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i d e o g r a m m a c i n e s e C O N F L I T T O
GRUPPI DI LAVORO TRA TEAM BUILDING E CONFLITTI
di Claudio Funes
Con la linea IDEOGRAMMI Mida si propone di pubblicare le sue ricerche, intese come risultato di studi, pensieri, interpretazioni che gli autori
traggono dalla diretta esperienza sul campo. Ma non solo. I contributi sono anche frutto del desiderio di raccontare l’approccio
peculiare di Mida alla professione attraverso i suoi stessi protagonisti.
GRUPPI DI LAVORO TRA TEAM BUILDING E CONFLITTI
di Claudio Funes Sono le 11.00 di un giovedì mattina quando, nell’ufficio del consulente della società di formazione e consulenza organizzativa “People Going”, squilla il telefono. “Buongiorno sono il Dottor Rocca, Responsabile della Formazione della società Evolution. Ho ricevuto l’incarico di fare un bel team building per il gruppo di direzione e mi piacerebbe sapere come la vostra società lo imposterebbe. Fissiamo un incontro?” “Certamente, va bene martedì della prossima settimana?”, risponde il consulente. Il Responsabile racconta: “Dunque, vorremmo fare un intervento per dare energia ai direttori e anche per favorire le buone relazioni. Ogni tanto ci sono delle tensioni tra di loro, nulla di grave eh…, però, diciamo, ogni tanto non c’è molta armonia, scoppiano dei diverbi per nulla, alla macchinetta del caffè ci sono un po’ di lamentele… Inoltre, specialmente in questo periodo di “vacche magre”, vorremmo infondere un po’ di motivazione e voglia di fare, di engagement… Insomma, motivare le persone e serrare le fila per tenere duro con la convinzione che arriveranno tempi migliori e che ora è importante tenere duro, non mollare e… “fare squadra”. Pensiamo a un intervento esperienziale appunto, energizzante, anche magari un po’ fuori dal comune, cabaret, teatro, rafting, … ho sentito anche di una bella avventura nello spazio con delle repliche di navicelle spaziali: ne fate anche voi?
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 1
Ecco, poi vorremmo che l’erogazione fosse nella prima metà di aprile, subito dopo la Pasqua ed evitando il lunedì e il venerdì. Poi anche la location vorremmo fosse d’effetto... Ha qualcosa di “pronto” da propormi?” “Bene, mi sembra di aver capito” risponde il consulente, “credo di avere già qualche idea che è in linea con la sua richiesta. Noi siamo specializzati in attività esperienziali e abbiamo messo a punto un paio di soluzioni molto innovative e d’impatto. Le propongo di vederci settimana prossima per un paio d’ore per presentarle tre, quattro idee tra le quali scegliere insieme quella che ci sembrerà più efficace. Cosa ne pensa?” risponde il consulente. “Benissimo, allora ci vediamo settimana prossima.” Questo può essere, con buona approssimazione, un ipotetico colloquio tra un consulente e un responsabile della formazione di un’azienda che ha come tema la realizzazione di un intervento di team building. L’idea di fondo dietro questo colloquio è che la costruzione e il rafforzamento di un gruppo di lavoro passa per una serie di iniziative piacevoli, residenziali, stravaganti e, perché no, anche moderne e innovative. Oltre ad un’evidente e piuttosto nota ormai confusione tra mezzi e fini, nel senso che l’attività effettivamente realizzata diventa lo scopo per il quale tutta l’iniziativa è messa in cantiere e successivamente progettata, rimangono due questioni di fondo che, nel colloquio descritto, sono state “dimenticate” e sulle quali, durante la mia personale esperienza professionale, mi sono spesso imbattuto; la prima è rappresentata dalla grande assente in tutto il dialogo: la “questione” organizzativa che sollecita un’iniziativa di formazione. La seconda ha a che fare con la pericolosa e molto attuale equazione che se un gruppo lavora in modo efficace, è perché il gruppo ha buone relazioni, mantiene e sostiene l’armonia tra i suoi membri, esprime “quanto sia meraviglioso lavorare tutti insieme” e, soprattutto, non litiga. Vediamole insieme.
2 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
La “questione” organizzativa
Nella mia esperienza professionale, talvolta, le richieste di
interventi formativi dedicati ai gruppi mi appaiono essere un
po’ deboli di un’analisi socio-organizzativa volta a mettere a
fuoco l’esigenza sottostante la domanda di intervento,
costituita certamente da aspetti concernenti la qualità delle
relazioni interpersonali nel gruppo, il clima interno, la
fiducia, la coesione, il senso di appartenenza, ma anche da
questioni più afferenti, in modo diretto, il business quali, ad
esempio, un aumento degli scarti nella produzione,
l’accorciamento del ciclo di produzione del prodotto finito, un
incremento del tasso di assenteismo del personale, un
aumento degli infortuni nel reparto, la crescita delle
lamentele dei clienti, i ritardi nelle consegne della
produzione alla distribuzione.
Anche la consulenza, qualche volta, fa fatica a sottrarsi a
queste richieste molto “fashionable”;; si adatta alla proposta
del cliente e risponde in modo collusivo, con “pacchetti” e
“prodotti” sempre “up-to-date” e scoppiettanti di energia ed
entusiasmo.
Ecco che in questi casi la proposta di intervento tende a
concentrarsi su aspetti di gruppo, di tipo relazionale, per i
quali sovente si fatica a trovare collegamenti con il contesto
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 3
organizzativo nel quale il gruppo agisce, il “là ed allora”. La
tesi sottostante è che un gruppo in formazione lavora sulla
dimensione “soft” con pochi riferimenti a quella “hard” che
attiene ai compiti, ai ruoli, alle risorse, ai metodi e agli
obiettivi per i quali esso esiste e agisce nella dimensione
organizzativa che gli dà forma, che ne sostanzia la sua
stessa ragione di vita. E l’intervento formativo può aiutare
l’azienda cliente solo su questa dimensione del gruppo senza
occuparsi, o potersi occupare un granché, dell’altra. Si
registra quindi una tendenza, nella richiesta che le
organizzazioni rivolgono alle società di formazione, sia a
concepire e vivere un gruppo di lavoro come se la sua
dimensione del contenuto fosse indipendente da quella
occupata dalle relazioni, sia a porre un’attesa di output da
queste iniziative di team building, spesso proposte in modo
episodico e frammentato, qualche volta idealizzata1.
Svyantek, Goodman, Benz e Gard, nel loro studio “The
relationship between organizational characteristics and team
building success”2 hanno verificato l’impatto, in termini di
produttività, di svariati interventi di team building su oltre
130 aziende e hanno individuato alcuni spunti di riflessione 1 Qualche anno fa un Direttore Generale alla mia domanda “Quali obiettivi intende raggiungere con questo intervento dedicato al suo gruppo?”, mi rispose: “…che dalla prossima settimana si vada tutti d’accordo tutti, senza litigare più”. 2 Pubblicato sul Journal of Business and Psichology, 14, 2. e già citato da L. Amovilli in “Noi e Loro”, Raffaello Cortina Editore.
4 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
rilevanti che possono anche essere spendibili in termini
operativi per chi, come la committenza e la consulenza, si
accinge a realizzare un percorso di team building dedicato
ad un gruppo di lavoro3. Vediamo, in estrema sintesi, cosa
hanno scoperto.
1. Innanzitutto sembra che mettere al centro un problema
di tipo operativo, una situazione di crisi derivante da
questioni legate all’esecuzione di compiti e al
perseguimento degli obiettivi del gruppo, sia più efficace
rispetto ad una focalizzazione su un piano di
miglioramento della coesione, dei processi di
comunicazione, della fiducia; in breve, delle relazioni;
2. progettare l’intervento in modo partecipativo e inclusivo,
consulenti, committenza e utenza insieme è meglio che
affidare l’iniziativa solo ai consulenti oppure solo agli
“interni”. In altri termini, la progettazione partecipata4
funziona molto meglio rispetto al classico rapporto
azienda cliente-consulente esperto;
3. paga di più un approccio del tipo ricerca-azione con i
noti passaggi pianificazione-azione-osservazione-
3 Per la definizione di gruppo di lavoro si veda “Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo” di Quaglino, Casagrande e Castellano (pag. 25-28) - Raffaello Cortina Editore (1992). 4 Per approfondire il tema rimando il lettore all’ideogramma “Codesign organizzativo” dei miei colleghi di Mida, Bussi, Carpaneto, Peretti Griva.
Mida SpA – Gruppi di lavoro: team building e conflitti, di Claudio Funes 6 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 5
riflessione, nei quali il gruppo produce conoscenza di se
stesso, anziché altre metodologie formative;
4. l’iniziativa promossa e visibilmente sostenuta e
incoraggiata da attori apicali dell’organizzazione rende
di più rispetto a quella attivata da un membro del
gruppo in questione;
5. il team building collocato in un insieme di azioni
organizzative più ampie e interconnesse rispetto
all’iniziativa isolata ed episodica (e talvolta anche
esotica), oltre a contenere un messaggio implicito ad
alto impatto nei confronti dei futuri partecipanti
(l’azienda crede così tanto a questa iniziativa che ha
concepito una serie di azioni fortemente diverse e
interdipendenti), favorisce la coabitazione dei problemi
organizzativi con la formazione anziché la loro drastica
separazione proposta dai “pacchetti”.
Il quadro complessivo che emerge da questa ricerca, e che
gli autori sostengono, ci informa che la richiesta generica di
lavorare sulla bontà delle relazioni sia meno efficace rispetto
a un innesco fondato su un problema concreto di
performance del gruppo.
Potrebbe quindi essere poco profittevole, da parte della
funzione sviluppo e formazione dell’azienda, dar seguito alle
domande di team building della committenza “passandola”
6 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
alla consulenza senza approfondirne le origini e le cause, le
aspettative implicite.
Il team building, inoltre, potrebbe risultare – come talvolta
affermano gli stessi partecipanti a valle dell’esperienza -
fuori contesto, avulso dalla realtà organizzativa vissuta dalle
persone alle quali è poi chiesto dalla consulenza, durante la
formazione, di “portare dentro” l’esperienza fatta. Voglio
dire che talvolta la richiesta di trasmettere, negli eventi di
team building, alcune dichiarazioni in favore di una
collaborazione trasversale, di una leadership partecipata, in
prospettiva interfunzionale, favorendo l’appiattimento delle
gerarchie, potrebbe essere un messaggio fuorviante,
confusivo, quando non addirittura controproducente, in
quanto molto poco corrispondente ai messaggi trasmessi, ai
comportamenti agiti, alle esplicite intenzioni del top
management, alla cultura dell’azienda e alle caratteristiche
del settore nel quale essa opera. E spesso la conclusione
dell’esperienza converge sulle difficoltà dei partecipanti di
trasferire l’esperienza fatta nel proprio contesto di
riferimento e, sulla necessità, per la committenza e la
funzione formazione, di trovare, per la prossima occasione,
un mezzo, un’altra idea innovativa, un “qualcosa” per
mantenere “vivi” i contenuti delle giornate, un “follow-up”,
da consumare e ancora confondere con il fine, per aiutare le
persone a “fare gruppo”.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 7
Talvolta mi sono state fatte richieste esplicite di non
intervenire su questioni interne legate agli obiettivi di
business, ma di lavorare su aspetti legati al benessere e alla
cura del gruppo, al miglioramento dell’efficacia dei processi
di comunicazione. Non importa approfondire quali siano le
questioni problematiche del gruppo, le difficoltà che affronta
nel realizzare gli obiettivi posti dall’organizzazione. Spesso il
team building ha l’obiettivo di “aggiustare” le relazioni nel
gruppo magari perché, in particolare, ci sono due direttori
che si parlano poco, si evitano, e fare un po’ di “amalgama”
potrebbe aiutare tutti…
Ma in un gruppo di lavoro non esistono le relazioni tout
court. Esistono, come descrivo più avanti, relazioni
finalizzate, ovvero funzionali agli scopi dell’organizzazione
per i quali il gruppo esiste, agli obiettivi che ha, alla cultura
organizzativa di cui fa parte. Scindere il contenuto dalla
relazione significa correre il rischio di trattare la seconda
componente in modo assoluto, come esercizio di stile, come
richiesta ai suoi membri, esplicita o implicita, di aderire ad
un modello idealizzato senza relativizzarlo alla reale
dimensione socio-organizzativa nel quale il gruppo vive e
agisce.
E ora veniamo alla seconda questione.
8 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
Il gruppo “buono”
Il mito dell’armonia è duro a morire.
Sin dalla sua nascita, la psicologia ha considerato il conflitto
come un’anomalia, una turbolenza, uno squilibrio rispetto ad
uno stato di quiete e di benessere.
La psicoanalisi confina il conflitto nella dimensione della
nevrosi con punte che approdano all’area della
psicopatologia grave. Non c’è nulla di utile nel conflitto,
secondo questa prospettiva.
La formazione più diffusa si accoda e propone di lavorare sul
conflitto in termini di sviluppo delle capacità di negoziazione
quasi sempre con un obiettivo di tipo riparatorio, risolutivo.
Ovvero le relazioni conflittuali non vanno bene, sono
dannose e occorre “raddrizzarle”. Il conflitto non è inteso
come una risorsa, una traiettoria di apprendimento, di
evoluzione e di potenziamento di alcune competenze
specifiche, sia delle persone, sia dei gruppi nelle
organizzazioni.
Eppure l’idea di conflitto come forza progressista risiede
nelle prime forme del pensiero filosofico occidentale e
orientale. “Occorre sapere che il conflitto è comune, che il
contrasto è giustizia, e che tutte le cose accadono secondo
contrasto e necessità”, afferma Eraclito (544-483 a.C.).
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 9
Anche il filosofo John Locke (1632-1704) esprime una
definizione positiva del conflitto come vera espressione di
uno stato liberale e come opportunità, da parte
dell’individuo, di esercitare una forma di controllo verso il
potere delle istituzioni.
La sociologia, con Georg Simmel (1858-1918), sostiene che
il conflitto ha una funzione sociale importante in quanto
consente il riconoscimento reciproco delle diverse parti
sociali in campo.
L’ideogramma cinese in uso è quello che significa “in
ascolto”.
Un altro significato, sempre per i cinesi, da attribuire al
termine è duplice: rischio e opportunità. Questa
definizione rende in modo efficace l’idea che l’esito possibile
del conflitto dipenda molto sia da come lo percepiamo, sia
da come lo agiamo.
Quando il padre della moderna psicologia dei gruppi, Kurt
Lewin, attraverso il suo noto adattamento della teoria del
campo ai processi psicosociali, definisce il gruppo come
“campo di forze in equilibrio quasi-stazionario” e afferma
che queste forze si attraggono e si respingono e sono sia
10 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
soggettive (vissuti affettivi), sia più oggettive (strutture di
potere, forme gerarchiche, vincoli), “sdogana”
definitivamente il concetto di conflitto come fenomeno
fisiologico e descrittivo della fenomenologia stessa del
gruppo, oltre a spiegare, in modo molto efficace, come
avvengono i processi di cambiamento sociale.
Oggi, nelle richieste che le organizzazioni fanno alla
consulenza in tema di conflitti nelle relazioni tra i membri di
un gruppo, l’idea predominante è legata alla richiesta di
lavorare sulla loro gestione di tipo risolutivo, che
corrisponde più o meno alla seguente prescrizione
impossibile: il problema – conflitto - sarà risolto quando non
ci sarà più il problema – conflitto -.
Il conflitto, in questa prospettiva, è quindi vissuto come una
turbolenza5 che non va bene, come un granello di sabbia
estraneo che occorre espellere dal sistema. Il “fare squadra”
è perciò associato all’idea che il conflitto sia da evitare, che
non sia permesso e che sia, quando accade, un incidente di
percorso verso una visione armoniosa delle relazioni
interpersonali efficaci nei gruppi di lavoro.
Siamo quindi molto lontani da un quadro che vede nel
fenomeno conflittuale una preziosa fonte di informazione, di
5 L’autore ricevette un incarico, da parte di una nota multinazionale, di realizzare un corso sul conflitto utilizzando, sia nel materiale didattico in uso ai partecipanti, sia nel linguaggio utilizzato in aula, il termine “conflitto” il meno possibile. Molto meglio il termine “negoziazione”, fu suggerito.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 11
avvio di processi di innovazione e creatività, un’opportunità
di apprendimento delle persone, dei gruppi e delle
organizzazioni. Sì, soprattutto un’occasione di
apprendimento. Quindi la richiesta della committenza
include, in modo, più o meno implicito, di lavorare sul
gruppo per farlo diventare “buono”;; un buon gruppo
“buono”.
12 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
Si apprende dal conflitto?
E adesso la domanda sorge spontanea.
Quali sono gli apprendimenti possibili dal conflitto?
L’idea che vorrei condividere è di pensare al conflitto come
ad un’opportunità di apprendimento profonda per sé e che
solo le situazioni conflittuali possono offrire, anziché
occuparsene per ricercare in modo spasmodico “la
soluzione” a tutti i costi.
Ne cito due che, nelle organizzazioni e nelle società attuali, a
me appaiono cruciali e irrinunciabili.
Il contenimento della deriva narcisistica: se è vero che le
statistiche ci informano che, nonostante la rilevanza data dai
mezzi di informazione, i casi di violenza nel nostro paese
sono in calo, le occasioni di litigiosità tra gli individui sono in
progressivo aumento6. Il livello di intolleranza nei confronti
dell’altro da sé, di difficoltà a gestire mediante processi di
ricomposizione il dissenso, l’opposizione, è in continua e
preoccupante crescita.
Il conflitto vissuto come opportunità permette, nelle
relazioni con gli altri e nei gruppi soprattutto, di cogliere il
6 Nel 2010 le cause pendenti nel settore auto (tra civili e penali) sono infatti arrivate quasi a quota 300.000, con un aumento del 9% rispetto al 2009 (fonte: www.asaps.it).
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 13
limite (sconfinato) del nostro agire narcisistico che preme
per volere tutto e subito e ad ogni costo, per soddisfare,
istantaneamente, i nostri bisogni.
Nel conflitto vissuto come opportunità, la pretesa che l’altro
faccia, dica, pensi, agisca come voglio io, è sostituita
dall’attesa (dello scambio, della possibilità, della
decantazione emotiva, dell’elaborazione della richiesta
“possibile” che faccio all’altro).
L’opposizione che l’altro mi pone, i suoi “No”, sono dei mezzi
regolativi delle relazioni interpersonali che attivano la
capacità di gestire internamente il senso di frustrazione che
ne deriva, di differire la gratificazione dei nostri desideri,
necessaria ad esercitare una convivenza sociale appagante e
funzionale al lavoro di gruppo e, più in generale, alla vita
nell’organizzazione. L’assenza di qualsiasi limite, la bassa
tolleranza che abbiamo per l’altro da sé, ci fa accedere allo
sviluppo della nostra onnipotenza che ci porta a non riuscire
più a gestire gli insuccessi e i fallimenti e, soprattutto, senza
avere la possibilità di riflettere su questo tipo di esperienze
al fine di ristrutturarne i significati e consapevolizzarne gli
apprendimenti.
L’apprendimento di competenze: nell’incontro-scontro con
l’altro affino le mie competenze relazionali e la gestione
delle mie emozioni. Raggiungere in modo efficace un
14 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
obiettivo anche quando nel gruppo di lavoro c’è disaccordo
significa agire quelle competenze di leadership volte a
ricercare comunque l’impegno di tutti i membri, ad
individuare il percorso possibile anche nella difficoltà che le
relazioni nei gruppi inevitabilmente comportano, ad
assumere e agire il compito e l’obiettivo per il quale il
gruppo stesso è stato costituito. La creatività delle soluzioni
inedite, delle vie nuove verso il raggiungimento dell’obiettivo
nasce dalle occasioni talvolta più impervie, dagli ostacoli,
dall’espressione delle diversità delle connessioni possibili che
vivere il conflitto nella sua dimensione potenziante,
permette.
Nelle relazioni interpersonali chi mi dà ragione mi fa piacere,
ma mi lascia lì dove sono, in termini di apprendimento…
Colui che invece si oppone, mi “punge”, non mi dà una
ragione che non mi compiace a tutti i costi, non collude con
me, mi offre una possibilità ulteriore, un punto di vista
inedito al quale, magari, non ero ancora arrivato.
Errare significa, in fondo, uscire dalle proprie incrollabili
certezze, da una visione manichea delle esperienze che
viviamo, per sperimentarsi nuovamente e la formazione
deve essere costellata di buone dosi di fatica, di
sbandamenti, di dubbi e di ripensamenti, delle inevitabili
cadute che qualsiasi fenomeno di apprendimento porta con
sé. Con le parole di Massimo Recalcati: “Il fallimento è uno
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 15
zoppicamento salutare dell’efficienza della prestazione. E, in
questo senso, la giovinezza è il tempo del fallimento o,
meglio, è il tempo dove il fallimento dovrebbe essere
consentito”.
Un gruppo dove il livello di conflitto è basso è a forte rischio
di conformismo, di reciproca compiacenza, di lassismo, di
bassa creatività, di appiattimento relazionale, di
sfilacciamento progressivo del senso di appartenenza dei
suoi membri che non trovano più in esso il luogo dove le
loro “emergenze psicologiche”7 possono trovare
accettazione, ascolto, espressione, talvolta accoglimento,
talvolta contenimento. “E’ molto più interessante e produttivo discutere di cose sulle quali si hanno opinioni differenti. Io personalmente non mi diverto molto nelle discussioni in cui tutti concordano con me: non ci sono ostacoli da superare, non c’è tensione, non viene fuori niente di nuovo. Le divergenze di opinione possono essere feconde; e anche i litigi. Sono come ostacoli sulla strada verso il sentirsi uniti, e bisogna metterci impegno per superarli: mentalmente, moralmente, fisicamente…” 8
7 Si veda “Lavoro di gruppo, gruppo di lavoro”, Quaglino, Casagrande e Castellano - Raffaello Cortina Editore (1992). 8 Tratto da “Jung parla” interviste e incontri a cura di William McGuire – Gli Adelphi - pag. 315.
16 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
4 punti di attenzione per un intervento con i gruppi di lavoro
Cosa significa realizzare un intervento di formazione
dedicato ai gruppi di lavoro che tenga insieme sia obiettivi di
potenziamento dell’efficacia nei comportamenti, di possibilità
di generare apprendimento, di aumento della coesione,
della compattezza e della fiducia, della gestione delle
relazioni interpersonali, dei conflitti, con aspetti che
riguardano il raggiungimento dei risultati di prestazione che
l’organizzazione richiede?
La mia pratica professionale, maturata nel lavoro con gruppi
di aziende impegnate nelle industries più diverse, mi
suggerisce che il consulente mantenga 4 punti di
“attenzione” per aiutare il cliente da una parte ad aumentare
la sua consapevolezza rispetto alle esigenze che lo portano a
rivolgersi alla consulenza, dall’altra a concepire, insieme9 al
consulente, un intervento organizzativo che sia
contemporaneamente un’opportunità per raggiungere
prestazioni efficaci per l’organizzazione e un’occasione di
apprendimento per i partecipanti coinvolti.
9 Mi riferisco all’adozione dell’approccio “contrattuale” nella definizione fornita dall’Analisi Transazionale e rimando il lettore alla nutrita letteratura a riguardo.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 17
1. Non “buone relazioni”, ma “relazioni funzionali”:
un gruppo che non confligge rischia di avere una bassa
capacità creativa, con poco pensiero originale e con
poca autonomia. E’ un gruppo a rischio in quanto la
divergenza di pensiero al suo interno potrebbe essere
fatale per la sua stessa esistenza. In un gruppo
siffatto, le differenze non sono un valore e il conflitto è
considerato un’anomalia, un impedimento, una grave
minaccia, una deviazione pericolosa da un’immagine
ideale fatta di relazioni pacifiche e armoniose. In
questo gruppo il dissenso è minaccioso in quanto
mette a rischio i legami tra i membri. Se un gruppo
esiste, dal punto di vista organizzativo, per trovare
soluzioni a problemi, una certa dose di conflittualità ad
uno stadio specifico dell’azione del gruppo verso il
perseguimento dello scopo per il quale esso esiste è
necessaria, anche auspicabile. Un gruppo i cui membri
agiscono relazioni funzionali è un gruppo che utilizza i
processi di comunicazione in modo specifico rispetto al
compito e in modo sostenibile rispetto alla qualità delle
relazioni tra i suoi membri. Certo, il termine
“funzionali” si presta facilmente ad essere frainteso,
manipolato. Suona anche un po’ “aziendalese”. Vuol
dire freddo, arido e calcolatore, smaccatamente
utilitaristico? No di certo. Con relazioni funzionali
18 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
intendo affermare che i gruppi, in azienda, esistono
per raggiungere scopi organizzativi e che gli enunciati
del tipo “Siamo come una famiglia qui” rischiano di
contenere delle aspettative implicite impossibili da
raggiungere (il gruppo felice come la famiglia del
“Mulino Bianco”) e confondono gli scopi delle relazioni
nel gruppo di lavoro con quelle di altri tipi di gruppi (la
famiglia, come esempio appunto, sempre che di
famiglia “felice” si tratti!, il gruppo di amici) per i quali
la qualità dei rapporti interpersonali è (molto) più
importante degli obiettivi (che spesso non ci sono).
Questo passaggio ritengo sia chiave in quanto
permette di riconoscere (e de-contaminarsi) dalla
confusione (spesso implicita) del gruppo di lavoro
come luogo delle buone relazioni, del vogliamoci bene,
della scarsa possibilità, da parte dei suoi membri, di
esercitare il pensiero divergente, il dissenso senza
correre il rischio di mettere a repentaglio il legame10.
In questi gruppi il significato semantico del termine
appartenenza è confuso e sovrapposto a quello di
fusione. C’è una convinzione potente e dicotomica: o
10 E’ chiaro qui il riferimento all’imago del gruppo come luogo che riattualizza il meccanismo simbiotico intrauterino e all’adozione di modalità comportamentali, di tipo fusionale, appartenenti al codice materno (cura, ascolto, accoglienza, comprensione, protezione) come pattern regolativo delle relazioni tra i membri.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 19
tutto o niente. O siamo tutti d’accordo oppure non va
bene. Coloro che non sono d’accordo con la
maggioranza sono sospetti, e tendono ad essere
progressivamente isolati, marginalizzati. I processi di
separazione e di differenziazione sono vissuti in modo
minacciante11.
2. Obiettivi di risultato: il consulente aiuta la
committenza a mettere a fuoco obiettivi di risultato e il
gruppo a individuare gli obiettivi di performance
correlati.
Vediamo un caso reale.
Vado a trovare un’azienda, con l’obiettivo di avviare
un’analisi dei fabbisogni relativa ad un percepito
“malessere” nelle relazioni tra alcuni membri di un
gruppo di lavoro.
Durante il colloquio, il Responsabile delle RU racconta
che:
11 Durante una sessione di debriefing di un gruppo di lavoro di una società multinazionale, un partecipante ha scritto sulla lavagna, nella colonna dedicata agli aspetti da migliorare come gruppo, “Non fare sottogruppi, stare sempre insieme, fare gruppo”.
20 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
il gruppo ha una mole di attività molto elevata che
causa un’oggettiva pressione sia sulle persone che
sull’organizzazione del lavoro;
le relazioni interne sono conflittuali sia all’interno
dei gruppi, sia tra i gruppi, le cui cause scatenanti
immediate sono spesso risibili, tanto da essere
facilmente interpretabili come manifestazioni di
malessere che ha origini diverse e più profonde
nelle relazioni “storiche” tra le persone.
Al termine del colloquio, il cliente dichiara che
l’obiettivo organizzativo dell’intervento è formulabile in
questi termini: migliorare il servizio all’utenza
attraverso una maggiore/più efficace collaborazione
interna.
Questo obiettivo – dai contorni ancora molto sfumati -
si traduce nella richiesta di “fare squadra” realizzando
un intervento di team building sulla fiducia, la
coesione, lo “spirito di gruppo” e la gestione dei
conflitti con modalità outdoor.
Propongo al mio committente un approfondimento
rispetto a come il gruppo svolge i suoi compiti legati al
servizio che offre all’utenza, ovvero sugli aspetti
chiave, le cause, le disfunzionalità che provocano un
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 21
livello di servizio12 inferiore alle attese. E apprendo che
poche settimane prima era stata realizzata
un’approfondita e molto ben curata analisi, condotta
dall’interno, dell’attività svolta dal gruppo nel biennio
precedente dalla quale si evidenziavano le seguenti
aree di criticità:
a. si verificano alcuni “tempi morti” nel ciclo del
servizio di assistenza al cliente;
b. i carichi di lavoro tra i membri del gruppo sono
molto sbilanciati;
c. vi è la presenza di diverse attività a scarso valore
aggiunto (troppi controlli intermedi; attesa di
firme; scrittura manuale degli indirizzi etc.) che
allungano i tempi di evasione delle pratiche;
d. c’è un basso livello di formazione sul campo, con
percorsi strutturati e definiti di affiancamento a chi
il lavoro già lo sa fare e un successivo periodo di
verifica sul lavoro svolto;
e. ci sono pochi stimoli ad alimentare nelle persone le
iniziative e le proposte di miglioramento.
12 Il gruppo in questione fa parte di un ente pubblico e realizza servizi di consulenza con uno sportello al quale l’utenza si rivolge.
22 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
A questo punto, propongo di zoomare sull’obiettivo
dell’intervento per renderlo il più possibile SMART13.
L’attenzione così si concentra sulla riduzione dei
cosiddetti “tempi morti” che hanno un diretto e visibile
impatto sul grado di soddisfazione dell’utenza
rispetto ai servizi offerti dal gruppo di lavoro.
Concordiamo che l’obiettivo di risultato dell’intervento
in questione può essere formulato in questo modo:
“Entro il prossimo 30 ottobre, ridurre i tempi di attesa
del cliente per accedere al servizio del 15% durante le
ore di non-picco e del 10% durante le ore di picco”.
Il percorso può così essere avviato con il lancio
dell’iniziativa che prevede una riunione di mezza
giornata nella quale committenza e Coach propongono
al gruppo l’obiettivo sul quale lavorare, lo negoziano e
lo ratificano, descrivono la struttura generale del
programma e la metodologia di teamcoaching
applicata e chiariscono i ruoli degli attori protagonisti:
Committenza, Coach, Gruppo.
3. Obiettivi e indicatori di prestazione: la prima
sessione di teamcoaching è dedicata all’identificazione
sia degli obiettivi di prestazione che sorreggono
13 S.M.A.R.T.: Specific-Measurable-Attainable-Relevant-Trackable.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 23
l’obiettivo di risultato, sia di alcuni indicatori utili per
verificare direzione e progressione del lavoro del
gruppo rispetto agli obiettivi individuati. Sempre nel
caso citato, il Coach pone alcune domande-stimolo al
gruppo per facilitare la ricerca delle aree-obiettivo.
Eccone un parziale esempio: “Per quali ragioni è
importante e urgente intervenire ora?”;; “Quali sono gli
aspetti più impegnativi che state affrontando della
vostra attività?”;; “Su una scala da 0 a 10, indicando
con 0 il livello minimo e con 10 il massimo, qual è
livello di servizio che offrite all’utenza?”;; “Cosa serve
per fare in modo che il gruppo vada avanti di un
punto?”;; “Supponete che accada un miracolo: andate a
letto una sera e la mattina dopo vi svegliate, uscite di
casa, arrivate qui in sede e vi accorgete che siete
arrivati al punteggio desiderato. Cosa succede di
diverso? Cosa fate di diverso? Chi se ne accorge? E
cosa si dice di voi?”; “Quali sono le tre azioni più
urgenti e importanti che, se eseguite, farebbero la
differenza tra adesso e dopo?”14.
Dopo una fase di ricerca in sottogruppi, le proposte
emergenti, connesse alle aree di criticità identificate
dalla ricerca interna, sono le seguenti:
14 Libero adattamento della “Miracle question” di Steve De Shazer.
24 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
- individuare un sistema che permetta un’omogenea
distribuzione del carico di lavoro secondo
l’adozione di specifici criteri – anch’essi da
identificare -. L’indicatore corrispondente è il
numero di pratiche assegnate per operatore,
suddivise per tipologia, misurato nella settimana e
nel mese e il relativo calcolo della media per
operatore;
- mettere a punto e testare per 4 settimane
continuative, una DO-CONFIRM15 checklist che aiuti
a verificare, al termine di ogni settimana,
l’omogenea distribuzione dei carichi di lavoro per la
settimana entrante;
- mettere a fuoco le 3 attività di scarso valore
aggiunto più dispendiose in termini di tempo e
proporre soluzioni per ridurne l’impatto sulla
funzione in tempi certi. Indicatore: calcolo del
tempo medio di evasione delle pratiche;
- preparare e rendere operativa una proposta – entro
il… - di un percorso di formazione strutturato su
15 E’ utilizzata dai piloti di aviazione civile e consiste nel verificare che una una serie di operazioni-chiave sia stata precedentemente eseguita dai membri dell’equipaggio prima del decollo. L’altro tipo di checklist è la READ-DO, che consiste nel leggere il punto-istruzione della checklist, eseguirlo e passare al successivo. Come una ricetta. Per approfondimenti, suggerisco la lettura di “The checklist manifesto: how to get things right” di Atul Gawande - Profile Books Ltd.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 25
più moduli interdipendenti che supporti
un’adeguata preparazione tecnica del personale in
tempi certi. Indicatore: numero di operatori che
accedono al percorso rilevato su base mensile;
- predisporre un questionario che misuri la qualità
del servizio percepito dall’utenza e renderlo
operativo entro il... Indicatore: numero di
questionari compilati dall’utenza e produzione di un
documento di sintesi della qualità del servizio
percepita su base trimestrale.
4. Proporre al cliente un percorso di teamcoaching,
a tappe e strutturato in un numero di “riunioni
osservate”. Dopo aver determinato il “as is” (lo stato
attuale) e il “to be” (lo stato desiderato) rispetto ad un
progetto, ad un problema-obiettivo per il quale il
gruppo ha ricevuto il mandato organizzativo di
occuparsene, propongo e concordo con la committenza
di lavorare su un periodo significativo, da definire
rispetto alla complessità dell’obiettivo, alle risorse
messe a disposizione (i.e.: tempo) e ai vincoli di
mandato (i.e.: termine di tempo entro il quale il
progetto deve essere realizzato), organizzato in
sessioni di lavoro di cadenza normalmente mensile. Le
sessioni sono riunioni reali durante le quali il gruppo
26 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
ascolta, discute, crea, si confronta, analizza, prende
decisioni, etc. I ruoli sono tre e sono chiaramente
esplicitati all’inizio del percorso: il responsabile del
gruppo (Team leader) e i membri del gruppo hanno la
responsabilità diretta del mandato organizzativo per il
quale il gruppo esiste e agisce e organizzano l’agenda
e la gestione delle riunioni mentre il consulente16
(Coach) ha la funzione di aiutare la lettura dei
processi psicosociali del gruppo e stimolare - senza
suggerire - interventi funzionali al superamento di
empasses di carattere operativo e relazionale. E’
fondamentale che il Coach dichiari in modo esplicito di
non fare parte del gruppo e che agisca in modo
coerente a questa regola durante tutto l’intervento. La
principale finalità di questa attenzione nel contratto di
lavoro tra il Coach e il gruppo è volta ad attenuare sia
l’eccessiva dipendenza/controdipendenza dei membri
del gruppo dal Coach, sia i potenziali fenomeni
transferali disfunzionali17. 16 Per approfondimenti su ruolo e approccio del consulente rimando all’irrinunciabile “La consulenza di processo” di E.H. Schein – Raffaello Cortina editore. 17 Il transfert è un meccanismo psicologico secondo il quale un individuo tende appunto a trasferire gli schemi comportamentali, relazionali e affettivi da una relazione arcaica ad una presente. Nelle organizzazioni, un tipo di relazione interpersonale che spesso e facilmente riattiva fenomeni transferali è il rapporto capo-collaboratore nel quale è evidente la presenza della dimensione dell’autorità come elemento scatenante il meccanismo proiettivo: il collaboratore tende ad attualizzare, a livello inconscio, la
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 27
La mia pratica professionale si concentra sull’osservazione e
sulla successiva restituzione18 al gruppo di contenuti
afferenti le seguenti tre dimensioni:
- il contenuto – realtà oggettiva: rappresenta il livello
visibile e manifesto dell’azione del gruppo. Esprime ciò
che il gruppo fa e dice. Il funzionamento del gruppo è
efficace/inefficace rispetto al conseguimento del
compito. Se, ad esempio, il gruppo concorda di
prendere una decisione in un intervallo di tempo
piuttosto breve e discute con il metodo della ruota
libera, il Coach sollecita i membri e il Team leader a
riflettere sui vantaggi e gli svantaggi di questo metodo e
li stimola nella eventuale ricerca di uno più funzionale
allo scopo; in questo caso, probabilmente, il giro di
tavolo con scelte progressive e vincolanti che non
consentono, cioè, di tornare indietro rispetto alle
decisioni prese. Il livello di contenuto rappresenta la
parte visibile, più superficiale, e comprende tutto ciò che
relazione presente come se fosse simile ad una passata e significativa (i.e.: la relazione con il proprio padre durante l’infanzia). Il transfert è un processo psichico la cui attivazione è inevitabile, non per forza negativo. Lo può essere se riattualizza contenuti emotivo-affettivi disfunzionali (gelosia, invidia, eccessiva aggressività, opposizione ostinata) rispetto al tipo di relazione e di contesto. 18 La restituzione comprende non solo dati oggettivi – i.e.: “Chi ha parlato di più in queste due ore di riunione?” ma anche stimoli al gruppo nel fare delle inferenze – i.e.: “Ci sono state molte issues che avete portato sul tavolo in questa riunione, con pochi approfondimenti. Cosa significa secondo voi?”.
28 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
i membri del gruppo dicono e fanno con la
comunicazione verbale e non verbale esplicita. L’ordine
del giorno, gli obiettivi enunciati, le regole manifeste, la
suddivisione del lavoro per ruoli, sono alcuni degli
elementi di questa dimensione;
- le dinamiche – realtà fantasmatica: è il livello
implicito costituito dai contenuti affettivi del gruppo. La
dinamica di gruppo influenza ed è a sua volta
influenzata dalla dimensione del contenuto. La relazione
tra le due dimensioni è di tipo circolare, non lineare. La
dinamica non è osservabile in modo diretto. Il Coach
può solo fare delle inferenze rispetto a ciò che osserva
della dimensione di contenuto. Due tipici esempi
fenomenologici, molto frequenti di dinamica di gruppo
che colgo nel mio lavoro con i gruppi, sono la fusione e
la dipendenza19. La prima è intesa come la ricerca da
parte del gruppo di ridurre le differenze, appiattire le
diversità di opinione e di pensiero. L’individualità,
l’affermazione di un pensiero originale, il contributo
“fuori dal coro”, come già detto, possono essere
percepiti come minacciosi per l’unità. Un
comportamento-spia più evidente di questo tipo di
19 Fusione e dipendenza, come altre dinamiche di gruppo, non sono, per definizione, solo disfunzionali. Nel presente scritto ne ho volutamente tratteggiato la sola funzione (spesso inconscia) difensiva.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 29
dinamica accade quando un gruppo deve prendere una
decisione importante e i membri convergono verso una
tra le pochissime alternative proposte e spesso con
un’urgenza non reale. La decisione presa è unanime con
pochissima discussione, spesso superficiale. La seconda
dinamica è intesa come la cessione, da parte del
gruppo, del potere di decidere del proprio mandato e
della responsabilità ad esso connessa di prendere
decisioni, di compiere delle azioni, di portare avanti e a
compimento anche scelte impopolari ma necessarie per
il gruppo e per l’organizzazione. La cessione avviene
spesso verso il Team leader e anche, talvolta, verso il
Coach. La cessione della piena responsabilità e potere di
scegliere e di portare avanti le decisioni ha a che fare
con il senso di colpa, di impotenza, di inadeguatezza, di
aspettative magiche riposte nel Leader (percepito come
figura onnipotente che ci toglie dai guai, che risolve i
problemi). Il Coach che osserva i comportamenti-spia
agiti dal gruppo, invita i suoi membri a prendere
consapevolezza dei possibili significati e li stimola ad
indagarne l’efficacia e la coerenza rispetto al
perseguimento del compito specifico che il gruppo ha
assunto e sul quale è impegnato;
-
30 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
- i ruoli: mi riferisco a quelli presenti e agiti nei gruppi
su due livelli:
di contenuto, più direttamente visibile e osservabile
del gruppo. Ne cito alcuni tra i molti: l’organizzatore,
l’esperto di “tempi e metodi”, il finalizzatore, il risk
taker, l’avvocato del diavolo, l’ideatore, il
decisionista, il progettista, l’addetto al “controllo &
qualità” dei processi, il negoziatore, l’innovatore, il
responsabile della comunicazione esterna al gruppo,
etc.;
di relazione (implicito); mothering: che significa cura,
disponibilità, accessibilità, accoglienza,
comprensione, ascolto. Ma anche tentativi di
carattere fusionale, soffocamento per la troppa
affettività che impedisce il distacco, la separazione e
la crescita, l’assunzione di responsabilità; di
fathering: che vuol dire socializzazione, controllo,
stimolazione, autonomia, efficienza, crescita, rispetto
delle regole e delle decisioni prese, senso del limite.
Ma anche prevaricazione, dispotismo, autoritarismo,
giudizio, svalutazione; di brothering: ovvero
apprendere dall’esperienza, sviluppare relazioni sia di
competizione sia di collaborazione tra i pari. E anche
ipercompetizione, sabotaggio, invidia, gelosia; di
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 31
childing: creatività, ironia, divertimento, gioco,
sperimentazione, adattamento, adesione alle regole.
E anche incapacità, opposizione ottusa,
manipolazione, esibizionismo, egocentrismo, sfiducia
in se stesso, senso di impotenza, ansia, insofferenza
nei confronti delle regole e degli altri.
Per questa dimensione il Coach, ancora una volta,
introduce momenti di feedback strutturato e
generativo che stimola, attraverso specifiche
domande di problematizzazione e ricerca, la
consapevolezza di questi ruoli agiti nel gruppo, dei
loro vantaggi e svantaggi ed un loro utilizzo
funzionale rispetto al problema-obiettivo.
32 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
Conclusioni
Siamo giunti al termine di questo scritto e desidero mettere
a fuoco quali, a mio avviso, possono essere gli aspetti più
significativi da assumere quando consulente e cliente si
avvicinano al concepimento di un intervento di sviluppo
dedicato al team.
1. Hard e soft insieme: definire il problema-obiettivo
dell’intervento in modo che sia valido l’assunto che
considera, in un gruppo di lavoro, la dimensione del
contenuto come connessa alla dimensione socio-affettiva
in un rapporto circolare e non lineare.
2. Attenzione al bias del gruppo come “Mulino Bianco”:
questo, mi rendo conto, è il punto che rischia di essere
più controverso. Un gruppo coeso, con un alto livello di
fiducia e di stima tra i suoi membri, con relazioni
interpersonali gratificanti è un gruppo che ha ottime
potenzialità di “stare” bene e di “fare” bene. Tuttavia, a
mio avviso, talvolta il rischio è che se questi auspici
diventano prescrizioni che l’organizzazione comunica,
sostiene e promuove, è molto probabile che il gruppo
non sia, come ci suggerisce Lewin, un intero, diverso
dalla semplice somma delle parti. E che quindi non possa
essere un luogo dove invece continui processi di
divergenza, negoziazione e convergenza portino
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 33
contributi di eccellenza per l’organizzazione e occasioni
di apprendimento per le persone.
3. Identificare obiettivi di risultato e di prestazione.
L’intervento di coaching si concentra sugli elementi
prestazionali in modo che il “prima” e il “dopo” sia
rilevante per il gruppo e per l’organizzazione.
4. Attenzione al rischio “dipendenza” del gruppo e del Team
Leader dal Coach. Quest’ultimo lavora con l’obiettivo di
sviluppare una relazione che faciliti l’autonomia
operativa e psicologica del gruppo, non sostituendosi al
Team Leader e resistendo alla gratificazione del suo “Io
esperto”20. Non dà una direzione e dei consigli su “cosa
occorre fare”;; la sua finalità è triplice e consiste nel:
– facilitare la lettura dei processi di contenuto rispetto
al compito, delle dinamiche e dei ruoli agiti dai
membri del gruppo;
– stimolare azioni di cambiamento che sciolgano le
empasess e aiutino il gruppo ad aumentare la sua
efficacia rispetto al suo mandato organizzativo;
– progettare la formazione secondo l’utilizzo di
metodologie21 e dispositivi specifici che favoriscano
20E’ la condizione di selflessness, di rinuncia della ricerca della soddisfazione del proprio Ego. 21 Come l’action learning.
34 Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes
sia il potenziamento del funzionamento del gruppo
sia il livello di apprendimenti per le persone.
Mida SpA – Gruppi di lavoro tra team building e conflitti, di Claudio Funes 35
Claudio Funes Consulente e formatore, ho sviluppato una competenza specifica su per la gestione sostenibile dei conflitti nelle organizzazioni. Laureato in Economia e Counselor certificato in Analisi Transazionale. Mi sono specializzato nella gestione maieutica dei conflitti. Docente a contratto presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Parma. Ho maturato una consolidata esperienza nella funzione commerciale e risorse umane in società multinazionali. In Mida dal 2010. Il mio obiettivo è potenziare le persone affinché possano esprimere il meglio di sé. Mi occupo di formazione ai comportamenti di personal e people leadership e sono specializzato nella gestione sostenibile dei conflitti nelle aree della negoziazione, mediazione e consulenza maieutica. Sono autore del libro “Gestire i conflitti”, De Vecchi editore, 2009. claudio.funes@mida.biz
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In copertina
L’ideogramma cinese weiji che ha il significato di conflitto è composto da due simboli: il primo (wei) significa problema
e il secondo (ji) opportunità. Il conflitto nasce quindi da un problema e possiamo scoprire che
dietro al problema si nasconde una valida opportunità di miglioramento.