Zygmunt Bauman, Per un welfare planetario

download Zygmunt Bauman, Per un welfare planetario

of 20

description

Pubblicato su Micromega luglio 2009

Transcript of Zygmunt Bauman, Per un welfare planetario

  • 175PER UN WELFARE PLANETARIOQual il ruolo della cultura e degli intellettuali nella

    modernit liquida, in cui i cittadini sono stati sostituiti daiclienti? E qual il compito della nostra epoca? Zygmunt

    Bauman propone di passare dallidea di Stato sociale che haconsentito lintegrazione umana a livello di nazioni a quella

    di Pianeta sociale, per raggiungere unintegrazione a livello diumanit, includendo tutti i popoli del pianeta.

    ZYGMUNT BAUMANin conversazione con MARIAPAOLA LEPORALE

    In una delle sue opere principali, la Repubblica, Platone afferma che ilgoverno della citt dovrebbe essere retto dai filosofi, poich a essi appar-tengono la virt della conoscenza e quella della saggezza. Oggi, nel mon-do contemporaneo o, usando una sua espressione, nella modernit liqui-da, viviamo un periodo di profonda decadenza culturale, aggravata dalfatto che le lite intellettuali non riescono pi a rappresentare una guidaper le persone e a diffondere valori. Come lei analizza nel testo La solitu-dine del cittadino globale, stiamo assistendo alla ritirata della paideia eallassalto dellagor, vale a dire del luogo dove privato e pubblico si in-contrano, lo spazio della discussione della societ civile. Si rende dunqueurgente ritrovare larte di tradurre il privato in pubblico. Ma come pula cultura riottenere questo suo ruolo fondamentale? Secondo lei, cosadovrebbero fare le lites intellettuali?Nella Repubblica Platone attribuisce ai filosofi il diritto/missione/desti-no di progettare le leggi che governano la convivenza umana, formulan-do cos il paradigma originario che ha ispirato tutte le successive, molte-plici e ripetute pretese di potere terreno espresse dagli uomini di cono-scenza ossia da coloro che affermavano, cos com riconosciuto lorodalla comune opinione, di avere accesso diretto alla verit, negata al re-sto dellumanit. Per quanto questa verit fosse ritenuta elevata, eterea,ultramondana (ubicata, come insiste Platone, fuori dalla caverna incui gli uomini e le donne comuni trascorrono linterezza delle loro vite),affinch essa potesse realizzarsi, erano richiesti mezzi materiali, solidi,tangibili e amministrati dai poteri terreni. Gli uomini di conoscenza,che desideravano legiferare in vista di una vita e di una societ buone,sembravano dover affrontare la scelta tra salire al potere e lessere unavox clamantis in deserto. Essi avevano bisogno di poteri terreni per met-tere in atto la loro visione, sebbene abbiano mascherato (e in questo mo-do nascosto) il loro desiderio di potere dietro al bisogno dei governanti diacquisire da loro il progetto da realizzare concretamente. I philosophesdei Lumi hanno giocato con la figura del despota illuminato. Un de-

  • 176 spota, vale a dire un sovrano onnipotente capace di e disposto a impor-re, con il consenso o contro il dissenso dei suoi sudditi, tutte le leggi cheritiene giuste e appropriate; ma illuminato, poich cerca il consiglio dicoloro capaci di illuminarlo sul tema delle leggi giuste e appropriate, unsovrano che riceve tale consiglio e lo applica.Fin dallinizio, e attraverso la loro burrascosa convivenza, i governantipolitici e gli uomini di conoscenza sono stati chiusi, rispetto alle loro ri-spettive vocazioni (per usare un termine di Max Weber), in una relazio-ne incurabilmente ambivalente. Da un lato, la loro unione sembra natu-rale e indissolubile, simile allunione destinale tra nazione e Stato (la na-zione, il cui spirito poeti, filosofi, artisti e giuristi hanno sostenuto di volerarticolare e promuovere, aveva bisogno dello Stato per affermare anzi,per rafforzare la sua causa, mentre lo Stato aveva bisogno di una causanazionale per legittimare la sua richiesta di obbedienza ai sudditi).Dallaltro lato, per, la filosofia (e le arti in genere) e la politica hanno se-guito, in accordo alle loro rispettive nature, pragmatiche distinte e troppospesso opposte: la prima guidata dai valori di verit/bellezza/bont, elaltra dallutilit. Gi in se stessa, questa opposizione stata il focolaio diun conflitto mai davvero terminato, inoltre stata sorpassata ed esacer-bata dallaggiunta di una specie di rivalit sorella tra i detentori del po-tere e i detentori della conoscenza, che rivaleggiano per lo stesso scarsobene (lautorit) usando differenti, ma in ogni caso autofornite e autoam-ministrate, legittimazioni del diritto di possederlo. Per i detentori del po-tere, lidea che la legittimit dei loro atti dipendesse da forze esterne noncontrollabili era un abominio impossibile da accettare. Questa innata ten-denza del potere politico allautosufficienza e allenfatico rifiuto di tutti ipretendenti alternativi di legittimazione dellautorit stata teorizzata daCarl Schmitt nel suo concetto decisionista della politica: il governantefa quello che fa seguendo decisioni sue proprie, senza avere bisogno (o, inrealt, senza tenere conto) di nessunaltra autorit per giustificare le suemosse. La teoria democratica , a grandi linee, daccordo con Schmitt: es-sendo lopinione pubblica (ossia la volont dellelettorato) una parte or-ganica, anzi, definente del processo politico, nessuna autorit ha il dirittodi interferire con le decisioni dei governanti correttamente eletti (luti-lit, il principio guida delle pratiche dellordinamento politico, statadallo stesso ridefinita come utile per guadagnare sostegno e vincere leelezioni).Lei mi chiede: Come pu la cultura riavere il suo ruolo fondamentale?.Al suo inizio, lidea di cultura stava a indicare uno strumento, assisti-to dal potere, del progresso verso una condizione umana universale.Cultura ha denotato poi una missione di proselitismo, organizzata inmodo tale da essere intrapresa e tratteggiata nella forma di un risoluto eininterrotto sforzo di acculturazione e illuminazione universali, di unmiglioramento sociale e di unedificazione spirituale: la promozione de-gli inferiori al livello di quelli che si trovano sulla vetta. O, usando

  • 177lispirata e largamente ripetuta espressione di Matthew Arnold tratta dalsuo libro Culture and Anarchy (1869), come un lavoro che cerca disbarazzarsi delle classi; per rendere attuale ovunque il meglio che statopensato e conosciuto nel mondo; per far vivere tutti gli uomini in unat-mosfera di dolcezza e luce, espressione specificata nella prefazione diLiterature and Dogma (1873) come il lavoro che sta aspettando coloroche lo cercano: La cultura la passione per la dolcezza e la luce e (ciche pi conta) la passione di farle prevalere. La parola cultura entr nel vocabolario moderno come una dichiara-zione di intenti come il nome di una missione voluta e ancora da intra-prendere. Essa notifica unordinanza ai potenziali missionari, designan-do in una sola volta quelli, relativamente pochi, chiamati per accultura-re e quei molti che aspettano di essere oggetti di acculturazione: i guar-diani e i loro sottoposti, gli insegnanti e ci che insegnato, i produttorie i loro prodotti. Cultura sta a indicare il patto, voluto e sperato tra coloro che conosco-no (e, soprattutto, che sono sicuri di conoscere) e tra coloro che ignorano(o che vengono definiti ignoranti da coloro che sono certi di essere beninformati); un patto siglato unilateralmente e messo in atto dallemer-gente classe della conoscenza che vuole che il suo ruolo di comando siadebitamente rispettato nel nuovo ordine, quello in procinto di essere co-struito sulle rovine dellancien rgime. Lintento dichiarato quello dieducare, illuminare, migliorare e nobilitare le peuple, recentemente ri-battezzato come les citoyens del nuovo Stato-nazione, ossia il risultatodello sposalizio tra lemergente nazione autoelevatasi a Stato sovrano elemergente Stato rivendicante il ruolo di guardiano della nazione. Ilprogetto dellIlluminismo ha assegnato alla cultura (intesa come lavo-ro di acculturazione) lo status di strumento principale nelle mani dellanazione e dello Stato per la costruzione dello Stato nazione. Allo stessotempo, ha reso la classe della conoscenza il principale soggetto in gra-do di utilizzare questo strumento. Limpresa di illuminazione, ambi-guamente oscillante tra le ambizioni della politica e le riflessioni della fi-losofia, ha finito per cristallizzarsi nellopera di disciplina di una partedei cittadini nei confronti di altri. Lemergente Stato nazione si sentiva incoraggiato dalla crescita demo-grafica, poich credeva che laumento del numero di potenziali lavorato-ri-soldati aumentasse il suo potere differenziale rispetto agli altri Sta-ti. Visto che gli sforzi della nazione in costruzione, congiuntamente alprogresso economico, produssero un crescente numero di individui nonnecessari (invero, interi strati di popolazione di cui era urgentementenecessario sbarazzarsi, per paura di non riuscire a raggiungere e mante-nere il tanto agognato ordine o di minarne pericolosamente la crescita),il nuovo Stato nazione costituitosi fu presto spinto a cercare fuori daipropri confini spazi adeguati dove smaltire i prodotti e gli individui in

  • 178 eccesso. Gli sforzi da cui sono risultati un impero in via di costruzione ela colonizzazione hanno dato una potente spinta allidea di cultura fi-glia dellIlluminismo e una dimensione completamente nuova alla mis-sione di proselitismo che questa idea sottintendeva. In consonanza con lavisione di illuminare le persone, hanno preso forma i concetti di one-re delluomo bianco e di portare i selvaggi fuori dalla loro selvatichez-za. Si presto resa necessaria una patina teoretica datasi nella formadella teoria dellevoluzione culturale, che ha conferito alla parte svi-luppata del globo il ruolo di modello pi avanzato, vale a dire di quelmodello che prima o poi avrebbe dovuto essere raggiunto anche dal restodel pianeta, il quale doveva essere attivamente aiutato (o costretto) avolgersi in questa direzione. La teoria dellevoluzione culturale ha as-segnato alle societ sviluppate la parte di centro planetario con un ruolomissionario verso il resto dellumanit, concepito pensando alla funzionerichiesta da e/o assegnata alllite della conoscenza nella sua relazionecon le persone nella metropoli coloniale. In questo centro, quella che ho sopra definito una bicentenaria dichiara-zione di intenti ha generato unestesa e ampia rete di istituzioni createper lo pi per lo Stato e il suo funzionamento, istituzioni forti abbastan-za per contare, per il loro esercizio continuo, sul loro stesso impeto, sullaroutine radicata e sullinerzia della burocrazia. Lobiettivo desiderato (lagente reincarnatasi nei cittadini) era raggiunto e la posizione delleclassi della conoscenza nel nuovo ordine era sicura, o almeno creduta ta-le. Piuttosto che unaudace e iconoclastica avventura, piuttosto che unacrociata e una missione, la cultura apparsa (e come tale poteva esserediscussa in maniera credibile) come un congegno omeostatico, una spe-cie di giroscopio che rendeva il neonato Stato nazione resistente ai ventisfavorevoli, mantenendolo su una rotta stabile o, secondo lautorevoleespressione di Talcott Parsons, che rendeva il sistema autoequili-brante. In poche parole: da arma della rivoluzione moderna, la cultura di-ventata un conservante, uno stabilizzatore, un organismo in equilibrioomeostatico o un giroscopio dello status quo moderno. precisamente inquesto momento (un momento breve e transitorio, come sarebbe prestostato chiaro) che la cultura stata catturata immobilizzata come inunistantanea, studiata e registrata nel Distinction del sociologo fran-cese Pierre Bourdieu. La sua analisi affine al tipo di saggezza della not-tola di Minerva, che scruta il paesaggio mentre questo comincia a dissol-versi nelloscurit della notte immergendosi nella luce del tramonto.Questo sguardo cattura la cultura al servizio dello status, ossia la cul-tura che riproduce la societ ed equilibra il sistema nel suo camminoverso limminente ridondanza.Questa ridondanza stata il risultato di parecchi processi che hannocontribuito al passaggio dalla forma solida di modernit a quella li-quida. Il termine modernit liquida denota lo stato, attualmente do-

  • 179minante, della condizione moderna, chiamata anche, da altri autori, coni nomi di postmodernit, tarda modernit, seconda modernit oipermodernit. Ci che rende liquida la modernit la compulsiva eossessiva, inarrestabile e in accelerazione modernizzazione, attraversola quale proprio come i liquidi nessuna forma di vita sociale in gra-do di conservare a lungo la propria forma. Il mescolamento dei solidi,una caratteristica endemica e costituente di tutte le moderne forme di vi-ta, continua ma i solidi mescolati non sono pi destinati, come prima,a essere rimpiazzati da solidi nuovi e migliorati, pi solidi, che sisperava fossero immuni da tutti gli ulteriori mescolamenti.Oggi la cultura fatta di offerte, non di norme. Come gi stato notatoda Bourdieu, la cultura vive attraverso la seduzione, non attraverso unaregolamentazione normativa, attraverso le pubbliche relazioni, non tra-mite lorganizzazione; creando nuovi bisogni/desideri, non costrizioni.Questa nostra societ una societ di consumatori e, cos come il restodel mondo visto e vissuto attraverso i consumatori, la cultura diventaun contenitore di prodotti pensati per il consumo in competizione traloro nellimpresa di attrarre linstabile attenzione dei potenziali consu-matori e di mantenerla per pi di un attimo. Labbandono di rigidi stan-dard, la soddisfazione della mancanza di discernimento, il servire tutti igusti e il non privilegiarne nessuno, lincoraggiare lirregolarit e laflessibilit (il nome politicamente corretto della mancanza di spinadorsale), il rendere affascinanti linstabilit e lincoerenza sono perci lacorretta (lunica ragionevole?) strategia da seguire.Lattuale fase di progressiva trasformazione dellidea di cultura dallasua forma originale ispirata allIlluminismo alla sua reincarnazione li-quido-moderna incitata e messa in atto dalle stesse forze che promuo-vono lemancipazione dei mercati dalle rimanenti restrizioni di naturanon economica tra le quali le restrizioni sociali, politiche ed etiche. Nelraggiungimento della propria emancipazione, leconomia liquido-mo-derna, incentrata sui consumatori, dipende dalleccesso di offerte, dal lo-ro invecchiamento precoce e dalla rapida dissipazione del loro potere diseduzione tutti fattori che la rendono uneconomia di spreco e di perdi-ta. Allinterno di questo sistema non possibile sapere in anticipo qualedelle offerte si riveler abbastanza seducente da stimolare il desiderio diconsumare, il solo modo di scoprirlo quello di procedere per tentativi,esponendosi a costosi errori. La fornitura continua di nuove offerte e ilvolume in crescita dei beni in offerta sono fattori indispensabili se sivuole mantenere rapida la circolazione di beni e costantemente rinnova-to il desiderio di rimpiazzarli con beni nuovi e migliorati cos comeper impedire che la disaffezione del consumatore verso singoli prodottiindividuali si converta nella generale disaffezione nei confronti del mododi vita consumistico in quanto tale. La cultura sta diventando ora unodei reparti del grande magazzino tutto quello di cui hai bisogno e chesogni, nel quale si trasformato il mondo abitato dai consumatori. Co-

  • 180 me in altri reparti di questo negozio, gli scaffali sono pieni zeppi di pro-dotti forniti giornalmente, mentre i banconi sono adorni delle pubblicitdelle ultime offerte, destinate a sparire presto assieme alle attrazioni chereclamizzano. I prodotti e le pubblicit sono entrambi studiati per ecci-tare e scatenare i desideri (come ha meravigliosamente espresso GeorgeSteiner: per il massimo impatto e listantanea obsolescenza). I com-mercianti e i pubblicitari contano sul matrimonio tra il potere delle of-ferte di sedurre e il forte desiderio dei consumatori di avere qualcosa chegli altri non hanno e di averlo per primi. La cultura liquido-moderna non ha persone da acculturare. Ha inve-ce dei clienti da sedurre. E, diversamente dal suo predecessore solido-moderno, non desidera pi lavorare per rendersi superflua il prima pos-sibile. Il suo lavoro ora quello di rendere permanente la sua stessa so-pravvivenza attraverso la temporalizzazione di tutti gli aspetti della vi-ta di quelli che prima erano i suoi sottoposti, ora rinati come clienti.

    La conseguenza diretta dei processi di deregolamentazione e della poli-tica della flessibilit in nome di una libert sfrenata un dilagante e dif-fuso senso di insicurezza. Le societ occidentali hanno la tendenza acercare dei capri espiatori da immolare, vale a dire a creare nemici in-terni su cui scaricare la colpa dellinsicurezza che li attanaglia. Spessolo straniero, in quanto portatore di diversit, costituisce il bersaglioprincipale da colpire. Eppure per effetto della globalizzazione, che haacuito la distanza tra ricchi e poveri, i flussi migratori sono e sarannosempre pi inarrestabili. Non le pare che il clima che si respira al giornodoggi renda lauspicio di una societ multiculturale sempre pi difficileda realizzare, quasi unutopia? Lo Stato oggi incapace, e/o non disposto, a garantire ai soggetti la si-curezza esistenziale (la libert dalla paura, come recita la famosa fra-se di Franklin Delano Roosevelt). Raggiungere la sicurezza esistenziale ottenere e mantenere un legittimo e dignitoso posto nella societ umanaed evitare la minaccia dellesclusione ora un compito lasciato alleabilit e alle risorse individuali di ciascuno; il che significa essere espostia rischi enormi e soffrire la straziante incertezza che questi compiti ine-vitabilmente comportano. La paura che lo Stato sociale aveva promessodi estirpare ritornata con tutta la sua forza.La maggior parte di noi teme oggigiorno la minaccia, seppur vaga, di ri-manere escluso, di risultare inadeguato alla sfida, di essere mortificato,umiliato e di vedere negata la propria dignitSia la politica che il mercato dei beni di consumo sono bramosi di trarrevantaggio dalle paure diffuse e minacciose che saturano la societ deigiorni nostri. I venditori di prodotti e di servizi promuovono le loro mer-ci come facilissimi rimedi contro il senso di insicurezza diffuso e controminacce maldefinite. I movimenti populisti e i loro politici hanno raccol-to il compito abbandonato da uno Stato sociale ormai debole e in via di

  • 181sparizione, e anche da ci che nel complesso rimaneva della passata sini-stra socialista. Ma, in una rigida opposizione allo Stato sociale, essi sonointeressati a espandere il volume delle paure, non a ridurlo; e in partico-lare a diffondere quel genere di paure legate ai pericoli che possono esse-re guardati in televisione, per potersi poi ergere a coraggiosi difensoridella nazione. Il punto per che le minacce di cui maggiormente si par-la e che vengono insistentemente mostrate dai media di rado sono la ve-ra radice delle paure e delle ansie collettive. Per quanto vittorioso lo Sta-to possa essere nel combattere le minacce pubblicizzate, le autentichefonti dellansia, dellincertezza ossessionante che ci circonda e dellinsi-curezza sociale, le cause prime della paura endemica del moderno stile divita capitalistico rimarranno intatte se non addirittura rafforzate.Al tempo della globalizzazione riversare il risentimento sugli immigrati una tendenza particolarmente diffusa e contagiosa e quindi politicamen-te spendibile. Gli immigrati rappresentano tutto ci che genera ansia eorrore nella nuova variet di incertezze e insicurezze che sono state econtinuano a essere corroborate da misteriose, impenetrabili e impre-vedibili forze globali. Essi rendono palpabili e fin troppo visibili gli or-rori della mancanza di mezzi di sussistenza, dellesilio forzato e del de-grado, che conducono allesclusione sociale e alla relegazione in un non-luogo al di fuori delluniverso della legge e dei diritti. Dunque essi incar-nano tutte quelle paure esistenziali subconsce o inconsce che tormentanogli uomini e le donne della moderna societ liquida. Scacciando gli im-migrati ci si ribella (per procura) a tutte quelle misteriose forze globaliche minacciano di riservare a ognuno la sorte gi toccata agli stranieri.C molto potenziale in questa illusione che infatti pu essere (ed ) abil-mente strumentalizzata dai politici cos come dal mercato.Poich la maggior parte dellelettorato preoccupato per la propria sicu-rezza, i leader politici, attuali e aspiranti tali, vengono giudicati in basealla severit che manifestano nella gara della sicurezza. Berlusconi e laLega Nord vincono le elezioni promettendo di proteggere il duro lavorodei lavoratori del Nord dallassalto dei pigri lavoratori del Sud, di difen-dere entrambi dai nuovi venuti che ricordano loro linstabilit, la debo-lezza e lineliminabile fragilit delle loro stesse posizioni, e di proteggeretutti gli elettori contro invadenti mendicanti e aggressori molesti. Il risul-tato che le reali minacce a una vita umana decorosa e dignitosa rimar-ranno completamente intatte.Da questo punto di vista, i rischi a cui le democrazie sono ora esposte so-no solo parzialmente dovuti alla disperata ricerca dei governi di legitti-mare il loro diritto a governare e a chiedere disciplina mostrando i mu-scoli (invece di proteggere lutilit sociale dei cittadini, garantendo loroun posto rispettabile nella societ, unassicurazione contro lesclusionesociale e lumiliazione). Dico parzialmente, perch il secondo aspettoche mette a rischio la nostra democrazia ci che pu essere definito co-me fatica della libert, vale a dire lindifferenza con cui la maggior

  • 182 parte di noi accetta il lento processo di limitazione delle nostre libertpersonali, tanto duramente guadagnate, il nostro diritto alla privacy, ilnostro diritto a difenderci in tribunale, a essere trattati da innocenti finoa prova contraria Laurent Bonnelli ha recentemente usato il termineliberticida per descrivere la combinazione delle nuove inverosimiliambizioni degli Stati e la placidit e la timidezza dei cittadini. Egli sichiede inoltre quali siano i veri, anche se non dichiarati, obiettivi dellenuove politiche della sicurezza: Lantiterrorisme contre les liberts ci-viles?.Tempo fa ho visto in televisione migliaia di passeggeri rimasti bloccatinegli aeroporti britannici durante un altro episodio di panico da terro-rismo quando furono cancellati centinaia di voli dopo che venne sco-perto il piano terroristico di far esplodere degli aerei in volo con dellebombe liquide Queste migliaia di persone rimaste bloccate dallacancellazione dei voli persero le loro vacanze e i loro viaggi di lavoro. Manon si lamentavano! Niente affatto Non si lamentavano di essere an-nusate dappertutto dai cani, di dover fare code infinite per i controlli disicurezza e di essere sottoposte a perquisizioni che normalmente sareb-bero state ritenute lesive della loro dignit. Al contrario erano giubilantie si sentivano rassicurate. Non ci siamo mai sentiti pi sicuri di ades-so, continuavano a ripetere. Siamo cos grati alle autorit perch vigi-lano sulla nostra sicurezza!.Il fatto che in campi come Guantanamo e Abu Ghraib (e chiss quantialtri tenuti segreti e per questo motivo ancora pi sinistri e disumani) re-stino imprigionati per anni esseri umani ai quali non sono nemmeno sta-te rivolte accuse esplicite e precise, ha causato occasionali mormorii didissenso, ma quasi mai pubbliche proteste, n tanto meno effettive op-posizioni. Ci consola lidea che tutte le violazioni dei diritti umani perpe-trate in quei campi abbiano come obiettivo loro un differente tipo diumani (detto tra te e me, sono davvero umani?) non noi. Questiscandali non ci riguardano, non riguardano le persone per bene. Ab-biamo dimenticato la triste conclusione di Martin Niemller, pastore lu-terano vittima delle persecuzioni naziste: prima hanno preso i comunisti rifletteva ma io non ero un comunista, quindi sono rimasto in silen-zio. Subito dopo fu la volta degli ebrei, ma io non ero ebreo Poi i cat-tolici, ma io non ero cattolico Poi venne il mio turno Ma ormai nonera rimasto pi nessuno che potesse alzare la voce.In un mondo di incertezza, la sicurezza la posta in gioco e lobiettivoultimo. il valore che distoglie lattenzione da tutti gli altri e ne impedi-sce laffermarsi inclusi i valori a noi pi cari e maggiormente odiatida loro; quei valori in cui noi vediamo la causa prima del loro desi-derio di farci del male e del nostro diritto a conquistarli. In unepocadi insicurezza come la nostra, la libert di parola e di azione, il diritto al-la privacy, allaccesso alla verit tutti quei pilastri irrinunciabili chestanno a fondamento della democrazia e nel cui nome ancora andiamo

  • 183in guerra hanno bisogno di essere limitati o sospesi. O almeno questo quanto sostiene la versione ufficiale.La verit che non riusciremo a difendere le nostre libert finch erge-remo delle barricate che ci separano dal resto del mondo e finch noninizieremo ad avere cura anche degli affari altrui.Ci sono validi motivi per affermare che in un pianeta globalizzato, in cuile condizioni di chiunque in ogni parte del globo si determinano recipro-camente, nessuno possa pi garantire libert e democrazia separatamen-te nellisolamento, cio in un solo paese, o in uno sparuto gruppo. Il de-stino della libert e della democrazia in ogni luogo deciso sul palcosceni-co mondiale e solo a questo livello pu essere difeso con una possibilitconcreta di raggiungere un successo duraturo. I singoli Stati, per quantosiano ricchi di risorse, determinati nellimpresa e dotati di un ottimo eser-cito, non riusciranno pi a difendere valori scelti allinterno dei confininazionali mentre ignorano i sogni e gli struggimenti di coloro che stannoal di fuori di essi. Ma girare la testa dallaltra parte precisamente ci chefacciamo noi qui in Europa e in altre terre fortunate, quando produciamoe moltiplichiamo le nostre ricchezze a spese dei poveri l fuori.Al suo primo stadio, la modernit ha innalzato lintegrazione umana a li-vello di nazioni. Prima che finisca il suo lavoro, la modernit ha per bi-sogno di portare a termine un altro compito, ancora pi formidabile: ele-vare lintegrazione umana a livello di umanit, inclusiva di tutte le popo-lazioni del pianeta. Per quanto complesso questo compito possa essere,esso imperativo e urgente, perch per un pianeta di interdipendenzeuniversali diventata letteralmente una questione di vita (condivisa) o dimorte (partecipata). Una delle condizioni cruciali affinch questo incari-co possa essere assunto e portato a termine la creazione di un equiva-lente su scala globale dello Stato sociale, che ha completato e corroboratola precedente fase della storia della modernit, quella dellintegrazionedelle trib in Stati nazione. A questo punto, perci, sembra essere indi-spensabile il risorgere del cuore essenziale dellutopia attiva socialista il principio della responsabilit collettiva e dellassicurazione collettivacontro la miseria e la sorte avversa sebbene questa volta su scala globa-le, con lumanit nella sua interezza come destinatario.Dal momento che la globalizzazione dei capitali e il commercio di beni gi stata raggiunta, nessun governo pi in grado di fare il bilancio sin-golarmente o separatamente e fare i bilanci condizione necessaria per-ch le pratiche dello Stato sociale siano effettivamente in grado di estir-pare alla radice la povert e di frenare le tendenze alla disuguaglianza. anche difficile immaginare che i singoli governi siano in grado di impor-re limiti al consumo e di aumentare la tassazione locale per garantire il fun-zionamento dei servizi dello Stato sociale. Lintervento dello Stato sui mer-cati sembra essere necessario, ma davvero potr produrre effetti tangibili? Piuttosto, questo sar il lavoro delle iniziative non governative, indipen-denti da uno Stato e forse anche dissidenti. Povert e disuguaglianza e,

  • 184 pi in generale, i disastrosi effetti e danni collaterali del laissez-faire glo-bale non possono essere trattati in un angolo del globo, separatamentedal resto del pianeta. Non c nessuna possibilit che un singolo Stato opi Stati possano dissociarsi dallinterdipendenza globale dellumanit.Lo Stato sociale moribondo; solo un Pianeta sociale pu assolvere al-le funzioni che lo Stato sociale ha tentato di svolgere fino a ieri.Io credo che i soggetti che potranno condurci alla realizzazione di unPianeta sociale non sono gli Stati territoriali bens le organizzazioni e leassociazioni non governative extraterritoriali e cosmopolite. Esse potran-no raggiungere direttamente coloro che hanno bisogno di aiuto senza su-bire le interferenze dei governi locali.

    La crisi economica, che ha avuto inizio negli Stati Uniti ma ha subitoassunto dimensioni planetarie, sembra essere la prova tangibile degli ef-fetti devastanti nel neoliberismo e della globalizzazione. I governi sonoora costretti a intervenire nel sistema economico dei propri Stati per sal-varli dal rischio di bancarotta. Lei crede che ci che sta accadendo fos-se in qualche modo prevedibile? daccordo con quanti sostengono chenon si possa parlare semplicisticamente di crisi ma della fine di uneraeconomica e linizio di una nuova? Lei pensa che lattuale situazioneeconomica possa rappresentare unopportunit di cambiamento, perstabilire un nuovo e pi giusto ordine mondiale?La notizia della morte del capitalismo, come avrebbe detto Mark Twain, assolutamente esagerata. Prematuri sono anche i necrologi della fasemediata dal credito nella storia dellaccumulazione capitalistica.Finora la reazione al collasso finanziario, apparsa cos imponente e an-che rivoluzionaria, una volta riciclata nei titoli dei media e negli slogandei politici, consistita nello sforzo di ricapitalizzare i creditori e di ren-dere i debitori ancora degni di ricevere il credito, cos che il business delprestare denaro, del contrarre un debito e continuare ad averlo, possa ri-tornare a essere una pratica consueta nella vana speranza che il ri-generante potenziale del profitto e del consumo di questa terra verginenon sia gi stato completamente esaurito. Lo Stato sociale per i ricchi(che, a differenza del suo omonimo per i poveri, non ha mai visto messain questione, n tanto meno fuori funzione, la sua razionalit) stato ri-portato negli showroom dai quartieri di servizio, nei quali i suoi ufficierano stati temporaneamente relegati per impedire confronti antipatici. Imuscoli dello Stato, a lungo inutilizzati per questo scopo, sono stati dinuovo impiegati pubblicamente, questa volta allo scopo di continuare ungioco inevitabile, seppur dannoso per loro; un gioco che, per un verso,non pu tollerare lintervento dello Stato, ma che, per laltro, non puandare avanti senza. Ci che gioiosamente (e stupidamente) si dimentica in questa occasione che la natura della sofferenza umana determinata dal modo in cui gliuomini vivono. Le radici della pena di cui attualmente ci si lamenta, co-

  • 185s come le radici di tutto il male sociale, affondano in profondit nel no-stro modo di vita artificioso, alienato e da noi attentamente coltivato,che si basa sullabitudine a consumare ogniqualvolta ci sia un problemada affrontare o una difficolt da superare. Lo stile di vita basato sul cre-dito d assuefazione come poche altre droghe, sicuramente d pi assue-fazione di ogni altro tranquillante sul mercato, e decadi di copiosa offer-ta di una droga non possono che causare uno shock e un trauma se que-sta rallenta e si esaurisce o anche solo se diminuisce. Ora ci viene sugge-rita una via di uscita apparentemente semplice dallo shock che affliggesia i drogati che gli spacciatori: la ripresa (nella speranza che sia regola-re) di offerta di droga. Ritornare insomma alla dipendenza che, fino aoggi, sembrava aiutare in modo cos efficace tutti noi a non preoccupar-ci troppo per i nostri problemi e, tanto meno, per la loro origine.Il raggiungimento delle radici del problema che stato svelato e portatoal centro dellattenzione pubblica non e non pu essere immediato., comunque, la sola soluzione che abbia la speranza di essere adeguataallenormit del problema e di sopravvivere allintensa, ma ancora rela-tivamente breve, agonia dellastinenza.Fino a questo momento non ci sono molti segni che mostrino che siamogiunti in prossimit delle radici del problema. La copiosa immissione deisoldi dei contribuenti ha momentaneamente arginato la situazionesullorlo del precipizio. La Lloyds Tsb Bank ha cominciato a esercitarepressioni politiche sul Tesoro americano per dirottare parte del pacchet-to di salvataggio al dividendo degli azionisti e, malgrado lindignazionedei portavoce dello Stato, procede indisturbata a pagare premi la cui al-ta entit ha portato al disastro le banche e i loro clienti. Dagli Stati Uni-ti arriva la notizia che 70 miliardi di dollari, circa il 10 per cento dei sus-sidi che le autorit federali hanno intenzione di immettere nel sistemabancario americano, sono stati usati per pagare premi alle persone chehanno portato questo sistema vicino alla rovina. Una simile pratica di-ventata cos ripetitiva da non raggiungere pi i titoli dei giornali. Perquanto imponenti siano le misure gi prese dai governi, da loro proget-tate o dichiarate, esse mirano tutte a ricapitalizzare le banche e a ren-derle in grado di tornare a un business normale: in altre parole, allatti-vit che ha la pi grande responsabilit nellattuale crisi. Se i debitorinon sono riusciti a pagare immediatamente e personalmente gli interessinelle passate orge di consumo ispirate e accresciute dalle banche, forsedovrebbero essere indotti/forzati a pagare i loro costi tramite tasse ac-cresciute dallo Stato. Non abbiamo ancora cominciato a pensare seriamente alla sostenibilitdella nostra societ alimentata dal consumo e dal credito. Ritornare allanormalit significa ritornare a percorrere vie cattive e sempre potenzial-mente pericolose. Lintenzione di farlo preoccupante: indice del fattoche nemmeno le persone che sono a capo delle istituzioni finanziarie, enemmeno i nostri governanti, sono giunti alle radici del problema nelle

  • 186 loro diagnosi e tanto meno nelle loro azioni. Citando Hector Sants, il ca-po della Financial Services Autorithy, che pochi giorni prima aveva par-lato di modelli di business mal equipaggiati per sopravvivere allostress un fatto che rimpiangiamo, Simon Jenkins, analista particolar-mente sagace di The Guardian, ha osservato che come un pilota cheprotesta dicendo che il suo aereo funzionava abbastanza bene, fatta ecce-zione per il motore. Ma Jenkins non ha perso la speranza: continua a ri-tenere che una volta che la cultura dellavidit sar stata portata alla di-struzione dalla recente isteria dei redditi della City, le componenti noneconomiche di quella a cui vagamente ci riferiamo come vita buona pren-deranno un maggiore sopravvento, sia nella nostra filosofia di vita chenella strategia politica dei nostri governi. Lasciateci sperare con lui: nonabbiamo ancora raggiunto il punto di non ritorno, c ancora tempo (perquanto breve) per riflettere e cambiare strada, possiamo ancora trasfor-mare questo shock e questo trauma a vantaggio nostro e dei nostri figli.Ora sappiamo ne abbiamo persino uneccessiva quantit di prove chelungi dallessere un sistema che si autoequilibra o che mosso dallamano invisibile (ma scaltra e astuta) del mercato, leconomia capitali-stica produce unenorme instabilit che vistosamente incapace di do-mare e controllare se usa solo le sue predisposizioni naturali. Parlandochiaro, un sistema che genera catastrofi che non in grado di arrestareda s n, tanto meno, di impedire, cos come incapace di rimediare aidanni che simili catastrofi comportano. La capacit di autocorrezioneattribuita alleconomia capitalistica da alcuni dei suoi economisti di cor-te si riduce alla distruzione periodica di bolle di successo (crisi da ban-carotta e disoccupazione di massa) e ci a costi enormi per le vite e leprospettive di quelli che si suppongono beneficiare della creativit capi-talistica endemica.Sotto questo aspetto non cambiato nulla dal New Deal di Roosevelt.Ma sono cambiate le condizioni sotto le quali questo accordo stato pon-derato a messo in funzione: una circostanza che pone seri dubbi sullepossibilit della sua ripetizione, possibilit che Roosevelt e i suoi consi-glieri non avevano bisogno di considerare. Roosevelt affrontava una sfi-da keynesiana per resuscitare, lubrificare e rinvigorire lindustria, ossiail datore di lavoro principale e, allo stesso tempo, il creatore di domandache avrebbe mantenuto in movimento leconomia di mercato e fatto ri-partire la produzione di surplus richiesta per lautoproduzione dei capi-talisti. Oggi la sfida porta a una profondit maggiore. Nei mercati finan-ziari non si ha pi a che fare con un imponente datore di lavoro, ma conlindispensabile e forse decisivo legame nella catena alimentare di tut-ti i presenti e futuri datori di lavoro. Tutte le similitudini tra il tentativodi resuscitare lindustria indebolita dalla penuria di domanda e la rica-pitalizzazione delle istituzioni finanziarie a corto di fondi per il prestitosembrano essere tanto fuorvianti quanto superficiali. Come fece notareHyman Minsky ventanni fa, i mercati finanziari hanno la pi grande re-

  • 187sponsabilit per la tendenza, apparentemente incurabile, del capitalismoa produrre e riprodurre la sua stessa instabilit e vulnerabilit; comePaul Woolley ha recentemente notato, la dimensione esorbitante rag-giunta in anni recenti dalle agenzie puramente finanziarie e non produt-tive indice della tendenza del mercato azionario, impossibile da ferma-re ed estremamente difficile da mitigare, a concentrarsi sul breve termi-ne e sulleffetto momentaneo; linnaturale e troppo cresciuto settore fi-nanziario stato paragonato da Woolley a un tumore che, come tipi-co dei tumori, distrugger lorganismo ospite se non estirpato in tempo.Se, daltra parte, lo Stato interviene, mobilizzando il potenziale di paga-mento di tasse dei contribuenti e la capacit dello Stato di prendere inprestito dallestero per resuscitare le agenzie finanziarie, come Rooseveltresuscit le industrie americane datrici di lavoro, questo incoragger so-lo il pensiero a breve termine, colpevole di aver reso la presente catastro-fe praticamente inevitabile. Una volta che le agenzie di prestito sanno diavere un cuscino di sicurezza che, sotto forma di Stato, corre ad aiutarlequando la vita nel consumo si rivela un bluff e il gioco del prestare-prendere in prestito finisce bruscamente, probabile che la sola cosa chesar resuscitata sia la loro buona volont di speculare e correre rischi peramore dellimmediato ritorno economico, senza preoccuparsi delle con-seguenze a lungo termine della sostenibilit di questo gioco. La pros-sima bolla deve per forza cominciare a crescere. E lasciatemi aggiungereche ci che si applica a coloro che prestano denaro si applica allo stessomodo, anche se secondo una scala adeguatamente regolata, ai debitoricon i quali sono chiusi nel cappio della tentazione-seduzione. Loggettodella transazione nel credito non solo il denaro prestato e preso in pre-stito, ma il rinvigorimento della psicologia e dello stile di vita del brevetermine e dei loro effetti. Avendo tirato fino al punto di rottura, la gran-de bolla circondata da una moltitudine di minibolle personali o fami-liari costrette a seguirla nella perdizione.Unaltra cosa che radicalmente cambiata dal tempo del New Deal sonogli universi di riferimento con cui leconomia deve ragionevolmente farei conti, se non per raggiungere almeno per avvicinarsi allautosufficien-za, almeno per avvicinarsi alla condizione di autosostentamento. Essihanno oltrepassato i confini di un singolo Stato nazione o anche di pa-recchi Stati confederati, a prescindere dal richiamo di sentimenti tribalie di politiche protezionistiche (ne un esempio lo slogan ripetuto daGordon Brown: Lavori britannici per gente britannica). Lorizzonte diriferimento ora globale. I governi potrebbero tentare di svolgere la loroparte nellambito delle tendenze globali del commercio, ma lefficaciadelle misure a loro disposizione destinata ad avere vita breve e i loro ef-fetti a lungo termine rischiano di essere grandemente controproduttivi. Ilglobale spazio dei flussi, come Manuel Castells lha memorabilmentedefinito, non in alcun modo raggiungibile da parte delle istituzioniconfinate nello spazio dei luoghi, inclusi i governi degli Stati. Ci si-

  • 188 gnifica che anche se gli Stati applicano misure restrittive i flussi di ca-pitale per loro natura travalicano i confini politici e quindi agiscono nel-la direzione opposta rispetto a quelle misure.Karl Marx ha profeticamente previsto una situazione in cui i capitalisti,mossi esclusivamente da interessi personali, avrebbero accettato un in-tervento dello Stato solo a patto che anche gli altri fossero costretti a far-lo. Marx ha considerato i casi del lavoro infantile o del mantenimento deisalari sotto la soglia della povert: a lungo termine, simili politiche ap-plicate individualmente dai capitalisti per battere la competizione ven-dendo di pi, avrebbero necessariamente alimentato i problemi e diffusoil disastro presso tutti quanti, collettivamente; disastro causato dalleprovviste di lavoro diventate scarse e dalla ridotta capacit di lavoro del-le persone inadeguatamente nutrite, vestite e riparate. Mettere fine apratiche dannose e fondamentalmente suicide pu essere realizzato solocollettivamente; serve che sia imposto dallalto, per cos dire. Nel no-me della messa in salvo degli interessi collettivi del capitalismo, i singolicapitalisti devono essere costretti dal potere a fare dei compromessi conloro stessi, tutti e allo stesso tempo. Pi precisamente, devono essere ob-bligati ad abbandonare la definizione di autointeressi imposta dalla sre-golata competizione del prendi tutto quello che puoi e quanto pipuoi. Roosevelt ha seguito il modello previsto da Marx quasi 100 anni prima.Cos hanno fatto altri pionieri del welfare state in molte e diverse formenazionali. I gloriosi trentanni postbellici sono stati il tempo in cui lacombinazione della memoria della depressione precedente la guerra edellesperienza della mobilitazione delle risorse nazionali durante laguerra (Roosevelt pot comandare ai produttori dauto americani di so-spendere tutta la produzione di auto private e produrre invece carri ar-mati e armi per lesercito) ha reso comune (obbligatoria) lassicurazionecontro le conseguenze dello sciacallaggio individuale in un risultato ol-tre la destra e la sinistra.Ma i gloriosi trenta sono stati anche lultima volta che tutto quello chepoteva essere fatto stato fatto attraverso la legislazione concepita, rap-presentata ed eseguita nella struttura di uno Stato nazione sovrano. Su-bito dopo emersa una nuova condizione, nella quale sono state intro-dotte o tirate fuori dal dominio del potere di controllo statale (anzi, oltreil territorio della sovranit dello Stato) troppe variabili del bilanciodesercizio perch lassicurazione contro i capricci e i danni del fato cheopera nel mercato possa essere responsabilmente appoggiata dalle istitu-zioni di un paese. E non appena i ricordi sono sbiaditi e le esperienze di-menticate, lo Stato assistenziale con la sua densa rete di restrizioni e re-golazioni ha perso il consenso di cui godeva trasversalmente. MargaretThatcher ha meravigliosamente insistito sul fatto che una pillola non cu-ra se non amara; quello che si dimenticata di menzionare che la pil-lola amara che amministrava (la liberazione del capitale e lincatena-

  • 189mento di tutte le forze potenzialmente capaci di domare i suoi eccessi)doveva essere inghiottita da alcuni per guarire il disagio di altri. Ci chenemmeno ha detto, in questo caso in ragione della sua ignoranza com-plice di falsi profeti e di insegnanti miopi, che questa specie di terapiadoveva presto o tardi causare unafflizione che in varie forme avrebbeammorbato tutti quanti, e che lamara pillola avrebbe dovuto essere in-goiata infine da tutti o da quasi tutti. Questo presto o tardi si tra-sformato in adesso.La pillola che noi, tutti noi, dovremmo ingoiare potrebbe diventare piamara a causa dellassordante rumore della crisi finanziaria che soffo-ca, o quasi, gli altri allarmi, rendendoli meno udibili o completamenteinudibili. Poich risulta pi efficace dal punto di vista elettorale occu-parsi degli allarmi pi rumorosi piuttosto che degli altri ovvio chequesti allarmi attirino lattenzione e ottengano gli sforzi dei nostri leader.Tra le anticipazioni dello stato dei nostri affari comuni del prossimo an-no, raccolte dal Guardian nel suo numero del 27 dicembre, troviamolavvertimento di Polly Toynbee legato a un recente sondaggio secondocui solo un cittadino britannico su 10 ritiene il cambiamento climaticoun problema nazionale chiave: la maggioranza sostanziale giudica in-vece tali il crimine e leconomia. E la possibilit , aggiunge, che la de-pressione porti il mutamento climatico ancor pi lontano dallattenzionepubblica e ancora di pi dalle priorit del governo. Mentre MadeleineBunting insiste nientemeno che sulla necessit di uno spostamento divalori per farci uscire dalla presente difficile situazione, e che questavolta, a differenza che nei passati periodi di depressione, lo spostamen-to di valori duri pi a lungo di qualche anno di recessione. Ma il su-perparadosso, aggiunge, che la frugalit (di cui abbiamo bisogno perguarire e risanare il nostro modo di vivere e rendere il nostro futuro equello dei nostri figli un po pi sicuro) precisamente ci contro cui ciesortano i politici, nel disperato tentativo di resuscitare leconomia.Uneconomia, aggiungo, strutturalmente responsabile della presente ca-tastrofe; uneconomia che non sa proporre valide alternative, come inve-ce i politici vogliono farci credere.

    Il modello di societ teorizzato da Bush stato definito ownership so-ciety, un modello in cui ognuno in qualche modo proprietario del pro-prio destino in cui non sembrano essere necessari servizi garantiti e of-ferti dallo Stato. Tale modello sembra segnare la fine dello Stato sociale.Anche lei in unintervista rilasciata al quotidiano la Repubblica a no-vembre 2008 parla di fine dello Stato sociale ma come modello alterna-tivo propone lidea di Pianeta sociale. Due modelli antinomici. Lei credeche la politica di Barack Obama, che innegabilmente sta avendo e avreffetti a livello mondiale, andr in questa direzione?Lidea di Stato sociale stata segnata fin dallinizio da una contraddizio-ne che lha resa affine allimpresa della quadratura del cerchio Il con-

  • 190 cetto di Stato sociale, infatti, mira a conciliare libert e sicurezza, duevalori ugualmente indispensabili per una vita tollerabile e soddisfacentema noti per la loro relazione di odio-amore: ciascuno dei due infatti in-capace di vivere senza laltro, ma altrettanto incapace di vivere conlaltro (almeno se si parla di una convivenza pacifica e serena). La ce-lebre definizione di civilt data da Freud dice che essa lo scambio tralibert e sicurezza. La sicurezza sostiene il padre della psicoanalisi cresce solo a spese della libert, la quale a sua volta aumenta quando lasicurezza diminuisce. Lidea di Stato sociale intende interrompere questatendenza. Ma essa pu essere interrotta?Lepoca moderna iniziata con la scoperta dellassenza di Dio. Lap-parente mancanza di progetto del fato (lassenza di una connessione vi-sibile tra la buona sorte e la virt tanto quanto tra la cattiva sorte e il vi-zio) fu presa come prova dellastensione di Dio dallintervento attivo nelmondo che ha creato, avendo lasciato le questioni umane alla preoccu-pazione degli uomini e ai loro sforzi (Ercole, Superman). Il vuoto apertoin questo modo nel quadro di controllo del mondo doveva essere riempi-to dalla societ umana, tentando di rimpiazzare il fato cieco con una re-golazione normativa e linsicurezza esistenziale con il ruolo della legge,in modo da costruire una societ che proteggesse tutti i suoi membri dairischi della vita e dalle sfortune personali. Questo progetto trov la suamanifestazione pi completa nellassetto sociale chiamato welfare state.Pi di qualsiasi altro, il welfare state (che io preferisco chiamare socialstate, una definizione che sposta lenfasi dalla mera distribuzione di ri-sorse materiali alla motivazione condivisa e al loro scopo) fu un patto disolidariet umana stretto per prevenire la tendenza di oggi ad abbatterela rete di legami umani e a minare le fondamenta sociali della solida-riet. Tale tendenza stata scatenata, potenziata ed esacerbata dallacorsa alla privatizzazione, che ambisce alla riduzione del welfare state incambio della promozione di modelli essenzialmente anticomunitari, in-dividualistici e fondati sullo stile consumatore-mercato modelli chepongono gli individui in competizione tra di loro. La privatizzazionescarica sulle spalle dei singoli individui il compito di reagire e risolvere iproblemi prodotti dalla societ. Ma, nella maggior parte dei casi, uominie donne sono troppo deboli per un simile scopo e hanno capacit e risor-se scarse e inadeguate. Lo Stato sociale, al contrario, tendeva a unire isuoi membri nello sforzo di proteggere ciascuno di essi dalla guerra mo-ralmente devastante del tutti contro tutti.Uno Stato pu definirsi sociale quando promuove il principio del soste-gno comune e dellassicurazione collettiva contro la cattiva sorte indivi-duale e le sue conseguenze. questo principio dichiarato e reso opera-tivo che innalza la societ immaginata al livello di una comunitreale tangibile, esperita e vissuta che rimpiazzi (per citare leespressioni di John Dunn) lordine dellegoismo, generatore di sfiduciae sospetto, con lordine delleguaglianza, ispiratore di fiducia e solida-

  • riet. Sempre lo stesso principio di Stato sociale eleva i membri di unasociet allo status di cittadini: vale a dire, che li rende stakeholders, oltreche stockholders (1) beneficiari, ma anche attori responsabili per lacreazione e la ripartizione adeguata dei benefici. I cittadini sono cosmossi da uno spiccato interesse per la loro propriet comune e resi re-sponsabili allinterno della rete di istituzioni pubbliche sulla quale pos-sono fare affidamento per assicurarsi solidit e fiducia nella politicadellassicurazione collettiva.Lapplicazione di questo principio pu proteggere uomini e donne dallatriplice minaccia della povert, dellimpotenza, e dellumiliazione; so-prattutto, per, essa pu diventare una fonte feconda di solidariet so-ciale che trasforma la societ in un bene comune. La societ rimane ele-vata al livello di comunit finch in grado di proteggere efficacementei suoi membri dallorrore della miseria e dellumiliazione, vale a direcontro la paura di essere esclusi, sbalzati fuori dal veicolo del progressolanciato a tutta velocit, condannati allinutilit sociale oppure mar-chiati come rifiuti umani.Il proposito originario vedeva lo Stato sociale come unorganizzazioneche servisse esattamente a tali scopi. Lord Beveridge, a cui dobbiamo ilmodello di welfare state britannico del dopoguerra, era un liberale, nonun socialista. Egli credeva che la sua visione di unassicurazione stipula-ta collettivamente da ciascuno fosse linevitabile conseguenza dellidealiberale e anche la condizione indispensabile di una democrazia liberale.La dichiarazione di guerra alla paura di Franklin Delano Roosevelt erabasata sul medesimo assunto e deve esserlo stata anche lindagine pio-nieristica condotta da Benjamin Seebohm Rowntree, a proposito del vo-lume e delle cause del degrado e della povert umane. La libert di scel-ta ha in s un implicito rischio di fallimento, pi o meno prevedibile, chemoltissimi individui troveranno insopportabile, temendo che questo su-peri la loro personale abilit nel fronteggiarlo. Per la maggior parte del-le persone, la libert di scelta rimarr uno spettro sfuggente e un sognosenza fondamento, a meno che la paura della sconfitta non sia mitigatada un politica assicurativa intrapresa nel nome della comunit, una po-litica in cui poter riporre fiducia e su cui poter fare affidamento in casodi sorte avversa.

    191

    (1) Con il termine stakeholder si intende una vasta gamma di persone che hanno rapporti conlimpresa, quali fornitori, clienti, dipendenti, azionisti e la comunit locale. Tutti costoro pos-siedono una sorta di interesse legittimo nei confronti della compagnia, e i dirigenti della compa-gnia stessa in questa visione sono titolari di un dovere speciale nei confronti degli stakelhol-ders. In questo modo, si pretende di formulare quella nozione di corporate responsability piampia, nozione che poi la base per la diffusione della fiducia nellimpresa e nel mondo a essacircostante, e, per conseguenza, la base su cui poggiare lobiettivo dello sviluppo sostenibile. Iltermine stakeholder stato creato in contrapposizione a quello tradizionale stockholder,cio azionista, e lidea di fondo che la dirigenza di impresa non debba avere di mira solo la tu-tela degli interessi dei titolari dei diritti di propriet, ma anche quella di tutti coloro che hannorapporti perduranti con limpresa (n.d.t.).

  • 192 Se la libert di scelta fosse concessa sul piano teorico ma irraggiungibilein pratica, la sofferenza causata dalla disperazione sarebbe certamentesuperata dallumiliazione di essere impotenti; le capacit, quotidiana-mente messe alla prova, di affrontare le sfide della vita sono dopotutto ilvero banco di prova su cui si misurano la fiducia che gli individui hannoin loro stessi e la loro autostima. Da uno Stato che non , e rifiuta di es-sere, uno Stato sociale, non ci si deve aspettare alcun soccorso allindo-lenza o allimpotenza individuali. Senza diritti sociali per tutti, un grannumero di persone, destinato in tutta probabilit ad aumentare, troverdi scarsa utilit e dunque non meritevoli di attenzione i propri diritti po-litici. Se i diritti politici sono stati necessari affinch i diritti sociali po-tessero affermarsi, questi ultimi sono indispensabili per rendere reali emantenere operativi i diritti politici. Le due categorie di diritti hanno bi-sogno luna dellaltra per garantire la reciproca sopravvivenza, che puessere raggiunta solo come conquista comune.Lo Stato sociale stato lultima rappresentazione moderna dellidea dicomunit: vale a dire di una reincarnazione istituzionale di tale idea nel-la sua forma moderna di una totalit immaginata intrecciata con laconsapevolezza e laccettazione di una dipendenza, di un impegno, diuna lealt, di una solidariet e di una fiducia reciproche. I diritti socialisono lespressione tangibile, la manifestazione empirica di quella totalitimmaginata che lega la nozione astratta alle realt quotidiane e radicalimmaginazione nel terreno solido dellesperienza quotidiana di vita.Questi diritti attestano la verit e il realismo della fiducia tra le personenella rete di istituzioni condivise che danno appoggio e validit alla soli-dariet collettiva. Lappartenenza si traduce in fiducia nei benefici chederivano dalla solidariet umana e dalle istituzioni che in questa solida-riet hanno origine e che promettono di proteggere. Come recitava chia-ramente nel 2004 il programma dei socialdemocratici svedesi: Ognunodi noi ha dei punti deboli e ha delle fragilit. Per questo abbiamo biso-gno gli uni degli altri. Noi viviamo le nostre vite qui e ora, insieme ad al-tri, uniti nel mezzo del cambiamento. Saremo pi ricchi se a ciascuno dinoi sar concesso di partecipare e nessuno verr escluso. Saremo pi for-ti se la sicurezza sar garantita a tutti e non solo a pochi eletti.Cos come la resistenza di un ponte si misura dalla robustezza del suo pi-lastro pi debole e cresce allaumentare di quella resistenza, la fiducia elintraprendenza di una societ dipendono dalla sicurezza e dallintra-prendenza dei suoi segmenti pi svantaggiati e crescono con esse. La giu-stizia sociale e il rendimento economico, la lealt verso una tradizione po-litica che si fonda sullo Stato sociale e la capacit di modernizzare rapi-damente contenendo i danni alla coesione e alla solidariet sociali, nonsono e non necessario che siano in totale disaccordo. Al contrario: comela pratica socialdemocratica dei nostri vicini nordici ha dimostrato, per-seguire lobiettivo di una societ pi coesa la precondizione necessariaper modernizzare con consenso. Il modello scandinavo appare oggigior-

  • 193no come una reliquia delle passate speranze speranze che un tempo era-no molto affermate, ma che risultano oggi in gran parte tradite.Attualmente, tuttavia, noi (principalmente noi dei paesi sviluppati,ma sotto la pressione dei mercati globali, del Fondo monetario interna-zionale e della Banca mondiale) abbiamo imboccato la strada opposta: ledimensioni collettive societ e comunit, reali o anche solo immagina-te sono sempre pi assenti. Lautonomia individuale sta espandendovelocemente il suo raggio dazione, sotto il quale ricadono responsabilitsempre nuove, che un tempo erano sotto il dominio dello Stato e che orasono state cedute (sussidiarizzate) alla cura individuale.Lasciati sempre pi in balia delle proprie risorse e iniziative, le personedevono inventare soluzioni individuali a problemi che hanno avuto ori-gine nella societ nel suo complesso, devono far ci in completa solitu-dine, potendo contare soltanto sulle proprie capacit e sui propri beni.Tale prospettiva pone gli individui in reciproca competizione e fa appa-rire la solidariet sociale (ad eccezione delle alleanze temporanee in no-me di una comune convenienza, vale a dire di legami umani che si al-lacciano e si slacciano su domanda e che non comportano vincoli a lun-go termine) largamente irrilevante, se non addirittura controproducen-te. Questa assegnazione delle parti (se non viene riequilibrata da un de-ciso intervento istituzionale) rende ineluttabile la differenziazione e lapolarizzazione degli individui, perch rende autoesplosivo e autoacce-lerato il processo di polarizzazione delle prospettive e delle opportu-nit. I frutti di questa tendenza erano facili da prevedere e ora possonoessere raccolti. In Gran Bretagna, ad esempio, la quota di coloro cherientrano nella fascia massima di reddito dal 1982 raddoppiata, pas-sando dal 6,5 al 13 per cento mentre i manager delle 100 aziende Ftse,vale a dire delle societ pi capitalizzate quotate al London Stock Ex-change, hanno guadagnato non 20 volte, come avveniva nel 1980, maben 133 volte di pi di un lavoratore medio (questo fino al recente col-lasso finanziario).Ma non finisce qui. Grazie alle nuove autostrade dellinformazione,ogni singolo individuo uomo o donna, adulto o bambino, ricco o po-vero invitato (o piuttosto costretto, data la nota dissolutezza, ubi-quit e invadenza dei media) a confrontare il proprio destino con quel-lo di tutti gli altri, in particolare con i lussuosi e dissennati stili di vitadei personaggi pubblici (celebrit costantemente alla ribalta, suglischermi televisivi e sulle prime pagine delle riviste scandalistiche e digossip) e a misurare il valore della propria esistenza sulla basedellopulenza che tali personaggi ostentano sfacciatamente. Allo stessotempo, mentre le prospettive realistiche di una vita soddisfacente con-tinuano a diminuire, gli standard di ci che si desidera e i criteri chedefiniscono una vita felice tendono ad alzarsi (unaltra incoeren-za!); la forza che guida le ambizioni e le azioni non pi il desideriorealistico di cercare di non sfigurare di fronte a quelli della porta ac-

  • canto (2), ma lidea esasperante di imitare quello che fanno le cele-brit, raggiungere i livelli di supermodelle, calciatori e cantanti famo-si. Come ha suggerito recentemente Oliver James, la vera miscela tos-sica creata dal fare scorta di ispirazioni irrealistiche e aspettativeche non possono essere soddisfatte; ma la maggior parte della popo-lazione inglese crede di poter diventare ricca e famosa, che chiun-que possa diventare Alan Sugar o Bill Gates; non importa che le attua-li possibilit che ci accada siano diminuite vertiginosamente dagli an-ni Settanta a oggi.Dove ci porter tutto ci? Una cosa, credo, risulta sempre pi chiara algiorno doggi. Lo stile di vita in una societ regolata molto diversoda quello di una liberalizzata ma il volume di felicit e il grado diimmunit dallinfelicit (gi vissute o ancora da vivere) non sono sotto ilnostro controllo. Ognuno dei due tipi di societ ha le proprie sofferenze,agonie e paure.Noi ora sappiamo che la deregolamentazione, promossa con lo slogan diun aumento della libert, dellemancipazione dellaudacia e delliniziati-va umane dai freni che le costringono e limitano la libert di scelta, si conclusa con il coro di coloro che ieri lodavano la deregolamentazione eche oggi lodano lintervento dello Stato e chiedono di attuare un salva-taggio dalla catastrofe causata da una libert sconfinata e senza regole.Deregolamentazione diventata rapidamente una parola sporca,mentre le parole sporche di ieri come spesa pubblica, azienda di Stato,regolamentazione obbligatoria, nazionalizzazione sono state ripulite intutta fretta della sporcizia accumulata in trentanni di cosiddetta eman-cipazione. Per il momento nessuno in grado di dire quali effetti pro-durr questa sorprendente svolta, ma attualmente il pendolo sta oscil-lando nella direzione opposta alla logica della deregolamentazione. Co-me sappiamo, nel corso di ogni oscillazione lenergia cinetica che con-sente il movimento del pendolo, tende a diminuire, mentre lenergia po-tenziale (vale a dire lenergia che diventer energia cinetica nel momen-to in cui cambier ancora una volta la sua direzione) aumenta. La legge universalmente applicabile a tutti i pendoli, anche per quello che oscil-la tra regolamentazione e deregolamentazione, o tra sicurezza e libert.

    (traduzione di Nathalie Besostri e Mariapaola Leporale)

    194

    (2) Letteralmente keeping up with the Jones, modo di dire anglosassone che non trova unaprecisa corrispondenza nella lingua italiana ma che indica latteggiamento di invidia e di conti-nuo confronto con gli altri (n.d.t.).

    /ColorImageDict > /JPEG2000ColorACSImageDict > /JPEG2000ColorImageDict > /AntiAliasGrayImages false /CropGrayImages true /GrayImageMinResolution 300 /GrayImageMinResolutionPolicy /OK /DownsampleGrayImages false /GrayImageDownsampleType /Average /GrayImageResolution 300 /GrayImageDepth -1 /GrayImageMinDownsampleDepth 2 /GrayImageDownsampleThreshold 1.50000 /EncodeGrayImages false /GrayImageFilter /DCTEncode /AutoFilterGrayImages true /GrayImageAutoFilterStrategy /JPEG /GrayACSImageDict > /GrayImageDict > /JPEG2000GrayACSImageDict > /JPEG2000GrayImageDict > /AntiAliasMonoImages false /CropMonoImages true /MonoImageMinResolution 1200 /MonoImageMinResolutionPolicy /OK /DownsampleMonoImages false /MonoImageDownsampleType /Average /MonoImageResolution 1200 /MonoImageDepth -1 /MonoImageDownsampleThreshold 1.50000 /EncodeMonoImages true /MonoImageFilter /CCITTFaxEncode /MonoImageDict > /AllowPSXObjects false /CheckCompliance [ /None ] /PDFX1aCheck false /PDFX3Check false /PDFXCompliantPDFOnly false /PDFXNoTrimBoxError true /PDFXTrimBoxToMediaBoxOffset [ 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 ] /PDFXSetBleedBoxToMediaBox true /PDFXBleedBoxToTrimBoxOffset [ 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 ] /PDFXOutputIntentProfile (None) /PDFXOutputConditionIdentifier () /PDFXOutputCondition () /PDFXRegistryName () /PDFXTrapped /False

    /Description > /Namespace [ (Adobe) (Common) (1.0) ] /OtherNamespaces [ > /FormElements false /GenerateStructure true /IncludeBookmarks false /IncludeHyperlinks false /IncludeInteractive false /IncludeLayers false /IncludeProfiles true /MultimediaHandling /UseObjectSettings /Namespace [ (Adobe) (CreativeSuite) (2.0) ] /PDFXOutputIntentProfileSelector /NA /PreserveEditing true /UntaggedCMYKHandling /LeaveUntagged /UntaggedRGBHandling /LeaveUntagged /UseDocumentBleed false >> ]>> setdistillerparams> setpagedevice