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n. 0 gennaio-aprile 2012 L’IMPRESA COOPERATIVA: UN MODO DIVERSO DI FARE BUSINESS L’INTERVENTO di Oscar Giannino LA COOPERATIVA COME RETE DI PERSONE COOPERAZIONE: QUALE FUTURO? Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale 70% – CN BO Bologna. Iscrizione al tribunale di BO del 28/05/1981 n° 5988 LA COOPERAZIONE UN FARE IMPRESA CHE NON PUÒ VOLARE MA VOLA

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Magazine di Cooperativa Sociale Società Dolce

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n. 0gennaio-aprile 2012

L’IMPRESA COOPERATIVA:UN MODO DIVERSO DI FARE

BUSINESS

L’INTERVENTOdi Oscar Giannino

LA COOPERATIVACOME RETEDI PERSONE

COOPERAZIONE:QUALE FUTURO?

Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale 70% – CN BO Bologna. Iscrizione al tribunale di BO del 28/05/1981 n° 5988

LA COOPERAZIONEUN FARE IMPRESA

CHE NON PUÒ VOLARE MA VOLA

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Abbiamo voluto fare un periodico che, pur conservando la peculiarità di un house organ, ha l’ambizione di rivolgersi ad un pubblico molto più vasto affron-tando temi di forte impatto sociale e attualità con interventi di autorevoli opi-nionisti. Xaltro si presenta quindi come un contenitore di idee e proposte dove, su specifici argomenti, si apre un dibattito e un libero confronto. Non potevamo che cominciare da un tema a noi caro: il mondo della cooperazione. Un omag-gio al movimento cooperativo che, in questo 2012, ha ricevuto un importante riconoscimento da parte dell’Onu. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha, infatti, proclamato il 2012 come l’anno internazionale delle cooperative.In questa difficile crisi economica internazionale, le cooperative sono un model-lo da valorizzare capace di creare occupazione e generare coesione economica e sociale. A confrontarsi sull’argomento abbiamo raccolto le opinioni del gior-nalista e scrittore Oscar Giannino, Marco Minella segretario generale di Camst, Luigi Marino presidente nazionale di Confcooperative, il professor Antonio Ma-tacena, ordinario di ragioneria generale ed applicata presso l’Università di Bo-logna e il sociologo Giuseppe Sciortino dell’Università di Trento. Non mancherà uno spazio dedicato al mondo “Dolce” con un intervento del presidente Pietro Segata e due rubriche di approfondimento su cultura e luoghi da scoprire.

Cooperare: operare insieme con altri, contribuire attivamente al conseguimento di un fine.

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MAURO SPINATODirettore Responsabile

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“Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.”

(Francesco Cocco/Contrasto)scatto realizzato per l’Opera San Francesco per i Poveri Onlus

dal libro “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach

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IMMAGINE 2 facciate

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Periodico della Cooperativa Sociale Società DolceIscrizione tribunale di Bologna n. 5988 del 28/02/1981Numero 0, gennaio-aprile 2012Bologna, chiuso in redazione il 19 dicembre 2011

Sede e RedazioneVia C. Da Pizzano, 540133 BolognaTel. 051 6441211Fax 051 6441212Email: [email protected]

Direttore EditorialePietro Segata

Direttore ResponsabileMauro Spinato

RedazioneStefania BastiaMassimiliano PaolettiAnnamaria PontiMauro Spinato

Coordinamento organizzativoAnnamaria Ponti

Hanno collaborato:Cristiano Bottone, Enzo Gasparutti, Oscar Giannino, Emanuela Giampaoli, Giacomo Giuggioli, Luca Grosso, Luigi Marino, Lucia Marrocchi, Antonio Matacena, Marco Mi-nella, Claudio Pozzi, Antonio Rossi, Giuseppe Sciortino, Pietro Segata, Paolo Vaccaro.

Progetto graficoCCDstudio.eu

Referenze iconograficheXALTRO, Contrasto, Istockphoto

Crediti fotograficiGabriele Baldazzi

StampaStampato su carta ecologica riciclata da Tipografia Negri s.r.l., Bologna

CopyrightI testi possono essere riprodotti a condizione che sia indicata la fonte e che non siano utilizzati a fini commerciali

Partner tecnico

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In conformità al D.Lgs n. 196/2003 sulla tutela dei dei dati personali, in-formiamo che i dati raccolti saranno trattati con la massima riservatezza e verranno utilizzati per scopi inerenti la nostra attività. In ogni momen-to, a norma dell’ art.7 del D.Lgs n. 196/2003, si potrà chiedere l’accesso, la modifica, la cancellazione o opporsi al trattamento dei dati scrivendo a Cooperativa Sociale Società Dolce Via C. Da Pizzano 5, 40133 Bologna o a [email protected]

“La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti.” Anthony De Mello

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L’INTERVENTO di Oscar Giannino

SCRIVONO PER NOI

L’IMPRESA COOPERATIVA:UN MODO DIVERSO DI FARE

BUSINESSProf. Antonio Matacena CHI FA DA SE’

FA PER TREPietro SegataPresidente Cooperativa SocialeSocietà Dolce

LE VIE DEL DIALOGOSTORIE DI UN “ALTRO” MONDOEmanuela Giampaoli

SPERIMENTARE LA TRANSIZIONECristiano Bottone

L’ALLEANZADELLE COOPERATIVE

ITALIANEIntervista a Luigi Marino

Presidente Confcooperative

LA COOPERATIVACOME RETEDI PERSONE

Prof. Avv. Antonio Rossi

COOPERAZIONE:QUALE FUTURO?

Prof. Giuseppe Sciortino

SOCIETA’ DOLCENEWS

ETICA ECOOPERAZIONE

Intervista a Marco MinellaSegretario Generale CAMST

LA COOPERAZIONEA TEATRONuova Scena-Arena del SoleTeatro Stabile di Bologna

ECCELLENZEA CONFRONTOIdealservice - Operosa

APPUNTAMENTI

SOMMARIO

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L’INTERVENTO di Oscar Giannino

Tra le tante ragioni di perplessità e contrarietà che ho espresso per la ma-novra ter di correzione dei conti pubblici varata a metà agosto scorso e poi innumerevoli volte rimaneggiata – ora che la lettera della Bce che illustrava le richieste, la distanza rispetto a quanto approvato dal governo è chiara a tutti – una riguarda proprio l’aggravio deciso nei confronti del mondo coo-perativo. E’ stato disposto l’aumento della base imponibile Ires per le coop a mutualità prevalente, le società dovranno assoggettare a imposta una mag-giore quota di utili pari al 10%, e dovranno pagare l’Ires anche su un decimo dell’utile destinato a riserva minima obbligatoria. Una norma che attende interpretazione, visto che nella generalità dei casi questo secondo addendo è pari al 35% dell’utile di bilancio in quanto la riserva obbligatoria è del 30%, ma per le banche di credito cooperativo che hanno l’obbligo di accantonare a riserva minima obbligatoria il 70% degli utili netti annuali il secondo ad-dendo potrebbe salire al 7%. In contrasto con il testo Unico Bancario che ne disponeva l’intassabilità. Al di là dell’argomento tecnico – la produzione le-gislativa media contiene ormai bestialità diffuse e talvolta a ogni piè sospin-to - è la ragione che ha spinto il governo a queste misure a non convincermi affatto. Per quel che mi è dato conoscere di governo e maggioranza, è una ragione ideologica. Come tutte le ragioni ideologiche – dal mio punto di vista almeno, non voglio mancare di rispetto ad alcuno – si nutre di pregiudizi. Il pregiudizio è quello nei confronti della storia mutualistica del movimento co-operativo, profondamente innestato nel grande tentativo compiuto lo scorso secolo dal movimento socialista e da quello cattolico di avvicinare al merca-to chi era sprovvisto di capitali finanziari e comunque chi intendeva investire sul proprio capitale umano. In più, a questo pregiudizio se ne aggiunge un altro. Quello per il quale in realtà le aziende cooperative sarebbero spessis-simo imprese come tutte le altre, ma costituite da furbastri che all’ombra del vantaggio fiscale garantiscono uno scambio tra ordinativi e consensi a questa o quella parte politica. E’ un po’ paradosssale che sia io, un merca-tista che critica governo e maggioranza per aver tradito l’impegno a ridurre il perimetro della spesa pubblica e la pressione fiscale, a dover difendere le ragioni e l’importanza della mutualità nel sistema produttivo italiano. Ma è un paradosso solo apparente. Se qualcosa ci dovrebbe aver insegnato la grande crisi finanziaria da quattro anni a questa parte, è che l’eccesso di disinvoltura al quale dobbiamo i guai è stato provocato non certo dal mondo della cooperazione, ma dagli utili stellari di società di capitali spacciati per oro quando erano solo il campo dei Miracoli promesso a Pinocchio dal Gatto e la Volpe. Tanto più se guardiamo al mondo del credito, quegli uomini di go-verno che oggi bastonano le BCC sono gli stessi che per tre anni plaudivano alle piccole banche territoriali presidio dei prestiti alle imprese, rispetto alle grandi che dovevano leccarsi le ferite della crisi e stringevano i cordoni degli impieghi. La bastonata estiva è dunque peggio di un errore. E’ un’attesta-zione di carenza culturale. Perché è nell’ignoranza che più facilmente vince il pregiudizio.

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Un difetto

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Guido Morselli, Contro-passato prossimo, Adelphi, 1987, Fabula, pp. 261

Alice nel paese della meraviglie

Daniele Del Giudice, Staccando l’ombra da terra

Lisbona

Finlandia

Non so, decido dove andare pochi giorni prima di partire

Coerenza e precisione

Parlare a voce bassa

Diligenza

Iracondia

Il loro nome è Legione

Scarsa propensione alle relazioni sociali

Prof. ANTONIO MATACENA

Ordinario di Ragioneria Generale ed Applicata (Corso Progredito) presso la Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Economia e Professione e Direttore del Master Universitario di I Livello in Economia della Cooperazione MUEC sempre dell’Università di Bologna.

Prof. GIUSEPPESCIORTINO

Insegna Sociologia del Mutamento presso l’Università di Trento.

Prof. Avv.ANTONIOROSSI

Vive a Bologna con la sua famiglia; insegna Diritto Commerciale all’Università della sua città, ove svolge anche la professione di avvocato. Ama camminare, leggere, il volo, i giochi storici.

SCRIVONO PER NOI

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“...Le cooperative sono basate sui valori dell’autosufficienza, dell’autorespon-sabilità, della democrazia, dell’uguaglianza, dell’equità e della solidarietà. Nella tradizione dei loro fondatori, i soci delle cooperative credono nei valori etici dell’onestà, della trasparenza, della responsabilità sociale e dell’atten-zione verso gli altri... ”

L’IMPRESA COOPERATIVA: UN MODO DIVERSO DI FARE BUSINESS

1 Ci si riferisce alla Dichiarazione di Identità Cooperativa, esito del congresso dell’Alleanza Cooperativa Internazionale (A.C.I.) tenutosi a Manchester nel 1995

2 V. NEGRI ZAMAGNI, L’impresa cooperativa: residuo del passato o pro-posta per una società più equilibrata? in, Lezioni Rossi-Doria, 2010, a p.3 afferma che “L’alternativa (…nda) al capitalismo che si è manifestata nella storia è la cooperazione, che non ha proposto l’eliminazione del

prof. ANTONIO MATACENAUniversità di Bologna

L’alterità cooperativa, cioè la sua diversità rispetto alle imprese profit, va fatta risalire ai valori ed ai principi1 che la definiscono e ne regolano il funzionamento.Per l’A.C.I. “la cooperativa è un’associazione autono-ma di persone unite volontariamente per soddisfare le loro aspirazioni e bisogni economici, sociali e cultu-rali comuni attraverso la creazione di una impresa di proprietà comune e democraticamente controllata”. Si stabilisce inoltre che “le cooperative sono basate sui valori dell’autosufficienza, dell’autoresponsabilità, del-la democrazia, dell’uguaglianza, dell’equità e della so-

mercato, ma ne ha invece suggerito una istituzionalizzazione diversa: nell’impresa cooperativa non è il capitale al centro dell’attività produtti-va, ma la persona (il socio). Questo spostamento di focus si basa su un paradigma fondativo dell’attività economica che non è individualisti-co, ma intrinsecamente relazionale, per cui l’obiettivo è massimizzare l’interesse di gruppo, inclusivo di gruppi vasti e dunque virtualmente coincidente con la società (bene comune).

lidarietà. Nella tradizione dei loro fondatori, i soci delle cooperative credono nei valori etici dell’onestà, della trasparenza, della responsabilità sociale e dell’atten-zione verso gli altri”. Definizione questa che già da sola permette di individuare gli elementi qualificanti la co-operativa stessa, elementi da riassumersi, specie se si ha in mente la storia della cooperazione2:1. nel rendere evidente “una forma produttiva e di con-sumo che rappresenti una difesa dei lavoratori (e nel tempo di consumatori, risparmiatori, cittadini,…nda) e una tutela dei loro diritti di protagonismo sociale (…) di

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“ Come può ‘volare’ un’impresa che nega la massimizzazione della remune-razione al capitale? Che permette a terzi non capitalisti d’incidere sulle de-cisioni di investimento? Che si assume responsabilità ultraeconomiche che generano costi interni e magari esternalizzano ricavi privati interni? Che compete in modo rispettoso degli altri attori di mercato senza ‘approfittare’ degli eventuali specifici vantaggi competitivi di cui può godere quali: la ‘liber-tà’ di licenziamento, di decentramento territoriale, di demercificazione della propria produzione?”

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fronte ai processi degenerativi del capitalismo (…)3”;2. nell’agire sul mercato attraverso l’uso di un siste-ma di valori e di principi operativi “che i cooperatori si danno come fine e come criterio per il loro intervento nel processo produttivo”. Ciò significa che: “Nella co-operazione (…) esiste un sistema di valori e una sua declinazione in termini di precettazione operativa”4;3. nel presentarsi come attori di mercato attenti agli altri attori non cooperatori; attenzione questa espressa attraverso l’assunzione finalistica di specifiche respon-sabilità; il che evidentemente comporta una modalità di conduzione aziendale che garantisca la congruen-za tra fini, obiettivi e strategie e la loro coerenza con le attività poste in essere: in sintesi una gestione ac-countable.5

La definizione e l’ambito valoriale ricordati ci permet-tono di identificare la mission fondante ed il modello di governance presente nella cooperativa:- la prima è collegata all’attività mutualistica che si realizza nei rapporti tra soci e cooperativa, attività questa volta a ottimizzare il vantaggio cooperativo, economico e non, dei soci e non a valorizzare un capi-tale finanziario, capitale che quindi costituisce sostan-zialmente un fattore strumentale al raggiungimento dell’obiettivo mutualistico. Vantaggio questo che si allarga alla comunità locale in cui la cooperativa vive (trasformando la stessa in un’impresa di comunità) ed alla collettività tutta quando, con l’emergere della coo-perazione sociale, l’agire delle cooperative è prevalen-temente volto alla produzione distribuzione di servizi di interesse collettivo o di beni meritori/relazionali a

favore anche di soggetti svantaggiati;- il secondo è individuato nel principio della democra-ticità, principio che si rende palese attraverso i noti po-stulati della porta aperta e una testa un voto. Principio questo che radica territorialmente la cooperativa e ne sostanzia una condizione di indecentrabilità e le im-pone il ruolo di business incubator del territorio in cui vive nel caso non possa pienamente rispettare la con-dizione di libero accesso trasformandola in un’impresa di territorio. Principio che inoltre propone le coooperative mutualistiche come “prototipo” d’impresa che può es-sere amministrata con modelli di gestione e controllo rispondendi alla cosiddetta Stakeholder Theory e quelle sociali come “prototipo” d’impresa che può essere am-ministrata con modelli di gestione e controllo rispon-dendi alla cosiddetta Stakeholder Democracy, modelli in cui si supera la democrazia per delega delle coope-rative mutalistiche e si passa alla partecipazione e de-libera diretta da parte di tutti gli stakeholder.Ciò significa in sostanza prospettare le imprese coope-rative come, storicamente, le prime imprese che:1. abbiano incluso nel proprio finalismo responsabilità non solo di tipo economico, ma anche di tipo equitativo e finanche ecologico;2. siano state gestite attraverso meccanismi: (i) volti ad ampliare non solo la base sociale ma anche il sistema di legami relazionali interni ed esterni; (ii) capaci di fa-cilitare il coinvolgimento, in termini di partecipazione/controllo, oltre che dei soci anche di altri fruitori del beneficio mutualistico allargato;3. abbiano operato sul mercato secondo logiche com-

3 M. P. SALANI M. P., La cooperazione come best practice di RSI, in AA.VV., L’orientamento responsabile, Camera di Commercio di Pescara, Pescara 2007, p. 44.

4 M. P. SALANI M. P., La cooperazione come best practice di RSI, in AA.VV., L’orientamento responsabile, Camera di Commercio di Pescara, Pescara 2007, p. 45.

5 L’aggettivo accountable è associato sia al concetto di assunzioni di responsabilità, sia a quello di rendere conto.

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petitive rispettose.Tutto ciò agli occhi degli esegeti del liberismo le tra-sforma in “calabroni” (insetti questi che in base alle leggi della fisica non dovrebbero volare6) ma che

per i teorici della cosiddetta Corporate Sustainability7 ne permette l’identificazione come “l’ideal-tipo” di im-presa socialmente responsabile.

6 L’esegeta richiamato in testo si pone in sostanza le seguenti doman-de: Come può “volare” un’impresa che nega la massimizzazione della remunerazione al capitale? Che permette a terzi non capitalisti d’inci-dere sulle decisioni di investimento? Che si assume responsabilità ultra-economiche che generano costi interni e magari esternalizzano ricavi privati interni? Che compete in modo rispettoso degli altri attori di mer-cato senza “approfittare” degli eventuali specifici vantaggi competitivi di cui può godere quali: la “libertà” di licenziamento, di decentramento

territoriale, di demercificazione della propria produzione?

7 Secondo l’impostazione della Corporate Social Responsability per Corporate Sustainibilty si intende l’impegno assunto dall’impresa che si propone di perseguire un modello di sviluppo correlato all’ambiente ed alla dimensione sociale in cui vive, avendo un comportamento rispettoso verso i suoi stakeholder e utilizzando un profilo di rischio accettabile.

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“...La crisi economica mette la cooperazione davanti a un bivio. Rassegnarsi a un ruolo riparativo oppure rilanciare l’ambizione di promuovere un’attività economica diversa, rispettosa delle regole del mercato ma volta soprattutto a promuovere innovazione sociale...”

COOPERAZIONE. QUALE FUTURO?

prof. GIUSEPPE SCIORTINOUniversità di Trento

La crisi economica degli ultimi anni, ancora lungi dall’essersi conclusa, mette in dubbio molti aspetti del modello di sviluppo mondiale negli ultimi decenni. Un elemento importante, ma ancora non sufficientemente compreso, è come la crisi attuale non sia soltanto l’ef-fetto della congiuntura economica. E’ anche l’epifania di una serie di snodi di lungo periodo, spesso trascurati per decenni.Questo è particolarmente evidente nel caso italiano. Nel nostro paese, le conseguenze della crisi risultano enormemente potenziate perché agiscono su un siste-ma economico che da un decennio conosce bassissimi o nulli incrementi della produttività del lavoro, su un mercato del lavoro che ricerca quasi esclusivamente la flessibilizzazione ai margini, su un sistema di welfare mirato quasi esclusivamente alla protezione del capo-famiglia adulto attraverso trasferimenti finanziari inve-ce che attraverso la fornitura di servizi, su una pubblica amministrazione male organizzata e poco efficiente, su fortissimi differenze a livello regionale e su un sistema fiscale che consente margini quasi straordinari di eva-sione ed elusione. Nessuno di questi problemi era sco-nosciuto, e tutti hanno una storia molto più antica del fallimento della Lehman brothers o dell’invenzione dei mutui subprime.

Sotto questo profilo, si può dire che l’attuale crisi eco-nomica sia un fallimento della politica in due sensi: come incapacità di controllare (ad esempio nei confron-ti delle attività finanziarie) ma anche come incapacità di agire e di riformare (si pensi al debito pubblico ita-liano). Il caso italiano è particolarmente grave, ma non è l’unico: le classi politiche occidentali sembrano avere tutte praticato negli ultimi decenni una strategia volta ad evitare i problemi invece di affrontarli, ad assecon-dare gli umori delle opinioni pubbliche con interventi più o meno rituali invece di porle di fronte all’esigenza di scegliere. Assodato che il riconoscimento delle col-pe della politica è un elemento necessario dell’analisi, dobbiamo concludere che esso è sufficiente? La favo-letta che le cause della crisi siano l’avidità dei manager e l’incapacità dei politici è rassicurante, ma sicuramen-te fuorviante. Consente facili assoluzioni, ma rende più difficile riconoscere che nel fallimento di questo model-lo è anche coinvolta la società civile, i corpi intermedi e la stessa imprenditorialità sociale. Vi è stato anche un complessivo affievolirsi di tutte quelle voci critiche che, ognuna a suo modo, sono fondamentali per evitare che le società democratiche cedano all’autoinganno e alla cecità. La crisi ha infatti messo in luce anche la debolezza di quelle tradizioni che si sono storicamente

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caratterizzate come parte dell’economia di mercato ma non dell’ideologia del mercato. E che spesso avevano avuto l’ambizione di configurare, con la loro presenza e il loro successo economico, un possibile sviluppo eco-nomico alternativo incentrato sulla valorizzazione del protagonismo del lavoro. La tensione tra queste ambi-zioni e la pratica quotidiana d’azione in un’economia ingessata e in declino hanno comportato difficoltà, so-prattutto in termini di capacità innovativa. Col risulta-to di trovarsi mute o deboli all’arrivo della crisi.Quando parlo di debolezza non mi riferisco tanto agli indicatori economici o organizzativi del mondo coo-perativo. Molte aziende cooperative stanno reggendo relativamente bene la crisi, forse persino comparati-vamente meglio di altre forme imprenditoriali; molte aziende cooperative stanno mostrando un’attenzione alla protezione dei propri lavoratori che dimostra che la forma cooperativa non è una mera dicitura; e sarebbe sorprendente se le attuali difficoltà non stimolassero la nascita di nuove cooperative, sia da parte di lavoratori dipendenti di aziende in crisi sia di giovani che non riescano ad entrare nel mondo del lavoro.Alla base della percezione di una debolezza non è la presenza economica della cooperazione in quanto tale, bensì l’appannamento del ‘senso’ del fare cooperazio-ne, la sensazione – di cui si discute in Italia ma anche in altri paesi con tradizioni forti di cooperazione come l’Austria – che la crisi possa comportare una perdita

del carattere distintivo della cooperazione non solo come forma economica ma anche come forma di pro-tagonismo sociale. Perché una cooperativa è tale solo quando, saldamente inserita in un mercato competiti-vo, opera in esso sulla base di progetto di innovazione sociale.Sotto questo profilo, la crisi dei prossimi anni può es-sere vista come un punto di svolta, come uno di quei momenti nei quali si determinerà se la cooperazione sia una realtà principalmente residuale o ‘riparativa’ (rispetto ai fallimenti del mercato) oppure se essa si ca-ratterizzerà per l’elaborazione di progetti innovativi che ne valorizzino l’ambizione ‘trasformativa’.Questo bivio sarà particolarmente marcato per le coo-perative che operano nel campo del welfare.Già nel decennio scorso hanno dovuto fare i conti con una contrazione dei bilanci pubblici e con una progres-siva perdita di innovazione nelle politiche sociali. In troppe aree del paese, il ricorso al mondo cooperativo è aumentato, ma in chiave principalmente di riduzione dei costi. Visto il quadro finanziario dei prossimi anni, evitare che tale processo comporti uno snaturamento dell’identità cooperativa sarà già una sfida rilevante. Ma occorre soprattutto non dimenticare che la vera sfi-da è quella di disegnare un welfare diverso, dove i prin-cipi della mutualità e del protagonismo sociale siano in grado di assumere una nuova veste.

“...Sotto questo profilo, la crisi dei prossimi anni può essere vista come un punto di svolta, come uno di quei momenti nei quali si determinerà se la cooperazione sia una realtà principalmente residuale o ‘riparativa’ (rispetto ai fallimenti del mercato) oppure se essa si caratterizzerà per l’elaborazione di progetti innovati-vi che ne valorizzino l’ambizione ‘trasformativa’.”

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“...intendiamo rafforzare il grande albero della cooperazione i cui rami principali confluiscono ora in quest’unico organismo che avrà la funzione di coordinare la propria di rappresentanza nei confronti delle istituzioni italiane e internazionali e dare voce alle istanze delle imprese e dei soci cooperatori...”

L’ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE

Intervista a LUIGI MARINOPresidente Confcooperative

Il 27 gennaio scorso è nata a Roma l’Alleanza delle Cooperative Italiane. Ad oggi qual è il giudizio su tale iniziativa?

«L’Alleanza tra le tre centrali cooperative, Confcoopera-tive, Legacoop e Agci ha richiesto dei tempi di matu-razione e di metabolizzazione. Ha suscitato interesse e commenti positivi tra le cooperative e le strutture orga-nizzative, negli interlocutori politico – istituzionali e ne-gli osservatori economici a livello nazionale».

Qual è la finalità principale?«Semplificare, modernizzare e rendere più efficace la rappresentanza delle imprese cooperative. È per questo che abbiamo scelto un percorso senza sovrastrutture, qual è appunto il coordinamento stabile. Non è messa in discussione l’identità e l’autonomia di nessuna delle tre centrali che restano distinte nella governance interna e nei patrimoni».

Si parla sempre più spesso di una vera e pro-pria fusione tra le tre centrali cooperative. Quali sono i tempi e i passaggi, ma soprat-

tutto cosa ci si aspetta da una simile opera-zione?

«In questa prima fase l’attività dell’Alleanza punta a consolidare il progetto a livello nazionale. Nel giro di tre/cinque anni l’obiettivo è quello di estendere l’attività di coordinamento ai settori e ai territori. È così che inten-diamo rafforzare il grande albero della cooperazione, i cui rami principali confluiscono ora in quest’unico or-ganismo che avrà la funzione di coordinare la propria di rappresentanza nei confronti delle istituzioni italiane e internazionali e dare voce alle istanze delle imprese e dei soci cooperatori, i veri ‘padroni’ delle cooperative».

A suo giudizio c’è un legame tra fusione di associazioni e fusione di cooperative o sono due aspetti ben distinti?

«Il modello è simile. Integrare, fare rete, perseguire ag-gregazioni consortili per crescere dimensionalmente e matrimonialmente. Tutto questo rappresenta un percor-so di sviluppo innovativo che permette sia alle organiz-zazioni, sia alle imprese di rispondere alle sfide che si

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“...l’aggregazione è sempre sinonimo di maggiore competitività in qualsiasi settore. Ci sono tuttavia mercati, specie quelli più aperti alla competizione internazionale, dove integrarsi per conquistarsi il proprio spazio è strategico se non obbligatorio...”

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trovano ad affrontare. Per le prime, le organizzazioni, la rappresentanza. Per le seconde, le imprese, il mercato sempre più in continuo divenire a velocità inimmagina-bili fino a non più di un anno fa».

Ci sono settori i cui processi di aggregazione di cooperative permetterebberouna maggiore competitività delle imprese?

«L’aggregazione è sempre sinonimo di maggiore com-petitività in qualsiasi settore. Ci sono tuttavia mercati, specie quelli più aperti alla competizione internaziona-le, dove integrarsi per conquistarsi il proprio spazio è strategico se non obbligatorio. Penso al settore agroali-mentare o a quello manifatturiero (tessile e industriale), fortemente globalizzati, dove chi si aggrega e, soprattut-to, si capitalizza può puntare con successo all’export e all’internazionalizzazione remunerando al meglio i soci conferitori o produttori che siano».

Ci sono altri settori interessati dalle politiche di crescita dimensionale e di aggregazione?

«Come dicevo tutti. Vale per il consumo e il dettaglio, per la piccola pesca, per la cooperazione sociale e so-cio – sanitaria che rappresenta il vero asse portante del Welfare del Paese. Più arretra lo Stato, più le cooperative

si attrezzano per offrire servizi di qualità alle richieste complesse e diversificate che emergono da una società in rapida evoluzione».

A oggi è stato realizzato un sistema di allean-za che prevede un unico portavoce nazionale a turnazione. Quali sono i temi che già acco-munano le tre associazioni e sui quali è già in atto un confronto?

«La facilitazione dell’accesso al credito. Il contrasto deciso al dumping contrattuale. La forte riduzione dei tempi di pagamento della PA. Soprattutto le politiche di sviluppo: aggregazione e integrazione, patrimonializza-zione e capitalizzazione. Ecco perché invochiamo una stabilità normativa e fiscale che permetta alle cooperati-ve, mediamente sottocapitalizzate e sottodimensionate, di pianificare meglio il proprio futuro».

Qual è il suo giudizio a riguardo?

«Contrariamente a quanto avviene in Europa e nel mon-do abbiamo assistito a una manovra finanziaria, ingiu-stamente punitiva. L’ho definita antimerito e anticre-scita per le cooperative che hanno continuato a creare lavoro e reddito anche in questi difficili anni di crisi».

LA COOPERAZIONE ITALIANA IN CIFRE

14.500

20.500

8.000

43.000

8.700.000

3.130.000

388.000

12.218.000

485.000

535.000

80.000

1.100.000

56,5

62

7

125,5

COOPERATIVECENTRALI SOCI OCCUPATI FATTURATOmiliardi di euro

dati al 31/12/2010; fonte Confcooperative

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“...La crisi economica mette la cooperazione davanti a un bivio. Rassegnarsi a un ruolo riparativo oppure rilanciare l’ambizione di promuovere un’attività economica diversa, rispettosa delle regole del mercato ma volta soprattutto a promuovere innovazione sociale...”

ETICA E COOPERAZIONE

Intervista a MARCO MINELLASegretario Generale CAMST

Rag. Minella l’economia è uno degli ambiti in cui i cambiamenti si verificano con mag-giore evidenza e rapidità: il progresso scien-tifico e le sue applicazioni tecniche vengono massicciamente sfruttati al fine di produr-re e distribuire beni e servizi materiali. Ma c’è anche un rovescio della medaglia. Oggi appare sempre più evidente e preoccupante il dilagare della disoccupazione, la crescita di nuove povertà, l’inquinamento ambien-tale. Un intreccio tra interessi economici e decisioni politiche che inducono all’indu-zione artificiosa di bisogni e modi di vivere che cozzano con il comune patrimonio cul-turale ed etico. Come si pone e soprattutto cosa propone il mondo cooperativo per fare fronte a questo cambiamento e soprattut-to come conciliare l’etica con l’economia aziendale?

L’Italia sta attraversando ormai da molti anni una pro-fonda crisi economica. Anche se la cosiddetta fase acuta si è evidenziata in quest’ultimo triennio è altret-tanto vero che ci trasciniamo dietro anni difficili e che nulla sono servite le numerose manovre per cercare di risanare i conti. Il sistema Italia in generale è in forte affanno. Davanti a questo scenario dobbiamo dire che il mondo della cooperazione ha reagito molto bene. Le

cooperative in questi anni hanno sofferto, ma hanno anche dato risposte positive alle criticità. Anche da noi ci sono stati sacrifici, ma non abbiamo mai ricorso a strumenti esterni. Per raggiungere tali traguardi ci sono state maggiori responsabilità condivise, integrazione tra università e ricerca e mondo delle imprese e soprat-tutto il nostro è un modello che si basa sull’aumento della conoscenza, sul rispetto dell’ambiente e sulla in-clusione e coesione sociale.

Oggi le imprese, tutte indistintamente, de-vono essere sempre più competitive, adat-tarsi ai mutamenti dei mercati, agli impre-visti e improvvisi scivoloni finanziari; come possono le cooperative rimanere ugualmen-te competitive senza perdere qui i valori che li caratterizzano?

Rispondo con due parole chiave: efficienza e democra-zia. Da noi questo sistema ha sempre funzionato per-mettendo al modello cooperativo di crescere sul mer-cato senza mai perdere la sua naturale vocazione. Le società cooperative devono sapere coniugare bene que-sti due aspetti. Non è facile, ma i risultati parlano da soli.

Qualcuno, infatti, sta guardando favorevol-

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mente al movimento cooperativo.Oggi che il Pil non sembrerebbe più suffi-ciente ad esprimere un valore di economia c’è la necessità di guardare altri indicatori come la qualità della vita, il tempo libero o comunque nuove forme di lavoro. Lei che ne pensa?

Sono parzialmente d’accordo. Credo che sminuire il valore del Pil come indicatore sia sbagliato. Nel bene e nel male continua comunque a rappresentare la ric-chezza di un Paese. Questo però non vuole dire che sia l’unico strumento di misurazione. E’ buona cosa tenere conto anche di altri parametri, espressione di una esi-

genza sempre più richiesta da parte della gente. Ecco perché le cooperative devono adeguarsi e recepire que-ste nuove esigenze.

Ancora una domanda: alla luce della recen-te finanziaria i detrattori delle cooperative affermano che non c’è nulla di scandaloso sulla maggiore imposizione fiscale e che tut-te le imprese al di là della forma giuridica sono uguali, pertanto…

La fermo subito. Non è assolutamente vero che tutte le aziende sono uguali. Vorrei ricordare che l’art. 45 della Costituzione prevede che lo stato agevoli le cooperati-

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coopera t i vaL’OPEROSAda 60 anni al vostro fianco

L’alvearedeiservizi

Igiene ambientale e sanificazione

Trattamento e trasporto rifiuti

Facility Management

Manutenzione aree verdi

Gestione parcheggi pubblici e privati

ve, ma voglio spiegare perché. In tutti questi anni il mondo cooperativo e soprattutto le grandi cooperative sono stati dei formidabili ammortizzatori sociali, l’oc-cupazione è sempre stata garantita, difficilmente nel nostro mondo si licenziano i dipendenti, non ci sono stati fallimenti e per finire vorrei ricordare che gli utili portati a riserva spettano sempre allo Stato. Non cre-

do quindi che siamo dei privilegiati, e se così fosse mi chiedo perchè le altre aziende non si trasformano in so-cietà cooperative. Penso che l’attacco al nostro mondo sia puramente ideologico e strumentale.Nemmeno il regime fascista si scagliò così duramente contro il sistema cooperativo!

ANNO DI NASCITA: 1945SEDE LEGALE: Via Tosarelli, 318 Villanova di Castenaso (BO)TIPOLOGIA DI SERVIZI: RistorazioneVOLUME DELLA PRODUZIONE 2010: 940 milioni di euroNUMERO SOCI: 10.484NUMERO DIPENDENTI: 7.771AREE GEOGRAFICHE: Italia Centro Nord con 8 sedi territorialiCERTIFICAZIONI: UNI 10854:1999, UNI EN ISO 9001:2008, UNI EN ISO 22000:2005, UNI EN ISO 14001:2000, OHSAS 18001:2007, SA8000

Camst è la più grande cooperativa di produzione e lavoro d’Eu-ropa, nel settore della ristorazione collettiva è la maggiore im-presa a capitale italiano.Da più di 60 anni opera a 360° in tutti i settori del mercato della ristorazione studiando e proponendo combinazioni di prodotti e servizi che possano soddisfare al meglio la propria clientela, nel rispetto della persona e dell’ambiente.Dalla ristorazione aziendale alla fieristica, dalla scolastica alla sanitaria, dalla commerciale al banqueting.

CAMST Soc. Coop. a.r.l.

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coopera t i vaL’OPEROSAda 60 anni al vostro fianco

L’alvearedeiservizi

Igiene ambientale e sanificazione

Trattamento e trasporto rifiuti

Facility Management

Manutenzione aree verdi

Gestione parcheggi pubblici e privati

“Perché partecipare ad una società cooperativa? Cosa differenzia il socio cooperatore da qualunque investitore che partecipa ad una società lucrativa? Quali sono le peculiarità dell’impresa cooperativa? Come può partecipare il socio cooperatore alla vita della “sua” cooperativa? In poche battute, un tentativo di risposta a queste domande.”

LA COOPERATIVACOME RETEDI PERSONE

Prof. Avv. ANTONIO ROSSIUniversità di Bologna

Come tutte le società, anche la cooperativa si costi-tuisce originariamente per concentrare le forze dei soci e per far sì che le poche risorse di molti diventi-no un’importante fonte di propulsione dell’impresa e di accrescimento del benessere dei soci. A differenza, tuttavia, di ciò che avviene in una ordinaria società lucrativa (s.n.c., s.r.l., S.p.A. …), i soci di una coope-rativa non aspirano principalmente a dividersi l’utile generato dall’attività d’impresa ma ad appropriarsi del vantaggio mutualistico specificamente erogato dalla loro cooperativa. Si tratta di un vantaggio che dipende strettamente dall’attività concretamente svolta dalla cooperativa: se si tratta di cooperativa di consumo, il cooperatore avrà l’opportunità di acquisire beni di con-sumo ad un prezzo (tendenzialmente) inferiore al prez-zo di mercato; se si tratta di cooperativa di produzione e lavoro, il cooperatore avrà la possibilità di ricevere dalla stessa occasioni di prestazione di lavoro.Affinché, però, il socio cooperatore possa realizzare il vantaggio mutualistico, non è sufficiente la partecipa-zione in sé alla società cooperativa, dovendosi instau-rare un rapporto ulteriore: così, il socio di una coopera-

tiva di consumo, per realizzare un risparmio di spesa, dovrà recarsi presso la “sua” cooperativa per acquistare prodotti di consumo, stipulando con essa un ulteriore contratto di compravendita (anche il socio passa dalla cassa …). Il socio di una cooperativa di produzione e la-voro, invece, stipulerà con la “sua” cooperativa un vero e proprio contratto di lavoro subordinato, come oggi espressamente previsto dalla legge n. 142/2001.Da diverso punto di vista, la cooperativa fa impresa con i suoi soci, relazionandosi con loro dal lato dei fatto-ri della produzione (i soci lavoratori, ad es.) o dal lato del prodotto finito (i soci consumatori, ad es.). Questo spiega perché una società cooperativa non abbia come obiettivo principale la realizzazione di un utile di eser-cizio che ecceda le esigenze di autofinanziamento della società, poiché tale utile si realizzerebbe comunque a scapito dei soci che “scambiano” con la cooperativa al fine di riceverne il vantaggio mutualistico (se il prodotto sullo scaffale della cooperativa di consumo ha un prezzo elevato, la cooperativa può realizzare un utile maggiore ma il socio consumatore consegue un minore vantaggio mutualistico). La quantità di vantaggio mutualistico

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percepito dal socio, dunque, non dipende dalla entità del suo conferimento nella cooperativa, ma dalla misu-ra dei rapporti “ulteriori” stretti con la stessa.A livello di governance, invece, la disciplina della so-cietà cooperativa tende ad incentivare una partecipa-zione attiva del socio cooperatore alla vita della so-cietà. Da un lato, vige una vera e propria democrazia assembleare, sconosciuta ad altre forme societarie, che si concretizza nel principio “una testa – un voto”: ogni socio esprime in assemblea un voto uguale a quel-lo di tutti gli altri soci, il cui peso non è commisurato alla quantità di capitale conferito nella cooperativa. Da

un altro lato, la maggioranza degli amministratori deveessere composta da soci cooperatori.In questi termini, nelle cooperative manca un incen-tivo all’acquisizione da parte di alcuni soci di quote maggioritarie di capitale sociale; d’altronde, la ricchez-za della cooperativa non sta nei pochi soci forti ma nei molti soci che alla stessa vogliano partecipare, anche grazie alla sua “porta aperta”, con la consapevolezza di poter cogliere un’occasione di crescita, sociale e pro-fessionale, che solo può offrire una rete di persone, qual è, infine, una società cooperativa.

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“Nuova Scena è la società cooperativa che gestisce il Teatro Arena del Sole: quando si parla di teatro si pensa solo allo spettacolo che va in scena, ma die-tro le quinte e prima della messa in scena c’è il lavoro di moltissime persone. Chi lavora a teatro, lo vive tutti i giorni. E lo racconta.”

LA COOPERAZIONEA TEATRO

LUCA GROSSO

GIACOMO GIUGGIOLIConsigliere di amministrazione, direttore di sala e dei servizi al pubblico

Addetto stampa

NUOVA SCENA – ARENA DEL SOLETEATRO STABILE DI BOLOGNA

Raccontare Nuova Scena è difficile se non si ripercorre un po’ di storia del teatro italiano. Era la fine degli anni 60 quando le compagnie teatrali di giro, gruppi di arti-sti e tecnici che producevano spettacoli e li portavano in tournèe per l’Italia iniziavano a strutturasi in forma cooperativa per cercare di aggregare i fattori creativi e quelli tecnici in realtà più solide e organizzate capaci di offrire più lungimiranza alla progettualità artistica. E’ in questo quadro che nel 1968 nasce Nuova Scena fondata da Dario Fo, Franca Rame e Vittorio Franceschi. Dagli anni ’70 l’avvento di un nuovo gruppo dirigente, la trasformazione in cooperativa e la continua assun-zione di responsabilità da parte di giovani operatori teatrali hanno traghettato attraverso molti successi l’impresa fino ai giorni nostri. È all’insegna di questa storia che il nostro presidente, Massimo Terranova, ha chiesto a due giovani della cooperativa di raccontare la nostra impresa, un impasto di esperienza ed innovazio-

ne in continua amalgama.Raccontare Nuova Scena vuol dire anche parlare di cosa facciamo, e noi facciamo teatro. Come è noto, Arena del Sole – Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna è un tea-tro di produzione con una progettualità culturale che da sempre lo contraddistingue e in quanto tale produce al-lestimenti che effettuano tournée in tutti i teatri d’Italia e, a volte, anche all’estero e ospita spettacoli nazionali ed internazionali che ogni anno vanno a costituire una delle stagioni più ricche e variegate d’Italia. Quando si parla di teatro si pensa all’attore, al pubblico in sala, allo spettacolo che va in scena. Un nostro collega tec-nico di lungo corso, invece, sostiene che per capire il teatro bisogna vederlo da dietro, ossia bisogna scoprire cosa c’è dietro il nero delle quinte. Ha ragione. Infat-ti dietro agli spettacoli ci sono persone, la loro arte, il loro sapere e la loro creatività. Queste persone fanno gli attori, i registi, gli scenografi, i macchinisti, gli elettri-

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cisti, le sarte, ecc. Ma il teatro è anche organizzazione e come tale necessita di chi segue l’allestimento delle produzioni, la preparazione delle tournèe, chi si occupa di amministrazione, chi di comunicazione, marketing, promozione, chi di accoglienza del pubblico e vendita dei biglietti. Nel nostro caso, ogni anno, più di cento persone lavorano per fare tutto ciò. Raccontare Nuova Scena vuol dire parlare di questo. Quello che ci hanno insegnato e che abbiamo infatti respirato fin dal primo giorno di lavoro è che il teatro è innanzitutto gioco di squadra e che richiede grande motivazione. Lavorare in teatro vuol dire comporre ogni giorno una tessera del puzzle che, aperto il sipario il giorno del debutto, il pubblico potrà ammirare. E’ un lavoro continuo: pri-ma del debutto si costruisce il progetto, si progettano e realizzano le scene, i costumi, si prova, si disegnano le luci, si promuove lo spettacolo, si vendono i biglietti, si organizza la sala. Ma anche dopo il debutto il lavoro non è finito: lo spettacolo si replica e ogni sera,come la prima volta, tutto viene riprodotto in diretta, davanti al pubblico, spettacolo dopo spettacolo. Il teatro è una forma d’arte fatta dall’uomo per gli uomini, è una litur-gia corale. Chi lavora per la preparazione della scena e chi sale sul palco lo fa affinchè più persone possibile assistano allo spettacolo, condividano pensieri e par-tecipino alle emozioni che esso suscita. Chi lavora a teatro, lo vive tutti i giorni.Nuova Scena è tutto questo e sicuramente anche qual-cosa in più. Sicuramente è una risorsa per il territorio anche perché la sua vocazione è quella di parlare al territorio, di ascoltarlo e di raccontarlo. Infatti l’Are-

na del Sole ogni anno ospita all’interno della propria programmazione numerose compagnie emiliano roma-gnole – alcune di esse sono divenute negli anni gruppi di punta della ricerca teatrale anche in ambito interna-zionale – e promuove collaborazioni di vario genere con gli artisti emergenti.Inoltre, per quanto concerne il rapporto con i differenti “pubblici”, il Teatro Stabile di Bologna mette in campo una continua attività di formazione e applica consi-stenti riduzioni in favore degli under 29, degli studen-ti universitari e dei pensionati garantendo l’accesso a tutti gli spettacoli a prezzi assolutamente concorren-ziali e poco distanti da quelli di un biglietto del cinema.La stagione 2011-2012 rispecchia in pieno la visione che Nuova Scena ha del teatro: l’interazione di teatro, musica e danza, drammaturgia classica e contempora-nea, nazionale e internazionale con grandi personaggidello spettacolo italiano come Toni Servillo, Elio Ger-mano, Luca De Filippo, Massimo Dapporto, Nanni Ga-rella, Paolo Poli, Valeria Solarino, Ennio Fantastichini, Isabella Ferrari, Marco Paolini, Ascanio Celestini, Mil-va accanto a nomi della ricerca come Teatro Valdoca e internazionali come il Vancouver City Dance Theater.In conclusione raccontare Nuova Scena significa testi-moniare che negli ultimi 30 anni i successi sono stati sempre il risultato di un collettivo e non la bandiera di un individuo. Capire Nuova Scena è possibile solo se si crede che la soddisfazione delle ambizioni persona-li possa coincidere con la realizzazione di un progetto collettivo in cui le energie del singolo siano al servizio della crescita della società civile.

“Nuova Scena è tutto questo e sicuramente anche qualcosa in più. Sicuramente è una risorsa per il territorio anche perché la sua vocazione è quella di parlare al territorio, di ascoltarlo e di raccontarlo.

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ARENA DEL SOLE

ANNO DI NASCITA: 1974SEDE LEGALE: Via Indipendenza 44, BolognaCAPIENZA: Sala Grande: 885 posti, Sala InterAction: 220 posti; Teatro delle Moline: 50 posti; Chiostro dell’Arena:

180 posti.NUMERO SOCI E/O DIPENDENTI: soci Lavoratori: 37; dipendenti annuali: oltre 100.MISSION: Produzione e diffusione della cultura teatrale

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HO SCELTO LA BANCA SCEGLIENDO UN’IDEA.Essere socio conviene, non solo a me.

www.emilbanca.it

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Ospitiamo un faccia a faccia tra due importanti realtà cooperative entram-be leader in Italia nel loro settore di competenza con una professionalità e una capacità di penetrazione nei mercati hanno entrambe mantenuto fede ai principi ispiratori del movimento cooperativo.

ANNO DI NASCITA: 1953

SEDE LEGALE: Pasian di Prato (Udine)

REGIONI: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige; Lom-

bardia, Liguria, Emilia Romagna, Marche, Toscana.

TIPOLOGIA DI SERVIZI: pulizie civili, industriali e sanitarie; ma-

nutenzioni e gestioni di immobili (Facility e Global Service); raccolta

differenziata e selezione rifiuti urbani e speciali; recupero e riciclag-

gio materiale plastico.

VOLUME DELLA PRODUZIONE 2010: 80 milioni di euro

NUMERO SOCI E/O DIPENDENTI: 1.650

AMBITO DI ECCELLENZA: Idealservice nasce proprio dal rispetto

per la Terra e per gli uomini che la abitano. Con quasi sessant’anni

di storia nel settore dei servizi alle imprese e alle comunità, la Coo-

perativa Idealservice è oggi attiva in tutto il nord e centro Italia, con

un prezioso know-how. Le divisioni di Idealservice, Energy & Facility

Management ed Ecologia, forniscono soluzioni integrate e personaliz-

zate alle amministrazioni pubbliche e alle aziende private. Dopo tante

sperimentazioni di successo e forte dei risultati raggiunti, Idealservice

è in grado oggi di mettere a disposizione la propria conoscenza, la tec-

nologia sviluppata e le proprie capacità, alle amministrazioni sensibili

alla qualità dell’ambiente e della vita dei propri cittadini.

E questo perchè la cooperativa crede in un mondo pulito.

ANNO DI NASCITA: 1951

SEDE LEGALE: Granarolo dell’Emilia (BO) – Via Don Minzoni 2

REGIONI: Trentino Alto Adige, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Vene-

to, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Marche,

Calabria, Sicilia.

TIPOLOGIA DI SERVIZI: Multiservizi: servizi di pulizia, igiene am-

bientale e sanificazione in ambito sanitario, gestione parcheggi, cura

e manutenzione del verde, facility management, traporto rifiuti

VOLUME DELLA PRODUZIONE 2010: 62 milioni di euro

NUMERO SOCI E/O DIPENDENTI: dipendenti 2600, soci 299

AMBITO DI ECCELLENZA: I punti di forza dell’azienda sono prin-

cipalmente la flessibilità operativa e la capacità di far fronte efficace-

mente alle diversificate esigenze poste dai propri clienti.

Le principali attività svolte dall’Operosa si possono così riassumere:

- pulizia e sanificazione in ambito Sanitario e/o Ospedaliero;

- pulizia di complessi industriali e civili;

- giardinaggio e cura del verde;

- trasporti, traslochi e facchinaggio;

- disinfezioni, disinfestazioni e derattizzazioni;

- piccola manutenzione edile;

- gestione di garage e aree destinate a parcheggi;

- gestione dei rifiuti e servizi igiene ambientale.

ECCELLENZE A CONFRONTO

IDEALSERVICE OPEROSA

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ENZO GASPARUTTI CLAUDIO POZZIPresidente IDEALSERVICE Presidente OPEROSA

Le aziende cooperative sono spesso a torto etichettate come realtà minori rispetto alle aziende private e viste come un’azienda di serie “b”. Un pen-siero ancora oggi radicato tra la gente. Nei fatti non è assolutamente così. Anzi. Non crede che le cooperative o le stesse associazioni che le rappre-sentano dovrebbero esaltare maggiormente le qualità di una cooperativa?

Con la manovra finanziaria è scoppiato un pandemonio a proposito della riduzione delle agevolazioni fiscali a favore delle coop. Un polverone che ha visto indignati tutti i rappresentanti del mondo della cooperazione indistin-tamente da quella “bianca” a quella ”rossa”. Quali ripercussioni comporte-rà questa manovra e come affronterete il mercato che continua a non dare segni di ripresa?

Enzo Gasparutti - Sicuramente si!Le cooperative si distinguono dalle altre imprese perché costituiscono una forma di proprietà condivisa e partecipata tra i soci, la cui finalità “imprenditoriale” si esprime attraverso l’attenzione nei confronti di problemi e tematiche sociali e solidali. Questa affermazione si traduce in sostanza nel tentativo di “socializzare” gli utili, ovvero, nel reinvestimento degli stessi nell’impresa in funzione di ulteriori sviluppi per le generazioni future e in altre sue attività socialmente utili. Questa peculiarità strategica di autofinanziamento ha portato il movimento cooperativo inteso come “complesso di imprese ampio e diversificato” a primeggiare in numerosi settori di mercato.

Claudio Pozzi - Coloro che pensano che le cooperative siano aziende “minori” non hanno assolutamente compreso l’importanza della cooperazione nell’economia non solo italiana ma mondiale. In questi anni la cooperazione è riuscita, grazie alla propria capacità imprenditoriale, a raggiungere livelli di eccellenza in molti settori, dimostrando di saper competere alla pari con le società di capitale. In più le cooperative, nei momenti di crisi come quello gravissimo che stiamo vivendo, sanno reagire meglio delle altre imprese e danno risposte concrete dal punto di vista sociale. Fanno scelte diverse e ragionano e agiscono da imprese mutualistiche e solidaristiche. Il ruolo delle associazione nel rappre-sentare e promuovere le “qualità” del mondo cooperativo sono fondamentali. Con la nascita nel 2011 dell’Alleanza delle Cooperative Italiane (ACI) si apre una nuova fase storica per tutta la cooperazione; non più divisioni politiche antisto-riche, ma rappresentazione comune dei veri valori della cooperazione. Questo passaggio darà ulteriore forza al sistema cooperativo e contribuirà a valorizzare e far conoscere meglio un modello d’impresa fondato su principi etici che oggi sono più attuali che mai.

E.G. - In valore assoluto il recupero fiscale per le casse dello Stato che il Governo ha realizzato attraverso l’incremento della tassazione alle cooperative (poche decine di milioni di euro) risulta insignificante rispetto al danno creato in ter-mini di disincentivo alla ripresa. Infatti per le cooperative, la maggior tassazione rappresenta un freno all’autofinanzia-mento e quindi allo sviluppo, ma anche alla tenuta occupazionale. Il mondo della cooperazione ha dimostrato di essere tra i pochi settori, se non il solo, capace di tenere la crisi e creare nuovi posti di lavoro contribuendo in maniera reale alla ripresa del Paese. Il taglio delle agevolazioni fiscali alle cooperative è risultato pertanto irragionevole ed estremamente

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C.P. - Il taglio delle agevolazioni fiscali non solo è sbagliata ma danneggia milioni di aziende che sono parte della storia dell’economia italiana. Le nostre aziende da sempre investono gli utili sullo sviluppo aziendale e sulla crescita. Non di-mentichiamo poi che il nostro mondo ha sempre garantito l’occupazione salvaguardando i dipendenti e i soci. Tagliare le agevolazioni fiscali è come voler tassare la sussidiarietà, la solidarietà, penalizzare quindi il lavoro e l’impresa. Ma soprattutto occorre ricordare che le agevolazioni fiscali non sono dei privilegi delle cooperative, ma sono legati ad un diverso tipo di regime societario. Credo sia comunque bene ricordare che in questi ultimi 10 anni il sistema cooperativo ha subito ben tre “interventi di riduzione”. La nostra parte quindi l’abbiamo sempre fatta e non siamo dei privilegiati.

ECCELLENZE A CONFRONTO

gravoso non solo per la cooperazione, ma per l’intero Paese. Ad ogni buon conto, pensando di assicurare un futuro soste-nibile all’Italia sono convinto sia necessario e possibile affrontare la crisi economica e sociale insieme a quella ecologica, riqualificando il nostro sviluppo nella direzione di una green economy. In altre parole. La ripresa, che auspichiamo tutti si riaccenda quanto prima, verterà sicuramente su nuove logiche e nuovi paradigmi magari legati al rispetto della terra e degli uomini che l’abitano.

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Abbiamo raschiato il “fondo”. Ma di quale “fondo” stiamo parlando? Del “fondo per la non autosufficienza”. E proprio lì, allo start-up dell’accredi-tamento dei servizi rivolti alle persone anziane o adulte con disabilità, che rischiamo nella nostra regione, l’Emilia Romagna, di non avere risorse a sufficienza per garantire la quantità e la qualità dei servizi attualmente erogati e garantiti ai cittadini. Politicamente parlando, se nel 2011 non tro-viamo le risorse necessarie a coprire la spesa che si è consolidata nei primi anni del 2000, questa “parola d’ordine”, tanto cara al nostro Presidente in campagna elettorale, si tradurrà, come è giusto, in una personale caduta di stile e di popolarità del nostro tanto ammirato ed invidiato sistema di protezione sociale. Probabilmente l’errore non lo pagherà subito e il nostro sistema di welfare galleggerà perché la nuova Giunta farà fronte, per un anno, il 2011, alla necessità che ho appena richiamato, coprendo anche il minor trasferimento dello Stato su questo capitolo e garantendo, attraver-so il Fondo Sanitario, le eccedenti e inaspettate ulteriori eccedenze di spe-sa. L’errore però è evidente se si valuta attentamente la prospettiva. Come spesso è accaduto in passato l’approccio della politica di fronte ad ineludi-bili questioni poste dalla natura dei fenomeni è stato teso a raccogliere un consenso immediato e non ad indirizzare l’elettorato verso forme nuove di partecipazione del pubblico alla risoluzione dei propri bisogni. La maggiore longevità e il miglior stato di salute di cui godiamo e godremo come italiani, sempre più nei prossimi anni, ci impongono una ulteriore e più profonda assunzione di responsabilità rispetto al passato: accantonare e destinare irrevocabilmente parte dei nostri risparmi, se li abbiamo, alle necessità di assistenza che avremo un domani quando non saremo più autosufficienti. Le risorse pubbliche e le quiescenze non saranno, e forse non lo sono già più ora, sufficienti a coprire le necessità di una popolazione anziana che con il passar del tempo prevale sulla popolazione attiva che, con il proprio reddito, alimenta le casse destinate all’assistenza attraverso le imposte addizionali regionali e con il proprio lavoro contribuisce all’erogazione delle pensioni.

PIETRO SEGATAPresidente COOPERATIVA SOCIALESOCIETA’ DOLCE

CHI FA DA SE’FA PER TRE

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A rendere più acuta l’inclinazione di questo piano, per le generazioni futu-re, sarà inoltre un regime previdenziale più povero ed un allargamento della fascia di persone con disabilità da “tempi moderni”: le nuove dipendenze e le gravi disabilità acquisite per traumi hanno significativamente contribui-to, e contribuiranno sempre più, al moltiplicarsi delle richieste di intervento della nostra rete di servizi socio sanitari precocemente e per lungo tempo. Personalmente rifiuto la tendenza, di chi amministra oggi la cosa pubblica, alla procrastinazione e noto già quanto stiano arretrando Regione e Comuni nell’offerta di servizi e quindi in particolar modo nella tutela della non auto-sufficienza. In soli due anni, per esempio, il Comune di Bologna ha dimezzato le prestazioni di assistenza a domicilio e da diversi anni non ha ampliato i posti disponibili, propri e in convenzione con privati, nei Centri Diurni e nelle Residenze. Continuando di questo passo l’Amministrazione Comunale limi-terà, di fatto, il suo intervento ai soli indigenti e a coloro che sono privi di una rete familiare di sostegno costringendo tutti gli altri cittadini a provvedere da sé, come già oggi in parte fanno rivolgendosi alle assistenti familiari, volgar-mente dette badanti, o richiedendo assistenza agli operatori privati. Come ve-dete, nonostante il fondo della non autosufficienza sarà alimentato, l’approc-cio universalistico che ci propone la politica volge al tramonto e deve essere repentinamente sostituito da forme di mutualità più evolute che richiamino le persone con maggiori disponibilità ad una responsabilità individuale più forte. Investire parte delle risorse disponibili sulle proprie esigenze future e al tempo stesso contribuire, attraverso la fiscalità generale, alle diffuse ne-cessità di assistenza dei meno abbienti e soli sarà un “must”. Può essere la stessa Regione a giocare un ruolo attivo, candidandosi ad essere garante e regolatore di un welfare comunitario sostenuto da una forte contribuzione pri-vata e da un sostegno pubblico mirato. Oppure possono essere incentivate le mutue richiamando la responsabilità sociale delle imprese così come è recen-temente accaduto per la previdenza integrativa. Poche, infatti, sono ancora le categorie di lavoratori per i quali il datore di lavoro interviene sulle esigenze prospettiche di lunga assistenza e di solito questo beneficio è riservato ai soli dirigenti e quadri, ma non è mai obbligatorio. O una o l’altra scelta vanno assunte se non vogliamo declinare dalle nostre comuni responsabilità e abbandonare noi stessi ad un destino sempre più incerto.

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CRISTIANO BOTTONEFacilitatore di Monteveglio Città di Transizione

SPERIMENTARE LA TRANSIZIONE

Un piccolo paese di 5000 abitanti nei pressi di Bologna, una zona collinare piacevole, in cui da sempre l’agricoltura contende il territorio ai calanchi, da tre anni è parte di uno dei più grandi esperimenti di social innovation attivi al mondo. Che succede a Monteveglio, ma soprattutto perché succede?

Abbazia di Monteveglio foto: Gabriele Baldazzi

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È dal 2008 che a Monteveglio hanno cominciato a circolare idee “strane”. Un piccolo paese di 5000 abitanti nei pressi di Bologna, una zona collinare piacevole, in cui da sempre l’agricol-tura contende il territorio ai calanchi, in cui all’improvviso si è cominciato a parlare di orti sinergici, permacultu-ra, coibentazione spinta degli edifici e alimentazione sostenibile. Nella locale scuola primaria le maestre lavorano con i bambini su concetti come Ener-gia Grigia, EROEI, Picco del Petrolio, paradosso di Jevons, effetto Seneca. L’amministrazione comunale ha fir-mato una delibera che ha fatto il giro del mondo, ha riprogettato la nuova scuola (ora in costruzione) perché fosse autonoma energeticamente e ha ridi-segnato il piano edilizio andando oltre la crescita zero, ovvero riducendo le su-perfici edificabili previste. Si potrebbe continuare perché, in soli tre anni, sono successe molte altre cose interessanti, ma si corre sempre il rischio di concen-trarsi sul “cosa” invece che sul “come” è successo. Tutto accade grazie a un processo che viene semplicemente “fa-cilitato” e produce il ricostruirsi delle dinamiche cooperative all’interno della comunità. La competizione e lo scontro tra le parti lasciano lentamente il posto al “senso delle cose” facendo emergere via via le vere necessità e costruendo uno spazio in cui è possibile immagi-nare collettivamente le risposte e le soluzioni.Monteveglio è la prima Città di Tran-sizione in Italia. Nell’estate del 2008, un gruppetto di cittadini ha fondato qui una “Iniziativa di Transizione” se-

Cerimonia della posa della prima pietra della nuova scuola “passiva” foto: Gabriele Baldazzi

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guendo i principi di un movimento nato in Inghilterra nel 2005. L’idea era e ri-mane semplice, gli effetti sorprendenti. Già nel 2005 cominciava a essere chia-ro che la crisi, che ora vediamo mani-festarsi, era in arrivo. Chi allora analiz-zava il sistema economico fuori dagli schemi della politica, con gli strumenti della scienza, sapeva che il treno del-la crescita globale era arrivato al suo capolinea. Alla base di tutto ci sono la fine dei carburanti fossili a basso costo (Picco del Petrolio), l’esaurimento del-le principali risorse su cui le economie industriali si basano (metalli, minerali, risorse della biosfera), l’iniquità sociale e gli effetti del riscaldamento globale. Su queste consapevolezze – purtroppo ancora di pochi, soprattutto in Italia – partono gli esperimenti in Inghilterra, poi in altre centinaia di città in tutto il mondo, come a Monteveglio, la prima dell’Europa continentale. L’idea è di non aspettare che a risolvere i proble-mi siano i vertici politici, ma di agire da subito a livello locale con strumenti operativi aggiornati e potenti. Lo sti-molo forte a sperimentare questa stra-da viene dal fatto che in questo modo sembra possibile non solo evitare una catastrofe annunciata, ma sviluppare un nuovo modello di vita e di econo-mia che sembra molto più allettante di quello attuale. Monteveglio ci sta provando e altre 23 città in Italia ora la seguono, vedremo.

http://www.transitionitalia.ithttp://blog.ilcambiamento.it/ioelatransizione

http://montevegliotransizione.wordpress.com

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MONTEVEGLIO (BO)

DOVE: Monteveglio (BO)COME ARRIVARE: da Bologna attraverso la strada provinciale 569 Bazzanese, dalla quale, poco oltre Crespellano in località Muffa, si devia per Monteveglio (uscita autostra-da Bologna Casalecchio, seguire indicazioni Maranello Vignola)POPOLAZIONE: 5286 abitantiCENNI STORICI: è uno dei comuni della vallata del Samoggia, assai ricca di storia per-ché costituì, per molti secoli, terra di confine fra i bizantini e i longobardi, fra la Chiesa e l’Impero, fra Bologna e ModenaCOME MUOVERSI: il Comune di Monteveglio è raggiungibile con le linee ATC extraur-bane n. 656 –657- 658.COSA VEDERE: l’Abbazia, fondata da Matilde di Canossa nell’XI secolo, sorge a 280 metri sul livello del mare. Totalmente restaurata insieme alla chiesa pochi decenni fa, è rimasta quasi intatta, ad eccezione di un chiostroALTRO: visita al PARCO che si estende per un migliaio di ettari sulle colline alle spalle di MonteveglioEVENTI: ogni anno a inizio giugno, per la Feste da Medioevo, numerosi eventi culturali, rievocazioni storiche in costume medievale, percorsi eno-gastronomici.

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EMANUELA GIAMPAOLIGiornalista

Medio Oriente. Un corteo composto da donne avanza in processione verso il cimitero del villaggio. Sotto il sole soffo-cante di mezzogiorno, reggendo le foto-grafie di uomini perduti in guerra. Vesto-no tutte di nero. Alcune portano un velo, altre croci di legno. Nepal. L’americano Conor Grennan, dopo aver lavorato 8 anni in una banca, atterra a Katmandu per svolgere tre mesi di volontariato in un orfanotrofio. In cer-ca di una pausa dalla routine quotidiana.Milano, anni ‘70. Pier Paolo Pasolini scri-ve e pubblica Scritti corsari, una raccolta di articoli e riflessioni sulla trasformazio-ne dell’Italia di quegli anni. In un’inter-vista Giorgio Gaber commenta «sviluppo senza progresso… mi sembra la sintesi più appropriata della nostra epoca».Storie apparentemente lontanissime, nel tempo e nello spazio, che attraverso il cinema, la letteratura e il teatro parlano del nostro presente. E di un modo diver-so di affrontarlo.È il caso del film E ora dove andiamo?, in uscita sugli schermi italiani il 20 genna-io, della regista libanese Nicole Labuti, già nota al grande pubblico per un’altra storia al femminile, Caramel. Nella pri-ma sequenza una processione di vedove giunta alle porte del camposanto si divi-

de in due congregazioni: musulmani da un lato, cristiani dall’altro. Ma poi, determinate a proteggere la propria comunità, minacciata dall’isolamento, dalle mine, e ancor di più dalle divisioni interne, scelgono di collaborare. Ne nascerà un’impensabile amicizia capace di superare contrasti religio-si e ideologie e soprattutto di fermare la guerra degli uomini. Con i toni lievi della commedia, tra canti e balli, recitato anche da attori non pro-fessionisti, la pellicola mostra che un’altra via è possibile. «Alla base c’è un’esperienza personale – ha svelato la regista – Ho scoperto di aspettare un bambino il 7 maggio 2008. Quel giorno, a Beirut si passò nuovamente in uno stato di guerra. In città c’erano scontri dappertutto nelle strade. Per-sone che avevano vissuto per anni nello stesso edificio, che erano cresciute insieme, magari anche frequentato le stesse scuole, improvvisamente sta-vano combattendo contro altra gente, soltanto perché non appartenevano alla stessa comunità religiosa».

Fotogramma tratto dal film E ora dove andiamo? di Nicole Labuti

LE VIE DEL DIALOGOSTORIE DI UN “ALTRO” MONDO

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DATE SPETTACOLO TEATRALE: 17-28 gennaio Milano, Teatro Strehler / 31 gennaio – 2 febbraio Modena, Teatro Storchi / 3 - 5febbraio Reggio Emilia, Teatro Valli / 6 febbraio Pavia, Teatro Fraschini / 7 febbraio Copparo (FE), Teatro De Micheli / 8 febbraio Bagnacavallo (RA), Teatro Goldo-ni / 9-10 febbraio Fermo, Teatro dell’Aquila / 11-12 febbraio Jesi (AN), Teatro Pergolesi / 14 febbraio Cascina (PI), Teatro Politeama / 15 febbraio Firenze, Obihall / 16-19 febbraio Bologna, Arena del Sole / 21 febbraio-4 marzo Roma, Teatro Olimpico / 5 marzo Civitavecchia, Teatro Traiano).

Sceglie la via dello humour anche Conor Grennan per narrare la sua vicen-da che in Italia ha pubblicato Piemme con il titolo Sette fiori di senape. «Un libro che funziona – secondo Usa Today –, perché Grennan descrive i bam-bini come individui ossessionati da questioni pressanti (come il perché lui non sia sposato) piuttosto che come vittime della povertà del terzo mondo». Quando varca il cancello azzurro dell’orfanotrofio Piccoli principi, non sa che la sua vita cambierà. È pronto ad un’esperienza formativa, anche dura. Ma limitata nel tempo. Quando torna negli Stati Uniti, riceve però una mail. Sette dei piccoli orfani di cui si era preso cura sono scomparsi. Rapiti? Costretti a ingrossare le fila degli eserciti di soldati bambini? Nella migliore delle ipotesi destinati al mercato delle adozioni illegali. O, nella peggiore, al traffico d’organi. Domande a cui Conor deve dare risposta. Fa ritorno in Nepal, si mette sulle loro tracce. Insieme a un altro volontario, Farid Farid Ait-Mansour, sfideranno connivenze, banditi, personaggi loschi ma intoccabili. Da quella esperienza è nata Next Generation Nepal che oggi si occupa di restituire dignità ai piccoli abitanti di quel paese martoriato dalla guerra civile.

È un confronto postumo tra il pensiero di due grandi della cultura italiana del Novecento quello che porta sulle sce-ne Eretici e corsari in tourné da questo mese in molti teatri italiani. Interpretato da Neri Marcoré e Claudio Gioè e diretto da Giorgio Gallione sul palco monologhi e canzoni di Gaber e Luporini si intrec-ciano alle più disincantate intuizioni di Pasolini, in un dialogo immaginario ma attualissimo. Radiografia impietosa dell’oggi, ma non disperata. Invito a un dibattito non ipocrita, Eretici e corsari è uno spettacolo che si alimenta di questi materiali, svelandoci le affinità tra due “poeti d’opposizione”, che non hanno mai temuto di essere scomodi e che con lucida preveggenza ci svelano che sa-rebbe ora di tornare a privilegiare il “cre-scere” rispetto al “consumare”.

Foto di scena da Eretici e corsari

Cover del libro Sette fiori di senape di Conor Grennan

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Un nuovo vice presidente per Società Dolce

Carla Ferrero è la nuova Vice Presidente di Società Dolce, nominata il 3 no-vembre scorso a seguito delle dimissioni di Roberta Marchesini dal ruolo di consigliere e di Antonio Franceschini, socio fondatore della cooperativa, dimes-sosi dalla carica di Vice-Presidente. Carla, di origine piemontese e residente in provincia di Bologna dal 1984, ha studiato a Milano e Roma e conseguito un Master in Psicologia ed un Master in gestione dei Servizi Sociali. Dopo aver raggiunto i massimi livelli sportivi nella Federazione Italiana Pallavolo, nel 1988 ha iniziato il suo percorso lavorativo nell’associazionismo (AIAS Bologna). Nel 2003 ha transitato la sua esperienza nella cooperativa sociale Società Dolce, dove ricopre il ruolo di Responsabile dell’Area Integrazione Adulti, occupandosi di servizi nell’ambito della disabilità, psichiatria e disagio. Ha gestito l’apertura di 7 nuovi servizi per disabili e promosso la riorganizzazione dei servizi afferenti al Dipartimento di Salute Mentale di Bologna. In Società Dolce si occupa inoltre dell’accreditamento socio sanitario dei servizi della cooperativa e del Consorzio Aldebaran e, da ottobre 2011, è anche Responsabile ad interim dell’Area Inte-grazione Minori. “Una scelta di sostanza, e non di genere” secondo Pietro Se-gata, Presidente di Società Dolce, che manifesta ampia soddisfazione nell’ac-cogliere Carla alla sua prima ed importante esperienza di Amministratore di Società Dolce.

SOCIETA’ DOLCE NEWSwww.societadolce.it

400 posti anziani in capo all’area nord est

L’acquisizione di due Residenze Polifunzionali a Trieste “Casa Anna” e “Casa Rosanna” da parte di Società Dolce rappresentano un’ulteriore tappa per il ra-dicamento e il definitivo posizionamento in Friuli Venezia Giulia della nostra Cooperativa. Già nel corso del 2010, attraverso il progetto @Nord Care - ve-nuto a maturazione tra febbraio e luglio del 2011 - Società Dolce ha dato corso alle acquisizioni di due Residenze Protette a Udine in accordo e partnership con altre due primarie Cooperative: Idealservice di Pasian di Prato (Udine) e Camst di Villanova di Castenaso (BO). Il progetto @Nord Care ha consentito l’acquisizione della titolarità di 155 posti letto nella città di Udine che vanno a sommarsi agli ulteriori 60 posti letto della struttura residenziale polifunzionale di fascia A Ianus, sita a Palmanova, nella Bassa Friulana. L’offerta friulana va ad aggiungersi a quella già attiva nella città di Trieste, ovvero ai 75 posti letto di Mademar, RSA in centro città per la quale è attiva la convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale.Ad oggi, solo nel Friuli Venezia Giulia, Società Dolce può contare la gestione di 396 posti letto per anziani non autosufficienti.

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Bilancio Sociale

Dopo più di vent’anni di attività abbiamo deciso di scrivere il Bilancio Sociale della Cooperativa perché lo riteniamo uno strumento di vero approfondimento, non un atto burocratico né un’ulteriore brochure di Società Dolce. Qualsiasi impresa per potersi definire socialmente responsabile deve dotarsi di stru-menti e procedure per gestire e rendere visibile l’impatto della propria attività sul piano sociale e per rendere noto il raggiungimento dei propri obiettivi. Tra gli stru-menti a disposizione il Bilancio Sociale è il più importante.Con la pubblicazione del Bilancio Sociale 2010, scaricabile dal sito della Cooperati-va, Società Dolce ha voluto rendicontare i risultati sociali ed economici delle attività svolte, offrire a tutti i soggetti interessati informazioni strutturate e precise – non ottenibili a mezzo della sola informazione economico-finanziaria e patrimoniale contenuta nel Bilancio di esercizio - e consentire ai propri stakehoder di conoscere e formulare un giudizio su come la Cooperativa realizza la propria mission. Il Bilancio Sociale 2010 si articola in tre principali sezioni oltre ad una sezione integrativa. I. Identità della cooperativa, in cui si delinea il profilo societario e aziendale e si fornisce un quadro dell’organizzazione della Cooperativa.II. Produzione e distribuzione del valore aggiunto, rendicontazione dei dati eco-nomici più rilevanti e rappresentazione del valore aggiunto e la sua ripartizione.III. Relazione sociale, sezione dedicata in modo specifico alla rendicontazione dei dati e degli avvenimenti sociali. Attraverso l’utilizzo di rappresentazioni grafiche si dà conto dell’organizzazione del lavoro e dell’occupazione, del mutualismo e della partecipazione societaria, della gestione dei servizi e dei clienti (committenti e fru-itori dei servizi).Sezione integrativa, sezione in cui sono riportate alcune testimonianze di fruitori e di familiari di fruitori di servizi gestiti dalla Cooperativa, oltre ad un’analisi sui risul-tati di questionari somministrati ad un campione di soci, con l’obiettivo di sondare la percezione degli stessi in merito alla capacità di Società Dolce di garantire il rappor-to associativo, il rapporto mutualitistico, la centralità del cliente e la responsabilità sociale.La prima edizione del Bilancio Sociale è stata prodotta internamente da soci-lavo-ratori della Società Dolce, che hanno garantito neutralità e indipendenza da interes-si di parte e hanno assicurato un approccio integrato. Il Gruppo di lavoro, durante l’elaborazione del Bilancio Sociale, ha rispettato i principi di rendicontazione, di rac-colta e di sistematizzazione delle informazioni necessarie per la stesura del docu-mento, il coinvolgimento degli stakeholder maggiormente rappresentati sia interni che esterni all’impresa, primari e secondari e la diffusione della rendicontazione. Il Bilancio Sociale 2010 è stato approvato dal C.d.A. della Cooperativa e viene di-stribuito congiuntamente al Bilancio d’esercizio. Questa attenzione attribuisce al Bilancio Sociale la giusta e necessaria credibilità: il documento, seppur autonomo, presenta le stesse affidabili logiche con le quali sono determinati i valori del bilancio di esercizio.

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Nuovi servizi per l’area nord ovest

L’esperienza “lombarda” di Società Dolce nel campo dell’assistenza agli anziani si arricchisce di una nuova importante gestione, nella provincia di Bergamo, a Trescore B.rio.Il Comune di Trescore B.rio ha infatti affidato a Società Dolce, dal 1 ago-sto scorso, la gestione della Residenza Sanitaria Assistenziale con annesso Centro Diurno Integrato per un periodo di sei anni, rinnovabile. La RSA è accreditata per 61 posti letto per anziani non autosufficienti e il CDI per 8 posti. L’immobile che ospita la RSA è un’antica colonia ristrutturata che presenta numerosi elementi architettonici di pregio. Tutte le forniture, le manutenzioni e le professionalità richieste per il funzionamento della RSA e del CDI, sono garantite da Società Dolce. Sempre in provincia di Bergamo, ad Azzano San Paolo, a breve verrà avviata anche la gestione di una nuova RSA, per 58 anziani, di proprietà del Comune stesso. La concessione è stata affidata a Società Dolce per 15 anni. Dal 1° gennaio 2011 è stata avviata la gestione del Centro Diurno per Disabili della Comunità Sociale Cremasca, sito in Crema e accreditato per 30 utenti. Diamo il benvenuto ai nuovi ope-ratori, augurando una proficua collaborazione ed una positiva esperienza lavorativa all’interno delle nuove gestioni affidate alla Cooperativa.

SOCIETA’ DOLCE NEWS

Filonido

Filonido è il nome del nuovo nido d’infanzia, realizzato in finanza di progetto dal Consorzio Karabak nove (Società Dolce, Cadiai, Camst e Cipea), che si trova in Via della Villa a Bologna. Costruito completamente in legno, con materiali naturali e certificati, anche nel loro ciclo di produzione, garantisce un’impronta ecologica altamente sostenibile. Enormi vetrate permettono ad ogni sezione di affacciarsi sul grande giardino inteso come una sorta di la-boratorio delle esperienze: non scivoli o altalene, ma luoghi in cui i bambinipossono sentirsi stimolati a prestare attenzione a ciò che li circonda, alberi, cespugli, collinette naturali e percorsi “odorosi” per imparare a distingue-re fin da piccoli il rosmarino dalla maggiorana. Funzionante da settembre scorso, il nido accoglie fino a 69 bambini dai 3 ai 36 mesi e si rivolge alle famiglie dei dipendenti della Regione Emilia Romagna e delle aziende del polo fieristico - Gruppo Unipol, Legacoop e Gruppo Hera -, oltre che ai cit-tadini residenti. Alcuni posti, infine, sono a disposizione dei privati. Filonido rappresenta un esempio di attuazione di un welfare solidale mosso dalla volontà di dare risposte concrete a bisogni della collettività e del mondo organizzativo e imprenditoriale.

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“Disabilità e innovazione: il ruolo dell’educatore nelle scuole dell’infanzia paritarie”, a cura di Maria Pia Babini e Lucia Marrocchi

Scopri gli altri, cresci tu

La presenza degli educatori che operano a favore dell’inclusione scolastica dei minori con disabilità nelle scuole bolognesi rappresenta oramai una ri-sorsa fondamentale per i bambini e quindi per la scuola. Si tratta di una fi-gura professionale che nel tempo ha acquisito sempre maggiori conoscenze e competenze, garantendo professionalità e continuità educativa negli in-terventi affidati, in costante collaborazione con tutti i soggetti interessati. A partire dalla consapevolezza dell’importanza della “figura chiave” dell’edu-catore, è stata avviata una riflessione intorno al ruolo dell’Educatore delle Cooperative Sociali che opera nelle scuole dell’infanzia paritarie aderenti alla FISM, attraverso l’attuazione di un Progetto sperimentale finalizzato a realizzare esperienze innovative di buone prassi. Gli esiti di questo percorso, presentati nel Convegno del 28 novembre 2009 “Disabilità e innovazione: il ruolo dell’educatore nelle scuole dell’infanzia paritarie”, sono oggi raccolti in un volume, pubblicato dalla casa editrice edizioni junior, il cui filo con-duttore ruota intorno al concetto della “sperimentazione come metodologia praticabile” e del principio fondante dell’integrazione degli adulti come con-dizione basilare per l’inclusione di ogni bambino con disabilità.

“Scopri gli altri cresci tu” è lo slogan ideato da Società Dolce per promuovere la sua campagna di ricerca di volontari desiderosi di dedicare un anno della loro vita al Servizio Civile Nazionale, vivendo un’esperienza qualificante e di avvicinamento al lavoro sociale.Il Servizio Civile è una scelta volontaria e, secondo la Legge n. 64 del 2001 che l’ha istituito, contribuisce alla difesa del nostro Paese con mezzi e attivi-tà non militari e promuove la solidarietà e la cooperazione a livello nazionale e internazionale con riguardo alla tutela dei diritti sociali, dei servizi alla persona, all’educazione e alla pace tra i popoli.Società Dolce, per l’anno 2011, grazie al finanziamento ottenuto per 3 proget-ti di Servizio Civile, due in Emilia Romagna e uno in Lombardia, da febbraio 2012 potrà avvalersi di 9 volontari (5 in Emilia Romagna e 4 in Lombardia) che inizieranno a vivere una nuova esperienza in una grande cooperativa sociale come Società Dolce.

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Scopri gli altri,cresci tu.

IL SERVIZIO CIVILE IN UNA GRANDE COOPERATIVA SOCIALE.

Prog

etti

2011

Se hai un’età compresa tra 18 e 29 anni non compiuti, puoi scegliere di dedicare un anno della tua vita al Servizio Civile Volontario. Se scegli di farlo con Società Dolce potrai vivere un'esperienza quali�cante ed avvicinarti al lavoro sociale. Il Servizio Civile Volontario assicura al giovane una minima autonomia economica (433,80 Euro al mese) e, per gli studenti universitari in materie attinenti, è previsto il riconoscimento di crediti formativi.

INFORMAZIONISul sito www.societadolce.it, sezione Servizio Civile Nazionale, trovate il bando ed il modulo di richiesta per la candidatura. Potete consultare il sito del Ministero (www.serviziocivile.it) per tutte le informazioni relative al Servizio Civile Volontario. Per qualsiasi informazione relativa ai Progetti di Società Dolce potete scrivere a [email protected] o telefonare al numero 0516441211.

SCADENZE E SELEZIONELe domande potranno essere inviate o consegnate a:Società Dolce, in reception, entro le ore 14.00 del 21 ottobre 2011.

I candidati in possesso dei requisiti di accesso saranno selezionati tramite colloquio individuale entro il mese di novembre.

SDO_ServiziSocialiLoc_2011.pdf 1 28/09/11 18.15

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I candidati in possesso dei requisiti di accesso saranno selezionati tramite colloquio individuale entro il mese di novembre.

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APPUNTAMENTI

NEL PROSSIMO NUMERO SCUOLA E FUTURO

2012 Anno Internazionale delle Cooperative

Numerosi gli eventi in programma per il 2012, un anno che rappresenterà una tappa importante nella storia della cooperazione del XXI secolo. Tra gli eventi, a livello nazionale, segnaliamo:

Venezia, 15-16 marzo Conferenza internazionale “Promuovere la comprensione delle cooperative per un mondo migliore” (Promoting the understanding of cooperatives for a better world), organizzata dal centro di ricerca EURICSE e dall’Alleanza Internazionale delle Cooperative (ICA).

Puoi seguire gli appuntamenti in programma su: www.2012.coop o su www.xaltro.it

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