Post on 17-Jun-2020
Erasmus Plus KA1 “Party-cipate” – JOB SHADOWING
PORTOGALLO 13-18 FEBBRAIO 2017
DIARIO DI BORDO di PIERANGELA SCARNATO
PROLOGO
Tutto iniziò in una tarda mattinata di inizio dicembre, al termine di cinque faticose ore di
lezione… mi era rimasto acceso un unico neurone, quello deputato alla memoria delle
circolari riferentesi ad impegni imminenti: e così, grazie a quel prezioso neurone
sopravvissuto, mi ricordai della riunione del gruppo Erasmus +
Partycipate convocata per quel lunedì dicembrino alle 13:30 e
aperta anche ai “nuovi” colleghi, curiosi ed eventualmente
interessati a partecipare alle nuove mobilità… Fu così che mi
forzai, lottando contro l’ipoglicemia ed il sonno imperante, a
proseguire la mia permanenza all’interno dell’edificio
scolastico, facendo finta che il solicino che vedevo brillare
birbante ed invitante al di là delle tapparelle dell’atrio verso cui mi ero diretta in pieno
automatismo lobotomico, non fosse altro che un’allucinazione partorita dalla mia mente
stanca. E come una sonnambula mi diressi silenziosa verso il punto convenuto ove avrebbe
avuto luogo il misterioso incontro, curiosa di conoscere le facce degli altri “misteriosi” party-
cipanti..!
Giunsi così nella luminosa biblioteca ove una chioma argentea mi apparve da lontano, brillare
della luce traslucida di quel solicino che mi aveva fatto pocanzi l’occhiolino da fuori e che
adesso impertinente era entrato attraversando vetri, capelli e aria stagnante pur di arrivare
fino a me a ricordarmi le ultime ore di luce che mi stavo accingendo a perdere..! La chioma
stava seduta ad un tavolo in posa meditabonda, quasi assorta e adorante del nuovo idolo
moderno: un fiammeggiante ed altrettanto bianco iPad, prezioso complice di tanti progetti!
Poco a poco le chiome aumentarono, di vari colori, forme e
densità, per alcuni tuttavia sarebbero state solo un ricordo…
Fu così che presentai la mia di chioma, dopo di ché poté avere
inizio la promettente riunione in cui fu presentato il progetto
in questione e fu chiarito come sarebbe proseguito. Le
colleghe a capo della riunione, le “grandi sagge”, cercavano
disponibilità per il Job Shadowing, parole a me note ma mai
sperimentate. Ero convinta nella mia ignoranza che si sarebbe
trattato di un’esperienza avvincente, entusiasmante, che mi avrebbe portato all’istante ad
essere indistinguibile da una docente autoctona, originaria del paese ospite… quindi avrei
avuto possibilità di fare, osare, sperimentare, oltre i limiti imposti dalla per me odiosa
burocrazia e dalle regole asfissianti. Dopo le prime
parole però la mia foga allucinatoria (ancora non
avevo mangiato..) andò ridimensionandosi per
adattarsi alla realtà e fuggire dalle fantasie di gloria
infantili. Shadowing significa “fare ombra”, quindi,
molto più umilmente, quello che un “perfetto job
shadower” avrebbe dovuto fare sarebbe stato
“semplicemente” rendersi quasi invisibile, fare in
sostanza la “moschina” per osservare, senza
interferire con essa, la normale e consueta attività
didattica dei colleghi a cui si sarebbe affiancato.
Detti la mia disponibilità che fu tosto presa in considerazione e dopo poche settimane seppi
che sarei partita assieme ad altre due colleghe della mia scuola e ad una quarta collega di San
Marcello Pistoiese alla volta del Portogallo! Il periodo non sarebbe stato proprio quello
comunemente associato all’immaginario portoghese… sole, caldo, profumi, baccalao, pastel
de belem, mareao, etc, etc.. il mese di Febbrao (non è un refuso..) ci avrebbe visto coinvolte
in una completa full-immersion nella scuola di Caldas das Taipas: di caldas ci sarebbe stato
ben poco a dire il vero, mentre l’immersion ci sarebbe stata tutta vista la guazza e la bruma
imperante, degna di Inveraray, in cui abbiamo trovato galleggiare il ridente paesiello…
Arrivò quindi il giorno della partenza, anzi… la notte! Fresca come una rosa lasciata al sole
per ore (ma anche le mie colleghe, notai, non erano messe molto meglio..) preparai una
valigia il cui principale contenuto era rappresentato da pane gluten free, mio inseparabile
compagno da ormai quasi due anni e con gli stecchini agli occhi mi diressi all’appuntamento
notturno in zona equivoca per congiungermi alle mie compagne di avventura e prendere il
bus che ci avrebbe condotto alla volta dell’aeroporto più comodo che vi fosse: Bologna!
In men che non si dica ci ritrovammo a Oporto! Solo tredici ore di
comodissimo viaggio, tra sedili Kuftansa,
gislonghe all’aeroporto di Monaco, altri sedili
Kuftansa (anche questo non è un refuso..),
aria condizionata a gogò e navetta con
poltrone in pelle umana pronta a condurci
nel nostro meraviglioso Hotel di Caldas das Taipas, dove ad attendere
SOLO noi ci sarebbe stata un’accogliente e calorosa famigliuola…
MI SENTO LEGGERMENTE
OSSERVATO… COME SE
AVESSI UNA PRESENZA ALLE
MIE SPALLE..!
In quello stesso pomeriggio, a sole due ore dal nostro arrivo, a distoglierci dall’agognato
riposo sarebbe venuta la nostra referente sul posto, la profesora Ana Maria Guedes: in un
perfetto inglese a cui soltanto Chiara, non ancora completamente capitolata all’imminente
febbrone, avrebbe prontamente risposto, Ana iniziò a descriverci ciò che avremmo fatto e
cosa ci avrebbe atteso… ma per quella sera la sola cosa a cui eravamo ancora capaci di
pensare sarebbe stata la cena..! Io ero pensierosa all’idea di dover probabilmente digiunare
per una settimana, nel caso non fossi riuscita a
spiegare le mie necessità… e invece… chi l’avrebbe
mai detto che il mio semplice pesce gluten free
avrebbe generato l’appetito invidioso delle mie
compagne?? Fatto sta che le seguenti cene furono
per tutte gluten free e decisamente appetitose! La
tetra famigliuola ci volle bene.. ;-)
Ed eccoci finalmente alla descrizione dei nostri giorni a… Caldas das Taipas!
DIARIO di BORDO
Lunedì 13 Febbraio 2017
La mattinata piovosa è trascorsa per tutte noi insieme ad Ana mentre la povera Chiara è
dovuta restare a letto con la febbre scoppiata in tutta la sua potenza quella stessa notte. Noi
invece abbiamo visitato la scuola e fatto la conoscenza del preside e degli insegnanti con cui
avremo condiviso la settimana. Il preside, persona affabile e gentile, ci ha salutate parlando
esclusivamente in portoghese… abbiamo comunque capito che in questa scuola superiore
sono presenti sia la parte liceale che la tecnico-professionale, in entrambe i casi della durata
di tre anni (10°, 11° e 12° del percorso obbligatorio: in Portogallo l’obbligo è fino ai 18 anni).
Per nostra fortuna i colleghi che abbiamo incontrato successivamente masticavano sia
l’inglese che lo spagnolo e soprattutto erano molto disponibili e pazienti! Abbiamo notato
anche che l’età media degli insegnanti è abbastanza omogenea, sui 50 anni e più… noi
eravamo delle giovincelle al loro confronto!
L’edificio della Escola secundaria di Caldas das Taipas è
davvero molto grande e moderno, costruito da appena
cinque anni grazie ai fondi ministeriali. Gli ampi spazi di
cui è dotato non riescono però ad essere
adeguatamente riscaldati (ed in effetti mi è capitato,
stranamente per i mei “standard”, di patire il freddo
all’interno di alcune aule..!). Non meno spaziosi si sono
presentati gli spazi destinati agli insegnanti: un’ala
intera del primo piano del blocco principale! All’interno di tale blocco si trovano un sala
professori di dimensioni gigantesche con grandi armadietti ove riporre le cose personali,
scaffalature per i materiali comuni, molti tavoli con sedie e computer; come se non bastasse
ci sono state mostrate una stanzetta silenziosa ove
correggere i compiti, un'ampia area ristoro dotata di
tavolini, divanetti, forni a microonde, un frigorifero,
termos e stoviglie ove rifocillarsi e socializzare senza
carte tra i piedi e… dulcis in fundo… altre piccole stanze
a vetri in cui i coordinatori di ciascuna classe, previo
appuntamento, incontrano i genitori: eventuali altre
comunicazioni da parte dei docenti della classe saranno
riferite da loro. I docenti non coordinatori quindi NON
debbono ricevere alcun genitore… in caso di necessità
ci penserà il coordinatore! Altra “perla” è che l'ora di
ricevimento è decurtata dall'orario settimanale!
Scopriamo così che i nostri colleghi hanno per
contratto un orario di 22 moduli di 50 minuti per le
lezioni e altri 13 moduli per le riunioni, le correzioni dei
compiti, la preparazione delle lezioni, l’affiancamento
ed il potenziamento dei ragazzi… Tutto il lavoro
docente viene pertanto reso “visibile” in quanto ufficializzato dal contratto stesso di lavoro! I
coordinatori avranno quindi lezione per 21 moduli.
Proseguendo nella “passeggiata” all’interno della scuola siamo finite nella mensa: uno spazio
galattico da oltre quattrocento posti di cui studenti ed insegnanti possono usufruire a prezzi
ridotti quando restano per le lezioni e/o le attività del pomeriggio. La scuola infatti è aperta
fino alle 18 con una pausa pranzo dalle 13:00 alle
14:10: cinque moduli al mattino a partire alle 8:15 e
tre al pomeriggio per il liceo (quattro per il tecnico)
con intervalli di dieci o quindici minuti ogni “ora”
durante i quali i docenti non debbono sorvegliare
nessuno… Notiamo come l'organizzazione dell'orario
sia molto diversa rispetto a quella della maggior parte
delle scuole italiane che fa lezione solo di mattina,
dalle 8:00 fino alle 14:00 (in barba alle necessità
fisiologiche di tutti..). La maggior parte delle scuole ha il sabato libero. Facendo il conto
totale i nostri colleghi portoghesi non lavorano più di noi: “semplicemente” lo fanno con più
relax e meno corse al cardiopalmo!
Dopo questo primo shock veniamo condotte ad un
altro blocco dell'istituto, quello dedicato ai
LABORATORI di fisica, chimica, biologia e geologia,
dove mi attende il secondo “colpo”… Si tratta di
stanze enormi (ad occhio circa 120 mq) fornite al
centro di otto grandi tavoli ove i ragazzi lavorano e
possono prendere appunti, dotate di banconi alle
pareti con tutti gli attacchi (acqua, luce e gas) e sopra
i quali è possibile collocare gli strumenti necessari
alle attività sperimentali; inoltre in ogni laboratorio sono anche presenti una cattedra con
computer, due ampie lavagne, un videoproiettore, attaccapanni a gogò e armadietti aperti
stile ikea ove i ragazzi possono riporre giacche e zainetti senza buttarli per terra attentando
all’incolumità del docente di turno che osasse arrischiarsi ad una “passeggiatina” tra i banchi.
Resto a bocca aperta… tanto vale approfittarne e andare a pranzare!
Nel primo pomeriggio torniamo a scuola
ove ognuna di noi dà inizio finalmente al
vero e proprio Job Shadowing ovvero alle
osservazioni in classe fingendosi l’ombra
del rispettivo collega! Io ho iniziato
seguendo per tre ore una lezione in
laboratorio della collega Maria José Neves
(presto scoprirò che si chiamano tutte
così..!) e subito mi si è rivelato il primo
degli arcani! Convinta di seguire la
docente di chimica mi sono ritrovata invece ad assistere ad una lezione di fisica sul piano
inclinato! O cos’è successo?? Chiedo appena posso a Maria José se non ho capito bene o se
farà proprio fisica: lei, simpatica e piaciona, mi risponde serafica che i docenti di chimica
spiegano anche fisica. Quelli di biologia invece faranno anche geologia. Molto diverso
rispetto a quanto avviene da noi… Questa diversa ripartizione delle discipline tra cattedre di
insegnamento riflette il diverso percorso universitario: quando le dico che da noi chi insegna
fisica è il docente di matematica mi guarda stupita come
se provenissi da un altro pianeta.. Comunque, oramai
resto e mi “godo” la lezione, se non altro per capire cosa
mai farà in tre ore… per me tutta questa disponibilità di
tempo rappresenta una dimensione ultraterrena! Altro
shock me lo dà il constatare che i ragazzi presenti sono
soltanto poco più di una dozzina… che fine ha fatto
l’altra metà della classe??? Mah… lo chiederò in un altro
momento altrimenti anziché ombra alla profesora farò ombra (distruttiva) alla sua lezione e
mi manderà (è proprio il caso di dirlo...) a quel paese… il mio!! Vabbè.. torno alle
osservazioni… durante la prima ora Maria José ha spiegato ai ragazzi in maniera partecipata e
maieutica i principi teorici alla base dell'esperienza che andavano a fare (il piano inclinato); i
ragazzi hanno poi condotto l'esperimento da soli ma con la supervisione di lei. L'ultima ora è
stata infine destinata all'analisi dei dati, alla stesura di una relazione e alla teorizzazione del
principio. Niente di trascendentale insomma, nessuna infusione di scienza per magico tocco
di teste o coscienze, ma la consuetudine di una pratica didattica comune a tutti noi, fatta di
dialogo, domande, attese, stimoli, risposte, ricapitolazioni e pause di riflessione… la natura
del dialogo umano insomma, di un dialogo simmetrico fatto di proposte e ascolto da ambo le
parti. Al termine della gelida lezione (l’umidità è stata tale da bloccarmi definitivamente la
cervicale già messa a dura prova dal viaggio) fuggo via salutando tutti per cercare tepore in
albergo e recuperare la funzionalità del mio collo ma sarà una speranza vana… anche la
salute di Chiara scoprirò non avrà fatto grandi passi in avanti…
Devo dire che al termine di questo primo giorno ciò che più mi ha colpito sono stati proprio
agli spazi, sia architettonici che psichici: grande è la tranquillità con cui i miei colleghi si
muovono, l’abbondanza di tempo per fare e per pensare ed il silenzio… sì, anche tra i ragazzi,
quando era il momento, il silenzio era un prodotto spontaneo della loro attività e non il
risultato teso di un’imposizione dall’alto…
Martedì 14 Febbraio 2017
Oggi è potuta venire anche Chiara, alla quale è “relativamente” passata la febbre. Io ho
seguito per un'ora la collega Isabela Azevedo,
docente di biologia presso l'Istituto Tecnico di
Termalismo. Nella mia profonda ignoranza del
portoghese pensavo si trattasse di un percorso che
formasse tecnici per la manutenzione delle caldaie,
ma qualcosa mi aveva lasciato perplessa… quasi il
90% della turma (così si chiama la classe) era
costituita da ragazze! Possibile che amino le
caldaie?? Mah… Seguo la lezione riservandomi di
chiarire ed in effetti poi mi verrà detto che si tratta di un percorso che porta alla formazione
di… estetiste! E già! Caldas das Taipas è famosa per le terme! Qualcuno che provvederà ai
massaggi e ai peeling dovrà pur esserci e le ragazze sembrano gradire questa prospettiva…
ora mi “torna”! Isabela ha condotto una lezione sull’apparato cardiorespiratorio: i contenuti
erano molto semplici e l’approccio molto tradizionale, pura lezione frontale molto strutturata
e con scarsissima partecipazione delle ragazze che si limitavano a ricopiare le slides che
proiettava. La collega ha utilizzato il power point (come del resto tutti i colleghi che mi è
capitato di seguire hanno fatto… ad eccezione delle lezioni laboratoriali) e l’ora di lezione era
molto scandita: 15 minuti iniziali di ripasso seguiti da 10 di nuovi contenuti; pausa di 5 minuti
di silenziosa riflessione, poi altri 10 minuti di lezione e infine gli ultimi 10 minuti per copiare
gli schemi in religioso (ed imbarazzante..) silenzio… sarà forse la mia presenza ad inibire
comportamenti maggiormente vivaci? Resterò nel dubbio… intanto che rifletto sulla
questione Isabela si avvicina a me e mi dice che i ragazzi del professionale non hanno il libro
di testo: il ministero passa un libro ogni due ragazzi solo per materie come madrelingua,
inglese e area di integrazione, libri che alla fine restano alla scuola. Quindi i docenti “devono”
fornire del materiale che possa restare ai ragazzi e lo fanno tramite le slides che i ragazzi
fanno proprie ricopiandole. Certo… il Portogallo è un paese davvero povero, con un reddito
medio sui 700 euro grosso modo e la grandezza architettonica dell’edificio scolastico unita
alla sua grande organizzazione non deve trarmi in inganno… comunque resta un segno della
considerazione che questo Paese ha dell’istruzione e degli investimenti che vi fa.
Torno in me. Resto davvero colpita dalla pulizia e dall’ordine delle classi: i banchi sono privi di
incisioni paleolitiche e geroglifici, sono pulitissimi al punto che ci potremmo mangiare sopra!
Le pareti delle aule bianche come l’avorio, senza impronte di mani a spruzzo o di piedi
fangosi, prive di graffiti e di dediche impudiche all’amato/a di turno. Le manifestazioni
creative lecite sono contenute all’interno di una precisa porzione di parete, appositamente
predisposta. Nessuno sembra chiedere di più.
L'ora termina ed Isabela mi chiede di accompagnarla
nell’aula degli Special Needs (SN) ove segue due alunni di
altre classi: mi spiega che ha richiesto ed ottenuto dal
preside che il suo orario fosse strutturato lavorando sia sulla
materia con una classe, sia sugli SN che sull’area di
integrazione per il resto dei 22 moduli. Resto esterrefatta: al
di là dei gusti personali da noi vige una rigidità tale che
anche solo il pensare ad una simile “variabilità” dei contenuti all’interno dei propri orari è
inimmaginabile… All’interno di tale aula ove il tempo passa tranquillo tra chiacchiere e
attività manuali trovo anche Maria José Neves… pure lei completa il suo orario di cattedra
con gli SN! Le successive tre ore mi avrebbero riservato il terzo shock della giornata…
Scopro che dovrò affiancare (spero non sfiancare..!) per tre ore Maria José Alves (un’altra
Maria José…) durante una lezione di biologia in laboratorio: fuori piove e dentro regnano il
gelo e l’umidità visto che l’ampiezza degli spazi (forse usano i pattini a rotelle per spostarsi?)
non consente al riscaldamento di raggiungere un tepore confortevole… i miei alunni si
sorprenderebbero a vedermi tremante nonostante il giubbotto addosso! Intanto la mia
cervicale peggiora fino a regalarmi un blocco degno di Jas Gawronsky!
Maria José ha strutturato la lezione in tutta
comodità: nell’immenso laboratorio tutto a sua
disposizione e con solo tredici alunni peraltro
buonissimi, allestisce una serie di esperienze sul
riconoscimento delle biomolecole negli alimenti
tramite reazioni colorimetriche. La prima ora
viene dedicata alla spiegazione dell'attività che
seguirà, la seconda allo svolgimento delle prove
sotto l’affettuosa supervisione della profesora
stessa e la terza alle conclusioni, con tanto di raccolta dati e redazione di una relazione. I
ragazzi hanno avuto anche il tempo di ripulire tutto a puntino e rimettere a posto. Alla fine
non hanno resistito e mi hanno chiesto per quale
squadra tifassi: per non deluderli mi sono finta (ma non
troppo) tifosa della Juventus, squadra effettivamente a
me cara e da tutti conosciuta.
Ma eccolo il terzo shock… forse la vera causa del mio
terribile torcicollo! Chiesti lumi sul ridotto numero dei
ragazzi presenti alla lezione di laboratorio sono venuta a sapere la nuda verità: la limitata
presenza è dovuta ad un altro aspetto decisamente invidiabile del lavoro dei miei colleghi
“scienziati” portoghesi: ognuno di loro ha ben DIECI… MODULI…
DI… LEZIONE… PER… CLASSE… A… SETTIMANAAAAAAA…!!!! Appena ho
realizzato la “cosa” mi sono dovuta sedere aggrappandomi alla
cattedra… solo 10??? Significa due classi e basta..! e due ore
(pardòn… moduli..!) sull’area di integrazione dedicata come
detto prima ad aiuto allo studio, recuperi, approfondimenti…
“E.. e.. e cosa fate in dieci ore..?” ho mormorato con un filo di
voce in un inglese che lasciava il posto allo spagnolo con
intersezioni italiane… Maria José, tranquillissimamente, mi
spiega, come si fa con i bambini capoccioni, che quattro sono dedicate alla teoria e sei alla
pratica laboratoriale di cui tre con una metà della classe e le altre tre con l'altra metà, così da
fare le cose per bene… e soprattutto con calma… con calma… con molta calma…
Il mio collo a questo punto è bloccato del tutto..!
Mercoledì 15 Febbraio 2017 Ancora mi devo riprendere dalla sequenza di shock del giorno prima quando suona la sveglia
e mi rendo conto che ad attendermi ci sarà la terza mattina di “trabalho” portoghese..! Ma
non sarà così semplice alzarsi dal letto… il mio collo pesa una tonnellata e ci verrebbe un
argano per sollevarlo! Mi devo arrangiare con quello che ho: nulla! E allora girati che mi
rigiro, prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra fino ad aggrapparmi al cielo pieno
di nubi che ci attende fuori, nel titanico sforzo di sollevare la
schiena di 90 °… “per oggi ho già dato” vorrei dire ma non
posso… e dopo una trista ma agognata colazione gluten free mi
incammino con Chiara-rediviva per arrivare a scuola in orario
alla prima ora per svolgere il lavoro di “perfetta Job Shadower”!
Strada facendo cerchiamo di dimenticare i rispettivi malanni e
ci mettiamo a ragionare di ciò di cui siamo venute a conoscenza: gli stipendi dei nostri
colleghi sono simili ai nostri ma anche i loro da alcuni anni sono “congelati” a causa degli
effetti della Troika (come ci dirà il preside). Gli scatti, pochi ma consistenti, avvengono in
seguito ad una valutazione da parte sia di ispettori ministeriali che di valutatori esterni
(prima erano interni) che altro non sono che colleghi con più anzianità di servizio e che hanno
seguito un corso ad hoc. Ana Maria Guedes, il nostro contatto, ci aveva raccontato di aver
fatto la valutatrice e di essersi trovata però molto a disagio in questo ruolo, sia da interna
(perché “odiata”..) che da esterna (perché tutto sommato doveva prendere una decisione
importante con pochissimi elementi di giudizio..). Ora comunque tutto è sospeso da un paio
di anni, sempre per la Troika… Resta il fatto che da loro il costo della vita è decisamente
inferiore al nostro: “occhiometricamente” direi un 40% in meno, quindi il loro stipendio
risulta avere un potere d’acquisto superiore al nostro. Che dire..?
Arriviamo a scuola ove mi attendono due ore con Jorge Fonte collega di chimica all’11° classe
del liceo. Ci troviamo grazie al GPS nel galattico loft professori ed insieme andiamo al blocco
5 ove si trova la nostra aula. Avevo già notato che tutte le porte delle aule hanno un vetro
laterale che permette dall’esterno di osservare chi
c’è dentro e cosa sta facendo: l’idea mi piace da
tempo: non c’è nulla da nascondere nel fare
lezione ed un minimo di visibilità/permeabilità
verso l’esterno mentre si lavora rende meno
isolati e permette a chi è fuori e volesse entrare di
rendersi conto se è un buon momento o meno.
Ora invece noto un’altra cosa curiosa: la porta
dell’aula viene aperta dal collega stesso all'inizio
della lezione con delle chiavi in suo possesso
mentre i ragazzi sono fuori ad attendere. Entriamo e dentro troviamo la “solita” pulizia e
perfezione degne di una navicella spaziale..! Jorge mi presenta rapidamente alla classe (cosa
che in modo diverso hanno fatto anche tutti i suoi colleghi) e passa subito all’attacco con la
correzione degli esercizi assegnati per casa chiamando i ragazzi alla lavagna; si consuma così
la prima ora. Dopo un comodissimo intervallo rigeneratore di neuroni e foriero di chiacchiere
anche tra noi, inizia la seconda ora dedicata interamente alla spiegazione degli equilibri
chimici: anche Jorge si avvale di slides (quelle fornite dall’editore con il libro di testo) e di
video. Per ora, a parte il contesto futurista sia strutturale che organizzativo, non noto
differenze rilevanti tra loro e me… anzi… ripensando al mio modo di lavorare e a come potrei
apparire se osservata da “fuori” mi pare di essere molto più interagente con i ragazzi,
inventiva, non prevedibile. I miei colleghi portoghesi invece, almeno i quattro finora
osservati, mi paiono muoversi sempre molto lentamente e ricalcando orme prestabilite…
senza lasciare nulla al caso!
L’ora successiva mi faranno compagnia Anna e Chiara e andremo a seguire una lezione di
biologia del collega José Codeco. Prima di bussare
alla porta dell’aula osserviamo dal vetro che la
affianca chi c’è dentro e cosa sta facendo: che
strano… un nome da uomo ma la collega che vedo è
donna! Mah… sarà tipo Andrea che si usa sia per i
maschi che per le femmine? Vabbè… busso ed
entriamo: salutiamo e dopo due rapide parole di
presentazione ci andiamo a sedere in fondo come le
scolarette che non vogliono farsi notare e ascoltiamo
la lezione. Gli occhi dei ragazzini (sono piccini loro, del 10° anno, quindi hanno circa 16 anni…
beh, tanto piccini poi non sono…) sono tutti su di noi, poi tornano sulla loro prof e ogni tanto,
furtivamente, su di noi. La collega, una simpatica profesora vestita di verde, sta tenendo una
lezione teorica tradizionale sulle biomolecole e come al solito… usa le slides!! Ma va?? Mi
chiede a metà lezione di parlare ai ragazzi e spiegare chi siamo e cosa facciamo: ovviamente
parlo in inglese… o meglio, una lingua che lo ricorda molto… Noto che i ragazzi mi ascoltano
sorridenti e curiosi e commentano con gridolini tutto ciò che dico… mi dovrò preoccupare?
La classe è chiaramente carina e simpatica… ed infatti, al suono della campanella, si sono
precipitati tutti accanto a noi sommergendoci di domande e sorrisi… i primi raggi di sole che
vedo da quando siamo partite! Parlando con la collega si svela un altro arcano: altro che
chiamarsi José! Lei si chiama Alexandrina! Che figura! Ed io le sono finita in classe senza che
nemmeno ne sapesse niente! Per un equivoco, poi chiarito, pensavo fosse la lezione di José
Codeco, ma non avendolo mai visto non ero certa
fosse un uomo…
Nel pomeriggio mi aspetta un’altra lezione di chimica
(ad una classe dell’11° anno) questa volta con il vero
José Codeco! È un uomo, non c’è alcun dubbio..!
Subito mi presenta ai ragazzi come se mi conoscesse
da una vita e li sollecita a farmi domande. Per fortuna nessuno mi chiede di parlare di calcio
(lo sport..): vogliono un po’ sapere come funziona la scuola in Italia: al sentire che le superiori
durano cinque anni subito si rallegrano di essere portoghesi! Ma il clou c’è quando
apprendono che il nostro esame di maturità è un vero e proprio tour de force con tre scritti
ed un orale su quasi tutte le materie: da loro è solo scritto e molto meno pesante. Il collega
José è stato anche spiritoso perché ha scherzato sulla mia presenza: ha spiegato come
sempre usando le slides ma nelle prime cinque, alle scritte portoghesi ha aggiunto la
traduzione in italiano per farmi onore! “Opera di google translator” ha detto, dopo di ché ha
proseguito nelle modalità consuete: ripasso, spiegazione nuova, pausa di digestione mentale,
esercizi, ancora avanti, esercizi, compiti, fine, il tutto condito da una quantità di relax a dir
poco soporifera...
Giovedì 16 Febbraio 2017
Oggi sono tornata nella stessa classe 11° di chimica di Jorge Fonte; prima di dare inizio alla
lezione vera e propria li sprona a farmi delle domande sulla scuola italiana… (ancora..!) ma le
mie risposte non sembrano toccarli. Poi riprende la lezione ricalcando le altre già viste: una
quindicina di minuti di ripasso della lezione precedente,
una breve pausa e poi nuovamente spiegazione con
slides della casa editrice (altri colleghi le personalizzano
ma sono comunque usate moltissimo), quindi piccoli
esercizi da svolgersi in modo autonomo con ritmo
blando; la seconda ora viene dedicata interamente ad
esercizi più corposi con correzione alla lavagna.
Parlando con il collega è venuto fuori che c'è stata una riforma dei curricola circa due anni fa
che ha del tutto eliminato l'astronomia dai programmi: è rimasta solo la parte dell'evoluzione
stellare. Questa scelta dall’alto lo ha rammaricato visto l’appeal che sui ragazzi viene di solito
esercitato dall’argomento universo, cosmo, stelle e pianeti. Gli chiedo allora delle verifiche:
loro hanno i trimestri e ne fanno due, non importa se scritte o orali: generalmente comunque
sono scritte visto che nel liceo scientifico-tecnologico la chimica e la fisica (come pure la
biologia e la geologia) sono materie di indirizzo su cui verrà svolto l’esame alla fine dell’11°
anno: mi fa vedere così delle verifiche impostate come l'esame finale, con domande a scelta
multipla, a risposta aperta (corta o lunga) ed un problema. Mi dice anche che le valutazioni
vengono date con voti da 0 a 20 dove 11 è la sufficienza. Gli chiedo se oltre al consueto
lavoro all’interno delle classi sono chiamati a seguire progetti o attività esterne alla scuola e
mi dice che il tutto è lasciato all’iniziativa del singolo docente; del resto anche i viaggi di
istruzione sono limitati: per motivi economici vengono preferite le mete nazionali, più
economiche e capaci inoltre di arrecare beneficio all’economia locale.
Nel pomeriggio tutte e quattro noi abbiamo infine avuto
l'atteso incontro con il preside José Augusto Ferreira Araújo,
incontro a cui ha partecipato anche un’“entusiasta” Ana
Maria Guedes che non vedeva l’ora di defilarsi… Chissà
quante volte avrà dovuto assistervi! Il preside non bada a
convenevoli e passa subito al sodo e per due lunghissime
ore non farà altro che parlarci del sistema educativo
nazionale confrontandolo con quello italiano, proiettandoci
numerose tabelle riguardanti il monte orario delle discipline, i vari indirizzi e l'organigramma
della scuola, il tutto rigorosamente ed esclusivamente
in portoghese. Di tutte le cose che ci sono state
raccontate alcune le avevamo già apprese “strada
facendo”, altre erano questioni estremamente tecniche
e solo poche a dire il vero mi hanno colpito al punto da
ricordarmele: alcune sono riferibili all’organizzazione
scolastica, altre riguardano la didattica ed infine una
parte riguarda la figura professionale del docente. Le
potrei schematizzare così:
ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA
Le superiori in Portogallo durano tre anni: dai 15 ai 18 appena compiuti. Al termine dei primi
due anni vi è un esame sulle materie opzionali mentre al termine del terzo vi è l’esame di
Stato.
Nel biennio del PERCORSO LICEALE i ragazzi seguono sette materie di cui quattro comuni e tre
opzionali d’indirizzo e nessuna ha meno di tre moduli a settimana. La scelta può ricadere su
quattro indirizzi: scientifico-tecnologico, socio-economico, artistico e umanistico. Altra cosa
sono i PERCORSI PROFESSIONALI.
Nel terzo ed ultimo anno il numero di materie si riduce a cinque di cui due opzionali ed una di
indirizzo: in tal caso una materia viene attivata solo con un minimo di iscrizioni. Le scelte dei
ragazzi quindi condizionano gli insegnanti, in quanto se non vi sono sufficienti iscrizioni nella
materia che insegnano i docenti possono vedere ridotto il loro monte orario: per uno o due
anni possono essere occupati in altre mansioni, ad esempio con gli alunni in difficoltà, o in
biblioteca, o nell’area di integrazione didattica. Negli anni successivi invece vedrebbero
ridursi lo stipendio fino al 40%.
FIGURA PROFESSIONALE DEL DOCENTE
In Portogallo per gli insegnanti sopra i 50 anni è prevista una riduzione dell’orario di lezione
frontale: ogni cinque anni possono effettuare due ore in meno di lezione con gli alunni
compensando queste ore con attività di altro tipo all'interno della scuola, ad esempio in
biblioteca.
Quando un docente si ammala può decidere se presentare certificato medico e allora non
viene pagato i primi 3 giorni o decidere di recuperare i giorni persi e allora viene pagato.
Dopo un mese di assenza per malattia lo stipendio viene ridotto. Ora tuttavia è tutto
congelato a causa della crisi economica.
Quando si fa la divisione delle classi all'inizio dell'anno se qualcuno è in esubero può andare a
insegnare in un'altra scuola nel raggio di 50 km.
Riguardo la valutazione degli insegnanti sono necessarie venticinque ore annuali di
aggiornamento per poter accedere al livello successivo anche se per ora è tutto fermo per la
crisi economica. Gli insegnanti sono valutati dai colleghi più anziani per il 60% e per il resto da
ispettori esterni che valutano basandosi soltanto su due lezioni.
Il preside può conservare l'insegnamento in una classe, infatti lui è primus inter pares, un
insegnante della scuola eletto dal consiglio generale della scuola.
DIDATTICA
Non c'è un responsabile della didattica ma vengono fatte riunioni all’interno dei dipartimenti
e tra i coordinatori delle varie aree.
I programmi sono seguiti in modo rigido ed improntati alle conoscenze: queste scelte sono
motivate dalla necessità di preparare i ragazzi al superamento dell’esame finale.
I voti vanno da 0 a 20 con la sufficienza dall’11 in poi. Il 20 non viene praticamente mai dato,
tranne se uno è di manica larga: i voti medi cascano sul 14-15.
Alla fine dell’incontro, ancora stordite da tante
parole e tanti concetti nuovi e per me troppo
burocratici, abbiamo fatto una foto di
rappresentanza e per riprenderci siamo subito
uscite a fare quattro passi approfittando delle
ultime luci di un giorno che dopo tanta pioggia ci
aveva finalmente regalato una tregua.
Venerdì 17 Febbraio 2017
È l’ultimo giorno e lo passiamo soprattutto tra i saluti e le ultime lezioni. Oramai resta poco
altro da scoprire ma fa piacere tornare in alcune classi particolarmente affettuose e da alcuni
colleghi altrettanto gentili. Nel loft professori ritrovo Maria José Alves che mi fa vedere le
verifiche che sta correggendo: le dovrei far vedere ai miei alunni quando si lamentano delle
mie… ben undici pagine fitte di quesiti, esercizi e domande da svolgere in due ore… in
proporzione le mie due facciate da svolgersi in un’ora di sessanta minuti fanno ridere i polli..!
Torno poi con José Codeco proprio nella classe ove credevo di averlo conosciuto la prima
volta nelle vesti di Alexandrina!
Seguo la lezione, metto meglio a fuoco il suo stile, paterno e rigoroso e non mi sottraggo alla
gioiosa curiosità dei ragazzini. Osservando quelli rimasti in classe durante la breve pausa che
c’è ad ogni ora, mi stupisco infine nel ritrovare tra loro certi giochini “cretini” identici a quelli
che i nostri ragazzi fanno all’intervallo, come
quello di lanciare per aria una bottiglietta
d’acqua semipiena cercando di farla cadere
dritta… pensavo si trattasse del parto scemo di
qualche mente adolescente pratese ed invece lo
ritrovo perfettamente uguale a migliaia di km di
distanza…! Si tratterà di un caso di evoluzione
adolescenziale convergente..!?! In fondo noi
esseri umani abbiamo le stesse caratteristiche di
base, ovunque nel mondo…
Prima di salutarli definitivamente non riesco a sottrarmi al vezzo di un selfie con loro, giusto
per ricordarmeli fra qualche anno, quando quest’esperienza sarà solo un lontano ricordo.
CONCLUSIONI
Una settimana in un'altra scuola è giusto un assaggio, qualcosa che ci permette solo di intuire quella che è la “realtà” vissuta quotidianamente dai nostri colleghi nel loro contesto… Non sono rientrata a casa con la pretesa di aver conosciuto e capito tutto, potendo quindi affermare cosa è meglio e cosa è peggio in assoluto… la realtà non si può tagliare con l’accetta ma delle percezioni importanti restano e ciò che ne devo fare, oltre a condividerle, è metterle a fuoco per trasformarle, se possibile, in azioni concrete per stare meglio io e chi in qualche modo mi intercetta sul proprio cammino, nonostante i confini angusti in cui come docente di scienze della scuola statale italiana mi trovo ad operare da anni assieme a migliaia di altri miei colleghi “sofferenti”. Ho lavorato in varie scuole, diverse per tipologia di utenza e per indirizzo di studio e le poche parole che seguiranno fanno riferimento a tutta la mia esperienza, non solo ai pochi mesi di quest’ultimo anno scolastico. In Italia noi docenti siamo limitati nel TEMPO a disposizione per fare il nostro lavoro, sempre più ricco nei contenuti richiestici (almeno per quel che riguarda le scienze) e complicato se non soffocato da una burocrazia che alla fine non sottende altro che una cosmica mancanza di fiducia nel personale docente e la conseguente necessità paranoica di controllarlo in ogni mossa che compie. Siamo altresì limitati nello SPAZIO a disposizione per muoverci: aule pollaio, laboratori piccolini quando ci sono, contiguità fastidiose e asfissianti (penso ai rumori legittimi che dalle palestre giungono nelle classi…), condizioni fisiche insopportabili come i caloriferi accesi fino ad aprile (alla faccia del riscaldamento globale che siamo ipocritamente chiamati ad affrontare teoricamente nelle nostre lezioni..) o le connessioni internet insufficienti anche semplicemente per poter segnalare quegli stessi ritardi su cui dobbiamo vigilare come secondini (non dico per poter fare la didattica del “3000” visto che il 2000 oramai è storia…) o le corse all’alba per trovare una fotocopiatrice funzionante libera. Tutto ciò è una fonte inesauribile di stress… Tuttavia, ripensando all’esperienza da poco conclusa, non posso non gioire della libertà d’insegnamento di cui godiamo e di cui non ci rendiamo conto. Non avendo più i programmi possiamo liberarci da tutti quei lacciuoli (per noi adesso “solo” mentali) che obbligano altri, tra cui i colleghi portoghesi, a sequenze rigide di argomenti: siamo liberi di articolare i contenuti fondamentali della materia in un discorso dotato di senso e trasmetterlo ai ragazzi lasciando loro in eredità non tanto contenuti quanto attaccamento e curiosità, perché il senso che saremo in grado di trasmettere non potrà non riflettere, se non tutto almeno in parte, il nostro personale approccio alla Vita. Certo sarebbe bello avere “capra e cavoli” ma è importante anche “non gettare via il bambino assieme all’acqua sporca”… Concludo ringraziando le persone che hanno reso possibile quest’esperienza, in particolare le colleghe di inglese Assunta Nappi e Stefania Zampiga per aver progettato anni fa il percorso, prima ancora che sapessero della mia esistenza su questa Terra e per aver suggerito la mia partecipazione a chi di dovere; ringrazio il preside del Liceo Copernico Stefano Gestri per aver acconsentito alla nostra partenza ed il preside della scuola di arrivo José Augusto Ferreira Araújo per averci accolto; un grazie alla collega Anna Gori nostro referente dall’Italia e ad Ana Maria Guedes referente sul posto; infine un caro ringraziamento alla cuoca dell’albergo per la sua costante attenzione al gluten free e… dulcis in fundo alle mie colleghe Anna, Chiara e Beatrice grazie alle quali questi giorni sono stati anche ricchi di simpatia e calore umano.
PIERANGELA SCARNATO