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La classe 2° E QUELL’INTERMINABILE VENERDI’ Indaga con noi e… gioca più che puoi!!! Scuola Dante Alighieri Editore a.s. 2015-2016 1

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La classe 2° E QUELL’INTERMINABILE VENERDI’

Indaga con noi e… gioca più che puoi!!!

Scuola Dante Alighieri Editorea.s. 2015-2016

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INTRODUZIONE’I ragazzi della 2 E stavano per lasciare la classe. La professoressa Taricco aveva già detto loro di ritirare il

materiale e stava a sua volta infilando nella borsa tablet, portapenne, fogli da correggere…

Era venerdì pomeriggio… finalmente la lunga giornata di scuola era terminata e gli alunni volavano con la mente a tutto quello che li attendeva nel fine settimana.

Alcuni, già pronti, iniziavano ad affacciarsi alla porta in attesa che l’insegnante facesse loro cenno di uscire, altri, più lenti, si attardavano, chi a ritirare il proprio materiale, chi a prendere accordi coi compagni per andare a vedere un film insieme il pomeriggio successivo.

L’attesa però si prolungava senza che fosse possibile capire il motivo per cui la campanella non si decideva a suonare…

“Prof, ma sono le 16,05!!!” ….“A scuola si è rotto l’orologio???” Voci di protesta iniziavano a levarsi dai ragazzi, mentre

sfilavano fuori dalla classe e si accalcavano nel corridoio deserto….

Nell’attesa, qualcuno tirò fuori una pallina di carta stagnola e, con la tolleranza dell’insegnante, iniziò a fare due tiri coi compagni. A un certo punto la palla rotolò lontano, oltre la porta della 1 E, e Riccardo corse a prenderla.

Poco dopo si udì un grido terribile: “C’è un morto, c’è un mortoooOOO!!!”

Tutti accorsero e poterono vedere, steso tra i banchi, il cadavere di Angela, la bidella del secondo piano.

La povera bidella era distesa a pancia in su e il suo corpo era immobile e rigido, circondato da una pozza di sangue. Il suo viso non era più roseo, ma era divenuto così bianco da sembrare di cera; gli occhi vitrei guardavano nel vuoto e la bocca era rimasta spalancata in un terribile grido interrotto dalla morte. I suoi capelli biondi erano impregnati di sangue e scoprivano la fronte, dove si vedeva un profondo taglio vicino alla tempia sinistra. Sulle gambe e sulle braccia gli abiti strappati lasciavano intravedere altre ferite, segno che la povera Angela aveva lottato con il suo assassino… un brusio si levava tra i ragazzi… non di

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incidente ma di aggressione si trattava… o almeno così pareva… Le mani di Angela erano livide e le sue lunghe unghie, sempre ben curate, erano spezzate… la mano sinistra era contratta, ma l’indice sembrava indicare ….

Se pensi che indichi un anello, clicca su ANELLO Se pensi che indichi una busta, clicca su BUSTA Se pensi che indichi l’armadio, clicca su ARMADIO

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L’anello… l’indice sembreva indicare un anello che si trovava vicino

alla porta. I ragazzi della 2 E si scambiarono un’occhiata e poi il più

coraggioso di loro, Patrick, andò fuori dall’aula, prese i guanti di lattice della povera defunta bidella che erano appoggiati sulla scrivania bianco panna, ritornò in classe, prese l’anello e lo mostrò ai compagni.

L’oggetto era di color oro ed era ricoperto da piccole macchie di sangue.

La profesoressa, scossa, svenne e gli alunni approfittarono della situazione: dopo avere discusso un po’ tra loro, decisero di indagare da soli sulla morte di Angela, senza avvisare nessuno, partendo da quel misterioso indizio: l’anello.

Gaia e Sofia avvisarono tramite cellulare tutti i genitori dicendo loro che la professoressa aveva proposto alla classe di partecipare ad un laboratorio di scrittura e che si sarebbero trattenuti fino alle 19,30.

I ragazzi decisero quindi di separarsi in due gruppi per investigare meglio sulla strana morte di Angela. Un gruppo si diresse verso la portineria per cercare informazioni, mentre l’altro rimase a cercare altri indizi in classe.

Se vuoi andare in portineria, clicca su PORTINERIA Se vuoi restare in classe, clicca su CLASSE

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In portineriaArrivati sul posto, i ragazzi controllarono subito le telecamere

di sicurezza e constatarono che le telecamere erano spente e che porte e finestre erano sigillate.

A quel punto i ragazzi furono presi dal panico e si precipitarono in palestra per controllare se almeno lì la porta d’uscita fosse aperta, ma prima ancora che raggiungessero quella porta, la loro attenzione venne attirata da alcune voci incomprensibili provenienti dall'altoparlante situato sul muro della palestra.

I ragazzi allora salirono in Presidenza, perché le voci che avevano sentito provenivano da lì.

La porta della Presidenza era chiusa a chiave, ma la loro attenzione fu colpita da delle piccole macchie di sangue che partivano da un punto del pavimento nei pressi della stanza del Preside e giungevano fino alla sala professori.

Lì, sconcertati, trovarono un'altra vittima.Il viso della vittima era presumibilmente sfigurato dall'acido,

perciò non si riusciva a capire chi fosse, ed era molto impressionante. La donna non indossava una divisa, ma un paio di jeans e una t-shirt.

A quel punto i ragazzi non sapevano più cosa fare… Scappare? Indagare sul nuovo omicidio? Tornare in 1 E per vedere come stava la prof. Taricco e raccontarle tutto?

Se vuoi tornare in classe dalla professpressa Taricco, clicca su TARICCO

Se vuoi indagare sulla morte della seconda vittima, clicca su VITTIMA

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Come sta la professoressa Taricco?I ragazzi decisero di tornare al secondo piano per cercare la

professoressa Taricco e raccontarle che c’era un’altra vittima e che loro erano chiusi dentro alla scuola, ma la povera donna giaceva ancora svenuta a terra e non poteva aiutarli!

Sempre più spaventati, pensarono di telefonare ai propri genitori per chiedere aiuto, quando si accorsero che sul pavimento del corridoio, vicino al muro, c’erano delle impronte di sangue, parevano lasciate da mocassini… Dovevano essere le impronte dell’assassino!!!

I ragazzi ritrovarono il coraggio e si misero a seguirle … Portavano alla sala informatica, dove la loro attenzione fu subito attirata da un computer che emetteva suoni strani e scintille, allora si allontanarono un po’ per paura di prendere una scossa, ma non così tanto da non scorgere sopra i tasti delle impronte digitali impresse nel sangue, che imbrattava un po’ tutto il PC , e sul monitor l'immagine della vicepreside accompagnata dalla scritta: "MORIRAI ANCHE TU". Avrebbero voluto scappare, ma si fecero coraggio e continuarono l'investigazione.

Dopo un’ora di attente indagini sulla scena del crimine, trovarono un foglietto con gli orari degli insegnanti; all'inizio pensarono non avesse importanza leggerlo, ma alla fine lo fecero perchè in fondo non avevano nulla da perdere e scoprirono che la vicepreside aveva svolto l'ultima ora nella 1A, allora corsero a vedere se stesse bene e la trovarono lì, distesa sul pavimento, con il segno di una lacrima che le era scesa dagli occhi fissi a guardare il soffitto, bianco come la sua pelle. I ragazzi erano sempre più impauriti ed uscirono dall'aula di corsa.

Mentre scappavano presi dalla paura, trovarono un piede di porco, che stranamente si trovava nel corridoio, e a Patrick venne l'idea di andare in Presidenza e usare il piede di porco per scassoinare la porta.

Gli altri però non erano d’accordo… Se vuoi andare in Presidenza, clicca su PRESIDENZA Se vuoi restare lì, clicca su Lì

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Chi è la seconda vittima?Sebbene fossero stanche dopo una lunga giornata di scuola,

Chiara e Martina erano curiose di scoprire chi fossero la nuova vittima e il suo assassino, perciò, metre i compagni andavano alla ricerca della professoressa Taricco, si misero ad indagare da sole.

Osservando meglio il cadavere, si accorsero che si trattava forse di una professoressa arrivata da poco e che avevano visto a colloquio con il Preside.

Decise a cercare indizi, la loro attenzione fu subito attirata da un cellulare che giaceva per terra poco distante dal corpo.

Lo accesero e lessero un messaggio anonimo che diceva: CI VEDIAMO NELLA STANZA AL FONDO DEL CORRIDOIO DEL SOTTERANEO.

Le due studentesse erano all'oscuro dell'esistenza di sotterranei nell’edificio della scuola, così decisero di andare in classe a prendere la piantina della scuola che si trovava nel cassetto della cattedra e servendosi di essa trovarono la strada per i sotterranei.

Chiara e Martina percorsero il lungo corridoio del sotterraneo piene di paura, cercando di non fare il minimo rumore. Giunte dinanzi alla stanza di cui parlava il messaggio, col cuore che batteva forte nel petto, socchiusero la porta per vedere se ci fosse qualcuno all'interno e furono sorprese di scorgere nell’oscurità il volto del prof. Ferrero.

Era dunque lui il colpevole del secondo omicidio? Anche di quello di Angela?

Senza essere scorte, le due ragazze si guardarono con aria interrogativa: entrare e chiedere spegazioni al professore? Oppure cercare di chiamare la polizia?

Se vuoi chiamare la polizia, clicca su POLIZIA Se vuoi farti spiegare dal professore che cosa è accaduto,

clicca su PROFESSORE

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L’assassino in fugaAlla fine col piede di porco cercarono di aprire una porta per

uscire fuori in strada a controllare che non ci fosse nessuno. Dopo aver forzato un paio di volte riuscirono ad aprirla, ma avevano molta paura ad uscire fuori… alcuni ebbero la tentazione di tirarsi indietro, ma non lo fecero. Appena furono usciti, Gaia urlò dalla paura perchè aveva visto le foglie dei cespugli del cortile muoversi, ma era solo una folata di vento, infatti faceva molto freddo ed era normale che spirasse un po' di vento. All’improvviso si sentì il rumore del motore di una macchina accendersi troppo bruscamente, rischiando di ingolfarsi, come se il conducente avesse fretta, come se il condicente avesse qualcosa da nascondere, come se fosse l'assassino di quelle povere persone.

I ragazzi subito non cercarono di raggiungere quell'auto, la paura oltrepassava ogni cosa, ma dopo qualche secondo alcuni si fecero coraggio e si misero a correre verso di essa e anche gli altri li seguirono. La macchina era già lontana, ma i giovani non mollarono e corsero e quando ormai raggungerla sembrava un desiderio irrealizzabile, essa rallentò per evitare un signore anziano che attraversava sulle strisce.

L'individuo presente nell'auto si accorse che lo stavamo inseguendo, scese dal veicolo e si mise a correre, ma non era molto veloce, anzi sembrava zoppicare leggermente, come se fosse ferito… A quel punto capirono che quello era l'assassino, che quella era la persona da consegnare alla giustizia! Angela per difendersi doveva averlo colpito.

Laura urlò: “Basta, non possiamo continuare a inseguirlo senza una tattica! Dobbiamo assolutamente catturarlo!”, allora Giulianini rubò la bicicletta rosa di una bambina e si misi a pedalare forsennatamente; stava per raggiungerlo quando... l'individuo salì su una macchina, una bella cinquecento, che sgommò via e si diresse verso via Servais. Nel punto in cui era salito sull’auto i coraggiosi ragazzi, senza più fiato, trovarono però un po' di sangue e dei documenti - carta d’identità e patente - che dovevano essere caduti al fuggiasco mentre saliva sull’auto. Pieni di curiosità, ansiosi di conoscere il nome

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dell’assassino, i coraggiosi studenti della 2 E li presero i documenti, lessero il nome che vi era riportato e… si guardarono sbalorditi e increduli… non riuscivano a credere a ciò che avevano appena scoperto... Due anni di menzogne, due anni passati a fidarsi di una persona che non meritava affatto la loro fiducia!!!

Non si erano ancora ripresi dalla scioccante scoperta che intravvidero la stessa auto avvicinarsi a loro, probabilmente l’assassino si era accorto di avere perso i documenti e di essere stato scoperto ed era ritornato per eliminarli…

La professoressa Pastorino e la professoressa Mitoli, con le mani sporche di sangue e uno sguardo che i ragazzi non gli avevano mai visto, scesero dall’auto… c'era chi scappava e chi urlava, ma Giorgia De Donno rimase lì ferma scioccata davanti alle professoresse, non si muoveva, era come paralizzata. Rebecca vide che la Mitoli le si stava scagliando contro con un pugnale, allora urlò disperata….

In quel momento inaspettatamente intervenne la polizia, che arrestò la Pastorino e la sua complice e le portò via.

I ragazzi non seppero mai chi fosse stato a chiamare la polizia, ma di certo fu il loro salvatore.

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Con Patrick in PresidenzaPatrick dunque, con grande coraggio, si avviò da solo verso la

Presidenza. Faticò non poco ad aprire la porta con il piede di porco, ma alla fine riuscì ad entrare e vide il Preside steso a terra, morto! Era stato trafitto da una lama affilata. Frastornato il ragazzo uscì dall’aula e si decise a chiamare la polizia. Aveva ancora il telefono in mano, quando sentì un rumore e vide un’ombra muoversi nel corridoio. Spaventato, ma anche incuriosito, mise giù il telefono e andò a vedere se c’era qualcuno, ma non vide nessuno. Allora per puro caso alzò la testa e vide che sul soffitto c’era una botola socchiusa, un passaggio segreto come quelli che si vedono spesso nei film.

Senza esitazione, il coraggioso Patrick prese una sedia, vi salì sopra e si issò in quello stretto ingresso. Quindi si addentrò in questa nuova avventura o caccia, non sapeva come definirla, e alla fine del tunnel si ritrovò in un posto non ben definito, sembrava una specie di sgabuzzino; nascosto nel tunnel, vide due persone con il viso coperto da una maschera che sussurravano tra loro. Patrick sentì che uno dei due criminali dicevae che il prossimo ad essere ucciso sarebbe stato il professore Calfapietra ed a quelle parole tornò indietro velocemente con l’intenzione di cercare il professore (era forse anche lui rimasto bloccato in scuola?) e avvisarlo del percolo.

Sceso dalla botola Patrick incontrò il compagno Edoardo, che vagava spaventato e solo per la scuola, allora ebbe l’idea di preparare una trappola per i due assassini con l’aiuto del compagno. Lui ed Edoardo si misero ai lati dell’apertura che dal corridoio della Presidenza conduce alla sala insegannti e si misero in attesa dei criminali, sperando che passassero di lì. Così accadde, come previsto i due assassini caddero a terra, ma poi… come avrebbero potuto avere la meglio su di lor di eragazzini di 12 anni?

Per fortuna proprio in quel momento arrivò la Polizia, che dopo al telefonata di Patrick aveva subito deciso di interbeni re ed era riuscito a sfondare l’ingresso della Don Milani.

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Dietro alla Polizia comparve tutta la 2 E che accolse con un applauso i coraggiosi compagni che avevano scovato gli assassini

Così tutto si mise a posto e il lunedì successivo, con una solenne cerimonia, la scuola Dante Alighieri ricordò con commozione il Preside e i prifessori così brutalmente uccisi e conferì a Patrick e a Edoardo una medaglia per il coraggio dimostrato nel contribuire alla cattura dell’assassino.

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Appuntamento con l’assassinoLe due compagne capirono dai loro sguardi che avevano idee

diverse sul da farsi, ma Chiara riuscì con poche parole sottovoce a dissuadere l’amica dal chiedere spiegazioni al presunto assassino e ad allontanarsi da quel luogo.

Poi, dopo averla riaccompagnata a casa, andò dalla polizia per denunciare gli omicidi.

Arrivata in commissariato la ragazza iniziò a raccontare i fatti accaduti in quell’incredibile pomeriggio alla Dante Alighieri, ma i poliziotti ascoltavano con poco interesse la storia e Chiara, avendo capito che non le credevano, chiese ad uno di loro di accompagnarla a scuola per dimostrare la veridicità di ciò che aveva raccontato.

Arrivati a scuola, Chiara guidò il poliziotto sulle scene dei crimini. Alla vista dei cadaveri, l’agente capì che la ragazza aveva detto la verità e le disse che si sarebbero occupati loro del caso. Chiara tornò a casa a malincuore poiché voleva partecipare all'indagine e perché non era ancora riuscita a raccontare tutte le scoperte che lei e Martina avevano fatto, né delle loro supposizioni sull’identità dell’assassino.

Dopo pochi giorni la polizia contattò la studentessa per chiederle altre informazioni sull'accaduto. I poliziotti le rivelarono che secondo loro l'omicidio di Angela era collegato a quello dell'altra vittima e che quindi si presumeva potesse essere una persona conosciuta da entrambe.

A quel punto Chiara parlò alla polizia del messaggio trovato sul telefonino accanto al cadavere della seconda vittima e rivelò che lei e Martina si erano avventurate nel seminterrato e vi avevano scorto il professor Ferrero… la sera in cui si era recata per la prima volta alla polizia non aveva avuto modo di dirlo, perché nessuno sembrava crederle…

La polizia si precipitò subito a scuola, nel seminterrato, entrò nella stanza sperando di trovarvi il professore, ma trovò solo un biglietto con su scritto: “ Ci troviamo in Via delle rodine 98 questa notte alle 4.30 nella casa abbandonata”.

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Gli agenti, non sapendo a quando risalisse il messaggio, non erano certi che l’appuntamento fosse per quella notte, ma decisero di andarci comunque.

Arrivati sul posto cominciarono a esplorare il luogo, quando sentirono dei passi e si videro apparire davanti… Chiara!!! La coraggiosa ragazza, infatti, ormai troppo coinvolta nelle indagini e decisa ad essere presente quando avessero preso l’assassino, quella notte era uscita di casa di nascosto e si era recata alla csa abbandonata, dove gli agenti, ormai pronti ad entrare in azione, non poterono che tenerla con sé pregandola di non fare gesti sconsiderati e di non mettersi ancor più in pericolo. Poi tutto ad un tratto i poliziotti sentirono di nuovo dei passi e delle risate e insieme a Chiara si nascosero dietro delle macerie. Dopo pochi istanti videro passare davanti a loro due uomini: uno era Ferrero e l'altro aveva un viso famigliare agli occhi di Chiara; guardandolo bene si accorse che era il professor Amato!!! Amato stava dicendo al collega: “Angela ha avuto quello che si merita!”

A questo punto i poliziotti, convinti che i due uomini fossero i colpevoli degli omicidi, balzarono fuori dal loro nascondiglio e li arrestarono.

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A tu per tu con l’assassinoDopo una lunga consultazione le due ragazze si divisero e

Martina decise di affrontare il preesunto assassino per farsi spiegare che cosa fosse accaduto.

La ragazza aprì la porta e chiese subito a bruciapelo al professore, che la guardava stupito, se era stato lui ad uccidere Angela e l’altra insegnante. Il professore non negò e anzi sembrava sollevato di poter raccontare a qualcuno cosa stava succedendo. Si trattava di una vicenda molto complicata. Sì, lui era un assassino, ma aveva ucciso solo la seconda insegnante e lo aveva fatto perché costretto dall’assassino di Angela che voleva così fare in modo che i ragazzi della scuola si concentrassero sulla seconda vittima e si dimenticassero della povera Angela.

Egli disse che l'assassino di Angela era un bidella precaria, invidiosa della sua bellezza; l’aveva uccisa per poter poi prendere successivamente il suo posto.

Ad un certo punto si sentì un telefono che stava suonando, era il telefono del professore che, stupito, immediatamente rispose alla telefonata. Dopo che ebbe attaccato, Martina gli chiese subito chi fosse ed egli le rispose che era la bidella che aveva ucciso Angela e che lo stava aspettando in II H.

Dopo una lunga consultazione, i due escogitarono un piano: il professore sarebbe andato a parlare con la bidella e avrebbe cercato di farle confessare di essere stata lei ad uccidere Angela e poi a costringerlo a uccidere la seconda vittima, intanto la ragazza l’avrebbe aspettato fuori dall'aula e avrebbe ascoltato tutto senza farsi vedere.

Appena Martina appena sentì quelle parole, senza il consenso del professore decise di chiamare la polizia e far arrestare la bidella.

La polizia arrivò molto velocemnte e Martina, che li aspettava al cancello insieme a tutti i compagni che aveva ritrovato per le scale, accompagnò gli agenti nell’aula 2° H dove la bidella stava ancora discutendo col professore.

I due assassini vennero arrestati e condotti alla centrale, mentre i ragazzi della II E esultavano felici di aver risolto il caso.

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Indagini in aulaGaia V, Alessandro, Giorgia e Gaia B decisero di indagare in

aula. Gaia con il consenso degli altri andò a lavare l'anello per vedere che cosa ci fosse scritto dentro e, dopo averlo ripulito, tornò in classe trionfante e mostrando l'anello disse: "Ragazzi, ho scoperto qualcosa!!". I ragazzi accorsero incuriositi e con stupore notarono che nell' anello c'era inciso con caratteri eleganti: "Camilla Fiorido".

Pochi minuti dopo Alessandro si accorse che erano già le 19.30 e come promesso ai genitori tornarono tutti a casa, dove non raccontarono nulla dell’accaduto.

Tutti i ragazzi passarono una notte molto lunga perchè non riuscivano a non pensare all’omicidio di Angela e l'indomani decisero di incontrarsi ai giardini di corso Telesio per indagare sul misterioso caso.

Subito iniziarono a chiedere ai passanti se conoscevano una certa "Camilla Fiorido". Dopo svariati tentativi vani, un signore piuttosto eccentrico con i capelli color grigio chiaro e un extension color viola, ci disse che la ragazza lavorava presso la gelateria di corso Telesio.

Una volta ringraziato il signore, il gruppetto di piccoli investigatori si recò alla gelateria.

Quando entrarono, chiesero a un dipendente se conosceva Camilla. Lui annuì e disse che la ragazza quel giorno non era di servizio perchè stava male ed era rimasta a casa. Allora i giovani si inventarono di essere dei suoi amici e, con la scusa di volerla andare a trovare, chiesero l'indirizzo e vennero a sapere che abitava in via Lione 64.

Quando arrivaronoo in quella via incontrarono un bivio e decisero di dividersi in due gruppi.

Se vuoi seguire Giorgia e Gaia V., clicca su GAGIO Se vuoi seguire Alessandro e Gaia B., clicca su GAAL

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A sinistraLa coppia formata da Gaia e Alessandro scelse il bivio sinistro.Il bivio pareva una stradina di campagna sterrata ed era

ricoperta di un materiale sassoso.Mentre proseguivanoo notarono che non c'era segno di vita,

non c’erano alberi, né persone e, soprattutto, neppure case di alcun tipo.

Subito i die ragazzi pensarono che il gelataio li avesse imbrogliati ed eravano quasi tentati di tornare indietro e raggiungere l'altra coppia di amici, ma poi Alessandro pensò che non aveva senso tornare indietro senza prima scoprire cosa c'era in fondo alla stradina. Gaia gli diede ragione e così proseguirono.

Una volta arrivati alla fine videro una casa e Alessandro tutto saddisfatto disse a Gaia :"Te lo avevo detto che dovevamo proseguire!".

La casa aveva un aspetto antiquato, il giardino non era per niente curato e la porta era di legno massiccio.

Piano piano ci avvicinammo per vedere se il numero civico corrispondeva con quello datoci dal gelataio e dopo averne avuto la certezza decidemmo di suonare il campanello con su scritto "Fiorido".

Aspettarono più di dieci minuti prima che qualcuno aprisse la porta e a farlo fu un maggiordomo vestito con una giacca di colore nero, un papion anch'esso nero e un grembiule bianco legato alla vita e con le mani ricoperte da guanti di cotone.

Subito chiese ai giovani che cosa volessero dalla signorina Fiorido e loro gli risposero con aria incerta : "Siamo dei suoi clienti della gelateria Gelartica e siccome dobbiamo fare un lavoro a scuola sul gelato volevamo farle delle domande sulla preparazione".

Il maggiordomo ascoltò con attenzione e dopo averci pensato un po' sù li fece entrare in un’anticamera che

dava sul salotto, un'ampia stanza buia con al centro una rampa di scale, arredata alla vecchia maniera, con antichi mobili e divani in pelle. Nella parete a destra c'era un grande arco che si affacciava sulla cucina.

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Dopo poco scese dal piano superiore Camilla, che ci guardò con aria dubbiosa e dopo chiese con tono arrogante a Edward, il maggiordomo:"Chi sono questi ragazzi?".

Edward rispose: "Sono venuti per farle delle domande sulla lavorazione del gelato, dicono che è un compito scolastico".

Camilla rivolgendosi a loro disse: "Potete salire nel mio studio al piano di sopra, io arrivo subito".

I ragazzi fecero segno di sì con la testa e salirono le rampe di scale, quindi arrivarono ad un nuovo atrio arredato solo con qualche quadro e una libreria piena di vecchi libri polverosi.

L'atrio che conduceva allo studio aveva due porte.Non sapendo quale scegliere i giovani decisero di dividersi:

Gaia attraversò la prima porta e Alessandro la seconda, ma appena furono entrati le due porte si chiusero alle loro spalle e i due giovani rimasero bloccati. Istinitvamente iniziarono a battere con furore contro le porte per farsi sentire da Camilla, ma poi compresero che faceva tutto parte di un piano: Camilla aveva capito benissimo che i ragazzi erano venuti per investigare sulla morte della bidella Angela e non per farle delle domande sul gelato...

Se vuoi scoprire cosa succede ad Alessandro, clicca su ALESSANDRO

Se vuoi scoprire cosa succede a Gaia, clicca su GAIAB

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A destraGaia e Giorgia andarono a destra.Mentre percorrevano la viuzza notarono che essa era un po'

trascurata e fatiscente.Arrivate vicino all’edificio notarono che sull’asfalto un po'

rovinato c’era una chiave dorata e decisero di prenderla in caso servisse. All’esterno la casa presentava un giardinetto di pochi metri quadri, all’apparenza poco curato, infatti aveva solo qualche rosa bianca ai lati e al centro un’altalena che sembrava lì da decenni.

Quando arrivarono davanti alla porta d’ingresso, che era ornata di una decorazione natalizia, alzarono lo sguardo e osservarono la villetta: era tutta dipinta di grigio e aveva delle finestre in stile gotico che lasciavano intravedere delle tende bianche a pois rosa confetto.

Dopo aver perlustrato l’esterno i due ragazzi provarono a bussare, ma nessuno rispose, così decisero di entrare dalle finestre che erano socchiuse. All’interno non c’era nessuno.

La casa apparve loro molto accogliente.Il soggiorno era una stanza molto elegante, con le pareti

beige e i divani rossi, ma quello che attitò maggiormente l’attenzione dei due piccoli invertigatori furono i premi per miglior Preside del Piemonte. Dopo aver visto tutto Gaia e Giorgia si sedettero sul divano per ragionare su ciò che dovevano fare, quando d’improvviso ......AHHHHH.

Il divano scese velocemente come se fosse un’ascensore impazzito e le portò nel seminterrato.

Dopo essersi riprese dallo spavento, le ragazze si alzarono da quel divano micidiale e incominciarono a girare per i corridoi del sotterraneo, fin quando trovarono una porta su cui c’era scritto ‘non entrare!’. Ovviamente le due amiche, molto coraggiose, entrarono.

All’interno della stanza apparentemente non c’era niente di interessante, ma guardando meglio Gaia trovò delle immagini che rappresentavano il Preside della Dante vicino alla scuola. Poi le ragazze videro delle scale e scendendole notarono diversi quadri, ma solo uno le colpì particolarmente, perché dietro alla

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cornice spuntava una chiave, questa volta argentata. Le ragazze la presero e fecero bene, perché dopo avere attraversato ancora qualche stanza trovarono davanti a sé due porte grigie chiuse a chiave. Stavano già tentando di aprirle con le chiavi trovate quando... BOOOOM.... Si sentì un grande boato e le luci si spensero. Giorgia e Gaia si tennero forte le mani … erano terrorizzate … nel buio continuavano a sentire dei rumori ed ebbero anche la sensazione che una mano le avesse sfiorate.

Quando il black out finì davanti a loro c’erano due buste da lettera: Giorgia prese quella gialla e capì che doveva aprire la porta sinistra con la chiave dorata, Gaia prese la busta bianca e andò a destra con la chiave argentata.

Le due amiche si salutarono un istante prima di attraversare le porte, avrebbero aperto le buste solo quando fossero state sole.

Se vuoi seguire Gaia, clicca su GAIAV Se vuoi seguire Giorgia, clicca su GIORGIA

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La signora FloridoQuando si voltò ad osservare la stanza in cui ero entrato si

accorse subito della presenza di una donna, sicuramente la signora Florido.

Si trattava di una giovane donna. Lei, stranamente, chiese subito ad Alessandro dove fosse la

sua compagna ed il ragazzo pensò che fosse meglio non rivelarle che si eravano separati e che era rimasto solo, perciò le dissi che era andata a cercare un bagno. Poi iniziò a porle delle domande molto noiose sulla gelateraia, che non lo interessavano affatto: le chiese come andavano gli affari in gelateria, se le piaceva il suo lavoro e altro.

Lei iniziò ad infastidirsi per le troppe domande e chiese dove fosse finita Gaia. Il ragazzo rispose: “Le donne stanno tanto in bagno” e lei di rimando gli fece un sorriso tirato.

Quindi Alessandro si alzò come per andare ad aprire la porta, ma poi si risedette pieno di paura che la donna volesse ucciderlo.

Osò però porle delle domande invadenti su dove si trovasse quel pomeriggio e lei rispose in modo tranquillo, con grande nonchalance, che era rimasta a casa perché aveva un po’ di mal di testa.

In seguito Alessandro le chiese un bicchiere d'acqua, lei lo fece poratre dal maggiordomo ma commise l’errore di porgerlo al ragazzo, che così riuscì ad ottenere le sue impronte digitali. Allora scattò in piedi e con un movimento fulmineo corse con il bicchiere in mano verso la porta che il maggiordomo aveva lasciato aperta e si precipitò giù per le scale fino al portone d’ingresso della casa.

In pochi secondi fu fuori dalla residenza, ma con il maggiordomo alle calcagna. Alessandro iniziò a correre verso la stazione di polizia e per fortuna riuscì a seminare il maggiordomo.

Arrivato in commissariato, consegnò il bicchiere e chiese agli agenti di confrontare le impronte sul bicchiere con quelle ritrovate sull'anello. Preoccupato per la sorte di Gaia, scongiurò gli agenti di agire in fretta e di correre a salvarla. Proprio in quel

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momento, però, vide sopraggiungere la sua amica alla centrale di polizia: anche lei era riuscita a scappare dalla casa dell’assassina e si era precipitata a chiedere aiuto.

Pochi giorni dopo, alla televisione, andava in onda un servizio speciale sull'arresto della signora Camilla Florido, accusata di assassinio.

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Un misterioso archivio

Rimasta ormai sola, non sapendo come chiamare aiuto perchè non aveva il suo cellulare, Gaia decise di cercare delle prove, oltre all'anello trovato in classe, nelle tante cassettiere piene di lettere presenti nella stanza.

Se vi avesse trovato conferme ai suoi sospetti, avrebbe potuto portarle alla polizia per dimostrare che la colpevole della morte di Angela era proprio Camilla Fiorido.

La stanza era abbastanza grande e poco luminosa, al centro c'era un tavolo di legno massiccio ricoperto di documenti e circondato da quattro sedie di plastica bianca, c'erano molte cassettiere poste sul lato sinistro e alcune sul lato destro, la parete era tappezzata di quadri e di fotografie di paesaggi in bianco e nero, infine c'era un divanetto blu cobalto posto al fondo.

Dopo essersi guardata intorno, Gaia decise che era arrivato il momento di investigare nelle tante cassettiere, ma si presentò un problema: tutti i cassetti erano chiusi e per aprirli bisognava inserire una combinazione di numeri. Non sapendo quale potesse essere, decise di azzardare inserenzo "000" e, come per magia, tutte le cassettiere si sbloccarono!

La ragazza le apriì senza esitazione e notò che alcune sezioni di fogli erano numerate ed altre riordinate in ordine alfabetico. Non avrebbe saputo dire con esattezza quanti fogli ci fossero ma sicuramente ce n'erano tanti. Come una vera Scherlock Holmes, Gaia iniziò a scrutare ogni singolo foglio, ma erano tutti completamente bianchi … fu così per la prima cassettiera, per la seconda, per la terza e per tutte le altre.

Arrivata ad un certo punto, stremata, la ragazza si mi fermò un attimo per riposarsi ed ebbe tempo per pensare che fosse insensato tenere custoditi in un archivio chiuso con un codice segreto dei semplici fogli bianchi. Dopo averci riflettuto a lungo decise di provare ad inserire uno dei documenti che si trovavano sul tavolo in una delle cassettiere.

Era un documento che conteneva un banale elenco di prodotti da acquistare per la gelateria, ma poi, dopo averlo tirato di

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nuovo fuori dalla cassettiera, vide con meraviglia che il foglio era diventato completamente bianco.

Subito si domandò: "Ma com'è possibile"???Improvvisamente le venne un altro colpo di genio e decise di

mettere il documento ormai totalmente bianco sotto alla luce per vedere se tornava come prima. La stanza non era molto illuminata perchè non c'erano lampadine e neppue un lampadario, però si accorse che nella stessa parete dove si trovava il divanetto, in alto, c'era una piccola finestrina. Decise così di salire sul tavolo e di avvicinare il foglio il più possibile alla luce del sole.

E fu così che il foglio ritornò scritto.Fece la stessa cosa con con tutti gli altri documenti e si

accorse che quei semplici fogli bianchi nascondevano i nomi e le foto dei defunti uccisi da Camilla e tra quelli c'era anche il nome della bidella Angela.

In quel momento Gaia era sia scioccata per la scoperta e allo stesso tempo fiera di se stessa, anzi, si sentiva una vera e propria "investigatrice".

Ora non le rimaneva che raccogliere i documenti più importanti e scappare via dalla finestra.

Salì nuovamente sul tavolo e cercò di allungarsi il più possibile per cercare di aprire la maniglia, ma anche questa era bloccata, allora cercò degli attrezzi e dopo una lunga ricerca trovò un martello.

Riuscì così a rompere il vetro della finestra e facendo molta attenzione a non cadere cercò di scendere nel cortile della casa per poi andare via.

Camilla però si accorse del rumore e si precipitò subito a controllare cosa fosse.

Una volta entrata, vedendo gli archivi aperti e i fogli scritti, capì tutto ciò che Gaia aveva scoperto sui suoi crimini e allora si mise ad urlare e a rincorrerla.

Per sua fortuna arrivò il maggiordomo Edward che, essendo una brava persona e avendo compreso che voleva farle del male, cercò di fermare la signora.

Gaia ne approfittò per scappare più in fretta che poteva, aveva il cuore che batteva a mille e si sentiva sconvolta. Al solo

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pensiero di essere stata a casa di una assassina si sentiva responsabile di tutte le SUE vittime, anche se non c’entrava niente.

La ragazza andò subito alla polizia per raccontare e mostrare tutto quello che avevo trovato, dopo diedi la via e l'indirizzo e moltissimi agenti andarono a casa di Camilla.

Per fortuna riuscirono a prenderla e a rinchiuderla in prigione prima che lei riuscisse a scappare per trasferirsi in un'altra città. Trovarono anche Alessandro, che per tutto quel tempo era rimasto imprigionato nella stanza in cui era stato rinchiuso.

Infine a Gaia venne riconosciuto tutto il merito e finalmente potè ritornare a casa e raccontare a i siou genitori la sua folle ma bellissima avventura da "investigatrice"!

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“Non credere a ciò che sembra ...credi a ciò che è realtà ”.

Quando entrò nella stanza Giorgia non fu per niente sorpresa da ciò che trovò, infatti alle pareti erano appese di nuovo delle foto del Preside, simili a quelle già incontrate nelle stanze precedenti, e in più c’era la cravatta a righe orizzontali blu e verdi che gli aveva visto indossare il giorno prima.

A quel punto Giorgia era quasi certa che il colpevole fosse lui e decise di chiamare i suoi compagni di classe per annunciare la sua ipotesi, quando si ricordò che doveva ancora aprire la busta.

Nel farlo le mani le tremavano e aveva il battito cardiaco a mille. Quando lesse il foglio rimase folgorata da ciò che c’era scritto :

“Non credere a ciò che sembra ...credi a ciò che è realtà ”.Quella frase cambiò tutti i progetti di Giorgia, infatti la piccola

investigatrice decise di indagare e indagare ancora e mentre perlustrava la stanza ai chiesa se chi aveva scritto il biglietto la volesse aiutare a scoprire l’assassino o non la volesse invece trarre in inganno .

Nella stanza c’erano molti souvenir catalogat per anno e quello del 2015 era una calamita raffigurante Hollywood e recante la scritta: “Torino, ci vedremo l’anno prossimo ....nel frattempo si va a Hollywood”.

Giorgia pensò subito che quell‘oggetto non poteva essere del Preside perché il giorno prima era ancora qui.

Poi la calamita di Hollywood le scappò dalle mani e cadde, provocando così un forte rumore; la ragazza si inginocchiò subito per raccogliere i frammenti quando sentì un urlo che la fece sobbalzare.

All‘inizio non capì da dove provenisse, ma poi provò a spostare un armadio che si appoggiava ad una delle pareti della stanza e dietro ad esso trovò una piccola porta, la aprì e la oltrepassò con fatica, perché era alta sì e no un metro. All’improvviso Giorgia si trovò all’aperto, sul cortile che portava alla strada principale e si mise a correre e correre ancora verso il centro del cortile perché c’era un uomo imbavagliato e legato su una sedia che gridava ancora. Lo aiutò a slegarsi e con grande sorpresa scoprì che era

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il Preside, anche lui una vittima, duqnue, e non il colpevole come aveva prima supposto! L’uomo era molto scosso e la ragazza gli diede subito un po' di acqua – per fortuna portava sempre una bottiglietta in borsa!- , poi gli chiese se avesse visto chi lo aveva catturato, ma lui disse di no: uscito dalla scuola una persona alle sue spalle lo aveva bendato e portato fino a quel posto di cui lui disse di non sapere nemmeno l’esistenza .

Dopo averci pensato aggiunse che durante il viaggio l’assassino ripeteva di continuo “Te lo avevo detto, te lo avevo detto”.

Giorgia e il Preside rientrarono nella grande casa alla ricerca di indizi che gli permettessero di capire chi c’era dietro questi delitti e rapimenti, ma non dovettero fare molto sforzo per scoprirlo chi fosse, perché rientrando nella casa, in uno degli angoli che Giorgia non aveva ispezionato, dietro una poltrona rosso fuoco, si nascondeva una donna dal viso coperto che si lamentava dicendo di non averlo fatto apposta. Giorgia decise di costingerla a mostarre il viso e quando la vide ... svenne per lo stupore!

Quando si riprese si ritrovò ancora lì, con la testa appoggiata alla professoressa di religione: la Sica!!! Era lei l’assassina! Cosa la aveva indotta ad uccidere? Perché lo aveva fatto? In tutti questi anni di lezioni ci aveva mentito tutte le volte che parlava di amore e sincerità ???? Queste ed altre mille interrogativi si affollavano nella testa della ragazza quando, come se l’avesse sentita, la professoressa incominciò a parlare tra le lacrime: “Sai Giorgia, in tutti questi anni di lavoro ho sempre nascosto un terribile segreto con tutti, ma questo non vuol dire che le nostre lezioni passate insieme non avessero valore per me e che non vi parlassi con sincerità di amore e bontà…”

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Svelato il colpevole!Gaia proseguendo trovò un bellissimo palazzo colorato. Lesse

sul campanello i cognomi e trovò quello di Angela. Cercò di entrare nel palazzo suonando tutti i campanelli e ci riuscì.

Per le scale e sul pianerottolo, davanti alla porta che riportava il cognome di Angela, trovò impronte di scarpe insegnguinate.

La porta era socchiusa. La ragazza, prendendo coraggio, la spinse ed entrò. La casa era apparenetemente in ordine, ma sul cassttone c’era un biglietto con sopra scritto: “Vieni a scuola in Presidenza, devo parlarti. B.S.”

Così la ragazza comprese chi era il colpevole…. Era il Preside!!!Se vuoi tornare alla pagina iniziale clicca su HOME

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La busta… Sì, la povera Angela, distesa per terra, indicava proprio una

busta in plastica trasparente dentro alla quale si vedeva una matriosca dall’aspetto molto inquietante.

La professoressa, alla vista del cadavere e di quella sinistra bambolina, si era impressionata a tal punto da svenire, così i ragazzi, non vedendo altra soluzione, si misero in gioco: si avviarono con molta esitazione alla busta sospetta, ci pensarono più volte, fonchè alla fine Nicolò, il ragazzo più coraggioso della classe, la prese in mano con cautela ed estrasse la matriosca dai colori cupi, la estrasse senza sapere cosa ci fosse al suo interno.

Con grande apprensione di tutti il ragazzo la aprì e scoprì che in ogni sezione della matriosca c’era un bigliettino con su scritto un nome e accanto disegnato un omino; nell’ultima sezione c’era scritto il nome di Angela.

Che mistero! I ragazzi non capivano bene il significato di quell’indizio e non sapevano cosa fare… Cercare aiuto in sala professori? Andare dal Preside?

Se vuoi andare dal Preside, clicca su PRESIDE Se vuoi andare in sala professori, clicca su SALA

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A scuola anche di notte!All’improvviso tutti quanti, presi dal panico, uscirono dalla

classe precipitosamente e scapparono dalla scuola, presi dal desiderio di tornare al più presto al sicuro delle loro case.

Solo Alessia, Edoardo, Giorgia S. e Nicolò erano rimasti impietriti vicino al cadavere della povera Angela e al corpo della professoressa che ancora giaceva per terra svenuta. Ciascuno di loro stringeva in mano una delle bamboline che componevano la matriosca e, ripresisi, decisero di andare dal Preside, per raccontargli l’accaduto e chiedergli aiuto.

Purtroppo in Presidenza non trovarono nessuno. Avevano ormai perso la cognizione del tempo e stava quasi diventando buio, quando il telefono di Giorgia squillò: era sua mamma che, preoccupata, le chiedeva come mai non fosse ancora tornata a casa! I ragazzi, però, non volevano arrendersi, per cui Giorgia inventò una scusa e disse alla madre che sarebbe andata a mangiare a casa di Alessia.

Poi anche gli altri telefonarono a casa e inventarono delle scuse: erano intenzionati a svelare il mistero della morte di Angela!

Terminta le doverose chiamate a casa, i quattro piccoli investigatori, con grande coraggio, andarono avanti a cercare indizi per tutta la scuola, ormai immersa nella semi oscurità.

In segreteria trovarono una felpa senza cappuccio macchiata di sangue… era forse dell’assassino?.

Intanto si era fatto tardi, eravano esausti, per cui incominciarono a cercare un posto sicuro dove dormire e Nicolò si ricordò di aver visto una sala in disuso vicino alla mensa, era la vecchia “sala giochi”.

Aprirono la porta cigolante piena di ragnatele, accesero la luce e si trovarono in una sala piena di tanti giochi, fra cui un bigliardino e un ping pong e … C’erano anche quattro cuscini! Erano proprio il numero giusto per loro, per cui li raccolsero da terra, li sbatterono con forza perchè erano tutti belli sporchi e si misero per terra a dormire. Edoardo, però, si accorse che gli erano rimasti degli spiccioli nelle tasche e allora svegliò gli altri e tutti quanti insieme andarono a prendere qualcosina da

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mangiare e da bere ai distributori automaitci presenti in sala insegnanti.

Stavano per tornare alla loro base, quando vicino alla macchinetta Alessia notò una cover di un cellulare girata al contrario e la afferrò per vedere di chi fosse. Dentro, anziche un cellulare, trovò un biglietto con su scritto ''Cerca Angela, di sicuro qualcosa troverai!''. Chi poteva aver scritto quel biglietto? E perchè? In ogni caso i ragzzi non ebbero esitazioni e ritornarono di corsa in 1E, ma quando entrarono… Per terra, ancora svenuta, giaceva ancora la professoressa Taricco, ma il cadavere era sparito!

A quel punto anche Giorgia, presa dal panico, si sentì svenire ed Alessia la accompagnò in bagno, mentre Nicolò ed Edoardo si misero immediatamente alla ricerca del cadavere scomparso.

Se vuoi seguire Giorgia e Alessia in bagno, clicca su BAGNO Se vuo cercare il cadavere con Nicolò e Edoardo, clicca su

CADAVERE

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Un malessere passeggeroPer fortuna Giorgia, dopo essersi rinfrescata i polsi sotto

l’acqua ed essersi bagnata le tempie, si sentì subito meglio e così le due ragazze decisero di cercare indizi anche in tutti i bagni della scuola…

Non trovarono niente, ma proprio mentre stavano per aprire il penultimo bagno del terzo piano….. si sentì un grido che proveniva dal corridoio, per cui le due coraggiose amiche si precipitarono fuori dal bagno e inciamparono in una cassetta che prima non avevano notato…

Giorgia la prese, ma si accorse che era chiusa e che per aprirla bsognava inserire un codice pin a tre cifre: Mentre lei provava ad aprirla, Alessia si fiondò verso la direzione da cui avevano sentito gridare .

Se vuoi aiutare Giorgia ad aprire la cassetta, clicca su CASSETTA Se vuoi seguire le grida con Alessia, clicca su GRIDA

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Alla ricerca del cadavere scomparsoDapprima i due ragazzi perlustrarono attentamente le aule e

tutti i locali del secondo piano, ma lì non trovarono nulla. Pensarono, allora, che il cadavere potesse essere al 3° piano, così salirono e anche là perlustrarono tutte le aule, ma di Angela non trovarono nessuna traccia.Sconsolati scesero di nuovo le scale e tornarono al 2° piano

dove ricominciarono a vagare.Ad un tratto sentirono un rumore di vetri rotti provenire dalla 3°

C e, spaventati ma incuriositi, si diressero con il cuore in gola verso quell’aula.Lì videro la finestra spalancata e a terra alcuni vetri rotti, ma

l’aula era completamente deserta.Mentre cercavano di ragionare su cosa potesse essere accaduto

in quella classe, uscirono in corridoio e si affacciarono nell’aula accanto, la 3° E, dove immediatamente notarono una macchia rossa sul davanzale e una goccia di sangue cadere dalla veneziana…I due coraggiosi amici si avvicinarono cautamente e…

finalmente avevano ritrovato Angela, o meglio il suo cadavere!

Se vuoi seguire le mosse di Nicolò, clicca su NICOLò Se vuoi seguire le avventure di Edoardo, clicca su EDOARDO

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Aiuto! Scuola infestata dagli zombie!Dopo aver ritrovato Angela, Nicolò, con l’aiuto di Edoardo, si

mise a cercare degli indizi per capire come la donna fosse arrivata lì e trovò una siringa con dello strano liquido verde.

All’improvviso Angela si alzò e iniziò ad andare verso i due ragazzi terrorizzati.

Edoardo cercò riparo, Nicolò invece esaminò il liquido per capire cosa fosse e, quando Angela provò ad attaccare il suo amico, cercò di fermarla pungendola con la siringa. L’azione non fu però efficace, allora Nicolò lanciò la siringa contro il muro e subito Angela corse a cercarla.

Nicolò ed Edoardo scapparono a nascondersi nella stanza del Preside, dove trovarono due pistole e le presero per proteggersi.

Dopo qualche minuto sentirono delle urla e, pur restando nascosti, sbirciarono dalla stanza e videro un corteto di persone scheletriche che sembravano ferite mortalmente, avanzavano zoppicando, con gli occhi vitrei e sembravano proprio dei morti viventi.

I ragazzi provarono a lanciare una penna su un muro e subito quasi tutti quegli esseri la rincorsero per cercare di prenderl, pur non sapendo cosa fosse. Nicolò si alzò di scatto per provare a scappare ma sbattè contro un tavolo e subito alcuni zombie si diressero verso di lui ed Edoardo. I due ragazzi cercaronodi sparargli con le pistole che avevano trovato in Presidenza, ma non sembrava che facessero effetto; solo se colpiti alla testa quegli zombie cadevano per terra senza rialzarsi più.

Ormai spacciati, i ragazzi videro arrivare in loro aiuto una persona con in mano la siringa che avevano trovato vicino ad Angela, guardandolo meglio si resero conto che era il Preside. Gli chiesero di farcli uscire dalla scuola perché è infestata e le uscite bloccate.

Lui ci rivolse uno sguardo molto misteriso, quindi ci pose nella mani una scatoletta con un bottone rosso, ci disse che una volta usciti avremmo dovutoo schiacciare quel pulsante, poi ci accompagnò fuori.

Una volta usciti io ed Edo abbiamo schiacciato il pulsante e la scuola è esplosa davanti ai nostri occhi.

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Cosa è successo ai nostri professori???? Alla vista del cadavere, questa volta fu Nicolò a svenire!

Edoardo invece cadde in uno stato di relativa apatia, forse dovuta alla stanchezza… ormai erano già tante ore che era in quella scuola. Uscì dalla classe, ma non sapeva più cosa fare, allora scese in guardiola e solo come un cane rimase fermo a guardare l’orologio. Gli sembrava di trovarsi in una stanza insonorizzata, ma ad un certo punto sentì uno scricchiolio provenire dalla Presidenza. A quel rumore si riebbe e immediatamente fu invaso da un’ansia fortissima. Subito dopo vide il Preside scendere le scale velocissimo con tutte e due le mani sporche di sangue.

Sebbene avesse sempre una gran paura addosso, pensando che fosse il colpevole decise di seguirlo senza farsi vedere. Ebbe l’impressione che fosse disperato. Lo seguì per tutta la scuola cercando di non perderlo di vista, infine lo vide entrare nella 2C e proprio mentre stava per affacciarsi sull’aula per vedere meglio le sue mosse, sentì un urlo provenire da lì. Spaventato si bloccò e attese una decina di minuti, poi si fece coraggio e si avvicinò: il Preside era morto, ma nell’aula non c’era nessun altro.

Allora si diresse automaticamente in 2E, perchè la sua aula lo faceva sentire più protetto, ma notò che la professoressa Taricco che avevano lasciato lì svenuta non c’era più.

Non sapendo più che fare, Edoardo riperlustrò tutta l’aula cercando qualcosa di utile, si arrampicò persino sopra la lavagna e prese la pigotta attaccata al muro e per la disperazione la buttò con forza a terra. In seguito all’urto sul pavimento la bambola si squarciò e ne usci una telecamera. Il ragazzo, sorpreso, si chiese chi l’avesse nascosta e se in quel momento stavano osservando anche i suoi movimenti, poi improvvisamente mi gli venne un’idea!

Corse verso l’aula 2.0, aprì la porta e come temeva ci trovò tanti professori dall’aria assente, fra i quali i suoi insegnanti Schirosi, Mitoli, Pastorino, Sica e Ferrero; chiuse di scatto la porta, si voltò e dietro di lui si ritrovò la professoressa Taricco con due occhi rossi che cercò di afferrarlo, ma riuscì a scappare

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tirandole una sedia addosso che la colpì e la fece svenire. Il ragazzo aveva capito che i professori erano stati ipnotizzati e che per svegliarli doveva farli svenire. Prese allora tante sedie, entrò nell’aula 2.0 e le tirò a tutti i professori, che svennero all’istante.

Adesso però doveva scoprire chi li aveva ipnotizzati e perché. Fu allora che sulla cattedra dell’aula trovò una lettera che

diceva: “Se vuoi scoprire il colpevole vieni in 2E”. La ragione gli diceva di non andare, ma lui seguì il suo istinto e corse veloce in classe.

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Un selfie dell’assassinoGiorgia provò a schiacciare qualche tasto a caso per aprire la

combinazione della cassetta della cassaforte, ma niente… Allora si ricordò che nella tasca dei pantaloni aveva le chiavi di casa e provò ad aprirla con quelle. Ad un certo punto sentì un bip e la cassa si aprì all’istante. Dentro trovò una serie di foto raccapriccianti perché ritraevano il cadavere di Angela.

La ragazza era scioccata perché, guardandole attentamente, in molte di esse intravide anche il volto dell’assassino, per quanto in penombra. Più le guardava e più capivo che quel volto dai capelli ricci e marroni aveva qualcosa di famigliare, le sembrava quasi di identificare in quegli scatti qualcuno che conosceva. Turbata, Giorgia stava richiudendo le foto nella cassetta, quando improvvisamente si accorse che una di esse era scivolata per terra… La prese e fu folgorata dall’immagine: era il selfie dell’assassino, sdraiato accanto al corpo della povera Angela…

Si trattava del nostro bidello!Se vuoi tornare alla pagina iniziale clicca su HOME

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Da dove vengono quelle grida?Mentre correva verso le scale, da cui le era sembrato che

fosse provenuto il grido, Alessia si mise a riflettere che si era proprio ficcata in una brutta situazione: stava dando la caccia ad un assassino, era sola e stava per diventare buio! Non voleva però arrendersi e scappare a casa, perciò decise che la prima cosa da fare fosse trovare un punto da cui potesse tenere sotto controllo un po’ tutto l’edificio, allora pensò all’ufficio del Preside perchè lì c’erano i monitor delle telecamere.

Prima però decise di cercare ulteriori indizi ritornando ad esaminare il cadavere di Angela. Giunta in 1E si accorse che la professoressa, che era svenuta vicino al cadavere, ora non c’era più! Alessia si mise a cercarla per tuta la scuola, ma, dopo aver girato per circa un’ora senza successo, decise di lasciar perdere e corse nell’ufficio del Preside. Dopo essersi chiusa dentro vide il telefono fisso e, resasi conto che ormai erano le 20, compose il numero di sua madre per rassicurarla e spiegarle cosa stava succedendo; stava per parlarle dell’ assassino e dirle di chiamare la polizia, quando una voce metallica interruppe la chiamata e iniziò a minacciarla di morte aggiungendo che sapeva dove abitava e descrivendole tutti i componenti della sua famiglia. Alessia era pietrificata, voleva gridare, ma era come se la sua bocca non rispondesse ai comandi… Le veniva da piangere solo al pensiero che potesse succedere qualche cosa ai suoi cari e pensava: “Perché devo continuare? Voglio stare ferma e aspettare, non so cosa, ma aspettare e basta”.

Un rumore di vetri rotti proveniente dal’aula insegnanti la risvegliò dai suoi pensieri, ma francamente non sapeva se muoversi perchè, anche se fosse stato l’assassino, come avrebbe potuto catturarlo? Potrebbe mettere a rischio la sua famiglia? Malgrado tutto alla fine decise di andare.

Aveva ragione, in aula professori c’era un vaso al suolo tutto rotto, lo stava guardando con attenzione quando con la coda dell’occhio scorse un movimento all’ingresso della sala, qualcuno stava scappando! La coraggiosa ragazza corse subito all’inseguimento dell’assassino, non prima di essersi armata…

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con una scopa! Non sapeva come la potesse proteggere, ma era pur sempre meglio di niente!

L’assassino aveva una felpa tutta nera, quindi si distinguevo a malapena nel buio, ma Alessia pensava a correre e non si fermava, mentre muoveva la scopa come se avesse un’arma super potente! All’improvvisos si sentì toccare la spalla e si girò molto spaventata, chiedendosi se fosse l’assassino. “No, non può essere, non deve, anzi non può!” pensava mentre si girava e… vide la professoressa! Non poteva essere la prof l’assassino, era sempre stata abituata a vederla vestita bene, con il trucco ben fatto, mai in condizioni così malconce: aveva gli abiti tutti strappati e il trucco colato ed era visibilmente sotto schock. Alessia la accompagnò nell’ufficio del Preside, prese il kit del pronto soccorso e iniziò col metterle almeno 17 cerotti o giù di li sui graffi che aveva sulle braccia, poi le portò un bicchiere d’acqua, era proprio malconcia! Quando la professoressa si riprese un po’, Alessia le chiese cosa l’aveva ridotta così: La povera donna indicò la porta e il cuore di Alessia mancò un battito… Vide l’assassino, ritto sull’uscio della presidenza e incappucciato, per cui non era possibile vedergli la faccia. Alessia corse verso la sua fidata scopa e poi si scagliò contro di lui, o lei, e gli tirò una bastonata sul ginocchio facendolo cader per terra, poi gliene tirò un'altra in testa tanto forte che gli fece perdere i sensi, ebbe così un po’ di tempo per prendere la garza dalla valigetta di pronto soccorso, metterlo su una sedia e legarlo bloccandogli le mani e i piedi, infine gli mise una benda anche sulla bocca e gli tolse il cappuccio: era un uomo, anzi un ragazzo, dagli occhi verdi e i capelli scuri un po’ ricci.

Pochi istanti dopo fece irruzione nella stanza la polizia, che, sbalordita e ammirata dal coraggio e dalla forza di Alessia, ricevette in consegna dalle sue mani l’assassino. Subito alle spalle della polizia apparvero i genitori della ragazza che, appena la videro, si sciolsero in lacrime e sorrisi, sapendola finalmente al sicuro.

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Professor Amato, ci aiuti!I ragazzi si avviarono verso la sala professori dove trovarono

l’insegnante Amato. Gli raccontarono l’accaduto, ma lui volle assicurarsi della realtà dei fatti e quindi alcuni lo accompagnarono nella 1E. Alla vista del cadavere della povera bidella uccisa e del corpo, ancora svenuto, della professoressa Taricco, Amato, sconvolto, cercò immediatamente di chiamare la polizia e, non trovando il suo telefonino, decise di usufruire di quello della scuola, ma si accorse che, stranamente, era fuori uso.

Allora chiese ai ragazzi se avessero un cellulare, ma loro gli mentirono e gli dissero di non averlo. Infatti eravano ormai decisi a indagare per conto loro e non avevano nessuna intenzione di chiamare la polizia.

Il professore, preso dalla disperazione, incominciò a sentirsi male, ma poi si riebbe un poco e portò i suoi alunni nella sala computer, suggerendo loro di cercare delle informazioni sugli altri nomi scritti sui bigliettini della matriosca. Nessuno di loro, però, aveva con sè quei nomi, perciò tornarono in classe per recuperare i bigliettini che avevano lasciato cadere a terra accanto alla matriosca.

Nell’aula li aspettava un’altra terribile sorpresa: la professoressa Taricco, che avevano lasciata ancora svenuta accanto ad Angela, giaceva a terra con un foro sulla fronte, era il foro di un proiettile di pistola. La fronte della professoressa era percorsa da rivoli di sangue chiaro, fresco, che ci fece capire che l’assassino aveva appena colpito ... Il suo corpo, supino, sulle braccia presentava le stesse lesioni di quelle di Angela, ma per fortuna non era stato un omicidio sadico come quello della povera bidella e il volto della professoressa era così sereno che sembrava che dormisse.

Seppur spaventati I ragazz presero i biglietti per i quali eravano tornati in quella aula maledetta e corsero in sala computer dal prof Amato.

Venuto a conoscenza del nuovo delitto, lui stette molto tempo a riflettere e poi decise che sarebbe stato opportuno che si dividessero in due gruppi: alcuni sarebbero rimasti in sale Pc ad

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indagare con lui, mentre gli altri sarebbero andati a cercare aiuto fuori dalla scuola.

Se vuoi restare col professore Amato in sala computer, clicca su AMATO

Se vuoi andare a cercare aiuto, clicca su AIUTO

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Un indizio e due assassiniIl professore e i ragazzi rimasti in aula pensarono subito di

controllare se tra i nomi scritti sui bigliettini trovati dentro alla matriosca ci fosse anche quello della professoressa Taricco.

Effettivamente lo trovarono, ma notarono che era scritto in matita, cosa alquanto strana, perché tutti gli altri nomi erano scritti in penna. Capirono allora che l’assassino che aveva ucciso Angela e le altre vittime era diverso da quello della professoressa. Poi, siccome era scritto con una matita dal colore molto particolare, si misero a cercarla per tutta la scuola, infatti probabilmente l’assassino era ancora nell’edificio.

A quel pensiero i ragazzi furono assaliti dal panico, che aumentò quando si resero conto che i loro genitori non li avevano ancora chiamati per chiedere dove fossero finiti e perché non fossero ancora arrivati a casa.

Dunque erano soli, in una scuola dove si aggirava un assassino, e nessuno dei loro telefoni funzionava…

Il professore cercò di tranquillizzarli, ma senza successo e ormai i ragazzi camminavamo senza una meta aspettando la morte, chiedendosi come sarebbe stata la loro: veloce e indolore come quella della Taricco oppure lenta e spietata come quella di Angela?

Mentre vagavano immersi nelle loro tragiche riflessioni, all’improvviso le luci si spensero e Sophia colse l’occasione per fare una delle sue battute: ora avrebbero potuto dormire!

Attraverso le grandi vetrate filtrava solo un po’ di luce dai lampioni e l’intera scuola era immersa nella penombra.

I ragazzi decisero di dirigersi verso la guardiola, facendo molta attenzione a scendere le scale senza cadere.

Una volta arrivati, cercarono freneticamente una torcia, quando Rebecca sentì una cosa morbida sotto i suoi pedi… Proprio in quel momento si accesero le luci e videro che Rebecca aveva appena calpestato un altro cadavere.

Inorriditi, tutti i ragazzi si misero a correre via, prendendo la direzione della palestra e lì sorpresero il professor Amato mentre scriveva su un bigliettino con una matita!

Allora era lui l’assassino???!!!

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Se vuoi scappare con Sophia, clicca su SOFIA Se vuoi seguire le vicende di Rebecca, clicca su REBECCA

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La bustaRebecca, impressionata dalla bizzarra e ambigua situazione,

non sapeva che fare: un nuovo cadavere si era appena presentato davanti ai loro occhi ed ora il professore a cui avevano hiiesto aiuto sembrava il colpevole…

Sarebbe stata lei la prossima a morire in quella giornata ricca di terribili e raccapriccianti emozioni?

Mentre lei si poneva queste domande, Sophia e gli altri erano scappati lasciandola lì sola insieme all’assassino: aveva intenzione di uccidere solo determonate persone o era completamente folle e avrebbe ucciso anche lei senza motivo? Sarebbe morta o sopravvissuta?

Il cervello della ragazza in pochi secondi di attesa aveva posto mille domande e formualto mille ipotesi, finchè, nel momento in cui si rese conto del reale pericolo in cui si trovava incominciò a perdere i sensi fino a svenire distesa sul freddo pavimento.

Ora il suo corpo giacevalì per terra, proprio accanto al secchio pieno d’acqua che fino a quella stessa mattina Angela usava per pulire la sua splendida scuola che in un pomeriggio era riuscita a trasformarsi in un incubo, in una gabbia dalla quale non poteva più uscire.

Dopo circa un’oretta la ragazza incominciò a riprendere i sensi e vide il professore Amato che, stringendo in mano un coltello ricoperto di sangue ormai secco, la fissava con gli occhi rossi, pieni di lacrime, rivolgendole uno sguardo triste ma al contempo vendicativo. In un primo momento Rebecca pensò di scappare, ma si si rese conto che era inutile: avrebbe potuto rincorrerla o, se armato di una pistola, addirittura spararle. Allora decise di chiedergli cosa avesse.

Il professore posò il cotello sul tvolo, cosa che rassicurò molto la ragazza, e iniziò a raccontarle che un suo alunno qualche mese prima aveva cominciato a parlare male di lui ai genitori, inventandosi un sacco di bugie che avevano condotto i suoi genitori a denunciarlo. Malgrado non ci fosse nessuna priva a conferma di quelle calunnie, il giorno precedente egli era stato licenziato dal Preside. Percò, per vendicarsi di lui, aveva iniziato ad uccidere dei dipendenti della Dante Alighieri.

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A quel punto la ragazza cercò di consolarlo dandogli ragione, ma al contempo cercando di fargli capire che in quel modo aveva solo peggiorato la situazioneme che aveva creato dei danni innanzitutto a se stessso e non al Preside.

Allora il professore cheise alla ragazza di aiutarlo a scrivere al Preside una lettera di scuse in cu avrebbe anche esposto una serie di argomenti per dimostrare la falsità delle accuse che gli erano state mosse dal suo allievo.

I due incominciarono a scirevere e, proprio quando erano all’ultima riga, entrò il Preside che aveva intuito tutto e col telefono in mano minacciava di chiamare la Polizia. Amato e Rebecca lo pregarono di leggere prima la lettera. All’inizio il Preside iniziò aleggere con aria scettica e infastidita, ma poi, man mano che proseguiva nella lettura, i due si accorsero che il suo viso assumenav un’espressione sempre più commossa e fino a quando il Dirigente non scoppiò in un pianto pieno di comprensione per il povero professore. Poi il Preside fece una cosa assai strana: mi diede il telefono e midisse di telefonare alla Polizia e di dire che il Preside era stato autore di numerosi delitti…

Il Preside venne arrestato e la vicenda finì così. Ancora oggi io sono l’unica a sapere la verità.

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In trappola!Dopo che si furono divisi, un gruppetto cercò di uscire dalla

scuola, ma le porte principali dell’edificio, stranamente, non si aprivano, per cui cercarono le uscite secondarie.

Provarono con tutte le porte e le finestre della Dante Alighieri… tutte chiuse! Le porte delle palestre, quelle dietro la guardiola, le finestre di tutte le aule… Tutte chiuse! Neanche una che si riuscisse ad aprire!

I ragazzi, non vedendo altre soluzioni, stavano pensando di usare qualche oggetto particolarmente pesante per rompere i vetri di una delle porte di ingresso, quando Alessandro scoprì che il suo telefono aveva ricominciato a funzionare! Si levarono grida di sollievo ed entusiasmo! Potevano chiamare la polizia! E così fecero, anche se avevano paura che i poliziotti potessero accusarli degli omicidi!

Se pensi che i poliziotti li sospetteranno, clicca su SOSPETTI Se pensi che i poliziotti li manderanno a casa clicca su CASA

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Scappiamo!!!L’unica cosa sensata da fare al momento secondo Sofia era

scappare, non sapeva cosa intendesse fare Rebecca, ma sinceramente in quel momento era l’ultimo dei suoi problemi.

Scappò e si rinchiuse nel laboratorio linguistico al primo piano; si sedette per terra e iniziò a ragionare, forse prima aveva reagito troppo irrazionalmente, e se l’assassino non fosse veramente il prof Amato?

Prese coraggio, uscì dal laboratorio e si diresse verso l’aula computer.

Il prof Amato era ancora seduto su una sedia, con un’espressione arresa, ma Rebecca non c’era più.

“Il prof Amato ha ucciso anche lei?”, si chiese Sofia. Poi, senza guardarlo negli occhi, chiese al professore: “E’ stato

lei?”. Lui, guardando il pavimento, le rispose: “E’ stato tutto un

malinteso”.Sofia cercò di mostrare di non avere paura, anche se nel suo cuore era terrorizzata. “Si spieghi meglio”, gli intimò.

Lui le disse che aveva scritto gli ultimi due nomi per fare un favore ai suoi alunni, ma che non li aveva uccisi.

La spiegazione era poco chiara: a quale favore si riferiva? E come faceva a conoscere i nomi delle nuove vittime? Sofia non sapeva se fidarsi, ma fino ad allora ogni cosa era stata surreale, quindi c’era da aspettarsi di tutto ed il professore sembrava davvero sincero ed impautiro più di lei. Allora Sofia gli disse di andare a riposarsi sul lettino dell’infermeria e lui la ascoltò senza preoccuparsi del fatto che stava lasciando da sola una dodicenne in piena notte con un assassino che vagava per la scuola

Anche Sofia era stanchissima, in quel momento non provava altri sentimenti tranne che il sonno, ma ciò la incoraggiava di più a trovare l’assassino.

Stava facendo queste riflessioni, quando sentì dei rumori provenire dalla mensa. Subito le salì un brivido lungo la schiena, ma andò a vedere: aprì le porte e cercò in ogni stanza finchè sentì una voce, ed era inequivocabilmente la voce di Angela!!!

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Ero confusa… non sapevo cosa aspettarmi! Mi girai e… vidi Angela dietro al bancone della mensa e non semrava un fantasma!

Forse era ancora viva? Prima che Sofia potesse rispondersi... la sveglia suonò!

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Tutti a casa! E l’assassino?Dopo un quarto d'ora i poliziotti arrivarono, aprirono le porte e

liberarono i ragazzi, ma prima di mandarli a casa li controllarono uno per uno per vedere se avevano delle ferite e chiamarono le loro famiglie per raccontargli l'accaduto. Aggiunsero inoltre che il giorno dopo ogni alunno della 2 E si sarebbe dovuto presentare a scuola per rispondere a qualche domanda su ciò che era successo.

La mattina dopo i ragazzi, e le loro famiglie, si ritrovarono tutti a scuola per l'interrogatorio. Gli agenti li fecero entrare uno per volta dentro un’aula. A dir la verità erano tutti un po’ spaventati, ma erano anche curiosi di sapere se la polizia fosse riuscita a scoprire chi era il killer.

Francesca M, dopo il suo interrogatorio, che si era risolto in poche domande, osò chiedere agli agenti se avessero individuato il colpevole e loro le dissero che non l'avevano ancora scoperto. La ragazza, allora, volle provare ad aiutarli e, senza farsi vedere, andò al secondo piano, il piano in cui c'era stato il delitto, per indagare. I poliziotti avevano portato via i corpi però in terra c'era ancora la pozza di sangue e lì vicino c'era un tavolino con sopra le prove del delitto, almeno così ipotizzò Francesca: c'era una boccetta contenente del sangue, una bustina contenente dei campioni di capelli e tanti sacchettini con i foglietti con le impronte digitali… ce n’erano un sacco!

Poi Francesca sentì due poliziotti che nella stanza accanto parlavano di un sospettato, dicendo che avevano preparato un suo identikit, e appena i due si allontanarono, curiosissima, volle vedere la faccia del sospettato per prima, così passò nell’altra aula dove trovò un foglio su cui c'era scritto il nome e il cognome del sospettato, la sua nazionalità e altre informazioni, ma ciò che la colpì soprattutto fu leggere che quell'uomo era un killer accanito che aveva colpito altre scuole ma che nessuno era mai riuscito a prendere. Francesca fece appena in tempo a voltare il foglio e vedere il suo aspetto ricostruito nell’identikit, quando ebbe l’impressione che al piano di sotto fosse successo qualcosa: sentiva dei rumori e sembrava che tutti fossero agitati e spaventati. Allora la ragazza si precipitò di sotto per capire

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cosa fosse successo e si riunì ai suoi compagni che le spiegarono tutto: qualcuno aveva fatto arrivare per terra, dove era riunita la 2 E, un biglietto su cui c’era scritto: “Sapete troppo su di me”. Tutti pensarono subito che l'avesse mandato l'assassino, e molto probabilmente era stato proprio lui, ma la polizia sembrava credere che non fosse nulla di grave e non dava importanza all’episodio

Francesca e i suoi compagni, invece, erano sempre più preoccupati e spaventati - era troppo strano e inquietante ritrovarsi un criminale nella propria scuola! -, i genitori protestavano perché non lasciavano tornare tutti a casa e gli agenti stavano cercando di calmare e rassicurare tutti, quando comparve davanti a loro un uomo che assomigliava moltissimo al volto disegnato sull'identikit.

Si fece subito silenzio. L’uomo stava ritto sul ciglio del cancello con un telecomando in mano.

Francesca, che l’aveva riconosciuto, aveva la gola secca e tremava tutta, era spaventatissima. Anche i suoi compagni erano spaventatissimi, glielo si leggeva in faccia!

Tutti i poliziotti avevano estratto un’arma e gliela puntavano addosso intimandogli di posare il telecomando, ma quel pazzo criminale senza battere ciglio cliccò un pulsante rosso e saltò tutto in aria...

Il killer sarà riuscito a scappare o avrà voluto suicidarsi trascinando nella morte tutti quei poveri ragazzi e le lor famiglie? Qualcuno di loro sarà sopravvissuto a quella terribile esplosione?

Quando sopraggiunsero i primi soccorsi, tutto era immerso in uno spettrale silenzio e non era possibile capire se se il killer fosse morto nell’esplosione nè se qualcuno dei ragazzi o dei loro genitori fosse sopravvissuto....

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Gli interrogatori della PoliziaLa polizia arrivò dopo appena dieci minuti e, dopo aver

spaccato le finestre, aiutò i giovani ad uscire fuori dall’ edificio e poi si occupò di portare via i cadaveri delle due bidelle e della professoressa Taricco. Infine, dopo aver controllato che nell’edificio non ci fosse più nessun altro, condussero tutti, Amato compreso, alla centrale di polizia e, ad uno ad uno, li fecero entrare in una sala adibita ad interrogatorio e iniziarono a far loro delle domande.

Il professor Amato, l’unico adulto presente nella scuola il giorno dell’omicidio, fu interrogato per primo: era il principale sospettato! I carabinieri infatti pensavano che nessuno degli alunni, dodicenni, avrebbe mai potuto escogitare tale omicidi. Il professore, però, continuava a negare dicendo: “Non sono stato io, non ne sapevo nulla!” e per potere procedere all’arresto ai poliziotti servivano una confessione o delle prove.

I ragazzi erano increduli: un professore di tecnologia, sulla soglia della pensione, poteva essere un efferato serial killer?

Dopo aver interrogato e perquisito anche gli alunni, gli agenti riportarono tutti davanti alla Dante Alighieri, non riuscivano a risolvere il caso…

Due ore dopo erano ancora tutti in attesa nel cortile della scuola e i ragazzi della 2 E si interrogavano senza sosta su chi potesse essere il Killer. Il professore? Non c’erano prove. Qualcuno di loro alunni? Improbabile. Allora chi? Qualcosa o qualcuno gli era sfuggito?

Intanto le loro famiglie erano accorse sul posto e iniziavano a lamentarsi: volevano portarci a casa, ma la polizia era stata chiara: nessuno se ne sarebbe andato fin quando non si fosse scoperta l’identità del killer. “E’ fra di voi!” continuavano a dire.

Gaia V., all’improvviso, si ricordò di un particolare molto importante e i suoi occhi si illuminarono. “Non c’eravamo solo noi e il professor Amato nella scuola!”, esclamò con aria trionfante e, mentre gli sguardi di tutti si girarino verso di lei, aggiunse: “Vi siete dimenticati che il Preside…” sospirò “viene

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tutti i giorni a scuola” si guardò intorno “e rimane sempre fino a tardi….”

A quelle parole rimanemmo tutti senza fiato. Il ragionamento di Gaia era sensato.

Dopo qualche istante intervenne Valentina M.: “Non può essere uscito dalla scuola, i cancelli sono stati tutti bloccati”. I poliziotti annuirono. “Quindi…”, riprese lei, ma nessuno osava continuare la frase…

Quindi il Preside doveva essere ancora dento la Dante Alighieri, era ovvio!

Alcuni agenti si mossero ed entrarono nella scuola: lo dovevano trovare!.

Altri uomini della Polizia invece restarono con gli alunni e i loro genitori per proteggerli, non dovevano esserci altre vittime. “Anche la vice Preside resta a scuola di pomeriggio” intervenne Patrick Fazzolari . La paura aumentava. Due serial killer? Era possibile? Erano complici? Dopo qualche minuto, Sofia Perrone interruppe il silenzio “La mamma di una mia vecchia compagna di classe è andata a casa della vice preside, sono molto amiche. La sua casa era piena di matriosche … sono la sua passione, come hobby, le colleziona, mi ha detto. Me ne sono ricordata soltanto ora”.

Era tutto molto strano. Nessuno aveva chiara la situazione. Intanto il tempo passava e la tensione aumentava, insieme

alla stanchezza… Qualcuno si addormentò, era quasi mezzanotte.

Dopo un’altra mezz’ora finalmente riapparirono i poliziottiche erano entrati nella scuola, vittoriosi: uno di loro aveva un sacco marrone, abbastanza grande, in mano, gli altri due tenevano fermi i farabutti… Eccoli! Il Preside e la Vice Preside!... Questi ultimi che si dimenavano invano, cercando di scappare, il preside e la vice preside, e chi se lo sarebbe mai aspettato? I due farabutti si dimenavano invano, cercando di scappare, ed I poveri agenti avevano delle ferite sul viso, dovevano aver lottato con gli assassini per riuscire a catturarli.

E il sacco? Cosa c’era in quel sacco marrone? Eravamo tutti un po’ curiosi. Uno dei Carabinieri lo aprì, rimanemmo qualche

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manciata di secondi a fissare il contenuto del grande sacco, in silenzio…

Matriosche… Tante, colorate, inquietanti matriosche…Se vuoi tornare alla pagina iniziale clicca su HOME

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L’armadio… l’indice sembrava indicare l’unica cosa che nella classe era

rimasta nel suo posto originario: l’armadio.L’intera aula infatti era a soqquadro: i banchi erano accatastati

in fondo alla stanza, la cartina geografica, una volta appesa al muro, pendeva a brandelli rivelando l’intonaco giallastro, schizzi di sangue imbrattavano ovunque le pareti, le tapparelle tutte rotte si erano accartocciate in una sorta di ventaglio ed erano presenti numerose schegge di vetro sul pavimento.

Dopo aver esaminato la scena, l’attenzione dei ragazzi e della professoressa venne catturata dall’armadio che Angela indicava. Sopra di esso vi era l’orologio rosso su cui ogni giorno gli alunni vedevano scorrere le lente ore di lezione; c’era in esso qualcosa di insolito quel giorno, ma l’attenzione dei ragazzi si concentrò sull’armadio.

Incuriositi, lo aprirono e… Se pensi che nell’armadio trovino qualche indizio, clicca

INDIZIO Se pensi che nell’armadio non trovino nulla, clicca su NULLA

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Squilla il telefono…… videro che era stranamente vuoto! Di solito gli armadi delle aule conteneva tantissimi libri, lavori degli alunni, cartelline… e invece lì NULLA!A quella visione nella stanza si fece un silenzio tombale, che venne interrotto dallo squillare di un telefono. Il suono proveniva dai cassetti dell’armadio, che i ragazzi non avevano ancora ispezionato.Incuriositi, decisero di aprire il primo dei due cassetti e nel secondo, in un angolo, trovarono il telefono, che ancora non smetteva di suonare. Tra i ragazzi si levò un brusio: erano convinti di avere trovato un indizio importante! Era forse il cellulare dell’assassino? La professoressa, anch’ella ancora molto scossa, richiamò a sé l’attenzione degli allievi e svelò loro che quel telefono era appartenuto ad Angela, il giorno prima infatti aveva visto la bidella utilizzarlo.Il mistero non era però risolto: che ci faceva lì nell’armadio? Chi ce l’aveva messo? Era stato l’assassino? E perchè?Nessuno inizialmente ebbe il coraggio di avvicinarsi per vedere chi avesse chiamato, poi, dopo parecchi minuti di attesa, si fece avanti Pietro, che, con coraggio, prese in mano l’apparecchio e controllò l’ultima telefonata ricevuta da Angela.Il numero risultava non registrato in rubrica. La professoressa provò a richiamarlo: qualcuno rispose, ma rimase in assoluto silenzio, senza riattaccare. La professoressa mise in viva voce e dopo una lunga attesa si sentì come cadere un oggetto. Poi la linea fu interrotta. La professoressa stava per richiamare quando…

Se pensi che il telefono si spenga, clicca su SPENTO Se pensi che il telefono suonerà di nuovo, clicca su ACCESO

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Indaghiamo… il telefono si spense: si era scaricata la batteria! I ragazzi si scambiarono delle occhiate perplessi. Nelle loro

teste balenavano mille domande e pensieri. Quello, però, non era il momento adatto per rispondere.

La professoressa era sempre più spaventata e osservava i suoi giovani alunni con uno sguardo terrorizzato e cupo. Non seppe resistere alle sue emozioni e si sentì male: svenne davanti agli occhi dei suoi allievi, che, esterrefatti e abbandonati dalla lor unica guida, furono presi dal panico

Valentina M prese in mano la situazione e su sua proposta i compagni si raggrupparono, sedendosi in cerchio, si fecero coraggio reciprocamente e, dopo essersi tranquillizzati un po’, si interrogarono sul da farsi.

C’era chi era terrorizzato e voleva scappare a casa o chiamare immediatamente la polizia e chi invece era entusiasta di mettersi ad indagare e fantasticava già di riuscire a risolvere quel misterioso caso senza nemmeno chiedere aiuto.

Dopo una serie di discussioni prevalse la volontà di chi voleva cimentarsi nell’indagine senza interpellare la polizia o altri adulti. Alla fine tutti parteciparono all’impresa.

In attesa che la professoressa si riavesse, per diversi minuti i giovani investigatori della 2 E cercarono di dare una spiegazione logica all’accaduto, ma nessuno ci riuscì, poi vagarono per la scuola in cerca di qualche indizio, ma dopo averne scrutato ogni angolo non trovarono niente.

Infine decisero di dividersi in due gruppi e avventurarsi fuori dal cancello della scuola.

Se vuoi seguire il gruppo che si diresse verso destra, clicca su DESTRA

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In perlustrazioneUn gruppo, guidato da Valentina M., decise di andare a destra.

Ogni ragazzo scrutava ogni singolo angolo della strada, osservando tutte le persone che passavano davanti ai loro occhi. Quando sentivano qualunque rumore sospetto o vedevano arrivare qualcuno si nascondevano dietro ad un semaforo o ad una pianta, per ripararsi.

Il loro sguardo era continuamente fisso al terreno alla ricerca di qualsiasi minimo indizio, quando la loro attenzione fu catturata da uno specchietto retrovisore staccato e caduto a terra, proprio vicino alla scuola. Data la sua posizione pensaronoo che fosse un indizio utile.

Sofia notò che sul bordo vi era una traccia di sangue, allora Valentina si avvicinò con un sacchetto della merenda in una mano e un guanto nell’altra, raccolse lo specchietto insanguinato e, facendo molta attenzione a non portare via le tracce di sangue, ve lo depose dentro. Mentre stava per andarsene, però, la ragazza e i compagni a lei più vicini notarono che, nello specchietto, c'era il riflesso di due persone che si stavano avvicinando a loro con aria minacciosa. Diedero l’allarme ai compagni e tutti iniziarono a correre, seminando i due individui alle loro spalle.

Nella fuga i ragazzi si dispersero in due gruppi per una strada che si diramava in piccoli viali, ma dopo una lunga e affannata corsa si ritrovarono, sollevati di aver seminato quesi due. Quindi Laura, l’unica che conosceva la strada in cui erano andati a finire, fece strada e ricondusse i compagni a scuola.

Quando arrivarono all’ingresso dell’edificio si accorsero che il professore Calfapietra stava ritornando a scuola, perciò lo bloccaroo e lo interrogaroo sul perchè si trovasse lì a quell'ora. Lui spiegò che aveva dimenticato dei fogli e che era ritornato a riprenderli. I suoi occhi confermavano la sua versione.

A quel punto gli raccontarono dell'accaduto. Il professore rimase sbalordito e stupefatto. Non poteva crederci!

Nonostante la sua titubanza, il professore si lasciò convincere dai ragazzi ad aiutarli a risolvere quel caso, perciò gli consegnarono l'indizio trovato per strada e glielo fecero

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esaminare. Calfapietra utilizzò il microscopio speciale che aveva portato a scuola, il giorno precedente, per un esperimento e scoprì che il sangue apparteneva al gruppo sanguigno “0 negativo”. A quella scoperta gli occhi del professore si sbarrarono e la sua voce diventò sempre più esile mentre comunicava agli alunni che l'unica persona della scuola che aveva quel gruppo sanguigno era colui che nessuno avrebbe mai sospettato, il “comandante” della scuola: il Preside!

Non potevano credere alle loro orecchie!.A quel punto, più decisi che mai ad andare fino in fondo nella

ricerca della verità, affrontando il sospettato, i giovani coraggiosi si recarono davanti alla porta del suo ufficio. Mentre stavano per entrare, Matteo inciampò in un filo che attraversava la stanza, lo seguirono fino alla sua fine e scoprirono così che era collegato ad una serie di telecamere, che riprendevano tutte le classi della scuola.

Voltandosi, si accorsero che il Preside stava fuggendo dalla finestra, grazie ad una scaletta. Cercarono di raggiungerlo più in fretta possibile. Purtroppo non arrivarono in tempo. Il Preside era già uscito ed ora si stava dirigendo verso la strada. A quel punto non ebbero più dubbi che era lui il colpevole.

Scesero le scale in fretta e furia e si misero all'inseguimento.L'assassino sbatteva contro ogni persona senza nemmeno

voltarsi indietro. All'improvviso una fiumana di gente travolse gli inseguitori e impedì loro di continuare ad inseguirlo. Quando finì quel momento caotico, il Preside era scomaparso.

C’era un assassino a piede libero e loro non sapevano più che direzione seguire…

Calò il silenzio, che fu interrotto dal suono delle campane… a quel suono a Patrick venne un’intuizione: che il Preside si fosse rifugiato in un posto sicuro, un posto dove nessuno sarebbe andato mai a cercare, una chiesa! Forse non era tutto perso, forse avevano ancora delle speranze…

Tutti concordarono che la sua ipotesi poteva essere giusta e, riflettendo sul fatto che in quel poco tempo non poteva aver fatto tanta strada, cercarono nella chiesa più vicina, cioè …???

Davanti al portone d'ingresso vi erano tracce di sangue che continuavano fino all'interno dell'edificio. Era il luogo giusto!

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I ragazzi e il professor Calfapietra entrarono, guardandosi intorno con ciscopsezione, e seguirono le tracce che proseguivano anche all’interno e li condussero in un seminterrato. Lì videro una stanza protetta da due uomini di guardia e riconobbero i due brutti ceffi che li avevano inseguiti.

Nessuno sapeva come allontanarli. Dopo qualche minuto il professore ebbe un'idea: prese due composti chimici, che teneva sempre nel borsone, e creò un gas che addormentò i due uomini.

Poi buttarono giù la porta, che era chiusa a chiave, e videro il Preside circondato da macchie di sangue. Capirono che era ferito e difatti l’uomo si arrese senza opporre alcuna resistenza. Allora il professor Calfapietra chiamò un’autombulanza, che arrivò molto velocemente e prestò i primi soccorsi al ferito, e la polizia perché lo arrestasse.

Mentre attendevano l’arrivo degli agenti, il Preside spiegò ai ragazzi e al professore, ancora increduli della sua colpevolezza, che aveva ucciso la povera Angela perché era invidioso della sua popolarità tra i ragazzi, infatti tutti amavano e rispettavano di più lei, mentre lui avrebbe meritato il rispetto e l’affetto maggiore visto che era il Preside! Spiegò inoltre che era riuscito a scappare in tempo grazie alle videocamere che avevano ripreso i giovani ficcanaso e che mentre scappava, dopo aver ucciso Angela, lo specchietto retrovisore della sua macchina si era staccato battendo contro un muro; si era così ferito il braccio.

Stava ancora parlando quando arrivò la polizia che lo scortò in prigione e riconobbe alla 2 E tutto il merito della risoluzione del caso.

Finalmente i ragazzi poterono ritornare a casa e riabbracciare i loro genitori, ancora ignari di tutto.

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In un bar… la soluzione!Un gruppo decise di andare a sinistra. Arrivati alla prima svolta si guardarono intorno per trovare

notizie relative all’accaduto, ma… proprio in quel momento iniziò a diluviare ed i ragazzi si rifugiarono in un bar a prendere una bevanda calda per riscaldarsi e tranquillizzarsi.

A quel punto provarono a chiedere al barista se quel pomeriggio avesse visto qualcuno passare vicino alla loro scuola e lui rispose che aveva notato soltanto un cane che scappava dalla padrona, la quale, non essendo nè agile nè veloce, non era riuscita ad inseguirlo.

Il barista descrisse piuttosto dettagliatamente la donna, che pure aveva visto solo di sfuggita: aveva i capelli corti grigi con delle meches di colore rosso, era bassa e indossava un abito da bidella molto lungo di colore blu scuro, una calzamaglia nera e delle pantofole bianche ai piedi.

A quel punto Pietro si ricordò che, sempre in quel medesimo giorno, quando ero a mensa, si era ferito un dito e lo aveva soccorso la stessa bidella descritta dal barista; costei, mentre lo stava medicando,aveva avuto una grandissima discussione con Angela .

Alessandro allora prese il telefono che avevano trovato nella stanza in cui era avvenuto l’omicidio, nella rubrica trovò un contatto indicato come “Mario figlio”, lo chiamò e, con una scusa, gli chiese se sua mamma facesse la bidella alla Dante Aligheri e se poteva descrivergliela. Lui esclamò di sì e poi descrisse una donna dal medesimo aspetto di quella che il barista aveva visto allontanarsi all’isneguimento del cane.

I ragazzi, sicuri di aver trovato l’assassino, il giorno dopo chiamarono la Polizia e fecero arrestare la bidella sospetta. La donna non negò quanto le veniva attribuito e venne arrestata.

La 2 E da quel giorno diventò famosa in tutta la scuola per aver risolto il caso dell’omicidio di Angela.

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Una voce minacciosa… quel numero richiamó e loro, presi dal panico, non risposero.

Richiamó con insistenza per varie volte finchè Pierto, con coraggio, afferrò la cornetta del telefono e rispose a quel misterioso interlocutore.

La sua voce era rauca, come le corde di una chitarra vecchia, e accompagnata da un respiro affannato. Si sentiva, in sottofondo, rumore di auto che sfrecciano sull’asfalto e, sembrava, lo scorsciare di un fiume che scorreva animatamente.

L’uomo comiciò a parlare: “Se non mi darete il denaro che vi chiederò, qualcun altro fará la fine della vostra adorata bidella Angela!”.

Pietro rispose un misero “Sì...” e riattaccò subito la linea.Dopo la chiamata mandò un messaggio con scritto: “Se volete

uscire tutti vivi da questa storia, portatemi 15000 € al porto vecchio di Genova. Dovrete lasciarmi i soldi nel cestino sotto al ponte che porta al molo. Se non porterete il denaro chiesto, non un centesimo di meno, non farete una bella fine”.

Il messaggio suscitò moltissima paura nei ragazzi...Cercarono di trovare una soluzione per raccogliere tutto quel denaro, ma le idee erano poche, quasi nessuna, ed erano sempre più terrorizzati… non volevano fare la fine di Angela, non dovevano fare la fine di Angela!

Avevano persino paura ad uscire dalla scuola… non avevano la certezza di tornare a casa vivi!

Anche la professoressa sembrava alquanto spaventata e sull’olro di una crisi di nervi… non sapeva cosa fare, aveva paura per sè e si sentiva responsabile per la vita dei suoi alunni!

L’ansia saliva sempre di più, fino a quando Matteo cominciò a correre verso il bagno, gli altri lo seguimmo e lo videro vomitare. Nessuno lo aveva mai visto vomitare, neanche alla consegna delle verifiche di matematica!

Poi sentirono di nuovo il telefono suonare, guardarono lo schermo e videro che era per l’ennesima volta quel numero.

I ragazzi si guardarono con gli occhi sbarrati dallo spavento e, dopo una breve riflession, la professoressa suggerì che prima di rispondere chiamassero la Polizia con il suo cellulare.

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Non tutti però erano d’accordo…

Se vuoi subito rispondere al cellulare vai a p. oppure clicca su RISPONDI

Se vuoi chiamare la polizia vai a p. oppure clicca su CHIAMA

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Il terrore… e alla fine Elena, non tollerando più quella indecisione,

schiacciò il pulsante verde ed accetto la chiamata.L’uomo cominciò a parlare, con la stessa voce dal suono

gracchiante di una vecchia chitarra che avevano sentito nella telefonata precedente, ripetendo le stesse minacce ma con un tono molto più rabbioso.

La situazione era critica e la paura era tanta, ormai nessuno riusciva a pensare, nessuno riusciva a parlare e tutti quasi non riuscivano più a sentire la voce dell’uomo. Tutti gli sguardi erano persi nel vuoto, il panico cominciò a giocare dei brutti scherzi. Anche la professoressa Taricco era bianca come un cencio ed incapace di alcuna reazione.

Solo Elena reagì.La ragazza si era messa a pensare … un po' a tutto… alla sua

vita, alla sua famiglia, a tutte le sue esperienze, alle amicizie, delusa da alcune, felicissima di altre, alla musica, che l’aveva salvata, e poi, dopo aver ricordato tutto ciò che di bello la vita le aveva riservato, si sentì disgustata, improvvisamente, dal modo in cui lei e i suoi compagni sarebbero potuti morire.

Avevano ancora una vita intera davanti, perché doveva finire tutto così?

In quel momento si ricordò di una risorsa, che, dopo tutto quello che era successo, pensava non esistesse più in lei: il coraggio.

Era sempre stata una persona molto coraggiosa! E allora? Cosa le stava succedendo?

Il suo sogno era sempre stato quello di diventare un militare, o addirittura un Marins, e quello era il momento di dimostrarlo! Quello era il momento di far vedere a tutti il suo grande coraggio!

Non poteva restarsene lì, con le mani in mano, mentre tutti quanti eravano in pericolo!

Rianimatasi, cercò di attirare con lo sguardo l’attenzione dei suoi amici, sperando che qualcuno di loro la notasse e capisse le sue intenzioni.

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Niente… sembravano tutti in una specie di trans, non capiva... Così esclamò: “Penso che questo non sia il momento adatto per farci prendere totalmente dal panico, usciamo, facciamo vedere a quest’uomo chi è il più forte! Noi siamo una squadra, noi possiamo sconfiggere quella persona! Lui non può vincere, non deve vincere! Con la nostra paura noi gli stiamo dando questa soddisfazione. Se ce ne stiamo qui, senza fare nulla, lui vincerà, e io questo non lo voglio! Sapete cosa penso? Lui non mi fa paura! Mi fa solo schifo, tanto schifo.”

Nessuno rispose… Nessuno reagì alle parole della coraggiosa compagna… Si levò solo qualche sguardo sorpreso e poi, di nuovo, il vuoto…

Il silenzio che era di nuovo mpiombato in quella stanza, ad un certo un punto, venne rotto da un boato lontano, ma talmente forte da far venire male alle orecchie.

Negli occhi dei ragazzi si dipinse il terrore, qualcuno cominciò a piangere.

Poi un altro boato, più vicino, ruppe di nuovo il silenzio.“Basta!” urlò Elena e corse giù per le scale. Corse il più

velocemente possibile, arrivò nell’androne della scuola, aprì la porta d’ingresso e, con il cuore in gola, uscì, un po’ pentita di essersene andata da sola.

All’orizzonte vide solo polvere, tanta polvere che non riusciva nemmeno a distinguere i palazzi a pochi metri da lei. Era una polvere densa, penetrante e gli occhi iniziarono a bruciarle.

Tra poco anche quella scuola, che a volte aveva odiato, ma che le avava anche dato tanto, le aveva permesso di conoscere tutte le persone a cui teneva di più, sarebbe stata sommersa da quella nube, e chissà se ne sarebbe più uscita fuori. Questo le fece male, tanto male.

A quel pensiero, alzò lo sguardo al cielo e vide qualcosa, un oggetto non troppo grande, rotondo… sembrava una palla, ma Elena capì ben presto che quella palla, tra pochi secondi, avrebbe distrutto tutto, la scuola scuola, i suoi amici... Quella non era una palla, era una bomba!

Elena guardò ancora una volta l’edificio. E poi, chiuse gli occhi.In lontananza, il rumore delle sirene della polizia.

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Tutto per vendettaL’insegnante allora impose la sua idea con l’autorità e

compose il numero 113.Dopo alcuni secondi di attesa finalmente qualcuno rispose.

Era una voce gentile, sembrava quella di un uomo giovane, non più in là dei 35 anni. Lei gli spiegò la situazione ed egli disse che, se quell’uomo avesse telefonato di nuovo, avrebbero innanzitutto dovuto richiamare la polizia, chiedere di lui e mettere il vivavoce, poi rispondere a quel folle.

L’uomo, come previsto, richiamò ela professoressa fece esattamente ciò che aveva suggerito il poliziotto: lo contattò, attivò il vivavoce e poi rispose allo sconosciuto, che disse senza preamboli: “Mettete i soldi dentro un vostro astuccio di scuola, buttatelo nel cestino e andatevene subito!”.

Il poliziotto, che, mentre ascoltava quella conversazione, si era già mosso in direzione della scuola, arrivò poco dopo e andò con loro a portare la somma di denaro.

Posizionato l’astuccio, i ragazzi e la professoressa si nascosero con l’agente di polizia dietro una siepe.

Dieci minuti dopo l’assassino arrivò. Aveva il viso coperto da una maschera nera.

A quel punto il poliziotto si lanciò verso quell’uomo misterioso e con un’abile mossa lo atterrò e gli mise le manette ai polsi.

Dopo la cattura uscirono dalla siepe anche i ragazzi e l’insegnante. Erano ancora terrorizzati, ma finalmente avevano davanti, immobilizzato, l’uomo che voleva far loro del male… Pieni di curiosità, gli tolsero la maschera e scoprironoo che il delinquente era il bidello dell’anno precedente!

Poiché maltrattava gli studenti più deboli, gli alunni della 2 E lo avevano denunciato, perciò era stato allontanato dalla scuola e rimpiazzato da Angela. Quindi era chiaro il movente dell’omicidio: voleva vendicarsi di Angela, uccidendola, e di noi, ricattandoci!

Poco dopo la cattura arrivarono anche le famiglie dei ragazzi, che erano state allertate dalla polizia e che già erano in pensiero per loro, non avendoli visti tornare da scuola all’ora consueta.

Ci furono grandi baci e abbracci e tutte le mamme piangevano.

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Il lunedì dopo, quando la 2 E ritornò a scuola, tutti i compagni dele altre classi li applaudirono e fecero loro i complimenti per il coraggio che avevano dimostrato. L’entusiamo era però smorzato da una profonda malinconia: tutti sentivano la mancanza di Angela ed erano tristi per la sua morte insensata.

Successivamente l’ex-bidello fu condannato a trent’anni di carcere per il delitto commesso.

Adesso il salone della scuola Dante Alighieri è intitolato “Il salone di Angela” in ricordo della sfortunata bidella.

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Una foto compromettenteDopo aver controllato meticolosamente l’armadio, i ragazzi

arrivarono alla conclusione di aver sbagliato pista e quindi si concentrarono su ciò che in quel frangente sembrò loro più significativo: l’orologio appeso al muro, che, empre ben funzionante, si era stranamente fermato all’una e mezza. Molto probabilmente Angela era stata uccisa a quell’ora!

Ritennero quel particolare molto importante e, dopo essersi consultati con la professoressa, decisero di scendere al piano terra per chiedere informazioni riguardo a chi fosse presente a quell’ora a scuola.

Il custode disse loro che, in quel lasso di tempo, nell’edificio si trovavano solo alcuni collaboratori, di cui a seguito di esplicita richiesta vennero loro dati i nomi, e il Preside, che non si era mosso dal suo ufficio.

Chiesero inoltre se negli ultimi giorni fossero eventualmente accaduti dei fatti sospetti e, dopo qualche attimo di esitazione, il custode rispose che effettivamente qualcosa di strano era successo: le telecamere di sicurezza erano scomparse, proprio il giorno prima!

Dopo un tempo interminabile passato a controllare, con l’aiuto della professoressa, gli elenchi delle persone presenti in scuola all’ora del delitto, i piccoli investigatori appuntarono la loro attenzione su due nomi, quelli di Caterina Monfi e Monica Bavari, perchè non li avevano mai sentiti e nessuno di coloro a cui chiesero notizie sembrava conoscerle.

Molto contenti per le scoperte fatte, ma allo stesso tempo disorientati dagli indizi che avevano raccolto, chiesero di poter avere un colloquio con il Preside, sperando in ulteriori chiarimenti.

Il Dirigente li ricevette subito e, dopo averli fatti accomodare, ascoltò senza dire nulla il racconto di tutto quell’inverosimile pomeriggio. I ragazzi gli chiesero inoltre chi fossero Monica Bavari e Caterina Monfi e lui, dopo istanti di silenzio che sembrarono alquanto sospetti, riferì che erano bidelle assunte poco tempo prima e cambiò discorso, dicendo che sarebbero

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state a scuola il pomeriggio successivo, disponibili per eventuali domande.

Il comportamento del Preside sembrò a tutti poco credibile: non solo era stato evasivo quando gli avevano chiesto notizie sulla Bavari e la Monfi, ma, soprattutto, alla notizia dell’assassinio di Angela non era apparso affatto sorpreso, anzi non aveva quasi fatto una piega, nè aveva dimostrato l’intenzione di chiamare la polizia!

Dopo averlo ringraziato, la professoressa, ancora provata dall’accaduto, mandò i suoi allievi a casa, augurando loro un buon pomeriggio con un tono che non prometteva nulla di buono.

Arrivati finalmente a casa tutti i ragazzi vennero assaliti dalle domande dei genitori: “Come mai così in ritardo? Che cos’è successo? Stai bene?”, ma, come stabilito, nessuno fece parola di ciò che era successo per non allarmarli.

Il lunedì dopo, a scuola, tutto sembrava apparentemetne nornale e del cadavere non c’era più alcuna traccia. In classe, però, si percepiva ancora un’atmosfera piena di tensione, che venne stemperata dal suono della campanella che annunciò il tanto atteso intervallo.

Immediatamente i ragazzi si misero a giocare con la pallina, fatto che fece imbestialire il professor Ferrero, anche perché riuscirono a rovesciare il cestino della carta posto in corridoio.

Obbligato a metterlo a posto, Riccardo, inaspettatamente, trovò tra le cartacce una fotografia ingiallita dal tempo che ritraeva il Preside, la defunta Angela e altre due donne. Lui e i compagni, a cui aveva subito mostrato la foto, ebbero il forte il sospetto che quelle due fossero le due bidelle neoassunte.

La classe era in fermento: aspettavamo tutti con impazienza l’ora della professoressa Taricco per mostrarle le nuove scoperte fatte.

Appena entrata in classe, l’insegnante fu assalita da milioni di domande e, dopo averci mandati a posto, ci chiese di raccontarle ciò che era successo.

Dopo l’esaustivo racconto di Valentina, ricco di particolari e ipotesi assurde, storie campate in aria e ragionamenti sulla soglia dell’impossibile, la professoressa cedette alle richieste

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degli alunni e diede loro il permesso di interrogare chi ritenevano più opportuno.

Alcuni, guidati da Valentina e da Daniele, si misero alla ricerca delle bidelle, mentre altri seguirono Laura e Riccardo che ritenevano urgente confrontarsi col Dirigente scolastico.

Se vuoi andare a interrogare il Dirigente, clicca su DIRIGENTE

Se vuoi andare a interrogare le due bidelle, clicca su BIDELLE

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La sfida dell’assassinoMentre scendevano le scale, Valentina e Daniele e gli altri

incontrarono una bidella e riconobbero in lei una delle due donne che cercavano. Dunque la fermarono e le chiesero delle spiegazioni circa la foto trovata nel cestino. La donna, che disse di chiamarsi Cristina, rispose con aria innocente e ignara che non aveva alcuna idea di quando, come e perché fosse stata scattata quella foto.

Quindi i ragazzi andarono a cercare Monica per avere da lei delle risposte a quelle domande.

Nonostante l’avessero cercata per tutta la scuola, non erano ancora riusciti a trovarla quando, vicino all’aula di muscica, notarono un badge a terra: era macchiato di sangue, ma vi si poteva intravedere il nome di Angela.

A questo punto Valentina tirò fuori dalla sua tasca la foto trovata nel cestino ma, per sbaglio, un compagno fece cadere un po’ del succo che stava bevendo sulla parte della foto dove c’era Angela e sopra vi apparve una X. I ragazzi giunsero allora alla conclusione che l’assassino volesse uccidere tutti e quattro i componenti della foto.

Dopo queste scoperte e deduzioni continuarono a cercare Monica, non solo per farle delle domande, ma anche per metterla in guardia.

Stava quasi per suonare l’ora successiva, quando finalmente la videro, sulle scale anti incendio del terzo piano; stava parlando con il Preside! I ragazzi si avvicinarono per chiederle se avrebbe potuto rispondere ad alcune loro domande, ma sentirono che stavano parlando delle foto e, poiché non li avevano ancora visti, si nascosero per sentire cosa quei due stessero dicendo.

Dalle loro parole dedussero che la foto in loro possesso era un fotomontaggio: il presunto assassino aveva scattato una foto a ciascuno dei quattro singolarmente in momenti diversi e poi aveva montato insieme le immagini con il computer. Scoprirono, inoltre, che il Preside aveva ricevuto una telefonata anonima che gli aveva messo molta paura… Stavano per venire a sapere che cosa era stato detto in quella telefonata, quando Daniele, non

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riuscendo a trattenersi, sternutì, per cui la bidella e il Preside si girarono e scoprirono la loro presenza.

Valentina e i suoi compagni riuscirono a scappare prima che li riconoscessero e si rifugiarono nella classe di musica, dove si chiusero a chiave, ma quando voltarono le spalle alla porta e si girarono verso l’aula rimasero tutti a bocca aperta: il cadavere di Cristina era disteso sulla cattedra , a pancia in su, e sul petto aveva un post.it che recava il seguente messaggio: “Bravi ragazzi, siete arrivati fin qui, ma io vi ho raggirati e non credo che capirete mai chi sono. Voglio però darvi un indizio: posso essere sia il comandante che un suo sottoposto! Chi sono?”

Ecco l’ennesima domanda senza risposta. I ragazzi, sconvolti dalla vista del cadavere e molto spaventati all’idea di essere chiusi in una stanza con lui, non avevano certo voglia di giocare agli indovinelli ed erano ormai persuasi che fosse giunto il momento di chiamare la polizia: la situazione era diventata molto complicata, tutte le persone coinvolte avrebbero potuto essere tanto le prossime vittime che l’assassino, inoltre quest’ultimo conosceva troppo bene le loro mosse, come se li stesse seguendo, e sembrava volesse giocare al gatto e al topo con loro.

A queste riflessioni alcuni si spaventarono ulteriormente, uscirono precipitosamente dall’aula e volevano scappare a casa, altri invece insistevano nel dire che bisognava raccogliere la sfida e continuare ad indagare.

Se vuoi scappare a casa, clicca su SCAPPA Se vuoi accettare la sfida, clicca su SFIDA

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Un confronto con il PresideDopo essere entrati nel suo studio, Riccardo incominciò ad

esporgli i fatti, ma quest’ultimo reagì in modo strano: dopo aver appreso le notizie, non ci diede nemmeno il tempo di fargli delle domande, ma immediatamente ci assalì chiedendoci chi fosse stato a rivelarci che le due donne ritratte nella foto fossero Monica e Caterina.

Presi alla sprovvista dalla domanda, un po’ per caso e un po’ per astuzia rispondemmo che, a darci quell’ informazione, era stata proprio Monica.

Infuriato, l’uomo ci cacciò dal suo ufficio e ci disse di non farci più vedere.

Particolarmente soddisfatti dagli obbiettivi che il nostro discorso aveva ottenuto, e cioè suscitare preoccupazione nel nostro primo sospettato per indurlo a smascherarsi da solo, concordammo che in quel momento ciò che era più opportuno fare fosse aspettare qualche azione insolita da parte sua.

Speranzosi e convinti nella riuscita del nostro piano, tornammo a casa con il sorriso stampato sul volto, atteggiamento che tra l’altro incuriosì particolarmente i nostri genitori che però, oramai abituati al nostro silenzio, non ci chiesero nulla.

Tornati a scuola, il giorno dopo, prima di entrare, in cortile non parlavano d’altro: chi erano Monica e Caterina, in quali rapporti erano con il Preside, ma, soprattutto, erano implicate nella morte di Angela?

Tutti questi quesiti ebbero finalmente una risposta con l’arrivo della professoressa Taricco, che ci comunicò di aver raccolto nuovi indizi: il pomeriggio del giorno prima era dovuta tornare a scuola perché aveva dimenticato sul tavolo della sala professori delle verifiche e, dopo averle recuperate, mentre stava uscendo, aveva sentito delle voci provenire dall’ufficio del Preside e si era messa ad origliare: l’uomo stava parlando al telefono con una persona con cui utilizzava un tono duro e scontroso e, anche se aveva udito poche parole di quella conversazione, ci disse che a suo parere stava licenziando il suo interlocutore.

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A quel punto Riccardo ritenne che fosse giunto il momento di andare alla Polizia, invece Laura decise di tornare ancora una volta dal Preside e di metterlo alle strette

Se vuoi andare alla Polizia con Riccardo, clicca su RICCARDO Se vuoi ritornare dal Presidecon Laura, clicca su LAURA

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Scappa!!!!Alla fine scapparono tutti a casa, senza dire niente a nessuno. Quando ritornarono a scuola, il giorno dopo, appena entrati

sentirono che tutti ripetevano il nome della nuova bidella, Cristina, e, facendo finta di niente, corsero nella loro classe per raccontare ai compagni quello che era loro capitato il giorno prima.

Giunti in classe, non trovarono nessuno, quindi uscirono dall’aula per cercare dove fossero tutti gli altri e si scontrarono con un poliziotto; dietro di lui venivano carabinieri e barrellieri e nessuno faceva caso a loro, così continuarono le ricerche dei loro compagni, ma non li trovarono. Provarono anche a tornare sulla scena del secondo delitto, ma anche in quell'aula era pieno di dottori e poliziotti che chiusero loro la porta in faccia. Allora si nascosero in attesa che tutti quegli uomini uscissero e dopo circa un’ora riuscirono ad entrare nell'aula di musica, ma non c'era più niente, nemmeno una goccia di sangue. Rimasero lì a ripetersi l'indizio che l’assassino aveva scritto: "Posso essere sia il comandante sia il sottoposto" e arrivarono alla conclusione che il comandante era il Preside e il sottoposto era la bidella Monica e che i due dovevano essere complici.

Così andarono prima a cercare la bidella, ma all’ingresso dissero loro che lei era uscita. Proprio allora videro il Preside che, con atteggiamento sospetto andare verso l'aula dei giochi, lo seguirono senza farsi vedere e scoprirono che tutti i loro compagni di classe erano prigionieri lì, legati come dei salami.

Allora si allontanarono e chiamarono la polizia; l’agente disse loro di uscire subito dall’edificio e di aspettare la loro volante all’angolo di corso Telesio. Gli agenti arrivarono velocemente ,d popo essere stati ragguagliati sui fatti dai ragazzi, entrarono nell’edificio e si diressero nell’aula giochi, dove trovarono e arrestarono il Preside e liberarono i compagni di classe, che ci dissero che erano stati rapiti perchè erano andati a parlare col Preside e lui aveva capito che loro avevano scoperto tutto.

L'ultima frase che il Preside pronunciò, mentre saliva sotto i nosctri occhi ancora increduli sulla volante della Polizia, fu : "L’ ho fatto per vendetta e per fargliela pagare". Nessuno però capì

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Non ci arrendiamo!Alla fine i ragazzi ripresero le indagini. Daniele si disse convinto che fosse stato il Preside, perché i

biglietti trovati sul cadavere di Cristina erano, secondo lui, scritti troppo bene per essere stati scritti da Monica. Secondo Valentina, invece, questa ipotesi non era molto convincente , era anzi convinta che la colpevole fosse proprio Monica e si mise a cercare altri indizi per avvalorare la sua tesi

Perciò, andò a cercare la bidella per farle delle domande che potessero incastrarla e mentre era per le scale venne raggiunta da Riccardo, Laura e Daniele che decisero di aiutarla nell’interrogatorio. I ragazzi cercarono Monica da tutte le parti senza successo, allora Riccardo propose di ricominciare a guardare anche nei posti più ovvi, a partire dal piano della loro classe.

Mentre cercavano al secondo piano, Laura, spingendo involontariamente Riccardo, aprì la porta dello sgabuzzino e Valentina intravide Monica nascosta tra gli oggetti delle pulizie. Si catapultarono tutti dentro, ma lei incredibilmente riuscì a scappare e a chiudere i ragazzi nello stanzino.

Valenina e gli altri cominciarono ad urlare e a chiedere aiuto, ma nessuno li sentiva. Finalmente, dopo parecchio tempo, la professoressa, che preoccupata era coraggiosamente salita a cercarli, sentì le loro grida e li liberò. Loro, felicissimi, la abbracciarono e ringraziarono, ma poi si ricordarono che avevano un compito molto importante: trovare l’assassino della povera Angela e dell’innocente Cristina. Cosìi rimisero all’opera, mentre la professoressa Taricco andava in aula insegnanti a posare il registro.

Ormai le lezioni erano finite e potevano gironzolare liberamente in tutte le aule, per cui Valentina e Daniele provarono a dare una nuova occhiata alla scena del primo crimine, la 1 E. Fu così che, guardando in sù verso il lampadario, notarono un piccolo indizio che fino a quel momento era sfuggito a tutti e che finalmente fece loro capire chi aveva ucciso le bidelle.

Allora Valentina e Daniele riunirono tutti i compagni, la professoressa , il Preside e anche la bidella Monica, che la

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professoressa aveva scovato vicino alla macchinetta del caffè, stanca e sudata, ed annunciarono la risoluzione dell’enigma

I due ragazzi iniziarono ad esporre le loro conclusioni. Il Preside, dissero, era stato a lungo il maggior sospettato, ma avevano ormai capito che lui non c’entrava niente. Fecero notare che lì in 1 E, dove era stato trovato il cadavere di Angela, c’era un lampadario ed invitarono tutti ad osservarlo bene… Vi era rimasto incastrato un nastro, probabilmente durante la lotta fra Angela e il suo assassino. Quel nastro era molto particolare, per il colore, per il materiale e per le decorazioni dorate che lo ornavamo. Ebbene, quel nastro non apparteneva ad Angela…. apparteneva a Monica, infatti lei lo indossava, intrecciato tra i capelli, nella fotografia che i ragazzi avevano trovato!

A quel punto Monica non negò più. Le venne chiesto perché avesse commesso un delitto così

tremendo.La sua fu una lunga risposta. Lei, Angela, Cristina e il Preside si conoscevano fin da piccole

(per questo erano state assunte alla Dante Alighieri e per questo il Preside era stato molto evasivo con loroed aveva anche ricevuto delle telefonate di ricatto), ma Angela era sempre stata la sua nemica giurata: l’aveva sempre odiata, fin da quando erano bambine, perché lei era sempre stata un po’ più brava, un po’ più bella e un po’ più felice. Quando aveva saputo che in quanto bidella neoassunta sarebbe stata sottoposta alla direzione di Angela, che lavorava da più tempo nella scuola, era andata su tutte le furie perché pensava di valere più di lei. La morte di Cristina, invece, era servita solo a sviare i sospetti da lei facendo pensare ad un serial killer nella scuola e anche a far fuori l’unica che, sapendo tutto, avrebbe forse potuto ipotizzare la sua colpevolezza.

Quelle furono le sue ultime parole, poi si chiuse in un totale silenzio.

Dopo pochi minuti arrivò polizia, che il Preside si era affrettato a chiamare, e la portò via.

Gli alunni della 2 E si scusarono col Preside per avere dubitato di lui e tornarono tutti a casa dai propri genitori, sapendo che avrebbero portato per sempre nel cuore il ricordo della povera

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cara Angela e felici di aver fatto un po’ di giustizia in questo grande e crudele mondo.

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Alla PoliziaOrmai sicuro di avere le idee chiare su chi fosse il colpevole,

Riccardo andò alla centrale di polizia più vicina dove si mise a raccontare tutto all’agente di guardia, che però, man mano che il ragazzo proseguiva a raccontare, assumeva un’aria sempre più perplessa e, quando ebbe finito, si mise a sorridere pensando che fosse una storia inventata.

Allora il ragazzo gli mostrò delle fotografie che lui aveva scattato di nascosto al cadavere di Angela e l’agente, ricredutosi, si decise ad aiutarlo a individuare ed arrestare il serial killer di Angela.

Il ragazzo disse che i suoi sospetti erano tutti sulla bidella, oramai licenziata, Monica Suppo.

Il poliziotto, sfogliando i suoi archivi, trovò la scheda anagrafica di della signora Suppo e inviò una volante a casa sua. Riccardo insistette per partecipare all’indagine e gli agenti, ritenendo che potesse essere utile, lo portarono con loro.

Arrivati sul luogo i poliziotti e il giovane investigatori furono accolti da una una giovane donna molto gentile, che li fece accomodare in salotto e offrì loro un caffè. Non appena la donna si allontanò per prepararlo, Riccardo si mise a gironzolare per la stanza e sul tavolo vide un grande album di fotografie, che evidentemente la donna stava sfogliando quando le avevano suonato. L’album era aperto su una pagina di fotografie che risalivano alle scuole elementari e, osservandole attentamente, il ragazzo scoprì che Monica, Angela e il Preside erano stati compagni di classe; notò inoltre che in ogni scatto il viso di Angela era stato cancellato con la matita nera.

Riccardo mostrò agli agenti cosa aveva trovato. Alla luce di quei nuovi indizi, i poliziotti portarono alla centrale la sospetta, che durante l’interrogatorio ammise di aver ucciso la bidella Angela perchè era sua rivale in amore: la donna aveva sempre provato un grande amore per il Preside Bruno, che non solo non la ricambiava, ma mostrava una grande simatia per Angela.Si scoprì che, travolta dal sentimento di odio e gelosia, la bidella stava progettando anche l’uccisione del suo amato, il Preside.

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Tornando a casa, Riccardo pensò soddisfatto: “È stato difficile e impegnativo risolvere il caso, ma tutto è bene ciò che finisce bene!!!”

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Una colpevole insospettabileLaura, dato che l’ultima volta in cui lei e Riccardo avevano

avuto un incontro con il Presdie, aveva intimato loro di non farsi più vedere, per riuscire a parlargli si avvalse della collaborazione della professoressa Taricco, la quale gli chiese un colloquio e lasciò che Laura si intrufolasse insieme a lei nel suo ufficio,.

Appena il Dirigente si accorse della presenza dell’alunna e la riconobbe, le chiese che cosa ci facesse lì dopo l’inconveniente della volta precedente, ma, dopo che ella si fu abbondantemente scusata, anche da parte del compagno Riccardo, epr quanto era successo, acconsentì a rispondere ancora ad una sola domanda.

Entusiasta, la ragazza non perse tempo e gli chiese se le telefonate da lui fatte e ricevute sul telefono del suo studio venissero registrate su qualche apparecchio.

Laura notò che, nell’esatto momento in cui il Preside, apparentemente stupito da quella insolita richiesta, stava per risponderle, la professoressa Taricco gli aveva lanciato un’occhiata folgorante, che sicuramente significava qualcosa, ma che fortunatamente il Preside sembrò non notare, in quanto continuò il suo discorso rivelando candidamente che effettivamente la telefonate venivano registrate e che se avessi avuto bisogno di quel materiale avrei potuto rivolgermi alla segreteria.

L’allieva ringraziò con molta cortesia il Preside per la sua disponibilità e si avviò in segreteria, seguita dalla professoressa che, al contrario della sua solita aria attiva e disponibile, sembrava insolitamente tesa: segno evidente che il piano della ragazza procedeva alla perfezione!

Arrivata in segreteria, Laura spiegò la situazione e, anche se evidentemente stupite da questo tipo di richiesta, le segretarie chiesero di quale giorno volessero sentire le telefonate.

A questo punto la piccola investigatrice era arrivata ad un bivio: far sapere alla professoressa che i suoi sospetti ricadevano ormai tutti su di lei, chiedendo di ascoltare le telefonate del pomeriggio in cui ella era tornata a scuola a prendere le verifiche, oppure chiederle con una semplice scusa di

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allontanarsi un attimo per lasciarla sulle spine e aspettare quel momento in cui avrebbe ceduto sotto il peso di uno stress insostenibile anche per lei?

Alla fine ebbe la meglio la fretta di trovare il colpevole e, in presenza della professoressa ormai terrorizzata da ciò che sarebbe successo in seguito, la ragazza chiese di passare in rassegna tutte le telefonate di quel pomeriggio. Scoprì così che il Preside, la cui disponibilità era il solo alibi, non solo non aveva chiamato Monica o Caterina per licenziarle, ma aveva addirittura ricevuto una telefonata dalla professoressa Taricco, che gli aveva confessato tutte le sue paure riguardo al fatto di essere scoperta da noi ragazzi e si era sentita consigliare da lui di disseminare falsi indizi in tutta la scuola. Il Preside, pensò Laura, si era rivelato molto ingenuo nel non prevedere che i sospetti, così facendo, sarebbero potuti ricadere proprio su di lui!

Finito di ascoltare tutte le registrazioni, l’alunna e la sua insegnante, ormai conscia del fatto che l’astuta ragazza aveva capito il suo stratagemma, si alzarono, ringraziando le segretarie inconsapevoli di ciò che stava realmente succedendo, e insieme si avviarono verso il cortile della scuola, in modo da poter parlare in tranquillità.

Arrivati in un luogo appartato, la professoressa, ormai alle strette, si mise a piangere continuando a ripetere che non voleva uccidere Angela, che il gesto non era stato predeterminato, visto che voleva solo parlarle. Poi, dopo esseersi un pochino calmata, si decise finalmente a raccontarle tutta la storia.

Un giorno, Angela stava pulendo l’ufficio del Preside, quando improvvisamente era arrivato un fax, inviato dal Ministero dell'Istruzione, che la povera Angela non aveva potuto fare a meno di leggere e in cui si diceva di sospendere l’attività di insegnamento della professoressa Taricco, in quanto non era abilitata!

La bidella si era subito recata dalla professoressa e l'aveva minacciata di rivelare a tutti quanto aveva scoperto, aggredendola verbalmente, tanto che l’insegnante, spaventatissima, era immediatamente corsa dal Preside, suo amico d’infanzia, e gli aveva spiegato la situazione.

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Quest’ultimo, nel momento in cui aveva appreso i fatti, era rimasto, come in seguito Laura, sbigottito, in quanto la professoressa, nonostante non abilitata all’insegnamento, dimostrava una padronanza della materia pari a quella di un qualsiasi insegnante, se non addirittura superiore e, appunto in considerazione di queste qualità, aveva deciso di chiudere un occhio sull’intera faccenda.

In tal modo la professoressa era tornata a scuola il giorno seguente e aveva continuato ad insegnare come se nulla fosse, anche se le minacce di Angela non cessavano.

Quel famoso venerdì, all’una aveva accompagnato la sua classe all’uscita e a sua volta si stava avviando verso un bar per mangiare qualcosa prima del rientro pomeridiano, quando un’idea le era balenata per la testa. Si era seduta in auto e aveva aspettato che tutti si allontanassero, poi era scesa sall’auto, aveva camminato intorno alla scuola e, senza essere vista, era rientarta nell’edificio passando dal cancello posto al fondo della pista per i sessanta metri, quindi era sgattaiolata sù per la scala antincendio ed era salita fino al secondo piano dove Angela stava pulendo le aule per le lezione pomeridiane, trovandola nella classe 1 E.

Ormai decisa, le si era avvicinata e aveva incominciato a parlarle dicendole che aveva raccontato tutta la faccenda al Preside, il quale aveva detto che, anche se non era abilitata all’insegnamento, tenendo conto delle conoscenze che aveva dimostrato nelle sue discipline, poteva benissimo essere considerata una professoressa.

Nonostante il discorso fattole, Angela era rimasta dell’opinione che non fosse nè corretto nè educativo per i ragazzi permetterle di continuare ad insegnare, anche se questi ultimi non avevano nessun dubbio riguardo alla preparazione della loro insegnante.

Le due, non trovando un accordo, avevano incominciato a discutere furiosamente, fin quando lei non aveva involontariamente spinto la bidella verso le finestre. Angela aveva battuto la testa contro il vetro, dopodiché era caduta a terra e numerosi frammenti di vetro le erano piovuti addosso, tra cui uno che le aveva procurato un profondo taglio vicino alla tempia sinistra, probabile causa del decesso.

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La professoressa, sconvolta da ciò che le sue azioni impulsive avevano causato, era rimasta come pietrificata, ma poi si era si era ricordata che il suo unico alibi poteva essere quello di essere a casa per pranzo, così era uscita com’era entrata e si era precipitata a casa, per poi riuscirne pochi minuti dopo per andare a svolgere le lezioni pomeridiane.

Come si era svolto il resto del pomeriggio era cosa nota … Ciò che invece Laura aveva supposto, ma ancora non sapeva

con certezza, era che appena le era stato possibile la professoressa si era immediatamente recata dal Preside confessandogli che aveva ucciso senza volerlo la bidella e comunicandogli che i ragazzi della 2 E, che avevano trovato il cadavere, erano alla ricerca del colpevole e che sicuramente non si sarebbero fermati davanti a nulla.

Laura sapeva già che il Preside aveva allora ancora una volta scelto di coprire la sua vecchia amica e quale consiglio le aveva dato. Così, mentre i ragazzi eravano alla ricerca della verità, lei aveva avuto il tempo per disseminare falsi indizi in tutta la scuola…

Finalmente la professoressa era finalmente riuscita a confessare a Laura tutto ciò che era realmente accaduto, anche se così le aveva svelato cose che nemmeno lontanamene avrebbe immaginato e che per lei dovevano essere risultate piuttosto difficili da rivelare davanti ad una sua alunna, infatti aveva concluso la sua confessione con la frase: "Ti prego, Laura, non dirlo a nessuno, altrimenti non potrò più fare ciò che amo di più, insegnare!"

Finalmente, i ragazzi eravano riusciti a svelare il mistero che celava la morte della bidella e che da giorni li tormentava. Nonostante la soddisfazione che provarono nell’essere riusciti a cavarsela da soli, senza e anzi nonostante gli adulti, anche in una situazione così difficile, si trovarono turbati a porsi una fatidica domanda: sarebbe valsa la pena di rovinare le speranze e i sogni di qualcuno, come non vorrebbero mai che qualcuno facesse con loro, soltanto per un involontario incidente? Sì, quell’incidente aveva causato dei danni irreparabili, ma dovevano prendersi loro, dei ragazzi, la responsabilità delle

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conseguenze che avrebbe avuto sulla vita della loro professoressa?

I loro genitori non avrebbero mai saputo ciò era successo in quei giorni e, per una volta, i custodi dei segreti sarebbero stati loro.

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