Yawp, il numero due

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E' il cambiamento il leitmotiv di questo numero del giornale scolastico degli studenti del Liceo scientifico Marco Vitruvio Pollione. Il cambiamento visto attraverso l'arte (dalla copertina di Escher), la letteratura, la poesia, i manga

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Per la terza volta quest’anno, siamo qui, sempre pronti a coinvolgervi ed informarvi. Innanzitutto vogliamo ringraziare i ragazzi e le ragazze che hanno collaborato con noi perché grazie al loro impegno, ai loro pensieri, alle loro parole e alle loro idee abbiamo realizzato un per-corso di senso, seppur con i limiti che tutti hanno. Ringraziamo ovviamente tutti i nostri lettori (giovani e meno giovani) che dedicano il loro tempo per condividere, pensare, rifl ettere sopra i nostri articoli.Un ringraziamento particolarmente sentito, poi, va alla nostra dirigente scolastica, professo-ressa Marina Novelli, che ha creduto in noi, nelle nostre potenzialità, nel nostro essere ragazzi con dei sogni da raccontare e da realizzare.Ma adesso passiamo a presentarvi questa edizione. Anche questa volta abbiamo mantenuto uno sguardo sul mondo e sul nostro territorio, sulla scienza, sull’arte (che va dalla fotografi a alla let-teratura, passando anche per la poesia), sul cinema e sullo sport, avendo focalizzato l’attenzione su un tema in particolare: IL CAMBIAMENTO.Un fi l rouge che passa ad esempio dai cambiamenti della moda a quelli che alcuni studenti vor-rebbero della scuola, dalle metamorfosi di Kafka ai cambiamenti di mentalità, dai cambiamenti che vorremmo per il nostro patrimonio culturale marsicano a quelli che le onde gravitazionali porteranno.Non a caso abbiamo scelto in copertina l’opera “Day and night” di Maurits Cornelis Escher, in cui ammiriamo la trasformazione di due campi coltivati e simmetrici, uno notturno e l’altro diur-no in uccelli bianchi e neri, che li sorvolano in formazioni opposte; anche gli spazi tra le ali in for-mazione si trasformano in uccelli che volano in direzione contraria, come nei campi sottostanti. Sempre a proposito dei cambiamenti, dobbiamo ricordarvi che parte di noi redattori non sarà più tra i banchi di scuola a settembre prossimo, perché a lezione di Analisi o di Filologia romanza in qualche aula universitaria o magari al di fuori dei confi ni nazionali sempre per studio o per lavoro. Perciò ci auguriamo vivamente che quello che abbiamo seminato durante questi mesi, continui e porti buoni frutti negli anni a venire. Dunque, il prossimo appuntamento a novembre! Per adesso, godetevi il giornale e buona lettura!La redazione.

REDAZIONE: Alberta Di Renzo, Annalisa Hagi, Edoardo Pagliaroli, Davide Paris e i docenti Claudia Di Biase e Fabio Iuliano. PER QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO: Leonardo Alfatti, Agostino Cambise, Chiara Cipollone, Claudia Collacciani, Alessandro Curitti, Chiara De Santis, Simona De Santis, Federica Di Domenico, Dario Di Francesco, Stefania Giancarli, Alessandro Pa-scucci, Lia Pietrosante, Giulia Sami, Alfredo Stati, Mariassunta Di Crescenzo (docente di Lettere), Vincenzo Micucci, Andrea Gallese (Liceo Classico “A. Torlonia”)

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Chiunque abbia qualcosa da proporre può scrivere un messaggio privato

alla pagina Facebook del Liceowww.facebook.com/liceopollione

YAWP, giornale scolastico a diff usione liberaUn periodico degli studenti del Liceo Scientifi co Vitruvio Pollione

Via Aldo Moro 1, Avezzano

Contro il bullismo...e non solo

La scuola, oltre ad essere uno spazio in cui avviene l’ap-prendimento e in cui si acquisiscono tante competenze, è un luogo di relazione, di incontro; un laboratorio in cui sperimentarsi, mettersi alla prova in un ambiente pro-tetto e regolato, per imparare a comunicare e convivere civilmente con i propri coetanei e con gli adulti.

Sono le relazioni umane, improntate sulla fi ducia e sul-la speranza, che fanno del singolo un essere sociale, che tendono a far superare la paura del diverso, paura alla quale, invece, si reagisce spesso con l’indifferente chiusura in se stessi o con l’aggressività.La proposta, unica nel territorio, di uno Sportello di ascolto “Peer to peer” che accoglie i ragazzi in un mo-mento evolutivamente molto delicato e controverso potrebbe perciò essere considerata una buona occa-sione per affrontare e risolvere problematiche inerenti la crescita, la dispersione scolastica, l’insuccesso, il bullismo, ma anche uno spazio in cui fare prevenzio-ne rispetto alle situazioni di disagio e sofferenza (fobie scolastiche, disturbi psicosomatici che creano disagio non altrimenti classifi cato, disturbi alimentari etc. ) e alle situazioni di rischio (dipendenze, anche da vi-deo-games, bullismo, etc.).Si è creato così un team di lavoro (composto dagli alunni Riccardo Di Pangrazio, Manuel Gallese, Da-vide Paris, Antonio Lusi, Federica Angeloni, Lorenzo Mastrodicasa, appoggiati da un docente referente, la professoressa Claudia Di Biase e dalla psicologa Ma-riangela Core), messo a disposizione per ascoltare, condividere insieme e risolvere, ove possibile, le pro-blematiche che i compagni vorranno presentare.I ragazzi del team potranno essere prima contattati online dagli studenti e poi, se vorranno, incontrare di persona i compagni per rifl ettere insieme a loro.Questi gli indirizzi di riferimento:[email protected] (Antonio Lusi)[email protected] (Manuel Gallese)[email protected] (Nuri Xhelili)[email protected] (Davide Paris)[email protected] (Federica Angeloni)[email protected] (Riccardo Di Pangrazio)[email protected] (Lorenzo Mastrodicasa)

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Magica e maledetta, sospesa nel tempo tra vicoli stretti e tortuosi, piazzette nasco-ste e torri che si ergono imponenti, Praga non lascia andare nessuno. “Praga non mi libera. Non scioglie i legami fra noi due. Questa matrigna ha gli artigli.”. Così Franz Kafka descriveva il suo rap-porto con la città in una lettera del 1920. E Kafka l’ha vissuta, l’ha respirata, l’ha por-tata dentro tutto il tempo come una spina confi ccata nell’anima, che ferisce e allo stesso tempo lega a sé indissolubilmente.

Praga è il “sogno di pietra”, scura come le sue torri, grave e possen-te, ma allo stesso tempo lieve, fi abesca, la cui stessa essenza sem-bra librarsi sopra i tetti rossi e aleggiare in ogni strada, impalpabile. È una città che fi nge: fi nge di essere immobile, una natura morta che appartiene ormai al passato, mentre in lei è viva e presente la storia stessa, che spira da ogni angolo, sussurrando. Ha un’anima composita, che si rifl ette nella varietà delle sue architetture, che la rende dinamica, vivace, sempre sorprendente; e il contrasto tra le diversità è solo apparente: la sua natura è una, in cui si fondono epoche, stili, colori.

Praga cattura, e una volta che si insinua dentro, penetrando le di-fese della razionalità, non c’è più modo si liberarsi delle sensazioni che è capace di suscitare: meraviglia per tutto quello che c’è di ina-spettato, riverenza, quasi soggezione, per l’aura di solennità e mi-stero che la permea, angoscia e spaesamento per il suo lato oscuro.È questa la “metamorfosi” kafkiana di Praga. Una città multiforme e multiculturale, come lo scrittore che più di tutti ha saputo rappresen-tarla con le sue zone di ombra e di luce. Una città cangiante, che si percepisce forte dentro, ma che non si può inquadrare, perché quello che dà è tutto suggestione e sensazione, è tutto fascino.Non c’è bianco e nero a Praga, ma ci sono tutte le sfumature del grigio: non può essere né un estremo né l’altro, è semplicemente e incredibilmente tutto quanto il resto, contorto e intrecciato. Kafka la vede maledetta, oscura, incatenante, tortuosa come le vie del suo pensiero e della sua scrittura, sempre intricate e allusive a un qual-cosa che è impossibile afferrare. È questo il loro legame indissolubi-

le, è da Praga stessa che scaturisce la forma della mente di Kafka; un legame talmente profondo che per capire Kafka si deve riuscire a vivere Praga, e per riuscire a vivere Praga si deve leggere Kafka.Come è stato magnifi camente espresso da Johannes Urzidil, “E tut-tavia Kafka era Praga e Praga era Kafka. Mai era stata così com-piutamente e tipicamente Praga, e mai più lo sarebbe stata, come durante la vita di Kafka. In ogni sua riga noi potevamo e possiamo ancora assaporarla”.

Claudia Collacciani

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Praga, musa e matrigna

Un sogno che cambia la vitaUna nuova prova di forza e determinazione per la giovane campiones-sa Natalia D’Angelo del Centro Taekwondo Celano che ha conquistato la medaglia d’argento in occasione degli Open G2, svoltisi negli Emirati Arabi. Ancora un successo per l’atleta allenata dai maestri Ennio, Calvi-no e Lucio Cotturone. Natalia a soli 17 anni già campionessa europea e campionessa italiana in carica sia nella categoria Juniores (14-17 anni) che nella categoria Seniores (18-35 anni), dopo aver ottenuto quest’ultimo ti-tolo italiano senza subire neppure un punto, ha conquistato il secondo posto anche agli Internazionali Seniores di Fujairah (Emirati Arabi). L’O-pen Internazionale riservato ad atleti di spicco della Nazionale italiana è stato un banco di prova per testare il valore e la preparazione dei ragazzi. Un successo che segue quello ottenuto negli open G1 in Ucraina, in cui la giovane si è imposta sul tetto più alto del podio. D’Angelo è una “vitruviana” e sogna di diventare un’atleta professionista, maga-ri all’interno di qualche gruppo sportivo militare, così da potersi dedicare allo sport a tempo pieno.

Un successo che segue quello ottenuto negli open G1 in Ucraina, in cui la giovane si è imposta sul tetto più alto del podio.

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Valorizzare i beni culturali, inserendoli in un percorso a 360 gradi, il tutto rigorosamente “a chilometro zero”. Dopo tanti anni di disin-teressamento della comunità locale stanno fi nalmente per parti-re varie attività, tendenti al rilancio dell’area archeologica di Alba Fucens. Segue questo spirito l’iniziativa “Archeologia a chilometro zero” promossa dalla Soprintendenza archeologica dell’Abruzzo, alla quale ha aderito un comitato di giovani insieme ad alcuni ricer-catori di varie Università italiane e straniere.All’interno di questo progetto alcuni dottorandi in archeologia stan-no portando avanti accurate ricerche sulla struttura originaria dei siti archeologici di Alba Fucens: le informazioni che questi studi portano alla luce, stanno raccogliendo interesse e non solo da par-te di visitatori locali. Sono tante, anche dall’estero, le richieste volte a scoprire le testimonianze attraverso reperti ed immagini dei po-poli che hanno abitato questi luoghi. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di riuscire a condividere i saperi, tra la popolazione locale, che può usufruire appunto di “archeolo-gia a chilometro zero”, e i visitatori stranieri vicini o anche molto lontani, in modo che la accresciuta consapevolezza che Alba Fu-cens è patrimonio storico a cui tutti possono attingere, faccia com-prendere, anche agli amministratori locali, che la tutela del passato può diventare anche e soprattutto tutela presente del territorio. Archeologia e non solo. Perché non affi ancare al contatto diretto con i reperti archeologici presenti sia in Alba Fucens che nei de-positi archeologici della Marsica, una sezione enogastronomica? Sarebbe l’occasione giusta per far degustare prodotti lavorati con ingredienti tramandati da generazioni. Una serie di strumenti utili a far conoscere i vari tipi di cereali che l’agricoltura di allora offriva deliziando il palato con i sapori tipici della tradizione di Alba. Ogni visita e ogni incontro potrebbe essere accompagnata da una degustazione (taglieri di formaggi, insac-cati, dolci, ecc.), incuriosendo i visitatori con un bell’allestimento dell’uffi cio informazioni, con un arredamento che crei un ambiente elegante e informale nello stesso tempo, magari per passare un

po’ di tempo in relax in un’atmosfera da antica Roma. Un contesto nel quale coinvolgere anche i gestori dei locali attualmente presenti nella zona che potrebbero integrarsi e prendere parte attiva all’ini-ziativa. Virgilio nella sua “Appendix Vergiliana” e Catone nella “ De agri cultura” ci tramandano ricette e ci spiegano anche come poterle realizzare ai nostri giorni; si potrebbe sicuramente attingere dai loro suggerimenti per realizzare gli stuzzichini da far proporre nei post-visita.

Il movimento di visitatori generato da questa iniziativa gioverebbe sicuramente agli abitanti del posto e non solo. Sarebbe anche op-portuno organizzare eventi per far conoscere cibo e alimentazione nella Roma antica, come la festa dei cereali per far conoscere le varie farine usate per la preparazione del pane raccontando, du-rante la degustazione, le varie fasi della panifi cazione: dalla maci-natura e setacciatura della farina, all’impasto, alla fabbricazione e cottura al forno dei pani, rievocando quindi i mestieri più antichi e popolari.Ovviamente non si dovrà dimenticare il vino: “il vino della vite pro-fuma come il nettare, il vino d’orzo puzza come un caprone. Il vino della vite viene da Bacco, fi glia della dea Semele, il vino d’orzo viene dal pane”. (Giuliano l’Apostata, 361-363 d.C.)

Davide Paris

“Archeologia a chilometro zero”, percorsi di gusto sulle tracce di Alba Fucens

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Il 14 settembre del 2015, gli interferometri LIGO negli Stati Uniti han-no registrato gli effetti delle famigerate “onde gravitazionali”. Queste onde, di cui certamente avrete sentito parlare su tutti i giornali e tele-giornali furono ipotizzate dallo scienziato tedesco Albert Einstein nel 1915 (con la teoria della relatività generale). Quello che è accaduto, in poche e semplici parole, è che, a 410 megaparsec e un miliardo e mezzo di anni fa di “distanza” da noi, due buchi neri con masse di 29 e 36 volte maggiori di quella del nostro sole, si sono scontrati alla velocità di 150.000 Km/s, (circa la metà di quella della luce), dando origine a un buco nero di 62 masse solari. Le 3 masse mancanti si sono trasformate in energia, secondo la relazione , e gli effetti di que-sta conversione sono arrivati, qualche mese fa, sulla terra, propa-gandosi in modo simile alle onde elettro-magnetiche, muovendosi e deformando lo spazio-tempo. “Le masse deformano lo spazio-tempo e lo spazio-tempo dice alle masse come muoversi” avrebbe afferma-to lo studioso inventore della relatività. Sensazionale è il fatto che le teorie di Einstein, a distanza di più di un secolo, vengano confermate per l’ennesima volta.A cosa porterà e quali orizzonti aprirà questa nuova conferma spe-rimentale non è ancora dato saperlo. Per chiarire il concetto sull’im-portanza di tale avvenimento si potrebbe introdurre questa metafora: essere consapevoli a pieno di rilevare queste onde sarebbe come dire a un sordo che da oggi può captare le minime vibrazioni dell’aria. Signifi cherebbe dir nulla, rispetto a ciò che sappiamo questa informa-zione realmente implica. L’ipotesi di riuscire a formare la cosiddetta “Teoria dei Campi Unifi cati” (la teoria che permetterebbe di unifi ca-re le quattro forze fondamentali: nucleare forte, nucleare debole, elettro-magnetica e infi ne quella gravitazionale) sembra avvicinarsi sempre più, rendendo possibile la formulazione della tanto agognata legge in grado di spiegare ogni fenomeno nell’universo, dalla fi sica sub-atomica alla collisione di buchi neri, in modo da concretizzare il testamento scientifi co lasciato ai posteri dalla più illuminante mente del ventesimo secolo.È facile prevedere nell’immediato futuro un incremento signifi cati-vo della ricerca in questo “ipermoderno” campo di studi, con la co-struzione di sempre più effi caci apparati sperimentali indirizzati alla rilevazione di onde, in modo da acquisire un “senso in più” per la comprensione e la visione del cosmo. Tuttavia sembra ancora molto improbabile poter costruire nuovi metodi di comunicazione con esse, data la complessità di produrre onde abbastanza potenti da poter es-

sere “ascoltate” con le tecnologie attuali; anche facendo ruotare un cilindro di metallo con massa di qualche tonnellata a velocità pros-

sime a quella della luce non si originerebbe comunque un segnale abbastanza forte.Di grande orgoglio nazionale, in ogni caso, è stato il contributo dell’Infn (Istituto nazionale di fi sica nucleare) all’esperimento con il progetto Virgo. L’Italia sta infatti assumendo un ruolo di sempre mag-gior prestigio all’interno della comunità scientifi ca, basti pensare al laboratorio Lngs del Gran Sasso, il più grande mai costruito sottoter-ra che da anni si occupa di aspetti di prim’ordine, come le ricerche sulla materia oscura e i neutrini solari.

Leonardo Alfatti e Alessandro Curitti

Le onde gravitazionali...quali orizzonti?

Chi semina raccoglie...Molti sono i concorsi nei quali quest’anno i nostri studenti si sono cimen-

tati e diversi successi cominciano ad arrivare.

Uno straordinario successo per la nostra scuola è stato raggiunto nella IV

edizione Certamen Dantesco a Teramo: la vincitrice del concorso è Clau-

dia Collacciani (V A) e hanno ottenuto una menzione speciale Davide De

Iuliis (V H), Sofi a Cotti Zelati (V H) e Chiara Terrenzio (V A). Congratu-

lazioni!Al Certamen Sallustianum Manuel Poggiogalle (IV A) ha ricevuto un pre-

mio speciale per la traduzione e la rifl essione critica su Sallustio. Bravo!

Sempre nell’ambito letterario una nostra studentessa si è distinta: si tratta

di Marzia Tiburzio (III H) che ha scritto un racconto e un aforisma pre-

miato e pubblicato nell’agenda “Scriviamoci 2016” in collaborazione con

la Fondazione Bellonci, presentato al Salone internazionale del libro a

Torino il 15 maggio 2016. Auguri per la pubblicazione!

Anche nel concorso Economia abbiamo due studenti, Matteo D’Alanno

e Michele Mascioli, che si sono distinti per poter partecipare al Festival

dell’economia a Trento dal 3 al 5 giugno prossimi. Davvero complimenti,

ragazzi!Le classi I H e III H infi ne sono in attesa dei risultati del concorso indetto

dall’Uffi cio Scolastico Regionale e dall’AICA sulle competenze digitali e

letterarie: dopo aver infatti scelto un testo narrativo, averlo letto insieme e

singolarmente e, in seguito, condiviso e commentato, ogni classe ha pro-

dotto un booktrailer su di esso.

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Materia e antimateria:un amore impossibileImmaginate di conoscere una cosa che per le generazioni passate, per quanto ne sappiamo, non era possibile: l’antimateria.La materia è qualsiasi oggetto dotato di massa e che occupa uno spazio; è la sostanza di cui i corpi fi sici sono composti. L’antimate-ria, invece, è materia composta da particelle perfettamente identi-che alle particelle di materia, con stessa massa, ma di carica op-posta (antiparticelle). Per ogni particella esiste un’antiparticella: l’elettrone ha un anti-e-lettrone (chiamato positrone) che è identico all’elettrone, ma con carica positiva. Il protone ha l’antiprotone e anche il neutrone ha l’anti-neutrone. In quest’ultimo caso la differenza non si nota dal segno della carica elettrica (essendo il neutrone neutro), ma dal fatto che la loro composizione interna è differente: se il neutrone è composto di “quark” (il componente ultimo della materia) l’antineu-trone è composto di antiquark.Cosa accadrebbe se le due si scontrassero?

Si pensi a due tasselli di un puzzle complementari che, entrando in contatto, si annullano a vicenda. La massa non scompare, ma si trasforma in energia, sotto forma di fotoni, in quantità calcolabili grazie alla formula di Einstein: E = mc2 .Il nostro universo è formato principalmente da materia, a eccezio-ne di una piccolissima quantità di antimateria al centro della Via Lattea.

Perché, quindi, tale asimmetria tra materia e antimateria, se allo scoppio primordiale del Big Bang erano presenti in ugua-le quantità?E’ anche vero che non è ancora chiaro ciò che accadde durante l’era di Planck, cioè il tempo che intercorre tra l’attimo zero, il mo-mento esatto della creazione, e il tempo di Planck, ovvero il più breve intervallo di tempo misurabile (10−43 secondi dopo il Bing Bang), ma la teoria più accreditata è quella di un’iniziale prevalen-za di materia sull’antimateria. Dopo la collisione, c’è stato quello che si defi nisce “decoupling”, vale a dire il disaccoppiamento della materia con l’antimateria, dove ha iniziato il dominio dell’una rispet-to all’altra.Per citare lo stesso Einstein: “Per ogni miliardo di particelle di anti-materia, c’era un miliardo più una particella di materia. E quando la reciproca annichilazione fu completa, rimase la miliardesima parti-cella: è il nostro Universo attuale”.Non è escluso, però, che potrebbero esistere galassie formate da antimateria. Oggi è possibile riprodurre, seppure in minuscole quantità, l’anti-materia, grazie agli acceleratori di particelle che generano fasci di ioni con elevata energia cinetica. Essi si basano sull’uso di campi elettrici, che sono in grado di accelerarle fornendo loro energia, e magnetici, che curvano la loro traiettoria mediante la forza di Lo-rentz, la quale intercorre tra un oggetto elettricamente carico e il campo magnetico. Se si accelerano due particelle in direzioni op-poste, esse collidono, così è possibile spezzarle, suddividendole nei loro componenti fondamentali.In conclusione, noi siamo tutto ciò che è riuscito a persistere nel tempo, siamo il residuo di quella titanica esplosione di energia ge-nerata dallo scontro di materia e antimateria.

Chiara Cipollone e Giulia Sami

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La nostra bacheca INTERCULTURA

Intercultura, una fi nestra sul mondo. Undici mesi

intensi, fatti di incontri multiculturali,

di esperienze diffi cili da prevedere e tanta condi-

visione. Una nuova scuola, molti amici, una casa

diversa e soprattutto una famiglia amorevole

che mi ha accolto come una fi glia. Tutto ciò

racchiuso in innumerevoli ricordi che porterò

sempre con me. Alice

SETTIMANA SCIENTIFICA

Le porte della scuola si aprono

alla città e ogni aula si trasforma

in un laboratorio, per giocare

con la scienza. Esperimenti,

spettacoli, esposizioni, indagini,

racconti di ogni tipo per

stimolare la curiosità di tutti,

senza distinzione di età e

rendere gli studenti del Vitruvio

i veri protagonisti della scuola.

Un’occasione indimenticabile

per imparare, esprimersi

e divertirsi. (Chiara)

CINEFORUMLe luci della sala si spengono: il sogno comune inizia. Si, un fi lm al cinema è un vero e proprio sogno collettivo, in cui ognuno si immerge, calandosi nei personaggi: alcuni non puoi che odiarli, altri li ami, altri ancora scopri che sono esistiti veramente, con le loro storie di persone co-muni, che però si sono distinte perché hanno creduto che la giustizia vale più della propria vita. (Claudia)

Certamina Una gran bella opportunità per mettersi alla prova con studenti provenienti dall’Italia e non solo, con cui si condivide una certa affinità letteraria, per cui è richiesto un buon livello di preparazione. Partecipare significa confronto con gli altri, ma soprattutto since-ro confronto con se stessi e con le proprie capacità.

(Gloria)

ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Approfondire materie utili al giorno d’oggi,

ma a noi ancora in parte oscure, come

i sistemi informativi ed il marketing o la

formazione dell’impresa, saper mettere in

pratica le conoscenze e le competenze

acquisite durante il tradizionale percorso

teorico, e toccare con mano il complesso

mondo del lavoro: questa è l’alternanza

scuola lavoro. (Giulia e Pierfrancesco)

STAGE IN INGHILTERRAOxford...un’esperienza da fare almeno una volta nella vita. Una settimana fra cabine telefoniche, bustine di the, fi sh and chips, college, studenti e autobus a due piani. Un viaggio che ci ha insegnato l’importanza dell’indi-pendenza e l’arte dell’arrangiarsi, tra risate, cori e tanti... “scialla”... Una lezione di vita, ma anche divertimento as-sicurato! (Ilaria e Giulio)

PENSIERO LIBEROIl lavoro ci ha arricchito e ci ha reso un po’ più

consapevoli del mondo che ci circonda. Questo per noi vale molto più di qualsiasi viaggio perché, oltre alle nozioni sull’industria delle sedie di Man-zano, oppure sull’ormai famoso lago di Beccatini, abbiamo capito che chi non ascolta gli altri non

PENSA MAI LIBERAMENTE e rimane schiavo delle sue opinioni. Tutto questo è già

tantissimo e ringraziamo la scuola per averci reso, per quel che si può, un po’ più liberi e un po’

più pensanti. (Matteo)

SPORTSplendida emozione quella delle gare scolastiche di pallavolo.

Dopo la vittoria di oggi mi sembra di volare, di toccare il cielo pro-

prio come la palla quando oltrepassa la rete e mette a segno un

altro punto. Ora, sotto con gli allenamenti e si punta a vincere an-

che la fase regionale. (Vittoriano)

NEVER MOREPrendere parte al progetto, come del resto mi accade quando mi trovo sul palco di una sala da concerto, è stato come partecipare ad un gioco la cui regola fondamentale era utilizzare l’ascolto e la condivisione di emozioni musicali, come occasione per immer-gersi in un percorso che parte dalle proprie “radici” ed ha come fi nalità la scoperta di valori comuni. (Roberta)

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Tra le migliaia di idee, che circolano soprattutto su internet e nel-la testa dei ragazzi spicca quella di introdurre l’insegnamento del greco nei licei scientifi ci. Tale tesi è avvalorata anche da esperti nel settore, quali il professor Cerasoli, che nella conferenza tenu-ta durante la scorsa Settimana Scientifi ca, si è lasciato scappare una battuta chiedendosi perché nei licei scientifi ci si insegni latino invece che greco. Tra le motivazioni della citata dichiarazione vi è la certezza che il greco sia la “lingua della scienza” in quanto, oltre ai molti simboli identifi cati con le lettere dell’alfabeto greco, molti dei primi uomini di scienza appartenevano alla civiltà elle-nica e perciò la maggior parte dei termini tecnici usati in ambito scientifi co sono di derivazione greca; inoltre l’approccio a questa lingua e alla sua sintassi, contribuirebbe in larga misura allo svilup-po di un nuovo “modus cogitandi” dello studente che acquisirebbe maggior elasticità mentale e tecniche di risoluzione differenti dello stesso problema. Questa innovazione si scontrerebbe, però, con la diffi coltà di inserirla in un orario che lascia, già per com’è ora, spazio non pienamente suffi ciente a materie fondamentali quali

Matematica, Fisica e Chimica; la soluzione del problema potrebbe risiedere nella strutturazione di un nuovo orario scolastico basato su 6 “ore” giornaliere da 50 minuti che offrirebbe tempo extra da dedicare a discipline nuove o anche ai laboratori scientifi ci e infor-matici. Un’altra proposta è quella di introdurre un tempo prolungato (ripensando anche gli spazi delle scuole che diverrebbero dei veri e propri campus), prevedendo un maggior numero di brevi intervalli tra le lezioni, come già in vigore in vari paesi europei e non, dando la possibilità allo studente di recuperare le energie da spendere poi nell’ora successiva, senza tuttavia togliere spazio vitale alle lezioni.Importante comunque è rifl ettere criticamente su quello che sarà il futuro della scuola e proporre nuove idee in modo da contribui-re a un maggiore dibattito e confronto, per un sistema scolastico effi ciente, che ponga lo studente, non come oggetto della società odierna, ma nel ruolo di vero soggetto attivo.Sitografi a: www.repubblica.it, www.labuonascuola.gov.it.

Leonardo Alfatti e Alessandro Curitti

A Luglio 2015 è stata approvata la riforma “Buona scuola” proposta dal Governo attraverso le direttive della ministra Stefania Giannini che si propone di aumentare il numero di assunzioni di personale scolastico, ponendo fi ne alla stagione del precariato scolastico e di raddoppiare i fondi di funzionamento delle scuole. Di pari passo agli studen-ti viene garantita un’offerta formativa più ricca, cercando di ampliare i campi di insegnamento, non dando spazio solo alle “classiche” materie oggetto di studio, ma anche a quelle che stanno acquistando fascino negli ultimi anni, come le lingue, le competenze digitali, l’arte e l’economia.

Tuttavia, a distanza di poco tempo, migliaia di docen-ti sono scesi in piazza per manifestare il loro dissenso, tant’è che in alcune città (tra cui recentemente Grosseto) è partita una raccolta fi rme per la costituzione di 4 referen-dum abrogativi riguardanti l’abolizione dello “School bo-nus”, dell’alternanza scuola-lavoro, del preside-manager e della valutazione del merito. Oggetto di critica è anche un dialogo non suffi ciente con le associazioni studente-sche e regionali. Spesso capita di sottovalutare le opinio-ni degli studenti, che invece non accettano imposizioni dall’alto e chiedono di essere al centro del dibattito.

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Anche quest’anno gli esami di maturità, tanto desiderati ma anche temuti, sono alle porte. I pensieri dei nostri ragazzi sono diversi ma allo stesso tempo simili: in questi ultimi giorni forse predomina l’ansia e la preoccupazione, davanti ad una prova davvero signifi -cativa, a cui conseguirà un diploma per accedere alle Università o al mondo del lavoro.

Così, passando per i corridoi del Vitruvio abbiamo deciso di intervi-stare alcuni dei nostri maturandi sulle loro emozioni, i loro dubbi, i loro sogni. Molti hanno evidenziato il fatto che gli esami segnano il momento in cui “dobbiamo tagliare il cordone ombelicale che ci ha legati fi nora alle nostre famiglie, perché adesso inizia la vita, quella vera in cui assaporeremo una nuova libertà sebbene ancora attac-cati a questo nostro passato”. Gli esami rappresentano un punto di inizio che catapulterà ognuno in un futuro che solo personalmente si può costruire, mattone dopo mattone, e “rappresentano il coro-namento di un percorso iniziato cinque anni fa”, che quasi hanno paura di terminare. Ciò è comprensibile, perché doversi separare da compagni con cui si è condiviso “ansie, dolori e gioie”, da quelle aule che spesso hanno avuto atmosfere sospese e uniche, è dolo-roso. Rimarrà un profondo dispiacere poiché “saremo costretti ad abbandonare la “famiglia” che abbia visto ogni giorno tra i banchi di scuola, che però non si farà sconfi ggere dalle distanze”. Oltre le paure però i nostri ragazzi hanno tanta voglia di farcela distin-guendosi “dalla pecora che ha paura e si fa condizionare in modo

negativo” e aggiudicandosi dunque l’appellativo del leone “che usa il timore per affrontare le situazioni dove bisogna farsi valere”. A tutti i ragazzi e le ragazze del Vitruvio, delle classi quinte, dunque vogliamo fare l’augurio di confi dare sempre nelle proprie capacità. Tra vent’anni – come diceva Mark Twain – non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite.Un ringraziamento particolare infi ne va ai ragazzi delle classi VB, VC, VD, VF, VG, VH, VL, VR che abbiamo intervistato, tra cui Andrea Margutti, Andrea Masciarelli, Alessia Zaratti, Andrea Car-rieri, Federica Vicaretti, Giuseppe Pisegna, Giuseppe Cerone, Sil-via Gallese, Riccardo Serafi ni, Davide De Iuliis, Sofi a Cotti Zelati, Elisabetta Di Francesco, Carolina Esposito, Roberta Giulivi e Luigi, Anita, Federica, Sara del V B.

Alessandro Pascucci e Simona De Santis.

Esami di maturità 2016: un punto di inizio o un punto di fi ne? La risposta del Vitruvio

Un futuro a coloriIl giorno 11 maggio 2016 presso il Castello Orsini si è tenuto un

convegno con l’economista, on. Irene Tinagli, l’amministratore

delegato della Lfoundry, Sergio Galbiati, il direttore generale

dell’Usr Abruzzo, Ernesto Pellecchia e altri nomi della scuola

per rifl ettere sulle nuove prospettive lavorative per i giovani e

sulle tante opportunità in Italia e all’estero. Hanno partecipato

diversi istituti superiori della Marsica (tra cui il Liceo Scienti-

fi co “Vitruvio”, il Liceo delle Scienze Umane “B. Croce”, il Li-

ceo Classico “A. Torlonia”, L’ I.T.T. “A. Argoli” di Tagliacozzo,

l’I.T.C. “G. Galilei”, l’Ipae “A. Serpieri”). Le classi che hanno

aderito a tale iniziativa in questi ultimi due mesi hanno svolto

un lavoro di analisi, studio e approfondimento sul futuro dei

giovani, mostrando la freschezza, l’entusiasmo, le paure e il de-

siderio di cambiamento, tipiche degli adolescenti. Ogni scuola

ha presentato il proprio lavoro durante il dibattito.

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Che cos’è l’amore ?Ogni persona, in quanto unica, risponderebbe in maniera differen-te a questa domanda , condizionata da diversi signifi cati attribuiti a questa parola nell’evoluzione dei tempi. Poeti, fi losofi , scrittori, autori di testi e brani musicali compongono le loro opere intorno al sentimento “amore”. C’è chi lo considera una sensazione pa-radisiaca, chi come una tortura, chi lo identifi ca con la religione. Qualsiasi signifi cato si voglia attribuire ad esso, “l’amore”, sin dai tempi più remoti, è considerato in virtù di una passione che muo-ve l’universo, straordinaria è la defi nizione che dà Goethe nel suo romanzo I dolori del giovane Werther “L’amore è il lievito che dà fermento alla vita”.Orazio, Catullo, Ovidio, Platone hanno celebrato questo grande sentimento, insegnando l’ars amatoria. Ma quale è il modo di co-municare e trasmettere l’amore tra i giovani in quest’ultimo decen-nio?Qualcosa è cambiato?Sono cambiati i rapporti tra le persone? Come si muovono i giovani dentro i meandri virtuali di una rete invisibile che ci avvolge e capta e intrappola i nostri sentimenti e le nostre emozioni?L’avvento delle nuove tecnologie nell’ultimo decennio ha apportato un radicale cambiamento ed innovazione nella trasmissione delle missive consolidando l’immediatezza della comunicazione. Già la telefonia, diffusasi negli ultimi anni ad ampio spettro con le reti cellulari aveva avvicinato molto i rapporti tra le persone, annul-lando le distanze, favorendo i colloqui verbali. Il telefono che rap-presentava un privilegio di pochi negli anni addietro oggi è diventato

una vera e propria “appendice” della persona. Agli albori del XXI secolo questo straordinario apparecchio è divenuto oggetto indispensabile per le nuove for-me di comunicazione associato all’uso della rete internet. I social network, WhatsApp rappresen-tano il trampolino di lancio del-la persona eclissata dietro un piccolo schermo. Attraverso un telefono si riesce a manifesta-re, meglio detto “postare” quello che in un colloquio reale non si riuscirebbe ad esprimere.

Per i rapporti d’amore in senso stretto, anche per quelli più matu-ri, si impiegano molte ore a comunicare. Non più penna, non più carta, neanche più la voce, ma tante digitazioni, simboli, emoticon che si trasmettono alla velocità di un click. E, in tempo reale, si conosce dove sta, come sta, cosa fa l’altro. Comunicazione fatta di poche parole mal gestite, fi ori senza profumo, sorrisi virtuali e lacri-me apparenti. Viene naturale una domanda: come si può percepire uno stato d’animo, la verità e la menzogna se la persone non si guardano negli occhi? Come ti vesti? E immediatamente arriva la foto, perdendo il gusto di sorprendersi incontrando l’altro. Lo strumento è certamente utile, anzi, utilissimo ma va usato con diligenza senza pertanto trascura-re le piccole sorprese e scoraggiare i colloqui diretti.Se pensiamo poi a quanta sofferenza abbia generato nei tempi la distanza tra le persone, per mancanza di un’effi cace comunicazio-ne. Uomini e donne separati per motivi di lavoro, fi gli e fi danzati militari, dovevano aspettare settimane ed anche mesi per ricevere notizie o, nel caso degli innamorati, parole che confermavano il loro legame d’amore. Tuttavia ne “Il Simposio” Platone affronta il tema della mancanza che genera e rinforza l’amore.Con la distanza e il silenzio infatti si rinnovano i sentimenti e ri-trovandosi, a distanza di ore o giorni di silenzio, nell’incontrarsi si avranno tanto da raccontare e lo stare insieme diventerà davvero prezioso ed importante.

Chiara De Santis & Alfredo Stati

L’amore ai tempi del XXI secolo

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Tutto cambia, tutto si trasforma. Già nel IV secolo a.C. se n’era accorto qualcuno, quel fi losofo del “Panta Rei” e ancora oggi, nel 2016, nulla è rimasto uguale a duecento, trecento, cinque o qua-ranta anni fa.Ciò che ci mostra il cambiamento in tutta la sua totalità, è la sto-ria di un fotografo, Nicholas Nixon (nato nel 1947 a Detroit, Mi-chigan). La sua vita cambiò nel 1975, con uno scatto in bianco e nero a sua moglie, Bebe, e alle sue tre sorelle, Heather, Mimi e Laurie. Cominciò tutto per caso, da un “mettetevi in posa” , fi no ad arrivare alle quaranta fotografi e, una ogni anno, raccolte ed esposte in varie mostre, che portarono Nixon a diventare famoso. Il progetto “The Brown Sisters” è la dimostrazione che, nono-stante il tempo passi, l’amore e l’affetto che lega le quattro sorelle rimane immutato. Ne è la prova il fatto che Nixon scegliesse per ogni scatto un paesaggio differente, nonostante restasse sempre in secondo piano, mentre le protago-niste erano sempre più vicine e unite, a rappre-sentare un’immagine di donna che non muore mai, nella spensieratezza della gioventù e nel-la fi erezza della loro maturità. Perché alla fi ne non importava che una di loro indossasse un bel vestito, un bel rossetto o avesse il brac-cio in una posizione particolare. L’importan-te era che fosse tutto naturale, talmente tanto da trasformare una foto di famiglia, in arte. Ed è proprio per questo che Nixon è approdato con la sua mostra due anni fa al Museum of Modern Art (Moma) di New York e ancora adesso questa storia affa-scina e colpisce chiunque guardi le foto. Perché il valore della singola fotografi a negli anni è an-

dato un po’ perduto, infatti oggi ci si concentra di più sull’apparire belli nella foto, che sulla sua stessa importanza.Le foto di famiglia, per esempio, agli inizi del ‘900, erano una sorta di “evento”: si facevano solo in occasioni speciali, in cui si doveva tirare fuori dall’armadio il vestito buono, e allora ci si metteva tutti in posa immobili, indossando quasi una sorta di “maschera” che restava lì ferma ed eterna. Poi le macchine fotografi che iniziarono a diffondersi sempre di più e sempre più velocemente: divenne un

desiderio naturale scattarsi una foto per conservarla tra i mille ricordi, e si passa così alle foto sui prati degli anni ’80. Qui però i protagonisti sorridevano spensie-ratamente, che con un “cheese” dava-no inizio ad una serie di foto tra jeans larghi, e capelli cotonati. Ed ora le foto sembrano essere solo apparenza, solo superfi cialità, sebbene qualcuno continui a cantare “We keep this love in a photo-graph…”Forse tra cento anni la foto acquisirà al-tre mille sfumature, forse ne riprenderà qualcuna precedente, come la rigidità degli anni ’20 o la spensieratezza degli anni ’80, oppure si ridurrà al semplice “selfi e” del 2016. Ma la foto, con la sua magia, immobilizzerà comunque quell’attimo nel tempo eterno, come

quelle delle quattro sorelle Brown.

Federica Di Domenico e Lia Pietrosante

The brown sisters…“l’eternità in una foto”

a cantare “We keep this love in a photo-graph…”Forse tra cento anni la foto acquisirà al-tre mille sfumature, forse ne riprenderà qualcuna precedente, come la rigidità degli anni ’20 o la spensieratezza degli anni ’80, oppure si ridurrà al semplice “selfi e” del 2016. Ma la foto, con la sua magia, immobilizzerà comunque sentare un’immagine di donna che non muore

mai, nella spensieratezza della gioventù e nel-la fi erezza della loro maturità. Perché alla fi ne non importava che una di loro indossasse un bel vestito, un bel rossetto o avesse il brac-cio in una posizione particolare. L’importan-

Perché il valore della singola fotografi a negli anni è an-

sua magia, immobilizzerà comunque quell’attimo nel tempo eterno, come

quelle delle quattro sorelle Brown.

sua magia, immobilizzerà comunque quell’attimo nel tempo eterno, come

quelle delle quattro sorelle Brown.

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SerenitàDolce riposar cosìTiepida sera primaverile;Per una volta sto bene quiE la mente è stranamente vuota.Tutto il resto diventa vanoE lo spirito adesso appagatoVolge lo sguardo al nitido cieloChe s’accende di fuochi velato.Contemplare è il più dolce reatoE sto assorto, com’è naturaleNel mirare la stella più bellaA me luminosa fra tutte le altre.Lei da lassù, io la guardo da quiMentre mi perdo a riposar così.

Dario Di Francesco

PoesiaÈ freddo fuori, amico mio, dormi. Cosa aspetti? Fuori solo qualche vagabondo tiene compagniaal fumo di una sigarettabruciata all’ombra di un lampione.È freddo fuori, amico mio,è buio.Cosa speri di vedere?Un accecante urlo di rivelazioneche bussi alla porta dei tuoi sensi per scoprire cosa cerchi?È brutto fuori, amico mio, torna indietro.Il fulgido splendore del progressorende ancora più macabro questo squallido degrado.È vero fuori, amico mio, seguimi, perché se non ti accontenticome gli altri,perché se sei folle come me,come noi,non sarà certo la verità a spaventarti.

Coraggio, amico mio, perditi, nella vanagloriosa speranzadi far rinascere un soleche l’ignoranza ha eclissatoe che muore ogni giornonegli occhi di chi si arrende.Sei un folle, amico mio, svegliati, perché il pregiudizio degli sconfi ttiti rende ogni giorno più grande,genera ogni giorno più luce.Guardali, amico mio, spaventali,come ti ha spaventato la prima voltala paura,la paura di aver inteso la verità, la paura della consapevolezzadi aver vissuto la tua vitanella comodità di una lussuosa prigione.Esci, amico mio,vieni,e nel freddo e nel buio della notte e nell’incertezza dei folliassapora l’amara dolcezzadella libertà.

Andrea Gallese

Senza titoloParliamo di Thanatos il dio della morte, fratello ge-mello di Hypnos, dio del sonno nonché braccio de-stro di Ade. In ogni guerra sacra contro Athena sce-glie un corpo ospite che sia un gemello così anche il fratello lo può infestare e, quando qualcuno viene posseduto da lui, prova disprezzo per gli umani aff ermando che sono stolti, inutili e valgono meno

degli insetti. Quando uno o più umani lo sfi dano o lo feriscono (in rarissime occasioni peraltro) lo con-sidera un sacrilegio, un oltraggio agli dei. Quindi li disintegra. E comunque non si fa scrupolo neanche con gli innocenti, per esempio i bambiniVincenzo Micucci

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“The Danish Girl” è un fi lm di Tom Hooper, tratto dal romanzo omo-nimo di David Ebershoff, a sua volta ispirato alla vita di Einar We-gener / Lili Elbe. Il fi lm ha ricevuto tre candidature per i Golden Glo-be: miglior attore in un fi lm drammatico (l’interpretazione di Eddie Redmayne è davvero magistrale), miglior attrice in un fi lm dram-matico (Alicia Vikander ndr) e miglior colonna sonora. Ha ricevuto anche 3 nomination agli Oscar 2016: migliore attore protagonista, migliore scenografi a e migliori costumi aggiudicandosi quello per la migliore attrice non protagonista . Lo sfondo è l’ Europa del Nord degli anni venti, i luoghi quelli frequentati dalla borghesia cittadina tra musei, circoli e mostre tutti rigorosamente in Stile Liberty. Suggestivi anche i paesaggi dane-si. I costumi sono raffi natissimi. Ad ogni modo, la storia è quella di Einer, un’artista danese che ama dipingere paesaggi, e del suo scoprirsi donna, Lili. Tutto inizia per gioco ma poi da gioco diventa necessità. La vera personalità dell’artista emerge dopo una vita di repressione. Lili uscirà sempre più allo scoperto sfi dando il pregiudizio e i limiti imposti dalla natura e dalla società.Einar è un uomo sposato con Gerda, con la quale conduce una modesta vita coniugale, e con una ben avviata carriera da pittore; Lili, invece, è una donna prigioniera di un corpo che non le appartie-ne, costretta a reprimere passioni e modi di fare che, le donne attorno a lei possono vivere inve-ce liberamente e alla luce del Sole. Lili può vivere solo nell’arte di Einar, nel suo dipingere i luoghi dell’infanzia, i luoghi del tanto rimpianto bacio con Hans. Stanca di tutto questo Lili irromperà sem-pre più prepotentemente nella vita di Einar anche quando rischierà di fi nire in un manicomio o di subire trattamenti medici “curativi”, quando verrà aggredita e anche quando il rapporto con l’unica don-na della sua vita vacillerà. Lili, raccogliendo tutte le sue forze, farà il grande passo e, per la prima volta nella storia della letteratura medica, si libererà di quell’errore commesso dalla natura che le aveva impedito di essere come lei era davvero.Quella di Lili è la storia di una donna coraggiosa come poche che ha avuto la forza di sfi dare la mentalità chiusa e i pregiudi-zi di un’intera società che la facevano autoconvincere di essere un caso patologico, contro natura. Quella di Lili è anche la storia quotidiana di migliaia di persone transessuali come lei in tutto il

mondo che, nonostante il notevole progresso scientifi co in merito, devono ancora, paradossalmente, affrontare gli stessi preconcetti e la stessa chiusura mentale di allora. Siamo ancora molto lonta-ni dal riconoscere piena dignità e diritto di esistere alla comunità transessuale e, più in generale, a quella Lgbtq. Ragioniamo ancora in termini di “blu” e “rosa” (possibilmente con il blu che opprime il rosa) quando invece la natura ci offre migliaia e migliaia di altre sfumature tutte ugualmente importanti perché l’arcobaleno è fatto da tantissimi colori e senza uno solo di essi perderebbe di bellezza e intensità. Viviamo in una società che ci impone concetti di virilità

e di femminilità nei quali la maggior parte di noi non si identifi ca. Perché uomo o donna non è solo chi ha un certo aspetto esteriore, uomo o donna è chi si sente tale e si trova a suo agio nel comportarsi come tale indipendentemente da come siamo fatti o da chi o cosa ci piace. Ognuno, per essere veramente libero, dovreb-be vivere la sua femminilità o mascolinità come meglio crede al di là degli stereotipi superfi ciali che associamo alle persone e che hanno mie-tuto fi n troppe vittime.“Travestito” non è chi si veste seguendo il pro-prio modo di essere, quelle non sono masche-re, le vere maschere sono altre, sono quelle dell’odio, dell’ignoranza e della paura dietro le quali si nasconde chi ostenta la sua “normalità” tacciando per anormale tutto ciò che minaccia il suo modo di pensare chiuso e retrogrado (per non dire antiscientifi co). Tra l’altro “l’anormali-tà” a cui fa riferimento non è una malattia, l’o-

mo-bi-transfobia sì. Per cui dedichiamo veramente tanta stima a donne come Lili che con i loro gesti anticonformisti hanno contri-buito alla lotta contro ogni forma di pregiudizio così come a Elena Lucrezia Corner Piscopia prima donna laureata della storia che ha scioccato la società del XVII secolo dimostrando che la cultura non è appannaggio degli uomini, a Sylvia Rivera, donna transgender che con i “ribelli” dello Stonewall ha dato il via con il primo gay pride al movimento di liberazione Lgbtq, così come a tutte quelle centinaia di persone eroi che hanno fatto della loro vita una batta-glia per piantare semi di alberi dai quali solo oggi cominciamo a raccogliere frutti.

Agostino Cambise

The Danish girl

e di femminilità nei quali la maggior parte di noi non si identifi ca. Perché uomo o donna non è solo chi ha un certo aspetto esteriore, uomo o donna è chi si sente tale e si trova a suo agio nel comportarsi come tale indipendentemente da come siamo fatti o da chi o cosa ci piace. Ognuno, per essere veramente libero, dovreb-be vivere la sua femminilità o mascolinità come meglio crede al di là degli stereotipi superfi ciali che associamo alle persone e che hanno mie-tuto fi n troppe vittime.“Travestito” non è chi si veste seguendo il pro-prio modo di essere, quelle non sono masche-re, le vere maschere sono altre, sono quelle dell’odio, dell’ignoranza e della paura dietro le quali si nasconde chi ostenta la sua “normalità” tacciando per anormale tutto ciò che minaccia il suo modo di pensare chiuso e retrogrado (per non dire antiscientifi co). Tra l’altro “l’anormali-tà” a cui fa riferimento non è una malattia, l’o-

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È risaputo: l’Africa è un continente dalle mille sfumature religiose. In ogni angolo troviamo abitanti rispettosi della cultura e delle tradi-zioni locali. Nascosto, però, dall’invidiabile dedizione alla religione, troviamo l’inimmaginabile: l’orrore della stregoneria e delle supersti-zioni, pericolose convinzioni che arrivano a rovinare la vita di nume-rosi innocenti. Testimoni di violenze incomprensibili sono i medici, che trovano innanzi ai loro occhi ragazzini e neonati maltrattati e talvolta uccisi, perché nati con diverse patologie o particolari fi sio-logici. Ne sono un esempio i gemelli omozigoti, emarginati perché ritenuti “ fi gli del diavolo”, semplicemente perché identici, o anche chiunque sia albino. “Sono bianchi in Africa, sono gli ultimi degli ultimi”, una frase che si legge sulla home page del sito dedicato al romanzo “Ombra bianca” di Cristiano Gentili, operatore del settore umanitario e della cooperazione, che ha lavorato allo sviluppo in Africa, Asia e in America latina, viaggiando in Tanzania, il paese con il più alto tasso di albinismo al mondo. Egli racconta la storia di una bambina albina nata in Tanzania, appunto, vittima di violenze e soprusi. È in questi casi che gli stregoni scatenano innumerevoli pregiudizi, al solo scopo di guadagnare denaro dall’estrazione di organi, ritenuti magici, da chi è affetto da questa malattia. È eviden-te quindi l’eccessiva presenza di inutili convinzioni scaturite però dalle scarse conoscenze, dalla poca educazione.

Solo l’istruzione e la consapevolezza di vivere in un mondo dove la varietà e la diversità sono i pregi più preziosi, contribui-scono a debellare ogni forma di razzismo, pre-giudizio o credenza in-fondata. In alcuni paesi africani, la povertà non permette a tanti di sape-re e di comprendere.È per questo che sono nate iniziative da parte di organizzazioni come L’Onu e campagne di sensibilizzazione. Ma ciò non è suffi ciente come ha notato anche lo stesso papa Francesco al Simposio sull’Africa. In una realtà mondiale, dove il cinismo e l ‘egoismo regnano, il contributo deve essere collettivo, non possiamo restare spettatori di tali abomini, condividendo inutili hashtag sui social. Questa non è certo vera umanità.

Stefania Giancarli

Narra la rapida ascesa di un ragazzo convinto di potersi emancipare dalle sue umili origini, inse-

rendosi a ogni costo in un mondo del lavoro sempre più ambiguo e corrotto. Stefano Crupi affronta sen-za moralismi e ipocrisie un tema di grande attualità, l’Italia delle scorciatoie e delle raccomandazioni. Il cuore del romanzo è però la storia vivida e spieta-ta di una madre pronta a tutto per suo fi glio e del loro rapporto simbiotico ed esclusivo. Figura cen-trale della storia, infatti, è Maristella, donna ambi-ziosa e calcolatrice, rimasta presto vedova con un

unico fi glio da far arrivare in alto, lo sa bene, e sa che la prima cosa è “mettersi dietro il santo giusto”. Ernesto, il protagonista, ha ereditato da lei la de-terminazione e l’assenza di scrupoli: per diventare davvero qualcuno non bisogna mai mostrare debo-lezze, bisogna avere i peli sul cuore, e lui non esita ad applicare la lezione della madre nella sua nuova vita d’uffi cio, ottenuta grazie all’”aiuto” del boss di turno, tra grandi regalie e piccole meschinità. Dopo Cazzimma, fortunatissimmo romanzo d’esordio di Crupi, una prova più matura che rifl ette comunque

PILLOLE DI LETTURA

L’Africa: tra pregiudizi esuperstizioni da superare

più preziosi, contribui-scono a debellare ogni forma di razzismo, pre-giudizio o credenza in-fondata. In alcuni paesi africani, la povertà non permette a tanti di sape-

superstizioni da superare

Per questo appuntamento

abbiamo pensato innanzitutto

al nuovo romanzo di Stefano Crupi,

AD OGNI SANTO LA SUA CANDELA

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lo stile asciutto, ma evocativo dell’autore. Personaggi ben tratteggiati, pensieri e azioni, cattiverie e opportunismo. È una Napoli sempre in medias res, appesa tra passato e presente. La parabola della carrie-ra del protagonista diventa occasione di rifl essione sulla natura dei desideri, delle ambizioni, dei rapporti umani. Si legge in un fi ato! Ga-rantito!

Una raccolta di trentatre racconti e soprattutto di

trentatre personaggi che rimar-ranno nell’anima del lettore. Perché amati, odiati, fastidiosi, riluttanti o persino illuminanti. Poche righe, incisive, servo-no a caratterizzarli e a renderli vivi, in mezzo a noi . I Passeg-geri notturni traballano nelle

loro esistenze, descritte in tre pagine, tre per ogni personaggio, e sembrano proprio dei passeggeri nelle loro vite. Con questi racconti, Carofi glio tratteggia mondi diversi, spesso opposti tra loro, dove la morte si contrappone alla vita, la tragicità alla comicità più esilaran-te. Quello che ci sorprende della scrittura di questi piccoli squarci è proprio la loro unicità e la capacità di rimanere a noi indimenticabili, impressi per sempre nei nostri privatissimi passaggi di vita perché i Passeggeri notturni siamo anche noi e nei racconti ci riconosciamo perché ci appartengono. Interessanti le fi gure femminili sfuggenti e indimenticabili. A tenere tutto insieme, come in un mosaico, è una scrittura capace di svelare le verità celate nei dettagli dell’esistenza con una magistrale economia di parole. Un esempio:”Un monaco in-contrò un giorno un maestro zen e, volendo metterlo in imbarazzo, gli domandò: “Senza parole e senza silenzio, sai dirmi che cos’è la realtà?” Il maestro gli diede un pugno in faccia”.

Primo romanzo di Ernest He-mingway, pubblicato nel

1926. La storia racconta le vi-cende di un gruppo di americani e britannici che viaggiano da Pa-rigi fi no a Pamplona, dove han-no intenzione di assistere all’En-cierro, il festival annuale della corsa dei tori che si svolge per le strade della cittadina spagnola. È una primissima presentazione di quella che sarà denominata generazione perduta, quella ge-

nerazione di giovani che aveva prestato servizio durante la prima guerra mondiale. Come tutti i romanzi di Hemingway, anche questo ri-

fl ette la sua stessa personalità, quella di giornalista e uomo inquieto. Così la sua scrittura, caratterizzata da molti dialoghi, battute graffi anti, personag-gi tesi alla continua ricerca di sen-so nell’azione, calati in realtà più o meno esotiche. L’autore rende con tocco da cronista l’ambientazione fra la Parigi dei Café e la Pam-plona della festa di San Firmino fra le due guerre. Hemingway ci racconta di un mondo che a noi pare tanto irreale quanto affasci-nante, popolato da giovani ame-ricani sradicati coinvolti nella contraddittoria ricerca frenetica di divertimento e vita da una parte e, dall’altra, consapevol-mente dediti a una metodica au-todistruzione. Dietro la narrazio-ne di una diffi cile storia d’amore tra il giovane Jake Barnes, reso impotente da una ferita di guerra, e la divorziata nonché altamen-te promiscua Lady Brett Ashley, Hemingway tratteggia i volti e i sentimenti di quei ragazzi che non riuscivano più a scrollarsi di dosso l’orrore della guerra, e ne portava-no evidenti segni nella mente e nel corpo . Vi lasciamo con una citazio-ne tratta dal libro e ricordando che l’importante è leggere, leggere, leg-gere, Leggete ciò che volete e buona lettura a tutti. “Era come certi pranzi di guerra che ricordo. C’era molto vino, una sconosciuta tensione e la sensazione di cose che dovranno accadere e non si può prevenire. Col vino mi passò la sensazione di disgusto, e mi sentii felice. Pareva-no tutti gente tanto per bene...”

Mariassunta Di Crescenzo

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La seconda proposta è il nuovo lavoro,

uscito il 15 marzo, di Gianrico Carofi glio,

che si cimenta con straordinario successo

nell’arte del racconto. PASSEGGERI NOTTURNI

E per concludere, come è nostra consuetudine,

suggeriamo la lettura di un classico della

letteratura mondiale. SI TRATTA DI THE SUN

ALSO RISES (noto anche con il

titolo FIESTA)

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