovare giusta la punizione di Fulano II con le pene previste per il reato colposo ; trovo invece ingiusta la sua punizione con le pene previste per il reato doloso.

Doc. Io potrei aggiungere che, punire Fulano a titolo di dolo e non di colpa, contrasta con la filosofia insita nel principio causa causae est causa causati : infatti in base a a tale principio il reo viene punito per il comportamento che ha dato causa all'incapacità ; e tale comportamento nel caso di Fulano II sarebbe da considerare chiaramente colposo e non doloso. Tuttavia dobbiamo considerare anche che non sempre un reato doloso ha un omologo colposo; il che significa che, se si ritenesse di punire chi compie un reato nello stato di ubriachezza solo a titolo di colpa, molte volte....... non si saprebbe per quale reato e con quale pena punirlo ( per rifarci

Page 127: Diritto Penale Ragionato Completo

all'esempio, da te prima fatto, di Fulano che commette, ubriaco, uno stupro : se non lo punisci per il reato di violenza sessuale , naturalmente dolosa, per quale reato lo punisci ? infatti non esiste nel nostro ordinamento una violenza sessuale colposa ! ). Come vedi il problema presenta nodi che non possono essere sciolti facilmente. E si può ben perdonare il legislatore se non li ha sciolti.

Disc. Voltiamo pagina : siamo sul finire della lezione, due parole ancora sull'incapacità per minore età prevista dagli articoli 97 e 98.

Doc. Vi é da dire prima di tutto che la non-imputabilità del minore si diversifica, dalle forme di non-imputabilità prima esaminate ( non-imputabilità dell'infermo, dell'ubriaco...), perchè la relativa “incapacità” é presunta : l'incapacità del minore degli anni quattordici é presunta iuris et de iure; la incapacità del minore degli anni diciotto é presunta iuris tantum , cioé la pubblica accusa può provare la capacità del minore.In secondo luogo va detto che la non-imputabiltà del minore si diversifica, dalle forme di non imputabilità da noi prima esaminate, anche perché si giustifica, non con una insensibilità del reo alla minaccia della pena, ma con l'inopportunità dell'applicazione della pena. Inopportunità che nasce dalla considerazione ( del tutto condivisibile ) che la punizione e la rieducazione del minorenne é bene sia sopratutto svolta “ dai genitori o da coloro che abbiano obbligo di provvedere alla sua educazione o assistenza ( confronta con il co. 1 art. 232 ) e, se proprio necessario, in istituti a ciò particolarmente attrezzati.

Note.1- Domanda più che lecita, dato che “il codice Rocco lascia assolutamente nel vago e nell'indefinito l'oggetto dell'intendere e del volere”. Sul punto cfr. Daniela Dawan ( I nuovi confini dell'imputabilità nel processo penale, Giuffrè, 2006, pag.87 ).Diversamente altri codici europei esplicitano l'oggetto dell'incapacità. Ad esempio per il codice tedesco ( ripreso da quelli spagnolo e portoghese ) manca la imputabilità quando vi é incapacità a rappresentarsi l'illiceità ( das Unrecht ) del fatto e di agire in conformità a tale rappresentazione.

2- Dawan ( Op. cit., p. 26) dopo aver ricordato che “il cittadino, mediante la formulazione di direttive di comportamento presidiate da sanzioni, viene motivato all'osservanza delle norme” , rileva che “ nei confronti di un soggetto inidoneo, per le sue condizioni psichiche e mentali, ad essere motivato alla predetta osservanza, l'utilizzazione del diritto penale si rivela, in conseguenza, non necessaria e decisamente incoerente”.

3- Nella Relazione della commissione speciale ( presentata al Senato il 5 giugno 1925 ) si mette in rilievo che nel progetto del nuovo codice, nella valutazione della “capacità”, non si tiene conto dell'eventuale mancanza di senso morale : “ Nella valutazione dell'evento psicologico – si legge nella Relazione - ci si deve limitare a due indagini : capacità intellettiva e capacità volitiva. Questi sono i cardini

Page 128: Diritto Penale Ragionato Completo

dell'imputabilità. Sono questi i presupposti necessari, ma anche sufficienti, sui quali si fonda la capacità d'imputazione, la così detta capacità penale”.

4- E infatti anche l'incapace di intendere e di volere recepisce la minaccia della pena ( sia pure in grado minore della persona normale, cosa per cui il legislatore dovrebbe aumentarne la forza se vuol farla da lui percepire ). “ E invero – nota Daniela Dawan ( Op. cit. p. 27 ) - non vi é prova empirica da cui desumere che l'incapace non possa mai essere trattenuto dalla minaccia di sanzioni”.

5- Nella Relazione cit. si legge : “L'articolo 88 non dice che per aversi irresponsabilità debba mancare la capacità di intendere e di volere, bensì di intendere o di volere e con ciò ha riconosciuto la possibilità che un abulico possa non essere responsabile, perché, sebbene abbia la capacità di intendere non ha normalità volitiva, e, viceversa, a una persona volitiva possa mancare la capacità di intendere”.

6-In ambito scientifico si ritiene che “ le funzioni cognitive, volitive ed emotive devono essere considerate unitariamente”. Cfr. sul punto, Daniela Dawan ( Op. cit., p. 94 ss. ).Del resto già Spinoza insegnava che “ voluntas et intellectus unum et idem sunt”.

7- E infatti oggi é pacifico nella scienza medica che la infermità di mente possa avere carattere settoriale.

8- Un legislatore, in subiecta materia, può adottare tre diverse soluzioni:Prima soluzione ( modello psicologico-normativo ) : si dà rilievo alla infermità ( per ritenere la non-imputabilità ) solo se essa é causa della incapacità di intendere o volere. E' questa la soluzione adottata dal legislatore italiano e dalla maggior parte dei Paesi europei.Seconda soluzione ( modello puramente psicopatologico o biologico puro ) : per ritenere la non-imputabilità basta l'accertamento che il soggetto é affetto da certe infermità ( indicate nella legge ) a prescindere che tali infermità abbiano inciso sulla capacità.Terza soluzione ( modello puramente normativo o puramente psicologico ) : per ritenere la non-imputabilità rileva solo l'esistenza di una incapacità di intendere o di volere, a prescindere dall'esistenza di una infermità.Sul punto cfr. M. Bartolini L'imputabilità e il vizio di mente nel sistema penale, Milano, 1990; T. Bandini , Riflessioni critiche sulla nozione di infermità in psichiatria forense, in L. Dell'Osso – A. Lomi ( a cura di ) Diagnosi psichiatrica e D.S.M. - III – R, Milano, 1989, p. 171; G. Canepa, I problemi diagnostici in rapporto ai quesiti della perizia psichiatrica, in L. Dell'Osso - A. Lomi ( a cura di ), cit., p. 181 .

9 – E la Corte di cassazione ebbe a dichiarare “inammissibile la dichiarazione di non imputabilità dell'autore del fatto ( con conseguente sottoposizione a misura di sicurezza) pur non costituendo questo un reato per mancanza di un elemento

Page 129: Diritto Penale Ragionato Completo

costitutivo. L'indagine sulla imputabilità va, invero, compiuta soltanto nell'eventualità che il preliminare accertamento degli elemnti costitutivi del reato si sia concluso positivamente” . Sul punto, cfr. D. Dawan ( Op. cit. , p. 45 ).

10 – E la disciplina delle misure di sicurezza parte appunto dal presupposto che l'azione dell'incapace possa essere dolosa o colposa. Sul punto la Dawan fa notare ( Op. cit. p. 40 ) come “ le norme che contemplano le misure di sicurezza stabiliscono dei minimi di durata a seconda della gravità del reato la quale va, tuttavia, desunta, a norma dell'art. 133 c.p., dall'intensità del dolo o dal grado della colpa. Ciò comporta che il giudice possa applicare quelle disposizioni soltanto dopo aver accertato la natura dolosa o colposa del fatto compiuto dall'incapace, stante che alcuna misura di sicurezza potrebbe essere disposta se non si fosse quanto meno in presenza di una semplice imprudenza o negligenza”.

11- Nella Relazione cit. si rileva come uno dei ( pochi ) elementi di discontinuità col codice Zanardelli, nel progetto di codice, stia nel riconoscimento che il vizio mentale possa dipendere anche da infermità fisica. Sul punto cfr. Daniela Dawan ( Op. cit. p. 18 )Peraltro il concetto di infermità é più ampio di quello di malattia mentale. E giustamente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( Sent. n. 9163/ 05 ) ritengono che il termine usato dal codice escluda la riconducibilità dell'infermità “ alle sole manifestazioni morbose aventi basi anatomiche e substrato organico ( quelle che venivano chiamate “malattie fisiche del sistema morboso centrale” )”. Sul punto cfr. Dawan ( Op. cit. , passim ).

12- E in definitiva ribalta il principio, nell'art. 85, enunciato. Di avviso contrario sono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( Sent. n. 9163/05) secondo cui le cause codificate di esclusione dell'imputabilità non possono considerarsi tassative.

13- Dawan ( Op. cit. , p. 29 ) : “ L'accertamento dell'imputabilità investe contestualmente un aspetto psicopatologico – la individuazione di una infermità – ed un aspetto normativo rappresentato dalla valutazione della rilevanza giuridica dell'incidenza di quella sulla capacità di intendere o di volere al momento del fatto”. Pertanto – rileva la Dawan - “ il vaglio giudiziale non può fermarsi al semplice ed adesivo recepimento delle conclusioni peritali: cosa che generalmente invece avviene (…..) il giudice ( finendo) per affidarsi (…) alle risultanze della perizia che ha disposto”.La Cassazione ( v. Sent., Sez. I, 4 novembre 1991, Guglietta, in Cass. Pen. 1993, 2269 ) esclude che rientri nelle competenze del giudice “ accertare quale sia in termini percentuali il grado di incidenza del vizio mentale sulla complessiva capacità di intendere o di volere”.

14- Certamente dà luogo ad una incongruenza l'art. 95, secondo cui “ per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89”. E infatti

Page 130: Diritto Penale Ragionato Completo

l'intossicazione trova pur sempre la sua causa in un'azione libera del reo ( nel suo darsi agli alcoolici o agli stupefacenti ) - azione che come tale era coercibile dalla minaccia legislativa.Invece , a nostro parere, l'art. 90 non impedisce di ritenere la non imputabilità di atti compiuti in seguito a un'incapacità dovuta a una nevrosi o a una psicopatia, quando essa non fosse curabile o il reo non avesse avuto modo di curarla per essere intervenuta al momento o a ridosso del reato.Che dire poi nei casi in cui lo stato abnorme della psiche é talmente intenso da non poter essere vinto neanche da una volontà pungolata dalla minaccia della sanzione ? In questi casi noi riterremmo la non imputabilità.La Corte di Cassazione ( Sent. , Sez.I, 9 aprile 2003, De Nardo e altro, in CED Cass.,2003, Riv. 224809 ), dopo aver premesso che “il concetto di infermità mentale recepito dal nostro codice penale, é più ampio rispetto a quello di malattia mentale”, ritiene che “ nella categoria dei malati di mente potrebbero rientrare anche dei soggetti afflitti da nevrosi e psicopatie, nel caso queste si manifestino con elevato grado di intensità e cioé forme più complesse tanto da integrare gli estremi di una vera e propria psicosi”.

Page 131: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione XV : Pena-base . Circostanze del reato : calcolo degli aumenti e diminuzioni.

Doc.- Secondo te sarebbe giusto punire tutti coloro che hanno commesso uno stesso reato con la stessa, identica pena: ad esempio, sarebbe giusto punire tutti coloro che hanno commesso un furto con , metti, tre anni ; tutti quelli che hanno commesso un omicidio, con, metti venti anni, e così via ?

Disc.- No, di certo : se la pena é come una medicina ( che deve curare il reo dalla sua inclinazione a malfare ) , il legislatore - così come farebbe un buon medico dovendo curare persone, sì, con la stessa malattia, ma di diversa gravità - dovrebbe quantificare le dosi di pena da infliggere in base alla diversa gravità della malattia del reo ( idest, in base al diverso grado della sua inclinazione a delinquere ).

Doc.- Il tuo riferimento solo all'inclinazione a delinquere é, come vedremo subito, un po' riduttivo, ma sostanzialmente il tuo ragionamento é accettabile. C' é però il fatto che, accettandolo, il legislatore sarebbe costretto a decuplicare e forse a centuplicare le norme, già troppo numerose, del codice penale ( se non altro per prevedere tutti i possibili gradi di gravità che la inclinazione a delinquere, nei vari casi concreti, può presentare ).

Disc.- Ma il legislatore può evitare ciò conferendo al giudice una certa discrezionalità nell'applicazione della pena ( indicata nella norma di legge ).

Doc. Ma così facendo il legislatore non rischierebbe di cadere dalla padella nella brace ? Concedere un potere discrezionale al giudice significa infatti creare il presupposto per inammissibili disparità di trattamento : può verificarsi che due rei, con lo stesso profilo criminale e che debbono rispondere di un fatto di identica gravità, si vedano infliggere da giudici diversi pene di diversa afflittività.

Disc.- Il legislatore potrebbe adottare una soluzione di compromesso : concedere al giudice un potere discrezionale, ma nello stesso tempo dandogli precisi criteri per l'esercizio di tale potere.

Doc. Ed é quello che appunto il nostro legislatore fa : egli dà al giudice il potere di individuare la pena tra un minimo e un massimo e, poi, gli dà dei criteri per procedere a tale individuazione (della pena nel caso concreto ). Così come risulta dagli articoli, 132, 133, 133bis.L'articolo 132 ( sotto la rubrica “ Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena: limiti” ) recita : “Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere discrezionale. - Nell'aumento e nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge”.

Page 132: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- . A me sembra piuttosto pleonastico e superfluo il contenuto del capoverso : é ovvio che se io legislatore fisso un minimo nella pena, tu, giudice, sotto tale minimo non puoi scendere . E poi che cosa c'entrano gli aumenti e le diminuzioni di pena : il giudice tra il minimo e il massimo individua la giusta pena e...basta.

Doc.- Per comprendere il dettato legislativo devi tenere presente che il legislatore alcune volte prevede in relazione a certe circostanze ( cc.dd. circostanze aggravanti e attenuanti ) degli aumenti e delle diminuzioni sulla pena ( c.d. “pena base” ) individuata, come prima ti dicevo, tra un minimo e un massimo ( minimo e massimo cc.dd. edittali ) : ad esempio , il legislatore prevede, per il reato A la reclusione da un anno ( minimo edittale ) a tre anni ( massimo edittale), e una circostanza aggravante da un giorno a un anno : il giudice, individuata ( in base agli elementi indicati negli articoli 133 e 133bis di cui subito verremo a parlare ) la giusta pena da infliggere, metti che siano due anni e sei mesi di reclusione, su questa ( che, ti ricordo, si chiama pena base ) applica l'aggravante A, ciò che può portare a una pena anche superiore al massimo edittale ( ad esempio, ad una pena di tre anni e sei mesi ). Ora il legislatore detta le regole di cui all'articolo 132, 133, 133bis, non solo per disciplinare il potere discrezionale del giudice nell'individuazione della pena base, ma anche per disciplinare il suo potere discrezionale nell'applicazione delle circostanze aggravanti e attenuanti. In altre parole i citati articoli si riferiscono sia alla applicazione della pena base sia all'applicazione delle aggravanti. E siccome la applicazione di una circostanza potrebbe portare a “forare” il minimo o il massimo edittale, il legislatore si preoccupa di avvertire ( nel capoverso dell'art.132 ) che comunque i “limiti stabiliti per ciascuna specie di pena” non debbono essere oltrepassati .

Disc. E da dove risultano tali “limiti” ?

Doc.- Tali “limiti” risultano dagli articoli 23 e seguenti.

Disc. Chiarito il punto, passiamo a parlare dell'articolo 133, che ( sotto la rubrica “Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena” ) recita: “ Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice deve tenere conto della gravità del reato desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione; 2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. - Il giudice deve tenere conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”.A me sembra giusta e razionale l'indicazione dei criteri a cui si deve ispirare il giudice nella determinazione della “pena base”; e sopratutto logico e razionale il

Page 133: Diritto Penale Ragionato Completo

raggruppamento di tali criteri in due categorie fondamentali : una attinente alla “gravità del reato” e una attinente alla “capacità a delinquere”. A te non sembra?

Doc.- A me, così, veramente non sembra . Infatti - volendo prescindere, così come fa del resto il legislatore nell'articolo in esame, del criterio attinente la maggiore o minore afflittività della pena - a me sembra che, i criteri in base a cui quantificare la pena, dovrebbero essere distinti e raggruppati a seconda dello scopo al cui raggiungimento la inflizione della pena mira. Scopo che, se tu ricordi quel che abbiamo detto nelle prime lezioni, non si riduce ad uno solo.

Disc.- Certo, ricordo bene : la pena viene inflitta per raggiungere due scopi: quello di realizzare la emenda del reo ( c.d. prevenzione speciale ) e quello di dissuadere chi fosse tentato di ripetere il reato ( c.d. prevenzione generale ). Quindi tu riterresti più giusto raggruppare i criteri de quibus a seconda che rilevino ai fini della prevenzione speciale o ai fini della prevenzione generale della pena. Pensandoci meglio, debbo riconoscere che ciò é più logico. Comincia allora a dire quali sono secondo te gli elementi, che il giudice deve tenere presenti nella quantificazione della pena ai fini dell'emenda del reo.

Doc.- Sono tutti quelli che rivelano il carattere, il temperamento del reo e quindi permettono al giudice di valutare la difficoltà maggiore o minore di una sua rieducazione ( corrispondendo ovviamente, a una difficoltà maggiore, una maggiore pena, e, a una difficoltà minore, una pena minore ). Quindi tali elementi sono dati: in primo luogo, dalle azioni, dai comportamenti del reo ( numeri due e tre del secondo comma dell'articolo in esame ); dato che il carattere di una persona ci si rivela principalmente dalle sue azioni. In secondo luogo, dalla “intensità del dolo o dalla gravità della colpa” ( confronta, n. 3 del primo comma ), da una parte, e, dall'altra, da i “motivi a delinquere” ( cfr. n1 secondo comma ) ; questo perché sia l'intensità del dolo e della colpa sia i motivi a delinquere, indicano il rispetto che il reo porta verso i beni e gli interessi altrui ( e quindi la sua maggiore o minore inclinazione ad aggredire tali beni e tali interessi ).

Disc.- Perché l'intensità del dolo e la gravità della colpa indicherebbero tale maggiore o minore rispetto ?

Doc.- Ti rispondo con una domanda : se Caio guida la sua auto in maniera talmente imprudente da far sorgere 90 probabilità su cento che un pedone ne resti arrotato, e Sempronio la guida , sì, anch'egli con imprudenza, ma con una imprudenza che fa sorgere solo 10 probabilità su cento di un incidente, secondo te dimostra più rispetto per l'incolumità altrui, Caio oppure Sempronio ? E se Caio pone una bomba sotto un'auto sapendo e volendo che il suo proprietario salti in aria ( dolo diretto ) e Sempronio pone, sì, anch'egli una bomba sotto un'auto, ma solo con l'intenzione di far saltare questa e non il suo proprietario, se pur sempre disposto a metterla anche se sicuro che a saltare in aria fossero auto e proprietario insieme ( dolo eventuale ),

Page 134: Diritto Penale Ragionato Completo

secondo te chi dei due dimostra una maggior sprezzo per la vita umana ?

Disc.- Certamente Caio.

Doc.- Tale tua risposta ti dà anche la spiegazione del perché la gravità della colpa e l'intensità del dolo rilevino per individuare la maggiore o minore inclinazione a delinquere del reo ( quell'inclinazione che va estirpata dalla pena ).Disc.- Capisco. Ma perché anche i “motivi” a tal fine rilevano ?

Doc. Anche qui ti rispondo con una domanda: tra Caio, che guida con grave imprudenza ( probabilità del 90 percento che succeda un incidente) , ma per correre al capezzale del figlio moribondo e Sempronio, che guida con un'imprudenza minore di quella di Caio ( 30 probabilità su cento di un incidente), ma per andare a ballare, chi dei due dimostra maggior sprezzo per la vita umana ?

Disc.- Caio, senza dubbio : riconosco che effettivamente, per determinare la inclinazione a delinquere del reo, bisogna operare una sorta di bilanciamento tra dolo e colpa, da una parte, e “motivi”, dall'altra.E così tu hai preso in considerazione ( in quanto rilevanti ai fini della prevenzione speciale ), oltre all'elemento di cui al numero 3 del primo comma, anche tutti gli elementi di cui al secondo comma. O meglio, tutti, eccezion fatta, per quello indicato al numero 4 : “ condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”.

Doc.- Non certo perché anche tale elemento non rilevi ai fini della determinazione della pena utile all'emenda del reo .

Disc.- Sì, ma in che senso? Nel senso di un aumento di pena ( cioé la vita del reo in un ambiente criminogeno va presa come indice di sue tendenze criminali, secondo il detto “il simile attrae il suo simile” ) o nel senso di un eventuale diminuzione di pena ( in considerazione che anche una personalità non proclive al delitto può diventarlo se vive in un ambiente criminogeno, cosa per cui basterebbe togliere il reo da tale ambiente per ridurre la sua inclinazione a delinquere e quindi per far ritenere necessaria, per estirpare questa, una pena minore ) - ?

Doc.- Permettimi una soluzione salomonica : la verità é che l'ambiente in cui vive il reo, potrà portare a un aumento o a una diminuzione della pena secondo i casi : porterà a una diminuzione della pena, nel caso la considerazione della personalità del reo , risultando sostanzialmente sana, convinca che la spinta al reato é soprattutto dovuta all'ambiente ( in cui solo per un destino ingrato il reo é vissuto ), porterà invece a un aumento della pena , nel caso, la vita in un ambiente criminale, possa essere presa invece a indice di una vitiosa constitutio del reo.

Disc.- Dobbiamo ora parlare degli elementi che il giudice deve tenere in conto nel quantificare la pena ai fini della prevenzione generale.

Page 135: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. Naturalmente si tratterà di elementi diversi, da quelli prima presi da noi in esame come indici della personalità del reo. Questo proprio perché, nel caso, non si tratta più di quantificare la pena ai fini di emendare questa personalità , ma ai fini di contrastare quella eventuale spinta a ritentare la impresa criminale ( del reo ) che può esistere in terzi ( la cui personalità é naturalmente sconosciuta ). Pertanto é qui che acquistano rilevanza gli elementi indicati nel numero uno e nel numero due del primo comma dell'articolo 133 : il giudice dovrà tenere tanto più alta la pena quanto più importante é l'interesse aggredito ( dal fatto- reato ), quanto più forte é stata la sua offesa, quanto maggiori erano state le probabilità di riuscita dell'impresa criminale ( per essere stata questa compiuta , metti, in luogo isolato, di notte, insomma in circostanze in cui la difesa pubblica o privata ne era risultata menomata ).

Disc. Parliamo ora dell'articolo 133bis, il quale ( sotto la rubrica “ Condizioni economiche del reo, valutazione agli effetti della pena pecuniaria” ) recita : “Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda, il giudice deve tenere conto, oltre che dei criteri indicati dall'articolo precedente, anche delle condizioni economiche del reo. - Il giudice può aumentare la multa o l'ammenda stabilite dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa”.

Doc.- Chiaro che condannare Caio e Sempronio - che hanno commesso un fatto-reato di identica gravità, che hanno dimostrata la stessa capacità criminale - con la stessa sanzione giuridica, metti un anno di reclusione, non significherebbe dare loro la stessa pena, come invece pretende il senso di giustizia, se quella sanzione ( quell'anno di reclusione ) fosse per loro diversamente penosa ( penoso ). Quindi é chiaro che il giudice nell'infliggere la sanzione deve tenere conto della sua afflittività per il reo – afflittività che può essere superiore o inferiore alla media ( un anno di reclusione é più penoso per ua persona di salute malferma che per un robusto giovanotto, diecimila euro di multa, sono nulla per il signor Nababbo e sono una tragedia per un pensionato ): la sanzione deve essere tanto più lieve quanto più nel caso concreto risulta afflittiva. E questo non solo in caso di sanzione pecuniaria ma anche in caso di sanzione detentiva . E non si può argomentare a contrario dal fatto che nell'articolo 133bis il legislatore prende in considerazione solo il caso della sanzione pecuniaria ; ciò essendo con tutta evidenza dovuto al fatto che più evidenti sono le ingiustizie, a cui può dare luogo la inflizione di una identica sanzione pecuniaria a persone di diversa ricchezza, e più facile il modo per rimediare a tali ingiustizie.

Disc. Così abbiamo detto dei criteri con cui il giudice deve individuare, tra il minimo e il massimo edittale, la c.d. pena base. Però tu hai prima accennato al fatto che il legislatore certe volte prende in considerazione delle “circostanze”, al fine di imporre un aumento o una diminuzione della pena base. Mi sembra il caso ora di dire dove il legislatore parla di tali “circostanze” e come queste si applicano.

Page 136: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. Il legislatore disciplina le circostanze del reato negli articoli 59 e seguenti. Quanto al modo con cui le circostanze del reato vanno applicate cercherò ora di spiegartelo con due esempi: uno relativo a un caso di concorso omogeneo di circostanze ( cioè le circostanze sono tutte attenuanti o tutte aggravanti ), l'altro relativo a un caso di concorso eterogeneo di circostanze ( alcune circostanze sono attenuanti altre aggravanti ).Esempio relativo a un concorso omogeneo: la pena per il reato A é stabilita dal legislatore tra un minimo di tre mesi e un massimo di 12 mesi e vanno applicate due circostanze attenuanti : la circostanza B, per cui é prevista una attenuazione della pena da un giorno a otto mesi, e la circostanza C, per cui é prevista un'attenuazione da un giorno a sei mesi. Ecco come il giudice procede : prima, il giudice, individua la pena base in base ai criteri indicati negli articoli 133 e 133bis : metti che la pena così individuata sia di sei mesi di reclusione ; poi, il giudice, quantifica la pena che deve essere detratta per ogni attenuante, metti che per la attenuante B debbano essere detratti 4 mesi e per la attenuante C debbano essere detratti un mese e venti giorni ; infine, il giudice, opera le detrazioni così calcolate.

Disc.- Quale attenuante applica per prima ?

Doc.- Vuoi dire quale delle detrazioni opera per prima, se quella relativa all'attenuante B o quella all'attenuante C ? Ebbene, la cosa é indifferente: il risultato non cambia : provare per credere.

Disc.- Mettiamo che, come viene naturale esprimersi, applichi per prima la attenuante B.

Doc.- Allora il calcolo é questo : sei mesi ( pena base ) - 4 mesi ( per l'attenuante B) =2 mesi – un mese e venti giorni = 15 giorni di reclusione.

Disc.- Ti sbagli : due mesi - un mese e venti giorni = 10 giorni.

Doc.- Così vorrebbe in effetti la matematica , ma così non vuole l'articolo 132, che, se ti ricordi, impone di non “oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena”. Ora il limite minimo stabilito per la reclusione é 15 giorni : quindi una condanna alla reclusione per soli 10 giorni sarebbe illegittima .A questo punto devo attirare la tua attenzione su un particolare molto importante : un successivo aumento di pena ( dovuto a una seconda circostanza aggravante ) o una successiva diminuzione di pena ( dovuta a una seconda circostanza attenuante ) , vanno applicati sul risultato ottenuto applicando ( alla pena base ) la precedente circostanza. Ciò per il preciso disposto del secondo comma dell'articolo 63, che recita: “Se concorrono più circostanze aggravanti, ovvero più circostanze attenuanti, l'aumento o la diminuzione di pena si opera ( melius, si calcola ) sulla quantità di essa risultante dall'aumento o dalla diminuzione precedente”. Insomma, il legislatore vuole che l'aumento o la diminuzione di pena venga calcolato ( non in relazione alla pena base, ma ) in relazione al risultato derivante dall'applicazione di una precedente

Page 137: Diritto Penale Ragionato Completo

circostanza.

Disc. Ma l'articolo non parla di “calcolo” ma di “applicazione” ( dell'aumento o della diminuzione di pena ).

Doc.- Effettivamente é così, ma ciò é evidentemente dovuto solo a una cattiva formulazione dell'articolo, che nel secondo comma contiene due errori . Infatti , é ovvio che una seconda diminuzione o un secondo aumento della pena ( in considerazione di una seconda circostanza ) va applicato sull'aumento o sulla diminuzione dovuti alla prima circostanza , quel che non é ovvio e che il legislatore voleva dire ma ha sbagliato nel dire ( ecco il primo errore, di cui parlavo ), é che l'aumento e la diminuzione vanno calcolati, non sulla pena base ma sul risultato dell'applicazione della prima circostanza. Il secondo errore é che il legislatore non ha tenuto presente che, come nell'esempio da me prima fatto, ci possono essere casi in cui il calcolo dell'aumento o della diminuzione non vanno fatti né in relazione alla pena base né in relazione al risultato dell'applicazione della precedente circostanza. Il caso da me prima portato ne costituisce un esempio.

Disc.- Ma tali casi sono frequenti ?

Doc.- No, a dir il vero sono rarissimi : di solito il legislatore stabilisce la quantità di con cui il giudice può aumentare o diminuire la pena base ( non indicando, come nel caso di scuola da me prima fatto, un minimo e un massimo per l'aumento e per la diminuzione, ma ) semplicemente con riferimento a una quota : ad esempio dice la pena può essere aumentata “fino a un terzo” ( vedi gli artt. 64 e segg. ) , cosa per cui può sorgere effettivamente il dubbio ( che l'articolo 63 risolve) :” fino a un terzo di che? della pena base o del risultato dell'aumento o diminuzione ecc.ecc. ?”.

Disc.- Ma cambia il risultato, a seconda che il calcolo si faccia sulla pena base o no ?

Doc.- E certo che cambia : metti che un'attenuante “fino a un terzo” tu la calcoli sulla pena base di sei mesi, la riduzione (se applichi l'attenuante al massimo ) sarà = due mesi; se, invece, la calcoli sul risultato dell'applicazione di una precedente attenuante, e metti che tale risultato sia quattro mesi, la ulteriore riduzione operabile sarà di solo un mese e dieci giorni ( prendi la calcolatrice e moltiplica 30 , idest i giorni che compongono un mese, per 4 , dividi per tre e sottrai il risultato da 120: otterrai 40 giorni cioé un mese e dieci giorni di reclusione : provare per credere ) . Come quindi puoi constatare, la riduzione della pena in caso di concorso di attenuanti é “regressiva”.

Disc.- Mentre, invece, l'aumento della pena in caso di concorso di aggravanti é progressivo : non mi pare molto giusto.

Doc.- Non ti saprei dire se é giusto o no : comunque é così.

Disc.- Prima di proseguire con l'esempio del concorso eterogeneo, voglio farti questa

Page 138: Diritto Penale Ragionato Completo

domanda : quando un elemento é previsto sia dall'articolo 132 ( sto pensando ai “motivi” del reato di cui al n. 1 del capoverso ) sia da una “ circostanza” ( sto pensando all'aggravante di cui al n. 1 dell'articolo 61 : “i motivi abbietti” )come deve regolarsi il giudice? Deve tenere conto di tale elemento, oltre che per applicare l'aggravante, anche per calcolare la pena base ?

Doc. Chiaramente , no : il giudice determinerà , prima, la pena base come se tale elemento non esistesse ( nell'esempio, come se il reo non avesse agito per motivi abietti ) e, poi, applicherà la circostanza, a tale elemento, relativa ( nell'esempio applicherà l'aggravante dell'articolo 61 ) : questo lo dice la logica e comunque lo dice anche il primo comma dell'art. 63, che recita : “ Quando la legge dispone che la pena sia aumentata o diminuita entro limiti determinati, l'aumento o la diminuzione si opera sulla quantità di essa, che il giudice applicherebbe al colpevole, qualora non concorresse la circostanza che la fa aumentare o diminuire”.

Disc.- Ma dalla norma che tu hai ora letta, sembrerebbe doversi dedurre a contrario che il giudice debba invece tenere conto dell'elemento de quo anche per la determinazione della pena base, quando la pena non sia aumentata o diminuita “entro limiti determinati”. Ciò mi sembra assurdo.

Doc. E assurdo é; ma tale assurdità deriva solo da un errore di formulazione della disposizione legislativa ( ti sarei accorto che il legislatore non dimostra di avere una mano felice nel scrivere gli articoli che riguardano le “circostanze” !).

Disc.- Un'altra domanda : che fare nei casi , sempre possibili, in cui il legislatore abbia omesso di indicare l'aumento o la diminuzione relativi a una data “circostanza” ?

Doc- Qui ti rispondono, e mi pare abbastanza chiaramente, gli articoli 64 e 65 : in sintesi : nel caso di omissione relativa a una circostanza aggravante, la “pena sarà aumentata fino a un terzo”, nel caso, invece, di omissione relativa a una circostanza attenuante, la pena sarà diminuita “in misura non eccedente un terzo”.

Disc.-. A questo punto penso che potremmo passare a parlare del concorso eterogeneo di circostanze.

Doc. Non prima però di aver almeno accennato alle cc.dd. circostanze ad effetto speciale o con pena di specie diversa. Infatti per tali circostanze il legislatore deroga ad alcune delle regole che abbiamo visto presiedere al concorso omogeneo di circostanze. Più precisamente , mentre nel caso di concorso di circostanze comuni, abbiamo visto, il giudice può applicare per prima indifferentemente l'una o l'altra , nel caso invece di concorso di una circostanza a effetto speciale ( o con pena di specie diversa ) con una circostanza comune, questa va applicata sempre per seconda ; ancora, mentre nel caso di concorso di più circostanze comuni esse vanno tutte

Page 139: Diritto Penale Ragionato Completo

applicate, nel caso invece di concorso di più circostanze ad effetto speciale (o di specie diversa ) solo una di esse , quella che provoca il più forte aumento o la più forte diminuzione, va applicata.

Disc. Quando si ha una per circostanza di specie diversa é abbastanza intuitivo : essasi ha ad esempio quando, essendo il reato A punito nella sua forma semplice , metti, con l'arresto, la presenza della circostanza lo rende punibile con la reclusione ; ma vuoi dirmi quando si ha una circostanza ad effetto speciale ?

Doc.- Si ha una circostanza ad effetto speciale quando essa importa “ un aumento o una diminuzione della pena superiore a un terzo” ( v. u.p. comma tre art. 63 ). Ma, ancor meglio delle mie parole, ti chiarirà le idee la lettura del terzo, quarto, quinto comma dell'articolo 63, che recitano : “ Quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale, l'aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta. Sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un anno.- Se concorrono più circostanze aggravanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave, ma il giudice può aumentarla. - Se concorrono più circostanze attenuanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena meno grave stabilita per le predette circostanze; ma il giudice può diminuirla”.

Disc.- Quindi é circostanza ad effetto speciale senza dubbio quella che consente un aumento “fino alla metà” ( com'é il caso per la circostanza prevista nel capoverso dell'articolo 99 ); ma può considerarsi ad effetto speciale anche la circostanza che cambia la cornice edittale della pena ( il reato semplice era punito fino a un anno di reclusione, ma per la circostanza B viene punito da sei mesi a due anni di reclusione )? in parole più tecniche, anche una delle c.d. circostanze “indipendenti” ( ciòé che portano a calcolare la pena in modo indipendente dal come é calcolata nel reato semplice, e non con aumenti e diminuzioni rappresentanti frazioni della pena prevista per il reato semplice) può essere una circostanza ad effetto speciale ?

Doc. Direi proprio di sì , purché il minimo o il massimo ( della nuova cornice edittale) superino di un terzo il minimo o il massimo edittale della vecchia cornice: ad esempio le circostanze previste dall'articolo 625 vanno considerate circostanze ad effetto speciale ( mentre tali non vanno considerate quelle dell'articolo 609ter ).

Disc. Ma a me pare che anche alle circostanze aggravanti dell'articolo 609ter dovrà applicarsi il terzo comma dell'articolo 63; voglio dire che a me pare che concorrendo una circostanza “indipendente” con altra circostanza, la prima debba essere applicata sempre per prima : sbaglio?

Doc.- No, non sbagli ; d'altra parte come potrebbe essere diversamente, data la

Page 140: Diritto Penale Ragionato Completo

struttura delle circostanze de quibus ?

Disc. A questo punto possiamo davvero procedere oltre, facendo il secondo esempio che ti eri proposto : quello sul concorso eterogeneo di circostanze : la pena base é sempre sei mesi, vi sono sempre due circostanze attenuanti B e C , però vi é anche la circostanza aggravante D : che fare ?

Doc. Bisogna fare una sorta di bilanciamento , e se si accerta che “pesano” di più le circostanze aggravanti si applicano solo gli aumenti di pena ad esse relativi, mentre se si accerta che hanno maggior peso le circostanze attenuanti, si applicano solo le diminuzioni ad esse relative.

Disc.- E se circostanze attenuanti e aggravanti si controbilanciano perfettamente ?

Doc. Non si applicano né le une né le altre. Tutto questo risulta dall'articolo 69, che recita. “ Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tiene conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti .- Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tiene conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti. - Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.- Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole ( 1 ), esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma,, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi é divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti ( 2), ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato”.

Disc. Penso che tale, diciamo così, semplificazione operata adl legislatore nasca dalla volontà di evitare calcoli troppo ingarbugliati; e che pertanto non si applichi nei casi in cui tale pericolo non si verifichi ; quindi nei casi in cui il legislatore tiene conto di una circostanza per stabilire la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato; é così?

Doc.- Mi pare che tu non abbia seguito con la dovuta attenzione la lettura dell'ultimo comma dell'articolo 69 ; da questo comma infatti risulta chiaramente che non é per nulla così : anche in caso che la pena sia determinata “ in modo indipendente da quella ordinaria del reato” si opera il bilanciamento. Per fare un esempio facciamo riferimento a una precisa disposizione di legge, quella di cui all'ultimo comma art. 577: con questa disposizione il legislatore, per il caso che l'ucciso sia il coniuge, determina la pena in modo diverso da come l'ha determinata per il reato semplice nell'articolo 575 : infatti in questo articolo é stabilita una pena “ non inferiore ad anni ventuno”, mentre nell'ultimo comma dell'articolo 577 viene stabilita una pena “da

Page 141: Diritto Penale Ragionato Completo

ventiquattro a trenta anni”. Ora metti che concorra una circostanza attenuante, ad esempio l'aver agito in stato d'ira ( v. melius il n.2 dell'articolo 62 ), in tal caso il giudice, se riterrà prevalente l'attenuante , non terrà conto della aggravante ( e quindi, potrà fissare la pena in 21 anni , e non in 23 anni, e partendo da tale pena base scendere, in considerazione dell'attenuante, fino a 14 anni ); se invece riterrà l'aggravante prevalente, potrà fissare la pena base tra i 24 e 30 anni e non opererà da essa nessuna detrazione ( così come se la circostanza attenuante non esistesse ).

Disc. Però di fatto essa esiste e sarebbe davvero ingiusto non tenerne conto : parificare nella pena l'uxoricida, che uccide frigido animo e quello che uccide in stato d'ira determinato dal fatto ingiusto altrui.

Doc. Il giudice potrà tenere conto di tale elemento attenuante ai sensi dell'articolo 133.

Disc.- Ma se già altri elementi a cui fa riferimento l'articolo 133 portassero ad assestare la pena nel minimo., come potrebbe tenerne conto.

Doc.- Hai ragione tu : indubitabilmente in tal caso, non potendosi tenere conto dell'elemento attenuante la pena risulterebbe ingiusta.

Note( 1 ) Circostanze inerenti alla persona del colpevole sono ad esempio quelle che attengono alla recidiva, alla miniore età, alla seminfermità di mente.

(2) Il testo previgente così disponeva : “Le disposizioni precedenti si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato”. Questa disposizione fu riformata nel senso in cui appare ora il quarto comma dell'art.69. Questo ( piuttosto ingarbugliato nella sua formulazione, cosa per cui , per capirci qualche cosa, lo studioso farà bene a leggerselo una prima volta omettendo la parte che abbiamo messo in corsivo) “ per un verso conferma – stiamo riportando le parole chiarificatrici contenute nel Codice penale spiegato articolo per articolo , edito da Simone – l'applicabilità delle regole di cui all'art. 69 alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, non ché a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato, ma, per converso, pone un'espressa deroga per la fattispecie circostanziale aggravante della recidiva reiterata, nonché per le circostanze che prevedono un incremento sanzionatorio a carico di chi determini al reato una persona non imputabile o non punibile ( art. 111 c.p.), ed a carico di chi determini a commettere il reato un minore degli anni 18 o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica, ovvero si sia comunque avvalso degli stessi nella commissione di un delitto per il quale é previsto l'arresto in flagranza,

Page 142: Diritto Penale Ragionato Completo

specificando che, rispetto a tali circostanze, sussiste un divieto assoluto di considerare prevalenti eventuali circostanze attenuanti sulle ritenute aggravanti”.

Lezione XVI : Elemento soggettivo e circostanze del reato.

Disc.- Il legislatore può configurare un elemento di fatto come circostanza del reato anziché come suo elemento costitutivo e viceversa ?

Doc.- Certamente lo può : un'elementare tecnica legislativa ciò gli permette. Ad esempio, l'elemento configurato come aggravante nel numero 1 dell' art. 577 ( l'essere l'omicidio commesso contro il padre ) può essere trasformato in elemento costitutivo da una norma che, metti sotto la rubrica “Reato di parricidio”, reciti “ Chiunque cagioni la morte del proprio padre é punito con tot anni di reclusione”. E naturalmente l'elemento costitutivo di una tale eventuale norma potrebbe trasformarsi in circostanza aggravante – così come di fatto lo é nel nostro codice ( vedi gli articoli 575 e 577 ).

Disc.- Ma, il considerare un elemento come circostanza del reato o come suo elemento costitutivo, é cosa indifferente o comporta diverse conseguenze giuridiche ?

Doc.- Comporta diverse conseguenze, sia nel calcolo della pena sia nella rilevanza da attribuirsi all'elemento soggettivo.

Disc.- Dai un esempio delle diverse conseguenze che, la configurazione di un fatto come elemento costitutivo anziché come circostanza del reato, può comportare.

Doc.- L'esempio potrebbe essere questo : prima ipotesi: reato di omicidio punito, metti, col minimo edittale di 18 anni, ( non guardare il codice perchè quello che ti sto facendo é un caso di scuola e prescinde da quanto stabilisce in realtà l'articolo 575 ) : in tale ipotesi,un giudice benevolo, in presenza di due circostanze attenuanti, A e B, e dell'aggravante costituita appunto dell'essere stato l'omicidio perpetrato contro il padre , potrebbe, ritenuta la prevalenza delle attenuanti sull'aggravante, giungere a comminare solo 8 anni : infatti, 18 – 6 ( per l'attenuante A ) - 4 ( per l'attenuante B ) = 8 . Seconda ipotesi : reato di parricidio punito col minimo edittale di 24 anni: il giudice benevolo di prima, ancorché come prima applichi nella loro maggiore estensione le due attenuanti, potrebbe solo giungere ad applicare la pena di 11 anni e 8 mesi ; infatti, 24 anni – 8 anni ( per l'attenuante A ) - 5 anni e 4 mesi (per l'attenuante B ) = 11 anni e 8 mesi.

Disc.- Ora devi dire sulla diversa rilevanza che assume l'elemento soggettivo a seconda che un fatto sia configurato come circostanza del reato o come suo elemento costitutivo.

Page 143: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Tu fammi delle domande sulla rilevanza dell'elemento soggettivo per le circostanze del reato. E io, quando é il caso, ti farò notare le differenze - che non sono moltissime, ma, come vedremo, ci sono - nella disciplina di tale elemento per le circostanze di reato e per gli elementi costitutivi di reato.

Disc.- Prima domanda : Bianchi ruba un anello, non sapendo che é cosa di nessun valore: si applica l'attenuante di cui al numero 4 dell'articolo 62 ( attenuante concessa per “ aver cagionato alla persona offesa dl reato un danno patrimoniale di speciale tenuità” )- ?

Doc.- Sì, si applica. Così come si valuterebbe a favore di Bianchi un causa di esclusione della pena ( stato di necessità, legittima difesa, uno dei rapporti di parentela che per l'articolo 649 escludono la punibilità....) anche se da lui fosse stata ignorata ( Bianchi ha rubato un anello di proprietà della madre credendo che invece fosse di proprietà di un terzo - cfr il già citato art. 649). Tutto ciò risulta dal primo comma dell'articolo 59, che recita : “Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell'agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti”.Come é facile notare, l'articolo 59, in questo suo primo comma, é in perfetta linea con la disciplina data, al c.d. reato putativo, dal primo comma dell'articolo 49, che , se ti ricordi, recita : “ Non é punito chi commette un fatto non costituente reato nella supposizione erronea che esso costituisca reato”.

Disc.- Quindi, nell'ipotesi, che il fatto ( determinante la attenuazione di pena ) fosse configurato come circostanza del reato o come suo elemento costitutivo, nulla rileverebbe. Quid iuris nel caso, in un certo senso simmetrico a quello ora visto, nel caso cioè che il reo creda erroneamente di agire in presenza di una circostanza aggravante.

Doc.- Anche in tal caso non si tiene conto della situazione di fatto reputata dall'agente ma di quella effettivamente esistente; e la circostanza aggravante putativa non si calcola : per rifarci all'esempio prima fatto ( visto però da una diversa angolazione ) Bianchi, che crede di rubare un preziosissimo gioiello ( nel qual caso esisterebbe l'aggravante dell'art.61 n.7) mentre ruba cosa di nessun valore, viene punito, sì, per furto, ma nella sua forma semplice, non aggravata.Ciò risulta dal terzo comma ( sempre dell'art.59 ) , che recita: “ Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti (….), queste non sono valutate contro (…) di lui”.

Disc.- Quindi anche qui può richiamarsi la conformità ai principi espressi nel primo comma dell'articolo 49 ecc.ecc.Vediamo però che succede nel caso inverso a quello ora fatto : il nostro Bianchi questa volta ruba un quadro , credendolo opera di un dilettante, mentre é dovuto al pennello di un maestro e ha rilevantissimo valore.

Page 144: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. Ecco un caso in cui la disciplina legislativa in parte cambia, a seconda che l'elemento di fatto “valore rilevante della refurtiva” venga configurato dal legislatore come circostanza aggravante ( cfr. il n.7art.61 ) o come elemento costitutivo del reato.

Disc.- Comincia col dire la parte in cui la disciplina non cambia.

Doc.- La disciplina non cambia, nel caso che l'agente non fosse stato a conoscenza, senza sua colpa, dell'elemento di fatto de quo; in tal caso infatti, di tale elemento, non si dovrebbe tenere conto, sia che esso fosse configurato come circostanza aggravante ( di conseguenza non si dovrebbe operare il relativo aumento di pena ) sia che venisse considerato come elemento costitutivo ( e di conseguenza, l'agente non potrebbe essere ritenuto responsabile di nessun reato ).

Disc. E ora dimmi dove la disciplina legislativa diventa diversa ( a seconda che l'elemento di fatto sia configurato come elemento costitutivo o come circostanza aggravante del reato ).

Doc.- La disciplina diventa diversa dove dispone che l'ignoranza dovuta a colpa dell'elemento di fatto , nel caso che tale elemento sia costitutivo del reato, rilevi per escludere la responsabilità penale, nel caso invece tale elemento sia configurato come circostanza aggravante, non rilevi per nulla : il Bianchi che per sua grassa ignoranza della storia e dell'arte ha rubato un quadro ignorando che fosse di Raffaello, risponde con una pena aggravata dalla circostanza di cui al numero 7 dell'articolo 61. Tutto ciò risulta dal secondo comma, sempre dell'articolo 59, che recita: “ Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa”

Disc.- Ma perché mai l'ignoranza di un'aggravante rileva solo se non dovuta a colpa ?A me sembra che aggravare la pena per una “circostanza” (e aggravarla negli stessi limiti, massimo e minimo!), sia che il reo conosca tale circostanza sia che per colpa la ignori , sia tanto ingiusto come punire con identica pena un omicidio, sia che sia stato commesso con dolo sia che sia stato commesso con colpa.

Doc.- Francamente io non ti so dire il perché della soluzione adottata dal legislatore, che anche a me pare assurda. La cosa più probabile é che il legislatore si sia reso conto di essere stato troppo di manica larga , se mi permetti l'espressione, nel non valutare a carico dell'agente una aggravante, solo che sia stata da lui ignorata; e ha allora pensato di restringere, il “beneficio” concesso con troppa larghezza, con il criterio di escluderne i casi in cui la circostanza é, sì, ignorata ma per colpa del reo. Ma questo é un criterio effettivamente non giusto.

Page 145: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Quale altro criterio avrebbe dovuto adottare , allora ?

Doc.- Il criterio della ratio che ha dettata la aggravante : se a dettare l'aggravante é stata, ad esempio, la considerazione della maggiore capacità criminale che essa rivela ( pensa, all'aggravante prevista dal n. 4 dell''art. 61 : l'aver agito “con crudeltà” ) o l'esigenza di una maggiore tutela della parte offesa ( pensa all'aggravante prevista dal n.10 sempre dell'articolo 61 ), diventa giusto non aggravare la pena nel caso che il reo ignori di agire in presenza di tale aggravante ( il reo ha usato un veleno che dà una morte atroce ignorando gli effetti che produce, il reo ha leso un pubblico ufficiale ignorando tale sua qualità )(1) ; se invece a dettare l'aggravante é stata la considerazione dell'allarme sociale che il reato, in presenza di tale circostanza, provoca ( pensa all'aggravante di cui all'art. 61 n. 7 : il grave danno provocato dal reato alla parte offesa), allora diventa assurdo tenere conto dell'elemento soggettivo : infatti tale allarme sarebbe stato lo stesso sia che il reo sapesse o no di agire in presenza dell'aggravante : il furto della “Gioconda” crea allarme sociale grandissimo sia che il ladro sappia sia che non sappia di rubare un'opera d'arte.

Disc.- Trovo giusto quel che dici; ma tu non pensi che si possa procedere ad un'interpretazione restrittiva della legge in base al criterio da te ora indicato ?

Doc.- A dir il vero io penso di sì.

Disc. Quindi come ci sono degli elementi, e mi riferisco alle condizioni di punibilità, di cui va tenuto conto per affermare la responsabilità penale dell'autore di un fatto, anche se da lui ignorati ( 2 ) ( e questo perché ad essi il legislatore dà rilevanza in considerazione dell'allarme sociale che provocano, non della capacità a delinquere che rivelano ), così, secondo te, vi sarebbero degli elementi, di cui andrebbe tenuto conto per un aggravamento della pena, anche se ignorati dal reo ( e anche qui perché ad essi il legislatore dà rilevanza solo per l'allarme sociale che provocano ). La tesi mi pare dotata di logica e ben fondata; ma ora de hoc satis; ci siamo anche troppo trattenuti a parlare delle circostanze aggravanti, dobbiamo vedere ora che cosa dispone il legislatore per le circostanze attenuanti.

Doc.- Lo faremo, ma non prima di aver preso in esame il primo comma dell'art. 60, che recita : “ Nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico dell''agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole”.

Disc.- Quindi se Bianchi volendo caricare di legnate Rossi, nella notte vedendoci male, compie un errore di persona e carica di legnate Verdi, che é un pubblico ufficiale, l'aggravante di cui al n.10 dell'articolo 60 non gli si applica. Ma ciò non risultava già dal secondo comma dell'articolo 59?! In definitiva a me sembra che il primo comma dell'articolo 60 sia inutilmente ripetitivo!

Page 146: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. Ma siccome non si può attribuire al legislatore ( fin che é possibile!) l'assurdità di dettar norme inutilmente ripetitive , occorre interpretare il comma 1 dell'articolo 60 in modo da fargli dire qualche cosa di diverso dal comma 2 dell'articolo 59 ; il che si si può ottenere solo interpretandolo nel senso che l'ignoranza di una circostanza aggravante ( che riguardi le condizioni o qualità della persona offesa ecc.ecc)., esclude che tale circostanza sia posta a carico dell'agente, anche se tale ignoranza é dovuta a colpa di questi.

Disc.- E ora passiamo veramente a parlare delle attenuanti : il signor Bianchi ritenendo che il signor Rossi lo abbia reso cornuto, nel comprensibile stato d'ira che ciò gli provoca, gli dà un bel pugno ; pugno immeritato perché il Rossi sempre si é comportato col massimo rispetto verso la moglie del Bianchi : a questi si applica o no l'attenuante di cui al numero due dell'articolo 62 ( l'attenuante per aver agito in stato d'ira determinato dal fatto ingiusto altrui ) ?

Doc.- Almeno in base alla lettera del comma tre dell'articolo 59 la risposta dovrebbe essere positiva ; infatti tale articolo recita . “Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze (….) attenuanti, queste non sono valutate (….) a favore di lui “.

Disc.- A me sembra veramente assurdo che, nel caso Fulano abbia commesso un reato ignorando l'esistenza di un'aggravante, questa non si applichi, e, nel caso invece abbia commesso un reato ritenendo per errore un'attenuante, questa si applichi : forse che in entrambi i casi Fulano non ha agito nella convinzione di commettere un reato meno grave di quello effettivamente realizzato ?

Doc. Non ti posso dare torto. A parziale scusante del legislatore vi é che egli, poi, nel secondo comma dell'articolo 60, dispone che “ sono (…) valutate a suo favore ( idest, a favore del reo ) le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni , le qualità o i rapporti predetti( idest, “ le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole”).

Disc. Anche così la soluzione legislativa non mi sembra molto accettabile : non pensi che , come per le aggravanti, anche per le attenuanti si debba tenere conto, per decidere sulla rilevanza di una loro ignoranza, della ratio delle attenuanti stesse.

Doc.- Certo che lo penso ; e nell'esempio fatto, in cui l'attenuante é stata con tutta evidenza dettata dal legislatore in considerazione della minore capacità a delinquere del reo, io, se tale attenuante da questi ( idest, dal reo ) fosse stata ritenuta erroneamente esistente, la applicherei.Debbo inoltre far notare che la soluzione legislativa adottata dal legislatore per le circostanze attenuanti appare tanto più assurda in quanto, per quel che riguarda le circostanze che escludono la pena, il legislatore adotta una soluzione del tutto opposta; infatti il quarto comma dell'articolo 59, recita : “ Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non é esclusa, quando il fatto é preveduto dalla legge come delitto colposo”.

Page 147: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Per ritornare al discorso da cui eravamo partiti all'inizio della lezione ( discorso che riguardava, se ben ricordi, la diversa disciplina data dal legislatore , in relazione all'elemento soggettivo, a un elemento di fatto, a seconda che sia configurato come elemento costitutivo o come circostanza del reato ) il comma terzo dell'articolo 59 non ti sembra che dia un esempio di una tale diversità ?

Doc.- Direi di si.

Note.(1)Se é vero, com'é vero, che la pena é aumentata per chi agisce crudelmente in considerazione della maggiore capacità a delinquere da lui dimostrata, é intuitivo che non ha senso applicare l'aumento nel caso il reo non sapeva di agire crudelmente, dato che l'agire crudelmente senza sapere di agire crudelmente non rivela per nulla una maggiore malvagità. ( in parole più tecniche, una maggiore capacità a delinquere).Prendiamo ora il caso dell'aggravante di cui al numero 10 dell'articolo 61. Evidentemente l'aumento di pena minacciato a chi offende un pubblico ufficiale ha la funzione di offrire a questi una maggiore tutela : Fulano che non si asterrebbe dell'offesa al p.u se la pena minacciata fosse solo 10, é probabile che se ne astenga se la pena é aumentata a 15. Così pensa il legislatore e così può essere, se Fulano é a conoscenza che la persona che vuole offendere é un p.u.; in caso contrario, così come non sa di stare per offendere un p.u così neanche risente l'effetto intimidatorio della minaccia di un aumento di pena ( per il caso offenda un p.u. ) : minacciare l'aumento di pena a Fulano é come minacciare un sordo. E come, nel caso, non ha senso minacciare, prima, un aumento di pena, così non ha senso, dopo, applicare tale minaccia.

(2) Art. 44 ( Condizione obiettiva di punibilità ) - Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato anche se l'evento da cui dipende il verificarsi della condizione, non é da lui voluto”

Page 148: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione XVII : Il reato aberrante.

Doc.- Il reato aberrante viene dalla Dottrina distinto in tre diverse categorie : quella dell' aberratio ictus, quella dell' aberratio delicti, quella dell'aberratio causae.

Disc. Cominciamo a parlare dell'aberratio ictus.

Doc.- No, conviene cominciare dall'aberratio delicti, in quanto la disciplina dell'aberratio ictus si presenta in definitiva come una deroga a quella dell'aberratio delicti.L'aberratio delicti si ha quando il reo provoca un evento diverso da quello voluto : Fulano voleva uccidere, sparando una fucilata, il cavallo di Manuel , sbaglia la mira e, invece del cavallo, uccide il cavaliere.Se tu fossi il legislatore, quale reato o quali reati addebiteresti a Fulano.

Disc. Certamente gli addebiterei il reato tentato di danneggiamento; e in più gli addebiterei anche l'omicidio colposo di Manuel, se l'errore nella mira ( l'errore nell'esecuzione del disegno criminoso) fosse dovuto a colpa ( il che quasi certamente sarebbe nel caso, mentre in altri invece potrebbe non essere : penso al caso che Fulano tiri la fucilata in un cespuglio, credendo che vi si nasconda la gallina di Manuel, mentre invece del tutto imprevedibilmente vi si nasconde il figlio di Manuel : in un tal caso io addebiterei a Fulano solo il tentativo di danneggiamento e non lo riterrei responsabile di nessun altro reato ).

Doc.- Bravissimo, la soluzione da te proposta é quasi eguale a quella adottata dal legislatore nell'articolo 83, che ( sotto la rubrica “ Evento diverso da quello voluto dall'agente” ) recita: “ Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto é preveduto dalla legge come delitto colposo. - Se il colpevole ha cagionato altresì l'evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati” .

Disc.- Quasi eguale non significa eguale : dov'é eguale e dov'è diversa la soluzione da me proposta.

Doc.- E' eguale là dove prevede la punizione di Fulano, sia pure con le riduzioni di pena relative al tentativo ( art. 56 ), per il reato “ideato” ( il danneggiamento ).

Disc.- Ma leggendo il primo comma dell'articolo 83 non vi vedo per nulla scritto che il tentativo del reato progettato va punito, vi trovo solo scritto quando e come va punito il fatto che ha cagionato “ l'evento non voluto”.

Doc.- Non ve lo trovi scritto solo per un difetto di formulazione della norma . Infatti sarebbe assurdo che al reo non fosse addebitato il tentativo ( del reato ideato) –

Page 149: Diritto Penale Ragionato Completo

tentativo che, bada, non può mancare, é in re ipsa. Per convincerti di tale assurdità ripensa all'esempio prima fatto, ma invertendo i termini : Fulano volendo sparare al cavaliere uccide il cavallo : se il tentativo non fosse punito, Fulano per quel che ha fatto ( che pure é un fatto che crea grandissimo allarme e indica gravissima capacità a delinquere) non sarebbe punito per nulla : neanche per il danneggiamento, dato che il primo comma dell'art.83 prevede una punizione, per il fatto cagionante l'evento non voluto, solo se tale fatto é previsto come delitto colposo, e il nostro Ordinamento non prevede un delitto di danneggiamento colposo.

Disc.- Bene, sono contento che, la soluzione data da me al caso, almeno in un punto sia identica a quella data dal legislatore. Dimmi ora il punto in cui, invece, la mia opinione si divarica da quella del legislatore.

Doc E' il punto in cui tu ritieni che il reo risponda dell'evento non voluto solo se questo é dovuto a sua colpa. Certamente non é così .

Disc. Ma la lettera della legge , parlando di “ errore nell'uso dei mezzi ecc.ecc.” farebbe invece proprio pensare che sia così.

Doc.- Ma se così veramente fosse , se ragionando ab absurdo il legislatore avesse voluto far dipendere la punibilità dell'evento non voluto dall'esistenza di una colpa nell'agente, egli si sarebbe potuto benissimo risparmiare la fatica di scrivere l'ultima parte del comma in questione : infatti anche in sua mancanza nessuno mai avrebbe dubitato che il reo dovesse rispondere come delitto colposo del fatto di aver causato colposamente l'evento . Senza dubbio, dunque, nell'articolo 83 il legislatore fa applicazione del principio espresso nella massima qui in re illicita versatur respondit etiam pro casu – principio che peraltro trova applicazione anche in altre norme del codice ( pensa all'art.584, pensa all'articolo 586 ) e che é senz'altro giusto, come abbiamo già avuta occasione di dire : chi viola una norma penale deve sapere che lo fa a proprio rischio ( deve sapere, cioé, che, così facendo, risponderà anche di eventi da lui non voluti e da lui non causati con colpa ), perché il sapere questo sarà per lui un pungolo ulteriore al rispetto della legge ( ulteriore rispetto alla minaccia della sanzione prevista per il reato che ha intenzione di compiere ).

Disc.- Fino ad adesso abbiamo parlato del primo comma, parliamo ora del secondo.

Doc.- Il secondo comma prevede il caso che l'azione del reo abbia causato, oltre all'evento progettato, un evento non voluto ( cosa per cui nel caso si usa parlare di “reato aberrante bilesivo” , in opposizione al reato aberrante monolesivo”, che si ha, com'é intuitivo, quanto l'azione, come nei precedenti esempi, abbia causato solo un evento ). E dà di tale caso una disciplina , direi, ovvia: Fulano ha commesso due reati ( ha ucciso cavallo e cavaliere )? se così, deve rispondere di entrambi seguendo le regole sul concorso dei reati : che c'é di più ovvio?! ( e purtuttavia, anche se ovvia, la cosa andava detta, perché, avrebbe potuto far sorgere dubbi in contrario, la diversa

Page 150: Diritto Penale Ragionato Completo

disciplina che al caso dà il legislatore nell'ipotesi di aberratio ictus.).

Disc.- Penso che tali regole sul concorso dei reati si applichino anche nell'ipotesi contemplata nel primo comma : l'ipotesi in cui l'azione del reo, fermatasi al tentativo senza produrre l'evento progettato, concorra, come delitto tentato, col delitto colposo derivante dalla causazione dello “evento non voluto”.

Doc.- Certamente é così, anche se il nostro legislatore, un po' pasticcione, espressamente non lo dice.

Disc. In conclusione l'unico elemento di novità che introduce l'articolo 83 é dato dalla punibilità, come delitto colposo, di un'azione, che colposa non é. Tutte le altre sono chiacchere, che il legislatore poteva risparmiarsi.

Doc.- In buona sostanza é così, anche se le parole da te usate sono troppo forti e irrispettose.

Disc.- Lasciamo perdere, passiamo all'articolo 82, che prevede la c.d. aberratio ictus.

Doc – Cominciamo col premettere due considerazioni per inquadrare subito la fattispecie, dall'articolo 82, disciplinata:Prima considerazione : nell'aberratio ictus il reo viene ad offendere una persona che....non vuole offendere : Fulano spara e uccide Manuel, che egli, se non fosse caduto in errore, giammai avrebbe ucciso.

Disc.- Allora si ha un'aberratio ictus anche nel caso in cui Fulano uccida la moglie credendo erroneamente che abbia commesso adulterio ?

Doc.- Assolutamente, no; faresti uno strafalcione dicendo questo : ohibò!!! il reato commesso per errore , immaginalo come un ampio genus, che comprende due diverse species : quella dell'errore-motivo e quella dell'errore-inabilità : si ha errore-motivo nel caso del tuo esempio ( marito che fa un uxoricidio ritenendo un'inesistente adulterio ), si ha errore.inabilità nel caso di Fulano, che vuole uccidere Francisco e non Manuel, sbaglia mira e uccide il primo . Ora l'aberratio ictus si ha solo quando l'agente provoca un evento ( da lui ) non voluto in seguito ad un errore-inabilità o come dice il legislatore per un “errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato”.

Disc. Ma questa distinzione tra errore-motivo ed errore-inabilità é importante ?

Doc. Certo che é importante , dato che, a seconda che si ricada in una specie di erore o nell'altra, cambia la disciplina legislativa. Come ci riserviamo di indicare , dopo aver esposto la disciplina dell'aberratio ictus . Passiamo ora alla seconda considerazione che ci eravamo ripromessi di premettere a questa esposizione.Seconda considerazione : mentre nell'aberratio delicti , l'evento ideato dal reo e l'evento realizzato erano diversi, nell'aberratio ictus i due eventi sono eguali ( diversa

Page 151: Diritto Penale Ragionato Completo

é solo la persona offesa).

Disc.- La cosa ha importanza ?

Doc.- Certo, perché é proprio essa che spiega la diversa disciplina dell'aberratio delicti rispetto all'aberratio ictus. Nell'aberratio ictus, come subito vedremo, il reo viene punito per il reato ideato; nell'aberratio delicti invece, lo abbiamo visto, così non é, e così non può essere, perché, data la diversità degli eventi, punire il reo solo per l'evento ideato potrebbe significare punirlo in modo irrisorio per un fatto invece gravissimo : metti che Fulano spari una fucilata solo al fine di rompere una vetrata della casa di Manuel e invece uccida Manuel : é chiaro che comminare a Fulano solo le pene previste per il danneggiamento ( reato ideato ) non costituirebbe per nulla una risposta adeguata alla gravità del reato effettivamente realizzato ( un omicidio!). Questo, diciamo così, inconveniente, invece, non si può invece realizzare quando gli eventi ( quello ideato e quello prodotto ) sono , se non proprio identici, omogenei : per esempio, due omicidi, due danneggiamenti

Disc. Capisco . Ma ora passiamo davvero, prima, alla lettura, poi, all'esame dell'articolo 83, che ( sotto la rubrica “ Offesa di persona diversa da quella alla quale l'offesa é diretta” ) recita : “ Quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per altra causa, é cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno alla persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell'articolo 60. - Qualora, oltre alla persona offesa, sia offesa anche quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà”

Doc.- Mettiamoci in questo caso : Fulano spara per uccidere Manuel e invece uccide Francisco , di cui , tanto per drammatizzare un po' l'esempio , mettiamo, egli é figlio. Tu sei il legislatore: quali reati addebiteresti a Fulano?

Disc.- Io gli addebiterei il tentativo di omicidio (doloso ) nei confronti di Manuel, e, in più ( ma solo nel caso che sia dovuto a errore colposo ), l'omicidio di Francisco.

Doc.- Quindi, nel caso non vi fosse una colpa nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato ( cosa ben possibile: Fulano spara, ma Francisco imprevedibilmente si muove e intercetta la pallottola ), tu infliggeresti a Fulano solo le pene previste per il reato di tentato omicidio. Eppure il morto c'é stato ( e ciò ha commosso l'opinione pubblica )! eppure Fulano ha dimostrato di non essere intimidito e di non desistere dall'azione delittuosa nonostante le gravi pene previste per il reato consumato di omicidio ( con ciò dimostrando una notevole pericolosità sociale ) !!!

Disc.- Sì, mi rendo conto, la pena risulta misera rispetto all'allarme sociale suscitato dall'azione del reo e alla capacità a delinquere da lui dimostrata ; ma i principi che informano il nostro Ordinamento vogliono questo : anche chi commette un reato

Page 152: Diritto Penale Ragionato Completo

putativo ( art.49 co.1) rivela una notevole capacità a delinquere, e ancor più la rivela chi fa un tentativo di reato ( art.56) anche se impossibile ( art.49 co.2 ), eppure il nostro legislatore punisce con pena ridotta chi fa il tentativo e non punisce affatto che compie un reato putativo o esegue un tentativo impossibile.

Doc.- Sì, te ne dò atto, i principi che informano il nostro Ordinamento sono questi ; ma sono principi falsi e bugiardi. E fortunatamente in subiecta materia il legislatore, come un pazzo ( ahimè momentaneamente!) rinsavito, da tali principi si allontana; così come ti risulta dalla semplice lettura dell'articolo in esame: Fulano viene punito per il reato ideato, non per quello consumato ; ciò evidentemente in considerazione della càpacità criminale da lui dimostrata tentando l'omicidio di Manuel e dell'allarme sociale provocato causando la morte di Francisco.

Disc. Ma tale maggiore severità nella disciplina dell'aberratio ictus rispetto a quella dell'aberratio delicti, viene, però, in un certo senso compensata dal fatto che, mentre nell'aberratio delicti il reo é chiamato a rispondere anche dell'evento “non voluto”, nell'aberratio ictus , invece, il reo non viene chiamato a rispondere di tale evento.

Doc.- Effettivamente l'azione, che ha causato l'evento non voluto, viene, nell'aberratio ictus, per così dire assorbita nel reato “ideato” , e questo solo viene punito.

Disc. Eppure concentrare la repressione punitiva solo sul reato ideato, non dà soddisfazione a una delle esigenze che tale repressione deve invece soddisfare : quella di acquietare l'allarme sociale. Questo allarme sociale, infatti, é determinato soprattutto dallo “evento voluto”: é il cadavare insanguinato di Francisco, che grida vendetta, non Manuel che ha corso, sì, pericolo, ma ora gira per la città vivo e vegeto!

Doc.- Questo é vero ; e proprio per questo io ritengo che , sì, “il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere” ( Manuel ), ma che nel calcolare la pena il giudice deve, per quel che riguarda le circostanze ( aggravanti e attenuanti ), effettuare una distinzione: per le circostanze prese a indici della capacità criminale ( ad esempio, l'attenuante di cui al n.2 art. 62 : stato d'ira determinata dal fatto ingiusto altrui ) deve riferirsi al fatto ideato, invece per le circostanze prese a indici dell'allarme sociale causato dal fatto ( ad esempio, l'aggravante del n.7 art.61 : l'avere nei delitti contro il patrimonio cagionato un danno rilevante), deve riferirsi all'evento “non voluto” ( ma effettivamente realizzato).

Disc. E come si giustifica il richiamo all'articolo 60, che la norma in esame fa ?

Doc.- Premesso che, evidentemente, le circostanze, che il legislatore ha presenti nel fare tale richiamo, sono quelle relative al reato ideato ( non quelle relative allo “evento non voluto”) - e infatti le circostanze menzionate nell'articolo 60, le

Page 153: Diritto Penale Ragionato Completo

circostanze cioè che “riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole”, corrispondono a quelle che indicano la capacità criminale, almeno di massima, poi, si sa, il legislatore spesso fa . ….di ogni erba un fascio – tanto premesso, io ritengo che, il richiamo all'articolo 60, si giustifichi con la volontà del legislatore che il giudice tenga conto delle circostanze attenuanti, anche se non esistenti ma solo erroneamente supposte ( capv.art.60 ), e non applichi le circostanze aggravanti ignorate anche se per colpa del reo.

Disc. Fino ad adesso abbiamo parlato del primo comma dell'art. 82, che prevede un reato aberrante monolesivo; parliamo ora del secondo comma, che prevede invece un reato aberrante bilesivo : Fulano ha ucciso Manuel ( delitto ideato ), ma ha anche ucciso Francisco ( evento non voluto ).

Doc.- In tal caso ci si dovrebbe aspettare che il legislatore , ripeta la disciplina adottata nell'articolo 83 in ipotesi di aberratio delicti : disponga cioé che entrambi i reati siano puniti seguendo le regole previste per il concorso dei reati. Invece così non é : il legislatore – forse per suggestione della disciplina adottata per il reato continuato – stabilisce invece che “ il colpevole soggiaccia alla pena stabilita per il reato più grave aumentata fino alla metà” ( e non fino al triplo, come previsto per il reato continuato : ciò che può giustificarsi evidentemente solo col fatto che il capoverso é stato pensato dal legislatore solo per l'ipotesi che si aggiunga all'evento ideato un solo evento “non voluto”, dovendosi invece, secondo il suo pensiero, applicare le regole sul concorso dei reati o sul reato continuato nel caso che si aggiungano all'evento ideato, non uno solo, ma più eventi non voluti)..

Disc.- Passiamo ad un altro aspetto della problematica : con tutta evidenza nel capoverso in esame il legislatore parte dal presupposto che gli eventi causati ( quello progettato e l'altro o gli altri non voluti ) siano di diversa gravità ( uno, metti, un omicidio, l'altro, metti, una lesione) : quindi, mi pare, nel capoverso si fa una deroga alla regola stabilita nel primo comma – regola secondo cui gli eventi debbono essere eguali.

Doc.- E' così. Nel primo comma vige la regola che gli eventi, e direi, più che gli eventi, i fatti che li causano, siano eguali - eguali però, bada, solo nel senso che debbono dar luogo a uno stesso tipo di reato, non nel senso che debbono avere eguali circostanze aggravanti e attenuanti. Nel secondo comma, invece, tale regola viene abbandonata e gli eventi possono essere di diversa gravità .

Disc. Degli eventi non voluti il reo risponde anche se avvengono senza sua colpa ?

Doc. Io ritengo di sì : questa, lo abbiamo visto, é la soluzione che il legislatore adotta nell'articolo 83, e non c'è ragione che egli ne adotti una diversa nell'articolo 82 : quindi va ritenuto, che anche in ipotesi di aberratio ictus il reo risponda dell'evento non voluto per il semplice fatto di averlo causato mentre stava agendo illecitamente ( in re illicita versabat ).

Page 154: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc. A questo punto tu devi sciogliere la riserva all'inizio fatta : indicare le differenze di disciplina legislativa tra il reato commesso per un errore-motivo e il reato commesso per un errore-inabilità.

Doc.- Semplice : nel primo caso non si applica l'articolo 82; ciò che significa, ad esempio, che se Fulano, volendo uccidere la moglie ( da lui ritenuta erroneamente adultera ), causa la morte anche di Manuel : primo, egli della morte di Manuel risponde solo se l'ha causata colposamente ; secondo, la pena per l'eventuale omicidio colposo ( di Manuel ), gli si applica in base alle regole sul concorso dei reati.

Disc. Dulcis in fundo, resta da parlare della c.d. aberratio causae.

Doc. L'aberratio causae ( od itineris causarum ) é frutto di una elaborazione dottrinale e giurisprudenziale e si verifica quando l'evento, che il reo vuole realizzare, si produce, ma attraverso un processo causale diverso da quello,da lui, pensato : Fulano getta giù dal ponte Manuel contando che anneghi nel fiume, e invece questo muore per avere picchiata la testa in un sasso sporgente.Chiaro che la diversità del processo causale non può escludere la responsabilità del reo.

Disc. Ma mettiti in questo caso : Fulano vuole uccidere Manuel e a tal fine gli dà una bella mazzata in testa e...lo lascia esamine sulla strada. Francisco, prende l'esamine Manuel, che però é ancora vivo nonostante la mazzata ricevuta, e lo annega gettandolo nel fiume. Fulano deve essere chiamato a rispondere di omicidio consumato o tentato ?

Doc.- Io riterrei che dovrebbe rispondere di omicidio consumato; e questo per le ragioni dette trattando del nesso di causalità, nella cui problematica la questione da te posta ( fuori luogo ) rientra.

Page 155: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione XVIII : Il concorso nel reato.

Doc.- L'impresa criminale, come ogni altra impresa, può essere compiuta da sola o insieme ad altri, per usare la terminologia del codice ( art.110 ), in concorso con altri.

Disc.- E allora chiaramente l'impresa criminale ha più probabilità di successo.

Doc.- Non sempre é coì; ma molto spesso é così. E di ciò il legislatore tiene conto aumentando la pena minacciata, nel caso il numero dei concorrenti nel reato superi una certa cifra ( vedi il n.1 dell'art.114, vedi il n.1 terzo comma art. 628 ) : a una maggiore probabilità di successo corrisponde una maggiore spinta a delinquere, che va neutralizzata aumentando quella controspinta, che é la minaccia della pena.

Disc.- Però quello di adeguare la pena alle maggiori chances di successo dei criminali, non é forse il più importante dei problemi che si presentano al legislatore in subiecta materia .

Doc.- Certamente no; ma per evidenziare e affrontare tali problemi il metodo più giusto credo che sia quello di porre sul tappeto un caso concreto e poi rispondere alle domande che questo caso senza dubbio ti suggerirà.Ecco il caso : Casca, Bruto, Cassio , decidono di uccidere il dittatore di turno, Giulio Cesare. In esecuzione del piano criminoso adottato,alle idi di Marzo, Casca si reca nella casa di Cesare, per vincere le sue titubanze a recarsi al Senato. Cesare , quando, convinto da Casca, arriva al Senato viene aggredito da Bruto e Cassio, sotto lo sguardo di Caio I, Caio II, Caio III. Caio I guarda impassibile; Caio II, esprime simpatia e plauso per i congiurati, Caio III addirittura si aggiunge ad essi nel pugnalare il dittatore già caduto a terra.Questo é il caso che ti propongo ; tocca a te farmi delle domande (intelligenti).

Disc. Prima domanda : tutte le persone che abbiamo visto coinvolte nell'omicidio vanno punite ?

Doc.- Il legislatore sul punto nulla dice di chiaro; ma nell'articolo 110 si limita a disporre ( sotto la rubrica “ Pena per coloro che concorrono nel reato” ) : “ Quando più presone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti”.

Disc.- In effetti il legislatore in tale articolo non dice chi va considerato concorrente in un reato ; cioé non dice la cosa più importante. Eppure più persone possono essere coinvolte, ma in vari aspetti e gradi , in un reato e quindi occorre un criterio per stabilire quale di esse vada considerata , nel reato, concorrente e quale no. Tu, che criterio ritieni giusto adottare per stabilire se una data persona vada considerata concorrente o no?

Page 156: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc.- Io ritengo che per ritenere una persona concorrente nel reato bastino due elementi . Primo elemento, questa persona deve aver determinato in altri la decisione di commettere il reato o essersi accordata con altri per commettere il reato. Quindi nel caso oggetto del nostro studio, Caio III non potrebbe considerarsi concorrente nel reato.

Disc. E non dovrebbe essere punito, anche se ha pugnalato Cesare come gli altri congiurati.

Doc. No, non dico questo : egli certo risponderà di omicidio come gli altri congiurati ma non a titolo di concorso . Ciò che significa,ad esempio, che per determinare l'applicabilità dell'aggravante di cui al numero 1 art.110, non si terrà conto di lui. Su di lui infatti i congiurati, mancando il previo accordo, non potrebbero essere sicuri di poter contare in caso di necessità ( metti in caso di sviluppi negativi dell'impresa criminosa : l'attentato fallisce e i congiurati hanno bisogno di nascondersi in una casa amica ).

Disc. Quindi tanto meno potranno rispondere a titolo di concorso Caio II ( che si limita a simpatizzare per gli assassini) e Caio primo, che non interviene per impedire l'azione degli assassini.

Doc.- Certamente né Caio I né Caio II potranno essere chiamati a rispondere del reato a titolo di concorso. Non é detto però che del reato non possano comunque essere chiamati a rispondere. Ciò accadrebbe ad esempio, per quel che riguardo Caio II, se egli non si fosse limitato a simpatizzare dentro di sè con i congiurati, ma avesse applaudito o comunque incoraggiato la loro azione ( e infatti si può pensare che senza tale incoraggiamento i congiurati avrebbero potuto desistere dalla loro impresa criminale). Per non dire poi che, sia Caio II che Caio I, sarebbero comunque chiamati a rispondere del reato se avessero avuto l'obbligo di impedirlo ( questo per il secondo comma dell'art. 40, che recita “ Non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”).

Disc.- Passiamo al secondo elemento che tu reputi neccessario perché di una persona che ha istigato o si é accordata con altri per commettere un reato si possa dire che é un concorrente in questo.

Doc.- Il secondo elemnto é che il progetto criminoso frutto dell'istigazione o dell'accordo criminoso, abbia avuto almeno un principio di esecuzione. La necessità di questo elemnto risulta dall'artioclo 115 che ercita. “ Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato e questo non sia commesso, nessuna di esse é punibile per il solo fatto dell'accordo.- Nondimeno nel acso di accordo per commettere un delitto, il giudice può applicare una misura di sicurezza.- Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione é stata accolta, ma il reato non é stato commesso.- Qualora la istigazione non sia stataaccolta, e si sia trattato di istigazione

Page 157: Diritto Penale Ragionato Completo

a un delitto, l'istigatore può essere sottoposto a misura di sicurezza”.

Disc.- In buona sostanza il legislatore tiene conto della ben nota massima “ Tra il dire e il fare c'é di mezzo il mare” : quel che conta per lui, lo abbiamo visto in una delle prime lezioni, non é già che una persona abbia pulsioni a violare la norma penale, ma che tali pulsioni siano tacitate dalla minaccia della pena : il fatto che dopo l'accordo i criminali non siano passati alla sua esecuzione fa ben presumere che tale minaccia abbia prodotto il suo salutare effetto e, ripeto,al legislatore, tanto basta.Però bastano davvero solo i due elemnti che tu dici perché una persona debba rispondere di un reato a titolo di concoros? Metti questo caso : Fulano partecipa all'accordo criminoso, ma si può dire che anche la sua desione l'accordo si sarebbe fatto e al reato si sarebbe data esecuzione : in tal caso a me pare che Fulano non dovrebbe essere chiamato a rispondere né tanto né poco del reato.

Doc. Certo se fosse matematicamente provato che anche senza l'adesione di Fulano l'accordo si sarebbe fatto, senza dubbio a Fulano il reato non potrebbe essere addebitato .Ma sul punto bisogna tenere di due cose.Prima cosa : la P.A. può giovarsi per la prova del nesso di causalità di una presunzione quasi insuperabile da prova contraria : la presunzione che l'adesione di Fulano sia stata determinante. Presunzione questa quasi insuperabile da prova contraria in quanto basata su un ragionamento inoppugnabile : “Se tu Fulano hai ritenuto di dare la tua adesione all'accordo ciò significa che tu l'hai ritenuta necessaria per il realizzarsi dell'accordo ( e infatti é massima di esperienza che una persona non compie un'azione, e per di più un'azione che la coinvolge in una situazione pericolosa, se non la ritiene necessaria). E se tu stesso hai ritenuta necessaria tale tua adesione all'accordo vuol dire che veramente era necessaria”.Seconda cosa ( da tenere presente ) : la prova del nesso di causalità, come abbiamo già avuto occasione di dire in una precedente elzione, va data con minor rigore di quella sugli altri elemnti del reato.

Disc. Che dire però se Fulano dopo aver aderito ci irpensa ? Sarà questo suo ripensamento considerato un desistenza efficace per escluderlo dal concorso e, quindi, dalla pena.

Doc.- No, la esclusione della pena perchi desiste da un reato si basa, lo abbiamo visto parlando dell'articolo 56, si basa su un calcolo utilitaristico del legislatore : “Io non ti punisco te, che hai già cominciato l'iter per causare l'evento antigiuridico, e in cambio tu. Blocchi i tuoi passi e non commetti il reato”. Questo do ut des però non può realiuzzarsi con Fulano perché anche se lui desiste gli altri suoi complici vanno avanti e commettono il reato : insomma Fulano non ha nulla da offrire allo Stato in cambio dell'impunità. O meglio l'unica cosa che egli potrebbe offrire é la desistenza sua, sì, ma accompagnata da quella dei suoi compagni. Se Fulano riesce a convincere i suoi compagni a desistere, allora e solo allora potrà avere l'impunità

Page 158: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc. Quindi il nostro casca, che pavido, dopo aver convinto cesare a recarsi là dove l'aspettano i suoi complici, pavido se ne torna a casa, dovrebbe pur sempre rispondere dell'omicidio.Che dire se il reato progettato non si consuma, ma si ferma allo stadio del tentativo : il nostro casca sarà ancora punito.

Doc.- Chiaro che sì : egli sarà punito ache se non per aver leso il bene tutelato dal legislatoreo ma per aver creato una situazione di pericolo per tale bene.

Disc. Mettiamo che Bruto si accordi con gli altri congiurati per uccidere Cesare ma poi uno dei congiurati, sentito l'odore del sangue, uccida non solo Cesare ma la sua amante : Fulano risponderà anche di questo delitto anche se non era nel progetto, anche se é avvenuto addirittura contro la sua volontà ?

Doc. E' così ed é giusto che sia così : ogni potenziale reao deve aspere e deve saperlo perché ciò rinforzerà la minaccia legislativa volta a dissuaderlo dallincamminarsi nella via dell'illecito ) che mettemdosi a percorrere la strada che porta alla perpetrazione di un reato potrà essere chiamato a rispondere non solo di questo reato ma di qualsiasi altro reato commesso in itinere dai suoi complici .

Disc. C'é un articolo che ciò dispone?

Doc. Si é l'articolo

Page 159: Diritto Penale Ragionato Completo

Lezione XIX : Stato di necessità . Primi cenni sulla “legittima difesa”

Doc.- Il problema che ci porremo in questa lezione é : può un legislatore, che abbia ritenuto giusto tutelare un dato interesse ( l'interesse di Fulano I, alla esclusiva disponibilità di un bene, o alla libertà di scelta sessuale, o all'onore...) fino al punto di minacciare di una sanzione penale la condotta C , che lo leda, astenersi, poi, dall'infliggere tale sanzione , in considerazione dell'inesigibilità di tale condotta e/ o del venir meno ( nel senso che poi meglio chiariremo ) del danno sociale ( dell'antisocialità) di tale condotta - ?

Disc.- Spiegati meglio. E comincia a dire in che senso parli di inesigibilità della condotta A ?

Doc.- Ne parlo in due sensi.I- Nel senso che Fulano II ( così indicheremo d'ora in poi l'autore dell'azione lesiva ) , al momento di decidere se compiere o no la condotta C in violazione della norma N , si trova in tale turbatio animi, per la minaccia incombente su un suo bene B1 , da impedirgli di recepire la minaccia legislativa. L'esempio classico di ciò é quello del naufrago, che impedisce, spinto dall'istinto di sopravvivenza, a un suo compagno di sventura di aggrapparsi al salvagente, per timore che questo non sopporti il peso di due persone .II- Nel senso che la sanzione penale minacciata dalla norma N, risulta meno afflittiva della perdita del bene B1, che l'osservanza di tale norma porterebbe a sacrificare : la sanzione ha un'afflittività =100 e la perdita del bene B1 ha un'afflittività = 150.

Disc.- In questo secondo caso, quindi, la inesigibilità troverebbe la sua ragion d'essere nella inadeguatezza della sanzione ( a creare in Fulano II un controimpulso alla commissione di C ). Ma, se é così, basterebbe che il legislatore aumentasse la sanzione per rendere esigibile la osservanza della norma da parte di Fulano II.

Doc.- Ma il legislatore non può mica aumentare a sua libido una sanzione! Una sanzione, sproporzionata per eccesso all'importanza del bene che tutela, potrebbe non trovare più il consenso dell'opinione pubblica!

Disc.- Però, punire Fulano II, anche nei casi in cui esso non possa considerarsi ricettivo alla minaccia legislativa , potrebbe, a me sembra, essere utile, sia ai fini della prevenzione speciale ( cioé ai fini di rieducarlo a una concezione dei doveri sociali, che ne imponga la osservanza anche se l'inosservarli non comporti svantaggi ma vantaggi ) sia ai fini della prevenzione generale ( per evitare che, il pubblico, vedendo Fulano II impunito anche se ha commesso C, si formi la fallace idea che si possa commettere C impunemente ).

Doc.- Può essere. E io non ti sto qui dicendo che, nei casi di inesigibilità della condotta ( osservante della norma ) , la sanzione non debba essere inflitta : ti sto solo

Page 160: Diritto Penale Ragionato Completo

esponendo i pro e i contro delle due possibili soluzioni da dare alla questione.

Disc.- Ho capito. Vai avanti, passa a spiegare, perché la condotta inosservante, può non essere punita ( non più per la sua inesigibilità, ma solo ) per un suo difetto di antisocialità.

Doc.- Per comprendere come ciò possa avvenire, non dobbiamo più confrontare, l'afflittività che determina in Fulano II la perdita del bene B1, alla afflittività della sanzione penale, bensì all'afflittività che può provocare in Fulano I ( del tutto “innocente” del pericolo che incombe sul bene B1 di Fulano II ) il sacrificio del bene B2, tutelato dalla norma penale. Orbene, un legislatore potrebbe stabilire che, se il risultato di tale comparazione porti a concludere , metti, che il bene B1 di Fulano II ( il violatore della norma penale ) ha molto maggior valore del bene B2 ( dello “innocente” Fulano I ), il primo non vada punito.

Disc.- Questo evidentemente in base al principio che il legislatore deve mirare ad assicurare il massimo di felicità sociale ; cosa per cui se, Fulano II, violando il domicilio di Fulano I, ottenesse una ofelimità 100, mentre Fulano I, se venisse tutelato il suo interesse all'esclusiva disponibilità di tale suo domicilio avrebbe solo una ofelimità = 50, dovrebbe darsi soddisfazione all'interesse del primo e non del secondo. Però, un legislatore che ragionasse così, dimostrebbe di non rendersi conto del principio eversivo dell'ordine sociale, che così verrebbe a introdurre.

Doc.- Eversivo, perché ?

Disc.- Ma il perché mi pare ovvio : una volta che si é fatto il primo passo di stabilire di non punire Fulano II che, privo di un tetto sulla testa, occupa uno dei due appartamenti di Fulano I , logica vuole che si faccia anche il secondo e si attribuisca, a chi non ha nessun appartamento, uno degli appartamenti di chi ne ha due.

Doc. Le tue osservazioni, non sempre condivisibili, hanno avuto almeno il pregio di chiarire i termini in cui si pone il problema oggetto, in questa lezione, del nostro studio. Vediamo ora la soluzione che gli dà il legislatore nell'articolo 54, che ( sotto la rubrica “Stato di necessità” ) recita : “ Non é punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.- Questa disposizione non si applica a chi ha particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.- La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità é determinato dall'altrui minaccia; ma in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo”.Quindi gli elementi costitutivi dello “stato di necessità” , per il nostro legislatore, sono : 1) il pericolo che un bene venga leso; 2) l'attualità di tale pericolo; 3) la qualità del bene esposto al pericolo;4) la gravita della lesione; 5) una proporzione tra il pericolo e il fatto; 6) l'evitabilità della violazione della norma; 7) l'involontarietà

Page 161: Diritto Penale Ragionato Completo

della causazione del pericolo; 8) il difetto nell'agente di un dovere giuridico di esporsi al pericolo.

Disc.- Passiamo in rivista, anche se rapida, gli elementi da te menzionati. Cominciamo dal primo : pericolo che un bene venga leso.

Doc. Siccome é ovvio che di “azione necessitata” non possa più parlarsi quando il male temuto si é ormai verificato; siccome, quindi, anche nel silenzio del legislatore, non si poteva non ritenere che di azione necessitata si potesse parlare solo quando essa servisse a sventare un pericolo; siccome, infine, non si può attribuire al legislatore l'assurdità di dire cose inutili, si deve attribuire, al richiamo fatto dalla norma al “pericolo”, la funzione di escludere che occorra, per la non punibilità dell'agente, la certezza o la forte probabilità che da una data situazione derivi la lesione del bene: basta a ciò un apprezzabile pericolo.

Disc.- Passiamo al secondo elemento : attualità del pericolo-

Doc.- L'azione lesiva dell'interesse protetto dalla norma penale deve essere una extrema ratio : siccome un pericolo, col tempo può attenuarsi o addirittura sparire, il legislatore vuole che l'azione lesiva sia posta in essere solo al momento in cui un ritardo pregiudicherebbe il salvataggio del bene minacciato.

Disc.- Qualità del bene minacciato.

Doc.- Prima abbiamo fatto cenno al carattere potenzialmente eversivo dell'istituto dello “stato di necessità”. Dobbiamo ora aggiungere che, proprio per questo, il legislatore ci tiene a mettere precisi “paletti” alla sua applicabilità. Siccome tra questi di certo non può farsi rientrare l'elemento della “proporzione” ( di cui in seguito diremo), il legislatore aggiunge a tale elemento, come limite sicuramente invalicabile dell'applicabilità dell'istituto, la qualità del bene ( la cui tutela può giustificare la violazione della norma) : questo bene deve essere attinente alla “persona”: Fulano II non può sottrarre a Fulano I degli attrezzi antincendio, anche se ciò gli permetterebbe di salvare un bene di grandissimo valore, metti, un quadro di autore famoso : potrebbe fare ciò solo per salvaguardare un bene attinente alla “persona”.

Disc.- Ma il termine “persona” va riferito solo alla persona fisica o anche a quella , diciamo, morale ?

Doc.- Anche a questa, a parere mio ( e di molti Studiosi ). Pertanto dovrà ritenersi che non sia punibile, non solo l'azione mirante a salvaguardare la vita o da una lesione, ma anche quella volta a impedire una menomazione della libertà, e secondo Alcuni, addirittura dell'onore.Peraltro é da porre in rilievo che la norma scrimina, non solo la azione ( lesiva) “egoistica” , volta cioè alla salvaguardia di un bene dell'agente, ma anche quella “altruistica”: Fulano II che, notando che in una casa si é sviluppato un incendio,

Page 162: Diritto Penale Ragionato Completo

sotttrae la pompa anti-incendio a Fulano I, per salvarne gli abitanti , é scriminato, non viene punito.

Disc.- Ma il fatto che il legislatore scrimini anche l'azione compiuta a tutela della persona altrui, non dimostra che egli non si lascia guidare dal criterio dell'inesigibilità, nello stabilire la non punibilità dell'azione ( lesiva) : infatti, non si può parlare di una turbatio animi per chi agisce a salvaguardia della altrui persona .

Doc. Questo non é detto. Comunque la tua osservazione non tiene conto del fatto che il legislatore, per dichiarare la non punibilità dell'agente, in alcuni casi, si potrebbe lasciare guidare dal criterio dell'inesigibilità, in altri, da quello dell'antisocialità

Disc. Passiamo al quarto elemento costitutivo dello “stato di necessità” : la gravità della lesione.

Doc.- Questo é un ulteriore “ paletto”, posto come limite invalicabile all'applicabilità dell'istituto : anche se la lesione temuta fosse perfettamente proporzionata all'offesa al bene tutelato dalla norma penale, essa non scriminerebbe, se non fosse una “grave lesione”.

Disc.- Parliamo quindi dell'elemento della “proporzione” tra il “fatto” e il “pericolo”.

Doc.- Più precisamente la proporzione va fatta tenendo conto, da una parte, della gravità della lesione alla persona ( alla persona di Fulano I per seguire gli esempi fatti ), dall'altra , sia del valore del bene in pericolo, sia dell'entità di tale pericolo , cioé delle effettive probabilità che si realizzi.

Disc.- Quindi può essere che un lievissimo pericolo a un bene molto importante non scrimini e, invece, scrimini il fortissimo pericolo a un bene non molto importante.

Doc. E' così.

Disc.- Però il dire, come fa in pratica il legislatore, che vi deve essere una “proporzione” tra A ( l'interesse di Fulano I tutelato dalla norma ) e B ( il bene di Fulano II minacciato di lesione ), é dire troppo poco, lascia senza risposta troppe domande: il bene A deve essere proporzionato al bene B nel senso che deve avere eguale valore di questo? nel senso che deve avere un valore maggiore di questo ? e, se sì, di quanto ? e, a parte ciò, con criterio si determina il valore di un bene ?

Doc. Dovendo integrare la lacunosità del discorso legislativo, io direi che il bene B dovrebbe essere maggiore del bene A , non solo, ma dovrebbe essere evidentemente maggiore. Il criterio con cui determinare il valore di un bene io riterrei, poi, che si dovrebbe ricavarlo, sia dalla normativa costituzionale sia dall'entità della sanzione, che il legislatore ritiene giusto comminare in difesa di tale bene.

Page 163: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc.- Parliamo ora dell'inevitabilità dell'azione lesiva.

Doc.- Richiedendo , per la non punibilità dell'agente, anche questo elemento, il legislatore vuole escludere la scriminante, non solo nei casi in cui la salvaguardia del bene minacciato può attuarsi senza violare nessuna norma penale, ma anche nei casi in cui potrebbe attuarsi con la violazione di una norma di minor valore : se Fulano può salvaguardare la sua incolumità, sia uccidendo, ( violazione dell'art.575 ) sia percuotendo ( violazione dell'articolo 581 ), egli deve scegliere di percuotere e non di uccidere ( di violare l'art.575 e non l'art.581 )

Disc.- Ma che succede se Fulano II ha optato per la violazione della norma maggiore ?

Doc. Se ha sbagliato per colpa si applica l'articolo 55, che ci riserviamo a suo tempo di esaminare. Se, invece, ha optato volontariamente per la violazione maggiore, gli si applicano le pene da questa previste.

Disc. Parliamo ora del sesto elemento necessario a che possa applicarsi la scriminante in questione : l'involontaria causazione del pericolo.

Doc.- Normalmente la situazione di pericolo é determinata da forze della natura o da un terzo. Però può essere causata anche dall'agente , da Fulano II, per intenderci . In tal caso bisogna vedere, se Fulano II l'ha causata senza colpa o con semplice colpa, oppure se l'ha causata volontariamente.

Disc. Certo, se l'ha causata proprio al fine di precostituirsi un alibi per, poi, giovarsi della scriminante, Fulano II, alla scriminante, naturalmente non avrà diritto ; ma mi pare eccessivo escludere la scriminante tutte le volte che Fulano II ha causato volontariamente il pericolo : metti che Fulano abbia provocato un incendio per distruggere la casa del vicino, che crede però disabitata; e si accorga invece che vi sono delle persone, che rischiano la morte : perché minacciarlo di pena se egli allora sottraesse al vicino gli strumenti necessari per spegnere l'incendio ? A me ciò sembrerebbe assurdo : Fulano II dovrebbe essere incoraggiato, e non inibito con la minaccia di una pena, a compiere l'azione salvatrice.

Doc.- Effettivamente punire Fulano nel caso sarebbe assurdo. Direi di più, sarebbe assurdo anche punirlo se, rischiando di diventare vittima di un incendio da lui causato volontariamente, sottraesse al legittimo proprietario l'occorrente per spegnerlo. Evidentemente qui la norma va sottoposta a un'interpretazione restrittiva.

Disc.- Passiamo ora all'ultimo degli elementi voluti dal legislatore, a che si possa applicare la scriminante : il non avere l'agente “ il dovere giuridico di esporsi al pericolo”.

Page 164: Diritto Penale Ragionato Completo

Doc. Certe persone, ad esempio i vigili del fuoco, hanno infatti l'obbligo giuridico di attivarsi a favore di chi é in pericolo, anche se ciò le espone a loro volta a un pericolo. Da questo il legislatore deduce che tali persone non possono giovarsi della scriminante. Ma é una deduzione assurda. Certo il vigile dovrà entrare nella casa in fiamme anche a rischio della vita, se ciò serve a salvare una persona che vi é rimasta intrappolata. Però, se egli si accorge che per fare ciò non basta il suo coraggio ma occorre anche un dato attrezzo, e lo sottrae a un terzo, oppure se, per salvare la donna usa violenza per vincere la sua resistenza e gettarla a forza nel telone sottostante, perché punirlo per tali azioni ? Anche qui chiaramente l'articolo 54 va sottoposto a un'interpretazione restrittiva.

Disc. Abbiamo con ciò passato in rivista gli elementi costitutivi dello stato di necessitàMi pare opportuno aggiungere due parole sull'ultimo comma dell'articolo 54.

Doc.- Questo comma contiene una disposizione in realtà superflua. Pur nell'assenza di tale comma, nessuno avrebbe potuto dubitare dell'applicabilità della scriminante anche ai casi in cui la situazione di pericolo deriva dalla minaccia di un terzo. : né la ratio né la lettera del primo comma impediscono di giungere a tale conclusione. Il fatto, poi, che, se Fulano III minaccia Fulano II per costringerlo a violare una norma penale ( per costringerlo, metti, a rubare ), della violazione di questa norma, risponda Fulano III e non Fulano II, non é che una intuitiva applicazione del principio causa causae est causa causati.

Disc.- Però il legislatore, forse, nella seconda parte del comma, ha messo più pepe di quel che tu credi : forse ha voluto dire che, il minacciante Fulano III, risponde del reato A, commesso dal minacciato Fulano II, anche se la sua minaccia, non era diretta a costringere Fulano II a commettere A : Fulano III insegue Fulano II per bastonarlo e questi, terrorizzato, imprevedibilmente, entra con la forza nella casa di Fulano I, un terzo qualsiasi.

Doc.- Io non riterrei ammissibile l'interpretazione che tu proponi ; interpretare una norma come se prevedesse casi di responsabilità obiettiva ( quindi casi simili a quelli che abbiamo visto commentando gli articoli 584,586 ) é possibile, ma solo in presenza di sicuri elementi in tal senso. Ciò che nel caso non può dirsi.

Disc. Una domanda per concludere il nostro studio sull'istituto dello stato di necessità: secondo te , a quale dei criteri all'inizio indicati, si ispira il legislatore, per ammettere, o no, la scriminante ?

Doc.- Io direi a quello del persistere o meno di quell'antisocialità, che giustifica ( normalmente ) la punizione dell'azione lesiva , in presenza di dati elementi : quelli appunto indicati nel primo comma dell'articolo 54.

Page 165: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc. Prima di chiudere la lezione, facciamo in tempo a dare alcuni cenni sulla “legittima difesa” ?

Doc.- Se si tratta di cenni veramente telegrafici, sì. Possiamo cominciare a dire che la “legittima difesa” é in definitiva una species nel più ampio genus dello stato di necessità.

Disc.- Qual'é il suo elemento specificante ?

Doc. E' il fatto che la situazione di pericolo, che fa nascere in Fulano II la necessità della violazione della norma che tutela un interesse di Fulano I, é causata dallo stesso Fulano I . Ma per andare con più ordine leggiamoci l'articolo 52, che ( sotto la rubrica “legittima difesa” ) nel suo primo comma, recita : “Non é punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa”.

Disc.- Però la norma non dice che il pericolo deve derivare dalla stessa persona che dovrà subire le conseguenze dell'atto necessitato.

Doc.- No, non lo dice. Ma é pacifico che sia così. Se Fulano II, per salvarsi dall'aggressione di Fulano I violasse il domicilio di Fulano III, é pacifico che egli , per escludere la sua punizione ( per la violazione dell'articolo 614), non potrebbe invocare l'articolo 52, ma dovrebbe richiamarsi all'articolo 54. Invece proprio all'articolo 52 ( legittima difesa ) dovrebbe appellarsi qualora, per salvarsi dall'aggressione di Fulano I, gli sparasse una rivoltellata.

Disc. Quali sono in buona sostanza gli elementi costitutivi della legittima difesa?

Doc.- Sono :1) un comportamento ( di Fulano I, l'aggressore ) contra ius , che ponga in pericolo l'interesse di un'altra persona ( di Fulano II, l'aggredito); 2) l'implicare tale comportamento la lesione di un interesse penalmente protetto di chi reagisce ( di Fulano II); 3)la necessità di Fulano II di ledere ( per sventare il pericolo di cui sub 1 ) un interesse penalmente tutelato di Fulano I ( l'aggressore ) ; 4) l'essere la difesa dell'aggredito ( di Fulano II ) proporzionata all'offesa dell'aggressore ( di Fulano I ).

Disc.- Passiamo in rapidissima rassegna tali elementi : il comportamento contra ius.

Doc.- Chiaro, che un comportamento di Fulano I, sì, lesivo, ma conforme a diritto, non potrebbe giustificare per nulla la violazione della norma penale fatta da Fulano II per impedirlo. Il requisito che il comportamento scriminante la reazione “difensiva”debba essere contra ius, risulta dal fatto che la norma parla della necessità “di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo di un'offesa”.

Page 166: Diritto Penale Ragionato Completo

Disc. Passiamo al secondo elemento :l'essere, tale comportamento, posto in essere con un comportamento tendente alla lesione di un interesse penalmente protetto.

Doc.- Se Fulano si limitasse a tenere un comportamento contra ius, ad esempio si limitasse a non pagare un debito verso Fulano II, oppure a sbarrare un sentiero su cui Fulano II ha diritto di passo, senza però trascendere in un'azione tendente alla lesione di un interesse ( di Fulano II ) penalmente protetto , questo non potrebbe ancora scriminare la violazione della norma penale fatta, “per difendersi”, da Fulano II: a ciò occorre che il comportamento contra ius implichi la messa in pericolo di un interesse di Fulano II tutelato penalmente : l'esempio classico é quello di chi si avvicina a una persona brandendo un bastone o una pistola.

Disc.-Da che risulta che il comportamento contra ius deve tendere alla lesione di un interesse tutelato ?

Doc. Risulta dal fatto che il legislatore, non si limita ad indicare come elemento costitutivo della legittima difesa la “offesa” di “ un diritto” , ma pretende un quid pluris : pretende che l'offesa sia ingiusta.

Disc.- Passiamo a parlare del terzo elemento costitutivo della legittima difesa :l'essere la lesione dell'interesse dell'aggressore “necessitata.

Doc.- Proprio perché la “difesa” ricade su un aggressore, il legislatore le lascia, nell'articolo 52, più spazio che nell'articolo 54. Di ciò é già indice il fatto che l'aggredito può attivarsi , ledendo interessi penalmente protetti dell'aggressore, anche per difendere beni di cui, nell'ambito dell'art.54, non sarebbe ammessa la tutela a scapito del terzo “innocente” : ad esempio, l'aggredito può attivarsi per difendere anche dei beni patrimoniali.Con tutto ciò la lesione di un interesse penalmente protetto, anche se di tale interesse é titolare un aggressore, deve essere, nel pensiero del legislatore, una extrema ratio. Ciò significa che tale lesione é scriminata solo quando il pericolo si é attualizzato , nel senso già spiegato parlando dello stato di necessità, e solo quando non é possibile la tutela dell'interesse minacciato con un'azione non lesiva.

Disc.- Col commodus discessus , cioé evitando o addirittura fuggendo dall'aggressore?

Doc.- La risposta é no, se, nell'ambiente in cui vive l'aggredito, il commodus discessus viene considerato disonorevole e se il non l'adottarlo non costringe a un'attività difensiva sproporzionata rispetto ai beni, che può portare a ledere.

Disc. Parliamo del quarto elemento costitutivo :la proporzione tra difesa e offesa.

Doc.- Anche quando la situazione non offre altra possibilità di difesa che la lesione di un interesse penalmente tutelato dell'aggressore, non si deve credere che all'aggredito sia permessa ogni e qualsiasi azione necessaria per difendere il suo bene minacciato:

Page 167: Diritto Penale Ragionato Completo

deve esserci pur sempre una proporzione tra il pericolo, che corre il bene minacciato, e l'interesse dell'aggressore, che si viene a ledere. Proporzione calcolata tenendo presente il valore attribuito ai vari beni dalla Costituzione e dal legislatore ordinario, soprattutto penale , così come abbiamo spiegato parlando dello stato di necessità. Naturalmente nel fare tale proporzione si terrà conto che i beni di un aggressore meritano minor rispetto di quello che l'articolo 54 assicura alla parte “innocente”.

Disc. Quindi può anche accadere che l'aggredito sia costretto a tollerare l'offesa, se non dispone che di difese eccessive rispetto ai beni dell'aggressore, che verrebbe a ledere.

Doc.- E' così. Ma ora dobbiamo chiudere. Con la speranza di aver modo di approfondire meglio l'argomento in altra lezione.