Post on 16-Feb-2019
il concetto di
centralità della
persona
COUNSELING
FAMILIARE:
alla sua base:
l’insegnamento di
Carl Rogers e
Rogers è nato nel 1902 ed è morto nel 1987
È stato un innovatore non solo nella
psicologia ma anche nelle scienze
umane, pedagogiche e sociali. È stato
definito da Farson con una felice
espressione: “rivoluzionario silenzioso”.
Nel 1951 Rogers pubblica Terapia centrata
sul cliente che contiene alcuni
presupposti teorici che rimarranno
sostanzialmente invariati nella sua opera.
Il suo approccio in un primo tempo viene
definito approccio non direttivo,
successivamente si introduce la
definizione di “centrato sul cliente” per
diventare poi “centrato sulla persona”.
Centrale è per Rogers
il concetto di “autocomprensione”
termine che valorizza il soggetto e le sue
personali possibilità di cambiamento
se incontra una condizione favorente.
È ancora attuale
il pensiero di Rogers? Lo psicologo e psicoterapeuta Alberto
Zucconi, fondatore dell’Istituto
dell’Approccio Centrato sulla Persona
(IACP), nella prefazione a Terapia centrata
sul cliente vede in Rogers un anticipatore
del paradigma bio-psico-sociale e individua
una connessione fra il pensiero di Rogers e
la teoria dei neuroni a specchio.
Rogers:
•Ha introdotto la ricerca in terapia
attraverso il lavoro di registrazione
di sedute e di analisi dei testi
registrati.
•Ha dato risonanza al termine
“Counseling” consentendone
l’espansione nel mondo.
Il counseling familiare è rivolto sia
alla persona che alla famiglia.
È un intervento integrato in cui coesistono il
lavoro di attenzione a ciascun membro della
famiglia e quello rivolto alle relazioni che si
instaurano all’interno della famiglia stessa.
COUNSELING FAMILIARE:
Elemento base: il colloquio
Il colloquio nel nostro approccio è un
colloquio semistrutturato in cui coesistono
alcune regole, ma anche la flessibilità con cui
le regole si applicano
Si considera l’unicità della persona e del
momento che sta vivendo
Il colloquio di counseling
secondo il nostro approccio
presta particolare attenzione
alla vita delle persone
ai fatti della vita quotidiana.
L’attenzione ai fatti, alle cose è sottolineata da vari autori:
Bodei, La vita delle cose Jedlowsky, Il sapere dell’esperienza
Sennet, L’uomo artigiano
Il counseling, come le discipline d’aiuto dell’area preventiva, deve prestare attenzione alla vita quotidiana
Husserl occorre tornare alle cose stesse
La Fenomenologia è un supporto teorico
fondamentale per noi professionisti d’aiuto
dell’area preventiva.
Quando parliamo di famiglia scopriamo il
valore delle cose come oggetti che
mediano la relazione. Sono gli oggetti che
determinano l’umore della famiglia.
La famiglia quando si rivolge a un
counselor parla spesso di cose:
le scarpe lasciate fuori posto
lo zaino che ti devo controllare
il divano sul quale ti sdrai mentre i
piatti toccano a me il diario che ti
devo controllare, il cellulare che tieni in
mano anche a tavola.
Le cose sono mediatrici di relazioni
sono pezzi su cui
noi professionisti d’aiuto
dobbiamo prestare attenzione
L’attenzione alle cose è attenzione alla vita vera vissuta
delle persone e delle famiglie
Lo sa il mediatore familiare,
l’assistente sociale,
il counselor.
Nel counseling familiare ci sono le cose e
c’è la percezione delle cose
da parte delle persone.
Le cose sono viste
attraverso il filtro del modo soggettivo
con cui la persona vede le cose.
È l’aspetto riguardante il vissuto.
Il counseling familiare
si sofferma sul modo
in cui la persona vede le cose.
Dà spazio alle percezioni di tutti i
componenti del sistema famiglia.
Estratto da un colloquio di counseling familiare:
Md: “Siamo in difficoltà con nostro figlio di 12 anni, è
diventata faticosa qualsiasi cosa, qualsiasi contatto con
lui, mi mette alla prova, ci provo, mi sforzo, ma mi
richiede molte energie”.
Pd: “È un approfittatore, se ti dà un bacio, ha in mente
un secondo fine…. ha sempre voglia di emergere, di
confrontarsi, di avere scontri, questo atteggiamento lo
porterà incontro a dei guai… più avanti potrebbe trovare
chi lo sistema. Non ha rispetto di nessuno neanche
della sorella più grande…”.
C: “Come si sente come padre di un
ragazzo che se ne approfitta?”
Pd: “Male… il problema è che sin dal
mattino c’è lo scontro. Se devo stimare una
percentuale, posso dire che il positivo di
mio figlio è solo il 10%. Tutto il resto non
funziona, in nessun ambito del quotidiano”.
Il counselor ascolta le descrizioni:
le parole con cui il genitore
presenta il figlio sono
letture personali intrise di emozioni.
Il counseling familiare lavora con la
percezione del genitore prigioniero di una
rigidità percettiva che lo induce a vedere
il figlio in modo unilaterale
che il figlio conferma.
Quando la famiglia chiede un intervento,
è prigioniera di un processo circolare
che sta producendo un malessere:
il malessere del figlio crea
malessere nei genitori che in una condizione
di sofferenza, perdono la capacità di vedere
lucidamente la situazione e di individuare
possibilità di cambiamento.
Si crea un
crescente circolo vizioso
Il counseling familiare
è un intervento che tramite
il colloquio favorisce nei genitori
la possibilità di esprimere
le proprie fatiche e sofferenze.
Se la persona sta meglio può vedere
e sperimentare nuove soluzioni.
Il counselor familiare possiede
una formazione che integra
la componente rogersiana
con elementi appartenenti
all’orientamento sistemico.
È un intervento flessibile
che può essere applicato
alla coppia genitoriale o alla famiglia,
in qualche caso a un solo genitore.