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Sistemi Esperti per le Emergenze Umanitarie Non dire mai “mappa” ma sempre cartografia 1) POVERTA’ Rapporto tra povertà ed emergenza, la povertà non è sempre causa di emergenza ma a volte ne è concausa o effetto. Le emergenze possono provocare povertà come ad esempio dopo uno tsunami. Definizioni: non si trova una definizione universalmente accettata o un metodo di misurazione universale. Robert Chambers (accademico inglese): “povertà ha un significato basato su chi si pone la domanda. I significati di povertà vengono definiti da chi non è povero” Povertà non è mancanza di moneta, la questione è più amplia. La povertà non è statica o innata, deve essere considerata come un flusso. La povertà è context dependent e essendo un flusso può essere fermata e modificata Povertà=deprivazione ma qual è l’oggetto di tale deprivazione? Impedimento di raggiungere uno standard di vita dignitoso (soddisfare i propri bisogni) Su questo punto (povertà=deprivazione) non vi sono divergenze ma vi sono sotto altri aspetti: 1) Strategie relative alla scelta dei dati 2) Procedure di fronteggio 3) Parametri per la rilevazione empirica del fenomeno La variabilità del sistema accademico avviene quindi sui fattori/processi delle dinamiche che portano a questa condizione di deprivazione. DEFINIZIONI DI POVERTA’ UNIDIMENSIONALE (visione limitata) 1) Teoria Utilitarista (tradizionale): per esempio Bentman Povertà intesa come lack of economic welfare dove benessere= consumo totale Livello minimo di risorse = poverty line – stare al di sotto della poverty line = povertà

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Sistemi Esperti per le Emergenze Umanitarie

Non dire mai “mappa” ma sempre cartografia

1) POVERTA’

Rapporto tra povertà ed emergenza, la povertà non è sempre causa di emergenza ma a volte ne è concausa o effetto. Le emergenze possono provocare povertà come ad esempio dopo uno tsunami.

Definizioni:non si trova una definizione universalmente accettata o un metodo di misurazione universale.

Robert Chambers (accademico inglese): “povertà ha un significato basato su chi si pone la domanda. I significati di povertà vengono definiti da chi non è povero”

Povertà non è mancanza di moneta, la questione è più amplia. La povertà non è statica o innata, deve essere considerata come un flusso. La povertà è context dependent e essendo un flusso può essere fermata e modificata

Povertà=deprivazione ma qual è l’oggetto di tale deprivazione? Impedimento di raggiungere uno standard di vita dignitoso (soddisfare i propri bisogni)

Su questo punto (povertà=deprivazione) non vi sono divergenze ma vi sono sotto altri aspetti:

1) Strategie relative alla scelta dei dati2) Procedure di fronteggio3) Parametri per la rilevazione empirica del fenomeno

La variabilità del sistema accademico avviene quindi sui fattori/processi delle dinamiche che portano a questa condizione di deprivazione.

DEFINIZIONI DI POVERTA’ UNIDIMENSIONALE (visione limitata)

1) Teoria Utilitarista (tradizionale): per esempio BentmanPovertà intesa come lack of economic welfare dove benessere= consumo totaleLivello minimo di risorse = poverty line – stare al di sotto della poverty line = povertà

Robert Chambers la chiama “income poverty” nel suo scritto “Environment and Urbanization” dove individua diverse tipologie di povertà a seconda del contesto geografico (per es. Cina, dove vi sono le ‘instant cities’ dove si passa da 100.000 abitanti a un milione in poco tempo) La povertà urbana non coincide con la povertà rurale.

La Poverty Line è una threshold tra chi è povero e chi no, rappresenta una rottura di una società. Vi sono due topo di poverty line riconosciute a livello internazionale:

I.S.P.L. = international standard of poverty line (usata anche dalla commissione ISTAT) definisce come povera una famiglia di minimo 2 elementi che dispone di un reddito/consumo per componente NON SUPERIORE alla metà di quello nazionale pro capita

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FOOD RATIO: Percentuale di spesa relativa all’alimentazione. ES: Se spendo tanto in cibo in proporzione al mio reddito sono più povero

2) TEORIA WELFARISTAUnidimensionale, simile all’utilitarista. Povertà= carenza di un paniere di beni (necessari e indispensabili + non poter accedere a beni e serviziTeoria dei basic needs (Rawls 1960) Benessere economico = welfareBisogni primari: cibo/alloggio/vestiarioSi fa un confronto tra individuo e media degli individui nazionali, analizzando lo squilibrio distributivo

LA POVERTA’ NON E’ DISEGUAGLIANZA, la povertà è un flusso E NON UNA COSTANTE come detto prima, la diseguaglianza può essere solo contenuta ma difficilmente eliminata del tutto ed è una costante

ALTRE DEFINIZIONE TEORICHE DI POVERTA’

Povertà oggettiva/soggettiva -> oggettiva si basa su dati reali ed è quella che studiamo noi ; soggettiva -> stato soggettivo di emarginazione percepita individualmente, viene basata sulla soddisfazione individuale, rapporto con la sfera dei rapporti sociali

Povertà relativa/assoluta: relativa-> avere un reddito troppo basso rispetto a quello medio della società, tiene conto delle medie dei territori geografici dunque non si basa sulla mancanza di risorse Assoluta ->deprivazione sostanziale. Stare al di sotto di un livello di benessere minimo posta alla base delle politiche di assistenza, è contrastabile e superabile in quanto legata ai bisogni primari.

DEFINIZIONE/APPROCCIO MULTIDIMENSIONALE:

Il reddito è considerato come inadeguato per valutare la qualità della vita

Amartya Sen: Economista, economia sociale. Egli studia la correlazione tra economia e sviluppo e ritiene la povertà una realtà complessa e globale. La povertà va ben oltre la mancanza economica e la domanda da porsi è: a cosa posso aspirare considerando la mia qualità della vita?Sen parte dall’human development.Per lui la libertà è sia scopo che mezzo dello sviluppo, dunque ha un ruolo costitutivo (libertà sostanziali ovvero sfuggire alla morte prematura/fame/alfabetizzazione/partecipazione politica) e un ruolo strumetale (libertà strumentali -> infrastrutture/occasioni sociali/libertà politiche/ trasparenza lavorativa). A partire da questo pensiero Sen formula il suo CAPABILITY APPROACH.

Capability approach: prima premessa: Sen critica sia la teoria utilitarista che quella welfarista. La prima è troppo riduttiva mentre la seconda si focalizza sui beni primari risultando primitiva, non si guarda alle differenze umane di età, sesso, democratiche, fisiche etc. Sono queste differenze che dettano la capacità di creare libertà.

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Viene dunque introdotta la MULTIDIMENSIONALITA’ nello studio della povertà. Ovviamente reddito, beni e servizi non si abbandonano ma per Sen sono strumenti e non rappresentano direttamente il benessere. Per Sen il benessere è il well-being: benessere personale + sympaties = standard of living (benessere personale della mia vita).

Sen fa l’esempio della bicicletta: il fatto che io possa permettermi una bici non è una garanzia di poterla usare con vantaggio (lui è indiano, per lui la bici ha un significato importante); potrei ad esempio avere un handicap permanente o una gamba rotta e non ho accesso al sistema sanitario.

Functionings= funzionamenti. Natura oggettiva. Compimento di un risultato da parte di un individuo (salute, istruzione, nutrizione) Riflettono ciò che una persona può essere/fare e sono degno di avere. Sen parla di stati di fare e stati di essere fortemente legati alle circostanze esterne e differenze personali. Le caratteristiche del bene sono oggettive mentre il funzionamento varia da persona a persona (se sono handicappato non posso andare in bici)

Funzionamenti elementari: ad esempio essere adeguatamente nutriti, buona condizione psichica

Complessi: essere integrati in società, essere rappresentati in parlamento, avere libero accesso al lavoro, avere stima di sé

Capability (capacità)= insieme di alternative di combinazione di funzionamenti che sono in grando di acquisire. Reali opportunità di raggiungere il mio obiettivo. Libertà d scegliere un tipo di vita rispetto a un altro. Libertà di andare in bicicletta o meno. Questo vuol dire povero o meno. Io sono non povero se posso scegliere di non mangiare

Capability set formati da 4 elementi: Beni Caratteristiche Funzionamento Utilità

Nell’esempio della bicicletta: Bene: Bici Caratteristica: Trasporto Funzionamento: possibilità di spostamento Utilità: il piacere di farlo

Vettore dei beni: la sommatoria dei beni posseduti (es riso+ bici)Vettore delle caratteristiche: nutrizione + trasporto etcVettore dei funzionamenti: tutto ciò che un individuo riesce a fare a seconda di ciò che possiede, nel nostro esempio ben nutrito e in movimento. Se non uso la bici ben nutrito e fermo.Vettore delle utilità: come le altre cose

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L’insieme delle mie capacità riflette le libertà di scegliere tra le alternative della mia vita scegliendo un vettore di funzionamenti tra quelli disponibili. La mia scelta detterà le mie capacità e le mie effettive condizioni.

Capability approach -> functionings -> capabilty -> capability deprivation Per Sen una persona è povera quando è privata delle proprie capacità.Povertà per Sen = Capabilty Deprivation

Livello minimale di capacità (non vi rientra il reddito)= soddisfare funzionamenti necessari, tipicamente sono 5: alloggio adeguato, saper leggere e scrivere, vita longeva, vestiario, libero accesso al mercato del cibo (food security)

Libertà è un concetto positivo, che mi concede di fare qualcosa ed essere qualcuno, diversamente dalle libertà classiche.

Libertà positiva: libertà diLibertà negativa: libertà da (fame, tirannia)

Le policy dovrebbero basarsi su questo: AMPLIARE LE CAPACITA’ (libero accesso al mercato del lavoro, cancellazione delle differenze di genere etc)

2)POVERTA’: NUOVI STRUMENTI E DEFINIZIONI

Indicatori di povertà: aiutano a sintetizzare i fenomeni

Indicatore: insieme di variabili osservabili. Alcuni fenomeni non sono direttamente osservabili come il soddisfacimento del benessere

Proxy: si frappone tra chi valuta e il fenomeno, è un quantificatore statistico di ciò che non è osservabile (fenomeno)

Gli indicatori possono essere diretti o indiretti: Diretti -> misurazione effettive di un fenomeno (calorie consumate) Indiretti -> misurano la conseguenza del fenomeno (indice di massa corporea)

VARI INDICATORI DI POVERTA’ Indice HCR (Head Count Ratio). Utilizzato nelle definizioni unidimensionali. Si

calcola facendo Q(household povere)/N(household totali). Non tiene conto dell’intensità della poverta.

Indice di Intensità o Income Gap Ratio (sempre unidimensionale). Valuta gli effetti delle policy, ci informa della gravità di questa povertà. Misura il divario medio del reddito dei poveri dalla poverty line. È una frazione percentuale della linea della povertà. Se IGR=0,2 vuol dire che i poveri hanno un reddito inferiore del 20% rispetto alla linea di povertà

Per quanto riguarda la povertà multidimensionale, nascono nuovi indicatori. HDI (Human Development Index), UTILIZZATO NEI REPORT DELL’UNDP. L’HDI è un indice aggregato alternativo ed è costituito da 3 dimensioni e 4 indicatori.

1) Aspettativa di vita (salute) -> indicatore: aspettativa di vita alla nascita in anni

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2) Istruzione -> due indicatori: anni medi di scolarità (tasso di alfabetizzazione degli adulti) e anni aspettati di istruzione (rapporto lordo di iscrizione congiunta). Il primo conta per 2/3 il secondo per 1/3. Questi dati sono forniti dall’UNESCO

3) Livello di vita (accesso alle risorse) -> indicatore: PIL pro capita in dollari in PPA (parità di potere d’acquisto). Dati forniti dalla World Bank.

Vi sono vari indicatori 1) anni 2) tassi 3) dollari dunque le 3 dimensioni non sono direttamente confrontabili. Si usano quindi i logaritmi. Per uno sviluppo umano non è necessario un reddito illimitato o altissimo (equazione logaritmica), passare da un reddito di 100K a 300K ha un impatto basso rispetto al passaggio da 1K a 3K. La trasformazione logaritmica dunque compensa la diseguale distribuzione del reddito.

L’HDI è un indice sintetico quindi bisogna normalizzare i valori attraverso questa formula: valore effettivo-valore minimo/valore massimo – valore minimo. Da 1994 i valori min e max sono standardizzati, prima erano empirici. (esempi di calcolo sul quaderno). Sommando i valori normalizzati e dividendo per 3 abbiamo l’HDI

L’HDI nasce grazie al lavoro di Amartya Sen. L’UNDP dal 1990 pubblica ogni anno un report sulle condizioni di sviluppo umano (HDR) fornendo una classifica dei paesi in base all’HDI. Ricordiamo che lo sviluppo umano migliora le capabilities.

Dal 1997 accanto all’HDI nasce l’HPI (human poverty index) che si concentra sulla deprivazione nelle 3 dimensioni dell’HDI.1) La probabilità di non raggiungere i 40 anni in percentuale2) Tasso di analfabetismo degli adulti (15 anni in su)3) Mancanza di approvvigionamento economico dato dalla somma di due

indicatori: percentuale di persone che non hanno accesso all’acqua pulita + percentuale di bambini sottopeso rispetto alla loro età

In questo caso non c’è bisogno di normalizzare i valori perché qui sono tutte percentuali (tassi) Quindi l’HPI si fa sommando le percentuali e dividendo per 3.

Esiste un HPI 1 per i paesi in via di sviluppo e HPI2 per i paesi OCSE (sviluppati o in transizione) Nel caso di HPI2 avremo 4 dimensioni

Arrivare a 60 anni invece che 40 % di adulti con disabilità funzionali di scrittura o lettura % che vive al di sotto della poverty line Esclusione sociale = tasso di disoccupazione sul lungo periodo (12 mesi o più).

Notare come qui ci sono 4 dimensioni e non 3.

Nelle forme di entrambi l’HPI viene introdotta una media di potenza: alfa. Alfa ora è standard e vale 3 quindi gli indicatori nella nostra formula andranno elevati alla terza e poi divisi per 3.

Dal 2010 vengono introdotti nuovi indicatori per lo sviluppo umano, è possibile avere un HDI alto ma avere grosse lacune in alcune dimensioni dello sviluppo umano (es. bassa democrazia, diseguaglianza di genere).Nascono quindi l’IDHI (inequality adjusted human development index), l’IDG (indice di diseguaglianza di genere), l’IMP (indice multidimensionale della povertà).

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L’IDG tiene conto di 3 dimensioni:a. Salute – 1) indice di mortalità materna + 2) fertilità adolescenzialeb. Empowerment – 1) % di donne in parlamento + 2) accesso alla scuola

secondaria c. LFPR (tasso di donne nel mercato del lavoro)

L’empowerment nasce in campo sanitario poi preso dalla politica. Il WHO dice: le persone acquisiscono competenza sulla propria vita e migliorano il loro ambiente sociale.

L’MPI invece tiene conto di 3 dimensioni e ben 10 indicatori. È costituito da microdati e dalle household.

SALUTE (vale 5/3): 2 indicatori: nutrizione (uno dei componenti della famiglia è malnutrito?) + mortalità infantile (ci sono stati casi in famiglia?)

ISTRUZIONE (vale 5/3): 2 indicatori: anni di scuola (5 anni minimo per membro famigliare) + bambini iscritti (c’è un bimbo non iscritto?)

STANDARD DI VITA (vale 5/9): 6 indicatori: elettricità+ acqua potabile in casa o a max 30 minuti di distanza + servizi igienici + pavimenti in casa (sabbia? Duri? Sporchi?) + beni (radio, tv, moto, telefono… almeno uno in casa) + combustibili per cucinare

Una famiglia è povera se è presente una combinazione di stati di deprivazione.

FORMULA DELL’MPI SU QUADERNO

Prima del 2018 una persona era multidimensionalmente povera (MPI) se era deprivata da 2 a 6 indicatori. Dal 2018 uno è povero se gli manca 1/3 degli indicatori pesati.

Vi è anche l’IGF (indice globale della fame) GHI in inglese. Creato dall’IFPRI (international food policy research institute). Rapporto tra il 2014 e il 2019.

3 indicatori: Percentuale di persone denutrite sul totale della popolazione Prevalenza di bambini sottopeso nella fascia 0-5 anni Tasso di mortalità 0-5 anni in %

Fonti: FAO, WHO, UNICEF, IFAD, DHS

Approccio multidimensionale che tiene conto di tanti aspetti, soprattutto il più deboli (bambini piccoli)Per la FAO la fame è consumare meno di 800 kcal al giorno con conseguente mancanza di energie e vitamine per una vita sana

Fame=Denutrizione=malnourishment

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La denutrizione infantile si nota da un ritardo nella crescita (altezza), deperimento e insufficienza di peso.

Nuove forme di povertà (composite) indicano nuovi livelli di bisogni da tenere in considerazione. L’analfabetismo può ostacolare le libertà politiche, le discriminazioni di genere e la disoccupazione giovanile (discriminazione di genere) sono degli esempi.

3)RISORSE IDRICHE

Concetti importanti da introdurre: Esclusione sociale= perdita della percezione di appartenenza ad un gruppo sociale, deprivazione data da uno svantaggio generalizzato tra cui accesso limitato alle varie dimensioni dell’attività umana. Questo può essere causato da una lontananza fisica e culturale dai servizi/opportunità, non adeguatezza dei servizi distribuiti in maniera non omogenea, cattiva qualità dell’ambiente sociale o disfunzionalità delle infrastrutture della comunità

Vulnerabilità: deficit di resistenza ai traumi provocati dalle emergenze. Poca possibilità di reggere l’impatto di un evento traumatico. “Lack of human security” si basa su tre livelli:

1) Identità/capacità/condizioni di salute2) Relazione con gli altri3) Contesto sociale/politico/giuridico

Grado di esposizione all’impatto del disastro è connesso alle mie capacità, sono povero se sono escluso socialmente e/o quindi vulnerabile

Land grabbing: nuova forma di povertà diffuso specialmente in africa, sud america e sudest asiatico

Carestia: principale causa delle emergenze ma che ora è più limitata e gestibile. Amartya Sen crea una nuova definizione che non è più semplice mancanza di cibo ma ora è “mancanza di titoli” (entitlment failures), le risorse dunque ci sono ma la gente non vi ha accesso. Questione di qualità del servizio più che quantità delle risorse.

Arriviamo dunque alle WATER ISSUES Nelle gestioni delle crisi, l’acqua è l’aspetto più complesso da gestire. 2005-2015 decennio internazionale dell’acqua MDG : millenium development goal, acqua obiettivo importante per il 2030 per tutta la popolazione mondiale (l’obiettivo di prima era dimezzare la percentuale di chi non vi aveva accesso)

Acqua dolce compone solo il 2,5% di tutta l’acqua mondiale L’acqua è un catalizzatore di sviluppo, è un bene tecnicamente costante ma solo in parte, è rinnovabile ma non in tempi antropici, è un bene finito e non incrementabile.Bene semi rinnovabile: si rigenera fino a una certa soglia, poi c’è il degrado irreversibile dell’acqua.

Accessibilità: possibilità di ottenere qualcosa, facilità di fruizione con i mezzi normaliDisponibilità: presenza di scorte teoriche

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Fabbisogno minimo di acqua pro capite (basic water requirement): 50 l al giorno pro capite per l’uso in residenzaRealtà agricole: 100 l al giorno

Si parla di stress idrico quando una comunità ha una disponibilità d’acqua al di sotto del 1700 metri cubo pro capite all’anno. Sotto i 1000 mc si parla di penuria cronica. Sotto i 500 mc si parla di crisi/scarsità assoluta

Nel 2030 le previsioni parlano di minimo 2 miliardi di persone in stress idrico (FAO, IFAD, WFP)

Nei paesi in via di sviluppo il 90% delle fogne e il 70% dei rifiuti vengono scaricati nelle acque di superficie inquinandole pesantemente.

Acqua, tra diritto e business

Vi sono 3 categorie di diritti idrici:Pubblici (stato)Comuni (norme e tradizioni come i pozzi africani)Di proprietà privata – per l’uso e/o il trasferimento dell’acqua, non per il possesso

L’acqua essendo un bene necessario può creare interessi esistenziali ed è un bene dalla forte incidenza. Ci si sposta dunque verso la proprietà pubblica che culmina nella “Dichiarazione generalizzata di pubblicità di tutte le acque superficiali e sotterranee” (nuove forme di utilizzo + solidarietà e salvaguardia intergenerazionale. (Italia)

“Codice dell’ambiente” articolo 154 cambiato ne 2011 (italia)

Carattere quindi EXTRA MERCATORIO nel nostro ordinamento giuridico. L’acqua può essere oggetto di contratti commerciali ma ha delle regole proprie, è un bene comune di rilevanza costituzionale. Interessi esistenziali e MAI patrimoniali. Ogni legge sull’acqua deve essere caratterizzata dalla massimizzazione dell’accessibilità del bene + determinazione normativa della sua destinazione funzionale.

Acqua in economia:è un bene non escludibile, dunque deve essere disponibile gratuitamente per tutti alta rivalità del consumo: le modalità con le quali accedo all’acqua condizionano lo stare in comunità

L’acqua non può essere mercificata ed è un bene non sostituibile (non è una merce), è un bene puro MA l’accesso all’acqua è costoso (bisogna mobilitare altri beni) e questi costi vanno coperti con tariffe e altri metodi.

Il programma JMP (joined monitoring program de WHO) monitora l’acqua potabile nel mondo e l’accesso a strutture sanitare adeguate seguendo degli standard che spiegano cosa sia accettabile e cosa no. “Ladder di standard”, se un livello è accettabile si dice “improved”Per esempio: connessione con tubature idriche mantenute regolarmente, pulite ed efficienti va benePozzi scavati nella terra no

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 L’unica fonte di acqua adeguata e l’acqua canalizzata cioè fornita da un acquedotto controllato'

Per quanto riguarda l’igiene è di vitale importanza evitare il contatto oro-fecale per la trasmissione di malattie. Progettare latrine efficienti, con un sistema fognario, o con una lastra che separa la zona di raccolta dall’essere umano oppure bagni chimici. (guardare slide del professore)

Persino Roma non ha un ciclo chiuso della gestione della situazione rifiuti.

VIP Latrines: latrine ventilate, molto importante

Latrine lato importantissimo per i costruttori e operatori di emergenze Le fosse devono essere coperte da una lastra e ventilate, evitare la open defecation

L’UNHCR ha stabilito un documento per gli standard delle latrine nei refugee camp, una sorta di manuale di istruzioni

Attenzione al tempo che ci si vuole per raccogliere l’acqua (time to collect drinking water), massimo 30 minuti risulta accettabile. Pozzi in Africa dove l’acqua non è in casa sono un luogo di aggregazione ed è anche dove vengono costruiti luoghi di culto, campi sportivi, luoghi di aggregazione.

Report UNDP del 2006 dedicato alle water issues (dati della FAO), grafici su slide del prof , e si dice che l’acqua disponibile nel 2025 sarà dimezzata (quasi)

Notare che la soglia di povertà idrica è 50 l pro capite al giorno, negli USA quasi 600 l al giorno.

4)EMERGENCY MANAGMENT

EUC: Emergenza Umanitaria ComplessaQuesta terminologia nasce tra gli anni 80 e 90. Inizio anni 90 nasce l’emergency management e le sue figure professionali. In questi anni vi è stato un numero elevato di emergenze e cambia la concezione di assistenza umanitaria e emergenziale anche dell’ONU.

Eesmpio: Mozambico guerra civile, crollo regimi comunisti, regime in Somalia che porterà all’anarchia, ’93 guerra civile in Liberia, guerra civile in Sierra Leone, ’91 guerra del golfo che porta all’esodo curdo verso l’Iraq (crisi da displacement, per la prima volta si parlò di campo profughi), carestia in Etiopia anni ’83-85, guerra civile afgana… anni quindi difficili che portarono a nuove modalità

Secondo l’USAID l’EUC è una situazione di agitazione sociale in cui la maggioranza della collettività, con modalità diseguali muore, soffre o subisce un’imprevista e improvvisa riduzione del proprio benessere (well-being)

Per lo IASC (comitato permanente interagenzia) una EUC è una crisi umanitaria che avviene in un luogo geografico ben definito e richiede l’intervento internazionale. Crisi

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caratterizzata da un crollo totale o parziale dell’autorità governativa + una prolungata fase di deprivazione del wellbeing. Questa definizione è la più importante.

L’intervento umanitario è diverso dall’assistenza umanitaria. Intervento = militare e non prevede l’approvazione del governo locale per contrastare le gross violations. Peace making e peace keeping. Produzione di perdite e spesso vi sono fini politici. L’assistenza umanitaria invece prevede il consenso della nazione nello stato di emergenza. Il nostro corso si occupa di questo. Qui ci si schiera con chi è in difficoltà e si cerca di salvare vite a prescindere dalle fazioni. 3 principi: Imparzialità (non ci sono vittime buone o cattive) + indipendenza (finanziaria) + neutralità (non ci si schiera né fisicamente né simbolicamente tra i belligeranti, no bandiere)

Caratteri di un’EUC:

-è un evento inatteso (naturale o sociale)-complessità (vari elementi eterogeni)-conseguenze incerte e diseguali -discontinuità (spiazza via la normalità, tipo covid-19) -sistemica (coinvolge tutta la società)-umanitaria

Vi è una differenza tra le EUC legate agli esseri umani e quelle legate alla natura

Emergenze provocate da cause antropiche (umane) denominate Complex Emergencies (C.E.). Cause endogene (interne) alla società

EUC naturali dette Natural Disasters (ND) cause endogene parziali.

Differenze tra CE e ND:

CE:Spesso morte per denutrizione La missione umanitaria si focalizza sul salvare vite in pericolo per la denutrizione (tempi più lunghi rispetto alle ND)Governo locale ha limitate possibilità di intervento Displacement – le persone abbandonano la loro dimora, poco self-helpMonopolio ONU, Croce Rossa, ONGGrave lack of food security

ND:Mortalità concentrata in un tempo breve rispetto all’impatto dell’evento (morti primarie)L’assistenza umanitaria si concentra sul prevenire la morte secondariaGoverno locale protagonista Self help possibile. Spesso in caso di terremoto l’aiuto di prima risposta arriva da vicini. Ci si aiuta a vicendaImportanza del governo locale (protezione civile) prima dell’aiuto internazionale Il cibo difficilmente entra in crisi

Massimo organo di organizzazione umanitaria: IASC (interagency standing committee)- organo di coordinamento politico delle iniziative umanitarie e degli attori umanitari che

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dichiara quando un paese entra in un’EUC attraverso i CAP interagenzia. Gestisce i CAP (consolidated appeals process), attraverso i quali si fa strategia per quanto riguarda il funding.

Oltre all’EUC esiste anche l’EPC (emergenza politica complessa). Terminologia che nasce negli anni 90 con il crollo dell’URSS e le crisi balcaniche. Sono crisi caratterizzate da una grande violenza. È una crisi umanitaria dettata da fattori endogeni e dove si riscontrano differenti fazioni che si scontrano in un confine amministrativo. Guerre interne, pulizie etniche, nuove guerre.

-elevata sofferenza-destrutturazione sociale/giuridica/politica-displacement-no human security -collasso dello stato, no fiducia-pluralità di attori e di soggetti-l’evento tende a diventare ciclico-fasi di scambio tra vittime e carnefici-bassa intensità, no militari maturi, discontinuità-il sistema a poco a poco si sgretola

5)PIANIFICAZONE DI UN’EUC

Aspetti tecnico operativi

Capacità di risposta inversamente proporzionale all’impatto della EUC. Azioni complementari

Dal punto di vista della raccolta dei dati grezzi da analizzare vi sono 4 fasi temporali in un’emergenza

1)preparazione (pre-scoppio)2) fase acuta (scoppio reale)3)fase cronica (prolungamento temporale)4)post crisi (ritorno alla relativa pace)

Quando si interviene sulla resilienza dei contesti bisogna tenere in conto il tempo. Breve termine: aiuto umanitarioMedio/lungo termine: obiettivi di riabilitazione

Approccio LRRD: linking relief to rehabilitation and development. La riabilitazione aiuta per il futuro quindi aiutare per contribuire allo sviluppo. Continuum della crisi

Sotto il profilo funzionale l’EUC si divide in 3 fasi (seguendo l’approccio LRRD):1) Aiuto di emergenza – interessa noi in particolare. Intervento di breve periodo

che salva vite. Non si deve contrapporre a uno sviluppo futuro, attività e standard messi in atto, ruolo di coordinatore viene stabilito: esso non è un capo ma verifica l’applicazione degli standard e efficienza. Questa fase di svolge nella fase acuta e cronica di un’EUC, si pone il problema di reperire le risorse

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necessarie e distribuirle rapidamente. Questa attività si deve integrare nelle strutture governative esistenti, rispetto delle usanze locali (religione, tradizioni), non termina mai rapidamente o repentinamente.

2) Programma di riabilitazione: post crisi3) Strategia di sviluppo: post crisi

Piano di emergenza: normalmente la popolazione può soddisfare le proprie esigenze tramite normali strumenti, dopo un disastro vi è una fattura tra esigenza e risorsa, il piano si prende carico di sanare questa frattura.

Protezione: tutte le attività che tutelano i diritti fondamentali dell’individuo a livello nazionale e internazionale. L’autorità ha il dovere di far valere questa protezione: responsabilità giuridica. L’assistenza umanitaria è il braccio della protezione

Pianificare l’emergenza: NEEDS ASSESSMENT - strumento di identificazione dei bisogni. Creare una chiara valutazione della situazione il più rapidamente possibile, attraverso fasce demografiche per individuare i più vulnerabili. L’obiettivo è la PROTEZIONE. Gli assessment sono sempre dei work in progress.

Azione di risposta: la Croce Rossa la definisce “attività in un contesto di abuso che ha come obiettivo l’arresto degli abusi o di alleviarne le conseguenze”

DRR: Disaster risk reduction. Si basa sulla valutazione dei rischi ed è importantissimo. Va attivata una combinazione tra pericoli e indicatori del pericolo. Priorità dunque ponderata.

Lo IASC crea la NEEDS ASSESSMENT MATRIX utilizzata nella formulazione dei CAP e dei NEEDS ASSESSMENT stessi. Questa matrice si presenta sotto forma di tabella complessa e dal 2005 viene sostituita dal NAF (NEEDS ASSESSMENT FRAMEWORK) dove i country teams producono una serie di documenti coerenti e comprensibili.

Per produrre un assessment con la MATRIX (pre 2005) era necessario tenere conto di:

Mortalità (per quali cause e in quale periodo temporale) Denutrizione Morbidità (intensità di una malattia) Acqua potabile e servizi sanitari Sicurezza alimentare Sanità Diseguaglianze Ruolo del governo

Tabelle 4 W: who, when, where, what

L’assessment è uno STRUMENTO ed è sempre un work in progress.Dal 2005 (anno della humanitarian reform) grazie NTFA IASC (task force dello IASC) inizia a essere usato il NEEDS ASSESSMENT FRAMEWORK (nuova modalità operativa). Il NAF è lo strumento attraverso il quale i HCT sintetizzano le informazioni disponibili sui bisogni umanitari in una serie di documenti coerenti e comprensibili. Le ultimissime modifiche del 2019 ad oggi non sono ancora state implementate.

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Il framework è uno strumento che inquadra un’attività e definisce gli assessment (set di attività oggettive (per esempio un upgrade dei dati di analisi delle infrastrutture e raccolta di dati sociologici) )

Figure importanti nelle EUC:MAI DIRE CAPO, SI DICE COORDINATORE PRINCIPALE, NELLE EUC PRENDE IL NOME DI HC = HUMANITARIAN COORDINATOR, una figura che viene dall’UNOCHA associato alle HTC (humanitarian country teams) che ha questi team come headquarters. Poi vi è il CLUSTER COORDINATOR (CC), nelle C.E. ve ne sono molti, tanti attori diversi. Il CC è assciato al meccanismo di coordinamento intercluster (ICCM). L’ICCG è il gruppo che lavora su questo meccanismo

UN OCHA: office coordination humanitarian affairs. È il principale organo STRATEGICO OPERATIVO, mentre lo IASC era il principale organo politico.

A volte vi è un FCU: field coordination unit messo a fianco del HC.

L’obiettivo è creare una struttura dinamica ed efficiente tra questi vari attori

Sotto il profilo teorico gli assessment sono sempre COORDINATED ASSESSMENTS (pianificata in partnership con HTC e altri attori)Dal punto di vista pratico vi sono due tipologie di assessment: harmonized (H) e joined (J) assessments.

H= dati lavorati separatamente ma con comuni indicatori, per comporre un singolo database e un piano di risposta comune

J= una sola fase simultanea di raccolta dati che porta ad un singolo report.

Per far sì che tutti i meccanismi funzionino insieme deve esserci coordinamento temporale e geografico per evitare confusione. Usare stessi C.O.D. (common operational datasets) per interpretare comunemente i dati.I C.O.D sono prodotti dall’UNOCHA che li fornisce entro 48 ore dall’inizio del disastro. Questi documenti sono prodotti nella fase 0 di preparazione e vengono forniti alla comunità umanitaria. I COD sono necessari per la fase decisionale. Essi analizzano:

Il profilo umanitario generale dell’aerea Statistiche demografiche Confini amministrativi Identificazione luoghi abitati Rete trasporti Situazione idrologica Situazione geomorfologica

I COD devono essere leggibili dai software utilizzati e sono utili quando nelle ore subito successive a un disastro vi è un enorme flusso di informazioni.

Poi vi sono i FOD (fundamental operational datasets) che sono complementari ai COD, comprendono informazioni su cose non incluse nei COD (emergenze passate, scuole, ospedali etc).È importante usare indicatori chiari e condivisi e precisi per le SCELTE CONDIVISE sulle tecniche statistiche e raccolta dei dati.

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Indicatore: caratteristica della popolazione misurabile o direttamente o indirettamente.

CASPAR: spiega all’insieme delle HCT come funzionano i meccanismi dell’assistenza umanitaria, aiuta l’HC. Guideline che ha il compito di istruire gli operatori umanitari sugli standard.

Elementi dei coordinated assessment: individuare i bisogni della comunità, approntare il piano di risposta, comprensione delle capacità governative locali

Colmare i gap della capacità del governo locale è un aspetto coordinato dal progetto SFERA (1997). Sphere Project Il progetto SFERA nasce nel 1997 e sono guidelines sulle tecniche operative per porre in essere l’assistenza umanitaria in campo (gestione sanitaria, alimentare, igiene etc). Caratterizzato da un handbook scaricabile in pdf, linea guida per gli attori dell’assistenza umanitaria in fatto di standard.

Investigation form: formati da domande a risposta aperta o chiusa (a seconda del tempo disponibile e le modalità preferibili) per capire l’emergenza.

L’emergenza si muove su due binari: uno è rappresentato dagli standard operativi studiati dallo IASC e messi in atto dall’UNOCHA mentre l’altro è rappresentato dai CAP che parametrizzano l’emergenza e rimandano al fund raising. Vi è anche un terzo binario ovvero quello dell’early recovery: attività di soccorso primario.

Nel framework per l’humanitarian relief ora vi sono nuove fasi Fase zero (preparedness)Scoppio del disastro Fase uno (72 ore)Fase 2 (tra la prima settimana e la seconda)Fase tre (terza e quarta)Fase quattro (dalla quinta in poi)

Tra la fase 1 e 2 l’obiettivo primario è salvare vite umane tra la 3 e la 4 è salvare le livelihoods (standard di vita) e ristabilire i servizi.

In queste fasi vi sono vari output ovvero documenti prodotti dagli attori umanitari. Ad esempio il PSD (preliminary scenario definition) divulgato dal HC nella fase 1. La fase 1 è brevissima (72 ore) ed è qui che si pensa alla previsione dei danni, primi bisogni delle persone, si usano “secondary data” presi da altre emergenze e “primary data” già presenti negli assessment grazie agli investigation form, rilevazioni di dati. In questa fase si utilizzano molto i secondary data (non vi è gerarchia tra i due, è solo un nome)

Poi vi sono 14 giorni per fornire il MIRA (multi-cluster initial and rapid assessement)

Nelle fasi 2 3 4 si produce un Humanitarian Dashboard ovvero una piattaforma di informazioni che segue un template (slide). Nell’HD vi sono diverse metodologie di raccolta dati e di output (documenti prodotti). È un format approvato dallo IASC, uno strumento in tempo reale sulle condizioni di una crisi. 2 o più pagine sono

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dedicate a un’overview e poi vi sono le sectoral pages che riguardano i diversi cluster. L’interpretazione deve essere facile e scorrevole ma non imprecisa o approssimata. Vi è sempre una cartografia referenziale o tematica. Queste HD vengono pubblicate su reliefweb.it L’HoO è il head of ocha field office e lavora a livelli di headquartersOCHANET: intranet per gli operatori OCHA.

Per altri esempi guardare slide del prof.

Raccolta dei dati: il dato nelle EUC ha lui stesso 4 fasi: dalla fase uno alla 4 si diventa sempre più precisi e dalla comunità generale si passa alle household (gruppi familiari) come oggetto della raccolta dati. Dal lontano al vicino.

6)PRINCIPI DI PIANIFICAZIONE PURA

Contingency planning / pianificazione di un’emergenza: utilizzare uno strumento di gestione che serva anche per anticipare i problemi che potrebbero verificarsi in caso di crisi: capacità di risposta/avere risorse e mezzi necessari a disposizione.

Il contingency planning è un processo decisionale continuo che si basa su analisi valutative, obiettivi chiari, garanzia che gli accordi siano registrati, procedure implementabili che assicurino una risposta.

Quando scoppia un’emergenza non è solo importante produrre documenti per la situazione presente ma anche creare un precedente per le esperienze future.

Il processo della pianificazione delle EUC è organizzato in 3 fasi: Preparation: assunzione di responsabilità da parte degli attori umanitari. Creazione

di un livello superiore decisionale con la leadership del HC e dei vari capi di agenzie e organizzazioni internazionali. Compito di organizzazione, orientamento e direzione strategica basata sulla conoscenza oggettiva di situazioni pregresse per trovare una soluzione. Sul territorio si crea un HCT con membri di organizzazioni internazionali con esperienza nel campo

Analysis: Analisi dei pericoli e degli scenari di sviluppo + ipotesi di pianificazione. Qui vediamo il DRR (disaster risk reduction)

Response planning (piano di risposta)

Nella fase 2 vi è dunque il risk analysis, cioè lo studio della probabilità che un pericolo si verifichi + l’impatto del rischio sulla popolazione (tutta o divisa per gruppi demografici più vulnerabili) e le loro livelihood (risorse, infrastrutture).

Nel 1999 grazie alla nascita del UN ISDR: (international strategie for disaster reduction) ovvero una piattaforma globale per la protezione e le strategie nei disastri, nasce il DRR: una strategia di azione/approccio multidimensionale alla crisi con 3 differenti strategie di azione:

Mitigation: riduzione dell’intensità del pericolo. Per esempio, interventi strutturali come dighe o palazzi antisismici per rendere meno grave gli effetti di nu disastro. Per esempio anche le vaccinazioni di massa. Importanza della grande professionalità ed esperienza

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Preparedness: rafforzare la capacità della comunità a riesistere e rialzarsi rispetto alla crisi, qui vediamo gli EWS (early warning system)

Advocacy: capacità di fare lobby e pressioni sulla società civile

Con il DRR si definiscono i rischi (risk, ovvero la probabilità che una cosa accada) e pericoli (hazard ovvero un evento fisico potenzialmente dannoso)Il risk managment si pone come obiettivo quello di governare gestire e pianificare il rischio e ridurne la vulnerabilità perché il rischio si base dal pericolo + vulnerabilità della comunità

Nel 2000 nasce la IATF/DR, task force per la riduzione dei rischi inter agenzia.DRR è totalmente operativo dal 2005 con la conferenza di Hyogo e il conseguente protocollo di Hyogo in vigore fino al 2015, ora c’è il protocollo di Sendai 2015-2030). ENTRAMBI I PROTOCOLLI rafforzano il DRR e valutano i disastri come un ciclo e usano un approccio proattivo (prevenzione).

Nasce quindi il RISK ASSESSMENT, valutazione dei rischi che si basa su: hazard analysis (comprendere i pericoli, trovare le cause e studiare le tendenze) + vulnerabilty analysis (studio della esposizione di una comunità ad un dato pericolo).

Per esempio: il Mozambico. Paese interessato dai monsoni che si sono spostati dal sudest asiatico per il climate change causa problemi agricoli (piantagioni inondate). Importanza dell’approccio proattivo. Attraverso la FAO e la CSA (climate smart agriculture) si introducono tecniche agricole rispettose della sostenibilità locale e il raccolto. Sono state introdotte colture di maturazione breve quindi venivano sommerse ma già mature e quindi resistenti.

La vulnerabilità è direttamente proporzionale alla poca resilienza, è un fenomeno dinamico. Dipende da fattori economici/infrastrutturali/sociali

Programma GRIP: studia i pericoli

L’equazione di base del DRR è (pericolo x vulnerabilità).

Nella strategia della preparedness abbiamo visto l’EWS ovvero EARLY WARNING SYSTEM. Allerte precoci. Come ad esempio USHTS (USA per gli uragani), FEWS (famine ews), PTWS (per gli tsunami nel pacifico) ma anche reliefweb.intTracciare i dati geograficamente (GIS) per esempio è stato utile per la Corea del Sud. Nascono perché dagli anni 70 le EWS crescono esponenzialmente. Tendenzialmente aiutano contro i natural disasters ma anche nelle C.E. (cause antropogeniche, complex emergencies). Le EWS tipicamente utilizzano immagini satellitari o frequenze radio. L’EWS deve avere 3 caratteristiche principali:

Deve prevedere il fattore temporale del pericolo + la sua scala, intensità e luogo geografico

Tempestività, deve essere “timely and effective” Deve essere seguito da una risposta adeguata all’avviso

Per esempio, uragano Katrina: l’USHTS ha lavorato perfettamente ma è mancata la terza caratteristica ovvero la risposta adeguata: la popolazione non è stata informata e gli edifici non erano pronti (shelter camp).

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Gli EWS vengono introdotti dai protocolli di Hyogo e Sendai, sono “multihazard” ogni EWS si occupa di un disastro specifico.

CBFEWS: per le indondazioniISRO: NASA indiana per così dire. Per gli tsunami e la telepescaIn Giappone vi è la tecnica della messaggistica tramite app che avvisa la gente in caso di tsunami. Ancora presenti anche megafoni sui pali. Con l’avvento di internet arrivano le novità e gli EWS utilizzano portali web, ad esempio una cartografia delle sonde del NOAA nell’oceano Pacifico.

C.E DAT è un portale web: complex emergencies database dei tassi di mortalità e di denutrizione. È gestito dal CRED (Centre for Research on the Epidemiology of Disasters) (Bruxelles) nasce nel 2003, risultato del progetto SMART che incoraggiava le fasi decisionali. In CE DAT usano 3 tecnologie usate per le EWS: costruzione di database, satellite imagery e diffusione web. CE DAT è collegato a EM DAT, sempre del CRED ed è un emergency database che raccoglie statistiche sull’impatto economico di un’emergenza.Il CRED fornisce dati e dunque informazione (importantissimo).

Esempi di EWS che hanno un rapporto con portali web con l’avvento di internet:

Prevention Web gestito dall’UNDRR

Reliefweb è il più importante di tutti. È un servizio digitale sviluppato e promosso dall’UNOCHA sulla base della risoluzione 51/194 del 1997 che ne riconosce l’importanza e incoraggia la condivisione di dati, documenti e informazioni tra governi e agenzie multilaterali. 1997 nasce, anche se era operativo anche prima. Pubblica dati relativi ad ogni fase di una crisi ed è il principale strumento di diffusione delle informazioni nelle EUC. Si presenta come una cartografia digitale con geotag che descrivono l’evento. Ogni operatore umanitario registra la propria presenza sul territorio attraverso il sistema EGF. Nella risoluzione 57/153 del 2003 (ONU) si ribadisce l’importanza di Reliefweb. Non richiede grandi sforzi economici ed è un portale open source quindi low-profile-technology, non complesso a livello informatico.

FEWS.NET altro esempio

Gli EWS fanno dunque parte del discorso e approccio DRR. La maggior parte delle cartografie è fatta con il GIS.

Il 2010 è stato un anno fondamentale – disastro di Haiti + flood in Pakistan sono state crisi sconvolgnti anche per gli operatori e hanno visto il fallimento degli strumenti disponibili e del piano di risposta e di coordinamento. L’UNOCHA fallisce nel coordinamento.

Vi è anche il framework del DRR dove sono inclusi tutti i lati descritti precedentemente. Fonte:UNISDR

FASE 3 DELLA PIANIFICAZIONE DELLE EUC – RESPONSE PLANNING

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Assunzione di responsabilità da parte degli attori umanitari nei confronti della popolazione colpita e gli operatori. Il piano di risposta deve essere rispettoso delle tradizioni locali e non nuocere alla comunità. È caratterizzato da:

Obiettivi parametrizzati al conseguimento dei risultati Strategie Indirizzi Priorità Principi di coordinamento

L’emergency management è un processo partecipativo e l’informazione combatte il caos. Il piano di risposta prevede la divisione dell’emergenza in vari settori detti CLUSTER. Vengono introdotti nel 2005 (post tsunami oceano Indiano del 2004 + humanitarian reform portata avanti dallo IASC). Dopo i problemi riscontrati decisero di separare le responsabilità. Nascono quindi le Cluster Lead Agencies. Per esempio: FAO e WFP si occupano (sono i cluster leader) dei cluster della food security, WHO salute, UNHCR protezione (da qui arriverà il Cluster Coordinator visto prima con l’ICCM e ICCG connesso) insieme a UNICEF, istruzione UNICEF e Save the Children, logistica WFP, Telecomunicazioni UNOCHA, WASH UNICEF per altri esempi guarda slide. I cluster non devono sempre essere attivati, se l’emergenza non raggiunge un determinato livello non si attivano o magari se ne attivano alcuni e non tutti. Per esempio, la situazione siriana ha creato un flusso liquido di profughi poco tracciabile precisamente a livello geografico (nord africa, italia, medio oriente, a volte persino marocco). Questa crisi è stata gestita a livello internazionale principalmente dall’UNHCR e i cluster attivati sono stati pochissimi: camp management (UNHCR + IOM), emergency shelter (UNHCR + IFRC), protection (UNHCR). Non c’è il cluster relativo alla food security per esempio.

Guarda slide per tutti i cluster.

Si creano dei settori per rendere più facile lo stare vicino alla comunità. Dunque nasce il “cluster approach”. Occhio alla differenza tra standard e campo reale. Global level clusters (standard) diverso dai cluster realmente attivati in un campo per esempio la situazione in RDCongo tra il 2000-2010. Dipendenza dal contesto e capacità operative degli attori umanitari.

Con il piano di risposta si passa dal contingency planning all’operational/strategic plan dunque un piano operativo che comprende un piano di ricovero. Il piano di ricovero prevedere gli shelter, rifugi temporanei idonei (improved). Spesso vengono utilizzate struttre già esistenti come palestre.Vi sono tre scenari possibili:

I colpiti restano a casa o vicino I colpiti sono sfollati e ospitati in comunità limitrofe (legami familiari, religioso). In

questo caso aumenta la vulnerabilità degli ospitanti Popolazione abbandona la propria zona di origine e viene ospitata negli shelter

camp (centri di accoglienze temporanea)

Sono necessarie delle analisi demografiche delle persone presenti nelle zone dove si crea lo shelter camp per evitare conflitti tra gruppi. Nello Sphere Project (progetto sfera) vi è un handbook dove si spiegano gli standard per i cluster, l’ultimo risale al 2018. La cosa più complessa da organizzare è l’accesso all’acqua (WASH – water and sanitation hygiene)Seguendo gli standard a livello di spazio sono previsti 30 mq pro capite, recentemente si è saliti a 45mq per persona. Questi mq comprendono tutte le aree necessarie per lo shelter

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camp (strade, mercati, latrine, warehouses), all’interno dei veri e propri shelter lo spazio previsto è di 3,5mq a persona. Quindi se io ho 20000 persone da ospitare devo moltiplicarlo per 45 e avrò lo spazio necessario dunque posso scegliere la location dello spazio. Accessibilità: gli shelter camp devono essere accessibili tutto l’anno e non essere a rischio esposizioni stagionali, niente rischio inondazioni. Va costruito in un luogo (in caso di inondazioni croniche) più alto dell’altezza media dei flood. Bisogna avere un piano per lo smaltimento dei rifiuti e gli escrementi e tenere d’occhio la sostenibilità climatica -> non posso lasciare casino dopo che sfollo il campo. Oltre al cibo, sono importanti i NFI: non food items tipo sapone, materassi, vestiti, asciugamani etc. per restituire dignità alle persone e proteggerli dal meteo.

Vediamo ora alcuni cluster e come funziona il loro piano di risposta.

Acqua e igiene ambientale:WATSAN: water sanitation Si deve fare attenzione alla trasmissione delle malattie oro-fecali, grande incidenza e tenere d’occhio la morbidità di tali malattieCorretto smaltimento degli escrementi (bagni chimici o tubature, fossa areata con una lastra come copertura)Costruzione di pozzi o punti di acqua potabile

Food security:Non è la distribuzione alimentare e basta, non è una mossa automatica ma arriva alla fine di una attenta valutazione per capire le quantità necessarie, pianificazione e logistica e azioni di monitoraggio. Vi è una differenza tra dry food (lo deve cucinare chi lo riceve, dura di più) e wet food (scade prima), spesso si usa un mix ovvero il “blended food”Importante dare supporto all’agricoltura per tornare all’autosufficienza e dignitosi. Non bisogna creare umani dipendenti dall’aiuto umanitario ma riabilitare e ricostruire. Garantire accesso alle terre coltivabili. It means that all people, at all times, have physical, social, and economic access to sufficient, safe, and nutritious food that meets their food preferences and dietary needs for an active and healthy life

Sanità: malattie più diffuse: infezioni, diarrea (grande incidenza sui bambini in america latina), parassitosi intestinale, infezione respriatoria acuta e altri.Programmi espansi di vaccinazione di massaLa medical assistance ha due livelli: clinico (assenza di macchinari) e ospedaliero (dove vi sono strumenti ma posti limitati, chirurghi, ostetriche per il parto)

Assistenza sociale: NO VITTIMISMO, le persone colpite da un’EUC sono i veri attori della ripresa, includerli nella ricostruzione. Proteggere il diritto all’istruzione durante un’emergenza è importante, tentare di garantire l’istruzione primaria per tutti. L’istruzione dà stabilità alla popolazione, dona una struttura alla giornata che altrimenti potrebbe essere alienante. Luogo di aggregazione e socializzazione e crea empowerment.INEE: international network in education for emergencies -> rete interagenzia per l’istruzione

Logistica e telecomunicazioni:

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Raramente chi se ne occupa ha un rapporto diretto con le persone colpite. Per le telecomunicazioni non ci si può sempre affidare alla rete di tlc preesistenti, spesso si introduce un sistema nuovo e autonomo. Ci si ocucpa di gesione di flotta e veicoli, dogane, import export, gestioni degli stock, risorse umane e non, scorte di carburante, sistema di assicurazioniSDI-T -> portale web per i trasporti

7) PRINCIPI DI COORDINAMENTO

Prima una parentesi sul COVID-19ESRI -> sito che produce cartografie per mostrare i dati tra cui alcune sul COVID 19 dove vi sono delle dashboard con dei dati realizzata per fare informaizone. La cartografia è lo strumento di informazione per eccellenza. UNACAST: cartografia sul distanziamento sociale e la probabilità di incontrare altre persone negli USA (studio della daytime density)

ACS: ISTAT americano Anche WHO ha una dashboard sul Covid19

Si è parlato molto degli studi genomici per capire gli spostamenti, dunque il tracking. La crisi del COVID è una emergenza di tipo particolare. L’intervento multilaterale non ha un ruolo ma sono importanti invece le risposte e strutture locali -> governo locale/protezione civile. Non vi sono cluster, le ong o l’onu ma nonostante questo il DRR è utilizzato. La protezione civile italiana per esempio è parte integrande dell’ISDR (strategia internazionale per la riduzione dei rischi).

2005-> Humanitarian reform. La sicurezza viene definita come l’assenza di rischio ma la sicurezza non è assoluta, è adeguata e sufficiente rispetto alla mia condizione.

Crisi non è emergenza. Una crisi può diventare un’emergenza e la precede.

Resilienza: deriva dal latino “resilire” che significa rimbalzare e il termine italiano nasce in ambito psicologico. La resilienza è l’adattamento del singolo e/o comunità alle situazioni critiche, non solo reggerne l’impatto ma l’adattamento flessibile alla crisi è un processo attivo, non sinonimo di resistenza. Fortemente collegata al contesto. Resilienza quindi è la capacità reattiva per superare un evento avverso, tornare all’equilibrio o alla creazione di un equilibrio nuovo.

RISOLUZIONE 46/182 del 19/12/1991 è importantissima. Da questo documento nasce l’emergency management. Questo documento dà una struttura globale per l’assistenza umanitaria (ricordiamo l’aumento di crisi degli anni 80-90) e l’operatore umanitario è ora responsabile davanti ai governi donatori. Prima della Seconda guerra mondiale il numero delle realtà dedicate all’assistenza umanitaria erano poche (Croce Rossa nasce nel 1863) Tutto cambia con l’arrivo dell’ONU. Negli anni 60 inizia un’embrionale comunità umanitaria ma i limiti sono evidenti. Terremoto in Perù, ciclone in Pakistan. Bisogna migliorare. Arriva quindi la risoluzione 28/16 del 1971 che definisce il ruolo di DRC (coordinatore del disastro) dell’UNDRO (disaster relief organization). L’UNDRO è il primo ente a gestire l’assistenza ONU che presentò molti limiti -> poche risorse, poco personale e poca organizzazione, non esistevano standard. È una risoluzione molto lacunosa. L’UNDRO fallisce perché presentò una struttura gerarchica e

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in ambito umanitario si videro molti danni. Ora vige la neutralità e autonomia, quasi come una religione. Con la risoluzione 46/182 non vi è più supremazia tra i vari attori, nessuno dà gli ordini a nessuno. Il coordinamento deve emergere dal basso e il processo è partecipativo, prima si sceglieva una sola realtà per gestire una data emergenza ora si collabora. Il DRC viene sostituito dall’ERC (emergency relief coordinator ->massimo dirigente dell’UNOCHA e sottosegretario generale dell’ONU). La risoluzione è formata da 12 punti e sottolinea anche la differenza tra peace building e assistenza umanitaria, diversissime.

UNOCHA NON nasce da questa risoluzione, nasce il DHA (department of humanitarian affairs).

L’UNOCHA nasce nel 1997. Nel 1994 la crisi in Ruanda sconvolge la comunità umanitaria creando anche una analisi interna, il DHA quindi diventa UNOCHA insieme a una revisione generale della definizione di assistenza umanitaria. In questo lavoro si mise anche lo IASC e l’Onu che aveva come segretario Kofi Annan e ERC Sergio Viera de MejoNel 1998 fu formulato il rapporto sulla riforma dell’ONU.

Lo IASC nasce nel 1992 con la risoluzione 48/57 del giugno ’92. Introduce il concetto di emergenza di livello 3 che però verrà superato dall’Humanitarian System Wide Scale Up Actuation del 2018, ovvero un nuovo standard procedurale che riorganizza una timeline simile all’assessment framework ma meno rigida la divisione in fasi. Il Mira fa presentato entro 30 giorni, la timeline è più lunga (slide). Questo non sostituisce quanto studiato prima in quanto se vi sono delle lacune valgono le disposizioni precedenti (come il PSD in 3 giorni).

In seno allo IASC nasce la Transformative Agenda: Renewed Commitment By Humanitarian Actors nel 2010. Lo IASC e UNOCHA erano stati aspramente criticati dopo i disastri in Haiti e in Pakistan (2010) + Katrina nel 2005. Qui nasce il concetto di level 3 emergency.

Come funziona lo IASC A livello di sede lo IASC è un comitato, nasce in seno all’onu ma non vi sono solo esponenti delle agenzie onu, anche ONG, Banca Mondiale, Croce Rossa etc.Lo IASC è organizzato tra IASC working group (policy) e IASC subsidiary group (task teams o gruppi di referenza, sono “time bounded” e lavorano per produrre un determinato outcome). (slide per vedere la formazione in gruppi)Lo IASC è organizzato anche in task force in una parentesi temporale ad esempio la (NATF) o la task force che coordina la società civile in rapporto alle forze militari (HSCMR). Ad Haiti è mancato questo aspetto. Ad oggi è presieduto da Mark Lowcock (ERC-> anche a capo dell’UNOCHA)A livello operativo sul territorio, l’ONU è presente in alcune aree in situazioni di non emergenza con il RCS (resident coordination system) guidato dal RC (resident coordinator), attori che servono a strutturare rapporti tra organi ONU residenti e l’autorità governativa locale. Ad esempio la Fao lavora a stretto contatto con il ministero dell’agricoltura. L’RC è la controparte del primo ministo locale e rappresnta l’UNDP. Tale sistema seguendo uno strumento di pianificazione e coordinamento strategico chiamato UNDAF (development and assistance framework). Tramite l’UNDAF le varie agenzie si accordano su una diagnosi comune producendo un CCA (common country assessment) Questo è uno strumento a lungo termine, viene prodotto in una parentesi temporale di 4-6 anni.

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8) COSA SUCCEDE ALLO SCOPPIO DI UNA CRISI UMANITARIA?

Si vede un aumento esponenziale degli attori internazionali presenti nel paese. Lo IASC dichiara un paese in stato di emergenza EUC ed emette un appello interagenzia (CAP). In questo caso, se c’era prima un RC si converte in HC. Nasce un HCT locale + ufficio OCHA sul campo Autonomamente e automaticamente si mettono in moto tutti gli attori umanitari seguendo gli standard che hanno già conosciuto in passato. A livello tecnico avremo 3 differenti riunioni:

1) una riunione di coordinamento ad alto livello (leadership) con frequeznza settimanale o 14 giorni o anche quotidianamente in alcuni casi. Riunione presieduta dall’HC e tutti i livelli più alti di enti olitici, militari e amministrativi

2) una riunione per quanto riguarda la sicurezza, sia della comnuità che degli agenti umanitari. Frequenza variabile, è presieduta dall’HC insieme al Field Security Officer (funzionario ONU per la sicurezza degli operatori umanitari)

3) Riunione di coordinamento operativo a livello settoriali, riunioni intracluster e intercluster. Spina dorsale del coordinamento, frequenza variabile, presieduta dal CC e ICCM

CAP: promuove il fundraising. Tramite i CAP si coordinano le risorse economiche e finanziarie. È un ciclo di pianificazione strategia annuale da gennaio a dicembre e poi riparte. Grazie al CERF (Common Emergency Response Fund) introdotto con la risoluzione 46/182.CHAP: consolidated humanitarian action plan – sono maratone tra maggio e agosto dove i pianificatori dei CAP si incontrano per discutere la situazione globale. Sono riunioni dove vengono descritte previsioni da 6 a 12 mesi dei fabbisogni di risorse dei paesi e il comportamento dei vari attori internazionali.Importanza di pianificare un intervento organico globale.

Viene prodotto il primo CAP dopo l’inizio della crisi/disastro e ci si rivolge al CERF per le risorse utili per il response planning.

CAP: Consolidated appeals process

MODULO 2

9)DATABASE

GIS: geographic information systemDatabase: archiviazione dati Archiviazione e codifica (informatica) viaggiano su due binari paralleli

Dati grezzi: non elaborati, mattoni nell’informazioneI dati però sono attendibili quando vengono elaborati e quindi vengono trasformati in dati correlati e informazione. Si arriva a prendere decisioni corrette se ci si basa su un’informazione corretta, e l’informazione corretta è direttamente correlata alla qualità dei dati.

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Storia dell’informatica: nasce con lo sviluppo tecnologico della seconda guerra mondiale in contesto bellico.

I primi database si vedono alla fine degli anni 60 ed erano realizzate secondo le categorie degli “archivi separati” (inefficienti) con linguaggi primordiali di terza generazione. In questo tipo di database era necessaria la presenza costante di un programmatore per le operazioni sui dati. Non vi era correlazione tra database. I limiti di questi archivi separati sono: enorme mole di lavoro per operazioni semplici, inconsistenza dei dati, assenza di concorrenza agli accessi.Mancava un sistema centrale di gestione, ogni applicazione aveva il suo software.Da questi limiti si introduce il “sistema di gestione centralizzate di dati base” ovvero database centralizzati o con archivi unici. I database di oggi presentano ad archivi unici/centralizzati:ottimizzazione dello spazio di memoria e di tempoprocedure più semplicirapidità di analisi e di gestione

Vi sono due tipologie di supporti per la memoria di massa: a disco o a nastro.

Il sistema più utilizzato è l’hard disk magnetico. Lavora attraverso gli impulsi elettromagnetici ed è strutturato a spicchi d’arancia dove ogni spicchio è una traccia (videolezione per dettagli)Altro sistema diffuso: tecnologia ottica (cd, dvd, bluray) ma oggi sempre menoTecnologia magneto-ottica mischia i due tipi precedenti, usata per gestire un grande numero di inforrmazioni importanti (dati militari, dati di sicurezza ai fattori esterni). Questa tecnologia presenta grande resistenza ai fattori esterni.SSD, sempre più diffusi (memory card, penne usb) Tipo di memoria “flash” costituite da chip elettronici e usano la tecnologia NAND, eliminano l’uso delle parti mobili necessarie per leggere i dati (testine per leggere i DVD, per esempio).

UNDATABASE: è una raccolta di dati relativa a un sistema informatico organizzato in forma sistemica, archivio permanente su un sistema informatico dove i dati sono intercorrelati logicamente tra di loro.

In un database troveremo dati, metadati e transazioni.Negli archivi separati il “file” era l’unità fondamentale, ora invece nell’archivio unico ci si focalizza sulla collezione globale dei dati.

Il metodo degli archivi unici è quello di realizzare una base di dati unica condivisibile attraverso un DBMS (database management system)

Quindi avremo un unico archivio con un unico contenitore dove vi saranno varie applicazioni e vari utenti. Il gestore di questo contenitore è il DBMS. Il DBMS è una piattaforma software attraverso la quale gestisco il database per azioni di consultazione, aggiornamento, manutenzione. Il DBMS è quindi costituito da vari programmi. Si permette quindi di rispettare l’integrità del dato. Un dato è integro se vi è un DBMS..

Integrità del dato: il DBMS deve rispettare dei principi: 9 regole (c’è chi dice 20, 15 ma noi ne studiamo 9)

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Privatezza e sicurezza dei dati – accesso protetto ai dati – alcuni utenti hanno accesso a determinate cose. Io non posso modificare i dati della WHO per esempio

Atomicità – indivisibilità delle operazioni- esempio: prelievo del bancomat. Arrivare dal punto a al punto B in completezza

Affidabilità dei dati – backup, salvataggi, permanenza dei dati Accesso concorrente ai dati – più utenti devono potervi accedere

contemporaneamente senza anomalie Indipendenza dei dati – modelli distinti con gli stessi dati Linguaggio standard universale Accesso efficiente dei dati – presenza di indici veloci in modo da analizzare i

dati velocemente Controllo della ridondanza dei dati- no copie della stessa informazione, occhio ai

dati correlati, se aggiorno un dato ma l’altro no si crea disinformazione Imposizione dei “vincoli di integrità

Quindi che cos’è un DBMS? È un intermediario tra l’utente e i dati che ha il compito di disciplinare e definire. È costituito da un software o un insieme di software dedicati all’amministrazione delle banche dati rispettando i 9 requisiti di cui sopra. È caratterizzato da una raccolta permanente di dati.

Un DBMS ha queste funzioni primarie: Permette agli utenti di usare nuovi database usando il DDL (data definition

language) Gli utenti possono interagire con i dati attraverso le query e/o modificarli e/o

aggiornarli attraverso il DML (data manipulation language) Permette la memorizzazione di elevate quantità di dati per tanto tempo. Non

vi è un limite di quantità Gestisce l’integrità dei dati Controlla l’accesso simultaneo

La caratteristica principale dei DBMS è quella di mantenere un “modello di dati” ovvero un’astrazione logica tramite la quale l’utente vede i dati unità file ma attraverso unità informative ovvero direttamente riferibili agli oggetti della realtà della informazione stessa. (non informatiche).I dati gestiti dal DBMS devono essere organizzati a diversi livelli di astrazione.Astrazione: sostituire oggetti con un concetto.Vi sono 3 livelli di astrazione: interna, logica e esterna. In realtà 2, la terza è un’astrazione della seconda.Livello fisico: scrivere i dati, dove i dati vengono scritti fisicamente. Questo livello è rappresentato dalle strutture di memoria di massa. Trasparenza nei confronti degli utenti. Gli utenti si occupano del lato informativo e non informatico.

Livello logico: presentare i dati. Livello che descrive i dati secondo la filosofia del DBMS che si sta usando

Ulteriore astrazione: punti di vista dei dati descritti al livello logico. L’utente accede ai dati attraverso lo schema esterno. Ad esempio, le icone del mio macbook. Vista logica: modo di vedere i dati in una maniera differente.

L’astrazione permette l’indipendenza dei dati: modi diversi, scopi diversi, stessi dati.

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Non c’è bisogno di un programmatore sempre presente come prima. Noi ci occupiamo di cosa fare con il PC, non come lo fa. Il DBMS permette l’indipendenza dell’utente attraverso l’astrazione logica.

L’informatica contemporanea nasce a braccetto con l’astrazione logica, nasce con il personal computer, nuovo metodo: l’utente ha a che fare con i folder

Esistono differenti tipi di DB e DBMS. Definire il DB definisce anche la struttura attraverso la quale il database (DB) opera.A prescindere dal modello, ogni database è caratterizzato dallo schema e dall’istanza,Schema: descrizione della struttura della banca datiIstanza: valori dei dati in un dato momento

Modelli di Database (e DBMS di conseguenza) 1) Reticolare/a network: collegamenti non immediati. Nasce grazie a Buckman, padre

del DBMS (lavorava alla general electric) anni 50-60, Linguaggio DDL, struttura a rete

2) Gerarchico: 1968. Sviluppato dall’IBM presente l’IMS ovvero il database a modello gerarchico. Database sviluppato per le missioni spaziali apollo. Questo modello si basa su una struttura ad albero. O relazione “padre figlio” con i dati. Strutture chiare e lineari ma estremamente rigide diversamente dal reticolare.

3) Relazionale. 1969, importanza data alla relazione tra i dati. Nasce grazie all’IBM, Edgar Frank Code nel 1970 crea il database relazionale. Basato sulla relazione matematica e utilizzante il linguaggio SQL. Ad oggi è il più diffuso. Indipendenza dell’utente, per la prima volta si ebbe l’indipendenza dell’utente. Astrazione logica per la prima volta. I software nascono dal modello relazionale, che ammette le viste logiche. Rivoluzionario. Il primo tipo di database relazionale si chiamava ‘ingress’.

4) Rettangolare o a oggetto o not only SQL (n.o. SQL): non ha avuto una grande diffusione, i dati vengono archiviati in un oggetto. Schema liberamente relazionabile. Utili per le applicazioni web complesse, internet 2.0 o industria 4.0 (che le direttive europee stanno cercano di implementare). Schemi molto flessibili, facilità di sviluppo, scalabilità, elevate prestazioni, possibilità di gestire i dati non strutturati.

Dati personali: email, numero, età, utilizzato soprattutto per obiettivi commerciali. Pubblicità mirateSensor data: dati prodotti da strumenti specifici (smartphone)Dati sulle transazioni: sequenza di scambi di dati per una finalità unica (bancomat)

Negli ultimi 2 anni abbiamo prodotto il 90% dei dati mondiali e si crescerà del 40% di anni in anno.

Big Data: utili per le emergenze umanitarie. Per capire i big data dobbiamo capire il data science e data mining.Data science: ambito scientifico che mira a risolvere problemi reali facendo interagire grandi quantità di dati in vari campi (statistica, informatica, scienze sociali etc)Data mining: estrazione. Processo attraverso il quale difronte a un numero enorme di dati si estraggono informazioni dai modelli ricorrenti che si presentano. Per esempio, estrarre informazioni sui comportamenti dei consumatori. Importanza di analizzare i dati per gruppi: importanti per le emergenze. Per esempio, la pandemia da covid 19, il

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datamining estrae tendenze, quindi può aiutare per EWS e preparedness nell’ambito del DRR. INDR sta quindi investendo in data mining e data science.

Big Data: non farti fregare, non è la quantità a dargli il nome. Generalmente si definisce così: l’Harvard Humanitarian Institute la definisce come: 3C. Crumbs, community, capacities.Crumbs: briciole. Andare a fondo sui datiCapacities: grandi capacità tecnicheCommunity: collegamento con i movimenti open sourceI big data non sono solo gestiti dal settore privato. Attraverso i big data analizziamo i comportamenti umani e i loro movimentiAttenzione: è importante il livello di democratizzazione di un paese per usarli bene. Attraverso i big data e il mining la Corea del Sud sta meglio di noi. Il tracking adottato dalla Corea del Sud è una forma di data mining.

Transazioni: un insieme di operazioni che ci fanno passare da uno stato corretto ad un altro stato corretto dei dati. La transazione per essere integra deve rispettare 4 principi detti “ACID” Atomicità: indivisibile. O totale o nulla. Se vado al bancomat l’operazione deve essere completa, non può essere lasciata a metàCoerenza: se prelevo 100 mi arriva 100Isolamento: indipendenza rispetto alle altre transazioniDurata: non si può tornare indietro a transazione avvenuta.

I gis, usano il database relazionale. GEODBR: geographic database relazionale.

10) DATABASE RELAZIONALE PER I SISTEMI ESPERTI

Come si progetta un database relazionale? L’iter procedurale per la costruzione? L’iter si divide in due percorsi paralleli (anche se in realtà si incontrano a un certo punto, i due binari sono interconnessi anche se temporalmente si muovono in maniera parallela). Un binario è relativo alla progettazione dei dati (1) e l’altro alle transazioni (2): Binario 1= individuare struttura e organizzazione dei datiBinario 2= individuare caratteristiche delle operazioni che dovranno utilizzare questi dati

La metodologia divide in 4 fasi la progettazione DB:1) Raccolta e analisi dei requisiti – individuazione delle caratteristiche statiche e

dinamiche sull’applicazione del DB e il DB stesso. Utilizzo del linguaggio naturale, utilizzato per descrivere il micro-mondo che si sta modellando. Capire le intenzioni e le modalità di utilizzo degli utenti. Entità: per esempio studenti e docenti nel db universitario. Oggetti con proprietà comuni. All’entità si associa l’attributo (che caratterizza l’entità) ad esempio il numero di matricola. Poi si tiene conto delle relazioni tra le entità-> legame logico tra i dati. Analizzare le transazioni che saranno più frequenti per le entità. Le transazioni più utilizzate devono avere una

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via preferenziale ed essere efficienti. Le transazioni tipiche del sistema compongono generalmente l’80% delle attività sul sistema: se io accendo il PC all’80% compirò un’azione sempre uguale o ricorrente.

2) Progettazione concettuale – formalizzare i requisiti raccolti in fase 1 in un diagramma entità-relazione chiaro e consolidato che traduce l’analisi della fase 1 in uno schema formale e completo “schema concettuale”. Da questo nasce il modello entità relazione (modello E-R). Sono schemi grafici con aggiunta di frasi di vincolo e di specifica, che evidenzia entità, relazioni e attributi di entità e relazioni. Ogni entità è rappresentata come un rettangolo e la relazione da un rombo. Esempio: studente rettangolo e corso rettangolo unito dall’esame rombo. Ognuno di questi ha un attributo (pallino con una linea che lo attacca al rombo o al rettangolo) tipo data d’esame, titolo del corso etc. Questo modello ER si sta piano piano abbandonando (ma ancora c’è), c’è un modello più complesso per la progettazione concettuale attraverso il linguaggio UML (unified modeling language). Più efficiente ma più complesso.

Qui tra fase 2 e fase 3 si sceglie il tipo di DB da utilizzare (normalmente si sceglie quello relazionale)

3) Progettazione logica: Dipende dunque dal tipo di DB che scelgo, se scelgo ad esempio un modello gerarchico la mia progettazione logica sarà ad albero, a rete sarà una rete. Nel caso di scelta di un db relazionale (99% dei casi) porrò l’accento sulle relazioni attraverso le sue regole. Dallo schema concettuale si passa ad uno schema logico. E’ qui che si definiscono gli schemi esterni (viste) e i vincoli di integrità.

4) Progettazione fisica: Redazione dello schema fisico che stabilisce come le strutture del progetto logico vanno implementate fisicamente nell’archivio. Specificazione i parametri fisici della memorizzazione dei dati. In questa fase vengono scelte le modalità di struttura fisica: a nastro, ottico, elettromagnetico. E si sceglie la struttura di memorizzazione di massa (magnetico, ottica, a natstro etc)

Principio del separare il “cosa” rappresentiamo sul DB (relativo alla fase.1 e alla fase 2) e il come rappresentarlo (fase 3 e fase 4)Queste 4 fasi avvengono generalmente in ordine sequenziale. Però vi possono essere dei cicli di feedback dove si può tornare indietro per migliorare ciò che è stato già fatto.

Linguaggi standard di programmazione nel DB relazionale (ma anche negli altri):Sono effettivi linguaggi con la loro grammatica, sintassi etc.Linguaggio DDL: Data definition language. È impiegato per definire lo schema della base dati. È con questo linguaggio che si definiscono i 3 livelli di astrazione

Linguaggio DML: Data manipulation language. L’utente specifica quali dati debbano essere inseriti nel database e come inserirli. Linguaggio usato per inserire, cancellare, modificare, ed effettuare queries. Linguaggio procedurale, il sistema attraverso questo linguaggio implementa le richieste dell’utente.

Linguaggio DCL: Data control language: linguaggio che controlla la sicurezza

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Linguaggio SQL: Structured query language è il linguaggio dichiarativo globale, linguaggio standard di manipolazione dei dati e inviare queries. Al suo interno include i linguaggi DDL, DML e DCL.

Modello relazionale; (relazione alla base di questo modello)nasce nel 1969, nel 1970 Edward Code presenta un articolo sulla rivista “Communication” che rivoluziona l’informatica.Un DB relazionale è formato da una o più tabelle bidimensionali (dunque semplici). Le tabelle quindi sono sinonimo di relazione. Le relazioni sono dunque mostrate sotto forma di tabella allo scopo di rappresentare i dati in maniera espressiva. I dati da soli sono privi di significato, la loro elaborazione porta all’informazione (livello avanzato di conoscenza). L’aggregazione dei dati si traduce nello stabilire relazione tra i dati stessi. Le tabelle esplicano il concetto di relazione. Attraverso un vincolo io concateno tutti i dati messi in una tabella. Attraverso le relazioni io aggrego i dati e prendo informazioni dai dati grezzi che diventano dati elaborati e dunque portatori di informazione. L’informazione è l’obiettivo principale. I DBR hanno 3 caratteristiche: sono semplici, efficienti e coerenti (mantenimento dell’integrità dei dati). Vincoli di integrità referenziale -> interno al DBR, non servono altri strumenti esterni per strutturare il DB e porre in essere le relazioni. Il DBMS si occupa del livello di progettazione fisico. Il DBR permette l’indipendenza dei dati (requisito necessario). I dati devono essere strutturati, la tabella è organizzata in una serie di righe (TUPLA o RECORD) e di colonneOgni entità è corrispondente a una riga. Una riga (tupla) è una lista di valori unici per ogni attributo. Ogni tupla corrisponde ad una entità. Sull’intestazione delle colonne vi è scritto un “campo” (nome di ogni attributo)Gli attributi sono presenti nelle colonne. Cella: come su excel, il quadratinoVINCOLI nel DBR:

Ogni tupla deve essere univoca (no ripetizione) Ogni cella (incrocio tra riga e colonna) contiene un solo valore I valori sono inclusi nel dominio di quell’attributo (VINCOLO DI DOMINIO). Il

dominio è l’insieme di valori che può avere un attributo. Ad esempio voti degli esami. Gli studenti solo la tupla e la colonna sono i voti. Vincoli di dominio: devo inserire un numero + questo numero deve essere tra 18 e 30 + numero deve essere intero. Vincolo di congruenza

Atomicità dei valori ammessi in una cella: non posso mettere un dato che può essere scisso in altri attributi. Ad esempio, indirizzo postale: una cella per la via, una per il cap, una per la città, provincia etc.

Ordine di posizionamento di righe e colonne non è importante

È importante capire la differenza tra schema di relazione e istanza di relazione: lo schema di una relazione fornisce la sua struttura senza comprendere né il numero delle tuple né il numero di attributi per ogni tupla o i valori. L’istanza di relazione invece li mostra, è quindi la rappresentazione concreta dello schema di relazione. L’istanza è la messa in servizio della relazione.

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Quindi la definizione di una relazione passa prima dalla costruzione del suo schema e poi dal popolamento della tabella (istanza).

Il DBR è quindi un insieme di relazioni.

È necessario che un DBR imponga delle regole affinché non si comprometta la qualità del dato e compromettono l’utilità del DB (impedire gli errori). Difficile consultarlo per informazioni altrimenti. Dunque si introduce il concetto di vincolo di integrità:questi vincoli sono stabiliti nello schema ma sono soddisfatti nell’istanza.Sono di due tipi: intra relazionali e inter-relazionali.  intrarelazionali che interessano una sola tabella e quelli interrelazionali che definiscono legami tra due o più tabelle

Il vincolo di integrità intrarelazionale (hanno valore all’interno di una tabella) prende il nome di vincolo di chiave, quello interrelazionale (hanno valore tra relazioni differenti) si chiama vincolo di integrità referenziale.

Vincolo di chiave: intrarelazionale. Detta anche vincolo di chiave primaria: una chiave primaria è definita come un sottoinsieme K degli attributi della relazione che soddisfa le seguenti proprietà: unicità/identificazione univoca (deve essere uno, due record diversi non possono avere valori uguali negli attributi K) e la non ridondanza o minimalità (può essere anche formato da più attributi)-> Nessun sottoinsieme di K può essere esso stesso una chiave primaria. Dunque, nessun attributo incluso nel sottoinsieme può essere chiave primaria da solo se la chiave primaria è formata da 2+ attributi. Chiavi candidate: tutti gli attributi che possono formare chiave primaria, si sceglie quella che soddisfa al meglio le due condizioni elencate prima.

Vincolo di integrità referenziale (inter-relazionale): prende anche il nome di foreign key, la tabella si dice completa quando i dati vengono messi in correlazione tra di loro. La costruzione della tabella è data da valori omologhi. In un database referenziale ogni campo in una tabella dichiarato come foreign key può contenere solo valori di una chiave primaria o candidata di una tabella madre relazionata. È la presenza di valori omologhi tra la chiave primaria e la chiave nella tabella madre relazionata che genera il vincolo di integrità referenziale, che quindi relazione le n tabelle presenti nei database. Costruire la relazione tra differenti tabelle. Tramite l’esistenza di valori omologhi in campi appartenenti a tabelle differenti costruisce il riferimento efficace della relazione logica tra tabelle diverse.

Queste tabelle saranno utilizzate nel laboratorio GIS.

11) CARTOGRAFIA

Rappresentazione del territorioLezioni utili al GISChe cos’è la cartografia? È una scienza, una discipliina. Concezione, costruzione e studio delle carte geografiche. Questa disciplina si occupa della rappresentazione della superficie terrestre ma anche dei fenomeni che vi si svolgono. Fenomeni territoriali. La cartografia ha un grande ruolo scientifico internazionale, grazie anche al GPS e agli smartphone. Strumenti interattivi di mappatura presenti oggigiorno. Grande cambiamento

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negli ultimi anni. Oggi si parla di cyber cartography o geografia 2.0. Nuovo tipo di comunicazione interattiva, campo di azione più ampio rispetto a prima. Fraser Taylor: capo del centro di ricerca in Canada (cerca su google) afferma che le cartografie sono state necessarie per le esplorazioni marittime così la cyber cartografia ci guida nel mare di informazioni dell’era digitale. Tre livelli che caratterizzano la cartografia:

Termini oggettivi: la carta è sempre una rappresentazione della realtà. FunzionalitàTermini soggettivi: incorpora sempre l’intenzione del cartografo e i suoi interpreti (vari percorsi di produzione e di lettura)Termini autoreferenziali: la carta funzione come un pretesto, crea dei percorsi autonomamente. Percorsi che nascono dal contesto storico sociale in cui la carta è prodotta.Il Canada è un paese che dà un grande contributo storio alla cartografia e al GIS.

La carta è il regno del “dove”, ma conseguentemente si arriva anche al “cosa”.

John Bryan Harley: principale storico della cartografia. “The new nature of maps”, mette in rapporto la cartografia con il suo valore politico. La carta ha quindi anche un valore economico, sociale e giuridico. Harley parte dalle prime incisioni rupestri (indietro nella storia). La carta fa relazione tra territorio e i valori di quel territorio. La carta è un simbolo di identità territoriale e nazionale. In alcuni contesti la cartografia è una bandiera, monumento… Sentimento di appartenenzaLa carta geografica dà anche i confini amministrativi di un territorio.Il confine è parte integrante della carta. Moderno pensiero politico. Un territorio è distinto dall’altro.

La carta geografica è una rappresentazione piana, ridotta e approssimata e simbolica della superficie terrestre. La carta è un documento informativo per eccellenza. Strumento migliore per rappresentare il territorio. Non esistono altri strumenti che riescono a fare concorrenza alla cartografia. La carta utilizza la scala per elaborare la sintesi e la precisione della rappresentazione.Non è utile/attuabile misurare realmente le superfici quotidiane. Superficie topografica: andare alla metro, andare in un museo… misurare la distanza topografica (reale, che calpestiamo tutti i giorni) è impossibile.È per questo che la cartografia cerca di utilizzare l’approssimazione, permettendo analisi analitico matematica.La carta è selettiva, in scala e simbolica.Selettiva: essendo modello del mondo reale, è una sola visione, solo quello che interessa al cartografo. Si opera una selezione attraverso un processo di astrazione. Parto dal mondo reale, isolo ciò che mi interessa (entità geografiche) e le uso per la mia finalità.In scala: fra la dimensione reale e quella rappresentata vi è un rapporto analitico, questo rapporto di scale definisce la rappresentazioneSimbolica: la carta deve schematizzare attraverso dei segni convenzionali, rappresentandolo però in maniera fedele.

Alla cartografia avviciniamo la GEODESIA, la scienza che si occupa della forma e dimensioni della superficie terrestre e le sue variazioni nel tempo. Rapporto tra le due scienze aiuta a portare dalla superficie 3D si arriva al piano. Come fa il punto che sta sul geoide terrestre a essere traslato su una superficie piana (bidimensionale/cartesiana). Gli step per questo procedimento sono 3.

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La terra è un geoide. La necessità modellare la terra ci fa creare dei sistemi di riferimento (DATUM)La necessità di passare da un 3d topografica a un 2d dobbiamo costruire dei sistemi di costruzione.

1)Primo stop creazione del geoide. La superficie di riferimento deve essere fisica, la prima è il geoide. Il geoide viene costruito prolungando la superficie media degli oceani considerati in quiete al di sotto dei continenti. Il geoide è quindi una approssimazione della forma della terra. È una superficie fisica, normale (in ogni punto posso determinare la perpendicolare della verticale ovvero la forza di gravità). È una superficie di equilibrio che si identifica con una superficie equipotenziale. Ovviamente è suscettibile alle montagne o le fosse oceaniche, le montagne tirano verso l’alto, le fosse verso il basso.

Da un punto di vista cartografico il geoide non è utilizzabile perché i dati non possono essere descritti su un piano. Non è possibile descrivere il geoide attraverso una formula geometrica. Il geoide viene però usato per il vertical datum, è la superficie di riferimento per l’altimetria. L’everest è alto tot, questa misurazione è stata fatta tramite il geoide come riferimento

1) Il secondo step è individuare una superficie puramente matematica (quello che ci serve per il secondo step): l’ellissoide. Molto simile al geoide. Cambia la direzione della normale (verticale che mostra la direzione della forza di gravità) vi è un angolo che si chiama angolo di deflessione della verticale. La sostituzione avviene se il baricentro coincide.

L’ellissoide è una forma geometrica, non è la superficie topografica che calpestiamo ma è l’approssimazione del geoide. È una superficie intermedia tra la superficie fisica della terra e la sua rappresentazione cartografica. È un ellissoide di rotazione biassiale, generata dalla rotazione di un’ellisse piana lungo il suo asse minore (asse polare). Devo conoscere il semi asse maggiore e il suo schiacciamento per descrivere questo solido.

Sono meridiani quelli verticaliI paralleli sono quelli orizzontali. (tagliando l’ellissoide con piani paralleli all’equatore)Le coordinate geografiche ellissoidiche sono latitudine ellissoidica e longitudine ellissoidica. Sono distanza angolari. Lat: distanza angolare tra un punto p lungo il meridiano fino all’equatore. Tutti i punti con la stessa latitudine formano un paralleloLong: distanza angolare tra un meridiano e il meridiano di Greenwich. Tutti i punti aventi la stessa longitudine formano un meridiano.

L’ellissoide di riferimento WGS84 (1984) il suo centro geometrico coincide con il centro di massa della terra.Per la cartografia italiana l’ellissoide usato è quello di invece è quello di Hayford definito ellissoide internazionale

DATUM: sistema di riferimento, pacchetto di regole che determinano un punto dalla superfice 3d a quella 2d, è l’insieme di regole dei nostri step. Il primo è il geoide, il secondo è l’ellissoide, il terzo è la proiezione cartografica. Il datum è un sistema di riferimento costituito da parametri (longitudine, latitudine etc.) che ci permette di esprimere

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in termini matematici univoci i punti sulla superficie terrestre, ovvero di georeferenziare e trovare i punti. Nel datum si definisce il tipo di ellissoide (orientato localmente) + un set di 8 parametri analitici matematici, 6 per la posizione dell’ellissoide, + punti di compensazione (rete compensata geodetica)Il datum più importante è il WGS84 che viene utilizzato dai satelliti, aeronautica, navigazioni marittime. Il geoide EGM96 è quello utilizzato in questo datum.In Italia noi usiamo il datum geodetico ROMA40 (eventi bellici stimolano utilizzo e ricerca sulle cartografie e la loro evoluzione), 1940, contesto bellico. Usiamo l’ellissoide di Hayford per minimizzare le deformazioni. Noi l’abbiamo modificato per far esistere un punto di tangenza tra geoide e ellissoide sul nostro territorio nazionale.

Ogni territorio ha il proprio modello. Non posso usare il ROMA40 a new york, darebbe cartografie errate. Questo avviene perché si deve trovare il centro di emanazione (il nostro sta a monte Mario), trovare punto di tangenza tra geoide e ellissoide. È il punto dove la normale al geoide corrisponde alla normale all’ellissoide (linea per la gravità). L’ellissoide si orienta localmente fino ad ottenere un punto di tangenza tra ellissoide e geoide.

3 casistiche:

1)l’ellissoide può essere manipolato in modo da trovare la tangenza. La cartografia è dunque affidabile per le zone circostanti al punto di emanazione. Per es affidabile solo per l’Italia.(ORIENTAMENTO FORTE)

2)Orientamento debole: per territori vasti tipo tutta l’asia Orientamento medio: idem, per continenti

3)Orientamento geocentrico: coincidenza piena con il centro di massa del geoide, non vi è tangenza ma in questa maniera posso rappresentare in maniera affidabile tutta la superficie terrestre. Poco precisa, ma sufficientemente affidabile. È valida per gli aerei, satelliti, navi, GPS. Un aereo non può avere vari sistemi di riferimento, solo uno. Dunque, il WGS84

3)Il terzo step è dunque la proiezione cartografica. Non posso portare tutti i dettagli matematica sulla mia carta, gestire le deformazioni. Si definiscono le regole geometriche e analitiche per la trasposizione dalla 3d alla 2d e controllo se conseguenti deformazioni indotte. Sono di due tipi: proiezioni di sviluppo e azimutaliSviluppo: avviene su un soldo intermedio, o un cono o un cilindro. Questi solidi vengono poi srotolati e nasce la carta. Queste proiezioni sono sempre afilattiche, minimizzazione delle deformazioni, sono equidistanti solo nei meridiani e di paralleli di tangenza. Quelle cilindriche sono le più diffuse. Cilindro che ha come c.d.p il centro dell’ellissoide, la proiezione può essere diretta (asse del cilindro parallelo al meridiano) o trasversa (// equatore). La proiezione diretta di Mercatore 1569 (carta classica di Mercatore – un geografo fiammingo) è cilindrica e diretta ed è quella più diffusa per le mappe nautiche, presenta segmenti rettilinei con angoli costanti. Utilizzato ancora dopo quasi 500 anni. Meridiani e paralleli si intersecano ad angolo retto, le deformazioni sono concentrate quando ci si allontana dall’equatore, le distanze tra i paralleli si aumentano avvicinandosi ai poli, si rispetta l’isogonia (rispetto degli angoli). Questa carta è ancora alla base di google maps. Anche la proiezione trasversa di Mercatore è molto usata

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Carta di Peters: in contrapposizione a mercatore, vuole rappresentare le reali superfici. Aree vere. L’africa è enorme. 1967. Differenze sociali, potenze mondiali. Molte NGO hanno la carta di Peters nei loro headquarters. Proiezione cilindrica con le aree reali dei continenti.

Azimutale: proiezione prospettica su di un piano tangente all’ellissoide. Tangenza polare, meridiana (all’equatore), obliqua su un punto qualsiasi che non sia quelli precedenti.

Proiezione gnomonica: la più comune, il centro di proiezione è il centro geometrico dell’elissoideStereografica: centro di proiezione è il punto opposto rispetto al punto di tangenzaScenografica: c.d.p. compreso tra punto di tangenza e il punto oppostoOrtografico: c.d.p. distanza infinita dalla terra

Le proiezioni hanno delle deformazioni, possono essereProiezioni isogone/conformi: mantenuti inalterati gli angoli, mantenute le formeProiezioni equivalenti: le aree geometriche sono inalterate.Proiezioni equidistanti/lineari: mantenute le distanze e i rapporti tra lunghezze Queste proiezioni non possono coesistere tranne:Nelle carte afilattiche queste deformazioni sono tutte presenti ma in una maniera accettabile.

SISTEMA (non proiezione) U.T.M. Alla base di questo sistema vi è la proiezione trasversa di Mercatore Si ottiene la divisione in globo in 60 fusi longitudinale (6 gradi di ampiezza) e 20 fasci latitudinali (8 gradi di ampiezza)Dall’intersezione di fusi e fasci si ottengono le zone. Ad esempio 30T 26S

12)CARTOGRAFIA NUMERICA

Le valutazioni della lezione precedente sono basilari e assolutamente valide.Cartografia numerica=cartografia digitale. Indica il risultato di una serie di tecniche dalla cartografia tradizionale: algoritmi o iter procedurali informatici attraverso i quali i dati geografici vengono memorizzati su un supporto permanente.La cartografia è digitale quando viene correlata con un archivio di dati, un GEODB, un database… deve essere introdotta nella progettazione di un DBGEO e successivamente gestita da un DBRMSGeo.La cartografia digitale nasce grazie al GIS ma ora grazie ad app non GIS la cartografia digitale esiste anche senza GIS.

Doppio approccio per la creazione di questa cartografia:Scansione ottica di una carta cartacea. Archivio un dato cartografico attraverso uno scanner. In questo caso però non vi è nulla che leghi questi datiSecondo approccio: attribuire ai punti della carta (e quindi della terra) delle entità matematiche ovvero dividendo il terreno in particelle codificate. A noi interessa questo. Questi dati devono essere residenti su un supporto informatico.

Oggi si usa il GPS e viene prodotta direttamente una carta numerica quando si rileva un terreno

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Il pilastro della c.n. è la memorizzazione delle coordinate (codificate secondo le regole dei database relazionale, quindi all’interno di tuple). Le coordinate rappresentano l’elemento distintivo delle cartografie numeriche. Le coordinate in maniera implicita descrivono il territorio. Questa raccolta di dati geografici è consultabile attraverso un determinato linguaggio informatico. Gli elementi caratteristici della c.n. sono il grado di dettaglio tra contenuto descrittivo (semantico) e il contenuto qualitativo. Nella c.n, c’è proporzione diretta tra la precisione del rilievo e la precisione della carta. Non c’è l’errore del cartografo umano. Non scrivo con la matita, per dire.La cartografia digitale non si basa sui disegni ma sulle coordinate. Univocità di lettura. Possibilità di aumentare successivamente il dettaglio qualitativo. Vi è meno possibilità di compiere errori di interpretazioni. Si possono effettuare operazioni automatiche. Possibilità di effettuare selezioni selettive sui dati, in modo di evidenziare gli aspetti della fenomenologia territoriale. Figura origine: oggetto non rappresentabile se non digitalmente, una volta trasferita viene definita entità- ENTITà: un insieme di dati e coordinate, attributi e caratteristiche che rappresenta un oggetto reale. Quando diventa un’entità (figura trasformata) gli si dà un CODICE.

La CODIFICA è un passaggio necessario da effettuare nella trasformazione da carta tradizionale a numerica.Il sistema di codifica trasmette le stesse informazioni che un utente trarrebbe da una cartografia tradizionale esaminando la legenda. Il momento in cui si sceglie il sistema di codifica è dunque importantissimo. Un particolare del territorio che non è suscettibile a divisione è detta figura origine. La codifica permette la lettura del dato geografico.

I sistemi di codifica sono 2 nella cart. Num:struttura vettoriale(vector)struttura raster(cellulare)

STRUTTURA VETTORIALE: i dati di tipo vettoriale sono rappresentati attraverso entità grafiche descritte geometricamente e matematicamente con le loro coordinate in uno spazio cartesiano. Costruire attraverso il vettore qualsiasi entità, dalla più complessa alla più semplice. Tali entità sono definite primitive geometriche – possono essere semplici (punti e linee) o complesse (polilinee o aree). Quando diventano geografiche queste primitive? Quando vengono geo-referenziate. Il vettore è l’elemento geometrico che costruisce la struttura vector. Il vettore è un segmento orientato (freccia sull’estremità). Il vettore ha un modulo (lunghezza), direzione, verso (freccia sulla punta), punto di applicazione (punto iniziale). Tutti gli oggetti della terra sono quindi rappresentati attraverso punti, linee, polilinee, politconi etc. Il vettore compie il ruolo della legenda. Il codice identificativo è assegnato alle primitive geometriche vettoriali. Questo codice identificativo consente il collegamento agli attributi.ATTRIBUTI: qualificano la struttura trasformata, esplicitano il significato associato alla primitiva geometrica.4 classi di attributi: metrici (lunghezza delle linee, dimensione del poligono), grafici (codici numerici attraverso ualifico le modalità di rappresentazione geografica: colore delle linee, tratteggaita o non etc), descrittivi (attributi alfanumerici, numeri o testi che vengono associati alla primitiva geometrica a d esempio nome di una strada su google maps), complessi (sempre descrittivi ma più sofisticati, sono dei link, portali web, video, file audio, associati alla componente vettoriale della struttra)

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STRUTTURA RASTER (cellulare) si basa su un dato informatico minimo ed indivisibile rappresentato graficamente da un elemento puntiforme o CELLA (in inglese PIXEL)I raster sono i file immagine .La struttura raster suddivide la rappresentazione cartografica in celle quadrate tutte uguali ordinate secondo linee e colonne che costituiscono una matrice. Il pixel quindi è interno a una griglia rigida (matrice), un reticolo ortogonale regolare.

Ogni file raster è caratterizzato da due blocchi-blocco di testa: contiene i metadati (dati che descrivono altri dati) relativi alla natura, alle dimensioni (numero di righe e di colonne) e alla struttura del file -Blocco di dati formato da una matrice di n righe e m colonneQuando cerco un’immagine su google prima passa per il blocco di testa e poi lo vedo attraverso il secondo blocco

La matrice reca una duplica informazione1. Geometrica: quantità, posizione e densità (misurata in dots per inch) del pixel

all’interno della matrix2. Radiometrica: valore numerico associato al pixel

Fenomeno Radiometrico: quanto riesco a scomporre un dato territoriale rappresentato con la struttura raster, contenuto fotografico. L’aspetto radiometrico viene espresso a livello di pixel secondo 4 modalità:-un valore binario (0- nero 1-bianco) - un valore da 0 a 255 con varie tonalità dal più chiaro al più scuro nel grigio ad esempio- un valore per esprimere un colore con 256 predefiniti-un valore per esprimere un colore con 256^3 possibilità predefinite unendo i colori principali (verdi rossi blu)

La risoluzione geometrica: dipende dalla grandezza della matrice, più pixel, più risoluzione.

-Risoluzione radiometrica: dipende dall’intensità cromatica, profondità di colore

Punti di forzaLa struttura vector ha bisogno di meno tupleLa tabella del raster invece memorizza le informazioni di qualsiasi pixel Struttura vector più flessibile, meno risorse necessarie

Sinergie Raster Vector Al giorno d’oggi è necessario usarli contemporaneamente. IL GIS ne è l’esempio, complematnarità tra raster e vector, arrivare una logica integrata per farli funzionare insieme. Strumenti per gestire queste strutture devono essere compatibili. Logica integrata:-facile passaggio da un formato all’altro-interfaccia utente studiata per rendere intuitivo l’uso di entrambi i formati-strutture omogenee di archiviazione di dati raster e vector-gestione dei dati descrittivi (attributi) usano un database relazionale comune -compatibilità del sistema di georeferenziazione

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REMOTE SENSING Tipicamente i dati geografici vengono rilevati attraverso queste procedure:-utilizzo di cartografia tradizionale-rilevamento diretto sul terreno-rilevamento aero-fotogrammetrico – fotogrammetria aerea, immagini fotografiche stereoscopiche dall’alto. Attraverso la geometria proiettiva si sovrappongono le foto prese per crearne una completa.-Telerilevamento o REMOTE SENSING

Ora si utilizza praticamente solo il GPS con precisioni diverse, quello del mio telefono è meno preciso di quello usato dai geologi o militari.

Il remote sensing (telerilevamento): rilevare da lontano. Supporto imprescindibile nell’emergency management. Impiega degli strumenti (sensori) o su piattaforme satellitari, che restituiscono satellite imagery. Il motore di questo rivelamento è la radiazione elettromagnetica. Il remote sensing è quindi una scienza attraverso la quale io ottengo informazioni quantitative e qualitative sugli oggetti, senza entrare in contatto fisico con oggetto raccolgo informazioni su di esso. Se per esempio c’è un attacco terroristico non posso avvicinarmi e quindi utilizzo il remote sensing. Inondazioni, radiazioni etc. Situazioni in cui non mi posso avvicinare.Questi sensori emettono e ricevano le onde elettromagnetiche, attraverso le quali io posso interpretare le caratteristiche dell’oggetto. È la radianza elettromagnetica che è il motore di questo tipo di rilevazione.I sensori possono essere passivi (infrarossi, microonde): fotografano la superficie terreste, non hanno sorgente propria di radiazione. Misurano radiazione riflessa o emissione termica. I sensori attivi invece hanno una sorgente autonoma di radiazione (radar o lidar), inviano delle curve sinusoidale (ampiezza, lunghezza, frequenza) che viene riflesso dagli oggetti. È l’oscillazione causata dalla variazione del campo a generare l’informazione.

UNOSAT: Prof ci ha fatto vedere un video nella videolezione numero 17.. è una realtà operativa nata nel 2001 in seno all’ONU che collabora con UNOCHA, IASC, NGO principali. Tramite il remote sensing mette a disposizione delle cartografie e immagini utili per la fase decisionale. Importanza di mappare la crisi. UNOSAT prende immagini via satellite e le analizza. Fonti varie, queste immagini vengono mandate al personale sul campo e alle headquarters e crea vari documenti. L’HUMANITARIAN COORDINATOR contatta UNOSAT sulla base dei primi assessment di fase 0. Per esempio: nel caso della crisi in Siria si usano documenti UNOSAT. Nel video si vede una sequenza di immagini satellitari del shelter camp Al Zaatari in Giordania, che cresce in maniera esponenziale. Questa crescita è stata documentata da UNOSAT. Ricorda: gli shelter camp dovrebbero essere temporanei, ma questo campo è divenuto permanente. Questo campo ha avuto un tipo di crescita simile a quella di un nucleo urbano. Importanza di dotare Al Zaatari con strumenti e strutture consone alla sua grandezza e particolarità. Grandi difficoltà nel fare questo. Nelle rappresentazioni del video si usa una struttura vector. Notare la differenza tra zone più disordinate (del 2011-12) e le più recenti più ordinate e distanziate.

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Emergenza flood in Tailandia sempre presente nel video. Importanza dei “layer” nelle cartografie. Kyrgyzstan: rivoluzione del 2010. la prima cosa che accadde fu l’analisi delle immagini satellitari, appena uscirono le prime notizie nei media. Si vedevano i posti di blocco, i posti in fiamme, gente che scrive SOS per strada. UNOSAT prevede anche corsi di training professionali per lavorare con le cartografie e GIS.Einar Bjorgo: Capo di UNOSAT.Cartografie usate nel video per esempio:Striscia di Gaza: density map, concentrazione dei danni agli edifici.Paragoni tra gli anniAltro esempio; attacchi pirati e highjacking in Somalia.

13)SISTEMI ESPERTI E DSS

Expert systems o sistemi esperti offrono un valore aggiunto nella fase decisionale delle EUC. Quali vite salvare? Quali aree geografiche prendere in considerazione?Vi sono due parametri per dividere i sistemi esperti: qualità dei dati trattati e quantità dei dati trattati.

Nel primo filone (qualità) rientrano i sistemi esperti (ES)o KNOWLEDGE BASED SYSTEMS, mentre nel secondo i DSS (decision support systems) ovvero i sistemi di supporto alle decisioni.

Un sistema esperto è dunque un sistema informativo o informatico basato sulla conoscenza quindi è una piattaforma di software che tentano di riprodurre il comportamento di un esperto umano in uno specifico contesto e dominio. Deve essere in grado di giustificare la propria risposta, come un umano. Questi sistemi nascono in campo medico ma ora si sono estesi al campo dell’ingegneria, progettazione etc. Uno dei primi sono stati MYSIN, CENTAUR, ONCOSIN in campo medico. PLANT studiava in campo biologico le malattie in alcune culture, specie negli USA.

Utente esperto: colui che ha una notevole conoscenza. Il sistema esperto tenta di emulare l’utente espero.

Il sistema esperto è dunque un assistente che guida l’utente nel processo decisionale. Giungere alla soluzione del problema attraverso dei processi (domande ad esclusione, per esempio. Il sistema esperto (knowledge based) è dunque qualitativo.

Il sistema esperto (SE) come termine nasce nel 1977 grazie a Edgar Feigenbaum che definisce il sistema esperto come un programma di calcolatore che usa conoscenze e tecniche di ragionamento per risolvere problemi. Il SE deve anche essere in grado di giustificare la propria soluzione. Ha dunque una funzione di presidio del know-how decisionale. Questo diminuisce il margine di errore e apprende dall’esperienza aumentando il suo bagaglio di conoscenza. Attraverso quali tecniche?

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I programmi usati dai SE mettono in atto delle procedure di inferenza adeguate alla risoluzione di problemi. Il SE parte da una premessa e attraverso regole si trova una soluzione basandosi sulla conoscenza. Un SE si avvale delle istanze inferenziali: istanze che generano conoscenza attraverso il ragionamento che portano alla costruzione delle asserzioni motivate. Il termine SE sta sparendo perché si sta trasformando, ma non va confuso con l’intelligenza umana. Il SE non è creativo e dunque non simile all’intelligenza umana. Gestisce anche un enorme numero di dettagli che gli umani non riuscirebbe mai a tenerle tutte insieme. Attraverso la creatività l’uomo può prendere decisioni che vanno al di là del proprio bagaglio culturale o di conoscenze, il SE non lo può fare. I SE sono un’applicazione o una branca dell’intelligenza artificiale.Caratteristiche base di un sistema esperto:-Esistenza di una conoscenza specifica. -Aderenza di un dominio alla realtà. I vincoli del bagaglio di conoscenza del SE deve rappresentare in maniera integra la realtà, sebbene in maniera semplificata.-Capacità di ragionamento -Capacità di interazione con il mondo esterno. L’utente può aggiungere nuove informazioni-Giustificazione delle conclusioni raggiunte

Capacità di ragionamento: i SE sono diversi dai software che usiamo sempre (word, powerpoint, galleria del telefono etc) perché i SE fanno uso di procedure euristiche (trovare, eureka di Archimede) + l’iter procedurale del SE è guidato dalla conoscenza dei dati e non da una procedura prestabilita Euristico: diverso dalle procedure algoritmiche. In un algoritmo viene fissato a uno scopo, e vengono fatti dei passi per arrivarci. La procedura euristica invece cerca basi e fonti per arrivare allo scopo. L’algoritmo è rigido, step rigidi e categorici mentre il metodo euristico è basato sulla conoscenza e analizza tutte le soluzioni possibili per raggiungere lo scopo. L’euristico può per esempio tornare indietro per cercare nuove alternative.I sistemi euristici sono più umani, ma anche più rischiosi, non c’è il rigore rigido dell’algoritmo. Perché quindi scegliere un sistema esperto e non un algoritmo? C’è dinamica nella conoscenza del SE. Per aumentare la conoscenza di un sistema algoritmico invece dovrei totalmente riscrivere il software mentre un SE può essere aumentato e migliorato. Maggiore flessibilità, riutilizzabilità. Il cuore quindi del sistema esperto è la base di conoscenza a cui si applicano una serie di procedure euristiche.Quindi: 3 sezioni principali dei SE (grazie alle quali si seguono i passaggi logici necessari per il funzionamento corretto del SE):- Una base di conoscenza (è qui che sono archiviate le regole deduttive +

procedure)- Motore inferenziale (caratterizzato da procedure euristiche)- Un’interfaccia utente attraverso il quale il soggetto umano interagisce con il

programma.

IL DSS invece è un software di supporto alle decisioni. La sua funzione principale è estrarre in poco tempo e in modo versatile informazioni utili per il processo decisionale da una rilevante quantità di dati

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AL GIORNO D’OGGI DISTINGUERE DSS E SE è NON CONSUETO. AL MOMENTO SI ASSISTE A UN’IBRIDAZIONE TRA QUESTI DUE STRUMENTI. AL GIORNO D’OGGI GLI APPLICATIVI DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE DISPONIBILI SONO CONTEMPORANEAMENTE SE E DSS, SIA QUANTITATIVI CHE QUALITATIVI. Quindi vi sono obiettivi analoghi e concordati nel processo logico, entrambi i sistemi usano modelli di simulazione e valutano l’impatto su differenti elementi critici.

I GIS ha rappresentato un’ibridazione tra DSS e ES meglio di tutte le altre applicazioni. Nei GIS questi due strumenti esistono contemporaneamente e estraggono informazioni utili dalla mole di dati. I GIS è quindi un supporto efficace nella fase decisionale. Ibridazione perfetta. Si dice i gis (plurale) perché vi sono vari approcci al GIS. Vedremo nella prossima lezione.

14) INTRODUZIONE AL GIS

Excursus storico del GIS: fine anni 50 si iniziano a sviluppare i primi progetti di cartografia digitale nella Washington University ma il gis nasce nel 1962 in Canada grazie allo spartan air services in Ontario promuove e commissiona il “canada land inventory”: un progetto per memorizzare su un nastro magnetico tutte le informazioni geografiche note per il territorio canadese. Questo progetto è stato sviluppato fino al 1994, alcune di queste cartografie sono ancora consultabile. Lo sviluppatore era Roger Tomlinson. Non è proprio il padre del gis ma è stato un pionere della cartografia digitalizzata. Tomlinson idea per primo un sistema di cartografia digitale per evitare le difficoltà di quella tradizionale (calcoli, disegni a mano). Tomlinson a na certa abbandona l’idea ma vi ritorna nel 1964 grazie al supporto dell’IBM riesce a creare un prototipo di GIS, il termine GIS viene usato per la prima volta nel 1968 da Tomlinson.Tomlinson non è l’unico protagonista del gis ma anche Taylor Fischer (Harvard), sviluppa ad Harvard SCI MAP un tipo di gis e parla di Coputer aided cartography (CAD). il gis inizia ad essere sviluppato per progetti spaziali quindi soprattutto negli anni 70. Negli anni 70 nasce anche il database relazionale grade ad Edward Code, con l’astrazione logica e l’importanza non dei dati ma delle relazioni. Nasce l’informatica contemporanea. Il GIS è uno dei primi sistemi che usa il database relazionale. I due sono concatenati.Correlazione geometrica tra gli oggetti (topologia), aiuta lo sviluppo del GIS. GIS utilizza sia la struttura vector che quella cellulare.Negli stati uniti iniziano negli anni 80 a utilizzare il GIS per un’indagine statistico e demografica. All’inizio degli anni 70 nasce l’azienda che commercializza l’app GIS più diffusa a livello mondiale (almeno fino al 2010).Nell’82 nasce ARC INFO che poi diventa ARC GIS. Il primo GIS open source è GRASS (1991). Questo è un gis estremamente complesso.Dai GRASS nasce Quantum- GS, più user friendly, uno strumento abbastanza utile e interessante.

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La cartografia digitale ora ci consente di descrivere le caratteristiche degli oggetti ma anche i fenomeni e le loro correlazioni.

Il GIS è usato sia nella pianificazione delle EUC, ma è usato anche da aziende commerciali tipo Zara, H&M… tengono conto dei loro stock, le loro merci. Due estremi che usano lo stesso strumento. Geo-marketing, urbanistica, sistema di trasporti, lotti catastali, beni archeologici, telecomunicazione… tanti cambi che usano il GIS.

Ad oggi il GIS ha similitudini con il sistema CAD (il gis nasce in seno al CAD ma poi si stacca)

Quali sono le differenze tra sistema CAD e GIS?

Nel GIS vi è una profonda interoperabilità tra la componente spaziale di un dato e la sua componente non spaziale. Il GIS ha dunque bisogno di un DBMS, il CAD no.Il CAD è molto più preciso però il GIS è maggiore per estensione. Nel gis io lavoro sul territorio, nel CAD su un foglio solo informatico.

Il CAD fa uso della struttura vector, nel GIS la componente spaziale viene diffusa anche con la struttura raster

Nei CAD tradizionali non vi sono i DATUM (sistemi di riferimento) nel GIS invece sì (trasposizione del suolo topografico sulla superficie ellissoidica).

Quali e quante risorse ho?Come sono distribuite queste risorse?Come posso utilizzare/allocare queste risorse sul territorio?Il GIS per essere tale deve rispondere a queste domande in toto. Il gis è contemporaneamente un sistema e uno strumento. Come sistema è una connessione di elementi che permette di archiviare e interrogare le entità spaziali presenti sul territorio, analizzandone i fenomeni. Vi è anche una fenomenologia dinamica, posso analizzare i fenomeni insieme per analizzare funzionamenti culturali, economici, relativi.

IL GIS NON è UN SOFTWARE MA è UNA PIATTAFORMA INFORMATICA COMPLESSA.

NON SBAGLIARE MAI: è UN SISTEMA INFORMATIVO GEOGRAFICO, MAI INFORMATICO

Un GIS può essere definito sotto 3 punti di vista:

-Approccio strumentale: un insieme organizzato di strumenti per raccogliere, archiviare e rappresentare i dati spaziali

-Approccio dell’archiviazione dei dati: il GIS è un gestore di un GEO-DBMS. Attraverso ciò posso interrogare le realtà spaziali o non esistenti nel suo database (può esserci anche roba non geografica)

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-Approccio organizzativo: un insieme automatizzato di funzione che fornisce un supporto in fase decisionale ai professionisti (per esempio HCT humanitarian country team).

Il gis è ad oggi lo strumento principale di archiviazione e diffusione dei dati geografici. Permette analisi geografiche DINAMICHE.

Direttiva INSPIRE: è una direttiva europea attiva oggi. È in vigore dal 15 maggio del 2007 ed è stata sperimentata fino al 2009, fase di implementazione fino al 2019 ad oggi al 2020 è il primo anno dell’effettiva applicazione della direttiva. Qualche paese, tra cui il nostro, ha finito l’implementazione prima. L’Emilia-Romagna ha lavorato benissimo su questa direttiva. Il nome inspire ci definisce i dati territoriali. L’obiettivo è la diffusione dei dati territoriali compatibile e gestire l’informazione geografica in maniera condivisa da tutti i paesi membri.Si basa sulle infrastrutture dei dati territoriale di ogni paese membro.Garantire le politiche ambientali comunitarie ma anche tutte le attività che possono avere ripercussioni dirette o indirette l’ambiente.Diffusione dei dati spaziali attraverso la retePermettere l’utilizzo di questi dati in molti modi (download, visualizzazione, editing) omogenei tra gli stati. Inspire sta per INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe

Ogni stato membro deve applicarsi per rendere possibile il lavoro seguendo la direttiva. Fornire piattaforme, assicurare un flusso di dati continuo. Tutto questo nasce dal protocollo di Parigi o il vecchio protocollo di KYOTO.Se vi è una conoscenza dei dati territoriali si è sostenibili. Il GIS quindi è importante anche per l’Europa. La produzione di cartografia è solo un output finale, dopo vari iterprocedurali più complessi.

Negli anni 80 gli scienziati erano sospettosi e odiavano i GIS. A partire però dal 2005 si cambia aria.

Qual è la differenza tra GIS e SIT (differenza solo italiana)SIT: sistema informativo territoriale, era la traduzione di GIS ma questo è un errore. SIT non è uguale a GIS. Il GIS è la tecnologia, la piattaforma mentre il SIT è un prodotto finale del GIS. Ad esempio avrò un SIT per l’area di Pompeii, si basa su tecnologia GIS ma si chiama SIT. I SIT sono rappresentati da sistemi di gestione di dati territoriali. Esiste un SIT per i beni ambientali, per la gestione dei piani territoriali paesistici. Nel Lazio SIT per PTPR.

Componenti del GIS: leggere, non studiare.

Il GIS è sia strumento (insieme di strumenti per porre in essere delle analisi geografiche, dinamiche e complesse) che sistema (offre la possibilità di visualizzare fenomeni statici o dinamici)

Criterio generale di strutturazione di una piattaforma basata su un applicativo GIS:

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1) Modularità- un GIS è strutturato in componenti, moduli indipendenti ma devono essere tra loro integrati. Normalmente i moduli base sono 3: prodotti general purpose (editing topologico grafico), moduli data server (gestione della base dati), prodotti viewer (funzioni evolute per la consulatzione e la visualizzazione dei dati stessi). La modularità viene mantenuta ma ultimamente nelle ultime release si sta cercando di unificare questi moduli.

2) Compatibilità: possibilità di connessione ad altre tipologie di software e tutte le altre realtà tecnologiche. Ad esempio compatibilità con windows.

3) Integrabilità: sa gestire dati vector, raster ma anche non spaziali

4) Gestione integrata con i DBMRS: integrare al proprio interno altri tipi di database

quindi non solo RELAZIONALI ma anche reticolari o i BIG DATA.

3 approcci per capire cosa FA effettivamente un GIS:

Approccio di geovisualizzazione: il gis permette all’utente di vedere rappresentazioni geografiche complete e complesse. Gli elementi si chiamano FEATURE)

Approccio dei geodati: il gis è un database spaziale e quindi contiene al proprio interno dei dataset che rappresentano l’informazione geografica in termini di modello dati generico e gestisce elementi vettoriali (feature) e immagini raster.

Approccio del geoprocessing: il gis è un insieme di strumenti che mi aiutano a compiere l’analisi geografica e l’elaborazione dell’informazione. Partono dai data set ma attraverso procedure analitiche creano nuovi data set.

Il GIS in pratica è in grado di rappresentare collegamenti geografici (relazioni spaziali) logici.

Per fare questo il GIS memorizza i dati spaziali attraverso i layer (strati) informativi. Tramite questi layer si pongono in essere le relazioni tra i dati spaziali. Grazie al concetto di layer (presente anche in photoshop, per dire) nasce con Tomlinson, grazie a questo concetto si introduce un protocollo per collezionare la rappresentazione dei vari tematismi (collezioni omogenee di dati geografici). Ogni tematismo (ogni layer) può essere rappresentato e manipolato come un set indipendente di informazioni che ha una sua rappresentazione autonoma. Ogni layer ha una sua georeferenziazione quindi può essere introdotto su di una cartografia. Il tematismo è caratterizzato quindi dall’uniformità di informazione. Esempio un tematismo per le altezze del territorio, una per le strade, idrografia etc.

LAYERS: strati che rappresentano vari livelli che permettono di rappresentare i vari tematismi.

Il prof ci ha mostrato delle cartografie sul COVID19 sul continente africano. Prodotto dall’Africa Center for Strategic Studies. Mappatura dei fattori di rischio sulla diffusione del COVID-19.

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https://africacenter.org/spotlight/mapping-risk-factors-spread-covid-19-africa/

Rapporto urbanizzazione-contagio Africa ha il minor numero di incidenza ma ha anche il sistema sanitario peggioreTrasparenza dei governi (mancanza di informazione)Età media della popolazione Conflitti esistenti Popolazioni affette da displacementIn fondo c’è un chart dei fattori di rischio, per capire quali di questi paesi ha un’esposizione maggiore.

Dashboard anche a livello globale, ma in mancanza di dati integri i mezzi che abbiamo rimangono fini a se stessi. C’è un dibattito persino in Italia sul trattamento dei dati sul COVID-19 soprattutto dei decessi. I dati DEVONO essere integri. Quindi le modalità di raccolta e aggregazione dei dati devono essere le stesse per ogni paese. Devono essere confrontabili e questo non avviene. Modalità di raccolta dati relativa ai decessi non è integra. Si fa distinzione tra chi muore PER coronavirus e chi muore CON il coronavirus. I morti nelle RSA, in ospedale, in casa. I decessi sottoposti ad autopsia quanti sono? Sotto il profilo informativo non vi è confrontabilità e quindi non è integra. L’italia non può essere confrontata tra Italia e Germania, o Europa e Cina. L’OMS sta mettendo in guardia sull’importanza dell’informazione. È un’emergenza ancora in corso.

15) GEOREFERENZIAZIONE E GEO-DBMS

La georeferenziazione nei GIS è indispensabile. Attribuire coordinate corrette ad ogni oggetto e fenomeno presente sulla superficie ellissoidica. Determinare matematicamente la posizione di un’entità geografica all’interno del sistema di riferimento elissoidica.Horizontal datum + vertical datum. Georeferenziare ha come oggetto un dato territoriale. Attribuire a questo dato l’informazione sulla sua dislocazione geografica, questa posizione è espressa all’interno di un particolare sistema geodetico di riferimento (ellissoide). Bisogna quindi conoscere il sistema di riferimento adottato (per esempio ellissoidico o locale, dipende dalla viewport). Tentare di ridurre gli errori di rappresentazione. I sistemi di riferimento sono validi mentre sto operando.La georeferenziazione invece ha come riferimento l’ellissoide quindi avvicinarsi il più possibile al reale, mantenere integre le informazioni dei dati territoriali in relazione a tutti gli altri i dati territoriali. La georeferenziazione può essere fatta in maniera diretta (GPS) o rilievi fatti tenendo conto delle coordinate di un territorio o indiretta (costruendo relazioni biunivoche tra determinati punti nella cartografia e la loro posizione nel sistema di riferimento. Questi punti si chiamano GCP – ground control point).

Il processo di geocodifica trasporta i dati in cartografia attraverso una relazione matematica. La georeferenziazione è la prima cosa che si fa nel LAB GIS, sono quindi i dati di base altrimenti si rischia di fare errori. Se non è georiferito, prenderà come sistema

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di riferimento i pixel del mio computer, sistema di coordinate locali, una volta spento il pc sparirà. La georeferenziazione invece li mette nel mondo reale. Oggi la maggior parte dei dati è già geo riferito grazie a strumenti quali il GPS o il telerilevamento. I dati mostrano una struttura raster (pixel) che usano i GCP per stabilire la dislocazione geografica. Bisogna rispettare i vincoli di massima copertura e massima omogeneità. La maggior parte dei dati non geocodificati sono dati raster.

Vi sono 4 fasi per la georeferenziazione tramite GCP, compiute in manuale (prime due) maniera automatica (terza e quarta):-definizione del sistema geodetico, ellissoidico e del rispettivo datum-identificazione (scelta) dei ground control point sia sulla fonte di riferimento già georiferita e il dato raster-utilizzo di una funzione di mappatura che genera una ortorettificazione che costruisce la relazione tra coordinate raster e le coordinate terreno (basate sul sistema di riferimento ellissoidco)-ricampionamento del raster in un raster georiferito. Generalmente la geocodifica causa una deformazione richiede un warp, distorsione, per riportare l’immagine come prima.

Queste due ultime fasi vengono fatte attraverso procedure algoritmiche.

I GCP devono essere identificabili e non variabili nel tempo (soggetti a mutazioni). La linea di costa ad esempio non è consono: maree, rientranza delle coste. Bisogna produrre cartografie che possono durare nel tempo. I campi agricoli sono inutili, i propri angoli e vertici. L’agricoltore può cambiarli.Invece un buon punto di riferimento può essere un edificio storico: Notre Dame, Il Duomo di Milano. L’edificio è tutelato a livello legistlativo e in caso di terremoto verrà ricostruito lì dove sta. I GCP quindi possono essere individuati negli edifici storici.Requisiti per i GCP:Massima omogeneità di distribuzioneMassima copertura dell’area di interesse Questi due requisiti vengono presi in considerazione i 4 punti della cartografia. Riguarda la lezione numero 19, non chiaro, molte informazioni informatiche.

DATABASE GEOGRAFICOTroviamo 3 tipologie di datiSemantici – dati che servono per descrivere la componente non spaziale dell’informazioneSpaziali – per definire posizione, dimensione, forme, strutture e interazioni e relazioni rappresentati tramite il modello raster o vector Metadati – dati che descrivono altri dati

16) GIS e GEODBMS

Il GIS non è un software ma una piattaforma digitale complessa

Il database geografico è caratterizzato da 4 elementi contenuti al suo internoTroviamo 3 tipologie di dati + transazioni

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3 tipologie di dati Semantici e statistici– costituiscono gli attributi alfanumerici e descrivono qualitativamente i dati spaziali. dati che servono per descrivere qualitativamente la componente non spaziale dell’informazioneSpaziali – sono sempre geometrici (forma) e possono diventare geografici (posizione)per definire posizione, dimensione, forme, strutture e interazioni e relazioni tra il dato e il sistema di riferimento ellissoidco. Sono rappresentati tramite il sistema di codifica raster o vector. Può avere due strutture quindi: la struttura vector o cellulare (raster)Metadati – fondamentali nei database. Comunemente definito come un dato su un altro dato. è un dataset, un insieme di dati, un set di elementi strutturati. Metainformazione = serie di informazioni che descirvono i dati geografici (nel caso del DBMS). La metainformazione è quindi una sorta di catalogo delle caratteristiche e proprietà dei dati stessi. Tipicamente nella metainformaionze geografica un esempio sarebbe: il nome del dato, l’estensione terretoriale, breve definizione del dato stesso, data di pubblicazione del dato etc. La metainformazione rende efficiente e efficace il lavoro sui dati stessi.Transazioni: Operazioni che sono presenti sui dati, operazioni che posso effettuare

Tipicamente abbiamo 3 macrotipologie di metadati (sia geografici che altri tipi di metadati):Descrittivi – sono costituiti da informazioni relative alla risorse e all’identificazione del dato (titolo, autore)Amministrativi – gestione delle fonti informative (data di creazione o versione del dato per esempio) necessari per la corretta gestione del dato Strutturali- struttura interna del dato e le relazioni tra i vari elementi

I metadati ci danno la possibilità di posizionare un dataset in un contesto più ampio. In assenza di metadati i dataset sono insiemi di dati senza criterio di ordine. I metadati aiutano i sistemi di archiviazione a gestire i dati, correlandoli logicamente. Senza i metadati i dataset avrebbero un valore informatico ma non informativo dunque non sarebbero utili.

Il termine metadata è stato introdotto negli USA dalla FGDC (che è anche definito uno standard per la costruzione e gestione delle banche dati) ma poi nascono moltissimi standard, questa proliferazione è sia positiva che negativa, non vi sono procedure omogenee dunque e assenze di linee generali condivise in alcune aree geografiche. Occorrerebbe una standardizzazione per rendere efficiente e efficace il ruolo dei metadata. È importante il rapido e agile repertimento, quindi estrapolare informazioni facilmente dai dati grezzi. Servono criteri per fare questo.

Vari standard Standard: Metadata Reference (deriva dalla direttiva inspire, per i dati geografico online)Direttiva Inspire: riconosce l’importanza dei metadati nel suo contesto di sostenibilità ambientale. Introduce anche uno standard per il metadato geografico online, Metadata reference e obbligatoriamente un dato deve avere queste 4 informazioni (altrimenti non sarebbe integro):Data di creazioneData dell’ultima validazione del metadatoData dell’ultimo aggiornamentoLingua con il quale il metadato è stato redatto.

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Esistono numerosi altri standard per i metadata geografici a livello globale

A livello europeo lo standard adottato per le regole tecniche di riferimento sui metadati sono date dalla direttiva INSPIRE, direttiva che ha come obiettivo il rendere omogeneo tutte le informazioni georeferenziate di carattere ambientale e gli iter procedurali per i metadati geografici. In Italia lo standard di riferimento per i metadata geografici è il dpcm del 10.11.2011 dove fu definito lo standard per i metadati geografici. Questo dpcm reperisce la direttiva INSPIRE. L’agenzia per l’Italia digitale è chi gestisce i metadati in Italia, in più elencano i requisiiti obbligatori per la gestione e la costruzione dei metadati.

A livello internazionale vi sono differenti standard per i geometadatiOpen GIS consorcium Content Standard for Digital Geospacial MetadataDublin CoreISO standard 19/139 da dove nasce il formato xml. MetadataLo standard usato dalla ESRI è uno standard diverso: ARC GIS metadata format Nella standard metadata reference è stato incluso anche parte dello standard americano FGTC e anche parte dello standard ISOTC 2-1-1

A livello ONU nasce la UN DATA REVOLUTION. Dal 2000 nasce un dibattito sull’importanza dei dati e l’informazione, la FAO partecipa e elenca i 3 benefici dei metadati:1. Senza metadati la durata di un dataset potrebbe essere troppo breve2. Gli autori (originators) stessi dei dati traggono beneficio dai metadati, trovano

informazioni e dati integri da analizzare e raccogliere mentre lavorano su altri dati

3. I metadati prevengono i problemi che possono verificarsi sui progetti di lungo periodo, per esempio: aggiornamenti informatici, personale che cambia nel tempo.

Open data: quando un’informazione è open?Secondo il progetto Open Knowledge Source Code l’informazione è open solo quando chiunque sia libero di accedervi, utilizzarla e condividerla e ha come uniche limitazioni l’obbligo di porre in essere misure relative al mantenimento dei dati, della loro provenienza e la loro apertura. Quindi vi è una differenza tra open data e open source. Sono due fenomeni diversi nonostante alcune similitudine. Open source: quando un software che ammette modifiche da parte di programmatori esterni, non solo gli autori Open data: concetto su cui si sviluppa un intero dataset, la definizione si sofferma sui 3 aspetti base 1) disponibilità e accesso 2) riutilizzo e distribuzione 3) partecipazione universale. Questo non succede nell’open source. Negli open data vi è interoperabilità. Combinare differenti base dati. Se un dato rispetta questi tre parametri si potrà comprararli con i dati di un altro set e quindi ampliare l’informazione.

Il DBGEO rappresenta il contenitore/gestore delle informazioni geografiche. Si configura attraverso un modello dei dati, una struttura dei dati e un formato fisico dei dati.

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Un DBGEO deve avere le capacità e potenzialità di rappresentare 4 cose:-i livelli (layer) anche detti strati informativi, attraverso i quali i GIS organizza i dati secondo criteri di uniformità di informazione -la geometria degli oggetti (forme e dimensioni reali)-gli attributi (ovvero insieme di informazioni alfanumeriche che caratterizzano i singoli oggetti reali-la topologia

DBGeo: database geografico ovvero un archivio di dati geografici spaziali e non , logicamente correlati. Il Database geografico è prima di tutto un DBR.Questo è corrispondente alle regole già studiate sui DB e DBMS.L’informazione geografica è sempre associata all’informazione alfanumerica, non solo spaziale. Senza informazione alfanumerica il GIS sarebbe inutile.

Il geoDBMS estende il linguaggio di interrogazione in modo da rappresentare operazioni di selezione basate su relazioni spaziali tra le diverse entità. Quali sono queste estensioni rispetto al DBMS tipico? Un DBMS non può essere GEODBMS se non possiede queste caratteristiche.GeoDbms: possiede dei tipi predefiniti di dati spaziali (SDT- spatial data types), agli SDT è associato un linguaggio di interrogazione adeguato che li possa manipolare. Gli SDT sono strutture (punti, linee etc) che forniscono le basi per la modellazione della struttura delle entità geometriche che rappresenteranno le entità reali. Questi SDT ci indicano anche le basi per definire le relazioni tra gli oggetti (per esempio A interseca B oppure A è più grande di B di tot) e le operazioni che l’utente può eseguire sui dati stessi

L’implementazione degli SDT è possibile grazie al sistema di indicizzazione spaziale. Il dmbs fornisce questo sistema, associato ad algoritmi efficaci per le operazioni di join spaziale:1)indice spaziale: sistema attraverso il quale si ottimizza la ricerca di un oggetto nello spazio GIS. Senza questo indice dovrei scannerizzare tutta l’area del GIS per trovare un oggetto, l’indice spaziale invece ottimizza la ricerca. 2)join spaziale: operazione di associazione, di correlazione tra le tabelle di due piani informativi con relazione basata sulle relazioni spaziali esistenti tra gli oggetti geometrici. Per esempio, effettuare una join tra una tabella di punti e una di poligoni. Attraverso la join spaziale posso porre in essere la geometria topologica: particolare tipo di geometria, geometria topologica.

Qual è lo standard per i geoDBMS? È il SFA (simple feature access) basato sul modello SFS for SQL . Il SFA prevede che gli insiemi di elementi spaziali siano memorizzati nel geoDBMS come tabelle di un database relazionale, dove ciascun oggetto spaziale (feature) determina una tupla, le colonne ospitano i valori della geometria dell’elemento (attributi). Una tabella chiamata in questo modo viene chiamata Feature Table.

Valgono quindi le regole precedentemente studiate per i database relazionale. Il geoDBMS è un database relazionale. L’informazione geografica si basa sull’informativa alfanumerica degli attributi.

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Nel geoDBMS vi sono capacità estese per gestire i dati spaziali e geografici.Queste capacità estese le trovo in uno standard, questo standard è il SFA (standard feature access)+ il modello standard SFS(pecification) for SQL Lo standard fornisce un sistema di indicizzazione spaziale: questo sistema serve a costruire un indice, che rende più efficiente la gestione dello spazio GIS. L’indice spaziale permette di cercare gli oggetti nel viewport in maniera efficiente, senza scannerizzare tutta la superficie disponibile.Al sistema di indice spaziale è correlato un join spaziale ovvero una correlazione tra due o più tabelle (relazione interrelazionale). La correlazione tra queste due tabelle avviene attraverso la correlazione geografica spaziale tra le feature a cui corrisponde una tupla. Se esiste la geometria topologica esiste quindi anche la correlazione tra tabelle. Lo standard dice che a una tupla corrisponde una sola feature.

Le tabelle organizzate secondo il modello SFS for SQL vengono chiamate feature table.

Nel GEODBMS gli attributi non spaziali delle realtà geometriche sono nelle colonne Per gli attributi spaziali relativi all’informazione abbiamo dei nuovi tipo di dati SDT per il modello SQL.

Cosa sono gli SDT?

Nella classe geometrica semplice vi sono classi che poi si specializzano in sottoclassi più elevate:

Point- adimensionale, che descrive una singola posizione. Per aggregazione tanti punti formano la classe “multi point” quindi un insieme di posizioni a cui corrisponde un’unica tupla.Curve – si specializza in una sottoclasse che si chiama polilinea: minimo di due punti connessi. La linea spezzata sarebbe. Ogni segmento viene chiamata linea. La linea quindi è secondaria. Più linee costituiscono la polilinea multiparte a cui sono associate sempre solo una tupla. Linear ring: una polilinea chiusa, il punto di inizio e di fine sono lo stesso. Il gis lavora per linee rette non curve, le rotatorie sono in realtà piccole rette unite.Surface – si specializza in un poligono, descrive un’area. Geometry collection (geometrie complesse)

Lo standard associa poi un modo di rappresentazione di ognuna di queste classi e gli operatori attraverso i quali si porta avanti l’analisi spaziale. Quindi attraverso lo standard è permessa la Geoelaborazione.

Nomenclature del gis:dataset: insieme organizzato di dati correlati che hanno un tema comune e con lo stesso riferimento spaziale ossia che hanno lo stesso sistema di coordinatefeature: rappresentazione di un oggetto del mondo reale all’interno del mondo gis. La feature è un elemento di tipo geometrico vettoriale. Feature class: un insieme di dati geografici che costituiscono una collezione di elementi geometrici. Questa collezione per essere omogenea deve avere al suo

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interno lo stesso sistema di riferimento geografico, stesso datum e stessa geometria. O sole tutte linee, o soli poligoni o soli punti, per esempio. O anche una feature multipoints.Annotazione: informazione alfanumerica che porta con sé l’informazione di georeferenziazione. Feature table: la tabella in un geoDB, gestite con l’SQL Table view: rappresentazione della tabella

Principali formati usati nel GIS:quali sono le differenze tra formato e modello/struttura di dati?Il formato non è il modello vector o rasterIl formato sono le modalità fisiche utilizzate per codificare i dati affinché essi possano essere inseriti nel database. Il formato di un file spiega come fa ad essere archiviato all’interno di un database. Il modello invece ci dice la struttura di creazione del dato. Il modello di dati precede il formato.Dalla struttura raster che è l’utilizzo dei pixel in una matrice ortogonale, vi sono tantissimi formati: .jpeg, pdf… tutti questi hanno una struttura raster.

Nel GIS il formato COVERAGE ha fatto la storia ma oggi non si usa più (non è più supportato dai nuovi GIS). È un modello di dati di tipo georelazionale, è un formato vettoriale, attraverso il quale posso archiviare posizione forma e relazioni topologiche.La coverage è un contenitore, un insieme di file tutti tra loro relazionati. Può contenere una o più feature classes e supporta e archivia l’informazione topologica. Organizza i suoi dati in un dataset attraverso due directory: una porta lo stesso nome del file e il secondo prende il nome di info Tic: punto di registrazione per una coverage.

Sequence number: codice identificativo univoco er mantere il link tra i feature e l’attributo. Questo sequence number viene archiviato due volte.

Ad oggi il formato più diffuso del GIS è SHAPEFILEShapefile è un formato vettoriale non topologico che registra le entità geometriche e le informazioni a loro associate. REGISTRA SOLO I DATI GEOMETRICI PRIMITIVI, non registra la topologia a differenza della coverage. Devono essere presenti minimo 3 tipi di file con 3 diverse estensioni.dbf (tabella per la.shp (conserva la geometria dell’elemento grafico).shx (lista degli indici spaziali).prj (questo è il file che memorizza le informazioni della georeferenziazione).Lo shapefile non potendo archiviare la topologia è pura geometria e produzione tabellare.

Formato ESRI geodatabaseIl geodatabase è anche un formato (non un modello), espresso come .gdb è un formato contenitore che costituisce un sistema integrato. Il formato geodatabase diventa esso stesso database geografico (?) Questo formato è utilizzato solo dalla

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ESRI. Quindi solo il GIS della esri usa il formato geodatabase. Lavora come un vero e proprio geodatabase relazionale. Può memorizzare Vengono introdotti i sottotipi come strumento attraverso il .gdb permette di associare dei valori ad un oggetto. Si riducono i tempi di editing e i rischi di commettere gli errori. Il sottotipo è un insieme di oggetti raggruppati da un attributi con specifici domini e specifiche regole topologiche. Quando inserisco un nuovo dato la il .gdb mi propone vari sottotipi tra cui scegliere. A questi sottotipi (altamente personalizzabili) vengono associate delle regole. Se io sono vincolato nella scelta, evito la ridondanza e l’errore. Se per esempio io devo vedere le zone a rischio frana per quanto riguarda le strade, il sottotipo mi permetterà di creare una nomenclatura di scala da “low” a high risk. Altro esempio catalogare water point in base al loro utilizzo. Un altro elemento messo a disposizione sono le relationship class, un modello per creare relazioni tra le feature sintetizzando le relazioni nel mondo reale. Se aggiorno un feature che è in relazione con un’altra l’altra si aggiorna in automatico. Manipolare e consultare insieme i dati relazionati. Memorizzo i nomi della classe di origine e di quella di relazione.(riguarda video lezione, un’ora e 23). Le relationship classe possono essere peer to peerO parent to child (composita) – una controlla l’altra, se cancello un dato cancello anche quelli ad esso correlati.La relationship class è quindi fattore di integrità referenziale.

Geometric network (sempre formato esri database): sono costituite grazie all’attività di tracing, utile per analizzare i flussi. Sono costituite da una serie di linee e di punti interconnessi tra di loro. Soddisfa il bisogno del tracciamento. Utili per le reti idriche, elettriche, del gas tutte queste strutture sono gestite attraverso la geometric network.

Il formato geodatabase è quindi pieno di potenzialità. È un formato che però è in parte object oriented, quindi consente di lavorare sugli oggetti come autonomi e indipendenti.

A livello globale il GIS è una piattaforma che riesce a gestire il maggior numero di formati file differenti e interdisciplinari. Il GIS ha una grandissima interoperabilità.

17) GIS E TOPOLOGIA

Il gis riesce a gestire contemporaneamete sia la struttura vector che quella raster, anche se preserva maggiori potenzialità sui dati vettoriali (storicamente più tipici nel GIS).

Gli attributi grafici sono molto importanti nel GIS. Per esempio: punti potrebbero rappresentare dei pozzi, più grande è il punto più è alta la disponibilità di acqua, il colore del punto può essere associato alla destinazine d’uso dell’acqua. Questo si può fare anche attraverso feature lineari o poligonali.

Ad ogni feature (puntuale, lineare, poligonale) è associata una sola tupla (riga) nella tabella di riferimento.

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TopologiaNegli anni 70 viene introdotto il sistema di tipo topologico nel GIS + nascita del database relazionale (Edgar Codd)Topologia: disciplina matematicaNel gis la topologia viene utilizzata per gestire le relazioni tra i dati spaziali e dati non spaziali (semantici)Come la topologia diviene utile? Per esempio, ho due poligoni (due superfici areali che possono essere qualsiasi cosa, due comuni) divisi da una linea perfettamente adiacente, tra i due poligoni non vi è sovrapposizione né spazi vuoti. Non è necessariamente vero che questa linea sia realmente adiacente nel momento della raccolta dei dati sui due poligoni. Per esempio, prendo le misure su un vertice che condividono i due poligoni ma in un primo momento lo misuro relativamente al poligono A e in un secondo momento relativamente al poligono B. L’adiacenza numerica potrebbe non risultare in seguito a un’analisi numerica successiva. Rilevazioni fatte in anni diversi? Può succedere. Il confine potrebbe non verificarsi dopo la rilevazione matematica fatta da enti diversi in anni diversi. L’incoerenza tra queste due aree può determinare risultati fortemente contradditori e errori rilevanti. Anche nel caso di un’incoerenza piccola, questo rimanda alla cartografia tradizionale dove poteva esservi un errore a seconda dello spessore della penna usata. A livello informatico però questo errore non è concepibile. Guarda la videolezione 22 per l’esempio del pozzo del professore. Se vi fosse un pozzo sulla linea del confine tra A e B (e A e B fossero dei paesi con differenti livelli di accesso all’acqua) si potrebbero verificare delle conseguenze, se si fa uno zoom si noterà come il confine di A non coincide con il confine di B, nasce una “terra di nessuno”, e quindi potrebbe causare violenze, tensioni per assenza di autorità governative. Si possono creare zone di interesse di nessuno e contese. Importanza di semplificare i confini, eliminare i vertici per creare delle linee dritte. Questa semplificazione si può fare finché è concesso a livello topologico, esempio del video. Da 3 poligoni passo a tre triangoli o poligoni, quando arrivo a delle forme semplici a na certa non posso più andare avanti. Due linee devono per forza convergere in un punto e non devono essere ridondanti. Nel video vedo i 3 passaggi, ho eliminato vertici quindi modificato il livello geografico ma non ho cambiato la struttura del mio territorio. A forza di fare questo elimino gli errori che mi causavano dei problemi prima e le incongruenze che abbiamo visto nell’esempio di prima.La topologia cerca quindi di prevenire le incongruenze.

Una struttura dati quando diviene topologica riesce a determinare esattamente come e dove si connettono i punti e le linee attraverso le congiunzioni topologiche (nodi). Le geometria topologica non ha bisogno di geometrie metriche.Nella pratica quindi la topologia è uno strumento matematico e ha un dataset di regole e istruzioni che il GIS usa per stabilire i rapporti tra gli elementi strutturali vettoriali. La topologia gestisce i dati vector ma ora vi è anche un’implementazione dei dati raster.

La topologia è impiegata per Vincolare e gestire geometrie coincidentiDefinire le regole di integrità dei datiSupportare query relazionali sulla topologia delle features

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Supportare sofisticati strumenti di editingCostruire features da geometrie non strutturate (ad esempio poligone da linee).

Gli errori che la topologia riesce ad evitare:Intersezione fittizia tra due linee Intersezione fittizia tra due poligoniOrigine di un falso poligono (esempio del pozzo)Nodo “dangling”- nodo ballerino

Esistono 3 tipi di modelli topologici:-arconodo -poligonoarco-sinistra destra (rapporti di contiguità)

Primitive topologiche:NodoArcoArco direzionaleAnelloFacePoliedro

Relazioni topologiche:insideConnectedDisjoint fromOverlaps Borders

Regole della topologia:Le linee devono convergere in un punto, questo punto si chiama NODOLe linee che dividono aree non sono duplicabili (non sono ridondanti) la linea che divide due aree si chiama ARCOLe aree si chiamano FACE. Ogni è un poligono è quindi una face chiusa ed è formato da archi e nodi.Da “arco” nasce il nome dell’ARC GIS. Grande importanza degli archi.

La topologia mantiene l’integrità delle relazioni spaziali tra le features tra cui:Connettività: collegamento tra i diversi oggetti di una carta geografica. È grazie a questo che posso vedere il percorso più veloce per arrivare in aeroportoAdiacenza: quali oggetti sono vicini a quali oggetti. Poligoni adiacenti ad altri poligoni, utile per quando costruisco un campo profughi, è vicino ad elementi di pericolo?IntersezioneLa differenza di quota – misurata sul geoide, differenza di altezza geoidica.Il contenimento -quali oggetti sono all’interno di una aereaLa posizione relativa – la posizione di un oggetto rispetto ad un altro oggetto, referenziazione lineare

Queste 6 cose sono le principali proprietà geometriche e le relazioni spaziali che esistono nel mondo reale e la topologia ne mantiene l’integrità.

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La topologia consente di creare un nesso spaziale tra gli elementi nei layers anche in fase di modifica. Se sposto un confine nella tabella cambia l’area del poligono.La topologia cerca l’errore e lo corregge in caso ci siano incongruenze nelle caratteristiche descritte sopra.

Vi sono 3 tipi di topologia:totalmente poligonalearco nodoarco nodo relazionale – al giorno d’oggi le altre sono superate e si usa solo questo.

18) Rapporto tra GIS e dati raster Il dato raster non nasce nel GIS, il Gis nativamente è un applicativo CAD (quindi un sistema puramente vettoriale), ma negli ultimi anni ha sviluppato potenzialità per la cestione del dato raster. La struttura raster partiziona lo spazio attraverso delle celle regolari (pixel). Scelgo quindi come sistema di codifica una griglia (matrice, reticolare, ortogonale), questa griglia è formata da righe e colonne che intersecandosi formano il pixel. È il pixel che definisce la grandezza del dato e le info per la definizione del dato. I dati raster manipolano i fenomeni continui. Differenza fenomeno discreto e continuo:Fenomeno discreto: parte da fenomeni infiniti e li riduce a finiti. Oggetti che hanno un confine certo e ben definito (nazioni, palazzi, città, laghi). Fenomeni discreti descritti attraverso la struttura vector. Continui: un’unica grandezza che varia continuamente nel tempo e nello spazio ad esempio: le precipitazioni meteoriche, presenza di elementi chimici nel suolo… fenomeni descritti attraverso la struttura raster. Dati raster archiviati in due modi, grazie a due strumenti dato dal GIS, il raster catalog (un isieme di dati anche non contigui, conservati in formati differenti ma stesso sistma di riferimento (datum)) e il raster dataset (operazione di mosaicatura, equalizzazione tramite la quale i diffrenti raster vengono uniti per formare un’unica immagine, le aree di sovrapposizione vengono eliminate per cancellare le discontinuità). Il raster dataset viene utilizzato molto per aggiornare le fotografie aeree. Mosaicatura: avviene con google maps ad esempio. Il raster catalog è una tabella, dove ad ogni tupla corrisponde un file raster usato soprattutto per le analisi spaziali.

Tipologia di dati raster maggiormente utilizzata all’interno del GIS: Modelli digitali di elevazione: detti anche DEM, sono oggetti tridimensionali gestiti in un sistema a 3 coordinate. La struttura dei dem in realtà è bidimensionale ma è suscettibile di rappresentazione 3d. Vengono chiamati quindi oggetti 2d+1.I dem sono importantissimi come dati geografici: è la rappresentazione della distribuzione delle quote altimetriche di un territorio o superficie. Rappresentazione digitale. I dem si dividono in 2 tipologie: dem vettoriali (usano forme geometriche irregolari) detto TIN e dem raster (scompongono il territorio in celle regolari ovvero pixel) che prendono il nome di DTM o di DSM. Possibilità di rappresentazione di questi dati sugli assi x y z (3d)I DEM sono modelli di superficie. Ogni superficie presenta un numero infinito di punti quotati distribuiti in maniera irregolare. Creano informazione prendendo un campione di valori che altrimenti sarebbero infiniti.

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Il TIN è una rete irregolare di triangoli, un modello di dati che rappresenta il terreno attraverso una rete geomatematica di triangoli adiacenti. Gestito da un algoritmo di calcolo. I nodi rappresentano l’altezza geoidica (il vertical datum viene misurato sul geoide). Questi nodi vengono uniti da bordi per formare triangoli che sono contigui, continui e non sovrapposti. Tipicamente i tin vengono usate per rilevare le posizioni di elementi importanti quali le strade. Per costruire i triangoli (ma non sempre) qui si usa l’algoritmo di De Launay. (de launé). Tin utilizzato per stabilire le quote ortometriche. Il TIN è utile per calcolare l’altimetria solo dove è necessario. E’ una struttura topologica quindi ci sono i nodi e linee non ridondanti (rules topologiche). Minore occupazione di memoria di massa. Con il tin posso decidere dove avere una maggiore risoluzione. La dimensione del trinangolo è inversamente proporzionale alla variabilità del terreno.

Un insieme di punti regolari quotati per il DEM raster che invece ha come struttura una griglia formata de celle, ogni pixel porta con sé l’attributo dell’altezza ortometrica media di quel pixel. I pixel sono all’interno della altitute matrix. Tendenzialmente il DEM viene derivato dal TIN, nel senso che si parte da una nuvola di punti che viene trasformata in un TIN e da questo Tin si passa al DEM raster, questa è una procedura di geoelaborazione. Lo strumento che si utilizza per questa procedura si chiama TIN to RASTER, è un tool del GIS. Il dem raster è un insieme di punti inseriti in una griglia regolare inserita in una matrice.I DSM rappresentano le quote della parte superiore del terreno senza procedure di filtro. Quindi rappresenta anche dei punti artificiali (palazzi, altezze degli alberi)Il DTM invece rappresenta le quote attraverso le procedure di filtro che eliminano le interferenze vegetali o artificiali, rappresenta quindi la superficie geodetica quindi vera e propria topografica.

I DEM raster sono più utili del tin, sono più utilizzabili e fruibili. Anche se utili per la creazione dei dem raster.

Il DEM raster viene gestito attraverso il formato GRID (della ESRI) è un formato gis di tipo raster dove ciascuna cella(pixel) ha un particolare valore associato e quindi contiene le informazioni relative al riferimento ellissoidico quindi latitudine e longitudine. Il grid è costituito da una serie di file in relazione tra loro. Immagine classificata: ogni pixel ha un valore simbolico per risalire al contenuto del pixel serve una tabella associata. Questa tabella si chiama VAT (value attribute table)

Tin irregolareDem raster: regolare

La direttiva inspire ha costretto la pubblica amministrazione italiana a implementare il gis nel sistema. (anche con differenze regione regione, eccellenza dell’emilia romagna).

19) SPATIAL ANALYSIS E GEOPROCESSING

Analisi spaziale e geoelaborazione.

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L’analisi spaziale – processo che permette di definire le relazioni spaziali sul territorio e comprenderne il significato e il valore informativo. È una delle sei principali funzioni del GIS. Studio delle forme di aggregazione spaziale di tutti i fenomeni territoriali e le loro relazioni sul territorio.

Finalità: estrarre informazioni dai dati. Capire le potenzialità dei dati, ad esempio la loro pericolosità.

Il GIS permette di studiare in maniera analitica le relazioni territoriali esistenti attraverso strumenti.

Vi sono differenti potenzialità che l’analisi spaziale offre nei confronti dell’utente esperto. Grazie all’analisi spaziale possiamo:Determinare le posizioni degli oggetti. Paragoni di gradi di importanza, associando colori o simboli agli oggetti (determinare i valori di pericolosità delle feature)Calcolare la densità degli oggettiIndividuare le relazioni geometriche tra gli oggetti, ad esempio oggetti dentro altri oggetti. Individuare oggetti vicino ad altri oggetti

L’estensione spatial analyst è presente nel nostro GIS

L’analisi spaziale può essere puntuale, su un singolo layer, su layer multipli

Il Geoprocessing è interno all’analisi spaziale. Nel 2020 separare analisi spaziale e geoelaborazione è anacronistico. Quindi ciò già detto per l’analisi spaziale è valido per la geoelaborazione. Grazie al geoprocessing attraverso i tool si estraggono informazioni dalla rappresentazione territoriale.

Dati + tool= nuovi datiIl geoprocessing comporta la trasformazione dei dati. Ogni operazione porta con sé una trasformazione dei dati di input.

Strumento più utilizzato nella gestione delle EUC con le GIS è il buffering. Il buffering risponde alle domande quali e quante persone sono interessate da un eventuale inondazione, per esempio? O quanti e quali edifici sono vicini a un vulcano attivo? È usato per generare aree poligonali intorno a features puntuali, lineari o poligonali. Definisce aree perimetrali rispetto all’oggetto di origine. Creo zone cuscinetto intorno a feature sensibili. Per esempio intorno a water point. Visualizzo aree di impatto che sono potenzialmente pericolose.

La toolbox si apre in toolset (sottoscatole) che poi presenta i singoli tool (operatori logici). L’ambiente della geoelaborazione si presenta in quattro modalità di interazione tra l’utente e la geoelaborazione, quella che abbiamo usato noi è la finestra da dialogo. Gli utenti esperti possono utilizzare anche:gli scriptla linea di comando (interagire attraverso il linguaggio SQL)model builder: costruzione di un modello euristico.

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Il buffer è un TOOL, forse il più utilizzato nelle EUC, è presente nel toolset PROXIMITY. Genera aree di rispetto poligonali attorno a un dato elemento geometrico (punti, linee, poligoni)L’overlay è un TOOLSET con dei TOOL al suo interno. Overlay topologico (serve una struttura dati di tipo topologico) -> permette il confronto tra layer, incrocio tra due piani informativi. L’overlay segue l’algebra booleana. Usando operatori logici come and o or. Esprimono la relazione tra le feature. Guarda il video numero 24, ti sei persa.

20) Protezione civile: è un insieme di forze di soccorso che collaborano per tutelare le persone, abitazioni, i beni, gli animali, la popolazione, da eventi gravi o straordinari. Quali incendi, alluvioni, terremotiFanno parte della protezione civile (in italia) tutti i corpi organizzati dello stato: vigili urbani, croce rossa, carabinieri, vigili del fuoco, polizia, corpo forestale, soccorso alpino, operatori sanitari, guardia costiera. + organizzazioni di volontariato divise in vari settori (unità cinofile, primo soccorso, comunicazioni, logistica, antincendio etc)Vigilano 24 ore su 24, 365 giorni l’anno.La protezione civile si occupa di questi aspetti:Analisi del territorio e previsione dei rischi (DRR)Prevenzione dei rischi ipotizzati (DRR, EWS)Soccorso di emergenzaRipristino della normalità

La pc dal 1992 è un servizio nazionale organizzato in vari livelli in modo da poter gestire le emergenze su diverse scale, da quella nazionale a quella locale.-Comunale: sindaco prima autorità di pc nel comune, affrontare le prime ore dell’emergenza, vigilare sul territorio. Se il comune da solo non ce la fa intervengono la provincia, le prefetture e la regione.-Livello nazionale: responsabilità dell’intervento presa dal presidente del consiglio. Opera attraverso il dipartimento della protezione civile.

Storicamente la legge 225/1992 rappresenta un momento di passaggio tra la fase accentrata e decentrata: le competenze operative rimangono in capo all'amministrazione centrale e periferica dello Stato, ma per la prima volta aumenta notevolmente il peso delle Regioni, delle Province e dei Comuni, soprattutto per quanto riguarda la previsione e la prevenzione

Restano compiti dello Stato centrale:

l'indirizzo, la promozione e il coordinamento delle attività in materia di protezione civile; la deliberazione e la revoca – d'intesa con le regioni interessate – dello stato di

emergenza in casi di eventi di tipo “c”; l'emanazione di ordinanze; l'elaborazione dei piani di emergenza nazionali (per affrontare eventi di tipo “c”) e

l'organizzazione di esercitazioni.

Le Regioni si occupano di:

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predisporre i programmi di previsione e prevenzione dei rischi, sulla base degli indirizzi nazionali;

attuare gli interventi urgenti quando si verificano interventi di tipo “b”, avvalendosi anche del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;

l'organizzazione e l’impiego del volontariato.

Le Province attuano, a livello provinciale, le attività di previsione e prevenzione dei rischi; predispongono i piani provinciali di emergenza e vigilano sulla predisposizione, da parte delle strutture provinciali, dei servizi urgenti da attivare in caso di emergenza (eventi di tipo “b”).

I Comuni attuano, a livello comunale, le attività di previsione e prevenzione dei rischi; predispongono i piani comunali di emergenza, adottano i provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi e organizzano l'utilizzo del volontariato di protezione civile comunale (eventi di tipo “a”).