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VOLUME I - PARTE II L’EVOLUZIONE DEL SIMBOLISMO IN ORDINE APPROSSIMATIVO -------------- SEZIONI ESPLICATIVE

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VOLUME I - PARTE II

L’EVOLUZIONE DEL SIMBOLISMOIN ORDINE APPROSSIMATIVO

--------------

SEZIONI ESPLICATIVE

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INDICE

I. Simbolismo ed ideogrammi…………………………………………………… 303

II. Il linguaggio dei misteri e le sue chiavi……… 310

III. La sostanza primordiale ed il pensiero divino 325

IV. Caos – Theos – Kosmos………………………………………………………… 342

V. La divinità occulta con i suoi simboli e raffigurazioni………………………………………………………………………… 349

VI. L’uovo del mondo…………………………………………………………………………… 359

VII. I giorni e le notti di Brahmā……………………………………… 368

VIII. Il loto come simbolo universale…………………………………… 379

IX. La luna, Deus Lunus, Febe………………………………………………… 386

X. Il culto dell’albero, del serpente e del coccodrillo……………………………………………………………………………………… 403

XI. Daemon est Deus Inversus…………………………………………………… 411

XII. La genesi degli dei creatori………………………………………… 424

XIII. Le sette creazioni 445

XIV. I quattro elementi 460

XV. Kwn-Shi-Yin e Kwan-Yin 470

VOLUME I – PARTE II

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(LA DOTTRINA SEGRETA)

I

SIMBOLISMO ED IDEOGRAMMI

“…………………… per chi sa decifrarlo un simbolo non è sempre una rivelazione più omeno chiara del divino? ………… in ogni cosa ……… luccica un barlume del progettodivino. Anche la croce stessa, l’emblema più sublime sotto il quale si sono

incontrati ed abbracciati gli uomini, apparentemente non aveva che unsignificato secondario”.

Thomas Carlyle, Sartor Resartus, cap. III, “Simboli”.

Lo studio del significato occulto delle leggende religiose e profane dei vari popoli, grandi e piccoli e specialmente in oriente, ha occupato la maggior parte della mia vita, poiché sono convinta che non c’è mai stato alcun mito, o evento folcloristico tradizionale, che fosse solo frutto di fantasia, ma che ognuna di queste storie ha un fondamento storico reale. In questo non concordo con quegli studiosi, per quanto famosi, che nei miti non trovano altro che delle conferme della superstizione dei popoli antichi e che credono che tutte le simbologie nascano da dei miti solari e che su questi si basino. Questi intellettuali faciloni sono stati ben sistemati da Gerald Massey, il poeta ed egittologo, in una sua conferenza sul “Culto Lunare, Antico e Moderno”. Riportiamo ora la sua critica pungente in quanto ben corrisponde alle idee che abbiamo già espresse fin dal 1877 [1875 nell’ed.or. ndt], quando fu scritta l’Iside Svelata.

Durante gli ultimi trent’anni il prof. Max Muller ha insegnato, nei libri e nelle conferenze, sul Times, sul Saturday Review e in vari periodici, dal palco della Royal Institution, dal pulpito dell’abbazia di Westminster e dalla sua cattedra di Oxford, che la mitologia è una malattia del linguaggio e che il simbolismo antico è solo il frutto dell’aberrazione mentale dei primitivi.E, facendo eco a Max Muller, in una delle “Conferenze Hibbert”, Renouf afferma che “Noi sappiamo che la mitologia è una malattia che si manifesta ad un determinato stadio della cultura umana”. Eppure queste spiegazioni così superficiali dei non evoluzionisti sono tuttora accettate da un pubblico

304 LA DOTTRINA SEGRETA

britannico che pensa per procura. Il prof. Max Müller, Cox, Gubernatis ed altri sostenitori dell’origine della simbologia dai miti solari, ci hanno descritto i primitivi creatori dei miti come una specie di visionari indù germanizzati, che modificavano a propria immagine la nebbia nella loro mente e conversavano ingegnosamente intorno alla foschia o, per lo meno, alle nuvole che ne derivavano, in un cielo simile alla cupola del paese dei sogni, coperto dalle immagini dei loro incubi selvaggi! Pensano che l’uomo primitivo fosse simile a loro e lo considerano un maniaco incline all’auto mistificazione, o, come ha detto Fontenelle “predisposto a vedere delle cose che non esistono”! Hanno erroneamente rappresentato l’uomo primitivo, o preistorico, come se fosse un idiota propenso, a causa di una immaginazione fervida, ma incontrollata, a credere ad ogni sorta di malintesi, pur se direttamente e costantemente smentiti dalla propria esperienza quotidiana; una vittima della propria fantasia malgrado i segni che le sue esperienze lasciavano su di lui, come degli iceberg affilati che marchiano le rocce sommerse nel mare. Diciamo che questi ben noti “maestri” erano prossimi alla conoscenza delle origini della mitologia e del linguaggio quanto il poeta Willie Burns lo era a Pegaso, e questo, in avvenire, verrà riconosciuto. A costoro rispondo che “è soltanto l’astratto sogno di un

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intellettuale che la mitologia sia stata un disturbo del linguaggio o di qualsiasi altra cosa, a parte il suo cervello. L’origine ed il significato della mitologia non sono state comprese da questi partigiani della teoria dei miti solari e creatori di mode! La mitologia è stato l’originario modo di pensare degli antichi pensatori e si basava su dei fatti naturali che sono tuttora riscontrabili nei vari fenomeni; se viene esaminata alla luce dell’evoluzione e se viene compreso il suo modo di comunicare mediante il linguaggio dei segni, non c’è niente di illogico, niente di irrazionale in essa. La follia sta solo nel confonderla con delle vicende umane o con una rivelazione divina (1). La mitologia è il frutto dell’antica scienza umana e ciò che ci interessa maggiormente è che, quando sarà di nuovo interpretata giustamente, eliminerà tutte le false teologie che ha, involontariamente, originato!(2).Attualmente si è soliti definire mitico un racconto irreale, ma l’antica mitologia non era nulla del genere, le sue favole erano un modo di presentare dei fatti e non manipolazioni ed invenzioni………, per esempio, quando gli egizi rappresentavano la luna come un gatto, non erano così ignoranti da pensare che la luna fosse un gatto, non avevano una fantasia così sfrenata da trovare una somiglianza tra la Luna e un gatto, né il mito del gatto era dovuto ad una similitudine espressa a parole, e non avevano certo l’intenzione di preparare degli enigmi e degli indovinelli………, avevano semplicemente notato che il gatto vede al buio e che i suoi occhi diventano rotondi e luminosi durante la notte. La Luna era la veggente notturna in cielo ed il gatto era il suo omologo sulla terra; il gatto domestico venne quindi considerato il rappresentante, la naturale immagine ed il ritratto vivente del globo lunare…………, ma anche il Sole, che di notte riusciva a vedere nei luoghi infernali, poteva essere equiparato al gatto, poiché anche lui vedeva al buio, e così avvenne. Nella lingua

--------------------------(1) Per quanto riguarda alla rivelazione divina siamo d’accordo, ma non riguardo alla “storia umana”………… poiché c’è della “storia” nella maggior parte delle allegorie e dei miti dell’India, in quanto celati vi sono degli eventi realmente accaduti. [H.P.B.](2) Quando spariranno le “false teologie” appariranno i reali eventi preistorici, contenuti specialmente nella mitologia degli ariani, gli antichi indù, e perfino degli elleni dell’epoca preomerica. [H.P.B.]-----------------------------

GLI EMBLEMI ED I SIMBOLI SONO DIFFERENTI 305

degli egizi il nome del gatto è mau che significa veggente e deriva da mau, vedere. Riguardo alla mitologia c’è un autore che afferma che gli egizi “immaginavano un grande gatto dietro al Sole il quale sarebbe la pupilla dell’occhio del gatto”. Ma questa è una müllerata, è solo una trovata moderna! Sotto forma di gatto la Luna era l’occhio del sole perché rifletteva la luce solare, come l’occhio riflette come uno specchio un’immagine, e sotto forma della dea Bast [Pasht nell’ed.or ndt] sorvegliava il Sole, tenendo sotto una zampa e schiacciandola la testa del serpente delle tenebre, il suo eterno nemico……… (1).

Questa è un’esauriente spiegazione del mito lunare sotto l’aspetto astronomico, però la descrizione della Luna è il settore meno esoterico dello studio del simbolismo lunare. Per studiare a fondo la selenognosi, se ci è permesso usare un neologismo, è necessario conoscere molto di più della sola descrizione astronomica. Come abbiamo visto nella prima parte, alla sesta stanza (2), la Luna è intimamente collegata con la Terra essendo in rapporto con i tutti i misteri del nostro globo ancora più di Venere, ossia Lucifero, la sorella occulta e l’alter ego della Terra. In occidente, durante gli ultimi due secoli, le costanti ricerche degli studiosi della simbologia, specialmente tedeschi, hanno indotto gli occultisti e molte persone imparziali a capire che senza l’ausilio della simbologia (con tutti i suoi sette settori, che sono attualmente

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sconosciuti) nessuno dei testi antichi può essere correttamente compreso. La simbologia deve essere studiata sotto tutti i suoi aspetti, poiché ogni popolo ha avuto il proprio particolare modo di esprimersi, vale a dire che un papiro egizio, o un’olla indiana, o una tavoletta assira non devono essere interpretati alla lettera. Questo lo sanno tutti gli studiosi ed anche il solo G. Massey, l’esperto conferenziere, sarebbe sufficiente a convincere qualsiasi cristiano imparziale che accettare la Bibbia alla lettera equivale a fare un errore grossolano ed a cadere in una superstizione superiore a quella dei selvaggi delle isole del sud. Ma i problema è che anche gli orientalisti che più cercano ed amano la verità, sia che studino la civiltà ariana o quella egizia, sembrano non considerare il fatto che ogni simbolo di un papiro o di un’olla è un diamante sfaccettato e che ogni sfaccettatura non solo ha molte interpretazioni, ma si rapporta a varie scienze. Se consideriamo l’esempio del gatto che simboleggia la Luna, che include un’immagine terrestre ed una celeste, vediamo questa è solo una delle diverse raffigurazioni della Luna che troviamo nelle varie culture. Il defunto Kenneth Mackenzie, dotto massone e teosofo, ha spiegato, nel suo Royal Masonic Cyclopaedia [vale a dire “emblema”], che c’è una grande differenza tra un emblema e un simbolo; l’emblema “ha un maggior numero di significati del simbolo, che, possiamo dire, illustra un singolo particolare concetto”. Quindi i simboli (come quello lunare o solare) di alcuni popoli, pur esponendo ognuno un’idea particolare, o una particolare serie di concetti, formano nel loro insieme un emblema esoterico. Quest’ultimo è “un’immagine o un indizio concreto e visibile

--------------------------(1) Gerald Massey, Luniolatry; Ancient and Modern, pag. 1-2.(2) Vedi anche la seconda parte, sez. IX, “Deus Lunus”. --------------------------

306 LA DOTTRINA SEGRETA

che rappresenta dei concetti, o un insieme di idee, che sono riconoscibili da chi ha ricevuto una particolare istruzione” (iniziati). O, per essere più chiari, di solito un emblema è formato da una serie di allegoriche immagini grafiche che sviluppa un concetto con delle successive visioni d’insieme. I Purāna sono quindi degli emblemi scritti e così i due “testamenti”, quello di Mosé e quello cristiano, ovvero la Bibbia, come del resto tutte le altre scritture esoteriche. Come spiega MacKenzie:

Tutte le società esoteriche, come la Società Pitagorica, la Società Eleusina, la Confraternita Ermetica Egizia, i rosacroce e la massoneria, hanno fatto uso di emblemi e di simboli. Molti di questi simboli non dovrebbero essere divulgati in quanto delle differenze anche minime possono modificare considerevolmente il significato dell’emblema o del simbolo. Anche i sigilli magici, essendo basati su determinati princìpi numerici, hanno questa caratteristica e, sebbene possano apparire mostruosi o ridicoli agli occhi degli ignoranti, trasmettono un intero complesso di conoscenze a coloro che sono capaci di riconoscerle.

Le società che sono state citate sono relativamente moderne in quanto nessuna di loro è precedente al medio evo, ed è quindi evidente che ben maggiore debba essere stata la cura degli studiosi della più antica tra le scuole primordiali nel celare dei segreti di importanza ben maggiore per l’umanità (nel senso che potrebbero essere pericolosi se divulgati) di quella dei cosiddetti “segreti massonici”, che ultimamente sono diventati, come dicono i francesi, “segreti di Pulcinella”. Ma questi

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divieti si riferiscono solo all’aspetto legato ai processi mentali, o meglio alla fisiologia della mente ed al significato cosmico dei simboli e degli emblemi, ed anche sotto questo aspetto solo parzialmente, poiché, per quanto gli adepti debbano rifiutarsi di rivelare le condizioni e gli strumenti che possono produrre un’associazione di elementi, psichici o fisici, tale da causare dei risultati oltre che utili anche dannosi, sono tuttavia sempre pronti a comunicare ad uno studioso onesto i segreti dell’antica conoscenza per quanto riguarda la storia celata sotto il simbolismo mitologico, dando così dei punti di riferimento, delle proficue informazioni sull’origine dell’uomo, l’evoluzione delle razze e la costituzione della Terra, utili per gettare uno sguardo retrospettivo sul passato; tuttavia, attualmente, non solo i teosofi, ma anche alcuni profani che sono interessati a questi argomenti si lamentano, chiedendosi il perché della reticenza dei maestri a rivelare quello che sanno. Si potrebbe rispondere chiedendo, a nostra volta, il perché dovrebbero farlo, già sapendo che nessuno scienziato accetterebbe queste informazioni anche solo come ipotesi, e tanto meno come teorie od assiomi; non è stato infatti accettato, o compreso, l’ABC della dottrina segreta contenuto nel The Theosophist, nel Buddhismo Esoterico ed in altre opere e periodici. Anche il poco che è stato dato è stato messo in ridicolo e deriso e comparato da un lato alla teoria dell’“animale” e della “scimmia” di Huxley ed Haeckel e dall’altro alla costola di Adamo ed alla mela. Tuttavia, malgrado le prospettive poco incoraggianti, nel presente lavoro viene esposta una gran massa di dati e, per quanto sta nelle mie possibilità, sono trattate l’origine dell’uomo e

IL POTERE MAGICO DEL SUONO 307

l’evoluzione del globo e delle razze, sia umane che animali.

Nelle scritture delle antiche civiltà sono disseminate molte prove che convalidano l’insegnamento arcaico; i Purāna e lo Zend Avesta, e gli antichi classici, ne sono pieni, ma nessuno si preso finora il disturbo di raccoglierle e collegarle fra loro. La ragione sta nel fatto che si tratta di racconti simbolici e che i più grandi studiosi, le menti più perspicaci che studiano le civiltà ariana ed egizia, hanno vari preconcetti ed, ancor più spesso, una visione settaria riguardo ai temi che vi sono celati. Anche una parabola è un simbolo che parla, una rappresentazione allegorica della realtà della vita, degli eventi e dei fatti, e non come taluni pensano una fantasia o una favola. E poiché dalle parabole veniva sempre tratta una morale, una morale considerata una verità e riguardante delle questioni concrete della vita umana, così dagli emblemi e dai simboli conservati negli antichi archivi dei templi erano dedotti degli eventi storici reali, da coloro che erano versati nelle scienze sacerdotali. La storia religiosa ed esoterica di ogni popolo era piena di simboli, sempre senza molte parole. Tutti i pensieri e le emozioni, la conoscenza, il sapere insomma, sia donato che guadagnato, delle razze primordiali, furono raffigurati con delle allegorie e delle parabole, poiché le parole che vengono pronunciate hanno un potere che i moderni “saggi” non solo non conoscono, ma di cui nemmeno sospettano l’esistenza, ed in cui conseguentemente non credono. Questo in quanto il suono ed il ritmo sono in stretto rapporto con i quattro elementi degli antichi e, poiché i vari tipi di vibrazione dell’aria risvegliano i corrispondenti poteri, causano, a seconda dei casi, degli effetti buoni o cattivi. A nessuno studioso era permesso di parlare esplicitamente ed a lungo di eventi storici o religiosi e di

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avvenimenti realmente accaduti, per paura di richiamare i poteri collegati a tali eventi. Queste vicende erano narrate solo durante le iniziazioni e ogni allievo doveva registrarle con dei simboli corrispondenti, frutto della propria mente, che venivano esaminati dal maestro ed accettati solo in seguito. Così fu concepito, a suo tempo, l’alfabeto cinese, ed ancor prima furono creati i simboli ieratici dell’antico Egitto. Nella lingua cinese, il cui alfabeto ha dei caratteri che possono essere letti in qualsiasi lingua (1) e che sono solo leggermente meno antichi di quelli dell’alfabeto egizio di Thoth, ogni parola ha un proprio simbolo che trasmette il vocabolo che si cerca con una immagine; è una lingua che possiede migliaia di questi simboli o rappresentazioni grafiche delle parole ed ognuno palesa un’intera parola, in quanto nella lingua cinese non esistono delle lettere alfabetiche, così come non esistettero in Egitto fino ad un periodo molto tardo.

---------------------------(1) Così, se un giapponese che non conosce il cinese s’incontra con un cinese che ignora il giapponese, potrà comunicare mediante la scrittura e si capiranno perfettamente, perché la loro scrittura è simbolica. ------------------------------

308 LA DOTTRINA SEGRETA

Tenteremo ora di spiegare il significato dei principali simboli ed emblemi, poiché altrimenti, senza una preliminare conoscenza di almeno i simboli più astratti, il secondo volume, che tratterà dell’antropogenesi, sarebbe troppo difficile da comprendere.

Non sarebbe giusto iniziare uno studio iniziatico del simbolismo senza rendere un dovuto riconoscimento a colui che in questo secolo più si è dedicato a questo studio, scoprendo la chiave basilare per l’interpretazione dell’antico simbolismo ebraico, intimamente connesso con la metrica, una delle chiavi di quello che era, un tempo, l’universale linguaggio dei misteri. Tutti i nostri ringraziamenti a J. Ralston Skinner di Cincinnati, l’autore di The Key to the Hebrew-Egyptian Mistery in the Source of Measures, che, essendo per natura un mistico e un cabalista, ha lavorato per molti anni per realizzare, con grande successo, la propria meta. Ecco le sue parole:

Sono assolutamente certo dell’esistenza di un antico linguaggio, che si è perso durante l’età moderna e lo è tuttora, del quale restano però numerose tracce……… Ho scoperto che probabilmente c’è stato un rapporto geometrico antichissimo [il rapporto numerico integrale tra il diametro e la circonferenza di un cerchio] all’origine divina………… delle misure lineari………… Sembra ormai provato che questo sistema, che è relativo alla geometria, ai numeri, ai rapporti ed alle misure, era noto ed usato nell’America settentrionale anche prima che i discendenti semiti la conoscessero………………………….

La particolarità di questo linguaggio stava nel fatto che poteva essere incluso in un altro, celato in modo tale da non poter essere rilevato senza uno speciale ammaestramento; le lettere ed i segni sillabici possedevano in pari tempo la potenza, ovvero il significato, dei numeri, delle figure e delle immagini, ossia delle rappresentazioni grafiche e dei simboli della geometria, il cui fine era espressamente favorito da delle parabole, sotto forma di racconti o di aforismi, ma poteva pure essere perseguito separatamente, indipendentemente ed in modi diversi, per mezzo di disegni, sculture o edifici terrestri.

Occorre chiarire il significato del termine linguaggio: in primo luogo questa parola significa l’espressione delle idee con l’idioma degli uomini, ma, in

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secondo luogo, può indicare pure la manifestazione delle idee mediante un qualsiasi altro mezzo. Nelle scritture ebraiche l’antico modo di esprimersi era elaborato in modo tale che, usando dei caratteri scritti la cui pronuncia costituiva il primo dei due linguaggi, potessero anche venire intenzionalmente comunicati degli altri concetti separati, oltre a quelli trasmessi dalla lettura dei segni fonetici. Questo linguaggio complementare espone in modo velato dei concetti, delle immaginarie rappresentazioni, che sono ritratti di cose concrete o anche di cose che pur essendo astratte sono reali, il numero 9, ad esempio, può essere considerato una realtà, sebbene non abbia un’esistenza concreta e pure la rivoluzione della Luna, se considerata indipendentemente dalla Luna che la effettua, può essere origine e causa di un’idea reale, per quanto la rivoluzione possa non avvenire realmente. Questo linguaggio che cela dei concetti, può limitarsi a dei simboli composti da parole e segni arbitrari che permettono solo un campo molto limitato di concetti quasi del tutto privi di valore, oppure può descrivere delle manifestazioni della natura che hanno un valore quasi incommensurabile per l’evoluzione umana. Delle immagini di cose naturali possono indurre nuove idee su degli argomenti correlati, che si manifestano da

IL LINGUAGGIO DEI MISTERI 309

varie e perfino opposte direzioni, come i raggi di una ruota, e possono rivelare delle verità sulla natura in settori molto diversi da quelli che erano emersi da una lettura iniziale con le modalità di rappresentazione del primo linguaggio. Da un’idea ne può nascere un’altra a lei collegata, ma allora, se questo avviene, per quanto possa sembrare assurdo, tutte le idee che ne risultano derivano dall’immagine originale e sono armonicamente collegate o associate fra loro. Così, dall’immagine di un’idea che sia sufficientemente basilare si può avere un’idea del cosmo stesso ed anche dei particolari della sua struttura. In genere questo uso del linguaggio è ormai obsoleto, ma mi chiedo se, in un passato lontanissimo, questo linguaggio o un altro analogo, non fosse quello universalmente adottato e solo in seguito, man mano che diventava esoterico, sia diventato tipico di una particolare classe o casta. Con ciò intendo dire che fin dall’origine la lingua popolare, il dialetto, fu lo strumento usato per trasmettere delle idee in questo modo particolare e di questo ci sono prove evidenti; sembra che nella storia della razza umana, per cause che per ora ci sfuggono, si sia avuta la decadenza o la scomparsa di un linguaggio originale perfetto, come pure di un sistema scientifico perfetto, ma allora possiamo dire che erano perfetti a causa della loro origine e della loro diffusione da parte degli dèi? (1) Un’“origine divina” non si significa che si tratti di una rivelazione fatta da un dio antropomorfo su una montagna fra tuoni e fulmini, ma, secondo noi, di un linguaggio ed un sistema scientifico insegnati agli uomini primitivi da degli esseri umani più progrediti, che erano tanto superiori da apparire divini agli occhi di un’umanità ancora immatura: vale a dire da degli “uomini” provenienti da altre sfere. Quest’ultima è un’idea che non ipotizza niente di soprannaturale, ma l’accettarla o il respingerla dipende dalla vanità e dalla presunzione di coloro a cui viene esposta. Se i professoroni della scienza moderna fossero disposti ad ammettere che, per quanto non sappiano niente o piuttosto non vogliano saper niente, di quello che accadrà all’uomo quando non avrà più un corpo di carne, tuttavia, quando questo si verificherà, potrebbe essere per loro pieno di sorprese e di rivelazioni inattese, e l’incredulità dei materialisti avrebbe minore fortuna di quella che ha attualmente. Chi di loro sa, o può dire, cosa accadrà quando il ciclo di vita di questo globo sarà terminato e la nostra madre Terra cadrà nel suo sonno finale? Chi oserebbe affermare che gli Ego divini della nostra umanità, per lo meno gli eletti fra la moltitudine di coloro che passano in altre sfere, non diventeranno a loro volta i “divini” istruttori di una nuova umanità che

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avranno generato su un nuovo globo, rivitalizzato ed attivato dai “princìpi” svincolati dai corpi terrestri? (2) Questa può essere stata l’esperienza del PASSATO, e queste strane registrazioni possono trovarsi sepolte nel “linguaggio dei misteri” di epoche preistoriche, quel linguaggio che ora si chiama SIMBOLISMO.

-------------------

-------------------------(1) [Dal manoscritto cabalistico inedito di J. R. Skinner (pag. 1-6) presente negli archivi di Adyar](2) Vedi la stanza VI, pag. 136 et seq. .--------------------------

310 LA DOTTRINA SEGRETA

II

IL LINGUAGGIO DEI MISTERI E LE SUE CHIAVI

Le recenti scoperte fatte da dei grandi matematici e da dei cabalisti, provano senza alcun dubbio che tutte le speculazioni sulla divinità, dalla arcaiche primigenie alle più recenti, hanno avuto origine, non solo da una fonte comune di teorie astratte, ma da un idioma esoterico universale, ossia dal “linguaggio dei misteri”. Questi studiosi posseggono la chiave dell’antico linguaggio universale e l’hanno usata con successo, sebbene una sola volta, per aprire la porta, ermeticamente chiusa, che conduce all’anticamera dei misteri. Questo grande sistema arcaico che è noto, fin dai tempi preistorici, come la sacra scienza della sapienza e che è incluso, e se ne trovano delle tracce, in tutte le religioni, dalle più antiche alle più recenti, ha sempre avuto, secondo una ipotesi del massone Ragon, un linguaggio universale che costituisce il modo di esprimersi degli ierofanti; questo linguaggio ha, per così dire, sette “dialetti specifici” ciascuno dei quali riguarda uno dei sette segreti della natura ed è particolarmente appropriato per farlo, con un suo specifico simbolismo. In questo modo la natura poteva essere interpretata nella sua totalità, oppure decifrata secondo uno dei suoi aspetti particolari. La prova di tutto ciò sta nell’estrema difficoltà che gli orientalisti, gli indianisti e gli egittologi in particolare, tuttora incontrano nell’interpretare gli scritti allegorici degli ariani e le registrazioni dei sacerdoti dell’antico Egitto; questo accade poiché costoro non si ricordano che gli antichi documenti venivano scritti in un linguaggio universale che nell’antichità era inteso da tutti i popoli, ma che attualmente è compreso da pochi eletti. Come i numeri arabi sono capiti dagli uomini di tutte le nazioni e la parola inglese and, che diventa et per i francesi, e per gli italiani, und per i tedeschi e così via, può essere espressa ovunque con il segno &, così le parole del linguaggio dei misteri avevano il medesimo significato per gli uomini di tutti i popoli.

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Ci sono stati molti uomini celebri, come Delgarme, Wilkins e Leibnitz, che hanno cercato di ripristinare un linguaggio universale e razionale, ma il solo che ne abbia dimostrata la possibilità è stato J. De Maimieux, nel suo Pasigraphie. Potrebbe servire da modello lo schema di Valentinus, detto la “cabala greca”, che si basa sulla combinazione di lettere greche.

Le molteplici sfaccettature del linguaggio dei misteri hanno portato all’adozione di una gran varietà di dogmi e di riti nei rituali exoterici delle chiese e sono all’origine della maggior parte dei dogmi della chiesa cristiana, come, ad esempio, i sette sacramenti, la trinità, la resurrezione, i sette peccati capitali e le sette virtù cardinali. Tuttavia, tra i supremi sacerdoti dell’antichità,

, LE MOLTE RELIGIONI EGIZIE 311

solo i più grandi iniziati erano in possesso di tutte le sette chiavi della lingua dei misteri e quindi solo una parziale padronanza di alcune di loro passò nelle mani della nuova setta dei nazareni, in seguito al tradimento di alcuni dei primi Padri della Chiesa, che erano stati iniziati nei templi. Alcuni dei primi Papi furono degli iniziati, ma gli ultimi frammenti del loro sapere sono ora nelle mani dei Gesuiti, che li hanno trasformati in un sistema tipico della stregoneria.

Si dice che l’INDIA (non quella con i confini attuali, ma con le sue antiche frontiere) sia attualmente l’unico paese al mondo ad avere tra i propri figli degli adepti che conoscono tutte le sette suddivisioni e sono in possesso della chiave dell’intero sistema. Dopo la caduta di Menfi l’Egitto incominciò progressivamente a perdere queste chiavi e la Caldea, all’epoca di Beroso, non ne aveva conservate che tre, in quanto agli ebrei le loro scritture provano che avevano una completa conoscenza dei criteri astronomico, geometrico e numerico utili per rappresentare le funzioni umane e in specie quelle fisiologiche, ma che non possedevano le chiavi superiori.

Gaston Maspero, il grande egittologo francese che è stato il successore di Mariette-Bey, scrive:

Ogni volta che sento parlare della religione egizia ho l’impulso di chiedere di quale, tra le varie religioni egizie, si stia parlando. Della religione della quarta dinastia o di quella del periodo tolemaico? Della religione popolare o di quella dei sapienti? Di quella che veniva insegnata nelle scuole di Eliopoli o di quella ideata e praticata dai sacerdoti tebani? Poiché, fra la prima tomba di Menfi, che ha il cartiglio di un re della terza dinastia e le ultime lapidi incise ad Esneh sotto Cesare Filippo, l’Arabo, c’è un intervallo di cinquemila anni. Tralasciando l’invasione dei “pastori”, la dominazione etiope e quella assira, la conquista da parte dei persiani, la colonizzazione greca e le mille rivoluzioni della sua vita politica, durante questi cinquemila anni l’Egitto è passato attraverso molte vicissitudini morali ed intellettuali. Il capitolo XVIII del Libro del Morto, che sembra spiegare com’era concepita ad Eliopoli la struttura del mondo all’epoca delle prime dinastie, è da noi conosciuto soltanto tramite pochi esemplari risalenti all’undicesima e alla dodicesima dinastia e in quel periodo i suoi versi erano già stati interpretati in tre o quattro modi differenti, così diversi che, a seconda della scuola, il Demiurgo può essere il fuoco solare, Ra-Shu, o l’acqua primordiale. E quindici secoli più tardi il numero delle interpretazioni era ancora aumentato e conseguentemente le opinioni relative all’universo ed alle forze che lo governano. Se, durante i suoi brevi diciotto secoli d’esistenza, il cristianesimo ha messo a punto, sviluppato e

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312 LA DOTTRINA SEGRETA

modificato la maggior parte dei suoi dogmi, quante volte lo avranno fatto i sacerdoti egizi nel corso dei cinquanta secoli che separano Teodosio dai re che hanno costruito le piramidi? (1).

Riteniamo che l’eminente egittologo in questo caso esageri: i dogmi exoterici possono essere stati adulterati spesso, ma quelli esoterici mai. Maspero non prende in considerazione la sacra inalterabilità delle arcaiche verità che venivano rivelate solo durante i misteri dell’iniziazione. I sacerdoti egizi avevano dimenticato molte cose, ma non ne alterarono alcuna. La perdita di gran parte degli insegnamenti primitivi fu dovuta alla morte improvvisa di grandi Ierofanti, che non ebbero il tempo di rivelare tutto ai loro successori, specialmente per la mancanza di eredi degni di ricevere il loro sapere, tuttavia nei loro rituali e nei loro dogmi hanno preservato gli insegnamenti basilari della dottrina segreta. Così, nel diciassettesimo capitolo citato da Maspero, possiamo trovare:1. Osiride che dice di essere Tum [ovvero Atum ndt] (la forza creativa della natura, quella che dà forma a tutti gli esseri, spiriti e uomini), generatore di sé stesso ed esistente di per sé, proveniente da Nu [Nun ? ndt], il fiume celeste, detto padre e madre degli dèi, la divinità primordiale, che è caos ossia l’Abisso, impregnato dallo spirito invisibile.2. Osiride che ha trovato Shu (la forza solare) su una scalinata nella “Città degli Otto” (i due cubi del bene e del male) ed ha annientato i principi malefici in Nu (caos), i figli della ribellione.3. Che è il “fuoco” e l’“acqua”, vale a dire Nu, il progenitore primordiale, e dalle proprie membra ha generato gli dèi, quattordici dèi (due volte sette), sette dèi oscuri e sette luminosi (i sette spiriti sempre alla presenza di dio dei cristiani ed i sette tenebrosi spiriti maligni). 4. Che è la legge dell’esistenza e dell’Essere (10a riga), il Benu (ossia la fenice, l’uccello che risorge eternamente), in cui la notte segue al giorno ed il giorno alla notte, chiara allusione ai cicli periodici della risurrezione cosmica e della reincarnazione umana. Infatti cos’altro potrebbe significare: “Il viandante che passa attraverso milioni di anni è l’Uno ed il grande verde (le acque primordiali ossia il caos) è l’Altro” (17a riga). L’uno progressivamente genera milioni di anni e l’altro li inghiotte per poi restituirli.5. Che parla di sette esseri luminosi che seguono il loro signore che dà la giustizia (Osiride nell’Amenti).

Ora sappiamo che tutto ciò ha dato origine ai dogmi cristiani, ma quello che gli ebrei ricevettero dagli egizi, tramite Mosé ed altri iniziati, venne complicato ed alquanto alterato, ed in seguito la Chiesa interpretò ancora peggio entrambi gli insegnamenti.

Adesso è tuttavia provato che il sistema ebraico, in questo speciale settore del simbolismo, vale a dire nella spiegazione dei misteri dell’astronomia in rapporto con la generazione ed il concepimento, esprime gli stessi concetti che nelle religioni antiche hanno portato alla componente sessuale della teologia. Il sistema di misure sacre usato dagli ebrei per i simboli religiosi è uguale, riguardo alle combinazioni

--------------------------(1) [Guide du Visiteur au Musée de Boulaq, 1883, pag. 148-9]--------------------------

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GLI EBREI ED IL LORO SISTEMA 313

geometriche e numeriche, a quello greco, caldeo ed egizio, poiché fu adottato dagli ebrei durante i secoli della loro schiavitù e prigionia in queste nazioni (1). Qual’era questo sistema? L’autore del The Source of Measures è convinto che “i libri di Mosé intendessero esporre, mediante uno speciale espediente linguistico, un sistema geometrico e numerico scientificamente esatto, che avrebbe dovuto originare un sistema di misurazione” e Piazzi Smyth è d’accordo. Alcuni studiosi hanno scoperto che questo sistema è identico a quello adottato per le misure della grande piramide, ma questo è vero solo in parte. J. R. Skinner nel The Source of Measures dice che “queste misure si basano sul rapporto di Parker”; l’autore di quest’opera straordinaria dice di aver fatto questa scoperta usando il rapporto integrale tra il diametro e la circonferenza del cerchio scoperto da John A. Parker di New York, ossia il rapporto tra 6561, che rappresenta il diametro, e 20612, che rappresenta la circonferenza. L’autore racconta, inoltre, che si tratta di quella proporzione geometrica antichissima, probabilmente di origine divina, che sta alla base di quelle che, dopo pubbliche manipolazioni ed una lunga pratica, sono ora le misure lineari britanniche, “la cui unità fondamentale, cioè il pollice, era pure la base di uno dei cubiti reali degli egizi e del piede dei romani”, e scoprì pure che di questo rapporto c’era una forma modificata, vale a dire 113 a 355, che derivava dal 6561 a 20612, ovvero l’esatto integrale pi, ed era servito anch’esso di base per dei calcoli astronomici. Skinner scoprì che, basato su queste proporzioni, c’era un sistema scientifico preciso, geometrico, numerico ed astronomico, di cui si può constatare un’applicazione pratica nella costruzione della grande piramide egizia, e che questo sistema era il nucleo del modo di esprimersi velato dalla verbosità che è caratteristico del testo ebraico della Bibbia; fu scoperto che il pollice e la misura di due piedi di 24 pollici, rappresentati ai fini pratici dagli elementi del cerchio e dalle proporzioni citate, erano alla base, o all’origine, di un sistema scientifico naturale, egizio ed ebraico e sembra sufficientemente chiaro che questo sistema era considerato di origine e di trasmissione

-------------------------(1) Come abbiamo detto in Iside Svelata, vol. II, 438-9,: “Finora, nonostante tutte le discussioni e le ricerche, la storia e la scienza sono ancora all’oscuro riguardo all’origine degli ebrei. Essi potrebbero benissimo essere dei chandāla, ossia dei pariah, dell’antica India in esilio, i ‘muratori’ di cui parlano Vivasvata [Vina-svata nell’ed.or ndt], i Veda Vyāsa ed il Manu, come pure i fenici di Erodoto, oppure gli hykso di Giuseppe, o i discendenti di pastori pali, oppure una combinazione di tutti costoro. La Bibbia parla degli abitanti di Tiro come di un popolo consanguineo e pretende di avere autorità su di loro………”. Ad ogni modo, qualsiasi discendenza abbiano, divennero un popolo eterogeneo poco dopo l’epoca di Mosé, in quanto la Bibbia dice che si univano liberamente in matrimonio non solo con i cananei, ma con tutti i popoli o razze con i quali venivano in contatto.------------------------

314 LA DOTTRINA SEGRETA

divina (1). Ma vediamo cosa dicono coloro che non sono d’accordo sulle misure della Piramide date dal prof. Piazzi Smyth.

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Sembra che Mr. Petrie le ricusi e che si sia affrettato a confutare le connessioni bibliche dei calcoli di Piazzi Smyth, e lo stesso fa Mr. Proctor, che per molti anni è stato il paladino del “coincidentalismo”, nel campo delle arti e delle scienze antiche e, riguardo alle “varie posizioni che, indipendentemente dalle piramidi, hanno assunto coloro che le hanno studiate per tentare di trovare delle connessioni con il sistema solare”, ci dice che:

…………… queste coincidenze [che non dipendono dall’esistenza delle piramidi] sono complessivamente molto più curiose di quelle che esistono tra le piramidi e le misure astronomiche: le une, oltre che accurate ed importanti, sono anche reali mentre le altre sono solo fantasticherie [?], elaborate tramite quel procedimento che i ragazzi, a scuola, chiamano “imbroglio” e che delle nuove misurazioni obbligano ora a riconsiderare (2).

A questo riguardo Staniland Wake rileva che:

Vi devono essere state più che delle semplici coincidenze se i costruttori della piramide possedevano le conoscenze astronomiche che sono documentate dal suo perfetto orientamento e da altre singolarità prettamente astronomiche (3).

Certo che le avevano, e su questa “conoscenza” si basava lo svolgimento dei MISTERI e di tutta la serie delle iniziazioni, ed è derivata la costruzione della piramide che di questi misteri è sulla terra una testimonianza imperitura ed il simbolo inamovibile, come lo è in cielo il cammino delle stelle. Il ciclo iniziatico era una riproduzione in miniatura di quella grande successione di variazioni cosmiche a cui gli astronomi hanno dato il nome di anno tropicale o siderale. Proprio come, alla fine di un anno siderale (25.868 anni), i corpi celesti ritornano nelle stesse corrispondenti posizioni che occupavano all’inizio, così, alla fine del ciclo iniziatico, l’uomo interiore ritorna a quel primitivo stato di divina integrità e sapienza che aveva prima di cominciare la sequenza delle proprie incarnazioni terrene.

Mosé, che era stato iniziato ai riti misterici egizi, basò il culto misterico della nuova nazione da lui creata su questa teoria incentrata sul ciclo siderale, che rappresentò nelle forme e nelle misure dell’arca che si suppone abbia costruito nel deserto. Su queste basi i Grandi Sacerdoti ebrei idearono poi l’allegoria del tempio di Salomone, un edificio che non è mai realmente esistito, così come lo stesso re Salomone che è soltanto un mito solare, proprio come lo è stato in seguito l’Hiram Abif dei massoni, come ha correttamente dimostrato Ragon. Quindi il fatto che le misure di questo tempio simbolico, allegoria del

----------------------(1) [Manoscritto cabalistico di J. R. Skinner (pag. 20) negli archivi di Adyar] [nota assente nell’ed. or. ndt](2) Vedi la lettera di Petrie nel The Academy del 17 dicembre 1881.(3) The Origin and Significance of the Great Pyramid (London, 1882) nota a pag.8.------------------------

IL DISACCORDO TRA PIAZZI SMYTH E PETRIE 315

ciclo iniziatico, coincidano con quelle della grande piramide è dovuto al fatto che derivarono da queste ultime, desunte dall’arca di Mosé. Che il nostro autore [Skinner] abbia innegabilmente scoperto una od anche due delle chiavi, è pienamente dimostrato dall’opera che abbiamo citato: è

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sufficiente leggerla per essere certi della scoperta del significato occulto delle allegorie e delle parabole dei due Testamenti, ma il merito della scoperta è dovuto più al suo talento che a Parker ed a Piazzi Smyth. Infatti, come abbiamo dimostrato, non è certo che le misure della Grande Piramide adottate dai biblisti esperti di piramidi siano esatte ed una prova di questo si può trovare nel The Pyramids and Temples of Gizeh di Petrie, come pure in altre opere recenti che confutano e definiscono tendenziosi questi calcoli. Quasi tutte le misure di Piazzi, Smyth differiscono da quelle posteriori e più accurate di F. Petrie, il quale conclude l’introduzione al proprio lavoro dicendo che: Per quanto riguarda i risultati della ricerca, molti studiosi saranno d’accordo con quell’americano, in compagnia del quale ebbi il piacere di trascorrere due giornate, che quando giunse a Ghiza era un entusiasta sostenitore di queste teorie sulle piramidi e che durante la nostra ultima cena insieme mi disse tristemente: “Caro Signore, mi sembra di essere stato ad un funerale. Ma, in ogni modo, diamo alle vecchie tesi un’onorevole sepoltura e cerchiamo di non seppellire vivo qualche ferito”.

Per quanto concerne i calcoli del defunto J. A. Parker nel loro complesso, ed in modo particolare la sua terza proposizione, abbiamo consultato alcuni eminenti matematici e, sostanzialmente, questo è ciò che hanno detto:I ragionamenti di Parker dipendono più dalle emozioni che dalla matematica e di conseguenza sono sconclusionati: La terza proposizione che afferma che:

Il cerchio è la base naturale o il principio di tutte le superfici e in matematica fare del quadrato tale base è innaturale ed arbitrario.

è un esempio di asserzione arbitraria su cui non si può impostare un ragionamento matematico, e lo stesso giudizio vale, a maggior ragione, per la settima proposizione che afferma:

Poiché in natura il cerchio è la forma fondamentale ed è quindi la base dell’area e dato che il cerchio non può essere misurato per mezzo del quadrato, essendo equiparabile ad esso soltanto nel rapporto della metà della propria circonferenza con il raggio, ne consegue che la circonferenza ed il raggio, e non il quadrato del diametro, sono i naturali e legittimi elementi della superficie per mezzo dei quali tutte le forme regolari sono rese uguali al quadrato ed uguali al cerchio.

La nona proposizione è un ragguardevole esempio di ragionamento sbagliato ed è proprio quella su cui si basa la Quadratura di Parker (1). Eccola:

---------------------------(1) [John A. Parker, Quadrature of the Circle (1851), Pag. 117-9] -----------------------------

316 LA DOTTRINA SEGRETA

Il cerchio ed il triangolo equilatero sono l’uno l’altro opposti in ogni elemento della loro struttura e quindi il diametro frazionario di un cerchio, che è eguale al diametro di un quadrato, è inversamente proporzionale al doppio del diametro di un triangolo equilatero la cui area è uno, ecc..

Ammettendo, tanto per discutere, che il triangolo abbia un raggio nel senso in cui parliamo del raggio di un cerchio, poiché ciò che Parker

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chiama raggio di un triangolo è il raggio di un cerchio iscritto nel triangolo e quindi non è il raggio del triangolo, ed anche ammettendo sia le affermazioni immaginarie che quelle matematiche che coesistono nelle premesse, perché dovremmo concludere che, se il triangolo equilatero ed il cerchio hanno elementi opposti nella loro costituzione, il diametro di un cerchio debba essere inversamente proporzionale al doppio del diametro del corrispondente triangolo? Che rapporto c’è fra le premesse e le conclusioni? Questa congettura non è coerente e non può essere accettata da dei matematici rigorosi.

Per un autentico e rigoroso pensatore ha poca importanza quale sia stato l’antico sistema esoterico che ha originato il pollice britannico e la lettura esoterica della Bibbia fatta da J. Ralston Skinner non diventa sbagliata solo perché è stato trovato che le misure della piramide non concordano con quelle del tempio di Salomone, dell’arca di Noè e così via, o perché i matematici si rifiutano di ammettere la quadratura del cerchio di Parker; l’interpretazione di Skinner è infatti dovuta soprattutto a dei metodi cabalistici e dipende dal valore che i rabbini danno alle lettere dell’alfabeto ebraico. Ma è estremamente importante accertarsi se le misure usate nella creazione ed evoluzione dei simboli religiosi degli ariani, nella costruzione dei loro templi, nelle immagini dei Purāna, specialmente per quanto riguarda la cronologia, i simboli astronomici, la durata dei cicli ed altri calcoli, erano uguali a quelle usate nelle misurazioni e nei glifi biblici. Poiché ciò proverebbe che gli ebrei, a meno che non abbiano ricevuto il loro sacro cubito e le altre loro misure dagli egizi, poiché Mosé era stato iniziato dai loro sacerdoti, debbono avere acquisito queste nozioni dagli indiani. In ogni caso, le trasmisero ai primi cristiani. Sono dunque gli occultisti ed i cabalisti i veri eredi della CONOSCENZA, ossia dell’antica sapienza, che si trova tuttora nella Bibbia, poiché attualmente solo loro ne comprendono ancora il vero significato, mentre i profani, ebrei e cristiani, si attengono solo alla forma esterna ed alla lettera morta. L’autore di The Source of Measures ha ora dimostrato che fu questo sistema di misure che portò ad attribuire a Dio i nomi di Elōhim e di Jehovah, come pure al loro adeguamento alla sessualità, e che Jehovah non è altro che una brutta copia di Osiride. Ma sia quest’ultimo autore che Piazzi Smyth sembrano essere ancora convinti che gli israeliti abbiano usato per primi questo sistema, che

ALLA FINE PREVALE LA VERITA’ 317la lingua ebraica sia il linguaggio divino, e che questa lingua universale sia dovuta ad una rivelazione diretta!

Quest’ultima ipotesi è giusta solo nel senso indicato nell’ultimo paragrafo della precedente prima sezione, ma dobbiamo ancora intenderci sulla natura ed il carattere del divino “Rivelatore”, e in quanto ad una priorità questa, per i profani, dipende sia dalle prove, evidenti o celate, della rivelazione stessa che dai preconcetti personali dei vari studiosi. Il che, evidentemente, non impedirà, sia ai cabalisti teisti che agli occultisti panteisti, di credere ognuno a modo suo, poiché nessuno riesce a convincere l’altro e le informazioni fornite dalla storia sono troppo poche ed inadeguate a dimostrare ai dubbiosi da che parte sta la ragione.

D’altra parte le prove offerte dalla tradizione vengono respinte con un’ostinazione tale che non si può sperare di risolvere la questione nella nostra epoca. Nel frattempo la scienza materialistica continuerà a

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ridere sia dei cabalisti che degli occultisti. Tuttavia, quando sarà messa da parte la polemica sulla priorità, la scienza accademica, sia i filologi che gli studiosi delle religioni comparate, sarà costretta ad occuparsene ed ad accettare delle affermazioni ormai condivise (1) ed i grandi accademici, invece di disdegnare quello che ritengono essere

-----------------------------(1) A misura che gli scienziati sono costretti a riconoscere le verità della dottrina segreta, tali affermazioni vengono man mano accettate, per quanto raramente si ammetta di essere stati preceduti. Così Piazzi Smyth, nel periodo in cui era riconosciuta la sua autorità riguardo alla piramide di Ghiza, affermava che il sarcofago di porfido della camera del re era “l’unità di misura delle due nazioni più illuminate della terra, l’Inghilterra e l’America”, e che non era altro che “un recipiente per il grano”. Noi lo negammo recisamente nel Iside Svelata, un’opera che venne pubblicata proprio in quel periodo e la stampa di New York (specialmente il Sun e il World) insorsero contro la nostra pretesa di giudicare le affermazioni di un tale luminare. A pagina 519 del primo volume dicevamo che Erodoto, parlando di questa piramide “…… avrebbe potuto aggiungere che all’esterno simboleggiava il principio creativo della natura ed esponeva i princìpi della geometria, della matematica, dell’astrologia e dell’astronomia, mentre internamente, era un tempio maestoso, nei cui oscuri recessi venivano celebrati i “misteri” e le cui pareti erano spesso state testimoni delle cerimonie d’iniziazione dei membri della famiglia reale. Il sarcofago di porfido, che il prof. Piazzi Smyth, astronomo della casa reale di Scozia, degrada a recipiente per il grano, era il fonte battesimale, emergendo dal quale il neofita era considerato ‘rinato’ e diveniva un adepto” . Allora la nostra affermazione fu derisa e ci accusarono di avere preso l’idea da un certo Shaw, uno scrittore inglese che era di moda e che sosteneva che il sarcofago veniva usato durante la celebrazione dei misteri di Osiride (non avevamo mai sentito parlare di questo scrittore!), mentre adesso, a sei o sette anni di distanza (1882), ecco quanto scrive Staniland Wake a pagina 93 del suo saggio su The Origin and the Significance of the Great Pyramid:“La cosiddetta ‘camera del rÈ della quale un euforico studioso delle piramidi dice: ‘I muri levigati, i materiali scelti, le grandi proporzioni e la posizione eccelsa parlano eloquentemente di un futuro glorioso’ e, se non si trattava di una ‘camera di perfezionÈ come quella della tomba di Cheope, era però verosimilmente il luogo dove veniva ammesso il neofita dopo essere passato attraverso lo stretto passaggio ascendente e la grande galleria con l’estremità abbassata che lo avevano gradualmente preparato alla fase finale dei SACRI ----------------------------

318 LA DOTTRINA SEGRETA

un “guazzabuglio di invenzioni e di superstizioni”, come generalmente definiscono la letteratura brāhmanica, cercheranno di imparare l’universale linguaggio dei simboli con le sua chiave numerica e quella geometrica. Ma anche in questo modo difficilmente otterranno un risultato positivo se penseranno che il sistema cabalistico ebraico abbia la chiave di tutto il mistero, poiché non è così. Comunque attualmente nessun’altra scrittura sacra la possiede integralmente, poiché anche i veda sono incompleti. Ognuna delle antiche religioni rappresenta solo un capitolo o due del volume degli arcaici misteri primordiali e solo l’occultismo orientale può affermare di conoscere tutto il segreto con le sue sette chiavi. In quest’opera faremo dei paragoni e daremo tutte le spiegazioni possibili, il resto sarà lasciato all’intuizione personale dei ricercatori. Dicendo che l’occultismo orientale ha il segreto, non pretendo di averne una conoscenza “completa” o nemmeno approssimativa, poiché sarebbe assurdo. Io do solo quello che so e quello che non posso spiegare lo studioso deve scoprirlo da solo.

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Sebbene si possa supporre che la totalità del linguaggio universale dei misteri non sarà conosciuta ancora per diversi secoli, tuttavia anche il poco che è stato finora scoperto nella Bibbia da alcuni studiosi è sufficiente a dimostrarne matematicamente le affermazioni. Gli ebrei usavano due delle sette chiavi e siccome queste chiavi sono state ora ritrovate non si tratta più di speculazioni o di ipotesi personali e tanto meno di “coincidenze”, ma bensì della corretta interpretazione dei testi biblici, così come chi conosce l’aritmetica può verificare il risultato di un’addizione (1). Tra pochi anni con questo metodo si porrà fine all’interpretazione letterale della Bibbia, così come di tutte le altre credenze popolari, e si paleserà il vero e chiaro significato dei dogmi. Ed allora dei concetti evidenti, per quanto incompleti, sveleranno il mistero dell’essere e trasformeranno completamente l’attuale antropologia, l’etnologia e specialmente la cronologia. Con il tempo i riferimenti di carattere sessuale, che si riscontrano nei nomi di Dio e nei racconti del Vecchio (ed in parte anche del nuovo) Testamento, cambieranno considerevolmente le materialistiche idee dell’attuale biologia e della fisiologia. Spogliate dell’attuale rivoltante scorrettezza le nuove interpretazioni della natura e dell’uomo sveleranno, basandosi sulla testimonianza dei corpi celesti e dei loro

------------------------------MISTERI. Se Staniland Wake fosse stato un teosofo, avrebbe potuto aggiungere che lo stretto passaggio ascendente che portava alla camera del re aveva realmente una “porta stretta”, la medesima “porta stretta” che “porta alla vita” ossia a quella rinascita spirituale a cui allude Gesù in Matteo, VII, 13 et seq., e che lo scrittore con le parole attribuite ad un iniziato faceva allusone a questa porta del tempio dell’iniziazione.(1) Tutto ciò che abbiamo detto in Iside Svelata è ora avvalorato, in The Source of Measures [nell’ed. or. “Egyptians Mistery” or The Source of Measures ndt], da un’esegesi biblica che si vale anche delle chiavi numerica e geometrica.----------------------------

MOSÈ COPIO’ DA SARGON 319

misteri, le trasformazioni della mente umana e dimostreranno la loro naturale correttezza. I cosiddetti simboli sessuali sono divenuti osceni per la propria materialità ed animalità, ma in origine erano spontanei, creati da quelle antiche razze che, sapendo di discendere da degli antenati androgini e di essere le prime manifestazioni fenomeniche della separazione dei sessi, vedevano in questi simboli il mistero in virtù del quale potevano a loro volta creare. Il fatto che, in seguito, delle razze, e specialmente il “popolo eletto”, li abbiano degradati non riguarda l’origine di questi simboli. Questa piccola tribù semitica, uno dei gruppi più piccoli tra quelli che, dopo la sommersione del grande continente, derivarono dalla fusione della quarta e della quinta sotto-razza (i mongoli turaniani ed i così detti indo-europei), poteva accettare questo simbolismo soltanto con il significato proprio ai popoli da cui discendeva. Ma forse ai primordi dell’epoca di Mosé erano dei simboli meno scabrosi di quanto divennero in seguito per mano di Esdra, che rielaborò tutto il Pentateuco. Ad esempio, il glifo della figlia del faraone (la donna), del Nilo (il grande abisso e “le acque”) e del bambino galleggiante in una cesta di giunco, non si riferiva a Mosé né fu originariamente concepito da lui, lo si è infatti trovato in brani, su delle tavolette babilonesi, che si riferiscono al re Sargon che visse molto prima di Mosé. Che cosa se ne può ragionevolmente dedurre? Che Esdra aveva conosciuto la storia di Mosé durante il ‘proprio soggiorno a

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-----------------------------(1) Nel suo Assyrian Antiquities, George Smith dice che: “Nel palazzo di Senacheribbo a Kouyunjik ho trovato un altro frammento della singolare storia di Sargon, da me tradotta e pubblicata nelle Transactions of the Society of Biblical Archaeology”. La sede del governo di Sargon, il Mosé babilonese, “era la grande città di Agadi, chiamata Akkad dai semiti, di cui si fa menzione nella Genesi come della capitale di Nimrod (Gen. X,10), e qui regnò per quarantacinque anni. Akkad era situata vicino alla città di Sippara sull’Eufrate, a nord di Babilonia” (vedi il secondo volume del Iside Svelata a pagina 442) ed una strana “coincidenza” sta nel fatto che il nome della città vicina, Sippara, è lo stesso della moglie di Mosé: Zipporah (Esodo II, 21). Naturalmente il racconto è un’abile interpolazione di Esdra, che non poteva ignorare queste cose. Questa strana storia si trova su dei frammenti di tavolette provenienti da Kuyunjik e dice: “1. Io sono Sargina, il potente re di Akkad. 2. Mia madre era una principessa e non ho conosciuto mio padre, un fratello di

mio padre governava il paese. 3. Nella città di Azupiranu, situata presso le rive del fiume Eufrate. 4. Mia madre, la principessa, mi concepì e con difficoltà mi mise alla luce. 5. Mi collocò in un cesto di giunchi e protesse la mia esistenza con del bitume. 6. Mi pose nel fiume che non mi annegò. 7. II fiume mi trasportò e mi portò da Akki, il traghettatore. 8. Akki, il traghettatore, mi accolse con affetto, ecc, ecc.” [G. Smith, Chaldean Account of Genesis, 1876, pag.299-300].Vediamo ora l’Esodo (II, 3): “E quando lei [la madre di Mosé] non potette più nasconderlo prese un cesto di giunchi, lo coprì di bitume e di pece e vi pose il bambino, poi lo mise fra i giunchi sulla riva del fiume”.--------------------------

320 LA DOTTRINA SEGRETA

Babilonia ed aveva applicato l’allegoria di Sargon all’autore delle leggi ebraiche. In conclusione l’Esodo non è stato scritto da Mosé, ma fu rielaborato da Esdra usando degli antichi documenti.Ma se è così perché altri simboli e glifi, molto più espliciti nel loro fallicismo, non potrebbero essere stati allegati in epoca posteriore da questo fautore del culto sessuale dei caldei e dei sabatei? Ci viene insegnato che le primitive credenze degli israeliti erano molto differenti da quelle elaborate nei secoli posteriori dai talmudisti e, prima di loro, da Davide e da Ezechiele.Tutto ciò, nonostante l’attuale exoterismo dei due Testamenti, è sufficiente per giudicare la Bibbia come un testo esoterico e per collegare la sua dottrina occulta con il simbolismo indù, caldeo ed egizio. Le attuali osservazioni astronomiche, essendo l’astronomia e la teologia strettamente collegate, prospettano che l’insieme dei glifi e dei numeri che troviamo nella Bibbia si trovi nei sistemi indiani tanto exoterici che esoterici. Queste rappresentazioni ed i loro simboli, i segni dello zodiaco, i pianeti con i loro aspetti ed i loro nodi, quest’ultimo termine è ormai adottato perfino dalla moderna botanica per distinguere il genere maschile o femminile delle piante (unisessuali, poligame, ermafrodite, con organi sessuali maschili e femminili uniti nella stessa pianta o disgiunti, ecc.), sono chiamati dagli astronomi sestili, quartili e così via e sono stati usati dai popoli antichi, per tempi immemorabili, con lo stesso significato numerico adottato dagli ebrei. Certamente i primi rudimenti della geometria devono essere stati suggeriti dall’osservazione dei corpi celesti e dei loro raggruppamenti.

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I più antichi simboli dell’esoterismo orientale sono quindi il cerchio, il punto, il triangolo, il quadrato, il pentagono, l’esagono, ed altre figure piane con diversi lati ed angoli e questo significa che la conoscenza e l’uso dei simboli geometrici sono vecchi quanto il mondo. É quindi facile capire come la natura stessa, anche senza l’aiuto di istruttori divini, abbia insegnato all’umanità primordiale i primi principi del linguaggio simbolico numerico e geometrico (1); in tutti i

-----------------------------G. Smith afferma che: “Si suppone che il fatto sia accaduto circa 1600 anni a.c., prima dell’epoca in cui si ritiene che sia vissuto Mosé, e, dato che sappiamo che la fama di Sargon era giunta fino in Egitto, è molto probabile che questo racconto abbia rapporto con i fatti narrati nel secondo capitolo dell’Esodo: si tende infatti a ricalcare le imprese del passato” [Op. Cit., pag.300]. Ma adesso, poiché il prof. Sayce ha avuto il coraggio di retrocedere di duemila anni le date attribuite ai re caldei ed assiri, si può affermare che Sargon deve aver preceduto Mosé per lo meno di 2000 anni (al riguardo si legga Hibbert Lectures del Prof. Sayce). Si tratta di un’affermazione suggestiva, ma a questa data mancano ancora uno o due zeri. (1) Per ricordare quante volte la religione esoterica di Mosé fu soverchiata e rimpiazzata dal culto di Jehovah, così come era stato ri-stabilito da Davide, come fece ad esempio Ezechiele, consultare le pagine da 436 a 442 del Iside Svelata. Certamente vi debbono essere state delle buone ragioni perché i -------------------------------

LA CROCE É UN SIMBOLO SESSUALE 321

testi simbolici più antichi troviamo dunque numeri e figure usati per esprimere e registrare delle idee. Si tratta sempre degli stessi simboli, con solo delle modifiche derivanti dalle figure originarie. L’evoluzione e l’interdipendenza dei misteri del cosmo, la sua crescita ed il suo sviluppo, spirituale e fisico, astratto e concreto, furono, in primo luogo, rappresentati tramite delle determinate variazioni geometriche. Ogni rappresentazione della cosmogonia princìpia da un cerchio, con poi un punto, un triangolo, un quadrato, fino al numero 9 ed è sintetizzata da un tratto e da un cerchio, ossia dalla magica decade pitagorica, la somma di ogni cosa, che contiene ed espone tutti i misteri del cosmo; ma per chi sappia comprendere il linguaggio esoterico questi misteri sono rappresentati con un’esattezza ben maggiore nel sistema indiano. I numeri 3 e 4, la cui combinazione da 7, ed i numeri 5, 6, 9 e 10, sono le vere pietre angolari delle cosmogonie occulte. La decade, con i suoi mille aspetti, si trova in ogni parte del globo. Possiamo riconoscerli nelle caverne e nei templi scavati nella roccia dell’Indostan e dell’Asia Centrale, nelle piramidi e nei lithoi d’Egitto e d’America, nella tomba di Osimandia, sulle cime nevose delle montagne caucasiche, nelle rovine di Palenque e nell’isola di Pasqua, insomma ovunque abbia abitato l’uomo nei tempi antichi. Il 3 ed il 4, il triangolo e il quadrato, ossia i simboli universali del maschile e del femminile, che rappresentano il primo aspetto della divinità evolvente, sono fissati per sempre in cielo nella Croce del Sud e nella crux ansata egizia. Questo è ben spiegato così:

Lo sviluppo piano di un cubo presenta una croce egizia, o tau, oppure una croce latina…… ed aggiungendo alla prima un circolo si ottiene una croce ansata…… i numeri 3 e 4, che si possono rilevare nella croce, sono presenti [nel Santo dei Santi] nel candeliere d’oro [ebraico] e nel 3+4=7, e 6+1=7, i giorni del ciclo settimanale, ossia le sette apparizioni della luce del sole; e poiché la settimana di 7 luci dà origine al mese ed all’anno, contrassegna pure la data delle nascite……, e poiché la forma della croce è data dall’uso della formula

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113:355, il simbolo è completato da un uomo disteso sulla croce (1). Queste cifre erano correlate all’origine della vita umana per cui si usò una rappresentazione sessuale (2).

Le Stanze indicano che sia la croce che questi numeri occupano una posizione importante nell’antica cosmogonia e possiamo approfittare delle prove collezionate da questo autore, che vengono definite come le “memorie primordiali di questi simboli”, per dimostrare l’universale identità loro e del loro significato esoterico.

------------------------sadducei, da cui provenivano quasi tutti i grandi sacerdoti ebraici, si attenessero alle leggi di Mosé, mentre respingevano gli allegati “Libri di Mosé”, ossia il Pentateuco della sinagoga ed il Talmud.(1) Si ricordi ancora il Wihtoba indù crocifisso nello spazio, l’importanza della svastika, del “segno sacro”, l’uomo disposto ad X nello spazio di Platone, ecc. .(2) [a pag. 27 e seg. del manoscritto cabalistico inedito di J. R. Skinner negli archivi di Adyar] ------------------------

322 LA DOTTRINA SEGRETA

Dopo avere superficialmente esaminato la natura delle forme numeriche…… diventa un tema di grande interesse la ricerca del dove e del quando ebbero origine e del loro primo impiego. Si tratta di una illuminazione avvenuta in epoca storica, il che pare troppo tardi se consideriamo l’età della razza umana? Pare infatti che si tratti di un’epoca precedente quella degli antichi egizi ancor più di quanto quest’ultima precede la nostra.

Le isole di Pasqua, “in mezzo al Pacifico”, hanno caratteristiche tali da doversi ritenere le cime delle montagne di un continente sommerso, poiché su queste vette ci sono molte statue ciclopiche, vestigia della civiltà di un popolo numeroso e colto, che logicamente deve avere abitato un’area molto estesa. Sul dorso di queste statue si trova la “croce ansata”, e questa croce modificata in modo da mostrare il disegno di una forma umana. Nel numero di gennaio 1870 del London Builder si può trovare una descrizione completa, con delle illustrazioni che raffigurano un paese con una moltitudine di statue e con delle loro immagini……

In uno dei primi numeri del Naturalist (forse il 36°), pubblicato a Salem nel Massachusetts, c’è la descrizione di alcune antichissime e curiose incisioni scoperte su delle pareti in cima a montagne dell’America del Sud, che sono indiscutibilmente di molto anteriori alle popolazioni che vi vivono attualmente. Lo strano di queste incisioni è che rappresentano l’immagine di un uomo disteso su una croce, mediante una serie di disegni nei quali una croce nasce dall’immagine di un uomo, ma eseguiti in modo tale che si può confondere la croce con l’uomo e l’uomo con la croce, dimostrando simbolicamente l’interdipendenza delle due forme……. Si sa che fra gli aztechi si tramandava un racconto molto preciso del diluvio di Noè [di Noè manca nell’ed. or. ndt]. Il barone Humboldt dice che dovremmo cercare il paese di Aztalan, la terra di origine degli aztechi, almeno all’altezza del 42° parallelo nord, da dove, errando, arrivarono infine nella valle del Messico [o valle di Anáhuac ndt]. In questa valle i precedenti nordici cumuli di terra divennero le eleganti piramidi di pietra e gli altri edifici di cui ora troviamo le rovine. Le somiglianza tra i ruderi aztechi e quelli egizi è ben nota……… Atwater, dopo averne esaminati centinaia, è convinto che quei popoli conoscessero l’astronomia. Una delle più perfette costruzioni piramidali degli aztechi è così descritta da Humboldt:“La forma di questa piramide (quella di Papantla), che ha sette piani, è più rastremata degli altri monumenti del genere, ma non è molto alta poiché misura

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solo 57 piedi e la sua base è solo di 25 piedi per lato; tuttavia ha questo di notevole: è costruita con dei massi squadrati di dimensioni straordinarie, con delle forme molto belle. Tre scale conducono in cima, con scalini decorati da sculture geroglifiche e piccole nicchie disposte con grande simmetria. Il numero delle nicchie sembra corrispondere ai 318 segni, semplici e composti, dei giorni del loro calendario civile”.

Per gli gnostici il numero 318 equivale al valore della parola Cristo ed è anche il famoso numero dei servi addestrati o circoncisi di Abramo. Se si considera che 318 è un valore astratto

----------------------(1) Si veda inoltre la descrizione dell’arcaica iniziazione ariana: quella di Vishvakarmam [Vishvakarma nell’ed.or. ndt] che crocifigge il sole, “Wikartana” [Wikkartana nel’ed.or. ndt], spogliato dei propri raggi, su un traliccio a forma di croce. [H.P.B.]--------------------------

CORRISPONDENZA DEGLI ANTICHI SIMBOLI 323

che universalmente corrisponde al valore del diametro in rapporto ad una circonferenza unitaria la sua utilità nella composizione di un calendario civile diviene evidente (1).

In Egitto, in Perù, in Messico, nell’isola di Pasqua, in India, in Caldea e nell’Asia centrale si trovano delle immagini, dei numeri e dei simboli esoterici identici, si tratta di uomini crocifissi e dei simboli dell’evoluzione di popoli da degli dèi, eppure la scienza ripudia l’idea di una razza umana che non sia fatta a nostra immagine e somiglianza: la teologia resta abbarbicata ai suoi 6000 anni dalla creazione, l’antropologia afferma che discendiamo dalle scimmie e gli ecclesiastici la fanno risalire ad Adamo, a 4004 anni prima di Cristo!!

Dovremmo forse, per timore di essere considerati degli sciocchi superstiziosi, e magari dei bugiardi, non fornire le prove, buone come qualsiasi altra, solo perché non è ancora venuto il giorno in cui le SETTE CHIAVI saranno in possesso della scienza, o meglio dei dotti e dei ricercatori nell’ambito del simbolismo? Di fronte alle irrefutabili scoperte della geologia e dell’antropologia riguardo all’antichità dell’uomo dovremmo forse, per evitare i guai che usualmente capitano a coloro che abbandonano la via della teologia o del materialismo, limitarci ai 6000 anni e ad una “creazione eccezionale”, o accettare rispettosamente ammirati di discendere dalle scimmie? No, finché si saprà che negli archivi segreti sono conservate le SETTE chiavi che possono risolvere i misteri della genesi dell’uomo. Per quanto errate, materialistiche e prevenute possano essere le teorie scientifiche, sono tuttavia mille volte più vicine alla verità delle fantasie teologiche che stanno ormai agonizzando per chiunque non sia un irriducibile bigotto fanatico (2), non c’è quindi altra scelta che l’accettare alla cieca le deduzioni della scienza o il dissentire, confutando senza alcun timore e proclamando ciò che insegna la dottrina segreta, pronti a subirne le conseguenze.

Ma ora vediamo se la scienza, con le sue speculazioni materialistiche, e perfino la teologia, boccheggiante nel supremo sforzo di conciliare i 6000 anni di Adamo con le Geological Evidences of the Antiquity of Man di Sir Charles Lyell, non ci danno inavvertitamente una mano. Alcuni dei più dotti etnologi ammettono di essere nell’impossibilità di spiegare le

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varietà della razza umana se non ipotizzando la creazione di diversi Adami: parlano di “un Adamo bianco e di un Adamo nero, di un Adamo rosso

------------------------(1) J. R. Skinner, The Source of Measures (1875), cap.II, sez.II, § 23-4.(2) Alcuni dei loro paladini devono aver perso la ragione. Infatti che cosa si può pensare quando, malgrado l’assurdità di una lettura testuale della Bibbia, queste incongruenze vengono ancora impavidamente sostenute pubblicamente e si trovano ancora dei teologi che affermano che, per quanto “le Sacre Scritture si astengano(?) con cura dal dare dei diretti contributi al sapere scientifico, loro non hanno mai trovato alcuna affermazione che non possa coesistere con i continui progressi della scienza!!!” (Primeval Man: or, the Anthropology of the Bible [Rev.James Gall, 1871]).--------------------------

324 LA DOTTRINA SEGRETA

e di uno giallo” (1). Se gli indù enumerassero le rinascite di quel Vāmadeva di cui parla il Linga Purāna, potrebbero dire ben poco di più. Quando gli indù parlano delle ripetute rinascite di Shiva ci dicono che in un kalpa ha la carnagione bianca, poi, in un altro, nera ed in un altro ancora rossa, dopo di che Kumāra si trasforma in “quattro giovani dal colore giallo”. Questa strana coincidenza, come la chiamerebbe Mr. Proctor, potrebbe essere utile all’intuizione degli scienziati in quanto Shiva-Kumāra è semplicemente l’immagine metaforica delle razze umane durante la genesi degli uomini; ma ha già causato anche un'altra intuizione, e questa volta in campo teologico. L’autore [“sconosciuto” nell’ed.or.1888 ndt] del Primeval Man, nel suo disperato sforzo per proteggere la rivelazione divina dalle implacabili e significative scoperte della geologia e dell’antropologia, rilevando che “sarebbe una sventura se i patrocinatori della Bibbia fossero posti nell’alternativa tra il dover rinunciare a considerare ispirata la Scrittura ed il negare le conclusioni dei geologi”, giunge ad un compromesso ed anzi, dedica un grosso volume a dimostrare che “Adamo non fu il primo uomo (2) ad essere creato su questa terra”……… e che “le reliquie di uomini pre-adamitici che sono state riesumate, invece di indebolire la nostra fiducia nelle Scritture, forniscono ulteriori prove della loro esattezza” (3). Come? Nel modo più semplice immaginabile, poiché questo scrittore deduce che d’ora innanzi “noi [il clero] potremo permettere agli scienziati di fare i loro studi senza influenzarli con la minaccia dell’eresia”, e questo sarà certo di conforto per i signori Huxley, Tyndall e Sir C. Lyell.

Il racconto biblico non inizia con la creazione, come viene comunemente presunto, ma con la generazione di Adamo ed Eva, milioni di anni dopo la creazione del nostro pianeta. Per quanto concerne la Sacra Scrittura, la storia precedente rimane ignota…… prima di Adamo sulla terra vi possono essere state non una, ma venti razze differenti, così come vi potrebbero essere venti differenti razze di uomini in altri mondi (4).

Allora, quali o cos’erano queste razze, poiché il reverendo Gall sostiene tuttora che Adamo è il primo uomo della nostra razza? ERANO LA RAZZA, O LE RAZZE, SATANICHE! “Satana (non fu) mai in cielo, (essendo) gli angeli e gli uomini di una sola specie”.Fu la razza preadamitica degli “angeli che peccarono” ed inoltre leggiamo che Satana fu il “primo principe di questo mondo”, che, essendo morto a causa della propria ribellione, rimase sulla terra come uno spirito disincarnato e tentò Adamo ed Eva.

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Nelle epoche iniziali della razza satanica, e specialmente durante la vita di Satana [!!!], ci può essere stato un periodo di cultura patriarcale e di

---------------------(1) Primeval Man, etc., pag. 195.(2) Specialmente di fronte alla testimonianza data dalla stessa Bibbia in Genesi

IV, 16-7, dove si parla di Caino che si reca nel paese di Nod per ammogliarsi.

(3) Primeval Man, etc., pag. 194.(4) Ibid., pag 55.--------------------------

L’IMPARZIALITA’ DELLA SCIENZA 325

relativa tranquillità, fu l’epoca dei Tubalcain e dei Jubal durante la quale le scienze e le arti cercarono di radicarsi nel suolo maledetto……, che soggetto per un poema epico!……… (allorché) inevitabilmente deve essere accaduto qualche incidente: immaginiamo……… alla sera rugiadosa l’arcaico gioioso innamorato corteggiare la propria novella sposa che arrossisce, sotto quelle querce danesi che allora crescevano dove adesso nessuna quercia crescerebbe………, vediamo il canuto patriarca primigenio……… con a fianco la prole sgambettante ingenuamente, ………e davanti a noi sorgono mille altre immagini! (1) Questo sguardo retrospettivo ad una satanica “timida sposa” nei giorni dell’innocenza di Satana è tanto poetica quanto originale, e le moderne spose cristiane, che non arrossiscono spesso con i loro ameni innamorati, potrebbero imparare la moralità da questa figlia di Satana, creata dalla fervida fantasia del suo primo biografo umano. Queste immagini, che per essere giustamente apprezzate devono essere viste nel loro contesto, sono motivate dal desiderio di conciliare l’infallibilità di una Sacra Scrittura rivelata con l’Antiquity of Man di Sir C. Lyell e con altri testi scientifici ritenuti pericolosi; il che non impedisce di constatare che queste fantasticherie, che l’autore non ha osato firmare nemmeno con uno pseudonimo, sono basate su dei fatti reali. Queste razze preadamitiche infatti, non sataniche, ma semplicemente atlantidee, e quelle, ancora ermafrodite, che le hanno precedute, sono citate nella Bibbia, se questa viene letta in modo esoterico, allo stesso modo in cui lo sono nella dottrina segreta. Le SETTE CHIAVI svelano i misteri, passati e futuri, delle sette grandi razze radice e dei sette kalpa. L’antropogenesi e la geologia esoterica saranno certamente rifiutate dalla scienza, così come le razze sataniche e preadamitiche, ma tuttavia quando, non avendo altro modo per risolvere i loro problemi, gli scienziati saranno costretti a scegliere siamo certi che, quando si saranno impadroniti anche solo approssimativamente del linguaggio dei misteri, malgrado la Sacra Scrittura accetteranno l’insegnamento ancestrale.

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III

LA SOSTANZA PRIMORDIALE ED IL PENSIERO DIVINO

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Poiché sarebbe irrazionale affermare che conosciamo già ogni causa, ci si dia il permesso, ove occorra, di presupporre che ci sia un agente completamente nuovo………….Supponendo, per quanto non sia rigorosamente esatto, che la teoria ondulatoria spieghi ogni cosa, dobbiamo decidere se è provato che l’etere è costituito da onde. Non possiamo affermare con certezza che nessun’altra teoria potrà spiegare

----------------------(1) Primeval Man, etc., pag.206-7. --------------------------

326 LA DOTTRINA SEGRETA

le cose. Ammesso che la teoria corpuscolare di Newton sia stata demolita dal fenomeno dell’interferenza e che attualmente non ci siano alternative, sarebbe tuttavia desiderabile trovare, in queste teorie, delle conferme integrative, delle prove da altre fonti, riguardo al SUPPOSTO ETERE……… Alcune teorie si basano su delle ipotesi riguardo alla struttura delle particelle ed al moto dei corpi, ma, per la natura stessa della materia, queste supposizioni non possono mai essere dimostrate direttamente ed il loro solo merito consiste nel fatto che riescono a rappresentare i fenomeni. Sono TIPICHE INVENZIONI IMMAGINARIE (1).

L’etere, questo ipotetico Proteo, una tipica “invenzione” della scienza moderna che è stata a lungo accettata, è uno dei più bassi “princìpi” di quella che noi chiamiamo la SOSTANZA PRIMORDIALE (ākāsha in sanscrito), una di quelle visioni dell’antichità che è diventata ora il miraggio della scienza moderna; questa è la più grande e più ardita delle congetture degli antichi filosofi che sono sopravvissute. Per gli occultisti, naturalmente, sia l’ETERE che la sostanza primordiale sono delle realtà; in breve: l’etere è la luce astrale e la sostanza primordiale è l’ākāsha, ossia l’upādhi del PENSIERO DIVINO.

Con un linguaggio moderno sarebbe stato meglio chiamare quest’ultimo IDEAZIONE COSMICA, lo spirito, e il primo SOSTANZA COSMICA, o la materia. Questi, che sono l’alfa e l’omega dell’essere, non sono altro che i due aspetti dell’unica esistenza assoluta. Nell’antichità non ci si rivolgeva mai all’esistenza assoluta e non veniva nemmeno citata con un nome, se non allegoricamente. Per le classi colte degli indù, che sono i più antichi della razza ariana, il culto non è mai consistito (come presso i greci) in quell’appassionata adorazione delle forme e dell’arte che ha condotto in seguito all’antropomorfismo. Mentre il filosofo greco adorava la forma il saggio indù “percepiva la vera relazione che esiste fra la bellezza terrena e l’eterna verità”, ma gli ignoranti, di qualsiasi popolo, non hanno mai compreso né l’una né l’altra.

E non le comprendono nemmeno adesso. L’evoluzione dell’IDEA DI DIO va di pari passo con l’evoluzione intellettuale dell’uomo e ciò è tanto vero che il più nobile ideale dello spirito religioso di un’epoca appare solo come una parodia ai filosofi di un’epoca successiva! E gli stessi filosofi dovevano essere iniziati ai misteri dell’intuizione prima di potere comprendere il vero pensiero degli antichi su questo soggetto eminentemente metafisico. Senza questa iniziazione infatti la capacità intellettuale di un filosofo gli ingiungerebbe: “arriverai fin qui e non oltre”; chiaramente ed infallibilmente in quanto la legge del karma pone un limite al progresso del ciclo di ogni popolo o razza. Senza un’iniziazione gli ideali del pensiero religioso di ogni epoca hanno le ali tarpate e sono incapaci di librarsi più in alto, poiché sia i

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filosofi idealisti che quelli realisti, e perfino i liberi pensatori, sono solo l’espressione ed il prodotto naturale della cultura della loro

-------------------------(1) Alexander Bain, LL.D. [titolo conferito dalla Facoltà di Legge della University of Cambridge per particolari meriti ndt], Logic (1873), parte II, pag. 131-2.--------------------------

PENSIERO DIVINO O MATERIA GRIGIA? 327

epoca. Le idee di ognuno sono solo l’inevitabile risultato del suo temperamento e l’espressione del livello intellettuale raggiunto dalla collettività del suo popolo. Come abbiamo già rilevato, ed è per questo che anche i più alti livelli della moderna filosofia occidentale sono ben lontani dalla verità, e che la maggior parte delle attuali speculazioni dei profani sull’esistenza di una “causa prima” sono, tranne che per la terminologia, implicitamente materialiste. Perfino un grande pensatore come Herbert Spencer parla talvolta dell’“inconoscibile” in termini che rivelano la letale influenza di quel pensiero materialistico che, come un vento micidiale, ha avvizzito ed essiccato il moderno pensiero ontologico (1).

Nel periodo di tempo che va dagli albori della quarta razza, quando solo lo spirito veniva adorato e veniva chiarito ciò che era occulto, fino alle origini del cristianesimo ed alla scomparsa dello splendore dell’arte greca, solo gli elleni osarono erigere pubblicamente un altare al DIO SCONOSCIUTO. Qualunque cosa possa avere pensato la grande mente di San Paolo quando disse agli ateniesi che lo “sconosciuto” che, per ignoranza, adoravano era il vero Dio che lui stesso annunciava, questa divinità non era “Jehovah” (2) e non era nemmeno “il creatore del mondo e di tutte le cose”; non è infatti il “Dio di Israele”, ma è lo “sconosciuto” dei panteisti, sia antichi che moderni (3), che “non risiede nei templi costruiti dagli uomini”.

Il pensiero divino non può essere definito ed il suo significato può essere spiegato solo dalle innumerevoli manifestazioni della sostanza cosmica in cui questo pensiero può essere spiritualmente percepito da chi è capace di farlo, ma dire questo, dopo averlo definito come la divinità sconosciuta, astratta, impersonale, asessuata, che si deve porre alla base di ogni cosmogonia e della sua successiva evoluzione, equivale a non dire niente; è come se si tentasse di risolvere un’equazione di funzioni trascendenti in cui, per determinare il reale valore di queste [funzioni], si disponesse solo di alcune variabili incognite.Possiamo trovarlo definito nei primitivi documenti arcaici in cui, come abbiamo detto, è rappresentato da una tenebra illimitata sulla cui superficie appare un iniziale punto centrale bianco, simbolo di uno SPIRITO-MATERIA, contemporaneo ed eterno, che appare, ancora indifferenziato, nel mondo fenomenico; solo quando “l’uno diviene due” si

-------------------------(1) Ad esempio, quando definisce la “causa prima”, ovvero l’INCONOSCIBILE, come un “potere che si manifesta tramite i fenomeni” ed “un’infinita ed eterna energia”, è evidente che ha compreso solo l’aspetto fisico del mistero dell’essere, ossia solo l’energia della sostanza cosmica; è completamente ignorato l’aspetto coeterno della REALTÁ UNICA, ossia l’ideazione cosmica. Per il grande pensatore quest’ultima, in quanto suo noumeno, sembra non esista. Senza dubbio, questo modo unilaterale di trattare il problema è in gran parte

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dovuto alla deleteria abitudine degli occidentali di subordinare la coscienza alla materia, o addirittura di considerarla come un “risultato” dell’azione delle molecole. (2) Vedi il vol. II, parte II, sez. XVII, “Il Santo dei Santi”.(3) Atti XVII, 23-4.--------------------------

328 LA DOTTRINA SEGRETA

può parlare di spirito e di materia. Allo “spirito” sono attribuibili tutte le manifestazioni, dirette o riflesse, della coscienza che si evidenziano nel principio vitale e nell’ubbidienza della natura al maestoso procedere di una legge immutabile, anche l’intenzionalità inconscia (per adottare un’espressione usata nella cosiddetta moderna filosofia occidentale). Per “materia” si deve intendere l’oggettività nella sua astrazione più pura; essa è la base, esistente di per sé, le cui “manvantariche” differenziazioni settenarie costituiscono la realtà oggettiva che sottostà ai fenomeni in ogni fase dell’esistenza cosciente. Durante il periodo del pralaya universale l’ideazione cosmica è “non-esistente” e gli stati variamente differenziati della sostanza cosmica sono nuovamente dissipati in un primordiale stato di astratta oggettività potenziale.

L’impulso manvantarico inizia con il risveglio dell’ideazione cosmica (la mente universale) unitamente e parallelamente al primordiale emergere della sostanza cosmica dal proprio pralayico stato indifferenziato, poiché la sostanza cosmica è il veicolo manvantarico dell’ideazione. Quindi la sapienza assoluta si riflette sulla propria ideazione, che, con un processo trascendentale superiore, sovrastante alla coscienza umana e quindi da questa incomprensibile, diviene l’energia cosmica (fohat). Fohat vibrando in seno alla sostanza inerte la mette in azione e dirige le sue differenziazioni fondamentali sui sette piani della coscienza cosmica. Vi sono così sette protili, come vengono attualmente chiamati [protilo era un neologismo usato in chimica per designare l’omogenea materia prima originaria ndt.] mentre gli antichi ariani li chiamavano le sette prakriti o nature, che sono, rispettivamente, le basi relativamente omogenee per la crescente eterogeneità che si verifica con l’evoluzione dell’universo, causando, sui vari piani della percezione, la meravigliosa complessità dei fenomeni. Si è usato intenzionalmente il termine “relativamente” in quanto l’esistenza stessa di un simile processo, che è la causa dell’originaria separazione della sostanza cosmica indifferenziata nelle sue settenarie basi evolutive, ci fa considerare il protilo (1) di ogni piano come una fase intermedia della sostanza nel suo passaggio da una oggettività astratta ad una oggettività concreta.

Si dice che durante i periodi di pralaya non esiste l’ideazione cosmica in quanto non c’è nessuno, e niente, che possa percepire i suoi effetti. Non vi può essere una manifestazione di coscienza, di semicoscienza, o -------------------------- (1) Il termine protilo è dovuto a W. Crookes, l’eminente chimico che ha dato tale nome alla premateria, se si può così chiamare la sostanza primordiale puramente omogenea che è supposta dalla scienza nella definitiva composizione dell’atomo, per quanto attualmente non sia ancora stata scoperta, ma all’inizio la separazione della materia primordiale in atomi e in molecole avviene solo a causa dell’evoluzione dei sette protili. È l’ultimo di questi sette che W.

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Crookes sta ricercando, avendo recentemente scoperto la possibilità della sua esistenza sul nostro piano. ---------------------------

L’ILLUSIONE UNIVERSALE 329

anche di “inconscia intenzionalità”, senza un veicolo di materia, il che vale a dire che, sul nostro piano, la coscienza umana, nella sua condizione normale, non può andare oltre alla metafisica trascendentale, è solo tramite un aggregato o una struttura molecolare che lo spirito origina una corrente di soggettività individuale o subcosciente; e poiché la materia avulsa dalla percezione è una pura astrazione, ambedue gli aspetti dell’assoluto, la sostanza cosmica e l’ideazione cosmica, sono reciprocamente interdipendenti. Per essere esatti ed evitare confusioni ed idee errate, la parola “materia” dovrebbe essere riservata agli oggetti di cui è possibile avere la percezione, ed il termine “sostanza” ai noumeni; poiché, visto che i fenomeni sul nostro piano sono le creazioni dell’Ego che li percepisce, delle modificazioni della soggettività, gli “stati della materia che costituiscono l’insieme degli oggetti percepiti” possono avere un’esistenza, per quanto relativa e meramente fenomenica, solo per coloro che sono sul nostro piano. Come direbbero i moderni idealisti, l’oggetto dei sensi o fenomeno è conseguenza della cooperazione fra soggetto ed oggetto. Da questo però non consegue che lo stesso capiti su tutti gli altri piani, ossia che la cooperazione fra soggetto ed oggetto sui sette differenti piani determini un insieme settenario di fenomeni che non esistono di per se per quanto siano delle concrete realtà per le entità che le sperimentano, allo stesso modo in cui le rocce ed i fiumi attorno a noi sono reali dal punto di vista fisico per quanto, dal punto di vista metafisico, siano delle irreali illusioni dei sensi. Sarebbe un errore dire od anche solo immaginare una cosa simile. Per la metafisica superiore, l’universo intero, compresi gli dèi, è un’illusione, ma l’illusione di chi è anch’egli una illusione è differente su ogni piano di coscienza e non abbiamo il diritto di dogmatizzare sulla natura delle facoltà di percezione di un Ego del sesto piano, per esempio, più di quanto l’abbiamo nell’identificare le nostre percezioni con quelle di una formica, o di considerarle come la sua tipica modalità di coscienza. Mentre viviamo sul piano del nostro mondo tridimensionale, non possiamo conoscere il puro oggetto, separato dalla coscienza (1), poiché sperimentiamo solo gli stati mentali che stimola nell’ego percipiente. E fintanto che durerà il contrasto fra soggetto e oggetto, vale a dire finchè avremo solo i nostri cinque sensi, sarà impossibile per l’ego personale oltrepassare la barriera che lo separa dalla conoscenza delle

--------------------------(1) L’ideazione cosmica quando è focalizzata in un principio, o upādhi (base), ha per risultato la coscienza dell’Ego individuale. La sua manifestazione varia a seconda della natura dell’upādhi, ad esempio tramite quello che conosciamo come manas si manifesta come coscienza mentale, mentre tramite il materiale più etereo di buddhi (sesto stato della materia), avendo come base le esperienze di manas, si manifesta come un flusso di INTUIZIONE spirituale. ----------------------------

330 LA DOTTRINA SEGRETA

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“cose in sé stesse”, ovvero della sostanza. L’ego, progredendo lungo un arco di sempre maggiore soggettività, deve completare le proprie esperienze su ogni piano e solo quando viene raggiunta l’unità con il TUTTO, su questo piano o su qualsiasi altro, ed il soggetto e l’oggetto svaniscono entrambi nell’assoluta negazione dello stato nirvānico (che è negazione, ricordiamocelo, solo rispetto al nostro piano) è possibile raggiungere l’apice dell’onniscienza, cioè la conoscenza della realtà delle cose, e possiamo avvicinarci alla soluzione di un enigma ancora più tremendo, dinanzi al quale perfino il più elevato dhyāni ciohan deve prosternarsi in silenzio e nell’ignoranza: l’inesprimibile mistero di quello che i vedantini chiamano PARABRAHMAN.

Per questo tutti coloro che hanno cercato di dare un nome al “principio” inconoscibile lo hanno unicamente degradato; anche solo il parlare di una ideazione cosmica che trascenda l’aspetto fenomenico sarebbe come se si tentasse di imbottigliare il caos primordiale, o di etichettare l’ETERNITÁ.

Cos’è allora la “sostanza primordiale”, quell’oggetto misterioso di cui ha sempre parlato l’alchimia e che è sempre stato tema delle speculazioni dei filosofi? Cos’è realmente, ancora prima della sua differenziazione fenomenica? É quello che nella manifestazione naturale è TUTTO pur essendo nulla per i nostri sensi. Nelle varie cosmogonie se ne parla con nomi diversi ed è argomento di tutte le filosofie, ma rimane tuttora un PROTEO inafferrabile nella natura. La tocchiamo senza sentirla e la guardiamo senza vederla, la respiriamo senza accorgercene e l’ascoltiamo e l’annusiamo senza esserne consapevoli, poiché è presente in ogni molecola di quella che, per ignoranza, illusoriamente consideriamo la materia nei suoi vari stati o pensiamo siano sensazioni, pensieri o emozioni. Ossia, essa è l’”upādhi”, il veicolo, dei fenomeni, sia fisici che mentali o psichici; nei primi versi della Genesi e della Cosmologia Caldea, nei Purāna indiani e nei vari Libro del Morto egizi sta sempre all’inizio del ciclo della manifestazione. Viene chiamata “caos” ed anche la “superficie delle acque”, quelle che sono covate dallo spirito che emana dall’Ignoto, comunque lo si chiami (1).

Gli autori delle sacre scritture dell’India studiano più a fondo l’origine dell’evoluzione delle cose di quanto fanno Talete o Giobbe in quanto dicono che:

Dall’INTELLIGENZA [che nei Purāna è detta Mahat] unita con l’IGNORANZA [Ishvara considerato come una divinità personalizzata], grazie al loro potere di proiezione, in cui predomina la qualità dell’inerzia [tamas, ossia l’incoscienza], deriva l’etere e poi dall’etere l’aria e dall’aria il calore e dal calore l’acqua e dall’acqua la terra con le cose che contiene. (2)

“Da QUESTO, proprio da questo SÉ, fu prodotto l’etere”, dicono i veda.(3) É quindi evidente che non è questo etere, scaturito alla quarta fase di

----------------------(1) Vedi la IV sezione: “Caos, Theos e Kosmos”.(2) Confronta con il Sānkhya Kārira, V III, ed i commentari.(3) Taittriya Upanishad, seconda valli, primo anuvāka.-----------------------

L’ETERE COME SUO NOUMENO 331

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una emanazione dell’intelligenza associata con l’ignoranza”, ad essere il principio superiore, l’entità divinizzata adorata dai greci e dai latini sotto il nome di “Pater omnipotens Aether” e quello di “Magnus Aether” nel proprio aggregato complessivo. La progressione settenaria e le innumerevoli suddivisioni e diversità nell’insieme dei poteri dell’etere che furono stabilite dagli antichi, dall’ambito estremo degli effetti esteriori, familiare per la nostra scienza attuale, fino a quella “sostanza imponderabile”, detta “etere spaziale”, della quale un tempo era accettata l’esistenza, ma che ora sta per essere respinta, sono sempre state un enigma sconcertante per ogni campo del sapere. I moderni studiosi della mitologia e del simbolismo, disorientati sia dalla incomprensibile glorificazione che dalle critiche per la sempre identica entità divinizzata nei sistemi religiosi, sono stati indotti a commettere gli errori più assurdi. La Chiesa, arroccata sui propri vecchi errori d’interpretazione, ha fatto dell’etere la dimora delle proprie legioni sataniche (1). Vi risiede tutta la gerarchia degli angeli “caduti”: i Cosmocratores, ossia i “sostegni del mondo” (secondo Bossuet), i Mundi Tenentes, o i “padroni del mondo”, secondo la denominazione di Tertulliano, ed i Mundi Domini, i “signori del mondo”, o meglio i sovrani, e poi i Curbati, ovvero quelli “proni”, ecc.. Delle stelle e dei globi celesti si è fatto così dei demoni!

Una diversificazione dei sette stati dell’etere (anch’esso uno dei sette principi cosmici), la si trova sia nei comandamenti di Zoroastro che in quelli di Psello, mentre l’aether degli antichi è il fuoco universale. Zoroastro diceva: “Pensalo solo senza forma e sembianza”, absque forma et figura, vale a dire senza fiamme o carboni ardenti. “Quando ha una forma”, insegna Psello, “non prestargli attenzione, ma quando è senza forma obbediscigli perché allora è fuoco sacro, e tutto quello che ti rivelerà sarà vero” (2). Ciò prova che l’etere, che è un aspetto di ākāsha, ha, a sua volta, diversi aspetti o “princìpi”.Tutti i popoli antichi deificarono l’aspetto e la potenza inestimabili di Aether. Virgilio chiama Giove Pater Omnipotens aether e “Grande aether” (3). Anche gli indù lo hanno collocato fra le loro divinità, sotto il nome di Akāsha (la sintesi di aether). Anassagora di Clazomene l’autore

----------------------------------(1) Poiché è così che la Chiesa ha interpretato il XII versetto del cap. VI della lettera agli efesini: “poiché non abbiamo da combattere contro sangue o carne, ma contro i principati, contro le podestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre”. Più oltre S. Paolo parla delle malizie spirituali (le “perversità” nei testi inglesi) DIFFUSE NELL’ARIA, spiritualia nequitiae in coelestibus [nell’ed.or. manca l’IN, ndt], ed i testi latini danno diversi nomi a queste “malizie”: gli innocenti “elementali”. E questa volta la Chiesa ha ragione, per quanto abbia torto nel considerarli tutti dei demoni. La LUCE ASTRALE o l’etere inferiore, è colma di entità coscienti, semi-coscienti ed incoscienti, ma il fatto è che la Chiesa ha su di essi meno potere che sui microbi invisibili o sulle zanzare. (2) Effatum XVI, “Oracoli di Zoroastro”.(3) Georgiche, libro secondo, riga 325.---------------------------------

332 LA DOTTRINA SEGRETA

del sistema filosofico delle omeomerie, credeva fermamente che i prototipi spirituali di tutte le cose, come pure i loro elementi, si trovassero nell’etere infinito, dove erano generati, evolvevano e dove ritornavano: un insegnamento occulto.

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É quindi evidente che è dall’etere, nel suo più elevato aspetto essenziale, che derivò, quando fu antropomorfizzato, la prima idea di una divinità creatrice personale. Per i filosofi indù gli elementi sono tamas, vale a dire “non sono illuminati da quell’intelletto che offuscano”.

Dobbiamo ora risolvere la questione del misterioso significato del “caos primordiale” e del principio-radice, dimostrando come nelle antiche filosofie essi fossero collegati con l’ākāsha, che erroneamente viene tradotto come etere, come pure con māyā, l’illusione, di cui Ishvara è l’aspetto maschile. Parleremo in seguito del “principio” intelligente, o piuttosto delle invisibili proprietà immateriali presenti negli elementi visibili e materiali che “scaturirono dal caos primordiale”.

Nel Iside Svelata ci si chiedeva: “Cos’è il caos primordiale se non aether?”, non l’etere moderno, quello che viene accettato attualmente, ma quello che era conosciuto dagli antichi filosofi molto tempo prima dei tempi di Mosé, l’aether con le sue misteriose ed occulte proprietà, con in sé i germi della creazione universale. L’aether eccelso, o ākāsha, è la Vergine Celeste e la madre di tutte le forme e di tutti gli esseri esistenti; dal suo seno, subito dopo l’“incubazione” da parte dello spirito divino, vengono originate la materia e la vita, la forza e l’azione. L’aether è l’Āditi degli indù, ed è ākāsha. Attualmente si conosce ancora poco dell’elettricità, del magnetismo, del calore, della luce e dell’azione chimica, malgrado che delle nuove scoperte amplino continuamente il campo delle nostre conoscenze. Chi può determinare il potere di questo gigante proteiforme, l’aether, e dire qual è la sua origine misteriosa? Chi può negare la presenza dello spirito che vi opera e gli fa assumere tutte le forme visibili?

Non è difficile dimostrare che tutte le leggende cosmogoniche del mondo sono basate sulla conoscenza da parte degli antichi di quelle scienze che attualmente sostengono la dottrina dell’evoluzione, ed ulteriori studi dimostreranno che gli antichi conoscevano molto meglio di noi l’evoluzione, sia nel suo aspetto fisico che in quello spirituale.

Per gli antichi filosofi, l’evoluzione era una proposizione valida per tutti, una dottrina applicabile ad ogni cosa e ben comprovata, mentre quelle degli attuali evoluzionisti sono solo delle speculazioni teoriche, con delle proposizioni parziali, quando non completamente inopportune. È inutile che i rappresentanti del moderno sapere vogliano chiudere il dibattito e pretendano che la questione sia risolta semplicemente perché le enigmatiche considerazioni mosaiche [molto posteriori] non concordano con le precise analisi della “scienza esatta” (1). ---------------------------(1) Isis Unveiled, vol. I, pag.134.-------------------------

CHE NE DICE IL MANU 333

Se consideriamo I Decreti di Manu vediamo che il testo contiene i prototipi di tutte queste idee, che, per quanto siano state per la maggior parte perdute (per il mondo occidentale) nella loro forma originale e siano state deformate da successive interpolazioni e addizioni, hanno conservato abbastanza del loro antico spirito da palesarne il carattere.

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[Allontanando le tenebre] il Signore esistente di per sé [Vishnu, Nārāyana, ecc.] divenne manifesto…… [e] desiderando produrre dal proprio corpo [essenza] degli esseri differenti…… inizialmente creò l’acqua solitaria ed in questa gettò il seme. Che divenne un Uovo d’Oro. (1) [Le parentesi non ci sono nell’ed.or. ndt]

Da dove viene questo Signore che esiste di per sé? É chiamato QUESTO e se ne parla come di “Tenebra, impercettibile, indefinita, non svelabile, inconoscibile, come immersa in un sonno profondo” (2). Avendo dimorato in quest’uovo per un intero anno divino, colui “che nel mondo è chiamato Brahmā” spezza l’uovo in due parti e con la parte superiore forma i “cieli” e con quella inferiore la terra e con la parte mediana il cielo ed “il perpetuo luogo delle acque” (3).Ma subito dopo questi versetti c’è qualcosa che per noi è ancora più importante, poiché conferma appieno i nostri insegnamenti esoterici. Dal verso 14 al verso 36 infatti il processo dell’evoluzione è esposto nello stesso ordine descritto dalla filosofia esoterica e ciò non può venire semplicemente negato. Perfino Medhātithi, figlio di Virasvāmin ed autore del commentario intitolato Manubhāsya che, secondo gli orientalisti occidentali, risale al 1000 d. C., ci aiuta con le sue considerazioni a riconoscere la verità, benché sia reticente a dire di più, forse perché sapeva ciò che non doveva essere divulgato ai profani, oppure perché era realmente confuso, ma quanto ha detto è tuttavia sufficiente a chiarire l’esistenza di un principio settenario nell’uomo e nella natura.

Cominciamo dal primo capitolo dei “Decreti” o “Leggi”, dopo che il Signore che esiste di per sé, il non manifesto Logos delle ignote tenebre, diviene manifesto nell’Uovo d’Oro. É da questo “uovo”, da:

11. “Ciò che è la causa che non presenta soluzioni di continuità (indifferenziata), che è eterna, che è e non è, da ESSO derivò quel maschio che nel mondo viene chiamato Brahmā.

Ci accorgiamo che qui, come in tutti i sistemi autenticamente filosofici, persino l’“Uovo”, ovvero il cerchio (lo zero), l’infinito senza limiti, è indicato con il pronome neutro ESSO (3), e che Brahmā, che è semplicemente la prima unità, è detto il dio maschio, cioè il principio fecondatore. É il ossia il 10 (dieci), la decade, che soltanto nel nostro mondo, sul piano del settenario, è chiamato Brahmā, ma questo Brahmā maschio sul piano della decade unificata, nel regno della realtà, è un’illusione.

14. Da sé stesso (ossia “dal sé” ātmanah) egli creò la mente: (1) che è e che non è, (2) e dalla mente ebbe origine l’egoismo (la coscienza di sé), quello che governa, (3) il Signore.

-------------------------(1) Traduzione di A. C. Burnell, Londra 1884, versi 6 – 9.(2) Op. Cit., verso 11.(3) Op. Cit., verso 13.(4) Il vertice ideale del triangolo pitagorico. Vedi nel volume II le sezioni: “La Croce ed il Cerchio” [pag.545 e seguenti] e “Simbolismo Primitivo della Croce” [pag.573 e seguenti].--------------------------

334 LA DOTTRINA SEGRETA

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(1) La mente è manas. Qui però, come giustamente rileva il commento di Medhātithi, accade precisamente il contrario e ciò dimostra già la presenza di interpolazioni e di riadattamenti: è infatti manas che ha origine da ahamkāra ovvero dalla coscienza di sé (universale), così come nel microcosmo manas deriva da mahat o maha-buddhi (buddhi nell’uomo). Questo poiché manas è duplice e, come dimostra nella propria traduzione Colebrooke, “serve sia per capire che per agire, è un organo che ha affinità, avendone la stessa natura, con gli altri” (1), cioè con gli altri princìpi, poiché manas, che è il nostro quinto principio (il quinto poiché il corpo viene detto il primo, al contrario di ciò che comporterebbe una disposizione veramente razionale), è in rapporto sia con ātmā-buddhi che con i quattro princìpi inferiori. Da questo deriva il nostro insegnamento, che afferma che manas segue ātmā-buddhi nel devacen e che il manas inferiore (vale a dire le sue scorie) risiede, in un kamarupa, nel limbus, ovvero nel kamaloka che è la dimora dei “gusci”.

(2)Questo è il senso dell’“è e non è” con cui viene descritto manas. [Nell’ed. or. 1888 questa frase costituisce un paragrafo numerato a sé ndt]. Medhātithi dà a manas il significato di “chi è conscio del’io”, o l’ego, e non quello di “governatore” come fanno gli orientalisti. Costoro traducono così il seguente sloka:

16. Avendo reso la parte sottile di quei sei [il grande Sé ed i cinque organi dei sensi] di incommensurabile spendore per penetrare negli elementi di sé (ātmamātrāsu), lui creò anche tutti gli esseri.

Secondo Medhātithi però invece di ātmamātrāsu si dovrebbe leggere ātma-mātrābhih [matra-chit nell’ed.or. dell’88 ndt] e quindi:

Egli, avendo pervaso le parti sottili di quei sei, di incommensurabile splendore, creò, con elementi di sé, tutti gli esseri.

Quest’ultima interpretazione dovrebbe essere quella corretta, poiché lui, il Sé, è quello che noi chiamiamo ātman e che costituisce così il settimo principio, la sintesi dei “sei”. Questo è anche il parere di chi ha curato la pubblicazione del Mānava Dharma Shāstra, che sembra avere intuito nello spirito di questa teoria un significato molto più profondo di quello intravisto dal traduttore delle Leggi di Manu, il defunto dott. Burnell, egli infatti non ha dubbi nel preferire il commentario di Medhātithi al testo di Kulluka Bhatta [solo Kulluka nell’ed.or. ndt]. Scartando i tanmātra, ovvero gli elementi sottili e l’ātmamātrāsu di Kulluka Bhatta, ci dice, applicando i principi al Sé cosmico:

I sei sembrano piuttosto essere il manas più i cinque principi, ovvero etere, aria, fuoco, acqua e terra; “avendo unito le parti sottili [nell’ed.or. “le cinque parti”, in quanto al posto di fine si trova five, ndt] di questi sei con gli elementi spirituali [il settimo] egli creò (così) tutte le cose che esistono”.... ātmamātrā è quindi l’atomo spirituale in opposizione agli elementari, non raziocinanti, “elementi di sé stesso”.

E corregge così il verso 17:

Poiché gli elementi sottili delle forme corporee di questo Uno dipendono da questi sei il saggio chiama sharira la sua forma.

---------------------------(1) Traduzione di Burnell, pag. 3, nota 3.---------------------------

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LE SETTE PRAKRITI 335

E fa altresì notare che in questo caso per “elementi” si intendono delle frazioni o parti (o princìpi) e che questa interpretazione è confermata dal verso 19 che dice:

19 – Questo (universo) non eterno deriva dunque da quello eterno, tramite gli elementi sottili delle forme di quei sette principi gloriosi (Purusha).

Il nostro curatore, commentando [la correzione di] Medhātithi, rimarca che “probabilmente si intende parlare dei cinque elementi più la mente [manas] e l’autocoscienza [ahamkāra](1); i precedenti elementi sottili [significando] le ‘parti eteree della forma’ [o princìpi]. Il che viene dimostrato dal verso 20 che afferma che questi cinque elementi o ‘parti sottili della forma’ (rupa con manas e l’autocoscienza) costituiscono i ‘sette purusha’, o princìpi, che nei Purāna sono detti le ‘sette prakriti’ (2).Inoltre, nel verso 27, questi “cinque elementi”, o “parti sottili [vedi la ndt precedente riguardo alla sostituzione del five (cinque) dell’ed.or. con fine (sottile)] sono definiti come “le parti atomiche distruttibili” e sono quindi “distinte dagli atomi del nyāya [uno dei sei darshana indiani ndt]”.Il Brahmā creatore scaturendo dall’uovo del mondo, o uovo d’oro, riunisce in sé sia il principio maschile che quello femminile, insomma è identico a tutti i protologoi creatori. Brahmā, tuttavia, non lo si potrebbe definire, come nel caso di Dionisio, “πρωτόγονον διфυή τρίγονον Βακχείον Ανακτα Αγριον άρρητόν xρύфιον δικέρωτα δίµορфον” (3), ossia veramente un Bacco, un Jehova lunare con Davide danzante nudo davanti alla sua simbolica rappresentazione nell’arca, poiché per onorarlo non furono mai istituite delle licenziose feste dionisiache in suo nome. Le celebrazioni pubbliche di questo tipo, in cui i grandi simboli universali vengono deformati, sono sempre state exoteriche, come attualmente lo sono quelle di Krishna ad opera dei vallabāchārya di Bombay, i seguaci del dio fanciullo. Ma questi dèi folcloristici sono la vera divinità? Rappresentano l’apice e la sintesi della creazione settenaria, l’uomo incluso? Assolutamente mai! Singolarmente sono tutti, sia quelli pagani che quelli cristiani, solo uno dei gradini della settenaria scala della coscienza divina. Si dice anche che Ain-Sof si manifesta tramite le sette lettere del nome di Jehovah, al quale, avendo questi usurpato il posto dello “Sconosciuto Illimitato”, furono attribuiti, dai suoi devoti, i suoi “sette angeli della presenza”, i suoi sette principi. Questi sono d’altronde menzionati in quasi tutte le dottrine. Nell’autentica filosofia Sānkhya, mahat, ahamkāra ed i cinque tanmātra sono detti le sette prakriti (nature) e sono elencati a partire da maha-buddhi, o Mahat, fino alla terra (4).Nondimeno, per quanto l’originale versione elohista sia stata distorta da Esdra per compiacere ai rabbini, e per quanto talvolta possa essere disgustante perfino l’accezione esoterica delle scritture ebraiche,

---------------------(1) Ahamkāra come universale autocoscienza ed anche manas hanno un triplice aspetto. Poiché la “concezione dell’Io”, o del proprio Ego, comprende sia sattva, “pura quiete”, che rajas, “attività”, ed anche tamas, “inattività” nelle tenebre. Appartiene sia al cielo che alla terra ed ha le proprietà di entrambi.(2) Traduzione di Burnell, pag. 4, nota 6.

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(3) [“Primogenito, di natura duplice, nato tre volte, Bacco, signore, selvaggio, ineffabile, segreto, bicorne, di forma duplice.” Thos. Taylor, The Mystical Initiations; or, Himns of Orpheus, XXIX, Londra, 1787].(4) Vedi Sankhya-Karikā, v.III e Commentari.----------------------

336 LA DOTTRINA SEGRETA

queste rivelano molto di più di quanto lasci supporre la loro copertura o rivestimento esteriore, e quando vengono eliminate le parti jehoviste, si trova che i libri di Mosé, specialmente i primi sei capitoli, sono colmi di una autentica ed inestimabile conoscenza esoterica.Se vengono letti alla luce della cabala presentano un incomparabile sacrario di verità occulte, una segreta fonte di bellezza nascosta da una costruzione la cui sembianza, nonostante l’apparente armonia, è tuttavia incapace di resistere alla critica della ragione e di rivelare la propria costante attualità, l’appartenenza a tutte le epoche. É celata più saggezza nelle exoteriche favole dei Purāna e della Bibbia che negli eventi e nella scienza di tutta la letteratura exoterica del mondo, e più vera scienza OCCULTA di quella che si trova nella scienza esatta delle accademie. Se vogliamo essere più chiari: in alcune parti dei Purāna exoterici e del Pentateuco vi è una sapienza esoterica che è pari ai controsensi ed alle puerilità che si trovano leggendo alla lettera le micidiali interpretazioni delle grandi religioni dogmatiche e, ancor più, quelle dele varie sette. Si leggano i primi versetti della Genesi e si rifletta. Anche nella prudente traduzione protestante inglese autorizzata da Giacomo I c’è un “Dio” che comanda ad un altro “dio” il quale esegue i suoi ordini.Non avendo la lingua ebraica un termine che esprima il concetto di eternità (2), è scritto che in “principio” “Dio” forma il cielo e la terra e che quest’ultima è “senza forma e vuota” mentre il cielo non è realmente il cielo, ma è l’“abisso”, il caos, su cui stanno le tenebre (3).“E lo Spirito di DIO alegiava sulla superfice delle Acque” (I, 2), ossia sul grande abisso dell’infinito spazio, e lo Spirito è Nārāyana ossia Vishnu.

------------------------(1) “Il Santo dei Santi”, vol. II, parte II, XVII.(2) Il vocabolo “eternità”, con il quale i teologi cristiani traducono “per sempre e sempiterno”, non esiste nella lingua ebraica. “Olam”, dice Le Clerc, si riferisce solo ad un’epoca di cui non sono conosciuti l’inizio o la fine e non significa “durata infinita” ed il termine “per sempre” nel Vecchio Testamento si riferisce solo ad un periodo di “lunga durata”. Anche nei Purāna il termine “eternità” non è impiegato nell’accezione cristiana. Nel Vishnu Purāna è chiaramente affermato che per “eternità” ed “immortalità” s’intende soltanto una “esistenza fino al termine del Kalpa” (Libro II, cap. VilI; Wilson, vol II, nota a pag.269).(3) La teogonia orfica è fondamentalmente orientale ed indiana. Le sue successive trasformazioni l’hanno molto allontanata dallo spirito dell’antica cosmogonia, ma tuttavia lo si può ancora vedere confrontandola con la Teogonia di Esiodo. L’ariano spirito indù traspare ovunque nei sistemi di Esiodo ed Orfeo. (Si veda il pregevole studio di James Darmesteter “Les Cosmogonies Aryennes”, nel suo Essais Orientaux). Il concetto greco originale di caos è quello della segreta religione-saggezza. Per Esiodo il caos è infinito, illimitato, una durata senza princìpio né fine, un’astrazione ed, in pari tempo, una presenza visibile. Uno SPAZIO colmo di tenebre che costituisce la materia primordiale nel suo stato pre-cosmico. Poiché, etimologicamente, secondo

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Aristotele il caos è lo spazio e lo spazio, nella nostro insegnamento, è la sempre invisibile ed inconoscibile divinità.---------------------------

LA TENEBRA È LUCE 337

“Dio disse: sia un firmamento...” (I, 6) ed il secondo “Dio”, obbedì e “fece il firmamento” (I, 7). “E Dio disse: Sia la luce” e “la luce fu”. Però quest’ultima non significa affatto luce, ma, ad esempio, nella cabala rappresenta l’androgino “Adam Kadmon”, ovvero Sefirāh (la luce spirituale), il che è lo stesso: o, secondo il Libro dei Numeri caldeo, rappresenta gli angeli di second’ordine, poiché quelli di prim’ordine sono gli elōhim che costituiscono quel tutt’uno che è il Dio “plasmatore”. A chi sono allora diretti i comandi? E chi comanda? Quella che comanda è la legge eterna e chi obbedisce è [sono, ndt] l’elōhim, la quantità nota che agisce nella e con la X, ossia il coefficente della quantità incognita, le forze della forza UNICA. Questo è l’occultismo che si trova nelle STANZE arcaiche e poco importa che queste “forze” vengano chiamate dhyāni-ciohan od ophānnim come fa San Giovanni.Il Libro dei Numeri caldeo dice che “l’unica luce universale, che per l’uomo è tenebra, esiste sempre” e che, ciclicamente, ne deriva l’ENERGIA, che è riflessa nell’“abisso”, o caos, il deposito dei mondi futuri, e che questa energia, una volta risvegliata, stimola e feconda quelle forze latenti che sono le potenzialità che vi sono, sempre presenti per tutta l’eternità. Allora si risvegliano nuovamente i Brahmā ed i Buddha, le forze coeterne, ed ha origine un nuovo universo..........Nel Sepher Yetzirāh, il cabalistico Libro della Creazione, l’autore ha evidentemente ripetuto le parole del Manu e nel testo è detto che la sostanza divina è la sola che è sempre eternamente esistita, illimitata ed assoluta, e che ha emesso da sé stessa lo spirito (1). “L’unico è Lei, lo Spirito degli Elōhim delle Vite, benedetto sia il SUO nome, che vive per sempre! [Nell’ed.or. del 1888 si legge: Unico è lo Spirito del Dio vivente, benedetto sia il suo nome, che vive per sempre! ndt]. La Voce, lo Spirito e la Parola, questo è lo Spirito Santo” (2), questa è l’astratta trinità cabalistica, che, senza tante cerimonie, è stata antropomorfizzata dai Padri della Chiesa cristiani. Da questa triplice UNITÁ emanò l’intero kosmos. Dall’UNITÁ emanò per primo il numero due, ovvero l’aria (il Padre), l’elemento creativo, quindi derivò dall’aria il numero TRE, l’acqua (la madre), e poi ether ossia il fuoco che completa i mistici quattro, l’arba-il (3). “Quando il Segreto dei Segreti desiderò rivelare Sé stesso fece prima un punto [il punto primordiale, o la prima delle sefiroth, l’aria, o lo Spirito Santo] modellato con una forma sacra [le dieci sefiroth, ovvero l’Uomo Celeste] e poi lo ricoprì con una veste ricca e splendida, che è il mondo” (4).

--------------------------(1) Lo spirito manifesto; lo spirito divino, assoluto, è una cosa sola con la sostanza divina assoluta; parabrahman e mūlaprakriti sono in essenza uniti e quindi anche l’ideazione cosmica e la sostanza cosmica sono, nel loro carattere originario, uniti.(2) Sepher Yetzirāh, cap. I, § 9.(3) Ibid.: il nome Abram deriva da Arba.(4) Zohar, I, folio 1, 2 e 20; II, folio 105.---------------------------

338 LA DOTTRINA SEGRETA

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“Egli fece suoi messaggeri il vento ed il fuoco ardente, i suoi servitori” dice lo Yetzirah rilevando il carattere cosmico degli elementi, che furono in seguito divinizzati da Evemero (1), e che lo spirito permea ogni atomo del cosmo.

Da alcuni questa “sostanza primordiale” è chiamata caos; Platone ed i pitagorici, dopo che è stata impregnata dallo spirito di quello che incombe sulle acque primordiali o caos, la chiamano anima mundi. I cabalisti dicono che riflettendovisi il principio incombente creò il fantasmagorico universo manifestato che possiamo vedere. Prima il caos, e poi, dopo il “riflesso”, l’ether: è sempre la divinità che pervade lo spazio e le cose. É l’invisibile ed imponderabile spirito delle cose ed è l’invisibile, ma [anche] molto tangibile fluido che irradia dalle dita dei magnetizzatori sani, perché è elettricità vitale, la VITA stessa. Chiamato per scherno il “nebuloso onnipotente” dal Marquis de Mirville, attualmente viene definito “il fuoco vivente” dai teurghi e dagli occultisti e non vi è nessun indù che pratichi all’alba un certo tipo di meditazione che non ne conosca gli effetti (2). É lo “spirito di luce” ed è il magnes. Come giustamente afferma un critico, magus e

---------------------------(1) Sepher Yetzirāh, cap. I, § 10, citando Salmi, CIV, 4. Ovunque negli Atti Paolo chiama gli esseri cosmici invisibili: gli “elementi” (vedi i testi greci). Ma adesso gli elementi sono stati degradati e limitati a degli atomi, dei quali finora non si sa niente e non sono altro che, come l’etere stesso, “frutti di forza maggiore”. Come abbiamo detto nel Iside Svelata (I, 190) “i poveri veri elementi primordiali sono stati a lungo in esilio ed ora i nostri ambiziosi scienziati gareggiano per aggiungere una nuova sostanza elementare alla giovane covata di sessantatre o più”. Mentre nella chimica moderna imperversano le discussioni sulla terminologia, ci viene negato il diritto di chiamare queste sostanze “elementi chimici”, perché, secondo Platone, non sono “gli originali princìpi delle essenze autoesistenti con cui l’universo venne formato”. Simili idee riguardo al termine “elemento”, erano valide per l’“antica filosofia greca”, ma la scienza moderna le respinge perché, come disse William Crookes: “sono dei termini infelici” e la scienza sperimentale “non vuole aver niente a che fare con delle essenze che non possano essere viste, annusate o assaggiate: le lascia ai metafisici”. E dobbiamo anche ringraziare! (2) Trattando questo argomento nel Iside Svelata [I, 125] abbiamo scritto che era “il caos degli antichi, il fuoco sacro degli zoroastriani, o l’ātash-behrām dei parsi, il fuoco di Ermete, il fuoco di San Elmo degli antichi germani, il lampo di Cibele, la torcia infuocata di Apollo, la fiamma sull’altare di Pan, il fuoco perenne nel tempio dell’Acropoli ed in quello di Vesta, la fiamma dell’elmo di Plutone, le brillanti scintille sulle chiome dei Dioscuri e sul capo della Gorgone, l’elmo di Pallade e la verga di Mercurio, il Πυρ ασβεστον [Πυρ ασβεστον è assente nell’ed.or. ndt], l’egizio Ptath, o Ra, il greco Zeus Kataibates (quello che discende) di Pausania, le lingue di fuoco della Pentecoste, il roveto ardente di Mosé, la colonna di fuoco dell’Esodo ed la “lampada ardente” di Abramo, il fuoco eterno del “pozzo senza fondo”, i fumi dell’oracolo di Delfo, la luce siderale dei rosacroce, l’ākāsha degli adepti indù, la luce astrale di Eliphas Levi, l’aura nervosa ed il fluido dei magnetizzatori, l’od di Reichenbach, il globo di fuoco o meteora-gatto di Babinet [Babinet presente nell’Iside non è citato nell’ed.or. 1888 ndt], la “ectenic force” ed il fluido “Psychode” di Thury, la forza psichica del sergente E. W. Cox e del Sig. Crookes [Crookes non è citato nell’ed.or. ndt], il magnetismo atmosferico di alcuni naturalisti, il galvanismo ed infine l’elettricità, sono solo dei termini differenti per definire le molteplici manifestazioni, o effetti, della stessa causa misterosa che pervade ogni cosa:

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l’archaeus, o Αρχαιος [Αρχαιος manca nell’ed.or. ndt] dei greci”. E si può affermare che è tutto ciò e molto altro ancora.---------------------------

IL FUOCO MISTICO 339

magnes sono due rami che crescono sullo stesso tronco e producono gli stessi risultati. Nella denominazione di “fuoco vivente” possiamo scoprire il significato dell’enigmatica frase dello Zend Avesta che dice che c’è: “un fuoco che dà la conoscenza del futuro e della scienza e la capacità di esprimersi”, vale a dire che fa nascere una straordinaria eloquenza nella sibilla, nel sensitivo e perfino in certi oratori.Di questo “fuoco” si parla in tutte le scritture indù e nei testi dei cabalisti. Lo Zohar dice che è il “bianco fuoco celato nel Risha Hivrāh” (la Testa Bianca), il cui volere fa sì che il fuoco igneo scorra in 370 filoni in ogni direzione dell’universo (1); è identico al “serpente che corre facendo 370 balzi” del Siphra di-Tseniuthā (2) e quando appare l’“Uomo Perfetto”, Metatron, cioè quando l’uomo divino è insito nell’uomo animale, il serpente diviene un triplice spirito, vale a dire, secondo la terminologia teosofica, ātma-buddhi-manas (3).Lo spirito, o l’ideazione cosmica, e la sostanza cosmica, di cui uno dei princìpi è ether, sono un’“unità”, una cosa unica, ed includono gli ELEMENTI, così come li intende San Paolo. Questi elementi rappresentano velatamente in sintesi i dhyāni ciohan, i deva, le sefiroth, gli amesha spenta, gli arcangeli, e così via. L’etere della scienza, ossia l’ilus di Beroso od il protilo della chimica, costituisce, per così dire, il materiale grezzo (relativamente) con cui i suddetti “costruttori” formano le strutture cosmiche, seguendo l’eterno progetto predisposto per loro nel PENSIERO DIVINO. Ci viene detto che queste sono delle storie, dei “miti”, e noi rispondiamo: “non lo sono più di quanto lo sono l’etere e gli atomi”. Questi ultimi due sono necessità imprescindibili per la fisica ed i “costruttori” lo sono per la metafisica. Viene obiettato che non li abbamo mai visti e noi chiediamo ai materialisti se hanno mai visto l’etere o i loro atomi, oppure le loro FORZE. Inoltre, uno dei grandi evoluzionisti moderni in occidente, A.R. Wallace, il collaboratore di Darwin, discutendo sull’inadeguatezza della sola selezione naturale per spiegare la costituzione fisica dell’uomo, ammette che l’esistenza dell’attività di “intelligenze superiori” è una “componente necessaria delle grandi leggi che governano l’universo materiale” (4). Queste “intelligenze superiori” sono i dhyāni ciohan degli occultisti. In ogni sistema religioso degno di questo nome vi sono dei miti ed hanno un fondamento sia storico che scientifico. I “miti”, rileva giustamente Pocoke, “vengono attualmente considerati delle favole in proporzione a quanto non li si capisce, ed un tempo erano stimati delle verità in proporzione a quanto li si capiva” (5).Riguardo all’evoluzione cosmica ed alla prima “creazione” del nostro

--------------------------(1) Zohar: Idra Rabbā, ed.Cremona, col. 256, ed. Mantova, col. 135. Cf. Myer, Qabbalah, pag. 133-4.(2) Capitolo V, verso 33.(3) Vedi vol. II, parte II, sezione C, “I Molti Significati della ‘Guerra nei cieli’”(4) Contributi alla Teoria della Selezione Naturale, 1870, pag. 360.(5) [E. Pococke, India in Greece, pref., pag.VIII-IX]----------------------------

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340 LA DOTTRINA SEGRETA

globo, con tutti i suoi prodotti organici ed inorganici (uno strano termine questo per un occultista), l’idea prevalente e più chiara, che si trova in tutte le antiche dottrine, è che l’intero cosmo è scaturito dal PENSIERO DIVINO. Questo pensiero impregna la materia che è coeterna con la REALTÁ UNICA e dalle emanazioni dell’UNO immutabile evolve tutto ciò che vive e respira, parabrahman-mūlaprakriti è l’eterna unica radice. Di questa l’uno, parabrahman, lo spirito, è l’aspetto di quel punto centrale rivolto, per così dire, verso l’interno, verso regioni assolutamente inaccessibili per l’intelletto umano, ed è quindi assoluta astrazione, mentre il suo aspetto di mūlaprakriti, l’eterna radice di tutto, dà almeno una vaga idea del “mistero dell’essere”.

[Perciò all’interno dei templi veniva insegnato che] questo universo visibile di spirito e di materia non è che la concretizzazione di un’astrazione ideale, formata sul modello della prima IDEA divina. Questo nostro universo è esistito in uno stato latente fin dall’eternità. L’anima che dà vita a questo universo meramente spirituale è quel sole centrale che è la divinità più sublime stessa. Non è stata questa divinità [nell’ed. or. invece di “divinità” si trova “l’Uno” ndt] a concretizzare l’idea, ma il suo primogenito e, siccome fu fatto secondo la forma geometrica del dodecaedro (1), il primogenito “si compiacque di impiegare 12.000 anni per la sua creazione”. Questo dato è rivelato nella cosmogonia etrusca [nel testo tyrrhenian ndt] (2) che dice che l’uomo fu creato nel sesto millenio. Questo concorda con la dottrina egizia che attesta 6.000 anni (3) e con i calcoli degli ebrei. [Ma questa è solo la sua espressione exoterica. I calcoli esoterici spiegano che i “12.000 e i 6.000 anni” sono ANNI DI BRAHMĀ; un giorno di Brahmā corrisponde a 4.320.000.000 anni] (4). Sanchoniathon, nel suo Cosmogonia, afferma che, quando il vento (spirito) si innamorò dei propri principi (caos), avvenne un’intima unione che fu chiamata pothos e che da questa ebbe origine il seme di tutto. Il caos non conosceva la propria creazione poiche era privo di sensi, ma dalla sua unione con il vento fu generato Mot, o l’ilus (il fango) e da questo provennero i germi creativi e la generazione dell’universo (5).

...... Zeus-Zēn (l’aether) e le sue spose Chthonia (la terra caotica) e Metis (l’acqua), Osiride ed Iside-Latona, anche questo dio rappresenta l’aether, la prima emanazione della suprema divinità, Amen [Amun nell’ed.or. ndt] la sorgente originaria della luce, ancora le dee della terra e dell’acqua, Mithras (6) il dio nato dalla roccia, simbolo del maschio fuoco terrestre, o la personificazione della luce primordiale, e Mithra, la dea del fuoco, simultaneamente sua madre e sua moglie, il vero elemento fuoco (il principio attivo o maschile) considerato come luce e calore congiunto alla terra ed all’acqua, ossia alla materia (gli elementi femminili della generazione cosmica). Mithras è il figlio di Bordj, il persiano monte del mondo [il monte

-----------------------------(1) Platone, Timeo, 55C. (2) Suidas, Lessico Greco, voce “Tyrrhenia”(3) Il lettore deve capire che per “anni” si intendono delle “epoche” e non dei periodi di tredici mesi lunari.(4) [I commenti sono stati messi fra parentesi da H.P.B. quando citò nel La Dottrina Segreta questo brano del Iside Svelata].(5) Si veda la traduzione greca di Filone di Biblo conservata in Eusebio, Praeparatio Evangelica, I, cap. X, (33). Confronta Cory, op. cit., pag. 3. [Isis Unveiled, I, 342].(6) Dai persiani Mithras era considerato il Theos ek petras, il dio della pietra.---------------------------

UN SOLO ALBERO DELLA CONOSCENZA 341

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Bordj o Borj è considerato il centro dell’universo, così come per gli indù il monte Meru ndt] (1), da cui lampeggia come uno splendente raggio di luce. E poi Brahmā, il dio del fuoco con la sua prolifica consorte e l’Agni degli indù, la risplendente divinità che emana dal proprio corpo mille flussi di gloria e sette lingue di fuoco ed in cui onore i brāhmana sangika [nell’ed.or. “certi brāhmana” ndt] mantengono, ancora attualmente, un fuoco perpetuamente acceso, e poi Shiva personificato dal monte Meru (Himalaya), il monte del mondo indù. Quest’ultima divinità è il terrificante dio del fuoco che secondo una leggenda sarebbe disceso dal cielo, come l’ebraico Jehovah, in una colonna di fuoco. Ci sono poi una dozzina di altre divinità arcaiche che sono androgine e che rivelano chiaramente la loro accezione occulta. A cosa potrebbero infatti riferirsi questi miti ambigui se non alle proprietà fisico chimiche del principio creativo primordiale? É la prima rivelazione della suprema causa (2) nella propria triplice manifestazione di spirito, forza e materia; all’inizio della sua evoluzione la divina correlazione viene rappresentata dall’allegoria del matrimonio tra fuoco ed acqua, i prodotti dello spirito elettrificante, si tratta dell’unione del principio attivo maschile con l’elemento femminile passivo che generarono la loro figlia terrena, la materia cosmica, la prima materia, il cui spirito è l’aether [e la cui ombra è] la LUCE ASTRALE!(3)

I frammenti delle antiche cosmogonie di cui siamo attualmente in possesso vengono considerati delle favole assurde, ma, ciò nonostante, la scienza occulta, che è sopravissuta perfino alla grande alluvione che sommerse con i giganti antidiluviani anche il loro ricordo, salvo che nella dottrina segreta, nella Bibbia e nelle altre scritture sacre, ha ancora la chiave che consente di risolvere tutti i problemi del mondo. Usiamo questa chiave per penetrare fino ai segreti custoditi nei rari frammenti delle antiche cosmogonie e, con i loro resti sparsi, cerchiamo di restaurare quella cosmogonia della dottrina segreta che era un tempo patrimonio universale. La chiave si adatta a tutte. Nessuno può studiare davvero le antiche filosofie senza accorgersi che la straordinaria analogia dei concetti che tutte ci offrono, spesso nella loro espressione exoterica e sempre in quella esoterica, non può essere dovuta ad una mera coincidenza, ma dev’essere frutto di un piano comune e che nei primi tempi dell’umanità c’era una sola lingua, una sola cultura ed una religione universale, senza dogmi né sette, ma con ogni uomo sacerdote per sé stesso. Se sarà dimostrato che già in quelle età, che a causa del proliferare delle varie tradizioni sono al di là della nostra percezione, il pensiero religioso dell’umanità si era sviluppato in armonia, uniformemente, in ogni parte del globo, sarà evidente che quella dottrina nata ovunque, nel gelido nord e nell’ardente sud, ad est e ad ovest, fu ispirata dagli stessi insegnamenti, e che l’umanità crebbe sotto l’ombra protettrice dello stesso ALBERO DELLA CONOSCENZA.

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-------------------------------(1) Bordj è detta la montagna di fuoco, un vulcano; essa contiene quindi fuoco, roccia, terra ed acqua, gli elementi maschili, o attivi, e femminili, o passivi. Il mito è suggestivo.(2) [L’inizio di questa frase è stato alterato da H.P.B., nell’ed.or. si legge infatti “la prima evoluzione”](3) Isis Unveiled, vol. I, pag. 156.---------------------------------

342 LA DOTTRINA SEGRETA

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IV

CAOS-THEOS-KOSMOS

I tre termini di questo titolo indicano il contenuto dello spazio, ossia, come lo ha definito un dotto cabalista, dello “spazio che non è contenuto, ma che tutto contiene, ed è l’espressione fondamentale della semplice unità .....estensione illimitata” (1), e questo sapiente si chiede poi, ma è “l’estensione di che cosa?” e dà la risposta giusta: dell’“ignoto contenitore di tutto, l’ignota CAUSA PRIMA”. Questa è la risposta giusta, da ogni punto di vista dell’insegnamento occulto è una definizione corretta, la più esoterica ed esatta.Lo SPAZIO che, nella loro ignoranza e per l’iconoclastica propensione a distruggere le teorie dell’antica filosofia, i moderni sapientoni hanno definito una “idea astratta” ed un vuoto, è, in realtà, il contenitore ed il corpo dell’universo con i suoi sette principi. É un corpo di illimitata estensione i cui PRINCÍPI, essendo a loro volta settenari, manifestano nel nostro mondo fenomenico, secondo la terminologia esoterica, solo la parte più grossolana della sostanza che le compone, e la dottrina dice che “nessuno ha mai visto completamente gli elementi”. Per “conoscere” dobbiamo rivolgerci alle espressioni originali dei popoli primitivi ed ai loro sinonimi; negli insegnamenti della cabala lo afferma anche l’ultimo di questi popoli, quello ebreo, quando parla del Serpente Spaziale dalle sette teste detto “Grande Oceano”. “In principio gli alhim crearono i cieli e la terra, le 6 (sefiroth); .......ne crearono sei e su queste sono basate tutte le cose e, dalle sette forme del cranio fino alle massime dignità, dipendono tutte da queste [sei]” (2). Presso tutti i popoli vento, aria e spirito sono sempre stati sinonimi; pneuma (spirito) ed anemos (vento) presso i greci e spiritus e ventus presso i latini erano termini permutabili, anche se disgiunti dal concetto originale di soffio vitale. Nelle “forze” della scienza noi vediamo solo l’effetto materiale dell’influenza spirituale di uno o l’altro dei quattro elementi primordiali che ci furono trasmessi dalla quarta razza, così come noi trasmetteremo nella sua pienezza l’ether (o, più propriamente, la sua parte più grossolana) alla sesta razza radice, ma tutto ciò sarà spiegato in seguito, specialmente nel successivo volume.Anticamente il “caos” veniva definito insensato poiché realizzava e conteneva in sé (caos e spazio sono sinonimi) tutti gli elementi nel loro primitivo stato indifferenziato; gli antichi consideravano l’ether, il quinto elemento, la sintesi degli altri quattro, ed in quanto all’aether dei filosofi greci esso non rappresenta le scorie dell’ether, riguardo

------------------------(1) Henry Pratt, M. D., New Aspects of Life and Religion, pag 3-4.(2) Siphā di-Tseniuthā, cap. I, 16-7.-----------------------

L’UNIONE DI CAOS E SPIRITO 343

alle quali essi conoscevano più cose della scienza attuale, e che supponevano, abbastanza giustamente, fossero agenti di molte forze che si manifestano sulla terra. Il loro aether era l’ākāsha degli indù; in quanto all’etere dei fisici si tratta solo di una delle sue suddivisioni

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sul nostro piano, la luce astrale dei cabalisti con tutti i suoi effetti buoni e cattivi.In considerazione del fatto che l’essenza dell’aether, ossia lo spazio invisibile, era considerata divina in quanto si supponeva fosse il velo della divinità, essa era anche considerata il mezzo di comunicazione tra questa vita e la successiva. Gli antichi ritenevano che quando le “intelligenze” attive che governano (gli dèi) si ritiravano da una qualsiasi parte dell’ether del nostro spazio, ossia i quattro regni da loro governati, quella particolare zona cadesse in balia del “male”, così chiamato a causa della privazione del “bene”.

Mentre il materialismo nega l’esistenza dello spirito nell’agente comune, l’etere, e la teologia ne fa un dio personale, il cabalista ritiene che si sbaglino entrambi e dice che nell’ether gli elementi rappresentano solo la materia, le forze cieche della natura, e che lo spirito [rappresenta] l’intelligenza che le dirige. Le dottrine cosmogoniche ariane, ermetiche, orfiche e pitagoriche, come pure quelle di Sanchoniathon e di Beroso, si basano tutte su una affermazione incontestabile, vale a dire che l’aether e il caos, o, nel linguaggio platonico, la mente e la materia, sono i due principi originari ed eterni dell’universo, assolutamente indipendenti da ogni altra cosa. Il primo è il principio intellettuale che vivifica ogni cosa, mentre il caos è un principio informe ed instabile, “privo di forma o di senso”, e dalla loro unione ebbe origine l’universo, o meglio il mondo universale, la prima divinità androgina: la materia divenne il suo corpo e l’aether l’anima. Secondo la terminologia di un frammento di Hermeias: “il caos unendosi allo spirito, avendo ottenuto il senno, risplendette per il piacere e produsse così la luce primigenia (protogonos)” (1). Questa è la trinità universale, basata sulla dottrina metafisica degli antichi i quali, per analogia, fecero dell’uomo, che è composto da materia ed intelletto, il microcosmo del macrocosmo, ovvero del grande universo. (2)I peripatetici dicevano che “nature abhors Vacuum” e, benché fossero a loro modo dei materialisti, forse compresero perché Democrito ed il suo maestro Leucippo insegnavano che i primi princìpi delle cose contenute nell’universo sono gli atomi ed un vacuum. Quest’ultimo significa semplicemente la forza, o divinità, latente, che, prima della propria prima manifestazione, quando divenne la VOLONTÁ e trasmise agli atomi il primo impulso, era il grande NULLA, l’ain-sof, ossia NIENTE; era quindi, in ogni senso, vacuità, o CAOS.Secondo Platone ed i pitagorici, comunque, questo caos divenne l’“Anima del Mondo”. Secondo gli insegnamenti indù la divinità, sotto forma di aether (ākāsha), pervade ogni cosa e fu quindi detta

-------------------------(1) Damascio, nel De principiis rerum, lo chiama Dis, “l’ordinatore di ogni cosa”; confr. Cory, Ancient Fragments, pag. 295 e 314, ed. 1832.(2) Iside Svelata, I, pag. 341.--------------------------

344 LA DOTTRINA SEGRETA

dai teurghi il “fuoco vivente”, lo “spirito di luce” e, talvolta, il magnes. Secondo Platone fu la massima divinità stessa a costruire l’universo nella forma geometrica del dodecaedro ed il suo “primogenito” nacque dal caos e dalla luce primordiale (il sole centrale). Questo “primogenito” era tuttavia solo l’insieme dell’esercito dei “costruttori”, le prime forze produttive, e nelle antiche cosmogonie era detto “gli antichi” (i figli del profondo, ossia del caos) ed anche il “primo punto”. Si tratta del cosiddetto Tetragrammaton che sta alla testa delle sette sefiroth inferiori. Questo è quello che credevano i caldei.

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Il giudeo Filone, parlando, molto irriverentemente, dei primi istruttori dei suoi antenati, scrisse che “questi caldei ritenevano che il cosmo fra le cose che esistono [?] è un punto singolare, sia che sia esso stesso Dio (Theos) o che in esso ci sia Dio, comprendendo l’anima di tutte le cose” (1).

Caos, Theos e Kosmos sono solo i tre aspetti della loro sintesi: lo SPAZIO. Non si potrà mai sperare di risolvere il mistero di questa Tetraktys attenendosi solo alla interpretazione letterale delle antiche filosofie, per di più nel loro stato attuale. Benché anche in queste filosofie caos, theos, kosmos, ossia lo spazio, siano definiti, per tutta l’eternità, come il non identificato spazio unico, su cui non sarà possibile dire nulla di definitivo prima della nostra settima ronda. Ciò nonostante, perfino nei Purāna exoterici, le allegorie ed i simboli metafisici relativi al perfetto CUBO originario sono degni di nota.

In questi Purāna, Brahmā è Theos che appare dal caos, ossia dal grande “abisso”, le acque sulle quali lo spirito, ovvero lo spazio personificato da ayana, lo spirito che si muove sulla superficie del futuro ed illimitato cosmo, si libra silenziosamente durante la prima ora del risveglio; e pure Vishnu, che dorme su Ananta-Shesha, il grande serpente dell’eternità, lo è; ma di questo serpente la teologia occidentale, che ignora la cabala, che è l’unica chiave in grado di scoprire i segreti della Bibbia, ha fatto il diavolo. Questo è il primo “triangolo” della “triade” pitagorica, il “dio dai tre aspetti” prima che, tramite la sua quadratura del cerchio infinito, si trasformi nel “Brahmā dai quattro volti”.Manu, il legislatore, dice che “dal non essere, l’eterna causa, è nato l’essere di colui che è eppure non è, Purusha”.Nel Iside Svelata è detto che:Nella mitologia egizia, l’eterno Kneph, l’eterno dio celato, è rappresentato da un simbolo costituito da un serpente che cinge una brocca d’acqua, con la testa sospesa sull’acqua che sta covando col proprio respiro. In questo caso il serpente è Agathodaimon, lo spirito buono, ma ha anche un aspetto contrario nel qual caso è detto Katodaimon, lo spirito maligno. Nell’Edda scandinava la rugiada di miele, che è il cibo degli dèi e delle laboriose ed ingegnose api dell’Yggdrasil [l’albero del mondo ndt], cade durante la notte, quando l’atmosfera è impregnata d’umidità, e, nelle mitologie nordiche, simboleggia, come principio passivo della creazione, la creazione dell’universo dall’acqua;

-------------------------(1) Sull’Esodo di Abramo, XXXII, pag.179------------------------

LA NASCITA DELLA MENTE 345

questa rugiada è una varietà della luce astrale e possiede delle proprietà sia creative che distruttive. Nella leggenda caldea di Beroso, Oannes, o Dagon, l’uomo pesce, istruendo il popolo, dice che agli inizi il mondo fu prodotto dall’acqua e che tutti gli esseri ebbero origine da questa prima materia. Mosé dice che solo la terra e l’acqua possono produrre un’anima vivente: e nelle sacre Scritture leggiamo che l’erba non potè crescere finchè l’Eterno non fece piovere sulla terra. Nel Popol Vuh (1)dei quichè [messicani nell’ed.or. ndt] l’uomo viene creato con il fango, o l’argilla (terre glaise), preso sotto l’acqua. Brahmā crea Lomashā [il nome Lomashā non è presente nell’ed.or. ndt], il grande Muni (il primo uomo) seduto sul suo loto, solo dopo avere dato vita agli spiriti che quindi esistettero prima dei mortali, e lo crea in acqua, aria e terra. Gli alchimisti affermano che la terra primordiale, o preadamica, allorché viene riconvertita alla propria sostanza prima è nel proprio secondo stadio di trasformazione, simile ad acqua pura, poiché il primo stadio è quello

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peculiare dell’alkahest. Si dice che la sostanza primordiale contenga in sé l’essenza di tutto ciò che costituisce l’uomo; non ha solo tutti gli elementi del suo essere fisico, ma, latente, anche il “soffio vitale” pronto ad essere risvegliato. Questo “soffio” deriva dall’“incubazione” dello spirito di dio sulla faccia delle acque, CAOS; in realtà questa sostanza è il caos stesso. Era da questa sostanza che Paracelso affermava di potere fare i propri homunculi, ed è per questo che Talete, il grande filosofo naturalista, riteneva che in natura l’acqua fosse il principio di ogni cosa (2)...... In cap. XXVI,5, Giobbe dice che “le cose morte sono costituite da sotto le acque e dai loro abitanti”. Nel testo originale invece di “cose morte” si legge rephaim (giganti o potenti uomini primitivi) morti, dai quali l’“evoluzionismo” potrà, in fututro, far derivare la nostra razza attuale. (3)

Polier dice che [nell’ed.or. è precisato: “nella Mytologie des Indous” ndt] “nello stato primordiale della creazione l’universo rudimentale sommerso dalle acque riposava in seno a Vishnu. Scaturito da questo caos e dalle tenebre l’architetto del mondo, Brahmā sospeso su una foglia di loto, galleggiava [muoveva] sulle acque, incapace di discernere qualcosa oltre all’acqua ed alle tenebre”. Accorgendosi di questo deprimente stato delle cose Brahmā costernato dice fra sé e sé: “Chi sono e da dove sono venuto?”, ed allora ode una voce che dice: (4) “Concentra i tuoi pensieri su Bhagavat”. Brahmā allora, assurgendo dalla propria posizione natatoria, si siede sul loto in atteggiamento contemplativo e riflette sull’Eterno che, compiaciuto per questa prova di devozione, disperde le tenebre primordiali e dà inizio alla propria capacità d’intendere. “Dopo di che Brahmā esce come luce dall’uovo dell’universo [infinito caos] e, poiché la sua intelligenza è ora manifesta, si pone all’opera, muove sulle eterne acque con in sé lo spirito di dio e nella sua funzione di motore delle acque è Vishnu, o Nārāyana” (5). Tutto ciò è,

----------------------(1) [I,II, pag. 19](2) Per i greci gli “dèi dei fiumi”, tutti figli dell’oceano primordiale [il caos nel suo aspetto maschile], erano gli antenati relativi alle razze elleniche. Per essi l’OCEANO era il padre degli dèi e quindi, in questo senso, anteciparono le teorie di Talete, come fa giustamente osservare Aristotele (Metaphysics, I, III, 5-6).(3) Isis Unveiled, vol.I, pag. 133-4.(4) Lo “spirito”, o la celata voce dei mantra, la manifestazione attiva della forza latente, ossia la potenza occulta.(5) [M.E. Polier, La Mytologie des Indous, 1809, vol. I, pag 162-3]---------------------

346 LA DOTTRINA SEGRETA

evidentemente, exoterico, ma tuttavia, nel complesso, corrisponde alla cosmogonia egizia che, nel descrivere i momenti iniziali parla di Athtor (1), la “madre notte” (che rappresenta le tenebre illimitate), come dell’elemento originario che ricopriva l’abisso infinito, animato dall’acqua e dallo spirito universale dell’Eterno, che dimorava solitario nel caos. Similmente nelle scritture ebraiche il racconto della creazione si apre con lo spirito di Dio e la sua emanazione creativa: un’altra divinità (2).Lo Zohar insegna che sono gli elementi primordiali, la trinità formata da fuoco, aria ed acqua, con i quattro punti cardinali e le forze della natura, che formano nel loro insieme la VOCE della VOLONTÁ, Memrah [Memrab nell’ed.or. ndt], ovvero la “Parola”, il Logos dell’assoluto silente TUTTO (3). “Il punto indivisibile, illimitato ed inconoscibile”

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si estende sullo spazio infinito e forma così un velo (la mūlaprakriti di parabrahman) che cela il punto assoluto (4).Nelle cosmogonie di tutti i popoli sono questi “architetti” sintetizzati dal Demiurgos (nella Bibbia sono gli “elōhim”) che dal caos formano il kosmos e costituiscono quella comunità che è Theos, “maschio e femmina”, spirito e materia. “Durante una serie (yom) di fondazioni (yesodoth) [in ebraico yom significa giorno e yesodoth è il plurale della sefirāh yesod ndt] gli alhim fece essere la terra ed il cielo” (Gen. II, 4). Nella Bibbia viene prima alhim, quindi Yahva-alhim ed infine Jehovah, dopo la separazione dei sessi nel quarto capitolo della Genesi. É da notare il fatto che mai, salvo che nelle più recenti, o meglio ultime, cosmogonie della nostra quinta razza, l’ineffabile ed inesprimibile NOME (5), il simbolo della divinità sconosciuta che veniva usato solo durante i MISTERI, viene usato in rapporto con la “creazione” dell’universo. Sono i “motori”, i “corridori”, i theoi (da θέειυ “correre”), che fanno il lavoro di formazione, i “messaggeri” della legge manvantarica che per i cristiani sono divenuti i “messaggeri” (malaākhim). Troviamo tutto ciò anche nell’induismo, ovvero nel brahmanesimo primitivo: nel Rig-Veda infatti non è Brahmā che crea, ma i prajāpati, i “Signori dell’Essere”, ovvero i rishi; il termine rishi (secondo il professor Mahadeo Kunte) sarebbe connesso con i verbi muovere, guidare, ed è quindi riferito al loro compito di guide quando, come “Patriarchi”, conducevano le loro moltitudini lungo i “sette fiumi”.Inoltre la stessa parola “Dio” al singolare, comprendente tutti gli dèi, o theos da theoi, pervenne ai popoli civilizzati, quelli cosiddetti “superiori”, da una strana fonte, una sorgente che era indubbiamente preminentemente sessuale come lo è quella indiana, che parla senza crearsi problemi, del linga. L’ipotesi che

------------------------------(1) È l’ortografia di An Archaic Dictionary (1876), di W.R. Cooper (potrebbe essere Hathor).(2) Non si tratta della Bibbia che viene comunemente accettata, ma del vero testo ebraico che viene spiegato cabalisticamente.(3) Zohar, I, fol. 246b.(4) Ibid., fol. 2a e fol. 20a.(5) È ineffabile per la semplce ragione che non esiste. Non fu mai un nome, né un vocabolo, ma era un’idea che non poteva essere espressa e per farlo, nel secolo che ha preceduto la nostra era, fu creato un surrogato.----------------------------

GLI ELEMENTI MISTICI 347

fa derivare il vocabolo God dal vocabolo anglosassone “good” è stata abbandonata, poiché in nessun’altra lingua, fra tutte quelle in cui questo termine viene, più a meno, a variare [in inglese God significa Dio, good buono e goodness bontà ndt], dal persiano Khoda al latino Deus, c’è una traccia che provi che il nome God deriva dall’attributo goodness. Il vocabolo adottato dalle razze latine deriva dal termine ariano Dyaus (il giorno), quello degli slavi dal greco Bacco (Bagh-bog) e per i sassoni deriva direttamente dall’ebraico Yod o Jod. Questo corrisponde alla lettera ovvero alla lettera-numero 10, maschio e ,י femmina, e jod [è] il fallico uncino [hook in inglese ndt]. Di qui derivano il sassone Godh, il germanico Gott e l’inglese God. Si può dire che questo vocabolo simbolico rappresenti sul piano terrestre il creatore dell’“umanità” fisica, ma non ha certamente nulla a che fare con la formazione o la “creazione” dello spirito, degli dèi, o del kosmos!

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Caos-Theos-Kosmos, la triplice divinità, è tutto in tutto e si potè quindi dire che è maschio e femmina, bene e male, positivo e negativo: tutte le qualità contrapposte. Quando è latente (nel pralaya) non è conoscibile e diviene la divinità inconoscibile. Questa può essere conosciuta solo tramite la sua attività e quindi quale forza-materia e spirito attivo, le correlazioni ed i risultati, ossia l’espressione, sul piano visibile, dell’unità fondamentale che è sempre inconoscibile.Questa triplice unità produce a sua volta i quattro “elementi” primordiali (1), che nella natura terrestre che noi vediamo sono noti come i sette elementi (finora sono solo cinque), ciascuno divisibile in quarantanove (ossia sette volte sette) sottoelementi, dei quali circa una settantina sono noti ai chimici. In natura ogni elemento cosmico, come il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra, condividendo le qualità ed i difetti degli elementi originari, è bene e male, forza (o spirito) e materia, ecc., e ciascuno è quindi sia vita che morte, salute e malattia, azione e reazione. Questi elementi formano sempre e costantemente la materia sotto l’incessante impulso dell’elemento UNICO (l’inconoscibile), che nel mondo fenomenico è rappresentato dall’aether, ossia “gli dèi immortali che danno origine e vita a tutto”.Nello Scritti Filosofici di Solomon Ben Yehudah Ibn Gebirol, che si trova tradotto nell’opera di Isaac Myer appena pubblicata, a proposito della struttura dell’universo è detto:

R. Yehudah incominciò così, è scritto: “Elōhim disse: che vi sia un firmamento in mezzo alle acque”. (Genesi, I, 60) Venite e guardate! Allorché il Santo, che

--------------------------(1) Come spiega Giuseppe ai suoi lettori, il tabernacolo cosmico di Mosé, da lui costruito nel deserto, aveva una forma quadrata perché simboleggiava i quattro punti cardinali ed i quattro elementi. (Antichità Ebraiche, I, cap.III, § 4, 6,9 [i riferimenti differiscono nell’ed.or. ndt]). L’idea era tratta dalle piramidi d’Egitto e da quelle di Tiro, dove le piramidi divennero colonne. I gèni, o angeli, hanno la dimora nei loro relativi quattro punti (vedi sez. XIV, “I Quattro Elementi”).-------------------------

348 LA DOTTRINA SEGRETA

sia benedetto! creò il mondo, Egli creò 7 cieli sopra. Egli creò 7 terre sotto, 7 mari, 7 giorni, 7 fiumi, 7 settimane, 7 anni, 7 epoche ed 7000 anni durante i quali è esistito il mondo. Il Santo ...... è nel settimo di tutto (il periodo di pace e felicità)...... [“periodo di pace e felicità” non è presente nell’ed.or. ndt ] (1).

Questo, oltre ad evidenziare una strana corrispondenza con la cosmogonia dei Purāna (e.g. Vishnu-Purāna, I, cap.IV), conferma tutti i nostri insegnamenti relativi al numero sette, che sono esposti in breve nel Buddhismo Esoterico.Gli indù hanno una interminbile serie di allegorie per esprimere questa dottrina. Nel caos primordiale, prima che si sviluppasse nei sette oceani (sapta samudra), simbolo dei sette guna (qualità condizionate) composti di triguna (sattva, rajas e tamas), erano latenti sia amrita (immortalità) che visha (veleno, morte, male), e questo possiamo scoprirlo nell’allegoria dello “sbattimento dell’oceano” per opera degli dèi. Amrita è al di là dei guna poiché è di per sé INCONDIZIONATO, ma quando cadde nella creazione fenomenica fu implicato con il MALE, il caos con il theos che vi stava latente, prima dell’evoluzione cosmica. Si vede quindi che Vishnu, che qui personifica la legge eterna, richiama periodicamente in attività il cosmo, ricavando continuamente dall’oceano

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primordiale (il caos sconfinato) l’amrita dell’immortalità, riservata solo agli dèi ed ai deva; in questa operazione si serve dei nāga e degli asura, i demoni dell’induismo exoterico. Tutta questa allegoria è profondamente illuminante e la ritroviamo in ogni sistema filosofico: Platone, adottando completamente le dottrine che Pitagora aveva appreso in India, le copiò e le pubblicò in una forma più comprensibile di quella del misterioso sistema numerico del sapiente greco. Per Platone il kosmos è il “figlio” che ha per padre il pensiero divino e per madre la materia (2).Dunlap (3) dice che “gli egizi distinguevano tra un Horus più vecchio ed uno più giovane, il primo era il fratello di Osiride e l’altro il figlio di Osiride e di Iside”. Il primo corrisponde all’idea del mondo che sta nella mente del Demiurgo: “nata nelle tenebre prima della creazione del mondo” ed il secondo Horus all’idea che è uscita dal Logos, rivestita di materia e con un’effettiva esistenza (4).Gli oracoli caldei (5) parlano di un “dio mondano, eterno, sconfinato, giovane e vecchio, a forma di spirale”.La “forma a spirale” è un’immagine che esprime il movimento vibratorio della luce astrale, che era ben nota agli antichi sacerdoti, sebbene la locuzione “luce astrale” sia stata coniata dai martinisti. La “cosmolatria” viene attualmente schernita dalla scienza che la considera una superstizione, ma la scienza, come raccomanda un sapiente ----------------------------(1) Isaac Myer, Qabbalah, 1888, pag. 415.(2) Plutarco, De Iside et Origine, LVI.(3) Vestiges of Spirit-History of Man, 1858, pag. 189-90.(4) Movers, Die Phonizier, 1841, vol. I, pag. 268.(5) Cory, Ancient Fragments, pag. 240; ed. 1832. ----------------------------

I MOLTI SONO UNO 349

francese, “dovrebbe riformare completamente il proprio sistema di educazione cosmo-pneumatologica” [la pneumatologia è la dottrina che tratta dello Spirito Santo, ossia degli spiriti che mediano tra l’uomo e dio ndt]. Satis eloquentiae, sapientiae parum! (1) Fondamentalmente la cosmolatria, come il panteismo, usa gli stessi termini che vengono usati per definire Vishnu:

Egli è solo l’astratta causa ideale delle potenze che vengono create durante l’opera della creazione e da lui, dopo che sono diventate delle cause concrete, provengono le potenze che verranno create. A parte la causa ideale, non ve ne sono altre a cui il mondo possa ascriversi..... Per mezzo del potere di questa causa ogni cosa creata possiede la propria natura” (2).

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V

LA DIVINITÁ OCCULTACON I SUOI SIMBOLI E RAFFIGURAZIONI

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Si deve considerare l’origine e l’intima natura del concetto di Logos, ossia della divinità creatrice, il “Verbo fatto Carne” di tutte le religioni. Nelle sue varie trasformazioni personali, in India è un Proteo con 1008 nomi e sembianze divini, che vanno da Brahmā-Purusha ai sette divini rishi ed ai dieci semi-divini prajapati (anch’essi dei rishi), fino agli avatāra che sono degli uomini-divini. Questo disorientante problema di un “uno in molti” e “molti in uno” si ritrova anche in altri pantheon: in quello egizio, nel greco e nel caldeo-giudaico; quest’ultimo ha causato una confusione ancora maggiore presentando i propri dèi come euhēmeros [ovvero come degli uomini in un sistema che prevede che i miti si riferiscano a delle imprese storiche ndt] sotto la veste di patriarchi. Da notare che questi patriarchi sono attualmente accettati anche da coloro che considerano Romolo un mito, e sono considerati realmente e storicamente vissuti. Verbum satis sapienti.Nello Zohar, Ain Sof è anche l’UNICO, l’infinita unità, e questo lo conoscevano quei pochi dotti Padri della Chiesa che sapevano che Jehovah era solo una potenza di terz’ordine e non il Dio “eccelso”, ma Ireneo mentre si lagnava amaramente degli gnostici dicendo che ”i nostri eretici ....ritengono che PROPATOR sia conosciuto solo dal figlio unigenito (3) [che è Brahmā fra i periodi di pausa] cioè dalla mente (nous)” (4), ma non disse mai che gli ebrei dicevano la stessa cosa nelle loro scritture veramente segrete. Valentino “il più grande dottore della gnosi” riteneva che ci fosse “un pefetto AION, esistente prima di Bythos [il primo padre della natura insondabile, che è il secondo Logos], chiamato Propator (5)”. É questo Aion che sorge come un raggio da Ain-Sof (che non crea), è questo Aion, che crea, o, meglio, per mezzo del quale ogni cosa viene

----------------------------(1) [Molte parole, ma poco senno].(2) J. Muir, Orignal Sanskrit Texts, 1886-70, parte IV, pag.32-3; citato nel Vishnu-Purāna di Wilson, I, pag. 66.(3) Proprio come mūlaprakriti è conosciuta solo da Ishvara, il Logos, come è ora chiamato da T.Subba Row di Madras [vedi le sue conferenze sul Bhagavad Ghitā] .(4) [Adv. Haer., I, II, 1](5) [ibid., I, I, 1]------------------------------

350 LA DOTTRINA SEGRETA

creata, o evolve. Poiché, come insegnavano i basilidani, “c’era un dio supremo, Abraxas, da cui fu creata la mente” (mahat in sanscrito e nous in greco). “Dalla mente derivò la Parola, il Verbo, il Logos, e dalla Parola la Provvidenza [o meglio la luce divina] e poi da questa la Virtù e la Sapienza e [da queste] i Principati, le Potenze, gli Angeli ecc.”. Da questi (angeli) furono creati i 365 eoni. “Proprio fra quelli inferiori, quelli che hanno fatto questo mondo, [Basilide] pone, dopo tutti, il dio dei giudei, e nega che sia un dio, affermando che è uno degli angeli”. (1) Troviamo quindi qui la stessa struttura che c’è nei Purāna, dove l’“incomprensibile” lascia cadere un seme che diviene l’“uovo d’oro” da cui viene originato Brahmā, poi a sua volta Brahmā produce Mahat e così via. Tuttavia la vera filosofia esoterica non parla mai di “creazione”, né di “evoluzione”, nel senso in cui ne parlano le religioni exoteriche. Tutte queste “potenze” personificate non sono evolute una dall’altra, ma sono i vari aspetti dell’unica, sola, manifestazione del tutto ASSOLUTO. Ritroviamo lo stesso sistema degli gnostici nei vari aspetti “sefirothali” di Ain Sof, anche se, poiché questi aspetti sono nello spazio e nel tempo, c’è un certo ordine nel succedersi della loro comparsa. Non si possono quindi ignorare i grandi

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cambiamenti che i maneggi di generazioni di mistici cristiani hanno introdotto nello Zohar, perfino nella metafisica del Talmud, infatti, la “Faccia Inferiore” (o “Volto Minore”), o Microprosopus, non potrebbe mai essere messa sullo stesso piano di un concetto astratto come quello della “Superiore”, il “Volto Maggiore”, o Macroprosopus. Nella cabala caldea quest’ultimo è una pura astrazione; la Parola, ossia il Logos, ovvero (in ebraico) DABAR, è una “parola” che, per quanto diventi plurale ossia “parole”, ovvero D(e)B(ā)RIM, quando rispecchia sé stessa, quando cioè si presenta con l’aspetto di una legione (di angeli, o sefiroth, “numeri”), è pur sempre un’UNICA collettività, e sul piano ideale è il nulla, è lo “0”, una “non cosa”. É senza forma o esistenza e “senza alcuma somiglianza con qualcos’altro” (2). Perfino Filone chiama il creatore, il Logos che sta presso [a] Dio, “secondo Dio” e “il secondo Dio che è la sua [del Dio Supremo] SAPIENZA” (3). La divinità non è dio, ma è il NULLA e la TENEBRA. Non ha nome ed è quindi detta Ain Sof, “il vocabolo ayn ha il significato di: niente”. Il “Dio Supremo” (il LOGOS non manifesto) è suo figlio (4). La maggior parte dei sistemi gnostici, che ci sono pervenuti mutilati dai Padri della Chiesa, non sono altro che degli involucri distorti delle speculazioni originali, e d’altronde non furono mai resi pubblici ed accessibili ai comuni lettori; poiché, se fosse stato rivelato il loro significato occulto, quello esoterico, questo avrebbe cessato di essere un insegnamento “esoterico”, cosa che non può avvenire. Marco (il capo dei marcosiani nel 2° secolo), che insegnò che

-----------------------(1) Tertulliano, Liber de praescritione haereticorum.(2) A. Franck, La Kabbale, 1843, pag.173.(3) Filone Giudeo, Quaestiones et Solutiones in Genesis, II, 62.(4) Vedi sez. XII, “La Teogonia degli Dei Creativi”.--------------------------

IL PENSIERO GNOSTICO 351

deve essere reputata la divintà solo quella simboleggiata dalle quattro sillabe, svelò da solo, delle verità esoteriche, più di quanto abbia fatto qualsiasi altro gnostico, ma persino lui non fu mai ben compreso. Solo superficialmente infatti, o prendendo alla lettera la sua Rivelazione, Dio appare come un quaternario, vale a dire “l’Ineffabile, il Silenzio, il Padre e la Verità”, il che però è, a dir poco, sbagliato e contribuisce solo a confondere. L’insegnamento di Marco è stato quello dei primi cabalisti ed è anche il nostro; egli concepiva la divinità come il numero 30 [eoni ndt] in quattro sillabe, il che, in linguaggio esoterico, significa una triade o triangolo ed un quaternario o quadrato, sette in tutto che, sul piano più basso, costituiscono quelle sette lettere divine, od occulte, che compongono il nome di Dio; ma questo richiede una dimostrazione. Nella sua Rivelazione, parlando dei misteri divini espressi mediante lettere e numeri, Marco narra di come “la Suprema Tetrade discese da me [lui], dalla regione che non può essere vista né nominata, con una forma femminile, in quanto il mondo non sarebbe stato in grado di generare la propria manifestazione con una forma maschile” e gli svelò “la generazione dell’universo, che non era stata in precedenza rivelata sia agli dèi che agli uomini” (1).Già la prima frase ha un doppio senso: perché una figura femminile dovrebbe essere sopportata o ascoltata meglio di una figura maschile? Tutto ciò appare assurdo, ma, per chi conosce il linguaggio dei “misteri”, è semplicissimo e chiaro. La filosofia esoterica, o la

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sapienza tenuta segreta, era simboleggiata da una figura femminile, mentre una forma maschile rappresentava il mistero svelato, e, poiché il mondo non era pronto a riceverlo, non poteva sopportarlo e la Rivelazione di Marco doveva essere comunicata allegoricamente. E quindi Marco scrive:

Quando l’inconcepibile, l’inesistente, l’asessuato (il cabalistico ain sof), si mise, per primo, al lavoro (vale a dire: quando venne l’ora di manifestarsi) e desiderò che il proprio “ineffabile” (il primo Logos, o Aeon, o Aion) nascesse e che il proprio “invisibile” fosse rivestito di forma, la sua bocca si aprì ed emise la parola simile a sé stesso. Questa parola [Logos] si manifestò sotto forma dell’invisibile Uno. L’emissione del [ineffabile] nome [tramite la parola] avvenne in questo modo. Egli [il Logos supremo] emise la prima parola del proprio nome, che è una sillaba di quattro lettere. Quindi fu aggiunta la seconda sillaba, anch’essa di quattro lettere, e poi la terza composta da dieci lettere, e dopo di questa la quarta che contiene dodici lettere. L’intero nome consiste quindi di trenta lettere e di quattro sillabe. Ogni lettera ha la propria intonazione e scrittura, ma nessuna delle due comprende o almeno scorge la forma del “Nome” intero, nessuna; nemmeno il potere della lettera che si trova accanto allo stesso [all’inesistente ed inconcepibile]..... (2) Quando sono uniti tutti questi suoni costituiscono il collettivo, “inesistente”,

------------------------(1) Ippolito, Philosophumena (ed. P. Cruice, 1860), VI, cap. 42.(2) L’oratore delle Quattro Conferenze sul Bhagavad Ghitā dice che Ishvara, ossia il Logos, non può essere parabrahman, ma solo mūlaprakriti. (Vedi The Theosophist, vol VIII, Febbraio, 1887).---------------------------

352 LA DOTTRINA SEGRETA

Aeon sempiterno e sono gli angeli che sempre contemplano il volto del Padre (1) [il Logos, il “secondo Dio” che, secondo Filone, sta vicino a Dio, l’Inconcepibile] (2).

Per quanto lo permette la segretezza dell’antico esoterismo tutto questo è abbastanza chiaro, lo stile è evidentemente cabalistico, ma è più esplicito di quello dello Zohar in cui i nomi, ossia gli attributi mistici, hanno ancora quattro sillabe, ma talvolta dodici, quarantadue e perfino settantadue sillabe! Sotto forma di una donna nuda con una lettera scritta su ogni membro della propria figura la Tetrade mostra a Marco la VERITÁ: chiamando A Ω la propria testa, Β Ψ il collo, Γ, X le spalle e le mani, ecc. (3). Vi si riconosce facilmente sefirāh, la corona (kether), ossia la testa con il numero uno, il cervello o Hokhmāh, due, il cuore o l’intelligenza (bināh), tre, e le altre sette sefiroth che rappresentano le membra del corpo. L’albero sefirothico è l’universo e l’Adam-Kadmon lo rappresenta in occidente, così come lo fa Brahmā in India.Ovunque le dieci sefiroth sono rappresentate divise: con tre superiori, ovvero la triade spirituale, ed un settenario inferiore. Il vero significato esoterico del sacro numero sette, per quanto nello Zohar venga abilmente velato, era tuttavia tradito dal duplice modo di scrivere l’espressione “in principio”, ossia bereshith e beraishath [nell’ed.or. be-resheeth e be-raishath ndt], in quanto beraishath corrisponde a “saggezza sublime o superiore”. Come hanno dimostrato due cabalisti, vale a dire MacGregor Mathers nel suo The Cabala Unveiled (pag. 46-7) e I. Myer in Qabbalah (pag. 233), basandosi sulle massime autorità dell’antichità e queste parole hanno un significato duplice e segreto. B’raisheeth bara elōhim [nell’ed.or. manca l’apostrofo ndt] significa che i sei, al di sopra dei quali c’è sefirāh, appartengono alla classe materiale più bassa, o, come dice l’autore: “Sette.... sono dediti alla

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creazione inferiore e tre all’uomo spirituale, il prototipo celeste, ossia il primo Adamo”.Quando i teosofi e gli occultisti affermano che Dio non è un ESSERE, poiché è “niente”, è una non-cosa, sono più riverenti, e devotamente rispettosi della divinità, di coloro che chiamano Dio “Lui” e ne fanno un enorme MASCHIO.Chi studia la cabala scoprirà subito questo convincimento nella dottrina basilare dei suoi scrittori, i primi grandi iniziati ebrei, che ottennero la sapienza occulta a Babilonia dai grandi interpreti dei misteri religiosi caldei, mentre Mosé l’aveva appresa in Egitto. Lo Zohar non può essere giudicato in base a delle traduzioni in latino, o in altre lingue, di precedenti traduzioni, infatti i concetti originali sono stati, naturalmente, ammorbiditi in modo da adattarsi ai punti di vista ed alle linee di condotta dei loro revisori cristiani, ma in realtà questi concetti sono gli stessi che che si trovano in tutti i sistemi religiosi. Le varie cosmogonie dimostrano che tutti i popoli consideravano l’“anima universale primitiva” come la “mente” del Demiurgo creatore; quest’anima

--------------------(1) Per i cristiani sono i “Sette Angeli della Faccia”. (2) Ippolito, Philosophumena, libro VI, cap. 43. (3) Ibid., VI, 45.----------------------

LA VERSIONE EGIZIA 353

era detta la “madre” ed era chiamata Sophia dagli gnostici (ossia la sapienza femminile), sefirāh dagli ebrei e Sarasvati o vāch dagli indù, poiché lo “Spirito Santo” è un principio femminile.Quindi il Kurios che era nato da questo, ovvero il Logos, era, per i greci, la mente divina (nous).Nel Cratilo [396] Platone dice che: “Il Koros (Kurios) rappresenta dunque la pura e genuina natura della mente unita alla saggezza” e Kurios è Mercurio, la sapienza divina, e “Mercurio è il ‘Sol’ (sole)” (1), da cui Thot-Hermes ha ricevuto la sapienza divina. I Logoi di tutti i popoli e di ogni religione hanno quindi correlazione (sotto l’aspetto sessuale) con la femminile “anima del mondo”, ossia il “grande abisso”; la divinità da cui questi “due in uno” traggono la loro esistenza è sempre celata ed quindi detta l’“uno nascosto”, che è solo indirettamente connesso con la creazione (2), potendo agire solo tramite quella duplice forza che emana dall’essenza eterna. Secondo gli antichi classici, perfino Esculapio, che fu detto il “salvatore di tutti”, è perfettamente uguale a Ptah, l’intelletto creatore (la sapienza divina) degli egizi, come pure ad Apollo, Baal, Adone ed Ercole (3); uno degli aspetti di Ptah corrisponde all’anima mundi, l’anima dell’universo platonica, lo “spirito divino” degli egizi, lo Spirito Santo dei primi cristiani e degli gnostici, e l’ākāsha degli indù, ed anche, nel suo aspetto inferiore, alla luce astrale. Questo in quanto Ptah era, in origine, il “dio dei defunti”, colui nel cui grembo venivano accolti, donde il limbus dei cristiani greci, ovvero la luce astrale. Solo molto più tardi Ptah venne classificato fra gli dèi solari ed il suo nome significò “colui che apre”, essendo descritto come il primo a scoprite il volto della mummia del defunto per richiamare l’anima alla vita nel proprio seno (4). KNEPH, che è l’“eterno immanifesto”, è rappresentato da un serpente, che è simbolo di immortalità, che cinge una brocca d’acqua con la testa che ondeggia sopra le “acque” che cova con il proprio respiro, un altro modo di esprimere la medesima ed unica idea della “tenebra” con il suo raggio

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che muove sulle acque. Dal punto di vista del “Logos-anima” questo cambiamento è chiamato Ptah, mentre da quello del “Logos-creatore” diviene Imhotep, suo figlio, “il dio dal bel viso”. Nella loro natura originaria i due formavano la prima diade cosmica, Nut, ossia lo spazio, il cielo, e Nu, “le acque primordiali”, l’unità androgina al di sopra della quale stava, celato, il RESPIRO di Kneph. Per tutti loro erano sacri gli animali e le piante acquatici, l’ibis, il cigno, l’oca, il coccodrillo ed il loto. Tornando alla divinità cabalistica, questa “unità celata” è quindi ossia ,ףוםןיא τό πάν, ovvero τό απειρον, infinita, illimitata ed inesistente (איו),

------------------------(1) Arnobio, Adv. Gent., VI, XII.(2) Usiamo questo termine in quanto accettato e convalidato dall’uso e quindi più comprensibile per il lettore.(3) Dunlap, Sod: the Mysteries of Adoni, 1861, pag. 93.(4) Maspero, Guide du visiteur au Musée de Boulaq, pag. 165, numero 1884, Saqqarah. --------------------------

354 LA DOTTRINA SEGRETA

fintanto che l’“assoluto” è in olām (1), il tempo sconfinato ed illimitato; come tale ain sof non può essere il creatore e nemmeno il plasmatore dell’universo e non può essere “or” (luce) [aur nell’ed.or. ndt]. Quindi ain sof è anche “tenebra”; l’immutabile infinito assolutamente illimitato non può volere, pensare, né agire, per farlo deve diventare “finito”, condizionato, e lo fa, tramite il propio raggio che penetra nell’“uovo del mondo”, ossia nell’infinito spazio, e ne scaturisce come un dio con dei limiti. Tutto ciò è provocato dal raggio che è latente nel singolo uno. Quando giunge il momento l’assoluto volere espande naturalmente la propria forza, secondo la legge che è la sua intima essenza fondamentale. Come simbolo gli ebrei non scelsero l’uovo, ma adottarono, al suo posto, un “duplice cielo”, poiché la frase “Dio creò i cieli e la terra”, se è correttamente tradotta, significa: “nella propria essenza e da questa, come utero, Dio creò i due cieli”. Ma i cristiani hanno scelto, come simbolo del loro Spirito Santo, la colomba. “Chiunque conosca (2), la merkābāh e il lahash [nell’ed.or. mercaba e lahgash ndt] (il linguaggio occulto o la magia) avrà imparato il segreto dei segreti”. Il significato di lahgash è quasi lo stesso di quello di vāch, l’occulto potere dei mantra.Quando giunge il momento di un periodo di attività, dall’eterna essenza di ain sof proviene sefirāh, il potere attivo detto “punto primordiale” e “corona”, kether. Soltanto per suo tramite la “sapienza illimitata” potè dare una forma concreta al pensiero astratto. Due lati del triangolo superiore, quello destro e la base, che simboleggiano rispettivamente l’essenza ineffabile e l’universo, che è il suo corpo manifestato, sono composti da linee continue mentre il terzo, il lato sinistro, è una linea tratteggiata: attraverso quest’ultima emerge sefirāh e diffondendosi in ogni direzione alla fine avvolge l’intero triangolo: con questa emanazione viene formata la triplice triade. Dall’invisibile “rugiada” che cala dall’unità formata dalla triade superiore, la “testa” (restano così solo 7 sefiroth), sefirāh produce le acque primordiali, vale a dire: il caos prende forma. Questo è il primo passo verso quel consolidamento dello spirito che, attraverso varie modificazioni, produrrà la Terra. Mosé dice che “per fare un’anima vivente occorrono della terra e

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dell’acqua”: occorre l’immagine di un uccello acquatico per congiungerlo con l’acqua, l’elemento femminile della procreazione, con l’uovo e l’uccello che lo feconda.Quando sefirāh emerge, come potere attivo dall’interno della divinità latente, è femmina e quando ha il ruolo di creatore diventa maschio, ragion per cui è androgina. Sefirāh corrisponde al “padre e madre, -------------------------(1) Per gli antichi ebrei, come ha dimostrato Le Clerc, il termine olam [oulom nell’ed.or. ndt] significava solo un periodo di tempo di cui non erano conosciuti né il princìpio né la fine. In ebraico, il termine “eternità”, propriamente parlando, non aveva il significato, ad esempio, del vedantino parabrahman.(2) [Le lettere iniziali di hokhmāh e nishārāh, sapienza segreta]--------------------------

CORRELAZIONE FRA GLI DEI DEI VARI POPOLI 355

Āditi” della cosmogonia indù e della dottrina segreta. Se fossero stati conservati i rotoli con gli antichi scritti ebraici i moderni adoratori di Jehovah scoprirebbero che i simboli per indicare il dio creatore erano molti ed anche indecorosi: il più frequente era una rana nella luna, per indicare la sua natura genitrice. Anticamente, nella Bibbia, tutti quegli uccelli ed animali che attualmente vengono considerati “impuri” erano simboli della divinità; erano simboli così sacri che, allo scopo di preservarli dalla corruzione, venne loro imposta una maschera impura. Se i simboli dovessero essere presi à la lettre il serpente d’ottone non sarebbe certo più poetico del cigno o dell’oca.

Secondo lo Zohar:

Il punto indivisibile, che non ha limiti e non può essere compreso a causa della propria purezza e splendore, si palesò dall’al di là causando una luminosità che forniva un velo al punto invisibile, [tuttavia anche questo velo] non poteva essere percepito a causa della propria luce incommensurabile; anch’esso si palesò dall’al di là e questa apparizione fu la sua veste. Così tramite un incessante sorgere [moto] ebbe infine origine il mondo. (1)

La sostanza spirituale emanata dalla luce infinita è la prima sefirāh, o shekhinah; exotericamente sefirāh contiene tutte le altre nove sefiroth, ma esotericamente ne contiene solo due, hokhmāh ossia la sapienza “un potere maschile attivo il cui nome divino è Yāh ( י ח ) [Jāh nell’ed.or. ndt]” e bināh, ovvero un potere femminile passivo, rappresentato dal nome divino Jehovah ((יחוח; queste due potenze formano, unitamente a sefirāh come terza, la trinità ebraica, ovvero la corona, KETHER. Queste due sefiroth, dette padre, abbā, e madre, amona, sono la diade, ossia il logos bisessuato da cui sono emanate le altre sette sefiroth (vedi lo Zohar). Questa prima triade ebraica (sefirāh, hokhmāh e bināh) corrisponde alla trimurti indù (2); per quanto sottintesa nello Zohar, ed ancor più nel pantheon exoterico degli indiani, ogni particolarità dell’una si ritrova nell’altra. I Prajapati corrispondono alle sefiroth: dieci, se si conta Brahmā, si riducono a sette quando la trimurti, ovvero la triade cabalistica, viene separata dal resto. I sette “costruttori” (creatori) diventano i sette Prajapati, ossia i sette rishi, nello stesso ordine in cui le sefiroth divengono i creatori e poi i patriarchi, ecc.. In entrambi i sistemi esoterici l’essenza universale unica è, nella propria assolutezza, incomprensibile ed inattiva, e solo indirettamente può essere connessa con la costruzione dell’universo. In entrambi i sistemi l’originario principio androgino, maschile e femminile, con le

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sue dieci e sette emanazioni, ovvero Brahmā-Virāj ed Āditi-vāch da una parte e gli elōhim-Jehovah, o Adam-Adami (Adam-Kadmon),

-----------------------(1) Zohar, parte I, folio 20a.(2) Nel pantheon indiano il Logos bisessuato è Brahmā, il creatore, i cui sette figli “nati dalla mente” sono i rishi primordiali, i “costruttori”.----------------------

356 LA DOTTRINA SEGRETA

e sefirāh-Eva, dall’altra, con i loro Prajapati e sefiroth, rappresentano, nel loro complesso, in primo luogo l’uomo archetipico, il protologos, e solo secondariamente dei poteri cosmici e dei corpi astronomici o siderali. Se Āditi è la madre degli dèi, Deva-Matri, Eva è la madre di tutti i viventi: essendo entrambi l’aspetto femminile dell’“uomo celeste” rappresentano la shakti, ossia il potere generativo, e sono dei creatori plurimi.

Un gupta-vidyā sutra dice che:

All’inizio un raggio emanato da paramārthika [l’unica e sola esistenza reale] si manifestò in vyāvahārika [la comune esistenza] che fu usata come un vāhana per discendere nella madre universale e provocarne l’espansione [la crescita, brih].

E nello Zohar è affermato che:

All’inizio un raggio emanato da paramārthika [l’unica e sola esistenza reale] si manifestò in vyāvahārika [la comune esistenza] che fu usata come un vāhana per discendere nella madre universale e provocarne l’espansione [la crescita, brih].

E nello Zohar è affermato che:

L’unità infinita, senza forma ed aspetto, dopo che fu creata la forma dell’“uomo celeste” se ne servì. La “luce ignota” [tenebre] (1) usò la “forma celeste” םדא) ([Adam-Ilāā-āh] חאליע come un carro ([mercabah] חככדמ) [nell’ed.or. non sono presenti le due parentesi interne con Adam-Ilāā-āh e mercabah ndt] per discendere ed a causa di questa forma volle essere chiamata con il sacro nome YHVH [nell’ed.or. Jehovah ndt] (2).

E lo Zohar aggiunge che:

In principio, prima di ogni altra esistenza, c’era la volontà del re.... questa [la volontà] sbozzò le forme delle cose che erano state nascoste, ma che ora venivano viste. E dalla testa di ain-sof apparve, come un segreto inviolabile, una vaga scintilla di materia, senza un aspetto o una forma.... La vita è estratta dal basso e da quanto precede la sorgente si rinnova, il mare è sempre colmo e spande ovunque le proprie acque. (3)

La divinità viene così paragonata ad un mare confinato, all’acqua che è “fonte di vita” (4). “Il settimo palazzo, la fonte di vita, è il primo a partire dall’alto” (5). Donde, sulle labbra del grande cabalista Salomone, il principio cabalistico che dice: “La sapienza ha edificato la propria casa, ha faticosamente lavorato le sue sette colonne” (6).Da dove avrebbe origine questa identità di idee se alle origini non ci fosse stata una rivelazione universale? Questi punti che abbiamo presentato sono solo poche pagliuzze prese in un pagliaio, in paragone a quanto verrà mostrato nello svolgersi di quest’opera. Se consideriamo la cosmologia cinese, che è la più confusa di tutte, vi ritroviamo gli

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stessi concetti. Ts’u-ts’ai (l’autoesistente) corrisponde alla tenebra ignota, la radice del wu-liang shu (la durata senza limiti); Amithāba e T’ien (il cielo) vengono dopo [nell’ed.or. la grafia dei termini cinesi differisce leggermente ndt]. Nonostante delle inezie, “pagliuzze”, il “grande estremo” di Confucio veicola gli stessi concetti. Questi sono fonte di grande spasso per i missionari che deridono tutte le religioni dei “pagani”, così come disprezzano ed odiano quelle degli altri fratelli

------------------------(1) Rabbi Shimon dice: “Compagni, compagni, l’uomo, come emanazione, era allo stesso tempo uomo e donna, tanto da parte del “Padre” quanto da quella della “Madre”. É questo il significato delle parole: ‘E l’Elōhim disse: che la luce sia e la luce fu’ ... e questo è l’uomo duplice” (Auszüge aus dem Buche Sohar, pag. 13, 15). Quindi la Luce, nella Genesi, rappresentava il raggio androgino, ovvero l’“uomo celeste”. [nell’ed.or. ...Sohar.. e non ...Buche Sohar... ndt](2) Zohar, II, 42b-43a, Confr. Myer, op.cit., pag. 278.(3) Zohar, I, 15°, Brody ed.; Cremona ed., I, fol. 3, col. 1, anche Brody ed., I, fol. 60-70. (4) Zohar, III, 290.(5) Ibid., II, 261.(6) Proverbi, IX, I.-----------------------

SIMBOLI ORNITOLOGICI 357

cristiani, malgrado accettino tutti à la lettre la propria unica “Genesi”. Se ci rivolgiamo alla cosmologia caldea vi troviamo Anu, la divinità occulta, l’unico, il cui nome indica, per di più, la sua origine sanscrita; Anu infatti, che in sanscrito significa “atomo”, aniyamsām- aniyasām (più piccolo del piccolo), è uno dei nomi dati a parabrahman nella filosofia vedantina; questa descrive parabrahman come più piccolo del più piccolo atomo e più grande della sfera più grande, ossia dell’universo: anor aniyān e mahato mahitān [nell’ed.or. Anagraniyam e Mahatorvavat ndt]. Quanto precede è ciò che risulta da quelli che George Smith presenta come i primi versi di quella “genesi” accadica che si trova nei testi cuneiformi delle “Lateres Coctiles”; anche qui troviamo Anu, la divinità passiva o ain-sof, Bel, il creatore, lo spirito di Dio (sefirāh) che si muove sulla faccia delle acque, quindi l’acqua stessa, ed Hea, l’anima universale, ovvero la sapienza congiunta dei tre.

I primi otto versi dicono questo:

1. Quandoi cieli, sopra, non erano sollevati: 2. ed in basso sulla terra nessuna pianta era cresciuta,3. anche l’abisso non aveva forzato i propri limiti:4. il caos (o acqua) Tiamat (il mare) fu la madre produttrice di tutti loro. [Questa è l’Āditi cosmica e sefirāh].5. All’inizio queste acque erano ordinate, ma6. non era cresciuto alcun albero, non un fiore era sbocciato.7. Quando gli dèi non erano spuntati, nessuno di loro,8. non era cresciuta alcuna pianta e non esisteva l’ordine. (1)

Questo era il periodo caotico, o pregenetico, il duplice cigno, il cigno nero che diventa bianco quando è creata la luce (2). Il simbolo scelto per rappresentare il grandioso concetto del principio universale può forse sembrare inadeguato alla sua sacralità. Un’oca, o anche un cigno, possono, indubbiamente, sembrare un simbolo indegno di rappresentare la grandiosità dello spirito, ma, ciò nonostante, ci deve essere stata una profonda, recondita, ragione se non solo lo si trova in

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tutte le cosmogonie e religioni del mondo, ma nel medioevo fu scelto dai cristiani, i crociati, quale veicolo di quello Spirito Santo che si riteneva guidasse l’esercito in Palestina, per strappare dalle mani dei saraceni la tomba del Salvatore. Questo se dobbiamo credere all’affermazione del professor Draper che, nel suo Intellectual Development of Europe, specifica che i crociati, sotto la guida di Pietro l’Eremita, erano preceduti dallo Spirito Santo, che era rappresentato, alla testa dell’armata, sotto forma di un papero bianco in compagnia di una capra. Seb, l’egizio dio del tempo, porta sul proprio capo un’oca e Giove, come pure Brahmā, assume la forma di un cigno, poiché alla base di tutto ciò sta il mistero dei misteri: l’UOVO DEL MONDO.

-----------------------------(1) Geo. Smith, The Chaldean Account of Genesis, 1876, pag. 62-3.(2) Nell’immaginazione popolare, i sette cigni, che si crede siano discesi dal cielo sul lago Mānosarovara, rappresentano i sette rishi dell’Orsa Maggiore, che assunsero questa forma per visitare la località dove furono scritti i Veda.-----------------------------

358 LA DOTTRINA SEGRETA

Bisognerebbe conoscere la ragione della scelta di un simbolo prima di svalutarlo. L’ibis, il cigno, l’oca, il pellicano, il coccodrillo e la rana, con il fiore di loto e la ninfea, ecc., rappresentano l’unione dell’aria e dell’acqua in un elemento duplice; questa è la ragione che ha fatto scegliere dai mistici di ogni epoca, sia antichi che moderni, dei simboli che appaiono indecorosi. Di solito Pan, il grande dio della natura, era rappresentato in compagnia di uccelli acquatici, specialmente di oche, e così pure altri dèi. Se in seguito, con la graduale degenerazione delle religioni, gli dèi ai quali erano consacrate le oche divennero delle divinità priapiche questo non vuole dire che gli uccelli acquatici fossero sempre stati consacrati a Pan e ad altre divinità impudiche, come pretendono alcuni antichi denigratori (1): evidentemente l’astratto e divino potere di generare della natura fu grossolanamente antropomorfizzato. Lo spettacolo del cigno di Leda non presenta degli “atti sessuali di cui ella avrebbe goduto”, come dice pudicamente Hargrave Jennings, poiché il mito non è che una versione della solita astrazione filosofica della cosmogonia. Sovente i cigni sono associati ad Apollo essendo emblemi dell’acqua e del fuoco (anche della luce del sole) prima della separazione degli elementi.

I moderni studiosi del simbolismo potrebbero trarre profitto da alcune osservazioni di una celebre scrittrice, Lydia Maria Child:

Nell’Indostan da tempo immemorabile viene venerato un simbolo che è l’emblema della creazione, o dell’origine della vita..... Shiva [nell’ed.or. Shiva o Mahadeva ndt] non era solo il riproduttore delle forme umane, ma rappresentava anche il principio fecondatore, il potere generativo che pervade l’universo..... ed anche la rappresentazione della maternità ha un significato religioso..... Questa riverenza per la riproduzione della vita introdusse nel culto di Osiride degli emblemi sessuali..... è forse strano che considerassero con venerazione il grande mistero della nascita degli uomini? Questo era osceno? O siamo noi impudici a non farlo? .....una mente pura ed intelligente non potrebbe considerarli impudici....., noi abbiamo viaggiato molto, percorrendo delle vie sudicie, da quando gli antichi anacoreti parlarono per la prima volta di Dio e dell’anima nella solenne oscurità dei loro santuari boscosi [nell’ed.or.: loro primi santuari ndt]. Non sorridete per la loro consuetudine di trovare ovunque, nei misteri della natura, l’infinito e la causa incomprensibile, per non coprire con l’ombra della nostra grossolanità la loro patriarcale innocenza” (2).

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-----------------------(1) Titus Petronius, Satiricon, 136.(2) The Progress of Religious Ideas, etc., 1855, vol. I, pag. 16-7.-------------------------

IL DIO NATO DALL’UOVO 359

VI

L’UOVO DEL MONDO

Da dove proviene questo simbolo universale? La sacra immagine dell’uovo è stata inclusa nella cosmogonia di tutti i popoli della terra ed è stata venerata sia per la sua forma che per la sua misteriosa spiritualità. Fin dalle prime elucubrazioni mentali dell’uomo questo è stato considerato come il simbolo che meglio poteva rappresentare l’origine ed il mistero dell’essere. Fin dagli inizi il graduale sviluppo dell’impercettibile germe nel guscio chiuso e l’interno operare che, senza alcun apparente intervento di una forza esterna, da un nulla latente ha prodotto un qualcosa di attivo, senza abbisognare di niente se non del calore, e che, dopo essersi trasfomato in una concreta creatura vivente, ha spezzato il proprio guscio apparendo ai sensi fisici di tutti come un essere che ha generato e creato sé stesso, deve essere sembrato un miracolo permanente. La dottrina segreta spiega la ragione di questa venerazione tramite il simbolismo delle razze preistoriche. Inizialmente la “causa prima” non aveva un nome, ma in seguito l’immaginazione dei pensatori la rappresentò come un uccello misterioso, sempre invisibile, depositante nel caos un uovo che in seguito diventava l’universo. Per questa ragione Brahmā fu detto kalahamsa, “il cigno nel tempo (e nello spazio)”, divenne il “cigno dell’eternità” che all’inizio di ogni mahāmanvantara depone un “uovo d’oro”. Questo simboleggia il grande cerchio, O, ovvero l’universo ed i suoi corpi sferici.La sua forma fu la seconda ragione per cui venne scelto l’uovo per rappresentare simbolicamente l’universo e la nostra terra: è un cerchio ed una sfera, ed il fatto che questo simbolo sia stato universalmente adottato induce a credere che la forma ovoidale del nostro globo sia stata conosciuta fin dai primordi della simbologia. Nell’antichità la credenza della prima manifestazione del cosmo sotto forma di uovo è stata la più diffusa. Come dimostra S. Bryant (1) fu un simbolo adottato dai greci, dai siriani, dai persiani e dagli egizi. Nel quarto capitolo del Rituale Egizio si parla di Keb [Seb nell’ed.or. ndt], dio del tempo e della terra, che depone un uovo, ossia l’universo, “un uovo concepito nell’ora della grande unità della duplice forza”. Come Brahmā anche Rā è rappresentato mentre si sviluppa nell’uovo dell’universo. Il defunto “risplende nell’uovo della terra dei misteri” (XXII, I), poiché è “l’uovo a cui, tra gli dèi, è data la vita” (XLII, 13); “è l’uovo della grande gallina che chioccia, l’uovo di Keb, che ne scaturisce come un falco” (LXIV, 1, 2, 3; LXXVII, 1).

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Come racconta Aristofane, l’uovo orfico faceva parte dei misteri greci, dionisiaci ed altri, durante i quali l’uovo del mondo veniva consacrato e

-----------------------(1) New System, or, an Analysis of Ancient Mytology, 1807, vol. III, pag. 165.------------------------

360 LA DOTTRINA SEGRETA

ne veniva spiegato il significato; Porfirio lo propone come una rappresentazione del mondo: ‘Ερμηνεύει δέ τò ώòν τòν κόσμον (1). Fabre e Bryant hanno cercato di dimostrare che l’uovo rappresentava l’arca di Noè, il che sarebbe assurdo se l’arca non venisse considerata unicamente un simbolo di una allegoria. L’arca poteva solo simboleggiare la luna, essere un suo sinonimo, l’argha che trasporta il seme universale della vita, ma che non ha niente a che fare con l’arca della Bibbia. Ad ogni modo tutti credevano che all’origine l’universo fosse esistito con la forma di un uovo. Wilson dice che:

Una simile descrizione della prima aggregazione degli elementi sotto forma di un uovo, si trova in tutti i Purāna [indiani], con l’epiteto usuale di Haima o Hiranya, “d’oro”, e si trova pure nel Manu, I, 9. (2)

Però, come dimostra un grande letterato indiano, il defunto Svāmi Dayanand Sarasvati, nelle sue ancora inedite discussioni con il prof. Max Muller, Hiranya più che “d’oro” significa “risplendente”, “brillante”. Com’è detto nel Vishnu Purāna:

L’intelletto [Mahat], ....incluso l’insieme degli elementi [non manifestati], formò un uovo.... e .... il signore dell’universo.... stesso vi dimorava, con l’aspetto di Brahmā.... In quell’uovo, o brāhmana, c’erano i continenti, i mari e le montagne, i pianeti e le ripartizioni dell’universo, gli dèi, i demoni e l’umanità. (3)

Sia per i greci che per gli indiani il primo essere maschile visibile, che riuniva in sé la natura dei due sessi, dimorò nell’uovo ed uscì dall’uovo. Secondo alcuni greci il “primogenito del mondo” fu Dioniso, il dio che scaturì dall’uovo del mondo e da cui provennero sia i mortali che gli immortali. Nel Rituale (4) il dio Rā è rappresentato radiante nel suo uovo (il sole), egli parte appena il dio Shu (l’energia solare) si risveglia e gli dà l’impulso. “Egli sta nell’uovo solare, l’uovo a cui è data la vita in mezzo agli dei” (5). Il dio solare esclama: “Io sono l’anima creatrice dell’abisso celeste. Nessuno vede il mio nido, né può rompere il mio uovo, io sono il Signore!”. (6)Tenendo conto di questa forma circolare, del “|” che emana dal “O”, ossia dall’uovo, ovvero il maschio dalla femmina nell’androgino, è strano che ci possa essere uno studioso che sostiene, per il fatto che i più antichi manoscritti indiani non ne parlano, che gli antichi ariani ignoravano la numerazione decimale. Il 10, essendo il numero sacro che rappresenta l’universo, era segreto ed esoterico, sia riguardo all’unità che allo zero, il cerchio. Il prof. Muller dice inoltre che:

-----------------------(1) [“L’uovo significa (rappresenta) il mondo.” Apud Euseb., Praep. Evang., lib. III, ver. 115, Cf. Bryant, Analysis, etc., vol III, pag. 165](2) Vishnu-Purāna, vol. I, cap. II; Wilson, vol.I, pag 39, nota a piè pagina.(3) Ibid., pag. 39-40.(4) Book of the Dead (Libro del Morto), cap. XVII, righe 50, 51.(5) Ibid., cap. XIII, 13.

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(6) Ibid., cap. LXXXV, 9.-------------------------

DA DOVE DERIVANO I NOSTRI NUMERI? 361

“i due vocaboli “cifra” e “zero”, che in realtà sono sinonimi [cipher in inglese significa sia cifra che zero ndt]...., sono sufficienti a provare che si tratta di numeri presi in prestito dagli arabi. Cifra corrisponde all’arabo ‘cifron’ che significa vuoto ed equivale al termine sanscrito ‘sunya’, ossia il nulla” (1). Gli arabi acquisirono i loro numeri dall’Indostan e non hanno mai preteso di averli scoperti (2). Per quanto riguarda i pitagorici basta consultare i vecchi manoscritti della “Geometria” di Boezio, risalenti al sesto secolo, per trovare nella loro numerazione (3) sia l’1 che lo zero come il primo e l’ultimo dei numeri. E Porfirio, citando il pitagorico Moderato, dice che (4) i numeri di Pitagora erano dei “simboli geroglifici, tramite i quali lui spiegava le idee concernenti la natura delle cose”. [Nell’ed.or. ....delle cose, o l’origine dell’universo. ndt]Anche se i più antichi manoscritti indiani non hanno finora rivelato alcuna traccia di una numerazione decimale e se Max Muller afferma decisamente di non avervi trovato che nove lettere (le iniziali dei numeri sanscriti), siamo però in possesso di reperti altrettanto antichi che costituiscono delle prove: si tratta di sculture ed immagini sacre che si trovano nei più antichi templi del lontano oriente. Pitagora attinse la propria dottrina dall’India ed il prof. Max Muller lo conferma, fino ad ammettere, almeno, che, fra i greci ed i romani, i neopitagorici furono i primi che insegnarano a “far di calcolo” e che “ad Alessandria ed in Siria acquisirono la conoscenza dei numeri indiani e li adattarono all’abaco pitagorico” (i nostri numeri). Questa prudente ammissione implica che anche Pitagora, che visse proprio alla fine dei tempi preistorici (5), avrebbe conosciuto solo nove numeri; potremmo ragionevolmente ribattere che, sebbene non abbiamo delle prove sicure [exotericamente] del fatto che Pitagora conoscesse la numerazione decimale abbiamo tuttavia una prova sufficiente per dimostrare che la serie completa dei numeri, come è data da Boezio, era nota ai pitagorici perfino prima della fondazione di Alessandria (6). Questa prova è fornita da Aristotele che dice che “alcuni filosofi ritengono che le ideee ed i numeri abbiano la stessa natura e siano dieci in tutto” (7). Reputiamo che questo sia sufficiente per dimostrare che conoscevano la numerazione decimale almeno da quatto secoli prima di Cristo, poiché Aristotele non sembra credere che si trattasse di un’innovazione attribuibile ai “neopitagorici” (8).

--------------------------(1) Chips from a German Workshop, vol.II, pag. 286. Un cabalista sarebbe piuttosto incline a credere che, come il termine arabo cifron deriva dall’indiano sunya, il nulla, così le sefiroth dei cabalisti ebrei derivano dal vocabolo cipher, non nel senso di vacuità, ma in quello di una creazione tramite il numero ed i gradi della loro evoluzione. E le sefiroth sono 10, ovvero .(2) Chips, ibid..(3) Vedi King, The Gnostics and their Remains, 1887, tavola XIII, G.(4) Pytagorae vita.(5) 608 a.C..(6) Questa città fu fondata nel 332 a.C..(7) Metafisica, XII, VIII; XIII, VIII.(8) Isis Unveiled, vol. II, pag. 299-300.---------------------------

362 LA DOTTRINA SEGRETA

Ma noi ne sappiamo di più: sappiamo che l’umanità conobbe il sistema decimale già in epoche lontanissime, poiché tutta quella parte del linguaggio sacerdotale che è relativa all’astronomia ed alla geometria si basava sul numero 10, ovvero sulla combinazione dei princìpi maschile e

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femminile, ed anche la piramide di “Cheope” è costruita con dei canoni che si valgono del sistema decimale, vale a dire dei numeri naturali e delle loro combinazioni con il nulla, lo zero. Abbiamo tuttavia già parlato di questo nell’Iside Svelata e sarebbe inutile ripeterci al riguardo.Il simbolismo delle divinità lunari e solari è così inspiegabilmente complicato che è quasi impossibile distinguere fra loro degli emblemi come l’uovo, il loto, o gli animali “sacri”. Ad esempio l’ibis, che in Egitto era molto venerato, pur essendo consacrato a Iside, che è spesso rappresentata con il capo di questo uccello, era pure consacrato a Mercurio, o Thoth, che si diceva ne avesse assunto la forma per sfuggire a Tifone. Secondo Erodoto (1) in Egitto c’erano due specie di ibis: una completamente nera e l’altra nera e bianca. L’una si diceva che combattesse e sterminasse i serpenti alati che ogni primavera provenivano dall’Arabia ed infestavano il paese, mentre quella bicolore era consacrata alla luna poiché questo pianeta è bianco e brillante dal lato apparente mentre è nero ed oscuro dal lato che non si volge mai alla terra. Inoltre l’ibis, che uccide i serpenti sulla terraferma, fa strage delle uova di coccodrillo evitando che in Egitto il Nilo venga infestato da questi mostruosi lucertoloni; si crede che l’uccello lo faccia al chiaro di luna, venendo così aiutato da Iside, il cui simbolo celeste è appunto la luna. Ma, come spiega Abenefio (2), il vero significato esoterico di questi miti popolari riguarda il fatto che si credeva che Ermete vegliasse sugli egizi sotto forma di questo uccello ed insegnasse loro le arti e le scienze occulte. Questo significa che l’ibis religiosa aveva ed ha, come molti altri uccelli, dei poteri “magici”, specialmente l’albatros ed il mitico cigno bianco, il cigno dell’eternità, o del tempo, il KALAHAMSA. Se non fosse così, infatti, perché tutti i popoli antichi, che non erano più stupidi di noi, avrebbero avuto, superstiziosamente, il terrore di uccidere certi uccelli? In Egitto chi uccideva un ibis, o un falco dorato, simbolo del sole e di Osiride, rischiava la morte e difficilmente riusciva a sfuggirle. La venerazione che alcuni popoli avevano per gli uccelli era tale che i comandamenti di Zoroastro vietavano la loro uccisione come un crimine odioso. Attualmente ridicolizziamo ogni specie di divinazione, tuttavia ci sarà una ragione se tante generazioni hanno creduto nella divinazione per mezzo degli uccelli, e perfino nella oomanzia, che secondo Suida fu fatta conoscere da Orfeo, che insegnò a vedere, in determinate condizioni, nel tuorlo e nell’albume delle uova,

-----------------------(1) Historìai, libro II, §§ 75, 76. (2) Abenefio, Liber de Cultura Aegyptiorum, quotato da A. Kircher in Obeliscus Pambhilius (Roma, 1650), pag. 325.--------------------------

I LOGOI NATI DALL’UOVO 363

ciò che l’uccello che avrebbe potuto nascere avrebbe visto intorno a sé durante la sua breve vita. Quest’arte occulta, che 3.000 anni fa richiedeva una grande sapienza e dei calcoli astronomici molto difficili da capire, è attualmente molto degenerata e solo delle vecchie cuoche e delle fattucchiere leggono l’avvenire nel bianco d’uovo in un bicchiere alle servette in cerca di marito.

Tuttavia, anche al giorno d’oggi, perfino i cristiani hanno i loro uccelli sacri, per esempio la colomba, il simbolo dello Spirito Santo e

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non hanno trascurato gli animali sacri: la zoolatria evangelica, con il suo toro, l’aquila, il leone e l’angelo (che in realtà è il cherubino, o serafino, il serpente dalle ali fiammeggianti), è pagana quanto quelle degli egizi e dei caldei. In realtà questi quattro animali sono i simboli dei quattro elementi e dei quattro princìpi inferiori dell’uomo. E, nondimeno, corrispondono, fisicamente e materialmente, alle quattro costellazioni che formano, per così dire, la suite, ossia il seguito, del dio solare ed occupano, al solstizio d’inverno, i quattro punti cardinali del circolo zodiacale. Questi quattro “animali” sono raffigurati in molte copie del “Nuovo Testamento” dei cattolici romani, dove rappresentano i “ritratti” degli evangelisti; sono gli animali della merkābāh di Ezechiele.

Come afferma, giustamente, Ragon: “gli antichi gerofanti hanno combinato così sapientemente i dogmi ed i simboli delle loro dottrine religiose che non è possibile spiegarli completamente senza la conoscenza e la concertazione di tutte le chiavi”; anche se si conoscessero tre dei sette sistemi chiave, l’antropologico, lo psicologico e l’astronomico, l’interpretazione sarebbe solo approssimativa. Le due chiavi più importanti sono quelle relative ai piani spirituale e fisico, ovvero quelle estreme, la superiore e la più bassa, e furono sempre tenute accuratamente segrete affinchè non divenissero preda dei profani. Abbiamo finora parlato dei gerofanti di un’epoca preistorica, per i quali quello che viene attualmente considerato puramente (o impuramente) sessuale era il campo di una scienza importante e misteriosa quanto lo sono attualmente la biologia e la fisiologia; si trattava di una scienza riservata solo ai gerofanti, frutto dei loro studi e scoperte. Le rimanenti due chiavi erano relative agli dèi creatori (teogonia) ed all’inventiva degli uomini, vale dire ai misteri astratti e concreti. Le varie chiavi interpretative erano così sapientemente dissimulate e combinate che molti, pur avendo compreso uno dei significati, non riuscivano a comprendere gli altri ed a risolvere l’enigma, commettendo pericolose imprudenze. Era pressocchè impossibile comprendere le chiavi più sublimi, la prima e la quarta, ovvero quelle che mettono in relazione la teogonia con l’antropogonia, e ne abbiamo la prova nelle “sacre scritture” ebraiche.Il serpente è diventato il simbolo della sapienza ed un emblema dei Logoi, quelli che hanno originato sé stessi, per il fatto che è oviparo. Nel tempio sull’isola di File, nell’Egitto Superiore, si impastava un uovo con argilla

364 LA DOTTRINA SEGRETA

e vari tipi di incenso e lo si covava con un processo speciale affinchè quando l’uovo si schiudeva ne uscisse un crotalo ceraste (una vipera cornuta), ed anticamente nei templi indiani tramite un processo analogo nasceva un cobra. Il dio creatore appare dall’uovo emesso dalla bocca di Kneph sotto forma di un serpente alato, poiché il serpente simboleggia la sapienza assoluta. Gli ebrei lo raffigurarono tramite dei “serpenti volanti o fiammeggianti” nel deserto di Mosé, ed i mistici alessandrini per mezzo dell’Ophio-Christos, il Logos degli gnostici. I protestanti tentano di dimostrare che l’allegoria del serpente di rame e dei “serpenti fiammeggianti” si riferisce al mistero del Cristo e della crocifissione (1), ma, in realtà, se non è collegata al simbolo dell’uovo col germe centrale, ovvero al cerchio col suo centro, è in stretta relazione con il mistero della procreazione. Il serpente di rame non è un

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simbolo sacro come quello dell’uovo ed infatti non era onorato più dei “serpenti fiammeggianti”, contro il morso dei quali era solo un rimedio naturale. Il significato simbolico del termine “rame” è legato al principio femminile, mentre quello di fiamma, o dell’oro, al principio maschile (2). Nel Libro del Morto, come abbiamo visto, si parla spesso dell’uovo; durante la lotta tra i “figli della ribellione” e Shu (l’energia solare ed il “drago delle tenebre”), Rā, il potente, rimane nel suo uovo (cap. XVII). Il defunto risplende nel proprio

--------------------------(1) E questo solo perché il serpente di rame fu innalzato su un palo! Era piuttosto un riferimento al mico, l’uovo degli egizi che stava ritto sostenuto dalla sacra tau, poiché, nella simbologia e nel culto degli egizi, l’uovo ed il serpente erano inseparabili e sia il serpente di rame che quello “fiammeggiante” erano dei sārāph, i messaggeri “ardenti, in fiamme”, ossia degli dèi serpenti, i naga degli indù. Senza l’uovo si tratta di un simbolo sessuale, ma quando è associato all’uovo attiene alla creazione cosmica. (2) Il rame era un metallo che simboleggiava il mondo inferiore ....quel grembo in cui viene data la vita..... In ebraico la parola con cui era indicato il serpente era nachash, un termine che indicava pure il rame”. In Numeri (XXI, 5) si parla degli ebrei che si lamentavano del deserto, dove non c’era acqua, e del fatto che, per questa ragione, il “Signore inviò dei serpenti infuocati” a morderli e poi, per compiacere Mosé, mandò, per porre rimedio, il serpente di rame su un palo affinchè lo guardassero, dopo di che “chiunque guardasse il serpente di rame ....viveva” (?). Dopo di che il “Signore” radunò il popolo al pozzo di Beer e dette l’acqua (14-16), e quindi Israele, riconoscente, cantò questo cantico: “Scaturisci, zampilla” (17). Quando, dopo avere appreso il simbolismo, il lettore cristiano capirà il profondo significato di questi tre simboli, l’acqua, il rame ed il serpente, e di qualche altro ancora, nel senso che viene loro dato nella Bibbia, non vorrà certo connettere il sacro nome del proprio “Salvatore” con l’episodio del “serpente di rame”. Cone è spiegato a pag. 14 dell’Apocalypse of Adam-Oannes di Kenealy [solo Apocalypse nell’ed.or. ndt], i serafini, sono indubbiamente ed ,(gli ardenti serpenti alati) םיפדש inseparabilmente connessi con il concetto “di serpente dell’eternità, Dio”, ma, in un certo senso, anche il termine cherub significava serpente, sebbene il suo preciso significato sia differente, e quindi anche i cherubini e gli alati γρύπες dei persiani, i “grifoni”, i guardiani della montagna d’oro, hanno la stessa connessione; la composizione del nome spiega la loro natura: è infatti composto da il cerchio, e da ,(kr) דכ ,כוא aub o ob, serpente, quindi un “serpente in un cerchio”. Questo definisce il carattere sessuale del serpente di rame e giustifica il fatto che Ezechia lo abbia spezzato. (Vedi Re, XVIII, 4) Verbum satis sapienti.-------------------------

IL GLOBO ALATO 365

uovo quando attraversa la terra del mistero (XXII, 1): è l’uovo di Keb (LIV, 1-3) [Seb nell’ed.or. ndt]. L’uovo era simbolo d’immortalità ed eternità, ed anche l’immagine della matrice generatrice, ma quando era collegato con la “tau” questa diveniva solo il simbolo della vita e della nascita nel processo generativo. L’uovo del mondo era collocato in khemu [khoom nell’ed.or. ndt], l’“acqua dello spazio”, ovvero il principio femminile astratto (poiché khemu, dopo la caduta dell’umanità nel processo della riproduzione e nella conseguente sessualità, diviene Amen, il dio creatore), e quando Ptah, il dio “fiammeggiante”, porta nelle proprie mani l’uovo del mondo il simbolismo ha un significato che è assolutamente concreto e terrestre. Unito al falco, simbolo di Osiride, ovvero il sole, il simbolo dell’uovo diventa duplice e si riferisce sia alla vita immortale che a quella mortale. Nell’Oedipus Egyptiacus (1) di

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Kircher si può vedere, in un’immagine tratta da un papiro, un uovo fluttuante sopra la mummia; questo è un segno di speranza e la promessa di una seconda nascita per il defunto, assimilato ad Osiride; la sua anima, dopo la necessaria purificazione nell’āmenti, trascorrerà un periodo di gestazione in quest’uovo dell’immortalità, per rinascerne per una nuova vita sulla terra. Poiché quest’uovo, nella dottrina esoterica, è il devacen, il luogo della beatitudine, e lo scarabeo alato è un altro suo simbolo. Il “globo alato” non è che un’altra immagine dell’uovo ed ha lo stesso significato dello scarabeo, il khepera [khopiroo nell’ed.or. ndt] (dal verbo khoper, “divenire”, “essere rinato”), e questo si riferisce sia alla reincarnazione dell’uomo che alla sua rigenerazione spirituale. Nella “Teogonia” di Moco (XXXIV), troviamo prima l’aether e poi l’aria, i due princìpi da cui Olām, l’intelligibile (νοητòς) divinità (l’universo di materia visibile) è stato portato fuori dall’uovo del mondo (2). Negli Inni Orfici l’Eros-Phanes evolve dall’uovo divino fecondato dai venti (a)eterei, in quanto “vento” significa “lo spirito della tenebra sconosciuta”, “lo spirito divino” (come ha spiegato K.O. Muller) (3), l’“idea” divina, come dice Platone, “che si dice si muova nell’aether”.“Nella Kathakopanishad indù, Purusha, lo spirito divino, sta già davanti alla materia originaria e da questa unione scaturisce la grande anima del mondo, mahan-ātman, lo spirito della vita (4), ecc.” (5).Sparse nei sacri testi dei brāhmana vi sono, inoltre, molte affascinanti allegorie su questo argomento: in una si narra di una femmina creatrice che all’inizio è un germe, poi diventa una goccia di rugiada celeste, una perla ed infine un uovo. In queste allegorie, troppo numerose per essere elencate una ad una, dall’uovo, che è coperto da sette rivestimenti, nascono i quattro elementi all’interno di un quinto, l’etere; i sette rivestimenti diventano in seguito i sette mondi superiori ed i sette mondi inferiori. Spezzandosi in due, il guscio diventa il cielo e la sostanza contenuta diventa la terra, con l’albume che forma le sue

-------------------------(1) Vol. III, pag. 124.(2) Movers, Die Phonizier, vol. I, pag. 282.(3) A History of the Literature of Ancient Greece, 1858, pag. 236.(4) Sono tutti sinonimi dell’Anima Mundi, o “anima universale”, che è la luce astrale dei cabalisti e degli occultisti, ovvero l’“uovo delle tenebre”.(5) A. Weber, Akademische Vorlesungen, 1876, pag. 255.---------------------------

366 LA DOTTRINA SEGRETA

acque; è detto, inoltre, che Vishnù emerse dall’uovo con un loto in mano e che Vinatā, una figlia di Daksha e moglie di Kashyapa (“colui che fa scaturire sé stesso dal tempo”, uno dei sette “creatori” del nostro mondo), partorì un uovo da cui nacque Garuda, il veicolo di Vishnu, e questa allegoria si riferisce proprio alla nostra terra, poiche Garuda rappresenta il “Grande Ciclo”.L’uovo era consacrato ad Iside e per questo i sacerdoti egizi non mangiavano le uova (1).Diodoro Siculo afferma che Osiride nacque, come Brahmā, da un uovo (2) e da un uovo nacquero Apollo e Latona, ed anche Castore e Polluce, i gemelli luminosi; e, sebbene i buddhisti non attribuiscano la stessa origine al loro fondatore, tuttavia, come gli antichi egizi ed i moderni brāhmana, non mangiano le uova per non distruggere il germe vitale che sta in loro e commettere così un peccato. I cinesi credono che il loro primo uomo sia nato da un uovo che T’ien, un dio, gettò nell’acqua sulla

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terra (3). Alcuni pensano tuttora che questo simbolo rappresenti l’origine della vita, il che è scientificamente provato, sebbene l’ovun umano sia invisibile ad occhio nudo. Vediamo quindi che, fin dal passato più remoto, questo simbolo era rispettato ovunque, dai greci, dai fenici, dai romani, dai giapponesi e dagli siamesi, e dalle tribù americane del nord e del sud, e perfino dai selvaggi delle isole più remote.Per gli egizi il dio occulto era Amen (Mon) [Ammon nell’ed.or. ndt]; tutti gli dèi egizi erano duali: c’era una realtà scientifica riservata ai sacerdoti ed una realtà relativa, mitica e favolosa, destinata alle masse. Pe esempio, come già rilevato nella precedente sezione “Caos, Theos, Kosmos” (4), Horus anticamente rappresentava l’“idea” del mondo ancora immanente nella mente del demiurgo, “nato nelle tenebre prima della creazione del mondo”, mentre in seguito un altro Horus (5) rappresentò questa stessa “idea” nella manifestazione, emanante dal Logos rivestita di materia e con una vera e propria esistenza (6). Lo stesso accade per Khnemu ed Amen (7) [Khnoum ed Ammon nell’ed.or. ndt], entrambi raffigurati con la testa d’ariete ed entrambi spesso confusi fra loro, sebbene abbiano funzioni differenti. Khnemu è il “modellatore degli uomini” che plasma, su una ruota da vasaio, gli uomini e le cose

------------------------(1) Iside era quasi sempre raffigurata con un loto in una mano ed un cerchio con una croce (crux ansata) nell’altra, e l’uovo le era consacrato.(2) Bibliotheca historica, I, 27, 5.(3) Sembra quindi che i cinesi abbiano anticipato la teoria di Sir William Thomson, che afferma che il primo germe della vita sulla terra sarebbe giunto da qualche cometa errante. Sorge una domanda: perché si dovrebbe considerare scientifica la teoria di Thomson e folle e superstiziosa quella cinese?(4) Parte II, sezione IV, pag. 342 et seq..(5) Il “vecchio” Horus, o Heru-ur [Haroiri nell’ed.or. ndt] [nella forma greca ‘Αρωηρις], è un antico aspetto del dio solare Hor, contemporaneo di Rā e Shu; Heru-ur è spesso confuso con Heru [Hor nell’ed.or. ndt][Heru-sa-Asi] il figlio di Osiride ed Iside. Gli egizi hanno sovente rappresentato il sole nascente con la forma di Heru-ur, il “vecchio”, sorgente dal fiore di loto sbocciato, l’universo, e sulla testa di falco del dio c’è sempre il disco solare. (6) Cf. Movers, Die Phonizier, vol. I, pag. 268.(7) Amen o Amon l’occulto, lo spirito supremo.---------------------------

IL LOGOS SCANDINAVO 367

provenienti dall’uovo del mondo; Amen-Rā, colui che genera, è l’aspetto secondario della divinità occulta. Khnemu era adorato ad Elefantina ed a File (1), Amen a Tebe. Ma è Emepht, l’unico e supremo principio planetario e, di conseguenza, Brahmā, che espulse dalla propria bocca l’uovo. L’ombra della divinità cosmica ed universale, quella che cova e permea l’uovo col proprio spirito vivificante fino al momento in cui il germe che vi è contenuto è maturo, era il dio misterioso il cui nome non poteva essere pronunciato, era Ptah, “colui che apre”, che proviene dall’uovo del mondo per iniziare la propria duplice opera. Secondo gli egizi [nell’ed.or.: i greci. ndt] la fantomatica immagine dell’isola di Chemmis (Chemi, nell’antico Egitto) che fluttua sulle onde eteree della sfera empirea, era stata creata da Horus, ossia Apollo, il dio sole, che l’aveva fatta evolvere dall’uovo del mondo (3).Nel poema “La Woluspà” (il canto della profetessa), nella cosmogonia scandinava che il prof. Max Müller ritiene “molto anteriore ai Veda”, l’uovo del mondo è nuovamente rappresentato da un fantomatico germe dell’universo che è situato nel ginnāungagap, la coppa dell’illusione

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(māyā), l’abisso vuoto e sconfinato. In questa matrice del mondo, che in precedenza era una regione oscura e desolata, Nifelheim (il paese della nebbia nella luce astrale, che ora viene chiamato nebula), piovve un raggio di fredda luce che fece traboccare la coppa e vi si congelò. Poi l’“invisibile” soffiò un vento infuocato che fece fondere le acque gelate e dissipό la nebbia. Queste acque (caos), dette le correnti di Elivāgar, liquefacendosi in gocce vivificanti caddero in basso e crearono la terra, il gigante Ymir, che aveva solo l’aspetto di un uomo (l’uomo celeste), e la vacca Audhumla (la madre, o la luce astrale, l’anima cosmica) dalle cui mammelle sgorgarono quattro flussi di latte (i quattro punti cardinali, le direzioni dei quattro fiumi dell’Eden, ecc,), questi “quattro” sono allegoricamente simboleggiati dai vari e misteriosi significati del cubo. I cristiani, specialmente le chiese latina e greca, hanno pienamente adottato questo simbolo per rievocare la vita eterna, la redenzione e la

------------------------(1) Le dee della sua triade sono Sati e Anqet [Anouki nell’ed.or. ndt](2) In origine Ptah era il dio della morte e della distruzione, come Shiva. É un dio solare solo per il fatto che il fuoco del sole ha sia il potere di uccidere che di vivificare. Ptah era l’assoluta divinità di Menfi, il dio splendente e dal “bel viso”. (Vedi Saqquarah Bronzes, Saitic Epoch).(3) Nel Brahmānda Purāna c’è l’esposizione completa dell’enigma dell’uovo aureo di Brahmā e questa è probabilmente la ragione per cui è inacessibile agli orientalisti i quali dicono che questo Purāna, come lo Skanda, non è “più disponibile in un singolo testo”, ma “è costituito da vari khanda e mahatmyas che si dice ne provengano”. Si dice [da Wilson] che il Brahmānda Purāna “abbia rivelato, in 12.200 versi, la magnificenza dell’uovo di Brahmā e descritto i futuri kalpa, così come furono rivelati da Brahmā”. Proprio così! E forse molto di più. -------------------------

368 LA DOTTRINA SEGRETA

Resurrezione; questo è il significato dell’antica usanza dello scambio delle “uova di Pasqua”. Dall’anguinum, l’uovo dei druidi “pagani”, il cui solo nome faceva tremare di paura Roma, fino al rosso uovo di Pasqua dei contadini slavi, è passato un lungo ciclo, ma ciò nonostante, sia nella civile Europa che fra i miseri selvaggi dell’America centrale, troviamo sempre questo antico concetto primordiale, se lo cerchiamo e non deturpiamo, nell’arrogante pretesa di una immaginaria superiorità mentale e fisica, il simbolo originario.

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VII

I GIORNI E LE NOTTI DI BRAHMĀ

Il titolo di questo capitolo si riferisce al nome dato a quei periodi che sono detti MANVANTARA (Manu-antara, ossia fra i Manu) e PRALAYA (dissoluzione). Il primo si riferisce alla fase attiva dell’universo ed il secondo a quella di relativo o completo riposo, sia che avvengano alla fine di un “giorno” che a quella di un’“era” (una vita) di Brahmā. Questi periodi, che si susseguono in rapida successione, sono anche detti kalpa,

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piccoli e grandi, il piccolo kalpa ed il mahā-kalpa, per quanto, propriamente parlando, il mahā-kalpa non sia un “giorno”, ma un’intera vita, o età, di Brahmā, poiché nel Brahmā-Vaivarta è detto che “la cronologia calcola che la durata di un kalpa sia la vita di Brahmā, ci sono poi numerosi kalpa minori, come il samvarta ed altri” (1). In verità sono infiniti, poiché non ebbero mai un inizio, o, in altre parole, non ci fu un primo kalpa né ci sarà un ultimo kalpa, in eterno.Un parārdha, che, secondo la comune accezione di questa misura del tempo, equivale alla metà della vita di Brahmā (nel presente mahā-kalpa), è già trascorso; il precedente kalpa fu il padma, ossia quello del loto d’oro, mentre il kalpa attuale è il vārāha (2) (l’incarnazione, o avatāra, del “cinghiale”) [nell’ed.or. sempre avatār ndt].

-----------------------(1) [Come citato da Wilson nel Vishnu-Purāna, vol. I, pag. 53-4](2) Nella tradizione esoterica buddista c’è un fatto curioso: la biografia exoterica del Buddha Gautama, allegorica, dice che la morte del grande saggio avvenne per una indigestione di “porco e riso”: una fine prosaica e senza alcuna solennità. Ma esotericamente questo si spiega, in quanto è un’allusione, allegorica, alla nascita avvenuta nel kalpa del cinghiale, o Vārāha-kalpa, quando Brahmā assunse la forma di questo animale per trarre la terra fuori dalle “acque dello spazio”; quindi, dato che si dice che i brāhmana discendano direttamente da Brahmā e vengono quindi, per così dire, identificati con lui, e dato che sono acerrimi nemici del Buddha e del buddhismo, abbiamo questa strana allegoria con la sua subdola allusione. In India il brahmanesimo (quello del vārāha-kalpa, o l’età del cinghiale) ha massacrato la religione del Buddha e l’ha spazzata via: questa è la ragione per cui, identificando il Buddha con la sua filosofia, lo si fa morire per una indigestione di maiale selvatico. La sola idea che chi ha instaurato il vegetarianismo più rigoroso

DEI UMANI E UOMINI DIVINI 369

Una cosa deve essere particolarmente ricordata da chi, studiando la religione indù, legge i Purāna: non si devono mai prendere alla lettera, in un’unica accezione, i loro insegnamenti e questo specialmente per quanto concerne i manvantara, o kalpa, che devono essere capiti nei loro molteplici significati. I termini usati per descrivere queste ère sono gli stessi sia nel caso di grandi come di piccoli periodi, di mahā-kalpa e di cicli minori. Ad esempio l’avatāra pesce, Matsya, venne prima dell’avatāra cinghiale, Vārāha, e quindi le allegorie possono e devono riferirsi sia al padma che all’attuale manvantara ed anche ad altri cicli minori che sono trascorsi dal momento della ricomparsa della nostra catena di “mondi e Terra”. Siccome Matsya, l’avatāra di Vishnu, ed il diluvio di Vaivasvata sono giustamente connessi ad un avvenimento che accadde sulla nostra terra durante questa ronda, è evidente che, pur potendosi riferire a degli eventi precedenti al cosmo (evidentemente si parla del nostro “cosmo” o sistema solare), in questo caso si riferiscono ad un lontano periodo geologico. Nemmeno la filosofia esoterica presume di conoscere, se non per delle deduzioni basate su analogie, ciò che accadde prima della ricomparsa del nostro sistema solare ed antecedentemente al passato mahāpralaya; ci dice però chiaramente che dopo la prima perturbazione geologica dell’asse della terra, che causò l’affondamento nel mare dell’intero secondo continente, con le sue antichissime razze (delle “terre”, o continenti, successive l’Atlantide fu la quarta), ci fu un’altra perturbazione geologica causata dall’altrettanto subitaneo ritorno dell’asse nella propria posizione originaria e la terra riemerse un’altra volta dalle acque: in alto come in basso e vice versa. La tradizione dice che a quel tempo sulla terra

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c’erano degli “dèi”, degli dèi e non degli uomini come quelli che conosciamo ora. Come verrà spiegato nel secondo volume, a pagina 66 et seq., nell’induismo esoterico il calcolo delle epoche si riferisce sia ai grandi eventi e cataclismi cosmici che a piccole vicende terrestri e lo stesso avviene per quanto concerne i nomi. Per esempio, il nome Yudhishthira, il primo re degli shaka che apre quell’èra del Kali Yuga che dovrebbe durare per 432.000 anni, “un re effettivamente vissuto 3.102 anni a.C.”, designa pure il grande diluvio all’epoca del primo sprofondamento di Atlantide; è lo Yudhishthira (1) nato sulla montagna dalle cento vette all’estremità

---------------------------ed il massimo rispetto per la vita animale, rifiutandosi di mangiare perfino le uova, in quanto veicoli di una latente vita futura, possa essere morto per una indigestione di carne è una contraddizione così assurda da avere disorientato più di un orientalista, ma questa spiegazione dell’allegoria chiarisce tutto. Comunque vārāha non è un semplice cinghiale, ma sembra che in origine questo termine indicasse un animale lacustre antidiluviano “che amava saltellare nell’acqua” (Vāyu-Purāna).(1) Secondo il Colonnello Wilford la fine della “grande guerra” avvenne nel 1370 a.C. [Vedi il saggio del Cap. F. Wilford nell’Asiatic Researches, vol. IX, 1809, pag 88-9) e secondo Bentley nel 575 a. C.!! Forse, prima della fine di questo secolo, sentiremo dire che l’epopea del Māhabhārata è perfettante uguale alle guerre del grande Napoleone.---------------------------

370 LA DOTTRINA SEGRETA

del mondo, oltre la quale nessuno può andare”, “immediatamente dopo il pralaya, o diluvio” (1). Non abbiamo notizie di un “diluvio” nel 3.102 a.C., non fu certo quello di Noè che, secondo la cronologia giudaico-cristiana, avvenne probabilmente nel 2.349 a.C. . Tutto ciò riguarda però una divisione del tempo esoterica, ed è un enigma che sarà risolto altrove, perciò conviene metterlo momentaneamente da parte. Per ora è sufficiente rilevare che tutti gli sforzi d’immaginazione dei vari Wilford, Bentley e degli altri pretesi Edipi della cronologia indù, hanno miseramente fallito. Nessun risultato è stato ottenuto dal calcolo delle durate, sia delle quattro ère che dei manvantara, effettuato dai nostri dottissimi orientalisti, che hanno quindi risolto il problema tagliando il nodo gordiano ed affermando che si tratta solo di “un’invenzione dei brāhmana”. Così sia, ed i grandi studiosi riposino in pace. Questa “storia” è pubblicata nel II volume, pag. 66-74, con delle aggiunte esoteriche.Vediamo, comunque, quali erano i tre tipi di pralaya e cosa ne pensa la gente comune: che, una volta tanto, è d’accordo con l’esoterismo.Il Vishnu Purāna, a proposito del pralaya giunto dopo che sono passati quattordici manvantara presieduti da altrettanti Manu, ed alla cui chiusura avviene la “connessa” dissoluzione di Brahmā, dice, in sintesi, che:

Alla fine del migliaio di periodi, composti da quattro età, che costituiscono un giorno di Brahmā la terra è quasi esausta. L’eterno (avyaya [non soggetto a cambiamenti ndt]) Vishnu assume allora l’aspetto di Rudra (il distruttore, Shiva) e riunisce in sé tutte le proprie creature; entra nei sette raggi del sole ed assorbe tutte le acque del globo, fa evaporare l’umidità asciugando tutta la terra. Sono evaporati gli oceani e i fiumi, i torrenti e i ruscelli; così, alimentati dall’abbondante umidità, i sette raggi si dilatano fino a diventare sette soli che, alla fine incendiano il mondo. Hari, il distruttore di

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tutte le cose, che è “kalāgni, la fiamma del tempo”, consuma infine la terra. Poi Rudra, diventando Janārdana, esala nubi e pioggia. (2)

Ci sono molti tipi di pralaya, ma negli antichi testi indù sono specialmente quotati i tre principali, e dei tre, come ci dice Wilson: il primo è chiamato NAIMITTIKA (3), ossia “accidentale”, o “occasionale”, ed è determinato dagli intervalli fra i “giorni di Brahmā”; consiste nella distruzione degli esseri viventi, di tutto ciò che vive ed ha una forma, ma non della sostanza, che rimane allo statu quo fino ad un nuovo ALBEGGIARE nella

----------------------(1) Asiatick Researches, vol IX, 1809, pag. 82-3 e 86; (2) Libro VI, cap III; Wilson, vol: V, pag. 190-3.(3) Nel vedānta e nel nyāya, “nimitta” (da cui “naimittika”) significa causa efficiente ed è contrapposto a upādana ossia alla causa fisica o materiale. Nel sānkhya, pradhāna è una causa inferiore a Brahmā o, piuttosto, Brahmā, essendo egli stesso una causa, è superiore a pradhāna. Quindi “accessorio” è una traduzione errata e dovrebbe essere sostituito, secondo alcuni studiosi, da causa “ideale” e meglio ancora sarebbe causa reale.-------------------------

LA RINASCITA DEGLI DEI 371

“notte”. Un secondo tipo di pralaya è detto PRĀKRITIKA ed avviene alla fine di un’“èra” o “vita” di Brahmā, quando tutto ciò che esiste si trasforma nell’elemento primordiale, per venire rimodellato alla fine di una lunghissima notte. Tuttavia un terzo tipo, ātyantika, non riguarda più i mondi o l’universo, ma unicamente le caratteristiche di alcune persone, si tratta di un pralaya personale, o NIRVĀNA, raggiunto il quale non è più possibile un’esistenza futura, una rinascita, fino a che non sia passato il mahā-pralaya. Questa “notte”, la cui durata è di 311.040.000.000.000 anni, ma la cui durata può essere quasi doppia per il felice jivanmukta che abbia ottenuto il nirvāna all’inizio di un manvantara, può essere considerata eterna, per quanto abbia una fine. Il Bhāgavata Purāna parla di un quarto tipo di pralaya, il nitya, o dissoluzione costante, e lo descrive come l’invariabile cambiamento che avviene incessantemente, per quanto impercettibilmente, in tutto quello che esiste nell’universo, dai globi agli atomi. É progresso e declino (vita e morte).Quando giunge il mahā-pralaya gli abitanti dello svarloka (la sfera superiore), sconvolti dalla conflagrazione, cercano rifugio “con i pitri loro progenitori, i manu, i sette rishi, i vari ordini di spiriti celesti e gli dèi, nel maharloka”; quando anche questo luogo è raggiunto tutti gli esseri che abbiamo citato lasciano il maharloka [maha-loka nell’ed.or. ndt] e si rifugiano nel janarloka, nelle “loro forme sottili, destinati a reincarnarsi, con delle caratteristiche simili a quelle che avevano in precedenza, quando il mondo sarà rinnovato all’inizio del kalpa successivo” (2).

Il Vishnu-Purāna continua:

.....Queste nubi, enormi per le dimensioni e dai tuoni fragorosi, riempiono tutto lo spazio (nabhas-tala). Scaricando torrenti d’acqua queste nubi spengono incendi spaventosi.....e poi la pioggia cade ininterrottamente per cento anni [divini] sommergendo il mondo intero [sistema solare]. La pioggia, cadendo con goccie enormi, copre la terra, riempie la regione di mezzo (bhuvarloka) ed inonda i cieli. Il mondo è ora avvolto dalle tenebre; ed essendo estinte tutte le cose, animate ed inanimate, le nubi continuano a riversare le loro acque..... (3)

e la notte di Brahmā regna suprema sulla scena desolata.

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Questo è ciò che nella dottrina esoterica viene detto “pralaya solare”. Quando le acque hanno raggiunto la regione dei sette rishi ed il mondo (il nostro sistema solare) è un unico mare si fermano. Il fiato di Vishnu diventa un forte vento che soffia per altri cento anni (divini) fino alla dispersione delle nubi. Poi il vento viene riassorbito e QUELLO di cui: sono fatte tutte le cose, il Signore che ha fatto esistere ogni cosa, Colui che è inconcepibile, è senza un inizio ed è l’origine dell’universo, riposa dormendo su Sesha (il serpente dell’infinito) nel cuore dell’abisso. L’Ādikrit

-------------------------(1) Skandha, XII, IV, 35.(2) Vāyu Purāna, come riportato da Wilson, vol.V, pag. 193 nota a piè di pagina.(3) Libro VI, cap. III,; Wilson, vol. V, pag. 194.--------------------------

372 LA DOTTRINA SEGRETA

[creatore?], Hari, dorme (sull’oceano) sotto la forma di Brahmā, glorificato da Sanaka (1) e dai siddha (santi) che erano andati nel janarloka, e contemplato dai beati abitanti del brahmā-loka, desiderosi della liberazione finale, immersi in un sonno misterioso, celesti personificazioni delle proprie illusioni..... questo è il pratisanchara (dissoluzione?) definito accidentale in quanto Hari [è] la sua causa accidentale [ideale] (2). Quando si risveglia lo spirito universale il mondo risuscita e quando chiude gli occhi tutte le cose dormono un sonno misterioso. Così come 1.000 grandi ère costituiscono un giorno di Brahmā [nel testo originale c’è padma-yoni, che è sinonimo di abjayoni, “nato dal loto”, e non Brahmā], la sua notte dura per lo stesso periodo.... Risvegliandosi alla fine della propria notte il mai nato..... ricrea l’universo (3).

Questo è il pralaya “accidentale”, ma cos’è la dissoluzione elementale? Parāshara dice a Maitreya:

Quando, per la carestia ed il fuoco, tutti i mondi ed i patāla (inferni) sono spossati (4)....incomincia il processo della dissoluzione elementale. Per prima cosa le acque assorbono la proprietà della terra (che è l’organo di base dell’olfatto) e la terra senza questa sua proprietà procede verso l’annientamento.... e finisce con l’essere un tutt’uno con l’acqua.... così, quando l’universo viene pervaso dai flutti dell’elemento acqueo, il suo aroma fondamentale viene raccolto dall’elemento del fuoco.... [e così] anche le acque vengono annientate.... e divengono un tutt’uno con il fuoco e l’universo è quindi completamente invaso dalle fiamme [eteree], che ....gradualmente coprono il mondo intero. Mentre lo spazio è avvolto dalle fiamme.... l’elemento del vento si impossessa della proprietà di base, o forma, che è causa della luce, e senza di questa (pralīna) tutto ha la natura dell’aria. Essendo distrutto l’organo di base della forma e vibhāvasu (fuoco?) privato dei suoi fondamenti, l’aria spegne il fuoco e si diffonde.... in ogni parte dello spazio, che è privo di luce quando il fuoco si disperde nell’aria. Allora l’aria, accompagnata dal suono, che è la sorgente dell’etere, si estende ovunque attraverso le dieci regioni.... finchè l’etere acciuffa, prende contatto [sparsha – tatto?], la proprietà fondamentale dell’aria, senza della quale l’aria è annientata e l’etere [KHA] rimane invariato: privo di forma, gusto, tatto (sparsha) ed olfatto, esiste, [senza] un corpo (murttimat) ed immenso, e pervade l’intero spazio. L’etere [ākāsha] [qui indubbiamente aether ndt], la cui proprieta catatteristica e fondamentale è il suono [il Verbo]..... pervade tutta la capacità dello spazio.... Ma allora l’elemento basilare [noumeno?] (bhutadi) (l’egocentrismo), divora il suono [il “collettivo” Demiurgo].... (5).

e le legioni dei dhyāni-ciohan e tutti gli elementi esistenti vengono

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(1) Il kumāra principale, o il dio vergine (un dhyāni-ciohan) che si rifiuta di creare. Un prototipo di San Michele, che si rifiuta anche lui. (2) Vedi la ultime righe della parte II, sezione IV: “Caos – Theos – Kosmos”, pag. 349.------------------------

LA DISSOLUZIONE DELL’UOVO 373

subito incorporati nel loro elemento originario (1). Lo stesso elemento fondamentale, la coscienza, insieme a tāmasa (la tenebra spirituale), viene disintegrato da MAHAT (l’intelletto universale),

....la cui proprietà caratteristica è l’intelligenza (buddhi), e la terra e Mahat sono i confini, interno ed esterno, dell’universo. Così, come (nella ceazione) c’erano sette forme della natura (prakriti), elencate da Mahat alla terra, così alla dissoluzione, pratyāhara, (tempo della dissoluzione elementale) queste sette rientrano successivamente l’una nell’altra (2).

L’uovo di Brahmā (sarva-mandala) è dissolto nelle acque che lo circondano, con le sue sette regioni (dvipa), sette oceani, sette regioni con le loro montagne. Lo strato d’acqua è bevuto dal fuoco, il fuoco (lo stratum di) è assorbito da (quello di) aria, l’aria si unisce all’etere (ākāsha) [aether ndt], la bhutādi [l’origine, o meglio la causa, dell’elemento primordiale] divora l’etere, che è (anche lui) assorbito da Mahat [il Grande, la mente universale] che, insieme a tutti questi, è preso al volo da prakriti [e sparisce]..... Questa prakriti è essenzialmente la stessa sia che sia divisa o che non lo sia, solo quello che è diviso viene, alla fine, perso, ossia assorbito nell’indiviso. Anche pums (spirito) che è unico, integro, imperituro, eterno, onnicomprensivo, è una parte di quello spirito supremo che costituisce tutte le cose. Questo spirito (sarvesha) che è differente dallo spirito (incarnato), ed a cui non si può attribuire un nome, una forma [nāman e jāti, o rupa, quindi, più che “forma”, “corpo”], o qualcosa del genere, [rimane] come esistenza unica (sattā).... prakriti e purusha diventano infine lo SPIRITO SUPREMO (3).

Questo è il PRALAYA definitivo, la morte del cosmo, dopo di che il suo spirito riposa nel nirvāna, ossia in QUELLO per cui non c’è né giorno né notte. Tutti gli altri pralaya sono periodici e seguono, in regolare successione, i manvantara, così come, per ogni creatura umana, animale o pianta, la notte segue il giorno. Il ciclo creativo delle vite del cosmo si è esaurito, poiché l’energia della “Parola” manifestata ha un periodo

------------------------(1) Qui con il termine “elementi” s’intendono non solo gli elementi visibili e fisici, ma anche quelli che S. Paolo chiama gli “elementi”, ossia le intelligenti potenze spirituali, gli angeli ed i demoni nella loro forma manvantarica.(2) Vishnu-Purāna, libro VI, cap. IV; Wilson, vol. V, pag.196-9. Se il significato esoterico di questa descrizione venisse compreso dagli orientalisti si vedrebbe che questa correlazione cosmica degli elementi del mondo può spiegare la connessione delle forze fisiche meglio delle attuali teorie. In ogni caso i teosofi vedranno che prakriti ha sette forme, o princìpi, “elencate da Mahat alla terra”. Qui le “acque” significano la misteriosa “madre”, quel grembo della natura astratta in cui viene elaborato l’universo manifestato. Le sette “regioni” si riferiscono alle sette divisioni di tale universo, o i noumeni delle forze che lo pongono in essere. É tutto allegorico.(3) Op. Cit., Wilson, vol. V, pag. 199-200.(4) Dato che qui è descritto il mahā, il “grande”, ossia il cosiddetto PRALAYA finale, ogni cosa viene riassorbita nel proprio UNICO elemento originario; si dice che gli “dèi stessi, Brahmā e tutti gli altri”, muoiano e spariscano durante questa lunga notte.

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374 LA DOTTRINA SEGRETA

di crescita, un culmine ed una fase di declino, come tutte le cose temporanee, indipendentemente dalla loro durata. La forza creatrice, che è eterna come noumeno, come manifestazione fenomenica, nei suoi diversi aspetti, ha un inizio e deve quindi avere una fine. Durante tale fase ci sono dei periodi di attività e dei periodi di riposo, e questi sono i “giorni e le notti di Brahmā”, ma brahman, il noumeno, non riposa mai, poiché è QUELLO che non cambia mai ed è sempre, per quanto non si possa dire che sia in qualche luogo.........

I cabalisti ebrei sentivano che una divinità eterna ed infinita deve essere anche immutabile e di conseguenza pensarono che questo fosse applicabile anche ad un dio antropomorfo. Questa idea è suggestiva e le sue applicazioni molto opportune. Nello Zohar leggiamo che:

Mentre Mosé vegliava sul monte Sinai, insieme alla divinità che una nube gli impediva di vedere, provò un grande spavento ed all’improvviso chiese: “Signore dove sei, oh Signore, dormi.....?”. E lo “Spirito” gli rispose: “Io non dormo mai: se mi addormentassi per un solo istante PRIMA DEL MIO TEMPO tutta la creazione andrebbe in rovina in un attimo”.

“Prima del mio tempo” è un’espressione molto eloquente e ci presenta un dio di Mosé che è solo un sostituto, come il maschio Brahmā, un supplente ed un aspetto di QUELLO che è immutabile e che non può quindi prendere parte ai “giorni” ed alle “notti”, né avere un qualsiasi rapporto con il ritorno ad uno stato precedente ossia con la dissoluzione.

Mentre gli occultisti orientali hanno sette sistemi di interpretazione, gli ebrei ne hanno solo quattro e cioè: rigidamente simbolico, allegorico, etico e letterale o pashut; quest’ultimo sistema interpretativo è proprio delle chiese exoteriche e non vale la pena di prenderlo in considerazione. Ecco qualche frase che se interpretata con la prima chiave, quella simbolica, rivela l’identità delle fondamenta su cui si basano tutte le sacre scritture; si trovano nell’eccellente libro di Isaac Myer sulle opere cabalistiche, che sembra avere studiato a fondo. Cito verbatim:

“B’raisheeth barah elōhim ath hashshama’yem v’ath ha’retz, vale a dire ‘All’inizio Dio (Dèi) creò i cieli e la terra’, (il che significa:) le sei (sefiroth della costruzione) (1) sulle quali sta B’raisheeth appartengono tutte al piano inferiore. Ne creò sei (e) su queste stanno (esistono) tutte le cose e queste dipendono dalle sette forme del cranio, fino alla ‘dignità di tutte le dignità’. E la seconda “terra” non si conta, perciò è stato detto: ‘da essa (quella terra) che fu maledetta, venne fuori’.... ‘Essa (la terra) era senza forma e vuota, e le tenebre stavano sulla superfice dell’abisso, e lo spirito di elōhim.... alitava (mÈ-raha’-pheth), vale a dire che aleggiava, covava, muoveva

-------------------------(1) I “costruttori” delle Stanze.---------------------------

SIMBOLISMO ARCAICO 375

(confrontare con Deuteronomio XXXII, 2), sulle acque. Tredici dipendono da tredici (forme) della più alta dignità. Seimila anni dipendono (si riferiscono a) dalle prime sei parole, il settimo (migliaio, il millenium) su di essa (la terra maledetta) è quello che è forte di per sé. Ed essa fu completamente devastata in dodici ore (un giorno intero....) come fu scritto; nella

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tredicesima Ella (la divinità) le ripristinerà.... ed ogni cosa tornerà come prima e quei sei continueranno tutti...., ecc.” (1)

Le “sefiroth della costruzione” sono i sei dhyāni ciohan, ovvero i Prajāpati, sintetizzati dal settimo “B’raisheeth (la prima emanazione o Logos), i quali, stando tutti quaggiù, sono detti i costruttori

dell’universo inferiore o fisico”. Questi sei, la cui essenza è del settimo, sono l’upādhi, la base o pietra fondamentale, su cui è edificato l’universo oggettivo, i noumena di ogni cosa; sono quindi, contemporaneamente, le forze della natura, i sette angeli della presenza ed il sesto ed il settimo principio dell’uomo, le sfere spirituali, mentali e fisiche, della catena settenaria, le razze radice, ecc., ecc.; tutti questi, fino al più elevato, “dipendono dalle sette forme del cranio”. La “seconda terra” “non si conta” perché non è una “terra”, ma bensì il caos, o l’abisso dello spazio, in cui riposava il paradigma, ossia il modello dell’universo ideato dalla SUPER ANIMA che lo covava. Il termine “maledetta” è ingannevole, poiché in questo caso “maledizione” significa meramente fato o destino, ossia si tratta di quella fatalità che la spinse nello stato oggettivo. Questo è dimostrato dal fatto che la “terra” che è stata maledetta è rappresentata come l’“informe e vuota”, nelle cui abissali profondità il “soffio” dell’elōhim (la collettività dei Logoi) produsse, o “fotografò”, il primo PROGETTO divino delle attività future. Questo processo si ripete dopo ogni pralaya, prima dell’inizio di un nuovo manvantara, ossia di un nuovo periodo di esistenza individuale conscia. L’espressione “tredici dipendono da tredici forme” si riferisce ai tredici periodi personificati dai tredici Manu, con Svayambuva quattordicesimo (13, invece di 14, è solo un altro velo): sono i quattordici Manu che regnano durante il periodo di un mahāyuga, un giorno di Brahmā. Questi (tredici-quattordici) dipendono dalle tredici (quattordici) paradigmatiche forme ideali. Ed anche il significato dell’espressione “seimila anni” che “dipendono dalle prime sei parole” deve essere cercato nella sapienza indiana, si riferisce infatti ai sei (sette) “re di Edom”, che simboleggiano i mondi (o sfere) della nostra catena durante la prima ronda, così come gli uomini primordiali di questa nostra ronda. Rappresentano la settenaria, prima razza radice, pre-adamitica (ossia prima della terza, la razza separata); siccome erano “ombre”, dei fantasmi privi di sensi (non avevano ancora mangiato il frutto dell’albero della conoscenza), non potevano vedere

-----------------------(1) Isaac Myer, Qabbalah, pag. 232-3; citando dal Siphrā di-Tzeniouthā, I, § 16 nota.-------------------------

376 LA DOTTRINA SEGRETA

i partzuphim, ossia “il volto non poteva vedere il volto” (gli uomini primitivi non erano coscienti), e “di conseguenza i (sette) re primordiali morirono”, vale a dire che furono sterminati (vide: Sifrā di-Tzeniouthā). Allora, chi sono questi re? Sono i “sette rishi, delle divinità (secondarie), Shakra (Indra), Manu ed i re suoi figli (che), come è detto nel Vishnu-Purāna (1), in un periodo sono creati e periscono”. Riguardo al settimo (“migliaio”) (non è il millenium della comune cristianità, ma quello dell’Antropogenesi) rappresenta sia il “settimo periodo della creazione”, quello dell’uomo fisico (Vishnu-Purāna) che il settimo principio, sia macrocosmico che microcosmico, ed anche il pralaya dopo il settimo periodo, quella “notte” che ha la stessa durata del “giorno” di Brahmā. “Come è stato scritto, essa fu completamente devastata in dodici ore”; è nella tredicesima (due volte

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sei più la sintesi) che ogni cosa sarà ristabilita e che i “sei riprenderanno”.

Molto giustamente, l’autore del Qabbalah fa notare che: molto prima del suo (di Ibn Gebirol) tempo.... e molti secoli prima dell’èra cristiana, nell’Asia centrale c’era una “Religione-Saggezza” di cui si trovano ancora tracce nell’opera dei dotti degli antichi Egitto e Cina, India, ecc. .... [e che] la cabala ebbe, molto probabilmente, origine presso gli ariani dell’Asia centrale, della Persia, dell’India e della mesopotamia, poiché Abramo e molti altri giunsero i Palestina da Ur e Haran.(2)

e così credeva anche C.W. King, l’autore di The Gnostics and their Remains.

Vamadeva Mudaliyar (Modely) descrive poeticamente la futura “notte”, e, sebbene questo sia già stato citato nel Iside Svelata, merità di essere ricordato:

Da ogni parte provengono strani rumori..... sono i messaggeri della notte di Brahmā, il crepuscolo sorge all’orizzonte ed il sole tramonta dietro al tredicesimo grado di makara (segno dello zodiaco) e non raggiungerà più il segno di mina [il segno zodiacale dei pesci]. I guru delle pagode delegati ad osservare il rāticiakra [zodiaco] possono abbandonare il loro cerchio ed i loro strumenti diventati inutili.Gradualmente la luce s’affievolisce, il calore diminuisce e sulla terra si moltiplicano i luoghi inabitabili, l’aria diventa sempre più rarefatta, si prosciugano le sorgenti d’acqua, i grandi fiumi non scorrono più, l’oceano mostra il suo fondo sabbioso e le piante muoiono. Di giorno in giorno decresce la statura degli uomini e degli animali. La vitalità e il moto perdono forza e i pianeti hanno difficoltà a gravitare nello spazio, e in successione si estinguono come lampade che la mano del ciokra (servo) trascura di riempire. Surya (il sole) trema e viene meno, la materia si dissolve (pralaya) e Brahmā si ricongiunge a Dyaus, il dio incognito, e, avendo finito il proprio compito, si addormenta; un altro giorno è passato e, fino alla futura alba, c’è la notte.

------------------------ (1) Libro I, cap. III; Wilson, vol. I, pag. 50.(2) Myer, Qabbalah, pag. 219-21.------------------------

LA PROFEZIA PURāNICA 377

Ora, come dice il divino manu, (egli) rientra nuovamente nell’aureo uovo del proprio ”pensiero” e durante il suo tranquillo riposo gli esseri viventi, che sono in grado di agire, cessano di operare ed ogni consapevolezza (manas) si assopisce; quanto tutti sono immersi nell’ANIMA SUPREMA quest’“anima di ogni cosa” dorme completamente in pace, fino al giorno in cui riassumerà la propria forma, risvegliandosi nuovamente dalla propria tenebra originaria (1). Come il “satya-yuga” è sempre la prima di una serie di quattro epoche, o yuga, il kali-yuga è sempre l’ultima. Attualmente il kali-yuga regna sovrano in India e sembra che sia in coincidenza con l’èra che stanno vivendo i popoli occidentali. É ad ogni modo curioso vedere come l’autore del Vishnu Purāna sia stato quasi sempre profetico nel predire a Maitreya alcuni degli influssi e dei peccati dovuti all’ignoranza in questo kali-yuga; poiché, dopo avere predetto che i “barbari” si sarebbero impadroniti delle rive dell’Indo, di Ciandrabhāgā e del Kashmira, afferma che:

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[Ci saranno] dei monarchi, che regneranno simultaneamente sulla terra, dei re irascibili, dal temperamento violento, depravati e sempre pronti a mentire; uccideranno donne, bambini e vacche, sfrutteranno i loro sudditi e desidereranno le mogli degli altri; avranno poco vigore.... vite brevi e desideri insaziabili ....ed altre popolazioni, unendosi ai loro sudditi, seguiranno il loro esempio; i potenti barbari proteggeranno [in India] i principi e trascureranno le caste più pure, la popolazione si degraderà [o, come viene commentato, “i mlechchha saranno al centro dell’attenzione e gli ārya saranno trascurati”](2). Quotidianamente diminuiranno la prosperità e la devozione, finchè il mondo non sarà completamente depravato.... avrà valore solo la ricchezza ed il suo conseguimento sarà l’unica devozione; la passione sarà l’unico legame tra i sessi, nelle dispute si avrà successo solo mentendo e le donne saranno solo oggetto di piacere.... conterà solo l’apparenza per stabilire i diversi stati sociali, la disonestà (anyāya) sarà il mezzo (unico) di sussistenza, la debolezza causerà sottomissione, le minacce e la presunzione saranno ritenute erudizione, la munificenza sarà considerata pietà (un uomo ricco sarà reputato puro).... un accordo vicendevole sostituirà il matrimonio, i bei vestiti significheranno dignità.... comanderà il più forte.... la gente non sarà in grado di sopportare il peso esorbitante, khara-bhāra (il peso delle tasse), ....e cercherà rifugio fra i monti..... Così, nel kali-yuga, il declino sarà incessante, fino

----------------------(1) Isis Unveiled, II, pag. 273-4. Confr. Jacolliot, Les Fils de Dieu, pag. 229-230(2) Se questo non è profetico cos’è? [H.P.B.]------------------------

378 LA DOTTRINA SEGRETA

a che l’umanità inizierà la propria annichilazione (pralaya).... e, quando.... la fine del kali-yuga sarà prossima, una parte di quell’essere divino che esiste per la propria natura spirituale.... discenderà sulla terra.... come Kalki (avatāra), dotato delle otto facoltà sovrumane, ....per ristabilire la virtù sulla terra, e le menti di coloro che vivranno alla fine del kali-yuga saranno stimolate e rese trasparenti come il cristallo. Gli uomini così trasformati.... saranno il seme dell’umanità e daranno origine ad una razza che rispetterà le leggi dell’era krita (l’epoca della purezza). É stato detto che “quando il sole e la luna e tishya (asterismo [effetto ottico ndt] lunare) ed il pianeta Giove saranno nella stessa casa tornerà l’era krita (o satya).” (1).

...... Due persone, Devāpi, della razza di Kuru e di Maru, della famiglia di Ikshvāku..... continuano a vivere durante tutte le quattro “età”, dimorando nel villaggio di Kalāpa (2). Essi torneranno quaggiù all’inizio dell’età Krita.....(3).

...... Maru (4), il figlio di Shighra, per il potere dello yoga vive tuttora nel villaggio chiamato Kalāpa ed in futuro sara colui che ristabilirà la razza dei kshattriya nella dinastia solare (5).

Sia che quest’ultima profezia sia vera o sbagliata, i benefici del kali-yuga sono ben descritti e sono particolarmente conformi a quanto sta accadendo in Europa e negli altri paesi civili e cristiani nel XIX° secolo, all’alba del XX° secolo, nell’era del grande ILLUMINISMO.

-----------------------(1) Vishnu-Purāna, libro IV, cap. XXIV,; Wilson, vol. IV, pag. 224-9.(2) Secondo il Matsya-Purāna: Katāpa.(3) Vishnu-Purāna, ibid.; Wilson, vol. IV, pag. 237.(4) Max Müller traduce questo nome come Morya, della dinastia Morya, alla quale apparteneva Chandragupta. (vedi History of Ancient Sanskrit Literature, pag. 280 e seguenti). Nel Matsya-Purāna, al capitolo CCLXXII, si parla della dinastia di

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dieci Morya (o Maureya). Nello stesso capitolo si afferma che in futuro, fra molte migliaia di anni, i Morya regneranno in India dopo avere ristabilito la razza degli kshattriya, ma sarà un regno meramente spirituale e “non di questo mondo”: sarà il regno del prossimo avatāra. Il colonnello Tod ritiene che il nome Morya (o Maurya) sia un’alterazione di Mori, il nome di una tribù rajput, ed il commentatore del Mahāvansa suppone che alcuni principi abbiano assunto il nome Maurya poiché la loro città si chiamava Mori, o Morya-Nāgara, come ritiene il prof. Max Müller, il che, secondo il testo del Mahāvansa, è più corretto. il nostro Fratello Devan Bādhādur R. Ragoonath Rao, di Madras, ci informa che l’enciclopedia sanscrita Vāchaspattya colloca Katāpa (Kalāpa) sul versante nord dell’Himālaya e quindi in Tibet. E lo stesso è detto nel Bhāgavata-Purāna, skanda XII.(5) Vishnu-Purāna, libro IV, cap IV; Wilson, vol. III, pag. 325. Il Vayu-Purāna afferma che in futuro, nel diciannovesimo yuga, Maru ristabilirà gli kshattriya. [vedi “I Purāna riguardo alle dinastie dei Morya e dei Koothoomi”, Collected Writings, vol. VI, pag. 40-2] [nell’ed.or. il riferimento è fatto al Five Years of Theosophy, pag. 483, “I Morya ed i Koothoomi” ndt].--------------------------

IL LOTO E IL GIGLIO 379

VIII

IL LOTO COME SIMBOLO UNIVERSALE

Nessun simbolo arcaico è privo di un profondo significato metafisico, ed il suo valore è proporzionale alla sua antichità. Questo è il caso del LOTO, il fiore consacrato alla natura ed alle sue divinità. Il loto rappresenta sia l’universo astratto che quello concreto, ossia simboleggia sia la natura fisica che quella spirituale del potere riproduttivo. Fin dalla più remota antichità il loto fu considerato sacro dagli ariani indù, dagli egizi ed in seguito dai buddisti, fu venerato in Cina ed in Giappone e fu usato come simbolo dalle chiese cristiane, sia da quella greca che da quella latina, che lo usarono per esporre il proprio insegnamento, così come fanno ora con il giglio [nel testo inglese: la ninfea] (1). Il loto ha avuto, ed ha tuttora, un significato spirituale identico presso tutti i popoli della terra e, per ulteriori precisazioni, rinviamo il lettore a Sir William Jones (2). Per gli indù il loto è l’emblema del potere generativo della natura tramite il fuoco e l’acqua (lo spirito e la materia). Un verso del Bhagavad Ghitā (3) dice: “Oh Eterno! In te vedo Brahmā, il creatore, assiso in trono sul loto”, e Sir William Jones dimostra, come già rilevato nelle Stanze, che i semi di loto contengono, già prima di germogliare, delle foglie perfettamente formate, le forme in miniatura di ciò che in seguito diverranno, quando la pianta sarà perfetta. In India il loto è il simbolo della fecondità della terra e, per di più, del monte Meru; ognuno dei quattro angeli, o gèni, dei punti cardinali del cielo (i mahārāja delle Stanze) sta su un loto. Il loto è il duplice simbolo dell’ermafrodito, divino ed umano, avendo, per così dire, una duplice sessualità.Per gli indù, lo spirito del fuoco (o calore), che stimola, fruttifica e dà concretezza (dal suo prototipo ideale) ad ogni cosa nata dall’ACQUA, ovvero dalla terra primordiale, emise Brahmā. Il fiore di loto, che viene rappresentato uscente dall’ombelico di Vishnu, il dio che sta sulle acque dello spazio e sul suo serpente dell’infinito, è il simbolo più suggestivo che sia stato concepito: l’universo che si sprigiona dal sole centrale, il PUNTO, il germe sempre celato. Analogamente, Lakshmi, che è

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-----------------------(1) Nella tradizione cristiana, nei quadri che rappresentano l’Annunciazione, l’arcangelo Gabriele appare alla vergine Maria con un tralcio di giglio in mano. Questa frasca, che sinboleggia il fuoco e l’acqua, ossia il concetto di creazione e di generazione, esprime lo stesso concetto simbolizzato dal loto nella mano del Bodhisattva che annuncia a Mahā-Mayā, la madre di Gautama, la nascita del Buddha, il salvatore del mondo. Anche Osiride ed Horus erano sempre rappresentati dagli egizi con un fiore di loto, in quanto erano entrambi degli dèi solari o degli dèi del fuoco (anche lo “Spirito Santo” è simboleggiato da “lingue di fuoco”). (Atti, II, 3)(2) Vedi Sir William Jones, Dissertation...relating to the History and Antiquitie....of Asia (1793), pag. 25. [The Works of Sir Wm. Jones, 1799, vol. VI, pag. 320](3) [cap. XI, verso 15]-----------------------

380 LA DOTTRINA SEGRETA

l’aspetto femminile di Vishnu (1) ed è anche chiamata Padma, il loto, è raffigurata, al “momento della creazione”, galleggiante su un fiore di loto e, durante lo “sconvolgimento dell’oceano” spaziale, come sorgente da un “mare di latte”, come Venere dalla spuma del mare.

“..... poi, seduta su un loto, la luminosadea della bellezza, l’incomparabile Shri,

emerse dalle onde.....”

canta il poeta Sir Monier-Williams (2), un orientalista inglese,.L’idea che sta alla base di questo simbolo è molto bella, e la troviamo in tutti i sistemi religiosi. Sia sotto la forma di un loto che di un giglio, esprime sempre il medesimo concetto: l’emanazione dell’oggettivo dal soggettivo, ovvero l’ideazione divina che passa dall’astratto al concreto, che assume una forma visibile. Poiché, non appena le TENEBRE, o meglio ciò che è “tenebra” per gli ignoranti, scompaiono nel proprio regno di “luce” eterna, lasciando dietro di sé solo la manifestazione della propria ideazione, i Logoi creatori possono capire e vedere nel mondo ideale (fino ad allora celato nel pensiero divino) le forme archetipiche di tutto, ed incominciare a copiare ed a costruire, ossia a modellare, delle forme evanescenti e trascendenti su questi prototipi. In questo stadio dell’opera il Demiurgo (3) non è ancora l’“architetto”, ma, essendo appena nato, deve, per prima cosa, vedere il progetto, rendersi conto delle forme ideali che stanno racchiuse in seno alla “eterna ideazione”, così come le foglie di loto, petali immacolati, sono celate nel seme della pianta.....Nell’ottantunesimo capitolo del Rituale (l’egizio Libro del Morto), che è detto “La trasformazione nel loto”, il dio, che è raffigurato come una testa emergente dal fiore, esclama: “Io sono il loto incontaminato, che emerge dalle “luci” .... portando i messaggi di Horus. Sono il loto incontaminato che giunge dai ‘campi solari’”.Come abbiamo già rilevato nel Iside Svelata, possiamo trovare questo modo di considerare il loto anche nel primo capitolo della “Genesi”, quello “elohista”. -------------------------(1) Lakshmi è Venere-Afrodite e, come quest’ultima, emerge dalla spuma dell’oceano con un loto in mano. Nel Ramāyana è chiamata Padma.

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(2) [Indian Wisdom, etc., Oxford, 1875, pag. 499: versione poetica del Vishnu-Purāna, I, cap. 9](3) Nella dottrina esoterica il Demiurgo, o Logos, considerato come il CREATORE, è semplicemente un termine astratto, un’idea, come “esercito”. Come quest’ultima locuzione non è che un termine generico usato per indicare un insieme operativo di soldati, così Demiurgo è il termine che viene adottato per indicare una moltitudine caratterizzata dall’attività creativa o costruttiva. Il grande orientalista Burnouf lo aveva pefettamente capito quando aveva detto che Brahmā NON crea la terra né il resto dell’universo. “Essendosi evoluto dall’anima del mondo, non appena separato dalla causa prima si volatizza emanando da sé tutta la natura. Non ne sta al di sopra, ma vi è implicato; Brahmā e l’universo sono un essere solo ed ogni sua particella è, in essenza, Brahmā stesso, che derivò da sé stesso”.-------------------------

EXOTERISMO ED ESOTERISMO 381

Questa teoria è ciò che dobbiamo considerare la fonte e la spiegazione del seguente verso della cosmogonia ebraica: “Poi Iddio disse: Produca la terra.... degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino frutti aventi in sé la propria semenza”. In tutte le religioni primitive, il “Figlio del Padre” è il dio creatore, vale a dire il suo pensiero reso palese; e, prima dell’era cristiana, dalla Trimurti degli indù fino alle tre cabalistiche “teste” delle “scritture” commentate dagli ebrei, la divinità una e trina di tutti i popoli era pienamente definita e documentata dalle sue allegorie.Questo è accaduto riguardo al significato universale e spirituale di questo grande simbolo presso i popoli orientali, ma quando il simbolo del loto è stato effettivamente usato nel culto exoterico, che si è servito anche di simboli esoterici, è divenuto portatore e ricettacolo di una ideologia più mondana. Nessuna religione dogmatica è rimasta priva di riferimenti sessuali, e questi hanno sempre macchiato la bellezza morale dell’idea originaria. Quanto segue fa parte del manoscritto cabalistico che abbiamo precedentemente citato:

Il loto che cresceva nelle acque del Nilo aveva lo stesso significato. Il modo in cui cresceva lo rendeva particolarmente adeguato a simboleggiare l’attività riproduttiva: il fiore di loto, che è il portatore dei semi riproduttivi, dopo la maturazione è congiunto, attraverso le acque della matrice, cioè del fiume Nilo, da un lungo stelo simile ad un cordone ombelicale e mediante una giunzione simile ad una placenta, alla madre terra, ossia all’utero di Iside. Non ci potrebbe essere un simbolo più comprensibile e, per renderlo perfettamente aderente al concetto rappresentato, viene talvolta raffigurato un bambino seduto sul fiore o mentre ne esce (1). Così Osiride ed Iside, i figli di Crono, il tempo infinito, nell’adempimento delle loro funzioni naturali, diventano, in questa descrizione, i genitori dell’uomo sotto il nome di Horus (2).

Non possiamo insistere troppo sul tema della sessualità come base del simbolismo e di una espressione artistica rigorosamente scientifica. Una riflessione su questo tema induce subito a considerare l’argomento delle cause della creazione. Si può vedere come, nel suo operare, la natura abbia formato un meraviglioso sistema di vita, che è, inoltre, governato da un’anima vivente. L’evoluzione della vita e la storia passata, presente e futura di quest’anima, sono al di là dell’umana comprensione (3). Ogni neonato costituisce un miracolo che si ripete continuamente, una prova

-------------------------(1) Nei Purāna indiani sono Vishnu, il primo, e Brahmā, il secondo Logos, ovvero il creatore ideale e quello effettivo, che sono rappresentati rispettivamente come colui che manifesta il loto e colui che ne esce.

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(2) Vedi la sezione IX, “La luna, deus lunus, Febe”.(3) Ma non sono al di là degli “sforzi” delle educate facoltà psichiche degli iniziati nelle dottrine d’oriente e nei “Misteri” concernenti le pratiche creative della natura. Sono i profani che, in passato, hanno degradato la purezza dell’ideazione cosmica al livello della riproduzione degli uomini e delle sue pratiche: spetta ora all’insegnamento esoterico ed ai futuri iniziati il compito di redimere e nobilitare il concetto originario così incresciosamente profanato dall’uso rozzo e triviale dovuto al suo accostamento a dogmi e personificazioni exoterici da parte dei teologi e degli ecclesiastici fanatici. L’adorazione silenziosa degli ideali e dei misteri della natura, l’unica manifestazione divina, è la sola religione che può nobilitare l’umanità.----------------------------

382 LA DOTTRINA SEGRETA

che per legare un’anima vivente ad una macchina fisica c’è l’intervento di un potere creativo intelligente nel laboratorio dell’utero. Questo meraviglioso prodigio dà una particolare sacralità a quanto è relativo agli organi riproduttivi, che sono la dimora ed il luogo in cui c’è un evidente intervento della divinità (1).

Questa è l’interpretazione corretta delle vecchie fontamentali dottrine degli antichi filosofi che, in epoche preistoriche, avevano delle idee assolutamente panteistiche, impersonali ed umili. Però non è stato così quando si è trattato di un’umanità immorale, legata alla personalità, con delle idee volgari; nessun filosofo panteista potrebbe fare a meno di condividere ciò che abbiamo detto riguardo al fatto che l’antropomorfismo del simbolismo ebraico è pericoloso per la sacralità della vera religione ed è ammissibile solo nella nostra epoca materialistica, che è la diretta conseguenza di questo antropomorfismo. L’antropomorfismo è la chiave per la comprensione dello spirito e dell’essenza dell’Antico Testamento. Il manoscritto prosegue parlando del simbolismo delle espressioni artistiche della Bibbia:

L’utero deve essere considerato come il LUOGO PIÚ SACRO, il SANCTA SANCTORUM ed il vero TEMPIO DEL DIO VIVENTE (2). Fare di due esseri un unico essere, possedere la donna, è sempre stato, per l’uomo, un ruolo a lui proprio, considerato gelosamente sacro. La parte dell’abitazione, della casa, riservata alla moglie era detta penetralia, quella segreta o sacra; da ciò è derivata la metafora del “Santo dei Santi”, di una costruzione ispirata alla sacralità degli organi della riproduzione. Nei sacri testi questa parte della casa, la dimora, è metaforicamente definita, radicalmente (3), come il luogo che sta “fra le cosce della casa” e talvolta quest’immagine è realizzata nelle chiese dalla grande porta posta all’interno fra dei sostegni laterali (4).

Anticamente, fra gli ariani primitivi, queste raffigurazioni esasperate non ci sono mai state. Questo è provato dal fatto che, nel periodo vedico, le donne non erano tenute separate dagli uomini in penetralia o “zenāna”; la loro clausura fu iniziata dai maomettani che, dopo i clericali cristiani, furono gli eredi della simbologia ebraica, e che dopo avere conquistato l’India gradualmente vi imposero i loro usi e costumi. Le donne, prima e dopo il periodo vedico, erano libere come gli uomini ed nel simbolismo

---------------------------------(1) Manoscritti cabalistici inediti di J. R. Skinner (fogli 15-6), citati come Manoscritti di Skinner negli archivi di Adyar.(2) Le parole dell’antico iniziato nei primitivi misteri del cristianesimo: “Non sapete voi di essere il tempio di Dio...” (I, Corinti, III, 16), non possono non alludere all’uomo; pur se questo era conosciuto dagli ebrei che compilarono

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l’Antico Testamento è qui che sta l’abisso tra il simbolismo del Nuovo Testamento ed il canone ebraico. Questo abisso ci sarebbe sempre stato e sarebbe stato anche maggiore se la cristianità, specialmente e manifestamente la chiesa latina, non avesse creato un collegamento. Attualmente il Vaticano ha colmato l’abisso con il dogma delle due immacolate concezioni e con l’immagine antropomorfa che ha dato alla madre di dio.(3) Fu portata a questo livello solo dalla Bibbia ebraica e dalla sua servile copista, la teologia cristiana.(4) Manoscritto di Skinner, fogli 16-7.-------------------------------

LA PUREZZA DEL FALLICISMO PRIMIIVO 383

dei primitivi ariani non c’erano delle raffigurazioni impure. Queste idee, e la loro applicazione, sono prettamente semitiche e questo è confermato dall’autore stesso della predetta, coltissima, pubblicazione cabalistica, allorché terai brani succitati aggiunge che:

Se a questi organi, simboli degli agenti creatori cosmici, si poteva collegare il tema dell’origine delle misure e dei periodi di tempo, allora, nella costruzione dei templi, ritenuti dimore della divinità, ossia di Jehovah, la parte considerata come il SANTO DEI SANTI, ossia il LUOGO PIÚ SANTO, poteva prendere nome dagli organi della riproduzione, ritenuti sacri e considerati come simboli delle misure e della causa della creazione. Per gli antichi saggi non c’era un nome, né un concetto, né un simbolo, che fosse applicabile ad una CAUSA PRIMA (1).

Decisamente non c’era. Piuttosto che avvilire la sacralità di un tale “Supremo Ideale”, degradandone i simboli con delle immagini antropomorfe, è meglio non pensarci e lasciarlo indefinito, come fecero i primi panteisti! Possiamo qui constatare l’abisso che c’è tra le raffigurazioni religiose degli ariani e quelle dei semiti, sono due poli opposti: palesare e nascondere. Per i brāhmana, che non hanno mai considerato le naturali attività procreative dell’umanità connesse ad un “peccato originale”, l’avere un figlio è un obbligo religioso; ed anticamente, dopo avere compiuto il proprio dovere e procreato degli uomini, si ritiravano nella giungla e passavano il resto della loro vita meditando devotamente. Avevano compiuto il proprio dovere di uomini mortali e di collaboratori della natura, e, quindi, potevano consacrare i propri pensieri alla loro parte spirituale ed immortale, considerando quella terrena come una pura illusione, un sogno evanescente: com’è realmente. Per i semiti era ben diverso: si inventarono una tentazione dei sensi nel giardino dell’Eden e proposero un dio (esotericamente sia il tentatore che il governatore della natura) CHE CONDANNAVA per sempre un atto che secondo le leggi di natura era scontato (2). Questo veniva narrato exotericamente dalla Genesi e da altri testi, velatamente e privilegiando una interpretazione letterale, ma in pari tempo i semiti, esotericamente, consideravano i cosìddetti PECCATO e CADUTA come degli atti così sacri da indurre a scegliere l’organo che aveva perpetrato il peccato originale come il simbolo più sacro e più idoneo a rappresentare quello stesso dio che stigmatizzava l’inizio del proprio compito come una disobbedienza ed un perpetuo PECCATO! Ma chi potrà scandagliare gli inconcepibili abissi della mente semitica? Ed i suoi paradossi, a parte il loro significato occulto, hanno costituito la teologia cristiana con i suoi dogma!Sarà compito dei posteri il decidere se i primi Padri della Chiesa conoscevano il significato esoterico del Testamento (Antico) degli ebrei, o se solo pochi di loro lo comprendevano mentre tutti gli altri lo

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--------------------------(1) Manoscritto di Skinner, foglio 17.(2) Questo concetto exoterico si ritrova nel racconto egizio di quando il Signore Iddio tentò il faraone per poi “affliggerlo con delle grandi piaghe” affinchè fosse punito, e fosse assicurato un ulteriore trionfo del proprio “popolo eletto”.-------------------------------

384 LA DOTTRINA SEGRETA

ignoravano. Però una cosa è certa: siccome il significato esoterico del Nuovo Testamento concorda con quello dei libri ebraici di Mosé e, poiché dei simboli egizi e dei dogmi pagani, per esempio la “Trinità”, sono stati copiati e incorporati sia nei vangeli sinottici che in quello di San Giovanni, è evidente che gli autori del Nuovo testamento conoscevano il significato di questi simboli. Costoro devono anche essere stati consapevoli della preminenza dell’esoterismo egizio, avendo adottato molti simboli che veicolano, palesemente od occultamente, dei concetti e delle credenze, meramente egizi, che non si trovano nel canone ebraico. Uno di questi simboli è il giglio che sta in mano all’arcangelo, che troviamo nelle prime rappresentazioni della sua apparizione alla Vergine Maria che attualmente stanno nelle chiese sia di culto greco che romano. E così pure l’acqua, il fuoco, la croce, e la colomba, l’agnello e gli altri animali sacri nelle loro varie combinazioni; esotericamente questi simboli hanno tutti un identico significato e debbono essere stati adottati per bonoficare il puro e semplice giudaismo.

Il loto e l’acqua sono, infatti, fra i simboli più antichi e la loro origine è meramente ariana, sebbene, durante l’espansione della quinta razza, siano divenuti proprietà comune. Per esempio, le lettere ed i numeri avevano entrambi un significato spirituale, sia presi separatamente che nelle loro varie combinazioni. La più sacra delle lettere è la M che è sia femminile che maschile, ossia è androgina, ed è considerata il simbolo dell’acqua all’origine, il grande abisso. In ogni lingua, orientale e occidentale, è una lettera sacra, e costituisce il segno che raffigura le onde: . Nell’esoterismo ariano, come in quello semitico, questa lettera ha sempre rappresentato le acque, per esempio: in sanscrito MAKARA, il decimo segno dello zodiaco, rappresenta il coccodrillo, o meglio un mostro sottomarino sempre associato all’acqua. La sillaba MA equivale e corrisponde al numero 5, che è composto da un binario, simbolo di due sessi separati, e da un ternario, simbolo della terza vita, la progenie del binario; il 5 è pure sovente simboleggiato da un pentagono, che è un simbolo sacro, un monogramma divino. MAITREYA è il nome esoterico del quinto Buddha e del Kalki avatāra dei brāhmana, l’ultimo MESSIA che verrà al culmine del “grande ciclo”. La M è pure la lettera iniziale della parola greca mètis, la sapienza divina, e di memrāh [mimra nell’ed.or. ndt], la “parola” o Logos, ed anche di Mithras (il Mihr), monade e mistero: che sono tutti nati dal, e nel, grande abisso, sono figli di Māya, della “madre”, in Egitto di Mut [Mouth, che in inglese significa bocca, nell’ed.or. ndt], in Grecia di Minerva (sapienza divina), altrove di Maria, o di Miriam, di Myrrha, ecc.; si tratta della madre del Logos dei cristiani e di Māyā, la madre del Buddha. Madhāva e Madhāvi sono gli appellativi degli dèi e delle dee più importanti del pantheon indù. Inoltre, in sanscrito, Mandala signfica “cerchio”, o un globo (le

IL LOTO EGIZIO 385

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dieci divisioni del Rig-Veda). Di solito in India i nomi più sacri iniziano con la lettera M, da Mahat, la prima mente manifestata, e Mandara, la grande montagna che gli dèi usarono per frullare l’oceano, fino a Mandākini, il Gangā (Gange) celeste, Manu, ecc. .

Può essere solo una coincidenza? Sarebbe veramente strano, se consideriamo che anche Mosé, che fu trovato nelle acque del Nilo, ha nel proprio nome questa simbolica consonante: la figlia del faraone “gli pose il nome Mosé perché, disse, io l’ho tratto dall’acqua” (Esodo, II, 10) (1). Inoltre, in ebraico, il sacro nome di dio che inizia con la lettera M è Meborākh, il “santo” o il “benedetto” ed il nome dato all’acqua del diluvio è mabbul [mbul nell’ed.or. ndt]. Possiamo infine ricordare le “tre Marie” alla crocifissione ed il loro rapporto con mare, il mare, ossia l’acqua. Questa è la ragione per cui, nell’ebraismo e nel cristianesimo, il Messiah è sempre collegato all’acqua: il battesimo, il segno dei Pesci (il segno zodiacale che in sanscrito è detto Mina [Meenam nell’ed.or. ndt]), l’avatāra Matsya (pesce) ed il loto, simbolo uterino, o il giglio d’acqua che ha lo stesso significato.Fra i ruderi dell’antico Egitto, più sono antichi i simboli votivi e le immagini sugli oggetti dissotterrati e più si trovano dei fiori di loto e dell’acqua in connessione con gli dèi solari. Il dio Khnemu [Khnoom nell’ed.or. ndt], il potere dell’umidità o dell’acqua, che è, come diceva Talete, il principio di tutte le cose, siede su un trono incastonato in un loto (epoca saitica, serapeum). Il dio Bes sta su un loto, pronto a divorare la propria progenie (ibid., Abydos). Thoth, il dio degli enigmi e della sapienza, il venerato scriba dell’āmenti che ha il disco solare come copricapo ed ha un corpo umano con la testa di toro (poiché il sacro toro di Mendes è una raffigurazione di Thoth), siede su un loto sbocciato (IV dinastia). Ed infine c’è la dea Heqet [Hiquet nell’ed.or. ndt] dalla forma di rana, che riposa sul loto dimostrando così la propria relazione con l’acqua. Gli egittologi hanno vanamente cercato di risolvere l’enigma costituito dalla dea, che è innegabilmente la più antica d’Egitto, e dalle sue mansioni a causa dell’aspetto poco poetico della sua rappresentazione simbolica. L’adozione di questo simbolo da parte della chiesa prova che i primi cristiani lo conoscevano meglio degli attuali orientalisti. A causa della natura anfibia della rana, e soprattutto per la sua apparente resurrezione dopo lunghi periodi di vita solitaria, nascosta nei vecchi muri e tra le rocce, la “dea rana, o rospo” fu una delle principali divinità cosmiche connesse con la creazione. La dea partecipava non solo all’organizzazione del mondo, insieme a Khnemu, ma era anche connessa con il

---------------------------(1) C’è anche l’episodio delle sette figlie del sacerdote Madian, che andarono ad attingere l’acqua ed ebbero da Mosé acqua per il loro gregge, ragion per cui il padre diede in moglie a Mosé la propria figliuola Zipporāh (sippara significa onda risplendente) (Esodo, II, 21). Esotericamente tutto ciò ha il medesimo significato. -------------------------

386 LA DOTTRINA SEGRETA

dogma della resurrezione (1). Questo simbolo deve avere avuto un significato molto profondo e sacro se i primi cristiani d’Egitto lo adottarono nei loro templi, correndo il rischio di essere accusati di disgustosa zoolatria. Quella della rana o del rospo, incastonati in un fiore di loto, od anche privi di questo ulteriore simbolo, era la forma delle lampade delle chiese, con incise le seguenti parole: “Εγώ είμι

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άναστάσις”, ovvero “Io sono la resurrezione”. Da notare che delle “dee-rana” sono state trovate in tutte le mummie (2).

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IX

LA LUNA, DEUS LUNUS, FEBE

Questo antichissimo simbolo è il più poetico, ed allo stesso tempo il più filosofico, di tutti i simboli. Gli antichi greci lo hanno esaltato ed i poeti moderni lo hanno cucinato in tutte le salse. La luminosa regina della notte, che percorre maestosamente i cieli oscurando perfino Espero e stende un argenteo manto su tutte le stelle, è sempre stata l’argomento favorito dei poeti cristiani, da Milton e Shakespeare fino all’ultimo poetucolo. Ma la splendente lampada della notte, con il suo seguito di innumerevoli stelle, non ha parlato alla fantasia dei dotti e finora la scienza e la religione non si sono occupati di questo bel mito. Tuttavia l’“algida e casta luna”, colei che, con le parole di Shelley,

.......... rende bello ciò a cui sorride, errante scrigno di morbida e gelida fiamma che rimanendo sé stessa sempre muta e che

non riscalda, ma illumina..........

è con la terra in un rapporto ben più stretto di quello delle altre sfere celesti. Il sole dà la vita all’intero sistema planetario e la luma dà vita al nostro globo e fin dall’inizio le razze primitive lo sapevano. La luna è sia regina che re, prima di essere trasformata in Febe e nella casta Diana era il re Soma. Sebbene nel civile occidente il fatto sia stato ignorato per molti secoli, grazie agli israeliti, ed ai cabalisti ebrei, la luna è stata preminentemente la divinità dei cristiani; questo fino a quando l’ultimo Padre della Chiesa iniziato morì portando nella

---------------------------(1) Per gli egiziani era il ritorno in vita dopo 3.000 anni di purificazione, o nel devacen, o nei “campi della beatitudine”.(2) Si possono vedere queste “dee rana” a Bulaq, nel museo del Cairo. Per quanto riguarda le lampade delle chiese e le loro iscrizioni, ne è responsabile Gaston Maspero, lo studioso che fu direttore del Museo di Bulaq. (vedere la sua Guide au Musée de Boulaq, pag. 146).(3) [Epipsychidion, righe 329-33]----------------------------

UN ACCENNO AL MITO LUNARE 387

tomba i segreti dei templi pagani. Per i “Padri”, come Origene o Clemente Alessandrino, la luna era il simbolo vivente di Jehovah: colei che nel nostro mondo dispensa la vita e la morte, che predispone l’esistenza. Se, per i greci, Artemide in cielo era Luna ed in terra era Diana, colei che presiedeva alla nascita ed alla vita, per gli egizi nell’inferno era detta Heqet [Ekat nell’ed.or. ndt] (Ecate), la dea dei morti che governava la magia e gli incantesimi. Inoltre, essendo la personificazione della luna, i cui fenomeni hanno un rapporto trinitario,

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Diana-Ecate-Luna è una trinità ed è detta “Diva triformis, tergemina, triceps”, con tre teste su un solo collo (1), come Brahmā-Vishnu-Shiva. La luna è quindi il prototipo della nostra Trinità, che non è sempre stata solo maschile. L’importanza, così notevole nella Bibbia, del numero sette, che è così sacro quando viene associato all’inviolabilità del settimo giorno (sabbath), fu una tradizione degli ebrei fin dall’antichità, a causa del fatto che nel 28, che è il numero dei giorni del mese lunare, è contenuto quattro volte il numero 7, che corrisponde quindi a un quarto del mese, ovvero a un quarto di luna.In quest’opera vale la pena di dare un rapido sguardo all’origine ed alla elaborazione del mito e del culto lunare nell’antichità storica e nel nostro emisfero. La storia più antica di questo mito rimane un libro sigillato poiché le sue origini non sono scientificamente rintracciabili, in quanto la scienza non accetta le leggende e la teologia, sotto la scaltra guida dei papi, ha interdetto l’accesso ad ogni scritto che non abbia l’imprimatur della chiesa romana. I “culti” lunare e solare sono i più antichi del mondo e, in questo caso, non ha grande importanza se sia più antica la speculazione religiosa egizia o quella degli ariani indù, sebbene la dottrina segreta affermi che è quest’ultima. Sono sopravissute entrambe ed attualmente sono presenti in tutto il mondo, presso alcuni popoli palesemente e in altri casi, come nel simbolismo cristiano, celate. Il gatto, che è un simbolo lunare, era consacrato ad Iside che, in un certo senso, rappresentava la luna, così come Osiride rappresentava il sole, e lo si trova spesso sul sistro in mano alla dea. Il gatto era specialmente venerato nella città di Bubaste, in cui si portava un lutto strettissimo per la morte dei gatti sacri, poiché Iside, come luna, era particolarmente venerata in questa sede misterica. Il simbolismo astronomico relativo a questo animale è già stato trattato nella sezione I, dedicata al simbolismo, e nessuno lo ha esposto meglio di Gerald Massey nelle sue conferenze e nel The Natural Genesis; viene detto che gli occhi del gatto sembrano seguire la crescita ed il declino delle fasi lunari e che nel buio della notte risplendono come due stelle. Da questo deriva l’allegoria che dice che Diana si è nascosta nella luna con la forma di un gatto, quando, in compagnia di altri dèi, cercava di sfuggire

-----------------------(1) La dea Τρίμορφος tra le statue di Alcamene.--------------------------

388 LA DOTTRINA SEGRETA

alla caccia di Tifone (vedi le Metamorfosi di Ovidio). In Egitto la luna era allo stesso tempo l’“Occhio di Horus” e l’”Occhio di Osiride”, il sole.

Nel caso del cinocefalo avveniva la stessa cosa. La scimmia dalla testa canina era un’immagine che simboleggiava a turno sia il sole che la luna, sebbene quello del cinocefalo fosse un simbolo ermetico più che religioso, è infatti il simbolo sia del pianeta Mercurio che del mercurio dei filosofi alchimisti, i quali affermano che “Mercurio deve stare vicino ad Iside, come suo ministro, poiché senza Mercurio né Iside né Osiride possono fare alcunchè nella GRANDE OPERA. Quando il cinocefalo è rappresentato col caduceo, o la falce di luna, o il loto, è un simbolo del mercurio “filosofico”, ma quando è raffigurato con uno stilo, o un rotolo di pergamena, rappresenta Ermete, il segretario e consigliere di Iside, con gli stessi compiti svolti da Hanuman per Rāma.

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Per quanto gli autentici adoratori del sole, i parsi, siano pochi, tuttavia non solo la maggior parte della mitologia e della storia degli indù si basa e combina con questi due culti, ma questo avviene anche nel cristianesimo. Sono liturgie che hanno arricchito sia le dottrine teologiche della chiesa Cattolica Romana che di quella protestante. Se si prendessero in considerazione solo le idee fondamentali, la differenza tra le credenze religiose degli ariani indù e quelli degli ariani europei sarebbe minima, ma mentre gli indù sono orgogliosi di definirsi Surya-vansha e Chandra-vansha (membri delle stirpi solare e lunare) i cristiani considerano tutto ciò idolatria, benché anch’essi abbiano una religione basata sui culti solare e lunare; ed è inutile e presuntuoso che i protestanti insultino i cattolici per la loro “mariolatria”, basata sull’antico culto delle dee lunari, pur adorando Jehovah che, anzitutto, è una divinità lunare; e poi entrambe le confessioni hanno accettato nelle proprie dottrine teologiche il “Sole”-Cristo e la trinità lunare.

Ben poco si sa riguardo al culto caldeo della luna ed a quello del dio babilonese Sin, che i greci chiamavano “Deus-Lunus”, e quel poco potrebbe facilmente confondere uno studioso inesperto, che non conosca il significato esoterico dei simboli. Secondo quello che un tempo comunemente credevano gli scrittori ed i pensatori profani (poiché gli iniziati avevano giurato di mantenere il silenzio) i caldei adoravano la luna dandole vari nomi femminili (e maschili) così come hanno fatto in seguito gli ebrei.

Nel manoscritto inedito sul linguaggio artistico, che abbiamo già menzionato e che fornisce una chiave per comprendere la composizione dell’antico linguaggio simbolico, viene data una raison d’ètre per questo duplice culto; si tratta dell’opera di un dotto mistico, sorprendentemente bene informato e perspicace, che la presenta, comprensibilmente, sotto forma di ipotesi. Tuttavia, per le prove accumulate nel corso dell’evoluzione del pensiero

LA NOTA DOMINANTE DELLA LUNA 389

religioso degli uomini, l’ipotesi acquista realtà per chiunque abbia una minima conoscenza dell’antica simbologia. Il testo ci dice che:

Una delle prime occupazioni degli uomini, fra quelle realmente necessarie, deve essere stata la rilevazione dei periodi di tempo (1), che venivano marcati sulla volta celeste elevantesi sul piano dell’orizzonte della terra o delle acque tanquille. Si cominciò a rilevare i termini del giorno e della notte, delle fasi della luna e delle sue rivoluzioni siderali o sinodali, la durata dell’anno solare con il susseguirsi delle stagioni, e si derivarono da questi rilevamenti le misure proprie dei giorni e delle notti, ossia del giorno diviso tra luce e buio. Si scoprì che durante l’anno solare c’erano un giorno solare più lungo ed uno più corto di tutti gli altri e che c’erano due giorni solari nei quali la durata del giorno e della notte erano uguali e si apprese che il periodo dell’anno coincidente con questi giorni poteva essere precisato con la massima precisione nei gruppi di stelle, o costellazioni, tenendo conto del loro movimento retrogrado, che, col tempo, avrebbe dovuto richiedere una correzione mediante l’inserimento di un certo periodo di tempo, come nel caso del diluvio dove per rettificare un periodo di 600 anni, durante i quali era aumentata la confusione dei punti di riferimento, fu necessaria una correzione di 150 giorni..... evidentemente questo accadde anche nel caso delle razze e delle epoche. Si deve presumere che questa conoscenza fosse proprietà dell’umanità durante la razza che precedette il periodo storico, così come durante il periodo storico stesso (2).

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Su queste basi l’autore va alla ricerca di funzioni fisiche che, per natura, fossero comuni a tutta la razza umana e che fossero in relazione con le manifestazioni periodiche, in modo tale che “la connessione tra i due tipi di fenomeni.... divenne di uso comune per i vari popoli. E fa i seguenti riscontri:

1. Il fenomeno fisiologico femminile ricorre ogni mese lunare di 28 giorni, o di 4 settimane di 7 giorni ciascuna, di modo che nei 364 giorni, che costituiscono l’anno solare diviso in 52 settimane di 7 giorni ciascuna, dovrebbero esserci 13 ripetizioni del periodo; 2. Il risveglio del feto è contrassegnato da un periodo di 126 giorni, ossia di 18 settimane di 7 giorni ciascuna;3. Il periodo che è detto “tempo della capacità di sopravvivenza” è composto da 210 giorni, ossia da 30 settimane di 7 giorni ciascuna.4. Il periodo della gestazione dura 280 giorni, ossia 40 settimane di 7 giorni ciascuna, o 10 mesi lunari di 28 giorni ciascuno, o 9 mesi di 31 giorni ciascuno, per misurare il periodo che va dalle tenebre dell’utero alla luce ed alla gloria di un’esistenza cosciente, un incessante e insondabile mistero ed un miracolo, lo si calcola sulla splendida volta celeste. .... questi periodi di tempo connessi alla generazione sarebbero ovviamente diventati una base per dei calcoli astronomici.... possiamo quindi affermare.... che questi calcoli erano fatti da tutti i popoli, sia indipendentemente che tramite l’insegnamento di intermediari. Questo era il metodo degli ebrei, che hanno preparato il loro calendario basandosi sui 354 e 355 giorni dell’anno lunare, ed abbiamo delle straordinarie prove che dimostrano che questo metodo era usato anche dagli antichi egizi, e questa ne è la prova:

-------------------(1) L’antica mitologia comprende sia l’astronomia che l’astrologia. I pianeti erano le lancette che segnavano, sul quadrante del nostro sistema solare, le ore di certi eventi periodici. Mercurio era il messaggero incaricato di tener conto dell’ora dei quotidiani fenomeni solari e lunari, ed inoltre era in rapporto con il dio e la dea della luce.(2) Manoscritto di Skinner, (fogli 7, 8).--------------------------

390 LA DOTTRINA SEGRETA

L’idea che stava alla base del pensiero religioso ebraico concepiva un dio contenente in sé (1) ogni cosa e che sia l’uomo che la donna fossero fatti a sua immagine..... il posto che l’uomo e la donna occupavano presso gli ebrei corrispondeva a quello del toro e della vacca degli egizi, consacrati ad Osiride e Iside (2), che erano raffigurati rispettivamente da un uomo con la testa di toro e da una donna con la testa di vacca; delle immagini che venivano adorate. Osiride era comunemente rappresentato dal sole e dal fiume Nilo, l’anno solare di 365 giorni, numero che corrisponde al valore della parola Neilos, ed anche dal toro, che rappresentava anch’esso il fuoco e la forza vitale; Iside invece era rappresentata dalla luna, dal letto, o madre terra, del fiume Nilo, l’acqua necessaria per fornire energia alla partoriente, dall’anno lunare di 354-364 giorni, che regola i tempi della gestazione, e da una vacca con il segno della luna nuova crescente......Il fatto che gli egizi rappresentassero una vacca, e non una donna come facevano gli ebrai, non evidenzia una radicale differenza di significato, ma bensì l’accordo tra i due insegnamenti, in quanto si trattava di simboli analoghi, poiché si pensava che il periodo della gestazione della vacca e della donna fosse lo stesso, ossia 280 giorni, o dieci mesi lunari di quattro settimane ciascuno. Il numero simbolico della vacca, contrassegnata dalla luna crescente, era dovuto alla durata di questo periodo (3)..... del resto, la durata del periodo della gestazione ed il parto sono stati un soggeto del simbolismo in ogni parte del mondo. Se ne servivano..... gli indù e si è scoperto che, nei tempi antichi, i nativi d’America li hanno illustrati chiaramente nelle incisioni di Richardson e Gest, sulla croce di Palenque ed in altri siti; questi

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periodi di tempo furono evidentemente la base per i calendari dei maya dello Yucatan, degli assiri e dei babilonesi, come pure degli egizi e degli antichi ebrei. I simboli usati furono, naturalmente, .....il phallus, o il phallus e la yoni....., il maschio e la femmina. I termini sacr e n‘cabvah che troviamo nel 27° verso della Genesi, e che vengono comunemente tradotti con maschio e femmina, significano letteralmente phallus e yoni (4). Mentre la riproduzione di simboli sessuali si limiterebbe a rappresentare i genitali del corpo umano, quando vengono prese in considerazione le loro funzioni e l’evoluzione del seme che emettono, sembrerebbe trattarsi piuttosto di un metodo per misurare le fasi lunari e, per suo tramite, quelle solari (5).

Questo per quanto riguarda la chiave fisiologica o antropologica nell’interpretazione del simbolo lunare. La chiave per dischiudere i misteri della teogonia, ossia dell’evoluzione degli dèi del manvantara, è più complicata e non ha niente che sia riconducibile agli organi genitali. In questo caso tutto è spirituale e sovrumano, ma gli ebrei, oltre a collegare completamente Jehovah, in qualità di dio della generazione, con la luna, preferirono ignorare le gerarchie superiori o a considerarne alcune (costellazioni zodiacali e divinità planetarie) come dei loro “patriarchi”, declassando gli esseri sovrannaturali

------------------------(1) Si tratta del concetto vedantino, parodiato e sminuito, del parabrahman che contiene in sé l’universo intero, in quanto è lui stesso l’universo illimitato e niente esiste al di fuori di lui.(2) Precisamente come lo sono, ancora oggi in India, il toro di Shiva e la vacca che rappresenta diverse shakti, o dee.(3) Perciò gli ebrei adoravano la luna. (4) “Li creò maschio e femmina” [Genesi,I, 27].(5) [Manoscritto di Skinner, fogli 11-15].---------------------------

I PERIODI DI TEMPO 391

dell’insegnamento teosofico al livello di uomini reali, peccatori e storicamente documentabili (1). Il manoscritto da cui abbiamo tratto le precedenti citazioni spiega molto chiaramente a quale gerarchia divina apparteneva Jehovah e chi era questo DIO ebraico; espone infatti con coerenza la tesi del proprio autore, vale a dire che il Dio di cui i cristiani si sono caricati il fardello non era altro che il simbolo, lunare, dell’attitudine a riprodurre, o a generare, della natura. I cristiani hanno sempre ignorato l’ebraico dio occulto dei cabalisti, Ain Sof, uns elaborazione concettuale, propria dei cabalisti e dei mistici dei primordi, che è grandiosa quanto quella del parabrahman. La cabala di Rosenroth non è certo in grado di dare gli insegnamenti originali di Shimon Ben Yohai, più sottili e spirituali, ma d’altronde chi, fra coloro che studiano la cabala, li conosce, se non nelle loro contraffatte traduzioni latine? Soffermiamoci un attimo sul convincimento che ha indotto gli antichi ebrei a cercare un sostituto per il SEMPRE INCONOSCIBILE, il che ha indotto i cristiani a confondere il sostituto con l’autentico.

Se a questi organi [phallus e yoni], simboli dell’attività creativa cosmica, può essere associata l’idea di.... periodi di tempo, allora, nella costruzione dei templi, dimore della divinità o di Jehovah, la parte che viene chiamata Santo dei Santi, ossia il luogo più sublime, deve veramente derivare il proprio nome dalla sacralità riconosciuta agli organi riproduttivi, considerati simboli sia dei criteri di misura che della causa creativa.

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Per gli antichi saggi la causa prima (2) non poteva avere un nome, né essere definita o simboleggiata. Per gli ebrei se ne poteva avere indirettamente un’idea affermando l’impossibilità di qualsiasi comprensione, vale a dire chiamandola ain sof, o senza limiti. La sua prima manifestazione comprensibile venne tuttavia simboleggiata da un cerchio con il suo diametro [vedi il proemio del vol. I, parte I], nell’intento di dare un’idea che includesse contemporaneamente gli aspetti geometrico, astronomico e sessuale...... l’uno ha infatti origine dallo zero, ovvero dal cerchio, senza del quale non potrebba esistere, e dall’1, ossia dall’uno originario, derivano i nove numeri e, geometricamente, tutte le forme piane. Nella cabala il cerchio con il diametro rappresenta quindi le 10 sefiroth, o emanazioni, che compongono l’Adam-Kadmon, l’origine creatrice di tutte le cose......, l’idea di collegare l’immagine del cerchio con un diametro, cioè il numero dieci, agli organi genitali ed al luogo più sacro..... fu utilizzata nella costruzione della camera del re, ovvero il Santo dei Santi, della Grande Piramide, all’Arca di Mosé ed al Santo dei Santi del tempio di Salomone..... É l’immagine di un doppio utero, poiché il valore numerico della lettera ebraica ח (hè), che metaforizza l’utero, è 5, e due volte 5 è 10, ovvero il numero inerente alla sessualità (3).

Il “doppio utero” palesa la duplicità di un concetto che viene applicato

---------------------(1) Vedi il vol. II, sezione XVII, “Il Santo dei Santi”.(2) Poiché era troppo sacro. Nei Veda viene detto QUELLO. É la “causa eterna” e quindi non può essere definito la “causa prima”, una locuzione che in passato implicava l’assenza di una causa. (3) [Manoscitto di Skinner, fogli 18-20]------------------------

392 LA DOTTRINA SEGRETA

sia al sublime piano della spiritualità che a quello terrestre in basso, ma che gli ebrei limitarono a quest’ultimo. Il numero 7 ha acquisito quindi una grande importanza nella loro religione exoterica, con un culto caratterizzato da cerimonie superficiali e da rituali futili, come, ad esempio, quello del sabbath, il settimo giorno consacrato alla loro divinità, la luna, simbolo dell’attività procreativa di Jehovah. In altre culture il numero sette caratterizzava invece l’evoluzione della creazione divina, con i cicli, i piani cosmici e le sette forze, ovvero i poteri occulti, di un cosmo considerato come un tutto illimitato, del quale una prima triade superiore era inacessibile per l’imperfetto intelletto umano. Ma, pur se tutti i popoli dovettero forzosamente limitarsi ad un cosmo spazio-temporale e si occuparono solo del piano settenario manifestato, gli ebrei limitarono il numero sette solo all’ambito lunare e solo su questo basarono le loro previsioni sacre. Per cui l’attento autore del citato manoscritto, riferendosi alle misurazioni delle grandezze fatte dagli ebrei, osserva che:

Se si moltiplica 20,612 per 4/3 il prodotto offrirà una base per calcolare il tempo medio di rivoluzione della luna e se questo dato viene nuovamente moltiplicato per 4/3 il nuovo prodotto offrirà una base per trovare l’esatta durata dell’anno solare medio...., questa formula.... diventa quindi molto utile, in astronomia, per calcolare dei lunghi periodi di tempo (1).

Questo doppio numero (maschio e femmina) è simboleggiato da degli idoli ben noti, ad esempio:

Ardhanārî-Ishvara, l’Iside degli indù, o anche l’Eridano, o Ardan, o il Giordano degli ebrei, “sorgente di discesa”, poggia su una foglia di loto gallegiante sull’acqua, e questo significa che è androgina, ovvero ermafrodita, vale a dire

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il fallo e la yoni congiunti, cioè il numero 10 che corrisponde alla lettera ebraica Yod (י), la regolazione di Jehovah, lei, o meglio lei-lui, [assegna] i minuti dell’uniforme circolo di 360 gradi (2).

L’aspetto più proficuo di “Jehovah” è Bināh, “la suprema madre che intercede, il Grande Mare, lo Spirito Santo”, che pare più un sinonimo di Maria, la madre di Gesù, che di suo Padre, e, poiché “questa Madre è il mare dei latini”, è anche Venere, la “Stella del Mare”.

Gli antenati dei misteriosi accadi, i chandravansha o indovansha, i re lunari che la tradizione racconta vivessero a Prayāga (Allahabad), molto tempo prima della nostra èra, erano venuti dall’India praticando l’avito culto di Soma e di suo figlio Budha, che in seguito venne adottato dai caldei. Si trattava di una forma di devozione che, tranne folcroristici casi di astrolatria ed eliolatria, non era assolutamente idolatrica; in ogni caso, non più dell’attuale simbolismo della chiesa Cattolica romana, che associa la Vergine Maria, la Magna Mater dei siriani e dei greci, con la luna. I cattolici romani più devoti sono molto ogogliosi di questa devozione e

-----------------------------(1) [Manoscritto di Skinner, fogli 21-2](2) [Ibid., fogli 23-4]-----------------------

COPIE ED ORIGINALI 393

l’ammettono apertamente. In un memoriale inviato all’Accademia di Francia, il marchese de Mirville dice che:

É assolutamente naturale che Amen-Rā [Ammon-Ra nell’ed.or. ndt] sia lo sposo della propria madre, poiché la Magna Mater dei cristiani è proprio la sposa del figlio che ha concepito..... ora noi [cristiani] possiamo capire perché Neith irradia il sole pur rimanendo la luna, poiché la VERGINE, che è la REGINA DEL CIELO come lo era Neith, si illumina di luce propria e poi riveste il CRISTO-SOLE. “Tu vestis solem et te sol vestit” [cantano i cattolici romani durante il loro servizio liturgico].

Noi (cristiani) possiamo anche capire la ragione per cui la famosa iscrizione di Sais afferma che “nessuno ha mai sollevato il mio velo (peplum)” considerando che la frase è, letteralmente, il riassunto di quello che viene cantato in chiesa il giorno dell’Immacolata Concezione (1).

Niente di più vero! E questo conferma in pieno ciò che ha detto Gerald Massey nella sua conferenza sul “Culto Lunare Antico e Moderno”:

L’uomo sulla luna [Osiride e Sut, Jehovah e Satana, Cristo e Giuda ed altri coppie lunari] è spesso accusato di comportarsi male...... Negli [accadimenti lunari] questa luna era come la “luna” in cielo, aveva un sesso duplice ed una triplice personalità, quella di madre, di bambino e di maschio adulto; e il bambino della luna era lo sposo di sua madre! Non c’era possibilità di evitarlo, se c’era stata una riproduzione il bambino doveva essere stato il proprio padre! Questa relazione parentale fu poi rifiutata a favore di strutture sociali più moderne ed il ragionamento dell’uomo primitivo sulla luna fu tabù, ma tuttavia, nella sua ultima ed inesplicabile formulazione, è diventata la dottrina che sta alla base della superstizione più grossolana del mondo, poiché questi eventi lunari, ambientati in una famiglia conforme a quelle umane, compreso un incesto, stanno alla base della Trinità, del cristiano “Uno e Trino”. L’ignoranza del simbolismo ha fatto si che la rappresentazione, senza troppe pretese, dei primi tempi sia diventata l’enigma più profondo del moderno culto lunare. La chiesa

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romana, senza vergognarsi, rappresenta la Vergine Maria ammantata di sole, con la mezzaluna ai propri piedi ed in braccio il proprio bambino lunare, figlio e sposo della madre luna. La madre, il figlio e il maschio adulto sono fondamentali..... Questo prova che la nostra cristologia non è altro che una mitologia mummificata e fantastica, che ci è stata rifilata, sia dall’Antico che dal Nuovo Testamento, come una rivelazione fatta da Dio stesso.

Nello Zohar c’è un’affascinante allegoria che svela, nel migliore dei modi, la vera natura di Jehovah, ovvero YHVH, secondo l’originaria concezione dei cabalisti ebrei; la si può trovare riportata in Qabbalah, il testo di Ibn Gebirol nella traduzione di Isaac Myer. Si legge:

Nell’introduzione, opera del rabbino ‘Hizqee-yah, che è vecchissima e fa parte dell’edizione Brody dello Zohar (I, 5b et sq), c’è il racconto di un viaggio compiuto dal rabbino El’azar, figlio del rabbino Shimon ben Yo’hai, e dal rabbino Abbah.

Costoro incontrarono un uomo che portava un pesante fardello e chiesero il suo nome, ma costui si rifiutò di dirlo e incominciò a spiegare loro la Thorah (legge).

----------------------(1) De Mirville, Des Esprits, etc., vol. III, pag. 117,: “Archèologie de la Vierge Mère”-----------------------

394 LA DOTTRINA SEGRETA

...... Gli chiesero “chi ti ha costretto a camminare con questo peso?” e lui rispose: “La lettera י (yod che vale 10 e simboleggia kether ed è l’essenza ed il principio del nome sacro י ה ה ו , YHVH)”.... allora gli dissero: “Se ci dici il nome di tuo padre baceremo la polvere dei tuoi piedi” ed egli replicò “....in quanto a mio padre, lui abitava nel grande mare e vi stava come un pesce [come Vishnù e Dāgon, o Oannes] che [innanzi tutto] distrusse il grande mare..... ed era grande e potente e l’‘Antico dei Giorni’ finchè inghiottì tutti gli altri pesci del (grande) mare.....”. Il rabbino El’azar ascoltò le sue parole e gli disse: “Tu sei il figlio della Fiamma Sacra, tu sei il figlio del Rab Ham-‘nun-ah Sabah (l’antico) [pesce in aramaico e in caldeo si dice nun], tu sei il figlio della luce della Thorah [Dharma]”, ecc. (1). Poi il rabbino ‘Hizqee-yah spiega che i cabalisti chiamano “grande mare” la sefirāh bināh, femminile, e quindi bināh, divinizzata con i nomi di Jehovah, Yāh ed Elōhim, è semplicemente la caldea Tiamāt, il potere femminile, o la Thalatth di Beroso, che presiede sul caos e che la teologia cristiana, in seguito, trasformò nel serpente e nel diavolo. Lui-Lei (Yāh-Havāh) [Yāh-Hovāh nell’ed.or. ndt] è il sublime (Heh, ed Eva). Questo Yāh-Havāh, o Jehovah, è dunque identico al nostro caos, padre, madre e figlio, sul piano materiale e nel mondo puramente fisico. Contemporaneamente deus e daemon, sole e luna, bene e male, dio e demonio.Il magnetismo della luna genera la vita, la preserva e la distrugge, sia a livello fisico che animico, e se, astronomicamente, la luna era uno dei sette pianeti del mondo antico per la teogonia è, di conseguenza, uno dei reggenti; questo è ancora valido per i cristiani com’era un tempo per i pagani, i primi ne parlano come di uno dei loro arcangeli ed i secondi ne parlavano come di uno dei loro dèi.

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Il significato della “fiaba” tradotta da Chwolsohn, dalla versione araba di un vecchio manoscritto caldeo in cui si parla di Qu-Tāmy che viene istruito da un simulacro della divinità lunare, è facilmente comprensibile (vedi il III° libro). Seldeno e Maimonide ci insegnano il sistema (2): coloro che erano fedeli ai theraphim (gli oracoli ebraici) “scolpivano delle immagini ed affermavano che, poiché queste venivano pervase dalla luce delle principali stelle [pianeti] ne acquisivano le virtù angeliche [ossia dei reggenti delle stelle e dei pianeti], si poteva conversare con loro ed imparare molte attività ed arti utilissime. Seldeno spiega che i theraphim erano costruiti e messi in opera secondo la posizione di quei pianeti che i greci chiamavano στοιχεiα e secondo quelle sagome che si vedevano in cielo ed erano chiamate άλεξητήριοι, o dèi tutelari. Coloro che rintracciavano gli στοιχεiα erano chiamati στοιχειωματιxοί, ossia divinatori tramite gli στοιχεiα (3).

Evidentemente queste frasi del The Nabathean Agriculture hanno allarmato gli scienziati e li hanno indotti a proclamare che si tratta o di “un’opera apocrifa o di una fiaba, non degna di attenzione da parte degli

---------------------(1) I. Myer, Qabbalah, pag. 335-6.(2) Moreh Nebhāchim, libro III, cap. XXIX.(3) Seldeno, De Dii Syriis, Syntagmata I, cap. II: “De Teraphim Labanis, etc.”.-----------------------

IL CULTO SOLARE E LUNARE DELLA CHIESA 395

accademici”. Allo stesso tempo, come abbiamo visto, gli zelanti cattolici, romani e protestanti, l’hanno fatto, metaforicamente, a pezzi; gli uni in quanto “descrive un culto demoniaco” e gli altri per “empietà”; ad ogni modo hanno nuovamente torto entrambi. Non è una fiaba e, per quel che concerne le devozioni degli uomini di chiesa, questo culto lo si può trovare nelle loro sacre scritture, per quanto queste siano distorte dalla traduzione. Tracce del culto solare e di quello lunare, come pure di quelli delle stelle e degli elementi, possono essere rintracciate ed interpretate nella teologia cristiana. Sono pratiche che possono venire giustificate dai papisti e risolutamente negate dai protestanti a proprio rischio e pericolo. Si possono fare due esempi:

Ammiano Marcellino afferma che nell’antichità le divinazioni venivano compiute con l’aiuto degli spiriti degli elementi, “spiritus elementorum, in greco πνεύματα τών στοιχείων” (1). E si è ora scoperto che i pianeti, gli elementi e lo zodiaco non solo erano rappresentati dalle dodici pietre dette “enigmi degli elementi”, elementorum arcana, ad Heliopolis, ma anche nel tempio di Salomone e, come è stato rilevato da vari scrittori, in molte antiche chiese italiane ed a Notre Dame de Paris dove possono ancora essere visti.

Nessun simbolo, nemmeno quello del sole, è stato più complicato, per i suoi molteplici significati, di quello della luna, il cui sesso era indubbiamente duplice; per alcuni popoli era maschile, come nel caso del “re Soma” degli indù e del Sin dei caldei, per altri era femminile, come nel caso delle belle dee Diana-Luna, Ilizia e Lucina. Nella Tauride si sacrificavano delle vittime umane ad Artemide, un aspetto della dea lunare che i cretesi chiamavano Dictynna ed i medi ed i persiani Anaitis, come si legge in un’iscrizione di Koloè: ’Aρτέμιδι ’Ανάειτι (2). Ma ora stiamo proprio parlando della più casta e pura delle dee vergini, Luna-

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Artemide, alla quale Phamphos fi il primo a dare il soprannome di xαλλίστη e della quale Euripide [Ippolito nell’ed.or. 1888 ndt] scrisse xαλλίστα πολύ παρθένων (3). Questa Artemide-Lochia, che era la dea che presiedeva al concepimento ed al parto (Iliade, Pausania, ecc.) è nelle sue funzioni, come triplice Ecate, la divinità dei misteri orfici, ed anticipa la natura lunare del dio dei rabbini e dei cabalisti precristiani. La dea Τρίμορφος personificava, simbolicamente, i vari aspetti che si susseguono nella rappresentazione delle tre fasi lunari e questa interpretazione era già stata data dagli stoici (4), mentre nei misteri orfici si diceva che il soprannome (Τρίμορφος) si riferiva ai tre regni della natura su cui regnava la dea. Gelosa ed assetata di sangue, vendicativa ed esigente, Ecate-Luna è la degna controparte del “dio geloso” dei profeti ebraici.

----------------------(1) Storie, libro XXI, cap. I, 8.(2) [Bulletin de corresp. Hèllènique, tomo IV, 1880, pag. 128](3) Euripide, Ippolito, 66; Pausania, Periegesi, libro VIII, 8.(4) Cornutus, De natura deorum, XXXIV, I. [vedi l’ed. di J. Hayes, Cambridge, 1670, pag. 31-2; e Gale, Opuscula Mythologica, etc., Cambridge, 1670, pag. 139].-----------------------

396 LA DOTTRINA SEGRETA

L’enigma del culto solare e lunare a cui si conformano le chiese dipende infatti dal mistero, vecchio come il mondo, dalle manifestazioni lunari. Le varie forze che sono proprie della “regina della notte” e non sono ancora state scoperte dalla scienza, ma sono pienamente utilizzate dagli adepti orientali, spiegano bene le molte diverse immagini con cui gli antichi rappresentavano la luna e dimostrano come conoscessero i misteri di Selene meglio dei nostri moderni astronomi. Tutto il pantheon delle dee e degli dèi lunari: Nephtys, Neϊth, Proserpina, Militta, Cibele, Iside, Astarte, Venere ed Ecate da un lato ed Apollo, Dioniso, Adone, Bacco, Osiride, Attis, Thammuz, ecc., dall’altro, palesano tutti, con i loro nomi ed i loro attributi di “figli” e “sposi” delle proprie madri, la loro identità con la Trinità dei cristiani. In ogni sistema religioso gli dèi fondono insieme le proprie funzioni di “padre, figlio e marito” e le dee quelle di “sposa, madre e sorella” del dio; gli uni sintetizzando i propri attributi antropomorfi nel “sole datore di vita”, le altre riassumendoli con il nome generico di Maìa, Māyā, Maria, ecc.. Presso i greci Maìa, etimologicamente, aveva il significato di madre, la sua radice è infatti ma (balia) e da Maìa prese nome il mese di maggio, che, prima di essere consacrato a Maria (1), era sacro per tutte queste dee. Tuttavia il suo significato originario era Māyā Durgā, che gli orientalisti traducono con “inacessibile”, ma che in realtà significa “irraggiungibile”, nel senso che è illusione, irreale, fonte e causa di incantesimi, la personificazione dell’ILLUSIONE. Nei riti religiosi la luna aveva un duplice ruolo: era rappresentata da una dea femmina per fini exoterici, o da dio maschio nelle allegorie e nei simboli, ma nella dottrina segreta il nostro satellite veniva considerato come una forza asessuata, a cui si doveva prestare molta attenzione in quanto pericolosa. Soma, Sin, Artemide Soteira (l’Apollo ermafrodita, il cui attributo è la lira, e la Diana barbuta con l’arco e le frecce), Deus Lunus e specialmente Osiride-Lunus e Thot-Lunus (2) erano, per gli iniziati ariani, caldei, greci e romani, le forze occulte della luna. Ma maschio o femmina, Thoth o Minerva, Soma o Astarte, la

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luna è l’occulto mistero dei misteri, ed è più un simbolo del male che del bene. Delle sue sette fasi (nell’originale classificazione esoterica) tre sono rilevabili astronomicamente mentre quattro sono

-------------------------(1) I cattolici romani devono l’idea di consacrare il mese di maggio alla Vergine al pagano Plutarco, poiché Plutarco spiega che “maggio è consacrato a Maia (Μαîα) o Vesta” (Roman Questions, 86), la personificazione della madre terra, la nostra balia e nutrice. (2) Thoth-Lunus corrisponde all’indiano “Budha-Soma”, o a “Mercurio e la Luna”.------------------------

BISESSUALITA’ DELLA LUNA 397

relative a delle fasi paranormali. Che la luna non fosse sempre rispettata è dimostrato dai misteri, nei quali la morte della divinità lunare, vale a dire le tre fasi del suo declino, era rappresentata da una luna sotto forma di genio del male trionfante, temporaneamente, sul dio che dà la luce e la vita (il sole). Occorreva tutta l’esperienza e la conoscenza della magia degli antichi ierofanti per trasformare una disfatta in trionfo.

É stato il culto più antico, quello della terza razza della nostra ronda, gli ermafroditi, a considerare sacro l’aspetto maschile della luna, dopo la separazione dei sessi, la cosìddetta “caduta”. Il “Deus Lunus” divenne un androgino, alternativamente maschio e femmina, i cui duplici poteri servivano unicamente per gli scopi degli stregoni della quarta razza radice, gli atlantidei. Con la quinta razza (la nostra) i popoli, a causa del culto del sole e della luna, si divisero in due fazioni nemiche e questa fu la causa degli avvenimenti descritti nel Mahābhārata, che racconta una guerra che per gli europei è solo frutto di fantasia mentre per gli indù e per gli occultisti è la storica contesa tra i suryavansha e gli induvansha. Il duplice aspetto della luna diede origine a dei differenti culti per il principio maschile e quello femminile, che portarono al culto del sole ed a quello della luna. Per molto tempo il sole fu ritenuto dai semiti femminile mentre la luna era reputata maschile, poiché avevano ereditato questa convinzione dagli atlantidei; la luna veniva chiamata “il Signore del Sole”, Bel-Shemesh (1), già prima del culto di Shemesh (il sole). L’ignoranza delle ragioni, come pure dei princìpi occulti, che avevano portato a fare questa distinzione indusse i popoli ad adorare degli idoli antropomorfi. In origine le religioni di tutti i popoli si basavano sulla manifestazione occulta di quella forza o principio, o causa, puramente astratti, che ora chiamiamo “Dio”. Proprio l’organizzazione di questo culto dimostra, nei suoi particolari e nella sua liturgia, che i pensatori che elaborarono queste strutture della natura, oggettive o soggettive, la conoscevano approfonditamente ed avevano dimistichezza con molte nozioni

-----------------------(1) Nel periodo di cui non si fa cenno nei libri di Mosé, cioè dall’espulsione dall’Eden fino al simbolico diluvio, gli ebrei, come tutti i semiti, adorarono i Dyanisi [Dayanisi, יד נו ימ י , nell’ed.or. ndt], איד נ ישימ , il “Governatore degli Uomini”, il “Giudice”, ovvero il SOLE. Per quanto nella Bibbia sia il canone ebraico che quello cristiano abbiano fatto del Sole il “Signore Iddio” e “Jehovah”, tuttavia la Bibbia è piena di curiose testimonianze riguardo ad una divinità androgina che era sia Jehovah, il Sole, che Astarte, la Luna nel suo aspetto femminile, il tutto senza gli elementi metaforici dei nostri giorni. Dio è un “fuoco che consuma”, che appare nel fuoco ed è circondato dal fuoco;

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Ezechiele (VIII, 16) vide gli ebrei che “adoravano il sole” non solo nelle sue visioni. Il Baal degli israeliti (il Shemesh dei moabiti ed il Moloch degli ammoniti) corrispondeva al Jehovah-Sole, che è tuttora “il re delle legioni celesti”, il Sole, così come Astarte era “la regina celeste”, ossia la Luna. Soltanto ora “sole di giustizia” è diventata una locuzione metaforica.------------------------

398 LA DOTTRINA SEGRETA

di carattere scientifico. Come abbiamo visto, oltre ad essere veramente esoterica la liturgia del culto lunare, si basava sulla conoscenza della fisiologia (che per noi è una scienza davvero moderna) e della psicologia, e sulla corretta applicazione della matematica, della geometria e della metrologia sacre a dei simboli e delle immagini che non sono altro che la registrazione di eventi naturali e scientifici; si basava insomma su una profonda ed esatta conoscenza della natura. L’attrazione della luna genera la vita, la preserva e la distrugge; Soma ha il triplice potere della Trimurti, benche i profani non lo sappiano ancora. L’allegoria che racconta di come Soma, la luna, sia stata prodotta dagli dèi frullando l’“oceano della vita” (spazio), in un altro manvantara (cioè nell’epoca che ha preceduto la nascita del nostro sistema planetario), e l’altra allegoria che rapprenta i “rishi che mungevano la terra, il cui vitello era Soma, la luna”, sono significative riguardo al come si può descrivere il cosmo, non è infatti la nostra terra che viene munta e la luna che conosciamo noi non è il vitello (1). Se i nostri dotti uomini di scienza avessero conosciuto i misteri della natura come li conoscevano gli antichi ariani, non avrebbero certamente immaginato che la luna possa essere stata espulsa dalla terra. Ma, se vogliamo capire il linguaggio simbolico degli antichi, occorre ricordare e considerare il più antico tra gli interscambi che avvengono nella teogonia: il figlio che diviene il proprio padre e la madre che è generata dal figlio. Altrimenti la mitologia continuerà ad ossesionare gli orientalisti che la considereranno semplicemente come “una malattia propria di un certo stadio dell’umana cultura!”, come sentenziò Renouf in una conferenza dell’Hibbert Trust.

Gli antichi parlavano, per così dire, di autogenerazione degli dèi: un’unica essenza divina, non manifestata, genera perpetuamente un altro sé, manifesto, il quale, per natura androgino, procrea immacolatamente, a livello macrocosmico e microcosmico, ogni cosa di questo universo. E, come abbiamo già spiegato, questo veniva rappresentato dal cerchio con il diametro, ossia dal sacro 10.

Ma i nostri orientalisti, malgrado desiderino ardentemente di scoprire un unico elemento omogeneo in natura, si rifiutano di vederlo; e questa inadeguatezza fa si che nelle loro ricerche gli studiosi delle civiltà ariana ed egizia non raggiungano mai la verità. Di conseguenza de Rougè non è in grado di comprendere, nel testo che sta traducendo, il significato di quello che Amen-Rā dice al re Amen-hetep [nell’ed.or.: Ammon-Rā... Amenophes ndt] (che si suppone sia Memnone) ovvero: “Tu sei

-----------------------(1) Nell’allegoria la terra scappa, per salvarsi la vita, davanti a Prithu che la insegue. La terra prende la forma di una vacca e poi, tremante di terrore, corre a nascondersi nelle regioni di Brahmā. Perciò non è la nostra terra. Inoltre in ogni Purāna il vitello cambia nome: in uno, è Manu Svāyambhuva, in un altro è Indra, in un altro ancora è l’Himavat (l’Himālaya) stesso mentre Meru è

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colui che munge. Questa è un’allegoria molto più ricca di significati di quello che si potrebbe supporre.-------------------------

LA DIGNITA’ DI SAIS 399

mio figlio, ti ho generato io”; il nostro cristianissimo orientalista poiché ritrova questi stessi concetti in molti testi e sotto varie forme, si trova costretto ad ammettere che “affinchè queste idee siano venute in mente a chi scriveva dei geroglifici deve esserci stata una dottrina, più o meno ben definita, che parlava della possibilità che potesse avvenire l’immacolata incarnazione di un dio sotto forma umana”. Proprio così. Ma perché limitarsi ad una discutibile supposizione, quando tutto è spiegato dal fatto che le nuove religioni copiano quelle antiche?

Questa era una dottrina universale che non venne escogitata dalla mente di uno scriba qualsiasi, e questo è provato dalla credenza indù negli avatāra. Il de Rougè, pur pensando di essere riuscito “a chiarirsi le idee” (1) riguardo a ciò che erano i divini Padre e Figlio per gli egizi, non riesce però a capire, ad intuire, quale fosse il ruolo, la funzione, del principio femminile nella generazione primordiale: non comprende il ruolo della dea Neith, o Saïs [di Saïs (più giusto in quanto è una località) nell’ed.or. ndt]. De Rougè cita tuttavia la frase detta da un generale di Cambise quando accompagnò il re nel tempio di Sais: “Presento a Vostra Maestà la fastosità di Saïs, che è la casa di Neith, la grande fattrice, la genitrice del sole, che è il primogenito e che non è stato procreato, ma solo fatto nascere”, ed è quindi il frutto di una madre immacolata. Tutto sarebbe però più grandioso, più razionale e poetico, se fosse realmente riconosciuta, da parte di coloro che sono in grado di capirla ed apprezzarla, la differenza tra l’immacolata vergine degli antichi pagani e l’attuale raffigurazione papalina. Per i primi si trattava di una madre natura eternamente giovane, prefigurata dai suoi prototipi, il sole e la luna, che generava e faceva nascere “dalla mente” il proprio figlio, l’universo. Il sole e la luna, le divinità maschile e femminile, fruttificano la terra, la madre microcosmica, ed a sua volta quest’ultima concepisce e fa nascere. Per i cristiani il “primogenito” (primogenitus) viene effettivamente generato, vale dire procreato, “genitum, non factum”, concretamente concepito e partorito: “Virgo pariet” chiarisce la chiesa di Roma. Quest’ultima abbassa a livello terrestre il nobile e puramente spirituale concetto della Vergine Maria, e così facendo degrada questo ideale all’infimo livello delle volgari dee antropomorfe.

In verità Neith, Iside, Diana, ecc., erano tutte “dee demiurgiche”, al tempo stesso visibili ed invisibili, residenti in cielo e dedite alla procreazione del genere umano: insomma la luna. Le sue sembianze ed i suoi poteri occulti sono innumerevoli e per gli egizi, in uno dei suoi

---------------------(1) Dopo il proprio chiarimento d’idee, de Rougè stabilisce che gli egizi avevano profetizzato Jehovah (!) ed il suo salvatore incarnato (il serpente buono), ecc., ed inoltre identifica Tifone con il drago maligno del giardino di Eden. E tutto ciò passa per scienza seria ed esatta.-----------------------

400 LA DOTTRINA SEGRETA

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aspetti, la luna diventa Hathor, un’altra immagine di Iside (1), ed entrambe le dee sono rappresentate mentre allattano Horus. Nella sala egizia del British Museum si può osservare Hathor che viene adorata dal faraone Thotmes, che sta fra lei ed il “Signore dei Cieli”; si tratta di un monolito proveniente da Karnak e sul trono della dea c’è questa iscrizione: “La Divina Madre e Signora o Regina del Cielo” e poi “la Stella del Mattino” e “la Luce del Mare” (Stella Matutina e Lux Maris). Tutte le dee lunari avevano un duplice aspetto, quello divino e quello infernale e tutte erano delle vergini, madri di un figlio nato in modo immacolato, il sole. Raoul Rochette parla delle dee lunari degli ateniesi, Pallade o Cibele, Minerva, ed ancora Diana, con in grembo il proprio bambino, che durante le festività venivano invocate con il nome di Мονογενήσ θεοῦ, “Unica Madre di Dio”, mentre sedevano su un leone circondate da dodici personaggi, nei quali l’occultista ravvisa i dodici grandi dèi ed il devoto orientalista cristiano i dodici apostoli o meglio la prova che i pagani greci già li prevedevano. Costoro hanno entrambi ragione poiché la dea immacolata della chiesa di Roma è una copia fedele delle antiche dee pagane e il numero degli apostoli è quello delle dodici tribù, che corrispondono ai dodici grandi dèi ed ai dodici segni dello zodiaco. Quasi tutti dettagli dell’insegnamento cristiano sono stati mutuati dai pagani: secondo Nonno anche Semele, sposa di Giove e madre di Bacco, il sole, dopo la morte è “portata” o fatta ascendere in cielo, dove governa, fra Marte e Venere, con il nome di Regina del Mondo o dell’universo, πανβασíλεiα, “un nome che come quello di Hathor, di Ecate e di altre dee infernali, fa tremare tutti i demoni” (2).

“Σεμέλην τρέμουσι δαiμονες” è un’epigrafe che, come riferisce de Mirville (3), fu trovata da Beger su una lastra di pietra in un piccolo tempio e venne ricopiata da Montfaucon; la frase è sorprendente in quanto ci dice che già la Magna Mater degli antichi era una sfacciata imitazione della Vergine Madre Immacolata della sua chiesa fatta dal demonio. Che sia così o viceversa non ha importanza, quello che interessa è considerare la perfetta identità tra la COPIA ARCAICA e l’ORIGINALE MODERNO.

Vorremmo solo brevemente rilevare la disinvoltura e il disinteresse di alcuni fedeli della chiesa cattolica romana di fronte alle rivelazioni del passato. Di fronte alla considerazione di Maury (4), riguardo al fatto che “la Vergine si è impossessata dei santuari di Cerere e

-------------------------(1) Hathor è l’Iside infernale, innanzitutto la dea dell’occidente, ovvero degli inferi.(2) Questo è de Mirville [Des Esprits,III, 118] che confessa arrogantemente l’analogia, eppure dovrebbe sapere. (3) De Mirville, op. cit., III, pag. 113.(4) L.F.A. Maury, La Magie et l’astrologie dans l’antiquitè, etc., 1860, pag. 153.------------------------

ANTISTORICISMO DEL CATTOLICESIMO 401

di Venere e [che] i riti pagani in onore di queste dee furono in gran parte attribuiti alla madre di Cristo”, i sostenitori della chiesa romana affermano che questa è la realtà e che è logico che sia così.

Poiché il credo, il cerimoniale ed i riti della Chiesa Apostolica Romana nel 1862 si trovano incisi sui monumenti, scritti nei papiri e su dei rotoli di poco

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posteriori al diluvio, pare impossibile negare l’esistenza di un primo PREISTORICO CATTOLICESIMO [romano] DEL QUALE IL NOSTRO É SOLO LA FEDELE CONTINUAZONE..... [Ma mentre il primo fu, al suo apice, il summum dell’impudenza dei demoni e della necromanzia goetica, il secondo è divino]. Se, nella nostra Apocalisse, Maria, che appare rivestita di sole e con la luna sotto i piedi, amicta sole et luna sub pedibus ejus [l’inciso in latino non è presente nell’ed.or. ndt], non ha più niente in comune con l’umile serva di Nazareth [sic], è perché è diventata il massimo potere teologico e cosmologico dell’universo.” (1).

Indubbiamente, poiché l’“Inno a Minerva” di Pindaro dice che “lei siede alla destra di suo padre [Giove] ed è la più potente degli dèi (o angeli)” (2), questo può riferirsi anche alla Vergine.

Anche San Bernardo, in una citazione di Cornelius à Lapide, si rivolge alla Vergine in questo modo: “Il Cristo-Sole vive in te e tu vivi in lui”. (3)

Questo schietto sant’uomo ammette pure, molto lealmente, che la Vergine non è altro che la LUNA; e dato che è la Lucina della chiesa che partorisce, il santo le dedica il verso di Virgilio: “Casta fove Lucina, tuus jam regnat Apollo” (4), e poi aggiunge: “Come la luna, la vergine è la Regina del Cielo” (5). Questo dirime la questione. Gli autori come de Merville sostengono che più c’è analogia tra le concezioni dei pagani ed i dogmi cristiani e più appare la divinità della religione cristiana e la sua ispirazione; e questo specialmente quando i suddetti autori parlano della chiesa cattolica romana. Quindi gli scienziati scettici, e gli accademici che pensano che la chiesa di Roma sia agli antipodi dell’ispirazione divina, e non credono che possano esistere dei trucchi satanici che permettono di copiare anticipatamente, devono essere severamente rimproverati. Infatti i nostri memorialisti deplorano il fatto che costoro “non credono in niente e non accettano nemmeno il “Nabathean Agriculture”, definendolo romanzesco ed una collezone di assurde superstizioni”: “Secondo il loro errato convincimento l’‘idolo della luna’ di Qutāmy e la statua della Madonna sarebbero la stessa cosa!”. Venticinque anni fa un nobile marchese scrisse sei grossi volumi, che ha chiamato “Promemoria per l’Accademia di Francia”, allo scopo di dimostrare che il cattolicesimo romano è una fede ispirata ed evidente; ed elenca numerose prove, per dmostrare che in tutto il mondo antico, dal

--------------------------(1) De Mirville, op. cit., vol. III, pag. 118 e 116.(2) Plutarco, Simposio dei sette Sapienti, I, II, 4, citando Pindaro.(3) Sermon sur la Sainte Vierge; confr. de Mirville, op. cit., III, 116.(4) Egloghe, IV, 10 [O casta Lucina, proteggi……… ora regna il tuo Apollo](5) Cornelius a Lapide, Comm. Apocal., cap XII.-------------------------------

402 LA DOTTRINA SEGRETA

diluvio in poi, c’è stato, con l’aiuto del diavolo, un sistematico plagio dei riti, delle cerimonie e dei dogmi della futura Santa Chesa che sarebbe nata molti secoli dopo. Cos’avrebbe detto il nostro fedele figlio della santa chiesa di Roma, se avesse sentito dire, in una dotta conferenza di un suo correligionario, Le Plage Renouf, il celebre egittologo del British Museum, che “né gli ebrei né i greci copiarono le idee degli egizi”? (1)

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O forse Renouf intendeva dire che erano stati gli egizi, i greci e gli ariani che avevano preso in prestito le loro dottrine dalla chiesa di Roma? Se è così perché, in nome della logica, i papisti respingono ogni ulteriore informazione degli occultisti sul culto lunare, visto che queste confermerebbero che la loro liturgia (della chiesa cattolica romana) è vecchia quanto quella del SABEI E DEGLI ADORATORI DEGLI ASTRI.

L’astrolatria, ossia del culto simbolico del sole e della luna, dei primi cristiani e poi dei cattolici romani, una liturgia identica a quella degli gnostici, per quanto meno filosofica e pura del “culto del sole” zoroastriano, è la naturale conseguenza della sua provenienza. L’adozione da parte della chiesa latina di simboli quali l’acqua, il fuoco, il sole, la luna, le stelle, ed un gran numero di altri, non è che il proseguimento da parte dei primi cristiani del precedente culto dei pagani. Odino acquisì la propria sapienza, il potere e la scienza, sedendo ai piedi di Mimir, il tre volte saggio Jőtunn, che passò la vita presso la fonte della sapienza primordiale, le cui acque cistalline accrescevano ogni giorno il suo sapere. Mimir “traeva dalla fonte la somma conoscenza, poiché il mondo nacque dall’acqua e quindi la sapienza primordiale si doveva trovare nel misterioso elemento”. Potrebbe darsi che l’occhio che Odino dovette dare in pegno per ricevere questa conoscenza fosse “il Sole che illumina e pervade ogni cosa e che l’altro occhio fosse la Luna, il cui riflesso guarda fissamente dal fondo dell’abisso ed infine, quando tramonta, sprofonda nell’oceano” (3), ma è qualcosa di più, è infatti detto che Loki, il dio del fuoco, si nascondesse nell’acqua, come pure nella Luna, la datrice di luce di cui nell’acqua trovò il riflesso. E la credenza nella presenza del fuoco nell’acqua non era propria solo dei popoli scandinavi, ma era condivisa da tutti i popoli e fu infine accettata dai primi cristiani che rappresentavano lo Spirito Santo col simbolo del fuoco, “lingue come di fuoco che si divideva”, il soffio del PADRE SOLE. Inoltre: questo “fuoco” discende nell’acqua, nel mare, ossia in Maria. Per molti popoli la colomba era il simbolo dell’anima ed era consacrata a Venere, la dea nata ------------------------(1) Citato nella conferenza di Gerald Massey.(2) W. Wagner, Asgard and the Gods, 1887, pag. 86.(3) Ibid.-------------------------

LA STESSA CATEGORIA 403

dalla spuma del mare; in seguito divenne il simbolo dell’Anima Mundi dei cristiani, lo Spirito Santo.

Uno dei capitoli più misteriosi del Libro dei Morti egizio è il cap. LIII, che è intitolato “Come trasformarsi nel dio che fa luce sul sentiero delle tenebre”, nel quale è detto che la “donna che fa luce nell’oscurità” serve Thoth nel suo rifugio lunare. Si dice che Thoth-Hermes stia nascosto sulla luna, in quanto rappresenta il sapere occulto: Thoth è il Logos, il pensiero-verbo, manifestato dalla faccia luminosa e diventa una divinità occulta, ovvero la “Sapienza Oscura” quando si ritira, come si suppone, nell’emisfero opposto. Sovente, parlando del proprio potere, la luna si definisce: “la luce che brilla nelle tenebre”, la “donna della Luce”. Diventa perciò il simbolo indiscusso delle dee vergini madri. E come molto tempo fa i perfidi spiriti del “male” combattevano contro la luna, si suppone che lo facciano ancora, senza tuttavia riuscire a prevalere contro l’attuale regina celeste, Maria, la luna. Quindi in tutte le teogonie dei pagani la luna è sempre stata

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collegata al dragone, il suo eterno nemico, e la Vergine, ovvero la Madonna, è rappresentata mentre sovrasta un drago, simboleggiante il mitico Satana, che giace schiacciato ed impotente sotto i suoi piedi. Questo spiega il perché la testa e la coda del drago che, ancora oggi, rappresentano, nell’astronomia orientale, i nodi ascendenti e discendenti della luna erano rappresentati da due serpenti anche dagli antichi greci. Sono le serpi che vengono uccise dal neonato Ercole e dal bambino in grembo alla Madre Vergine. Al riguardo Gerald Massey osserva che:

Inizialmente questi simboli rappresentavano le proprie proprietà e non ne simboleggiavano altre di tipo totalmente diverso. L’iconografia [ed anche i dogmi] era sopravvissuta a Roma da una remotissima epoca precristiana senza alcuna sorta di contraffazione e di modifica, non c’era stato altro che la perversione del significato delle vecchie immagini.

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