Post on 17-Sep-2020
La Digitalizzazionecome strategia
di Differenziazione
TESI DI LAUREA TRIENNALE
Corso di Laurea in
INFORMATICA PER IL MANAGEMENT
LA DIGITALIZZAZIONE COME STRATEGIA
DI DIFFERENZIAZIONE
03/2020
INDICE
1 Introduzione ............................................................................................................................. 1
2 Analisi di strategie aziendali .................................................................................................. 3
2.1 Creare un vantaggio competitivo sui rivali ......................................................................... 3
2.2 I vantaggi della differenziazione ........................................................................................ 10
2.3 L’Evoluzione del settore e il cambiamento strategico ...................................................... 15
2.4 La tecnologia come motore per il vantaggio competitivo ................................................ 19
2.5 Le strategie di “oceano blu” ............................................................................................... 21
2.5.1 I non-clienti ....................................................................................................................... 25
3 La digital transformation....................................................................................................... 30
3.1 La digital transformation come strategia di business ....................................................... 34
3.2 Digital transformation e digital disruption ...................................................................... 36
3.3 Industria 4.0 .......................................................................................................................... 39
4 Il nostro Paese ......................................................................................................................... 42
4.1 Le abitudini digitali degli italiani ....................................................................................... 42
4.2 Il livello di digitalizzazione dell’Italia ................................................................................ 44
4.3 La trasformazione digitale nelle imprese .......................................................................... 49
4.4 L’innovazione tecnologica e il settore dentale .................................................................. 55
4.4.1 Il CAD/CAM ..................................................................................................................... 56
4.4.2 La pianificazione strategica nel settore dentale ............................................................. 59
4.4.3 Quale futuro per il settore dentale ................................................................................... 62
4.5 New Ancorvis ....................................................................................................................... 67
5 Conclusioni ............................................................................................................................. 69
6 Bibliografia ............................................................................................................................. 71
7 Bibliografia ............................................................................................................................. 72
.
Capitolo 1 - Introduzione
1
Capitolo 1
Introduzione
Il mondo in cui un’azienda e immersa non e statico, pertanto e necessario che essa tenga
in considerazione i mutamenti dell’ambiente in cui opera. Il cambiamento può essere
generato da diversi fattori esterni all’azienda, ad esempio: i clienti, la concorrenza,
l’economia, la tecnologia, le condizioni politiche e sociali e le risorse. Questi mutamenti
possono avere un impatto, positivo o negativo, sul vantaggio competitivo di un’impresa,
che dipende dalla capacita della stessa di reagire al cambiamento. Ad esempio, secondo
Schumpeter la concorrenza e “un’ondata continua di distruzione creatrice”, pertanto e
in grado di creare opportunita. Il vantaggio competitivo puo essere anche generato
dall’innovazione, la quale fornisce inoltre una base per rovesciare il vantaggio
competitivo delle altre imprese. Sebbene l’innovazione venga di solito immaginata sotto
forma di nuovi prodotti o di processi che incorporano una nuova tecnologia, una fonte
cruciale di vantaggio competitivo e rappresentata dall’innovazione strategica. Come
formulare quindi nuove strategie innovative? Le innovazioni strategiche tendono a
richiedere il perseguimento di nuove strade, lungo una o più dimensioni strategiche. Un
esempio e la “Strategia Oceano Blu”, illustrata nell’omonimo libro scritto da W. Chan
Kim e Renee Mauborgne. Secondo questa teoria, i mercati in cui operano le imprese di
qualsiasi tipo sono metaforicamente visti come due oceani paralleli di colore diverso,
uno rosso ed uno blu, a seconda del modo in cui operano sul mercato. Nell’oceano rosso
vige una continua lotta tra competitors per aggiudicarsi una maggiore fetta di domanda
all’interno dello stesso settore e l’innovazione e completamente assente. In questo tipo
di mercato le imprese devono accontentarsi di bassi margini di profitto, perché
l’approccio strategico e quello tradizionale, basato sulla sconfitta della concorrenza.
L’oceano blu e invece caratterizzato proprio dall’innovazione. Le strategie di “oceano
blu” di maggior successo non consistono nel lanciare settori completamente nuovi, ma
nell’introdurre nuovi approcci alla creazione di valore per il cliente, la differenziazione
pertanto non consiste semplicemente nell’offrire prodotti con caratteristiche differenti,
ma nell’identificare e comprendere ogni possibile forma di interazione tra l’impresa e i
suoi clienti, bisogna domandarsi quindi come queste interazioni possano essere
migliorate o modificate in modo da fornire un valore aggiunto al cliente.
Capitolo 1 - Introduzione
2
Nei settori dove l’economia di scala da parte di concorrenti più forti può diventare una
minaccia per la piccola realta ecco che arriva l’opportunita della digitalizzazione.
Sempre di più siamo abituati a vedere realtà lavorative del nostro territorio cadere ai
piedi di concorrenti di grandi dimensioni, spesso stranieri; la digitalizzazione dei
processi puo aprire nuovi canali lavorativi diventando una strategia di “oceano blu” per
le imprese. Viene introdotto come caso di studio il settore dentale italiano. Questo settore
fino a pochi anni fa era ancora quasi totalmente analogico. L’entrata in gioco di realta
straniere che attiravano le persone promettendo bassi prezzi hanno messo in ginocchio
il mercato italiano. È qui che alcuni imprenditori del nostro paese hanno iniziato a
rivoluzionare il concetto di studio odontoiatrico e laboratorio odontotecnico.
Impresa famosa a livello italiano situata sul territorio bolognese è New Ancorvis ad
esempio. Investimenti mirati hanno portato le ditte più lungimiranti come New
Ancorvis a dominare il mercato delle forniture dentali italiane progettate tramite
software CAD e prodotte tramite CAM. Il laboratorio odontotecnico che non si è
innovato che fine ha fatto ? È caduto vittima dei player stranieri o di ditte come New
Ancorvis ? No, il laboratorio tradizionale è stato ucciso da una scarsa lungimiranza da
parte degli operatori di settore, dovuta ad un modello di pensiero desueto. Ogni azienda
deve tenere in considerazione i mutamenti dell’ambiente in cui opera. La
digitalizzazione pertanto può essere vista come uno strumento per difendere e rilanciare
il proprio business.
La domanda che vi invito a farvi all’inizio di questo elaborato pertanto è :
I processi di digitalizzazione di un’impresa possono costituire un meccanismo di difesa
contro le minacce esterne ?
Questo e l’incipit a partire dal quale andremo a trattare le argomentazioni nelle prossime
pagine, ovvero affronteremo la tematica della digitalizzazione come tipo di innovazione
e come strategia di differenziazione.
Nelle sezioni successive l’elaborato sarà suddiviso in capitoli che via via tratteranno
l’argomento posto. Verranno affrontati alcuni concetti base di strategie aziendali nel
capitolo 2 in modo da introdurre il lettore alla materia. Nel capitolo 3 verrà fatto un focus
sulla portata del digitale all’interno delle organizzazioni e delle nostre vite.
Nel capitolo 4 il focus si sposterà quindi sul nostro Paese con dati storici e casi studio,
con un focus sul settore dentale in Italia.
Capitolo 2.1 – Creare un vantaggio competitivo sui rivali
3
Capitolo 2
Analisi di strategie aziendali
2.1 Creare un vantaggio competitivo sui rivali
L’intensificarsi della concorrenza in quasi tutti i settori industriali ha fatto sì
che solo pochi settori possano garantire rendimenti sicuri; dunque, una
strategia deve avere come obiettivo principale quello di stabilire una posizione
di vantaggio competitivo per l’impresa [1]. Il punto di partenza per l’analisi del
settore è una semplice domanda: cosa determina il livello di redditività? La
condizione necessaria alla base dell’esistenza del profitto e la creazione di
valore per i clienti, per cui si richiede che il prezzo che il cliente è disposto a
pagare per un prodotto sia superiore ai costi sostenuti dall’impresa.
Ciononostante, la creazione di valore non si traduce direttamente in profitto.
L’eccedenza del valore sul costo di produzione del bene viene infatti distribuita
tra i clienti e i produttori in base al gioco delle forze competitive. Quanto più è
accesa la concorrenza tra i produttori, tanto minore sarà la quota ottenuta dai
produttori (rendita del produttore) e tanto maggiore sarà quella che andrà ai
clienti sotto forma di rendita del consumatore (differenza tra il prezzo pagato
dai consumatori e il prezzo massimo che sarebbero stati disposti a pagare).
I profitti realizzati dalle imprese in un settore sono determinati da tre fattori:
1) Il valore del prodotto per i clienti;
2) L’intensita della concorrenza;
3) Il potere contrattuale relativo nei diversi livelli della catena produttiva.
Capitolo 2.1 – Creare un vantaggio competitivo sui rivali
4
Uno schema molto utile per analizzare questi fattori è quello sviluppato da
Micheal Porter (“Competitive advantages”, 1985), noto come “modello delle
cinque forze”. Secondo tale schema, la redditività di un settore (indicata dal
tasso di rendimento del capitale rispetto al suo costo) è determinata da cinque
forze competitive [2]. Tre sono fonti di competizione “orizzontale”: la
concorrenza dei prodotti sostitutivi, la concorrenza dei nuovi entranti e la
concorrenza delle imprese già presenti nel settore. Le altre due sono invece
fonti di competizione “verticale”: il potere contrattuale dei fornitori e il potere
contrattuale dei clienti.
Modello delle 5 forze di Porter [F1]
Il primo fattore che stabilisce il profitto è il valore che i clienti attribuiscono ad
un determinato prodotto. Il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare
dipende, in parte, dalla disponibilità di prodotti sostitutivi. Quando un certo
bene risulta privo di sostituti, come ad esempio accade per la benzina o le
sigarette, si nota generalmente una relativa insensibilità al prezzo da parte dei
clienti finali. L’esistenza di prodotti sostitutivi comporta invece che ad un
incremento del prezzo del bene il consumatore risponda cambiando le proprie
preferenze.
Capitolo 2.1 – Creare un vantaggio competitivo sui rivali
5
Il ruolo sempre più importante di internet ha inoltre introdotto una nuova
forma di concorrenza di prodotti sostitutivi che si è dimostrata devastante per
diversi business consolidati. Ricordiamo che quanto più sono complessi i
bisogni che vengono soddisfatti da un prodotto, tanto più è difficile percepire
le differenze nelle prestazioni tra i vari modelli. Il ricorso dei consumatori a
prodotti sostitutivi sulla base di differenze di prezzo risulterà pertanto meno
frequente. Grazie allo schema delle cinque forze è possibile determinare la
redditività potenziale di un settore. Ma come si ripartisce tale redditività tra le
imprese che competono all’interno del settore? Per conoscere la risposta e
necessario individuare i fattori all’interno del contesto di mercato dell’impresa
dai quali dipende la sua capacità di sopravvivenza e sviluppo, ovvero i suoi
fattori critici di successo. L’identificazione dei fattori critici di successo e
semplice. Per sopravvivere e prosperare in un settore, l’impresa deve
soddisfare due condizioni: deve fornire ciò che i clienti desiderano acquistare
e deve sopravvivere alla concorrenza.
I primi due quesiti che dobbiamo porci quindi sono:
1) Che cosa desiderano i nostri clienti?
2) Che cosa deve fare l’impresa per sopravvivere alla concorrenza?
Per rispondere alla prima domanda dobbiamo analizzare più da vicino i clienti
del settore, considerandoli non come una minaccia alla redditività a causa del
loro potere di acquisto, ma bensì come la ragione d’essere del settore e quindi
la fonte da cui si origina il profitto. Una volta individuata la struttura delle
preferenze dei clienti, è possibile identificare anche i fattori che determinano il
successo della singola impresa.
Capitolo 2.1 – Creare un vantaggio competitivo sui rivali
6
La seconda domanda richiede un attento esame della natura della concorrenza
all’interno del settore di interesse. Quanto e intensa e quali sono le sue
dimensioni principali? In ogni caso, la sopravvivenza richiede mediamente
una certa solidità finanziaria per poter resistere alla guerra di prezzo che
caratterizza le fasi recessive periodiche. La concorrenza funge da stimolo per
la creazione di un vantaggio, contemporaneamente però contribuisce anche ad
eroderlo. Solo attraverso la comprensione delle caratteristiche competitive di
un settore è possibile identificare le opportunità di vantaggio competitivo.
Definiamo ora cosa intendiamo per vantaggio competitivo. Nel caso in cui due
o più imprese competano all’interno dello stesso mercato, si dice che
un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi concorrenti quando
ottiene in maniera continuativa una redditività superiore. Precisiamo tuttavia
che il vantaggio competitivo non si manifesta necessariamente sotto forma di
una maggiore redditivita: un’impresa puo rinunciare ai profitti attuali per
investire in tecnologia, soddisfazione del cliente, quota di mercato, tecnologia
o lussi per i dirigenti. Un altro aspetto che caratterizza il vantaggio competitivo
è il suo essere un fenomeno di disequilibrio, conseguenza di un cambiamento,
che tende a svanire nel tempo. Nel lungo periodo, infatti, la competizione
cancella le differenze nella redditività delle imprese rivali. Le fonti di
cambiamento che originano il vantaggio competitivo possono essere esterne o
interne all’impresa. I cambiamenti esterni sono in grado di determinare un
vantaggio competitivo quando hanno un impatto differente sulle imprese,
dovuto alle loro diverse risorse e competenze o al loro diverso posizionamento
strategico. L’effetto che un cambiamento esterno può avere su un settore
dipende dalla sua portata e dalle strategie diverse messe in campo dalle
imprese.
Capitolo 2.1 – Creare un vantaggio competitivo sui rivali
7
Roadmap della nascita di vantaggio competitivo [F2]
Quanto più l’ambiente di un settore e turbolento, quanto maggiori sono il
numero delle possibili fonti di cambiamento, le differenze nelle competenze e
nelle risorse delle imprese e la dispersione di redditività nel settore. Se a ciò si
aggiunge anche l’instabilita dei mercati, la capacita di reazione ai cambiamenti
esterni diventa una fonte sempre più importante di vantaggio competitivo. I
mutamenti sono spesso innescati dall’innovazione, la quale non si concretizza
solamente in nuovi prodotti o processi che incorporano una nuova tecnologia.
Una fonte cruciale di vantaggio competitivo è infatti rappresentata
dall’innovazione strategica, ovvero da nuovi approcci nel fare affari, compresi
nuovi modelli di business. Come si possono formulare nuove strategie
innovative? Le innovazioni strategiche tendono a richiedere il perseguimento
di nuove strade, lungo una o più dimensioni strategiche. Possiamo
identificarne essenzialmente tre:
➢ Nuovi settori;
➢ Nuovi segmenti di clientela;
➢ Nuove fonti di vantaggio competitivo.
Il primo ambito è rappresentato da quelle imprese che sono in grado di lanciare
prodotti che creano un mercato completamente nuovo. Un esempio calzante è
quello di Apple, che con la presentazione del primo iPhone ha dato vita al
mercato degli smartphone.
Capitolo 2.1 – Creare un vantaggio competitivo sui rivali
8
La creazione di nuovi mercati rappresenta la strategia per eccellenza in grado
di creare un oceano blu, ovvero uno spazio di mercato privo di rivali. La
seconda strategia consiste invece nella creazione di nuovi segmenti di clientela
per prodotti già esistenti, che può consentire di accedere a nuovi e ampi spazi
di mercato. Un esempio è quello di Microsoft, che non ha inventato il
computer, ma è stata in grado di rendere questa tecnologia più accessibile agli
utenti, abbassandone i prezzi e facilitandone l’utilizzo. L’ultimo tipo di
strategia è anche quello di maggior successo e consiste nell’inventare nuovi
approcci alla creazione di valore per il cliente. Airbnb ad esempio ha offerto al
viaggiatore medio un’alternativa economica per alloggiare durante le vacanze,
eludendo gli elevati costi del settore alberghiero. Come detto in precedenza,
per identificare le opportunità di realizzazione e di mantenimento del
vantaggio competitivo in una determinata attività è necessario comprendere le
caratteristiche del processo competitivo proprie di quel mercato specifico.
L’impresa può realizzare maggiori profitti dei concorrenti in due modi:
➢ fornendo un identico prodotto o servizio a un prezzo inferiore;
➢ fornendo un prodotto o un servizio differenziato che incontri in
maniera ottimale le esigenze del cliente, così che egli sia disposto a
pagare l’incremento di prezzo determinato dal costo della
differenziazione.
Nel primo caso l’impresa ha un vantaggio di costo; l’obiettivo dell’impresa
diventa quindi quello di diventare il leader di costo nel suo settore o nel suo
segmento. La leadership di costo è una posizione unica nel settore in cui
l’impresa vende un prodotto standardizzato. Nel secondo caso, l’impresa ha
un vantaggio di differenziazione rispetto ai concorrenti, che viene ottenuto
quando l’impresa annovera tra i suoi prodotti qualcosa che per il cliente ha
valore al di là di una semplice offerta a basso prezzo. Le due fonti di vantaggio
competitivo identificano due approcci fondamentali e differenti alla strategia
di business.
Capitolo 2.1 – Creare un vantaggio competitivo sui rivali
9
Un’impresa che compete con bassi costi si distingue da un’impresa che
compete attraverso la differenziazione, in termini di risorse, posizionamento
sul mercato, competenze e caratteristiche organizzative. Normalmente una
strategia mirata alla leadership di costo implica una gamma ristretta di
prodotti, caratteristiche essenziali e un’offerta standardizzata. È evidente che
riuscire ad unire questi due aspetti determina un grandissimo vantaggio nei
confronti dei concorrenti. Nella maggior parte dei settori, infatti, il leader di
mercato e un’impresa che massimizza l’attrattiva del consumatore conciliando
una differenziazione efficace con un costo contenuto.
Capitolo 2.2 – I vantaggi della differenziazione
10
2.2 I vantaggi della differenziazione
Un’impresa si differenzia dai propri concorrenti quando offre qualcosa di
unico e apprezzato dagli acquirenti, che si distingue da un prodotto che vende
semplicemente perché commercializzato a basso prezzo [3]. La
differenziazione realizza un vantaggio quando grazie ad essa un’impresa
riesce a conseguire un premio sul prezzo che eccede il costo sostenuto per
realizzarla. Tutte le imprese hanno l’opportunita di rendere distinguibile la
propria offerta agli occhi del cliente, anche se in misura differente a seconda
delle caratteristiche del prodotto. La differenziazione tuttavia non consiste
semplicemente nell’offrire prodotti con caratteristiche peculiari, ma
nell’identificare e comprendere ogni possibile forma di interazione tra
l’impresa e i suoi clienti, per poi domandarsi come queste interazioni possano
essere migliorate o modificate in modo da fornire un valore aggiunto al cliente.
Per analizzare la differenziazione, occorre esaminare sia l’impresa, ovvero il
lato dell’offerta, sia i suoi clienti, ovvero il lato della domanda. L’analisi dal lato
dell’offerta consente di identificare cio che l’impresa puo fare per creare un
prodotto che sia unico nel suo genere. Tuttavia, se tale differenziazione crei
valore per il consumatore e se il valore creato sia maggiore del costo della
differenziazione costituisce un punto critico. Le questioni fondamentali della
differenziazione sono allo stesso tempo le questioni fondamentali della
strategia di business: chi sono i nostri clienti? Come creare valore per il cliente?
Come creare valore in modo più efficace ed efficiente rispetto agli altri? Poiché
differenziazione è sinonimo di unicità, per trarne un vantaggio è necessaria una
buona dose di creatività; non è sufficiente applicare schemi e tecniche
standardizzate. Ciononostante il vantaggio della differenziazione può essere
comunque analizzato in maniera sistematica. Come abbiamo visto, sono due
gli elementi necessari per creare una differenziazione vantaggiosa. Lato offerta,
l’impresa deve essere consapevole delle risorse e delle competenze con cui può
creare unicità (e farlo meglio dei concorrenti). Lato domanda è invece
fondamentale la comprensione dei clienti, delle loro preferenze e dei loro
bisogni. La possibilità di differenziazione di un prodotto o servizio è
determinata parzialmente dalle sue caratteristiche fisiche.
Capitolo 2.2 – I vantaggi della differenziazione
11
Nel caso in cui un prodotto è tecnicamente semplice, o soddisfa bisogni non
semplici, le possibilità di differenziare sono limitate ai fattori tecnici o legati al
mercato. I prodotti complessi che invece soddisfano bisogni complessi, o che
non standard ai quali conformarsi, offrono opportunità di differenziazione più
vaste. Al di là di queste limitazioni, le possibilità di differenziazione di un
prodotto o servizio non hanno condizioni particolari se non l’immaginazione.
La strategia di differenziazione va oltre le caratteristiche fisiche del prodotto o
del servizio, poiché tiene in considerazione ogni possibile aspetto che può agire
sul valore percepito dal consumatore. Ad esempio Apple fa pagare caro i suoi
prodotti poiche oltre al valore dell’oggetto vende al cliente un’esperienza
d’uso. Il consumatore Apple si sente pertanto partecipe dell’ecosistema e
quindi quando ne acquista un prodotto non si porta a casa soltanto un pezzo
di hardware ma la possibilità di poter far parte di qualcosa di più grande e
importante. In generale differenziare significa prendere atto di tutte le attività
attraverso le quali un’organizzazione entra in contatto con i propri clienti ed e
connaturata con l’identita e la cultura d’impresa. Nell’analisi delle opportunita
per la differenziazione, una distinzione fondamentale è quella tra aspetti
tangibili e intangibili. La differenziazione tangibile riguarda le caratteristiche
del prodotto o servizio che possono essere accertate visivamente. Queste
assumono rilievo nelle preferenze e nei processi di scelta dei consumatori e
possono essere ad esempio la dimensione, il colore, la forma, il design, il
materiale e la tecnologia. Le differenziazione intangibile nasce invece quando
appunto il valore che i consumatori rilevano in un prodotto o servizio non
dipende solamente dagli aspetti tangibili. Sono pochi i prodotti in cui la scelta
del consumatore è ben determinata solo dalle caratteristiche visibili del
prodotto. Considerazione sociali, emotive, psicologiche ed estetiche sono
presenti nelle scelte di tutti i prodotti e servizi. Il desiderio di uno status
superiore o di aumentare la propria sicurezza sono forze motivazionali
estremamente forti nelle scelte relative all’acquisto buona parte dei beni. Inoltre
nel momento in cui un prodotto o un servizio soddisfa bisogni complessi, le
scelte di differenziazione devono riguardare l’immagine complessiva
dell’offerta dell’impresa. La differenziazione dell’immagine e particolarmente
importante per quei prodotti e servizi dove qualità e performance sono difficili
da accertare al momento dell’acquisto, come per esempio i cosmetici, i servizi
medici e l’istruzione.
Capitolo 2.2 – I vantaggi della differenziazione
12
È bene tenere a mente che la differenziazione è diversa dalla segmentazione.
La differenziazione riguarda il modo in cui l’impresa compete offrendo
qualcosa di unico ai propri clienti. La segmentazione riguarda il dove l’impresa
compete in termini di tipologia di consumatore o tipo di prodotto. La
segmentazione è una caratteristica della struttura di mercato, mentre la
differenziazione è una scelta che l’impresa attua dal punto di vista strategico.
Un mercato è segmentabile quando può essere suddiviso in funzione delle
caratteristiche dei consumatori e della loro domanda. Collocandosi all’interno
di un determinato segmento di mercato un’impresa non per forza si differenzia
dai concorrenti che sono presenti all’interno dello stesso segmento.
Ciò nonostante, le scelte di differenziazione possono essere strettamente legate
alla scelta dei segmenti in cui competere. Offrendo un prodotto o servizio con
caratteristiche uniche, un’impresa potrebbe finire inevitabilmente per
rivolgersi a determinate nicchie di mercato. Nella misura in cui la
differenziazione è imitata da altre imprese, il risultato può essere la creazione
di nuovi segmenti di mercato. La differenziazione rappresenta una base del
vantaggio competitivo più sicura rispetto a un livello inferiore dei costi. La
crescita della concorrenza internazionale ha rivelato quanto fossero fragili
posizioni apparentemente solide di leadership di costo. Il vantaggio di costo è
vulnerabile anche rispetto alle nuove tecnologie e all’innovazione strategica.
Ad esempio l’introduzione della tecnologia VoIP offerta da Skype o Whatsapp
ha demolito la redditività dei fornitori di servizi telefonici basati su linea fissa
e costo di telefonate da dispositivo mobile. Ne risulta che una redditività
sostenibile nel lungo periodo deriva più dalla leadership basata sulla
differenziazione che da quella basata sui costi. Trovare il giusto equilibrio tra
la domanda di differenziazione dei consumatori e la capacita dell’impresa di
fornire un prodotto differenziato e la risposta corretta alla domanda “da dove
si inizia a differenziare?”. Per riuscire a trovare questo equilibrio dobbiamo
partire dall’analisi della domanda consentendoci di determinare quali sono le
caratteristiche del prodotto che permettono di creare valore per i consumatori
e quanto essi sono disposti a pagare per tale bene.
Capitolo 2.2 – I vantaggi della differenziazione
13
Per accrescere la comprensione delle esigenze e delle preferenze dei
consumatori, un’indagine semplice e diretta volta a valutare le finalità di un
prodotto e i fabbisogni della clientela è molto più utile di una ricerca di mercato
sostenuta da semplici statistiche. Bisogna tenere in conto che tutti i prodotti e
tutti i servizi soddisfano una molteplicità di bisogni. Le analisi di questi
bisogni hanno fatto emergere un ruolo molto importante da parte di fattori
sociali e psicologici dal lato della domanda. Il problema quindi per una corretta
analisi della differenziazione di un prodotto sta nel mancato approfondimento
delle motivazioni sottostanti alle decisioni di acquisto. Sono pochi i prodotti o
servizi acquistati per soddisfare bisogni primari di sopravvivenza, infatti la
maggioranza degli acquisti è motivata da bisogni sociali e psicologici, come il
desiderio di trovare punti in comune con gli altri e di rafforzare la propria
identità. Lo psicologo Abraham Maslow ha proposto nel suo libro “A theory
of human motivation”(1943), una gerarchia di bisogni umani [4]. Dopo aver
soddisfatto i bisogni primari di sopravvivenza, si instaura una progressione
che va dai bisogni di sicurezza a quelli di appartenenza, di stima e di
autorealizzazione.
Piramide di Maslow [F3]
Capitolo 2.2 – I vantaggi della differenziazione
14
Come nell’esempio precedente di Apple infatti, la maggioranza parte dei beni
presenti sul mercato ha un valore del marchio dipendente dallo status che esso
offre piuttosto che dalla performance alla base del bene o servizio
commercializzato. Non è tanto la possibilità di telefonare con lo smartphone
quanto il possedere un prodotto superiore che innanzi tutto definisce uno
status al consumatore, e successivamente, telefona anche. Il fatto che un
prodotto soddisfi innanzitutto i bisogni di identità e di appartenenza sociale
dell’acquirente ha importanti implicazioni per la differenziazione di prodotto.
Le imprese devono quindi osservare attentamente i clienti al fine di
comprendere qual è il rapporto esistente fra il prodotto e i loro stili di vita.
Nella figura sottostante vengono riassunte le ultime considerazioni tramite
alcune domande che occorre porsi per analizzare le potenzialità della
differenziazione dal lato della domanda di mercato.
Roadmap per la formulazione di una strategia di differenziazione [F4]
Capitolo 2.2 – I vantaggi della differenziazione
15
In conclusione affermiamo che la maggioranza delle offerte non riguarda
quindi un singolo prodotto o servizio, ma una combinazione dei due. Tutte le
imprese hanno l’opportunita di differenziare il proprio prodotto. Il problema
rimane solamente il determinare quali forme di differenziazione siano le più
adeguate a distinguere l’impresa nel mercato e quali siano quelle
maggiormente apprezzate dalla clientela. Perché il processo di differenziazione
sia coerente ed efficace, l’impresa deve mettere a punto un pacchetto di
interventi complementari di differenziazione.
2.3 – L’evoluzione del settore e il cambiamento strategico
16
2.3 L’Evoluzione del settore
e il cambiamento strategico
Tutto è costantemente in evoluzione, l’ambiente economico in cui operano le
imprese in particolare [5]. La sfida più grande del management consiste nel
fare in modo che l’azienda sia in grado di adattarsi ai mutamenti che si
verificano nel suo ambiente. L’evoluzione dell’ambiente settoriale è guidata
dalle forze della tecnologia, dai fabbisogni della clientela, dalla crescita
economica e da numerosi altri fattori. Lo scopo di una strategia corretta è anche
quello di comprendere il cambiamento e riuscire a gestirlo poiché le tecnologie
digitali determinano mutamenti epocali imprevedibili, in questo periodo
storico riuscire a comprendere il cambiamento è di cruciale importanza.
L’identificazione di fattori determinanti di un cambiamento può aiutarci a
individuare e ricavare opportunità per il vantaggio competitivo. Un settore
lavorativo come tutte le cose ha un inizio e una fine. Parliamo quindi di ciclo
di vita del settore. Il ciclo di vita è suddiviso in quattro fasi:
1) Introduzione;
2) Sviluppo;
3) Maturità;
4) Declino.
Grafico dell’evoluzione della vita di un settore [F5]
2.3 – L’evoluzione del settore e il cambiamento strategico
17
Il ciclo di vita è influenzato da due importanti fattori: lo sviluppo della
domanda e la diffusione di conoscenza. Lo sviluppo della domanda è presto
spiegato: Nella fase di introduzione le vendite sono limitate e il tasso di
penetrazione del mercato è basso, perché i prodotti del settore sono poco noti
e il numero di clienti è limitato. La tecnologia innovativa, la scala limitata di
produzione e la mancanza di esperienza determinano costi e prezzi elevati e
una bassa qualità. Gli acquirenti di nuovi prodotti sono tendenzialmente
benestanti, orientati alle innovazioni e pronti ad accettare il rischio. Nella fase
di sviluppo troviamo una penetrazione del mercato sempre più rapida, via via
che i miglioramenti tecnologici e l’aumento dell’efficienza consentono di
accedere al mercato di massa. La crescente saturazione del mercato determina
poi il passaggio alla fase della maturità. Una volta raggiunta la saturazione,
tutta la domanda è domanda di sostituzione. Infine, il settore entra in una fase
di declino quando fanno il loro ingresso nel mercato prodotti sostitutivi e
tecnologicamente superiori offerti da nuovi settori. Il secondo fattore che
influenza il ciclo di vita di un settore è la creazione e la diffusione di
conoscenza. La nuova conoscenza, sotto forma di innovazione di prodotto, è
alla base della nascita di un nuovo settore, mentre il duplice processo di
creazione e diffusione della conoscenza esercita una notevole influenza sulla
sua evoluzione. Nella fase di introduzione, la tecnologia di prodotto
progredisce rapidamente. Non c’e ancora una tecnologia dominante e le
diverse tecnologie competono per attrarre gli acquirenti. La concorrenza si
svolge quindi principalmente fra tecnologie e modelli alternativi. In genere, la
concorrenza fra tecnologie e modelli alternativi porta un settore a convergere
attorno a un modello dominante: un’architettura di prodotto che definisce
l’aspetto, la funzionalita e il metodo di produzione di un bene, accettata dal
settore nel suo complesso. I concetti di standard tecnico e modello dominante
sono correlati fortemente fra loro. Per modello dominante intendiamo la
configurazione complessiva di un prodotto o di un sistema. Uno standard
tecnico è una tecnologia o una specificazione importante per la compatibilità.
Gli standard tecnici emergono dove sono presenti economie di rete, cioè la
necessità che gli utenti si connettano in qualche misura gli uni con gli altri. In
presenza di economie di rete, ogni cliente può essere indotto a scegliere la
stessa tecnologia di tutti gli altri per evitare di essere isolato.
2.3 – L’evoluzione del settore e il cambiamento strategico
18
L’affiorare di un modello dominante segna un punto di svolta nel processo di
evoluzione di un settore. Non appena un settore si aggrega attorno a un
modello dominante, avviene un passaggio dall’innovazione radicale
all’innovazione incrementale del prodotto. Il passaggio dal progetto al
prodotto comporta generalmente una maggiore attenzione all’innovazione di
processo, perche le imprese cercano di ridurre i costi e migliorare l’affidabilita
del prodotto attraverso metodi di produzione su larga scala. I cambiamenti
nello sviluppo della domanda e nella tecnologia nel corso del ciclo di vita
hanno implicazioni per la struttura del settore, per la concorrenza e per le fonti
del vantaggio competitivo (i fattori critici di successo). Questi stessi
cambiamenti della struttura del settore, assieme a quelli della domanda e della
tecnologia nel corso del ciclo di vita del settore hanno implicazioni importanti
per le principali fonti del vantaggio competitivo in ciascuna fase
dell’evoluzione del settore. Nella fase di introduzione, l’innovazione del
prodotto e essenziale per l’entrata nel settore e per la successiva affermazione
dell’impresa. Nella fase di sviluppo, la sfida fondamentale e riuscire a crescere.
Man mano che il mercato si espande, le imprese devono adeguare le
caratteristiche del prodotto e le competenze produttive alle esigenze della
produzione di massa. Nella fase di maturità, il vantaggio competitivo si
traduce nella continua ricerca dell’efficienza di costo, in particolare in quei
settori dove il prodotto diventa sempre più una commodity. Le economie di
scala, i bassi salari e i bassi costi generali diventano i fattori critici di successo.
Con il passaggio alla fase di declino diventano più forti le pressioni per un
contenimento dei costi. È anche necessario conservare la stabilità
incoraggiando una riduzione ordinata della capacità produttiva e la conquista
della domanda di mercato residua. La capacità delle imprese di adattarsi
all’innovazione tecnologica dipende in larga misura dalle implicazioni della
nuova tecnologia. Alcune innovazioni possono rafforzare le capacità già
presenti nell’azienda, e altre possono distruggere le competenze. È molto più
difficile per imprese già consolidate adattarsi a nuove tecnologie, questo
perché generalmente quanto più sono sviluppate le routine organizzative di
un’organizzazione tanto più è difficile modificarle o addirittura svilupparne di
nuove. Questo problema infatti, è alla base della mancata digitalizzazione da
parte delle piccole imprese italiane che affronteremo nei prossimi capitoli.
2.4 – La tecnologia come motore per il vantaggio competitivo
19
2.4 La tecnologia come motore
per il vantaggio competitivo
La tecnologia è da sempre la forza motrice che concorre alla trasformazione
dei settori lavorativi e alla creazione di nuovi di essi. Il collegamento principale
fra la tecnologia e il vantaggio competitivo è rappresentato infatti
dall’innovazione [6]. Le imprese che investono in innovazione lo fanno perché
sono alla ricerca di vantaggio competitivo. Il fautore della nascita di nuovi
settori, sia del fatto che alcune aziende giungono a dominare i propri è proprio
l’innovazione. L’invenzione e la creazione di nuovi prodotti e processi
attraverso lo sviluppo di una nuova conoscenza o nuove combinazioni delle
conoscenze esistenti. Spesso risulta che le invenzioni siano il risultato di nuove
applicazioni di conoscenze preesistenti o di un insieme di esse, come vedremo
più avanti nel caso della digitalizzazione. Una volta introdotta, l’innovazione
si diffonde: dal lato della domanda, con l’acquisto dei beni e dei servizi da parte
dei clienti; dal lato dell’offerta, con l’imitazione da parte dei concorrenti.
La redditivita di un’innovazione per il suo autore dipende dal valore creato
dall’innovazione e dalla percentuale di quel valore di cui l’innovatore riesce ad
appropriarsi. L’espressione “regime di appropriabilita” e utilizzata per
descrivere le condizioni che influenzano la distribuzione della reddittività
derivante dall’innovazione. In un regime di appropriabilita forte, l’innovatore
è in grado di catturare una quota sostanziale del valore creato. In un regime di
appropriabilità debole, le altre parti in causa ottengono gran parte del valore.
La conoscenza tacita e la complessità non danno luogo a barriere permanenti
all’imitazione ma danno tempo all’innovatore. L’innovazione conferisce
quindi un vantaggio competitivo temporaneo che offre una finestra di
opportunita su cui l’innovatore puo fare affidamento per capitalizzare sul
vantaggio iniziale. Il “lead time” è il lasso di tempo che ha l’innovatore prima
che i concorrenti che intraprendono strategie di imitazione lo raggiungano.
2.4 – La tecnologia come motore per il vantaggio competitivo
20
La sfida per l’innovatore diviene quindi quella di utilizzare il vantaggio iniziale
in termini di tempo per costruire le competenze e la posizione di mercato
necessarie per consolidare leadership nel settore. L’impatto della tecnologia
però non è stato limitato ai settori a base scientifica, come quello ad esempio
dei componenti elettronici (smartphone e pc). Una caratteristica cruciale
dell’ultimo decennio e stata l’influenza pervasiva delle tecnologie digitali,
comprese le tecnologie di comunicazione ed internet. È quindi chiaro che
un’impresa debba imparare a convivere con l’incertezza ambientale e
chiaramente per vincere tale incertezza deve avere a che fare con l’innovazione.
Inoltre è da considerare che disporre di una tecnologia per primo non
necessariamente sia garanzia di successo, appare quindi chiaro che il vero
vantaggio è saper sfruttare il tempo a disposizione. La corretta interpretazione
dei segnali esterni ed il tempo utilizzato per lo sviluppo innovativo concorrono
nel definire una strategia e raccogliere le risorse tecnologiche necessarie per
applicare un cambiamento strategico. La gestione dell’innovazione, deve
essere l’obiettivo principale dell’impresa nel proprio percorso di cambiamento
strategico. La digitalizzazione offre una possibilità innovativa pressoché
illimitata nonché la possibilità di differenziarsi in modi inimmaginabili.
[F6]
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
21
2.5 Le strategie di “oceano blu”
Come ampiamente espresso nel libro “Blue Ocean Strategy”, l'unico modo nel
contempo efficace ed efficiente per annichilire la concorrenza, sta
paradossalmente nel non provarci affatto. Nel testo si evince come,
suddividendo i mercati esistenti in due macro-categorie (rossi e blu) e
attribuendo, a rossi i settori esistenti e a blu quelli ancora non esistenti e
pertanto definiti come mercati incontestati, i primi abbiano dei confini ben
definiti, regole chiare e spazio di manovra ben delineato, mentre i secondi con
ampia spazialità possono creare opportunità di sviluppo incontrastato
generando la nascita di una nuova domanda. Risulta pertanto evidente come
la lotta feroce alla quale partecipano le varie aziende per accaparrarsi la fetta
di mercato maggiore e la continua ricerca di nuove strategie atte a soddisfare
la richiesta, analogamente a dei predatori che divorano la preda, tinge l'oceano
di rosso. Sono i confini di settore a definire quale tipo di oceano si viene a
creare, ma come spesso accade, un oceano può non necessariamente nascere
come blu, ma risultare dalla ridefinizione dei sopracitati confini. La metafora
degli oceani casca a pennello anche trasponendola alla navigazione dei mercati.
Ogni oceano necessita di una metodologia di navigazione a se. Mentre nel blu
il capitano di vascello può sentirsi libero di esplorare in lungo e in largo senza
preoccuparsi degli altri naviganti, nel rosso la rivalità serrata tra le varie flotte,
pone l'attenzione sull'uscire vincente dagli scontri o evitarli. Il problema
principale delle aziende sta nell'addestramento dei propri capitani (i manager).
Troppo rivolti ad oggi al combattimento (come affrontare la concorrenza) e
poco rivolti all'esplorazione. Per aumentare i profitti non è più solo sufficiente
navigare in acque rosse e strappare a morsi la vittoria, bisogna necessariamente
espandere gli orizzonti e navigare in acque inesplorate, cristalline verso il
grande blu. Purtroppo, soprattutto per motivi culturali, non si è riusciti ad oggi
a sradicare dei sistemi vetusti e desueti che continuano a puntare verso gli
oceani rossi e le strategie basate sulla concorrenza. I temi degli oceani blu sono
stati affrontati in più occasioni, ma mai così a fondo da diventare il focus della
strategia aziendale. Al centro del mondo attuale la digitalizzazione offre il più
grande spazio di manovra ai manager per poter creare oceani blu.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
22
Secondo uno studio fatto da W. Chan Kim e Renée Mauborgne (“Blue Ocean
Strategy”, 2005), scrittori del libro l’impatto della creazione di un oceano blu
sulla crescita di un’azienda, a livello di fatturato e di profitti, tramite lo studio
delle fasi di lancio di 108 aziende ha fatto emergere che nell’86% dei casi il
lancio e stato un’estensione di linea, cioe un miglioramento incrementale
nell’ambito dell’oceano rosso dello spazio di mercato gia esistente [7]. Eppure,
questi casi rappresentavano solo il 62% del fatturato totale e appena il 39% dei
profitti totali. Il restante 14% dei lanci mirava a dar vita a un oceano blu. Essi
hanno generato il 38% del fatturato totale e il 61% dei profitti totali. Risulta
evidente come l'ago della bilancia, contando investimenti, fatturato e profitto,
pende inesorabilmente verso gli oceani blu.
[F7]
La teoria fino a qui e chiara e lampante. Ma sul piano pratico, come si puo
efficacemente passare da rosso a blu? La storia insegna che i settori subiscono
continue modifiche dai vari attori, come le condizioni di settore agiscono sui
confini. Un valido esempio da prendere in considerazione e “Uber”. Non ha
minimamente pensato a competere con gli altri naviganti (taxi e trasporti
privati), ma li ha resi inutili e obsoleti. Con un'abile mossa ha trasformato i non
clienti, possessori di automobili, in impiegati. I non clienti sono il tesoro che i
manager devono riuscire a scorgere quando hanno intenzione di creare un
oceano blu.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
23
Se ancora vi chiedete quale sia il settore o l'azienda per dar vita ad un oceano
blu, state sbagliando la domanda e l'approccio, restando fossilizzati nel vostro
oceano rosso. Quello che dovete ricercare e quella “mossa strategica” quella
virata magistrale che consentira al vostro veliero di sfrecciare nell'oceano blu.
Rimanendo sul pratico servono azioni e decisioni legati all’offerta di prodotti o
servizi che possano creare un nuovo mercato. W. Chan Kim e Renee
Mauborgne, dopo aver analizzato oltre trenta settori, hanno rilevato come
indipendentemente dalle dimensioni, l'anzianita, la tipologia di settore,
nessuna e riuscita a mantenere un livello eccellente. Risulta invece lampante
come il massimo comune denominatore sia l'approccio strategico, molto
differente da quello tradizionale mirato al fronteggiare la concorrenza. La
colonna portante, o meglio, l'albero maestro della strategia oceano blu e la così
detta “value innovation”. L'innovazione di valore consente di spiegare le vele
verso un nuovo orizzonte, seguendo brezze e correnti nuove, lasciando la
concorrenza a districarsi nello stagnante mare piatto dell'oceano rosso,
neutralizzandola senza nemmeno il bisogno di confrontarsi. L'albero maestro
della value innovation e composto da de vele di egual importanza. La ricerca
del valore che si focalizza sull'aumento esponenziale dello stesso e la ricerca
dell'innovazione che con uno sforzo tecnologico cerca un approccio
commerciale pionieristico. Entrambe le vele, singolarmente, non sono
sufficientemente grandi per portare avanti la nave. Per questo motivo devono
essere ben calibrate e lavorare in simbiosi. Uno dei dogmi più inflazionati (il
trade off) viene pertanto confutato, perseguendo l'obiettivo della
differenziazione e quello di contenimento dei costi simultaneamente.
Riduzione dei costi e valore offerto agli acquirenti il modo per permettere al
valore di balzare in avanti. Bisogna allineare con precisione utilita, prezzo e
voci di costo per aspirare all'innovazione di valore, agglomerando la gamma di
attivita funzionali e operative dell'azienda. Bisogna riorientare gli strumenti
aziendali e ricalibrare sestanti e bussole se si vuole raggiungere un approccio
integrato di questo livello. O ancora meglio abbandonare la vecchia bussola che
punta sempre a nord, e abbracciare un nuovo sistema di bussole che puntano
in direzione della prossima isola da raggiungere e del prossimo obiettivo da
agguantare.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
24
Dalla tabella sottostante si evincono la “visione strutturalista” o il
“determinismo ambientale” tipici degli oceani rossi e la “visione
ricostruzionista” con confini di mercato e struttura di settore non definiti e anzi,
ampliabili dagli attori del settore.
[F8]
Le stesse regole che seguono tutte le aziende portano la differenziazione ad
avere dei costi esorbitanti nell'ambito degli oceani rossi. Portandoli
inevitabilmente a dover scegliere se proseguire il viaggio con la
differenziazione o con il contenimento dei costi, ma ponendoli inevitabilmente
alla scelta di quale abbandonare lungo la strada. Purtroppo, il timore e
l'opinione diffusa che le probabilita di insuccesso aumentino esponenzialmente
navigando in acque sconosciute, nonostante le condizioni economiche gridino
la necessita di dar vita a nuovi oceani blu, fa sì che l'approccio delle aziende
non sia così innovativo come ci si auspicherebbe. L'unico modo per affrontare
con successo questa nuova rotta e quello di comprendere i principi che stanno
dietro a efficienza ed efficacia, minimizzare i rischi e massimizzare le
opportunita. Sia chiaro che, non esistono strategia prive di rischi, sia negli
oceani rossi che in quelli blu. Tuttavia, lo scenario e le rotte intraprese e che si
stanno intraprendendo, puntano in maniera molto numerosa verso oceani
rossi.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
25
Qui sotto i sei principi della strategia oceano blu di successo e i rischi che
vengono ridotti e attenuati dagli stessi principi tratti dal libro “Blue Ocean
Strategy”.
[F9]
2.5.1 I non-clienti
I così detti non-clienti sono una golosissima fetta delle opportunita volte alla
creazione di un oceano blu. Detto questo non e altrettanto semplice identificarli
chiaramente e ancor meno sfruttarli della maniera corretta [8]. L'azienda che
vuole virare il timone verso un oceano blu, deve inevitabilmente ampliare le
proprie conoscenze in merito ai non-clienti. Essi si possono dividere in tre
livelli che si differiscono per la distanza dal mercato. Il primo livello, il più
vicino, sono i non clienti localizzati ai bordi, che usano solo in minima parte
l'offerta del settore, pronti ad andarsene, potrebbero tuttavia essere ricatturati
con un improvviso aumento di valore, che consentirebbe non solo di non
lasciarseli scappare, ma di aumentare gli acquisti. Il secondo livello sono gli
oppositori. Coloro i quali si rifiutano di usare cio che voi gli offrite.
Hanno visto la possibilita ma si son ben guardati dall'accettarla.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
26
Il terzo livello, il più lontano, son quelli che nemmeno hanno considerato
l'offerta come opportunita. Come attirarli tutti? Concentrare le forze sui punti
in comune tra loro e i clienti preesistenti
[F10]
Analizziamo ciascuno dei tre livelli, per capire come poter attirarli ed
espandere il nostro oceano blu. Le strategie per attirarli varieranno a seconda
del livello:
1 ° livello
Il fulcro del cliente di livello 1 sta nell'instabilità. Usa solo in minima parte il
prodotto offertogli e con le orecchie tese non aspetta altro che trovare qualcosa
di migliore o più conveniente. Consideriamo il caso di Pret A Manger, una
catena britannica di fastfood aperta nel 1988, che ha ampliato il suo oceano blu
sfruttando l’enorme domanda latente dei non-clienti di primo livello. La pausa
pranzo ha sempre creato disguidi e trambusto ai professionisti che lavoravano
in centro delle più grandi città europee. Chia pranzava in ristorante, chi al sacco
in ufficio, chi addirittura non pranzava affatto per motivi logistici e di tempo.
Pur essendo tutti diversi, avevano tutti qualcosa in comune: la necessità di cibo
sano e a presso ragionevole. La risposta che Pret trova a questa domanda fino
ad ora non ascoltata è semplice: offre panini di qualità, come quella di un
ristorante, preparati ogni giorno usando solo gli ingredienti migliori e più
freschi, e li offre ai clienti con una rapidità superiore a quella di un ristorante e
persino di un fast-food.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
27
Il tutto in un ambiente elegante e a prezzi ragionevoli. Ma non si ferma qui,
trova pure un modo per velocizzare il processo di ordine e scelta del cibo.
Questo è possibile perché Pret produce i suoi panini già pronti e tutti gli altri
cibi in grossi volumi, con un’elevata standardizzazione della fase preparatoria;
nulla viene preparato su misura e i clienti non vengono serviti, si servono da
soli come in un supermercato. Sono pertanto stati questi non-clienti a creare
l'opportunità. Serviva solo un capitano di vascello capace di vederli e
indirizzare la propria nave verso quell'oceano blu, abbondante di risorse e non
sfruttato, tant'è che ad oggi, Pret A Manger vende oltre 25 milioni di sandwich
all’anno attraverso i suoi 130 locali del Regno Unito e recentemente ha aperto
locali a New York e a Hong Kong. Nel 2002, il suo fatturato ha superato i 100
milioni di sterline (circa 145 milioni di euro). Il suo potenziale di crescita ha
spinto McDonald’s ad acquisire una quota azionaria pari al 33%.
2 ° livello
A differenza del primo livello, nel secondo si racchiude tutta quella fascia che
per impossibilita o per disinteresse non si affacciano neppure all’offerta del
mercato. Ma seguendo l’esempio di JCDecaux risulta lapalissiano come tra i
non-clienti vi sia una domanda non sfruttata enorme. Nel 1964 JCDecaux
rivoluzionò il concetto di pubblicità esterna, fino a quel momento posizionata
su cartelloni fissi in ambienti periferici o lungo le strade dove il traffico
frenetico li rendeva quasi inefficaci. Nel contempo la pubblicità dinamica sui
mezzi di trasporto quali bus e taxi non veniva comunque vista di buon grado
dalle aziende in quanto definito transitorio. A maggior ragione per le nuove
aziende che dovevano presentare un nuovo brand o prodotto, quei messaggi
non erano sufficientemente esaurienti. La svolta fu rappresentata dallo
sfruttare spazi fissi e con una densità elevata, dove le persone tendevano a
radunarsi per periodi prolungati di tempo. Questi spazi, offerti dalle
amministrazioni comunali, come ad esempio fermate di bus e metro,
adempivano completamente alle richieste sopra elencate, permettendo alla
gente, in attesa dei mezzi, di leggere con attenzione gli annunci e restarne
influenzati.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
28
Per potersi accaparrare questa fetta pensò di offrire gratuitamente alle
amministrazioni locali gli “arredi urbani” sui quali poi affiggere la proposta, in
cambio dell’esclusiva di affissione. Con successo riuscì quindi a trasformare i
non-clienti in clienti. Tra ’95 e 2000 la spesa globale per gli arredi urbani crebbe
di oltre il 60%. I contratti comunali variavano dagli 8 ai 25 anni dando così a
JCDecaux diritti esclusivi a lungo termine. Escludendo capitale iniziale speso
per gli arredi, le uniche altre spese sostenute furono auelle relative la
manutenzione e il rinnovamento deglj arredi. Ad oggi è il primo fornitore al
mondo di arredi urbani al fine pubblicitario in oltre 33 paesi. Fino a questa vera
e proprio rivoluzione nel settore, i clienti si muovevano entro i limiti prestabiliti
degli spazi pubblicitari convenzionali, dando per scontato che non vi fosse
alternativa. Anche in questo caso ci vollero i non clienti per far luce sui
presupposti impliciti del settore dei suoi clienti, per poi ridefinirli e aumentare
cosi il valore creato.
3 ° livello
I non clienti di 3 livello hanno la peculiarità di non essere nemmeno mai stati
considerati dai player del settore come potenziali clienti. Questo perché
venivano erroneamente considerati appannaggio di altri mercati. Un esempio
classico ricade nel business dello sbiancamento dentale. Sempre considerato
territorio dei dentisti e mai delle case produttrici di prodotti per l’igiene dentale
rivolti al mercato dell’utilizzatore finale. Nel momento in cui decisero di
rivolgersi a questo oceano popolato di domanda latente, il mercato è esploso.
Questo grazie a soluzioni sicure , alta qualità e prezzi contenuti. La maggior
parte dei settori ha un simile potenziale nascosto he aspetta solamente di essere
sfruttato.
2.5 – Le strategie di “oceano blu”
29
Dedicarsi al livello di clienti corretto
La domanda che sorge spontanea è a questo punto verso quale livello conviene
rivolgere l’attenzione. La risposta non è ne semplice ne univoca. Le variabili in
gioco sono molte e variano di situazione in situazione, dal momento, dai
settori; una volta ben chiare queste variabili sarà possibile ricavare le
coordinate e tracciare la rotta migliore verso il bacino più ampio. Va anche
considerato però il bisogno di analizzare i punti comuni di tutti i livelli, oltre
alla possibilità si esplorarli tutti trasversalmente e non univocamente.
Attualmente l’atteggiamento e la strategia dalle aziende è quella di dividere i
fronti e schierare le flotte sia verso clienti attuali (rosso) sia verso nuovi
orizzonti (blu). Sia chiaro, con questo non si vuole far intendere che sia
sbagliato porre il focus verso i clienti attuali, tutt’altro; la strategia di
fidelizzazione resta comunque un’arma potente e da non sottovalutare. Si cade
nell’errore se si pensa che sia l’unico orientamento strategico possibile e
funzionale. Non è però sufficiente espandere al massimo le dimensioni
dell’oceano blu, tuttavia per raggiungere un risultato sostenibile per rendere
vincenti tutte le parti, bisogna essere profittevoli.
3 – La digital transformation
30
Capitolo 3
La digital transformation
Facciamo un salto nel passato di qualche anno, andiamo al 2013. Tra le notizie
tecnologiche che si potevano reperire tramite qualsiasi media vi erano
informazioni su gli iPhone di Apple, di visori per la realtà aumentata, di
computing cloud, big data e molto altro [9]. Un attento osservatore avrebbe
sicuramente potuto notare tra queste notizie l’impatto di una azienda di
S.Francisco che stava iniziando a riscuotere successo nel settore dei trasporti
privati. L’azienda in questione era Uber. Uber è un’app che mette in
collegamento i passeggeri che devono raggiungere una destinazione nel minor
tempo possibile con una schiera autisti pronti a trasportarli. L’idea potrebbe
sembrare già utilizzata, ma il processo di realizzazione è totalmente
innovativo. Uber è entrata nel mercato dei trasporti in modo invisibile,
sviluppando un’app ingegnosa che sfruttava innovazioni e investimenti fatti
da altri per collegare passeggeri e autisti, anziché assumere dipendenti e
acquistare automobili. Ha reso i privati utilizzatori del loro sistema facendo
lavorare gli autisti e dando un servizio ai passeggeri, tutto questo senza
possedere nient’altro che qualche riga di software che metteva in connessione
framework inventati precedentemente. Per invenzioni precedenti parliamo di
smartphone, GPS, sistemi di pagamento elettronico , social media e basi di dati
salvate dentro i cloud storage. Il risultato di tutto ciò e un’app, molto intuitiva
da utilizzare che garantisce al cliente elasticità e un’esperienza migliore di tutto
ciò che che il mercato poteva offrire in precedenza. Grazie alla sua idea, Uber
sta trasformando non semplicemente il settore dei taxi, ma il concetto di
trasporto privato.
3 – La digital transformation
31
Uber realizza interi processi digitalmente, combinando tra di lor delle
tecnologie che se fossero prese singolarmente non costituirebbero nulla di
innovativo, collettivamente però, hanno il potere di capovolgere
completamente il panorama competitivo di interi settori. Di quali tecnologie
parliamo? Di quelle che usiamo quotidianamente e che abbiamo presenti nei
nostri smartphone. Nella storia dell’evoluzione tecnologica dell’uomo non è
mai avvenuto che così tante innovazioni facessero progressi così i allo stesso
tempo e in interconnessione fra loro. È proprio unta tempesta perfetta di
innovazioni diverse che raggiungono la maturita e l’onnipresenza quasi
simultaneamente. È la digital transformation. Analizziamo meglio le
tecnologie con cui facciamo i conti tutti i giorni e che dandole per scontate:
• Smartphone: ad oggi esistono circa 2 miliardi di questi dispositivi
sparsi tra i consumatori di tutto il mondo. Nel giro di un decennio, gli
smartphone sono diventati più potenti dei computer del decennio
scorso, ma a differenza di quest’ultimi si sono diffusi molto di più
A febbraio 2015 la diffusione degli smartphone aveva raggiunto circa la
metà della popolazione adulta mondiale. Entro la fine del 2020 si stima
che arriverà all’80%.
• Social media: oggi esistono più di 2 miliardi di account sui social. Ogni
giorno, in tutti i paesi le persone restano per più di due ore connessi con
tramite queste piattaforme come ad esempio Instagram o LinkedIn.
La portata del fenomeno è talmente alta che ogni minuto ad esempio,
gli utenti Twitter inviano più di 35000 tweet. Cosa vuol dire questo?
Che in un giorno se venissero stampati tutti si potrebbe riempire un
libro da 10 milione di pagine.
• Cloud computing: l’informatica e la scienza che ha reso reale l’idea del
fatto non c’e bisogno di toccare qualcosa per sapere se esiste.
Con il cloud computing, i consumatori e le istituzioni possono
connettersi a Internet e utilizzare servizi di calcolo, di archiviazione o
backup disponibili “monouso”.
3 – La digital transformation
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Il cloud cambia le modalita d’uso della tecnologia. Il consumatore non
deve più aspettare ed acquistare aggiornamenti ma attendere che
vengano caricati nei servizi che utilizza tutti i giorni, in questo modo
non rendendosene conto utilizza sempre la versione migliore
disponibile sul mercato.
• Internet of things: secondo i report di Cisco nel 2013 c’erano più di 10
miliardi di oggetti collegati a Internet. Nonostante fossero già più questi
oggetti che gli esseri umani, si trattava unicamente dell’1% degli oggetti
presenti sul pianeta. Lo IoT è pertanto uno dei mercati più in
espansione del momento poiché si devono ancora collegare il 99% degli
oggetti. Nel 2020 ogni secondo di ogni giorno vengono già aggiunti a
Internet circa 250 nuovi oggetti. Può non sembrare chissà quale cifra,
ma fra il momento in cui andiamo a letto e quello in cui ci alziamo si
saranno collegati alla rete internet mondiale 7,2 milioni di dispositivi.
• App: si tratta di piccoli blocchi di codice che possono svolgere ogni
genere di funzionalità e possono essere installate sugli smartphone in
modo da essere sempre disponibili. Stando a uno studio di App annie,
un’app che raccoglie l’utilizzo del consumatore che la installa e
raccoglie (con consenso) i dati del dispositivo su cui è installata, nel 2016
sono state scaricate 90 miliardi di app per un giro d’affari di 89 miliardi
di dollari. Nel 2017 le app scaricate sono state 175 miliardi. Nel 2020 si
stima che il giro d’affari superera i 100 miliardi di dollari.
• Big data: parliamo dei dati grezzi che generiamo ogni giorno. La
crescita dei dati è stata ovviamente spinta dalle oltre 100 milioni di app
che persistono sui nostri smartphone, tablet e collegati a Internet.
Secondo Cisco, la quantità di dati generata mensilmente dai soli
dispositivi mobili al giorno d’oggi è di circa 30 volte maggiore alla
dimensione di Internet del 2000. Basti pensare che secondo un recente
report di IBM pare che vengano generati 2,5 miliardi di miliardi di byte
di dati al giorno. Cosa significa? Che il 90% dei dati esistenti nel mondo
oggi è stato generato solamente negli ultimi due anni.
3 – La digital transformation
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L’aspetto interessante e che oggi queste tecnologie possono essere usate da
tutti. Dobbiamo quindi vedere i benefici che possono essere apportati ale nostre
attività commerciali tramite, non trascurando i modelli di business che questa
rivoluzione digitale può rendere possibile. La rivoluzione digitale non si ferma
unicamente alla generazione di profitto economico. Consente di avere un
impatto sulla vita delle persone, sulla loro istruzione, sulla scelta delle carriere
lavorative, tale è la portata che ha sulle vite di tutti la digitalizzazione. Chi
ancora ignora o sminuisce l’avanzata dell’innovazione digitale lo fara a
discapito della propria organizzazione. Inoltre il diffondersi dell’innovazione
renderà sempre più difficile rallentare. Più si digitalizza più si diventa
digitalizzati. Si stima che entro la fine del 2020 il 75% delle aziende diventerà
completamente digitale. Se fosse vero, varrebbe la pena lasciare la propria ditta
al di fuori di questo insieme ? I numeri parlano chiaro e la risposta è negativa.
La digitalizzazione con tutti i suoi aspetti offre la possibilità di rilanciare il
proprio business nella maniera più personale e innovativa possibile.
3.1 La digital transformation come strategia di business
34
3.1 La digital transformation come strategia di
business
La digitalizzazione di procedure e servizi, è diventata infatti il punto di forza
dell’efficienza e del business innestando nuovi orizzonti per le imprese. Che
cosa si intende quindi con il termine “digital transformation”? Significa
facilitare tutti i processi all’interno di un’organizzazione riducendo quelli che
potrebbero essere gli errori legati ad attività manuali non strategiche.
I vantaggi della digital transformation sono numerosi, tra essi: migliore
efficienza e maggiore riduzione dei costi. Le aziende però sembrano porre
molte barriere all’innovazione digitale. Il motivo può essere ricercato nella
mancanza di volontà al cambiamento. La trasformazione digitale è il pilastro
per ridelineare e migliorare i processi che governano il business, utilizzando
un insieme di combinazioni tecnologiche. Lo sviluppo si completa con sistemi
ogni giorno più evoluti e tra loro integrati: informatizzazione, automazione,
virtualizzazione, cloud, mobile, ed, Internet of Things. Per definire ‘insieme di
queste tecnologie diciamo che parliamo di digitalizzazione. Innestare percorsi
di innovazione di questo tipo per le aziende, significa quindi dover rivedere il
comportamento interno degli organi dell’organizzazione, ma anche rivedere le
modalità con cui si interagisce con i clienti e i fornitori. Implica inoltre il dover
progettare nuovi servizi o prodotti digitali in linea con le nuove esigenze,
veicolando sui nuovi canali le informazioni che prima erano tangibili e ora
diventano dati. Tutto questo per un’organizzazione puo sembrare lavoro in
più, per alcuni può essere considerato uno spreco di risorse, ma dovrebbe
essere visto come un investimento che permette una volta completato, un
modo più fluido di lavorare. Ovviamente la digitalizzazione non coinvolge
unicamente ditte che operano nel settore del manufacturing, ma tocca da vicino
ogni aspetto della società umana. Parliamo di istituzioni governative o
pubbliche, di ricerca scientifica, oppure di attività attinenti alla sfera personale
e privata della vita quotidiana di ciascun individuo.
3.1 La digital transformation come strategia di business
35
Che cosa abilita la digital transformation ?
Per riuscire e realizzare un cambiamento strategico all’interno di
un’organizzazione bisogna essere consci della necessità del cambiamento e a
seguire definire le linee guida di ciò che può essere migliorato e come. Dal
punto di vista digitale in azienda ogni giorno vengono collegati nuovi
dispositivi alla rete. Pertanto, per garantire al personale una qualità lavorativa
superiore e ai consumatori un servizio adeguato, la discriminante è la qualità
della rete internet. Sfruttare il cloud, i big data ei social consente alle aziende
di vivere in un nuovo tipo di economia all’insegna della massima condivisione
e collaborazione. Tutto questo è reso possibile dalla connessione a internet. Il
motore della digital transformation è quindi internet. Una connessione
adeguata permette all’organizzazione di gestire la qualità dei servizi e la
relazione con gli utenti, mirando ad una strategia aziendale che orientata alla
fidelizzazione e a quella continuità operativa che, insieme, sono una garanzia
di continuità anche nel fatturato. Lo IoT viene utilizzato dalle ditte più smart
poiché aiuta a moltiplicare le informazioni che servono a intercettare i bisogni
e le richieste di interazione, per formulare meglio la risposta e un’offerta
sempre più mirata.
Non è così semplice innovare
L’utilizzo delle moderne tecnologie digitali consentono la raccolta e
l’elaborazione di nuovi modelli di informazione tramite i dati ottenendo nuovi
livelli di efficienza nella fornitura di prodotti e servizi. Ma l’implementazione
di queste tecnologie nelle imprese non è sufficiente a concorrere alla creazione
della digital transformation. Per innovare il modello lavorativo di
un’organizzazione, bisogna che l’organizzazione stessa a cambi o ridefinisca la
propria vision aziendale. Bisogna tenere in considerazioni che le soluzioni
organizzative pregresse non possono morire da un giorno all’altro, quindi, si
rende necessario sviluppare tecnologie adatte al contesto dell’organizzazione
aziendale che aiutino a far coesistere le soluzioni pregresse con le nuove
soluzioni digitali.
3.2 – Digital transformation e digital disruption
36
3.2 Digital transformation e digital disruption
Il concetto alla base della digital transformation è la coesistenza di un insieme
di cambiamenti associati alla quotidianità lavorativa e privata dovuti
all’implementazioni di tecnologie digitali. La digital disruption si affianca alla
digital transformation ponendo le sue fondamenta nella consapevolezza che
nessun business ha eterna durata [10]. Ogni azienda quindi deve sapere
quando è il momento di ritirarsi di porre fine al vecchio e lasciare spazio al
nuovo. L’Enciclopedia Britannica, stampata a partire dal 1768, in questo senso
ha dato un forte esempio di digital disruption. Dopo oltre duecento anni, il
presidente Jorge Cauz nel 2012 ha comunicato che non sarebbero più state
stampate copie cartacee focalizzando invece la società sulla distribuzione di
prodotti online di forma didattica. Questo non necessariamente è da
considerarsi la fine di un’organizzazione ma un nuovo inizio. Cauz ha infatti
mostrato quelle che dovrebbero essere le caratteristiche principali di un
manager di successo, ovvero comprendere quando è il momento di terminare
un ciclo di business e intraprenderne uno nuovo. Intraprendere un percorso di
innovazione digitale significa utilizzare tutte le tecnologie già rese disponibili.
Sperimentare un nuovo ambiente competitivo tramite internet consente a
qualsiasi organizzazione economie estremamente più interessanti e margini di
azione generalmente più ampi di quelli classici. La digital disruption non
riguarda quindi l’implementazione di tecnologie innovative all’interno
dell’organizzazione, ma è piuttosto la capacita e l’opportunita di fare le cose in
maniera diversa, attraverso le nuove funzionalità e servizi che queste
tecnologie abilitano. Si tratta di lavorare su un significativo cambiamento di
mentalita sia nell’approccio dell’organizzazione aziendale, sia nell’approccio
della scelta delle tecnologie da utilizzare. Il fondamento della business
disruption è quindi il cambiamento di strategia adottata. Invece di continuare
a focalizzarsi sulle abitudini degli addetti ai lavori e dei consumatori
migliorando i servizi e prodotti gia esistenti, si usa l’immaginazione per
progettare prodotti e servizi in modo da anticipare i bisogni del target di
riferimento.
3.2 – Digital transformation e digital disruption
37
Possiamo individuare alcuni elementi fondamentali dell’evoluzione digitale in
ambito aziendale. Tali elementi abilitano inoltre la digital disruption.
Tra questi elementi troviamo l’automazione del lavoro manuale che permette
di ridurre l’errore umano. Il cloud computing che permette di spostare
l’utilizzo dell’hardware sulla rete e di utilizzare servizi on-demand. Le
tecnologie mobile che permettono di portare in tasca una quantità quasi
illimitata di servizi. La dematerializzazione ovvero un'attività informatica
consistente nella realizzazione di qualsiasi documento totalmente in formato
digitale e pertanto sfruttabile tramite mezzi informatici. Nonostante in tutto il
mondo abbiamo imparato a usare pc o smartphone gestire le informazioni, la
carta è ancora un punto fisso nelle organizzazioni aziendali. Perché è
importante la dematerializzazione? Tramite l’utilizzo della carta vengono
generate numerosi inefficienze ed errori con sprechi di denaro, risorse e spazio,
Anche in questo caso il problema della scarsa comprensione del fenomeno è
culturale. Le organizzazioni devono ancora imparare a comprendere che con il
cartaceo non si possono ad esempio ricercare informazioni o modificare i
documenti. Bisogna inoltre che le organizzazioni comprendano che rendere
digitali i processi, non significa dover ripensare totalmente all’organizzazione
interna oppure effettuare grossi investimenti. L’infrastruttura tecnologica
mondiale è già attiva e pronta ad essere utilizzata semplicemente con
l’obiettivo del miglioramento aziendale e possibile superare questi muri
mentali.
3.2 – Digital transformation e digital disruption
38
Infatti, la trasformazione digitale non impone di abbandonare le metodologie
classiche di commercializzazione di prodotti e servizi, ma di estendere le
abitudini di fare business utilizzate quotidianamente. Vendere soluzioni
digitali, infatti, è molto diverso da vendere licenze software o dispositivi
hardware. Più la digital transformation si diffonde, più il classico e rigido
rapporto monodirezionale fornitore-cliente tende a scomparire, in favore
dell’avanzata dei processi collaborativi, abilitati dalle piattaforme di business
di nuova generazione, in cui l’interazione e la cooperazione tra i vari attori della
filiera diventano sempre più intense e pluridirezionali.
La crescente digitalizzazione dei processi porta a una moltiplicazione
esponenziale delle informazioni, per i processi produttivi e distributivi ma
anche, e soprattutto, per i nuovi livelli raggiunti dalla comunicazione tramite
IoT e social media. Utilizzare dei sensori lungo la supply chain e allargare la
capacità di ascolto dei brand lungo tutta la filiera, utilizzando Internet come
pilastro centrale, non è solo un approccio ma una vera e propria strategia
chiamata Industria 4.0.
3.3 – Industria 4.0
39
3.3 Industria 4.0
Conoscere la nascita e lo sviluppo dell’Industria 4.0 vuol dire fare luce sulle
tecnologie che la digital transformation può portare nelle industrie per
orientare le scelte, sfruttando al meglio gli incentivi governativi. Tra i cluster
tecnologici coinvolti, gli analisti del Politecnico immaginano un futuro di
“Manufacturing as a Service”, ovvero l’uso condiviso di un'infrastruttura di
produzione in rete per produrre beni. In altre parole, i produttori utilizzano
Internet per condividere le attrezzature di produzione al fine di ridurre i costi
e realizzare prodotti migliori [11]. Si chiama Industria 4.0 il nuovo orizzonte di
una produzione e di una distribuzione che diventerà più smart, più veloce ed
efficiente. Quel suffisso 4.0, infatti, corrisponde alle tappe di un’evoluzione
tecnologica precisa. Partiamo dall’introduzione della prima macchina a vapore
all’uso dell’automazione, dall’informatizzazione alla digitalizzazione, il
passaggio alla quarta rivoluzione industriale traghetta le organizzazioni verso
una nuovo approccio chiamato bimodale poiché costituito da un ecosistema di
risorse fisiche e virtuali. L’industria 4.0 e solo l’ultima figlia della digital
transformation che sta progressivamente cambiando usi e costumi, innescando
una rivoluzione culturale su scala globale. Da dove nasce quindi il termine
industria 4.0 ? Industria 4.0 è stato usato per la prima volta nel 2011 alla Fiera
di Hannover, in Germania, come ipotesi di progetto da cui è partito un gruppo
di lavoro che nel 2012 ha presentato al governo federale tedesco una serie di
raccomandazioni per l’implementazione del Piano Industria 4.0. L’8 aprile
2013, sempre alla Fiera di Hannover, è stato diffuso il report finale con una
previsione degli investimenti necessari su infrastrutture, scuole, sistemi
energetici, enti di ricerca e aziende per ammodernare il sistema produttivo
tedesco e riportare la manifattura tedesca ai vertici mondiali rendendola
competitiva a livello globale. Il modello è stato fonte di ispirazione per tutti gli
altri Paesi. In Italia il Piano Nazionale Industria 4.0 – 2017-2020 è stato
presentato il 21 settembre 2016 dal Ministero dello Sviluppo Economico Carlo
Calenda e prevede un insieme di misure organiche e complementari in grado
di favorire gli investimenti per l’innovazione e la competitivita.
3.3 – Industria 4.0
40
Storia dell’evoluzione tecnologica
Possiamo definire i tipi di industria a partire da un certo anno, in concomitanza
con un’invenzione che ha segnato il modo di produrre di quel tempo.
Partiamo dal primo concetto di industria, ovvero l’Industria 1.0 corrispondente
alla rivoluzione della manifattura rispetto all’uso dell’energia. L’invenzione
che ha permesso per la prima volta di poter parlare di è la macchina a vapore,
che dal 1784 consentì alle fabbriche di abbandonare il mulino, e introdurre un
nuovo tipo di produzione con maggiore potenza e velocità delle macchine
utilizzate. Il 1870 rappresenta la seconda generazione energetica, parliamo
quindi di Industria 2.0, legata all’utilizzo prima dell’elettricita e in seguito del
petroli, che permettono di incrementare ulteriormente i livelli di
meccanizzazione e di produzione. Questi sono gli ingredienti che mettono in
moto le prime catene di montaggio. L’uomo rimane fermo per circa un secolo
quando nel 1970 l’ingresso dell’informatica e dell’elettronica modificano i
livelli di automazione tramite processi organizzativi totalmente nuovi
segnando quindi l’avvento dell’Industria 3.0. La digitalizzazione inizia a creare
nuove posizione lavorative ed agevolano la quotidianità fino a quel momento
segnata prettamente dal lavoro manuale. Arriviamo quindi al 2011, come
anticipato precedentemente, in Germania nasce l’Industria 4.0. L’Industria 4.0,
includendo un mix tecnologico di robotica, sensoristica, connessione e
programmazione, rappresenta l’ultima rivoluzione rispetto al modo di
fabbricare i prodotti e di organizzare il lavoro. Il tutto imperniato su un Internet
di ultima generazione capace di portare dentro e fuori alle fabbriche più
informazione, più integrazione, più interazione e più efficienza, rinnovando i
processi e i sistemi ma anche portando nuove regole di comunicazione e di
servizio La continua evoluzione delle tecnologie sta diversificando la
declinazione del 4.0 su più livelli e ambiti operativi associati all’uso
dell’Intelligenza Artificiale e di tutte le derive del digitale fino alla Blockchain.
3.3 – Industria 4.0
41
Lo smart fabric
Le soluzioni coinvolte nella nuova industria sono molteplici, organizzarle in
maniera armonica e coordinata è alla base della sfida organizzativa odierna.
L’integrazione dei processi e delle procedure che coinvolgono tutte le filiere,
deve il nuovo modello di sviluppo del business [12]. Tra le soluzioni
tecnologiche adottate in una smart fabric troviamo, ad esempio, l’additive
manufacturing, un sistema che consente di progettare e produrre prototipi a
basso costo tramite stampa 3D, sistemi avanzati e interconnessi di produzione
come robot collaborativi e macchinari automatici per la movimentazione dei
materiali e sistemi di simulazione virtuale che utilizzano anche la realtà
aumentata tramite appositi visori che permettono ad operatori umani sul
campo di visualizzare in tempo reale informazioni utili al lavoro che stanno
eseguendo. Se pensiamo invece gestionale, all’interno di una smart fabric e
centrale l’utilizzo dei big data analytics, di sistemi di controllo delle reti
chiamati di cybersecurity e di scambio di informazioni con il personale
lavorativo e clienti tramite il Web. In una smart fabric si assiste infine ad una
gestione più attenta delle risorse energetiche poiché rendere i processi
produttivi meno inquinanti e costosi diventerà la sfida del nuovo secolo per
preservare il pianeta. Alla luce di tutto questo diventa chiaro che l’avvento
dell’Industria 4.0 sia un processo a modificare in modo sempre più radicale il
funzionamento non solo degli stabilimenti, ma dell’interno paradigma
produttivo del settore manifatturiero.
4.1 – Le abitudini digitali degli italiani
42
Capitolo 4
Il nostro Paese
4.1 Le abitudini digitali degli italiani
We Are Social, compagnia di Milano di monitoraggio e consulenza strategica
ha pubblicato l’indagine annuale sul livello di digitalizzazione dei consumatori
[13]. L’indagine concentrata su 230 paesi mostra lo scenario digitale della
popolazione mondiale nel 2019. Si registrano alcuni dati interessanti, in
particolare si parla di circa 5,10 miliardi di utenti mobile al mondo con un
incremento del 2% rispetto all’anno 2018. Si parla inoltre di circa 4 miliardi e
mezzo di utenti connessi a Internet, con un incremento di quasi 400 milioni di
persone, ovvero un 9% in più rispetto al 2018. Infine 3,48 miliardi di utenti sui
social network aumentati del 9% rispetto al 2018, di questi 3,26 miliardi
accedono da dispositivo mobile ai social. Di questo paniere globale l’Italia che
abitudini ha? Cerchiamo di capire quali sono le abitudini digitali del popolo
italiano. Di seguito vediamo quindi i numeri dell’Italia digitale del 2019,
focalizzandoci sull’utilizzo di internet, del mobile, delle piattaforme social e
dell’e-commerce.
Internet
Nel 2019, sono stati circa 55 milioni gli italiani che hanno eseguito un accesso a
internet, passando oltre 6 ore al giorno connessi contro le 2 ore in cui viene
guardata la televisione. Un dato molto interessante è quello che riguarda lo
stream di contenuti poiché il 92% degli italiani guarda infatti video online.
Infine, iniziando a diffondersi anche la tecnologia di ricerca vocale tramite
l’utilizzo di dispositivi homepod, strumenti commercializzati da Google e
Amazon per effettuare ricerche in internet tramite voce. La conseguenza è stata
circa il 30% degli italiani connessi utilizza regolarmente questi dispositivi e le
loro funzionalità.
4.1 – Le abitudini digitali degli italiani
43
Social
Nel 2019 si contano oltre 35 milioni di italiani attivi sui social media con un
incremento del 2,9% rispetto l’anno precedente, di questi, 31 milioni si
connettono da mobile. Tra le piattaforme più utilizzate dagli italiani troviamo
Facebook e Youtube. Meno utilizzati sono invece LinkedIn (29%) e Twitter
(32%). È interessante sapere che su Facebook l’eta media va dai 25 ai 34 anni,
questo dato è molto importante perché comprendere il target che può
visualizzare il proprio contenuto pubblicitario su un social è fondamentale per
rendere a conoscenza i consumatori della propria strategia di mercato.
Mobile
In Italia, le connessioni al web da mobile sono quasi 86 milioni. Questo grazie
al fatto che il 97% della popolazione possiede un cellulare di cui il 76% sono
smartphone. L’87% di questi utilizza gli smartphone per utilizzare i servizi di
messaggistica tramite Whatsapp che fa da padrone come app per mandarsi
messaggi.
E-commerce
Circa il 60% degli Italiani acquista online di cui il 42% esegue questo tipo di
operazioni tramite dispositivi mobili. La spesa su e-commerce sul totale del
settore retail si attesta però intorno al 4% contro il 18% degli USA. Le categorie
più in crescita sono quelle dell’abbigliamento e dell’arredamento con turismo
e assicurazioni in scia.
4.2 – Il livello di digitazione dell’Italia
44
4.2 Il livello di digitalizzazione dell’Italia
Il livello di digitalizzazione italiano nel 2019 è progredito rispetto al 2018,
questo è quello che emerge dagli studi dell’Osservatorio Agenda Digitale del
2019 della School of Management del Politecnico di Milano [14]. Purtroppo,
però, nonostante gli sforzi per portare ad un livello superiore le infrastrutture
e la pubblica amministrazione, il Paese Italiano non riesce ancora a posizionarsi
al pari dei ranking di altri paesi industrializzati. Facendo parlare i fatti
possiamo dire che l’Italia nell’ultimo anno ha accelerato la diffusione
dell’anagrafe nazionale digitale con 4.300 comuni aderenti alla piattaforma
ANPR per un totale di 35 milioni di cittadini censiti digitalmente. Si è
avvicinata all’obiettivo di 150 milioni di pagamenti su pagoPA (sistema di
pagamento digitale per la pubblica amministrazione) entro la fine del 2020, con
oltre 63 milioni di transazioni effettuate e 15mila pubbliche amministrazioni
attive, anche se di queste unicamente 4.200 hanno effettivamente ricevuto
almeno un pagamento. Sono poi state rilasciate circa 13 milioni di carte
d’identita elettroniche corrispondenti al 21% dei cittadini italiani. Dal lato della
sanità si è riuscito a rendere operativo in 18 regioni su 20 il fascicolo sanitario
elettronico, riuscendo a coprire il 22% dei pazienti e producendo oltre il 63%
dei referti totali del Paese nel solo 2019. Dai dati emerge che l’amministrazione
governativa italiana sta cercando di fare il meglio possibile per la
digitalizzazione del Paese. Purtroppo, la linea di partenza non era la stessa
degli altri stati Europei, che come noi ogni anno investono per far progredire
la digitalizzazione. Questo ci porta a migliorare internamente ma a non
risultare al passo con gli altri stati. Bisogna lavorare di più per raggiungere
l’obiettivo della digitalizzazione in modo da essere quanto meno pari agli altri
paesi industrializzati anche se non è semplice. Lo Stato deve continuare ad
implementare il digitale nei suoi servizi ma non solo, le imprese dovrebbero
beneficiare di infrastrutture più potenti e di agevolazioni poiché sono
quest’ultime che concorrono al grado maggiore di industrializzazione e
digitalizzazione del paese da un punto di vista macroscopico.
4.2 – Il livello di digitazione dell’Italia
45
Report Desi 2019
Secondo il report Desi 2019 (Sul Digital Economy and Society Index) che
misura lo stato di attuazione digitale dei paesi europei, l’Italia si colloca al
quintultimo posto, ben distante da paesi simili come ad esempio la Germania
e la Francia. Le aree che dimostrano una tardività maggiore sono quelle del
capitale umano, dell’uso di Internet e dell’inserimento delle piattaforme
digitali, rispettivamente al 26°, 25° e 23° posto. I maggiori successi si
riscontrano invece nell'ambito della connettività e dei servizi pubblici offerti
tramite canali digitali, rispettivamente al 19° e 18° posto. È però da sottolineare
che il Paese sta crescendo più velocemente rispetto al resto d’Europa, tant’e che
il punteggio complessivo sul Desi è aumentato di 5 punti (da 38,9 nel 2018 a
43,9 nel 2019) a fronte dei 2,7 punti della media europea. Nessun altro paese ha
registrato una crescita più elevata di quella italiana.
[F11]
[F12]
4.2 – Il livello di digitazione dell’Italia
46
L’Osservatorio ha inoltre studiato un indice Desi a livello regionale al fine di
avere una situazione più chiara circa la suddivisione della digitalizzazione nel
nostro Paese. Quanto emerso purtroppo è che nessuna regione italiana è pari o
superiore al punteggio della media europea. Tra tutte spicca la Lombardia
come regione a maggior tasso di digitalizzazione. Ad essa seguono il Lazio,
l'Emilia-Romagna, la Provincia Autonoma di Trento, la Liguria, la Toscana ed
il Piemonte. Ultima classificata è la a Calabria. Come è evidente dall'infografica
sottostante il divario tra Nord e Sud, già rilevato negli anni passati, non è
ancora stato colmato. Delle nove regioni sopra la media italiana, due sono nel
Centro e ben sette si trovano a Nord del Paese, tutte le regioni con un punteggio
inferiore a 30 si trovano quindi nel Mezzogiorno”.
[F13]
La situazione delle imprese italiane
Come si stanno muovendo le imprese italiane che stanno trascinando la crescita
del mercato digitale in Italia ? Da ricerche condotte da The Innovation Group
(“Digital Italy 2018”, 2018), si ha conferma di come i domini di riferimento delle
iniziative di trasformazione digitale siano quelli della relazione con clienti e
dell’efficientamento dei processi interni, mentre un numero più limitato si
4.2 – Il livello di digitazione dell’Italia
47
muove negli ambiti del cambiamento del modello di business legato ai prodotti
e servizi [15].
Di particolare rilievo è che la rivisitazione del modello organizzativo associato
alla trasformazione digitale, che costituisce uno degli impatti principali non è
un elemento indicato nella maggioranza delle aziende: questo è in parte
correlato, considerando anche i principali fattori critici, all’importanza che e
attribuita all’impegno diretto, alla relativa responsabilizzazione del
management e alla necessità di competenze nuove. Questi due fattori sono
ancora poco percepiti in molte delle aziende italiane come essenziali per
quanto riguarda la realizzazione di una strategia di digitalizzazione del
business dell’azienda. I dati ottenuti da varie associazioni tra cui Confindustria
Digitale, ISTAT e altri istituti, confermano le diverse velocità con cui le imprese
italiane stanno utilizzando le tecnologie digitali per innovare. Infatti, le aziende
più grandi hanno già iniziato a mettere in atto processi di innovazione ma la
grande maggioranza delle piccole e medie imprese, che sono la quasi totalità
del sistema produttivo italiano, sono ancora agli inizi od incerte se
intraprendere il percorso di digitalizzazione. Grazie all’avvento del Piano
Industria 4.0 è nata però una nuova consapevolezza, soprattutto tra i piccoli e
medi imprenditori. Prima che le nuove disposizioni previste dal Piano
entrassero in vigore, soltanto in pochi riuscivano a comprenderne le reali
opportunità offerte dal mercato digitale e in alcuni casi si trattava di imprese
ancorate a modelli di business tradizionali, non ancora in grado di
comprendere i vantaggi del mondo 4.0. Questo è il segnale di quanto è
importante come lo Stato muovendosi in una certa direzione trascini con sé
anche tutti i comparti più piccoli delle imprese italiane. Con l’impulso di
industria 4.0, dunque, il comparto dell’industria manifatturiera ha iniziato a
muoversi su alcuni dei domini di trasformazione digitale indicati in
precedenza e il processo sta toccando le medie-grandi aziende più competitive,
mentre la maggior parte dei settori legati ai servizi è ferma. Emerge infatti,
anche dalla sesta edizione del rapporto ISTAT sulla competitività dei settori
produttivi (2018), che il sistema “ha ancora molta strada da percorrere nella
rincorsa alla rivoluzione digitale”: due terzi delle imprese sono “indifferenti”
alla digitalizzazione dei processi produttivi e le imprese “digitali
compiute”(alto capitale e alta digitalizzazione) sono solo il 3% e, solo
4.2 – Il livello di digitazione dell’Italia
48
nell’ultimo biennio, la ripresa ha beneficiato di una dinamica più sostenuta
degli investimenti fissi lordi, dopo il sostanziale ristagno del 2014-2015.
Mentre il contributo degli investimenti in macchinari è in linea con quelli dei
principali paesi europei, il peso degli investimenti in capitale immateriale è
minore e il loro contributo alla crescita più modesto. Solo il 48,7% delle aziende
italiane di industria e servizi con almeno 10 addetti ha svolto attività
innovative: di queste il 30,3% sono “innovatori forti” (innovano prodotti e
processi); quasi il 25% “innovatori di prodotto” (ma non di processo); il 18,5%
“innovatori di processo” (ma non di prodotto); circa il 22% “innovatori soft”
(innovano solo l’organizzazione o il marketing); il 4,9% “potenziali innovatori”
(hanno svolto attività innovative che non si sono tradotte in innovazioni).
Gli innovatori sono comunque in aumento rispetto al 2012-2014, nella
manifattura prevalgono gli innovatori di prodotto, nei servizi gli innovatori
soft.
4.3 – La trasformazione digitale nelle imprese
49
4.3 La trasformazione digitale nelle imprese
Per analizzare l’impatto della digitalizzazione sui processi produttivi e sulle
imprese, bisogna discutere delle opportunità e dei rischi:
promuovere azioni di digitalizzazione nei sistemi produttivi significa, infatti,
intraprendere un percorso non privo di sfide da affrontare, ma che potrebbe
rivelarsi altrettanto ricco di opportunità e benefici. È noto che i principali
vantaggi derivanti dalle iniziative di trasformazione consistono, oltre che nel
miglioramento della relazione con i clienti, in termini di user experience,
nell’ottimizzazione dei processi interni all’azienda e tra questa e il mondo dei
suoi fornitori (supply chain); inoltre, promuovere percorsi di digitalizzazione
puo comportare l’ottenimento di un valore aggiunto dall’utilizzo dei dati:
tecnologie di intelligenza artificiale, consentendo la profilazione e la
segmentazione degli utenti, permettono di svolgere analisi predittive,
ottenendo un vantaggio competitivo rispetto ai propri concorrenti anche a
livello internazionale. Si pensi, inoltre, allo smart manufacturing, considerato
spesso il fattore di rilancio dell’industria italiana, o all’IoT, alle tecnologie di
realtà aumentata e virtuale piuttosto che agli algoritmi di machine learning,
strumenti che permettono alle aziende di diventare più “smart”. Tuttavia, si
riscontrano alcuni limiti che frenano il processo innovativo: dalla mancanza di
figure chiave che diano inizio ad azioni in questo campo, alla necessità di
individuare policy adeguate volte alla creazione di un ecosistema digitale in
cui tutti gli attori impegnati nel processo possano cooperare; sebbene molte
aziende abbiano adottato modelli di open innovation, gran parte del comparto
produttivo italiano è ancora ai primi passi. Se, dunque, le innovazioni digitali
comportano nuove possibilita, un’azienda e un Paese che vogliano definirsi
digitali devono abilitare la trasformazione digitale nei diversi comparti
produttivi a tutti i livelli, coinvolgendo tutti gli stakeholder (ciascuno dei
soggetti direttamente o indirettamente coinvolti in un progetto o nell'attività di
un'azienda) impegnati nel processo : abbracciare la trasformazione digitale
implica innanzi tutto adottare una nuova visione per il futuro della propria
azienda.
4.3 – La trasformazione digitale nelle imprese
50
I domini della trasformazione digitale
La narrazione della trasformazione digitale nelle aziende si sviluppa lungo
diversi “domini” di creazione del valore e con diversi gradi di maturita e si
basa, in modo strutturale, su delle forti fondamenta che toccano l’infrastruttura
e l’architettura tecnologiche, l’abilita di realizzare il cambiamento
organizzativo associato e le nuove competenze necessarie. Il primo dominio
della trasformazione digitale riguarda la relazione con il cliente e si articola
nella rivisitazione dei canali di vendita, aggiungendo i canali digitali a quelli
fisici ed integrandoli nei vari punti di contatto del processo di acquisto e
vendita. Le aziende più avanzate del settore retail, dei servizi finanziari, delle
telecomunicazioni e delle utility si stanno muovendo verso la già sopracitata
“omnicanalita”, semplice, personalizzata e funzionale alla tipologia del cliente,
disponibile sui vari dispositivi di accesso. In particolare, gli sviluppi più
innovativi sono su dispositivi mobili, che costituiscono oramai la piattaforma
più utilizzata da clienti e consumatori non solo nativi digitali. La prospettiva
digitale delle aziende è che, e sempre più lo sarà in futuro, la relazione con il
cliente non deve solo riguardare la comunicazione e abilitare le transazioni di
acquisto/vendita, ma sviluppare, con contenuti e prodotti, una esperienza
continua legata al brand, attività sempre più indispensabile anche alla
trasformazione del modello di business. Il secondo dominio della
trasformazione digitale riguarda i processi operativi che sono resi più efficienti
con la digitalizzazione e l’ottimizzazione del work-flow. L’ambito di utilizzo e
qui molto diversificato a seconda dei settori: si possono evidenziare nelle
aziende italiane delle priorità che riguardano i processi operativi e di back-
office di supporto alle vendite, alle reti di vendita, al servizio clienti,
l’ottimizzazione dei processi logistici in ingresso della supply chain e
distributivi, in particolare nei settori industriali più competitivi, trainati in
molti casi da aziende capofila leader di mercato e fortemente
internazionalizzate.
4.3 – La trasformazione digitale nelle imprese
51
Il terzo dominio della trasformazione digitale riguarda le componenti più
radicali che impattano sul modello di business delle aziende. Le potenzialità
qui sono molto ampie, alla luce anche di tecnologie ormai ampiamente
adisposizione e che non richiedono investimenti particolarmente elevati.
L’IoT, la realta aumentata, l’intelligenza artificiale, l’elaborazione di immagine
e il machine learning permettono alle aziende di creare valore con servizi
aggiuntivi ai prodotti tradizionali o renderli smart attraverso i dati e le
informazioni a disposizione. Costruire prodotti smart permette anche di
rendere più efficaci ed efficienti i processi interni, bati pensare alla capacità di
manutenzione predittiva e di come l’assistenza e il servizio ai clienti possono
cambiare radicalmente. Il passo successivo è quello di disegnare anche nuovi
servizi basati sui dati e sulle informazioni, che possono non solo portare a
nuovi ricavi ma modificare il modello di business, permettendo alle aziende di
passare dal vendere prodotti a produrre e vendere servizi. Questo permette di
accelerare e accentuare il processo di servization (passaggio dall’offerta di beni
e servizi all’offerta di sistemi integrati) gia avviato in alcuni settori del
manifatturiero più avanzato, per poi arrivare a modelli in cui il prodotto
diventa una vera e propria piattaforma per abilitare servizi aggiuntivi, così
come è avvenuto nel settore ICT ( basti pensare alle piattaforme dei sistemi
operativi e del software degli smartphone): in prospettiva l’azienda puo
diventare essa stessa una piattaforma digitale che apre a modelli di ecosistemi.
Alcuni elementi di prospettiva
Ancora pochi manager e imprenditori ammettono di affrontare l’effetto
disruptive della trasformazione digitale e di come essa possa essere realmente
dirompente. Molte ricerche evidenziano che l’impatto della trasformazione
digitale può essere negativo sui ricavi e sui margini degli incumbent (azienda
ex monopolista che continua a occupare una posizione dominante nel mercato
liberalizzato). Basta ricordare cosa è capitato al settore della distribuzione con
l’effetto Amazon; oppure pensare a cio che potra accadere all’automotive e al
settore dei trasporti con la nuova mobilità legata a veicoli connessi, elettrici e
condivisi, o a quello dei servizi, come sta avvenendo con Airbnb. L’impatto dei
nuovi entranti ha un effetto doppio: i nuovi entranti digitali infatti hanno
4.3 – La trasformazione digitale nelle imprese
52
modelli disruptive che competono e spiazzano gli incumbent e molte volte la
risposta degli incumbent genera a sua volta una concorrenza più intensa tra
loro stessi: più è avanzato un settore dal punto di vista digitale, più ampio è
l’impatto negativo sulle imprese esistenti che non rispondono ai nuovi
competitor e non agiscono velocemente. Nel settore high-tech, ad esempio,
l’impatto sulla crescita dei ricavi e 4 volte la media degli altri settori, nella
distribuzione e nei trasporti è il 50% più alto della media. Questo dovrebbe
convincere le organizzazioni esistenti più smart ad una strategia di risposta più
offensiva costruita su scala più ampia rispetto al resto del settore, perseguendo
almeno due dimensioni: concentrarsi non solo sui clienti attuali ma espandersi
verso nuovi segmenti, disegnare nuovi servizi e nuovi modelli operativi per
trovare nuove fonti di ricavi invece che fare solo leva sull’efficienza e sul taglio
dei costi attraverso l’automazione e digitalizzazione dell’esistente. Il secondo
effetto relativo a come le aziende esistenti reagiscono e competono tra di loro
puo avere un impatto altrettanto forte e portare, nell’ambito del sistema
competitivo di un comparto, a quello che viene chiamato “effetto della Regina
Rossa” per cui le aziende iniziano una guerra aggressiva a rincorrersi e ad
imitarsi a vicenda, rimanendo di fatto ferme, senza la capacità di muoversi in
avanti nello stesso spazio competitivo. Questo è ciò che è capitato, ad esempio,
nel settore finanziario con lo sviluppo del mobile banking che ha definito nuovi
standard di servizio e pricing, nel settore delle telecomunicazioni mobili sulle
tariffe e sulle offerte di servizi base di messaggistica e accesso a internet.
Significativo è quello che sta capitando nel settore automotive, dove i nuovi
entranti che offrono servizi di car sharing, da Uber a BlaBlaCar, hanno
scatenato la corsa di molte case automobilistiche come BMW o Ford a investire
in iniziative simili: queste hanno fatto pressione sui margini e sulla
profittabilità di questi nuovi servizi di mobilità e il fenomeno sta già causando
un loro consolidamento per raggiungere sufficienti livelli di economie di scala.
È per questo che le aziende devono essere offensive e non difensive, avere
quindi una strategia digitale integrata con la propria strategia di business, tale
da trasformare il proprio modello di business e il portafoglio di offerta
attraverso lo sviluppo di nuovi segmenti di clienti, ridefinendo così la propria
catena del valore.
4.3 – La trasformazione digitale nelle imprese
53
Le possibili strategie
In un recente studio dell’MIT Sloan School of Management da parte del Center
for Information System Research, citato nel rapporto “Digital Italy 2018” [15],
sono stati identificati attraverso il framework riportato le 4 possibili strategie e
i modelli di business che le aziende stanno adottando per competere
nell’economia digitale. Il posizionamento e fatto lungo gli assi relativi alla
capacità di conoscere e instaurare relazioni strette con i propri clienti e la
capacità di controllo delle catene del valore e della loro complessità, da quelle
più lineari a quelle più a rete generate da modelli ad ecosistemi. Il modello
“supplier” e quello più tradizionale delle aziende che vendono prodotti
attraverso intermediari, che non conoscono molto del cliente finale e
normalmente si focalizzano a ottimizzare e rendere efficiente la loro supply
chain, competono sui costi e cercano modi di rendere più digitali e intelligenti
i loro prodotto. Il modello “omnichannel” (di omnicanalità) è quello delle
imprese che si focalizzano a costruire un “bundling” di prodotti e servizi in
modo da indirizzare con soluzioni le esigenze dei clienti, di cui possiedono i
dati, raggiungendoli attraverso una molteplicità di canali sia fisici che digitali.
Il modello “digitale modulare” e quello tipico di aziende che offrono servizi,
che sono agnostici rispetto al tipo di tecnologia utilizzata e che possono essere
inseriti in molti business: PayPal è il classico modelli di business digitale di
questo tipo. Infine il modello dei “driver e dei costruttori di ecosistemi” e il
modello più complesso ma anche il più scalabile e profittevole e qui Amazon è
l’esempio di riferimento: esso possiede e ospita la piattaforma tecnologica sulla
quale business partner e clienti partecipano all’ecosistema. Il driver
dell’ecosistema possiede i dati del cliente, li genera e li arricchisce ad ogni
transazione tra partner e cliente sulla piattaforma: di fatto l’azienda diventa
essa stessa una piattaforma digitale. Il modello ecosistema sottende quindi il
modello di piattaforma digitale e in questa categoria si stanno muovendo
aziende di servizi finanziari se pur in numero ancora limitato. Esse si stanno
posizionando come “la destinazione di riferimento” di servizi in alcuni
segmenti, con soluzioni complete con la possibilità di aggregare diversi player
e non rimanere semplicemente uno dei tanti servizi finanziari alternativi.
Un’altra caratteristica fondamentale e che per diventare un driver di ecosistemi
occorre possedere una piattaforma tecnologica flessibile, scalabile e integrabile.
4.3 – La trasformazione digitale nelle imprese
54
Sono diversi gli attributi e le capabilities che le aziende devono sviluppare per
costruire e gestire con successo business model digitali: saper ascoltare i clienti
e quindi non solo avere i dati, ma saper identificare le esigenze e i problemi da
risolvere, la capacità di scalare a livello industriale sulla piattaforma alcuni
servizi che sono nati come prototipi, anche con approcci di open innovation.
Ultime e non meno importanti sono le capacità di saper gestire gli aspetti di
sicurezza che il digitale amplifica, così come le problematiche normative e di
compliance associate, fondamentali per operare in alcuni settori.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
55
4.4 L’innovazione tecnologica e il settore dentale
Nel 2005 in Italia c’erano 15000 laboratori odontotecnici ad oggi ne sono rimasti
9000. Dei 15000 laboratori del 2005 solo il 2% era informatizzato, dei 9000
odierni il tasso di informatizzazione è salito invece al 40%. Cosa vuol dire tutto
questo? Vuol dire che in 15 anni la metà dei laboratori si è digitalizzata, mentre
l’altra meta ha iniziato a scomparire. C’e da aggiungere inoltre che le protesi in
Italia nel 2019 sono state fatte al 60% in digitale, infatti il 40% dei laboratori
informatizzati producono il 60% della fornitura di protesi fissa del Paese.
Cosa vuol dire per un laboratorio essere digitale? Per rispondere a questa
domanda facciamo un passo indietro e poniamoci un altro quesito, cos’e un
laboratorio odontotecnico? Un laboratorio odontotecnico è un luogo dove dei
professionisti di odontotecnica procedono alla costruzione di protesi dentarie
fisse e mobili su misura. Questo tipo di professione prevede l’utilizzo di
materiali metallici, polimerici e ceramici. Fino agli inizi degli anni 2000 il lavoro
era totalmente manuale. La produzione di una protesi partiva da un calco in
gesso del paziente sul quale veniva modellata in cera la struttura da realizzare
e poi colata in metallo con il metodo di “fusione a cera persa” utilizzato in
oreficeria. La struttura metallica veniva poi fresata a mano, lucidata, rifinita e
poi sovra-stratificata con ceramica che imita lo smalto dentale. Il processo di
stratificazione ceramico prevedeva una serie di lunghi passaggi di cottura in
forno per poter rendere il materiale vetroso al punto da ricordare il dente
naturale. Cosa vuol dire quindi oggi essere digitali? Cosa è cambiato nella
produzione delle protesi? Essere digitali significa che il lavoro non parte più
da un calco in gesso ma da una scansione intraorale, ovvero tramite un
microscopio elettronico che rileva con una serie di fotogrammi l’area della
bocca e la restituisce in 3D all’interno di un computer. Essere digitali significa
possedere scanner per rilevare in 3D i manufatti e inserirli nel computer. Essere
digitali inoltre significa avere dei software CAD per fare la modellazione della
protesi evitando così di doverlo fare in cera e inoltre significa avere un fresatore
o una stampante 3D per poter produrre la protesi progettata tramite CAD.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
56
4.4.1 Il CAD/CAM
Cerchiamo ora di capire meglio il perche dell’utilizzo della tecnologia
CAD/CAM nel settore dentale. L’acronimo CAD/CAM deriva dall’unione di
due parole inglesi ovvero computer aided design (CAD) e computer aided
manufacturing (CAM). CAD sta a identificare la progettazione di un oggetto
tramite un computer mentre CAM sta ad indicare un metodo di lavorazione
altamente tecnologico con il quale l’oggetto progettato diventa reale, prodotto
quindi da macchinari a controllo numerico. La definizione CAD/CAM riunisce
quindi due fasi di un processo di progettazione e produzione. In ambito
meccanico si parla di CAD/CAM sin dalla fine degli anni ’80, ma questa
tecnologia e entrata nella quotidianita del settore dentale soltanto nell’ultimo
decennio. In particolare il laboratorio odontotecnico utilizza questa
metodologia per produrre protesi dentarie fisse prima prodotte manualmente.
Prima dell’utilizzo del CAD/CAM, infatti, la produzione di una protesi
cominciava con la presa del calco dentale del paziente tramite una apposita
pasta elastomera. Il calco ottenuto (negativo) veniva inviato al laboratorio dove
l’odontotecnico sviluppava il positivo colando al suo interno del gesso. Questo
serviva al tecnico per avere la bocca del paziente riprodotta fisicamente.
I modelli in gesso venivano poi montati su di un articolatore, ovvero un oggetto
che simula i movimenti della mandibola ed aiuta nella fase controllo
dell’occlusione. La protesi veniva poi progettata in cera sull’articolatore,
prodotta e consegnata al dentista che la monta sul paziente. Con l’arrivo della
tecnologa CAD/CAM, il workflow cambia totalmente. Infatti, l’odontotecnico
non deve più montare manualmente il modello e lavorare con i processi a cera
persa ma gli basta sottoporre il modello in gesso (ricavato dalle impronte), alla
lettura da parte di uno speciale scanner. Lo scanner altro non è che un
proiettore che rilascia dei fasci di luce sul modello in gesso e tramite un
software costruisce un modello 3D nei punti in cui il fascio di luce ha colpito il
modello in gesso. Questa fase iniziale può essere addirittura saltata se il
dentista si avvale di uno scanner intraorale, invece di prendere il calco della
bocca utilizza direttamente in bocca la proiezione dei fasci luminosi ottenendo
così il modello digitale 3D direttamente in bocca tramite uno scanner più
evoluto (portatile). Da questo momento in poi è possibile apportare le
modifiche alla protesi virtuale direttamente con il computer.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
57
Parliamo di qualsiasi tipo di modifiche che venivano eseguite a mano, si può
simulare l’aggiunta di cera, la stratificazione di ceramica, i movimenti di
cerniera mandibolari, forma e materiali della protesi ed anche componentistica
protesica quali viti ecc... Ultimata questa fase, la fase di CAD, l’odontotecnico
possiede un file che rappresenta la protesi su misura del paziente, protesi che
normalmente avrebbe dovuto produrre manualmente passando molto più
tempo, consumando materiali e probabilmente facendo qualche errore umano.
Tale file e in un formato chiamato STL, esso rappresenta l’ingegnerizzazione
della fase CAD. Questo file può essere così inviato a macchinari specifici che
tramite coordinate spaziali possono interpretarlo e riprodurlo su appositi
materiali tramite tecniche di fresatura o stampa 3D. Solitamente si utilizza la
fresatura per le parti rigide della protesi e la stampa 3D per il modello di analisi
o la simulazione delle mucose.
Una protesi “tradizionale” in cera [F14] Una protesi progettata CAD [F15]
Protesi ottenuta tramite fresatura CAM [F16] Modello, mucosa ottenuti tramite 3DPRINT [F17]
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
58
Il CAD/CAM porta quindi nel settore non solo una ventata di novità ma
estrema precisione nella realizzazione delle protesi con possibilità di
raggiungere forme manualmente non possibili. I software permettono anche di
prevedere il carico mandibolare sul materiale quindi deciderne lo spessore per
evitare che si spezzi nel tempo. Inoltre, i tempi di realizzazione sono minori,
questo poiché affidati alle macchine, permettono all’operatore di dedicarsi
completamente alla progettazione abbassando i costi di produzione. Si
aggiungono costi diminuiti non solo dal tempo uomo ma anche dal fatto che
vengono eliminate le fasi intermedie di produzione, producendo solo l’oggetto
finale e non avendo quindi l’errore manuale umano nelle diverse fasi del lavoro
in modalità tradizionale.
L’utilizzo della tecnologia
Per stare al passo e rapportarsi a pari livello con clienti e fornitori lungo la
filiera, una parte dei laboratori da anni hanno iniziato a investire nelle
tecnologie digitali, oppure hanno avviato collaborazioni con laboratori
attrezzati. I laboratori odierni che producono protesi realizzate con tecnologia
CAD-CAM si attestano attorno al 60%, in particolare attraverso
l’esternalizzazione della produzione presso strutture attrezzate. Una crescita
che sembra essersi sviluppata soprattutto a cavallo tra il 2011 e il 2013, periodo
in cui si i laboratori hanno abbracciato maggiormente queste tecnologie. Nel
2017 grazie ad incentivi fiscali è iniziata la corsa verso la digitalizzazione del
laboratorio. In questo senso determinanti è stata la domanda di protesi che ha
portato la percentuale degli odontoiatri che richiedevano protesi proveniente
da flusso digitale a passare dal 22% nel 2015 a oltre il 60% nel 2017. Nonostante
tutto, unicamente il 27% dei laboratori dichiara di essere in possesso di un
qualche apparecchio digitale da utilizzare lungo la filiera CAD/CAM e meno
del 15% dei laboratori possiede un sistema di fresatura o stampa 3D interno,
ovvero i macchinari che permettono di ottenere fisicamente la protesi.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
59
[F18]
4.4.2 La pianificazione strategica nel settore dentale
Il settore dentale sta vivendo una profonda evoluzione in questi anni di
transizione tecnologica dove lo scenario competitivo è caratterizzato da una
forte competizione con concorrenti sempre più strutturati e l’ingresso di
investitori stranieri. Inoltre i pazienti tramite internet sono sempre più educati
sulle moderne tecniche esistenti, giungono in studio non più tramite il
passaparola, ma in seguito ad attente ricerche sui servizi operate su internet.
L’avvento di realta non più artigianali ma imprenditoriali, dove l’approccio
strategico diventa fortemente orientato al marketing, ha portato il paziente a
vedere l’offerta odontoiatrica non più come una normale cura sanitaria ma
come una e vera propria esperienza di consumo tipica degli acquisti in altri
settori, trasformando la relazione medico paziente e aumentando l’attitudine
alla negoziazione. Questo cambiamento deve essere conosciuto da dentisti e
operatori odontotecnici in modo da poter reagire al cambiamento stesso
anziché subirlo elaborando nuove strategie organizzative. A tutto questo si
aggiunge che gli istituti professionali di odontotecnica stanno chiudendo,
questo porta ad avere meno operatori nel settore e più vecchi, infatti, oltre il
50% degli odontotecnici hanno più di 50 anni e solo meno del 10% ha meno di
40 anni. C’e una popolazione vecchia, i laboratori che ci sono oggi sono calati
per un discorso demografico e di conseguenza di cultura d’impresa. Ho
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
60
personalmente intervistato Giuseppe Bacchetta, CEO di ABACUS, società che
opera dall’89 nel settore delle attrezzature innovative per lo studio dentistico.
Bacchetta dice “oggi chi ha 55 anni non si mette a lavorare digitalmente, non ci
ha creduto prima e non ci crede oggi. Gli agricoltori non hanno più la zappa ad
esempio, hanno i trattori. Per il laboratorio il digitale è come il trattore. Chi non
lo capisce chiude, continua Bacchetta, già il fattore demografico non aiuta, poi
non ti adegui in questa globalizzazione. Quindi se vuoi zappare la terra col
badile chi arriva col trattore ti schiaccia.” È una analogia veramente semplice
da esprimere quanto da capire. Come suggerisce Bacchetta, la digitalizzazione
ha mantenuto in vita quei laboratori che sarebbero stati costretti a chiudere
nell’ultimo decennio, e i numeri della produzione manifatturiera parlano
chiaro, chi va avanti è solo la struttura che ha applicato un workflow digitale.
Saper utilizzare i dati come pianificazione per una strategia competitiva
Anche se l’orizzonte temporale dell’attivita è di medio periodo si rende
comunque investire in strategie di “difesa” poiche con l’avanzare dei player
stranieri difficilmente si potrà trascorrere il prossimo decennio vivendo del
vantaggio competitivo del passato, questo in un sistema dove la domanda e
l’offerta evolvono giorno per giorno. Diventa quindi indispensabile adottare
un sistema di pianificazione e controllo, considerando opportunità e minacce
di scenario, oltre ai propri punti di forza e di debolezza, per poi prevedere un
piano di azioni finalizzato a un futuro solido e duraturo. In questo caso, un
sistema informativo correttamente coordinato permetterebbe ai professionisti
del settore di avere una visione chiara e reale di dove la propria organizzazione
si trovi in quel preciso momento, inoltre permetterebbe di pianificare
cambiamenti strategici necessari allo sviluppo dello studio monitorandone le
evoluzioni. Le informazioni archiviabili in qualsiasi sistema elettronico
riguardano diversi aspetti come dati socio-demografici del paziente, numero e
tempi di prestazioni, valori dell’effettuato, tassi di accettazione dei pazienti. Ad
oggi i software gestionali non hanno ancora preso piede nello studio, è la
dematerializzazione di cui parlavamo precedentemente.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
61
Solo se organizzati e uniformati, i dati possono trasformarsi in valore, ossia
preziose indicazioni per prendere decisioni strategiche finalizzate all’aumento
della redditività dello studio dentistico e alla fidelizzazione dei pazienti. I
vecchi archivi cartacei non possono produrre nessun dato perciò è importante
capire come prima di iniziare a fare investimenti in macchinari bisognerebbe
fare un investimento sulla dematerializzazione. La competitività nel mercato
odontoiatrico si gioca sulla differenziazione, non solo per la qualità delle
prestazioni offerte, ma anche per un insieme di aspetti circostanziali e
relazionali che incidono sulla qualità percepita dei pazienti. Lo studio
dentistico per decidere come vuole essere percepito deve definire una
pianificazione orientata all’efficienza nella gestione e all’efficacia
commerciale), mentre l’efficacia e collegata alla produzione e al new business.
Questo vuol dire creare una proposta di valore per lo studio e non cercare di
vincere una guerra di prezzo.
4.4.3 Quale futuro per il settore dentale ?
Facciamo una breve panoramica sull’utilizzo dei servizi odontoiatrici da parte
dei pazienti italiani. Secondo recenti studi (Key-stone Network, “Il centro
odontoiatrico”, n.1, apr/mag/giu 2018), emerge una forte crescita
dell’odontoiatria industrializzata, che pur rappresentando solo il 2% del
mercato, cura l’8% dei pazienti. I titolari di queste strutture non sono esperti
del settore bensì imprenditori che acquistano a basso prezzo materiali e
manodopera sfruttando le economie di scala [16]. Quest’ultimi sono entrati nel
settore perche funziona, basti pensare che ogni anno l’84% degli italiani va dal
dentista. Di questi il 2% ha iniziato ad andare all’estero mentre il 5% si rivolge
a odontoiatri convenzionati col sistema sanitario pubblico.
I numeri ci dicono che l’odontoiatria privata italiana ha ancora una grossa fetta
di mercato.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
62
Nell’infografica sottostante emergono i dati sull’afflusso degli italiani presso
strutture per la cura dentale.
[F19]
Analizzando il dato per zona geografica, l’Emilia-Romagna è la regione con la più bassa
percentuale di pazienti che si sono rivolti a grandi cliniche, unitamente ai pensionati
e a coloro che hanno la licenza media o inferiore. In Piemonte i cittadini sono andati
più spesso dal dentista privato, mentre in Lombardia la frequenza diminuisce e
aumentano leggermente le persone che si sono rivolte a un poliambulatorio.
All’aumentare dell’età, il ricorso al dentista privato diminuisce, mentre aumenta la
propensione a rivolgersi a una clinica dentale. Le motivazioni della scelta di una
struttura odontoiatrica osservando i dati relativi ci dicono che, i pazienti di cliniche
dimostrano una maggiore sensibilità al prezzo e ai finanziamenti dato che circa il 45%
ha dichiarato di averle scelte perché più economiche; il 31% (contro il 24% del dentista
privato) dice di aver scelto un centro “perché mi ha convinto di più”, il 12% perché gli
è stato consigliato. I più sensibili al prezzo sono gli uomini, i single, le fasce di reddito
più basse e coloro che si sono rivolti allo studio per un trattamento di igiene.
Per interventi specializzati, al contrario, non subiscono la sensibilizzazione del prezzo
poiché il paziente preferisce il professionista esperto. Per i pazienti di studi privati i
fattori più rilevanti sono la fiducia riposta nell’odontoiatra a seguito del passaparola
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
63
di un parente o amico (30%) e il rapporto di fiducia personale con il dentista derivante
da prestazioni precedenti (27%). Unicamente il 2% sceglie in base alla vicinanza dello
studio al lavoro o a casa. A rinunciare alle cure e non essere andati dal dentista negli
ultimi 12 mesi è stato il 34% degli italiani. Tra quelli che vi hanno rinunciato il 64%
dichiara di non averne avuto bisogno. Tra quelli che avrebbero avuto bisogno, ovvero
il 34% del campione il 25% non ci è andata per mancanza di denaro, il 9% per
mancanza di tempo e il 3% per paura di un eventuale dolore dovuto dalla terapia.
La decisione di rinunciare al dentista per questioni economiche tocca meno gli
utilizzatori dei centri odontoiatrici (il 18% ha ammesso di averci rinunciato per i costi)
e di più chi si è rivolto ad un dentista tradizionale (26%). Di seguito i dati riportati in
infografiche.
[F20]
[F21]
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
64
[F22]
Il digitale come guida per il settore
Nel settore dentale la domanda di protesi ottenute digitalmente si prospetta
come un’evoluzione totale. Secondo un recente studio (Key-stone Newtork,
“Dental Tribune Italian Edition”, maggio 2019) Nel 2018 circa il 60% degli
elementi in ceramica è stata realizzata attraverso tecniche CAD/CAM. Una
crescita importante se si pensa che nel 2011 la percentuale di protesi
proveniente dai laboratori e realizzata con workflow digitale non superava il
18%. La realtà italiana dei laboratori è altamente caratterizzata da strutture di
piccole dimensioni, mediamente 2-3 dipendenti, con un numero limitato di
studi dentistici come clienti. Nonostante questa condizione discriminante della
impossibilità a procedere con investimenti importanti ad oggi circa il 70% dei
laboratori dichiara di utilizzare tecnologie digitali per la fornitura della protesi
fissa, anche se in gran parte ancora completamente appaltate a strutture di
produzione esterna [17]. Solo da pochi anni i laboratori più evoluti che negli
anni sono riusciti a raggiungere maggiori dimensioni rispetto la media (grazie
a fusioni strategiche), hanno iniziato a investire nelle tecnologie spingendo di
fatto la digitalizzazione in ambito protesico, una diffusione di tecnologie che
riguarda ormai oltre il 40% dei laboratori.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
65
Se analizziamo l’andamento del flusso digitale dal punto di vista de gli studi
odontoiatrici e i risultati ottenuti nel 2019 quelli del 2015, si osserverà una
crescita rilevante nel flusso di lavoro digitale: se allora solo un terzo degli studi
proponeva al paziente protesi proveniente da flusso digitale, oggi la
percentuale è quasi raddoppiata raggiungendo il 64%. Questi dati dimostrano
che gli odontoiatri stanno superando quelle iniziali barriere culturali dovute
all’impegnativa curva di apprendimento richiesta dall’uso delle tecnologie
digitali e alle difficoltà e incognite derivanti da una nuova sistematica di lavoro
anche se nonostante tutte molti dentisti ancora preferiscono la protesi in gesso
per poi affidarsi al laboratorio demandando a loro la digitalizzazione del
flusso. La ricerca rileva pero, come all’aumentare dei professionisti
equipaggiati con queste nuove tecnologie, si noti un certo imbarazzo
attitudinale dovuto a una percezione di carenza di assistenza e formazione,
confermato dai dati relativi: il 13% degli intervistati infatti dichiara di utilizzare
le tecnologie digitali per bisogno ma sentendosi a disagio, mentre il 30% degli
odontoiatri si sente lontano dalle tecnologie digitali poiché non ne comprende
le potenzialità. L’apertura verso il digitale e pero sostenuta dall’intenzione di
acquisto di scanner intraorali da utilizzare in fase diagnostica e stampanti 3D
per produrre i modelli di analisi già in studio. È interessante notare come
l’incidenza di citazioni riguardanti la preferenza per il metodo tradizionale e la
scarsa dimestichezza con la tecnologia siano diminuite notevolmente rispetto
all’anno 2015. Tutti questi elementi ci portano trarre delle conclusioni, ovvero
che il processo verso la digitalizzazione della protesi non è solo irreversibile,
ma presenta un’accelerazione senza precedenti in altri segmenti lavorativi. Il
vissuto e la percezione rispetto al digitale cambiano sensibilmente in funzione
del “livello di maturazione” degli operatori e della dotazione tecnologica
posseduta. Infine bisogna sottolineare che è ormai di grande attualità anche la
ridefinizione del rapporto industria/odontotecnico/odontoiatra: competenze,
processi e ruoli non potranno che essere riscritti nella logica di “fare sistema”
in tutta la filiera, con reciproca soddisfazione degli operatori e massima qualità
per i pazienti, dove la digitalizzazione fa da collante verso un futuro più roseo
per tutti. In ogni caso, se il trend è che il settore dentale cresce molto di più che
il nostro Paese, è indispensabile che il singolo professionista, debba crescere
con esso.
4.4 – L’innovazione tecnologica e il settore dentale
66
Gli elementi digitali ci sono, la tecnologia è pronta per essere utilizzata e sta
solo al professionista scegliere se differenziarsi tramite l’utilizzo di tecnologie
innovative o rimanere passivo al mercato in cui opera.
Tutto cambierà ed esploderà nel giro di una decina di anni. Ognuno deve
capire quando è il suo giusto momento per il proprio cambiamento e
investimento, di tempo e denaro, o nel caso l’avesse gia affrontato, quale
miglioria e innovazione ulteriore fare a livello organizzativo e formativo.
4.5 – New Ancorvis
67
4.5 New Ancorvis
Vorrei dedicare le ultime pagine all’impresa italiana chiamata New Ancorvis.
New Ancorvis viene fondata nel 1948, dapprima realizza semplici attacchi
protesici ma a partire dagli anni 2000 inizia investimenti nei primi sistemi
computerizzati che le permettono di differenziarsi nel mercato dentale. Man
mano che veniva rilasciata sul mercato una nuova tecnologia questa veniva
imbrigliata per essere utilizzate per produrre qualcosa che fino a quel momento
era fatto solo manualmente. Ad oggi New Ancorvis riesce a fornire servizi a
360 ° con un flusso di lavoro totalmente digitale. I nuovi progetti digitali di
stampa 3D e chirurgia guidata rappresentano la sfida attualmente intrapresa
dall'azienda in un settore dove oramai il nome New Ancorvis è diventato
sinonimo di “pioniere”. La chirurgia guidata permette infatti tramite TAC di
digitalizzare il tessuto osseo in 3D e prevedere dove inserire gli impianti
evitando agli odontoiatrici errori in fase chirurgica che potrebbero
compromettere la normale vita dei pazienti. Questo tipo di progetti che oltre
mare hanno già preso piede in Italia rappresentano solo il 4% della totalità delle
chirurgie odontoiatriche, un segmento di settore dove la digitalizzazione può
permettere a New Ancorvis di guadagnare nuovi clienti ogni giorno.
Progettazione di una dima chrirugica [F23]
4.5 – New Ancorvis
68
New Ancorvis e l’esempio perfetto di digitalizzazione di un settore.
Ciò che è consentito dallo stato della tecnologia odierna viene offerto al cliente
e ciò che la tecnologia non può ancora offrire viene studiato già dalle sue prime
fasi embrionali in modo da essere pronto per essere proposto sul mercato una
volta che la tecnologia può essere utilizzata. New Ancorvis è inoltre una fonte
di ispirazione per gli oceani blu, poiché la dove il settore si fossilizzava sulle
operazioni manuali, la strategia dell’organizzazione ha deciso di investire su
tecnologie che nel settore dentale non erano ancora state previste, creando un
centro di produzione che ad oggi viene imitato dai concorrenti di settore come
modello di business. Cos’e quindi che differenzia New Ancorvis dagli altri
player del settore ? Ciò che la differenzia è la strategia estremamente
competitiva di differenziazione imperniata sul digitale.
Nella foto il CEO Davide Cantoni su un Segway, sinonimo di innovazione e dinamismo [F24]
5 – Conclusioni
69
Capitolo 5
Conclusioni
La trasformazione digitale presenta ancora per molte aziende il cartello
“lavori in corso”, rendendo, così, necessario individuare i fattori associabili allo
sviluppo digitale; ad oggi si riscontra una sempre più forte correlazione tra
industria ed evoluzione digitale, aspetto da non sottovalutare soprattutto per
l’Italia che, essendo il secondo paese in Europa per industrializzazione ma il
quartultimo per livello di digitalizzazione, si trova di fronte ad un bivio: scalare
l’indice di digitalizzazione, cercando, così, di aumentare la propria
competitività nel panorama internazionale o compromettere seriamente la
propria posizione come produttore industriale. Tuttavia, scegliere il
“cambiamento”, intraprendendo così percorsi innovativi, vorra dire affrontare
diverse sfide, prima fra tutte la promozione di un’interazione tra sfera pubblica
e privata: ad esempio iniziative come il Piano Industria 4.0 sono state senz’altro
vantaggiose per il Paese, ma l’entita degli investimenti finanziari destinati
all’innovazione tecnologica è ancora piuttosto limitata, soprattutto se
paragonata alle strategie messe in atto dalle più potenti economie mondiali: si
pensi, ad esempio, alla Cina, dove nel 2018 sono stati finanziati otto progetti di
ricerca relativi all’intelligenza artificiale per un importo totale di 430 milioni di
dollari, investendo nel 2018-2019 più di 1 miliardo di dollari in start-up che si
occupano di AI. Sarà inoltre fondamentale lavorare sulle risorse umane: la
trasformazione digitale richiede nuove competenze che attualmente in Italia è
difficile individuare e intraprendere la strada dell’open innovation, così che
anche i sistemi industriali più complessi, ricorrendo a risorse esterne, possano
sperimentare approcci innovativi. In questo contesto, dunque, per l’Italia e
indispensabile salire sul treno dell’innovazione e, per farlo, sara necessario
adottare un nuovo modello di policy: soltanto una politica digitale opportuna,
infatti, consentirà di innovare la grande tradizione del Made in Italy, creando,
così, le basi per il futuro sviluppo economico e industriale del Paese. Occorre
quindi iniziare subito a sperimentare, partendo dalle best practice
internazionali, così da promuovere la creazione di un nuovo mercato digitale
per l’innovazione.
70
6 - Bibliografia
71
Bibliografia
[1] Robert M. Grant (2012) L’analisi strategica per le decisioni aziendali - Il mulino,
8.
[2] Micheal Porter (2011) Competitive advantages – Piccola Biblioteca Einaudi.
[3] Robert M. Grant (2012) L’analisi strategica per le decisioni aziendali - Il mulino,
10-16.
[4] Abram Maslow (2013) A theory of human motivation – Watchmaker Pub.
[5] Robert M. Grant (2012) L’analisi strategica per le decisioni aziendali Il mulino,
11.
[6] Robert M. Grant (2012) L’analisi strategica per le decisioni aziendali Il mulino,
12.
[7] W. Chan Kim e Renée Mauborgne (2005) - Blue Ocean Strategy - Harvard
Business School Press, 1.
[8] W. Chan Kim e Renée Mauborgne (2005) - Blue Ocean Strategy - Harvard
Business School Press, 5.
[9] Inder Sidhu (2016) - Digital revolution: Come le innovazioni digitali
trasformano il nostro lavoro e la nostra vita – Maggioli Editore, 1.
[12] Enrico Acquati (2017) - Digital Italy 2017 - Maggioli Editore.
[15] Enrico Acquati (2018) - Digital Italy 2018 – Maggioli Editore.
7 - Sitografia
72
Sitografia
[10] TeamSystem (2016) - Digital transformation: come diventare fornitori digitali e
capitalizzare l’innovazione – Disponibile all’indirizzo:
https://www.digital4.biz/whitepapers/digital-transformation-come-diventare-
fornitori-digitali-e-capitalizzare-linnovazione/
[11] Laura Zanotti (2019) – Industria 4.0: storia, significato ed evoluzioni
tecnologiche a vantaggio del business - Disponibile all’indirizzo:
https://www.digital4.biz/executive/industria-40-storia-significato-ed-
evoluzioni-tecnologiche-a-vantaggio-del-business/
[13] Matteo Starri (2019) - Digital 2019: tre italiani su cinque attivi sui social per
quasi due ore al giorno - Disponibile all’indirizzo:
https://wearesocial.com/it/blog/2019/01/digital-in-2019
[14] Redazione zerouno (2020) - Digitalizzazione in Italia nel 2019, ecco quel che è
successo - Disponibile all’indirizzo:
https://www.zerounoweb.it/trends/digitalizzazione-in-italia-nel-2019-ecco-
quel-che-e-successo/
[16] Roberto Rosso (2018) – Il mercato sta cambiando: ecco come – Disponibile
all’indirizzo: http://key-stone.it/press_adv_pdf/IlCentroOdontoiatrico_1.pdf
[17]Roberto Rosso(2019) - Studi odontoiatrici e laboratori: il future della protesi
sarà sempre più digitale - Disponibile all’indirizzo: https://www.key-
stone.it/press_adv_pdf/DentalTribune_maggio2019.pdf
8 – Indice delle figure
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Indice delle figure
[F1] Modello delle 5 forze di Porter, pag.4 – Fonte: Elaborazione dell’Autore.
[F2] Nascita del vantaggio competitivo, pag.7 – Fonte: Elaborazione dell’Autore
[F3] Piramide di Maslow, pag.13 – Fonte: Elaborazione dell’Autore
[F4] Analisi di potenzialità del prodotto pag.14 – Fonte: Elaborazione dell’Autore
[F5] Evoluzione della vita di un settore, pag.16 – Fonte: Wired.it
[F6] Chi trae beneficio dall’innovazione, pag.20 – Fonte: Elaborazione dell’Autore
[F7] Dar vita a un oceano Blu, pag.22 – Fonte: W. Chan Kim e Renée Mauborgne (2005) -
Blue Ocean Strategy - Harvard Business School Press
[F8] Strategia oceano rosso vs blu, pag.24 – Fonte: W. Chan Kim e Renée Mauborgne (2005) -
Blue Ocean Strategy - Harvard Business School Press
[F9] I sei principi della strategia oceano blu, pag.25 – Fonte: W. Chan Kim e Renée Mauborgne
(2005) - Blue Ocean Strategy - Harvard Business School Press
[F10] I tre livelli dei non clienti, pag.26 – Fonte: W. Chan Kim e Renée Mauborgne (2005) -
Blue Ocean Strategy - Harvard Business School Press
[F11] DESI index 2019, pag.45 – Fonte: https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/desi
[F12] Punteggio DESI regioni italiane 2019, pag.45 – Fonte:
https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/desi-regionale-2019-litalia-digitale-e-divisa-in-
due-e-lontana-dalla-ue/
[F13] DESI regionale 2019, pag.46 – Fonte: https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/desi-
regionale-2019-litalia-digitale-e-divisa-in-due-e-lontana-dalla-ue/
[F14] Protesi tradizionale, pag.57 – Fonte: http://www.pamwax.com/CereProtesiMobile.html
[F15] Protesi CAD, pag.57 – Fonte: https://www.mainstreetdentallab.com/
[F16] Protesi CAM, pag.57 – Fonte: https://www.dentalsmileclinic.it/dentista/implantologia-protesi-e-
alta-tecnologia/materiali-innovati-in-implantologia
8 – Indice delle figure
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[F17] Modello 3D, pag.57 – Fonte: http://www.stamparein3d.it/arfona-si-aggiudica-il-premio-al-
concorso-propelify-startup-con-la-sua-stampante-3d-dentale-a-fff-15130-2/
[F18] CAD-CAM: uso della tecnica nella realizzazione di protesi fissa, pag.59 – Fonte: https://www.key-
stone.it/
[F19] Italiani in cura presso strutture dentali, pag. 62 – Fonte: https://www.key-stone.it/
[F20] Accesso ai centri dentali, pag.63 – Fonte: https://www.key-stone.it/
[F21] Tipi di professionista, pag.63 – Fonte: https://www.key-stone.it/
[F22] Tipo di consultazione scelto, pag.64 – Fonte: https://www.key-stone.it/
[F23] Dima chirurgica in progettazione, pag.63 – Fonte: https://www.studiopoddi.it/chirurgia-guidata-
cose-quali-suoi-benefici/
[F24] Immagine di repertorio, pag.68 – Fonte: https://infodent.it/
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